La Manica Nuova di Palazzo Reale. Un edificio nel rinnovamento urbano e nel delicato rapporto con...

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64 65 La Manica Nuova di Palazzo Reale. Un edificio nel rinnovamento urbano e nel delicato rapporto con gli insediamenti antichi ANDREA LONGHI E FILIPPO MORGANTINI * L a Manica Nuova di Palazzo Reale è stata al centro di lunghi, controversi e persino clamorosi av- venimenti al tempo della sua realizzazione, per essere poi subito dimenticata e, per così dire, qua- si «rimossa» dalla memoria cittadina. Nemmeno nel 1979, ai tempi del suo adattamento a uffici della Regione Piemonte, ci si era davvero interessati alle possibili valenze culturali del misterioso edificio: con il completo rifacimento del tetto, pur dettato da esigenze di razionalità e obsolescenza delle vecchie strutture, già si perdeva uno dei più originali motivi d’interesse dei cantieri reali dell’epoca, quello del- l’innovazione tecnologica, in questo caso i moderni lucernari discussi ed elaborati a Roma dal proget- tista Emilio Stramucci con la consulenza dell’ingegner Paolo Comotto. Si potrebbe dire che al palaz- zo venga restituita dignità e riconosciuto un minimo di interesse solo a partire dal 1982, quando appa- re in una fortunata e fondamentale raccolta di informazioni sull’architettura moderna di Torino dove, però, viene avanzata un’improbabile, ma oggi è fin troppo facile dirlo, e un po’ gratuita attribuzione del palazzo all’architetto Carlo Ceppi, attribuzione che, disgraziatamente, ha poi avuto credito e dif- fusione 1 . Autentici interessi per le architetture eclettiche si sono sviluppati soprattutto a partire dagli anni ottan- ta, che hanno visto la nascita di una sempre più seria e documentata tradizione di ricerca, che è poi la prima irrinunciabile forma di rispetto e valorizzazione per ogni edificio del passato, e anche la Mani- ca Nuova ha cominciato a essere oggetto di indagini storiche scientificamente fondate. Nel corso di cir- ca vent’anni sono piuttosto numerose le ricerche originali tese alla conoscenza o all’interpretazione cri- tica di molti aspetti del palazzo, ma non è stato così facile risalire alla genesi dell’edificio, e in verità so- lo da pochi anni il quadro complessivo può dirsi soddisfacente, per quanto la documentazione rintracciata sia tutt’altro che completa 2 . La ricostruzione storica qui sintetizzata, frutto delle ricerche svolte dagli scriventi con il sostegno della Compagnia di San Paolo, su richiesta della Soprintenden- za per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, nell’ambito della valorizzazione di Palazzo Reale e in relazione al progettato trasferimento della Galleria Sabauda, ha tenuto presente i numerosi contributi pubblicati da più parti nel corso del tempo e in ambiti diversi su riviste e testi spe- cialistici, ma ha dato i risultati sperati solo dopo ripetute e pazienti indagini all’interno degli archivi della Casa Reale, sia presso l’Archivio di Stato di Torino, sia presso l’Archivio Centrale dello Stato a Roma, ricerche in qualche caso assai complesse, che per giungere ai risultati desiderati hanno dovu- to tener conto anche di numerose serie archivistiche tangenziali o secondarie 3 . UN COMPLESSO ITER PROGETTUALE Perché una Manica Nuova a Palazzo Reale all’inizio del Novecento? Come mai si demoliscono le più antiche strutture della residenza torinese, in alcune zone perfino oggetto di recenti e costosi abbellimen- ti interni, e si realizza un edificio completamente nuovo, in una reggia ormai abbandonata e senza fun- zioni? Le origini del nuovo palazzo sono, in realtà, del tutto estranee alla Casa Reale, e trovano le lo- Emilio Stramucci, Scalone d’onore della Manica Nuova del Reale Palazzo di Torino. SanPaolo Sabauda 9 6-02-2009 16:20 Pagina 64

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La Manica Nuova di Palazzo Reale. Un edificio nel rinnovamento urbano e nel delicato rapporto con gli insediamenti antichiANDREA LONGHI E FILIPPO MORGANTINI*

La Manica Nuova di Palazzo Reale è stata al centro di lunghi, controversi e persino clamorosi av-venimenti al tempo della sua realizzazione, per essere poi subito dimenticata e, per così dire, qua-

si «rimossa» dalla memoria cittadina. Nemmeno nel 1979, ai tempi del suo adattamento a uffici dellaRegione Piemonte, ci si era davvero interessati alle possibili valenze culturali del misterioso edificio:con il completo rifacimento del tetto, pur dettato da esigenze di razionalità e obsolescenza delle vecchiestrutture, già si perdeva uno dei più originali motivi d’interesse dei cantieri reali dell’epoca, quello del-l’innovazione tecnologica, in questo caso i moderni lucernari discussi ed elaborati a Roma dal proget-tista Emilio Stramucci con la consulenza dell’ingegner Paolo Comotto. Si potrebbe dire che al palaz-zo venga restituita dignità e riconosciuto un minimo di interesse solo a partire dal 1982, quando appa-re in una fortunata e fondamentale raccolta di informazioni sull’architettura moderna di Torino dove,però, viene avanzata un’improbabile, ma oggi è fin troppo facile dirlo, e un po’ gratuita attribuzionedel palazzo all’architetto Carlo Ceppi, attribuzione che, disgraziatamente, ha poi avuto credito e dif-fusione1.Autentici interessi per le architetture eclettiche si sono sviluppati soprattutto a partire dagli anni ottan-ta, che hanno visto la nascita di una sempre più seria e documentata tradizione di ricerca, che è poi laprima irrinunciabile forma di rispetto e valorizzazione per ogni edificio del passato, e anche la Mani-ca Nuova ha cominciato a essere oggetto di indagini storiche scientificamente fondate. Nel corso di cir-ca vent’anni sono piuttosto numerose le ricerche originali tese alla conoscenza o all’interpretazione cri-tica di molti aspetti del palazzo, ma non è stato così facile risalire alla genesi dell’edificio, e in verità so-lo da pochi anni il quadro complessivo può dirsi soddisfacente, per quanto la documentazionerintracciata sia tutt’altro che completa2. La ricostruzione storica qui sintetizzata, frutto delle ricerchesvolte dagli scriventi con il sostegno della Compagnia di San Paolo, su richiesta della Soprintenden-za per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, nell’ambito della valorizzazione diPalazzo Reale e in relazione al progettato trasferimento della Galleria Sabauda, ha tenuto presente inumerosi contributi pubblicati da più parti nel corso del tempo e in ambiti diversi su riviste e testi spe-cialistici, ma ha dato i risultati sperati solo dopo ripetute e pazienti indagini all’interno degli archividella Casa Reale, sia presso l’Archivio di Stato di Torino, sia presso l’Archivio Centrale dello Statoa Roma, ricerche in qualche caso assai complesse, che per giungere ai risultati desiderati hanno dovu-to tener conto anche di numerose serie archivistiche tangenziali o secondarie3.

UN COMPLESSO ITER PROGETTUALE

Perché una Manica Nuova a Palazzo Reale all’inizio del Novecento? Come mai si demoliscono le piùantiche strutture della residenza torinese, in alcune zone perfino oggetto di recenti e costosi abbellimen-ti interni, e si realizza un edificio completamente nuovo, in una reggia ormai abbandonata e senza fun-zioni? Le origini del nuovo palazzo sono, in realtà, del tutto estranee alla Casa Reale, e trovano le lo-

Emilio Stramucci, Scalone d’onore della Manica Nuova del Reale Palazzo di Torino.

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ro ragioni esclusivamente nelle vicende urbanistiche della zona. Il problema nasce con l’approvazio-ne della famosa legge 15 gennaio 1885 per il risanamento della città di Napoli, e in particolare in se-guito all’applicazione delle rivoluzionarie possibilità di esproprio studiate in favore del miglioramen-to igienico dei vecchi quartieri napoletani, ed estensibili per un certo periodo anche ai centri storici del-le altre città italiane. In caso di terreni e fabbricati demaniali, quali appunto i possedimenti reali, quandocompresi nei piani di risanamento predisposti dai vari Comuni, lo Stato doveva concedere a titolocompletamente gratuito gli spazi necessari per i previsti abbattimenti e allargamenti stradali. Il Muni-cipio di Torino non perde tempo: modifica il piano generale di risanamento appena approvato pro-lungando la via del Seminario, l’odierna via XX Settembre, attraverso i possedimenti reali fino allosbocco in corso Regina Margherita, attraversando il Bastion Verde. Il nuovo piano, steso dall’inge-gner Carlo Velasco, è approvato il 18 marzo 1885. Nella successiva legge applicativa, del 15 aprile1886, vengono così «dichiarate di pubblica utilità le opere di risanamento e miglioramento contem-plate nel piano di massima dell’ingegnere municipale Velasco», e per la loro esecuzione «il Governodel Re è autorizzato a cedere gratuitamente al Municipio di Torino [...] aree e caseggiati cadenti nelprotendimento di via del Seminario, attraverso le scuderie Reali»4.La zona da attraversare con la nuova via, denominata «Quartiere svizzero» per la presenza del Quar-tiere delle Guardie svizzere che vi era alloggiato, era costituita da un intricato insieme di vecchie abi-tazioni e cortili, cresciuto intorno alla prima residenza costruita da Emanuele Filiberto sulle antichecase dei canonici del Duomo, sui luoghi della scomparsa basilica paleocristiana di San Salvatore, cioènella parte di maggiore importanza archeologica dell’intera città. Il problema, assai più complesso diquanto si credesse inizialmente, attende il nuovo architetto capo dell’Ufficio tecnico della Real Casatorinese Emilio Stramucci, trasferito per progressione in carriera dalla Real Casa di Firenze a quella diTorino il 1 gennaio 18865.

A soli tre mesi dall’approvazione della legge applicativa, il 18 luglio 1886, Stramucci stende un pro-getto di massima per la sistemazione della zona, che contiene la soluzione più semplice e indolore pos-sibile: si pensa di demolire solo la stretta fascia del vecchio Palazzo Reale, o Palazzo di San Giovan-ni, prospiciente la via delle Scuderie Reali, l’intera Palazzina Palagi sopra il Bastion Verde e una pic-cola parte del Fabbricato delle Cacce sul corso Regina Margherita; sulla nuova via XX Settembre sisarebbero poi costruiti due lunghi corpi di fabbrica, uno più in basso, del tutto autonomo, l’altro incontinuità con il Palazzo di San Giovanni, a chiusura delle corti aperte con le demolizioni6. Il docu-mento (fig. 1) è assai importante anche per la conoscenza dell’antico quartiere, a causa delle limitatedemolizioni, infatti, sono rappresentate con precisione quasi tutte le preesistenze, con le loro denomi-nazioni, nella situazione di poco precedente alla completa distruzione. La proposta di Stramucci non era priva di problemi, dai cambiamenti di altimetria legati alla distru-zione del bastione e alla costruzione della nuova strada in discesa, alla ricucitura delle vecchie struttu-re parzialmente demolite; a fronte di un impegno finanziario notevole la grande reggia non otteneva al-cun vantaggio tangibile. La Real Casa inizia così a prendere tempo, cercando di farsi finanziare alme-no in parte questi oneri, tanto che alla fine del 1888 viene approvata una speciale convenzione, dove ilMunicipio di Torino e il Demanio dello Stato, a pari quote, riconoscono alla Real Casa la cifra di Li-re 250.0007. Il Comune di Torino non era tenuto ad alcun indennizzo, ma dopo il trasferimento del-la capitale voleva forse assicurarsi l’impegno del Re in favore di una buona sistemazione della zona,cosa in parte riflessa nella convenzione stessa, dove si raccomandava che le nuove costruzioni della Re-al Casa avessero «nelle parti a vista aspetto decoroso». Il 24 dicembre 1890 viene stabilito il tracciatodefinitivo della nuova via8.Dopo circa cinque anni la sistemazione del Quartiere svizzero sembra avviata verso una rapida e feli-ce conclusione, ma all’inizio del 1891, con le prime demolizioni ormai in atto, il nuovo direttore del-la Real Casa di Torino, Giovanni Sola, prospetta a Urbano Rattazzi, segretario generale della RealCasa a Roma, una nuova idea: vendere al Comune di Torino tutte le proprietà del Quartiere svizze-ro al di là della nuova via XX Settembre, ottenendo il duplice vantaggio di un finanziamento supple-mentare a sostegno delle ristrutturazioni previste e di un risparmio di spesa, visto che anche gli edificireali sull’altro lato della via avrebbero dovuto essere sistemati decorosamente9. La vendita di un benedemaniale richiedeva però una legge vera e propria: se ne interessano, tra gli altri, il senatore GiacomoCosta, avvocato generale erariale, e perfino Giovanni Giolitti, «pronto ad adoperarsi, per quanto di-pende da lui, per la definizione di questa vertenza»; il Municipio di Torino stanzia ancora una voltadei fondi e delibera l’acquisto il 5 maggio 1893, imputando la spesa alla necessità di migliorare il de-coro e la viabilità della zona, e all’acquisizione di un’area per la nuova sede della scuola femminile«Torquato Tasso»; la legge per la vendita delle case del Quartiere svizzero alla Città di Torino è dell’8agosto 189510.Davvero numerose sono le soluzioni progettuali richieste a Stramucci dagli uffici superiori della Re-al Casa per la sistemazione della via XX Settembre, solo in parte documentate nei circa 150 disegniconservati presso l’Archivio di Stato di Torino, e molte di queste giungono fino all’approvazione del-lo stesso sovrano, ma le sempre diverse esigenze funzionali richieste, le problematiche legate ai prospet-ti verso le pubbliche vie, risolti alternativamente con edifici o giardini onde rispondere adeguatamen-te alle aspettative di «decenza» della Città di Torino, e le sempre crescenti spese dei lavori via via pre-visti, renderanno quasi del tutto vani oltre otto anni di lavoro dell’architetto capo Emilio Stramucci edell’Ufficio tecnico da lui diretto. Una prima fase sembra legata al progetto iniziale e si caratterizzaper l’utilizzo di planimetrie a corte chiusa, cosa che si trova ripetuta ancora nel progetto denominato

1. Emilio Stramucci, Pianta dei Fabbricati ed aree di Dotazione della Corona cadenti sul Prolungamento della Via del Seminario. Progetto di massima dei Fabbricati da costruirsi sul Prolungamento della Via del Seminario. L’Architetto Emilio Stramucci, Torino, 18 Luglio 1886. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 320.

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«A», del 28 febbraio 1891, il primo relati-vo all’idea di vendere tutti i possessi realioltre la nuova via, senza dimenticare il pro-blema della chiusura della piazza SanGiovanni, per la quale nel 1890 erano sta-te progettate due palazzine, da utilizzareindifferentemente come residenze o comeuffici, quasi subito sostituite da due giar-dinetti per contenere le spese (figg. 2, 3). Inseguito Stramucci prova una lunga serie diplanimetrie aperte ad ali più o meno pro-nunciate, che di fatto rinunciano a defini-re con un fronte edilizio continuo la viaXX Settembre, sulla quale, anzi, giardi-ni e cancellate si alternano sempre più abrevi testate edilizie. Gli sventramenti ef-fettuati per la creazione della nuova via, in-fatti, avevano messo in evidenza come nonfosse facile combinare le vecchie strutture ei cortili del Palazzo di San Giovanni aper-ti dalle demolizioni, con stretti corpi edili-zi obbligati a seguire una strada che pre-sentava un dislivello di oltre sei metri. I nu-merosi progetti della seconda fase mostranopoi ancora qualche intenzione di conser-vare parte delle vecchie strutture, ma si trat-ta in realtà di porzioni modeste e progres-sivamente sempre più piccole, che alla fi-ne divengono quasi trascurabili (figg.

4-6). Successivamente, e fino all’autunno del 1893, Stramucci si impegna nelle soluzioni lineari poiadottate, il che comporta comunque numerosi studi anche per gli innesti con le preesistenze e per l’iso-lamento del campanile del Duomo, idea che compare per la prima volta nel luglio del 1890, e anco-ra l’ideazione di recinzioni sufficientemente rappresentative e monumentali per delimitare adeguata-mente la via appena tracciata (fig. 7). La preferenza data alle planimetrie aperte nel nuovo palazzo variferita alle moderne tendenze igienistiche, sulle quali erano basati gli stessi interventi di risanamentourbanistico, e tanta attenzione verso i moderni aspetti della progettazione è confermata anche da unviaggio di Stramucci nella capitale, intorno al 1893, per discutere degli aspetti tecnologici e distribu-tivi della Manica Nuova con l’anziano e stimato ingegnere Paolo Comotto, capo dell’Ufficio tecni-co della Real Casa a Roma.Il 1 agosto 1892 Emilio Stramucci presenta agli Uffici comunali un progetto di Casotto e muro di cin-ta in via XX Settembre, regolarmente approvato circa un mese dopo, con la «Portieria» e tutta la re-cinzione, dall’asilo «Vittorio Emanuele II» al campanile del Duomo, nella loro configurazione attua-le11. La realizzazione delle opere avviene l’anno successivo e si conclude certamente entro i primi me-si del 1894. Si tratta però di un’operazione monca, in quanto si realizzano solo le parti in muratura,

2. Emilio Stramucci, Progetto «A», Pianta del primo piano. Scala 1 a 200. L’Architetto F.to Emilio Stramucci, Torino, 28 febbraio 1891. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 325-3.

3. Emilio Stramucci (attr.), Progetto «A», Prospetto sulla nuova via Venti Settembre. Prospetto sul Bastion Verde. Prospetto sulla Piazza S. Giovanni. Scala 1 a 200, 28 febbraio 1891. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 325-1.

4. Emilio Stramucci (attr.), Progetto «C», Pianta del primo piano, scala 1/200, primavera-autunno 1891. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 329-1.

5. Emilio Stramucci (attr.), Progetto «C», Prospetto verso la via XX Settembre, scala 1/200, primavera-autunno 1891. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 329-2.

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6. Emilio Stramucci, Progetto di Fabbricato in Via Venti Settembre in Torino. Prospetto sulla piazza del Bastion Verde. Scala di 1 a 100. Torino, 24 dicembre 1891, L’Architetto Emilio Stramucci. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 326-5.

7. Emilio Stramucci (attr.), Progetto di Palazzo Principesco in Torino. Prospetto sulla Via Venti Settembre. Pianta del Primo Piano. Scala 1 a 200, autunno 1894. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 337-1 (probabilmente il cosiddetto Progetto Comotto).

per cui nelle posizioni dove si intendeva chiudere tramite recinzioni in ferro si costruiscono solamentei pilastrini di sostegno, per la realizzazione delle inferriate e dei raffinati ornati scultorei bisognerà at-tendere il nuovo secolo. Proprio nel pieno di queste prime realizzazioni, ancora oggi tra le più accatti-vanti e artisticamente valide del nuovo complesso, Stramucci viene improvvisamente estromesso dal-la progettazione del palazzo. Come spiega il direttore Giovanni Sola nel giugno del 1894: «nello scor-so autunno, durante il soggiorno di S. M. a Torino, furono presi ad esame i singoli progettiprecedentemente realizzati collo stesso obiettivo dall ing.re Stramucci, compreso quello da esso realiz-zato a Roma sotto la direzione del Comm.re Comotto. Dopo tale esame S. E. il Comm.re Rattazzi,informando l’ing.e Stramucci che i suoi progetti erano stati tutti eliminati, gli notificò che l’incaricodi compilarne uno nuovo sarebbe stato affidato ad un ingegnere estraneo alla Real Casa»12.Il nuovo incaricato, l’ingegner Silvio Scacchetti, invia a Roma i suoi elaborati corredati di una rela-zione tecnica in data 14 marzo 189413. Il progetto si compone di dieci tavole molto ben disegnate; lapianta è ad «H» molto allungata nella posizione dell’attuale «Manica Nuova»; di particolare pregio ildisegno per la recinzione verso la via XX Settembre, un accurato acquerello in scala al 20, anche se lastruttura della cancellata è poco definita sul piano costruttivo, e altrettanto ben disegnati risultano i pro-spetti, che si richiamano al tardo Cinquecento fiorentino14.Una delle ali della «H» è destinata a chiu-dere degnamente la piazza San Giovanni, per la quale però non viene adeguatamente studiato il ruo-lo del campanile e delle altre parti esistenti. Le piante sono eseguite per trasparenza e sembrano studia-te in modo poco approfondito dal punto di vista distributivo, così come i rapporti con le preesistenzedi Palazzo Reale paiono pensate in modo un po’ superficiale. Le appariscenti tavole di Scacchetti nonfanno colpo sulla Real Casa, che richiede immediatamente una relazione più approfondita, soprattut-to sul piano funzionale e distributivo, raccomandando di illuminare il grande corridoio all’ultimo pia-no con lucernari nel tetto e con aperture nelle testate15. La nuova relazione di Scacchetti, consegnatadopo soli cinque giorni, difficilmente poteva soddisfare le aspettative del Ministero romano, ma nelfrattempo Stramucci non si era dato per vinto, e non era rimasto fermo, il 25 giugno 1894 scrivono, in-fatti, da Roma: «è giunta stamane a questo Ministero una cassetta contenente disegni ed una relazionedell’Architetto Cav. Stramucci costituenti un nuovo suo progetto [...] nulla constando a questo Mi-nistero di tale incarico affidato all ingegnere Stramucci, ed esistendo invece qui, sotto esame, il proget-to Scacchetti»16. Ancora il direttore Giovanni Sola riferisce come il vecchio segretario Rattazzi, solle-vando Stramucci dal progetto, lo avesse tuttavia autorizzato «a redigerne un ultimo sulla stessa tracciache sarebbe stata data all’ingegnere estraneo ed in concorrenza con esso»17. Una serie di nove tavole,firmate da Stramucci il 23 giugno 1894, corrisponde assai bene ai disegni giunti a Roma il 25 giugno:la soluzione è quella già studiata con l’ingegner Comotto, a pianta lineare e del tutto simile a quantopoi realizzato, con l’aggiunta, però, di una nuova struttura addossata all’ala che racchiude il cortiled’onore di Palazzo Reale verso il giardino, poi non realizzata, e che, proprio come la Manica Nuova,si sarebbe trasformata in una moderna manica a doppio affaccio18 (figg. 8, 9). A settembre, il nuovo segretario della Real Casa a Roma, Emilio Ponzio Vaglia, informa che l’ulti-mo progetto di Stramucci è approvato nel raddoppio dell’ala nord di Palazzo Reale, ma non nel nuo-vo fabbricato di via XX Settembre, a causa del grande spazio vuoto chiuso da semplici cancellate, co-sa che «non mancherebbe certo di suscitare critiche e forse anche giuste opposizioni da parte della lo-cale autorità municipale, ciò che è assolutamente necessario evitare»19. Il problema degli attriti con laCittà di Torino era di grande attualità: in Consiglio comunale si doveva discutere proprio la questio-ne di via XX Settembre, e a tal proposito il direttore Sola aveva steso una memoria difensiva onde ar-ginare le critiche del Municipio, che da tempo aveva versato tutti i contributi per la sistemazione del-

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8. Emilio Stramucci, Progetto di nuove costruzioni da annettersi al Real Palazzo di Torino, Prospetto principale. Scala di 1 a 100. Torino, 23 giugno 1894, L’Architetto E. Stramucci. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 333-7.

9. Emilio Stramucci, Progetto di nuove costruzioni da annettersi al Real Palazzo di Torino, cancellata sulla Via Venti Settembre. Scala di 1 a 100. Torino, 23 giugno 1894, L’Architetto E. Stramucci. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 333-9 (con tre stampe fotografiche d’epoca della Portieria e di parte dei pilastrini della recinzione appena realizzati).

l’area. A Stramucci viene ancora richiesto di modificare i suoi piani «in modo che la parte di edificiodestinato specialmente alla Amministrazione, anziché di stendersi da sud a nord venga invece estesada est a ovest, costituendo così, come già attualmente, il lato settentrionale della piazza San Giovan-ni», completandola con «una facciata conveniente» e utilizzandola per i soli uffici direzionali e per l’al-loggio del direttore, lasciando poi completa libertà di proseguire sul giardino con cancellate o altro20.Intanto si chiede a Scacchetti di completare il suo lavoro entro il novembre 1894: ma questi sembraconsegnare solo una variante per gli atrii di accesso e alcune tavole degli ingegneri Cabella e Lehmanndi Milano per gli impianti d’illuminazione elettrica e di riscaldamento21.L’iter progettuale del nuovo palazzo sembra terminare qui. Inaspettatamente il progetto Stramucci ver-rà adottato con ben poche varianti, escludendo proprio il già approvato raddoppio dell’ala nord delPalazzo Grande, l’ingegner Scacchetti, invece, non conclude il suo lavoro come richiesto e, all’iniziodel 1897, presenta una parcella esorbitante. La questione termina solo nel 1899, in tribunale: Scacchet-ti ottiene poco meno di un terzo della cifra richiesta inizialmente, e la somma risulta pignorata dai cre-ditori, tra cui la baronessa Rosa Maineri, alla quale era stata promessa fin dal gennaio 1895 una per-centuale «sugli oneri che ad esso Ing.e spetteranno per il progetto e la Direzione dei lavori relativi alnuovo palazzo Reale da costruirsi nella città di Torino»22.Dopo le modeste realizzazioni del 1893 e 1894 la Real Casa continua a muoversi in modo piuttostoguardingo, nonostante lo sfacelo delle parziali demolizioni in bella vista lungo la nuova via, che costi-tuivano non secondari motivi di attrito nei confronti della Città di Torino. Nel 1898 Stramucci si oc-cupa ancora di un problema marginale: l’ampliamento, con riordinamento delle facciate, dell’asilo«Vittorio Emanuele II» in corso Regina Margherita, all’angolo con la via XX Settembre, nelle pro-prietà della Real Casa e in continuità con l’area interessata ai lavori; il giorno 8 luglio 1899 presenta,infine, il progetto di recinzione verso piazza San Giovanni, dove mostra più in grande anche i disegnidi tutte le cancellate già previste, quasi a rassicurare l’amministrazione comunale della futura buona si-stemazione della zona23, la nuova recinzione sostituiva, però, i vagheggiati «fabbricati gemelli», richie-sti a Stramucci per una dignitosa chiusura della piazza San Giovanni, per cui si può dire che qualchedecisione definitiva era stata finalmente presa, e i tempi per la realizzazione del palazzo ormai maturi.

L’APERTURA DEL CANTIERE E IL DIBATTITO SULLE PREESISTENZE

Se la progettazione e la contrattazione amministrativa preliminari al nuovo fabbricato sono profonda-mente radicate nelle trasformazioni del quadrante urbano nord-orientale, l’avvio del cantiere apre unnuovo fronte di complessità, costituito dal confronto, ingenuamente inatteso, con il deposito archeo-logico della città. Alle istanze urbanistiche poste dalla stratificazione «orizzontale» della crescita urba-na (espansioni verso nord) si affiancano dal 1899 i problemi causati dall’interpretazione e dalla tuteladella stratificazione «verticale» costituita delle preesistenze moderne, medievali e classiche.Il progetto del fabbricato ne esce, ancora una volta, rimesso in discussione, ma soprattutto si moltipli-cano gli interlocutori e i decisori coinvolti. Le stratificazioni materiali, infatti, implicano anche unastratificazione delle competenze istituzionali, ma soprattutto degli interessi, dei valori e dei criteri di scel-ta messi in campo per affrontare il problema, a scala edilizia, ma soprattutto urbana24. Lo studio attua-le della cosiddetta Manica Nuova implica pertanto non solo il confronto tra il progetto stramucciano,la sua tormentata realizzazione e le preesistenze archeologiche, ma anche l’analisi di un intreccio di com-petenze, portatrici di visioni diverse del rapporto tra città e storia, nonché tra città e progetto: il neo isti-tuito Ufficio per la conservazione dei monumenti (nella sua articolazione torinese diretta da Alfredod’Andrade e nella sua direzione romana presso il Ministero della Pubblica Istruzione) diventa interlo-

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cutore scomodo dell’Amministrazione della Real Casa (sede periferica di Torino e Ministero di Ro-ma) e del suo Ufficio tecnico, mentre compare come soggetto attivo anche la Municipalità di Torino,in particolare per quegli aspetti di memoria (in primo luogo classica e paleocristiana) alternativi all’or-mai non gradita egemonia culturale sabauda medievale e barocca. Gli «eruditi» torinesi vengono sem-pre più emarginati dall’attività di tutela sul campo, esercitata ormai dalla burocrazia degli appositi uf-fici ministeriali, mentre la Famiglia Reale, da parte sua, pare ormai del tutto disinteressata alle scelte re-lative al palazzo torinese, salvo suoi coinvolgimenti strumentali, o interventi personali di personaggilaterali (quali la principessa Laetizia Bonaparte, nipote e vedova del Duca d’Aosta).In sintesi, lo studio del palazzo nella sua consistenza attuale si deve pertanto confrontare sia con i pro-cessi di trasformazione urbana, sia con le dinamiche decisionali messe in atto nelle fasi di cantiere e dicompletamento. Il nuovo progetto museale, ora in fase di definizione, potrà così configurarsi non co-me un «dopo» rispetto a un «prima» preesistente fisso e statico, ma come ulteriore, e non ultimo, pro-cesso di modificazione di un’area dinamica e conflittuale della città.È noto come lo scavo delle fondazioni del nuovo fabbricato abbia portato nel 1899 alla scoperta del si-to del teatro romano della città antica, fino ad allora ignoto. Tale rinvenimento, del tutto fortuito, as-sume un rilievo di valore sia storico-critico sia socio-culturale che travalica la consistenza dei reperti

stessi, trovandosi inserito in una strategia di inda-gine archeologica e in un progetto culturale dilungo respiro già istruiti e strutturati. L’Ufficioper la conservazione dei monumenti diretto daAlfredo d’Andrade, fin dall’avvio istituzionaledella sua attività a metà degli anni ottanta, avevainfatti perseguito l’obiettivo di mettere a punto latopografia completa della città romana, prose-guendo in modo sistematico gli studi e le indagi-ni sul campo avviati nei decenni centrali dell’Ot-tocento da Carlo Promis, legati all’occasionalitàdi rinvenimenti che, con lessico attuale, potrem-mo definire «scavi di emergenza», dovuti ad at-tività edilizie o infrastrutturali promosse dal Co-mune o da privati.Fin dal 1890 il quadrante urbano palatino era en-trato negli obiettivi di D’Andrade, che aveva ini-

ziato a formulare l’ipotesi di una prima indagine mirata, volta a verificare l’andamento della cinta mu-raria romana nell’angolo nord-orientale, sul cui ipotetico tracciato esistevano ipotesi diverse25. Stra-mucci è già la «testa di ponte» di D’Andrade nell’area del Palazzo:

Tra la piazza di San Giovanni e la Via del Bastion Verde, qui in Torino, standosi demolendo varie costruzioniannesse al Palazzo Reale, alcune delle quali costeggiano il lato nord del muro romano della Cinta Augustea. At-tratto da questo fatto che può interessare la scoperta di qualche nuovo particolare atto a portare lumi per la soluzio-ne del non completamente chiarito problema del tracciato della Cinta Romana all’angolo nord-est di Torino, en-trai in rapporti con l’Ing. Cav. Emilio Stramucci Capo dell’Ufficio Tecnico del R. Palazzo di Torino, onde ave-re facilità per procedere alle necessarie ricerche. E bene feci poiché potei diggià avere dal sullodato Cav. Stramuccinotizia di alcuni fatti non ancora resi di pubblica ragione, e che bene accertati servirebbero ad avanzare di molto laquestione. Ma ciò che il Cav. Stramucci mi faceva vedere non basta ancora per arrivare a non dubbie conclusio-ni, e bisogna fare a questo scopo alcuni tasti di poca entità entro al giardino e nei fondi del Palazzo Reale26.

L’ingerenza del Ministero dell’Istruzione Pubblica nei fondi del palazzo non era stata accettata di buongrado dall’amministrazione della Real Casa, del tutto impreparata a considerare Palazzo Reale (e ilsuo sottosuolo) come un sito di interesse storico, tenendone in conto usualmente solo gli aspetti funzio-nali o al massimo di gusto artistico; l’assenso era stato tuttavia concesso il 25 novembre 189027, con undocumento che, nei successivi frangenti tra emergenza e progettualità, assumerà il valore di primo ri-conoscimento istituzionale della liceità e dell’interesse pubblico dell’azione dell’Ufficio di tutela nel-l’area del palazzo.La prospettiva della definizione di «progetti di scavo» programmati non impediva tuttavia di perse-guire la meritoria attività di assistenza archeologica alle opere di trasformazione urbana, secondo quel-la tradizione torinese di «archeologi militanti» aperta da Promis: proprio la messa in atto di prassi ope-rative sensibili a una gestione del cantiere compatibile con le pressioni cittadine aveva consentito aD’Andrade e ai suoi collaboratori di essere accreditati come interlocutori principali della Municipa-lità28.Gli scavi della nuova via XX Settembre (prosecuzione, non senza ironia toponomastica, forse, dellavia già del Seminario) implicano, come sopra discusso, un notevole abbassamento del piano viario(fig. 10). In tale occasione emergono una porzione consistente del tratto settentrionale della cinta ro-mana di età imperiale (sezionata per consentire il passaggio della via in progetto), condutture idrauli-che, materiali edilizi vari ma, soprattutto, la base di una delle torri perimetrali delle mura, scoperta nelmese di maggio 1891 e conservata a fianco del nuovo sedime viario, sensibilmente diverso dalla pree-sistente via della Scuderie29. Il progetto di conoscenza di D’Andrade viene ripreso parzialmente nel 1892: viene autorizzata, nonsenza forti resistenze nell’Amministrazione30, l’indagine del consistente tratto murario romano nel-l’Aranciera del palazzo (sotterranei della Biblioteca Reale), ma l’operazione non può dispiegarsi nel-la sua pur circoscritta completezza nei giardini, probabilmente per ristrettezze di bilancio31. La resti-tuzione complessiva della trama urbana, riferita al parcellare attuale e alle trasformazioni in corso, co-mincia tuttavia ad assumere una certa significatività (fig. 11). Gli studi da presentare all’Esposizione Generale di Torino del 1898 vengono proposti da D’Andra-de come pretesto per riprendere le sue analisi sulla topografia antica della città. Sebbene per la scaden-za proposta l’Amministrazione non conceda quanto già autorizzato fin dalla «battaglia» del 1892, nelgennaio 1899 viene finalmente formalizzato un vero e proprio «progetto di scavo» per l’area dei Giar-dini Reali e della Piazzetta Reale, finalizzato a individuare in modo puntuale mura e torri romane, conmetodo di indagine puntuale «a pozzi». L’iniziativa è supportata da una planimetria di progetto re-datta da Cesare Bertea (fig. 12), prima ingenuamente redatta con il nord verso il basso, successivamen-te corretta e inoltrata a Roma al Ministero, agevolando il positivo esito autorizzativo atteso, ottenuto il6 febbraio 1899 (a eccezione della parte sotto l’appartamento della Duchessa d’Aosta)32. Viene per-tanto nuovamente elusa la competenza operativa, peraltro non rivendicata, dell’Ufficio di tutela ar-cheologica, motivando lo scavo come «ricerche fatte per la migliore conservazione delle mura romanedi Torino»33.L’area più ricca di informazioni si rivela essere quella sul fronte settentrionale: già nel mese di aprile unsondaggio mirato individua una «torre-pusterna» nello snodo della piega diagonale della cinta mura-ria (fig. 13): la torre era già stata «prevista» da D’Andrade fin dalla prima stesura della sua carta ar-cheologica di Torino, indicata come presunta «porta del Vescovo» e mettendo in discussione la collo-cazione proposta da Cibrario «in capo al vicolo delle scuderie ciocché non mi pare»34. Nei pressi del-la torre, il cui scavo era reso disagevole dal passaggio superficiale di condutture idrauliche, vengono

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10. Ufficio Tecnico della Direzione Provinciale della Real Casa in Torino, Adiacenze della nuova Via Venti Settembre con designazione dei perimetri delle aree della Lista Civile a recingersi secondo le prescrizioni della perizia in data Agosto 1891, agosto 1891. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1893-1896, b. 71.

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12. Cesare Bertea e Alfredo d’Andrade, Planimetria del Palazzo e del Giardino reale di Torino coll’indicazione degli scavi che si desiderano eseguire per raccogliere dati positivi onde stabilire le vera forma che aveva l’angolo di levante della cinta della città nell’epoca romana, 15 gennaio 1899. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1912-1916, b. 508.

13. Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria, Cinta augustea di torino. Torre posterna della fronte nord della cinta presso il taglio a petto dell’angolo nord-est della città(scavi eseguiti negli anni 1899-1900), 1900. Torino, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, Archivio Disegni, 391.

11. Alfredo d’Andrade e Ufficio per la Conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria, Carta archeologica di Torino, 1892. Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Archivio fotografico, Fondo D’Andrade, 1889 LT (dettaglio del quadrante nord-est).

MANCA!!!

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14. Vincenzo Promis, Appunti relativi allo scavo archeologico in piazza San Giovanni, aprile 1876. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, I vers., b. 161, fasc. 336.10.3.

15. Cesare Bertea e Ottavio Germano (Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria), Resti di costruzioni medioevali rinvenuti nella demolizione del fabbricato in cui aveva sede l’Amministrazione della R. Casa. Gennaio 1899. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1912-1916, b. 508.

16. Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria, Planimetria dei resti del Teatro romano rinvenuti nel Giardino reale in occasione degli scavi per la costruzione dei nuovi fabbricati, 19 settembre 1899. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1912-1916, b. 508.

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alla luce porzioni di una iscrizione monumentale riferita alla committenza di Donno35, iscrizione chenon poteva non essere pertinente a un edificio di rilevanza urbana. Il valore epigrafico del manufattoparrebbe mettere in ombra il senso architettonico e topografico del rinvenimento ma, grazie alle artico-late competenze archeologiche che continuano a gravitare attorno all’Ufficio per la conservazione deimonumenti (in particolare lo studio è affidato ad Antonio Taramelli), il nesso tra testo epigrafico e for-ma urbana viene brillantemente colto e fa salire il livello di attenzione, sia nella comunità scientifica sianell’opinione pubblica. Sono successivamente rinvenute alcune strutture murarie parallele al cardineromano orientale (quello sotteso al varco della torre) e altre di lettura meno evidente, sia dentro sia fuo-ri le mura (in particolare una rotonda extramuranea); tali resti, su cui sono lacunose le informazionialtimetriche, sono stati probabilmente coinvolti dalla costruzione della Manica Nuova, ma parti con-sistenti posso essere superstiti36. Viene scavato anche un ulteriore sondaggio nel Giardino, nei pressi deltunnel di comunicazione con il giardino inferiore, all’intersezione ideale dei fronti murari romani este nord37. L’interesse dell’area induce l’Ufficio ad allargare la propria competenza, di nuovo con un’interpreta-zione estensiva della famosa autorizzazione del 1892, anche alla sorveglianza sulla demolizione del Pa-lazzo Reale Vecchio e del complesso edilizio antistante, di matrice medievale (area destinata alla scuo-la «Torquato Tasso», scavi da maggio a luglio 1900)38. Nel 1899 l’area aveva ormai assunto il volto diun grande cantiere, di rilevanza urbana ma dalla gestione settorializzata. Dalle demolizioni vicino alcampanile del Duomo emergono alla fine del gennaio 1899 alcuni resti «cristiani», relativi ai chiostrimedievali del complesso canonicale: una precedente prospezione archeologica dell’ispettore agli scaviVincenzo Promis, effettuata nell’aprile del 187639 (fig. 14), non aveva catalizzato l’interesse sulle poten-zialità archeologiche dell’area, che invece rivela in quest’occasione significativi resti in elevato (fig. 15);nello spazio libero tra il campanile e il Duomo nel 1909 affiorerà l’impianto della basilica del Salvato-re paleocristiana e medievale. È però a sud della torre-postierla romana (emersa nei primi di aprile) cheavviene la scoperta più clamorosa, ossia un settore di cavea di teatro romano individuata negli sterri perle fondazioni del nuovo fabbricato del Palazzo Reale, indagato dal mese di agosto 189940 (fig. 16).La trattativa istituzionale si fa complessa, ma viene risolta mediante una certa sintonia culturale traEmilio Stramucci e Alfredo d’Andrade, che trapela tra le righe dei carteggi dei rispettivi uffici (i me-diatori sono i collaboratori di fiducia di D’Andrade, Augusto Taramelli e Ottavio Germano). An-zi, Stramucci viene anche accusato dalla Direzione locale della Real Casa (manifestamente ostile al-l’ingerenza di D’Andrade) di aver favorito l’ingresso dell’Ufficio di tutela nelle demolizioni del pa-lazzo a detrimento dei superiori interessi amministrativi, denunciandolo anche al Ministero comeresponsabile del fatto. Con rigore di funzionario integerrimo, Stramucci replica al suo direttore chenon solo le ispezioni dell’Ufficio erano state già autorizzate dal Ministero della Real Casa (che in re-altà però autorizzava quelle per l’area dei chiostri cristiani), ma che non sarebbe stato possibile a nor-ma di legge opporvisi, se non rischiando la sospensione lavori per ordine prefettizio41. In realtà, dagliappunti di Ottavio Germano emerge come fosse stato Stramucci stesso che «venne ad avvertire» del-l’affioramento dei resti cristiani, e D’Andrade segnala al Ministero che «Stramucci ha sempre fatto ilpossibile per aiutare i nostri studi e rilievi»42.D’Andrade tuttavia preferisce operare senza ricorrere alle vie legali, ma agendo con realismo e con unacerta spregiudicatezza, che include anche qualche «strombazzatura»43 giornalistica per forzare la ma-no. In sintesi, suo obiettivo principale resta il progetto complessivo di conoscenza topografica della cit-tà antica, preferito alla mera conservazione dei singoli manufatti rinvenuti. I chiostri medievali del com-plesso canonicale sono quindi documentati e smantellati (musealizzando le parti scultoree) e il teatro

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Al di là delle polemiche e delle mille difficoltà progettuali, Stramucci aveva effettivamente rappresen-tato l’unico vero elemento di continuità e di mediazione tra i vari soggetti interessati, oltre a essere il con-creto responsabile della progettazione e della realizzazione. Qualche interrogativo sulla sua personali-tà, e in particolare sulla sua formazione, permane ancora: nato a Roma l’8 novembre 1845 svolge unatipica carriera di ingegnere funzionario all’interno della Real Casa, ma l’immagine del puro tecnico,quando non del grigio funzionario ministeriale, che pure Stramucci ha interpretato con grande rigoree con particolare equilibrio, non esauriscono la sua personalità, che prima di tutto risulta legata allegrandi competenze di raffinato arredatore, progettista di mobili e decorazioni in stile, assai apprezzatoall’interno delle residenze reali50. I primi dati in questo senso sono l’encomio ufficiale, ricevuto nel 1884,per l’assistenza all’esecuzione di un parascintille in ferro battuto destinato al Palazzo del Quirinale, ela pubblicazione, su una nota rivista artistica, di un suo «armadio a stipo eseguito per conto di S. M.il Re», nel 188551.Anche a Torino la sua notorietà deriva innanzitutto dagli arredi di Palazzo Reale, soprattutto la Salada pranzo del 1898, che gli vale i pubblici apprezzamenti di Ercole Bonardi, e ancor più la fiducia del-la regina Margherita, con la quale collaborerà lungamente, in particolare per la decorazione e l’arredo

17. Emilio Stramucci (attr.), Progetto per le recinzioni di Palazzo Reale in via XX Settembre, 1899-1901. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 350-1 (parte a sinistra dell’ingresso principale, con uno dei telamoni poi realizzato con numerose varianti da Cesare Reduzzi).

viene, non senza sacrifici, inglobato nelle fondazioni della Manica Nuova. In cambio, è ormai rico-nosciuta all’Ufficio regionale per la conservazione dei monumenti la piena autorità, oltre che l’autore-volezza già guadagnata sul campo, a occuparsi anche dei rinvenimenti archeologici urbani, perpetran-do nei fatti l’esautorazione del competente Ufficio di tutela archeologica, da individuarsi nelle struttu-re del Museo di Antichità diretto da Ernesto Schiapparelli, che si occupa solo della conservazione deireperti nella «galleria lapidaria»44; al tempo stesso, si consolida la dimensione urbana della ricerca, aval-lata anche dal sostegno della Municipalità nel tentativo di una rifondazione dell’identità culturale del-la città in trasformazione45.Entrando nel dettaglio dell’operazione, sempre Stramucci precisa ai suoi superiori che aveva ritenutoopportuno che «venisse facilitato per quanto è possibile alla Direzione dei Scavi [in realtà all’Ufficioper la conservazione dei monumenti, NdA] il compito delle ricerche e dei rilievi, onde ottenere il ri-cambio di pari facilitazioni nell’abbattimento, che questo Ufficio dovrà necessariamente eseguire, diparte delle cose trovate e così non avere quegli intralci che unicamente sarebbero temibili per la esecu-zione delle opere in corso»46. Viene così pattuito di poter indagare l’intero isolato del teatro, sebbene loscavo delle fondazioni non esigesse ulteriori sterri. Tale operazione, modestamente finanziata non sen-za problemi nel 1903, viene però presto sospesa perché l’area interessata è occupata dal cantiere dellaManica Nuova (deposito materiali e area di lavorazione del pietrame)47.

TECNICI, ARTISTI E ARTIGIANI NELLA COSTRUZIONE DELLA MANICA NUOVA

Non è stata per ora rintracciata documentazione diretta dei lavori di costruzione della Manica Nuova,ma il ritrovamento del teatro romano fissa con certezza al luglio del 1899 gli scavi per la fondazione del-l’edificio, mentre la data del 1903 su uno degli architravi d’ingresso fissa almeno la fine dei principalilavori murari. Non sono tempi particolarmente lunghi per un fabbricato del genere, la scoperta del tea-tro romano non riesce, infatti, a modificare in nulla i piani di costruzione previsti, e la realizzazione nonpare nemmeno abbia subìto significativi rallentamenti a causa degli studi archeologici. I disegni esecu-tivi per le cancellate sono consegnati all’esecutore Giuseppe Pichetto dal novembre 1899 a tutto il 1901,mentre le artistiche sculture dei pilastrini risultano eseguite entro il 1902, probabile punto finale dei la-vori esterni; per gli interni i tempi vanno verosimilmente un po’ oltre queste date: il palazzo è occupatocompletamente solo a partire dal 1909, e per qualche anno in modo ancora provvisorio, per cui arredi edecorazioni interne potrebbe essere stati portati a termine dall’architetto Arturo Flores48.La Manica Nuova si trova analiticamente descritta nel 1913 in un lungo e preciso testimoniale di sta-to, redatto dagli ingegneri Michele Vicarj e Roberto Siano al termine di tutte le ristrutturazioni esegui-te nella reggia torinese in sèguito all’apertura di via XX Settembre, all’interno del quale, in modo as-sai indicativo dello spirito con cui negli ambienti della Real Casa erano state vissute le incresciose vi-cende archeologiche da poco trascorse, non si fa il minimo accenno alla presenza di resti del teatroromano, né nel giardino, né negli scantinati del palazzo. In testa al testimoniale, e in modo abbastan-za inusuale per un documento del genere, si trova qualche nota stilistica e il diretto riconoscimento delruolo avuto da Stramucci nella Manica Nuova:

L’edificio ideato e diretto nella costruzione dall’ingegnere Emilio Stramucci si compone di un solo corpo di fabbri-ca di forma rettangolare avente la lunghezza di metri 116 e una larghezza di metri 20 con una elevazione dal filo del-lo zoccolo stradale al piano del piede della balconata che corona tutto l’edificio di metri 20. Sulle fronti maggiori diesso fabbricato, cioè su quella prospiciente Via Venti Settembre e l’opposta verso il Reale Giardino, si trovano re-golarmente disposti per scopo decorativo ed architettonico tre piccoli avancorpi, cioè uno a ciascuna estremità di es-si ed uno al centro. L’edificio è di architettura italiana dello stile secolo XVI e si compone di un piano sotterraneo,di un piano terreno, il primo e secondo piano, sottotetto e coperto formato in lastre di pietra di Luserna49.

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del suo castello a Gressoney Saint-Jean, ed è bene ricordare come nel 1893, ai tempi della sua primaestromissione dai progetti per la Manica Nuova, il segretario Rattazzi gli avesse proposto la nomina a«Ispettore del Mobiliare»52. Probabilmente si trattava di un incarico nazionale relativo agli arredi del-le residenze reali, al quale Stramucci non poteva permettersi di aderire: avrebbe rinunciato alle sue pre-rogative di funzionario tecnico, quasi ammettendo le sue pretese incapacità professionali di ingegnere,già messe alla prova dalle consulenze di Paolo Comotto a Roma; la vicenda può costituire un’interes-sante «spia» di come la sua figura fosse considerata all’interno delle gerarchie ministeriali.La riconosciuta abilità di esperto progettista nel campo del mobilio e dell’arredo in stile si può tocca-re con mano nei disegni per le cancellate della Manica Nuova, condotti da Stramucci con notevole si-curezza grafica e davvero interessanti proprio per la loro precisione costruttiva; vi si scorgono ben de-finite anche le sculture di accompagnamento, nonostante il loro essere dei semplici disegni esecutivi,da consegnare al fabbro per la realizzazione53. L’enorme e già citato disegno di Silvio Scacchetti peruna cancellata del palazzo, presentato nel 1894, era indubbiamente più appariscente e scenografico,ma non presentava precise caratteristiche costruttive, la finezza dei più semplici e diretti disegni di Stra-mucci rivela, invece, una mano esperta e non comuni conoscenze materiali in un campo così specifi-co (figg. 17-19). Tanta raffinatezza, però, non si riscontra nei numerosi disegni architettonici elabora-ti per la Manica Nuova, in parte da assegnare al geometra Roberto Ferrero, aiutante architetto di Pri-ma Classe e unico collaboratore tecnico presso l’Ufficio torinese della Real Casa, ma pur sempre dicompleta responsabilità di Stramucci, e anche sul piano della decorazione architettonica la grande mo-le della Manica Nuova non pare abbia ispirato profondamente l’architetto romano54. Soprattutto neinumerosi prospetti è possibile riconoscere un metodo compositivo piuttosto stanco e ripetitivo, preva-lentemente combinatorio, basato sul montaggio degli elementi architettonici prescelti in varie posizio-ni e in versioni più o meno elaborate. Pur con tutti i limiti di un inserimento urbanistico dirompentel’edificio realizzato risulta comunque sobrio, gradevole, e riesce a innestarsi in maniera abbastanza di-screta nel complesso di Palazzo Reale, ma senza grandi pretese, e senza quelle note di ricercatezza, diinvenzione, di consumata perizia artistica che si riscontrano nei contemporanei lavori di arredo. Di-scorso a parte merita la lunga recinzione, dove Stramucci sembra molto più a suo agio, e dove nel gran-de spazio del giardino il rapporto tra le artistiche inferriate e le inventive membrature neobarocche deipilastri, arricchiti da importanti sculture, appare molto naturale e ben riuscito. Altrettanto buona è larealizzazione delle cancellate, affidata a un grande esperto quale Giuseppe Pichetto, mentre le scultu-re sono eseguite da uno dei protagonisti della scultura liberty torinese, Cesare Reduzzi, che lamentavale «salientissime varianti» ripetutamente richiestegli con aggravio di spesa, «per effetto del gusto incon-trastabile e del sentimento artistico dell’ideatore, Architetto Comm. Stramucci, non mai pago dellasua stessa inventiva e forzato da essa ad imporre migliorie, mutando i motivi sostanziativi dell’operasua»55. È comunque nelle progettazioni di scala più ridotta, di minore impegno organizzativo e archi-tettonico, che Stramucci riesce a dare il meglio di sé: la piccola portieria in via XX Settembre, allegroe indefinibile montaggio di reminiscenze d’Oltralpe, è particolarmente riuscita e con la sua unità com-positiva risulta leggera e spiritosa come nessuna altra opera nota di Stramucci, la cui formazione, perinteressi e capacità dimostrate, risulta così più vicina a quella di un’accademia artistica che non a quel-la di una scuola d’applicazione per ingegneri, come alcuni indizi su suoi rapporti con l’Accademia diSan Luca a Roma e con l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze confermano. All’interno del palazzo ben pochi sono gli ambienti di rappresentanza trattati con decorazioni auliche:oltre all’atrio e allo scalone monumentale, dove sono state inserite in due nicchie le statue raffigurantiApollo e Cerere, opere settecentesche di Ignazio e Filippo Collino56, sono da ricordare soprattutto il Sa-

18. Emilio Stramucci (attr.), Progetto per le recinzioni di Palazzo Reale in via XX Settembre, Cancelli secondari N° 3. Scala di 1:10, 1899-1901. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 350-2.

19. Emilio Stramucci (attr.), Progetto per le recinzioni di Palazzo Reale in via XX Settembre, 1899-1901. Torino, Archivio di Stato, Casa di Sua Maestà, disegno 350-3 (cancello laterale, variante con sostituzione della corona tramite foglietto aggiunto).

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21. Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Piemonte e della Liguria, Torino - Teatro romano resti rinvenuti nello scavo per la costruzione del palazzo dell’Amministrazione della R. Casa - (planimetria nella scala di 1:400), post 1906. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1912-1916, b. 508.

lone degli Stucchi e il più libero e inventi-vo Grande Salone. L’operato della collau-data équipe di artigiani che lavora sotto ladirezione di Stramucci (Giacomo Borrascultore in legno, Carlo Cussetti pittore,Giuseppe Pichetto fabbro specializzato inelaborate inferriate artistiche, Michele Del-lera pittore) è stato riconosciuto nel castel-lo della Real Casa a Gressoney e nel Palaz-zo Reale «Grande» di Torino57. L’uso el’ostentazione delle innovazioni della tec-nica moderna è poi un altro tema di gran-de interesse nelle residenze reali del perio-do: il sistema di riscaldamento a vaporeLehmann, attivato da due distinte caldaiee distribuito con sistema a termosifone, ilgrande ascensore idraulico e le «stufe a ra-

diatore del tipo americano», oltre ai già citati lucernari sul tetto, tutti oggetti puntigliosamente descrittida Vicari e Siano, costituiscono altrettanti elementi di .................... e di raffinatezza degni della CasaReale58.

IL COMPLETAMENTO SULLO SCAVO DEL TEATRO

E LA SISTEMAZIONE DELL’AREA ARCHEOLOGICA

Il sostanziale completamento della costruzione porta già nel 1906 alla liberazione dell’area di cantieree alla prima impostazione dello scavo sistematico del resto dell’isolato del teatro (fig. 20). Riverificatala disponibilità dei finanziamenti della Real Casa, può essere avviato nell’autunno di quello stesso 1906il progetto di indagine prefigurato sei anni prima (fig. 21), ma l’esaurirsi dei fondi e la mancanza dichiarezza sul destino dell’area mettono subito in crisi il cantiere59. Quasi contestualmente alla rincor-sa di nuovi fondi per lo scavo, e temendo ostacoli dall’Ufficio di tutela, parte per Roma la richiesta diStramucci di confermare le somme stabilite per il suo giardino progettato nel 189960. L’intesa D’An-drade-Stramucci, premessa alla precedente mediazione tra sacrifici e musealizzazione, entra in crisiprofonda. Lo scavo completo di cavea, orchestra, scena e portico, sebbene di esiti certamente non mo-numentali, pone infatti il problema della destinazione definitiva dell’area aperta rimasta tra la Manicae la cancellata: D’Andrade e l’erudizione cittadina danno per scontato che, in cambio del sacrificioaccettato nel 1900 per consentire la realizzazione dell’edificio, la superstite parte di teatro esterna allefondazioni possa restare a vista, come area archeologica all’aperto, non potendosi trattare semplicemen-te «né di raccordamenti né di sistemazioni»61. Stramucci, logorato forse dalla ventennale vicenda del-la Manica Nuova, resta invece fermo sul proposito di realizzare il giardino ad aiuole da lui progettatocomplanare al piano terreno della Manica (fig. 22), per completare la definizione formale dell’insiemee per evitare difficoltà di accesso all’edificio (il piano di visita al teatro sarebbe stato inferiore a quellodegli ingressi, con la necessità di realizzare impegnativi sovrappassi per transitare da via XX Settem-bre all’edificio). Il giardino era già stato progettato e computato nel 1899, prevedendo lo scalpellamen-to dei muri preesistenti sul sedìme fino a un metro e mezzo di profondità62. Anche il generico interes-se per la dimensione storica dimostrato finora da Stramucci si stempera di fronte a esigenze di «gusto»

20. Ufficio Tecnico della Direzione Provinciale della Real Casa in Torino, Individuazione dei resti del teatro romano inglobati nella costruzione della Manica Nuova, autunno 1906. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1912-1916, b. 508.

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mucci nell’ottobre 1907 come direttore del-l’Ufficio tecnico della Real Casa. PerD’Andrade, Flores «ha idee differenti daquelle del suo antecessore e tutto ciò che hav-vi di interessante in quel luogo sarà da lui ge-losamente scoperto e conservato»70, tuttaviagli ingegneri dell’amministrazione della Re-al Casa, «colti ed intelligenti senza dubbio»71

non hanno competenze archeologiche, ragio-ne per cui D’Andrade avoca all’Ufficio laconduzione diretta del cantiere (in un primotempo rimasta all’Amministrazione dellaReal Casa). Nel settembre 1909, dopo un’ul-teriore ripresa degli scavi, Flores riferisce che«dispiacevolmente la risultanza ha dato delu-sione delle aspettative che si avevano. Ciò chesi vede ora è un insieme di ruderi informi perla massima parte»72, e sospetta inoltre cheD’Andrade abbia assunto la direzione lavo-ri «senza averne finora presa una linea di con-dotta definitiva, apportando ostacoli e ritardicontinui alla esecuzione dei lavori»73, in uninvertito gioco delle parti. Sostanzialmente ri-feribili a Flores sono i ponti che sovrapassa-no gli scavi74 e la sponda artificiale di atteg-giamento ambientista tra il livello del teatro ela cancellata verso il Duomo75, realizzata nel1911 e ora smantellata in vista di una futuraricucitura delle aree archeologiche. Infine, tra il 1914 e il 1915, ultimi mesi di in-carico e di vita di D’Andrade, matura istitu-zionalmente il ruolo della Soprintendenzaagli Scavi e Musei archeologici diretta daSchiapparelli, dotata di personale solo dal1912: già oscurato dal pragmatismo militan-te dell’Ufficio per la conservazione dei monu-menti, il servizio di tutela archeologica si riappropria della propria competenza sugli scavi e sui siti,con l’intervento del giovane Pietro Barocelli76. Tale assunzione di responsabilità non risolve il proble-ma del rapporto tra Manica Nuova e teatro; anzi, forse chiude del tutto la fase di progettazione e di spe-rimentazione sull’area, pur riprendendone talora lo studio: l’istanza di riconnessione e di ricontestua-lizzazione si pone solo in anni recenti, con la mobilitazione di progettualità e di strategie urbane77 cheattendono ancora una maturazione attuativa complessiva.

e di «stile», manifestando la dimensione meramente estetica, e non storico-documentaria, dell’apprez-zamento di Stramucci per le memorie del passato. Una mediazione è tentata nel mese di marzo, pren-dendo in considerazione l’ipotesi che gli scavi non siano solo a scopo di studio (ossia destinati al rein-terro), ma assecondando il «desiderio di lasciar scoperte quelle parti che per avventurata combinazio-ne si rinvenissero, le quali all’interesse archeologico accoppiassero valore storico od artistico, cosa cheprevia la Superiore approvazione avrebbe potuto effettuarsi intercalandole con ben combinata acci-dentalità di terreno così da rendere il nuovo giardino più movimentato e forse di migliore effetto pitto-rico»63.La vicenda in sé sarebbe di modesto interesse intrinseco, sia per la consistenza dei reperti rinvenuti siaper la qualità progettuale del giardino proposto, ma assume una carica dirompente per l’intreccio di

vicende scientifiche e biografiche deiprotagonisti. D’Andrade, determi-nato a tenere a vista i pur fragili restidel teatro (a indagine appena inizia-ta, peraltro, tra aprile e maggio1907), riesce a organizzare unoscandalo giornalistico contro Stra-mucci64, accusandolo di aver sottrat-to al cantiere di scavo alcuni repertiarcheologici per utilizzarli come de-corazione per la villa di Gressoney,commissionatagli dalla regina Mar-gherita65. Oltre alla trappola archeo-logica, D’Andrade risulta determi-

nato ad attaccare anche l’orgoglio progettuale del collega: «poi se sarà necessario si dirà male dell’abor-to di Palazzo dell’amministrazione della Casa Reale testé costrutto a danno del teatro romano»66.Stramucci, rimasto sostanzialmente estraneo al mondo degli intellettuali subalpini e trovandosi pocopreparato alle derive mediatiche della propria burocratica attività, cade nel tranello ammettendo il pas-so falso («così suolevasi anticamente praticare»67), soccombe e viene trasferito a Firenze nell’agosto 1907.D’Andrade, vittorioso istituzionalmente e culturalmente, si trova però negli anni successivi ad af-frontare un lungo travaglio scientifico e professionale: lo scavo del teatro viene faticosamente comple-tato entro il 1911, estendendo l’indagine fino alle mura individuate nel 1891, ma l’area non potrà maidiventare il sito archeologico di rilevanza urbana da lui prefigurato; le fondazioni del Palazzo RealeVecchio sono infatti profonde, tenaci e pervasive (figg. 23 e 24), i ruderi del teatro sono molto com-promessi e non possono proporsi come emergenza monumentale, e anche gli autorevoli interventi diGiacomo Boni nel 1908 e di Corrado Ricci nel 1909 stemperano gli entusiasmi68. L’area resta cosìsegregata all’interno della cancellata monumentale, attraversata dal ponte di ingresso al Palazzo, se-parata anche dall’area coinvolta dai ritrovamenti della basilica paleocristiana e medievale del Salva-tore a fianco del Duomo (1909)69, area in cui l’asportazione del mosaico ripropone l’atteggiamentodi musealizzazione avulsa dei reperti cristiani già adottata per i chiostri. D’Andrade, nei suoi ultimianni di attività, può così completare la ricognizione topografica della forma urbis imperiale (fig. 25),ma non arriverà mai a un progetto compiuto e convincente di sistemazione urbana dell’area archeo-logica, nonostante gli accurati rilievi di Cesare Bertea, destinato a succedergli come soprintendente.Un allestimento di basso profilo viene concordato con il volenteroso Arturo Flores, succeduto a Stra-

22. Emilio Stamucci, Planimetria del giardino da formarsi sull’area compresa tra i nuovi annessi al Palazzo Reale di Torino e la via Venti Settembre, 7 giugno 1899. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1906-1911, b. 402.

23. Arturo Flores (Direzione Regionale della Real Casa in Torino), Tav. I - Planimetria dell’area che fronteggia il Nuovo Fabbricato di via XX Settembre, con l’indicazione degli stradoni, delle parti che si progettano a giardino, e di quelle occupate dai ruderi del Teatro Romano, con le relative rampe di accesso, ottobre 1907. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1906-1911, b. 402.

24. Arturo Flores (Direzione Regionale della Real Casa in Torino), Tav. II - Planimeria delle fabbriche del Palazzo Vecchio rimaste sotterra, nell’area che occorre sistemare, fronteggiante il nuovo fabbricato in via XX Settembre, ottobre 1907. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero Real Casa, divisione III, protocollo generale, 1906-1911, b. 402.

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NOTE SULL’UTILIZZO DEL PALAZZO FINO AGLI ANNI SESSANTA

Per quanto poco utilizzata, la reggia torinese assume in sé un gran numero di funzioni: non si bada so-lamente alla sua manutenzione e ai rari residenti di riguardo o alla custodia di grandi valori, come laBiblioteca e l’Armeria Reale, nella residenza di Torino si concentrano gli uffici che sovrintendono ainumerosi edifici in possesso della Real Casa in Piemonte, Liguria e Savoia. Servivano pertanto un di-rettore, un ufficio tecnico, vari uffici amministrativi, magazzini, laboratori e parecchio personale di ser-vizio, al quale era in genere garantito l’alloggio e il diritto alla divisa. Nel 1898, per il funzionamentodi questa macchina burocratica, risiedono nella reggia di Torino 378 persone, 74 in Palazzo Reale, lerimanenti presso le Scuderie reali e in un edificio di corso Regina Margherita 113, ma altre 47 personedi servizio, forse anche a causa delle demolizioni nel Palazzo San Giovanni, risultavano fuori sede epercepivano un’indennità di alloggio78. Nella «traccia» consegnata a Silvio Scacchetti con il suo in-carico per la Manica Nuova, nel 1893, su 107 locali previsti 35 erano da destinare a uffici amministra-

tivi, 30 ad archivi, magazzini e laboratori, altri 30 a «Foresteria per gli alti funzionari della Real Casae per la corte nobile» e solo 12 ad alloggi per gli impiegati79. Il nuovo fabbricato avrebbe dunque do-vuto razionalizzare soprattutto il settore degli uffici e degli alloggi temporanei, ma alla prova dei fattila parte residenziale avrà un peso decisamente maggiore. I primi anni di occupazione della ManicaNuova sono anzi caratterizzati da molte occupazioni provvisorie, cosa che non manca di irritare il Mi-nistero a Roma, anche perché il vecchio fabbricato Spalla, adibito a uffici fino all’apertura della Ma-nica Nuova, doveva essere a sua volta ristrutturato per gli alloggi degli impiegati, per cui la situazionesi stabilizzerà solo nel 191380.Nel 1909, al primo utilizzo del nuovo edificio, sono totalmente destinati a residenza il piano terreno eil secondo piano, pur con avvicendamenti e variazioni, tra cui la formazione di una piccola foresteriaal secondo piano; al primo piano, tutto dedicato agli uffici, il grande salone decorato fungeva da «Sa-la ricevimento» e il primo ambiente a sinistra dello scalone centrale era occupato dagli uscieri81. Benpresto al primo piano solo la parte a sinistra dello scalone risulta utilizzata dagli uffici, l’ala oppostainizia a servire da «foresteria per Corte Nobile». Al piano terreno, invece, un locale passa alla LegaNavale Italiana, quattro alla biblioteca della regina Margherita e ulteriori nove ad altri uffici. Nel 1916,infine, si ha notizia di due locali «adibiti nel Palazzo di via XX Settembre a servizio di beneficenza daS.A.I.R. la Principessa Laetitia, Duchessa d’Aosta»82. Il primo utilizzo della «foresteria per CorteNobile» è del 1910: «Sua Maestà il Re si è degnato di accordare, anche per l’estate di quest’anno, unalloggio in codesto R. palazzo alla famiglia di S. E. il Conte Gianotti. L’alloggio da assegnarlesi pe-rò non sarà quello dell’anno scorso, ma bensì uno da formarsi nel nuovo fabbricato di via XX Settem-bre e composto di due stanze da letto, per la Contessa e la Contessina, di un salotto e di locali per il do-mestico e la cameriera»83. Sempre nel 1910 Arturo Flores aveva disposto la chiusura del lussuoso ascen-sore per motivi tecnici, la vicenda offre un piccolo spaccato di vita quotidiana nella Manica Nuova:

In dipendenza della venuta in questo R. Palazzo del precettore di S. A. R. il Conte di Salemi, egli, al meccanicodella ditta Stingler, ha ordinato di aprire la chiusura. Ma il meccanico gli ha fatto rapporto di un’irregolarità avve-nuta, che l’ufficio ha subito constatato, e cioè che, non potendosi fare agire in via normale l’ascensore, persona igno-ta ha forzato il meccanismo, producendo in questo alcuni guasti [...] Il sottoscritto [...] appena cessata l’occupa-zione temporanea di detto precettore, farà chiudere completamente ogni accesso all’ascensore, e darà le chiavi al-l’ingegnere Siano, che abita in questo Real Fabbricato [...] onde evitare che in un Real Palazzo si compiano fatticosì vergognosi, tendenti a guastare un apparecchio che, come hanno raffermato pure S. E. il Conte Gianotti, e ilcerimoniere Conte Cozzoni, venne costruito, ed è destinato, ad uso dei sovrani e della Corte Nobile84.

L’esistenza di una foresteria al secondo piano fa pensare che i locali occupati dal precettore del contedi Salemi non fossero gli stessi dei nobili Gianotti, ma quelli certamente più modesti al piano superio-re, altre personalità frequentavano in genere quell’alloggio, come nel 1915, quando da Roma si ordi-na: «S.S.I. il Principe Napoleone, nel suo prossimo soggiorno a Torino, sarà temporaneamente allog-giato nel quartiere di foresteria per Corte Nobile, situato nella Manica a sud, primo piano del nuovofabbricato di via XX Settembre»85.Con la Prima guerra mondiale la Manica Nuova viene adibita a ospedale militare e i suoi uffici trasfe-riti al terzo piano di Palazzo Reale. Nel gennaio del 1919 il fabbricato di via XX Settembre risulta an-cora occupato dall’autorità militare «per ospedale dei mutilati di guerra»; gli uffici rientreranno in se-de dopo circa un anno86. Nel dopoguerra la vita della Manica Nuova riprende con i parametri inizia-li e, forse, con qualche maggiore vivacità tra il 1926 e il 1931, durante la breve residenza torinese delprincipe Umberto, ma con l’occupazione americana, nel 1945, e ben prima della proclamazione del-la Repubblica, la situazione era ancora una volta cambiata:

25. Alfredo d’Andrade (Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte e della Liguria), Pianta di Torino con indicazione dei resti romani e medioevali, supposti e veduti da diversi autori e di quelli modernamente accertati, ante 1914. Torino, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, Archivio Disegni (dettaglio del quadrante nord-est).

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le (2006); F. MORGANTINI, La «Manica Nuova» del Palazzo Reale di To-rino (1999); ID., La «Manica Nuova» del Palazzo Reale di Torino. Relazio-ne integrativa (2006). Visto il carattere riassuntivo del presente lavoro sirimanda a questi testi per una disamina più esaustiva delle fonti, tenen-do però conto degli aspetti poi autonomamente sviluppati e pubblicatidai due autori, e qui di seguito opportunamente citati.4 Legge 15 aprile 1886, n. 3793. Per una più completa documentazionedella vicenda progettuale e urbanistica trattata in questo paragrafo cfr.MORGANTINI, Un palazzo sul teatro romano 2006-2007 (in c.d.s.); perapprofondimenti più generali cfr. MOGLIA, I risanamenti e i tagli 1995.5 MENNEA, Il Palazzo Reale 1999, pp. 48-49.6 ASTO, Casa di Sua Maestà [d’ora in poi Casa di S.M.], disegno 320.7 ASTO, Casa di S.M., 1570, estratto da Atti del Consiglio Comunale diTorino, 31 dicembre 1888. Per le buste conservate nel fondo «Casa diSua Maestà», salvo diversa indicazione, si utilizza la vecchia numera-zione, un apposito registro consentirà di risalire ai nuovi numeri.8 ASTO, Casa di S.M., 2273, Processo verbale di consegna, 5 marzo1892. Il piano era stato firmato dalle parti il 15 maggio 1891.9 ASTO, Casa di S.M., 2273, copia lettera Sola, Torino [febbraio 1891].Rattazzi è un omonimo nipote del celebre ministro.10 ASTO, Casa di S.M., 2273, estratto da Atti del Consiglio Comuna-le di Torino, 5 maggio 1893, lettere Rattazzi, 30 gennaio e 3 marzo 1891,copia lettere Sola, 2 febbraio, 4 febbraio e 6 marzo 1891; Legge 8 agosto1895 n. 506. Sulla distruzione della Casa del Vescovo nel QuartiereSvizzero cfr. DONATO, Immagini del medioevo torinese 1993, pp. 320-328e MORGANTINI, Riccardo Brayda 2003, pp. 64-72; per la documentazio-ne del Palazzo di San Giovanni si veda C. PALMAS, La fabbrica del Pa-lazzo Nuovo Grande di Sua Altezza, in Porcellane e argenti 1986.11 ASCTO, Archivio Edilizio, 1892/123. 12 ASTO, Casa di S.M., 1543, copia lettera Sola, 30 giugno 1894.13 ASTO, Casa di S.M., 1543, copia lettere Sola, 4 dicembre 1893 e 24marzo 1894; lettera Roma, 21 marzo 1894.14 ASTO, Casa di S.M., disegni 334/1-10: quattro piante, tre prospetti,due sezioni e un particolare in scala 1/20 della cancellata, senza firma esenza data ma con timbro a secco «ing. Silvio Scacchetti Torino».15 ASTO, Casa di S.M., 1543, lettera, Roma, 21 marzo 1894; copia let-tera Sola, 24 marzo 1894.16 ASTO, Casa di S.M., 1543, lettera Roma, 25 giugno 1894.17 ASTO, Casa di S.M., 1543, copia lettera Sola, 30 giugno 1894. I pro-getti Stramucci e Scacchetti sono rispediti a Torino il 10 agosto 1894 permostrarli al re in visita (ASTO, Casa di S.M., 1543, lettera Ponzio Va-glia, Monza, 10 agosto 1894).18 ASTO, Casa di S.M., disegni 333/1-9: planimetria, cinque piante,prospetto, sezione e particolari dell’atrio, recinzione con tre fotografie del-la «Portieria» e dei pilastrini già realizzati, firmate «l’architetto E. Stra-mucci, Torino 23 giugno 1894».19 ASTO, Casa di S.M., 1543, lettera Ponzio Vaglia, Roma, 11 settem-bre 1894.20 ASTO, Casa di S.M., 1543, memoria anonima attribuibile al diretto-re Sola, cfr. copia lettera Sola, 10 settembre 1894 e lettera Ponzio Vaglia,Roma, 11 settembre 1894.21 ASTO, Casa di S.M., disegni 334/11-19 e 335/1-4.22 ASTO, Casa di S.M., 1543, lettera Ricevitore Ufficio del Registro diTorino, 23 novembre 1899.23 ASCTO, Archivio Edilizio, 1898/27 e 1899/1, con relazione Prinetti10 luglio, deliberazione di Giunta 12 luglio e permesso 28 luglio 1899n. 246. Anche l’asilo dovrebbe essere opera di Stramucci, insiste sul Fab-bricato delle Cacce, almeno in parte demolito nel 1891, e risulta costrui-to in un disegno databile all’estate 1893 (ASTO, Casa di S.M., disegno323).24 A. LONGHI, Archeologia urbana: conoscenza e tutela, in Progettare la cono-scenza. Un dottorato per i Beni Culturali, numero monografico di «Esiti»,n. 18, 1998, Politecnico di Torino, Dipartimento Casa-città, pp. 105-108; ID., Materiali per una storia 2001, pp. 199-209; ID., Valori e competen-ze 2004 (testi cui si rimanda per una disamina puntuale delle fonti); cfr.sul contesto R. TAMBORRINO, La città, l’antico e il moderno, in Torino dacapitale politica a capitale dell’industria. Il disegno della città (1850-1940), a cu-ra di G. Bracco e V. Comoli, Torino 2004, pp. 83-106; DONATO, Im-magini del medioevo torinese 1993, pp. 309-328. Per la storia dell’archeolo-gia torinese cfr. L. MERCANDO, D’Andrade e l’archeologia classica, in Al-fredo d’Andrade. Tutela e restauro, a cura di M. G. Cerri, D. Biancolini

Fea e L. Pittarello, catalogo della mostra (Torino, Palazzo Madama, 27giugno - 27 settembre 1981), Firenze 1981, pp. 85-105 ed EAD., Il recu-pero del passato, in Archeologia a Torino. Dall’età romana all’Alto Medieovo,a cura di L. Mercando, Torino 2003, pp. 37-83.25 Secondo Carlo Promis (Storia dell’antica Torino Julia Augusta Taurino-rum..., Torino 1869, p. 164 e sgg.) lo spigolo nord-orientale della città se-guiva l’orografia mediante un taglio diagonale (ipotesi verificatasi poicorretta), mentre Alfredo d’Andrade propendeva per una soluzione ret-ta (lettera di D’Andrade all’ingegner Bongiovannini, Direzione del-l’Ufficio per la conservazione dei monumenti del Ministero dell’Istru-zione, 28 gennaio 1892, conservata in ACS, Ministero della PubblicaIstruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, II vers., s. II, 500,fasc. 5463; nuovamente il 2 dicembre 1898, lettera al prefetto di Torino,custodita in SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090).26 Lettera di D’Andrade a Bongiovannini, 14 ottobre 1890 (ACS, Mi-nistero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Bel-le Arti, II vers., s. II, 500, fasc. 5463; cfr., per il carteggio relativo, l’in-treccio delle fonti: SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090; ASTO, Archi-vio D’Andrade, 72, fasc. 15; ACS, Ministero Real Casa, div. III,protocollo generale [d’ora in poi prot. gen.], 1912-1916, 508).27 ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Anti-chità e Belle Arti, II vers., s. II, 500, fasc. 5463; cfr. ASTO, Casa diS.M., 1548.28 LONGHI, Archeologia urbana 1998; ID., Materiali per una storia 2001, p.201 e sgg. Sulle categorie storiografiche di «archeologo militante» e di«archeologo letterato» tra Otto e Novecento cfr. D. MANACORDA,Cento anni di ricerche archeologiche italiane: il dibattito sul metodo, in «Quader-ni di storia», 16, 1982, pp. 90-93.29 Riprese fotografiche di cantiere sono conservate nel Fondo D’Andra-de custodito presso la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contempora-nea di Torino (cart. 23, ff. 730-746).30 Per D’Andrade, il Direttore della Real Casa a Torino «è un buon uo-mo un po’ corto di comprendonio, di niuna cultura» (SBAPP, Archi-vio Storico, fasc. 1090, minuta del 2 febbraio 1892 a mano di GermanoOttavio e firma di D’Andrade), nonché «sprezzatore della cultura» (let-tera di D’Andrade a Bongiovannini, 4 febbraio 1892, in ACS, Mini-stero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e BelleArti, II vers., s. II, 500). In tale vicenda Stramucci emette sempre pare-re positivo alla prosecuzione delle indagini (cfr. ad esempio ASTO, Ca-sa di S.M., 1543, parere del 17 marzo 1892).31 Il giornale di scavo è in SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090; la boz-za del rilievo è in SBAP, Archivio Disegni, 389 (MERCANDO, Il recu-pero del passato 2003, p. 63, fig. 55), mentre l’originale inviato a Roma il4 maggio 1892 è in ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzio-ne Generale Antichità e Belle Arti, II vers., s. II, 15, f. 743.32 La bozza con il Nord in basso è conservata nell’Archivio Disegni del-la Soprintendenza archeologica (edito in MERCANDO, Il recupero delpassato 2003, p. 62, fig. 53); la copia valida inviata a Roma il 15 genna-io 1899 è conservata in ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen.,1912-1916, 508 (con datazione manifestamente errata al 1889); la notaironica e seccata di D’Andrade sul ribaltamento del nord e sulla corret-ta titolazione della tavola è inviata da Firenze il 13 gennaio 1899 (SBAPP,Archivio Storico, fasc. 1090).33 Lettera del Ministero dell’Istruzione Pubblica a D’Andrade, 12 giu-gno 1898 (SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090).34 L’annotazione critica è fatta a matita sulla stesura della carta archeo-logica post inizio 1892, ora conservata nel Fondo D’Andrade presso laGalleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino (1889LT).35 A. D’ANDRADE, Torino. Scoperte epigrafiche avvenute presso l’antica cin-ta di Augusta Taurinorum, in «Notizie degli Scavi di Antichità», giu-gno 1899, pp. 209-213; A. TARAMELLI, Note intorno ai frammenti d’iscri-zione rinvenuti negli scavi del giardino Reale, nel marzo e nell’aprile del 1899, ivi,pp. 213-216; minute del lavoro e dei carteggi con il Ministero (maggio1899) in SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090 e in SBAP, Archivio Sto-rico, Torino - Teatro Romano (vecchio archivio).36 MERCANDO, D’Andrade e l’archeologia classica 1981, p. 90 e nota 53 ap. 102 («Il basamento è stato riscoperto nel 1980 nei locali interrati del-la Manica Lunga»); cfr. CERRI, Architetture tra storia e progetto 1985, p.62.37 Carteggi del maggio 1900 in ASTO, Casa di S.M., 1548; SBAP, Ar-

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* Il presente testo è stato discusso e impostato dai due autori, quanto allastesura, alla responsabilità scientifica e alla conduzione delle ricerche spet-tano ad Andrea Longhi i paragrafi L’apertura del cantiere e il dibattito sullepreesistenze e Il completamento sullo scavo del teatro e la sistemazione dell’areaarcheologica e a Filippo Morgantini i paragrafi Un complesso iter progettua-le, Tecnici, artisti e artigiani nella costruzione della Manica Nuova e Note sul-l’utilizzo del palazzo fino agli anni sessanta.

Sigle archivisticheACS Archivio Centrale dello Stato, RomaASCTO Archivio Storico della Città di Torino, TorinoASTO Archivio di Stato di Torino, TorinoSBAP Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte,

TorinoSBAPP Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio

del Piemonte, Torino

1 A. MAGNAGHI, M. MONGE e L. RE, Guida all’architettura moderna diTorino, Torino 1982, pp. 222-223, 2a ed. Torino 1995, pp. 206, 278-279;Beni culturali e ambientali nel Comune di Torino, Torino 1984, p. 287; M.G. CERRI, Architetture tra storia e progetto: interventi di recupero in Piemon-te, 1972-1985, Torino 1985, p. 63.2 D. BIANCOLINI, I Reali Palazzi dall’età napoleonica alle celebrazioni del-l’Unità nazionale, in Porcellane e argenti del Palazzo Reale di Torino, a curadi A. Griseri e G. Romano, catalogo della mostra (Torino, PalazzoReale, settembre-dicembre 1986), Milano 1986, pp. 38-48; G. DONA-TO, Immagini del medioevo torinese fra memoria e conservazione, in Torino fraMedioevo e Rinascimento. Dai catasti al paesaggio urbano e rurale, a cura di R.Comba e R. Roccia, Torino 1993, pp. 320-328; C. LAURORA, I pro-getti per lo zoo e per la manica nuova di Palazzo Reale a Torino nei «Disegnidella Casa di S.M.», in «Bollettino della Società Piemontese di Archeo-

logia e Belle Arti», n.s., vol. XLVI, 1994, pp. 249-259; G. MOGLIA,I risanamenti e i tagli diagonali di fine Ottocento, in Torino nell’Ottocento e nelNovecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi, a cura di P.Scarzella, Torino 1995, pp. 6-29; Piazza San Giovanni, serie «Piazze eStrade di Torino», Torino 1997; F. CORRADO e P. SAN MARTINO,Un «palazzo principesco» nella Torino fin de siècle: Palazzo Reale Nuovo diEmilio Stramucci, in «Studi Piemontesi», vol. XXVII, fasc. 1, marzo1998, pp. 137-144; M. G. MENNEA, Il Palazzo Reale tra Ottocento e No-vecento, in Palazzo Reale di Torino nelle guide della città, 2a ed. Torino 1999,pp. 33-52; A. LONGHI, Materiali per una storia dell’archeologia urbana: lapiazza del castello a Torino (1832-1937), in «Storia Urbana», 94, 2001,pp. 193-216; F. CORRADO e P. SAN MARTINO, Sul crinale dei due se-coli. Emilio Stramucci e il suo cantiere nel Palazzo Reale e nella Manica Nuo-va di Torino e in altre residenze di Umberto I e Margherita, in Torino 1863-1963.Architettura, arte, urbanistica, a cura di B. Signorelli e P. Uscello, Torino2002, pp. 117-144; F. MORGANTINI, Riccardo Brayda e L’Unione Escur-sionisti di Torino, in «Percorsi», 4, 2003, pp. 64-72; A. LONGHI, Valorie competenze: conflitti e compromessi nell’archeologia urbana postunitaria a To-rino, in Patrimoni e trasformazioni urbane, atti del Secondo Congresso AI-SU (Roma, 24-26 giugno 2004), consultabile su www.storiaurbana.it/biennale/relazioni/C2LONGHI.doc; F. MORGANTINI, Un palazzo sulteatro romano. Vicende torinesi intorno alla demolizione del Quartiere Svizzeroe del Bastion Verde, in «Bollettino della Società Piemontese di Archeolo-gia e Belle Arti», LVII-LVIII, 2006-2007 (in c.d.s.).3 Le relazioni, depositate presso la Soprintendenza per i Beni Storici, Ar-tistici ed Etnoantropologici del Piemonte, sono: A. LONGHI, Il Palaz-zo di Vittorio Emanuele II e Umberto I (1860-1900): trasformazioni di ruolo,adeguamenti funzionali e decorativi del complesso palatino (1999); ID., Da Re-sidenza a Monumento: il Palazzo Reale di Torino tra esigenze d’uso e istanze ditutela tra XIX e XX secolo (1999); ID., Analisi delle attestazioni archeologichesu fonti documentarie e iconografiche relative alla Manica Nuova di Palazzo Rea-

In data 23 agosto il Ministero della Real Casa dispone quanto segue:a) Ala Nord. Fabbricato di via XX Settembre 88 piano primo. Viene assegnato in uso provvisorio al SovranoMilitare ordine di Malta, Comitato Assistenziale di Torino ad uso ambulatorio, farmacia ed uffici direzione e am-ministrazione.b) Ala Sud Fabbricato di via XX Settembre 88 piano primo. Viene parzialmente assegnato al Sovrano Militareordine di Malta Comitato Assistenziale di Torino ad uso abitazione suore addette agli ambulatori ed all’assisten-za ex Militi di Malta87.

Gli uffici reali e del principe di Piemonte si trovavano adesso nell’ala nord del piano terreno, mentrenell’ala sud si erano inserite altre funzioni ospedaliere; nel salone decorato l’Ordine di Malta aveva lasua presidenza e il salottino attiguo serviva da «Sala Dame assistenti»88. Pochi sono i danni di guerradocumentati, soprattutto alcune riparazioni alla cancellata di via XX Settembre, il che spiega l’utiliz-zo dell’edificio come ospedale al termine del periodo bellico89.La già sperimentata vocazione ospedaliera ritorna e rimane attiva per lungo tempo. Nel 1954 una ri-distribuzione dei locali riduce gli spazi concessi all’Ordine di Malta e consegna alla Croce Rossa Ita-liana, subentrata al Comitato Assistenziale dell’Ordine, numerosi ambienti al piano terreno e al pri-mo piano; le sale di rappresentanza rimangono all’Ordine di Malta e permangono ancora alcuni uffi-ci demaniali90. In quegli anni si moltiplicano le richieste per ottenere locali in affitto da parte di privatie associazioni, nella generale convinzione che l’edificio fosse poco utilizzato, cosa forse anche vera, maben pochi ottengono qualche spazio. Resiste, invece, la funzione residenziale: nel 1965 cade parte del-lo stucco ornamentale intorno al lucernario di una scala laterale «con serio pericolo per gli inquilini delfabbricato che devono transitare sul pianerottolo»91. Il 27 luglio 1965 vi è forse il primo lontano segna-le verso la possibile rinascita del palazzo: la Soprintendenza alle Antichità del Piemonte riceve, final-mente, in formale consegna il teatro romano e gli scantinati annessi92.

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chivio Storico, Torino - Teatro Romano (vecchio archivio).38 SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1089; SBAP, Archivio Storico, Tori-no - Teatro Romano (vecchio archivio).39 ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale An-tichità e Belle Arti, Divisione antichità e scavi, 161, fasc. 336.10.3; unappunto è riportato da «Notizie degli Scavi di Antichità», 1876, p. 49.40 TARAMELLI, Note intorno 1899, nota 1 a p. 213.41 Lettera di Stramucci alla Direzione locale della Real Casa, 17 settem-bre 1899 (ASTO, Casa di S.M., 1548); la relazione finale di Stramuc-ci del 31 marzo 1900 è in ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen.,1912-1916, 508, cui sono allegati anche appunti grafici.42 Lettere di Germano a D’Andrade (a Firenze), 21 gennaio 1899(SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090) e di D’Andrade al Ministero, 28novembre 1899 (SBAP, Archivio Storico, Torino - Teatro Romano[vecchio archivio]).43 Promemoria manoscritto di D’Andrade inviato da Firenze a Tara-melli, 9 aprile 1899 (SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090); l’articolo dalui predisposto viene pubblicato sulla «Stampa» il 26 aprile 1899, pp. 2-3, a firma «Taurinensis»; gli scavi vengono completati entro i primi dimaggio.44 SBAPP, Archivio Storico, fasc. 1090; i reperti medievali vengono in-vece trasferiti al Museo Civico.45 TAMBORRINO, La città, l’antico 2004, p. 102.46 Lettera di Stramucci alla Direzione della Real Casa in Torino, 30 no-vembre 1899 (ASTO, Casa di S.M., 1548, fasc. 1).47 Carteggi in ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Ge-nerale Antichità e Belle Arti, IV vers., div. I, 186; ACS, Ministero Re-al Casa, div. III, prot. gen., 1912-1916, 508; ASTO, Casa di S.M.,1548.48 ASTO, Casa di S.M., disegni 350/2, 8 19, 20; lettera Giacinto Cor-si, 15 luglio 1902 (ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1906-1911, 402).49 ASTO, Casa di S.M., sala U 7459, Michele Vicarj, Roberto Siano,Nuovo Fabbricato in Via Venti Settembre. Dotazione della Corona.Testimoniali, Torino 10 marzo 1913; il testimoniale si compone anchedi una serie di piante, utilizzate anche in seguito e aggiornate il 15 mar-zo 1940 dall’ingegner Mario Dezzutti (ASTO, Casa di S.M., disegni346-349).50 Dopo un’enigmatica laurea in «filosofia e matematica», conseguitapresso l’Università di Roma nel 1867, Stramucci giunge direttamenteall’esame di abilitazione per la professione di ingegnere e architetto nel1870; nel 1873, è «ajutante ingegnere» nel cantiere delle Regie Scuderiedi Roma, dove nel 1875 viene assunto come collaboratore e disegnatoreper lavori straordinari; nel 1880 è aiutante architetto presso l’Ufficio tec-nico della Real Casa di Roma, nel 1883 architetto presso quello di Fi-renze e, dal 1 gennaio 1886, architetto di seconda classe a Torino, doverimarrà fino al suo forzato trasferimento a Firenze, nell’agosto del 1907,per «rimarchi fatti dalla pubblica stampa di Torino intorno all’anda-mento dei lavori da più tempo iniziati in quel Reale Palazzo» (MEN-NEA, Il Palazzo Reale 1999, pp. 48-49).51 Ibid., p. 48; M. BINI, Ricordi di architettura, Firenze 1990, p. 155.52 ASTO, Casa di S.M., 1543, copia lettera Sola, 30 giugno 1894; E.BONARDI, Una Reggia Storica. Il Palazzo reale di Torino, estratto da Al-manacco Nazionale 1904, Torino 1904, pp. 17, 22-23; CORRADO e SAN

MARTINO, Sul crinale dei due secoli 2002.53 ASTO, Casa di S.M., disegni 350/1-21.54 ASTO, Casa di S.M., disegni 320-350: 130 disegni con studi e pro-getti per la Manica Nuova, oltre ai citati 21 delle cancellate, cui si ag-giungono i fogli non estrapolati nelle buste 603, 1570, 2273 e nuovo inv.8196, e i quattro progetti in ASCTO, Archivio Edilizio.55 Lettera di Cesare Reduzzi al re, Racconigi, 24 luglio 1902; le impe-gnative sculture della recinzione sono commesse a Reduzzi il 2 luglio1899 e risultano completate il 15 luglio 1902, il pagamento del 1905 ri-trovato a Torino si riferisce probabilmente all’integrazione ottenuta inseguito agli aggravi di spesa per le variazioni via via introdotte (ACS,Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1906-1911, 402; CORRADO

e SAN MARTINO, Un «palazzo principesco» 1998, p. 139; per la biogra-fia di Cesare Reduzzi cfr. A. PANZETTA, Nuovo dizionario degli scultoriitaliani dell’Ottocento e del primo Novecento. Da Antonio Canova ad ArturoMartini, Torino 2003, ad vocem).56 Cfr. La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una cor-

te europea, a cura di E. Castelnuovo, catalogo della mostra (Reggia diVenaria Reale, 12 ottobre 2007 - 30 marzo 2008), 2 voll., Torino 2007,II, pp. 238-239, schede 13.1-13.2 di V. Natale. Nel 1891 si rinvengono«nei sotterranei del casamento detto Palagi al Bastion Verde due statueframmentate, di grandezza quasi doppia del vero, le quali servirono co-me pietra di fondazione di detto casamento e rappresentano l’una un Ci-clope e l’altra una figura allegorica di donna. Esse vengono attribuite agliscultori piemontesi fratelli Collini, specialmente per la sigla «F.C. 1705»trovata in una di dette statue», ma i pezzi non sembrano corrisponderealle due statue in questione (ASTO, Casa di S.M., 1543, copia letteraSola, 7 febbraio 1891, cfr. MORGANTINI, Un palazzo sul teatro romano2006-2007 [in c.d.s.], § 5; altri documenti sono stati ritrovati da AndreaLonghi in ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1912-1916,508).57 CORRADO e SAN MARTINO, Sul crinale dei due secoli 2002, con tuttele fonti in quella sede indicate per i relativi approfondimenti.58 ASTO, Casa di S.M., sala U 7459, Michele Vicarj, Roberto Siano,Nuovo Fabbricato in Via Venti Settembre. Dotazione della Corona.Testimoniali, Torino 10 marzo 1913.59 ASTO, Casa di S.M., 1548; SBAP, Archivio Storico, Torino. Scavidel teatro romano. 1900-1912.60 Carteggio in ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1906-1911, 402.61 Lettera di D’Andrade a Stramucci, 21 giugno 1907 (ASTO, Casa diS.M., 1548; minuta in SBAP, Archivio Storico, Torino. Scavi del tea-tro romano. 1900-1912).62 ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1906-1911, 402.63 Relazione di Stramucci, 15 marzo 1907 (ASTO, Casa di S.M., 1548).64 La rassegna stampa («La Gazzetta del Popolo», «Pro Torino», «Il Se-colo», «La Tribuna», «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «Il Mar-zocco», «Il Momento», «La Vita», «La Gazzetta di Torino», «La Na-zione», «L’Avvenire d’Italia», «Il Messaggero») inviata dalla Direzio-ne provinciale al Ministero della Real Casa (ASTO, Casa di S.M., 1548)è ora in ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1912-1916, 508;anche D’Andrade conserva copia degli articoli (ASTO, ArchivioD’Andrade, 51, fasc. 2). Unica testata contraria a D’Andrade è «Il Ma-nipolo» (a. II, n. 15, luglio 1907, p. 6), che denuncia che il «clamore afreddo» sul teatro è una «gonfiatura», dovuta all’«ultra potente» ufficioregionale del tutto ormai fuori controllo.65 M. G. MENNEA, Manutenzioni, restauri e nuovi progetti dell’architetto Emi-lio Stramucci al Palazzo Reale di Torino e alla Real Palazzina di Margheritadi Savoia a Gressoney, tesi di laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Ar-chitettura, relatore Maria Grazia Vinardi, dicembre 1998.66 Lettera autografa senza destinatario di D’Andrade (ACS, Ministerodella Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti,IV vers., div. I, 186).67 Lettera di Stramucci alla Direzione della Real Casa, 7 giugno 1907(ASTO, Casa di S.M., 1548).68 Relazione di Giacomo Boni, 31 marzo 1908 (ACS, Ministero RealCasa, div. III, prot. gen., 1912-1916, 508); lettera di Flores alla Dire-zione, 4 dicembre 1909 (ASTO, Casa di S.M., 1548).69 P. TOESCA, Vicende di un’antica chiesa di Torino, in «Bollettino d’Artedel Ministero della Pubblica Istruzione», a. IV, 1910, n. 1, pp. 1-16. Car-teggi in ASTO, Casa di S.M., 1548 e ACS, Ministero Real Casa, div.III, prot. gen., 1912-1916, 508. Sulla ripresa degli scavi nel 1996 cfr. L.PEJRANI BARICCO, L’isolato del complesso episcopale fino all’età longobar-da, in Archeologia a Torino. Dall’età romana all’Alto Medieovo, a cura di L.Mercando, Torino 2003, pp. 301-317; per un’analisi delle fonti sul com-plesso canonicale cfr. G. CASIRAGHI, Cenni storici sull’antica cattedrale diTorino e la canonica del Salvatore, in «Archivio teologico torinese» 3, 1997,pp. 69-83. Il mosaico è stato riportato in situ nel febbraio 2006.70 Appunti di D’Andrade in ASTO, Archivio D’Andrade, 72, fasc.16.71 Lettera di D’Andrade al Ministero dell’Istruzione, 27 agosto 1908(ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Anti-chità e Belle Arti, IV vers., div. I, 186; minuta in SBAP, Archivio Sto-rico, Torino. Scavi del teatro romano. 1900-1912).72 Lettera di Flores al direttore della Real Casa a Torino, 13 settembre1908 (ASTO, Casa di S.M., 1548).73 Lettera della Direzione al Ministero della Real Casa, 11 agosto 1911(ASTO, Casa di S.M., 1548).

74 ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1906-1911, 402, an-che con tavola grafica.75 Ibid.; elaborati grafici del 3 agosto 1911 in ASTO, Casa di S.M., 1548e in ACS, Ministero Real Casa, div. III, prot. gen., 1912-1916, 508.76 LONGHI, Valori e competenze 2004; documentazione in ACS, Mini-stero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e BelleArti, IV vers., div. I, 186, fasc. 621; ASTO, Casa di S.M., 1548; su Ba-rocelli cfr. A. BUOSO e R. CAPOZZA, Piero Barocelli: un Real Soprin-tendente alle antichità di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, tesi di laurea, Po-litecnico di Torino, Facoltà di Architettura, relatore Vera Comoli, cor-relatore Sandra Poletto, luglio 2004.77 Sui progetti e sugli studi degli anni cinquanta cfr. L. Brecciaroli Ta-borelli, «Per gli antichi monumenti patrii e pel decoro del paese». Osservazioni sulteatro romano di Torino, in «Quaderni della Soprintendenza Archeologi-ca del Piemonte», 20, 2004, pp. 56-57. Sugli interventi archeologici re-centi cfr. L. PEJRANI BARICCO e M. SUBBRIZIO, Torino. Palazzo Rea-le. Strutture di età romana e di età moderna, in «Quaderni della Soprinten-denza Archeologica del Piemonte», 23, in c.d.s.; A. CRIVELLO,Giardini Reali. Sondaggio nel giardino a nord del Palazzo Reale, «Quadernidella Soprintendenza Archeologica del Piemonte», 23, in c.d.s.; per laprogettualità sull’area si veda M. MOMO, L’uso di un sito storico: la criptadel Duomo di Torino e le aree archeologiche adiacenti, in De Venustate et Fir-mitate. Scritti per Mario Dalla Costa, Torino 2002, pp. 174-185; ID., LaCripta del Duomo di Torino. Il museo della cattedrale e le aree archeologiche, inL’antico e il nuovo. Il rapporto tra città antica e architettura contemporanea: me-todi, pratiche e strumenti, a cura di C. Franco, A. Massarente e M. Tri-sciuoglio, Torino 2002, pp. 146-158; A. OREGLIA D’ISOLA, G. DUR-BIANO e L. REINERIO, Il nuovo parco archeologico della Porta Palatina, inArcheologia a Torino. Dall’età romana all’Alto Medieovo, a cura di L. Mer-

cando, Torino 2003, pp. 333-345; EID., Il progetto del Parco Archeologicodelle Torri Palatine: valori e condizioni del luogo, in «Studi Piemontesi», vol.XXXV, fasc. 2, dicembre 2006, pp. 287-300; M. BONINO, Spazi pub-blici e architetture contemporanee nel centro storico, in Torino 1984-2008. Atlan-te dell’architettura, a cura di M. Bonino, G. Fassino, D. T. Ferrando e C.Spinelli, Torino 2008, Parco archeologico della Porta Palatina (scheda 7).78 ASTO, Casa di S.M., nuovo inv. 8344, Dimostrazione delle Persone al-loggiate nel Real Palazzo e dipendenze di Torino, 23 luglio 1898.79 ASTO, Casa di S.M., 1543, Traccia che deve servire di base alla compila-zione del progetto di un fabbricato che allacciandosi al lato occidentale del Real Pa-lazzo si protenda fino all’incontro del Bastion Verde.80 ASTO, Casa di S.M., nuovo inv. 8230, corrispondenza 2-18 agosto1912.81 ASTO, Casa di S.M., 603, R.a Residenza di Torino. Elenco degli allog-giati 1909; cfr. variazioni 1909-1910 (nuovo inv. 8344) e disegno 348/2.82 ASTO, Casa di S.M., nuovo inv. 8647, lettera 14 marzo 1916 e dise-gni 347/4 e 348ter/1-3.83 ASTO, Casa di S.M., nuovo inv. 8345.84 ASTO, Casa di S.M., nuovo inv. 8229, copia lettera Arturo Flores,18 novembre 1910.85 ASTO, Casa di S.M., nuovo inv. 8344, lettera Roma, 31 agosto 1915.86 ASTO, Casa di S. M., nuovo inv. 8648.87 ASTO, Casa di S.M., disegno 346/15, timbrato «K. V. Seale, TownMajor C. H. F. 11 settembre 1945».88 ASTO, Casa di S.M., disegni 346/8 e 346/15.89 ASTO, Casa di S.M., 8254.90 ASTO, Casa di S.M., 8254 e disegni 349/1 e 349bis/1-3.91 ASTO, Casa di S.M., 8254 e 9661, lettera Torino, 19 giugno 1965.92 ASTO, Casa di S.M., 9661, verbale di consegna 27 luglio 1965.

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