Una ipotesi sulla funzione delle trincee dei villaggi neolitici di Stentinello e di Megara Hyblaea.

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ITALO RUSSO UNA IPOTESI SULLA FUNZIONE DELLE TRINCEEDEI VILLAGGI NEOLITICI DI STENTINELLO E DI MÉGARA HYBLAEA Seguendo l’Orsi, si è sempre ritenuto che i fossati che recingono i villaggi neolitici di Megara Iblea e di Stentinello siano da considerarsi una struttura, un’opera, consolidata nei due margini superiori con un àggere di pietre impostate a secco a livello di campagna, destinata alla difesa del villaggio. Difesa da chi o cosa? Analizziamo la relazione di scavo dell’Orsi la quale, a leggere anche i chiari rilievi, evidenzia appunto un àggere di pietre “brute” impostate su entrambi i margini della trincea, àggere che sembra abbia voluto rinforzare, contenendolo, il ciglio terroso dello scavo limitatamente al livello del piano di campagna, ma non accenna alla presenza di pietre sparse nei pressi di tale “àggere” in conseguenza di crolli di un più alto muro a secco qualora questo si fosse elevato sensibilmente sul piano di campagna Non vi è dubbio che tale trincea, spesso non tanto larga da non poter essere superata con un salto o per mezzo di un rudimentale ponte di legno, non avrebbe potuto svolgere una valida funzione di difesa contro un aggressore se non rafforzata ancora con una alta, robusta e fitta palificazione conficcata profondamente nel terreno; ma di tale impianto non si è mai trovata traccia, seppur minima, ed in ogni caso una difesa sarebbe stata sempre relativa. Abbiamo in effetti un fossato, scavato apparentemente come un largo semicerchio, secondo una linea spezzata irregolare, quasi “bugnata” sul piano orizzontale, portato alla luce per brevi sondaggi a campione, e per un centinaio di metri, il quale recinge una realtà “antropica” neolitica; ma, in assenza di uno scavo completo, non si ha idea di tutto lo sviluppo e del fossato e del villaggio eventuale. Il fossato, come abbiamo detto rinforzato sui margini, che potrebbe interrompersi naturalmente ad est e ad ovest in corrispondenza del declivio della sponda destra del torrente Cantera, non evidenzia, almeno

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ITALO RUSSO

UNA IPOTESI SULLA FUNZIONE DELLE “TRINCEE” DEI VILLAGGI NEOLITICI DI STENTINELLO E DI MÉGARA HYBLAEA

Seguendo l’Orsi, si è sempre ritenuto che i fossati che recingono i villaggi neolitici di Megara Iblea e di Stentinello siano da considerarsi una struttura, un’opera, consolidata nei due margini superiori con un àggere di pietre impostate a secco a livello di campagna, destinata alla difesa del villaggio. Difesa da chi o cosa?

Analizziamo la relazione di scavo dell’Orsi la quale, a leggere anche i chiari rilievi, evidenzia appunto un àggere di pietre “brute” impostate su entrambi i margini della trincea, àggere che sembra abbia voluto rinforzare, contenendolo, il ciglio terroso dello scavo limitatamente al livello del piano di campagna, ma non accenna alla presenza di pietre sparse nei pressi di tale “àggere” in conseguenza di crolli di un più alto muro a secco qualora questo si fosse elevato sensibilmente sul piano di campagna

Non vi è dubbio che tale trincea, spesso non tanto larga da non poter essere superata con un salto o per mezzo di un rudimentale ponte di legno, non avrebbe potuto svolgere una valida funzione di difesa contro un aggressore se non rafforzata ancora con una alta, robusta e fitta palificazione conficcata profondamente nel terreno; ma di tale impianto non si è mai trovata traccia, seppur minima, ed in ogni caso una difesa sarebbe stata sempre relativa. Abbiamo in effetti un fossato, scavato apparentemente come un largo semicerchio, secondo una linea spezzata irregolare, quasi “bugnata” sul piano orizzontale, portato alla luce per brevi sondaggi a campione, e per un centinaio di metri, il quale recinge una realtà “antropica” neolitica; ma, in assenza di uno scavo completo, non si ha idea di tutto lo sviluppo e del fossato e del villaggio eventuale. Il fossato, come abbiamo detto rinforzato sui margini, che potrebbe interrompersi naturalmente ad est e ad ovest in corrispondenza del declivio della sponda destra del torrente Cantera, non evidenzia, almeno

fino ad oggi, l’esistenza di un eventuale alzato di qualsivoglia natura; a Stentinello, il fossato si estendeva fin nei pressi della linea di costa oggi sommersa dal mare, il che conferma come negli ultimi millenni la linea di costa, per fermarci all’area a nord di Siracusa, specialmente in prossimità di formazioni calcaree, si sia notevolmente abbassata per vistosi fenomeni di bradisismo e, si ritiene, sebbene in minor misura, per l’attuale trasgressione Flandriana.

Ci si chiede, a questo punto, del perché di tante energie spese a scavare nella roccia una trincea, comunque decisamente lunga, profonda e larga, con relativo rafforzamento degli argini, quando solo una palizzata di legno, a rinforzo di un muro di pietre elevato sul piano di campagna tanto quanto lo fu invece in profondità, avrebbe potuto produrre, con minore dispendio di energie, lo stesso e forse migliore effetto? O siamo forse di fronte ad un fossato il quale, come i noti fossati medievali, era riempito d’acqua per impedire l’accesso al “castello”? Ma il castello, oltre al fossato ed alle alte munite mura, con i quali si tentava di impedire al nemico di entrare, aveva una nutrita guarnigione destinata alla sua difesa. Ma a Megara Iblea e a Stentinello non è stata rilevata la presenza di specifiche armi di offesa, né si suppone, vista l’ampiezza dei “villaggi”, una numerosa presenza umana.

Un’altra domanda che ci si pone è: da quali potenziali nemici è da presumere che si dovesse difendere la gente neolitica di Megara Iblea e di Stentinello? Orsi ipotizza anche una difesa dalle “fiere”, ma lo Strobel non segnala comunque ossa di fiere tra quelle recuperate a Stentinello durante gli scavi, e l’unico animale selvatico sembra essere rappresentato da un mustelide (faina?), e sempre che, a detta dello Strobel, tale animale non fosse stato già addomesticato. Della presenza di specie selvatiche, tanto pericolose da poter abbattere un bue o una capra, non si conoscono dati significanti.

Altro nemico reale avrebbe potuto essere l’uomo, senza alcun dubbio proveniente da un vicino coevo villaggio. Si hanno prove inconfutabili che le due entità abitative di Stentinello e di Megara Iblea esistessero entrambe nello stesso tempo e con identica organizzazione, sì da far supporre, individuandone i motivi, che l’una avrebbe potuto aggredire l’altra? O si potrebbe anche ipotizzare che un solo gruppo umano, una piccola comunità di pastori-agricoltori, esaurita per motivi a noi

sconosciuti (forse per rotazione di colture o per ricerca di più freschi pascoli) la sua presenza in un posto si trasferisse ciclicamente da un’area di lavoro ad un’altra? Un mirato confronto dei materiali avrebbe potuto dare, forse, una risposta.

Altri insediamenti neolitici in territorio augustano (Punta Tonnara, Campolato, Cozzo Telegrafo, Maccaudo, Gisira 1, i quali denunciano un diverso status culturale, ad economia ancora prevalentemente di predazione e di raccolta di prodotti spontanei della terra), caratterizzati dal trapezio o tranciante trasversale, evidenziano una più antica realtà culturale che non è quella stentinelliana stricto sensu riconosciuta anche a Megara Iblea (qui, a detta di Villard e di Vallet, la facies neolitica appartient à la phase la plus récente de la période néolithique) e quindi non possono aver rappresentato un pericolo per il popolo neolitico stanziatosi certamente più tardi lungo la fascia pedemontana che si affaccia sul mare che va da Scala Greca al porto di Augusta. E ancora: gli insediamenti di Matrensa ed Ognina, per i quali comunque si può ritenere che vantassero un proprio territorio abbastanza vasto sì da rappresentare una capacità di sussistenza sufficientemente completa, erano troppo lontane per rappresentare un incombente pericolo, e sempre che il popolo neolitico, numericamente poco consistente, che poteva infine gestire ampi territori in relazione al tipo di economia praticato, possedesse le mire espansionistiche che l’elemento greco trasferì successivamente e consolidò in Sicilia con la sua c.d. colonizzazione storica.

Ma i fossati, le trincee, i valli o comunque li si voglia definire, scavati a “difesa” dei due villaggi di Megara e di Stentinello sono lì, su questo non esistono dubbi. Quindi, ci si chiede ancora: a che cosa doveva servire un lavoro così impegnativo in un’area così ristretta? Perché infine una difesa di tale portata presuppone un reale e temibile “nemico”, che noi non riusciamo a vedere nella realtà neolitica vicina sia come tempo che come spazio.

*** Si è accennato più sopra alla opportunità di dare uno sguardo alla struttura idro - geologica dei terreni a nord di Siracusa, sui quali si installò l’uomo neolitico portatore della cultura appunto stentinelliana. Tale situazione, a Stentinello è la stessa che si rileva a Megara Iblea e, a

volere allargare l’indagine, anche a Matrensa (Madrenza?). La Geologia, per questi luoghi, sotto la sigla Qm -Carta archeologica del settore nord-orientale ibleo (Sicilia S.E.), Università di Catania- definisce quei terreni come: Sabbie e calcareniti grossolane, organogene (“panchina”) giallastre a stratificazione incrociata, sovente terrazzate alla sommità. (…) Permeabilità media per porosità, variabile in relazione al grado di cementazione. Acquifero superficiale di scarso interesse. (Pleistocene medio).

Si tratta, quindi, di un terreno terrazzato, in leggera pendenza (mediamente 3% negli ultimi 3 / 4.000 mt come annotato anche dall’Orsi), che dalla base degli Iblei raggiunge il mare. Qui, a poco meno di cento metri dalla linea di costa, mantiene ancora una quota intorno a 10 metri sul livello del mare, e quindi esaurisce impercettibilmente la sua fronte di est, fino a raggiungere il mare, con una quota vicina a 5 mt in assenza di depositi fluviali o di spiaggia attuali e sub attuali.

Lungo la fascia di territorio interessata dai graben di Palma, di Megara e di Bondifè, le acque meteoriche e sorgive hanno inciso gli alvei di alcuni corsi d’acqua, sia perenni che a regime torrentizio: i fiumi Mulinello (Damyrias ?) e Marcellino (Mylas?), e quindi il torrente Cantera (Alabon?), i quali a nord di Megara riescono a smaltire anche ed in parte le acque selvagge che scendono dagli Iblei, le quali si uniscono a quelle che si raccolgono nel territorio pedemontano. A sud della colonia siceliota il torrente S. Cusumano (santi Cosma e Damiano?) e alcuni Valloni (della Neve, Canniolo, Bondifé) contribuiscono a smaltire, oggi più di ieri dopo gli interventi di razionalizzazione del bacino imbrifero attuata dalla grande industria, l’acqua piovana.

A tale situazione idrica, sono da sommarsi gli scavi per la realizzazione della ferrovia Catania – Siracusa, i quali, sviluppandosi anche incassati nella roccia in corrispondenza di una più accentuata seppur relativa altitudine nella platea calcarea, (in prossimità del villaggio neolitico lo scavo è profondo, per breve tratto, una decina di metri) e diretti normalmente al deflusso delle acque meteoriche, le intercettano e le convogliano, sfruttando l’andamento del terreno, verso i vicini avvallamenti fluviali o torrentizi, oppure nella più bassa campagna. Ad est della ferrovia e a sud-est del villaggio neolitico, la campagna si presenta sensibilmente più alta, sì che l’acqua proveniente dalla

montagna, incontrando la sopraelevazione, veniva deviata parte verso la depressione del S. Cusumano, parte verso l’area interessata dalla presenza del villaggio neolitico così come suggeriscono le curve di livello dell’area esaminata.

Se ne deduce che, fino a poco più di mezzo secolo addietro, prima dell’avvento della grande industria che ha saturato della sua presenza la fascia costiera che va da Stentinello al fiume Mulinello, in caso di forti e prolungate precipitazioni, ed in assenza di canalizzazioni o altre forme razionali di contenimento, le acque che, per conformazione geologica dei terreni, non venivano intercettate dai fiumi e dai torrenti/valloni, dilagavano per la campagna. Un episodio alluvionale, registrato nel 1958, interessò uno stabilimento petrolchimico di Priolo, di recente impianto. Le piogge, non potute smaltire dal Vallone della Neve e dal Torrente Canniolo, dilagarono per alcuni varchi dentro lo stabilimento arrecando notevoli danni e disservizi. Fu allora che si provvide urgentemente a razionalizzare la raccolta e lo smaltimento delle acque con la pulizia, l’ allargamento ed il consolidamento, con conglomerati cementiti, delle sponde di alcuni avvallamenti, compreso il S. Cusumano, e per un buon tratto.

Supponendo, anche per l’analisi dello strumentario litico, che a Megara Iblea si praticasse l’agricoltura stricto sensu, a differenza degli altri insediamenti neolitici citati più sopra, certamente vi si allevavano anche animali (Capra, Bos, Sus, Canis secondo lo Strobel che ha analizzato, per conto dell’Orsi, i resti di fauna provenienti dagli scavi di Stentinello), si coltivava la terra, si seminava, magari in un’area adiacente a quella, dove alcune capanne, delle quali sappiamo troppo poco e del numero e della organizzazione, ma della quale possiamo comunque avanzare per confronti qualche indizio, ospitavano una piccola comunità di pastori / agricoltori; ne fanno fede i numerosi elementi di falce e le taglienti lame presenti nel complesso litico recuperato dall’Orsi a Megara, e da chi scrive sottoposto alcuni anni addietro ad analisi tipologica e tipometrica. Dal complesso mancano le armi di offesa, cuspidi di lancia e di freccia, per esempio, così come osservato dall’Orsi, mentre sono presenti pochi strumenti in basalto (asce, martelli, picconi) certamente non destinati alla offesa / difesa ma al lavoro. Quindi, una rotazione delle colture non è da escludersi, ma è

anche da supporre una periodica transumanza da un “villaggio” all’altro degli animali. Ipotesi e ancora ipotesi, le quali, in assenza di altri e più razionali scavi, non ci danno risposte certe od esaurienti, ma che comunque, in quanto poste, come le integrazioni non sono da ignorare.

Una nostra ipotesi è che le trincee non servissero a difendere il villaggio da eventuali ipotetici o comunque improbabili aggressori (uomini o fiere), ma a salvaguardare i raccolti e la stessa incolumità delle persone e degli animali, ed anche la integrità delle “capanne”, dalle ricorrenti stagionali alluvioni che, malgrado la nutrita serie di valloni e letti fluviali, per la sua particolare conformazione irregolarmente pianeggiante, il territorio non riusciva a smaltire, se non creando dei “valloni” artificiali di intercettazione e di raccolta delle acque selvagge. Una poderosa conferma la fornisce, come esempio storico, in tempi vicini a noi, l’alluvione che, come si è detto più sopra, interessò lo stabilimento petrolchimico di Priolo. Altra e identica alluvione interessò, alcuni anni dopo, l’area dove insiste il villaggio neolitico di Matrensa, arrecando ingenti danni, anche con eventi luttuosi.

A leggere i chiari disegni dell’Orsi e del Tinè, niente lascia escludere che i fossati scaricassero l’acqua piovana a Megara Iblea nell’alveo del torrente Cantera e a Stentinello direttamente a mare.

Scrisse l’Orsi, e la Geologia conferma: “I villaggi – Stentinello e Megara – si trovano ambedue in condizioni topografiche assolutamente analoghe, cioè in terreno piano, senza difese naturali, l’uno in immediato contatto col mare, l’altro a pochi passi da esso”, entrambi posti “in luogo piano non dominante, ma ovunque dominato da alture”. Ed anche il villaggio neolitico di Matrensa, per il quale non conosciamo organicamente lo sviluppo di un fossato se non per pochi e insufficienti indizi, giace come quelli a nord di Siracusa su una “panchina” pleistocenica la cui altezza media s.l.m. è di circa 10/15 metri nella parte alta di ovest.

A differenza della “panchina” sulla quale sorsero prima il villaggio neolitico e successivamente l’insediamento dorico di Megara Iblea la quale può smaltire le acque selvagge provenienti dalla montagna e quelle raccolte dalla stessa “panchina” e convogliate solo in parte nei corsi d’acqua e nei valloni sopra citati, Stentinello, che accoglie le stesse condizioni geologiche, può disporre solamente di un vallone Picci e di

una cava Salerno, i quali si liberano delle loro acque ancor prima di raggiungere l’area occupata dal villaggio preistorico. Da qui le acque meteoriche, a leggere l’orografia della zona, e le curve di livello, si riversavano indisturbate verso il villaggio stentinelliano.

Non conosciamo oggi nell’area in sui sorge il villaggio di Stentinello eventuali opere moderne per convogliare razionalmente le acque verso il mare, così come più a nord è stato fatto nei torrenti Canniolo, San Cusumano e nel Vallone del Neve, ma la c.d. trincea fortificata neolitica “raggiunge” il mare sia da nord che da sud per un ampio ed irregolare cerchio, a leggere il disegno che ne fecero l’Orsi e il Tiné. Niente lascia escludere allora che tutta l’acqua piovana, proveniente dagli Iblei e dalla stessa area pedemontana, naturalmente convogliata dalle condizioni del terreno verso il villaggio neolitico, si gettasse nella capace trincea (a Megara raggiunge, lì dove saggiata, la profondità di mt 4,10 e la larghezza di poco meno di 2 mt) sì che tutto quanto presente nel villaggio, a Stentinello come a Megara, non subisse i danni che una alluvione comunque arreca. Anche a questa funzione, scrisse un autore locale molti anni dopo, avrebbero assolto le mura sia arcaiche che ellenistiche di Megara Iblea, il che, vista la condizione idro-geologica dell’area nella quale sorse Megara Iblea, è possibile; ma qui l’autore paventava devastanti alluvioni, e solo quelle, ignorando la primaria funzione di difesa contro un reale nemico, assegnata dalla ingegneria militare alle mura, che l’autore chiama genericamente “diga muraglia”. A tal proposito, i rilievi topografici della cinta arcaica, la quale nel suo sviluppo da sud-est a nord-ovest segue un’ampia e regolare curva, in prossimità del villaggio neolitico e ad un centinaio di metri dal tempio greco arcaico devia il suo sviluppo di circa 40° fino a raggiungere il declivio del Cantera.

Ancora una domanda è d’obbligo: perché una protezione dei bordi della fossa con un àggere impostato a secco a livello di campagna, se non ad ammettere che quelle pietre, in uno con l’andamento a zig-zag dei tratti di fossato, potessero servire a salvaguardare il bordo terroso riducendo e comunque contenendo la spinta delle acque selvagge e la conseguente erosione del bordo umico?

Da tutto quanto è stato scritto sui villaggi neolitici della riviera del siracusano emerge un dato certo: sulla estensione e sulla organizzazione

dei villaggi di Megara e di Stentinello, per fermarci all’area a nord di Siracusa, si sa in effetti pochissimo, così che ogni “verità”, ogni proposta, compresa questa, è destinata a naufragare, oggi, in un mare di incompletezza se non sottoposta ad ulteriore e più estesa verifica.

Italo Russo

(Tratto da: UNA IPOTESI SULLA FUNZIONE DELLE “TRINCEE” DEI VILLAGGI NEOLITICI DI STENTINELLO E DI MEGARA HYBLAEA, ED ALTRI SAGGI, in Quaderni di archeologia preistorica, 9. La presenza umana in Sicilia nella Preistoria dalla grotta al villaggio, 2013)

Territorio pedemontano: curve di livello e posizionamento area di Megara tra i torrenti Cantera e San Cusumano.

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Area di Megara Hyblaea: curve di livello e, tratteggiato, posizionamento fossato.

Megara Hyblaea. Sopra: sviluppo del fossato. Sotto: sezione.

Megara Hyblaea: tempio greco arcaico.