Dialetto trentino tra conservazione e innovazione

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2 1. Introduzione. Se con lingua intendiamo un sistema di suoni articolati distintivi, forme grammaticali o morfemi, parole, locuzioni e strutture sintattiche convenzionalmente accettato, tramandato e usato come mezzo di comunicazione da una comunità di individui 1 , con dialetto ci riferiamo a una varietà linguistica definita nella dimensione diatopica e tipica di un‟area (non è una varietà standard, ma subordinata ad una lingua standard) 2 . Si tratta di una varietà orale che, in quanto tale, non ha apparati che ne fissino dall‟esterno delle norme e che quindi ha una dinamica ancora più intensa proprio perché usata nell‟ambito dell‟oralità. 2. La mia ipotesi di ricerca. Obiettivo di questo lavoro è l‟analisi delle dinamiche interne alle varianti dialettali ritrovabili in una comunità; come ambito di ricerca ho scelto il settore che meglio può misurare e rispecchiare la mia ipotesi: il lessico culinario. La mia ipotesi di ricerca vuole sostenere che, spostandomi dalla periferia (Povo) verso il nucleo centrale urbano (Trento), i tratti di conservatività del dialetto (campione A) vadano sgretolandosi per l‟inclusione di uno spazio di italianità maggiore (tratti del campione B). Per comprovare la relazione tra conservatività del dialetto-periferia e innovazione del dialetto-centro urbano, sottopongo la mia nonna paterna (A) e la mia nonna materna (B) ad un questionario relativo al lessico culinario, ambito in cui mi aspetto di riscontrare elementi comprovanti lo spazio dinamico di variazione del dialetto. L‟area di ricerca è circoscritta alla città di Trento e alla prima periferia. La nonna materna (campione B) vive in centro città, mentre quella paterna a Povo (campione A), sobborgo che conta 1 GRASSI-SOBRERO-TELMON: 2007, p. 9. 2 BERRUTO: 2007, pp. 187-188.

Transcript of Dialetto trentino tra conservazione e innovazione

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1. Introduzione.

Se con lingua intendiamo un sistema di suoni articolati distintivi, forme grammaticali o

morfemi, parole, locuzioni e strutture sintattiche convenzionalmente accettato, tramandato e usato

come mezzo di comunicazione da una comunità di individui1, con dialetto ci riferiamo a una varietà

linguistica definita nella dimensione diatopica e tipica di un‟area (non è una varietà standard, ma

subordinata ad una lingua standard)2. Si tratta di una varietà orale che, in quanto tale, non ha

apparati che ne fissino dall‟esterno delle norme e che quindi ha una dinamica ancora più intensa

proprio perché usata nell‟ambito dell‟oralità.

2. La mia ipotesi di ricerca.

Obiettivo di questo lavoro è l‟analisi delle dinamiche interne alle varianti dialettali

ritrovabili in una comunità; come ambito di ricerca ho scelto il settore che meglio può misurare e

rispecchiare la mia ipotesi: il lessico culinario.

La mia ipotesi di ricerca vuole sostenere che, spostandomi dalla periferia (Povo) verso il

nucleo centrale urbano (Trento), i tratti di conservatività del dialetto (campione A) vadano

sgretolandosi per l‟inclusione di uno spazio di italianità maggiore (tratti del campione B). Per

comprovare la relazione tra conservatività del dialetto-periferia e innovazione del dialetto-centro

urbano, sottopongo la mia nonna paterna (A) e la mia nonna materna (B) ad un questionario relativo

al lessico culinario, ambito in cui mi aspetto di riscontrare elementi comprovanti lo spazio dinamico

di variazione del dialetto.

L‟area di ricerca è circoscritta alla città di Trento e alla prima periferia. La nonna materna

(campione B) vive in centro città, mentre quella paterna a Povo (campione A), sobborgo che conta

1 GRASSI-SOBRERO-TELMON: 2007, p. 9.

2 BERRUTO: 2007, pp. 187-188.

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circa seimila abitanti e che si trova a quattro kilometri dal capoluogo trentino. Oggi Povo viene

considerato parte integrante della città, nella zona collinare a est di Trento3.

3. Le informatrici.

Come appena accennato, le informatrici cui è stato sottoposto il questionario sono Pierina

Nicolini e Lina Cont, rispettivamente la mia nonna paterna e materna. Grazie al questionario

introduttivo e da informazioni già in mio possesso, ho potuto tracciare questa presentazione delle

intervistate.

Pierina Nicolini, classe 1932, risiede a Povo (campione A) ed ha conseguito il diploma al

termine del triennio di avviamento professionale. Dopo aver vissuto fino all‟età di 27 anni presso la

villa dei conti Saracini, svolgendo mansioni di contadina e scendendo in città solo due volte a

settimana per portare il latte munto ad alcune famiglie del capoluogo, si è sposata, lasciando il

lavoro per dedicarsi alla famiglia e alla casa.

Lina Cont, classe 1937, risiede a Trento (campione B) e, proprio come la mia nonna paterna,

ha conseguito il diploma al termine del triennio di avviamento professionale. Ora in pensione, ha

sempre lavorato come operaia presso una grande fabbrica trentina.

Secondo i dati ISTAT aggiornati al 2007 sono proprio le persone con più di 60 anni a fare

maggior uso del dialetto, che finisce col prevalere nettamente sull‟italiano4:

3 BERNABÈ: 2003, p. 385. Lo scioglimento del Comune di Povo risale al 1926; l’aggregazione al Comune di Trento

modificò l’assetto politico, culturale, sociale ed anche economico di Povo, che divenne un sobborgo della città.

Nonostante l‟annessione al Comune di Trento, Povo rimase saldamente ancorato ad un‟economia di tipo agricolo.

4 GRAMELLINI: 2008, p. 184. La tabella è stata ripresa dal suo lavoro.

4

Questi dati mostrano che il dialetto è ancora conosciuto dalla maggioranza della popolazione

in misura variabile a seconda dell‟età, e la diminuzione dell‟uso esclusivo del dialetto è compensata

dall‟uso misto all‟italiano. Come delineato nella mia ipotesi di ricerca, accanto ad una varietà

dialettale periferica, caratterizzata dalla conservazione di tratti arcaici locali (varietà di A), mi

aspetto di trovare una varietà dialettale urbana, contraddistinta da tratti innovativi rispetto alla

precedente (varietà del campione B). La rottura del continuum dialettale nasce dall‟impossibilità di

ricollegare geneticamente i tratti innovativi di B a quelli conservativi di A: il collegamento è più

diretto ed immediato tra B e la varietà di italiano regionale. I tratti di B sarebbero [quindi] derivati

dall’italiano, con l’applicazione di ‘segnali di fonologia’ dialettale: A e B appartengono a due

spazi di variazione differenti, dove B, a differenza di A, si caratterizza per una relazione di

continuità con l’italiano5. Attraverso il questionario, redatto personalmente in base allo scopo della

mia ricerca e che ora illustrerò, mi propongo di dimostrare nella realtà linguistica trentina lo spazio

dinamico di variazione del dialetto, delineato per ora solo in forma teorica.

5 MORETTI: 1999, p. 20.

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4. Le tecniche d’indagine.

L‟intervista è basata su un questionario linguistico, così strutturato: le sezioni I, II e III

hanno carattere sociolinguistico e vengono rivolte con lo scopo di ricevere informazioni sulle

intervistate e sull‟uso che fanno della lingua. La sezione IV è a sua volta suddivisa in due sottoparti:

la prima è dedicata ad un questionario linguistico per immagini che mira a verificare la competenza

attiva delle informatrici; la seconda è sempre un questionario linguistico, incentrato però sulla

competenza passiva. Il questionario per immagini di cui mi sono avvalsa è stato un ottimo sussidio

per questa inchiesta, in quanto mi ha permesso di evitare un contagio lessicale.

Ho deciso di porre sempre domande aperte (tranne nel caso dell‟uso della lingua: cfr.

domanda 8): benché entri in gioco una forte carica soggettiva (che talvolta ha dato vita a

digressioni, anche lunghe ma comunque fondamentali, perché mi hanno concesso di ampliare il

lessico di uno specifico campo semantico – come quello della polenta, da parte del campione A), le

ho ritenute importanti per riuscire a cogliere il maggior numero di informazioni possibili.

5. L’intervistatrice e le intervistate.

Sono legata da una relazione di parentela alle due intervistate, con le quali comunico

quotidianamente in dialetto o in italiano, a seconda dei temi affrontati e degli altri partecipanti alla

situazione comunicativa. Motivata da interesse personale e da competenza linguistica (in quanto

dialettofona), ho scelto le mie nonne con la convinzione che i dati desunti dalle loro risposte mi

avrebbero fornito uno specchio della realtà dialettale trentina in cui vivo e un‟approfondita

conoscenza della tradizione culinaria trentina.

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6. Il questionario6.

I. DATI PERSONALI

1) Età:

A) 77.

B) 72.

2) Luogo di nascita:

A) Trento.

B) Trento.

3) Luogo di residenza:

A) Povo.

B) Trento.

4) Le capita di spostarsi dal suo luogo di residenza per recarsi in località vicine?

A) Sì.

B) Sì.

5) Se sì, dove si reca?

A) Dalle figlie, a Civezzano e a Oltrecastello. D‟estate due settimane a Baselga di Pinè. Una

volta al mese vado a Trento al mercato del giovedì.

B) Dalle figlie, a Povo e a Gardolo. D‟estate due settimane al mare (di solito in Emilia

Romagna o in Veneto).

6) Grado di istruzione:

A) scuola elementare, media inferiore, avviamento professionale.

B) scuola elementare, media inferiore, avviamento professionale.

6 Nel questionario con A) ci si riferisce alla varietà in grado di conservare, mentre con B) alla varietà più innovativa. La

prima parte relativa ai dati personali è stata ripresa dal Questionario a cura di Mari D‟Agostino e Giovanni Ruffino; per

quanto riguarda le altre tre parti del questionario mi sono avvalsa dell‟aiuto del questionario socioalimentare a cura di

Giovanni Ruffino I Siciliani e il Cibo: gusti, abitudini, regole, riprendendo solamente le domande attinenti alla mia

indagine e riformulando le domande in modo che fossero pertinenti alla realtà trentina da me indagata.

7

7) Quale attività svolgeva in passato?

A) Contadina.

B) Operaia.

8) Parla in dialetto o in italiano con:

Campione A Campione B

dialetto italiano dialetto italiano

i suoi figli x x

suo marito x x

i suoi nipoti x x x

i suoi fratelli x x

estranei x x

II. CONSUETUDINI, ABITUDINI E REGOLE ALIMENTARI

9) Dove preferisce andare a fare la spesa quotidianamente?

A) Al piccolo supermercato del paese.

B) Al supermercato; per carne, verdura e frutta in macelleria e dal fruttivendolo.

10) In quali centri si reca per le spese importanti?

A) Sempre al piccolo supermercato del paese.

B) Al supermercato.

11) Quali sono i piatti che si preparano più spesso a casa tua?

A) Pastasciutta, risotto, carne, verdure cotte.

B) Pastasciutta, polenta e spezzatino, fortaie5 (specie di omelette, preparate con farina,

zucchero, uova e latte).

12) Primi piatti (indicarne tre, i primi che vengono in mente):

A) Risotto, pastasciutta, pasticcio.

B) Risotto, gnocchi, strangolapreti.

8

13) Secondi piatti (indicarne tre, i primi che vengono in mente):

A) Arrosto, braciole di coppa, pollo.

B) Cotoletta, arrosto, coniglio.

14) La domenica si preparano piatti particolari, diversi da quelli degli altri giorni della

settimana?

A) No.

B) No.

15) Se lo ricordi, puoi indicare all‟incirca il menu dell‟ultimo pranzo di Natale?

A) Gnocchi alla romana, scaloppine al limone, verdure, zelten e panettone.

B) Ravioli in brodo, zampone con lenticchie, puré di patate, pandoro.

16) Nella tua famiglia, si consumano cibi o dolci rituali in occasione di certe particolari feste o

ricorrenze? Se sì, quali?

A) Sì: Zelten7 a Natale.

B) Sì: Zelten a Natale, grostoi (crostoli) a Carnevale.

III. ALIMENTAZIONE, CULTURA, SOCIETÀ

17) Conosci qualche piatto tradizionale di altre popolazioni? Se sì, qual è?

A) No.

B) Sì: cucina cinese (involtini primavera, spaghetti di riso) e macedone.

18) Ci sono piatti che consumavi spesso quando eri bambina ed ora meno oppure non più? Se sì,

quali?

A) I fregoloti (pasta per minestra che si prepara formando piccoli grumi di farina e acqua,

messi poi nel latte o nel brodo bollente), la mosa (farinata messa in acqua e latte e poi

7 TOMASINI: s.v. zelten. Tipico dolce natalizio trentino, è una specie di focaccia ripiena di mandorle, fichi secchi, uva

passa, pinoli e cedro candito.

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cotta); il brò brusà (minestra di farina bianca tostata), polenta con le patate o polenta e

latte; orzet (minestra di orzo)8.

B) La panada5 (fettine di pane cotte nell‟acqua e condite con burro), i fregoloti, il brazedèl

(ciambella).

IV. PARTE LINGUISTICA

Sezione A: questionario linguistico per immagini – competenza attiva

Ad ogni immagine viene chiesto di associare il termine dialettale corrispondente: è

necessario prevedere le forme possibili (riportate nella prima colonna e sotto ogni immagine) per

notare come le intervistate si muovono all‟interno della tradizione.

Sforzina (pirona), cortèl, cuciar, cuciarét Chìchera Ciapini

Canaròla I perseghi Pèrsegh

8 Le spiegazioni tra parentesi sono state fornite dalla stessa intervistata.

10

Botér Pait Persémol

Manìpol Lumaz Paról

Sbròcia Mosegòt Trisadór

Scudèla Bocàl Menestro dai busi

11

Pignata Tabièl Masnìn

Seguono i dati9 raccolti tramite il riconoscimento iconografico dell‟oggetto:

Termine previsto in dialetto Traduzione in italiano Campione A Campione B

sforzina/pirona10

forchetta sforzina forcheta/pirona11

cortèl coltello cortèl coltèl

cuciar cucchiaio cuciar cuciar

cuciarét cucchiaino cuciarét cuciarét

chìchera tazzina chìchera tazina

ciapini prese o presine ciapini presine

canaròla mattarello canaròla matarel

i perseghi pesche i perseghi12

le pesche

pèrsegh pesca un pèrsegh una pesca

botér burro botér buro

9 In trascrizione „normalizzata‟. Per una maggior sicurezza dei dati, i termini dialettali sono stati controllati anche nel

Vocabolario trentino-italiano a cura di Vittore Ricci.

10 Nella dialettalità cooccorrono due varianti.

11 L‟intervistata dichiara di usare sempre forcheta; mi spiega che pirona era il termine usato in famiglia quando era

piccola, ma che lei ora non lo utilizza mai.

12 Si è deciso di riportare l‟articolo in quanto dato morfologico importante (così come per il vocabolo successivo).

12

pait tacchino pait tachin

persémol prezzemolo persémol prezemol

manìpol tovagliolo manìpol13

tovaiol

lumàz lumaca lumàz lumàz

paról paiolo paról paról

sbròcia guscio dell‟uovo sbròcia guscio

mosegòt torsolo mosegòt torsol

trisadór frusta trisadór trisadór

scudèla scodella scudèla scudèla

bocàl boccale bocàl bocàl

menestro dai busi schiumaiola menestro coi busi mestol de la minestra

pignata piccola brocca pignata pignata

tabièl tagliere (della polenta) tabièl14

tabièl15

masnìn macinino (per caffè) masnìn masnìn

13

All‟intervista era presente anche il marito, che alla vista dell‟immagine relativa al tovagliolo ha detto mantin, forma

però non usata (benché conosciuta) dalla moglie.

14 L‟intervistata specifica la differenza tra il tagliere che si utilizza per la polenta (quel tond) e quello per gli altri

alimenti (quel long, ovvero il taièr).

15 L‟intervistata spiega che intende quello per la polenta; gli altri taglieri in legno li definisce con la forma diminutiva

tabieloti.

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Sezione B: questionario linguistico – competenza passiva

È stato inoltre indagato un aspetto linguistico molto importante per valutare la competenza

passiva delle intervistate: è stato chiesto l‟uso effettivo di un elenco di vocaboli dialettali (affiancati

da relativa traduzione in italiano).

Termini Campione A Lo usa? Campione B Lo usa?

poina ricotta no ricotta no

goto bicchiere di vino sì bicchiere di vino no

persècche fetta di pesca non più oggi fetta di pesca no

persùt prosciutto sì prosciutto no

pìnza torta sì torta, pizza no

rànz rancido sì rancido sì

famà affamato sì affamato sì

7. Tabulazione ed elaborazione del dato.

La prima intervistata, residente a Povo (A), si muove dal paese per andare a trovare le figlie

(a Civezzano e Oltrecastello, località nei pressi di Povo) o per le vacanze estive all‟altopiano di

Pinè. Con marito, figlie, nipoti, fratelli ed estranei parla solo ed esclusivamente dialetto (dichiara

infatti “no son bona a parlar en lingua”). Il fatto stesso di spostarsi sempre in area trentina le

permette di comunicare usando il dialetto anche con estranei (dialettofoni).

Per quanto riguarda le sue abitudini nell‟acquisto del cibo, sia per le spese quotidiane che

per quelle importanti si rifornisce presso il piccolo supermercato del paese. I primi piatti che cucina

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più spesso sono pastasciutta, risotto e pasticcio; tra i secondi arrosto, braciole di coppa o pollo. La

domenica non prepara piatti particolari, così come per Natale (ad eccezione dello zelten, tipico

dolce natalizio trentino). Molti sono i piatti che consumava quando era bambina ed ora non più: i

fregoloti (pasta per minestra che si prepara formando piccoli grumi di farina e acqua, messi poi nel

latte o nel brodo bollente), la mosa (farinata messa in acqua e latte e poi cotta); il brò brusà

(minestra di farina bianca tostata), polenta con le patate o polenta e latte; l‟orzet (minestra di orzo).

Il profilo sociolinguistico appena tracciato è confermato da quello linguistico emerso dalle

risposte al questionario: il lessico culinario cui si attiene l‟informatrice A presenta tratti di

conservatività se confrontati a quelli usati dalla quasi coetanea B.

La seconda intervistata, residente a Trento (B), si sposta dal suo quartiere per andare a

trovare le figlie (a Povo e Gardolo, rispettivamente a est e a nord del capoluogo) e per le vacanze

estive sulla riviera romagnola o in qualche località balneare veneta. Mentre con marito, figli e

sorella parla solo ed esclusivamente dialetto, agli estranei si rivolge sempre in italiano; coi nipoti

alterna l‟uso del dialetto a quello dell‟italiano (code-switching). Il fatto stesso di varcare i confini

regionali le ha permesso di avere una maggiore dimestichezza nell‟uso della lingua nazionale (con

molta probabilità anche per il tipo di lavoro svolto prima della pensione, grazie al quale era in

contatto con persone non solo trentine).

Per quanto riguarda le sue abitudini nell‟acquisto del cibo, sia per le spese quotidiane che

per quelle importanti si rifornisce al supermercato di una grande catena commerciale vicino a casa.

Inoltre è cliente fissa di macellaio e fruttivendolo per carne, frutta e verdura. I primi piatti che

cucina più spesso sono risotto, gnocchi e strangolapreti; tra i secondi, cotoletta, arrosto e coniglio.

La domenica non prepara piatti particolari; in occasione della festività natalizia prepara lo zelten e

per Carnevale i grostoi. Molti sono i piatti che consumava quando era bambina ed ora non più: la

panada (fettine di pane cotte nell‟acqua e condite con burro), i fregoloti, il brazedèl (ciambella). A

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differenza del campione A, conosce piatti tradizionali di altre popolazioni, in particolar modo quelli

della cucina cinese e macedone (la vicina di casa è di nazionalità macedone e spesso le fa

assaggiare delle specialità culinarie del suo Paese d‟origine).

Le abitudini alimentari mostrano come entrambe le intervistate rientrino nell‟ambito della

tradizione, sebbene B riveli anche un‟apertura verso un tipo di cibo estraneo alla cucina italiana (e

trentina).

Nel paragrafo 3 è stato sottolineato il fatto che B, a differenza di A, si caratterizza per una

relazione di continuità con l‟italiano: se in dieci dei ventiquattro casi esaminati notiamo la

coincidenza delle forme di B con il campione che segue la tradizione, ovvero A (cuciar, cuciarét,

lumàz, paról, trisadór, scudèla, bocàl, pignata, tabièl, masnìn: ad esclusione di lumàz, i termini

coincidenti appartengono a nomi di utensili usati in cucina, molti dei quali derivati dalla tradizione),

in tutti gli altri casi si rileva una differenza in atto, un allargamento a livello lessicale delle forme di

B verso l‟italiano.

Ma in quale misura lo spazio dinamico di variazione del dialetto ci mostra un avvicinamento

all‟italiano? A tal proposito è bene soffermarsi su alcune forme tabulate: alla prima immagine

l‟intervistata B associa il termine forcheta, forma che si discosta dal modello dialettale, ma che

sottolinea la contiguità con l‟italiano forchetta. Come forchetta, così in tazina, buro, matarel,

tachin, prezemol, torsol, mestol si nota lo scempiamento delle geminate (fenomeno tipico della

macroarea settentrionale) e la caduta della vocale atona finale, a esclusione dei primi due esempi. È

bene notare che B utilizza e menziona inoltre forme coincidenti all‟italiano: presine, le pesche, una

pesca, guscio.

Importante la coppia cortèl – coltèl: coltèl è una variante adattata foneticamente al dialetto

(il passaggio r>l è una spia della trafila della dialettalità), con caduta di vocale atona finale. Questa

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differenza consonantica mostra ancora una volta l‟allargamento dello spazio dinamico di variazione

del dialetto.

Anche dal questionario linguistico volto a indagare la competenza passiva delle due

informatrici si ricavano dati molto interessanti: oltre al riconoscimento del termine, il campione A

afferma di utilizzarlo (è questo il caso di goto, persùt, pinza), mentre il campione B dichiara di non

farne uso. Solo gli aggettivi rànz e famà (rispettivamente „rancido‟ e „affamato‟) vengono

riconosciuti e abitualmente utilizzati da entrambe le intervistate.

8. Conclusione.

I dati tabulati ed esaminati nel paragrafo precedente confermano l‟ipotesi di ricerca da cui

sono partita: più ci si allontana dalla periferia e ci si avvicina al centro urbano, maggiore è

l‟inclusione di tratti d‟italianità a discapito di quelli della dialettalità.

9. Bibliografia.

BERNABÈ (2003) = BERNABÈ, Antonio, Quando Povo era Comune, Tuttapovo, Pergine Valsugana 2003

BERRUTO (2007) = BERRUTO, Gaetano, Fondamenti di sociolinguistica, Laterza, Roma-Bari 2007

GRAMELLINI (2008) = GRAMELLINI, Flavia, Il dialetto del nuovo millennio. Usi, parlanti, apprendenti,

Ianua 8 (2008)

GRASSI-SOBRERO-TELMON (2007) = GRASSI, Corrado, SOBRERO, Alberto A., TELMON, Tullio,

Fondamenti di dialettologia italiana, Laterza, Roma-Bari 2007

MORETTI (1999) = MORETTI, Bruno, Ai margini del dialetto, Il Mulino, Bologna 1999

RICCI (1904) = RICCI, Vittore, Vocabolario trentino-italiano, Zippel, Trento 1904

TOMASINI (1992) = TOMASINI, Renzo, Usi gergali e furbeschi nel dialetto trentino, Alcione, Trento 1992