Tra Aquileia e Spalato: fenomeni dell'architettura cristiana a confronto, in Ideologia e cultura...

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Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dipartimento di Archeologia Centro per lo studio delle antichità ravennati e bizantine “Giuseppe Bovini” IDEOLOGIA E CULTURA ARTISTICA TRA ADRIATICO E MEDITERRANEO ORIENTALE (IV-X SECOLO) IL RUOLO DELL’AUTORITÀ ECCLESIASTICA ALLA LUCE DI NUOVI SCAVI E RICERCHE Atti del Convegno Internazionale Bologna-Ravenna, 26-29 Novembre 2007 a cura di Raffaella Farioli Campanati, Clementina Rizzardi, Paola Porta, Andrea Augenti, Isabella Baldini Lippolis Studi e Scavi nuova serie ESTRATTO 19

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Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dipartimento di Archeologia

Centro per lo studio delle antichità ravennati e bizantine “Giuseppe Bovini”

IDEOLOGIA E CULTURA ARTISTICA TRA ADRIATICO E MEDITERRANEO ORIENTALE (IV-X SECOLO)

IL RUOLO DELL’AUTORITÀ ECCLESIASTICA ALLA LUCE DI NUOVI SCAVI E RICERCHE

Atti del Convegno Internazionale Bologna-Ravenna, 26-29 Novembre 2007

a cura diRaffaella Farioli Campanati, Clementina Rizzardi,

Paola Porta, Andrea Augenti, Isabella Baldini Lippolis

Studi e Scavinuova serie

ESTRATTO

19

Per le abbreviazioni delle riviste si sono seguite le norme dell’Archäologische Bibliographie

© 2009 Ante Quem soc. coop.© 2009 Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna

Ante Quem soc. coop.Via C. Ranzani 13/3, 40127 Bologna - tel. e fax +39 051 4211109www.antequem.it

redazione e impaginazione: Valentina Gabusi, in collaborazione con Sara Tamarri

ISBN 978-88-7849-036-9

Volume realizzato con il contributo di:

Fondazione Flaminia Ravenna

Con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri

Comitato scientifico della Serie “Tarda Antichità e Medioevo”:Raffaella Farioli Campanati, Clementina Rizzardi, Paola Porta, Andrea Augenti, Isabella Baldini Lippolis

INDICE

Saluto del Presidente del Comitato scientifico-organizzatore del ConvegnoRaffaella Farioli Campanati 9

L’evergetismo ecclesiasticoJean-Pierre Caillet 13

GRECIA E CRETA

Mosaici con iscrizioni vescovili in Grecia (dal IV al VII secolo)Panajota Assimakopoulou-Atzaka, Magda Parcharidou-Anagnostou 25

Creta, scavi della basilica scoperta a Gortyna, località Mitropolis,e la committenza episcopale in età giustinianeaRaffaella Farioli Campanati 45

Le scoperte alla rotonda di Mitropolis a Gortina, CretaMaria Ricciardi 55

Statuaria pagana e cristianesimo a Gortina Isabella Baldini Lippolis 71

Santa Sofia di Salonicco: il problema della prima faseAristotele Mentzos 87

TURCHIA

Nuove ricerche archeologiche a Elaiussa SebasteChiara Morselli, Marco Ricci 99

SIRIA

Gli scavi di Bosra (Siria) e la chiesa dei SS. Sergio, Bacco e Leonzio (Progetto Pilota MAE, Restauri: finanziamento U.E., project 12 Bosra, DGAM)Raffaella Farioli Campanati 113

Gli scavi di Bosra e la chiesa dei SS. Sergio, Bacco e Leonzio (saggi 1995-2005)Rachele Carrino 121

Bosra, complesso di Bahira: Basilica Nord, campagne di scavo 2004 e 2005Giovanna Bucci 133

Arredi liturgici in marmo provenienti dagli scavi di Bosra (Siria)Simonetta Minguzzi 141

CIRENAICA

Le ricerche archeologiche a Cirene. A proposito della Basilica OrientaleRosa Maria Carra Bonacasa, Francesco Scirè 153

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Ideologia e cultura artistica

GIORDANIA

Progetto di restauro, musealizzazione e conservazione del mosaico della Chiesa dei Santi Martiri nel villaggio di Tayyibat al-Imam-Hama (Siria), 442 d.C.†Michele Piccirillo 163

The End of the Roman Temple and the End of the Cathedral Church of JerashBeat Brenk 173

EGITTO

Excavation of the Justinianic Basilica on the Holy Summit (Jabal Mūsā) at Mount SinaiMaria Panayotidi, Sophia Kalopissi-Verti 187

I testi magici in copto tra paganesimo e cristianesimoSergio Pernigotti 191

Insediamenti cristiani non monastici nel Fayyum tra letteratura e archeologia: conoscenze acquisite e questioni apertePaola Buzi 199

ALBANIA

La basilica paleocristiana di Phoinike (Epiro):dagli scavi di Luigi M. Ugolini alle nuove ricercheSandro De Maria, Marco Podini 207

RAVENNA

Massimiano a Ravenna: la cattedra eburnea del Museo Arcivescovile alla luce di nuove ricercheClementina Rizzardi 229

Dalla villa romana al monastero medievale: il complesso di San Severo a ClasseAndrea Augenti 245

Un tesoretto di oggetti in argento da Classe (Ravenna)Maria Grazia Maioli 261

Il sito archeologico della Ca’ Bianca e la cristianizzazione delle campagne ravennati Massimiliano David, con la collaborazione di Chiara Casadei Parlanti 269

Committenza e reimpiego nell’architettura ravennate tra Tarda Antichità e Alto MedioevoRita Zanotto Galli 283

AREA ADRIATICA

Élites ecclesiastiche e renovatio: tradizioni tardoantiche nell’arte di VIII e IX secolo in IstriaMiljenko Jurković, Ivan Basić 289

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Il nucleo del complesso vescovile paleocristiano di ZaraNikola Jakšić 303

Tra Aquileia e Spalato: fenomeni dell’architettura cristiana a confrontoFabrizio Bisconti 313

Epigrafia episcopale di Ravenna nei secoli V e VI. Note preliminariCarlo Carletti 333

Influssi della chiesa di Ravenna nel territorio forlivese: edifici di culto e fortificazioniBarbara Vernia 345

Nuove ricerche a Colombarone (PU)Pier Luigi Dall’Aglio, Cristian Tassinari 365

Per una fruizione on line degli apparati musivi alto-adriatici dell’età romana e bizantina: la Banca Dati Mosaico del Cidm di RavennaLinda Kniffitz 377

Iscrizioni di committenza ecclesiastica nell’Alto Adriatico orientaleGiuseppe Cuscito 389

L’iniziativa vescovile nella trasformazione dei paesaggi urbani e rurali in Apulia: i casi di Canusium e di San GiustoGiuliano Volpe 405

Evergetismo ecclesiastico tra medio e alto Adriatico: sculture altomedievali del territorio ferraresePaola Porta 425

La cattedrale di Taranto: nuove ricerche archeologicheCosimo D’Angela 443

Tavole 449

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Indice

TRA AQUILEIA E SPALATO: FENOMENI DELL’ARCHITETTURACRISTIANA A CONFRONTO

Fabrizio Bisconti

Si torna e si ritorna sul fenomeno architettonico delle “basiliche doppie” o delle“Kirchenfamilien” o delle “familles d’églises”, osservandolo nella lunga durata,ovvero dalla genesi paleocristiana ai diversi esiti medievali, ma anche nel largo rag-gio delle manifestazioni, in tutto il mondo cristiano, provocando uno scenario cri-tico complesso, nel senso che sono stati inseriti nelle maglie larghe di una proble-matica architettonica, così singolare e così difficile da giudicare in maniera univoca,tanti e tali monumenti, diversi per funzione, tipologia e cronologia, complicandoogni tentativo di soluzione normativa, che, com’è intuitivo, non può assurgere a for-mula o a cifra fissa di decodificazione.

Considerato in tutti i suoi aspetti, il fenomeno si propone come un “falso pro-blema”, poiché, assai spesso, nella tarda antichità e, poi, nel medioevo, il raddoppioo anche la moltiplicazione delle aule presenta il particolare, non trascurabile, dellamancata simultaneità funzionale per cui lo “struggente” enigma della diversifica-zione e/o della distribuzione degli eventi liturgici, per quanto questi comportinosempre sedi separate, si spegne, si aliena, consegnando ai monumenti non più ilcarattere della molteplicità, intesa come bipolarità funzionale, ma quello della som-matoria degli ambienti, che può dislocarsi nel tempo e che può comportare, in ulti-ma battuta, anche l’intermittenza degli usi.

Il fenomeno, dunque – ancora così aperto, per non dire irrisolto, in occasionedell’appuntamento, davvero stimolante, dell’«Antiquité Tardive» del 19961, èdivenuto meno suggestivo. Dopo dieci anni di riflessioni e alla luce delle indaginiarcheologiche più recenti e accurate, pare più nitido il nucleo problematico ed èmeglio percepibile, nella sua membrana, la cellula elementare, da cui si muove lastoria della complicazione architettonica degli edifici di culto cristiani, che rievocala moltiplicazione degli ambienti, degli annessi, delle sedi per la celebrazione, deiluoghi della liturgia, dei siti della devozione.

E questa è una storia che si snoda nei secoli e che non si consuma da subito, ovve-ro dal momento costantiniano, da quando, con modi e tempi di una fenomenologiarivoluzionaria, l’edificio di culto, inteso come struttura impalpabile e sfuocata, si fabasilica2, considerata come luogo finalmente definito dell’azione liturgica diversifi-cata e dunque suscettibile di frazionamenti e moltiplicazioni delle sedi3.

Chiunque abbia tentato di disegnare il diagramma complesso relativo alla storiadegli studi, ha sempre preso avvio dalle riflessioni di Richard Krautheimer, che,ancora negli anni ’30 del secolo scorso, considerando l’esempio medievale di Pavia,suggerisce l’ipotesi audace delle aule hiemalis ed aestiva4, ma introduce anche e giàl’osmosi dell’edificio di culto con il martyrium, recepita, di lì a poco, da AndréGrabar5. Erano gli anni del secondo conflitto mondiale e le intercettazioni di Santa

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1 Les églises 1996.2 BRANDENBURG 2004, pp. 11-16.3 BAUER 1999.4 KRAUTHEIMER 1936.5 GRABAR 1968, pp. 919-938.

Tecla a Milano6 e del gruppo episcopale di Treviri7 animarono il dibattito delle cat-tedrali doppie, che sfociò nel I Congresso di Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto,quando si pose al centro della discussione il complesso teodoriano di Aquileia, con-siderato come fenomeno propulsore di una diffusione delle manifestazioni nei cen-tri dell’Italia Settentrionale8.

Anche se il progresso degli studi allargò lo sguardo alla Gallia, all’Oriente,all’Africa, ogni riflessione, ogni tentativo di esegesi nuova, ripartiva daGerusalemme, da Milano, da Treviri e specialmente da Aquileia9.

Per tale motivo, in questa particolare occasione, in cui si guarda all’Adriaticocome ad una postazione da cui si osservano le piste della diffusione dei fenomenimonumentali suggeriti dal pensiero ecclesiastico, con particolare attenzione per ledirettrici orientali, ho pensato non fosse inutile ripartire da Aquileia (Fig. 1), dise-gnando un arco d’azione, che si chiude a Spalato o, ancor meglio a Salona, per“tastare il polso” ad un fenomeno, ancora sottoposto a infiniti test di valutazione,

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6 MIRABELLA ROBERTI 1996.7 KEMPF 1938; vedi, ora, WEBER 1996.8 FRANCO 1952.9 Cfr. supra alla nota 7.

1. Pianta diAquileia (daBertacchi 1993)

ma che nella Cattedrale di Aquileia trova molti capi dirimenti di un nodo che, soloapparentemente, appare così stretto.

È questo il tempo delle riconsiderazioni globali di Aquileia tardoantica, anchealla luce della recente monografia di Claire Sotinel10, che guarda con occhio mobi-le l’identità civica e il Cristianesimo in Aquileia tra il III e il VI secolo, abbatten-do, cioè, le barriere levate dalla critica di ogni tempo tra monumenti cristiani emonumenti profani. E mentre lo sguardo globale della Sotinel è ora al vaglio dellacritica specializzata11, le più recenti Settimane di Studi Aquileiesi, hanno rimesso afuoco le questioni genetiche del cristianesimo nella città altoadriatica, sottoponen-do il nostro ed altri problemi ad una revisione critica estremamente accurata, nellaprospettiva dei fenomeni monumentali osservati nella diffusione e nella interazio-ne, che mostrano tra le due sponde dell’Adriatico12.

Fondamentali, a mio modo di vedere, si rivelano gli studi di HugoBrandenburg13 e di Giuseppe Cuscito14 che hanno posto sul tavolo della discussio-ne tutti i problemi, che sono scaturiti, nel tempo, sul complesso episcopale teodo-riano, considerato nella sua genesi, nel dettaglio delle funzioni, nell’esegesi com-plessa e diversificata dei pavimenti musivi. E su tutti questi problemi, calatinell’habitat topografico della città tardoantica, alla ricerca degli spazi cristiani e deiloro rapporti con il contesto urbano, è tornato, proprio in questi mesi, ancoraGiuseppe Cuscito, in un dossier inedito, che, per sua cortesia, ho potuto scorrere inanticipo.

L’attenzione – come si diceva – è tutta concentrata sulle costruzioni teodoriane(Fig. 2), alla ricerca di interpretazioni nuove ed originali, ma anche per riprenderevecchie idee, che parevano definitivamente riposte tra gli “scarti” ermeneutici delpassato. A questo ultimo riguardo, sorprende il recente status quaestionis, con cui

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10 SOTINEL 2005.11 CUSCITO 2007.12 Cfr., specialmente, Aquileia romana e cristiana 2000; Aquileia dalle origini alla costituzione del duca-

to Longobardo 2006.13 BRANDENBURG 2006.14 CUSCITO 2006.

2. Aquileia.Pianta del comples-so teodoriano (daBertacchi 1993)

Thomas Lehmann rievoca alcune idee proposte dalla critica tedesca, relativamenteall’identificazione di una sala imperiale in corrispondenza dell’aula meridionale, poidonata da Costantino alla comunità cristiana e dunque adattata, con l’inserimentodelle scene di Giona e dell’iscrizione dedicatoria15. Questa sequela interpretativa,inaugurata negli anni ’50 da Joseph Fink16, seguito, in maniera intermittente, dalKähler17, che giunse a riconoscere nei ritratti musivi le personalità dei Costantinidi,e pedissequamente dal Klauser18, dal Gerke19 e da Himmelmann20, ha avuto – intempi recenti – un nuovo inaspettato credito da parte dell’Engemann e del Ristow21.

La riconsiderazione di Lehmann – duramente contestata in occasione di unSeminario di Archeologia Cristiana dello scorso anno – seppure proposta come provo-cazione, in maniera confusa e poco convinta, posa sul piano critico una questionetopografica assai più interessante di quanto rappresenti, di fatto, l’ipotesi “tedesca”appena rievocata22.

Se, infatti, va escluso che il complesso teodoriano si situi su una porzione di un’i-potetica residenza imperiale, per questioni propriamente archeologiche e topografi-che, resta aperta la ricerca di un palazzo o di una residenza imperiale, desumibile daun passo del panegirico a Costantino (Paneg. Lat. 6,7; 6, 2-5), che ci tramanda chel’imperatore e Fausta nel marzo del 307 si sono sposati in un palazzo ad Aquileia.

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15 LEHMANN 2006.16 FINK 1954.17 KÄHLER 1957.18 KLAUSER 1964.19 GERKE 1967.20 HIMMELMANN 1980.21 RISTOW 1964.22 Seminari di Archeologia Cristiana, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Roma 17 novembre

2005.

3a-b. Aquileia.Materiali prove-nienti dall’ipotetica residenza imperiale(da Mian 2006)

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La ricerca, giustificata pure da altri elementi, che vedono ad Aquileia ancheMassimiano, che vi fece istallare una zecca, ed ancora Costantino, promotore delrestauro delle terme, forse le grandi thermae, individuate presso l’anfiteatro; la ricer-ca – dicevamo – si indirizza nell’area ad ovest del circo, dove sono venuti alla luceresti di una monumentale domus tardoantica. Qui poteva situarsi anche la residenzadi Massimiano e Costantino, accanto al circo, secondo una consuetudine topografi-ca della tarda antichità attestata a Roma, Milano, Costantinopoli, Antiochia eTreviri. Questa localizzazione sembra sostenuta anche dagli scavi di PaolaLopreato23 e dalle intriganti riflessioni di Giulia Mian24, che attribuisce i clipei conrappresentazioni di divinità d’epoca tardoantica e le statue imperiali d’età giulio-claudia, rifatte pure nella tarda antichità, ad una nobile residenza, forse al palatiummenzionato nel panegirico (Fig. 3).

Questo giro di ipotesi ci accompagna verso una dislocazione topografica, cherientra molto agevolmente nelle “distanze” accuratamente rispettate nei primiimpianti delle cattedrali cristiane, che rappresentano sempre un polo distintorispetto alle residenze del potere e ai centri politici e religiosi delle metropoli delmondo antico.

Se guardiamo all’orizzonte Adriatico – che qui ci interessa – e badiamo al casomacroscopico di Spalato, le distanze e la separazione tra il palatium di Dioclezianoe l’episcopio di Salona diventano emblematiche e tutte da indagare, con riguardospeciale per la quaestio irrisolta dei rapporti e della simultaneità dei due insedia-menti25 (Fig. 4).

Ed allora è più facile riferirsi alla Roma di Costantino, quando si decise di innal-zare il “gruppo episcopale”, in un’area decentrata, rispetto al centro politico-reli-gioso, nel settore sud-orientale (Fig. 5), non tanto per rispettare i sentimenti e l’i-deologia della classe senatoria – come ipotizzò il Krautheimer26 – ma per “dannare”le caserme degli equites singulares, infedeli a Costantino, su cui si innalzò il simbolodel nuovo corso costantiniano27. Va pure ridimensionato il gesto del cauto decen-tramento dei cantieri episcopali, se l’area lateranense è luogo delle più nobili resi-denze romane, in parte terreno demaniale ed adiacente alla residenza imperiale delSessorium, legata proprio a Costantino e ad Elena28.

Ad Aquileia la situazione non è proprio diversa. Il cantiere di Teodoro occupaun’intera insula nel settore sud-orientale, in prossimità del porto fluviale, in un’a-rea interessata da horrea e magazzini d’ogni specie, ma anche da domus, sin dallaprima età imperiale, e da un edificio termale29. Di più: a settentrione della basilicafurono individuate alcune domus, che comportano una committenza alta ed unadecorazione musiva dei triclini assai simile per tecnica e significato a quella delleaule teodoriane, come ho avuto modo di constatare qualche anno fa30 (Fig. 6). Edancora: i recenti scavi nella chiesa dei Pagani sembrano suggerire lo sviluppo diun’area destinata a domus anche nelle più immediate adiacenze del plesso teodoria-no, tanto da ipotizzare che i presunti magazzini su cui si impiantò l’edificio diculto, altro non fossero che una struttura relativa ad altre domus31.

Tra Aquileia e Spalato

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23 LOPREATO 1987.24 MIAN 2006.25 MARIN 1989.26 KRAUTHEIMER 1975.27 TESTINI 1989.28 TESTINI 1989.29 SOTINEL 2005.30 BISCONTI 2006.31 BRANDENBURG 2006.

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4a-b. Pianta di Salona e delpalazzo di Spalato(da Marin 1989)

5. Roma. Area lateranense(da Testini 1989)

Rimane certo che la sede si defili dalcentro politico e civile della città e chegli edifici si sistemino in un’area nonlibera, ma riservata a magazzini e spe-cialmente a domus, con una ricaduta sul-l’evoluzione naturale degli edifici diculto, su cui torneremo32.

Ad Aquileia, come a Roma, le sediepiscopali e quelle imperiali restanoseparate e le prime, in tono minore,emulano le seconde, seguendo i meccani-smi di un sottile gioco, che nasconde unavena polemica anticesarea, che attraversaanche e soprattutto l’ambigua svoltacostantiniana, disegnando due polidistinti, ma significativi, della topogra-fia tardoantica. In quest’ottica, che vuolele sedi del potere imperiale restare anco-rate al centro pulsante della vita politicae sociale e quelle del nuovo culto defila-te, seppure situate in sedi di certo presti-gio specialmente abitativo, si proietta ilpiano delle costruzionicristiane verso ilsuburbio, per sovrap-porsi ed affiancarsi aglispazi della morte edella devozione33.

Il fenomeno è diffu-so, ma è ben riconosci-bile ad Aquileia, con lacostruzione delle basi-liche di Monastero edel fondo Tullio,recentemente riconsi-derate da GisellaCantino, anche allaluce delle analogie conle tipologie romane,africane ed orientali34;il fenomeno è ben rico-noscibile a Salona (Fig. 7), alla luce degli studi topografici di Emilio Marin, che hafermato l’attenzione specialmente sul celebre martyrium di Manastirine, ma anche suquello di Marusinac35 che ci riconduce verso il problema delle basiliche doppie,con cui abbiamo avviato i nostri ragionamenti e su cui conviene tornare, per met-tere a fuoco la postazione che il complesso teodoriano assume nell’itinerario relati-vo alle origini dell’edificio di culto cristiano.

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32 BRANDENBURG 2006.33 KRAUTHEIMER 1975.34 CANTINO WATAGHIN 2006.35 MARIN 1989.

6. Aquileia.Oratorio del buonpastore dall’abitosingolare (daBertacchi 1993)

7. Pianta del com-plesso martiriale di Manastirine(da Marin 1989)

Anche i più recenti resoconti critici non hanno liberato il monumento dal pro-blema della cronologia, ancorata all’episcopato di Teodoro, ma proiettata nel tempo,durante ed oltre il limite costantiniano, per affrancare il complesso dal sospettodella precocità e della connivenza con la cultura impalpabile delle domus ecclesiae,verso cui la ricondusse, da ultimo, Pasquale Testini36 in un articolo denso di sug-gestioni accuratamente disatteso dalla critica corrente, anche per una sorta di tabùe di preconcetto nei confronti di una visione “evoluzionistica” dell’edificio di culto,che dalle domus ecclesiae, se non dalle sinagoghe, dovrebbe condurre verso le basili-che canoniche; una prevenzione che, sia pure in maniera non manifesta, apre la pistaad una “invenzione” della basilica cristiana, senza prototipi, senza preconcetti, senzauna storia, senza un naturale percorso nella cristianizzazione dell’edificio di culto(Fig. 8).

Il complesso di Aquileia, a mio modo di vedere, può raccontare una fase salien-te di questa storia, proponendosi non come una meteora monumentale, come unaborto di questo processo, ma come un segmento significativo del percorso, che ciaccompagna verso la creazione delle basiliche canoniche a pianta longitudinale.Osservato con questo sguardo, l’insieme monumentale partecipa ancora del lin-guaggio architettonico delle domus, seppure nella forma ampliata, sino ad interessa-re un’intera insula. Ce lo suggeriscono molti dettagli d’ordine pienamente struttu-rale, ma anche di tipo decorativo. È bene, innanzi tutto, precisare che l’impianto delcomplesso non propone il sistema canonico delle aule doppie, ma quello chiuso adU, richiamando per questo l’organizzazione degli ambienti ad intra, tipica delledomus private, dal momento che le tre aule, concatenate, si sviluppano attorno aduna serie di ambienti così come le domus disponevano gli spazi attorno al peristilio.E quella serie di ambienti, in parte ancora da giudicare, racchiusi dall’organismo adU, ma caratterizzati dalla presenza del primitivo e coevo battistero ellittico, cherisulta intimamente protetto dalle strutture, costituisce il cuore dell’intero comples-so, talché da qui si accede al monumento da oriente e da qui prendono avvio i per-corsi di frequentazione delle tre aule37.

Il confronto con la dislocazione della domus ecclesiae di Dura Europos può essereaccidentale, ma suggestivo, non tanto e non solo per le vie di accesso defilate, rispet-to alle fronti degli ambienti longitudinali, ma per la concatenazione ad U attornoad un perno centrale, per il battistero incluso, per la definizione degli ambienti,anche attraverso abbattimenti di piccole barriere presenti nella domus primitiva, perla creazione della vasca-battistero e del podium-bema, che suggeriscono le funzionidei vani38.

E mentre la committenza della domus ecclesiae di Dura Europos appare modesta nelleproporzioni, nel potenziale economico e nelle ambizioni costruttive, quella di Aquileiadenuncia già una struttura ed una organizzazione più volitiva, che si addensano –com’è intuitivo – attorno al più stretto entourage di Teodoro, che guarda, comunque alsuo cantiere, come ad una costruzione in progress, in parte ancora domus, come suggeri-scono le iscrizioni dedicatorie, che con le forme verbali crevisti, fecisti, dedicasti - secon-do quanto osservava il Testini – rivelano un rapporto di affetto o almeno scevro di uffi-cialità e di solennità, quale si addice – appunto – ad una domus ecclesiae 39 (Fig. 9).

Ad una fase ancora poco definita e ad una committenza mediamente ambiziosarimanda anche l’ipotesi di copertura degli ambienti, alla luce delle più recentiacquisizioni e deduzioni architettoniche. “I supporti verticali interni – rileva, daultimo, Marco Pinarello – sono molto radi”, talché per le due aule mosaicate “non

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36 TESTINI 1982.37 MENIS 1982.38 MENIS 1982, p. 465.39 MENIS 1982, p. 512.

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8a-b. Piante delladomus ecclesiaedi Dura Europos e della basilica teodoriana diAquileia

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10. Aquileia.Ricostruzione delcomplesso teodoria-no (da Pinarello2006)

poteva che essere impostato un sistema a copertura a capriate lignee, né i soli treelementi verticali potevano comportare una navata centrale e sopraelevata, per cuile aule teodoriane ebbero una facciata a capanna a doppio spiovente”40 (Fig. 10).

Il complesso di Aquileia, insomma, non sembra adeguarsi ai canoni architetto-nici costantiniani, così come si desumono dalla descrizione eusebiana della basilicadi Tiro41, ma pare avvicinarsi piuttosto a quella domus ecclesiae, ove si era arroccatoPaolo di Samosata, negli anni ’60 del III secolo, secondo quanto ci riferisce ancorail biografo di Costantino, per rievocare il disappunto dei vescovi riuniti nel 268 adAntiochia, relativamente ai sontuosi organismi, ovvero una cattedra ed un secretum,che il presule si era fatto costruire42. Il complesso altoadriatico sembra più prossi-mo a quella domus in qua christiani conveniebant, a quel locus ubi orationes celebrare con-

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40 PINARELLO 2006.41 Hist. Eccl. X, 4, 37-4542 Ibidem VII, 30, 9 e 10

9a-b. Aquileia.Complesso teodoria-no. Iscrizioni musi-ve relative al vesco-vo Teodoro (daBertacchi 1993)

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sueti fuerant ricordati nelle liste di confisca di Cirta e Abthungi nell’AfricaSettentrionale, al tempo della persecuzione dioclezianea43.

In questo senso, si muovono le testimonianze decorative dell’intero complesso.Il programma iconografico dei pavimenti musivi, infatti – come ho anticipato ecome ho avuto modo di osservare in dettaglio nel passato prossimo – partecipa diun linguaggio figurativo, che ha come focus privilegiato la materia cosmica declina-ta in maniera augurale, talché i diversi emblemata si propongono come xenia e apopho-reta, tipici delle pavimentazioni dei triclini delle domus dell’aristocrazia più aggior-nata nei confronti del repertorio diffuso nel Mediterraneo e proveniente dalla piùcorrente cultura ellenistica. È così che, specialmente l’aula settentrionale, ma anchequella meridionale, propongono l’alfabetario visivo della varietas delle offertecosmiche, di un mondo osservato negli elementi, nelle stagioni, nel tempo, nelledimensioni spaziali e geografiche44. A questa materia di repertorio, risponde per-fettamente il tema dei viridaria, così come si dispiegava nelle decorazioni pittori-che delle pareti, recuperate per certi tratti nel passato ed ora oggetto di un attentointervento di restauro: transenne, fontane, eroti, alberi di varia specie compongonoun giardino ameno, ispirato ai loca amoena virgiliani, ma già ammiccante verso iconcetti dell’eden e del paradiso45 (Fig. 11).

Se giustapponiamo queste decorazioni ai più esigui frammenti pittorici del sof-fitto, il progetto ornamentale di una domus di alto livello si intravede in tutte lesue parti e si imparenta naturalmente ad altre imprese costruttive coeve e giàaffiancate al nostro monumento: prima fra tutte la complessa realtà monumenta-le di Treviri 46 (Fig. 12).

Non è questa l’occasione per entrare nel merito della densa produzione erme-neutica relativa all’esegesi dei pavimenti musivi aquileiesi: ora considerati neisignificati interni alle singole immagini, trovando corrispettivi simbolici convin-centi o astrusi, legati alla letteratura patristica o ai pensieri altri, rispetto al cristia-nesimo corrente; ora guardati come territorio di itinerari liturgici, spesso congruied allineati ad un raffinato pensiero dogmatico47.

Non è neanche il momento di giudicare, per l’ennesima volta, la funzione delleaule, o meglio non è il tempo di far dirimere il problema, se questo sussiste, ad una

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43 Opt. Mil., Appendix decem monumentorum ad Donatistarum historiam pertinentium, CSEL XXVI, pp.199-200.

44 BISCONTI 1996.45 BISCONTI 1996.46 Cfr. supra alla nota 7.47 CUSCITO 2006 e MENIS 1982.

11a-b. Aquileia.Particolari delladecorazione parie-tale della basilicateodoriana (daVilla et alii2006)

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lettura pilotata dei pavimenti musivi. A questo riguardo, conviene solo osservarecome nel settore orientale dell’aula meridionale si concentrino i segni di un cristia-nesimo esplicito con il ciclo di Giona, e le parole più alte dell’apparato epigrafico,segnalando un’area di grande rispetto e privilegio.

Per il resto, la decorazione dell’aula meridionale, quella più ricca di temi “inmovimento”, nel senso che molti pannelli suggeriscono un significato in progress,rispetto alla generale temperie semantica, improntata ai larghi concetti della tran-quillitas, della beatitudo, ma anche della luxuria e dell’abbondanza esibita, dimostra,da un lato, l’aderenza ai temi più amati dall’aristocrazia tardoantica e, dall’altra, aquegli argomenti figurativi nuovi o in via di rinnovamento, che accompagnano ilrepertorio verso l’orizzonte paleocristiano. Questo processo comporta situazioni ico-nografiche irrisolte, talora schizofreniche, spesso poco giudicabili, come accade neimonumenti di passaggio, nei territori figurativi di frontiera, che, per quanto ci attie-ne, si appostano piuttosto nel frangente che dall’età tardogallienica giunge al periodotetrarchico, che nell’età pienamente costantiniana48.

Alcuni pannelli dell’aula meridionale ci parlano distintamente in questo senso,a cominciare dalla megalografia dedicata alla storia di Giona, sorprendentementecalata nel mare pescoso. Il collegamento non è casuale, se consideriamo che la sto-ria del profeta, sin dalle origini, è intimamente unita all’habitat marino, come pos-siamo desumere dal tetrarchico sarcofago di Giona (Fig. 13), dove la drammaticastoria veterotestamentaria si dispiega in un mondo sospeso tra terra e mare, intro-ducendo il grande tema della pax terra marique parta49. A questo tema, e dunque allargo territorio cosmico, aderisce anche il più neutrale tema del buon pastore, cheriproduce la struttura centralizzata del crioforo inteso come motore delle “cose del

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48 BISCONTI 2000.49 BISCONTI 2004.

12a-b. Treviri.Ricostruzione eframmento pittori-co del soffitto delcomplesso basilica-le (da Weber1996)

ab

mondo”50, così come accade nellavolta tardogallienica del cubicolodella Velatio in Priscilla, che situa ilpastore al centro di una piccola orbi-ta popolata da quaglie e pavoni alter-nati51 (Fig. 14 e Tav. 21). Al cosmo,ma anche alla luxuria, alla sovrab-bondanza delle offerte di un genero-so triclianiarca, committente diquesta prestigiosa domus cristiana,rimanda, poi, la più articolata areadella c.d. “victoria eucaristica”, chechiama in causa la volta del vestibo-lo superiore di S. Gennaro, ancoradel III secolo; anche qui si proponeuno schema centralizzato attornoalla figura pregnante della nike, chesembra emanare un repertoriocosmico e dionisiaco, ma anche e giàalcune discrete scene cristiane, ispi-rate al Vecchio Testamento e pure aduna visione del Pastore di Erma52

(Fig. 15 e Tav. 22). Il cosmo, le sta-gioni, le personificazioni, mescolatecome in un bizzarro asaraton plurise-

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50 BISCONTI 2007.51 BISCONTI-NUZZO 2001.52 BISCONTI 1998.

13a-b. Presbiteriodell’aula meridio-nale di Aquileia eil sarcofago diGiona dei MuseiVaticani

14a-b. Pannellodel buon pastorenell’aula meridio-nale di Aquileia esoffitto del cubicolodella Velata aPriscilla

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15a-b. Pannellodella vittoria nel-l’aula meridionaledi Aquileia e sof-fitto del vestibolosuperiore a S.Gennaro a Napoli

mantico, convergono nel grande pannello dei c.d. ritratti, che, nel gioco dei con-fronti diretti, richiama – ad esempio – un settore del peribolo del mausoleo diCostanza53 (Fig. 16 e Tav. 23).

Tutti questi rimandi, definendo un arco cronologico che, dal momento tardogal-lienico giunge a quello protocostantiniano, descrivono puntualmente quelle peculia-rità iconografiche, che caratterizzano un gruppo di monumenti figurativi frontalieriche, pur non avendo dismesso l’habitus naturale della tradizione ellenistica, apre var-chi, anche coraggiosi, all’incipiente repertorio cristiano.

Guardato da questo punto di osservazione, il complesso teodoriano parla ancora unlinguaggio in via di definizione e partecipa di quella cultura figurativa custodita dalleclassi medioalte della societas tardoantica che, ad Aquileia, come si è anticipato, ispirale decorazioni dei triclini delle domus vicine e lontane al gruppo episcopale54.

Se seguiamo questo percorso ermeneutico, diventa ancor meno urgente deciderela destinazione liturgica delle tre aule che, dal punto di vista architettonico, appaio-no identiche, se caratterizzate, in maniera fissa e strutturale, solo dalla barriera che,come una recinzione, descrive l’area presbiteriale. È più difficile riconoscere un cate-cumeneion, un secretarium ed è difficile comprendere se sia sostenibile l’ipotesi recen-te e tutta da provare che alterna nelle due aule maggiori la liturgia festiva a quellaferiale55. Allo stato attuale delle ricerche, mi sembra assodato che nell’aula meri-dionale – come ho anticipato – si concentrino i segni e le testimonianze di unaliturgia eucaristica, come suggeriscono, da ultimo, la storia cristiana conclamata diGiona e l’iscrizione dal più ricco formulario epigrafico, che si coagulano presumi-bilmente attorno alla sede della sinassi.

Tutto appare non complicato se pensiamo al cantiere teodoriano come ad unacostruzione di “confine”, che ancora rispetta la struttura della domus compatta e pri-vata, concepita, però, per una comunità in crescita. È per questo che, mentre si con-clude e si definisce un cantiere inteso come struttura articolata e complessa, già siconcepisce un’ampia basilica, ancora anabside, a tre navate, che deborda dai limitidell’insula, con un quadriportico situato ad Ovest da cui si accede all’ambiente defi-nito convenzionalmente post teodoriano, da identificare, a mio modo di vedere, conquell’edificio, che sarebbe stato in costruzione al tempo della visita ad Aquileia diAtanasio (Apol. Ad Const. XV) alla metà del IV secolo.

Questa rapida successione di cantieri, spiegata, in passato, con un improvvisoallargamento della comunità, dovrebbe trovare piuttosto ragione nell’evoluzionerapida del concetto architettonico della basilica cristiana, che dispone il primo pro-getto teodoriano in quel frastagliato crinale che si situa tra l’ultima persecuzione ela svolta costantiniana e che pare coincidere con l’episcopato di Teodoro (308-319).

Il nuovo cantiere, che verrebbe quasi a connotarsi come una variante di proget-to, sembra rispondere alle esigenze e alle conoscenze di un clero volitivo e aggior-nato rispetto alle consuetudini architettoniche del tempo, anche per la mentalità eper l’impegno dei suoi esponenti, già presenti al concilio di Arles56.

Il clero e la comunità aquileiese sembrano vivere nella stagione mutevole dellaprima tolleranza, quando l’edifico di culto trasforma la sua vocazione ad intra perrivolgersi ad extra. È in questo momento che a questo edificio viene attribuita unacerta sacralità, divenendo domus Dei, dimora e tempio di Dio, perdendo quel carat-tere domestico e privato, che aveva caratterizzato i primi luoghi della riunione edella preghiera, ed acquisendo le peculiarità del templum, come specificherà esplici-

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53 BISCONTI 2005.54 BISCONTI 1996.55 PIVA 1990.56 MENIS 1982.

tamente Lattanzio, in riferimento al fatto che Diocleziano, dalla sua residenza impe-riale a Nicomedia, poteva intravedere la chiesa dei cristiani, che definisce emble-maticamente fanum editissimum e che per questo fu raso al suolo57.

Ad Aquileia è possibile seguire questo processo accelerato dell’evoluzione dell’edi-ficio di culto, assistendo prima alla concezione di un complesso inteso come domusampia ed articolata, ma poco caratterizzata negli arredi e nelle funzioni, e poi all’ade-sione ai canoni della basilica cristiana classica, con la costruzione della post teodoria-na. Non è facile trovare altri monumenti che mostrino la successione ravvicinata dellefasi e delle concezioni, almeno nel periodo delle origini: se, infatti, la domus ecclesiae diDura Europos propone uno status incipiente, poco evoluto e sigillato dagli eventi sto-rici, la chiesa di Qirqbize, venuta alla luce nella Siria settentrionale, nei pressi di unavilla rustica, a cui ci si riferisce talvolta per seguire il processo evolutivo degli edificidi culto, propone una cronologia già avanzata, nel corso del IV secolo, e pur presen-tando una certa similitudine con la coeva architettura domestica della regione, orga-nizzata com’è attorno ad un portico aperto, fu dotata di impianti liturgici, ovvero

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57 Lact., mort. pers. 12, 3.

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16a-b. Pannellodei c.d. Ritrattinell’aula meridio-nale di Aquileia evolta del mausoleodi S. Costanza

transenne, pulpito e tribuna solo nel VII secolo58

(Fig. 17).Ad Aquileia è più facile seguire le fasi della

caratterizzazione dell’edificio di culto e collocar-la nel tempo, pur insistendo i diversi cantierinella medesima sede, dimostrando l’intenzionedi un’espansione e di una diversificazione dellediverse basiliche. In questo senso, il gruppo epi-scopale altoadriatico riveste un ruolo emblemati-co, originale ed autonomo rispetto anche a quel-li dislocati sull’altra sponda dell’Adriatico e,segnatamente, a quello di Salona59 (Fig. 18).

Il gruppo episcopale di questa città, seppureindagato sistematicamente alla fine degli anni’40 del secolo scorso, attende un’adeguata pub-blicazione, seppure non siano mancate ipotesiricostruttive, ripetutamente riepilogate daEmilio Marin, in varie occasioni60. A Salona,purtroppo, le fonti e la struttura, per ora, non sembrano dialogare e, se la Vita diDomnio parla della costruzione di una domus ecclesiae già in epoca dioclezianea, talo-ra identificata con ambienti circostanti il gruppo episcopale e, segnatamente, con ilc.d. oratorio A, le evidenze archeologiche mostrano una basilica doppia con batti-stero quadrato, dotato di una piscina esagonale, che in seguito si trasformerà in bat-tistero ottagonale con vasca cruciforme. Anche una delle due aule, nella prima metàdel VI secolo, assumerà la pianta cruciforme. Mentre la critica si affanna per cercarela primitiva domus di Domnio o quella dei vescovi Primus, Symferius ed Hesychius, gli

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58 BRANDENBURG 2004, p. 14.59 MARIN 1989.60 MARIN 1989.

18. Salona.Pianta del comples-so episcopale (daMarin 1989)

17. Rappresenta-zione della chiesadi Qirqbize (daTestini 1982)

archeologi hanno individuato una successione serrata di fasi nella costituzione delgruppo episcopale, secondo una dinamica che prevede, piuttosto, un processo polige-netico, che addensa attorno al nucleo primitivo una serie di altre costruzioni, primacon la duplicazione dell’aula e con la monumentalizzazione del battistero e poi con lacostruzione dell’articolato e complesso episcopio. Tutta questa attività si svolge neltempo che dal pieno IV secolo giunge all’età bizantina, dimostrando, rispetto al ter-mine di confronto aquileiese, un fenomeno di aggregazione degli ambienti e degli edi-fici, piuttosto che una stratificazione o una sostituzione degli stessi.

Il confronto delle due realtà ci immette in un mondo architettonico estrema-mente ricco e sensibile agli impulsi dei grandi centri di irradiazione delle ideecostruttive provenienti, al momento delle origini, piuttosto dalle piste orientali chedai cantieri occidentali. Questo sguardo mobile, che mette dinanzi esperienze archi-tettoniche diverse ci convince, infine, del ruolo importante che l’entourage ecclesia-stico assume sin dall’età pre o protocostantiniana nelle performances costruttive deigruppi episcopali e nel processo evolutivo della creazione e dello sviluppo dell’edi-ficio di culto cristiano, che da contenitore dell’assemblea diventa scrigno gelosodella devozione.

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