Metafisica e ontologia tra Ottocento e Novecento tra oggetti e segni

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Metafisica e ontologia tra Ottocento e Novecento: tra oggetti e segni in I. Pozzoni-D. Sacchi (a c. di), Lineamenti post-moderni di storia della filosofia contemporanea, Roma, IF Press, 2013, pp. 191-204 Claudia Stancati La nascita del termine ‘ontologia’ che fa la sua comparsa tra il Lessico filosofico di Goclenius (1613), gli Elementi di filosofia, ovvero Ontosofia di Clauberg (1646) e la pubblicazione dell’ Ontologia di Christian Wolff (1729), indica non tanto la ‘consacrazione’ di una nuova disciplina filosofica quanto un nuovo nome per temi e percorsi all’interno della metafisica, il cui passato e il cui futuro restano inscindibili dal modo in cui essi erano stati discussi da Aristotele in poi. Ma, a partire dall’epoca moderna, tutti i momenti fondamentali della metafisica sono segnati, oltre che dal riferimento alla tradizione aristotelica, dalla collocazione del tema generale dell’essere in quello del conoscere e, in particolare, dal modo in cui le diverse scienze conoscono i loro ‘oggetti’. La ridefinizione di termini quali ‘oggetto’ e ‘obiettivo’ sono perciò particolarmente significativi di un contesto di pensiero. Il clima filosofico cui appartengono gli autori cui facciamo qui riferimento Meinong e Peirce è quello tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, caratterizzato spesso da una feroce reazione antikantiana, dal problema del rapporto

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Metafisica e ontologia tra Ottocento e Novecento: tra oggetti e segni

in I. Pozzoni-D. Sacchi (a c. di), Lineamentipost-moderni di storia della filosofia contemporanea, Roma,IF Press, 2013, pp. 191-204

Claudia Stancati

La nascita del termine ‘ontologia’ che fa la suacomparsa tra il Lessico filosofico di Goclenius (1613),gli Elementi di filosofia, ovvero Ontosofia di Clauberg (1646)e la pubblicazione dell’ Ontologia di Christian Wolff(1729), indica non tanto la ‘consacrazione’ di unanuova disciplina filosofica quanto un nuovo nomeper temi e percorsi all’interno della metafisica,il cui passato e il cui futuro restano inscindibilidal modo in cui essi erano stati discussi daAristotele in poi. Ma, a partire dall’epocamoderna, tutti i momenti fondamentali dellametafisica sono segnati, oltre che dal riferimentoalla tradizione aristotelica, dalla collocazionedel tema generale dell’essere in quello delconoscere e, in particolare, dal modo in cui lediverse scienze conoscono i loro ‘oggetti’. Laridefinizione di termini quali ‘oggetto’ e‘obiettivo’ sono perciò particolarmentesignificativi di un contesto di pensiero.

Il clima filosofico cui appartengono gli autoricui facciamo qui riferimento – Meinong e Peirce – èquello tra la fine del XIX e gli inizi del XXsecolo, caratterizzato spesso da una ferocereazione antikantiana, dal problema del rapporto

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tra filosofia e psicologia, dalla svolta impressada Bolzano, Brentano, Frege, Husserl ecc. Percomprendere quali rapporti tra metafisica,ontologia e gnoseologia si ‘annodano’ intorno altermine ‘oggetto’ possiamo consultare il Vocabulairetechnique et critique de la philosophie di Lalande in cui siindica in primo luogo come ‘oggetto’ ciò che èpensato o rappresentato in quanto distintodall’atto tramite il quale è pensato; poi, ancora,ciò che ci è presentato nella percezione esternacon un carattere fisso e stabile; infine, ciò cheha una esistenza in sé indipendente dallaconoscenza o dall’idea che possono averne gliesseri pensanti. Si tratta di definizioni cherimandano a diverse forme di opposizione col‘soggetto’. Il senso scolastico di ‘obietto’ e‘obiettivo’ indica, da Duns Scoto in poi, ciò checostituisce una idea o rappresentazione dellamente, per cui Descartes afferma che “on ne peutnéanmmoins dire que cette façon et manière d’êtrene soit rien”1. ‘Obiettivo’ è ciò che è oppostotanto a soggettivo nel senso di individuale che adapparente, irreale. Si tratta di une‘représentation de droit’ che è tale in tutte lementi ed è opposta ad una rappresentazione difatto. Secondo Poincaré ‘obiettivo’ è ciò che è odiverrà o resterà comune a tutti gli esseripensanti (La valeur de la science). Baldwin (Thought andThings 1909-1912), invece, propone di definiresynnomico ciò che è considerato di diritto validoper tutte le menti e syndoxico ciò che è attualmentecondiviso da un gruppo. Renouvier chiama‘obiettivo’ “ce qui s’offre comme objetreprésentativement dans la connaissance”. A frontedi questo spostamento dal piano dell’essere a

1R.Descartes, Méditations métaphysiques. Objections et réponses, inOeuvres de Descartes, Charles Adam e Antoine Tannery edd.,13 voll., Paris, 1897-1913, nouv. prés. Vrin-C.N.R.S.,1964-74, rist. in 11 voll. 1996, vol. IX, Méditationtroisième, p.33.

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quello della conoscenza, più o meno condivisa, latendenza del linguaggio comune è quella a gravare,fin troppo spesso, l’uso del termine ‘obiettivo’ diun impegno ontologico2.

È in questo clima che matura la ricercafilosofica di Meinong. Partendo da una nozionechiave, la distinzione tra contenuto e oggetto, chegli proviene dai suoi studi sulla teoria dellerelazioni, egli si pone il problemadell’oggettività del pensiero e, separandonecontenuto e atti, ridefinisce i rapporti traontologia e gnoseologia, secondo modalità che hannoportato a definirlo come «un implacabileagrimensore dell'inesistente» (Agamben). Eglielabora una teoria dell’oggetto che sente comeprofondamente affine alla ontologia formale e allascienza eidetica dell’oggetto di Husserl chefrequenta per un decennio circa. In rapporto, oltreche con Husserl, con Russell e con numerosifilosofi e psicologi dell’epoca, anche italiani3,Meinong, forse proprio a causa della presa didistanza di Husserl e delle critiche di Russell4,viene progressivamente marginalizzato e solo daglianni Sessanta del secolo scorso si registra unarivalutazione e un interesse crescente per il suopensiero.

Ci preme sottolineare che la teoriadell’oggetto, quando compare, nel 1904 in un volumecollettaneo curato da Meinong Untersuchungen zurGegenstandsteorie und Psychologie (Leipzig, J. A. Barth)per festeggiare i dieci anni del laboratorio dipsicologia di Graz, è elaborata a partire da untema estremamente rilevante e fruttuoso qual èquello della suddivisione e classificazione dellescienze.

2Tanto che viene rilevato come lo stesso Descartesimpieghi il termine ‘obiettivo’ per designare le realtàformali di cui gli si oggetti sono le copie.

3 Tra cui Vittorio Benussi, maestro di Cesare Musatti.4 Russell proprio a partire da tali critiche sviluppa la

teoria delle descrizioni di On Denoting (1905).

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La scienza dell’oggetto in generale si delinea apartire dalle zone di confine tra le diversescienze particolari, dalle loro sovrapposizioni nonmeno che dai vuoti tra una scienza e l’altra.Trattandosi di una scienza generale è con lametafisica che Meinong deve istituire il primo deiconfronti.

Benché l’uso linguistico, i sentimenti, idesideri possano trarci in inganno non c’èconoscenza se non di qualcosa, ma questo qualcosa,questo oggetto del conoscere è stato guardato datroppo tempo alla luce di quello che Meinong chiama«il pregiudizio a favore del reale»5.

Bisognerà guardarsi bene dal ritenere– egli scrive-come realmente insensata l’idea di una scienzagenerale accanto alle scienze particolari. Ciò che èaleggiato davanti agli occhi dei migliori spiriti ditutti i tempi come l’ultima e più degna meta dellaloro sete di sapere, apprendere la totalità delmondo nella sua essenza e nei suoi fondamentiultimi, può certo essere soltanto affare di unascienza comprensiva accanto alle scienze singole. Ineffetti, sotto il nome di metafisica non si èpensato nient’altro che una simile scienza […]Senzadubbio la metafisica ha a che fare con la totalitàdi ciò che esiste. Ma la totalità di ciò che esiste,con l’inclusione di ciò che è esistito ed esisterà,è infinitamente piccola in confronto alla totalitàdegli oggetti di conoscenza, e che ciò siafacilmente trascurato ha la sua origine nel fattoche l’interesse particolarmente vivo per il reale,risiedente nella nostra natura, favoriscel’esagerazione di trattare il non reale come unsemplice nulla, più precisamente come qualcosa incui il conoscere non troverebbe assolutamente alcunpunto di applicazione6.

L’esempio portato da Meinong è quello di unascienza altamente sviluppata come la matematica di

5 A. Meinong, Sulla teoria dell’oggetto in Id., Teoria dell’oggetto,trad. it. a cura di V. Raspa, Parnaso, Trieste, 2002, p. 238.

6Ivi, p. 239.

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cui nessuno discute l’efficacia pratica e laportata teorica ma i cui oggetti non esistono masussistono e sono al massimo possibili, e che sicolloca al di là della distinzione tra scienzedella natura e scienze sociali.

Per costruire la sua teoria generaledell’oggetto Meinong deve dunque compiere una mossache ampli la totalità degli oggetti del conoscereoltre la sfera di ciò che esiste, elaborando la suateoria in virtù della sua noncuranza per l’esistenzao l’inesistenza di tali oggetti7. Inoltre,nell’esaminare le discipline che si sono occupatedegli oggetti in modo più generale, dopo essersirivolto alla metafisica, deve ridimensionare leeventuali pretese della psicologia o della stessalogica. Si potrebbe pensare che, per il fatto chela psicologia sia capace di prendere inconsiderazione anche gli oggetti del sentire e deldesiderare oltre a quelli del conoscere e delrappresentare, sia la candidata ideale a fondarequesta prospettiva ampia di oggettualità, ma sitratta di apporti ottenuti in modo incidentale.

Allo stesso modo in cui filologia e allagrammatica hanno offerto i loro fondamenti a tuttele scienze del linguaggio, e produconoincidentalmente risultati fondamentali per altrescienze che in esse non si esauriscono, lapsicologia non prende in considerazione gli oggettidi per sé ma affianca una scienza degli oggetti,così come le scienze del linguaggio svolgono unruolo preparatorio nell’apprensione teorica deglioggetti.

Chi usa una parola, secondo Meinong, mostra diavere in sé una determinata rappresentazionecorrispondente, le parole sono dunque non typesastratti ma tokens relativi a quel soggetto in queltempo determinato. Meinong, al contrario diBrentano, fida sulle capacità del linguaggionaturale ordinario, sul parallelismo di linguaggio

7A. Meinong, Autopresentazione, in Teoria dell’oggetto, pp. 277-334, cit. p. 291.

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e pensiero, quello che a Meinong interessa è che cisi intenda sul nominare gli oggetti secondo ilsenso comune e questo permette la coincidenza tragrammatica e fondamento della apprensione deglioggetti stessi. Per questo parliamo e ci intendiamosu unicorni e montagne d’oro e il linguaggio è, asuo avviso, un medium trasparente verso un mondo dioggetti ontologicamente neutrali.

Una seconda distinzione, dopo quella tracontenuto ed oggetto appare a Meinong fondamentaleper costruire la sua teoria ed è quella tra obbiettoe obbiettivo che gli permette di spostare la suateoria generale, e la classificazione che neconsegue, verso la teoria della conoscenza. Se lateoria degli oggetti approda alla gnoseologia conl’avvertimento che il conoscere è un processoduplice che unisce al lato psichico quelloteoretico della fondazione degli oggetti, secondoMeinong si evita il rischio dello psicologismo e sicoglie finalmente la possibilità di una teoriadell’oggetto come scienza propria8. Ancora unavolta Meinong adduce l’esempio della matematica chenon a caso trova con difficoltà un posto nelsistema delle scienze e che nel suo ambito è statacapace di adempiere, unica per ora, alla adeguatadefinizione dei propri oggetti. Anche in altriambiti, tuttavia, Meinong riconosce un lavoroalmeno implicito di teoria dell’oggetto assegnandoancora alla grammatica un ruolo rilevante diorientamento per le sue ricerche.

È dunque alla filosofia che occorre accostare lateoria dell’oggetto nella classificazione dellescienze, ma ciò dopo avere ricondotto la teoriamedesima a relazioni ordinate con la metafisica,relazioni che portano a definire la metafisica comescienza a-posteriori dell’essere e la teoriadell’oggetto come scienza a-priori.

La teoria meinongiana dell’oggetto è destinatanon solo a rendere possibile un ‘catalogo’ diquegli «ampi e importanti gruppi di oggetti» che

8 A. Meinong, Sulla teoria dell’oggetto, p. 155.

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«non hanno trovato patria nelle scienzetradizionali» che «hanno a che fare quasiesclusivamente con la scienza del reale» ma deverendere possibile una classificazione dell’irreale-essente, del non-ente e perfino dell’impossibile,ossia di tutti quegli oggetti che possono essereoggetto di conoscenza, «senza limitazione al casoparticolare della loro esistenza»9. Ciò che puòessere oggetto del conoscere non ha affatto bisognodi esistere e non è neppure necessario chel’esistenza venga sostituita dalla sussistenza.Quello che a Meinong preme stabilire è che neppurel’esser-così di un oggetto è «per così dire,toccato dal suo non essere»10: figure geometriche,montagne d’oro e quadrati rotondi conservano leloro proprietà indipendentemente dalla loroesistenza. L’oggetto puro si colloca così in unacondizione di extra-essere ed è proprio questanuova determinazione dei confini a costituiresecondo Meinong la vera novità della sua propostateoretica. Non c’è oggetto che non potrebbe essereoggetto della conoscenza quanto alla possibilità,almeno ponendosi dal punto di vista «spesso anchemolto istruttivo» della finzione e senza riguardoalle limitazioni poste dalla costituzione delsoggetto.

Libera da ogni presupposto esistenziale, lateoria degli oggetti costituisce quattro grandiclassi a partire dalle classi dei vissuti e inparticolare da quelle principali, rappresentare,pensare, sentire, desiderare, cui corrispondonorispettivamente le classi di oggetti: obietti,obiettivi, dignitativi e desiderativi. Tuttavia nonsono solo i vissuti apprendenti a determinare unavarietà che specialmente per gli obietti èsterminata, poiché Meinong ritiene che tra i primipossano trovar posto anche i vissuti interni,accessibili solo attraverso l’autopresentazione ocon l’ausilio dei vissuti fantastici.

9 A. Meinong, Autopresentazione, p. 293 e p. 294.10 A. Meinong, Sulla teoria dell’oggetto, p. 242.

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Gli obietti possono essere divisi tra obiettiche possono essere percepiti o ideali, poi completio incompleti: ogni oggetto reale è completo,oggetti ideali come i triangoli non sottostanno alprincipio del terzo escluso perché hanno in séinfinite determinazioni.

Nella classe assai meno numerosa degliobiettivi, la cui caratteristica è la modalità,stanno quegli oggetti che non solo hanno essere masono essere, nel senso più ampio del termine, e simostrano determinati o determinabili mediantel’appartenenza ad una delle due polarità, ossiaposizione e negazione (da non confondersi, avverteMeinong, con affermazione e negazione). Là dove latradizione logica parla di giudizi e di concetti edistingue giudizio di esistenza, categoriale eipotetico, Meinong parla di obiettivi e di oggetticoncettuali e afferma che tra gli obietti siistituisce una connessione predicativa, e tra gliobiettivi un rapporto di implicazione. Nonseguiremo oltre Meinong in questa classificazioneche si preoccupa costantemente di confrontarsi conla logica; la caratteristica che qui ci interessamettere in evidenza, e che può appartenere tantoagli obietti quanto agli obiettivi, è la loropossibilità di essere oggetti costruiti su altrioggetti, ossia, nella terminologia di Meinong,oggetti di ordine superiore rispetto agli oggetti di ordineinferiore che ne sono alla base. I superiora sono a lorovolta inferiora di oggetti più alti. Simili serie, icui elementi sono relati o formano complessi (Meinongfa l’esempio della melodia e delle note che lacompongono11), sono dunque aperte verso l’alto mahanno obbligatoriamente una base chiusa di oggettidetti infima.

Sugli oggetti di ordine superiore e il loro rapporto con lapercezione interna è un saggio pubblicato da Meinongnel 1899 nella Zeitschrift für Psychologie und Physiologie derSinnesorgane12. La dicitura oggetti di ordine superiore èinvalsa nell’uso a partire dall’interesse

11 A. Meinong, Autopresentazione, p. 295.

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dell’autore per la teoria delle relazioni e ilchiarimento di questo termine gli appare essenzialeper costruire una teoria generale dei rapporti direlazione e complessione di cui tenta di dare unadescrizione completa partendo dalla nozionegenerale di oggetto.

La distinzione tra obietto trascendente e obiettoimmanente, tra realtà e rappresentazione, non èsufficiente a suo avviso a caratterizzare ladifferenza tra contenuti ed oggetti, una diversitàquanto all’esistenza e alla natura, spesso oscurataanche dall’inesatto uso linguistico promiscuo delledue espressioni. A loro volta i contenuti in quantoaccadimenti psichici «mostrano dunque tutti- a partel’illimitata variabilità dell’oggetto- un momento aessi comune, appunto, ciò in virtù di cui tuttisono rappresentazioni, che è poi il rappresentareovvero l’atto rappresentativo»13. Tale sfondo comunedi «concordanza nell’atto» oscura a sua volta ladivergenza reale tra contenuti rappresentati. Ilcontenuto, benché sempre esistente reale e presentein senso psichico «anche qualora l’oggettorappresentato per così dire con il suo ausiliofosse non-esistente, non-reale, non-presente, non-psichico»14, recede sempre sullo sfondo a favoredell’oggetto e questo per ragioni interne edesterne, ossia linguistiche. Infatti il parlantevuol dire non ciò che le parole esprimono ma ciòche significano: è quella che Meinong definisce«goffaggine terminologica» per cui ci si intendesui contenuti per via indiretta attraversol’oggetto15.

In realtà si tratta di un rimando tra pianidifferenti, che possono sovrapporsi per certiaspetti ed essere divergenti quanto alla natura oalla temporalità. Mentre i contenuti sono sempre

12A. Meinong, Sugli oggetti di ordine superiore e il loro rapporto conla percezione interna, in Teoria dell’oggetto, pp. 155-233.

13 Ivi, p. 161.14 Ibidem.15 Ivi, p. 162.

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altrettanto reali che le rappresentazioni cui siriferiscono, ci sono oggetti cui manca la realtàcome gli oggetti passati e futuri dirappresentazioni presenti. Si può rappresentare unfatto fisico o un fatto psichico e quest’ultimo èdella stessa natura della rappresentazione, mentreil primo no, per esempio una rappresentazione nonpuò essere blu o calda.

Questi problemi servono a Meinong per introdurrela distinzione tra la non indipendenza di oggettiquali i colori, che non possono essere pensati senon come estesi, e la non- indipendenza assaidiversa degli oggetti di ordine superiore. Glioggetti di ordine superiore sono quelli istituitirispetto ad altri che ne costituiscono ipresupposti indispensabili e che per convenzioneterminologica Meinong definisce inferiora e superiora.

Un superius ha sempre necessità del suo inferiusmentre gli inferiora possono non supportare oggetti diordine superiore. Potremmo quasi definirli, anostra volta, oggetti categorematici esincategorematici.

Mentre gli inferiora sono troppo vari percostituire una classe, gli oggetti di ordinesuperiore sono tutti gli oggetti relazionali,complessioni, risultati oggettuali che sicostituiscono attraverso il risultato di unaattività collegante16. La relazione è lacomplessione considerata dal punto di vista deisuoi membri o meglio è la relazione presa con isuoi membri, non è il collettivo obiettivo, inoltreMeinong aggiunge che i termini rapporto e relazionepotrebbero designare rispettivamente relazionireali e relazioni ideali.

Oltre all’opposizione di relazione ecomplessione, per cui l’elemento semplice è ilcaso-limite della complessione e l’identità con séstesso il caso limite della relazione, c’è quellatra oggetti reali, compresi quelli che per la loronatura potrebbero esistere, e oggetti come la

16 Ivi, p. 164.

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somiglianza, che sussistono ma non hanno esistenzaseparata.

Quella che Meinong chiama fondazione «operaquindi, per le rappresentazioni di oggetti ideali,ciò che la percezione fa per le rappresentazioni dioggetti reali»: l’opposizione tra questi due ambitidi fatti merita di essere fissata anche terminologicamente distinguendo tra oggetti empirici e oggettifondati17. Non c’è per Meinong un altro modo in cuigli inferiora potrebbero naturalmente fondare isuperiora. C’è concordanza nei processi di fondazionee affinità qualitativa dei risultati ma lo stessoinferius può dar luogo a superiora differenti e Meinongsi propone di mostrare come anche i processiintellettuali per così dire superiori possanorisultare «capaci di introdurre processi difondazione»18.

Un ulteriore piano su cui Meinong deve difenderegli oggetti di ordine superiore è quellodell’analisi della percezione interna. Allapercezione interna, osserva Meinong, si obietta chein nessun modo ci attesta l’esistenza di oggetti diordine superiore o loro rappresentazioni: sembral’obiezione del sano buonsenso ma Meinong è decisoa prenderla sul serio applicandola anche ad oggettiche sono solitamente assegnati senza esitazione alcampo conoscitivo della percezione interna. Gliatti psichici, i loro contenuti e i loro oggettisono stati assunti come altrettante classi diattualità: ora gli oggetti, per cominciare daquesti ultimi, sono materiali ma presenti nellapercezione secondo la distinzione di oggettitrascendenti e oggetti immanenti. Che la percezioneinterna sia in grado di dare notizia di ciò che ècosì difforme dalla natura del contenutocostituisce a suo avviso un problema di granderilevanza gnoseologica. La percezione internaattesta con pari certezza tanto l’oggetto tantol’atto con cui lo percepisce, i dolori più vivi

17 Ivi, p. 173.18 Ivi, p. 174.

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attestano che la percezione interna «accanto aglioggetti di sua spettanza porta alla nostraconoscenza anche sentimenti, ma più di questo lapercezione interna non sembra capace di fare»19.

Stabilito che ognuno di noi ha un sapereeffettivo ed un sapere supposto, che nellapercezione è contenuto anche un giudizio e chel’empiria ci offre le prove della pseudo-esistenzaimmanente degli oggetti psichici che non possonoessere ridotti al fisico, Meinong può passare aglioggetti di ordine superiore «costruiti su altrioggetti, senza essere costituiti dal collettivoobiettivo»20. Relazioni e complessioni devono essereconosciute né possono essere ridotte a quelle trainferiora e nome; poiché, infatti, anche quella traoggetto e parola è una relazione associativa, ilnominalismo non può diventare un’arma contro laloro conoscibilità21.

Dopo aver esaminato il tema della temporalitàdella percezione per cui: «si possono avere buoneragioni per riunire sotto il nome di un solooggetto quel che, in verità, non è altro che uncollettivo obiettivo di oggetti; e se questi sitrovano ad essere temporalmente divisi, alloranulla impedisce che si dia anche un’apprensionesuccessiva di questi singoli oggetti, e con ciò,quindi, anche un’apprensione successiva diquell’oggetto che, in fondo, si dice unico solo perconvenzione»22, Meinong conclude che ciò che èpercettivamente fugace, in primo luogo gli oggettiimmaginati ma non solo, non può essere consideratocome impercettibile e gli esempi che adduce sonoquelli dell’ascolto della melodia e della stessacomprensione delle sequenze linguistiche

Ai diversi tipi di oggetti, dettagliatamentedefiniti da Meinong, spetta un diverso tipo diconoscenza. Non si tratta solo di neologismi, si

19 Ivi, p. 178.20 Ivi, p. 187.21 Ivi, p. 198.22 Ivi, p. 211.

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tratta dei primi passi di una strada che andràpercorsa soprattutto in avanti.

In conclusione, l’oggetto è per Meinong uncorrelato dell’esperienza senza vincoli di noncontraddittorietà o compossibilità; indifferenteall’essere, o addirittura fuori dell’essere,l’oggetto di pensiero è definito in una relazioneconoscitiva in cui è l’uso linguistico che ci fapensare ad affermazioni ontologicamente impegnativelà dove in realtà siamo in presenza di relazionisolo gnoseologiche. In effetti il suo obiettivo èuna definizione dell’oggettualità che includa ogniconoscere e ogni rappresentare. L’ontologiatradizionale viene allargata a tutte le espressionipsichiche intenzionali che hanno così all’internodi questa stessa dimensione il loro riferimento;non solo, anche ciò di cui si predica la nonesistenza deve avere caratteristiche determinate«l’esser così di un oggetto non è toccato dal suonon essere»23. La conclusione di Meinong è che«ormai sappiamo quanto poco la totalità deglioggetti del conoscere sia costituita dalla totalitàdi ciò che esiste, o perfino di ciò che è; e quantopoco perciò, una scienza del reale, o anchedell’ente in generale, benché universale, possaessere considerata la scienza degli oggetti diconoscenza per antonomasia»24.

Un’altra prospettiva che modifica l’ontologia apartire dal piano della conoscenza, dal modo in cuigli oggetti muovono la conoscenza e/o ne sono ilrisultato, può essere considerata l’analisiamplissima degli oggetti/prodotti del pensiero checon altro linguaggio compie un autore esattamentecontemporaneo di Meinong (1853-1920), ossia CharlesSanders Peirce (1839-1914). Secondo Peirce ogniconoscenza è operata tramite segni e i segni sonodefiniti dalle loro modalità di rinvio all’oggetto.

Nei Collected Papers di Peirce si trovano raccolti,col titolo Preface , alcuni fogli di

23 Ivi, p. 242.24 A.Meinong, Sulla teoria dell’oggetto, p. 246.

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autopresentazione in cui appaiono chiare le stesseambizioni metafisiche e gnoseologiche generali diMeinong. Anche l’itinerario filosofico di Peircemuove da Kant e si snoda attraverso il confrontocon la nozione di metafisica di Aristotele, conl’empirismo inglese e con le teorieassociazionistiche; gli interessi matematici e glistudi di logica, la conoscenza della tradizionemedievale costituiscono ulteriori elementi comuni.Anche il lavoro di Peirce come quello di Meinong siriferisce ad una riflessione sul carattere dellamatematica25 e sul suo posto nella classificazionedelle scienze, che per Peirce deve riflettere lostato presente delle scienze secondo «the principalaffinities of the objects classified»26.

Come scrive Giovanni Maddalena:

Peirce (…) aveva compreso che le categorie kantianeandavano riformulate in modo tale da includere in séanche i problemi ‘metafisici’ della Dialetticatrascendentale. L’infinità e la questione di Diodovevano rientrare all’interno delle possibilità dicomprensione dell’intelletto umano. Si dovevano peròtrovare delle categorie così vaste che rendesseroragione del complesso fenomeno della conoscenza diqueste idee come di ogni altro oggetto pensabile oreale. Occorrevano cioè due movimenti all’internodello schema kantiano: un ampliamento dellecategorie fino agli oggetti metafisici ed una

25 C. S. Peirce, Collected Papers of Charles S. Peirce, (voll.1-6 edd. C. Hartshorn, P. Weiss, voll. 7-8 ed. A. W.Burks), Cambridge (Ma), Harvard University Press, 1931-58. [I: Principles of Philosophy, 1931; II: Elements of Logic,1932; III: Exact Logic (Published Papers), 1933; IV: The SimplestMathematics, 1933; V: Pragmatism and Pragmaticism, 1934; VI:Scientific Metaphysics, 1935; VII: Science and Philosophy, 1958;VIII: Reviews, Correspondence, and Bibliography, 1958] citaticome CP, in questo caso C. S. Peirce, An Outline Classificationof the sciences, CP 1.180-283.

26 Ivi, p. 180.

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riduzione di questi ultimi tale da non farli stareal di là di ogni possibile pensiero27.

L’essere in questo modo diventa una capacità direlazione espressa dalla conoscenza prima ed oltreogni sostanza, nei diversi possibili universidell’esperienza.

Dei tre universi di esperienza familiari a tutti noi- scrive Peirce - il primo comprende tutte le mereidee. […] La loro stessa aerea nullità, il fatto cheil loro essere consista nella mera capacità diessere pensate, non nell'effettivo pensamento diqualcuno salva la loro realtà. Il secondo universo èquello della effettività bruta delle cose e deifatti […] il terzo universo comprende tutte le coseil cui essere consiste nella capacità attiva distabilire connessioni tra oggetti diversi,specialmente oggetti di universi diversi. Tali sonotutte le cose che sono essenzialmente segni - non ilmero corpo del segno, che non è essenzialmente tale,ma, per così dire, l'anima del segno, che ha il suoessere nel potere di servire da intermediario tra ilsuo oggetto e una mente28 .

È il segno ciò che può darci l’universo di ciòche è concepibile, poiché può dirsi segno

sia che abbia la natura di una qualità significante,o di qualcosa che una volta pronunciato è passatoper sempre, o di un modello stabile come il nostrosolo articolo determinativo; sia che sostenga distare al posto di una possibilità, di una cosasingola, di un evento, o di un tipo di cose o diverità; sia che stia in relazione con la cosa cherappresenta, verità o invenzione che sia imitandola,o come effetto del proprio oggetto, o per unaconvenzione o abitudine; sia che lanci il suo27 G. Maddalena, Introduzione a C. S. Peirce, Pragmatismo e

oltre, trad. it a cura di G. Maddalena, Bompiani, Milano, 2000,p. 11.

28C. S. Peirce, Un argomento trascurato per la realtà di Dio, in Id.,Opere, a cura di M. A. Bonfantini, Bompiani, Milano, 2003, pp.1239-1254, cit. p. 1239-1240.

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appello per simpatia, per enfasi, per familiarità;che sia una parola singola, una frase, o Declino ecaduta di Gibbon; che sia interrogativo, imperativo oassertorio, che abbia la natura di uno scherzo, osia sigillato e controllato, o che poggi su unaforza artistica29.

Fin dallo scritto On A New List of Categories Peircedichiara di non assumere nulla rispetto aglielementi soggettivi della conoscenza, e di non farericorso all’introspezione, poiché la naturasemiotica del pensiero gli permette di sottrarre lalogica alla psicologia30.

Le due polarità che Peirce individua in questoscritto, che egli stesso considera il suo esordiofilosofico, sono l’essere e la sostanza. Passandodall’essere alla sostanza Peirce disegna tre gradidi ciò che è: Quale, ossia la qualità, ciò che siriferisce a un Ground, a una base, Relato, ossia ciòche si riferisce a una base e a un correlato graziealla comparazione e, infine, Representamen ossia larappresentazione come mediatrice, ciò che siriferisce a una base, un correlato e uninterpretante. Questa tripartizione si aggiunge aquella dei tre tipi di rappresentazioni a secondadel tipo di riferimento, di relazione conl’oggetto: Indice; Icona e Simbolo.

I segni del primo tipo rappresentano gli oggettinella loro primità e offrono il significato deitermini. I segni del secondo tipo rappresentano glioggetti in quanto esistenti, cioè reagenti. I segnidel terzo tipo rappresentano gli oggetti nel lorocarattere rappresentativo, vale a dire nella loroterzità e intorno ad essi ruotano tutti i processiinferenziali31.29C. S. Peirce, Pragmatism, Ms 318 (1907). Il passo citato

non è compreso nei CP ma si trova nel secondo volumedell’Essential Peirce, alle pp. 402 sgg., trad. it. Pragmatismo e oltre,p. 63.

30C. S. Peirce, Una nuova lista di categorie, in Opere, pp. 57-61. 31 C. S. Peirce, Alcune riflessioni in ordine sparso sulla disputa fra

nominalisti e realisti trad. it. in Categorie, a cura di R. Fabbrichesi

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Nei saggi in cui Peirce prende le distanze daDescartes, e da Kant, la natura inferenziale diogni conoscenza e della stessa mente rafforza lacentralità della nozione di segno. È in relazioneal segno che la nozione di oggetto viene definita:«la parola Segno sarà usata per denotare un Oggettopercettibile, o soltanto immaginabile, o ancheinimmaginabile in un senso univoco»32.

La relazione di conoscenza è espressa attraversoil segno: «il Segno può solamente rappresentarel’Oggetto e parlare di esso. Non può fornire dasolo conoscenza diretta o riconoscimento diquell’Oggetto»33. Ci sono tre modi diversi con cuigli Oggetti sono presenti alla mente: in se stessicome i Sentimenti; come qualche cosa che si opponea uno sforzo oppure come ciò che è immagazzinatonella memoria. Inoltre più oggetti possono esserepresenti in uno stesso segno:

Gli Oggetti – giacché un segno può averne un numeroqualsiasi – possono ciascuno essere o una singolacosa conosciuta come esistente, o una singola cosache un tempo si credeva fosse esistita o ci siaspettava che esistesse, o una collezione di talicose, o una qualità conosciuta, o una relazione, oun fatto; e questo singolo Oggetto può essere unacollezione o insieme di parti, o può avere unqualche altro modo di essere, come un attoconsentito il cui essere non impedisce che la suanegazione sia egualmente permessa, o qualcosa didesiderato di natura generale, richiesto, oinvariabilmente trovato sotto certe circostanzegenerali34.

La nozione che Peirce ha della realtà includedunque l’attualmente esistente e il possibile, e sifonda soprattutto sulla distinzione tra Oggetto

Leo, Laterza, Roma-Bari, 1992, pp. 51-72, cit. p. 63.32 C. S. Peirce, Grammatica speculativa, in Opere, pp. 137-175,

cit. p. 148.33 Ivi, p. 149.34 Ivi, p. 150.

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Immediato ed Oggetto Dinamico. L’Oggetto Immediatoè l’Oggetto come il segno lo rappresenta, e il suoEssere dipende dalla sua Rappresentazione nelSegno. L’Oggetto Dinamico è la realtà che inqualche modo costringe a determinare il Segno allasua Rappresentazione. La realtà si mostra allaconoscenza in un processo illimitato diapprossimazioni in cui Peirce non teme il regressoall’infinito:

The object of representation can be nothing but arepresentation of which the first representation isthe interpretant. But an endless series ofrepresentations, each representing the one behindit, may be conceived to have an absolute object atits limit. The meaning of a representation can benothing but a representation. In fact, it is nothingbut the representation itself conceived as strippedof irrelevant clothing. But this clothing never canbe completely stripped off; it is only changed forsomething more diaphanous. So there is an infiniteregression here. Finally, the interpretant isnothing but another representation to which thetorch of truth is handed along; and asrepresentation, it has its interpretant again. Lo,another infinite series.35.

Oggetto di reazione e oggetto dirappresentazione non sono la stessa cosa:

Ci sono cose Reali le cui caratteristiche sonointeramente indipendenti dalle nostre opinioni;queste cose Reali agiscono sui nostri sensi secondoleggi regolari, e, sebbene le nostre sensazionisiano differenti quanto sono differenti i nostrirapporti con gli oggetti, tuttavia, giovandoci delleleggi della percezione, possiamo accertare, medianteil ragionamento come le cose veramente sono; e ogniuomo, se avrà sufficiente esperienza e se ragioneràabbastanza sulla sua esperienza, sarà condotto

35 C. S. Peirce, CP 1.339.

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all’unica Vera conclusione. La concezione nuova quiimplicata è quella di Realtà 36.

Questa concezione di realtà comporta comunque ladistinzione tra modo esterno e mondo interno:

We live in two worlds, a world of fact and a worldof fancy. Each of us is accustomed to think that heis the creator of his world of fancy; that he hasbut to pronounce his fiat, and the thing exists, withno resistance and no effort; and although this is sofar from the truth that I doubt not that much thegreater part of the reader's labor is expended on theworld of fancy, yet it is near enough the truth fora first approximation. For this reason we call theworld of fancy the internal world, the world of factthe external world37.

Il realismo di Peirce è un realismo implicatodal metodo scientifico e che si confronta con lalezione kantiana e i suoi limiti: «realista èsemplicemente chi non conosce una realtà piùrecondita di quella rappresentata»38. La riflessionedi Peirce comincia proprio con il rifiuto deilimiti imposti da Kant alla possibilità di certerappresentazioni. Egli intraprende una ricercasull’intera sfera del rappresentabile e delconoscibile fra cui le concezioni di Dio,l’infinità matematica, la totalità, l’immediatezza,la necessità, giungendo alla conclusione che tuttoè segno e ritenendo che la semiotica è per lafilosofia una base migliore dell’epistemologiatradizionale il che lo porta a concepire la realtà:«as the normal product of mental action, and not asthe incognizable cause of it»39 .

36 C. S. Peirce, Il fissarsi della credenza, in Opere, pp. 353-371,cit. p. 368.

37 C. S. Peirce, CP, 1.321.38 C. S. Peirce, Pensiero-segno-uomo, in Opere, pp. 81-109,

cit. p. 107.39 C. S. Peirce, CP 8.15.

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La coscienza progressiva dell’oggettività è ununico processo con quattro facce: gnoseologica,semiotica, psicologica e pratica, è infatti unprocesso di costituzione di conoscenze/segni esignificati/credenze/ regole d’azione. Rispetto adaltre teorie l’elemento caratterizzante dellasemiotica di Peirce è il presupposto triadico,poiché non c’è solo la relazione con l’oggetto maanche con l’interpretante. Progressivamente eglidistingue non solo diversi tipi di segno (fino asessantasei) ma anche di oggetti e di interpretantidisposti a disegnare una classificazione in basedieci complessa ma priva di ambiguità.

È il processo che Peirce definisce di astrazioneipostatica che forma gli oggetti di pensiero. Leastrazioni ipostatiche sono entia rationis hanno untipo di realtà che ci presenti le cose hic et nunc»,esse ci danno il modo «di trasformare i predicatida segni che pensiamo o attraverso cui pensiamo inoggetti di pensiero» 40.

Molti di questi tipi di oggetti e di segnipossono trovare assonanza con quelli proposti daMeinong. Quando ad esempio Peirce scrive che:«qualunque cosa è generale in tanto in quanto adessa non si applichi il principio del terzoescluso, ed è vaga in quanto non le si applichi ilprincipio di contraddizione»41 possiamo pensare aglioggetti incompleti di Meinong. Ancora un esempio èquello per cui il Diagramma è un oggetto singolareusato come Segno, poiché è essenziale che sia ingrado di farsi percepire e osservare; sia che essovenga tracciato sulla carta sia che vengarappresentato nella sola immaginazione è l’oggettoconcreto da manipolare e osservare di cui loscienziato ha bisogno. In termini meinongianipotremmo dire che si tratta di aggiungereall’oggetto trovato, l’oggetto prodotto.

40 C. S. Peirce, Iconismo e grafi esistenziali, in Opere, pp.205-250, cit. p. 233.

41 C. S. Peirce Questioni di pragmaticismo , in Opere, pp. 415-434, cit. p. 425.

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Nonostante le incertezze e le oscillazioni, avolte non solo terminologiche, di Peirce possiamodire che l’oggetto dinamico determina il segno e lasua rappresentazione mentre l’oggetto immediato èinterno, è l’oggetto in quanto conosciuto nelsegno: esso è dipendente dall’esistenza del segnoed è meaning o insieme delle nozioni veicolate dalsegno medesimo. L’oggetto dinamico può dar luogo ameanings diversi proprio come in Meinong per uninferius ci sono diversi superiora; a sua volta per unostesso meaning ci possono essere diversi oggettidinamici.

Le conclusioni cui Meinong giunge circa lanecessità, accanto alle scienze particolari, di unascienza generale che abbia un ambito coincidentecon quello della totalità degli oggetti diconoscenza possono dirsi realizzate dalla semioticapeirceana per cui è vero che: «conoscibilità (nel suosenso più alto) ed essere non hanno solo identitàmetafisica, ma sono pienamente sinonimi»42.

42C. S. Peirce Questioni concernenti alcune pretese qualità umane , inOpere, pp. 313-434, cit. p. 330.

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