Il coinvolgimento tra iconografia cinematografica e vita

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1 Roberto Massafra Il coinvolgimento tra iconografia cinematografica e vita ovvero l'influenza a doppio senso tra cinema e gangsterismo

Transcript of Il coinvolgimento tra iconografia cinematografica e vita

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Roberto Massafra

Il coinvolgimento tra iconografia

cinematografica e vita

ovvero l'influenza a doppio senso tra cinema e gangsterismo

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Prefazione

Questa relazione è stata ispirata da alcune riflessioni di Roberto

Saviano, autore del libro “Gomorra-Viaggio nell'impero economico

e nel sogno di dominio della camorra ” dalle quali scaturisce l'incipit

per sfruttare un bagaglio pop creato prevalentemente da romanzi e

film, da me sempre amati, che, con la complicità e la scorrevolezza

della narrazione epica, racchiudono pezzi di storia contemporanea e

di realtà umana, che si fanno materiale tangibile della nostra

quotidianità, e la celluloide, come i fiumi d'inchiostro, divengono

testimoni di carne e sangue.

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1.Gli arrestati

Proprio Saviano, nel libro “Gomorra” parla dell'arresto di alcuni

boss di camorra, sottolineandone la demarcazione scenica di

questi, le pose decise e sempre risolute difronte agli obbiettivi e

alle telecamere, il messaggio esplicito che questi vogliono dare

ad un “pubblico”, spiegando un cambiamento di costume negli

uomini di malavita delle ultime generazioni, per i quali molto

forte è l'immagine che essi possono e devono dare di se stessi. Un

caso che potrebbe essere preso ad esempio per tutti riguarda

quello dell'arresto avvenuto nel gennaio del 2005 del

giovanissimo boss reggente Cosimo Di Lauro, figlio ed erede al

comando del latitante Paolo, e protagonista di una delle più

feroci guerre fra clan mai avvenute in Italia. Interessante da

notare é l'immagine che Di Lauro ha voluto dare di sé al

momento dell'arresto, e qui vale la pena di riportare un

passaggio del libro di Saviano - ”Quando Cosimo sente il

calpestio degli anfibi dei carabinieri che lo stanno per arrestare,

quando sente rumoreggiare i fucili, non tenta di scappare, non

si arma nemmeno. Si mette davanti allo specchio. Bagna il

pettine, tira indietro i capelli dalla fronte e poi li lega in un

codino all'altezza della nuca, lasciando la zazzera riccia cascare

sul collo. Indossa un dolcevita scuro e un impermeabile nero.

Cosimodi Lauro si atteggia a pagliaccio del crimine, da

guerriero della notte, scende per le scale impettito. [..] Matrix,

the Crow, Pulp fiction riescono con maggiore capacità a far

capire chi sono e cosa vogliono. Sono modelli che tutti

conoscono e che non abbisognano di eccessive mediazioni.”

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Una foto di Brandon Lee, nei panni del Corvo, icona pop dell'antieroe giustiziere nata negli anni 90'

Cosimo Di Lauro, giovane boss della camorra e protagonista di una tra le più feroci guerre di camorra mai avvenute in Italia. Qui al momento dell'arresto

L'osservazione è ancora più valida se si pensa a come la foto del boss arrestato abbia preso posto sugli screensaver dei cellulari di molti adolescenti napoletani, molti dei quali al momento dell'arresto inneggiarono a The Crow, figura popolarissima del panorama cinematografico e fumettistico, la quale si presenta con abiti scuri in pelle e sguardo penetrante del giustiziere dark e metropolitano, avvolto da un alone di superpotenza, resa celebre dall'interpretazione di Brandon Lee (The Crow, 1994, regia di Alex Proyas).

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La popolarità del giovane boss fu tra l'altro confermata dalla protesta di un gruppo di donne contro i carabinieri, avvenuta sotto il palazzo di Di Lauro nel quartiere denominato “Terzo Mondo” tra Scampia e Secondigliano, non appena la notizia dell'arresto fu diffusa, e che costrinse le forze dell'ordine ad attendere rinforzi per trasferire l'arrestato. Aldilà di questo episodio, che potrebbe sembrare semplicemente grottesco ed inscrivibile in un mondo distante dai lettori dei quotidiani e fatto di sottocodici percepibili soltanto dagli individui immersi in una determinato contesto sociale, in realtà questi aneddoti svelano come siano lontani ormai i cliché ed i luoghi comuni riguardo la criminalità organizzata, frutto di caricature grottesche e divenute popolari di personaggi di Mafia e Camorra. Quello che qui si evince è il fatto palese di una inversione : non è più il cinema a pescare dalla realtà e dalle debolezze umane, ed in questo caso dai tic di una certa malavita, ma sono le debolezze umane e la realtà a pescare dal cinema, tanto che, se un giovane boss vorrà dare un 'immagine vincente, non la prenderà dalla strada ma dal grande schermo. Una immagine da mostrare sempre e comunque, anche quando in realtà si ha perso, una scorciatoia per dare un segnale preciso, che non ha bisogno di altre spiegazioni, subito riconoscibile e per la quale si può simpatizzare e addirittura tifare. Addirittura prendere a modello, se i media prolungassero la sua esposizione per un medio-lungo periodo.

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2. “Che se ne parli bene o male, l'importante è che se ne parli”

La palese “celebrità a priori” di chiunque sia oggetto d'argomento attraverso i medium di massa, in particolar modo visivi, che permettano ad un individuo di divulgare la propria immagine anche suo malgrado ad un pubblico, dilata i suoi confini poiché scavalca ogni steccato morale, facendo permeare una quantità tale di messaggi ed informazioni implicite che, distraendo il pubblico dal tangibile, lo rendono vulnerabile alle esposizioni di chiunque irrompa violentemente sugli schermi di tv, pagine di giornali e siti internet, e del quale rimarrà impressa solo l'immagine che se ne dà e magari qualche frase d'effetto. Basti pensare all'inglese Ronald Biggs , uno dei protagonisti del “Colpo Del Secolo”, avvenuta nel 1967 ad un treno portavalute in inghilterra, che fruttò svariati miliardi agli esecutori e che consegnò Biggs ai media inglesi ed internazionali a causa della sua cattura prima, e delle sue rocambolesche evasioni poi, fino al suo rifugio in Brasile da dove concesse numerose interviste e trovò lavoro: reclamizzò un sistema di casseforti (-“Se volete proteggere il vostro patrimonio ascoltate il consiglio di un esperto..." -) ed una agenzia di viaggi. In quest'ultimo spot Biggs appariva in piano americano ammiccando alla telecamera, con la frase - “Per gente come me, sempre in fuga ..”.- . Quello che colpisce è come in realtà l'immagine del grande criminale ed in fin dei conti della simpatica canaglia sia stata una costruzione a posteriori , quando nella realtà Biggs non fu altro che uno degli esecutori del colpo, neanche troppo abile per non dire il più maldestro, e non la geniale e scaltra mente del crimine che divenne sul piccolo schermo. A ciò va aggiunta la carica data dai Tabloid inglesi, che battezzarono subito la rapina, avvenuta di notte su un treno in corsa, e quindi non priva di una certa carica epica da cinematografia d'azione, come “colpo del secolo” o “rapina del secolo”, tanto da darne la paternità anche ad un celebre film da botteghino e far entrare l'espressione nel gergo comune. Tra le partecipazioni mediatiche di Biggs vainoltre ricordata l'incisione del singolo "No One Is Innocent" assieme alla storica punk band inglese dei Sex Pistols.

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A sinistra : La copertina del singolo della band inglese Sex

Pistols con Ronnie Biggs

D'altronde, i giornalisti inglesi sono sempre stati fra i più abili in Europa nella spettacolarizzazione delle notizie, dando sempre una patina mitica e di finzione ai fatti di cronaca, dove ci si poteva sbizzarrire in barocchismi

narrativi piacevoli da leggere perché raccontavano “il vero”, senza dover incappare in sanzioni deontologiche e morali, per le quali argomenti come la politica o l'economia non potevano essere oggetto di ricamature stilistiche o narrative, tuttalpiù oggetto di dibattito o di polemica. Il cosiddetto pettegolezzo, o Gossipp, stava prendendo piede, e facendosi le ossa con i criminali comuni prima di divenire forza a sé stante nella stampa inglese edaddirittura strumento di ricatto. Ciò che già succedeva da due decenni negli Stati Uniti, dove possiamo rintracciare le origini e la formazione di un vera società dello spettacolo a tutto tondo.

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3. Come il simbolo domina il personaggio : Scarface

a sinistra : locandina del fil orifginal “Scarface” di Howard Hawks, prodotto da Howard Huges

Nel 1931, il film Scarface di Howard Hawks fece molto parlare di sé e fu bersaglio di polemiche e di censura, la quale non fece che arricchire lo strepitoso successo di pubblico. Si narra della ascesa al potere fino alla sua caduta di Tony Camonte, uno spietato giovane italo-americano che scala i vertici del potere económico malavitoso con ferocia e senza scrupoli, fino alla sua caduta finale nella quale porterà con sé tutto

il suo impero. Il soggetto è deliberatamente ispirato alla figura del noto gangster Al Capone, che proprio grazie a questo film divenne celebre in tutto il mondo e che diede il suo benestare per la riuscita dell'opera. Scarface era appunto il soprannome di Capone da ragazzo, durante l'apprendistato criminale tra le bande giovanili newyorkesi, a causa di una profonda cicatrice sul volto provocata da un coltello durante una lite, conclusasi con un omicidio. Oltre ad essere considerato un capostipite del genere, benché molti cinefili preferiscano il modello dato dal film Piccolo Cesare di Waltzavich, anch'esso ispirato a Capone, la sua datazione può farne trascurare la sua valenza di testimone dei tempi e di cronaca. Le vicende narrate dalle scene d'azione del film erano quello che molti abitati di Chicago avevano letto nelle cronache e spesso visto con i loro occhi, erano la realtà narrata al cinema, che assumeva una forma mitica. Una delle scene più apprezzate del film rimane l'omicidio di O'Hara e della sua gang , concorrenti degli italiani nell'epoca de proibizionismo, da parte dei malavitosi italiani travestiti da poliziotti fingendo una retata, il 14 febbraio. Non si trattò di una coincidenza. Era il fatto di cronaca più famoso degli ultimi anni, conosciuto sui giornali con il titolo di grande effetto de La Strage di San Valentino, che proprio con questo modus operandi si svolse e che fu totalmente ideato da Capone per liberarsi degli irlandesi, e che per la carica pittoresca e di audace efferatezza rimase celebre nella mitologia malavitosa e fatta oggetto di narrazione di alcuni film nei

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decenni a venire. La cosa degna di nota è che questa particolare strage, che sgominò in un colpo solo ogni altro potente di Chicago, avvenne pochi mesi prima dell'inizio delle riprese del film. Un particolare inquietante, o forse sarebbe meglio chiamarla una macabra coincidenza, vuole che lo stesso trucco di cammuffarsi da forze dell'ordine sia stato molto copiato da allora in poi, tanto che a Palermo, il 10 dicembre 1969, un commando del clan dei Corleonesi, indossando divise da poliziotti per simulare una retata, fece irruzione nel covo del boss Michele Cavataio, negli uffici del costruttore Girolamo Moncada in viale Lazio, uccidendo 3 persone estraneeai fatti oltre che lo stesso boss, operazione conosciuta come “la strage di Via Lazio” alla quale partecipò Bernardo Provenzano, il quale, dopo l'eliminazione del Cavataio cominciò la sua latitanza, durata ben quarantaquattro anni, fino all'aprile del 2006, anno della sua cattura.

Il cadavere del boss Michele Cavatio negli uffici di Viale Lazio a Palermo

Tornando a Scarface, Il regista Hawks confermò, comprovato dai giornali dell'epoca, come l'Uomo in persona, il vero Scarface, fosse apparso sul set più volte per assicurarsi che la sua immagine ne uscisse fedele, e per essere preso come modello dall'attore che ne doveva interpretare le gesta. Molto divertente fu notare che dopo l'uscita del film, fu il vero Capone a modellarsi su Tony Camonte,

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prendendone i tic, le pose, alcune espressioni e l'abbigliamento, come il cappello di sbieco. Quest'altro aneddoto è citato nel film di Coppola del 1981, Cotton Club, nel quale Richard Gere, trombettista e lacchè del gangster Dutch Schultz durante gli anni venti, ne deve interpretare le gesta per il grande schermo, creando confusione su chi dei due, dopo la fama raggiunta dal film , stesse imitando l'altro. L'ironia del regista Hawks, anche se forse non priva di una carica reazionaria, si evince anche dalle parole fatte pronunciare al commissario di polizia quando questi se la prende con la stampa e con la popolarità gratuita che i giornali regalavano allle faccende di malavita, accusandoli di pubblicizzare sulle pagine i boss come fossero delle star del cinema. Parte da qui un anatema carico di conservatorismo statunitense sui “veri uomini”, come quelli del selvaggio West, a fronteggiarsi l'uno contro l'altro, guardandosi dritto negli occhi. Cosa che invece questi, spesso neanche nativi Statunitensi ma italiani e irlandesi, non si sognano minimamente di fare.

Un scena tratta dal film Scarface, regia di Howard Hawks, che narra della salita al potere fino alla sua caduta dell'italoamericano Tony Camonte, interpretato da Paul Muni, figura ispirata deliberatamente al gangster Al Capone

Alfredo Caponi, originario di Castellammare di Stabia e naturalizzato negli Stati Uniti come Alfred Capone, fu il re incontrastato del contrabbando d'alcol durante gli anni venti negli Stati Uniti. E' il più celebre al mondo tra i gangster grazie ai molti film girati su di lui.

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4. Wee Gee, Il Mago

Se la stampa americana è stata in qualche modo l'officina e il laboratorio per certi stilemi e spunti letterari e cinematografici, lo si deve moltissimo alle scelte editoriali deidirettori, oltre che al singolo lavoro dei giornalisti; il lato iconografico rimane, com'è naturale, dei fotografi, ed alla figura professionale del fotoreporter, che proprio negli anni venti vide la luce. Se ne potrebbero elencare moltissimi fra gli statunitensi della prima metà del novecento, perlomeno fra quelli che hanno lasciato un segno ai posteri del loro operato, alternando l'inchiesta all'arte vera e propria. Un merito di primogenitura spirituale la merita però Arthur Fellig, (1899-1968) detto Wee Gee, ed anche The Wizard, il mago.( secondo alcuni Weegee sarebbe l’equivalente fonetico del Ouija un popolare gioco dell’epoca che prediceva il futuro, decorato con fantasiose immagini, una di queste rappresentanti un fotografo. ) Nato in Ucraina, mise piede a New York all'età di nove anni, dove cambiò il suo nome originale, Usher Felike, americanizzandolo.

a sinistra, Wee Gee in una foto di repertorio

Fotoreporter d'assalto, fu testimone e cantore per immagini della sanguinosa guerra tra gang per il controllo del mercato degli alcolici, e divenne famoso per essere sempre il primo sui luoghi di delitti a scattare foto anche per le vicende più cruente, grazie all'uso di un baracchino radio collegato con le frequenze della polizia cittadina, attraverso il quale era al corrente in tempo reale degli spostamenti e operazioni delle forze dell'ordine, e sempre per merito del quale venne

ribattezzato dai suoi colleghi come Il Mago. Mago."Ho cominciato la libera professione fuori dalla centrale di polizia di Manhattan",

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scrisse nell'autobiografia del 1961. "Era il punto nevralgico della metropoli. Lì avrei trovato le mie storie. Sarebbe stato il mio mondo, tutta la mia vita per dieci anni, la mia isola esclusiva, la mia piccola riserva. Il crimine era il mio pane quotidiano, e mi piaceva; era il mio corso di laurea in vita e fotografia" . E per spiegare le origini di questa sua macabra specializzazione, oltre che alla tabloizzazione delle informazoni, scrisse: "In quegli anni di depressione la gente dimenticava i propri guai leggendo quelli degli altri. E poi le foto piacevoli e accattivanti per la pagina femminile, del tipo "la First Lady Eleanor Roosevelt che cuce un distintivo della Nra su un paio di pantaloni", i quotidiani le facevano fare ai fotografi in organico" . All'attività di fotoreporter Felling alternava la passione per la rappresentazione e per i ritratti, ai quali molto deve la cinematografia dei venti anni successivi e non solo. Dai primi film sui gangster a quelli del filone Noir degli anni cinquanta, di John Huston (The Asphalt Jungle-Giunlga d'Asfalto - 1950) Billy Wilder (Double Indemnity- La Fiamma del Peccato. 1944) e , Louis Malle (Ascenseur pour L'èchafaud-Ascensore per il Patibolo-1957) per intenderci, possiamo riconoscere un'eredità inconscia di alcune pose, intensità della luce e delle ombre, ma soprattuto espressioni provenienti da un 'epoca che resta universalmente nota a livello iconografico grazie all'industria cinematografica. Ma il vero regalo fatto ai cineasti furono proprio i volti.

Una scena tratta dal film Asphalt Jungle di John Huston del 1950

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Un bevitore ritratto da Felligg a Hell's Kitchen negli anni 40

L'innovazione di Fellig fu di esporre per la prima volta le foto più crude, anche quelle ritenute troppo esplicite per essere pubblicate; riuscì alla fine nel 1945 a pubblicare un libro intitolato The Naked City, (la città a nudo) una raccolta di foto di cronaca nera, affiancate da immagini dei personaggi protagonisti della vita notturna newyorkese, tra strade, night club, sottoscala e cellulari della polizia, nel crogiolo di etnie e culture riversatesi nella prima metà del ventesimo secolo. La volontà di esporre l'altra faccia dell'Heast side fu la spinta in un certo qual modo diverita e provocatoria di Fellig, alla quale deve la sua fama, che ispirò un film del 1992 diretto da Howard Franklin, Private Eye, interpretato da Joe Pesci. L'esempio più pittoresco rimane quello del maestro Stanley Kubrik, anch'egli fotografo prima di divenire regista, che lo volle con sé per le riprese del film The Doctor Strangelove (Il Dottor Stranamore) del 1964.

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Una delle foto più celebri di Felling è anche una delle più crude, immortalando la vittima di uno scontro a fuoco nel quartiere italiano di Hell's Kitchen, a New York. La foto è immediatamente identificabile al mondo ritratto da WeeGee in Naked City, documento di culto della cultura underground americana. Col nome Naked City è divenuta popolarmente nota la band di jazz sperimentale estremo capitanata dall'eclettico sassofonista John Zorn nella degli anni novanta. All'interno del book del loro primo cd vi era ripresa la posa di un omicidio in omaggio all'originale scatto di Fellig . Naked City è stato anche il nome di una fortunata serie tv a caballo tra la fine degli anni 50 e i primi sessanta, oltre che di un film poliziesco del 1958 diretto da Julien Bricken.

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5. La Fabbrica delle illusioni e la creazione dell'eroe negativo Se l'industria cinematografica è stata una fucina di creazioni mitiche ed iconografiche riguardo la malavita organizzata, è chiaro che è anche stata un riflesso della nazione che l'ha creata; per questo bisogna prendere in esame la società capitalistica statunitense. La storia del gangsterismo americano altro non è che l'affermazione violenta di alcune parti sociali tenute ai margini, in una società solo formalmente legale. “Il gangster era colui che aveva cercato di riscattarsi usando gli stessi metodi che la borghesia, prima in Europa occidentale poi negli Usa, aveva usato agli albori della sua nascita e che continuava ad usare, quando necessario, nei confronti di quelle classi o strati sociali che contribuivano col loro sfruttamento ad assicurare poteri e privilegi alla stessa borghesia. Le forze dell'ordine altro non rappresentavano che la necessità di tutelare una proprietà, un privilegio acquisito contro chi, usando gli stessi mezzi e metodi violenti, ne pretendeva una parte. La mafia doveva essere combattuta perché usava in maniera esplicita una forma di violenza che la borghesia cercava di mascherare con la finzione del diritto e dello Stato parlamentare. La mafia rappresentava la verità al negativo, contro la falsità mascherata. Ecco perché tra borghesia e criminalità organizzata alla fine si arriva sempre a un compromesso. “

Homolaicus, -”Mafia e gangsterismo”; Enrico Galavotti

Una società capitalistica, e quindi di base calvinista, trovarsi dalla parte del “bene” o del “male” è una condizione data dal destino, ed è molto evidente nei film americani. Il trovarsi da una parte rispetto ad un'altra è solo un gioco delle parti, nelle quali in realtà non c'è vera differenza, tant'è che spesso usano gli stessi mezzi. “Il bene” americano è rappresentato dall'agiatezza, dal benessere, e se per raggiungerlo si passa dal bene al male, si potrà giustificare l'eroe, se il male non sarà troppo grande, altrimenti l'eroe (negativo) potrà compiere un gesto estremo di positività, che in questo caso ne suggellerà la morte.

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Gli statunitensi e gli americani in generale hanno una storia troppo truce per non sapere che nella loro società il "male" non è che un modo illegale o arbitrario di fare le stesse cose del "bene". Per questo nei confronti della mafia la cinematografia americana è sempre stata molto indulgente. Forse ancora di più che nei confronti di quella criminalità individualistica alla Jesse James o alla Bonnie and Clyde, che pur rispecchiava meglio la natura individualistica degli americani. Riporto qui le parole di Galavotti : “La mafia, pur costituendo un prodotto d'importazione, è sempre stata trattata con molta circospezione nella cinematografia americana, perché comunque essa rappresentava, nella consapevolezza degli americani, il tentativo di dare una veste organizzata e ufficiale, soggetta a regole, all'esigenza di benessere da parte di strati marginali. La criminalità individualistica invece è, per definizione, priva di regole e quindi ingestibile nell'immaginario collettivo. Il piccolo criminale, non affiliato ad alcuna organizzazione, è un perdente di sua natura ed è sempre destinato ad essere catturato.”

Homolaicus, -”Mafia e gangsterismo”; Enrico Galavotti

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1983. Scarface di Brian De Palma Già nello Scarface di Hawks, si dava largo spazio alla feroce mania digrandezza del protagonista, mania che lo conduce al potere fino a farlo precipitare in una spirale autodistruttiva mortale, mentre ironicamente si riflette sul suo cadavere la luce di una pubblicità che cita “The World Is Yours”, il mondo è tuo, evidenciando l'ossessione del personaggio, carica di pulsione arrestabile solo con l'arresto dell'esistenza. Questo cinema delle pulsioni è ripreso da De Palma che lo trasferisce negli anni ottanta, che, a parte il contesto storico attualizzato (Tony Montana, il secondo Scarface, non è un italiano ma un profugo Cubano, e l'impero criminale è finanziato dal traffico di cocaina) Racconta lo stesso film, con una marcia in più data dal tecnicolor ben più efficace a raccontare per immagini il trionfo consumistico, tornato in auge negli anni 80'. le pulsioni sono sempre le stesse, quelle dell'uomo di strada che riesce a prevalere con ogni mezzo, facendo gran sprezzo degli scrupoli,

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spinto dal suo Desiderio incolmabile che di possedere tutto, anche a costo di pagarne il prezzo. Il Tony Montana di de Palma, come il Camonte di Hawks, desidera In maniera compulsiva: desidera il soggiorno statunitense, guadagnare con un colpo importante, fare colpo sul boss, prendere il posto del suo capo, prenderne la donna, avere il monopolio sul traffico della cocaina, avere il potere assoluto. Desidera anche sua sorella, proprio perchè l'unica donna che non potrebbe avere, svelando qualche punto di base più pudico nel film originale. Ebbro di potere, il suo mondo si incrinerà proprio per una sua individuale decisione di non svolgere un compito affidatogli da alleanze estere, poiché nell'attentato a cui avrebbe dovuto prendere parte sarebbero rimaste vittime innocenti due bambini se portato a termine. Così, capo di sé stesso fino all'ultimo, per un gesto di quasi pietà, l'unico in tutto il film, dettato da una sua personalissima morale, che gli vieta di uccidere dei bambini, ed alla quale vuole essere fedele non obbedendo a nessun altro, viene sancita la sua fine. 5.2

Strani modelli: Scarface a Casal Di Principe

a sinistra, Al Pacino sul set del film Scarface di brian de Palma, 1983.

Questo film, rimane una delle storie di gangster più amate su scala mondiale, divenuto un cult dalla forza immutata a più di vent'anni di distanza, tanto da farne anche un videogioco per la playstation dal titolo Scarface: The World is Yours dove, guidando il protagonista con le fattezze di Al Pacino, ci si può immergere nel sogno di potenza di Tony Montana. Tutto questo potrebbe anche lasciarci indifferenti, se fosse

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rimasto semplicemente un fenomeno legato al marketing. Ma nel 1996, a Casal Di Principe, nel casertano, un commando dei Carabinieri fece irruzione nella villa bunker di Walter Schiavone, fratello di Francesco, capo del clan camorristico dei casalesi. Le forze dell'ordine si trovarono davanti una copia esatta della villa bunker di Tony Montana, con tanto di padiglione d'ingresso e scaloni laterali, oltre ad una enorme vasca idromassaggio in una sala laterale, difronte alla quale era disposto un megaschermo per vedere la tv e i film in dvd, fra cui Scarface. Si narra che all'architetto che progettò la villa, Schiavone avesse dato direttamente la cassetta del film. Questa astrazione di un boss pluriricercato,evidenzia come ormai sia la realtà a prendere spunto dal cinema, che consegna modelli veloci ed efficacissimi da usare, in cui ci si può immedesimare senza sforzo ma perché raccontano in chiave epica le vicende individuali di chi ne indosserà i panni. Colpisce come il film sia popolarissimo tra i giovani appartenenti alle cosche campane e siciliane, in particolar modo tra i ragazzini di Camorra. In un'intervista riportata da Saviano ad un giovane detenuto in riformatorio di soli sedici anni, si riscontra una visione della vita e un'ambizione inquietante: “Tutti quelli che conosco o sono morti o sono in galera. Io voglio diventare un boss. Voglio avere supermercati, negozi, fabbriche, voglio avere donne. Voglio tre macchine, voglio che quando entro in un negozio mi devono rispettare, voglio avere magazzini in tutto il mondo. E poi voglio morire. Ma come muore uno vero, uno che comanda veramente. Voglio morire ammazzato.” Un quadro inquietante che fa della morte una messa in conto, una parte della narrazione di sé stessi, in un sistema dove il vero potere si può prendere se si vuole, ma si deve pagare -”come i ragazzi spartani partivano in guerra con in testa Ettore e Achille, così i ragazzini di sistema hanno in testa Tony Montana”-

[Saviano- da una registarazione audio avvenuta nella Libreria "Feltrinelli" a Bologna,27 giugno

2006 ]

Il delirio cinematografico di molti giovani affiliati nella malavita organizzata è testimoniata dal look e dalle citazioni a memoria di film come Pulp Fiction di Tarantino, Donnie Brasco di Newell,

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senza dimenticare Il Camorrista di Tornatore, ispirato alla vita di Raffaele Cutolo, il fondatore della Nuova Camorra Organizzata degli anni 80. L'importante è dare un 'immagine vincente, come ha dimostrato Cosimo Di Lauro, senza necessariamente occuparsi di persona di attività criminali in maniera quotidiana.

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6. La rappresentazione simbolica Si può notare che tutti i personaggi qui descritti come modelli abbiano una forte connotazione ma difficilmente una profondità ed una psiche complessa, restando, e Tarantino nell'ultimo decennio si è rivelato un ottimo esempio, figure di cartone intercambiabili, come personaggi dei fumetti, anche con una trama molto forte a sorreggerli. La rappresentazione simbolica dei sentimenti umani, quando è eccessiva, diventa controproducente, poiché mette a nudo un'interiorità che si vorrebbe lasciare nascosta, segreta, nella convinzione che solo così essa abbia sempre dei tesori cui poter attingere. Una rappresentazione simbolica eccessiva dei sentimenti può avere lo stesso effetto negativo di una rappresentazione realistica eccessiva della sessualità, come in genere è nella pornografia. Quando un individuo è spettatore di qualcosa, non può identificarsi completamente in ciò che vede, poiché non è così che viene rassicurato. Ci si deve poter calare nelle situazioni, ma conservando un certo margine d'autonomia nell'interpretazione di ciò che vede, nell'immedesimazione coi protagonisti e le loro vicende, ed infine nell'autorappresentazione, perché in fondo la cinematografia conduce a questo. Quando i dialoghi simbolici diventano troppo intimistici, troppo interiorizzati, quando mettono troppo a nudo le contraddizioni dell'animo umano, si rimane con un senso di vuoto, di impotenza, perché è come se tutto fosse già stato detto. Si ha la percezione di una totale inadeguatezza della propria realtà quotidiana rispetto a quella vista. Quando si dice che la cinematografia fa sognare, bisognerebbe aggiungere ch'essa svolge una funzione non molta diversa dalla droga. E' una fabbrica di illusioni.

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Bibliografia Saviano, Roberto 2006- “Gomorra, viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra” (Mondadori) Gavalotti, Enrico 2003- www.homolaicus.com- gangsterismo Debord, Guy 1988- “commentari alla società dello spettacolo” Fonti on-line: La Repubblica on line www.repubblica.it wikipedia, l'enciclopedia on-line – www.wikipedia.com Profotos- www.profotos.com Fondazione Wu Ming – www.wumingfoundation.com Homolaicus – www.homolaicus.com Dweb www.dweb.repubblica.it youtube- intervista di Enzo Biagi A Roberto Saviano. www.youtube.com Il videogame dedicato a Scarface è presentato sul web all'indirizzo www.scarfacegame.com/

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Roberto Massafra, autore del saggio, applica il diritto di diffusione dell’opera con licenza Creative Commons. E' consentita la riproduzione, parziale o totale, dell'opera e la sua diffusione per via telematica a uso personale dei lettori, purché non a scopo commerciale