LA PROMESSA CON FUNZIONE DI GARANZIA

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INDICE SOMMARIO Introduzione..........................................7 CAPITOLO PRIMO IL CONTRATTO DI GARANZIA NEL SISTEMA DEL CODICE CIVILE 1. Polimorfismo del concetto di garanzia. Insufficienza della “nozione tecnica” di garanzia ai fini dell’inquadramento delle varie figure utilizzate nei rapporti civili e commerciali.........15 2. I contratti di garanzia nel sistema delineato dal codice civile. Cenni.............................24 3. Personalità del vincolo fideiussorio: la funzione di garanzia della fideiussione si specifica nella “duplicazione” soggettiva del vincolo obbligatorio.................................32 4. Parti del contratto. La fideiussione rilasciata dal garante all’insaputa del debitore garantito......35 5. Segue: la fideiussione rilasciata su incarico del debitore garantito...............................37 6. Le affinità strutturali e funzionali tra la fideiussione e l’assunzione cumulativa del debito altrui impongono la ricerca di sicuri criteri distintivi degl’istituti, poiché la relativa disciplina, soprattutto riguardo al regime delle eccezioni opponibili, è decisamente differente.......44 1

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INDICE SOMMARIO

Introduzione..........................................7

CAPITOLO PRIMO

IL CONTRATTO DI GARANZIA NEL SISTEMA DEL CODICECIVILE

1. Polimorfismo del concetto di garanzia.Insufficienza della “nozione tecnica” di garanziaai fini dell’inquadramento delle varie figureutilizzate nei rapporti civili e commerciali.........152. I contratti di garanzia nel sistema delineatodal codice civile. Cenni.............................243. Personalità del vincolo fideiussorio: lafunzione di garanzia della fideiussione sispecifica nella “duplicazione” soggettiva delvincolo obbligatorio.................................324. Parti del contratto. La fideiussione rilasciatadal garante all’insaputa del debitore garantito......355. Segue: la fideiussione rilasciata su incaricodel debitore garantito...............................376. Le affinità strutturali e funzionali tra lafideiussione e l’assunzione cumulativa del debitoaltrui impongono la ricerca di sicuri criteridistintivi degl’istituti, poiché la relativadisciplina, soprattutto riguardo al regime delleeccezioni opponibili, è decisamente differente.......44

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7. Segue: Sia la fideiussione che l’assunzionecumulativa del debito hanno per effetto unrafforzamento della posizione del creditore, ma loscopo tipico di garantire il credito ricorre nelsolo negozio fideiussorio. L’eterogeneitàfunzionale dei due schemi comporta una diversaincidenza del peso del debito........................488. Carattere solidale dell’obbligazionefideiussoria com’effetto naturale dellafideiussione.........................................529. La causa di garanzia del negozio e laconseguente accessorietà genetica e funzionaledell’obbligazione fideiussoria.......................6010. Segue: le eccezioni opponibili dal fideiussore(art. 1945 cod. civ.): un’ulteriore estrinsecazionedel principio di accessorietà........................6911. La problematica concernente gli effettiriflessi del giudicato formatosi nella lite tracreditore e debitore.................................7212. Il contenuto dell’obbligazione fideiussoria. Ilconcetto di fungibilità della prestazione............8613. Segue: la fideiussione può essere prestata pergarantire l’adempimento di obbligazioni, nonpecuniarie, di dare o fare fungibili.................9014. Segue: è possibile prestare una “fideiussione”a garanzia dell’adempimento di obbligazioni aventiad oggetto prestazioni infungibili? La strutturasolidale dell’obbligazione fideiussoria chiariscela modalità attraverso cui il fideiussore“garantisce l’adempimento dell’altruiobbligazione”........................................9415. La c.d. fideiussio indemnitatis: fattispecie digaranzia la cui funzione è succedanea, ma anche

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autonoma rispetto all’obbligo primario diprestazione, in quanto preordinata ad “assicurare”il risarcimento del danno dovuto dal debitore perl’inadempimento del debito principale................9816. Segue: la promessa del fatto del terzo comepossibile garanzia dell’obbligazione a contenutoinfungibile.........................................10217. Conclusioni del capitolo primo..................104

CAPITOLO SECONDO

LA PROMESSA DEL FATTO DEL TERZO

1. La fattispecie denominata “promessa del fattodel terzo” (art. 1381 cod. civ.) va ricondotta alprincipio d’inefficacia del contratto rispetto aiterzi...............................................1102. Contrattualità della promessa....................1133. Segue: promessa come frammento di fattispecie....1154. Segue: promessa come contratto autonomo..........1205. Dalla previsione dell’art. 1129 dell’abrogatocodice alla formulazione attuale (art. 1381)........1226. I problemi posti dalla natura dell’obbligazioneassunta dal promittente. Le soluzioni proposte indottrina e in giurisprudenza........................1267. Segue: la tesi secondo cui il promittente assumeun obbligo di facere, nell’accezione di adoperarsiaffinché il terzo esegua il fatto promesso..........1278. Segue: l’opinione secondo cui il promittenteassume l’obbligo di procurare l’esecuzione delfatto altrui........................................130

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9. Segue: l’insegnamento secondo cui il promittenteassume l’obbligo di pagare l’indennità,sospensivamente condizionato al rifiuto del terzo...13610. Segue: il promittente assume una obbligazionedi garanzia?........................................14011. Critiche verso la natura di garanziadell’obbligazione che il promittente assume.........15012.Segue: critiche alla possibilità di configurarela promessa come contratto con causa di garanzia....15513. Segue: critica alla configurazione di uncontratto con causa generica costante e causaspecifica variabile.................................15914. Rigetto della nozione di causa – funzione digaranzia applicabile alla promessa e individuazionedel suo fondamento causale, per il caso che essanon s’innesti in un più ampio regolamentonegoziale...........................................16215. Orientamento della Cassazione: dupliceobbligazione a carico di chi promette il fatto delterzo...............................................16716. Natura dell’obbligo del pagamentodell’indennizzo: tra autonomia ed equivalenza conil risarcimento.....................................17117. Questioni in tema d’indennizzo..................17818. L’obbligo del pagamento dell’indennizzo nonesclude che il promittente debba rispondere perillecito contrattuale e sia tenuto al risarcimentodel danno...........................................19519. Segue: prova del danno..........................19820. Considerazioni sul significato del rischioassunto dal promittente.............................200

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21. Analisi della funzione restitutoria delpagamento dell’indennizzo...........................20422. Gratuità e onerosità della promessa. Promessadel fatto del terzo e accordo di cortesia...........21123. Forma della promessa............................21524. Conclusioni del capitolo secondo................216

CAPITOLO TERZO

LA GARANZIA AUTONOMA

1.Premessa..........................................2212 La teorizzazione dei c.d. contratti autonomi digaranzia............................................2223. Dalla teorizzazione del Garantieverträge, allatipizzazione della garanzia autonoma nella prassidel commercio internazionale........................2314. Iniziale disinteresse della dottrina italianaall’argomento della garanzia autonoma; la suadiffusione a livello interno -come garanziabancaria attiva- e a livello internazionale -comegaranzia bancaria passiva- impongono unarimeditazione sul tema..............................2385. La varietà tipologica: garanzie interne edinternazionali; passive ed attive; bid bond,perfomance bond, maintenance bond, repayment bond edaltre garanzie autonome.............................2436. Segue: Nozione e descrizione dell’operazione:garanzie autonome dirette e indirette...............2497. Riconduzione della categoria “contratto digaranzia autonoma” allo schema della promessa del

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fatto del terzo (art. 1381 cod. civ.)...............2538. Segue: critiche alla riconduzione tout court delcontratto autonomo di garanzia alla fattispeciedella promessa del fatto del terzo..................2589. La nozione di autonomia utilizzata perdescrivere la categoria di contratti personali digaranzia in cui non trova applicazione il principiodell’accessorietà fideiussoria......................26510. La causa della garanzia consistentenell’obbligazione preesistente garantita............27711. Segue: la causa della garanzia autonoma, intesacome causalità dell’assunzione dell’obbligo digaranzia............................................28112. La Cassazione a Sezioni Unite si pronunciasulle differenze sul piano morfologico funzionaleed interpretativo tra la fideiussione ed ilcontratto autonomo di garanzia, in particolareaffrontando la problematica della qualificazionegiuridica delle polizze fideiussorie. Una sentenzastorica. Sintesi della controversia portata aconoscenza della S.C................................29413. Segue: la Corte di Cassazione sembra inquadrarein maniera unitaria le diverse ipotesi di “garanziaautonoma”...........................................29714. Segue: gli aspetti peculiari del contrattoautonomo di garanzia, sotto il profilo morfologicoe funzionale, nella ricostruzione operata dallasentenza in esame. Limiti all’autonomia delcontratto autonomo di garanzia e proponibilità ditalune eccezioni fondate sul rapporto base..........29915. Segue: profili valutativi dell’incidenza sulcontratto autonomo di garanzia della nullità delcontratto illecito..................................305

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16. Segue: La causa del contratto autonomo digaranzia nella ricostruzione delle Sez. Unite.......30917. Segue: le Sezioni Unite qualificano le polizzefideiussorie stipulate a garanzia delleobbligazioni di un appaltatore come garanziaatipica e non fideiussoria, e pervengono ad unimportante cambiamento di rotta sulla rilevanzadelle <<clausole a prima richiesta>> e <<senzaeccezioni>>, inserite nel testo del contratto, aifini della sua qualificazione come contrattoautonomo di garanzia................................31218. Spunti sistematici forniti dalla sentenza dellaCassazione ora citata...............................32119. Una comprensione più approfondita delfunzionamento e dell’inquadramento giuridico dellediverse tipologie contrattuali che si usa ascriverealla categoria della garanzia autonoma, richiedeche si distingua innanzitutto tra garanzia <<senzaeccezioni>>, come assunzione di rischi atipici, egaranzie <<a prima domanda>>, in cui l’interessedel beneficiario è quello di poter escutere senzaritardo la garanzia.................................32620. La garanzia autonoma come assunzione di rischiatipici. Cenni alla fattispecie dell’indemnity, chenell’area di common law assolve alla stessafunzione svolta dal Garantieverträge nell’ordinamentotedesco. L’obbligazione di garanzia può essereautonoma in senso assoluto solo se il contrattoavente ad oggetto la prestazione di garanzia abbiauna giustificazione causale autonoma. In tal casoandranno distinti nettamente due pianidell’analisi: a) l’oggetto del contratto, ossia laprestazione della garanzia; b) la causa dellostesso, che andrà individuata nelle comuni ragioni

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giustificatrici di un negozio. Le uniche eccezioniopponibili dal garante al beneficiario sarannoquelle derivanti dal contratto di garanziamedesimo............................................33221. La garanzia autonoma <<a prima domanda>>. Lariconduzione di tali figure contrattuali allagaranzia autonoma costituisce un errore diprospettiva?........................................34222. Segue: la qualificazione della Bankgarantiefondata sulla circostanza che l’obbligazione delgarante è contratta all’interno di un procedimentotipologicamente riconducibile a quello delegatorio.La causa della garanzia bancaria passiva ècostituita dall’obbligazione adempiuta eseguendol’incarico del cliente..............................35123. Segue: La qualificazione delle polizzefideiussorie come contratto a favore di terzi concausa di scambio, per essere il debitore garantitotenuto a pagare una somma alla compagnia diassicurazioni.......................................36524. Autonomia ed accessorietà della garanzia eregime delle eccezioni. Le eccezioni relative alcontratto ed al rapporto di garanzia (rinvio).Riesame della problematica alla luce della propostaricostruzione delle garanzie bancarie passive edelle polizze fideiussorie: le eccezioni relativealla causa della promessa con funzione di garanziaautonoma............................................36925. Segue: Il problema dell’opponibilità albeneficiario delle eccezioni derivanti dalcontratto e dal rapporto principale. Laproponibilità dell’exceptio doli in caso di escussionefraudolenta o abusiva del creditore può costituireuno strumento per prevenire possibili abusi?........379

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26. Riepilogo.......................................384

CONCLUSIONI

SEZIONE PRIMA: LA PROMESSA DEL FATTO DEL TERZO ALLO"STATO DELL'ARTE INTERPRETATIVO".1. Gli effetti obbligatori della promessa del fattodel terzo...........................................3882. Funzione dell’indennizzo e determinazione delsuo ammontare.......................................394

SEZIONE SECONDA: PROMESSA DEL FATTO EL TERZO EGARANZIA DEL CREDITO.1. Configurabilità di una promessa dell’altruiadempimento. Un’ipotesi accettabile?................3992. La promessa del fatto del terzo come possibilestrumento per garantire il creditore contro irischi atipici del contratto?.......................407

Indice degli autori......................................413

Indice delle sentenze....................................419

Allegato1

9

INTRODUZIONE

Il presente studio si propone di analizzare le

possibili accezioni funzionali del negozio

attraverso cui s’intende garantire un diritto

di credito. Una nozione risalente, sulla base

di un’analisi sistematica avente ad oggetto i

contratti di garanzia specificamente

contemplati dal codice civile, ravvisava

nell’obbligazione di garanzia uno strumento per

rafforzare le ragioni del creditore, con l’accrescerne le

probabilità di soddisfazione. L’osservazione attenta

della prassi economica e commerciale evidenzia,

tuttavia, che le varie figure contrattuali che

perseguono una funzione di garanzia non si lasciano

inquadrare dal citato concetto. Alla luce di

siffatta considerazione si è proposta un’idea

più moderna di garanzia, che le assegna

10

piuttosto finalità di controllo e riduzione del rischio di

mancato soddisfacimento, per questa via

privilegiando un’indole in cui prevalgono scopi

indennitari.

L’inquadramento della promessa del fatto del

terzo come contratto di garanzia ha fondamento

dogmatico in tale visione funzionale

dell’istituto.

La materia è distribuita in tre capitoli. Nel

primo si espongono i caratteri peculiari dei

contratti di garanzia accolti nel sistema del

codice, con particolare riguardo alla

fideiussione, figura negoziale che rappresenta

tanto nella prassi, quanto nella teoria del

diritto, una delle più antiche forme di tutela

delle ragioni creditorie, nonché l’exemplum da

cui originano le più recenti manifestazioni

11

atipiche di garanzia (contratto autonomo,

polizze fideiussorie e lettere di patronage).

L’indagine condotta sulle diverse forme

negoziali di garanzia accolte nel sistema

codicistico evidenzia una loro

caratterizzazione omogenea, consistente nel

generare diritti (di garanzia) accessori al

credito. Sebbene il legislatore in nessuna

norma enunci l’attributo dell’“accessorietà”, è

opinione costante che esso sia intrinseco nel

fondamento causale di garanzia dei contratti in

questione, che, in quanto preordinati alla

tutela di un credito preesistente, implicano un

collegamento genetico e funzionale del rapporto

di garanzia con quello principale.

Il capitolo secondo ha per oggetto l’analisi

concernente l’operazione negoziale denominata

12

“promessa del fatto del terzo”, figura

contrattuale che (a dispetto del nome) potrà

inserirsi in un più ampio regolamento

d’interessi, o anche presentarsi come autonoma

negoziazione. Il coacervo di opinioni

dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla

natura dell’obbligazione assunta dal

promittente rende necessario un esame delle

diverse tesi proposte circa la natura

dell’obbligazione assunta dal promittente, da

cui si evince che l’evoluzione dialettica delle

considerazioni sul tema conduce alla

descrizione dell’impegno assunto dal

promittente come obbligazione di garanzia.

Secondo tal insegnamento, con la conclusione

della promessa il promittente assume il rischio

del mancato compimento del fatto del terzo,

indipendentemente da ciò che farà per indurre

13

il terzo a compiere il fatto. Il promissario ha

la certezza di contare su un’utilità

sostitutiva rispetto al fatto del terzo

promesso: il pagamento dell’indennizzo. Il

concetto di garanzia assunto a fondamento del

citato orientamento interpretativo descrive

l’assunzione, da parte del garante, dell’onere

economico del rischio che il terzo non compia

quanto promesso dal promittente.

Un precedente storico della riconduzione della

promessa ex art. 1381 cod. civ. a tale nozione

di garanzia si deve alla dottrina tedesca, che

ha accomunato nella categoria dei cc. dd.

Garantieverträge tutti quei contratti ignorati dal

BGB, ma diffusi nella prassi, caratterizzati da

una “funzione di garanzia consistente nel fornire sicurezza

contro il verificarsi di un evento temuto”.

14

Si tratta di contratti non accessori ad un

debito preesistente - e quindi differenti sotto

questo aspetto dalle garanzie personali tipiche

- ma che hanno una funzione di garanzia, “poiché

un contraente assicura all’altro un’indennità, per il caso che

quest’ultimo subisca un danno, o non veda soddisfatto un suo

interesse”.

L’individuazione della “funzione di garanzia”

del contratto attraverso cui si promette il

fatto del terzo lascia tuttavia aperto il

problema della giustificazione causale del

negozio. Apparirà a tal fine illuminante

l’orientamento dottrinale secondo cui il

termine garanzia oltre ad indicare la causa

negoziale, può essere utilizzato per esprimere

la natura, la funzione della prestazione

dovuta, la quale può contribuire a realizzare

15

svariati schemi causali. In quest’ottica,

parlando di promessa di garanzia, si farà

riferimento non alla causa della promessa, ma

alla natura (di garanzia) dell’effetto.

Rilevanti interrogativi solleva il tema del

quantum debitum, per il caso che il fatto del

terzo non si verifichi. Una risposta alla

questione dipenderà dalla concezione che si

accolga circa la funzione esplicata dalla

promessa del fatto del terzo.

Il terzo capitolo è dedicato, infine, alla c.d.

garanzia autonoma, le cui origini teoriche sono

rintracciabili nella figura del Garantieverträge,

categoria cui la dottrina moderna e la

giurisprudenza riconducono soprattutto una

serie di garanzie “a prima domanda” utilizzate

nella prassi commerciale. L’operazione è però

16

compiuta trascurando le peculiarità causali del

tipo negoziale originario e richiamandone il

solo effetto dell’autonomia dell’obbligazione

di garanzia, che diventa idoneo, forse senza i

necessari approfondimenti, ad inquadrare una

serie non omogenea di fattispecie negoziali.

L’analisi separata delle diverse fattispecie

condurrà ad individuare un gruppo di contratti

con funzione di garanzia che possono

addirittura prescindere dalla stessa esistenza

del negozio principale, o attraverso cui il

garante può assumere i c.d. rischi atipici del

contratto, concernenti l’evenienza

dell’invalidità o della risoluzione del negozio

principale. Il risultato del <<distacco>>

dell’operatività della garanzia rispetto alle

vicende del negozio “garantito” costituisce per

17

siffatta forma contrattuale un effetto del suo

fondamento causale autonomo.

La locuzione “contratto di garanzia” starà qui

ad indicare non la causa del negozio (causa

cavendi), bensì la funzione della prestazione

posta in essere dal garante, volta alla

protezione dell’interesse del beneficiario a

non subire detrimento per la conclusione di un

certo affare.

Gli studi dedicati a siffatta forma

contrattuale conducono ad importanti risultati

sistematici circa l’inquadramento della

promessa del fatto del terzo tra i contratti di

garanzia.

18

CAPITOLO PRIMO

IL CONTRATTO DI GARANZIA NEL SISTEMA

DEL CODICE CIVILE.

19

SOMMARIO: 1. Polimorfismo del concetto di garanzia. Insufficienza della

“nozione tecnica” di garanzia ai fini dell’inquadramento delle varie figure

utilizzate nei rapporti civili e commerciali. - 2. I contratti di garanzia nel

sistema delineato dal codice civile. Cenni. - 3. Personalità del vincolo

fideiussorio: la funzione di garanzia della fideiussione si specifica nella

“duplicazione” soggettiva del vincolo obbligatorio. - 4. Parti del contratto.

La fideiussione rilasciata dal garante all’insaputa del debitore garantito. -

5. Segue: la fideiussione rilasciata su incarico del debitore garantito. - 6.

Le affinità strutturali e funzionali tra la fideiussione e l’assunzione

cumulativa del debito altrui impongono la ricerca di sicuri criteri distintivi

degl’istituti, poiché la relativa disciplina, soprattutto riguardo al regime

delle eccezioni opponibili, è decisamente differente. - 7. Segue: Sia la

fideiussione che l’assunzione cumulativa del debito hanno per effetto un

rafforzamento della posizione del creditore, ma lo scopo tipico di

garantire il credito ricorre nel solo negozio fideiussorio. L’eterogeneità

funzionale dei due schemi comporta una diversa incidenza del peso del

debito. - 8. Carattere solidale dell’obbligazione fideiussoria com’effetto

naturale della fideiussione. - 9. La causa di garanzia del negozio e la

conseguente accessorietà genetica e funzionale dell’obbligazione

fideiussoria. - 10. Segue: le eccezioni opponibili dal fideiussore (art. 1945

cod. civ.): un’ulteriore estrinsecazione del principio di accessorietà. - 11. La

problematica concernente gli effetti riflessi del giudicato formatosi nella

lite tra creditore e debitore. - 12. Il contenuto dell’obbligazione

fideiussoria. Il concetto di fungibilità della prestazione. - 13. Segue: la

fideiussione può essere prestata per garantire l’adempimento di

obbligazioni, non pecuniarie, di dare o fare fungibili. - 14. Segue: è

possibile prestare una “fideiussione” a garanzia dell’adempimento di

20

obbligazioni aventi ad oggetto prestazioni infungibili? La struttura

solidale dell’obbligazione fideiussoria chiarisce la modalità attraverso cui

il fideiussore “garantisce l’adempimento dell’altrui obbligazione”. - 15. La

c.d. fideiussio indemnitatis: fattispecie di garanzia la cui funzione è

succedanea, ma anche autonoma rispetto all’obbligo primario di

prestazione, in quanto preordinata ad “assicurare” il risarcimento del

danno dovuto dal debitore per l’inadempimento del debito principale. -

16. Segue: la promessa del fatto del terzo come possibile garanzia

dell’obbligazione a contenuto infungibile. - 17. Conclusioni del capitolo

primo.

1. Polimorfismo del concetto di garanzia. Insufficienza della

“nozione tecnica” di garanzia ai fini dell’inquadramento

delle varie figure utilizzate nei rapporti civili e commerciali.

Il concetto di garanzia rinvia necessariamente

ad un quid a cui s’intende fornire una

protezione; esso ha un’impronta marcatamente

funzionale, in quanto, da un punto di vista

logico e strutturale, è necessariamente

associato ad una situazione soggettiva o ad un

interesse, che s’intende proteggere o

21

realizzare1. In ambito giuridico la pluralità

d’interessi della persona umana suscettibili di

essere presidiati fornisce una spiegazione

all’uso dello stesso termine “garanzia” in

diversi settori dell’ordinamento, in cui esso

assume un’accezione differente in relazione ai

diversi istituti per cui viene impiegato

(garanzie processuali, garanzie costituzionali,

garanzie del credito garanzie internazionali),

pur conservando la medesima rilevanza

concettuale d’individuare quegli strumenti che

hanno la funzione di proteggere, rafforzare una

data situazione soggettiva2.

Nel settore del diritto privato la locuzione

garanzia viene impiegata per descrive tanto i1 L. PIAZZA, Garanzia I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma,

1989, pag 1.2 S. GALEOTTI, La garanzia costituzionale (presupposti e concetto), Milano, 1950;

M. FRAGALI, Garanzia, in Enc. del dir., XVIII, Milano, 1969, p. 449

ss.

22

mezzi che l’ordinamento appresta per assicurare

l’adempimento dell’obbligazione, quanto gli

strumenti offerti al titolare di una situazione

giuridica attiva, per assicurargliene il

godimento3. Ne risulta un concetto di garanzia

che individua <<ogni mezzo apprestato

dall’ordinamento per assicurare il godimento di

un diritto o l’adempimento di

un’obbligazione>>4.

3 E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del fatto del terzo, Napoli, 1981, p.

12. Esempi dell’utilizzo del termine garanzia in tale ultima

accezione possono rinvenirsi in varie norme del codice civile:

art. 1476 n. 3 cod. civ. (in cui si fa riferimento all’obbligo del

venditore di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi

della cosa); art. 1585 cod. civ. (in cui è statuito l’obbligo del

locatore di garantire il conduttore dalle molestie che

diminuiscono l’uso o il godimento della cosa, arrecate da terzi

che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima); art. 1266

cod. civ. (in cui si prevede l’obbligo di colui che cede un

credito di garantire l’esistenza del credito al tempo della

cessione, laddove questa sia a titolo oneroso).4 E. BRIGANTI, op. loc. cit.; G. BO, Garanzia, in Noviss. dig. it., VI,

Torino, 1938, p. 192.

23

La dottrina precisa, però, che i due distinti

fenomeni (garanzia dell’adempimento – garanzia

del godimento di un diritto) hanno in comune la

sola circostanza di operare, nei casi di

<<deviazione del rapporto dal suo iter

fisiologico e cioè al verificarsi di certi

eventi negativi>>5 (vizi della cosa venduta o

evizione, molestie arrecate al conduttore della

cosa locata, invalidità del credito ceduto,

inadempimento), come strumenti ripristinatori

della fisiologia dei rapporti. Ad un’analisi

più approfondita emerge che le c.d. garanzie di

godimento non sono altro che obbligazioni che

la legge impone al titolare di una situazione

soggettiva passiva (o che le parti stesse

pattuiscono: es. garanzia della solvenza di cui

all’art. 1267 cod. civ.), che comportano

5 L. PIAZZA, op. loc. cit.

24

un’assunzione di responsabilità funzionale al

perseguimento degli scopi tipici del negozio

concluso, dovendo, chi trasmette un diritto,

assicurarne l’esistenza ed il pacifico

godimento. In quest’ottica, l’obbligo del locatore di

garantire il conduttore dalle molestie che

diminuiscono l’uso o il godimento della cosa6

altro non è che una specificazione dell’obbligo

di assicurare (garantire secondo l’art. 1575 n.

3 cod. civ.) al conduttore il pacifico

godimento del bene; parimenti, gli obblighi “di

garanzia” imposti al venditore (art. 1476 n.3

cod. civ.), a colui che cede un credito (art.

art. 1266 cod. civ.), o un contratto (art.

1410, comma 1, cod. civ.) assicurano il

contenuto del diritto attribuito al creditore.

Come si è giustamente osservato, tali obblighi

6 Art. 1585 cod. civ.

25

c.d. “di garanzia” <<avrebbero potuto essere

ugualmente desunti dai principi generali, anche

se in termini diversi e con un certo sforzo,

ove la legge non li avesse previsti

espressamente, (…) perché non v’è obbligazione

che non “garantisca” il suo adempimento>>7. In

altri termini, dette garanzie costituiscono una

specificazione dei doveri contrattuali che

gravano sulle parti del negozio, e descrivono

pertanto un’assunzione di responsabilità,

piuttosto che di garanzia (nel senso avanti

precisato)8.

Quanto alle garanzie di adempimento

dell’obbligazione, si è tentato9 d’individuare

“il contenuto legittimo del concetto di garanzia”, precisando

7 M. FRAGALI, op. loc.. cit.8 D. BARBERO, Sistema del diritto privato italiano, II, Torino, 1965, p. 123

ss.9 M. FRAGALI, Garanzia, cit., p. 449 ss.

26

che: a) la garanzia di un’obbligazione non può

consistere nell’assunzione di una nuova

obbligazione da parte del debitore, perché per

tal verso non viene rafforzata sotto alcun

profilo l’aspettativa creditoria10; b) né la

garanzia di un’obbligazione può realizzarsi

attraverso l’assunzione di un’obbligazione, il

cui peso economico si riversi definitivamente

sul patrimonio del garante, perché elemento

essenziale della garanzia è l’incidenza del

peso definitivo del debito su di un patrimonio

diverso da quello dell’obbligato in via

accessoria (garante)11; c) né la garanzia può

attuare una mera assunzione di rischio da parte

del garante, anche per il caso che il peso

definitivo del debito non incida

definitivamente sul patrimonio di costui,10 RUBINO, La compravendita, Milano, 1962, p. 634.11 M. FRAGALI, op. loc. ult. cit.

27

poiché elemento essenziale della garanzia è il

rafforzamento delle possibilità satisfattorie

dell’aspettativa creditoria, mentre nel caso di

specie si realizzerebbe la sola conservazione

dell’integrità patrimoniale della sfera del

creditore12.

Si perviene, attraverso siffatta delimitazione

del concetto, ad un’accezione di garanzia

descrittiva della funzione di rafforzamento

dell’aspettativa di attuazione di un’altra obbligazione13.

L’obbligazione di garanzia sarebbe quella (e

solo quella) che rafforza le ragioni del

creditore, nel senso di un potenziamento delle

probabilità satisfattive del suo diritto di

credito14.12 M. FRAGALI, op. cit., p. 450.13 M. FRAGALI, op. cit., p. 454 ss.14 Una maggiore sicurezza circa la realizzazione dell’aspettativa

del creditore può realizzarsi, stando al sistema predisposto dal

legislatore, attraverso una misura reale che migliori l’efficacia

28

Posizioni più recenti hanno criticato questa

definizione, perché insufficiente sotto il

profilo dell’inquadramento delle varie figure

negoziali che la pratica conosce. La prassi dei

rapporti economici e commerciali mostra,

infatti, che attraverso l’autonomia privata si

fa ricorso ad una serie di strumenti attraverso

cui, più che rafforzare le probabilità di

soddisfazione di un credito, si persegue il

fine di evitare che la posizione giuridica di

un soggetto sia pregiudicata da fatti estranei

alla propria sfera di dominabilità. Sulla base

di tal osservazione, si propone l’accoglimento

di una nozione di “garanzia” che non descriva

dell’azione esecutiva (in termini di tempo e certezza del

risultato), oppure attraverso una garanzia c.d. personale, che

veda obbligato un terzo ad eseguire “la medesima” prestazione cui

è tenuto il debitore principale, ed il cui inadempimento permetta

di aggredire anche il suo patrimonio, oltre quello dell’obbligato

principale.

29

il solo fenomeno del rafforzamento del credito,

ma la più ampia funzione negoziale, consistente

nel controllo e riduzione del rischio del mancato

soddisfacimento di un interesse, mediante l’assunzione, da

parte del “garante” dell’onere economico del danno temuto15.

La diversità di prospettiva si evidenzia in

ciò: la garanzia, nell’accezione “tecnica”

(come rafforzamento delle probabilità di

15 Tra gli altri, F. NAPPI, op. cit., p. 58; E. BRIGANTI, op. cit., p.

145 ss.; L. PONTIROLI, Le garanzie autonome ed il rischio del creditore, un

contributo alla lettura del sistema, Padova 1992, p. 176; L. PIAZZA, op. cit.,

p. 3, il quale sottolinea che il nostro sistema codicistico è

prevalentemente orientato verso un complesso sistema di

<<sicurezza del credito>>, la cui ricomposizione sarebbe utile a

fornire un’accezione più precisa del concetto civilistico di

garanzia, che si estrinseca nella sicurezza fornita al creditore

circa il soddisfacimento del proprio interesse. L’A. rileva che,

essendo decisamente scarsi gli strumenti predisposti dal

legislatore al fine specifico del <<rafforzamento del diritto di

credito>>, una nozione di garanzia fondata su tal aspetto

funzionale, se da un lascerebbe in un << limbo paragiuridico>>

inaccettabile una serie di strumenti tipici e atipici, dall’altro

non sarebbe utile alla comprensione del nucleo funzionale del

fenomeno della garanzia, consistente appunto nella sicurezza, in

senso lato, apprestata al beneficiario.

30

soddisfacimento del credito), costituisce uno

strumento che attribuisce nuove utilità al beneficiario,

soddisfacendo quello stesso interesse

creditorio dedotto in un rapporto principale

(garanzia satisfattiva); in questa “nuova”

accezione rappresenta uno strumento funzionale

ad evitare che il beneficiario subisca un detrimento

patrimoniale, preservando pertanto le utilità

esistenti nel suo patrimonio (garanzia

indennitaria). Si è giustamente segnalato16 che

quest’elaborazione del concetto di garanzia

rappresenta <<il retroterra dogmatico di una

concezione della garanzia con finalità sempre meno

satisfattorie - quelle avute presenti dal

legislatore nell’approntare degli strumenti

tipici di garanzia – e sempre più indennitarie – alle

quali mira invece l’autonomia privata col

16 F. ROCCHIO, La promessa con funzione di garanzia, Napoli, 2009, p. 22.

31

ricorso a strumenti che presentano molti punti

di contatto con la funzione assicurativa ->>17.

Da un punto di vista strutturale, l’interesse

che attraverso quest’accezione di garanzia

riceve tutela non necessariamente è contemplato

in un diverso rapporto obbligatorio (c.d. base,

o principale), ma può essere elevato ad oggetto

di protezione esclusivamente nel negozio di

garanzia18, o comunque, pur accedendo

quest’ultimo ad un rapporto principale, è

possibile che il garante si impegni sulla base

di una causa negoziale “autonoma”, diversa

dalla preesistenza del rapporto garantito, con

l’effetto che ne risulterà spezzato il tipico

nesso di accessorietà che lega l’obbligazione

17 A. e op. ult. cit., p. 22. Il corsivo è nostro.18 Che è quanto accade per la promessa del fatto del terzo. F.

NAPPI, op. loc. ult. cit.

32

di garanzia (fideiussoria) all’obbligazione

principale19.

L’inquadramento della promessa del fatto del

terzo tra i negozi di garanzia ha fondamento in

quest’accezione del concetto di garanzia20, nel

cui ambito, volendo citare solo alcune delle

fattispecie più diffuse nella prassi, la

dottrina riconduce anche il contratto autonomo

19 Tal evenienza potrà individuarsi sia per la promessa del fatto

del terzo, ammettendo che siffatto contratto possa essere

stipulato per assicurare il fatto dell’adempimento di un terzo,

sia per la garanzia autonoma intesa come assunzione dei rischi

atipici.20 SCALFI, La promessa del fatto altrui, Milano – Varese, 1955, p. 48; F.

NAPPI, op. cit., p. 59.

33

di garanzia nelle sue varie articolazioni21 e le

lettere di patronage22.

S’individuano, pertanto, accanto ai negozi di

garanzia previsti dal codice civile, contratti “con

funzione di garanzia”, caratterizzati da un triplice

ordine di peculiarità rispetto al tipico

negozio di garanzia personale (la

fideiussione): a) hanno una diversa funzione,

consistente nel controllo e riduzione del

rischio del mancato soddisfacimento di un

interesse, mediante l’assunzione, da parte del

“garante”, dell’onere economico del danno

temuto.21 Vedremo al capitolo terzo che in realtà occorrerebbe

distinguere le varie ipotesi che si suole ascrivere alla

categoria; talune infatti sono propriamente riconducibili alla

nozione di garanzia da ultimo descritta, mentre altre rimangono

ancorate al principio di accessorietà dell’obbligazione di

garanzia, seppur temperato dall’iniziale inopponibilità delle

eccezioni relative al rapporto principale. V. cap. terzo, par. 19

ss.22 A. MAZZONI, Le lettere di patronage, cit., p. 114 ss.

34

b) Il profilo funzionale investe quello

strutturale, in quanto la circostanza per cui v’è

tutela di un interesse e non di un credito si

riflette sul nesso esistente tra il rapporto

principale e quello di garanzia, connotandolo

di una più accentuata autonomia, rispetto alla

relazione esistente tra l’obbligazione del

fideiussore e quella del debitore principale

(che è tradizionalmente descritta attraverso il

concetto di accessorietà).

c) Infine, dal punto di vista della giustificazione

causale, la mancanza di un riverbero delle

vicende del rapporto principale sul rapporto di

garanzia comporterà, com’è logicamente ovvio,

la necessità d’individuare un fondamento

causale diverso da quello che assiste i c.d.

contratti accessori di garanzia, che

35

s’individua nella preesistenza del rapporto

garantito.

Questi profili che caratterizzano i contratti

che assolvono la funzione di garanzia in senso

lato, che si è testé descritta, saranno meglio

esplicitati nel secondo e terzo capitolo del

presente studio, quando si tratterà

specificamente della promessa del fatto del

terzo (art. 1381 cod. civ.) e della garanzia

autonoma. Dovranno esaminarsi, invece, in

questo capitolo, i tratti caratteristici della

garanzia fideiussoria, che rappresenterà, nella

nostra analisi, il punto di riferimento per

stabilire le differenze strutturali, funzionali

e causali del contratto con cui un promittente

“garantisca” ad un promissario il compimento di

un certo fatto da parte di un terzo.

36

2. I contratti di garanzia nel sistema delineato dal codice

civile. Cenni.

I diritti di garanzia derivano da specifici

titoli legali o negoziali, a differenza della

garanzia patrimoniale (ex art. 2740 cod. civ.),

che presidia la soddisfazione di tutti i

crediti23 In via di premessa va precisato che le

figure di garanzia contemplate dal nostro

codice civile hanno un’indiscutibile

caratterizzazione omogenea, consistente nel

generare diritti soggettivi accessori. Discende

da ciò un intenso collegamento tra il diritto

credito, di cui s’intende assicurare

l’adempimento, ed il diritto di garanzia

preordinato a tale scopo.

23 Non è il caso di addentrarsi, in questa sede, nel dibattito che

vede da un lato coloro che assegnano anche alla garanzia

patrimoniale generica una funzione di garanzia, e coloro che

negano questa funzione con riferimento all’art. 2740 cod. civ. Si

rinvia per l’argomento a M. FRAGALI, op. cit., p. 451 e 461.

37

Secondo una tradizionale distinzione le

garanzie si distinguono in reali (o garanzie

sui beni) e personali. Garanzie reali tipiche

sono il pegno e l’ipoteca. Il diritto di pegno

si costituisce mediante un contratto reale: non

basterà pertanto il consenso degli interessati,

essendo necessario il trasferimento della cosa

al creditore (art. 2786 cod. civ.). Per quanto

concerne l’ipoteca, la legge distingue tra

ipoteca legale (art. 2817 cod. civ.),

giudiziale (art. 2818 cod. civ.) e volontaria

(art. 2821 ss. cod. civ.24).

Entrambe le garanzie, vincolando determinati

beni al soddisfacimento del creditore (c.d.

24 L’ipoteca volontaria è regolarmente concessa per contratto, ma

l’art. 2821 cod. civ. ne consente la concessione anche per

dichiarazione unilaterale. Questo è uno dei casi in cui la legge

riconosce effetti vincolanti alla dichiarazione unilaterale di

volontà (art. 1987 cod.civ.). Non ne è ammessa la costituzione per

testamento.

38

diritto di seguito) e, attribuendo al

beneficiario un diritto di prelazione sul

ricavato della vendita del bene su cui grava la

garanzia, tendono a migliorare il risultato

dell’azione esecutiva25.

Al pegno ed all’ipoteca il legislatore

affianca, come cause legittime di prelazione, i

privilegi (art. 2741 cod. civ.), che tuttavia,

pur svolgendo una funzione di garanzia del

credito, nel senso di determinare un vincolo di

destinazione o di soggezione esecutiva

preferenziale26, non nascono da una convenzione

negoziale, bensì sono titoli di prelazione

accordati dalla legge, in considerazione della

causa del credito (art. 2745 cod. civ.).

25 Cfr. M. FRAGALI, Garanzia, cit., p. 462.26 A. e op. ult. cit., p 457.

39

Le garanzie personali o semplici conferiscono

al titolare di un diritto di credito un pari

diritto verso un soggetto terzo, estraneo al

rapporto principale (garantito), il cui

adempimento permette al beneficiario di

conseguire la medesima prestazione oggetto

dell’obbligazione principale27. Tipico negozio

costitutivo di garanzia personale è la

fideiussione (art. 1936 ss.)28.

Il nostro codice civile contempla altre due

forme contrattuali che esplicano una funzione

di garanzia: l’anticresi (art. 1960 ss., cod.

civ.) ed il mandato di credito (art. 1958 –

1959, cod. civ.). Come vedremo, tuttavia, non è

27 C. M. BIANCA, op. cit., p. 465 ss.28 Pur essendo discussa la circostanza che la fideiussione

rappresenti l’unico paradigma codicistico di garanzia personale

(così L. PIAZZA, op. cit., p. 4), è certo che tale contratto

rappresenta quello, tra le garanzie personali, cui il legislatore

dedica una più particolareggiata disciplina.

40

corretto qualificare quest’ultimo come tipo

autonomo di contratto di garanzia.

A) Quanto alla prima, essa costituisce figura

sostanzialmente desueta nella moderna economia.

Alla stregua dell’art. 1960 cod. civ.

l’anticresi (semplice o estintiva) si configura

come il contratto con il quale il debitore o un

terzo si obbliga a consegnare un immobile al

creditore a garanzia del credito, affinché il

creditore ne percepisca i frutti, imputandoli

agl’interessi, se dovuti, e quindi al capitale.

La dottrina prevalente29 individua, sulla base

dell’art. 1964 cod. civ., una seconda specie di

anticresi (c.d. compensativa), in cui è

convenzionalmente attribuito al creditore il

diritto di percepire i frutti dell’immobile29Cfr. V. TEDESCHI, Anticresi, in Noviss. dig. it., Torino, 1968, I, p.

658; M. SCARLATA FAZIO, Il contratto di anticresi, in Studi in memoria di

Antonino Giuffrè, II, Milano, 1967, p. 815.

41

consegnatogli a compensazione dei soli

interessi, fermo restando il debito. In tal

caso il debitore potrà in ogni tempo estinguere

il debito, così rientrando nel possesso

dell’immobile. Secondo siffatta prospettazione

le due fattispecie dovrebbero distinguersi in

funzione della diversa destinazione dei frutti

percepiti dal creditore30, con la conseguenza di

una differente disciplina riguardo all’obbligo

di rendiconto a carico del creditore

(insussistente nell’anticresi compensativa31).

30 Nell’ipotesi contemplata dall’art. 1964 cod. civ. i frutti sono

destinati integralmente e forfettariamente – ossia

indipendentemente dalla loro concreta venuta ad esistenza ed

effettiva entità- ad estinguere in tutto o in parte il debito

d’interessi e, soltanto se convenuto, anche l’obbligazione

relativa al capitale (nel qual caso, rimanendo una parte dei

frutti a disposizione del capitale, l’anticresi sarà riconducibile

allo schema previsto dall’art. 1960 cod. civ., che postula,

appunto, la ripartizione dei frutti tra interessi e capitale).31 M. FRAGALI, L’anticresi, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-

Roma, 1974, p. 202.

42

Sennonché si è osservato32 che una corretta

individuazione del tipo negoziale presuppone

che si tengano presenti le due ipotesi di

anticresi, in quanto il legislatore,

predisponendo l’art. 1964, non ha avuto

intenzione di prevedere una figura autonoma, ma

una clausola particolare, che non modifica la

struttura tipica del negozio anticretico. In

tale prospettiva l’anticresi può definirsi come

il contratto con cui il debitore (o un terzo)

consegna al creditore un immobile, affinché ne

percepisca i frutti imputandoli al suo credito,

salvo che sia stata convenuta la compensazione,

in tutto o in parte, di questi con

gl’interessi33.

32 G. ZUDDAS, Anticresi, in Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1988, p. 1.33 M. FRAGALI, L’anticresi, cit., p. 7.

43

Tralaticio in giurisprudenza34 ed in dottrina35

è il riferimento alla funzione di garanzia del

negozio anticretico. Bisogna però specificare

che l’anticresi svolge la suddetta funzione

solo in senso lato, ed in modo diverso dal

pegno e dall’ipoteca, per essere assente il

collegamento dell’operatività della garanzia

con l’inadempimento e con la conseguente azione

esecutiva, che invece è elemento caratteristico

dei menzionati diritti reali di garanzia. La

funzione di garanzia esplicata da tale negozio

andrà quindi ravvisata nel soddisfacimento

diretto del creditore, tramite l’attuazione del

godimento concessogli36.

34 Cass., 27 novembre 1951, n. 2696, in Foro it. 1952, I, c. 11; App.

Lecce 22 giugno 1953, in Rep. giust. civ., 1955, Locazione di cose, n. 7;

Ap.. Trieste, 11 gennaio 1957, in giust. civ., 1957, I, p. 1428.35 V. TEDESCHI, Anticresi, cit., p. 656; C. M. BIANCA, Il divieto del patto

commissorio, Milano, 1957, passim. 36 V. TEDESCHI, op. loc. cit.

44

Quel che preme qui sottolineare, rinviando

l’approfondimento complessivo della figura agli

studi ad essa specificamente dedicati37, è

l’accessorietà del rapporto anticretico

rispetto a quello principale che dev’essere

estinto. La validità e l’efficacia

dell’anticresi è legata, infatti, a quella del

negozio principale da cui è sorto il credito.

Tale nesso di accessorietà, che lega il

rapporto di garanzia a quello garantito, come

si è anticipato, accomuna le diverse figure di

garanzia previste dal codice civile. Le vicende

attinenti al rapporto principale si

riverbereranno, pertanto, sul diritto

anticretico. L’art. 1962 cod. civ. statuisce,

infatti, che l’anticresi dura finché il

37 M. FRAGALI, L’anticresi, cit. p. 1 ss.; V. TEDESCHI, Anticresi, cit., p.

654 ss.; G. PERSICO; Anticresi (Diritto civile), in Enc. dir., II, Milano,

1958, p. 529 ss.; G. ZUDDAS, Anticresi, cit., p. 1 ss.

45

creditore sia stato interamente soddisfatto del

suo credito, anche se l’immobile dato in

anticresi sia divisibile38. Il legislatore

prevede, attraverso la norma citata, solo una

delle cause di estinzione del diritto

anticretico; pari efficacia estintiva avranno

pertanto i fatti e gli atti idonei a produrre

l’estinzione totale del credito cui l’anticresi

accede (a titolo esemplificativo: remissione

del debito, prescrizione, compensazione,

accertamento, etc.)39.

B) Quanto al mandato di credito (art. 1958 –

1959, cod. civ.), esso è quel contratto

mediante il quale una parte assume l’incarico38 È questo il c.d. principio d’indivisibilità, previsto anche in

tema di pegno dall’art. 2799, cod. civ. Si è segnalata però (M.

D’AMELIO, Dell’anticresi, in Comm. cod. civ. D’Amelio e Finzi, Libro delle

obbligazioni, II, Firenze, 1949, p. 446) la prevedibilità di una

liberazione progressiva del bene oggetto del contratto, ovviamente

sul presupposto che lo stesso sia divisibile.39 Amplius, M. FRAGALI, L’anticresi, cit., p. 158 e 164.

46

di fare credito ad un terzo, ossia di stipulare

con costui un contratto di finanziamento (ad

esempio un mutuo, o un’apertura di credito), in

nome e nell’interesse proprio40. Differentemente

dal regime stabilito per il mandato dall’art.

1719 cod. civ., che prevede l’obbligo del

mandante di somministrare al mandatario i mezzi

necessari per l’esecuzione del contratto,

l’art. 1958 cod. civ. statuisce che la persona

che ha dato l’incarico risponde come

fideiussore (del mandatario) per un debito

futuro. Dal contratto de quo la legge fa

pertanto nascere un’obbligazione fideiussoria

in capo al “mandante” dell’operazione di

finanziamento; trattasi di un’ipotesi di

40 E non del mandante, circostanza che vale a distinguere il

negozio de quo dallo schema del mandato (art. 1703 cod. civ.)

47

fideiussione legale, che prescinde dalla

volontà delle parti41.

Lo schema contrattuale in esame determina un

duplice ordine di rapporti tra i medesimi

soggetti dell’operazione negoziale: tra il

mandante ed il mandatario corre sia un rapporto

di mandato42, che di garanzia (il mandante

risponde come fideiussore di un debito futuro).

Conseguentemente, il rapporto mandante-

mandatario sarà regolato dalle norme sul

mandato, fatta salva l’integrazione con quelle

dettate appositamente in relazione alla41 C. M. BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, cit., p. 505.42 Non pare opportuno in questa sede addentrarsi nella

problematica dell’inquadramento sistematico del negozio de quo

nello schema del mandato, piuttosto che del contratto a favore di

terzo. Pertanto non resta che rinviare l’approfondimento della

tematica a C. M. BIANCA, op. ult. cit., p. 507; SIMONETTO, Mandato di

credito, in Noviss. dig. it., X, p. 149 (di opinione concorde col primo

Autore citato, nell’escludere la riconduzione del negozio allo

schema del mandato); ABADESSA, Obbligo di far credito, in Enc. dir., XXIX,

p. 534 ss.

48

finalità creditizia dell’incarico: a) la norma

che costituisce il mandante come fideiussore

del mandatario (art. 1958 comma 1, cod. civ.);

b) quella che autorizza il mandante a revocare

il mandato in ogni caso (tranne quando il

mandato è stato già eseguito con una

concessione di credito irrevocabile),

risarcendo però il danno al mandatario (art.

1958 comma 2, cod. civ.)43; c) la norma secondo

cui il mandatario è esonerato dall’esecuzione

dell’incarico, qualora le condizioni

patrimoniali del mandante o del terzo siano

divenute tali da rendere molto più difficile il

soddisfacimento del suo credito (art. 1959

comma 1, cod. civ.). Quest’ultima disposizione,

si badi, non estingue necessariamente il

mandato; il mandatario, infatti, può comunque43 Cfr. la diversa regola statuita in relazione al contratto di

mandato dall’art. 1723 comma 2, cod. civ.

49

dargli esecuzione ed in ogni caso, per

l’estinzione del contratto, è necessario un

recesso proprio del mandatario44.

Quanto al rapporto di garanzia (fideiussoria),

questo sarà regolato dalle norme sue proprie. A

rigore, pertanto, non si potrà qualificare il

contratto de quo come un negozio di garanzia a

sé stante; si dovrà ritenere, piuttosto, che

l’obbligo di garanzia45 che la legge impone a

colui che dà l’incarico di finanziamento, sia

strumentale alla concessione del credito ed

assuma di conseguenza un ruolo solo secondario

nell’economia complessiva del negozio. La

collocazione sistematica del contratto in esame

tra quelli a contenuto di garanzia si spiega

44 A. e op. ult. cit., p. 506.45 In dottrina, valorizzando il disposto dell’art. 1958 <<

risponde come fideiussore>>, si parla di fideiussione indiretta

(L. PIAZZA, Garanzia, cit., p. 4.).

50

perché, pur non riducendosi la posizione del

mandante a quella di fideiussore, costui

risponde come tale46.

3. Personalità del vincolo fideiussorio: la funzione di

garanzia della fideiussione si specifica nella “duplicazione”

soggettiva del vincolo obbligatorio.

Occorre ora procedere ad un’analisi puntuale

della fideiussione, tipico negozio di garanzia

personale (art. 1936 ss., cod. civ.), sulla cui

base il garante s’impegna alla realizzazione

dell’interesse creditorio dedotto in una

diversa obbligazione principale.

L’esame particolareggiato di tale figura

negoziale consentirà l’acquisizione degli

46 Cfr. M. FRAGALI, Garanzia, cit., p. 456; l’A. precisa che la

distanza che corre tra la funzione del contratto in esame e la

fideiussione è tangibile, se si pensa all’immediato rilievo

dell’assenza in quest’ultimo di un obbligo del garantito di far

credito ad un soggetto terzo.

51

strumenti cognitivi, utili alla comprensione

delle differenze che corrono, quanto a

struttura, contenuto, funzione e causa

negoziali, tra questa forma di garanzia

personale, il contratto di promessa del fatto

del terzo (cui parte della dottrina riconosce

una funzione di garanzia personale), ed i

contratti di garanzia caratterizzati dalla c.d.

autonomia dell’obbligazione del garante

rispetto all’obbligazione principale.

La fideiussione affonda le proprie radici

nell’ordinamento giuridico romano, in cui la

fideiussio si affianca alle più antiche forme

della sponsio e della fidepromissio, com’assunzione

di un’obbligazione solidale47. 47 Per un approfondimento della tematica concernente le garanzie

personali dell’obbligazione nell’ordinamento giuridico romano, ed

in particolare l’origine storica ed i caratteri della fideiussio, si

rinvia a M. TALAMANCA, Fideiussione, in Enc. dir. (parte storica), XVII,

Milano, 1968, p. 322 – 345.

52

Fin dall’antichità emerge, quale caratteristica

propria del contratto di fideiussione, la

costituzione di un rapporto obbligatorio (che

vede nel garante il soggetto passivo)

funzionalmente connesso a quello principale, il

cui debitore è soggetto terzo rispetto alla

garanzia48.

L’elemento della personalità del vincolo

fideiussorio appare tutt’oggi dalla lettera

dell’art. 1936 cod. civ., secondo cui è

fideiussore colui che obbligandosi personalmente

verso il creditore, garantisce l’adempimento di

un’obbligazione altrui; siffatto dato vale a

distinguere il negozio de quo da quelle forme di

garanzia (nell’antichità assunte da vades e

praedes) in cui il garante risponde sic et simpliciter

per un debito altrui e non perché autonomamente

48 M. TALAMANCA, op. ult. cit., p. 330.

53

investito di un’obbligazione che grava su di

lui (es.: terzo datore d’ipoteca). Il

fideiussore assume un’obbligazione di garanzia

autonoma rispetto a quella principale e

garantisce l’adempimento della medesima con

tutti i suoi beni presenti e futuri; il

creditore pertanto, nell’eventualità che il

primo non adempia l’obbligazione, potrà

esperire l’azione esecutiva, oltre che sul

patrimonio del debitore principale, anche su

quello del fideiussore.

In dottrina49 si è evidenziato che la funzione

di garanzia consistente nel rafforzamento

dell’aspettativa creditoria, propria anche di

altre fattispecie negoziali, si realizza nella

fideiussione mediante un’aggiunta alla

preesistente obbligazione garantita di un altro

49 BARBIERA, Garanzia del credito e autonomia privata, Napoli, 1971, p. 33.

54

rapporto obbligatorio, accessorio al primo; si

verifica, in tal modo, un allargamento del potere di

aggressione del creditore per la soddisfazione del

suo diritto50. Il fine tipico di garantire

l’adempimento si realizza quindi, nel nostro

contratto, attraverso la duplicazione soggettiva del

vincolo obbligatorio51, con il risultato di aumentare

le probabilità di ottenere l’estinzione satisfattoria

dell’obbligazione garantita52, per poter il

creditore pretendere dal fideiussore

l’adempimento dell’obbligazione di garanzia,

avente il medesimo oggetto di quella

principale.

50 RAVAZZONI, La fideiussione, Milano, 1973, p. 109.51 DI SABATO, L’assuntore del concordato fallimentare, Napoli, 1960, p.4652 BARBIERA, op. loc. cit.

55

4. Parti del contratto. La fideiussione rilasciata dal garante

all’insaputa del debitore garantito.

Parti del contratto di fideiussione sono il

fideiussore ed il creditore: il fideiussore,

alla stregua dell’art. 1936 comma 1, cod. civ.,

garantisce, infatti, l’adempimento di

un’obbligazione altrui, ossia di un soggetto terzo

rispetto al contratto di fideiussione; d’altro

canto il debitore garantito potrebbe essere

addirittura all’oscuro della stipula del

negozio fideiussorio, giacché il contratto

anche ora è ugualmente efficace (art. 1936

comma 2, cod. civ.)53.

La norma contenuta nell’articolo da ultimo

citato è espressione di un principio generale,

secondo cui non è necessario che il debitore

53 M. FRAGALI, Fideiussione, (dir. priv.), in Enc. dir., XVII, Milano, 1968,

p. 348.

56

presti il suo consenso alla conclusione del

negozio tra terzo e creditore, che ha l’effetto

di rafforzare l’aspettativa creditoria di

quest’ultimo nei confronti dell’obbligato

principale. Una disposizione analoga opera, ad

esempio, in materia di espromissione (art. 1372

cod. civ.), fattispecie in cui la promessa di

adempimento di un terzo (espromittente)

rafforza la posizione del creditore,

determinando la nascita di un’obbligazione

solidale passiva a carico del debitore

principale e dell’assuntore del debito altrui,

qualora l’espromissione sia cumulativa, ossia

il creditore non dichiari espressamente di

liberare l’obbligato principale.

L’effetto favorevole a favore del creditore è

agevolato in quanto il legislatore non richiede

57

per il suo operare il necessario coinvolgimento

del terzo. Anzi in dottrina54 è diffusa

l’opinione secondo cui il negozio “di garanzia”

può essere stipulato non solo qualora il

debitore garantito ne sia ignaro, ma anche se

si opponga alla sua conclusione.

È pur vero infatti che alcune norme

dell’ordinamento (ad esempio quella contenuta

nell’art. 1180 cod. civ.) proteggono

l’interesse del debitore ad adempiere

personalmente, ma suddetta tutela non si spinge

fino al punto d’impedire radicalmente

l’adempimento del terzo55. L’articolo citato, ad

esempio, prevede che se ricorre l’opposizione

del debitore al pagamento del terzo, il

54 In argomento, in tal senso A. RAVAZZONI, La fideiussione, Milano,

1957, p. 145.55 Cfr. R. NICOLO’, L’adempimento dell’obbligo altrui, in Scritti, II,

Milano, 1980, p. 973 ss.

58

creditore sia autorizzato, ma non obbligato, a

rifiutarlo. L’ordinamento valuta pertanto come

preminente e meritevole di protezione

l’interesse creditorio all’ottenimento di

quanto gli è dovuto, piuttosto che quello del

debitore all’estromissione del terzo dai suoi

affari.

5. Segue: la fideiussione rilasciata su incarico del debitore

garantito.

Normalmente l’assunzione dell’obbligazione

fideiussoria avviene in virtù di un accordo tra

garante e debitore principale, per essere

costui <<il primo interessato>>56 alla

conclusione del negozio fideiussorio tra il

garante ed il creditore, che avrà l’effetto di

rafforzare la posizione di quest’ultimo, ma nel

contempo consentirà al debitore di ottenere un

56 Così C. M. BIANCA, op. ult. cit., p. 473.

59

vantaggio, consistente, ad esempio, nella

concessione di un credito57. In tal caso la

stipula del nostro contratto (di cui ricordiamo

sono parti il fideiussore ed il creditore) sarà

condizione di un beneficio concesso al debitore

principale. Si pensi ad un mutuo, il cui

rilascio sia sospensivamente condizionato al

“rilascio” di una garanzia fideiussoria.

È poi immaginabile che il contraente si sia

impegnato verso il creditore a rilasciargli una

fideiussione e assuma, pertanto, l’obbligo di

presentare a quest’ultimo, in qualità di

fideiussore, una persona capace, che possieda

beni sufficienti a garantirne l’obbligazione e

che abbia o elegga domicilio nella

giurisdizione della Corte d’appello in cui la

fideiussione si deve prestare (art. 1943 cod.

57 L’esempio è prospettato da C. M. BIANCA, op. loc. ult. cit.

60

civ.). Volendo riproporre l’esempio poc’anzi

fornito, si può immaginare un contratto di

mutuo in cui si pattuisca che il mutuatario

procurerà al creditore un’idonea garanzia.

Ancora, è possibile che l’interessamento del

debitore alla stipula di una fideiussione nasca

dalla prospettiva di ottenerne vantaggi,

perché, ad esempio, il creditore si è impegnato

a concedere tassi d’interesse più bassi o altre

agevolazioni, se il debitore gli procuri una

garanzia fideiussoria.

In tutti questi casi, il fideiussore si obbliga

verso il creditore in conseguenza dell’incarico

ricevuto dal debitore principale, che, per

essere conferito nell’interesse di un terzo (il

creditore) oltre che del mandante, integrerà un

mandato irrevocabile, ai sensi dell’art. 1723

61

comma 2, cod. civ. Si è giustamente osservato58

che la presenza nella fattispecie

dell’interesse del terzo - il creditore

garantito - con conseguente irrevocabilità del

mandato conferito dal debitore al fideiussore,

<<emerge significativamente ogniqualvolta nel

rapporto principale si preveda il rilascio

della garanzia>>59. La qualificazione del

mandato come irrevocabile discende dal

vantaggio arrecato al creditore attraverso la

fideiussione, che rafforza l’aspettativa

satisfattoria di costui; il debitore

principale, vista la rilevanza dell’interesse

creditorio, non potrebbe revocare il mandato,

restando il soggetto che accetta l’incarico

obbligato a stipulare il contratto di garanzia,

58 L. RUGGERI, La fideiussione, in Trattato di diritto civile del consiglio nazionale

del notariato, diretto da P. PERLINGIERI, Napoli, 2005, p. 9.59 A. e op. loc. ult. cit.

62

a prescindere dalle mutate intenzioni del

mandante (il debitore principale)60.

Nei casi da ultimo prospettati distingueremo,

allora, da un lato, il negozio fideiussorio,

intervenuto tra fideiussore e creditore,

dall’altro, il contratto concluso tra

fideiussore e debitore principale, in base al

quale il primo si obbliga a prestare la

garanzia al creditore61.

La presenza di un incarico conferito dal

debitore al fideiussore ha indotto parte della

60 Si impone una precisazione. Si è detto che attraverso la

fideiussione il garante assume un’obbligazione personale. Il

mandato rileva come causa dell’impegno assunto attraverso il

negozio fideiussorio. Una volta che sia stata stipulata la

fideiussione, il titolo della responsabilità del garante sarà da

rinvenire proprio in tale contratto di garanzia. Pertanto il

problema della revocabilità del mandato dovrebbe porsi, a ben

vedere, solo in una fase intermedia tra il cofermento

dell’incarico e la stipula del negozio fideiussorio.61 C. M. BIANCA, op. cit., p. 474.

63

dottrina62 a ravvisare per tale caso un negozio

plurilaterale di fideiussione.

Secondo altra prospettazione63, invece, la

compresenza del rapporto di mandato e di

fideiussione determinerebbe un’ipotesi di

rapporti tra loro collegati; in quest’ottica,

l’incarico s’inserisce in un’operazione

economica complessa, la cui realizzazione

postula una pluralità di negozi tra loro

connessi64. Più dettagliatamente, tra rapporto

principale, incarico e fideiussione

62 In tal senso A. RAVAZZONI, op. ult. cit., p. 148, che richiama F.

MESSINEO, Il negozio giuridico plurilaterale, in Studi di diritto delle società,

Milano, 1949, p. 15 ss., individuando l’esistenza di negozi

giuridici plurilaterali, ogniqualvolta si possa ravvisare

l’esistenza di dichiarazioni di volontà autonome e operanti in

direzioni e per interessi diversi.63 C.M. BIANCA, op. loc. cit.; M. LOBUONO, Contratto e attività economica nelle

garanzie personali, Napoli, 2002, p. 33; 64 P. PERLINGIERI, Nuovi profili del contratto, in Rass. dir. civ., 2000, p.

554: l’A. rileva che spesso il raggiungimento di una determinato

fine economico implica il superamento dell’adozione di un’unica

struttura.

64

sussisterebbe, in primo luogo, un collegamento

genetico: il mandato è conferito a seguito di un

accordo con il creditore principale, oppure al

fine di ottenere, in virtù della maggiore

sicurezza del credito realizzata attraverso la

garanzia, una modulazione del programma

contrattuale più favorevole (ad esempio: minore

tasso d’interesse, termine maggiore, etc.); la

conclusione del negozio fideiussorio è a sua

volta la conseguenza dell’impegno assunto dal

garante accettando l’incarico65. Inoltre, sotto

il profilo del rapporto che corre tra

l’obbligazione fideiussoria e quella

65 Occorre precisare che il negozio intervenuto tra fideiussore e

debitore principale, in base al quale il primo si obbliga a

prestare la garanzia, non deve essere necessariamente un mandato.

È possibile ad esempio che il garante (banca) abbia concluso con

il proprio cliente un contratto di apertura di credito di firma,

in base al quale il primo s’impegna ad un facere, consistente

nell’assumere o nel garantire un’obbligazione del secondo. Per

l’analisi dell’istituto si rinvia al par. 11, lettera B, del

capitolo terzo del presente studio.

65

principale, si evidenzia un collegamento

funzionale66, per essere la prima preordinata allo

stesso risultato di quella principale.

Infine, ai sensi di un’ulteriore tesi

proposta67, la relazione sussistente tra il

rapporto debitore – fideiussore e quello

garante – creditore potrebbe spiegarsi

richiamando lo schema del contratto a favore di

terzo (art. 1411 ss. cod. civ.). Si afferma68,

per tal verso, che il debitore è parte del

negozio fideiussorio, quando la garanzia è

oggetto di un contratto da lui concluso con il

fideiussore a favore del creditore. Per tal

eventualità la fideiussione troverebbe fonte in

un contratto a favore di terzo (in cui

66 Cfr. Cass., 31 agosto 1984, n. 4738, in Banca borsa tit. cred., 1985,

II, p. 11.67 M. FRAGALI, Fideiussione, cit., p. 348.68 A. e op. loc. ult. cit.

66

promittente sarebbe il fideiussore,

beneficiario il creditore, stipulante il

debitore) diventando irrevocabile nel momento

in cui il terzo dichiari di volerne profittare,

secondo quanto statuisce l’art. 1411, comma 2,

cod. civ.

Contro tale impostazione si è obiettata

l’incompatibilità di essa con il disposto

dell’art. 1936 comma 1, cod. civ., che, nel

definire il fideiussore come colui che obbligandosi

personalmente verso il creditore garantisce

l’adempimento di un’obbligazione altrui,

farebbe riferimento al negozio che corre tra il

garante ed il beneficiario della garanzia69.

Inoltre indici normativi contenuti negli

articoli che il legislatore dedica alla

69 L. RUGGERI, op. cit., p. 11.

67

disciplina dell’istituto70 prospetterebbero una

partecipazione del creditore alla

determinazione del contenuto del rapporto

fideiussorio71.

La questione più preoccupante che concerne la

possibilità di configurare un contratto

fideiussorio a favore del terzo sembra, a mio

sommesso parere, essere la seguente. L’art.

1413 cod. civ., relativo al regime delle

eccezioni opponibili dal promittente, statuisce

che costui può opporre al terzo <<le eccezioni

fondate sul contratto dal quale il terzo deriva

il suo diritto>>, ossia le c.d. eccezioni

causali, afferenti il contratto a favore di

terzo stipulato dallo stipulante e dal

promittente. Applicando lo schema del contratto

70 Si veda ad esempio il comma 2 dell’art. 1944. 71 A. e op. loc. ult. cit.

68

a favore di terzo alla fideiussione, il

creditore beneficiario resterebbe così esposto

al rischio che l’escussione della garanzia sia

paralizzata dalle summenzionate eccezioni, per

essere, ad esempio, invalido il contratto tra

stipulante e promittente (alias debitore e

fideiussore), oppure, ipotesi limite, per non

aver il debitore adempiuto, nei confronti del

fideiussore, l’obbligo di pagare il prezzo del

rilascio della fideiussione.

In buona sostanza, ammettendo la configurazione

di un contratto fideiussorio che nasca secondo

lo schema del contratto a favore di terzo, il

regime delle eccezioni opponibili dal

fideiussore imporrebbe al creditore un onere di

accertamento relativo alla validità ed

efficacia del negozio da cui deriva il suo

69

diritto (il contratto a suo favore), che

riterrei non essere ammissibile alla luce della

funzione essenziale che il contratto di

fideiussione è preordinato a realizzare: il

rafforzare l’esigenza di sicurezza del credito.

6. Le affinità strutturali e funzionali tra la fideiussione e

l’assunzione cumulativa del debito altrui impongono la

ricerca di sicuri criteri distintivi degl’istituti, poiché la

relativa disciplina, soprattutto riguardo al regime delle

eccezioni opponibili, è decisamente differente.

Si è visto che ai sensi dell’art. 1936 cod.

civ. la fideiussione dà vita ad un obbligo

personale di garanzia in capo al fideiussore.

Si aggiunga, ora, che il nostro contratto dà

luogo ad un vincolo di solidarietà passiva tra

garante e debitore, espressamente previsto

dall’art. 1944 comma 1, cod. civ.

70

La nascita di un obbligo personale, che grava

su un soggetto terzo rispetto al rapporto

principale e il regime di solidarietà passiva

dei vincoli non sono tratti esclusivi del

contratto di garanzia in esame. Anche i negozi

di assunzione del debito altrui (art. 1268 ss.

cod. civ.) determinano un’obbligazione

personale a carico del terzo e, salvo diversa

specificazione negoziale72, comportano che il

debitore originario e l’assuntore siano

obbligati in solido per l’adempimento

dell’obbligazione, precisando l’art. 1268 cod.

civ., con riguardo al negozio di delegazione

cumulativa, che il creditore che ha accettato

72 La disciplina dettata per la delegazione, l’espromissione e

l’accollo (art. 1268, 1272 e 1273 cod. civ.) statuisce che la

liberazione del debitore originario si verifica se il creditore

dichiari espressamente di liberarlo; quanto all’accollo l’art.

1273, comma 2, cod. civ. prevede che il debitore sia liberato,

oltre che nell’ipotesi summenzionata, anche se ciò costituisce

condizione espressa della stipulazione.

71

l’obbligazione del terzo non può rivolgersi al

delegante, se prima non ha richiesto al

delegato l’adempimento.

Giacché il legislatore ha soppresso il

beneficio di escussione a favore del

fideiussore com’effetto naturale del negozio73,

il terzo viene a trovarsi pertanto in una

situazione analoga a quella del fideiussore,

per essere nelle diverse ipotesi di assunzione

del debito obbligato in solido con il debitore

principale, <<sia pure con modalità diverse>>74.

73 Previsto invece dall’art. 1907 cod. civ. del 1865, secondo cui

il regime di solidarietà delle obbligazioni fideiussoria e

principale dovesse essere espressamente pattuito, essendo effetto

naturale del contratto il beneficium excussionis.74 La precisazione è di E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del fatto del

terzo, cit., p. 24, che al riguardo puntualizza che <<anche se

nella delegazione cumulativa (art. 1268, comma 2, cod. civ.) è

previsto l’onere del creditore di chiedere preventivamente

l’adempimento ad uno degli obbligati (delegato) si tratta di un

tipo di sussidiarietà che non contrasta con i principi generali

della solidarietà e può inquadrarsi nell’ambito delle diverse

modalità del vincolo solidale espressamente previste da una norma

72

Ma v’è di più. Le analogie tra fideiussione e

negozi di assunzione del debito non si limitano

al regime di solidarietà tra l’obbligazione

originaria e quella che si costituisce in capo

al garante o all’assuntore, ma riguardano sia

le dinamiche negoziali che danno vita al

“nuovo” rapporto obbligatorio, che l’assetto

d’interessi che le operazioni (di assunzione o

di garanzia) sono idonee a realizzare.

Quanto a quest’ultimo punto si è giustamente

osservato75, con riguardo specifico all’accollo,

che l’esame degl’interessi che inducono a

siffatto negozio rivela che l’effetto di

rafforzare l’aspettativa di soddisfazione del

credito può realizzarsi, oltre che attraverso

di legge (l’art. 1293 cod. civ.)>>. L’articolo citato dispone

infatti che la solidarietà non sia esclusa dal fatto che i singoli

debitori siano tenuti ciascuno con modalità diverse.75 E. BRIGANTI, op. cit., p. 22.

73

la fideiussione, anche mediante la semplice

assunzione (cumulativa) del debito. Anche la

stipulazione dei negozi di assunzione, infatti,

può produrre un effetto di garanzia,

consistente nella duplicazione soggettiva del

vincolo obbligatorio76, che, rafforzando il

potere di aggressione del creditore, aumenta le

probabilità di ottenere l’estinzione

satisfattiva dell’obbligazione.

Quanto alla dinamica negoziale che conduce alla

stipulazione di una fideiussione, si è visto77

che essa di regola presuppone un incarico del

debitore, ma nel contempo la disciplina

codicistica (art. 1936, comma 2) consente che

il contratto possa essere stipulato senza detto

76 Così DI SABATO, op. loc. cit.77 Vedi retro, par. 5.

74

incarico e addirittura senza che il debitore ne

abbia conoscenza.

La struttura della fideiussione richiama così

quella dei negozi di assunzione del debito e

precisamente lo schema della delegazione, se il

debitore dà mandato al fideiussore di assumere

il debito, e la figura dell’espromissione,

qualora il debito sia assunto dal fideiussore

senz’alcun incarico del debitore.

Laddove poi si aderisca a quell’opinione

dottrinale78 che prospetta la configurabilità di

un negozio fideiussorio a favore di terzo (il

creditore), quest’accordo è strutturalmente

affine allo schema dell’accollo (art. 1273

comma 1, cod. civ.).

78 M. FRAGALI, Fideiussione, cit., p. 348.

75

Fungono da contraltare alle analogie

summenzionate tra la fideiussione e

l’assunzione cumulativa del debito altrui le

rilevanti differenze di disciplina previste dal

legislatore, specialmente sotto il profilo del

regime delle eccezioni, da cui l’esigenza

dell’individuazione di criteri distintivi tra

le figure.

Intatti, mentre l’art. 1945 cod. civ. prevede

che il fideiussore possa opporre al creditore

tutte le eccezioni che spettano al debitore

principale, salvo quella dell’incapacità, per

il caso della delegazione astratta dal rapporto

di valuta il delegato non può opporre al

delegatario le eccezioni relative al rapporto

di quest’ultimo con il delegante (art. 1271,

comma 3, cod. civ.); l’espromittente, invece,

76

non può contrastare l’azione di adempimento del

creditore attraverso le eccezioni personali al

debitore principale, quelle che derivano da

fatti successivi all’espromissione, né infine

eccependo la compensazione <<che avrebbe potuto

opporre il debitorio originario, quantunque si

sia verificata prima dell’espromissione>> (art.

1272, comma 2, cod. civ.).

L’accollante invece può <<opporre al creditore

le eccezioni fondate sul contratto in base al

quale l’assunzione è avvenuta>> (art. 1273,

comma 4, cod. civ.), divergendo tale regime,

sia per eccesso, che per difetto, rispetto a

quello previsto per la fideiussione.

77

7. Segue: Sia la fideiussione che l’assunzione cumulativa del

debito hanno per effetto un rafforzamento della posizione

del creditore, ma lo scopo tipico di garantire il credito

ricorre nel solo negozio fideiussorio. L’eterogeneità

funzionale dei due schemi comporta una diversa incidenza

del peso del debito.

Una prima diversità concettuale tra la

fideiussione e l’assunzione cumulativa del

debito si fonda sul diverso elemento casuale

che regge i due schemi negoziali, in quanto,

pur essendo entrambi idonei a rinsaldare

l’aspettativa creditoria d’ottenere

l’estinzione satisfattoria del diritto, solo la

fideiussione è tipicamente preordinata a tale

scopo79, per essere un negozio causale di

garanzia80. Il rilievo attribuito alla funzione

79 Cfr. DI SABATO, Fideiussione e negozi di assunzione del debito altrui: criteri

d’interpretazione, in Riv. dir. civ., 1961, II, p. 490 ss.80 Così C. M. BIANCA, op. cit., p. 474.

78

di garanzia del negozio intercorso tra terzo e

creditore sarà pertanto indice favorevole alla

sua qualificazione come fideiussione81.

Quanto agl’interessi tipicamente sottesi alla

fideiussione e all’assunzione cumulativa, si è

evidenziato che un indice di qualificazione del

negozio va rinvenuto nella presenza, o meno, di

un interesse proprio del terzo all’intervento

nel rapporto obbligatorio82: si avrà la

conclusione di un contratto di fideiussione o

un’assunzione cumulativa di debito secondo che,

81 Così E. BRIGANTI, op. cit., p. 31, il quale richiama l’opinione

precedentemente espressa in tal senso da RODOTA’, Espromissione, in

Enc. dir., XV, Milano, 1966, p. 788, in riferimento

all’espromissione cumulativa.82 DI SABATO, L’assuntore del concordato fallimentare, cit., p. 51, nota, 72;

l’A. osserva che <<in concreto si può essere indotti

all’assunzione pur senza avere un interesse proprio, o invece alla

fideiussione avendo un personale interesse, ma ciò non esclude che

in astratto ciascuno dei due schemi possa essere tipicamente

preordinato per l’ipotesi che, rispettivamente, vi sia un

interesse proprio del terzo>>.

79

rispettivamente, il terzo si obblighi per

realizzare un interesse del debitore originario

(ad esempio per permettergli di ottenere la

concessione di un credito), oppure un interesse

proprio (come avviene ad esempio nel caso

dell’assuntore del concordato fallimentare).

Sulla falsariga di tal impostazione si è

giustamente osservato83 che <<se fideiussione e

assunzione del debito possono essere utilizzate

per realizzare la stessa funzione pratica,

bisogna innanzitutto distinguere secondo che lo

scopo di garanzia risulti o meno dal contratto

tra terzo e creditore>>. In caso positivo il

contratto dovrebbe qualificarsi come

fideiussione.

Al diverso interesse che anima l’iniziativa del

fideiussore e dell’assuntore del debito83 E. BRIGANTI, op. cit., p. 32.

80

corrisponde, sul piano della disciplina, la

previsione dell’azione di regresso (art. 1950 cod.

civ.) a favore del solo fideiussore, una volta

che costui abbia pagato. Il meccanismo previsto

dall’art. 1950 cod. civ., a tutela della

posizione patrimoniale del fideiussore, non è

contemplato dalla disciplina dell’assunzione

“pura”, dove al terzo può anche spettare

un’azione di rivalsa verso il debitore

principale, ma siffatta azione ha fondamento

sui rapporti interni tra assuntore e debitore,

piuttosto che sul meccanismo negoziale

dell’assunzione, e, conseguentemente, non è

caratterizzante ai fini della qualificazione

del negozio, configurandosi come azione

generale di arricchimento o come ripetizione

d’indebito84. In quest’ottica, un elemento84 Sull’argomento, in questi termini E. BRIGANTI, Fideiussione e

promessa del fatto del terzo, cit., p. 34. L’autore richiama il pensiero

81

distintivo della fideiussione rispetto

all’assunzione emergerebbe dal riferimento, nel

rapporto esterno assuntore – creditore, alla

previsione dell’azione di regresso a favore del

fideiussore85.

La funzione di garanzia del negozio

fideiussorio comporta, pertanto, che non si

realizzi uno spostamento patrimoniale del peso

del debito originario, perché, pur essendo il

fideiussore tenuto ad adempiere l’obbligo di

garanzia, l’azione di regresso gli consentirà

di recuperare quanto prestato86.

Nell’assunzione, invece, secondo lo schema

legale tipico, il sacrificio patrimonialedi DI SABATO, L’assuntore del concordato fallimentare, cit., p. 45 ss., 55 e

57, nota 80. All’ultimo A. citato si deve la distinzione tra

fideiussione e assunzione del debito fondata essenzialmente sulla

disciplina del regresso, nonché il diverso fondamento della

rivalsa dell’assuntore rispetto al regresso fideiussorio.85 In questi termini E. BRIGANTI, op. ult. cit., p. 33.86 Cfr. E. BRIGANTI, op. cit., p. 34.

82

dell’assuntore resterà definitivamente ancorato

al suo patrimonio, realizzandosi un mutamento

del soggetto che dovrà sostenere il peso finale

del debito87.

In conclusione, l’autonomia concettuale e

funzionale delle ipotesi di assunzione del

debito rispetto alla fideiussione trova

conferma nella diversa efficienza operativa dei

due schemi negoziali, realizzando le prime la

sostituzione o l’aggiunta di un nuovo debitore

87 Cfr. R. CICALA, Saggi sull’obbligazione e le sue vicende, Napoli, 2001, p.

134 ss. L’autorevole A. ha evidenziato però che vi sono ipotesi in

cui all’assunzione del peso del debito nei confronti del creditore

non fa riscontro un’assunzione anche nel rapporto interno. Il

sincronismo tra assunzione esterna ed interna, se è tipico

dell’accollo cumulativo, non trova riscontro nella delegazione e

nell’espromissione. Resta però il rilievo concettuale che assume

la previsione dell’azione di regresso a favore del solo

fideiussore (art. 1950 cod. civ.), da cui si potrebbe desumere

che, in ogni caso, la rivalsa eventuale dell’assuntore è elemento

non caratterizzante i negozi di assunzione, ma che rinvia alla

disciplina del rapporto interno assuntore - debitore originario.

83

all’originario, la seconda il semplice

rafforzamento del vincolo obbligatorio88.

8. Carattere solidale dell’obbligazione fideiussoria

com’effetto naturale della fideiussione.

In base all’art. 1944 cod. civ. <<Il

fideiussore è obbligato in solido col debitore

principale al pagamento del debito. Le parti

possono però convenire che il fideiussore non

sia tenuto a pagare prima dell’escussione del

debitore principale>>. A differenza di quanto

previsto nel codice civile abrogato89, sotto

88 In questi termini G. F. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e

solidarietà diseguale, Napoli, 1974, p. 273.89 Il codice civile del 1865 prevedeva che il fideiussore non era

obbligato in solido con il debitore principale, occorrendo a tal

fine che la solidarietà fosse stata espressamente prevista nel

negozio fideiussorio (art. 1907). Il codice del commercio

prevedeva, all’inverso, una presunzione di solidarietà di pari

grado a carico del fideiussore, al quale, conseguentemente, non

spettava il beneficium excussionis, salvo diversa pattuizione. Il

Codice Civile del 1942, unificando il diritto civile e quello

commerciale, uniformò la disciplina dei rapporti, nella direzione

tuttora vigente (art. 1944 cod. civ.).

84

quello vigente la fideiussione dà luogo ad un

vincolo di solidarietà passiva tra garante e

debitore, perché il beneficio d’escussione

preventiva del debitore principale è

pattuizione solo eventuale. Ne consegue che il

creditore potrà rivolgersi direttamente al

fideiussore, salvo che sia stato convenuto

l’onere del creditore di escutere

preventivamente il debitore principale90, onere90 In questo senso RAVAZZONI, La fideiussione, cit., p. 181 ss.;

SALVESTRONI, La solidarietà fideiussoria , Padova, 1977, p. 106 ss; E.

BRIGANTI, op. cit., p. 19, nota 21; TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile,

XXXVIII ed., Padova, 1998, p. 619.

Secondo diversa opinione dottrinale a vantaggio del fideiussore

sarebbe previsto un beneficium ordinis, nel senso che, anche quanto

non sia previsto l’onere di preventiva escussione, il creditore

dovrebbe comunque chiedere l’adempimento al debitore principale,

prima di rivolgersi al fideiussore (M. FRAGALI, Fideiussione – mandato

di credito, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Libro quarto,

Delle obbligazioni, art. 1936 – 1959, Bologna – Roma, 1968, p. 74

ss.). La tesi si scontra, tuttavia, con il dato letterale

dell’art. 1944 cod. civ., che impone di ritenere sussistente il

regime di solidarietà passiva. Si è inoltre giustamente osservato

(E. BRIGANTI, op. loc. ult. cit.) che la scelta inequivocabile del

legislatore a favore del regime di solidarietà trova conferma

nella Relazione al codice civile, n. 765, in cui si legge <<il creditore

85

che esalta, nella dinamica del negozio, la

funzione sussidiaria dell’obbligazione del

garante.

Il fideiussore è quindi soggetto tenuto alla

medesima prestazione cui è tenuto il debitore

principale, stabilendo del resto il legislatore

(art. 1941 cod. civ.), che la fideiussione non

può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né

può essere prestata a condizioni più onerose,

confermando così che il contenuto

dell’obbligazione fideiussoria è desumibile da

quella principale91.

In dottrina si è però definita la solidarietà

fideiussoria come anomala, o imperfetta92,

prospettando una forma speciale di solidarietà,

può sempre rivolgersi al fideiussore piuttosto che al debitore, se

non esista un dovere contrattuale d’escussione del debitore>>.91 In tal senso E. BRIGANTI, op. cit., p. 19 ss.92 Così M. FRAGALI, Fideiussione, cit., p. 360.

86

c.d. fideiussoria, il cui tratto saliente

sarebbe rappresentato dall’assenza della

comunione d’interessi: il vincolo solidale

nascerebbe nell’interesse esclusivo del

debitore garantito, giustificando

l’applicazione di una disciplina diversa

rispetto a quella operante per la solidarietà

(art. 1292 ss.).

Si è precisato, in tal senso, che

nell’obbligazione solidale la mancanza di una

comunione d’interessi è solo eventuale e,

comunque, in tal ipotesi, pur se è stata

assunta l’obbligazione per realizzare un affare

d’interesse esclusivo di uno dei coobbligati,

essa non appare all’esterno, laddove è palese

che l’adempimento del fideiussore viene a

gravare in definitiva sul debitore principale,

87

data l’eterogeneità d’interessi che la

solidarietà realizza. Il debitore principale

s’impegna infatti per il vantaggio proprio; il

fideiussore per quello altrui, <<anche se ha

interesse a procurare quel vantaggio, e sia

pure, quando la fideiussione è remunerata, con

il contemporaneo vantaggio proprio>>93.

Più precisamente, secondo la citata tesi,

l’obbligazione fideiussoria si caratterizza per

la sua natura accessoria, ossia per la sua

dipendenza dall’obbligazione garantita, mentre

l’obbligazione solidale passiva è

essenzialmente principale e oggetto di un

vincolo a sé stante; da ciò deriverebbe <<la

direzione unilaterale della solidarietà

fideiussoria>>94, poiché, mentre il regime

93 A. e op. loc. ult. cit.94 A. e op. loc. ult. cit.,

88

solidale denota, in genere, un modo di essere

comune a più obbligazioni, nel caso della

fideiussione, solidale è l’obbligazione del

fideiussore, non quella del debitore.

Una riprova della distanza che corre tra il

regime della coobbligazione solidale e quello

della solidarietà fideiussoria si è rinvenuta

nelle seguenti peculiarità della disciplina

dettata per la fideiussione95: a) sulla base

dell’art. 1297 cod. civ. ciascun debitore in

solido non può opporre al creditore le

eccezioni personali agli altri condebitori,

mentre il fideiussore può eccepire al creditore

tutti quei fatti estintivi o modificativi del

suo diritto o impeditivi della sua

azionabilità, che lo stesso debitore principale

potrebbe opporgli per paralizzare la domanda di

95 M. FRAGALI, op. ult. cit., p. 361.

89

adempimento, salvo l’incapacità (art. 1945 cod.

civ.); b) il debitore in solido, che ha pagato

l’intero debito, può ripetere dai condebitori

soltanto la parte di ciascuno di essi (at. 1299

cod. civ.), salvo che l’obbligazione sia stata

contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di

essi (art. 1298 cod. civ.), mentre il regresso

del fideiussore che ha pagato è sempre per

l’intero (art. 1950 cod. civ.); c) il

condebitore convenuto in giudizio dal creditore

non può agire in rilievo contro gli altri

coobbligati, affinché costoro gli procurino la

liberazione o, in mancanza, prestino le

garanzie necessarie per assicurargli il

soddisfacimento delle eventuali ragioni di

regresso, azione questa consentita invece al

fideiussore contro il debitore principale (art.

1953 cod. civ.); d) il fideiussore è liberato

90

se per fatto del creditore non potrà aver luogo

la surrogazione (art. 1955 cod. civ.), mentre

il condebitore in solido, alla stregua

dell’articolo 1299 cod. civ., rimane obbligato

nonostante l’insolvenza degli altri obbligati,

pur quando il creditore ne avrebbe potuto

evitare gli effetti.

Alla luce delle differenze suelencate la

solidarietà fideiussoria, pur appartenendo al

ceppo della coobbligazione solidale, costituirebbe un

sottotipo della solidarietà obbligatoria, con

la conseguenza che <<le disposizioni sulla

coobbligazione solidale governano la

solidarietà fideiussoria nei limiti consentiti

dalle caratteristiche che sono proprie di

questa, soprattutto avendo presente l’indole

91

sussidiaria e dipendente che ha l’obbligazione

fideiussoria>>96

Corretto il rilievo circa le peculiarità

disciplinari della fideiussione rispetto al

regime stabilito in via generale per le

obbligazioni solidali, si è però osservato che

esse non contraddicono la fondamentale nozione

di solidarietà passiva, che descrive il vincolo

obbligatorio di più debitori, tutti tenuti per

una medesima prestazione, tale che ciascuno può

essere costretto all’adempimento dell’intero e

l’adempimento dell’uno libera anche gli altri97.

96 A. e op. loc. ult. cit.; in senso analogo G. F. CAMPOBASSO,

Coobbligazione cambiaria e solidarietà diseguale, cit., p. 354, secondo cui

le norme sulla fideiussione sarebbero fondate su di una ratio di

favore del fideiussore, mentre il semplice condebitore in solido

sarebbe un obbligato in via autonoma.97 La precisazione è di C. M. BIANCA, op. cit., p. 468.

92

Come precisato da un attento Autore98, la

solidarietà è istituto idoneo a ricomprendere

al suo interno una pluralità di fattispecie

eterogenee; di tale potenzialità v’è traccia

anche nella disciplina che il codice civile

dedica alle obbligazioni in solido: dall’art.

1298 cod. civ. si desume, infatti, che

l’obbligazione solidale può essere stata

contratta per un interesse comune ai

condebitori, oppure nell’interesse esclusivo di

uno di essi. Il codice detta una nozione

unitaria della solidarietà, il cui fulcro è la

complessità soggettiva dell’obbligazione

(<<l’obbligazione è in solido quando più debitori

sono obbligati tutti per la medesima prestazione>> )99, ma

ricomprende nell’istituto obbligazioni tra loro

98 F. D. BUSNELLI, L’obbligazione soggettivamente complessa: profili sistematici,

Milano, 1974, p. 53 ss.99 Incipit dell’art. 1292 cod. civ.

93

distinte, seppur funzionalmente o

economicamente connesse100.

Secondo tale diversa prospettazione la

solidarietà fideiussoria non integra una

diversa forma di solidarietà, poiché condivide

con il “meccanismo” previsto dal legislatore

negli art.1292 ss. la natura di “strumento di

rafforzamento del credito”101, impiegabile tanto

in relazione ad obbligazioni assunte

nell’interesse di uno dei condebitori, quanto

per quelle sorte sulla base di una comunione

d’interessi. Quest’ultimo profilo si riverbera

unicamente sulla disciplina del regresso,

perché il legislatore ha previsto che, laddove

100 G. BISCONTINI, Solidarietà fideiussoria e “decadenza”, Napoli, 1980, p.

39, secondo cui la fideiussione senza beneficio d’escussione

produce un’obbligazione autonoma, ma funzionalmente collegata a

quella principale, per la soddisfazione del medesimo interesse

creditorio.101 Così L. RUGGERI, op. cit., p. 127.

94

l’obbligazione sia stata contratta

nell’interesse esclusivo di uno dei

condebitori, il peso definitivo del debito

ricada per l’intero su quest’ultimo soggetto

(arg. ex art. 1950 e 1298 - 1299 cod. civ.).

Per nulla diverge, pertanto, rispetto alle

regole generali, la disciplina dettata dal

legislatore in relazione al diritto di regresso

del fideiussore.

In conclusione, la solidarietà fideiussoria si

caratterizza in relazione alla causa di garanzia

che costituisce il fondamento del contratto da

cui nasce l’obbligazione del fideiussore,

laddove le varie obbligazioni in solido possono

reggersi sulle più svariate cause negoziali,

afferenti i contratti da cui nascono. D’altro

canto, in tanto è possibile affermare

95

l’esistenza di un’obbligazione in solido (tra

garante e debitore) in quanto il legislatore ha

esplicitamente previsto tale regime. Va infatti

ricordato che, secondo un’attenta opinione

dottrinale102, per operare la presunzione di

solidarietà, stabilita dall’art. 1294 cod.

civ., è necessario che l’obbligazione nasca da

un medesimo titolo. Si comprende allora che,

nascendo l’obbligazione del debitore principale

e quella del fideiussore da titoli diversi,

soltanto l’intervento legislativo ha potuto

rendere solidale l’obbligazione del garante103.

102 P. PERLINGIERI, Profili istituzionali del diritto civile, Napoli, 1979, p.

234; G. BISCONTINI, op. cit., p. 69 ss.103 In argomento L. RUGGERI, op. cit., p. 128.

96

9. La causa di garanzia del negozio e la conseguente

accessorietà genetica e funzionale dell’obbligazione

fideiussoria.

Per opinione concorde104 si usa indicare la

giustificazione casuale della fideiussione

nella garanzia dell’adempimento

dell’obbligazione altrui. La causa del negozio

in esame denota la sua funzione di rafforzare

la tutela dell’interesse del creditore

all’attuazione di un suo credito verso un

terzo, attraverso il mezzo tecnico

dell’obbligazione personale del fideiussore,

che si aggiunge a quella dell’obbligato

principale105.

104 Tra gli altri M. FRAGALI, op. cit., p. 354; C. M. BIANCA, op.

cit., p. 476; C. F. MASSIDDA, Fideiussione, in Enc. giur. Treccani, XIV,

Roma, 1988, p. 4.105 Così M. FRAGALI, op. cit. p. 355.

97

L’obbligazione del fideiussore si fonda

pertanto sullo scopo di garantire il debito

altrui (art. 1936 cod. civ.) e ad esso resta

asservita l’obbligazione che il garante assume,

in quanto le vicende originarie e successive,

che inficiano il diritto che il creditore vanta

nei confronti del debitore, si riverberano

direttamente sull’obbligo di garanzia.

Il concetto stesso di garanzia, come visto nel

par. 1 del presente capitolo, rinvia ad un quid

di esterno cui s’intende prestare una

protezione, postulando, pertanto, da un punto

di vista logico, prima che giuridico, un

collegamento tra il diritto “di garanzia” e

quello “principale”, cui il primo assicura

tutela. Il c.d. principio di accessorietà

descrive il collegamento (genetico e\o

98

funzionale) che sussiste tra il rapporto

principale, e quello di garanzia,

teleologicamente preordinato all’estinzione

satisfattoria del primo.

Da un punto di vista genetico il rapporto

accessorio presuppone un rapporto principale

esistente e valido; sotto il profilo funzionale

esso risente di tutte le vicende che incidono

sul rapporto principale, con l’effetto che

tutte le eccezioni fondate su quest’ultimo

possono essere opposte nel rapporto

(accessorio) di garanzia. La ratio di tale

regime è conseguenza immediata ed evidente

della causa di garanzia del contratto da cui

nasce siffatto ultimo rapporto.

99

Seppure in termini non assoluti106, la

fideiussione codicistica è tipicamente

caratterizzata dall’operatività del citato

principio di accessorietà, espresso attraverso quattro

106 Attraverso gli articoli 1939, 1945 e 1950, cod. civ., il

legislatore disciplina la fideiussione per un’obbligazione assunta

da un incapace, statuendo che: a) è valida la fideiussione

nonostante l’invalidità del rapporto garantito (art. 1939 cod.

civ.); b) il fideiussore non può eccepire al creditore

l’invalidità del rapporto garantito (art. 1945 cod. civ.); c)

l’esercizio del diritto di regresso è limitato a quanto sia stato

rivolto a beneficio dell’incapace garantito (art. 1950, comma 4,

cod. civ.). Questa disciplina ha sollevato numerosi problemi di

compatibilità sistematica con il principio di accessorietà, tant’è

che secondo taluni autori (vedi A. RAVAZZONI, La fideiussione, cit.,

p. 283) il contratto di fideiussione stipulato per garantire

l’adempimento del debito dell’incapace costituirebbe un’ipotesi

atipica, causalmente connotata dalla funzione di assicurare il

credito. La tesi sembrerebbe da rigettare sulla base della

semplice osservazione che l’atipicità presuppone che la

fattispecie non sia esplicitamente contemplata dalla legge,

circostanza questa che non si verifica nel caso di specie. Altri

autori individuano la ratio della normativa in esame nell’esigenza

di evitare che il fideiussore si avvantaggi di una tutela che ha

riguardo esclusivo allo stato personale del debitore principale

(in tal senso C. M. BIANCA, op. cit., p. 478; Cfr. L. RUGGERI, op.

cit., p. 18.).

100

articoli del codice civile (artt. 1939, 1941,

1942, 1945 cod. civ.). Procediamo con ordine.

A) Innanzitutto, l’art. 1939 cod. civ.

prescrive che la fideiussione non è valida se

non è valida l’obbligazione principale: la

norma sanziona un difetto ab origine della causa

negoziale. Si è prospettata107 l’applicabilità

della disposizione anche quando l’obbligazione

principale sia simulata, sia stata dichiarata

prescritta o sia di carattere naturale. Nei tre

casi esposti, non essendovi un credito

“principale” da garantire, verrebbe meno la

causa del contratto di garanzia (come

nell’ipotesi descritta dall’articolo citato).

Va precisato che l’annullabilità del contratto

da cui ha origine il rapporto garantito,

comportando un’efficacia potenzialmente107 M. FRAGALI, op. cit., p. 356.

101

eliminabile attraverso l’azione di

annullamento, non esclude la possibilità di

prestare una valida garanzia fideiussoria108; il

fideiussore, tuttavia, può eccepire il vizio

che causa l’invalidità del contratto – base,

per sottrarsi all’escussione della garanzia.

B) L’art. 1941 cod. civ. dispone che la

fideiussione non può eccedere quanto dovuto dal

debitore, né può essere prestata a condizioni

più onerose. A conferma del carattere

imperativo109 ed inderogabile110 del principio,

108 Sull’argomento G. BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in

Tratt. dir. priv. Rescigno, 13, Torino, 1085, p. 287 ss.109 A. RAVAZZONI, Fideiussione, cit., p. 280; l’A. precisa che la

riduzione della fideiussione eccessiva può anche avvenire ad opera

del giudice ex officio.110 L’inderogabilità va intesa nel senso che non è ammissibile la

fideiussione a condizioni più gravose, non quella in leviorem causam

(art. 1941, comma 2, cod. civ.). Cfr. M. FRAGALI, Fideiussione, cit.,

p. 359. L’A. precisa che l’eccedenza della fideiussione rispetto a

quanto dovuto dal debitore principale va verificata in concreto,

in modo da chiarire se essa sia apparente, come per il caso che le

parti abbiano inteso considerare il sovrappiù come oggetto di

102

il terzo comma del medesimo articolo statuisce

che l’obbligazione fideiussoria eccedente il

debito, o contratta a condizioni più onerose, è

valida nei limiti dell’obbligazione principale.

La norma è posta a salvaguardia

dell’accessorietà fideiussoria e risponde ad un

criterio di ragionevolezza: il valore causale

che nella fideiussione assume il nesso tra

l’obbligazione del garante e quella

dell’obbligato principale impone che

l’esposizione debitoria di quest’ultimo non

possa eccedere quella del debitore “primario”.

È interessante notare che ove la fideiussione

ecceda quanto dovuto dal debitore o sia

prestata a condizioni più onerose, il

obbligazione a causa diversa, o quale corrispettivo di un

vantaggio concesso al fideiussore. Quanto alla fideiussione

concessa a condizioni più gravose, la maggiore gravosità potrebbe

essere condizione, loco, modo, die.

103

legislatore non commina la nullità del negozio

di garanzia, ma la “riduzione” dello stesso,

attraverso una tecnica normativa che fa

applicazione del principio di conservazione del

contratto e dei suoi effetti111. La fideiussione

che obbliga il fideiussore in duriorem causam non

è un atto valido, ma il legislatore ne

salvaguardia l’efficacia, previa riduzione del

programma negoziale iniziale, sulla scorta

dell’obbligazione garantita. Si è osservato in

tal senso che la disposizione <<appare come il

frutto di una sapiente combinazione dei due

rimedi (incisione sul regolamento negoziale e

salvaguardia della sua efficacia), attraverso i

quali si realizza il valore rappresentato dalla

conservazione del contratto: il mantenimento

della regola privata meritevole di tutela e

111 Cfr. L. RUGGERI, op. cit., p. 54.

104

l’adeguamento della regola difforme alla

realizzazione degl’interessi privilegiati

dall’ordinamento>>112

Il comma 2 dell’art. 1941 cod. civ. statuisce

poi che <<la fideiussione può prestarsi per una

parte soltanto del debito o a condizioni meno

onerose>>. Tale disposizione, prescrivendo la

validità della fideiussione in leviorem causam,

ammette che l’obbligato principale e quello

fideiussorio non siano tenuti per una medesima

prestazione o alle stesse condizioni.

Se la fideiussione preveda condizioni più

vantaggiose per il garante, rispetto al

debitore, il regime di solidarietà passiva

potrà ritenersi salvo alla stregua dell’art.

1293 cod. civ., secondo cui la <<la solidarietà

non è esclusa dal fatto che i singoli debitori112 A. e op. ult. cit., p. 55.

105

siano tenuti ciascuno con modalità diverse>>.

Qualora però la fideiussione sia prestata per

una parte soltanto del debito, l’obbligazione

fideiussoria non sarà esattamente identica a

quella del debitore principale, con ciò venendo

meno il presupposto oggettivo dell’esistenza di

un’obbligazione in solido113. La previsione di

cui all’art. 1941, comma 2, cod. civ., ha un

importante rilievo sistematico, poiché apre il varco

a fideiussioni che, per caratteristiche

strutturali, non possono dar luogo ad

un’obbligazione in solido.

È possibile una riflessione ulteriore. La

norma, consentendo la prestazione di

fideiussioni non identiche all’obbligazione

principale (garanzia prestata per una parte113 L’art. 1293 cod. civ. prescrive in fatti che <<l’obbligazione è

in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima

prestazione (…)>>.

106

soltanto del debito), tempera il principio di

accessorietà, ammettendo che il contenuto

dell’obbligo del fideiussore possa modellarsi

in senso parzialmente autonomo rispetto a

quello dell’obbligo principale. Ne risulta una

conferma di quell’opinione dottrinale che aveva

predicato l’ammissibilità di una fideiussione

per obbligazione di fare e dare fungibili114.

C) La strutturale accessorietà dell’obbligo del

fideiussore trova ulteriore specificazione

nell’art. 1942 cod. civ., che statuisce il

principio di estensione della fideiussione.

Alla luce del citato articolo la garanzia

prestata dal fideiussore non si limita a

coprire il debito principale, ma si estende a

tutti gli accessori di esso, nonché alle spese

per la denunzia al fideiussore della causa

114 In tal senso Cfr. E. BRIGANTI, op. cit., p. 47 ss.

107

promossa contro il debitore principale e alle

spese successive.

La disposizione trova applicazione soprattutto

in relazione a fideiussioni prestate a garanzia

di debiti pecuniari. Problematica risulta,

tuttavia l’individuazione delle categorie

d’interessi suscettibili di determinare

l’estensione dell’esposizione debitoria del

fideiussore. La giurisprudenza ritiene che la

prestazione cui il garante è tenuto vada

determinata per relationem, in misura

corrispondente a quella del debitore

principale. Ad esempio si è stabilito che il

fideiussore sia obbligato a pagare gl’interessi

ultralegali praticati dalla banca al debitore

108

garantito, ogniqualvolta quest’ultimo non abbia contestato

l’estratto conto che liquida tali interessi115.

La soluzione non ha mancato di sollevare

critiche116. Evidentemente, infatti, per

l’ipotesi menzionata, il fideiussore <<rimane

in balia del debitore principale>>117, in quanto

l’inerzia di quest’ultimo aggrava la posizione

del garante, senza che questi abbia la

possibilità di procedere ad un controllo circa

le pretese della banca creditrice. D’altro

canto, l’art. 1284, comma 3, cod. civ.,

statuisce la forma scritta ad substantiam per la

determinazione d’interessi superiori alla

misura legale. Il garante, quindi, risulterebbe

obbligato al pagamento degl’interessi

115 Cass., 8 agosto 1988, n. 4871, in Banca borsa tit. cred., 1989, II,

p. 576.116 L. RUGGERI, op. cit., p. 178.117 A. e op. loc. ult. cit.

109

ultralegali senza che nessuna pattuizione

scritta abbia sancito tal obbligo nei suoi

confronti, e senza poter neppure contestare

l’estratto conto che liquida gl’interessi in

misura extralegale.118.

Dovrebbe pertanto ritenersi contrario ai

principi di buona fede nell’interpretazione ed

esecuzione del contratto che il comportamento

negligente del debitore, il quale ometta di

contestare gli addebiti sul proprio conto

corrente, possa condurre alla suddetta

estensione del debito fideiussorio.

A nulla varrebbe obiettare che in conseguenza

dell’esperimento dell’azione di regresso il

peso definitivo del debito non grava sul

garante, ma sul debitore principale. È chiaro

infatti che alto è il rischio del fideiussore118 In questi termini A. e op. ult. cit., p. 179.

110

di non poter soddisfare le proprie ragioni,

data l’incapienza del patrimonio del debitore

garantito.

La giurisprudenza di merito119 ha poi ritenuto

estensibile per relationem l’esposizione

debitoria del fideiussore agl’interessi

moratori dovuti dal debitore, secondo la misura

pattuita da quest’ultimo col creditore,

piuttosto che secondo quella legale. Anche ora

sembrerebbe che la soluzione tuteli

eccessivamente il creditore e per nulla il

fideiussore120.

119 In tal senso App. Firenze, 29 settembre 1980, in Banca borsa tit.

cred., 1981, II, p. 445.120 Ma vedi Cass., 16 gennaio 1985, n. 103, in Banca borsa tit. cred.,

1986, II, p. 144, che ha cassato la sentenza prima menzionata,

proponendo una lettura restrittiva dell’art. 1942 cod. civ.,

salvaguardando la posizione del fideiussore, che, soprattutto in

ipotesi di fissazione di un tetto massimo del debito garantito,

non può vedersi addossati gl’interessi moratori pattuiti dal

debitore col creditore.

111

10. Segue: le eccezioni opponibili dal fideiussore (art. 1945

cod. civ.): un’ulteriore estrinsecazione del principio di

accessorietà.

L’art. 1945 cod. civ. statuisce:<<il

fideiussore può opporre contro il creditore

tutte le eccezioni che spettano al debitore

principale, salva quella derivante

dall’incapacità>>.

La norma, che costituisce un’ulteriore

estrinsecazione del principio di accessorietà

dell'obbligazione fideiussoria, va letta

coordinatamente all'art. 1939 cod. civ., perché

permette al garante (la possibilità) di

sollevare, tra le altre, le eccezioni legate

all'invalidità del rapporto principale,

richiamando esplicitamente la limitazione

112

legata all'incapacità del debitore garantito,

già prevista dall’articolo citato.

La ragione del descritto regime va rinvenuta

nella giustificazione causale di garanzia del

contratto in esame, giusta l’osservazione

secondo cui la ragione per cui il fideiussore

può opporre le stesse eccezioni spettanti al

debitore si spiega in quanto l’obbligazione

garantita è il presupposto di quella di

garanzia121.

In altri termini, la posizione del fideiussore

nei confronti del creditore è identica a quella

del debitore garantito, <<come se egli stesso

fosse questo debitore>>122. In dottrina123 si

sottolinea però che il fideiussore vanta un

diritto proprio a far valere quelle eccezioni,121 Così M. FRAGALI, fideiussione, cit., p. 368.122 A. e op. loc. ult. cit.123 C. F. MASSIDA, op. cit., p. 9; M. FRAGALI, op. loc. ult. cit.

113

con la conseguenza che il comportamento tenuto

dal debitore, che, ad esempio abbia

riconosciuto il debito, convalidato un negozio

annullabile, oppure rinunziato alle eccezioni,

non potrà pregiudicare il diritto attribuito al

fideiussore dall’art. 1945 cod. civ.124, in cui

la locuzione <<eccezioni che spettano al

debitore principale>> va interpretata secondo

un criterio di spettanza “astratta”125.

Si deve ora chiarire che in tanto il garante

potrà opporre tutte le eccezioni che spettano

al debitore principale, in quanto ne sia a

conoscenza. Per favorire detta cognizione il

legislatore pone a carico del fideiussore

l’onere di dare avviso al debitore del suo

124 Cfr. B. GRASSO, L’interesse del fideiussore tutelato dall’art. 1945 cod. civ., in

Rass.dir. civ., 1980, p. 362.125 In tal senso M. FRAGALI, op. loc. ult. cit.

114

proposito di pagare126, di modo che costui potrà

comunicargli la situazione di validità ed

attuabilità del rapporto che lo lega al

creditore127.

Conseguenza del mancato avviso sarà

l’opponibilità al fideiussore che ha pagato, e

che agisca in via di regresso (art. 1950 cod.

civ.) verso il debitore, delle eccezioni che

costui avrebbe potuto opporre al creditore. In

tal caso è fatta salva al fideiussore l’azione

di ripetizione d’indebito verso il creditore.

Il problema è se il legislatore, attraverso

l’art. 1952, comma 2, cod. civ. abbia inteso

porre a carico del fideiussore un obbligo di

opporre le eccezioni desumibili dal rapporto

garantito128. In altri termini il fideiussore126 Arg. ex art. 1952 cod. civ.127 Così m. FRAGALI, op. loc. ult. cit.128 In senso affermativo M. FRAGALI, op. cit., p. 369.

115

che adempia l’obbligo di garanzia, pur essendo

stato informato dal debitore dell’esistenza di

eccezioni relative al contratto o al rapporto

base, potrà esperire con successo il regresso

verso quest’ultimo? Oppure dovrà ritenersi che

il debitore possa opporgli quelle eccezioni che

avrebbe potuto far valere verso il creditore?

Una risposta alla domanda che voglia

valorizzare la ratio dell’art. 1952 cod. civ.

dovrebbe essere nel senso che non possa

ritenersi onerato dell’azione di ripetizione il

debitore, a causa della negligenza del

fideiussore.

Ricapitolando, il fideiussore potrà opporre nei

confronti del creditore tutte le eccezioni

fondate sul rapporto principale, quali la

prescrizione dell’obbligazione principale,

116

l’invalidità, la rescissione e la risoluzione

del contratto da cui ha origine il debito

principale, la simulazione etc.

Non potrà opporre invece l’eccezione relativa

all’annullabilità del negozio base dovuta

all’incapacità del contraente (deroga

espressamente prevista dall’art. 1945 cod.

civ.), quelle di carattere personalissimo al

debitore, nonché le eccezioni afferenti il

rapporto con il debitore principale (ad esempio

quelle che riguardano il rapporto di mandato in

base al quale il fideiussore è stato indotto

alla conclusione del contratto di garanzia).

A fini di completezza espositiva va aggiunto

che saranno ovviamente opponibili tutte le

eccezioni relative al contratto o al rapporto

117

di garanzia, come ad esempio il beneficio di

escussione.

11. La problematica concernente gli effetti riflessi del

giudicato formatosi nella lite tra creditore e debitore.

Rilevanti interrogativi solleva la questione

concernente la possibilità del creditore di

escutere la garanzia sulla base di una sentenza

di condanna pronunciata nei confronti del

debitore principale. Va tenuta presente la

seguente dinamica: se si tratta di fideiussione con

beneficio d’escussione il creditore non ha scelta, dovrà

rivolgere la propria istanza al debitore

principale, perseguendo, nel contraddittorio

delle parti, il buon esito della propria

domanda giudiziale. Può accadere che il

fideiussore, la cui obbligazione è dipendente

da quella principale, rimanga estraneo al

118

processo129, salvo che intervenga spontaneamente

(art. 105 cod. proc. civ.), o sia chiamato in

causa su istanza di parte (art. 106 cod. proc.

civ., verosimilmente dal creditore) o del

giudice (art. 107 cod. proc. civ.).

Il processo si chiuderà con una sentenza di

condanna del debitore, oppure, in senso

contrario, con il rigetto della domanda.

A) Consideriamo l’ipotesi per prima

prospettata. L’art. 2909 cod. civ. statuisce

che <<l’accertamento contenuto nella sentenza

passata in giudicato fa stato ad ogni effetto

tra le parti, i loro eredi, o aventi causa>>.

Da un punto di vista processuale si è affermato

129 Sulla base dell’attuale disciplina (art. 102 cod. proc. civ.)

non è rinvenibile un litisconsorzio necessario tra debitore

principale e fideiussore. Resterà di conseguenza rimessa alla

decisione delle parti o del giudice la scelta in ordine alla

chiamata in causa (art. 106 e 107 cod. proc. civ.) o

all’intervento (art. 105 cod. proc. civ.) del fideiussore.

119

pertanto che il giudicato formatosi nella lite

tra creditore e debitore non è idoneo a “fare

stato” nei confronti del fideiussore130, il

quale non è né parte del processo, né avente

causa del debitore. Alla stregua di detta

conclusione, il creditore che intenda agire in

executivis contro il fideiussore131, non solo non

avrà un titolo esecutivo nei confronti di detto

soggetto, ma dovrà sobbarcarsi ad un nuovo

processo, ora nei confronti del fideiussore,

che “formalmente” non è per nulla influenzato dal

primo132. Il creditore dovrà così ripercorre

interamente l’iter delle prove, e il nuovo

130 Nel senso proposto M. FRAGALI, Fideiussione, cit., p. 369.131 Perché ad esempio ritenga inutile esperire l’azione esecutiva

nei confronti del debitore, data l’assenza nel suo patrimonio di

adeguate utilità.132 Cass., 12 aprile 1984, n. 2369, in Foro it., 1985, I, c. 2383

ss., ha ritenuto che il giudice, nel processo promosso contro il

fideiussore, può liberamente valutare il giudicato di condanna

formatosi avverso il debitore principale.

120

convenuto potrà liberamente opporgli qualsiasi

eccezione che gli competa, riguardante

l’obbligazione garantita, sicché il nuovo

processo potrà avere anche esito diverso dal

primo. Non si produrrà però, per il caso

ipotizzato, un contrasto “pratico” di

giudicati, perché i due processi avranno avuto

ad oggetto rapporti collegati, ma autonomi.

Il problema dell’inopponibilità al fideiussore

del giudicato formatosi nella lite tra debitore

e creditore è tuttavia controverso.

Si è prospettata in dottrina la necessità di

accogliere un’interpretazione estensiva della nozione di avente

causa, per includervi tutti coloro <<la cui

situazione giuridica è strettamente dipendente

da un’altra situazione, facente capo alla parte

della situazione decisa col giudicato, in modo

121

da ritenere che l’esistenza, l’inesistenza o le particolari

caratteristiche di questa siano il presupposto (…) dell’esistenza,

inesistenza o delle particolari caratteristiche di quella. Anche

il soggetto che si trova in una siffatta

relazione giuridica con l’altro soggetto può

considerarsi un avente causa perché (…) deriva

da lui (…) la ragione o una parte della ragione

che potrà far valere verso altri>>133.

Il citato A. afferma che nell’ipotesi in cui

fra creditore e debitore principale si sia

giudicato che la relativa obbligazione esiste,

è valida e non si è estinta, <<quel giudicato

tra creditore e debitore principale (…)

escluderebbe ogni ulteriore questione

sull’esistenza e validità dell’obbligazione

garantita e renderebbe infondate obiezioni ed

133 G. PUGLIESE, Giudicato civile, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, p.

884.

122

eccezioni al riguardo da parte del

fideiussore>>134. La dipendenza della

fideiussione dall’obbligazione principale

dovrebbe ritenersi <<idonea a giustificare

l’opponibilità al fideiussore del giudicato

sfavorevole>> e, aggiunge l’A., il cui pensiero

qui si riporta, <<solo ragioni pratiche (…)

spiegano l’orientamento di quella parte della

dottrina e della giurisprudenza che nega nella

specie l’autorità del giudicato. Infatti le

ragioni giuridiche (…) appaiono inconsistenti o

assai discutibili>>135.

Da un punto di vista più generale, si è

osservato che <<l’efficacia del giudicato nei

confronti dei terzi si spiega in virtù del

collegamento giuridico intercorrente tra il

134 A. e op. loc. ult. cit.135 A. e op. loc. ult. cit. V. nota 439 a pag. 892.

123

rapporto deciso e quello di cui è soggetto il

terzo: collegamento che può sostanziarsi in un

nesso di dipendenza del secondo rispetto al

primo (…)>>136. <<Carattere identificatore della

efficacia “consequenziale” è (…) il suo normale

atteggiarsi come normale manifestazione della

generale ripercussione della vicenda del

rapporto deciso – nella veste di rapporto

pregiudiziale – sul rapporto dipendente di cui

è soggetto il terzo>>137. L’efficacia

consequenziale sarebbe operante ogniqualvolta

il rapporto di cui il terzo è soggetto sia

giuridicamente collegato al rapporto deciso e,

quindi, anche in mancanza di esplicita

disposizione in tal senso. Anzi, una norma

espressa sarebbe necessaria solo per sancire

136 F. B. BUSNELLI, Della tutela dei diritti, in Commentario del codice civile,

Libro VI, Tomo IV, Torino 1964, p. 226.137 A. e op. ult. cit., p. 227.

124

eventuali deroghe o limiti al normale

verificarsi di quest’efficacia138.

Ancora si è puntualizzato che <<se il processo

si è svolto senza l’intervento del fideiussore

e si è giunti ad una sentenza passata in

giudicato, non è più possibile a questi fare

nulla contro l’estensione di codesto giudicato

nei suoi confronti>>139, in quanto, alla stregua

dell’art. 1945 cod. civ., dovranno ritenersi

opponibili da parte del fideiussore soltanto le

eccezioni concretamente proponibili: il

giudicato di condanna del debitore garantito

escluderebbe dal novero delle eccezioni

opponibili le questioni sulle quali è

intervenuto il giudicato.

138 Così, testualmente, A. e op. ult. cit., p. 228.139 A. RAVAZZONI, La fideiussione, Milano 1973, p. 35.

125

I riferiti discorsi presuppongono l’elasticità

della nozione di “avente causa”, tale cioè da

“(…) permettere l’inclusione in essa di

soggetti, che senza aver partecipato al

processo in cui si formò il giudicato, debbano

però risentirne l’autorità”140.

Come sopra anticipato vi è chi dissente

dall’opinione surriportata. Nella prospettiva

di assicurare al fideiussore il giusto diritto

di difesa (art. 24, comma 2, Cost.) si afferma

che <<la dipendenza dell’obbligazione

fideiussoria da quella principale, che, secondo

alcuni, giustificherebbe una regola di

riflessione del giudicato, non può spingersi

fino ad opporre al fideiussore una vicenda,

come quella conclusasi in modo sfavorevole per

il debitore, il cui svolgimento è stato

140 G. PUGLIESE, op. cit., p. 882.

126

determinato unicamente dal potere dispositivo

dello stesso, ma potrebbe formare soltanto

oggetto di apprezzamento del giudice nel quadro

complessivo delle deduzioni prospettate dal

fideiussore e delle prove acquisite nel

processo>>141.

A mio avviso sembra essere questa l’equa

soluzione da dare alla questione dell’efficacia

riflessa del giudicato.

In base al principio di “economia” sembrerebbe

che la sentenza resa tra creditore e debitore

sia opponibile al fideiussore. Diversamente il

giudizio promosso dal creditore contro il

debitore si rivelerebbe in gran parte inutile.

Considerazione, questa, rafforzata dalla

pacifica non ricorrenza di litisconsorzio

necessario nella specie. E potrebbe addirittura141 M. FRAGALI, Fideiussione, cit., p. 368 ss.

127

ritenersi che il debitore non chiami in causa

il fideiussore, proprio per l’inopponibilità a

costui della sentenza.

È lecito però osservare, d’altro canto, che

l’iniziativa della chiamata in causa del

fideiussore può essere presa dal creditore e

nella pratica è inverosimile che ciò non

avvenga, in quanto l’avvocato “diligente” del creditore

assumerà certamente l’iniziativa della chiamata in causa del

fideiussore, al fine di rendergli opponibile il giudicato. In

secondo luogo va ricordato che, secondo la

dottrina maggioritaria, il rimedio

dell’opposizione di terzo ordinaria ex art.

404, comma 1, cod. proc. civ., è esperibile dal

terzo titolare di un diritto autonomo ed

indipendente142. Il fideiussore, pertanto, in

142 A. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, p.

541.

128

quanto non è titolare di un diritto “autonomo

ed indipendente”, ma “dipendente” da quello

delle parti del rapporto principale, non

potrebbe tutelarsi impugnando la sentenza ai

sensi dell’art. 404, comma 1, cod. proc. civ.,

ma solo attraverso l’opposizione di terzo

revocatoria (art. 404, comma 2, cod. proc.

civ.), assoggetta a ristretti limiti temprali,

nonché all’eventualità che la sentenza sia

l’effetto di dolo o collusione a danno del

terzo. Sembra ragionevole concludere che si

verifichi una compressione forse eccessiva del

diritto di difesa del fideiussore, a cui

sarebbe opponibile il giudicato, senza che

abbia alcuno strumento per contrastarne

l’efficacia, a meno che la sentenza sia

l’effetto di dolo o collusione a suo danno.

129

In linee più generali, sulla problematica

dell’efficacia riflessa del giudicato formatosi

sul rapporto pregiudiziale143 si può notare che

l’adesione alle posizioni che prospettano il

riverbero sul rapporto dipendente

dell’efficacia della sentenza resa sul rapporto

pregiudiziale (tesi dell’efficacia riflessa generalizzata),

piuttosto che a quelle restrittive (secondo cui

l’ordinamento positivo non offre dati per

ritenere che il fenomeno dei collegamenti

giuridici tra rapporti c.d. di pregiudizialità

– dipendenza debba dare luogo a quello,

diverso, dell’efficacia riflessa della

143 Sul tema dei limiti soggettivi del giudicato ed in particolare

sulla problematica dell’efficacia riflessa del giudicato in

relazione ai rapporti legati da un nesso di pregiudizialità-

dipendenza cfr. PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli

2006, p. 365 ss.; G. VERDE Profili del processo civile, 2 Processo di cognizione,

Napoli 2006, p. 325 ss. e 349 ss.;

130

sentenza), dipenderà dall’adesione ad una

particolare opzione ideologica144.

Quel che è certo è che: a) in talune ipotesi il

legislatore stabilisce che la sentenza

144 Per quanto concerne la dottrina processual - civilistica si

possono al riguardo richiamare le osservazioni antitetiche di due

autorevoli Studiosi: G. VERDE, op. cit., p. 349 afferma: <<(…) la nostra

opinione è contraria ad immaginare che il giudicato possa estendere i suoi effetti nei

confronti dei terzi. L’economia processuale e la coerenza fra le decisioni, che sono le

ragioni che militano a favore dell’estensione, devono cedere di fronte ad altri valori a

nostro avviso prevalenti, quali la necessità che la pronuncia sia coordinata alla domanda

dei privati e sia l’esito di un processo nel quale tutti i destinatari del provvedimento

giudiziale abbiano avuto piena possibilità di difesa>>. Viceversa PROTO PISANI,

op. cit., p. 369, sostiene che escludere l’efficacia riflessa della

sentenza resa sul rapporto pregiudiziale, al fine di privilegiare

la garanzia del diritto di difesa dei terzi, significa

pretermettere del tutto “la considerazione che, quanto meno nel settore degli

status e della circolazione dei beni, specie se immobili, l’esigenza di certezza (esigenza

che subirebbe un irrimediabile attentato dalla, più o meno larga, possibilità di un

differente accertamento del rapporto pregiudiziale) costituisce un <<valore pratico>> che

lo stesso legislatore fa assurgere a dimensione giuridica (si consideri la disciplina dei

registri dello stato civile e della trascrizione) e con il quale, pertanto, l’interprete non può

non fare i conti”. “(…) la soluzione dell’efficacia riflessa generalizzata della sentenza

non sarebbe necessariamente in contrasto con l’art. 24, comma 2, Cost., sol che l’istituto

dell’intervento coatto per ordine del giudice ex art. 107 c. p. c., conformemente alle

indicazioni di gran parte della dottrina, fosse più sapientemente utilizzato dai giudici a

tutela del diritto di difesa dei terzi titolari di rapporti dipendenti, e soprattutto che l’art.

404, comma 2, fosse interpretato nel senso di allargare gl’indici del dolo e della

collusione ricollegandoli a tutti i comportamenti , anche omissivi, espressione della

131

pronunciata tra le parti del rapporto

pregiudiziale abbia effetto sul rapporto

dipendente (es. art. 1595 cod. civ. in tema di

nullità o risoluzione del contratto di

locazione). b) Vi sono ipotesi in cui il

legislatore, partendo dalla consapevolezza che

la sentenza non possa pregiudicare il terzo che

non sia messo in condizione di partecipare al

processo (es. art. 1485 cod. civ.), ha previsto

che il terzo (nell’esempio proposto il

venditore) possa opporsi alla sentenza posta a

base della pretesa della parte originaria (il

compratore) nei suoi confronti, provando che

esistevano ragioni sufficienti per un diverso

accertamento del rapporto pregiudiziale in cui

è coinvolto (il venditore dovrà provare cheviolazione in danno del terzo dell’obbligo di lealtà e probità ex art. 88 c. p. c. e di ritenere

che il terzo debba provare unicamente la sussistenza di tali indici (…), ma non anche i

comportamenti necessariamente positivi, o addirittura direttamente il dolo o la

collusione” (Proto Pisani, op. cit., p. 370).

132

esistevano ragioni sufficienti per il

respingimento della domanda del terzo che ha

vittoriosamente evitto il compratore). c) In

tutte le ipotesi in cui il fenomeno della

pregiudizialità – dipendenza si accoppia al

fenomeno della solidarietà, l’art. 1306 cod.

civ. esclude che la sentenza resa sul rapporto

pregiudiziale possa avere efficacia contro il

terzo coobbligato solidale soggetto passivo del

rapporto giuridicamente dipendente. Qui il

terzo non è neppure incentivato ad effettuare

un interveto (adesivo dipendente) nel processo,

in quanto può trovare ragionevole “restare alla

finestra”145, poiché soltanto il risultato

positivo potrà avere un qualche effetto nei

suoi confronti.

145 L’espressione è di G. VERDE, Profili del processo civile, 1 parte generale,

Napoli, 2002, p. 247.

133

La soluzione contenuta nell’art. 1306 sembra

tra l’altro applicabile anche al di fuori del

collegamento solidale tra rapporti, in ragione

della logica ad essa sottesa. La norma

salvaguardia il diritto al contradditorio del

soggetto terzo, evitando che a costui si

estendano gli effetti di un processo svoltosi

in sua assenza e senza che si siano potuti

esercitare i poteri dispositivi al fine di

orientare la decisione del giudice. Nel

contempo il legislatore da rilievo al nesso di

solidarietà, consentendo al condebitore, terzo

rispetto al processo, di opporre al creditore

la sentenza a costui sfavorevole, a meno che

non sia fondata su ragioni personali al

condebitore, parte del processo de quo.

134

Nella fideiussione il nesso di accessorietà che

lega il rapporto fideiussorio a quello

principale giustifica un’analoga parziale

influenza del giudicato sul rapporto

dipendente, limitata al diritto potestativo del

fideiussore di eccepire l’intervenuta

decisione, al fine di paralizzare un’abusiva

escussione della garanzia da parte del

creditore146.

B) Pertanto, ove il processo tra debitore e

creditore si chiuda con il rigetto della

domanda di quest’ultimo, dovrebbe ritenersi che

il fideiussore possa comunque invocare la146 Per il caso che sia stabilito il beneficio di escussione

potrebbe obbiettarsi che, non essendo l’obbligazione del

fideiussore solidale, non possa applicarsi analogicamente la norma

contenuta nell’art. 1306 cod. civ., dettata in tema di

obbligazioni solidali. Tuttavia la soluzione non terrebbe conto

del fatto che pur non essendo il fideiussore obbligato in solido,

la sua posizione debitoria sarebbe comunque modellata su quella

del debitore principale, verificandosi pertanto quell’identità del

debito che ritroviamo nelle obbligazioni solidali passive.

135

sentenza per paralizzare la domanda del

creditore che si fondi su una questione già

decisa dal giudice de quo147. La natura solidale

(o comunque accessoria) dell’obbligazione

fideiussoria consente infatti di applicare

all’ipotesi dell’escussione pretestuosa della garanzia

la norma prevista dall’art. 1306, comma 2, cod.

civ.148. L’articolo citato, seppur confermativo

dell’inopponibilità del giudicato nei confronti

dei condebitori rimasti estranei al processo,

consente a questi ultimi di avvalersene, al

fine di paralizzare la domanda del creditore.

La ratio legis è duplice: da un canto, il

legislatore salvaguardia il diritto al

contraddittorio, escludendo (in linea con

l’art. 2909 cod. civ.) che la sentenza

147 Sull’argomento L. RUGGERI, op. cit., p. 142.148 Sull’importanza sistematica della disposizione in esame G.

PUGLIESE, Giudicato civile (dir. vig.), cit., p. 886.

136

pronunziata verso uno dei condebitori possa

avere effetto nei confronti di chi, per non

essere stato parte di quel processo, non abbia

avuto la possibilità di far valere le proprie

ragioni; d’altro canto, il riconoscimento al

“condebitore in solido” del diritto potestativo

di eccepire l’intervenuta decisione al fine di

paralizzare la domanda del creditore, sembra

finalizzata ad un obiettivo processuale di

economia degli atti149, evitando che il

creditore, attraverso pretese già respinte da

una decisione passata in giudicato, si avvalga

della terzietà del condebitore per instaurare

un nuovo processo e “darsi una seconda chance di

uscirne vittorioso”.

In conclusione, sulla base di tale opzione

interpretativa il garante risulterà certamente

149 In tal senso L. RUGGERI, op. cit., p. 143.

137

avvantaggiato, poiché potrà utilizzare il

giudicato favorevole, in via di eccezione, per

paralizzare la richiesta del creditore; in caso

di sentenza favorevole al creditore, invece, il

relativo giudicato non “farà stato” nei suoi

confronti, potendo il fideiussore proporre

tutte le eccezioni relative al rapporto

principale, anche quelle già proposte dal

debitore principale nel precedente giudizio. Il

“nuovo processo” potrà pertanto avere un esito

divergente rispetto al primo, con il possibile esito di

giudicati logicamente contraddittori ove mai vi siano

due accertamenti contrastanti del rapporto

pregiudiziale debitore – creditore (ad es. è

ipotizzabile che il primo giudice accolga la

domanda del creditore contro il debitore

principale ed il secondo giudice respinga

quella proposta contro il fideiussore, per

138

accogliere le eccezioni relative al rapporto

principale, già sollevate dal debitore nel

primo processo e tuttavia respinte in quella

sede).

Allo stato, non configurandosi un’ipotesi di

litisconsorzio necessario in relazione a

rapporti autonomi seppur collegati150, l’unico

rimedio per evitare il risultato sopra

ipotizzato, “ingiusto” per il creditore, sarà

la condotta diligente dell’avvocato del

creditore che chiamerà in causa il fideiussore

(ex art. 106 cod. proc. civ.), o comunque

l’utilizzo sapiente, da parte del giudice,

dell’istituto dell’intervento coatto iussu iudicis,150 La giurisprudenza esclude la necessità del litisconsorzio anche

per il caso che siano in discussione aspetti essenziali del

rapporto principale (ad es. la validità del titolo da cui nasce il

debito), propendendo per la configurabilità del litisconsorzio

facoltativo in causa considerate scindibili (Cfr. Cass., 17 luglio

2002, n. 10400, in Rep. Giur. it., 2002, Obbligazioni e contratti, c. 3466,

n. 557 e c. 3469, n. 577).

139

previsto dall’art. 107 cod. proc. civ., qui

utilizzato a tutela del diritto di difesa dei

terzi titolari di rapporti giuridicamente

dipendenti.

12. Il contenuto dell’obbligazione fideiussoria. Il concetto di

fungibilità della prestazione.

Occorre ora soffermarsi sulla tematica del

rapporto tra lo scopo e il contenuto

dell’obbligazione fideiussoria151. Ne risulterà

chiarita, sotto quest’aspetto, la specificità

“oggettuale” del negozio fideiussorio, rispetto

alle diverse forme del “garantire”, che pur

avendo funzione di garanzia, ed essendo per

quest’aspetto assimilabili alla fideiussione,

ne divergono per la diversità del contenuto

dell’obbligazione assunta dal garante.

151 Sull’argomento E. BRIGANTI, op. cit., p. 37 ss.; ma v. anche M.

FRAGALI, Fideiussione, cit., p. 355.

140

In via di premessa va detto che l’art. 1936,

comma 1, cod., civ., affermando che <<è

fideiussore colui che (…) garantisce

l’adempimento dell’obbligazione altrui>> ha

modificato il precedente art. 1898 cod. civ.,

che riteneva il fideiussore debitore della

stessa obbligazione principale; non è dato

desumere dal primo articolo citato, tuttavia,

se con la fideiussione si abbia un unico debito

o, invece, due debiti e, quindi, se la

prestazione del fideiussore sia o meno identica

a quella dell’obbligato principale152. In altri

termini il problema è stabilire in che modo il

fideiussore garantisca l’adempimento

dell’obbligazione altrui.

152 Pone in tali termini il problema del contenuto

dell’obbligazione fideiussoria E. BRIGANTI, op. cit., p. 38.

141

Per risolvere siffatto interrogativo, va

innanzitutto precisato che, sulla base dei

risultati cui è pervenuta la teoria generale

delle obbligazioni153, per contenuto

dell’obbligazione s’intende la prestazione

teleologicamente preordinata al conseguimento

di quel bene, l’oggetto della prestazione, che

consente il soddisfacimento dell’interesse

creditorio.

Ciò che realizza l’interesse creditorio è

dunque il conseguimento dell’oggetto della

prestazione e non l’attività necessaria al suo

conseguimento, ossia la prestazione. Si deduce

che la soddisfazione del diritto del creditore

può avvenire anche senza la prestazione del

debitore, ma di un terzo, che, attraverso la

153 CICALA, concetto di divisibilità ed indivisibilità delle obbligazioni, Napoli, 1953,

p. 58 ss.

142

propria prestazione, faccia conseguire al

creditore il bene a cui questi ha interesse154.

Il fideiussore deve “adempiere” l’obbligazione di un terzo. Il

contenuto del suo obbligo dovrà pertanto essere

modellato su quello del debito principale.

Affermare che tra i due obblighi esista

un’identità assoluta sarebbe tuttavia errato.

Si è già detto che l’art. 1941, comma 2, cod.

civ., nell’affermare che può prestarsi

fideiussione per una parte soltanto del debito,

ammette che fideiussore e debitore principale

siano tenuti ad eseguire una prestazione

parzialmente diversa.

Il problema del contenuto dell’obbligazione

fideiussoria si è presentato in passato in

relazione all’ammissibilità della fideiussione

154 E. BRIGANTI, op. cit., p. 40.

143

a garanzia di debiti non pecuniari, sul

presupposto che, dovendo essere identica

l’obbligazione del fideiussore a quella del

debitore principale, la fideiussione dovesse

ritenersi ammissibile in relazione alle sole

obbligazioni pecuniarie, le uniche ritenute

fungibili155.

Contro tale tesi si è però evidenziato156, in

primo luogo, che l’assunto non può trovare

conferma nella lettera della legge, ossia nel

fatto che il legislatore si riferisca

all’adempimento dell’obbligazione fideiussoria

155 In tal senso, sotto la vigenza del codice civile abrogato:

REDENTI, Fideiussione, in Dizionario pratico del diritto privato, diretto da

Scialoja, De Ruggiero e Bonfante, III, Milano, 1923, p. 120 ss.;

BO, Fideiussione (dir. civ.), in Nuovo dig. it., V, Torino, 1938, p.

1114;vigente l’attuale codice civile: ARU, Della fideiussione, in

Comm. cod. civ. diretto da d’Amelio e Finzi, Libro delle obbligazioni, II,

2, Firenze, 1948, p. 337; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato

italiano, II, Torino, 1949, p. 605.156 E. BRIGANTI, op. cit., p. 48 ss.

144

attraverso la locuzione pagamento del debito157 (ad

esempio nell’art. 1944 cod. civ.158), in quanto

il termine viene impiegato nell’accezione di

attività solutoria del debitore che adempie

l’obbligo; conferma siffatta prospettazione

l’uso promiscuo che il legislatore fa dei

termini adempimento e pagamento nell’ambito

della disciplina della solidarietà159.

Quanto poi al concetto di fungibilità,

riferendosi la nozione ai rapporti obbligatori

e non alle qualità naturali delle cose, meglio

è sembrato160 fondare il suo significato in157 Argomento, questo, ritenuto rilevante al fine di limitare la

fideiussione ai soli debiti di denaro da ARU, op. loc. ult. cit.158 Cfr. E. BRIGANTI, op. cit., p. 60. L’A. afferma che il

legislatore, statuendo che il fideiussore è obbligato in solido

con il debitore al pagamento del debito, ha semplicemente inteso

riferirsi all’ipotesi di esposizione debitoria più frequente nella

realtà sociale: le obbligazioni pecuniarie.159 Cfr. art. 1292 cod. civ., con gli art. 1296, 1299, 1310 comma 2

e 1312 cod. civ.160 ZARRELLI, Fungibilità ed infungibilità nell’obbligazione, Napoli, 1969, p.

36, p. 57; PERLINGIERI, Introduzione alla problematica della proprietà,

145

relazione alla funzione di soddisfacimento

dell’interesse del creditore, che la cosa

svolge nel rapporto obbligatorio. La res

andrebbe considerata fungibile o meno, secondo

che sia o meno equivalente ad altra ai fini del

soddisfacimento del diritto del creditore161.

Dunque anche cose oggettivamente infungibili

possono essere fungibili in un determinato

rapporto; è chiaro che si tratterà di un

problema, in alcuni casi non facile,

d’interpretazione della volontà negoziale;

occorrerà stabilire, in altri termini, se nel

concreto rapporto l’interesse del creditore

debba essere soddisfatto attraverso

l’attribuzione di uno specifico bene, oppure se

ai fini del soddisfacimento dell’interesse del

Camerino – Napoli, 1970, p.139; E. BRIGANTI, op. cit., p. 52.161 In tal senso A. e op. ult. cit., p. 53.

146

creditore vi siano più beni funzionalmente

equivalenti.

Questa distinzione tra prestazioni fungibili ed

infungibili, fondata non su elementi intrinseci

delle cose ma sull’elemento teleologico della

soddisfazione del creditore, si adatta anche

alle prestazioni di fare162, che sono

generalmente considerate in dottrina

infungibili, dato il carattere personale della

prestazione del debitore. Anche in relazione

alle prestazioni di fare, tuttavia,

l’individuazione delle prestazioni fungibili

non può che basarsi sulla considerazione

dell’interesse del creditore: se dev’essere

soddisfatto dall’oggetto della prestazione di

un determinato soggetto l’obbligazione è

162 ZARRELLI, Fungibilità ed infungibilità, cit. p. 91ss.

147

infungibile, viceversa la prestazione sarà

fungibile.

13. Segue: la fideiussione può essere prestata per garantire

l’adempimento di obbligazioni, non pecuniarie, di dare o

fare fungibili.

La tesi163 che ammette la fideiussione a

garanzia delle sole obbligazioni pecuniarie si

fonda sul seguente sillogismo: la fungibilità è

possibile soltanto tra obbligazioni pecuniarie;

l’obbligazione del fideiussore è fungibile

rispetto a quella del debitore principale, per

essere il primo tenuto alla medesima

prestazione del debitore principale; è

possibile stipulare una fideiussione solo a

garanzia di obbligazioni pecuniarie.

Si è visto, però, nel paragrafo precedente, che

la fungibilità dell’oggetto della prestazione163 Retro, nota bibliografica 141.

148

non è limitata ai debiti in denaro, per cui,

venendo meno la premessa maggiore

dell’argomentazione, non vi dovrebbe essere

ragione per escludere la possibilità di

stipulare una fideiussione a garanzia di

obbligazioni non pecuniarie164

A ben vedere, la limitazione del contenuto

dell’obbligazione fideiussoria a quello

pecuniario non risulta espressamente dalla

lettera della legge. Il legislatore nel

definire la nozione di fideiussore stabilisce,

all’art. 1936 cod. civ., che tale è <<colui che

obbligandosi personalmente verso il creditore

garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui>>,

senza specificare quindi di che natura debba

essere la prestazione a carico del garante165.164 MATTEUCCI, Solidarietà del fideiussore, cit., p. 1363 ss; RAVAZZONI, La

fideiussione, cit., p. 135. E. BRIGANTI, op. cit., p. 58.165 In tal senso E. BRIGANTI, op. cit., p. 59.

149

Per risolvere la questione circa il tipo di

prestazione cui può essere tenuto il

fideiussore sembra essere utile ragionare in

tal senso: la struttura dell’obbligazione

fideiussoria ricalca quella delle obbligazioni

in solido, talché si può applicare alla prima

la medesima disciplina prevista per la

solidarietà passiva166. Diventa allora decisivo

osservare che nelle obbligazioni in solido non

è necessario che l’esposizione debitoria dei

condebitori sia relativa ad un’obbligazione

pecuniaria, ma è sufficiente che si tratti di

obbligazione fungibile, di modo che si possa

dire che tutti gli obbligati siano tenuti alla

medesima prestazione167.

166 MATTEUCCI, op. cit., p. 1348. 167 MATTEUCCI, op. cit., p. 1343 ss; SALVESTRONI, La solidarietà

fideiussoria, Padova, 1977, p. 70 ss.; E. BRIGANTI, op. cit., p. 61.

150

La fungibilità può riscontrarsi, come si è

visto168, anche nelle obbligazioni di dare cose

fungibili (ad esempio beni diffusi nel settore

merceologico d’interesse), o di fare

“fungibile”, tenendo conto dall’attitudine

dell’interesse creditorio ad essere soddisfatto

dall’uno piuttosto che dall’altro oggetto della

prestazione; se ne deduce che l’obbligazione

fideiussoria, pur nascendo per lo più a

garanzia di debiti di denaro, potrà tuttavia

avere contenuto di dare o fare, purché

fungibili.

Per il caso che il fideiussore non adempia il

proprio obbligo, di contenuto “identico” a quello

principale, sarà, ai sensi dell’art. 2740 cod.

civ., tenuto a rispondere dell’inadempimento

con tutto il suo patrimonio, trasformandosi ora

168 V. retro, par. 11.

151

la sua obbligazione in risarcitoria. Si spiega

così perché l’art. 1943 cod. civ. prescriva che

il debitore, obbligato a dare un fideiussore,

debba presentare una persona che abbia beni

sufficienti a garantire l’adempimento

dell’obbligazione. Il legislatore si riferisce

qui alle conseguenze dell’inadempimento del

fideiussore che, ex art 2740 cod. civ.,

ricadranno sul suo patrimonio, secondo il

principio della responsabilità patrimoniale.

Nei paragrafi precedenti169 si è visto che la

funzione di garanzia propria della fideiussione

si realizza attraverso una duplicazione

soggettiva del vincolo obbligatorio170, ossia

mediante l’aggiunta alla preesistente

obbligazione di un altro rapporto obbligatorio,

169 V. retro, in particolare par. 3.170 DI SABATO, L’assuntore del concordato fallimentare, cit., p.46

152

che rafforza l’aspettativa creditoria di

ottenere l’estinzione satisfattoria della prima.

Possiamo ora aggiungere che identica funzione

esplicherà la fideiussione prestata a garanzia

dell’adempimento dell’obbligazione avente ad

oggetto una prestazione di dare o fare

fungibili. Anche per tal caso, il creditore,

che non abbia interesse a che il debitore

esegua personalmente l’obbligazione (art. 1180

cod. civ.), potrà conseguire quanto gli è

dovuto dall’uno o dall’altro coobbligato,

realizzandosi, pertanto, la funzione tipica

della fideiussione di garantire l’altrui

adempimento.

153

14. Segue: è possibile prestare una “fideiussione” a

garanzia dell’adempimento di obbligazioni aventi ad

oggetto prestazioni infungibili? La struttura solidale

dell’obbligazione fideiussoria chiarisce la modalità

attraverso cui il fideiussore “garantisce l’adempimento

dell’altrui obbligazione”.

Occorre ora considerare se sia possibile

rilasciare una fideiussione a garanzia

dell’adempimento di un’obbligazione altrui,

avente ad oggetto una prestazione (di dare o

fare) infungibile.

Taluni autori171, alla luce della lettera

dell’art. 1936 cod. civ. - che si riferisce in

maniera molto generica alla garanzia

dell’adempimento dell’obbligazione altrui - ,

rispondono affermativamente al quesito,

171 Tra gli altri, M. FRAGALI, op. cit., p. 357; BARBERO, Sistema

istituzionale, II, cit., p. 658.

154

sostenendo che in siffatta ipotesi

<<l’obbligazione infungibile verrebbe garantita

mediante la prestazione di quell’id quod interest

che è ugualmente dovuto dal debitore>>172: il

risarcimento del danno. In altri termini,

quando la prestazione dovuta sia infungibile,

la fideiussione produrrebbe, in capo al

fideiussore, un’assunzione di responsabilità

per un debito altrui, cui si affianca, in

previsione dell’inadempimento, un debito

sussidiario di risarcimento. Così ragionando,

tuttavia, si esclude che il debitore principale

ed il fideiussore siano obbligati in solido, e

pertanto tenuti all’adempimento della medesima

prestazione (ex art. 1292 cod. civ.).

È agevole notare, di contro, che l’art. 1944

cod. civ. prevede il regime di solidarietà

172 L’espressione è di M. FRAGALI, op. loc. ult. cit.

155

passiva tra l’obbligazione fideiussoria e

quella del debitore principale; la natura

solidale dell’obbligo che grava sul fideiussore

chiarisce, così, la modalità attraverso cui

questi “garantisce l’adempimento

dell’obbligazione altrui”: costui si obbliga ad

adempiere un debito “identico” a quello cui è tenuto

il debitore principale, o, detto altrimenti, un

debito il cui contenuto è determinato per

relationem a quello principale.

La generica funzione di garanzia della

fideiussione si specifica, pertanto, attraverso

il riferimento al contenuto dell’obbligazione

assunta dal fideiussore: costui, essendo

obbligato in solido con il debitore principale,

è tenuto ad eseguire la “medesima” prestazione

del debitore principale e non a riparare le

156

conseguenze dell’inadempimento. In altri

termini il fideiussore garantisce,

conformemente a quanto prescrive l’art. 1936

cod. civ., <<l’adempimento dell’altrui

obbligazione>>, non la riparazione delle

conseguenze dell’inadempimento173.

Al fine di consentire il rilascio di una

fideiussione a garanzia dell’adempimento di una

prestazione infungibile, si è sostenuto,

richiamando l’art. 1938 cod. civ., che, per

siffatta ipotesi, il fideiussore garantisce

l’adempimento dell’obbligazione futura ed

eventuale del debitore principale, avente ad

oggetto il risarcimento dei danni da

173 Cfr. E. BRIGANTI, op. cit., p. 66 ss. L’ordinamento tedesco, a

differenza di quello italiano, riconosce alla fideiussione la

funzione di garantire il risarcimento del danno da inadempimento;

in tal contesto normativo la fideiussione genera una

responsabilità per debito altrui: v. F. NAPPI, La garanzia autonoma,

profili sistematici, Napoli, 1992, p. 25 e 29.

157

inadempimento174. L’obbligo del fideiussore

sarebbe, pertanto, sospensivamente condizionato

all’inadempimento di quello principale.

Verificatosi detto evento, il creditore

potrebbe pretendere l’adempimento

dell’obbligazione pecuniaria di risarcimento

sia dal debitore che dal fideiussore,

risultandone rafforzata l’aspettativa

creditoria di soddisfazione del suo diritto al

risarcimento dei danni. In sostanza la

fideiussione esplicherebbe ora la funzione di

garantire l’adempimento dell’obbligazione

risarcitoria.

Che una forma atipica di garanzia personale,

possa esplicare la funzione da ultimo descritta

174 M. FRAGALI, Fideiussione – Mandato di credito, cit., p. 71, 79 e 98;

ARU, Della fideiussione, cit., p. 386; BO, Fideiussione, cit., p. 1114.

158

è fuor di dubbio175. La questione da chiarire,

tuttavia, è se siffatta finalità risarcitoria

possa essere perseguita anche attraverso la

fideiussione. Al riguardo possono prospettarsi

due ordini di considerazioni: a) la

fideiussione, prestata per l’obbligazione

avente ad oggetto una prestazione infungibile,

non comporta maggiore sicurezza circa il

soddisfacimento dell’interesse creditorio

dedotto nell’obbligazione principale, in quanto

quest’ultimo può essere soddisfatto soltanto

attraverso l’esecuzione della prestazione

(infungibile) da parte del debitore principale,

per cui il fideiussore non potrebbe “garantire

l’adempimento” dell’altrui obbligazione; b) il

meccanismo della solidarietà, che normalmente

175 Vedremo nei capitoli successivi che talune figure contrattuali

tipiche (promessa del fatto del terzo) ed atipiche di garanzia

esplicano proprio tal funzione “successiva indennitaria”.

159

consegue alla conclusione di un contratto di

fideiussione, quando cioè non sia stato

espressamente pattuito il beneficio di

escussione del debitore principale, dovrebbe

comportare che il creditore, dal momento in cui

il credito è esigibile, possa esigere,

indifferentemente, l’adempimento della

prestazione dal debitore o dal fideiussore;

siffatta possibilità resta necessariamente

esclusa quando la prestazione oggetto

dell’obbligazione principale è infungibile176.

Sulla base di tali considerazioni, per il caso

della garanzia prestata per obbligazioni aventi

ad oggetto prestazioni infungibili, si è

prospettata177 la configurazione di una figura176 Cfr. sull’argomento E. BRIGANTI, op. cit., p. 71 ss.177 RAVAZZONI, La fideiussione, cit., p. 133, secondo cui si

tratterebbe di una figura di garanzia ravvicinabile, per taluni

aspetti, alla fideiussione, per altri, al contratto

d’assicurazione; la prospettazione è ad oggi seguita dalla

160

atipica di garanzia, la cui funzione è

succedanea, secondaria ed autonoma rispetto

all’obbligo primario del debitore principale di

eseguire la prestazione infungibile.

15. La c.d. fideiussio indemnitatis: fattispecie di

garanzia la cui funzione è succedanea, ma anche autonoma

rispetto all’obbligo primario di prestazione, in quanto

preordinata ad “assicurare” il risarcimento del danno

dovuto dal debitore per l’inadempimento del debito

principale.

Si è visto che con l’assunzione

dell’obbligazione il fideiussore garantisce,

personalmente, l’adempimento dell’obbligazione

del debitore principale, diventando anch’egli

obbligato ad eseguire un obbligo, che, quanto

dottrina e giurisprudenza maggioritarie: in dottrina, tra gli

altri,. E. BRIGANTI, op. cit., p. 72 ss.; in giurisprudenza v. la

recentissima Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, in

allegato al presente studio, p. 56 ss.

161

al contenuto, ricalca quello principale.

L’insostituibilità della prestazione del

debitore, ossia la sua infungibilità, comporta,

invece, che per il suo inadempimento il

creditore potrà pretendere dal garante solo una

prestazione (necessariamente) diversa da quella del

debitore principale, consistente in una somma

di denaro a titolo d’indennizzo satisfattivo178.

Si richiama al riguardo la fattispecie della

c.d. fideiussio indemnitatis179, figura già nota al

diritto romano, storicamente nata dalla

necessità di porre il creditore al riparo

dall’efficacia estintiva dell’obbligazione che

178 Cfr. Cass. 24 gennaio 1986, n. 466, in Dir. fall., 1986, II, p.

546, secondo cui la fideiussione prestata a garanzia del debito

dell’appaltatore si traduce nell’obbligo di far fronte al

risarcimento del danno e alla restituzione della controprestazione

già pagata.179 Sull’argomento BO, Contributo alla dottrina dell’obbligazione fideiussoria,

Milano, 1934, p. 77 ss.; RAVAZZONI, La fideiussione, cit., p. 192 ss.;

FRAGALI, Fideiussione – Mandato di credito, cit., p. 99.

162

aveva la litis contestatio nel diritto romano

classico, talché, convenuto in giudizio il

debitore, si estingueva l’obbligazione

principale e, pertanto, restava liberato anche

il fideiussor180.

La locuzione fideiussio indemnitatis individua il

contratto attraverso cui il fideiussore

s’impegna a pagare, dopo l’escussione automatica del

debitore principale, la somma ancora dovuta a saldo

dal debitore, oppure l’integrale indennizzo per

l’inadempienza di esso181. Il garante assume,180 Il rilievo storico è di E. BRIGANTI, op. cit., p. 73. Cfr. BO, op.

loc. ult. cit.181 Così E. BRIGANTI, op. cit., p. 72. Si è discusso in dottrina se

la fattispecie negoziale di garanzia dovesse essere riferita ad

ambedue le ipotesi riportate nel testo. Propende per tale tesi BO,

Contributo, cit., p. 84 ss.; contra RAVAZZONI, La fideiussione, cit., p.

194, secondo cui la fideiussio indemnitatis andrebbe riferita solo

all’ipotesi in cui il garante s’impegni a pagare l’integrale

indennizzo per l’inadempimento dell’obbligo principale; per il

caso che il garante s’impegni a pagare solo la somma ancora dovuta

a saldo dal debitore, a seguito dell’infruttuosa escussione,

dovrebbe parlarsi di fideiussione con beneficio automatico di

escussione. L’assunto sembra tuttavia da rigettare, poiché nel

163

pertanto, nei confronti del creditore

beneficiario, l’obbligo di tenerlo indenne,

mediante pagamento di un determinato importo,

dalle conseguenze derivanti dall’inadempimento

della prestazione a lui dovuta dal fideiuvato.

La fideiussio indemnitatis si distingue

dall’ordinaria tipica fideiussione in quanto

oggetto dell’obbligazione principale è una

prestazione infungibile (spesso la garanzia è

assunta, a presidio dell’esatta esecuzione

della prestazione dell’appaltatore, nella forma

della polizza fideiussoria182).

nostro ordinamento il beneficio di escussione dovrebbe operare

solo se espressamente pattuito.182 In tal senso Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, cit.,

p. 57 ss. Rileva la S. C., confermando un consolidato indirizzo

interpretativo, che si discorre di fideiussio indemnitatis con

riferimento a fattispecie di garanzia la cui funzione è

succedanea, ma anche autonoma rispetto all’obbligo primario di

prestazione, in quanto preordinata ad “assicurare” il risarcimento

del danno dovuto dal debitore per l’inadempimento del debito

principale. L’adempimento garantito, per tal verso, non è quello

dell’obbligazione cui è originariamente tenuto il debitore

164

L’insostituibilità della prestazione del

debitore comporta che, in caso di suo

inadempimento, il creditore possa pretendere

dal garante solo una prestazione

(necessariamente) diversa da quella del

debitore principale, consistente in una somma

di denaro a titolo d’indennizzo satisfattivo.

Tale garanzia ha, rispetto alla fideiussione

tipica, carattere indefettibilmente sussidiario,

presupponendo la preventiva, infruttuosa

escussione del debitore principale, che non

dovrà essere chiesta dal fideiussore e limitata

principale (ad esempio l’esecuzione dei lavori dell’appaltatore),

bensì quello dell’obbligazione futura ed eventuale del

risarcimento del danno, con la conseguenza che l’obbligazione del

garante diviene attuale solo a seguito dell’inadempimento

dell’obbligazione principale. La descritta funzione reintegratoria

della garanzia, aggiunge la S. C., pregiudica <<quel meccanismo

della solidarietà, che attribuisce al creditore la libera electio,

cioè la possibilità di chiedere l’adempimento così al debitore,

come al fideiussore>>, con conseguente espunzione della garanzia

de quo <<dall’orbita della garanzia fideiussoria>>, che ha la

diversa funzione di garantire preventivamente l’adempimento.

165

ai beni da questo indicati, ma è presupposto

dell’escussione del fideiussore e deve

riguardare tutto il patrimonio del debitore183.

Da quanto esposto si evidenzia che la generica

funzione di garanzia si specifica, nella figura

di cui si discorre, attraverso l’esecuzione, da

parte del garante, di una prestazione di tipo

indennitario, che “assicura” al beneficiario di

essere “manlevato” dalle conseguenze

dell’inadempimento del debitore principale. Ne

consegue che la fideiussio indemnitatis è estranea

all'area delle garanzie di tipo satisfattorio

prestate a presidio dell’adempimento di

prestazioni fungibili, caratterizzate dall'identità

della prestazione, dal vincolo della solidarietà e

dall'accessorietà, e riconducibile invece all'area

delle garanzie di tipo indennitario, nelle quali il183 Così, testualmente, M. FRAGALI, Fideiussione – Mandato di credito,

cit., p. 99.

166

garante non è tenuto ad eseguire la prestazione

mancata, bensì ad indennizzare il creditore

insoddisfatto.

16. Segue: la promessa del fatto del terzo come possibile

garanzia dell’obbligazione a contenuto infungibile.

Si è visto nel paragrafo precedente che, se sia

prestata una fideiussio indemnitatis, l’obbligazione

del garante è sospensivamente condizionata

all’infruttuosa escussione del patrimonio del

debitore principale.

Un Autore184 ha sagacemente osservato che tale

forma di garanzia non coincide perfettamente

con la garanzia dell’obbligazione a contenuto

infungibile185, perché il fideiussor indemnitatis non

è direttamente obbligato a risarcire, in solido184 E. BRIGANTI, op. cit., p. 74.185 Così, testualmente, A. e op. loc. ult. cit.

167

con il debitore principale, il danno da

inadempimento della prestazione infungibile, ma

è obbligato sub condicione inutilis excussionis.

In altri termini, secondo il citato Autore,

bisognerebbe distinguere tra: a) garanzia

dell’obbligazione a contenuto infungibile, in

cui il fideiussore è obbligato direttamente al

risarcimento del danno, data la natura

infungibile della prestazione, e b) fideiussio

indemnitatis, sulla cui base il garante non è

obbligato ab initio al risarcimento del danno, ma

solo in conseguenza dell’infruttuosa escussione

del patrimonio del debitore principale, che non

consenta al garante, in tutto o in parte, di

ricevere soddisfazione del proprio credito.

Ricostruendo la fattispecie della promessa del

fatto del terzo (art. 1381 cod. civ.) in una

168

prospettiva diversa da quella proposta dalla

dottrina e giurisprudenza maggioritarie186, l’A.

in parola ravvisa nella menzionata fattispecie

negoziale lo strumento possibile di una

garanzia indennitaria187.

La promessa del fatto del terzo svolgerebbe

anch’essa una funzione di garanzia, consistente

nella riparazione successiva del danno188.

186 Prescindendo dalle opinioni secondo cui il promittente assume

un obbligo di fare, di procurare il fatto altrui, o di pagare

l’indennità (su cui vedi par. 6, 7, 8, del capitolo secondo del

presente studio), anche quegli autori che hanno ravvisato nella

promessa l’assunzione di un obbligo di garanzia, hanno

sottolineato, poi, che la fattispecie negoziale in parola non

presuppone l’esistenza di un’obbligazione principale da garantire

(così, testualmente, SCALFI, La promessa del fatto del terzo, Milano –

Varese, 1955, p. 100; in senso analogo STASI, Promessa

dell’obbligazione o del fatto del terzo, in Nss. dig. it., XIV, 1967, p. 73), con

la conseguenza che l’obbligo assunto dal promittente (di garanzia

solo in senso lato) deve considerarsi strutturalmente autonomo,

ossia non accessorio ad altra obbligazione principale di cui si

voglia garantire l’adempimento.187 E. BRIGANTI, op. cit., p. 192 ss.188 A. e op. ult. cit., p. 193.

169

Ove la prestazione sia infungibile, infatti, il

creditore non potrà garantirsi l’adempimento,

chiedendo il rilascio di una fideiussione, dato

che la prestazione dovrà essere necessariamente

eseguita dal debitore principale; in siffatta

ipotesi, però, al creditore potrà essere

“assicurato” il risarcimento del danno, per

l’eventualità dell’inadempimento dell’obbligo

principale189. In ciò consisterebbe la funzione

di garanzia della promessa del fatto del terzo.

In questa sede non resta che rinviare al

capitolo successivo del presente lavoro per

un’analisi approfondita della fattispecie qui

richiamata.

17. Conclusioni del capitolo primo.

Le figure di garanzia contemplate dal nostro

codice civile hanno un’indiscutibile189 E. BRIGANTI, op. cit., p. 195.

170

caratterizzazione omogenea, consistente nel

generare diritti soggettivi accessori al

credito (garantito). Discende da ciò un intenso

collegamento tra il diritto di credito, di cui

s’intende assicurare l’adempimento, ed il

diritto di garanzia preordinato a tale scopo.

Tra gli strumenti apprestati dall’ordinamento a

garanzia della soddisfazione del credito, il

legislatore contempla e disciplina puntualmente

l’istituto della fideiussione, che costituisce,

tanto nella prassi quanto nella teoria del

diritto, una delle più antiche forme di tutela

delle ragioni creditorie, nonché l’exemplum da

cui originano le più recenti manifestazioni

atipiche di garanzia (contratto autonomo,

polizze fideiussorie e lettere di patronage).

171

Il contratto di fideiussione dà luogo ad un

vincolo di solidarietà passiva tra il debitore

principale ed il fideiussore, espressamente

previsto dall’art. 1944 cod. civ., con la

conseguenza che il creditore potrà rivolgersi

direttamente al fideiussore per esigere la

prestazione dovuta, salvo che sia stato

convenuto l’onere del creditore di escutere

preventivamente il debitore principale.

La conclusione, com’è noto, è discussa, in

quanto si ritiene che al debitore principale,

proprio per essere tale, va domandato per primo

l’adempimento; o, se anche si volesse escludere

il beneficium ordinis a favore del fideiussore, per

costui vi sarebbe pur sempre una semplice

“sussidiarietà”190. Perciò garante e garantito190Cfr. B. GRASSO, Saggi, Napoli 2001, spec. p. 205; G. CAMPOBASSO,

Coobbligazione cambiaria e solidarietà diseguale, p. 306 s., 309, secondo cui

l’obbligato solidale in veste di garante è obbligato sussidiario,

nel senso che potrà essere costretto all’adempimento solo in

172

non stanno sullo stesso piano – con la

conseguenza della libera electio del creditore – ma

su piani diversi. Il debitore originario è

principale, il fideiussore risponde se costui

non adempie e solo per quest’ipotesi, onde la

non uguaglianza dei due verso il creditore,

tenuto ad “agire” comunque prima verso il

debitore principale, giacché il garante “sta dietro a

costui” ove mai si verifichi l’inadempimento del

primo (quale che sia poi la qualificazione che

s’intenda riconoscere a tale “star dietro” del

fideiussore rispetto al debitore principale).

seguito al rifiuto dell’obbligato principale; F. D. BUSNELLI,

L’obbligazione soggettivamente complessa, Milano 1974, osserva che per

aversi solidarietà pura occorre un “vincolo di comunione”

d’interessi che nella fideiussione non v’è (nota 68, p. 39); che

il 1294 “non allude genericamente a tutti i possibili collegamenti

fra più debitori tenuti in solido anche se non per la stessa

causa” (p. 90); nella fideiussione v’è soltanto un “vincolo tra

più obbligazioni semplicemente connesse” (p. 124).

173

La natura solidale dell’obbligazione

fideiussoria chiarisce la modalità attraverso

cui si esplica la funzione di garanzia propria

del negozio fideiussorio: il fideiussore è

tenuto ad eseguire una prestazione fungibile

rispetto a quella principale, con l’effetto di

aumentare le possibilità di estinzione

satisfattiva del diritto di credito.

Poiché il fideiussore garantisce “l’adempimento

dell’altrui obbligazione” (art. 1936 cod.

civ.), il contratto di garanzia dovrà fondarsi

su di un valido ed efficace rapporto

obbligatorio, costituendo pertanto attributo

costante del negozio in parola la sua

accessorietà genetica e funzionale al rapporto

principale.

Il fideiussore che abbia pagato avrà diritto

sempre all’azione di regresso verso il debitore

174

principale, istituto questo che assicura che il

peso economico del debito transiti dalla sfera

patrimoniale del garante, per andarsi a

radicare su quello del debitore principale.

Accessorietà, solidarietà del vincolo

fideiussorio e circolarità dell’attribuzione

patrimoniale, assicurata tramite l’esercizio

del diritto di regresso riconosciuto al

fideiussore che abbia pagato, sono i tratti

caratteristici della fideiussione, che può

essere definita come garanzia preventiva – satisfattoria

del credito. Tale definizione descrive la funzione

del negozio di rafforzare l’aspettativa di

soddisfazione del credito, attraverso la

duplicazione dei soggetti tenuti

all’adempimento dell’obbligo.

175

CAPITOLO SECONDO

LA PROMESSA DEL FATTO DEL TERZO

176

SOMMARIO: 1. La fattispecie denominata “promessa del fatto del terzo”

(art. 1381 cod. civ.) va ricondotta al principio d’inefficacia del contratto

rispetto ai terzi. - 2. Contrattualità della promessa. - 3. Segue: promessa

come frammento di fattispecie. - 4. Segue: promessa come contratto

autonomo. - 5. Dalla previsione dell’art. 1129 dell’abrogato codice alla

formulazione attuale (art. 1381). - 6. I problemi posti dalla natura

dell’obbligazione assunta dal promittente. Le soluzioni proposte in

dottrina e in giurisprudenza. - 7.Segue: la tesi secondo cui il promittente

assume un obbligo di facere, nell’accezione di adoperarsi affinché il terzo

esegua il fatto promesso. - 8. Segue: l’opinione secondo cui il promittente

assume l’obbligo di procurare l’esecuzione del fatto altrui. - 9. Segue:

l’insegnamento secondo cui il promittente assume l’obbligo di pagare

l’indennità, sospensivamente condizionato al rifiuto del terzo. - 10. Segue:

il promittente assume una obbligazione di garanzia? - 11. Critiche verso la

natura di garanzia dell’obbligazione che il promittente assume. -

12.Segue: critiche alla possibilità di configurare la promessa come

contratto con causa di garanzia. - 13. Segue: critica alla configurazione di

un contratto con causa generica costante e causa specifica variabile. - 14.

Rigetto della nozione di causa – funzione di garanzia applicabile alla

promessa e individuazione del profilo causale della promessa nel casi in

cui essa non s’innesti in un più ampio regolamento negoziale. - 15.

Orientamento della Cassazione: duplice obbligazione a carico di chi

promette il fatto del terzo. - 16. Natura dell’obbligo del pagamento

dell’indennizzo: tra autonomia ed equivalenza con il risarcimento. - 17.

Questioni in tema d’indennizzo. - 18. L’obbligo del pagamento

dell’indennizzo non esclude che il promittente debba rispondere per

illecito contrattuale e sia tenuto al risarcimento del danno. - 19. Segue:

177

prova del danno. - 20. Considerazioni sul significato del rischio assunto

dal promittente. - 21. Analisi della funzione restitutoria del pagamento

dell’indennizzo. - 22. Gratuità e onerosità della promessa. Promessa del

fatto del terzo e accordo di cortesia. - 23. Forma della promessa. - 24.

Conclusioni del capitolo secondo.

178

1. La fattispecie denominata “promessa del fatto del terzo”

(art. 1381 cod. civ.) va ricondotta al principio d’inefficacia

del contratto rispetto ai terzi.

L’art. 1381 cod. civ. dispone: <<colui che ha

promesso l’obbligazione o il fatto del terzo è

tenuto ad indennizzare l’altro contraente, se

il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il

fatto promesso>>. La norma citata contempla la

fattispecie secondo cui un soggetto

(promittente) promette ad un altro

(promissario) l’assunzione di un’obbligazione o

il compimento di un fatto da parte di un terzo;

se costui rifiuta di obbligarsi o non compie il

fatto promesso, il promittente è tenuto ad

indennizzare il promissario.

In dottrina e in giurisprudenza sono state

prospettate soluzioni interpretative diverse

179

quanto alla natura dell’operazione negoziale e

dell’obbligazione assunta dal promittente.

L’inserimento della norma nel codice civile del

1942 (e prima ancora in quello del 1865) ha

permesso di superare de iure condito le perplessità

sulla validità ed efficacia della promessa191,

fondate sull’impossibilità di questa di

vincolare il terzo, poiché costui è soggetto

estraneo alla conclusione della “promessa”. In

dottrina si era però rilevato che essa è atto

di disposizione di un interesse del

promittente, il quale ultimo soltanto

vincola192. In ogni caso con la riproposizione

della norma il legislatore del 1942 ha

191 STOLFI, La promessa del fatto di un terzo, in Riv. dir. comm., 1927, I, p.

203 ss.192 SCALFI, La promessa del fatto del terzo, Milano - Varese, 1955, p. 31

ss.

180

definitivamente sancito la validità della

figura193.

La promessa del fatto del terzo non deroga al

principio degli effetti contrattuali limitati

alle parti194, consacrato nell’art. 1372, comma

2, secondo cui <<il contratto non produce

effetti rispetto ai terzi, che nei casi

previsti dalla legge>>. Nessun effetto discende

infatti per il terzo dalla promessa, la sua

sfera giuridica non è colpita da una situazione

passiva attraverso un atto unilaterale di

volontà del promittente. L’obbligazione

nascente dalla promessa è vincolante solo per

costui, su cui grava l’onere d’indennizzare il

contraente se il terzo non faccia quanto da lui

193 F. ALCARO, Promessa del fatto del terzo, in Enc. dir. XXXVII, s.d., ma

Milano 1988, p. 70.194 E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del fatto del terzo, Napoli 1981, p.

84.

181

promesso. In dottrina si parla di “contratto

indifferente rispetto al terzo”195.

Del resto è da considerare che la fattispecie

della promessa del fatto del terzo non può

ricondursi alla deroga del principio della

relatività degli effetti contrattuali,

contemplata nella parte finale del secondo

comma dell’art. 1372. Il principio

dell’inefficacia del contratto rispetto ai

terzi riguarda, come insegnato da autorevole

dottrina196, quei contratti che producono

effetti sfavorevoli o non solamente favorevoli

per il terzo. L’eccezione si riferisce quindi

ai casi in cui il legislatore consente, in via

straordinaria, che un contratto produca effetti

195 CARRESI, Corso di diritto civile sul contratto, Bologna, 1961, p. 399.196 DONISI, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972, p. 68

ss., p. 86 ss., p. 96 ss.; CICALA, L’adempimento indiretto del debito

altrui, cit. p. 184, nota 223.

182

non favorevoli a carico di chi non ne è parte.

Orbene la fattispecie della promessa del fatto

del terzo non può ricondursi all’alveo di tale

deroga, proprio perché essa non tocca in alcun

modo la sfera giuridica del terzo estraneo alla

promessa.

Esclusa, quindi, qualsiasi interferenza tra il

rapporto promittente - promissario e la

posizione del terzo, rimangono una serie

d’interrogativi circa l’inquadramento giuridico

della fattispecie, nodi che ruotano intorno

all’individuazione del collegamento che

s’instaura tra la promessa del promittente, il

fatto del terzo che si è promesso e l’obbligo

eventuale del promittente di pagare

l’indennizzo.

183

Prima di analizzare singolarmente le singole

questioni, si affronta il tema della

contrattualità del negozio promissorio, che

costituisce un prius logico rispetto alle

rilevanti problematiche sollevate dall’istituto

in esame: a) quale fatto del terzo si può

promettere; b) che natura ha l’obbligazione

assunta dal promittente; c) quali sono i

requisiti del contratto de quo, ossia la sua

causa, oggetto e forma; d) qual è la funzione

assolta dal pagamento dell’indennizzo.

2. Contrattualità della promessa.

Nonostante il legislatore parli di “promessa”,

dottrina e giurisprudenza sono concordi nel

qualificare come contratto quello che

intercorre tra promittente e promissario, per

cui l’obbligo del promittente nasce

184

dall’accettazione del promissario, secondo la

norma generale (art. 1326 cod. civ.). In taluni

casi, come vedremo, la promessa si presenta

come un frammento di altra fattispecie

contrattuale.

A riprova della natura contrattuale della

fattispecie in esame vi è un duplice dato:

l’art. 1381 cod. civ., che disciplina la nostra

figura, è inserito nel capo quinto del titolo

secondo del libro quarto, dedicato agli effetti

del contratto; la lettera stessa dell’articolo

fa riferimento all’obbligo del promittente di

indennizzare “l’altro contraente”.

Ne consegue, contrariamente a quanto ritenuto

da datata dottrina, che la promessa del fatto

del terzo non potrà farsi per testamento197,

perché la fattispecie tipica prevista dall’art.197 SCALFI, Promessa del fatto del terzo, cit., p. 81.

185

1381 non è così congegnata. Una tale promessa

si configurerebbe alla stregua di una promessa

unilaterale di una prestazione, ponendosi di

conseguenza il problema dell’efficacia

obbligatoria della stessa, sulla base della

regola enunciata nell’art. 1987 cod. civ.

Inoltre qualora il terzo rifiutasse,

l’indennizzo dovrebbe essere pagato dall’erede,

con alterazione conseguente del meccanismo

tipico previsto dall’art. 1381, e non sembra

che un tal effetto possa configurarsi in

assenza di una specifica previsione di legge.

Si è anche sostenuto in dottrina198, però, che

diversa è l’ipotesi in cui il promittente dopo

aver fatto la promessa muore; se il fatto non

si verifica, l’erede deve pagare l’indennizzo.

198 F. ALCARO, Promessa del fatto del terzo, in Enc. dir., XXXVII, s.d., ma

Milano 1988, p. 78.

186

Secondo l’insegnamento in parola l’elemento che

differenzia le due ipotesi è l’elemento

genetico della promessa, la quale è valida ed

efficace, in questo caso, perché nata ex contractu

e non ex testamento.

Chiarita la natura contrattuale, è da

aggiungere che la promessa del fatto del terzo

potrà presentarsi nella concreta realtà sia

come contratto autonomo, che come un “frammento

di fattispecie” di un più ampio regolamento

d’interessi che intercorre tra le parti

medesime. Per cogliere le differenze tra queste

ipotesi è necessario procedere ad un esame dei

casi che si sono presentati all’attenzione

della giurisprudenza.

187

3. Segue: promessa come frammento di fattispecie.

Com’è stato rilevato in dottrina199, le ragioni

di fatto per cui un soggetto promette il fatto

di un terzo sono sostanzialmente due:

a) La prima consiste in ciò, che “il

promittente si trova in una situazione di

potere, di controllo giuridico o di fatto,

rispetto al terzo di cui promette il fatto o

l’obbligazione”, o ancora ricorre semplicemente

un rapporto giuridico o di fatto tra

promittente e terzo”. Esempi di tale rapporto

si sono posti all’attenzione della

giurisprudenza. Si ricordino in primo luogo

alcune ipotesi di patronage c. d. forte, dove

tra il promittente e il terzo esiste un

rapporto di società controllante e controllata.199 SACCO, Il contratto, in Trattato di diritto civile italiano, diretto da

Vassalli, VI, t. 2°, Torino, 1975, I, 500 ss.; M.R. MARELLA,

Promessa del fatto del terzo, in Dig. disc. priv, XV, Torino, 1997, p. 384.

188

Ma si rinvia questo argomento al capitolo

terzo. Altri esempi sono il caso

dell’associazione di coltivatori che promette

ad un proprio affiliato l’offerta di un posto

di lavoro da parte di un’organizzazione o un

ente da essa stessa controllati200, o ancora il

caso della finanziaria che promette ad una rete

televisiva la raccolta di un certo numero di

contratti pubblicitari ad opera della

concessionaria di pubblicità da essa

controllata201.

b) La seconda ragione per cui il promittente

promette il fatto del terzo è quella d’indurre

il contraente ad una stipulazione. La promessa

serve in tal ipotesi a far apparire più

interessante al contraente promissario un certo

200 Cass., sez. lav., 21 giugno 1991, n. 6984, in Rep Foro it., 1991. 201 Trib. Monza, 6 febbraio 1989, in Rep. Foro it., 1989, primo, 3219.

189

affare economico. Valga l’esempio classico del

venditore di un appartamento che promette al

compratore la cessione della terrazza attigua

da parte del legittimo proprietario202, o ancora

il caso in cui il contraente induce la

controparte a cedere tutte le azioni di una

società costruttrice che detiene, in cambio

della promessa che la società medesima gli

cederà 20 appartamenti203.

Nelle ipotesi in cui la promessa ha la funzione

d’indurre il contraente alla conclusione di un

certo affare emerge la sua natura di “frammento

di fattispecie”, in quanto essa afferisce ad un

più ampio regolamento d’interessi. Qui la

promessa s’inserisce in un più vasto programma

202 Trib. Urbino, 3 marzo 1952, in Rep. Foro it., 1953, primo, p. 722.203 Trib. Venezia, 8 luglio 1991, in Foro it., 1992.

190

negoziale e si pone come corrispettivo della

prestazione dovuta dal promissario.

In dottrina si parla, per tal caso, di

contratto misto o collegato, avendo tuttavia i

due termini una diversa funzione descrittiva,

per riferirsi, il primo, alla natura della

controprestazione cui è tenuto il promissario,

il secondo, alla relazione funzionale che

sussiste tra la promessa e la

controprestazione. Il contratto misto ricorre quando

la promessa viene fatta verso una

controprestazione, che è elemento di altra

fattispecie contrattuale204. Tale

controprestazione potrà consistere in un dare,

in un fare o non fare, così come potrà

consistere in un’altra promessa del fatto del

terzo. Un esempio di detta ultima ipotesi è il

204 SCALFI, op. cit., p. 81. STASI, op. cit., p. 71

191

caso in cui le parti si promettano

reciprocamente l’obbligazione di terzi di

vendere beni, di cui essi terzi sono

proprietari205.

Per quanto riguarda la promessa collegata ad altro

contratto, una parte della dottrina ne ravvisa

l’esistenza anche quando “il contratto di promessa

costituisca il corrispettivo della conclusione di

altro contratto” 206 e si fa l’esempio di Tizio che

loca a Caio un immobile urbano e Caio gli

promette che Sempronio gli alienerà un muro di

confine del giardino.

La seconda ipotesi (certa) di promessa collegata ad altra

fattispecie negoziale si ha quando essa non

costituisca il corrispettivo di una diversa

prestazione contrattuale, ma influenzi il contenuto

205 STASI, op. cit. p. 71, con un riferimento ad un caso

giurisprudenziale.206 SCALFI, op. cit., p. 82.

192

del contratto a cui si collega; si fa l’esempio

di Tizio che vende a Caio un immobile ad un

prezzo superiore al valore di mercato, previa

promessa che Sempronio gli venderà anche il

proprio appezzamento di terreno confinante,

acquisendo così l’immobile oggetto del

contratto un valore maggiore207.

Secondo una diversa prospettazione208 l’ipotesi

della promessa collegata ad altra fattispecie

non ricorre quando essa costituisca il

corrispettivo per la stipulazione di un diverso

contratto (come accade invece nel primo esempio

riferito). Si afferma che quando la promessa si

atteggia come controprestazione si rientra nell’ipotesi del

contratto misto, ossia un “contratto unitario

anche se strutturalmente complesso”, in quanto

ciascuna prestazione trova la propria207 A. e op. loc. ult. cit.208 STASI, op. cit., p. 71 ss.

193

giustificazione nella controprestazione

dell’altro contraente.

L’ipotesi del contratto collegato, secondo la

dottrina in parola, ricorrerà solo quando la

promessa si collega ad altro contratto

influenzandone il contenuto, senza però porsi

in rapporto di corrispettività rispetto alla

prestazione dell’altro contraente. (E’ ciò che

accade nel secondo esempio ricordato, oppure

nel caso in cui Tizio aliena a Caio un immobile

e promette che un terzo gli venderà una

terrazza contigua. L’immobile acquisterà agli

occhi di Caio un valore maggiore e questi sarà

disposto a pagare di più).

Lungi dall’essere questione di “pura dottrina”,

come a prima vista potrebbe sembrare, il

ritenere che ricorra un’ipotesi di contratto

194

misto, piuttosto che collegato, avrà rilevanti

conseguenze quanto all’applicabilità

dell’istituto della risoluzione del contratto per

inadempimento. I principi di questo potranno

infatti trovare applicazione per il solo caso

che la promessa si configuri come contratto

sinallagmatico, ma non nei casi di promesse

collegate ad altro contratto, promesse cioè che

non rientrano nel sinallagma contrattuale, ma

che hanno costituito un semplice incentivo alla

conclusione del contratto. Sembra opportuno,

per ora, tralasciare la problematica del

momento in cui si verifica l’inadempimento

della promessa. Le opinioni al riguardo sono

differenti: per taluni autori esso si avvera

con il mancato compimento del fatto da parte

del terzo, per altri a seguito della mancata

corresponsione dell’indennizzo. L’argomento

195

coinvolge il problema della natura giuridica

dell’obbligazione assunta dal promittente e

potrà pertanto trattarsi solo dopo che si sia

affrontato tale tema209.

4. Segue: promessa come contratto autonomo.

Fuori dei casi in cui la promessa è parte di un

più ampio programma contrattuale, essa si

presenterà come contratto autonomo.

In primo luogo la promessa può farsi verso un

corrispettivo, così come può essere prestata

una fideiussione verso il pagamento di un

compenso210, salvo poi dovere specificare che

tipo di prestazione il promittente assuma

l’obbligo di compiere.

209 Su cui infra par. 6 ss.210 SCALFI, op. cit., p. 94; ALCARO, op. cit., p. 79; e. BRIGANTI, op.

cit., p. 115.

196

Quando il contratto di promessa non preveda

invece obbligazioni a carico del promissario

sembrerebbe che si ricada nell’ipotesi del

contratto unilaterale prevista dall’art. 1333

cod. civ. Si è osservato in dottrina, infatti,

che la promessa ha una sua giustificazione come

contratto unilaterale, costituendo

l’obbligazione del promittente “il dato che ne

conforma la struttura e ne esaurisce la

funzione tipica” 211.

Da un punto di vista logico – giuridico deve

osservarsi innanzitutto che, per le ragioni

sopra esposte212, non può essere messa in

discussione la natura contrattuale della

promessa. Orbene se la figura in esame non è

parte di un più ampio contratto, non è

211 F. ALCARO, op. cit., p. 78 ss.212 Vedi retro par. 2.

197

stipulata verso un corrispettivo, ma comporta

un’obbligazione del solo promittente, nulla

prestando il promissario, ricadremo

necessariamente nell’ipotesi del contratto con

obbligazioni del solo proponente, contemplato

dall’art. 1333 cod. civ.

La giustificazione causale di una tale

promessa, come contratto unilaterale, andrà

evidentemente ricercata nell’interesse del

promittente, così come avviene nell’ipotesi in

cui una società controllante ha interesse a che

la società controllata riceva un mutuo da una

banca. In dottrina si afferma infatti che

“quando la promessa non è parte di un più ampio

programma negoziale e non è sostenuta dalla

corrispettività, può stare in piedi come

promessa interessata”213 e si aggiunge che la

213 M.R. MARELLA, op. cit., p. 385.

198

promessa, proprio perché sorretta da un

interesse serio del promittente, è in grado di

creare un affidamento ragionevole nel soggetto

cui è diretta, anche se questi non è tenuto al

pagamento di un corrispettivo.

Il mancato compimento del fatto del terzo

determinerà quindi la lesione dell’affidamento

del promissario, ossia un pregiudizio da

riparare. La sequenza logica che dalla promessa

conduce all’obbligo del promittente di pagare

l’indennizzo viene descritta dalla dottrina in

parola in questi termini: interesse del promittente –

affidamento ragionevole del promissario – danno per il caso

della frustrazione della promessa.

Prima di affrontare le questioni attinenti ai

profili strutturali del contratto dianzi

menzionato (causa, oggetto e forma), sembra

199

opportuno procedere ad esporre la problematica

della natura dell’obbligazione assunta dal

promittente.

5. Dalla previsione dell’art. 1129 dell’abrogato codice alla

formulazione attuale (art. 1381).

Come già chiarito dalla promessa ex art. 1381

nascono effetti obbligatori per il solo

promittente. In dottrina ed in giurisprudenza

vi sono però opinioni diverse circa il

fondamento della responsabilità del promittente

e sulla natura dell’obbligazione a suo carico.

Può essere un utile punto di partenza, per le

riflessioni differenziali che consente di fare

rispetto all’attuale formulazione, un

riferimento alla disciplina della promessa

contenuta nel codice del 1865. L’art. 1129

statuiva : <<Può taluno obbligarsi per un altro

200

promettendo il fatto di una terza persona. Tale promessa da

“soltanto” diritto ad una indennità verso colui che si è obbligato

o che ha promesso la ratifica del terzo se questi rifiuta di

adempiere l’obbligazione>>.

Com’è agevole notare l’articolo contemplava due

distinte ipotesi di promessa: quella fatta dal

promittente “in nome proprio” (colui che si è

obbligato …) e quella fatta “in nome del terzo” (…

o che ha promesso la ratifica del terzo), come

suo rappresentante senza mandato214. In questo

secondo caso il promittente si faceva garante

della ratifica da parte del terzo e rispondeva

dei danni conseguenti alla mancanza di essa,

ferma restando la libertà del terzo di decidere

l’opportunità della ratifica del contratto

214 PACCHIONI, La promessa del fatto di un terzo, in Riv. dir. comm. 1911, II,

p. 549 ss; GIOVENE, Il negozio giuridico rispetto ai terzi, Torino, 1917, p.

210.

201

concluso dal promittente, come suo

rappresentante senza poteri215.

In dottrina si propose, da un illustre

autore216, una sorta di reductio ad unitatem delle

due ipotesi di promessa contemplate dall’art.

1129, perché ambedue costituivano “promesse in

nome proprio di un fatto altrui”, essendo anche

la promessa di ratifica promessa del fatto

altrui. Dalla promessa, si diceva, nasce

un’obbligazione per il solo promittente, mentre

solo la ratifica facoltativa avrebbe comportato

la nascita dell’obbligo del terzo.

Il dato messo in evidenza dalla dottrina del

tempo, secondo cui la fattispecie in esame è

quella della “promessa in nome proprio di un

fatto altrui”, è utile per escludere dalla215 PACCHIONI, op. cit., p. 553.216 STOLFI, La promessa del fatto di un terzo, cit., p. 212 ss.; concorde

SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit., p. 15 ss.

202

riconduzione alla figura alcuni casi che

apparentemente sembrano rientrarvi. Come si è

chiarito negli studi sul tema, sotto il codice

vigente217 non possono ricondursi alla

fattispecie prevista dall’art. 1381 cod. civ.

le figure della promessa di convincere il terzo

a compiere un certo fatto e della promessa in

nome del terzo. Nel primo caso trattasi infatti

di promessa di un fatto proprio e non di un

fatto altrui, per cui il promittente assume un

obbligo di fare diligentemente quanto in suo

potere per convincere il terzo. Quanto al

secondo, la promessa è fatta in nome del terzo

sulla base “di un potere di rappresentanza

effettivo o putativo”. Questa fattispecie

rientra nell’ambito della disciplina dettata in

tema di rappresentanza, da cui rimane regolata.217 A. CHECCHINI, Indennizzo e risarcimento nella promessa del fatto altrui, in

Riv. dir. civ., 1999, I, p. 560.

203

È da considerare, tuttavia, che sulla scorta

dell’ipotesi espressamente prevista dal codice

del 1865, il falso rappresentante potrebbe

promettere la ratifica da parte del falso

rappresentato.

L’attuale formulazione dell’art. 1381 cod. civ.

riprende sostanzialmente la precedente, con

alcune variazioni che, come messo in evidenza

in dottrina218, possono fornire spunti

interpretativi.

In primo luogo scompare il riferimento

“all’obbligarsi per un altro”, per cui occorre

chiedersi se possa individuarsi un

comportamento specifico cui il promittente è

tenuto in adempimento di un suo obbligo. È da

notare del resto che, come si avrà modo di

chiarire, la stessa dottrina che parla di218 A. CHECCHINI, op. ult. cit., p. 565 ss.

204

obbligazione di garanzia in capo al promittente

si divide tra chi sostiene sic et simpliciterer che

il promittente “coopera sopportando il

rischio”219 e chi invece individua una rilevanza

dell’obbligo di fare del promittente, che se

non adempiuto darà luogo al risarcimento

danni220.

In secondo luogo va evidenziato che mentre

nell’abrogato codice civile si leggeva “(…) tale

promessa da soltanto diritto all’indennità (…)”, tal

indicazione scompare nella formulazione

adottata dal codice odierno. Questa esclusione

potrebbe lasciar pensare che dalla promessa

possano derivare effetti diversi dall’obbligo

di pagare l’indennizzo, effetti che sarebbero

219 SCALFI, op. cit., p. 68 ss.220 M.C. CHERUBINI, op. cit., p 27 ss.

205

da individuare sulla base dei principi generali

dell’ordinamento.

Infine nella formulazione dell’art. 1381 viene

corretta un’inesattezza prevista nell’art. 1129

del codice abrogato, dove si stabiliva la

nascita del diritto all’indennità “se il terzo

ricusasse di adempiere l’obbligazione”. Invero il

legislatore non avrebbe potuto parlare di

rifiuto di adempiere, non avendo il terzo

assunto l’obbligazione. L’inesattezza è stata

corretta nel senso che il diritto

all’indennizzo nasce dal rifiuto “di compiere

il fatto” o “di assumere l’obbligazione”.

206

6. I problemi posti dalla natura dell’obbligazione assunta

dal promittente. Le soluzioni proposte in dottrina e in

giurisprudenza.

Le incertezze circa la natura dell’obbligazione

assunta dal promittente che già si erano poste

sotto il codice abrogato, si ripropongono anche

in relazione all’attuale art. 1381. L’articolo

sembra descrivere gli effetti della fattispecie

alla stregua di una consequenzialità meccanica:

promessa – mancato compimento del fatto –

obbligo di pagare l’indennizzo, il che pone

nell’interprete due quesiti fondamentali: dalla

promessa del fatto del terzo nasce

un’obbligazione per il promittente? Se si, di

che tipo di obbligazione si tratta? Alla luce

della lettera dell’articolo infatti non è

chiaro quale sia la prestazione che il

207

promittente deve compiere221, dato che il fatto

promesso è un fatto altrui, che evidentemente

non può essere oggetto della prestazione del

promittente, nella misura in cui il suo

compimento dipende da una libera scelta del

terzo.

L’interprete dovrà chiedersi altresì quale sia

il fondamento della responsabilità del

promittente e, conseguentemente, la natura

dell’indennizzo che sarà tenuto a pagare in

caso di frustrazione della promessa.

Procediamo dunque con ordine, attraverso

l’esame degli orientamenti dottrinali e

giurisprudenziali circa la natura

dell’obbligazione assunta dal promittente, sino

agli indirizzi espressi dalla giurisprudenza

più recente.221 E. BRIGANTI, op. cit., p. 92.

208

7. Segue: la tesi secondo cui il promittente assume un

obbligo di facere, nell’accezione di adoperarsi affinché il

terzo esegua il fatto promesso.

La dottrina più antica e la giurisprudenza

anche in tempi non remoti222 hanno sostenuto che

il promittente assume con la promessa un

obbligo di fare consistente nell’adoperarsi

affinché il terzo compia il fatto dovuto.

La configurazione di un tal obbligo del

promittente dovrebbe però comportare che, in

base ai principi generali enunciati negli

articoli 1176 e 1218 cod. civ., il promittente,

se sia stato diligente nell’adempimento del suo

obbligo di convincere il terzo a compiere il222 MESSINEO, il contratto in genere, in Trattato di diritto covile e commerciale,

diretto da CICU e MESSINEO, XXI, t. 2., Milano, 1972, p. 97;

BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, II, Milano, 1946, 449.;

Cass.18 novembre 1987, n. 8483, in Giuri. it., 1988, I, 1, c. 1361;

Cass., 20 febbraio 1982, n. 1081, in Mass. giust. civ., 1982; Cass., 27

febbraio 1980, n. 1379, in Mass. giust. civ., 1980; Cass. 13 novembre

1974, n. 3601, in Giust. civ., 1975, I, p. 1206.

209

fatto, senza peraltro riuscirvi, non dovrebbe

essere tenuto al pagamento dell’indennizzo.

Nell’anzidetta ipotesi dovrebbe concludersi che

il promittente ha adempiuto esattamente

all’obbligazione a suo carico e quindi non

dev’essere considerato responsabile della

mancata soddisfazione dell’interesse del

promissario.

La stessa giurisprudenza che ha sostenuto la

configurazione di un obbligo di fare,

nell’ipotesi in cui il terzo non avesse

compiuto il fatto promesso, o si fosse

rifiutato di assumere l’obbligazione, ha

considerato il promittente inadempiente per il

fatto obiettivo del mancato adempimento del

terzo, ritenendo non raggiunta la prova

liberatoria a favore del promittente

210

“diligente”. Una parte della giurisprudenza

giustificava la condanna del promittente al

pagamento dell’indennizzo ritenendo che la

frustrazione della promessa fosse dipesa da un

comportamento non diligente del promittente. Si

negava quindi la prova liberatoria dell’aver

agito con diligenza.

In verità, com’è sembrato ai commentatori,

questo ragionamento ha coperto un più semplice

meccanismo di giudizio “oggettivizzante”223, ossia la

consequenzialità meccanica: promessa del fatto

del terzo – frustrazione della stessa – obbligo

del promittente di pagare l’indennizzo.

Si è allora prospettata in dottrina l’idea che

la tesi citata fosse insostenibile alla luce

della lettera dell’art. 1381224, che non223 M.R. MARELLA, op. cit., p. 387.224 SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit., p. 40 ss.; ALCARO, op. cit.,

p. 73; E. BRIGANTI, op. cit., p. 94 ss.; STASI, op. cit., p. 72 ss.;

211

contiene alcun riferimento alla pretesa

obbligazione di adoperarsi da parte del

promittente e non contempla la prova

liberatoria per il caso del comportamento

diligente di quest’ultimo. Il promittente è

senz’altro tenuto ad indennizzare l’altro

contraente se il terzo non compie il fatto

promesso o rifiuta di obbligarsi.

8. Segue: l’opinione secondo cui il promittente assume

l’obbligo di procurare l’esecuzione del fatto altrui.

Meglio è sembrato adattarsi alla formulazione

dell’art. 1381 l’orientamento secondo cui il

promittente assume l’obbligo di procurare il

fatto altrui (cura cum effectu) e dovrà

conseguentemente pagare l’indennizzo se il

fatto del terzo non viene compiuto225.

M.R. MARELLA, op. cit., p. 387.225 ALLARA, Natura giuridica dell’obbligazione del fatto altrui, in Riv. dir. comm.,

1929, I, p. 410 ss.; SACCO, Il contratto, cit., VI, 2, 1975, p. 501.

212

Se il terzo non compie il fatto o non assume

l’obbligazione, l’obbligo del promittente dovrà

considerarsi inadempiuto, pure se questi

dimostri di aver fatto tutto il possibile per

convincere il terzo. In altri termini il

promittente non sarebbe solo tenuto ad un

comportamento diligente, ma ad ottenere il

fatto del terzo (c. d. cura cum effectu226).

Pur configurando l’obbligazione del promittente

come volta al risultato del compimento del

fatto promesso, facendo applicazione dei

principi generali dell’ordinamento, e

segnatamente dell’art. 1218 cod. civ., si dovrà

tuttavia dire che il promittente non risponde

dell’inadempimento della sua obbligazione, se

questo è dipeso da impossibilità della

prestazione derivante da causa a lui non

226 ALLARA, op. cit., p. 423.

213

imputabile. Gli autori che sostengono questa

tesi227 sono divisi nell’identificare le

evenienze in cui si verifichi l’impossibilità

sopravvenuta della prestazione. I casi che si

prospettano sono due: a) il fatto del terzo non

si verifica per un rifiuto di questi a

compierlo; b) il mancato compimento del fatto o

la mancata assunzione dell’obbligazione

dipendono da una causa diversa dal mero rifiuto

del terzo (es. è perita la res che questi

avrebbe dovuto consegnare).

Secondo alcuni degli autori che propongono la

tesi ora riassunta228, il promittente non

avrebbe alcuna responsabilità anche nel caso di

rifiuto da parte del terzo. In altri termini227 ALLARA, op. cit., p. 410 ss.; OSTI, Contratto, in Noviss. dig. it., IV,

Torino, 1959, p. 526; BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano,

II, Torino, 1962, pag. 475; SACCO, Il contratto, cit., p. 500 ss.; ALCARO,

op. cit., p. 67 ss.228 ALLARA, op. cit., p. 425 ss.

214

pure in questa ipotesi si configurerebbe

l’estinzione dell’obbligo del promittente, per

impossibilità sopravvenuta della prestazione.

Si è obiettato229, però, che in quanto si

configura la volontà del terzo come oggetto

mediato dell’obbligo, non può sostenersi

l’impossibilità sopravvenuta della prestazione

per il caso del rifiuto del terzo. Mutatis

mutandis sarebbe come dire che non v’è

responsabilità in relazione a ciò che il

promittente è pur tenuto a provocare (il

compimento del fatto).

Del resto si fa presente 230 che, secondo

l’insegnamento tradizionale, per causare

l’estinzione dell’obbligazione l’impossibilità

della prestazione deve avere il carattere

229 SACCO, Il contratto, cit., p. 500 ss.230 SACCO, op. cit., p. 501.

215

dell’assolutezza. Se il terzo rifiuta questa

non sussiste, perché il terzo, se volesse,

potrebbe certamente realizzare il risultato

voluto.

Il promittente, secondo i sostenitori di tale

tesi, potrebbe essere liberato solo per

impossibilità sopravvenuta della prestazione ex

art. 1256, ossia quando il mancato compimento

del fatto o il rifiuto di assumere

l’obbligazione non dipendono da un atto di

volontà del terzo (rifiuto), ma siano divenuti

oggettivamente impossibili231 (esempio la res che

il terzo avrebbe dovuto alienare è andata

distrutta).

Avverso l’anzidetta conclusione sono state

avanzate critiche riguardanti da un lato il231 ALLARA, Natura giuridica, cit., p. 427, nota 1; STOLFI, La promessa del

fatto di un terzo, cit., p. 215; SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit.,

p. 125.

216

merito e dall’altro la distinzione che la tesi

presuppone tra obbligazioni di mezzo e di

risultato, obbligazioni cioè che hanno ad

oggetto una determinata attività a prescindere

dal risultato e obbligazioni in cui ciò che

soddisfa l’aspettativa del creditore è il

compimento di un’opera o di un servizio, ossia

un determinato risultato232 (es. obbligo

dell’appaltatore).

Il principio della diligenza nell’adempimento

ex art. 1176 opererebbe con riferimento alle

sole obbligazioni di mezzi, mentre le

obbligazioni di risultato sarebbero

assoggettate alla più rigida regola della

232 MENGONI, Obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi (studio critico), I,

L’oggetto dell’obbligazione nelle due categorie di rapporti, in Riv. dir, comm.,

1954, I, p. 185 ss.; CICALA, Concetto di divisibilità ed indivisibilità, cit.,

p. 216, nota 490, p. 82 ss.

217

responsabilità oggettiva qualora non si

verifichi il risultato.

La dottrina è diffidente verso la distinzione

da ultimo prospettata, perché essa è poco utile

sotto il profilo applicativo ed è

sostanzialmente arbitraria nella scelta del

criterio distintivo, “data la relatività e

l’approssimazione dei concetti di mezzi e

risultato”233.

Si è notato che la predetta distinzione non

tiene conto della relatività dei concetti di

mezzo e risultato234, in quanto “l’attività

vista come mezzo può rappresentare già un

risultato quando sia considerata in se

stessa”235. Si fa l’esempio della prestazione

medica, che rappresenta un mezzo in relazione233 ALCARO, op. cit., p. 74.234 MENGONI, Obbligazioni di risultato, cit., p. 188.235 E. BRIGANTI, op .cit., p. 101.

218

al fine di essere guarito, ma è un risultato se

vista in relazione all’essere curato. La

dottrina in parola fa presente che nel nostro

ordinamento non esistono obbligazioni che non

tendano ad un determinato risultato, visto come

momento conclusivo della prestazione, e non

abbiano ad aggetto l’impiego di determinati

mezzi necessari alla realizzazione del

risultato236. In altri termini tutte le

obbligazioni sarebbero nel contempo

obbligazioni di mezzo e di risultato.

Nel merito poi si è rilevato che nella

fattispecie prevista dall’art. 1381 è

inconcepibile la configurazione di una

obbligazione di fare, perché essa avrebbe ad

oggetto, seppure mediato, il compimento del

236 RESCIGNO, Obbligazioni (diritto privato) A) Nozioni generali, in Enc. dir. XXIV,

Milano, 1979, pp. 190 – 192.

219

fatto da parte del terzo; l’adempimento di una

tal obbligazione, che si verifica con il

compimento del fatto da parte del terzo, non

rientra nel potere del debitore237. Si

prometterebbe dunque qualcosa che non rientra

nelle possibilità del promittente di

determinare238. Il fatto del terzo è un atto

giuridicamente autonomo, nel senso che il

promittente non può esercitare un’influenza

giuridica al fine di coartarne il compimento.

Da un punto di vista logico – giuridico si è

osservato che “nessuno può promettere (…) ciò

che non dipende da lui”239. Il fatto altrui non

può considerarsi un risultato dovuto immediato

o mediato, in quanto il compimento del fatto da

parte del terzo non è adempimento del237 SCALFI, op. cit., p. 36.238 BRIGANTI, op. cit., p. 102 ss; MAZZONI, op. cit., p. 355.239 E. BRIGANTI, op. cit., p. 103.

220

promittente, così come il mancato compimento

non è inadempimento del promittente, ma solo

presupposto del pagamento dell’indennizzo240.

Da questa osservazione trae origine l’opinione

dottrinale che si discosta dalla configurazione

di un’obbligazione di fare nel senso di

“adoperarsi per convincere il terzo” o di

“procurare il fatto del terzo”, per configurare

l’obbligazione del promittente come

obbligazione di garanzia: “il promittente (…)

garantisce l’assunzione dell’obbligo o il compimento del fatto

da parte del terzo e s’impegna ad indennizzare il contraente

per il caso del mancato verificarsi di tali eventi

indipendentemente da ciò che ha fatto per convincere il

terzo”241.

240G. SCALFI, op. cit., p. 36.241 E. BRIGANTI, op. cit., p. 103.

221

9. Segue: l’insegnamento secondo cui il promittente assume

l’obbligo di pagare l’indennità, sospensivamente

condizionato al rifiuto del terzo.

In dottrina 242 e in giurisprudenza243 si è in

passato individuato un obbligo di garanzia del

promittente, inteso, in questa prima accezione,

come obbligazione di dare condizionata alla

frustrazione della promessa del fatto del

terzo.

L’obbligo primario del promittente

consisterebbe secondo tale ricostruzione nel

pagamento dell’indennità al promissario, se il

terzo non compia il fatto o non assuma

l’obbligazione.

Alla stregua della riferita dottrina dovrebbe

però dirsi che, consistendo l’obbligazione242 CARNELUTTI, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, in Studi in onore

di G. Chiovenda, cit., n. 46, p. 835.243 App. Napoli, 28 marzo 1962, in Dir. giur., 1963, p. 559.

222

primaria del promittente nel pagamento

dell’indennità, l’interesse primario del

promissario sia quello al pagamento

dell’indennità stessa, talché tal interesse

sarà soddisfatto quando in ragione della

frustrazione della promessa il promittente

debba pagare l’indennizzo.

Si è allora facilmente replicato244 che la

ricostruzione in esame non descrive in modo

appropriato gl’interessi sottesi alla stipula

della promessa, in quanto l’interesse primario

del promissario concerne il compimento da parte

del terzo del fatto promesso; lo stesso

promittente, del resto, ha interesse a vedere

compiuto quel fatto, al fine di sottrarsi al

pagamento dell’indennizzo.

244 SCALFI, op. cit., p. 54 ss.

223

La configurazione del pagamento dell’indennizzo

come obbligazione primaria del promittente

comporterà che se il fatto è dal terzo compiuto

o se questi si obbliga, la promessa non è da

considerarsi adempiuta. A tale conclusione si

perviene attraverso la constatazione che, non

verificandosi il fatto (il mancato compimento

di questo da parte del terzo, o la mancata

assunzione dell’obbligazione) cui l’obbligo

primario è sospensivamente condizionato, il

promittente non adempirà al suo obbligo di

pagare l’indennizzo. Nell’ipotesi in cui la

promessa sia stata fatta verso il pagamento di

un corrispettivo oppure si ponga in rapporto

sinallagmatico ad altra prestazione, il

promissario avrebbe a suo favore i rimedi

predisposti dall’ordinamento per

l’inadempimento di una obbligazione, potrebbe

224

cioè ripetere quanto prestato qualora abbia già

pagato o eccepire l’inadempimento per sottrarsi

al pagamento.

La tesi sopra esposta, secondo cui il

promittente assume l’obbligo di pagare

l’indennità qualora il terzo non compia il

fatto promesso, attinge le proprie radici dagli

studi sul contratto di assicurazione e

precisamente da quella dottrina245 che individua

l’obbligo primario dell’assicuratore nel

pagamento dell’indennità all’assicurato, per il

caso in cui si verifichi l’evento assicurato.

Dal punto di vista del sinallagma contrattuale,

è stato rilevato tuttavia che stante il

rapporto obbligo di pagare i premi – obbligo di

pagare l’indennità, l’assicurato dovrebbe poter

ripetere i premi pagati, nel caso in cui

245 E. BRIGANTI, op. cit., p. 104, nota 267.

225

l’evento non si verifichi. L’assurdo logico

giuridico viene temperato da tale dottrina

ricorrendo alla distinzione tra “il sinallagma

genetico e quello funzionale”, per cui il

rapporto nascerebbe con le promesse reciproche

di pagare i premi e di pagare l’indennità, non

rilevando poi che nella vita del rapporto

giuridico il fatto da cui dipende il pagamento

dell’indennità non si verifichi246.

Come dianzi anticipato questa costruzione dell’obbligo

del promittente sembra trascurare la corretta descrizione

degl’interessi sottesi alla promessa, in quanto con il

compimento del fatto o l’assunzione

dell’obbligazione del terzo il promissario vede

soddisfatto l’interesse in ragione del quale il

negozio è stato stipulato. Se quel fatto invece

246 DONATI, Trattato del diritto delle assicurazioni private, II, Milano, 1954, p.

36.

226

non è compiuto, il promissario farà affidamento

sulla soddisfazione dell’interesse alla

sicurezza, rappresentando quindi l’indennità

una “utilità essenzialmente vicaria”, che

soddisfa un interesse secondario247.

Rilevando tale forzatura un altro Autore248 ha

sostenuto che per comprendere la natura

dell’obbligazione assunta dall’assicuratore

bisogna scostarsi dall’inquadramento

dell’oggetto dell’obbligo nel contegno del

debitore, ossia in un dare o fare, riconoscendo

che la prestazione possa consistere “nella cura”,

“nell’assunzione di tutela” di un interesse altrui. In tal

senso il soggetto obbligato garantisce il

contraente, per l’eventualità di un pregiudizio247 E. BRIGANTI, op. cit., p. 106248 V. SALANDRA, Assicurazione, Comm. al cod. civ. a cura di Scialoja e

Branca, p. 228, Roma – Bologna, 1948; Cfr. BUTTARO, L’interesse

nell’assicurazione, Milano, 1954, p. 154 ss. Impostazione accolta dallo

SCALFI, in La promessa del fatto del terzo, cit., passim.

227

ad un interesse di quest’ultimo, mediante

l’assunzione dell’onere economico del rischio,

che si tradurrà nel pagamento dell’indennità o

nel risarcimento del danno, ove si verifichi

l’evento temuto.

Secondo uno studio249 che ha ricevuto larghi

consensi nelle ricerche successive sul tema,

questo concetto di obbligazione di garanzia,

che si rinviene nell’obbligo assunto

dall’assicuratore, bene descrive l’obbligo che

assume colui che promette il fatto del terzo.

249 SCALFI, op. cit., p. 45.

228

10. Segue: il promittente assume una obbligazione di

garanzia?

Un orientamento dottrinale250, che non ha

suscitato molti consensi in giurisprudenza,

prospetta che dalla promessa nasca

un’obbligazione di garanzia in capo al

promittente. Secondo tal insegnamento con la

conclusione della promessa il promittente

assume il rischio del mancato compimento del

fatto del terzo, indipendentemente da ciò che

farà per indurre il terzo a compiere il fatto.

Si tratterebbe quindi di una prestazione di

sicurezza a favore del promissario, circa il

conseguimento dell’utilità che si attende

250 G. SCALFI, op. cit., p. 60 ss.; E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del

fatto del terzo, cit.; p. 107 ss. A. MAZZONI, lettere di patronage, mandato di

credito e promessa del fatto del terzo, in Banca borsa e tit. cred., 1984, I, p.

334 ss; MASTROPAOLO, Promessa del fatto altrui, garanzie personali e sindacati di

voto, in Riv. Dir. Comm., 1992, I, p. 695 ss; M.C. CHERUBINI, La

promessa del fatto del terzo, Milano, 1992, p. 45 ss.

229

dall’esecuzione del fatto o dall’assunzione

dell’obbligazione da parte del terzo251.

Una giustificazione all’idea che la promessa

dia luogo ad una obbligazione di garanzia in

capo al promittente si ritrova in quella

dottrina, che prospetta l’esistenza della

categoria delle obbligazioni c.d. di

garanzia252, già note ai giuristi romani253 come

obbligazioni di praestare (stare garante). Il

contenuto di tali obbligazioni sarebbe

caratterizzato da una prestazione di garanzia,

ossia dall’assunzione dell’onere economico di

un danno eventuale.

251 BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 563 ss; SCALFI, La

promessa del fatto del terzo, cit., p. 60 ss; E. BRIGANTI, op. cit., p. 107

ss.252 E. BETTI, Teoria gen. delle obbligazioni, I, Milano, 1953.253 F. PASTORI, Profilo dogmatico e storico dell’obbl. romana, Milano, 1951,

p. 147 ss.

230

Un precedente storico della riconduzione della

promessa del fatto altrui a tale categoria di

obbligazioni di garanzia si deve alla dottrina

tedesca, che ha accomunato nella categoria dei

cc. dd. Garantieverträge tutti quei contratti

ignorati dal BGB, ma diffusi nella prassi,

caratterizzati da una “funzione di garanzia

consistente nel fornire sicurezza contro il

verificarsi di un evento temuto”254. Si tratta

di contratti non accessori ad un debito

preesistente - e che quindi si differenziano

sotto questo aspetto dalle garanzie personali

tipiche -, ma che hanno una funzione di

garanzia, “poiché un contraente assicura

all’altro un’indennità nel caso questi subisca

254 E, BRIGANTI, op. cit., p. 109.

231

un danno, o non veda soddisfatto un suo

interesse”255.

In tale prospettiva la risposta alla domanda

circa il contenuto dell’obbligazione del

promittente è che “il promittente presta una

garanzia”256, prestazione che si concreta

nell’assunzione dell’onere economico del

rischio da parte del promittente. L’utilità che

tale prestazione arreca al promissario andrebbe

individuata nella sicurezza che il peso

economico del danno, che subirebbe in caso di

mancato compimento del fatto promesso, sarà

sostenuto dal promittente. La promessa, quindi,

anche prescindendo dal pagamento dell’indennità

eventuale, soddisferebbe un interesse specifico

del promissario.255 STAMMLER, Der garantievertrage, in Arch. Civ. priv. Prax 69, 1886, 1; G.

STOLFI, La promessa del fatto di un terzo, in Riv. dir.comm., 1927, p. 219.256 SCALFI, op. cit., p. 49.

232

Secondo tale veduta l’obbligo di garanzia che

il promittente assume si articola in due

momenti: uno, che precede l’evento temuto;

l’altro, che lo segue. Con la conclusione del

contratto il promittente si assume ab initio

l’onere economico del danno della mancata

esecuzione del fatto, rischio che viene

trasferito dal promissario in capo al

promittente; se poi il terzo non compie il

fatto, la garanzia si converte in un debito di

risarcimento, l’obbligo di pagare

l’indennizzo257. Entrambi i momenti in cui in

astratto sembra scindibile la promessa (la

promessa e il pagamento dell’indennizzo) sono

elementi della prestazione di garanzia.

257 In tal senso SCALFI, op. cit., p. 74.

233

Si parla al riguardo di cooperazione258 del garante,

nel senso che il promittente soddisfa

l’interesse del promissario a che il mancato

ottenimento di un’utilità o la lesione di un

proprio interesse sia risarcito. Assumendo

l’onere economico della frustrazione della

promessa il garante coopera con il promissario,

e questa cooperazione soddisfa l’interesse

della controparte alla certezza di ottenere

un’utilità sostitutiva rispetto al compimento

del fatto o all’assunzione dell’obbligazione259.

La cooperazione del promittente ora descritta

va già inquadrata nel rapporto che nasce dalla

promessa, come prestazione patrimoniale che

precede il pagamento dell’indennità. Si

afferma260, infatti, che “il rapporto di garanzia opera

258 SCALFI, op. cit., p. 66.259 SCALFI, op. cit., p . 68.260 SCALFI, op. cit., p. 67.

234

due risultati”, sicurezza patrimoniale del

garantito (risultato certo) e pagamento

dell’indennità (risultato eventuale). La

prestazione di garanzia del promittente, ossia

l’assunzione del rischio, è già adempimento

dell’obbligo di garanzia. L’obbligazione del

promittente soddisfa infatti l’interesse del

promissario alla sicurezza, “prima e

indipendentemente dal pagamento dell’indennità,

attraverso l’assunzione della sopportazione del

rischio altrui”261.

Sulla base della distinzione tra debito e

responsabilità262 la dottrina in parola263

riconosce nella promessa del fatto altrui

261 BRIGANTI, op. cit., 109 ss.262 BETTI, Il concetto della obbligazione costruito dal punto di vista dell’azione,

Pavia, 1920, p. 99 ss; ID., Teoria generale delle obbligazioni, cit., p. 82,

89 e 90; CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile. Processo di esecuzione,

Padova, 1929, I, p. 82 ss.263 SCALFI, op. cit., p. 61 ss.

235

un’ipotesi di “responsabilità senza debito, o

meglio di responsabilità attuale, connessa ad

un debito eventuale e futuro, l’indennizzo”264.

Secondo questa costruzione responsabilità e

debito del promittente hanno due distinti

momenti genetici: la responsabilità del

promittente nasce in relazione al negozio della

promessa e ha la funzione di sopportazione del

rischio che il terzo non compia il fatto

promesso o rifiuti di obbligarsi. Il debito

consistente nel pagamento dell’indennità nasce

invece nell’ipotesi che si verifichi l’evento

temuto. La responsabilità del garante sussiste ancora prima

del verificarsi del mancato compimento del fatto ed è legata

264 SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit., p. 61 ss, che sviluppa il

pensiero di Betti.

Di contro MESSINEO, Il contratto in genere, cit., p. 100, il quale

sostiene che è inammissibile parlare di responsabilità senza

debito, perché se non fosse obbligato il promittente potrebbe

dirsi che non è obbligato nessuno.

236

alla sopportazione del rischio, alla sicurezza offerta al

garantito; quando poi si verifichi l’evento dannoso, la

responsabilità si converte nel debito di pagare l’indennizzo265.

Nell’ottica dell’individuazione dell’utilità

che il promissario riceve dalla promessa sin

dalla sua stipula, essa va posta in relazione a

ciò, che la promessa del fatto del terzo genera

nel promissario un affidamento, che giustifica

il pagamento dell’indennità per il caso della

delusione dell’aspettativa del promissario.

In relazione al percorso dottrinale e

giurisprudenziale compiuto per l’inquadramento

dell’obbligazione del promittente, si può

rilevare che quando la dottrina e la

giurisprudenza hanno posto l’attenzione sul

solo aspetto del promettere, si è pervenuti

alla conclusione che dalla promessa nascesse265 SCALFI, op. cit., p. 70.

237

l’obbligazione di fare, o di procurare il fatto

altrui. Quando invece si è posta l’attenzione

sul solo pagamento dell’indennità, si è parlato

di obbligazione condizionata del promittente di

pagare l’indennità. Se, invece, si guardasse al

fenomeno in una prospettiva unitaria e si

ponesse attenzione sul fatto che il pagamento è

conseguenza dell’affidamento creato dal

promettere, rileverebbe l’utilità conferita al

promissario con la promessa: l’assunzione da parte

del promittente dell’onere economico di un rischio.

Il rischio del mancato compimento del fatto o

della mancata assunzione dell’obbligazione,

com’evento possibile produttivo di un danno,

genera nel promissario l’interesse economico di

riversare tale rischio sul contraente.

Conseguentemente l’assunzione del rischio da

238

parte del promittente, in quanto satisfattoria

di tal interesse del promissario, costituisce

prestazione suscettibile di valutazione

economica ai sensi dell’art. 1174. Si comprende

quindi sotto tale profilo l’ammissibilità della

categoria della prestazione di garanzia, come

prestazione suscettibile di valutazione

economica.

Secondo gli autori che aderiscono a tal

inquadramento giuridico dell’obbligazione del

promittente, la funzione di garanzia della

promessa emerge dalla lettera dell’art. 1381,

che, non attribuendo alcun rilievo alla

condotta del promittente, pone a carico dello

stesso l’obbligo di pagare l’indennità per il

caso che il terzo non compia il fatto o non

assuma l’obbligazione. Sembra quindi emergere

239

uno scostamento rispetto alla concezione

classica dell’obbligazione come dovere di

condotta del soggetto obbligato e la

configurazione di un concetto di prestazione

diverso, cui si è fatto riferimento come

assunzione di rischio che può tradursi in obbligo del

pagamento dell’indennizzo. Il promissario sulla base

di tale indennizzo ha la certezza di contare su

un’utilità sostitutiva rispetto al fatto del

terzo promesso. Il pagamento dell’indennità

rappresenta l’utilità vicaria cui il

promissario ha diritto in attuazione

dell’obbligo di garanzia. Se pure tale obbligo

di pagamento non nasce, perché il terzo compie

quanto promesso, comunque con la promessa sarà

stata trasferita al promissario un’utilità, che

consisterà nella sicurezza di ricevere detta

utilità vicaria per il caso della frustrazione della promessa.

240

Tale sicurezza viene realizzata mediante la

prestazione dell’assunzione dell’onere

economico del rischio che il terzo non compia

quanto promesso dal promittente. Per questa

ragione, nel caso di promessa prestata verso un

corrispettivo, il promissario – se il terzo

compie il fatto- non potrà ripetere quanto

pagato al promittente. Costui, infatti, avrà

eseguito comunque una prestazione che

giustifica sotto il profilo causale la

corresponsione patrimoniale.

La ratio della norma andrebbe quindi ricercata

nella necessità di tutelare l’affidamento del

promissario, su cui poggia l’obbligatorietà

della promessa e la natura (di garanzia)

dell’obbligazione che nasce in capo al

promittente.

241

Non avrebbe senso secondo la dottrina in parola

parlare di un’obbligazione di fare, neppure nel

senso di procurare il fatto altrui o garantire

il risultato, in relazione ad una fattispecie

in cui se pure il promittente abbia fatto tutto

il possibile per indurre il terzo a compiere

quanto da lui promesso, sia comunque tenuto ad

indennizzare il promissario. Si comprende,

infatti, che “la posizione giuridica del

promittente è assorbita dalla obbligazione di

garanzia”266 In questa prospettiva si nota come

ponendo l’attenzione sul concetto di

prestazione di garanzia si possa trovare un

raccordo con la lettera dell’art. 1381, che non

contiene alcun riferimento esplicito

all’obbligazione di adoperarsi del promittente.

Sebbene sia interesse di quest’ultimo

266 SCALFI, op. cit., p 76.

242

convincere il terzo a compiere il fatto

promesso al fine di sottrarsi al pagamento

dell’indennizzo, l’obbligazione che assume si

configura come obbligazione di garanzia, in

relazione alla sicurezza che il promittente

presta al contraente di essere tutelato contro

il rischio che il fatto del terzo non venga

compiuto. Sembra allora, come è stato messo in

evidenza da un Autore267, che la norma legittima

una concezione del rapporto obbligatorio in cui

“l’obbligazione è concepibile come assunzione

di rischio […] e in definitiva come strumento

di tutela dell’affidamento del promissario”,

secondo una prospettiva in cui assume rilievo

la protezione dell’affidamento del contraente,

piuttosto che il comportamento dell’obbligato.

La disposizione sembra in tal modo atteggiarsi267 M.R. MARELLA, Promessa del fatto del terzo, in Dig. disc. priv., XXV,

Torino, 1997, p. 388.

243

a “norma di chiusura del sistema”, che

legittima la configurazione di una nozione

della prestazione che si allontana dal

comportamento dovuto da parte dell’obbligato.

Per inciso si deve qui ricordare che in

dottrina268 si è enucleato un concetto di causa

– funzione di garanzia, che, oltre che nel caso

delle garanzie codificate, può rinvenirsi

“tutte le volte che un soggetto che attende la

soddisfazione di un proprio interesse in via

primaria da un terzo vede accresciuta la

possibilità della realizzazione di tale

interesse attraverso l’obbligazione del

garante”. L’inquadramento della figura della

promessa del fatto del terzo, secondo questa

visione, presuppone l’utilizzazione del

descritto concetto di garanzia, che non è

268 MAZZONI, op. cit., p. 359.

244

pensato sulla base delle figure di garanzia

codificate. Questo argomento sarà ripreso nel

capitolo terzo del presente lavoro, quando si

avrà modo di parlare dell’inquadramento

giuridico che è stato tentato in relazione ad

alcune forme di garanzie atipiche.

Per l’importanza sistematica che riveste ai

fini del presente lavoro, ci sembra opportuno

dedicare un paragrafo a parte alle critiche

mosse verso tale configurazione dell’obbligo

che nasce dalla promessa.

11. Critiche verso la natura di garanzia dell’obbligazione

che il promittente assume.

La costruzione della promessa come fonte di una

obbligazione di garanzia ha sollevato

perplessità di ordine metodologico e

sostanziale. Le critiche si sono concentrate

245

sostanzialmente su tre motivi: tale

configurazione non permetterebbe di comprendere

il reale assetto d’interessi sotteso alla

promessa; non sembrerebbe ammissibile la

configurazione di un’obbligazione di garanzia;

non sarebbe configurabile un contratto con

causa - funzione di garanzia. Procediamo con

ordine.

Si è sostenuto, da parte degli autori che

configurano l’obbligazione del promittente come

obbligazione di garanzia, che l’utilità

attribuita al promissario attraverso la

promessa è la possibilità di fare affidamento

sulla sopportazione del rischio del mancato

compimento del fatto del terzo da parte del

promittente. Questa utilità, nell’ottica

dell’assetto d’interessi che la promessa

246

realizza, risulta essere logicamente secondaria

rispetto all’utilità primaria che il

promissario si attende e cioè il compimento del

fatto da parte del terzo. È stato evidenziato,

infatti, che “dire che la promessa comporta la

nascita di una obbligazione di garanzia,

significa concentrare l’attenzione su un dato

essenziale della figura, ma logicamente

successivo e posteriore rispetto al contenuto

proprio di essa”269. Bisognerebbe rilevare che

nella formulazione della norma l’obbligo del

pagamento dell’indennizzo si pone in

conseguenza di una promessa del fatto altrui,

che diviene punto di riferimento di un

interesse che deve trovare tutela nell’ambito

di una struttura giuridica obbligatoria;

all’interesse primario del promissario dovrebbe

269 ALCARO, op. cit., p 76.

247

cioè far riscontro un’obbligazione volta a

soddisfare tale interesse. Quando si afferma

che “la promessa genera un affidamento del

promissario che fa nascere nel promittente una

responsabilità che la norma esplicita

nell’obbligo del pagamento dell’indennizzo”,

bisognerebbe pur dire a che fa riferimento

quell’affidamento. Si rileverà allora il

rimando al compimento del fatto o

all’assunzione dell’obbligazione da parte del

terzo270. Se così è, risulterà logico

evidenziare nella struttura della fattispecie

un’obbligazione del promittente volta a

procurare quel fatto del terzo promesso, che

soddisfi l’interesse primario del promissario.

Secondo la dottrina in parola, l’inquadramento

dell’obbligazione che nasce dalla promessa sic et

270 A. e op. loc. ult. cit.

248

simpliciter come obbligazione di garanzia non

soddisfa rispetto alla delineazione della

struttura della fattispecie che appare

dall’art. 1381. La prestazione di garanzia

segue il mancato compimento del fatto e allora

come può dirsi, da un lato, che il promissario

ha interesse primario al compimento del fatto

da parte del terzo e, dall’altro, che

l’obbligazione primaria del promittente è

quella dell’assunzione di un’obbligazione di

garanzia?

Bisognerà allora riconoscere che, da un lato,

se l’irrilevanza della diligenza impiegata dal

promittente per ottenere il fatto del terzo e

la valorizzazione da parte della legge del

fatto oggettivo del compimento dello stesso

inducono l’interprete verso l’inquadramento

249

dell’obbligazione del promittente come

obbligazione di garanzia, dall’altro,

l’interesse primario del promissario ad

ottenere il fatto deve avere un riscontro nella

struttura della fattispecie, nei termini

dell’individuazione di un obbligo del

promittente atto a soddisfarlo.

Nella fattispecie della promessa l’interesse

del promissario alla “sicurezza” è succedaneo

rispetto all’interesse all’esecuzione del fatto

del terzo. In realtà si potrebbe dire che in

qualsiasi altro rapporto di garanzia v’è un

interesse primario all’esecuzione del debito

principale. La caratteristica della fattispecie

ex art. 1381 è che mentre nel caso delle

garanzie codificate l’interesse primario e

quello alla garanzia ricevono tutela sulla base

250

di due distinti negozi giuridici, qui

l’interesse primario è contemplato e riceve

tutela sulla base del medesimo negozio che da

vita all’obbligazione di garanzia.

Per cogliere la struttura caratteristica della

promessa bisogna porre l’attenzione sul fatto

che, sebbene l’interesse del promissario deve

essere soddisfatto “in via esterna” dal terzo

(che non è tenuto al comportamento), tale fatto

del terzo viene comunque preso in

considerazione come atto a soddisfare

l’interesse primario del promissario. Non

bisogna allora incorrere nell’errore di

effettuare una “posposizione logica dei termini della

fattispecie”271, che sono il promettere il fatto

del terzo e il garantirlo. Se si costruisce

l’obbligazione del promittente come

271 ALCARO, op. cit., p. 77.

251

obbligazione di garanzia, non si pone più la

giusta attenzione sull’obbligo primario assunto

dal promittente, atto a soddisfare l’interesse

primario del promissario al compimento del

fatto del terzo.

La formulazione della norma (che fa discendere

l’obbligo del pagamento dell’indennizzo

dall’obiettività del mancato compimento del

fatto o della mancata assunzione

dell’obbligazione, senza contemplare l’azione

del promittente) sembra la causa di questa

visione secondo cui il fatto del terzo è il

presupposto dell’obbligazione di garanzia del

promittente e non l’elemento centrale della

promessa. Il legislatore non enuncia che tipo

di collegamento esiste tra la promessa e il

fatto del terzo. Secondo gli autori che

252

accolgono tale ricostruzione questo dato

tuttavia non dovrebbe essere interpretato nel

senso di un’assenza di collegamento o peggio di

un’“inconcepibilità logica” di tale

collegamento, sol perché il compimento del

fatto del terzo non rientra nel potere del

promittente obbligato. Sembra, allora, che

l’individuazione della natura dell’obbligo del

promittente vada condotta nel solco della

relazione logico – giuridica che sussiste tra

l’interesse principale del promissario al

compimento del fatto da parte del terzo e il

contenuto dell’obbligo del promittente atto a

soddisfarlo.

In quest’ottica talune opinioni dottrinali272,

pur aderendo alla tesi dell’obbligazione di

272 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 30 ss.; F. MASTROPAOLO, Promessa,

cit., p. 709, p. 716 ss., p. 737.

253

garanzia, hanno riconosciuto rilevanza al

comportamento del debitore, sostenendo che la

promessa faccia nascere obblighi di

comportamento prima di tramutarsi nell’obbligo

del pagamento dell’indennizzo. Esclusa la

possibilità di configurare l’obbligo del

promittente come obbligo di procurare il fatto

altrui, perché l’attività del terzo si sottrae

al controllo da parte del promittente, il

contegno dovuto viene individuato in quello

atto ad influire in direzione dell’evento

atteso. In altri termini il promittente sarebbe

tenuto ad un’opera di persuasione, nei limiti

della correttezza e della tutela dell’interesse

del terzo a non subire ingerenze nella propria

sfera di autodeterminazione. In relazione al

rapporto che corra tra promittente e terzo

quest’attività del promittente potrà

254

estrinsecarsi nei modi più vari, dalla semplice

prospettazione dell’affare al terzo,

all’utilizzo di mezzi di pressione leciti

consentiti dalla relazione che corra tra

promittente e terzo (es. un soggetto promette

l’assunzione di un’obbligazione da parte di una

società di cui è socio di maggioranza).

12.Segue: critiche alla possibilità di configurare la

promessa come contratto con causa di garanzia.

Un orientamento dottrinale273, su cui dovremo

più ampiamente ritornare, ha messo in

discussione che l’obbligazione del promittente

possa descriversi nei termini di

un’obbligazione di garanzia afferente ad un

contratto con causa – funzione di garanzia. Si

è evidenziato che la possibilità d’individuare

una prestazione di garanzia del promittente,

273 F. NAPPI, La garanzia autonoma, Profili sistematici, Napoli 1992

255

nei termini di “cooperazione del debitore”

all’interno del rapporto obbligatorio e

assunzione del rischio della frustrazione della

promessa, non significa implicitamente fare

riferimento alla funzione negoziale che

mediante la prestazione s’intende realizzare.

In altri termini dire che un soggetto pone in

essere una prestazione di garanzia non implica

l’individuazione della causa del negozio274.

Una funzione di garanzia nei termini che si

sono descritti può infatti ravvisarsi sia in

relazione alla prestazione del fideiussore, che

in relazione alla prestazione

dell’assicuratore, sebbene la causa dei

relativi negozi sia diversa. Nel caso del

contratto di assicurazione la causa del negozio

è la eliminazione del rischio, laddove la causa

274 F. NAPPI, op. cit., p 149.

256

della fideiussione è il rafforzamento della

possibilità della soddisfazione dell’interesse

creditorio

Emerge quindi la necessità di tenere distinti

due piani dell’analisi:

1)La prestazione di garanzia, come

cooperazione del garante all’interno del

rapporto obbligatorio, che comporta una

prestazione diversa dall’azione o

omissione.

2)La funzione negoziale (causa del

contratto) in cui è inserita la

prestazione stessa.

Parlare quindi della promessa nei termini di

“garanzia dell’ assunzione del rischio

concernente la frustrazione di un rapporto

obbligatorio” non significa fornire una

257

descrizione della causa della promessa. La

giustificazione causale della promessa potrà

infatti ravvisarsi in schemi causali che non

hanno attinenza con la causa di garanzia, quale

si riscontra nelle forme tipiche e atipiche di

garanzie reali e personali.

Come già la dottrina che descrive la promessa

come fonte di un’obbligazione di garanzia aveva

correttamente evidenziato, la promessa “potrà

inserirsi in un contratto di mandato, di

commissione, di spedizione, di mediazione, in

cui il mandatario, il commissionario, lo

spedizioniere, il mediatore, invece di

assumere, i primi, le più gravose obbligazione

dello star del credere (art. 1715 e 1736),

l’ultimo quella di fideiussore (art. 1763),

promettono soltanto il consenso del terzo alla

258

conclusione del contratto che essi (nel caso

della mediazione, l’interessato)

stipuleranno”275.

La promessa potrà inserirsi in un altro

contratto come controprestazione o anche come

prestazione complementare ad altra, così come

accade nei casi esaminati in cui la promessa è

complementare al pagamento del canone (che

proprio in ragione della promessa fatta al

locatore sia stabilito in misura più bassa

rispetto al prezzo di mercato), oppure se essa

è fatta contestualmente alla vendita del

terreno (che in ragione della promessa della

vendita di un pezzo di terreno adiacente

acquista un valore di mercato maggiore).

275 SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit., p. 107, che ritiene essere

questo l’unico caso in cui la promessa è patto o clausola di altro

contratto.

259

La dottrina che configura l’obbligazione del

promittente come obbligazione di garanzia

afferente ad un contratto di garanzia ha

sostenuto che <<la causa del contratto con cui

una parte promette all’altra che un terzo le

venderà un immobile, lo assumerà come impiegato

o rinunzierà ad un servitù è quella di garantire

la controparte dal rischio che il terzo non venda

l’immobile, non lo assuma come impiegato o non

rinunzi alla servitù>>276.

In verità analizzando i casi concreti in cui si

configura una promessa del fatto del terzo

risulterà che il promittente che “si accolla il

rischio del mancato compimento del fatto”

compensa questo sacrificio patrimoniale con

276 Così G. SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit., p. 89, che ne

discorre come “nozione astratta di causa”. Sul punto M.C.

CHERUBINI, op. cit., p. 67 ss., nel senso confermativo della

dottrina dominante

260

un’utilità che gli viene attribuita dalla

controparte. Si è infatti correttamente

evidenziato che “in alcuni dei casi descritti

il promittente riceve come conseguenza della

promessa un vantaggio patrimoniale, che trova

rispondenza nel sacrificio patrimoniale

subito277”.

Se allora la promessa s’inserisce in un

regolamento d’interessi più ampio, sarà giusto

individuare la causa della promessa in

relazione alla giustificazione causale di quel

negozio in cui la promessa s’inquadra. Il

regolamento d’interessi che include la promessa

dovrà in altri termini necessariamente

integrare la causa di quest’ultima, qualora

essa non si presenti in via autonoma. Si

perviene in tal modo alla conclusione che gli

277 SCALFI, Promessa del fatto altrui, cit., p. 87.

261

schemi causali da riconoscere a fondamento

della promessa possono essere diversi e

risulterà quindi essere una forzatura

l’individuazione di una sua generica e costante

causa di garanzia278.

13. Segue: critica alla configurazione di un contratto con

causa generica costante e causa specifica variabile.

La medesima problematica della giustificazione

causale del contratto si ritrova in altri

istituti disciplinati dalla legge, la cessione

del credito e la cessione del contratto.

L’affinità tra la promessa e i detti contratti

sotto il profilo della giustificazione causale

ha indotto talvolta la giurisprudenza279 ad

applicare alla promessa del fatto del terzo la

costruzione di contratto con “causa generica”,278 F. NAPPI, op. cit., p. 153.279 Pret. Messina, 22 luglio 1961, in Rep. Foro it., 1962, voce

obbligazioni e contratti, c. 1923ss., nn. 236 – 237.

262

elaborata per la descrizione della causa del

contratto di cessione. Tale causa, come

sostengono i fautori di detta tesi,

ricorrerebbe quando <<un interesse, che di per

sé preso in considerazione non è idoneo a dare

un contenuto sufficiente al contratto ed è in

grado di fornire, se mai, soltanto parte di uno

schema contrattuale, onde deve essere integrato

in uno schema più ampio e in un più ampio

sistema d’interessi, può in concreto assumere

un rilevante grado di autonomia agli occhi del

legislatore così da meritare una disciplina

autonoma>>280. L’interesse in questione nel caso

della cessione del contratto o del credito

sarebbe il generico interesse al trasferimento

(causa generica), distinto dall’interesse

specifico variabile ad una attribuzione280 PANUCCIO, La cessione volontaria dei crediti nella teoria del trasferimento, cit.,

p. 27.

263

gratuita o onerosa” (causa specifica); nel caso

della promessa la causa generica sarebbe

costituita dall’assunzione della garanzia.

La possibilità d’individuare un generico

interesse al trasferimento, senza che si faccia

riferimento al fine di liberalità o di lucro

per cui il trasferimento è fatto, è stata

criticata281; similmente si critica la

configurazione della esistenza di una doppia

causa, generica e specifica, nel contratto di

promessa del fatto del terzo282. Il riferimento

alla superata impostazione dottrinale serve

però per comprendere la necessità di

evidenziare che così come l’intento di

trasferire il credito non costituisce causa

sufficiente del contratto, dovendo farsi

281 CICALA, Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, p. 127 ss.282 Tra gli altri E. BRIGANTI, op. cit., p. 119 ss.

264

necessariamente riferimento a quegli schemi

causali che giustificano il trasferimento del

credito (vendita, cessione d’azienda, permuta),

così la promessa alla controparte che “un terzo

le venderà un immobile, lo assumerà come

impiegato o rinunzierà ad un servitù” non può

fondarsi su una generica causa di garanzia del

contratto, ma su una causa che giustifichi il

complessivo assetto d’interessi che il

contratto realizza”.

Del resto negli stessi contratti tipici in cui

è contenuta una prestazione di garanzia, questa

non trova in sé la propria giustificazione

causale. Nella fideiussione per esempio

l’obbligazione di garanzia del fideiussore

rinviene la propria giustificazione causale

265

nell’esigenza di rafforzamento del rapporto

obbligatorio principale.

Per la promessa del fatto del terzo quindi la

semplice prestazione di garanzia non è idonea a

fornire una adeguata giustificazione causale.

Appare fondato, sotto questo aspetto,

l’orientamento dottrinale283 secondo cui per

avere comprensione del fenomeno complessivo si

deve partire dal dato che il termine garanzia

oltre ad indicare la causa negoziale, può

essere utilizzato per esprimere la natura, la

funzione della prestazione dovuta, la quale può

contribuire a realizzare svariati schemi

causali.

Questo fenomeno di un’obbligazione di garanzia,

che può essere sorretta da svariati fondamenti

283 F. NAPPI, op. cit., p. 156; C. CASTIGLIA, Promesse unilaterali atipiche, in

Riv. dir. comm., 1983, p. 392 ss.,

266

causali, ha una sua tipica manifestazione nella

promessa del fatto altrui ex art. 1381. La

possibilità d’individuare nella prestazione del

promittente una prestazione di garanzia non

comporta di per sé la possibilità di fondare la

promessa su di una causa di garanzia.

14. Rigetto della nozione di causa – funzione di garanzia

applicabile alla promessa e individuazione del suo

fondamento causale, per il caso che essa non s’innesti in un

più ampio regolamento negoziale.

Anticipando un argomento su cui si tornerà

ampiamente nel terzo capitolo del presente

lavoro, occorre qui fare riferimento alla

critica a quella opinione dottrinale secondo

cui la promessa del fatto del terzo costituisce

il modello tipico attraverso il quale si presta

una garanzia autonoma, una garanzia cioè che

267

non presenta i caratteri dell’accessorietà

propri delle garanzia personali.

Nell’ambito di uno studio sulle lettere di

patronage284 si è evidenziato che quando si parla

di causa di garanzia, intendendo i vari modi di

prestare una garanzia, emerge che <<la causa

funzione di garanzia consiste nel far sì che il

creditore garantito, che si attende in via

primaria da un terzo la soddisfazione di un

proprio interesse, veda accresciuta la

possibilità di realizzare tal interesse

attraverso l’obbligazione del garante. Tutte le

volte che un soggetto s’impegna verso un altro a proteggere

l’interesse che quest’ultimo si attende venga soddisfatto dal

terzo, si può dire che c’è causa di garanzia>>285.

284 ; A. MAZZONI, Lettere di patronage, mandato di credito e promessa del fatto del

terzo, in Banca borsa e tit. cred., 1984, I, p. 334 ss;285 A. MAZZONI, o. u. c., p. 359.

268

Prosegue la dottrina in esame dicendo che

intendendo in tal modo la nozione causale di

garanzia, dal suo ambito rimane esclusa

l’obbligazione che comporta assunzione di un

mero rischio, perché in tal ipotesi il

creditore non si attende la soddisfazione di un

proprio interesse dal terzo; vi rientra invece

l’impegno del garante posto in relazione ad un

interesse che non poggia su una preesistente

obbligazione del terzo verso il beneficiario,

proprio perché l’obbligazione del garante si

pone in relazione alla soddisfazione di un

“interesse” che il garantito si attende sia

soddisfatto in via primaria da un terzo, e non

di un credito. La promessa del fatto del terzo

rientrerebbe, com’è evidente, nell’alveo dei

contratti che presentano tale causa - funzione

di garanzia in senso lato, essendo per tale

269

profilo assimilabile a quei contratti tipici e

atipici “di garanzia”.

Si è obiettato286 che il ricondurre ad una

categoria unitaria (negozi di garanzia) figure

diverse, fideiussione, garanzie autonome,

promessa del fatto del terzo, comporta un errore

di metodo, ossia l’eliminazione delle

peculiarità strutturali e quindi di

funzionamento della fideiussione e in genere di

quegl’istituti che presuppongono un rapporto

giuridico principale. La promessa del fatto del

terzo non potrà fondarsi sullo schema di

funzionamento di quegl’istituti.

Applicando lo schema della causa cavendi dovrebbe

dirsi che il fondamento della promessa sia

nella protezione dell’interesse del promissario

che, se pure non creditorio, è idoneo a286 A. CHECCHINI, op. cit., p. 597 ss.

270

giustificare la promessa. L’interesse del

promissario dovrebbe costituire giusta causa

dell’attribuzione del garante, pur non essendo

rivestito dei caratteri del diritto soggettivo;

se l’interesse però non integra un diritto

soggettivo non ha dall’ordinamento quel

riconoscimento che gli permette di costituire

giusta causa dell’attribuzione in un diverso

rapporto (di garanzia).

L’accessorietà della fideiussione comporta una

circolarità di attribuzioni patrimoniali per

cui il peso definitivo del debito è destinato

normalmente a gravare sul debitore principale,

perché il fideiussore che paga può avvalersi

della surrogazione e del regresso verso lo

stesso287. Così si spiega perché per la

fideiussione non si ponga il problema della287 E. BRIGANTI, op. cit., p. 30 ss.

271

giusta causa dello spostamento patrimoniale e

si possa parlare di causa cavendi

dell’obbligazione fideiussoria.

In realtà nella fideiussione nessuno si

arricchisce senza causa, esiste un debito, se

il fideiussore paga può rivalersi sul debitore.

La disciplina complessiva della fideiussione è

ispirata a questo meccanismo della circolarità

degli spostamenti patrimoniali (la fideiussione

non obbliga in duriorem causam, art. 1941, se non

può avere effetto la surrogazione per fatto del

creditore il fideiussore è liberato, art. 1956,

se è messo in pericolo il regresso vi sono

strumenti di protezione del fideiussore, art.

1953, né obbliga per una obbligazione invalida,

art. 1939, salvo che per incapacità).

272

La causa di garanzia nella fideiussione è

intimamente collegata all’accessorietà

dell’obbligazione di garanzia rispetto al

rapporto principale (accessorietà che comporta

spostamenti patrimoniali circolari). Tale

accessorietà non può certo ravvisarsi nella

promessa del fatto del terzo e non ha senso

parlare di “un’accessorietà dell’obbligo del

promittente rispetto ad un mero interesse del

promissario, se non si spiega perché tale

interesse giustifica uno spostamento

patrimoniale”288. Dunque lascia perplessi

l’affermazione che la garanzia prestata dal

promittente accede ad un interesse (che non

integra un diritto soggettivo) e trae da tale

legame la sua giustificazione causale, allo288 F. NAPPI, op. cit., p. 86 ss, p. 92, p. 156, p. 197, critico

verso quanto sostengono MAZZONI, Lettere di patronage mandato di credito,

cit., p. 361 e DE SANNA, op. cit., p. 41 ss, 61 ss, 78 e

MASTRROPAOLO, Promessa, cit., p. 747.

273

stesso modo in cui la fideiussione accede

all’interesse creditorio garantito.

Quando la promessa non s’innesta in un

regolamento d’interessi più ampio che ne

fornisca il supporto causale, i suoi effetti

possono essere spiegati abbandonando lo schema

causale (sia pure allargato) della garanzia: la

promessa si giustificherà sulla base di un

interesse specifico del promittente, o forse

anche del suo animus donandi289.

Parlando di promessa di garanzia si farà

riferimento non alla causa della promessa, ma

alla natura (di garanzia) dell’effetto. In

altri termini “un fondamento alla garanzia

autonoma (quale può ritenersi la promessa) può

essere rinvenuto nelle comuni ragioni

giustificatrici di un negozio (un289 G. CASTIGLIA, Promesse unilaterali atipiche, cit., p. 391 ss

274

corrispettivo, lo spirito di liberalità …),

piuttosto che costringendo la garanzia autonoma

entro lo schema causale della causa cavendi (o

uno schema ad esso ispirato).

15. Orientamento della Cassazione: duplice obbligazione a

carico di chi promette il fatto del terzo.

Sulla base di un orientamento interpretativo

ormai ultradecennale avuto inizio nel 1995290,

la Cassazione ritiene che con la promessa del

fatto del terzo il promittente assume una prima

obbligazione di facere consistente

nell’adoperarsi affinché il terzo tenga il

comportamento promesso, per soddisfare

l’interesse primario del promissario

all’ottenimento del fatto stesso. Qualora

290 Cass., 20 dicembre 1995, n. 12973, in Foro it., 1996, I, c. 1731

ss.; Cass., 24 gennaio 2003, n. 1137, in Contratti 2003, con nota di

C. Leo, La promessa del fatto del terzo tra indennizzo e risarcimento, p. 977 ss.;

Cass., 15 luglio 2004, n. 13105.

275

nonostante il promittente si sia adoperato, il

terzo rifiuti d’impegnarsi, nasce una seconda

obbligazione di « dare », cioè di corrispondere

l’indennizzo.

La tesi si pone in maniera evidente come un

compromesso tra le teorie formulate in merito

all’inquadramento dell’obbligo nascente dalla

promessa. Tale ricostruzione dell’obbligo

assunto dal promittente costituisce, infatti,

un tentativo di superamento dei limiti che si

sono imputati alla teoria secondo cui dalla

promessa nasce un obbligo di fare, e a quella

secondo cui dalla promessa nasce

un’obbligazione di garanzia. Come esposto nei

paragrafi precedenti, contro quest’ultima si è

detto che l’attenzione riposta nella garanzia

del compimento del fatto del terzo non

276

metterebbe bene in evidenza che, essendo

l’interesse primario del promissario quello di

ottenere il compimento del fatto da parte del

terzo, il promittente non potrebbe non assumere

un obbligo di attivarsi perché l’evento sperato

si verifichi; l’idea secondo cui il promittente

assumerebbe l’obbligo di fare, di adoperarsi

affinché il terzo compia il fatto, è stata

invece criticata sotto il profilo opposto, cioè

perché trascurerebbe l’operatività dell’obbligo

di pagare l’indennizzo, a prescindere dalla

diligenza impiegata dall’obbligato nel

convincere il terzo.

La nascita del doppio obbligo comporta, invece,

che qualora l’obbligazione di facere non venga

adempiuta e l’inesecuzione sia imputabile al

promittente ovvero venga eseguita in violazione

277

dei doveri di correttezza e buona fede, il

promissario avrà a disposizione gli ordinari

rimedi contro l’inadempimento, quali la

risoluzione del contratto, l’eccezione

d’inadempimento, l’azione di adempimento. Gli

spetterà inoltre il risarcimento del danno

qualora a seguito di tale inadempimento subisca

un pregiudizio economicamente valutabile e

sussista il nesso di causalità fra

inadempimento ed evento dannoso.

Qualora, invece, il promittente abbia adempiuto

a tale obbligazione di facere, ma ciononostante

il promissario non ottenga il risultato sperato

a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale

l’altra obbligazione di «dare», in virtù della

quale il promittente sarà tenuto a

corrispondere l’indennizzo.

278

Nel caso in cui si prometta un fatto per cui

non esiste, per la natura del fatto promesso,

un potere del promittente d’indurre il terzo ad

adempiere, sarà logico ritenere che l’unico

obbligo eventuale per il promittente sarà

quello di pagare l’indennizzo per il caso in

cui il terzo non compia il fatto promesso

(esempio: fattispecie relativa a promessa del

fatto della pubblica amministrazione,

consistente nell’adozione di uno «strumento

urbanistico» idoneo a ricondurre il complesso

immobiliare promesso in vendita, composto da

alloggi di servizio dell’ente telefonico,

nell’ambito delle civili abitazioni, pienamente

commerciabili dal promissario acquirente – caso

deciso da Cassazione, 15 luglio 2004, n. 13105

-).

279

Merita di essere ricordato che nella citata

sentenza del 2004, la Cassazione ha avuto modo

di ribadire il principio secondo cui

l’interpretazione dei contratti da parte del

giudice di merito é censurabile in sede di

legittimità per vizi di motivazione e per

violazione delle regole legali di ermeneutica

contrattuale. La parte che denuncia la

violazione di tali regole ha l’onere di

dimostrare specificamente il modo in cui il

ragionamento seguito dal giudice di merito

abbia deviato dalle regole stesse, non potendo

invece limitarsi a prospettare una

interpretazione contrattuale diversa da quella

adottata nella decisione impugnata (nella

specie, nella sentenza di merito, l’accordo

contrattuale riguardante una promessa del fatto

del terzo era stata ricostruita in termini

280

derogatori rispetto al modello legale di cui

all’art. 138l c.c., attraverso la limitazione

della responsabilità del promittente, in caso

d’insuccesso dell’iniziativa condotta presso il

terzo - pubblica amministrazione, alla sola

restituzione della somma data a titolo di

caparra, oltre interessi, senza l’obbligo del

pagamento dell’indennizzo).

16. Natura dell’obbligo del pagamento dell’indennizzo: tra

autonomia ed equivalenza con il risarcimento.

L’art. 1381 pone al carico del promittente

l’obbligo di pagare un indennizzo al

promissario per il caso in cui il terzo non

compia il fatto o assuma l’obbligazione.

L’impiego del termine indennizzo ha dato luogo

ad una ampia disputa circa la natura da

281

attribuirgli e quanto alla determinazione in

concreto del quantum debetur.

È da considerare in via di premessa che

l’individuazione della natura dell’indennizzo e

la determinazione dell’ammontare da

corrispondere sono speculari all’idea che si

abbia circa la natura giuridica

dell’obbligazione del promittente.

La configurazione dell’obbligo del promittente

come obbligo di fare comporta che si ravvisi

nel mancato compimento del fatto del terzo

l’inadempimento del promittente, che sarà

conseguentemente obbligato al risarcimento del

danno da inadempimento. L’indennizzo in

quest’ottica avrà funzione risarcitoria e i

parametri di determinazione del suo ammontare

282

saranno quelli che presiedono alla

determinazione del danno da risarcire.

Coloro che sostengono la tesi dell’assunzione

da parte del promittente di una obbligazione di

garanzia per il compimento del fatto da parte

del terzo, individuando l’oggetto della

garanzia direttamente nel fatto del terzo,

ritengono che l’indennizzo rappresenti

l’equivalente economico del fatto promesso291.

Anche secondo tale orientamento si ridimensiona

radicalmente la differenza tra indennizzo e

risarcimento, riducendosi in sostanza ad una

peculiarità di genesi dei due istituti, ma

senza conseguenze pratiche in ordine alla

determinazione del quantum debetur: l’indennizzo,291 Cass., 5 maggio 1993, n. 5216, in Riv. dir. sport., 1993, p. 471;

Cass. 16 novembre 1981, n. 6071, in Arch. civ., 1982, p. 476 ss.;

SCALFI, op. cit., p. 134; F., ALCARO, op. cit., p .81; A. MAZZONI, Le

lettere, op. cit., p. 306; M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 37, 50 ss.; M.R.

MARELLA, op. cit., p. 390.

283

a differenza del risarcimento, non è la

conseguenza di un inadempimento (art. 1218) o

di un atto illecito (art. 2043),

conseguentemente non sarebbe volto al ristoro

di un danno antigiuridico. Mancherebbe però di

fatto una differenza di disciplina

significativa tra il risarcimento e

l’indennizzo che induca ad attribuire

all’indennizzo un significato diverso da quello

di equivalente economico del fatto promesso292.

La citata dottrina sostiene che la differenza

tra risarcimento e indennizzo nasce da una

concezione sanzionatoria della responsabilità civile, che ha

il fulcro sull’elemento della colpa e

dell’antigiuridicità del fatto, piuttosto che

sulla riparazione del danno cagionato. Secondo

tale visione il risarcimento sarebbe legato al

292 E. BRIGANTI, op. cit., p. 188.

284

contegno antigiuridico del responsabile e

avrebbe una funzione sanzionatoria, mentre

l’indennizzo prescinderebbe dal contegno

illecito e dalla colpa e avrebbe funzione

reintegratoria, risolvendosi nell’obbligo di

versare un corrispettivo di entità pari al

valore del bene colpito, quindi diverso e

certamente inferiore rispetto al

risarcimento293.

Gli autori che rigettano la tesi della

diversificazione dell’indennizzo dal

risarcimento, evidenziano che in relazione alla

funzione della responsabilità civile

bisognerebbe porre in primo piano la lesione

cagionata e commisurare conseguentemente la

responsabilità all’entità del danno, piuttosto che alla gravità

293 RUBINI, La responsabilità patrimoniale, Torino, 1956, p. 6.; BARBERO,

Sistema istituzionale del diritto privato italiano, II, cit., p. 123 ss.

285

della colpa294. Si promuove in tal senso uno

“spostamento di prospettiva dall’agente alla

vittima”, o anche una “obiettivizzazione del

dato in rapporto al quale va pronunciato il

giudizio di responsabilità”. In quest’ottica

non sussisterebbe una differenza di funzione

tra risarcimento ed indennizzo295. Tale tesi

sembrerebbe avvalorata dal rilievo che nella

pratica i criteri di determinazione del danno

da indennizzare coincidono con quelli

utilizzati per la determinazione del danno da

risarcire296.

294 RODOTA’, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, p. 58 ss.;

TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961; SCOGNAMIGLIO,

Responsabilità civile, cit., p. 638 ss.; COMPORTI, Esposizione al pericolo e

responsabilità civ., Napoli, 1965, p. 9 ss.295 SCALFI, La promessa del fatto altrui, cit., p. 134 ss; RASCIO,

Giurisprudenza e dottrina su varie questioni relative ad un caso di promessa del fatto del

terzo, cit., p. 563; E. BRIGANTI, op. cit., p 188 ss.296 Tra le altre: Cass., 15 novembre 1973, n. 3036, in Rep. Foro It.,

1974, voce Contratto in genere, c. 515, n. 221; SCALFI, op. cit. p.

134 ss.; F. ALCARO, op. cit., p 80 ss; E. BRIGANTI, op. cit., p 187.

286

Questa pretesa equivalenza funzionale tra

indennizzo e risarcimento contrasta però, a ben

vedere, con il rilievo che sembra avere nella coscienza

sociale il contegno tenuto dal debitore in

relazione alla produzione di un pregiudizio

economico, rilevando sotto questo aspetto se il

danno derivi da un atto lecito o piuttosto da

un inadempimento o da un atto illecito. La

Cassazione, ormai per tradizione

ultradecennale, ha accolto la differenza tra

l’indennizzo contemplato dall’art. 1381 e il

risarcimento del danno297.

Sulla base di tali considerazioni un A. ha

sostenuto che <<l’indennizzo ha la funzione di eliminare il

pregiudizio subito dall’oblato per avere affrontato un

297 Cass. 11 novembre 1992, n. 12118, in Giust. civ., 1993, primo, p.

2179; Cass. 20 dicembre 1995, n. 12973, in Foro it., 1996, primo, c.

1731 ss; Cass. 5 settembre. 1997, n. 8614, in Studium iuris, 1998, p.

190; Cass., 24 gennaio 2003, n. 1137, cit., p. 977 ss.

287

determinato sacrificio economico nell’interesse del

promittente>>298. Se il terzo non compie il fatto

promesso il promissario non avrebbe diritto al

ristoro, per equivalente economico,

dell’interesse all’ottenimento di quella

specifica utilità rappresentata dal compimento

del fatto, perché il promissario non ha diritto

al fatto del terzo e il promittente non ha

colpa del rifiuto del terzo. La funzione

dell’indennizzo sarebbe allora quella di

riparare il pregiudizio subito dal promissario

per l’iniziativa intrapresa. In un normale

rapporto obbligatorio il rischio

dell’inadempimento della prestazione resta a

carico del contraente; nel caso della promessa,

invece, il compimento del fatto è garantito dal

promittente, nel senso che sarà quest’ultimo298 A. CHECCHINI, Indennizzo e risarcimento nella promessa del fatto del terzo,

cit., p. 563 ss.

288

che ne subirà le conseguenze, dovendo

restituire al promissario ciò di cui costui si

sia impoverito nell’interesse (anche non

patrimoniale) del promittente. Il fondamento di

tal indennizzo sembra allora rinvenirsi proprio

nel fatto che il promittente ha un qualche

interesse alla stipula della promessa, da cui

riceve un vantaggio e in virtù di tale

interesse si assume consapevolmente il rischio

della frustrazione della promessa.

Sulla base di tale ragionamento dovrebbe

sostenersi che se alla promessa non consegue

una qualche prestazione da parte del

promissario, oppure l’assunzione di un rischio

di un pregiudizio economico, o ancora un

comportamento attivo del promissario che ha

riflessi patrimonialmente valutabili (il

289

promissario ad esempio fa acquisti nella

prospettiva del compimento del fatto da parte

del terzo), non ci sia alcuno spazio per la

configurazione di un indennizzo299. La bontà di

una tale conclusione è tuttavia tutta da

dimostrare, perché ipotizzando una promessa

disinteressata da parte del promittente, che

sia mosso da puro spirito di liberalità,

sarebbe da dimostrare che in caso di mancato

compimento del fatto del terzo al promissario

non spetti un indennizzo. La lettera dell’art.

1381 non sembra contemplare una tale eccezione.

Allora, se appare ragionevole la configurazione

di una funzione reintegratoria dell’indennizzo,

volto a ristorare il promissario del

pregiudizio economicamente valutabile che ha

subito per aver confidato nel buon esito della299 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, in Trattato di diritto privato a

cura di Mario Bessone, volume tredicesimo, Torino, 2002, p. 396.

290

promessa, non sembra altrettanto sicuro che si

possa escludere tout court la possibilità del

pagamento dell’indennizzo quando il promissario

non abbia subito un pregiudizio economico.

Tuttavia, la questione circa la possibilità di

porre in essere una valida promessa del fatto

del terzo, con obbligazione del solo

promittente e senza che il promissario faccia o

subisca alcunché per l’ottenimento della

promessa, sembra avere rilevanza più teorica

che pratica. Tale asserzione muove dall’analisi

del Repertorio giurisprudenziale: ad oggi

sembra infatti che mai all’attenzione della

giurisprudenza sia pervenuto un caso in cui il

promissario avesse fatto affidamento nella

promessa e nel conseguente obbligo del

promittente di tenerlo indenne per il caso in

291

cui il terzo si rifiutasse di compiere il fatto

promesso, senza che tale affidamento si

radicasse nella sopportazione di un qualche

peso economico, in relazione ad un regolamento

d’interessi tra quest’ultimo e il promittente.

Per quanto riguarda la determinazione del

quantum debetur, la giurisprudenza in alcuni casi

assume a fondamento delle proprie decisioni il

principio del ragguaglio dell’indennizzo al

valore della prestazione attesa, ma applica poi

di fatto il criterio del pregiudizio economico

subito dal promissario, ispirandosi per esempio

al costo della prestazione eseguita dal

promissario300. Sembra allora che la possibilità

di configurare l’indennizzo com’equivalente

economico del fatto promesso sia puramente

300 Trib. Ancona, 11 novembre 1994, in Giust. civ., 1995, primo, p.

1657.

292

accidentale, cioè legata all’eventualità che il

promissario abbia eseguito nell’interesse del

promittente una prestazione, o subito altra

forma di detrimento patrimoniale, di entità

pari al valore economico della prestazione

attesa dal terzo.

Se è vero il ragionamento effettuato, la

giustificazione del pagamento dell’indennizzo

sembra doversi ravvisare nello scambio tra la

promessa e la prestazione del promissario,

ossia nella reciprocità di sacrifici economici.

La garanzia prestata dal promittente in

quest’ottica si configura come garanzia di

riequilibrio economico, che elimina il

pregiudizio subito dal promissario che ha fatto

affidamento sul buon esito della promessa. In

questo senso si parla di una funzione restitutoria

293

dell’indennizzo301, volto a ristorare il promissario

del pregiudizio economico che ha subito in

relazione al mancato compimento del fatto del

terzo.

17. Questioni in tema d’indennizzo.

A) Misura dell’indennizzo

Il legislatore, nella laconica formulazione

dell’art. 1381, non chiarisce a quali parametri

ancorare la determinazione dell’indennizzo;

conseguentemente l’interpretazione che si

accolga circa la natura e la funzione del

pagamento di esso influenzerà la determinazione

in concreto del quantum debetur. Al riguardo in

giurisprudenza ed in dottrina si sono affermati

diversi orientamenti.

301 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 398.

294

a) Secondo un primo orientamento302,

assolutamente maggioritario in dottrina,

l’indennità dovuta dal promittente dovrebbe

essere ragguagliata al valore dell’utilità non

conseguita dal promissario, rappresentando il

pagamento dell’indennizzo la soddisfazione in

via succedanea dell’interesse del promissario

al fatto oggetto della promessa. Se essa sia

stata fatta verso un corrispettivo, nella

determinazione dell’indennità si dovrebbe

tenere conto della diminuzione patrimoniale che

il promissario ha subito, perché questa

rapprenderebbe l’aspettativa di profitto

nutrita dal promissario, così come quantificata

dalle parti. Laddove non sia stato pattuito un

controvalore, la misura dell’indennizzo da

302 SCALFI, op. cit., p. 134 ss.; STASI, op. cit., p. 76; E. BRIGANTI,

op. cit., p. 186 ss; F. ALCARO, op. cit., p. 81; M.C. CHERUBINI, op.

cit., p. 50 ss.; M. R. MARELLA, op. cit., p. 390.

295

corrispondere al promissario si dovrebbe

determinare sulla base del valore di mercato

del bene o della prestazione promessa; quando

invece la prestazione promessa non abbia un

valore di mercato, il giudice dovrebbe

stabilire equitativamente la misura

dell’indennizzo (in un caso la Cassazione ha

determinato la misura predetta sulla base di

una penale precedentemente stabilita dalle

parti303).

Sebbene l’indennizzo non rappresenti il

contenuto di una responsabilità per

inadempimento, per la determinazione della

somma da corrispondere al promissario sarebbero

applicabili in via analogica i criteri che

presiedono alla determinazione del danno da

303 Cass., 21 giugno 1991, n. 6984, in Foro it., 1992, I, c. 1249, con

nota di Ponzanelli.

296

inadempimento (art. 1223 ss., cod. civ.). Alla

stregua del citato articolo il promissario

dovrebbe essere ristorato della perdita che ha

subito, ma anche del mancato guadagno, in

quanto ne siano conseguenza immediata e

diretta. La somma da corrispondere a titolo di

risarcimento del danno da lucro cessante

andrebbe stabilita dal giudice con equo

apprezzamento delle circostanze del caso, ai

sensi dell’art. 2056, 2° comma., cod. civ.

Riguardo quest’ultima questione un A.304 ha

sostenuto che l’obbligo del pagamento

dell’indennizzo si pone al di fuori della

responsabilità per inadempimento (applicandosi

solo in via analogica le relative norme), ma

anche della responsabilità ex art. 2043 ss;

sicché, ritiene l’A., sembrerebbe più giusto

304 M.C. CHERUBINI, op cit., p. 51.

297

applicare l’art. 1226 cod. civ., secondo cui il

giudice liquida il danno con valutazione

equitativa solo se quest’ultimo non può essere

provato nel suo preciso ammontare. Seguendo

tale impostazione, se è possibile stabilire con

certezza la misura del mancato guadagno, non si

applicherà la regola della valutazione

equitativa stabilità dall’art. 2056, comma 2°,

cod. civ.

Infine si è sostenuta305 l’applicabilità del

secondo comma dell’art. 1227 cod. civ., alla

luce del quale il risarcimento non è dovuto per

i danni che il creditore avrebbe potuto evitare

usando l’ordinaria diligenza. Alla stregua

dell’art. 1223 cod. civ., il danno risarcibile

dev’essere conseguenza immediata e diretta del

mancato compimento del fatto del terzo, sicché

305 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 52.

298

la negligenza del promissario interromperebbe

il nesso eziologico tra fatto dannoso ed

effetto; il danno sarà allora conseguenza

mediata del fatto dannoso e come tale non

risarcibile alla stregua dell’art. 1223 cod.

civ.

Quanto all’applicabilità della norma posta dal

1° comma dell’art. 1227 cod. civ., occorrerebbe

distinguere. Il comma citato riguarda l’ipotesi

in cui il creditore concorra con il debitore

nella provocazione dell’evento produttivo del

danno. Ne consegue la diminuzione del

risarcimento secondo la gravità della colpa del

creditore e l’entità delle conseguenze che ne

sono derivate. La limitazione dell’entità del

risarcimento sarebbe possibile solo nei casi in

cui si configuri la responsabilità del

299

promittente per la mancata o inesatta

esecuzione del fatto del terzo, oppure per il

mancato adempimento dell’obbligo di

corrispondere l’indennizzo. L’impossibilità di

applicare la norma, per limitare l’entità

dell’indennizzo, deriva dalla costatazione che

il contegno colpevole del promissario non

potrebbe influenzare la determinazione di

volontà del terzo e non potrebbe concorrere a

cagionare il danno rappresentato dal mancato

compimento del fatto del terzo.

In sostanza, secondo tale orientamento, la

differenza dogmatica che esiste tra indennizzo e risarcimento

non avrebbe alcuna rilevanza riguardo alla determinazione in

concreto dell’indennità dovuta. In particolare si è

sostenuto306 che non essendo la responsabilità

indennitaria responsabilità da inadempimento in

306 M.R. MARELLA, op. cit., p. 390.

300

senso tecnico, ma piuttosto l’oggetto di

un’obbligazione di garanzia, il legislatore ha

scelto il termine indennizzo e non quello di

risarcimento, perché servirebbe a chiarire che

non si tratta di una sanzione per un

inadempimento. Il che però non precluderebbe in

concreto la possibilità di fare ricorso ai

medesimi parametri per la determinazione

dell’ammontare da corrispondere.

b) Un tentativo di soluzione delle perplessità

che sono state espresse in dottrina circa la

possibilità di distinguere tra risarcimento e

indennizzo, quando si tratti di determinare

l’ammontare di quest’ultimo, è stato effettuato

dall’Autore citato307 che ha sostenuto la tesi

secondo cui l’indennizzo avrebbe la funzione di eliminare il

307 A. CHECCHINI, Indennizzo e risarcimento nella promessa del fatto del terzo,

cit., p. 563 ss.

301

pregiudizio subito dal promissario per avere affrontato un

determinato sacrificio economico nell’interesse del

promittente. Secondo tal opinione, il

corrispettivo pagato per la stipula della

promessa circoscriverebbe il pregiudizio

indennizzabile subito dal promissario, salva la

prova di un maggior danno subito da costui,

rispetto alla prestazione eseguita, a causa

delle occasioni perdute308.

Qualora invece la promessa acceda ad

un’operazione economica tra le parti, la

determinazione dell’indennizzo passa attraverso

la stima del “minor valore che il promissario

308 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 422.

Quest’ultima affermazione sembra aprire una falla nella tesi

dell’autore, costituendo, a mio parere, una apertura verso la tesi

secondo cui l’indennizzo ha una funzione satisfattoria

dell’interesse al fatto promesso. L’aderenza ad una funzione

“meramente restitutoria” dell’indennizzo comporterebbe che il

promittente si limiti a “restituire” quanto pagato dal promissario

302

ha ottenuto nel negozio garantito”309, rispetto

al sacrificio che ha affrontato, non

contemplandosi nel calcolo dell’indennizzo

dovuto il mancato guadagno del promissario

(esempio: il promissario acquista un immobile

senza la licenza che la pubblica

amministrazione non ha concesso)310.

Infine nel caso in cui l’iniziativa del

promissario non consenta una valutazione

economica oggettiva del sacrificio da lui

affrontato, il giudice dovrebbe procedere ad

309 A. CHECCHINI. La promessa del fatto del terzo, cit., p. 422.310 Non si comprende, a mio parere, perché nel caso in cui la

promessa sia stata fatta verso un corrispettivo bisognerebbe

calcolare nell’indennizzo le occasioni perdute dal promissario che

ha fatto affidamento sulla promessa, ed invece nel caso in cui la

promessa acceda ad una operazione economica tra le parti non si

debba tener conto del mancato guadagno che il promissario avrebbe

potuto conseguire (ad esempio Tizio promette a Caio che Sempronio

rinuncerà ad una determinata servitù sul suo fondo. Mevio è

interessato all’acquisto del fondo, ma solo a condizioni che non

ci sia alcuna servitù. Se Sempronio non rinuncia alla servitù sul

fondo di Caio, costui non potrà vendere il fondo a Mevio).

303

una valutazione secondo equità (esempio: il

promissario ha accettato sulla base della

promessa di concludere un negozio con il terzo,

che altrimenti non avrebbe concluso).

c) Le indicazioni giurisprudenziali circa la

determinazione dell’indennizzo da corrispondere

al promissario sono contrastanti. Secondo un

primo orientamento311, sussisterebbe un’equivalenza

funzionale tra risarcimento ed indennizzo, per cui

l’unica differenza di rilievo tra i due rimedi

starebbe nell’impossibilità di ottenere una

reintegrazione in forma specifica, in

alternativa al pagamento dell’indennizzo; per

la determinazione in concreto di questo,

sarebbero invece applicabili gli stessi criteri

311 Cass., 10 febbraio 1984, n. 1024, in Giust. civ., 1984, I, p.

3383; Cass., 16 novembre 1981, n. 6071, in Arch. civ., 1982, p. 476.

304

che presiedono alla determinazione del danno da

risarcire.

Un secondo orientamento, maggioritario in

giurisprudenza, evidenzia la differenza che sussiste tra

i due rimedi sotto il profilo genetico e funzionale. Il

risarcimento è sanzione da atto illecito o da

inadempimento e mira a ricostruire la

situazione patrimoniale del danneggiato;

l’indennizzo prescinde dalla colpa e

dall’inadempimento e ha la funzione di

compensare la lesione di un interesse altrui312.

Da questa distinzione le citate sentenze fanno

anche derivare una conseguenza di ordine

processuale, per cui sarebbe inammissibile,

sulla base del divieto di proporre domande

nuove in appello (art. 345 cod. proc. civ.),312 Cass., 9 settembre, 1997, n. 8164, in Studium iuris, 1998, p. 190;

Cass., 27 settembre 1996, n. 8522, in Mass. giust. civ., 1996; Cass.,

21 giugno 1991, n. 6984, in Foro it., 1992, I, p. 1248.

305

richiedere per la prima volta in grado di

appello l’indennizzo, se in primo grado sia

stato richiesto il risarcimento del danno. Le

conseguenze pratiche in tema di determinazione

dell’indennizzo sono però meno chiare delle

premesse. Talvolta viene escluso dal quantum

dell’indennizzo il calcolo del lucro

cessante313; in altri casi si è ritenuto che il

giudice dovesse valutare equitativamente

l’ammontare dell’indennizzo, essendo ogni altro

criterio di liquidazione ritenuto non

applicabile alla determinazione dell’indennizzo

ex art. 1381 cod. civ.314

B) Presupposti della corresponsione

dell’indennizzo: impossibilità sopravvenuta del

fatto altrui.

313 App. Napoli, 28 marzo 1962, cit.314 Cass., 21 giugno 1994, n. 6984, cit.

306

L’art. 1381 cod. civ. pone a carico del

promittente l’obbligo di corrispondere al

promissario un indennizzo, per il caso che il

terzo non compia il fatto promesso o rifiuti di

assumere l’obbligazione promessa. Il pagamento

dell’indennizzo costituisce elemento

caratterizzante la fattispecie tipizzata

nell’articolo citato. Qualora le parti

decidessero di escludere l’obbligo del

pagamento dell’indennizzo per il caso di

frustrazione del promessa, non si avrebbe

tuttavia nullità dell’accordo, ma semplicemente

si ricadrebbe in una fattispecie diversa da

quella della promessa del fatto altrui, e cioè

nell’impegno di adoprarsi in maniera diligente,

in modo da sollecitare il comportamento

promesso del terzo.

307

Accertato che il promittente è tenuto a

corrispondere l’indennizzo per il caso in cui

il terzo non compia il fatto promesso, resta da

chiarire se tale obbligo sorge in relazione ad

ogni caso in cui non si verifichi il fatto

promesso, oppure nelle sole ipotesi che il

terzo si rifiuti, esplicitamente o

implicitamente, di tenere un comportamento

conforme alla promessa.

La questione dei presupposti in base ai quali

il promittente è tenuto al pagamento

dell’indennizzo è uno dei nodi più dibattuti

circa la figura che stiamo analizzando. La

lettera dell’articolo 1381 stabilisce che

l’indennizzo è dovuto <<se il terzo rifiuta di

obbligarsi o non compie il fatto promesso>>.

Volendo applicare la norma alla lettera

308

dovrebbe dirsi che il legislatore pone due

presupposti differenti in base ai quali nasce

l’obbligo della corresponsione dell’indennizzo,

secondo che si sia promesso il fatto del terzo,

oppure l’assunzione di una determinata

obbligazione da parte del terzo. Nella prima

ipotesi il promittente sarebbe tenuto al

pagamento dell’indennizzo qualora per qualsiasi

ragione il terzo non abbia compiuto il fatto

promesso; nella seconda ipotesi l’obbligo della

corresponsione dell’indennizzo sarebbe

condizionato al rifiuto del terzo di assumere

l’obbligazione, non costituendo quindi ragione

dell’esborso indennitario tutti quei casi in

cui il promittente non assume l’obbligazione

per cause estranee alla sua volontà

(impossibilità della prestazione, perimento

309

dell’oggetto della prestazione, morte del

terzo).

Secondo un primo orientamento maggioritario in

dottrina315, il promittente sopporta il rischio

di dover pagare l’indennizzo limitatamente al

caso che il terzo si rifiuti di compiere quanto

promesso dal primo. In altri termini, se è vero

che con la promessa il promittente si accolla

il rischio del rifiuto del terzo, dovendo per

tal ipotesi provvedere ad indennizzare il

promissario, non sarebbe altrettanto possibile

addossare al promittente il rischio delle cause

impeditive del fatto promesso, che non

dipendono da una mancanza di volontà del terzo.

La garanzia del pagamento dell’indennizzo

opererebbe in relazione al solo rifiuto del

315 SCALFI, op cit., p. 122 e 125; ALCARO, op. cit., p. 81; M.C.

CHERUBINI, op. cit., p. 40; M.C. STASI, op. cit., p. 75, nota n. 6.

310

terzo. Costituirebbe del resto una conferma

ermeneutica di tale assunto la previsione

espressa nell’art. 1120 del code Napoleon e

nell’art. 1129 del codice civile abrogato, (che

costituiscono gli antecedenti storici

dell’attuale art. 1381 cod. civ.), che

l’obbligo del pagamento dell’indennizzo nasce a

causa del “rifiuto del terzo”, senza fare

distinzioni in base alla natura del fatto

promesso. Sostengono gli autori citati che al

verificarsi di tali cause impeditive del fatto

del terzo, il promittente sarà liberato

dall’obbligo del pagamento dell’indennizzo.

Adottando lo stesso criterio di delimitazione

del rischio assunto dal promittente, si è anche

sostenuto316 che costui è liberato dall’obbligo

del pagamento dell’indennizzo nel caso di

316 SCALFI, op. cit., p. 127 ss.

311

sopraggiunta incapacità, oppure di sopraggiunto

fallimento del terzo, che non potrebbe per ciò

disporre dei suoi beni. Il mancato compimento

del fatto è ora imputabile ad una causa diversa

dalla mancanza di volontà del terzo;

conseguentemente nulla dovrà il promittente al

promissario. Tuttavia bisogna considerare che

nell’ipotesi dell’inabilitazione, in cui si

configura un potere di disposizione del

soggetto incapace seppure limitato, il rifiuto

del terzo inabilitato comporterà l’obbligo del

promittente d’indennizzare il contraente, così

come nel caso in cui il fatto promesso abbia

natura tale da poter essere compiuto senza

disporre dei beni incamerati nella massa

fallimentare.317

317 Per una interessante disamina delle conseguenze del fallimento

del promittente e del promissario, v. SCALFI, op. cit., p. 128 ss.

312

Secondo un altro orientamento318 l’indennizzo

spetterebbe al promissario non solo nei casi di

rifiuto del terzo, ma anche quando il fatto di

costui diviene impossibile o comunque

ineseguibile per ragioni differenti dal suo

rifiuto. Tale assunto si ritrova, in primis, in

quegli autori che ritengono che dalla promessa

nasca una obbligazione di garanzia meramente

indennitaria319, per cui non verificandosi il

fatto del terzo e prescindendo dalle ragioni di

tale evenienza, il promittente sarebbe tenuto

ad indennizzare il promissario.

Si è visto che tale configurazione dogmatica

della promessa incontra ostacoli di ordine

logico e giuridico, che sconsigliano di

318 M. SEGNI, La lettre de patronage come garanzia personale impropria, in Riv.

dir. civ., 1975, I, p. 168 ss.; A. MAZZONI, op. cit., p. 363, nota 98;

A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 424 ss.319 Tesi citata sub paragrafo 9.

313

percorrere la via dell’obbligazione

indennitaria; per inquadrare l’obbligo del

promittente meglio è sembrato fare riferimento

al concetto di garanzia, inteso alla stregua

dell’assunzione di un rischio da parte del

promittente. Com’è noto, però, il concetto di

assunzione di un rischio è suscettibile di una

pluralità di significati. Può infatti dirsi che

il promittente assume il rischio che il

promissario non ottenga quella specifica

utilità rappresentata dal fatto del terzo (in

questa ipotesi l’indennizzo rappresenterà

l’equivalente economico del fatto promesso); ma

può ritenersi anche che il promittente assuma

un rischio più limitato rappresentato

dall’obbligo di ristorare il promissario del

pregiudizio subito per avere intrapreso

un’iniziativa economica, facendo affidamento

314

sul buon esito della promessa (in quest’ottica

l’indennizzo varrà a riequilibrare gl’interessi

economici sottesi alla stipula del contratto,

valendo in altri termini a restituire al

promissario ciò che ha perduto concludendo il

contratto). Partendo da tale significato

dell’assunzione del rischio320, si è detto che

l’obbligo di pagare l’indennizzo sussiste non

solo nel caso di rifiuto del terzo, ma anche se

il fatto del terzo non si verifica per cause

diverse dal rifiuto, perché identica è la

funzione che l’indennizzo deve svolgere:

<<garantire l’equilibrio patrimoniale fra le

prestazioni che formano oggetto del contratto

al quale è collegata la promessa>>.

In altri termini accedere all’idea della

garanzia significherebbe dire che, avendo il

320 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 426.

315

promissario accettato i termini del contratto

in vista del compimento del fatto del terzo,

garantito dal promittente, costui dovrà

<<riequilibrare i termini dello scambio

attraverso l’indennizzo>>, in ogni caso che il

fatto del terzo non venga compiuto. La tesi

sembra tenere in debito conto l’interesse del

promissario, che ha sostenuto dei costi per

concludere il contratto cui la promessa accede,

a non dover subire il pregiudizio della

frustrazione della promessa.

A mio sommesso parere se si volesse aderire

alla tesi secondo cui se il fatto del terzo

diventa impossibile, oppure non viene compiuto

per altra causa indipendente dal rifiuto del

terzo, il promittente è liberato dall’obbligo

del pagamento dell’indennizzo, dovrebbe

316

comunque ritenersi che il promittente è tenuto

a restituire ciò che ha ricevuto in relazione

alla stipula della promessa, verificandosi una

causa di risoluzione del contratto per

impossibilità sopravvenuta della prestazione

(di facere del promittente). In altri termini,

salvo che non ricorra un’espressa volontà delle

parti in tal senso, non mi sembrerebbe

ragionevole far ricadere sul promissario il

rischio dell’impossibilità sopravvenuta della

prestazione, o quello di altre cause impeditive

del compimento del fatto o dell’assunzione

dell’obbligazione da parte del terzo,

indipendenti dalla sua volontà. Se per esempio

un soggetto accetta di acquistare un immobile

sulla base di una promessa che il proprietario

dell’immobile confinante venderà il bene di sua

proprietà; il promissario, sulla base

317

dell’aspettativa della vendita dell’immobile

confinante, è indotto pagare un prezzo

superiore al valore di mercato del bene oggetto

del contratto di compravendita. Non mi

sembrerebbe corretto sostenere che nel caso in

cui l’immobile, che il terzo avrebbe dovuto

vendere, vada distrutto a causa di un incendio,

il promissario debba impoverirsi del maggior

valore corrisposto al promittente.

C) Previsione di una penale

In dottrina ed in giurisprudenza è stata talora

prospettata (ed accolta) la possibilità per i

contraenti di pattuire una penale,

contestualmente alla stipula della promessa,

per il caso che il fatto del terzo non si

verifichi321. In giurisprudenza in relazione ad

321 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 54 (è da precisare che secondo l’A.

la predeterminazione di un indennità, per il caso in cui il fatto

318

una tal evenienza si ritiene che, ai fini della

determinazione della somma che il promittente

deve al promissario, il giudice non possa

ridurre la penale eccessiva, facendo

applicazione analogica dell’art. 1384 cod.

civ., data la natura eccezionale della norma322.

Si è notato tuttavia323 come tale assunto appare

paradossale alla luce della considerazione che

il legislatore ammette la riduzione della penale

manifestamente eccessiva in relazione

all’inadempimento dell’obbligato; ne consegue

del terzo non si verifichi, non costituisce vera e propria

clausola penale, perché non si riferisce ad un inadempimento o ad

una violazione di un dovere giuridico, che costituiscono i

presupposti dell’operatività della clausola); Cass., 30 dicembre

1997, n. 13120, in Giust. civ. mass., 1997, p. 2454.

322 App. Roma, 30 novembre 1993, n. 3184, in Rass. dir. civ., 1996, p.

193 ss, con nota di A. Morace Pinelli; in tema di caparra

confirmatoria:.Cass., 23 maggio 1995, n. 5644, in Giust. civ. Mass.,

1995, p. 1050.323 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 54, A. CHECCHINI, Promessa del fatto del

terzo, cit., p. 427, nota 149.

319

che, a maggior ragione, la riduzione della

penale dovrebbe essere possibile a favore del

promittente, che non è inadempiente.

Prescindendo da tali considerazioni,

occorrerebbe a mio avviso sottolineare che

l’art. 1381 cod. civ. contempla una fattispecie

tipica, ossia la promessa del compimento di un

certo fatto da parte di un soggetto terzo324, e

ne disciplina le conseguenze. Rimane estraneo

alla fattispecie il caso in cui un soggetto

prometta il pagamento di una certa somma, per

il caso in cui un terzo non compia un

determinato fatto (si ricade infatti nella c.

d. promessa del fatto proprio).

In quest’ottica la previsione di una penale,

per il caso che il terzo non compia il fatto

promesso, sembra inquadrarsi in una promessa del324 A. CHECCHINI, op. ult. cit., p. 428.

320

fatto proprio, come promessa del pagamento di una

certa somma. Se il ragionamento è esatto, non

vi sarebbe ragione di porsi il problema della

commisurazione dell’indennizzo alla penale,

perché si tratterebbe di fattispecie diversa

dalla “semplice” promessa del fatto del terzo,

per cui non sussisterebbe l’esigenza di

stabilire a quanto ammonta l’indennizzo ex art.

1381 cod. civ.

Tuttavia, la previsione di una clausola penale,

o anche la prestazione di una caparra,

relativamente ad un contratto che è collegato

alla stipula della promessa, più che

rappresentare la misura dell’indennizzo,

potrebbero acquistare il rilievo d’indici cui

ancorare la determinazione dell’indennizzo

secondo equità. È di questo avviso la

321

giurisprudenza, che in alcuni casi ha

quantificato l’indennizzo sulla base di una

penale precedentemente stabilita dalle parti325,

ma non fissata propriamente per l’eventualità

dell’inadempimento della promessa, quanto

piuttosto per l’inadempimento di un contratto

che regolava il regolamento d’interessi più

ampio in cui la penale s’inseriva.

18. L’obbligo del pagamento dell’indennizzo non esclude

che il promittente debba rispondere per illecito

contrattuale e sia tenuto al risarcimento del danno.

Si è messo in evidenza326 che la possibilità di

configurare un obbligo del promittente di fare,

nel senso di procurare il fatto altrui, oppure

nel senso di convincere il terzo a compiere il

fatto, incontra ostacoli di ordine logico e325 Cass., 21 giugno 1991, n. 6984., cit; Cass., 7 gennaio 1975, n.

19., in Arch. civ, 1975, p. 513.326 Vedi retro, par. 7 – 8 di questo capitolo.

322

giuridico. Pur prescindendo dalla tesi della

Cassazione sul doppio obbligo assunto dal

promittente, la difficoltà d’inquadrare

l’obbligo che il promittente assume nell’alveo

delle obbligazioni di fare non esclude che

sulla base delle regole d’interpretazione del

contratto possa individuarsi un impegno di

attivarsi del promittente. Quando risulti che

la conclusione della promessa sia avvenuta sul

presupposto di un potere del promittente di

adoperarsi per ottenere il fatto del terzo, la

regola d’interpretazione del contratto di buona

fede porterà al risultato di ritenere esistente

un tal obbligo in capo al promittente.

Quanto al caso ora prospettato, il ridurre

l’obbligazione, che il promittente assume, ad

una mera assunzione di rischio, rendendo

323

irrilevante l’impegno di attivarsi cui le parti

hanno fatto riferimento nella stipula della

promessa, significherà svilire le circostanze

che hanno portato alla conclusione del

contratto, le ragioni che hanno indotto il

promissario alla conclusione della promessa,

legate al “potere di fatto del promittente di

adoperarsi”; sarà in tal modo infranta ogni

buona norma d’interpretazione e di esecuzione

del contratto (articoli 1366-1375 cod. civ.).

Il contenuto di tal obbligo di fare del

promittente dovrebbe essere individuato, nel

caso concreto, sulla base delle reali

possibilità di adoperarsi del promittente, che

siano state contemplate all’atto della stipula

della promessa. Anche se il compimento del

fatto da parte del terzo dipenderà sempre da

324

circostanze estranee al potere del promittente,

data l’alterità soggettiva di chi deve compiere

il fatto o assumere l’obbligazione, tuttavia è

plausibile pretendere che il promittente tenga

quel comportamento idoneo, quanto meno, a

rendere possibile il fatto stesso del terzo.

È da precisare, tuttavia, che la possibilità di

adoperarsi del promittente non rappresenta un

requisito di validità della promessa, la quale

può essere fatta anche nel caso che il

promittente non abbia alcun potere di procurare

il fatto del terzo (es. si promette il fatto

della pubblica amministrazione). In tale caso

l’unico effetto che nascerà dalla promessa sarà

l’onere di riequilibrare i sacrifici economici

sopportati per la stipulazione del negozio

oneroso in cui la promessa è inserita.

325

La formulazione dell’art. 1381 evidenzia - come

conseguenza tipica del mancato compimento del

fatto o della mancata assunzione

dell’obbligazione - l’obbligo di pagare

l’indennizzo al promissario; ciò non preclude,

tuttavia, la possibilità che ricorra l’obbligo

di risarcire il danno: il promittente

risponderà a titolo d’illecito contrattuale

quando con dolo o colpa ometta di fare quanto è

necessario e a cui si è impegnato, sia pure

implicitamente, per rendere possibile il

compimento del fatto da parte del terzo.

Un esempio macroscopico della ricorrenza di un

illecito contrattuale può individuarsi

nell’esempio giurisprudenziale, in cui il

promittente dopo aver promesso al contraente la

vendita da parte di un terzo di un certo bene

326

lo abbia acquistato in proprio327. Volendo fare

un esempio di fantasia si può immaginare che il

promittente prometta il rilascio di una licenza

da parte della pubblica amministrazione e poi

non si dia cura di presentare neppure la

documentazione necessaria.

19. Segue: prova del danno.

Secondo le regole generali (art. 2697 cod.

civ.) la prova del pregiudizio subito spetterà

al promissario. L’oggetto della prova dovrà

però essere differente, secondo che l’attore

intenda ottenere il pagamento dell’indennizzo o

del risarcimento.

a) Quanto al primo caso, l’idea che si abbia

circa la natura e la funzione dell’indennizzo

influenzerà la scelta dei parametri cui

ancorare la determinazione della misura327 Cass. 20 dicembre 1995, n. 12973, in Foro it., 1996, c. 1731 ss.

327

dell’indennizzo. Qualora si volesse far valere

l’assunto secondo cui l’indennizzo rappresenta

l’equivalente economico del fatto promesso,

dovrà darsi la prova del valore economico del fatto

del terzo che non è stato compiuto. Se si aderisce

invece all’idea secondo cui l’indennizzo ha

funzione di riparare il pregiudizio sofferto

dal promissario nel concludere un certo affare,

sulla base della promessa del compimento del

fatto del terzo, bisognerà dimostrare l’entità

del pregiudizio sofferto, considerando

principalmente l’onere economico affrontato dal

promissario a favore del promittente e non compensato

dal verificarsi dell’evento atteso.

b) Quanto al secondo caso, il promissario dovrà

invece provare che il promittente, non facendo

quanto era in suo potere per ottenere il

328

compimento del fatto del terzo, ne ha causato

il mancato verificarsi. Il promittente, in tale

caso, non essendosi avvalso dei poteri di fatto

o di diritto che avrebbe potuto impiegare, non

ha procurato le condizioni per il compimento

del fatto del terzo. L’attore dovrà fornire la prova di

tutti gli elementi che costituiscono l’illecito contrattuale: la

condotta negligente o il dolo dell’obbligato,

la lesione patrimoniale che è derivata

dall’inadempimento, la sussistenza del nesso di

causalità328. Il promittente potrà invece

resistere alla domanda di risarcimento del

danno, provando di aver fatto quanto era in suo

potere per indurre il terzo a compiere il fatto

(in altri termini la sua diligenza

nell’adempimento), oppure l’assenza di un nesso

328 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 36.; Cass., 20 dicembre 1995, n.

12973, cit., c. 1743.

329

di causalità tra il suo agire e il mancato

compimento del fatto del terzo.

Le regole sulla prova suesposte inducono a

ritenere che sarà certamente più agevole per il

promissario ottenere il pagamento

dell’indennizzo, dovendo ora dimostrare solo

che non si è verificato il fatto promesso,

senza dover fornire la prova della condotta

dolosa o colposa del promittente e del nesso di

causalità. L’esame della prassi

giurisprudenziale conferma del resto che, nei

casi di frustrazione della promessa, il

promissario domanda con frequenza sicuramente

maggiore il pagamento dell’indennizzo,

piuttosto che il risarcimento del danno.

Giova in questa sede ricordare che la

giurisprudenza329 ha ritenuto costituire domanda329 Cass., 9 settembre, 1997, n. 8164, cit., p. 190.

330

nuova, inammissibile, quella dell’indennizzo

proposta per la prima volta in appello, laddove

in primo grado si era domandato il risarcimento

del danno. Quindi sarebbe rimedio utile per il

promissario quello di domandare in primo grado

la condanna al risarcimento del danno da

inadempimento ed in subordine la condanna al

pagamento dell’indennizzo, ottenendo in tal

modo che il giudice si pronunci sulla domanda

d’indennizzo, laddove ritenga di rigettare la

prima.

20. Considerazioni sul significato del rischio assunto dal

promittente.

In dottrina si è individuata una funzione di

garanzia della promessa del fatto del terzo e

si è precisato che con la promessa il

promittente si assume il rischio del mancato

331

compimento del fatto del terzo. La funzione

dell’indennizzo sarebbe quella di attribuire al

promissario un’utilità vicaria rispetto al

fatto del terzo. In sostanza l’indennizzo

rappresenterebbe un equivalente economico del

fatto promesso. Secondo quest’orientamento la

promessa genera un affidamento nell’ottenimento

di un’utilità specifica da parte di un terzo,

con la conseguenza che il promittente sarà

tenuto a soddisfare per equivalente economico

tale aspettativa, per il caso in cui il terzo,

libero nel suo operato, decida di non compiere

il fatto o non assumere un’obbligazione. In

sostanza secondo tal orientamento la sequenza

logica generata dall’affidamento sarebbe la

seguente: promessa del fatto del terzo –

nascita dell’aspettativa del promissario al

compimento di un certo fatto da parte di un

332

terzo – obbligo di pagare l’equivalente

economico del fatto promesso, per il caso in

cui il fatto promesso non venga compiuto.

Il rischio che il promittente assume e i parametri cui ancorare

la determinazione del quantum dell’indennizzo sono tuttavia

suscettibili di una diversa individuazione. Se si

attribuisce all’indennizzo la funzione di

riequilibrio degl’interessi economici coinvolti

nel contratto in cui s’inserisce la promessa,

può attribuirsi un significato specifico alla

funzione di garanzia dell’obbligazione del

promittente. Il rischio che costui si assume

andrebbe individuato in relazione al sacrificio

economico sopportato dal promissario, avendo

egli concluso un certo negozio sul presupposto

del buon fine della promessa del fatto del

terzo; qualora tale fatto non sia compiuto,

333

l’indennizzo avrà la funzione di tenere indenne

il promissario dal pregiudizio subito.

In sostanza secondo tal opinione330 l’effetto

della promessa del fatto del terzo è quello di

far nascere un obbligo negoziale di protezione

a favore del promissario, al quale viene

garantito che non subirà pregiudizio per ciò che è indotto

a rischiare, stipulando un determinato negozio su

sollecitazione del promittente. Il legislatore

pone l’obbligo del pagamento dell’indennizzo a

presidio del riequilibrio delle posizioni

economiche dei contraenti.

Se il promittente ha la possibilità

d’influenzare materialmente o giuridicamente il

compimento del fatto da parte del terzo, le

regole d’interpretazione ed esecuzione del

contratto in buona fede imporranno che il330 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p 404.

334

promittente sia in via preliminare obbligato a

creare i presupposti per la soddisfazione

dell’interesse del promissario. In concreto,

quanto il promittente debba compiere dipenderà

dal rapporto che sussiste con il terzo:

l’obbligo di fare potrà consistere soltanto nel

prospettare l’affare economico al terzo, oppure

nel caso che il promittente, socio di

maggioranza di una società, abbia promesso la

conclusione di un certo affare da parte della

stessa, dovrà esplicare i propri poteri

decisionali nella relativa deliberazione

dell’assemblea. L’inadempimento di un tal

obbligo di adoperarsi rappresenterà un illecito

contrattuale, perché si lederà l’interesse

protetto del promissario.

335

Se invece il fatto del terzo si sottrae al

controllo giuridico o materiale del promittente

(caso in cui si promette il fatto della

pubblica amministrazione), l’unico effetto che

nascerà dalla promessa sarà quello di tenere

indenne il promissario per il caso che il fatto

del terzo non sia compiuto. Tal indennizzo

rappresenta il riequilibrio degl’interessi economici dei

contraenti.

In altri termini, inquadrando la promessa del

fatto del terzo nell’ambito di un più ampio

regolamento d’interessi, sarà possibile

identificare un sacrificio economico del

promissario che corrisponde ad un interesse del

promittente. Tale sacrificio apparirà

giustificato quando il fatto del terzo si

verifichi; in caso contrario detto sacrificio

336

rappresenterà un impoverimento ingiustificato

e, conseguentemente, attraverso l’indennizzo,

il promissario sarà reintegrato della perdita

subita.

21. Analisi della funzione restitutoria del pagamento

dell’indennizzo.

Cercheremo in questo paragrafo di verificare,

attraverso l’esame della prassi,

l’ammissibilità di una funzione restitutoria

del pagamento dell’indennizzo.

a) Occorre innanzitutto trattare il caso che la

promessa garantisce l’equilibrio dello scambio:

la promessa è accessoria rispetto ad un negozio

oneroso che il promissario stipula in vista del

compimento del fatto del terzo. Ad esempio: un

soggetto si decide ad acquistare un immobile

solo con la promessa del venditore che la

337

pubblica amministrazione rilascerà la licenza

di abitabilità331. Qui il promittente riceve con

la promessa un vantaggio rappresentato dalla

stipula del negozio, che non sarebbe stato

concluso senza la promessa del fatto del terzo.

Se quest’ultimo non compie il fatto si verifica

uno squilibrio degl’interessi economici delle

parti, proprio perché il fatto del terzo,

nell’ottica del promissario, aveva la valenza

di rendere equilibrato lo scambio tra

prestazione (vendita dell’immobile) e

controprestazione (acquisto dello stesso). Il

rischio che il promittente assume con la

promessa sarà da ravvisare proprio nella

possibilità che l’affare economico sollecitato

dal promittente o comunque concluso anche nel

suo interesse sia fonte di danno per il

331 Cass. 17 dicembre 1993, n. 12507, in Giust. civ., 1994, I, p. 1565

338

promissario; l’obbligo del pagamento

dell’indennizzo varrà ad eliminare gli effetti

di tale pregiudizio, garantendo al promissario

di non risentire alcun pregiudizio economico

dalla conclusione del contratto oneroso.

b) Può accadere che la promessa si presenti

come contratto unilaterale (lettera di patronage

in cui la società controllante, per indurre la

banca a stipulare un mutuo con la società

controllata, assicura la solidità della società

e promette in ogni caso la restituzione della

somma da parte di quest’ultima). Per la

fattispecie ora descritta, sebbene la promessa

non acceda ad un negozio oneroso

contestualmente concluso tra il promittente e

il promissario, la funzione della promessa è la

medesima svolta nel caso sopra esposto. Il

339

promittente, società controllante, ha interesse

a che il promissario stipuli un certo negozio

con la società controllata. Quest’interesse è

la ragione che spinge la società controllante a

promettere che il terzo restituirà la somma

mutuata. Il rischio che il promittente assume

con la promessa sarà egualmente da ravvisare

nella possibilità che l’affare economico

sollecitato dal promittente sia fonte di danno

per il promissario. L’obbligo del pagamento

dell’indennizzo varrà a riequilibrare gl’interessi economici

sottesi alla operazione complessiva.

c) La promessa è accessoria ad un contratto in

cui il promittente s’impegna ad adoperarsi per

procurare il compimento del fatto del terzo

verso corrispettivo. Ora ricorrerebbe una

promessa del fatto altrui che accede ad un

340

obbligo di fare atipico del debitore. Tal

obbligo sarà adempiuto se questi si è

diligentemente adoperato, ma essendo stato

promesso il fatto del terzo, la diligenza con

cui il debitore ha cercato d’indurre il terzo a

compiere il fatto non sarà sufficiente ad

esimerlo dal pagamento dell’indennizzo,

eliminando in tal modo il pregiudizio che il

promissario avrà subito stipulando il contratto

oneroso.

In verità occorrerebbe distinguere secondo che

il mancato compimento del fatto sia dipeso

dalla volontà del terzo oppure da un’azione o

omissione del promittente, che, ad esempio, non

si sia attivato per creare le condizioni del

compimento del fatto, o peggio, abbia

acquistato in proprio il bene del terzo di cui

341

aveva promesso la vendita.. Nel primo caso

dalla frustrazione della promessa discenderà

l’effetto tipico stabilito dall’art. 1381,

ossia l’obbligo del pagamento dell’indennizzo.

Nel secondo invece il promittente dovrà

rispondere per l’inadempimento.

In altri termini, può ravvisarsi nella promessa

che accede ad un contratto atipico di facere, la

garanzia della soddisfazione dell’interesse del

creditore al compimento del fatto da parte del

terzo. L’operatività della promessa comporterà

che se senza colpa del debitore il terzo non

compia il fatto, il promittente dovrà

restituire ciò di cui si è arricchito in

conseguenza del negozio oneroso. La funzione di

una tale promessa del fatto del terzo potrebbe

in altri termini essere equivalente alla

342

funzione di una clausola <<soddisfatti o

rimborsati>>332.

d) Si è presentato all’attenzione della

giurisprudenza la controversia in cui una

promessa del fatto del terzo venga fatta in

cambio di una prestazione del promissario333,

senza che la promessa risulti inserita in più

ampio programma contrattuale. In questa ipotesi

per meglio inquadrare gli effetti nascenti

dalla promessa, sembra doversi distinguere due

possibilità alternative: il promittente ha il

potere d’influire sul compimento del fatto

altrui, ferma restando l’autonomia del terzo;

oppure il fatto del terzo è del tutto immune da

influenze esterne (se mi dai cento ti prometto

332 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 408.333 Cass. 3 maggio 1955, n. 1236, in Giust. civ., 1955, p. 444; Cass19

novembre 1963, n. 2995, in Giur. it., 1964, primo, 1, c. 757; App,

Napoli, 28 marzo 1962, n. 521, in Dir. giur., 1963, p. 559 ss.

343

che la pubblica amministrazione ti assumerà

come dirigente; che il giudice ti assolverà;

che il parlamento emanerà una certa legge

etc.).

1) Se il promittente promette il fatto del

terzo verso un corrispettivo e ha il potere

d’influenzare in senso positivo il compimento

del fatto stesso, in base alle regole

d’interpretazione del contratto potrà

individuarsi un impegno del promittente di

adoperarsi affinché il terzo compia il fatto e

l’assunzione di una garanzia, nel senso che il

promittente s’impegna a tenere indenne il

promissario del costo del contratto oneroso

qualora il fatto non venga compiuto. In altri

termini, l’impegno di protezione del

promissario si esplicita attraverso l’obbligo

344

di fare ciò che è necessario per indurre il

terzo a compiere il fatto promesso, salvo

indennizzare il promissario se nonostante gli

sforzi profusi in tal senso il fatto del terzo

non sia stato compiuto.

2) Se il fatto del terzo è estraneo a qualsiasi

potere del promittente d’influenzarne il

compimento, la promessa del fatto del terzo

prestata verso un corrispettivo assume il

significato di una scommessa334.

La possibilità di adoperarsi del promittente

non costituisce in generale condizione di

validità della promessa. Ove la promessa sia

accessoria ad altro negozio oneroso (esempio:

viene acquistato un immobile sulla base della

promessa del rilascio della licenza di

abitabilità), la promessa avrà la funzione334 SCALFI, op. cit., p. 98

345

d’indurre il promissario alla stipula del

contratto di compravendita, con la

consapevolezza che in caso di mancato rilascio

della licenza, il promittente dovrà tenerlo

indenne dal pregiudizio economico subito. Il

fondamento causale del pagamento del prezzo da

parte del promissario sarà comunque da

ravvisare nella vendita del bene, rilevando la

promessa del fatto della pubblica

amministrazione al livello dei motivi che lo

inducono a stipulare il negozio.

Se la promessa del fatto del terzo è fatta sic et

simpliciter verso il pagamento di un

corrispettivo, si deve poter presupporre

necessariamente una possibilità del promittente

di adoperarsi, perché tale attività “costituirà

necessariamente il corrispettivo nel contratto

346

di scambio cui la promessa accede”. In altri

termini, se il terzo non può essere sollecitato

al compimento del fatto, il corrispettivo che

il promissario paga per la promessa non avrà

una giustificazione causale, salvo considerare

come controprestazione l’assunzione del rischio

che il terzo non compia il fatto promesso. Lo

schema della scommessa meglio sembra descrivere

quest’ipotesi335.

La giurisprudenza in passato336 ha ravvisato un

nesso sinallagmatico tra il corrispettivo

pagato dal promissario e il fatto altrui che si

è promesso. Sembrerebbe invece che quando si

prometta il fatto di un terzo verso un qualche

corrispettivo, si possa ravvisare un vincolo di

335 A CHECCHINI, op. ult. cit., p. 410.336 Cass. 3 maggio 1955, n. 1236, in Giust. civ., 1955, p. 444; Cass19

novembre 1963, n. 2995, in Giur. it., 1964, primo, 1, c. 757; App,

Napoli, 28 marzo 1962, n. 521, in Dir. giur., 1963, p. 559 ss.

347

corrispettività tra l’obbligo di adoperarsi del

promittente e la prestazione del promissario. È

da precisare tuttavia che tale vincolo

sinallagmatico non si riflette sulla funzione

di garanzia della promessa, perché ciò

significherebbe affermare che il promittente,

se ha fatto tutto il possibile per indurre il

terzo a compiere il fatto, non debba alcun

indennizzo al promissario, neppure ove mai il

fatto non sia compiuto. Il nesso di

sinallagmaticità si riflette invece sul

contratto d’opera, in cui l’obbligo di fare del

promittente è in rapporto di scambio con

l’obbligo del pagamento del corrispettivo o di

altro sacrificio economico da parte del

promissario337. Conseguentemente il promissario,

che provi che il promittente non ha fatto

337 A CHECCHINI, op. ult. cit., p. 410.

348

quanto era in suo potere per indurre il terzo a

compiere il fatto, potrà ottenere la

risoluzione del contratto per inadempimento e

il risarcimento dei danni338, oltre che eccepire

l’inadempimento per sottrarsi al pagamento del

corrispettivo. Altra conseguenza del rapporto

sinallagmatico tra obbligo di adoperarsi e

pagamento del corrispettivo sarà che il

contratto si risolverà per impossibilità

sopravvenuta della prestazione339, se il fatto

del terzo dovesse divenire impossibile prima

che il promittente adempia al suo obbligo di

fare.

338 Cass., 20 dicembre 1995, n. 12973, cit.339 Cass., 29 maggio 1998, n. 5347, in Mass. giust. civ., 1998, c. 1174,

(era stato promesso ad un lavoratore l’assunzione da parte di una

centrale nucleare, che non ha potuto procedere all’assunzione per

l’intervento del referendum che ha interrotto l’attività delle

centrali nucleari).

349

22. Gratuità e onerosità della promessa. Promessa del fatto

del terzo e accordo di cortesia.

L’analisi della realtà economico - sociale

mostra come la promessa del fatto altrui

s’inquadri spesso in un più ampio regolamento

d’interessi, in cui il promissario acconsente

alla conclusione di un certo contratto, o di un

certo affare economico, se gli sia assicurato

il fatto del terzo con le conseguenze tipiche

previste dall’art. 1381. Attraverso il

meccanismo della promessa si crea, in altri

termini, uno scambio tra la prestazione (o più

in generale il comportamento del promissario) e

l’assunzione del rischio che l’affare

intrapreso comporta per il promittente.

In quest’ottica si può affermare che la

promessa si collega ad un comportamento del

350

promissario o, per meglio dire, ad un

contrattato comportamento del promissario

nell’interesse del promittente, che risulterà

essere in rapporto di reciprocità con la

prestazione della garanzia. Se questo è vero,

il vincolo creato dalla promessa troverà

fondamento proprio nell’esplicita o implicita

contrattazione della modifica del comportamento

del promissario e nel rischio di un pregiudizio

economico che ne potrebbe derivare. 340

Si discute in dottrina se oltre questa

ricostruzione dell’operatività della promessa

del fatto del terzo vi sia uno spazio per

configurare una valida obbligazione del

promittente, che si assuma il rischio del

mancato compimento del fatto del terzo, con le

conseguenze stabilite dall’art. 1381. Occorre

340 A. CHECCHINI, op. ult. cit., p. 412.

351

domandarsi, in altri termini, se sia

ammissibile una promessa autonoma, non legata

ad alcun interesse del promittente, né ad alcun

comportamento del promissario.

Si è sostenuto341 che se non è dato ravvisare

una reciprocità tra la promessa e il

comportamento del promissario che soddisfi un

interesse del promittente, la promessa non

assume quel significato tipico che è dato

rinvenire nella fattispecie di cui all’art.

1381; si configurerebbe in quest’ipotesi una

“promessa di esercitare buoni uffici”, che non farebbe

nascere alcun obbligo giuridico.

Conseguentemente non sarebbe dovuto alcun

indennizzo per il caso del mancato compimento

del fatto del terzo.

341 A. CHECCHINI, op. ult. cit., p. 413.

352

L’opinione evidentemente coinvolge la tematica

della struttura della promessa, nel senso che

non sarebbe ammissibile una promessa gratuita,

senza che si faccia alcunché da parte del

promissario, seppure il promittente avesse un

interesse a che si stipuli il “negozio

garantito” (terzo – promissario). In

particolare un Autore 342 ha sostenuto che la

struttura di contratto bilaterale della

promessa deriva dall’enunciata funzione

restitutoria dell’indennizzo. Se non sussiste

la prestazione del promissario, ossia il

sacrificio da lui affrontato per soddisfare un

interesse del promittente, non si potrebbe

determinare il pregiudizio da lui subito. In

altri termini, se si afferma che la funzione

dell’indennizzo è quella di riequilibrare

342 A. CHECCHINI, op. ult. cit., p. 429.

353

gl’interessi economici delle parti, avendo il

promissario concluso un certo affare nella

prospettiva della garanzia del fatto del terzo,

è implicito che non si ammetta una promessa

gratuita, perché per tale caso il pagamento

dell’indennizzo non potrebbe svolgere alcuna

funzione restitutoria.

Tuttavia, l’inammissibilità di una promessa

gratuita non è affatto pacifica. V’è in

dottrina chi sostiene che se è vero che la

promessa si presenta normalmente inserita in un

regolamento negoziale più ampio, essa però si

delinea quale schema contrattuale in sé

compiuto343, costituendo l’obbligo del

promittente il dato che caratterizza la

struttura della promessa. Non sarebbe dunque

343 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 67; SCALFI, op. cit., pp. 81 e 92 ss.;

ALCARO, op. cit., p. 79.

354

impossibile che una promessa, sebbene gratuita,

generi gli effetti tipici previsti dall’art.

1381 e non vada quindi qualificata alla stregua

di un impegno che rileva sul piano puramente

sociale, ossia come impegno di esercitare buoni

uffici.

L’elemento che distingue la promessa ex art.

1381 dagli accordi c. d. di cortesia è da

cogliersi, infatti, nell’intento delle parti,

ossia nella volontà di escludere o meno il

vincolo giuridico. Tal intento potrà essere

esplicito oppure potrà desumersi dal

comportamento dei soggetti tra cui si svolge un

dato rapporto, tenuto conto delle circostanze

specifiche in relazione alle quali la promessa

venga fatta.

355

Sotto tale profilo potrà rilevare la differenza

tra la gratuità o la onerosità della promessa.

La promessa, se s’inserisce nel contesto di

relazioni economiche tra promittente o

promissario, oppure se è stipulata in vista di

un certo negozio da concludersi tra gli stessi

soggetti, o tra promissario e terzo, sarà

indice della volontà d’impegnarsi

giuridicamente. Viceversa, se la promessa

risulterà avulsa da qualsiasi regolamento

d’interessi tra le parti e non è sorretta da un

specifico interesse del promittente, si potrà

pervenire alla soluzione opposta. Secondo tal

orientamento344 si tratterebbe di una soluzione

interpretativa che non esclude la

configurabilità di una promessa gratuita, con

gli effetti previsti dall’art. 1381, per cui

344 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 79 ss.

356

sotto il nome di promessa del fatto del terzo

si ricomprenderebbero sia ipotesi di contratti

con prestazioni corrispettive, sia contratti

con obbligazioni del solo promittente.

23. Forma della promessa.

L’istituto esaminato non deroga al principio di

libertà della forma, purché risulti in maniera

esplicita e non equivoca la volontà di

obbligarsi345. La promessa del fatto del terzo

non richiede alcuna forma particolare, neppure

per il principio dell’attrazione, così come

accade in tema di forma della procura o di

contratto preliminare.

Nel caso specifico in cui la promessa sia una

clausola di un contratto formale essa dovrà

assumere invece la forma richiesta per questo.

345 F. ALCARO; op. cit., p. 79; SCALFI, op. cit., p. 90; per riferimenti

giurisprudenziali vedi: M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 101 ss.

357

Come già ricordato nel corso della presente

trattazione, è opinione costante che neppure ai

fini della prova sussista l’obbligo della forma

scritta, con conseguente inoperatività dei

limiti probatori ex art. 2725 cod. civ.

24. Conclusioni del capitolo secondo.

L’istituto analizzato è certamente uno dei più

controversi nell’ambito del diritto civile.

Come dimostrato dalla varietà d’interpretazioni

circa la natura dell’obbligo assunto dal

promittente e circa la funzione del pagamento

dell’indennizzo, la promessa si è prestata ad

una pluralità d’inquadramenti sistematici, fino

alla tesi della Cassazione che appiana in una

certa misura i contrasti interpretativi,

ravvisando in capo al promittente un doppio

obbligo, di fare (adoperarsi affinché il terzo

358

compia il fatto promesso) e di dare (pagamento

eventuale dell’indennizzo), con riconoscimento

di spazi di operatività sia per il risarcimento

del danno, che per l’indennizzo propriamente

detto.

Qualunque sia l’idea che si abbia circa la

natura dell’obbligo nascente dalla promessa,

sarà tuttavia comunque ragionevole ravvisare

nell’istituto l’esplicazione di una funzione di

garanzia. Salvo specificare a quale parametro

debba essere rapportata la determinazione del

quantum debetur, è certo che se il promittente fa

una promessa, creando un affidamento nel

promissario, non potrà liberarsi dagli effetti

obbligatori con la semplice prova di aver fatto

tutto il possibile per indurre il terzo ad

adempiere. Il promittente dovrà ponderare le

359

conseguenze della propria promessa, perché

promettendo il fatto del terzo ha garantito un

risultato, in mancanza del quale sarà tenuto

quanto meno ad indennizzare il contraente.

360

CAPITOLO TERZO

LA GARANZIA AUTONOMA

361

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La teorizzazione dei c.d. contratti autonomi

di garanzia. - 3. Dalla teorizzazione del Garantieverträge, alla

tipizzazione della garanzia autonoma nella prassi del commercio

internazionale. - 4. Iniziale disinteresse della dottrina italiana

all’argomento della garanzia autonoma; la sua diffusione a livello interno

-come garanzia bancaria attiva- e a livello internazionale -come garanzia

bancaria passiva- impongono una rimeditazione sul tema. - 5. La varietà

tipologica: garanzie interne ed internazionali; passive ed attive; bid

bond, perfomance bond, maintenance bond, repayment bond

ed altre garanzie autonome. - 6. Segue: Nozione e descrizione

dell’operazione: garanzie autonome dirette e indirette. - 7. Riconduzione

della categoria “contratto di garanzia autonoma” allo schema della

promessa del fatto del terzo (art. 1381 cod. civ.).- 8. Segue: critiche alla

riconduzione tout court del contratto autonomo di garanzia alla

fattispecie della promessa del fatto del terzo. - 9. La nozione di autonomia

utilizzata per descrivere la categoria di contratti personali di garanzia in

cui non trova applicazione il principio dell’accessorietà fideiussoria. - 10.

La causa della garanzia consistente nell’obbligazione preesistente

garantita. - 11. Segue: la causa della garanzia autonoma, intesa come

causalità dell’assunzione dell’obbligo di garanzia. - 12. La Cassazione a

Sezioni Unite si pronuncia sulle differenze sul piano morfologico

funzionale ed interpretativo tra la fideiussione ed il contratto autonomo di

garanzia, in particolare affrontando la problematica della qualificazione

giuridica delle polizze fideiussorie. Una sentenza storica. Sintesi della

controversia portata a conoscenza della S.C. - 13. Segue: la Corte di

Cassazione sembra inquadrare in maniera unitaria le diverse ipotesi di

“garanzia autonoma”-. - 14. Segue: gli aspetti peculiari del contratto

362

autonomo di garanzia, sotto il profilo morfologico e funzionale, nella

ricostruzione operata dalla sentenza in esame. Limiti all’autonomia del

contratto autonomo di garanzia e proponibilità di talune eccezioni

fondate sul rapporto - base. - 15. Segue: profili valutativi dell’incidenza sul

contratto autonomo di garanzia della nullità del contratto illecito. - 16.

Segue: La causa del contratto autonomo di garanzia nella ricostruzione

delle Sez. unite. - 17. Segue: le Sezioni Unite qualificano le polizze

fideiussorie stipulate a garanzia delle obbligazioni di un appaltatore come

garanzia atipica e non fideiussoria, e pervengono ad un importante

cambiamento di rotta sulla rilevanza delle <<clausole a prima richiesta>>

e <<senza eccezioni>>, inserite nel testo del contratto, ai fini della sua

qualificazione come contratto autonomo di garanzia. - 18. Spunti

sistematici forniti dalla sentenza della Cassazione ora citata. - 19. Una

comprensione più approfondita del funzionamento e dell’inquadramento

giuridico delle diverse tipologie contrattuali che si usa ascrivere alla

categoria della garanzia autonoma, richiede che si distingua innanzitutto

tra garanzia <<senza eccezioni>>, come assunzione di rischi atipici, e

garanzie <<a prima domanda>>, in cui l’interesse del beneficiario è quello

di poter escutere senza ritardo la garanzia. - 20. La garanzia autonoma

come assunzione di rischi atipici. Cenni alla fattispecie dell’indemnity,

che nell’area di common law assolve alla funzione svolta dal

Garantieverträge nell’ordinamento tedesco. L’obbligazione di

garanzia può essere autonoma in senso assoluto solo se il contratto

avente ad oggetto la prestazione di garanzia abbia una giustificazione

causale autonoma. In tal caso andranno distinti nettamente due piani

dell’analisi: a) l’oggetto del contratto, ossia la prestazione della garanzia;

b) la causa dello stesso, che andrà individuata nelle comuni ragioni

363

giustificatrici di un negozio. Le uniche eccezioni opponibili dal garante al

beneficiario saranno quelle derivanti dal contratto di garanzia medesimo.

- 21. La garanzia autonoma <<a prima domanda>>. La riconduzione di

tali figure contrattuali alla garanzia autonoma costituisce un errore di

prospettiva? - 22. Segue: la qualificazione della Bankgarantie fondata

sulla circostanza che l’obbligazione del garante è contratta all’interno di

un procedimento tipologicamente riconducibile a quello delegatorio. La

causa della garanzia bancaria passiva è costituita dall’obbligazione

adempiuta eseguendo l’incarico del cliente. - 23. Segue: La qualificazione

delle polizze fideiussorie come contratto a favore di terzi con causa di

scambio, essendo il debitore garantito tenuto a pagare una somma alla

compagnia di assicurazioni. - 24. Autonomia ed accessorietà della

garanzia e regime delle eccezioni. Le eccezioni relative al contratto ed al

rapporto di garanzia (rinvio). Riesame della problematica alla luce della

proposta ricostruzione delle garanzie bancarie passive e delle polizze

fideiussorie: le eccezioni relative alla causa della promessa con funzione di

garanzia autonoma. - 25. Segue: Il problema dell’opponibilità al

beneficiario delle eccezioni derivanti dal contratto e dal rapporto

principale. La proponibilità dell’exceptio doli in caso di escussione

fraudolenta o abusiva del creditore può costituire uno strumento per

prevenire possibili abusi? - 26. Riepilogo.

364

1.Premessa.

Nella prassi dei rapporti commerciali tra

imprese, ma anche tra quest’ultime ed i

committenti pubblici, si è assistito ad una

progressiva diffusione di contratti di garanzia

svincolati dal connotato dell’accessorietà

fideiussoria. Dette forme di garanzia c.d.

autonoma nascono dall’esigenza di attenuare se

non eliminare il rapporto di dipendenza ed

accessorietà che corre tra l’obbligazione del

garante e quella del debitore principale.

La trattazione di tali figure di garanzia

nell’ambito del presente lavoro si spiega in

relazione alla duplice necessità di tracciare i

tratti differenziali dei c. d. contratti

autonomi di garanzia rispetto ai contratti di

garanzia caratterizzati dal connotato

365

dell’accessorietà al rapporto principale (il

cui prototipo è rappresentato dalla

fideiussione), nonché di rendere conto del

tentativo d’inquadramento sistematico degli

stessi che fa leva sulla loro riconduzione allo

schema della promessa del fatto del terzo. La

prima prospettazione di siffatta riconduzione

sistematica è ormai risalente nel tempo346 e si

fonda su una doppia affinità tra l’istituto

della promessa del fatto del terzo ed il

contratto autonomo di garanzia: entrambi

sarebbero fonte di un’obbligazione autonoma del

garante – promittente; entrambi farebbero

nascere un’obbligazione indennitaria a carico

del garante. La tesi in parola, di cui più

diffusamente si darà conto nel prosieguo del

capitolo, ha tuttavia subito vivaci critiche,

346 G. STOLFI, La promessa del fatto di un terzo, cit., p. 216 ss.

366

in particolare in relazione all’univoca

individuazione dell’obbligazione del garante

autonomo com’indennitaria347.

Per una comprensione adeguata del fenomeno

sembra opportuno procedere alla ricostruzione

dell’emersione pratica e concettuale della

categoria negoziale, per poi affrontare la

problematica dell’inquadramento delle diverse

forme contrattuali, argomento, questo, che si

lega al regime delle eccezioni opponibili dal

garante al creditore garantito ed alla tematica

della tutela dell’ordinante (cioè del debitore

originario).

2 La teorizzazione dei c.d. contratti autonomi di garanzia.

La teorizzazione del contratto autonomo di

garanzia, come contratto a sé stante, che si

347 R. CICALA, Saggi sull’obbligazione e le sue vicende, Napoli, 2001, p.

107.

367

distingue dalla fideiussione per l’attributo

dell’accessorietà che contraddistingue

quest’ultima, risale alla fine del 1800 ed è

dovuta a R. Stammler348. L’Autore, soprattutto

con l’obiettivo di fornire un’adeguata

collocazione sistematica alle promesse di dare

con funzione di garanzia, ossia alle forme di

promissio indemnitatis diffuse nella prassi del

tempo, distingueva per la prima volta i

contratti di garanzia in due categorie: quelli

che accedono ad un’obbligazione principale

(fideiussione e mandato di credito) e quelli

che trovano la loro fonte in un atto di

autonomia privata (i c.d. Garantieverträge),

prescindendo dal rapporto con altra

348 Si deve a R. STAMMLER, Der Garantievertrag. Eine civilistische Abhandlung,

in Archiv für die civilistische Praxis, 1886; per la comprensione del

pensiero dell’Autore tedesco si è fatto riferimento alla

dettagliata ricostruzione di F. NAPPI, La garanzia autonoma, profili

sistematici, Napoli 1992, p. 22 ss.

368

obbligazione, e generando pertanto

un’obbligazione autonoma del promittente349.

Lo Stammler affermava, più precisamente, che si

ha contratto di garanzia quando <<una parte,

per sorreggere o promuovere un’iniziativa già

intrapresa o da iniziarsi dalla controparte,

assume contrattualmente e ordinariamente senza

corrispettivo il rischio collegato all’impresa

stessa, alla cui realizzazione il promittente è

in qualche modo interessato>>350. La copertura

del rischio poteva essere delimitata entro una

determinata somma, o anche in rifermento al

solo danno emergente o lucro cessante,

eventualmente predeterminati entro un certo

ammontare. Il fondamento giustificativo del349 G.B. PORTALE, Fideiussione e Garantieverträge nella prassi bancaria, in AA.

VV., Nuovi tipi contrattuali e tecniche di redazione nella pratica commerciale, Profili

comparatistici, a cura di P.Verrucoli, Milano, 1978, p. 12.350 La citazione del passo dello STAMMLER è riportata da G.B.

PORTALE, op. loc. ult. cit.

369

negozio veniva identificato nell’interesse del

garante allo svolgimento dell’attività

garantita.

Si è osservato351 che nell’originaria

impostazione della dottrina dei Garantieverträge

“l’interesse di animazione” del garante

costituiva l’elemento caratterizzante la figura

negoziale, che ne stabiliva la peculiarità

rispetto alla fideiussione. L’assunto diviene

palese ove si pensi che nella prassi dell’epoca

il garante “ordinariamente” non percepiva

alcuna controprestazione. Più precisamente lo

Stammler individuava nell’Animierungsinteresse,

ossia nell’interesse personale che il garante

ha nello stimolare un’iniziativa economica

dell’oblato, la causa sufficiente del

contratto; quest’interesse poteva essere di

351 F. NAPPI, o u. c., p. 23.

370

qualsiasi natura, quindi economico, sociale o

anche puramente ideale. Lo Stammler in

particolare aveva a mente soprattutto casi di

promesse pubbliche con funzione di garanzia

(es.: la promessa con cui lo Stato garantisce

ai sottoscrittori di azioni emesse da una

società ferroviaria un rendimento minimo).

L’affermazione secondo cui la causa del

Garantieverträge è costituita dall’“interesse di

animazione” del garante sembra volere dire, in

altri termini, che tali contratti si reggono su

di uno scambio tra la prestazione cui è tenuto

il creditore garantito ed il sacrificio cui il

garante si espone prestando la garanzia. In

questa sede rileva notare che tale

configurazione della causa del contratto

autonomo di garanzia, così come ricostruita

371

dallo Stammler, richiama alla mente il discorso

svolto nel capitolo precedente circa la

configurazione della causa dell’attribuzione

patrimoniale del promittente, per il caso della

stipula della promessa del fatto del terzo. In

quella sede352 si è infatti visto che,

costituendo la promessa per lo più un frammento

di un più ampio regolamento d’interessi, tale

figura può trovare giustificazione proprio in

un interesse del promittente, il quale per

indurre il contraente – promissario al

compimento di un certo fatto o alla conclusione

di un certo negozio, promette il fatto di una

terza persona. Più precisamente si è visto che

la causa dell’impegno del promittente d’indurre

il terzo a compiere il fatto promesso, e

dell’obbligo d’indennizzare il promissario per

352 V. retro, par. 3 e 4, capitolo II.

372

l’eventualità che il terzo non compia il fatto,

è da ravvisarsi nel pregiudizio subito dal

promissario, per avere compiuto un certo fatto,

facendo affidamento sulla promessa prestata dal

promittente. Anche in tal caso è possibile

ravvisare uno scambio tra la prestazione del

promissario e il sacrificio cui il promittente

si espone concludendo la promessa.

Come meglio si vedrà nel corso di questo

capitolo, tal interesse del garante è di regola

assente nelle odierne forme di garanzia

autonoma, o almeno, volendo essere più precisi,

lo è per quei casi in cui la garanzia è assunta

sulla base di un incarico ricevuto dal debitore

garantito, il quale ha preventivamente promesso

al creditore la prestazione di una garanzia.

373

Tralasciando l’importanza dell’Animierungsinteresse

come possibile riferimento causale dei

contratti in questione, sin dall’antica

dottrina tedesca353 la collocazione sistematica

dei c.d. contratti autonomi di garanzia fa leva

sulla loro autonomia, poiché essi sono

stipulati per la copertura di un rischio, come

i contratti accessori di garanzia, ma a

differenza di quest’ultimi non rinvengono la

propria causa in un preesistente e valido

rapporto obbligatorio. E’ ricorrente infatti

l’assunto secondo cui nel tipico contratto per

l’assunzione di una garanzia personale, la

fideiussione, la responsabilità del garante

deriva dalla responsabilità del debitore

principale ed in ciò consiste la c.d.

accessorietà dell’obbligazione del fideiussore;

353 Per riferimenti ,vedi F. NAPPI, op. cit., p. 24, nota 25.

374

la responsabilità del garante “autonomo” nasce

invece in relazione ad un autonomo atto

negoziale e comporta l’assunzione del rischio

del verificarsi o del non verificarsi di un

fatto, cui il creditore ha interesse, senza che

di tali eventi sia chiamato a rispondere anche

un debitore principale354.

354 G. STOLFI, La promessa del fatto di un terzo, cit., p. 219. Sul punto v.

i rilievi di F. NAPPI, op. cit., p. 29 ss., il quale sostiene che

questa delimitazione del rischio produce un’indebita restrizione

del rischio che può assumersi mediante una garanzia autonoma, che

dovrebbe potersi identificare anche in un fatto o un’omissione di

cui il terzo sia chiamato a rispondere. L’evento garantito

attraverso la garanzia autonoma potrebbe in altri termini essere

oggetto di una prestazione cui il terzo sia tenuto nei confronti

del promissario e, più in generale, dovrebbe ritenersi possibile

garantire attraverso una garanzia autonoma (e non solo attraverso

una garanzia accessoria) un evento, anche quando sia possibile

imputare al terzo la responsabilità per il mancato verificarsi

dello stesso. Il carattere autonomo dell’obbligazione del garante

non sarebbe quindi incompatibile con un’obbligazione di natura

contrattuale o extracontrattuale del garantito verso il creditore,

ma comporterebbe solamente l’indipendenza dell’obbligazione del

garante rispetto a quella (eventuale) del debitore garantito.

375

In dottrina355 si è evidenziato che la corrente

definizione della garanzia autonoma, fondata

sull’autonomia dell’obbligazione assunta, pone

in ombra la ragione del “distacco”

dell’obbligazione di garanzia da quella

garantita: la diversità dei rischi

<<assicurati>>. In altri termini, il rilievo

dato all’autonomia dell’obbligazione di

garanzia, mettendo in risalto la differenza di

effetti prodotti dalle garanzie autonome,

porrebbe in ombra la ragione stessa della

diversità effettuale. Nell’ottica di un’analisi

di tipo economico – descrittiva si è infatti

notato356 che la realizzazione dell’interesse

del creditore è sottoposta ad una pluralità di

rischi, per alcuni dei quali (l’inadempimento

355 A titolo esemplificativo: F. NAPPI, op. cit., p. 26; L. RUGGERI –

S. MONTICELLI, Garanzie personali, Napoli, 2005, p. 205.356 F. NAPPI, op. cit., p. 26.

376

del debitore) il creditore può essere garantito

con la fideiussione; per altri (ad esempio

l’impossibilità sopravvenuta della prestazione)

diventa insufficiente la fideiussione e

necessario il Garantieverträge. Riflettendo

sull’esempio prospettato, la ragione per cui

l’impossibilità sopravvenuta della prestazione

non si ripercuote sull’obbligazione “autonoma”

del garante, rendendola inesigibile, sarebbe da

ravvisare proprio nella peculiarità del rischio

assunto dal garante (il rischio

dell’impossibilità sopravvenuta della

prestazione), che rende l’obbligazione di

garanzia immune dalle vicende di quella

principale. In altri termini, il fatto che

l’invalidità del contratto da cui nasce il

rapporto principale non si riverberi sul

rapporto di garanzia, o ancora che vicende

377

estintive del rapporto obbligatorio principale

non abbiano effetto sull’escussione della

garanzia, deriverebbe proprio dalla peculiarità

di rischi che attraverso il contratto si

coprono; in questo senso sembra dover essere

interpretata l’affermazione riferita alla

fideiussione, così come modificata dalla

normativa convenzionale, ma estendibile ai

contratti di garanzia autonomi che coprono

rischi atipici, secondo cui <<la fideiussione

si è trasformata da forma di garanzia

dell’adempimento, così com’è previsto nel

sistema del codice, in garanzia contro il

rischio dell’inadempimento>>357.

In conclusione del presente paragrafo merita

d’essere ricordata l’utilità pratica e

357 E. BRIGANTI, Contratti di garanzia ed esercizio del credito nella prassi bancaria

italiana, in Vita not., 1980, p. 18 (dell’estratto).

378

concettuale che ha avuto la distinzione

dogmatica tra contratti di garanzia accessori e

autonomi. La distinzione dello Stammler, accolta

nei Motive del BGB, è stata utilizzata dalla

dottrina e dalla giurisprudenza tedesche per

dare una soluzione a tre ordini di questioni,

non risolvibili alla luce della disciplina

codicistica: a) per catalogare i negozi in cui

una parte assumeva la garanzia di un certo

successo o di un certo risultato, negozi non

assimilabili né al contratto di assicurazione,

né a quello di fideiussione (es. garanzia

dell’utile minimo a favore di chi avesse

acquistato una partecipazione sociale); b) per

ritenere obbligato il promittente, laddove la

nullità del negozio principale si riverberava

sulla validità dell’obbligazione del

fideiussore; c) per dare una collocazione

379

sistematica a quei contratti in cui il

fideiussore rinunciava a far valere le

eccezioni spettanti al debitore principale

(contratti evidentemente non riconducibili alla

fideiussione).

Riguardo alla funzione del contratto autonomo

di garanzia enunciata sub b, occorre ricordare

che la medesima operazione di ritenere

obbligato il garante nonostante l’invalidità

della fideiussione è stata compiuta in Italia

richiamando la figura della promessa del fatto

del terzo358. L’Autore riteneva che convertendo

la fideiussione nulla in una valida promessa

del fatto del terzo si ottenesse la doppia

utilità di ritenere obbligato il debitore, che

aveva contrattato per obbligarsi e non per dare

358 STOLFI, La promessa del fatto del terzo, in Riv. dir. comm., 1927, I, p.

221.

380

vita ad un negozio nullo, e di tutelare la

legittima aspettativa del creditore a

pretendere la prestazione pattuita359. La

ricostruita operatività della promessa del

fatto del terzo ha però suscitato le critiche

di quegli autori che hanno notato come, in

realtà, pure convertendo la fideiussione nulla

in una valida promessa del fatto del terzo, mai

potrebbe avere soddisfazione l’aspettativa

creditoria all’ottenimento della prestazione

pattuita (cioè quella cui è tenuto il debitore

principale). Sulla base della disciplina

enunciata dall’art. 1381 cod. civ., il

promittente è infatti tenuto ad eseguire una

prestazione indennitaria nei confronti del

promissario, quindi non è tenuto ad eseguire la

medesima prestazione cui è tenuto il debitore

359 G. STOLFI, op. loc. cit.

381

principale; ne consegue che pur considerando il

fideiussore obbligato sulla base di una valida

promessa del fatto del terzo (promittente),

costui non potrà essere chiamato a soddisfare

l’aspettativa creditoria all’ottenimento della

prestazione pattuita360.

3. Dalla teorizzazione del Garantieverträge, alla

tipizzazione della garanzia autonoma nella prassi del

commercio internazionale.

Il Garantieverträge assume una rilevante

diffusione nella prassi dopo la seconda guerra

mondiale, in relazione al proliferare dei

rapporti commerciali internazionali. Stante la360 F .NAPPI, op. cit., p. 27, nota 34; Analoghe considerazioni svolge

B. GRASSO, Saggi di diritto civile, Napoli, 1989, p. 124, in tema di

diversa funzionalità della fideiussione rispetto al contratto

autonomo di garanzia: quest’ultimo obbliga il garante ad eseguire

una prestazione di tipo indennitario, a differenza della

fideiussione che obbliga il fideiussore ad eseguire la medesima

prestazione cui è tenuto il debitore principale, quindi non

consente di soddisfare l’aspettativa creditoria all’ottenimento

della prestazione pattuita.

382

natura accessoria del negozio fideiussorio, gli

operatori commerciali transnazionali prendono

atto dell’inidoneità di tale negozio a

garantire il creditore contro i rischi di misure

valutarie restrittive, di confisca dei crediti stranieri da

parte dello Stato di appartenenza del debitore

e per l’eventualità della nullità del negozio principale,

perché in contrasto con una norma imperativa o

un principio di ordine pubblico dello Stato di

appartenenza del contraente361, non conosciuto

al momento della conclusione del contratto. Il

carattere autonomo del Garantieverträge rende

invece inopponibili le eccezioni fondate sul

rapporto principale e, staccando l’obbligazione

dell’obbligazione di garanzia da quella

principale, esclude che la nullità del

contratto da cui quest’ultima nasce si

361 G.B. PORTALE, op. cit., p. 13.

383

riverberi sulla validità della garanzia, e

dunque ostacoli l’escussione della stessa.

Il contratto autonomo di garanzia,

affrancandosi dall’accezione teorizzata dallo

Stammler (il cui nucleo centrale era costituito

dall’interesse del garante nell’incentivare

l’iniziativa garantita), diventa lo strumento

utilizzato da banche e compagnie di

assicurazioni per garantire una prestazione

<<auf jedem Fall>>. Lo strumento tradizionale

impiegato per premunirsi contro i c.d. rischi

atipici del commercio internazionale era

rappresentato dal deposito cauzionale; la

garanzia autonoma viene ora utilizzata in

alternativa a questo, in quanto, pur

perseguendo la stessa funzione del deposito

384

cauzionale, evita inutili immobilizzi di

denaro362.

Nella dottrina di lingua tedesca si afferma una

definizione della Bankgarantie363 secondo cui essa

è <<quel contratto obbligatorio unilaterale che

di regola serve a garantire la prestazione di

un terzo a favore del creditore beneficiario,

in maniera da assicurare a quest’ultimo che

egli riceverà in ogni caso la prestazione o la

somma di danaro contrattualmente stabilita, e

questo non solo in ipotesi d’inadempimento del

terzo, ma anche nel caso che l’obbligazione del

debitore principale non sia venuta ad

esistenza, oppure sia divenuta successivamente362 F. NAPPI, op. cit., p. 207; Cass., 31 luglio 2002, n. 11368, in

Banca, borsa, tit. cred., 2003, II, 251, con nota di C. FRIGENI, Alcune

nuove pronunce sul contratto autonomo di garanzia, che parla di strumento

alternativo al deposito cauzionale. 363 In questa fase del suo sviluppo la garanzia autonoma viene

presa in considerazione come Bankgarantie, piuttosto che come

Garantieverträge.

385

impossibile>>364. Tale definizione è incentrata

sull’elemento del potere del creditore di

conseguire una prestazione <<auf jeden Fall>>,

ossia <<in ogni caso>> (inadempimento del

terzo; obbligazione del debitore nulla; oppure

divenuta successivamente impossibile).

La differenza fondamentale tra il Garantieverträge

teorizzato dallo Stammler e la Bankgarantie di

successiva emersione consiste in ciò, che

mentre la causa del primo contratto va

individuata nell’Animierungsinteresse del garante,

che si pone in rapporto di scambio con

l’impegno assunto dall’oblato, la causa del

secondo va ravvisata nell’obbligazione assunta

dalla banca con l’accettare l’incarico ricevuto

dal debitore, per adempiere la quale la banca364 Traduzione corrente nella dottrina italiana. Per la dottrina di

lingua tedesca v. E. SCHINNERER – P. AVANCINI, Bankverträge, III,

Wien, 1976, p. 291

386

si è impegnata nei confronti del

beneficiario365. La conseguenza di tale

differente supporto causale è che nel caso

della Bankgarantie il peso economico

dell’operazione ricadrà sul debitore

principale, per effetto della rivalsa che la

banca eserciterà nei confronti del debitore -

cliente, una volta che sia stata escussa la

garanzia (c.d. conteggio); nel Garantieverträge,

invece, il peso definitivo dell’operazione

rimane in capo al garante che ha pagato,

proprio perché il suo interesse di animazione

giustifica lo spostamento patrimoniale in

favore del beneficiario della garanzia366.

Il contratto autonomo di garanzia, così come

descritto, non soddisfaceva però un’altra

365 F. NAPPI, op. cit., p. 47 ss.366 P. CORRIAS, Garanzia pura e contratti di rischio, Milano, 2006, p. 439.

387

esigenza che si poneva nella prassi

commerciale: la necessità di una tutela del

creditore contro il rischio di contestazioni

circa la ricorrenza del presupposto

dell’obbligazione del garante (mancato

adempimento dell’obbligazione primaria da parte

del debitore principale), contestazioni che

avrebbero potuto ritardare notevolmente la

riscossione della prestazione da parte del

creditore. Nella prassi del commercio estero

viene allora tipizzata una nuova clausola: la

<<clausola di pagamento a prima richiesta e

senza eccezioni>>. La sua funzione non è solo

quella di staccare l’obbligazione del garante

dal rapporto principale (funzione già assolta

dalle clausole di deroga all’accessorietà

dell’obbligazione di garanzia fideiussoria, che

impediscono il ripercuotersi dell’invalidità

388

del contratto da cui nasce il rapporto

principale sull’obbligazione del fideiussore, o

che comportano la rinuncia a far valere le

eccezioni fondate sul rapporto principale), ma

anche quella di neutralizzare il rischio di

contestazioni circa l’esistenza dei presupposti

che legittimano l’escussione della garanzia da

parte del creditore. In base alla clausola <<a

prima richiesta>> il creditore ha diritto di

ottenere immediatamente la prestazione del

garante, con la semplice affermazione che si è

verificato l’inadempimento da parte del

debitore367. Le parti peraltro possono stabilire

diverse condizioni cui la domanda di pagamento

deve uniformarsi, come previsto dall’art. 2

nelle norme uniformi emesse dalla Camera di367 È da segnalare sin d’ora che la corrente nozione di garanzia

autonoma fa riferimento a due ipotesi, che “occorrerebbe tenere

ben distinte, esaminare separatamente nelle loro problematiche e

diversamente riqualificare, v. R. CICALA, op. cit., p. 195 ss.

389

Commercio Internazionale nel 1991 (Uniform Rules

for Demand Guarantees): il pagamento può avvenire

a semplice richiesta; a richiesta accompagnata

dalla generica affermazione che l’ordinante è

inadempiente, o accompagnata dall’indicazione

specifica dell’inadempimento; a richiesta

accompagnata dalla descrizione

dell’inadempimento e dai documenti indicati

nella garanzia; a richiesta accompagnata da una

sentenza o da un lodo arbitrale di condanna

dell’ordinante per inadempimento. È da notare

che in quest’ultima ipotesi la garanzia sembra

assumere i connotati tipici dell’accessorietà,

in quanto il creditore deve dimostrare con i

documenti suindicati l’inadempimento del

debitore.

390

Il garante conteggerà la prestazione al

debitore garantito, a cui carico v’è ogni onere

probatorio per il caso che ritenga che il

creditore abbia escusso indebitamente la

garanzia (es.: il debitore aveva già adempiuto

la sua obbligazione). A ben vedere la clausola

produce un’inversione dell’onere della prova,

poiché non sarà il creditore a dover dimostrare

al garante l’inadempimento dell’obbligazione

principale, presupposto per l’escussione della

garanzia, ma sarà il debitore, cui il garante

conteggia la prestazione effettuata, a dover

dimostrare, in sede di azione di ripetizione,

l’assenza dei presupposti che legittimavano il

creditore ad ottenere la prestazione della

garanzia.

391

Il successo della clausola si spiega alla luce

del fatto che se da un lato consente indubbi

vantaggi in termini di sicurezza e rapidità per

il beneficiario, assicurando una soddisfazione

del creditore assimilabile a quella realizzata

da un deposito cauzionale, dall’altro consente

di evitare improduttive immobilizzazioni

finanziarie (come già si è accennato).

La garanzia autonoma diventa strumento di

elezione dei traffici commerciali, specie

internazionali, presentando vantaggi economici

e giuridici per i soggetti coinvolti

nell’operazione.

Più precisamente, l’ordinante che intende

svolgere traffici commerciali all’estero non

immobilizza liquidità (conseguenza necessaria

dei depositi cauzionali) ed affronta un costo

392

minore rispetto a quello che dovrebbe sostenere

stipulando una garanzia fideiussoria. La banca

garante non dovrà entrare nel merito del

rapporto di valuta e delle controversie tra

debitore e creditore: le minori indagini che la

banca dovrà compiere in sede di escussione

della garanzia spiegano il costo minore della

garanzia autonoma rispetto alla fideiussione.

Infine il beneficiario potrà escutere con

semplicità la garanzia, la quale, per giunta,

potrà coprire anche i rischi atipici (risultato

non conseguibile con le garanzie fideiussorie).

393

4. Iniziale disinteresse della dottrina italiana all’argomento

della garanzia autonoma; la sua diffusione a livello interno

-come garanzia bancaria attiva- e a livello internazionale -

come garanzia bancaria passiva- impongono una

rimeditazione sul tema.

Un’iniziale riflessione della dottrina italiana

sul tema della garanzia autonoma, nella forma

del Garantieverträge, risale ad uno studio sulla

promessa del fatto del terzo368. In tale

monografia l’A. qualifica come negozio di

garanzia la figura prevista dall’art. 1129

dell’abrogato codice civile del 1865

(sostanzialmente corrispondente a quella oggi

prevista dall’art. 1381 cod. civ.) e afferma

che la differenza tra l’obbligazione del

fideiussore e l’obbligazione di chi promette il

fatto del terzo risiede nella circostanza che

368 G. STOLFI, La promessa del fatto di un terzo, cit.

394

mentre il primo contrae un’obbligazione

accessoria e sussidiaria dell’obbligazione

principale del debitore, il secondo è obbligato

invece egli stesso in via principale,

indipendentemente dal vincolo che possa sorgere

tra lo stipulante ed il terzo (nel qual caso,

riteneva erroneamente l’A., il promittente si

libera), ed è obbligato fin dal momento in cui

v’è stato accordo delle volontà col

promissario369. Individuata nel binomio

accessorietà – autonomia la differenza tra

l’obbligazione di garanzia del fideiussore e

quella del promittente, si richiama la dottrina

del Garantieverträge, che distingue i contratti di

garanzia in due classi, quelli che accedono ad

un’obbligazione principale e quelli che trovano

nella volontà delle parti il loro fondamento, a

369 Così G. STOLFI, op. cit., p. 217.

395

prescindere da ogni altra obbligazione370. Dalla

comparazione della figura della promessa con la

categoria di elaborazione tedesca l’A. giunge

alla conclusione che tra il contratto di

garanzia di cui parla la dottrina tedesca e la

promessa del fatto del terzo non vi sia una

differenza concettuale371.

In questa chiusura verso l’individuazione di

autonomi spazi di operatività della categoria

del Garantieverträge si annidava un equivoco circa

le potenzialità esplicative della stessa,

potendo il Garantieverträge trovare applicazione

in ipotesi non riconducibili alla promessa del

fatto di un terzo: garanzia del rendimento di

un titolo, garanzia del successo di una lite,

costituendo l’oggetto della garanzia un evento

370 G. STOLFI, op. cit., p. 218.371 G. STOLFI, op. cit., p. 220.

396

che prescinde dal comportamento di un terzo

soggetto372. Inoltre ponendo l’accento

sull’autonomia dell’obbligazione assunta, l’A.

non teneva conto dell’altro elemento

individuato dallo Stammler come fattore

descrittivo della categoria, l’interesse di

animazione del garante, idoneo ad offrire un

supporto giustificativo al negozio. Del resto

lo stesso Stammler aveva già identificato le

differenze tra Garantieverträge e Promissio facti alieni:

mentre il primo è fornito di una propria

giustificazione causale, per la seconda si pone

l’esigenza di specificare la giustificazione

causale, in relazione alla fattispecie

negoziale in cui s’inserisce373. Pertanto

<<mentre il Garantieverträge nasceva come promessa

372 F. NAPPI, op. cit., p. 33.373 STAMMLER, Der Garantieverträge, cit., p. 43; la tesi dello STAMMLER

è riportata in F. NAPPI, op. cit., p. 34.

397

di dare causata, là dove la causa sufficiente

era rappresentata dallo scambio>>374, la

promessa del fatto del terzo rappresenta una

fattispecie muta rispetto alla causa, <<una

frazione di fattispecie negoziale che dovrà

essere giustificata di volta in volta in forza

di un “autonoma” causa>>375.

Dopo questo primo intervento, che di fatto

risolveva il tema delle garanzie autonome

attraverso l’inquadramento della categoria

nello schema della promessa del fatto del

terzo, la dottrina italiana trascurò in buona

sostanza di occuparsi del primo argomento; la

necessità di uno studio più approfondito è

stata avvertita, invece, in seguito alla

massiccia diffusione a livello interno -come

374 F. ROCCHIO, La promessa con funzione di garanzia, Napoli 2009, p. 85.375 G. CASTIGLIA, op. cit., p. 397.

398

garanzia bancaria attiva- ed internazionale -

come garanzia bancaria passiva- di nuove forme

di garanzia personali, in cui era attenuato se

non eliminato il tipico nesso di accessorietà

con il rapporto principale, che connota la

fideiussione.

In Italia, nei formulari bancari predisposti

dall’ABI per il rilascio di fideiussione a

favore delle banche (c.d. fideiussioni

attive)376 si ricorre a due clausole “che

comportano il distacco dell’obbligazione del

garante da quella del debitore garantito”377:

a) <<il fideiussore è tenuto a pagare

immediatamente alla banca a semplice richiesta

376 In Banca borsa e tit. cred., 1964, I, p. 460 ss., hanno ricevuto una

prima pubblicazione le <<Condizioni generali uniformi relative

alle fideiussioni senza limite massimo a garanzia di qualunque

operazione>> predisposte dall’ABI.377 F. NAPPI, op. cit., p. 37.

399

scritta, anche in caso di opposizione del

debitore, quanto dovutole per capitale,

interessi, spese, tasse ed ogni altro

accessorio>>;

b) <<in deroga all’art. 1939 la fideiussione

mantiene i suoi effetti anche se l’obbligazione

principale sia dichiarata invalida>>.378

Nel contempo i bandi degli appalti

internazionali prevedevano quasi regolarmente,

come condizione di partecipazione ed

alternativamente al rilascio di una cauzione,

l’assunzione di garanzie (esempi: bid bond,

performance bond, repayment bond) da parte di una

banca o di una compagnia di assicurazione, in

via autonoma rispetto all’obbligazione

principale e su incarico del debitore (in tal

378 Tra gli altri le clausole sono riportate in G.B. PORTALE,

Fideiussione e Garantieverträge nella prassi bancaria, cit., p. 5.

400

caso la banca o la compagnia assicurativa sono

in veste di garante e non di creditori

garantiti). Elemento caratteristico delle

garanzie che si diffondono nel commercio

internazionale è che “il contratto di garanzia

è la fase terminale di un’operazione

triangolare che ha i suoi punti di riferimento

nel contratto garantito e nel mandato oneroso

(spesso richiamato nel contratto di garanzia)

in base al quale il garante (banca o compagnia

assicurativa) assume la garanzia, con

l’autorizzazione a conteggiare al mandante le

somme pretese da quest’ultimo”379.

In queste garanzie non è più possibile

rinvenire quello che Stammler individuava come

il fondamento giustificativo del Garantieverträge

e cioè l’interesse del garante a promuovere

379 F. NAPPI, op. cit., p. 47.

401

l’attività del beneficiario della garanzia,

senza ricevere alcun corrispettivo per

l’assunzione della stessa. In tali contratti di

garanzia appaiono clausole che riproducono

sostanzialmente il tenore di quelle

summenzionate contenute nei moduli per il

rilascio di fideiussioni bancarie attive380: a)

clausole che impongono il pagamento a prima

richiesta e senza eccezioni; b) clausole che

distaccano la validità dell’obbligazione di

garanzia da quella principale, per cui la

garanzia resta ferma, anche in caso

d’invalidità dell’obbligazione principale.

380 G.B. PORTALE, cit., p. 6- 7.

402

5. La varietà tipologica: garanzie interne ed internazionali;

passive ed attive; bid bond, perfomance bond,

maintenance bond, repayment bond ed altre garanzie

autonome.

È opportuno procedere ad una disamina circa la

varietà tipologica delle garanzie c.d. autonome

che la prassi conosce. Questi chiarimenti

costituiranno un utile strumento d’indagine per

comprendere se la categoria della garanzia

autonoma costituisce un’organica e unitaria

categoria concettuale, o piuttosto un

contenitore di figure contrattuali molto

diverse tra loro, che meritano una trattazione

ed un inquadramento differenziato381.

381 Tra gli altri, espongono analiticamente le varie specie di

garanzie autonome,: F. NAPPI, op. cit., p. 210 ss.; L. RUGGERI – S.

MONTICELLI, op. cit., p. 210 ss.; R. DE NICTOLIS, Nuove garanzie personali

e reali, Padova, 1998, p. 26 ss.

403

In ordine ai soggetti coinvolti nell’operazione

è possibile distinguere tra garanzie interne ed

internazionali. Queste ultime ricorrono quando

le parti del rapporto base hanno il domicilio o

la sede in Stati diversi. È opportuno

sottolineare che i rapporti commerciali

internazionali sono il campo in cui le garanzie

autonome si sono affermate e sviluppate382.

Quanto al contenuto della garanzia nella prassi

del commercio nazionale ed internazionale viene

adoperata una variegata tipologia di garanzie

autonome, delineata, fin dal 1978, dalla Camera

di Commercio Internazionale che pubblicava le

<<Norme uniformi per le garanzie contrattuali>>.

Si distinguono anzitutto tre ipotesi: la

garanzia di mantenimento dell’offerta; la

garanzia di buona esecuzione; la garanzia di382 V. retro par. 2 del presente capitolo.

404

rimborso (detta anche garanzia di restituzione

degli acconti). Dato che spesso accomuna tali

forme di garanzie è il contratto da cui nasce

il rapporto principale, per lo più un appalto,

ma può anche trattarsi di un contratto di

somministrazione o di vendita funzionale a

procurare beni o servizi alla pubblica

amministrazione o ad altre imprese. Elemento

differenziale è che mentre la prima opera nella

fase antecedente alla stipulazione del

contratto base, le altre due forme di garanzia

operano con riferimento alla fase dello

svolgimento del rapporto.

a) Come anticipato, la garanzia di mantenimento

dell’offerta (o bid bond, o tender bond) opera

nella fase antecedente alla stipulazione del

contratto ed è un “impegno rilasciato da una

405

banca, da una compagnia di assicurazioni o da

un altro soggetto (garante) su richiesta di chi

ha presentato l’offerta (l’ordinante) alla

parte che ha invitato all’offerta (il

beneficiario); in virtù di tale garanzia il

garante s’impegna a pagare al beneficiario una

somma predeterminata, qualora l’ordinante non

ottemperi agli obblighi che derivano dalla

presentazione dell’offerta”383. La garanzia

trova applicazione soprattutto in riferimento

ai contratti di appalto e copre il rischio (del

committente) che il vincitore della gara

d’appalto rifiuti di stipulare il contratto, o

comunque di stipularlo alle condizioni previste

nel bando. In tal caso, sulla base della

semplice richiesta del beneficiario, il garante

si obbliga a pagare allo stesso una somma

383 F. NAPPI, op. cit., p. 210.

406

prefissata, calcolata in percentuale rispetto

al valore del contratto base (normalmente la

somma oscilla tra l’1% e il 10% del valore di

esso). La garanzia cessa di operare quando

l’impresa (o la pubblica amministrazione)

committente dà comunicazione al garante che

l’impresa che partecipa alla gara non si è

aggiudicata l’appalto, o nella diversa ipotesi

della conclusione del contratto384.

b) La garanzia di buona esecuzione (anche

conosciuta come performance bond) “è un impegno

rilasciato da una banca, da una compagnia di

assicurazioni o da altro soggetto (il garante),384 L. RUGGERI – S. MONTICELLI, op. cit., p. 207; F. NAPPI, op. cit., p.

210 ss., individua la funzione della garanzia dell’offerta nella

“copertura del rischio che l’esportatore non esegua le

obbligazioni derivanti dall’offerta e consistenti principalmente

nella sottoscrizione del contratto”. Come già chiarito, tali

garanzie appaiono idonee ad essere prestate in relazione a diverse

forme di contratto “garantito”, con la conseguenza che il rischio

“assicurato” sarà diverso, secondo il contratto base che le parti

abbiano stipulato.

407

su richiesta di un fornitore di beni o servizi

o di un altro contraente (l’ordinante), ad un

compratore, un committente, o altro contraente

(il beneficiario)”385 ed ha la funzione di

garantire quest’ultimo contro il rischio

dell’inadempimento totale o parziale degli

obblighi che nascono dal contratto principale,

o del ritardo nell’esecuzione degli stessi. Il

garante s’impegna a pagare al creditore

garantito una somma predeterminata, stabilita

in valore percentuale rispetto al valore delle

opere da realizzare, o dei servizi o forniture

da rendere. Il garante sarà tenuto a pagare

sulla base della semplice dichiarazione che si

è verificato l’inadempimento del contratto

principale (performance bond on demand)386.385 F. NAPPI, op. cit., p. 211.386 Quando l’escussione della garanzia è subordinata

all’accertamento, in via definitiva, dell’inadempimento del

debitore del contratto base, ricorre il performance bond on default (o

408

c) Analoga configurazione ha la garanzia c.d.

di manutenzione (maintenance bond): essa mira a

garantire il buon funzionamento di quanto

fornito o costruito, eliminando difetti o

anomalie387. Attraverso tale garanzia è

assicurata al beneficiario (committente,

compratore, o altro soggetto avente diritto ad

una determinata prestazione da parte del

debitore principale) l’attribuzione di una

somma nell’ipotesi in cui il debitore del

rapporto principale (appaltatore, venditore o

altro contraente) non provveda ad eliminare le

anomalie funzionali emerse dopo che siano stati

effettuati i lavori o le forniture.

d)La garanzia di restituzione degli acconti (o

garanzia di rimborso, repayment bond) è “un

conditional): G. BOZZI, Le garanzie atipiche, vol. I, Garanzie personali,

Milano 1999, p. 40.387 L. RUGGERI – s. MONTICELLI, op. cit., p. 208.

409

impegno rilasciato da una banca o una compagnia

di assicurazioni o altro soggetto (garante) a

richiesta di un fornitore di beni o servizi o

di altro contraente (ordinante) ad un

compratore oppure ad un committente

(beneficiario), in virtù del quale il garante

s’impegna -nel caso di mancato rimborso da

parte dell’ordinante di qualsiasi somma

anticipata dal beneficiario allo stesso- ad

effettuare un pagamento al beneficiario nei

limiti di una somma di denaro prestabilita”388.

Anche questa garanzia trova precipua

applicazione nei contratti di appaltatore;

copre il rischio che costui non restituisca al

committente il pagamento degli anticipi

ricevuti in conseguenza dell’affidamento dei

lavori, e che si era obbligato a restituire nel

388 F. NAPPI, op. cit., p. 212- 213.

410

caso di mancata esecuzione degli stessi. Rileva

notare che in questo caso, a differenza di

quelli esaminati in precedenza, la garanzia

tutela un credito pecuniario e l’ammontare del

credito di garanzia è pari a quello del credito

garantito. In altri termini il garante non è

tenuto ad un’obbligazione indennitaria, ma ad

eseguire la medesima prestazione cui è tenuto

il debitore principale. La precisazione, come

si avrà modo di notare nel prosieguo della

trattazione, è di fondamentale importanza in

relazione a quella tendenza di ravvisare uno

dei principali tratti di affinità tra le

garanzie autonome e la promessa del fatto del

terzo proprio nel carattere indennitario della

prestazione cui è tenuto il

garante/promittente.

411

e) La garanzia di pagamento (payment guarantee)

costituisce il reciproco della garanzia di

buona esecuzione, giacché mira a garantire il

pagamento dei beni o servizi resi. Più

precisamente “essa tende ad assicurare il

pagamento del prezzo nell’ipotesi in cui

quest’ultimo non sia stato anticipato”389, cioè

allorché l’esportatore, l’appaltatore, (etc.)

abbiano eseguito la propria prestazione senza

preventivamente ricevere il pagamento. Anche

per tale garanzia il garante non è tenuto ad

una prestazione indennitaria nei confronti

dell’oblato, ma ad eseguire la stessa

prestazione cui è tenuto il debitore

principale.

f) Nel commercio internazionale sono diffuse

anche le garanzie per la ritenuta -retention money

389 F. NAPPI, op .cit., p. 213.

412

bonds- mediante le quali si garantisce al

beneficiario (committente o acquirente) la

restituzione di una quota del prezzo pagato,

qualora la merce o l’opera non abbiano le

caratteristiche stabilite.

g) Infine bisogna menzionare il customs bond che

garantisce il pagamento dei dazi doganali,

qualora siano stati importati temporaneamente

dei macchinari per l’esecuzione di un’opera, ma

questi non siano poi più stati riesportati;

garanzia, questa, satisfattoria e non indennitaria.

6. Segue: Nozione e descrizione dell’operazione: garanzie

autonome dirette e indirette.

Dalla prassi contrattuale si rileva l’esistenza

di due tipi di garanzie autonome, che si

differenziano sotto il profilo strutturale:

413

quelle dirette (o triangolari), quelle

indirette (o quadrangolari).

A) Nelle garanzie dirette sono individuabili

tre distinti rapporti.

a) V’è un rapporto principale (o rapporto base,

o rapporto di valuta) che intercorre tra

l’ordinante la garanzia ed il beneficiario. In

pratica il contratto che darà vita a questo

rapporto potrà essere una compravendita, una

somministrazione, un appalto, o altro tipo di

contratto diffuso nella pratica commerciale.

b) V’è un contratto di mandato (o rapporto di

provvista) che intercorre tra il debitore nel

rapporto di valuta (ordinante la garanzia) ed

il garante, che di norma sarà una banca o una

società di assicurazioni. L’ordinante dà

incarico alla banca di stipulare un contratto

414

di garanzia autonoma con colui che è creditore

nel rapporto di valuta e che è beneficiario

della garanzia. In astratto si potrebbe anche

ipotizzare un’assunzione spontanea della

garanzia da parte del garante (banca o società

di assicurazione); in tal caso i rapporti tra

garante e debitore principale potrebbero essere

regolati dalle norme in tema di gestione

d’affari e di arricchimento senza giusta

causa390.

c) Infine v’è un contratto di garanzia tra il

garante e il beneficiario, creditore nel

rapporto di valuta. Tale terzo rapporto, non

avendo vita da un contratto sinallagmatico, è

riconducibile alla fattispecie di cui all’art.

1333 cod. civ., (contratto con obbligazioni del

390 F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, Torino, 1995, p. 224.

415

solo proponente), che si perfeziona con il

mancato rifiuto dell’oblato.

B) Passando ad enunciare la struttura delle

garanzia autonome indirette, va detto che esse

sono frequenti quando gli operatori economici

del rapporto principale hanno sede in Stati

diversi. Più precisamente è necessario

ricorrere a tali garanzie quando la legge del

Paese del beneficiario impone che le garanzie

possano essere emesse soltanto da banche

locali. Per questo caso la banca dell’ordinante

assume non un impegno diretto nei confronti del

beneficiario, bensì nei confronti della banca

del Paese del beneficiario. Il debitore dà

incarico ad una banca del suo Paese (prima

banca o banca contro garante) d’incaricare una

banca del Paese del beneficiario (seconda banca

416

o banca garante), di rilasciare la garanzia

autonoma al creditore. In tal caso la struttura

della garanzia sarà quadrangolare:

a) v’è un rapporto base, tra ordinante e

beneficiario;

b) v’è un rapporto di mandato tra l’ordinante e

la prima banca.

c) Per quanto riguarda il rapporto sussistente

tra la prima banca (banca contro garante) e la

seconda (banca garante), secondo una prima

ricostruzione391 si tratterebbe di un rapporto

di sostituzione nel mandato (art. 1117 cod.

civ.). Per altra tesi, il rapporto tra la prima

e la seconda banca ha natura di autonomo sub

mandato, perché la seconda banca non interviene

per eseguire un’obbligazione della prima banca,

391 MASTROPAOLO, op. cit., p. 395.

417

ma per adempierne una propria, derivante da

autonomo mandato della prima banca392.

d) V’è un rapporto di garanzia autonoma tra la

seconda banca ed il beneficiario (creditore nel

rapporto di valuta).

e) Infine sussiste un rapporto di

controgaranzia tra la banca garante e la prima

banca, in forza del quale la seconda banca, che

ha pagato, potrà rivalersi verso la prima.

Va precisato, al fine di una migliore

comprensione della descritta struttura dei due

tipi di garanzia autonoma, che pur essendo di

solito il garante una banca o una società di

assicurazioni, è possibile in astratto pensare

che il contratto di garanzia autonoma

392 G. B. PORTALE, Le garanzie bancarie internazionali, (questioni), in Banca

borsa tit. cred., 1988, I, p. 29.

418

intercorra tra un diverso soggetto (garante) ed

il beneficiario.

Avendo descritto i rapporti che sono coinvolti

nella garanzia autonoma, si può pervenire ad

una definizione della stessa di tipo

strutturale. Si dirà che il Garantieverträge è il

contratto mediante il quale un soggetto, detto

garante, su incarico di un altro soggetto,

detto ordinante, ovvero controgarante (nelle

garanzie indirette), si obbliga nei confronti

di un terzo soggetto (beneficiario) ad eseguire

una determinata prestazione in suo favore, nel

caso d’inadempimento dell’ordinante quanto al

rapporto di valuta; la prestazione sarà

eseguita su semplice richiesta avanzata dal

beneficiario nelle forme pattuite, senz’onere

per quest’ultimo di provare l’inadempimento del

419

debitore, e senza possibilità per il garante di

opporre eccezioni relative al rapporto di

valuta o di provvista (salve le precisazioni

che dovranno farsi su quest’ultimo punto).

7. Riconduzione della categoria “contratto di garanzia

autonoma” allo schema della promessa del fatto del terzo

(art. 1381 cod. civ.).

Uno degli utilizzi più rilevanti sotto il

profilo sistematico della fattispecie

contemplata dall’art. 1381 del codice civile

(promessa del fatto del terzo), è stato quello

d’individuarvi un supporto normativo per

l’inquadramento delle garanzie affermatisi

nella prassi commerciale nazionale ed

internazionale, caratterizzate dalla carenza

dell’accessorietà dell’obbligazione del garante

rispetto a quella del debitore principale (dato

420

che connota la garanzia di tipo fideiussorio di

cui agli art. 1936 ss. cod. civ).

Come sopra già ricordato393 risale ad un Autore

non recente l’affermazione secondo cui una

fideiussione invalida per nullità del contratto

principale si converte sempre in una valida

promessa del fatto del terzo ex art. 1381 cod.

civ., e che se le parti discorrono di

fideiussione, pur sapendo che il contratto

principale è nullo, deve ritenersi che essi

vogliano stipulare una promessa del fatto del

terzo394. In merito a tal opinione, se è chiara

la comprensione del pensiero dell’A., sembra

intanto agevole rilevare che la seconda

proposizione sembra una mera ripetizione della

prima, perché ammettendo che il contratto di

393 V. Par. 2 del presente capitolo.394 G. STOLFI, op. cit., p. 203 ss.

421

fideiussione invalido per nullità del contratto

principale si converta sempre in una valida

promessa del fatto del terzo, inevitabilmente

la conversione avverrà a prescindere dalla

conoscenza che le parti abbiano della nullità

del contratto principale.

Più di recente si è sostenuto che l’art. 1381

cod. civ. <<si presenta come il prototipo, nel

sistema, delle varie possibili forme di

garanzie autonome; di quelle garanzie, cioè,

mediante le quali un soggetto (promittente)

induce un altro (promissario) a intraprendere

alcunché che può causargli un pregiudizio (ed

in particolare, ad instaurare o mantenere un

rapporto con un terzo che comporti obblighi,

spese, prestazioni, modifiche organizzative

interne etc.), creando l’affidamento che

422

l’eventuale perdita dovuta all’insuccesso

dell’iniziativa indotta (mancata prestazione

del terzo, quale che ne sia la causa) sarà

sopportata non dal promissario su cui

ricadrebbe in primo luogo, ma da lui

(promittente), in quanto egli ne assume il

rischio.>>395. L’A. citato afferma inoltre che

bisognerà ricorrere al principio dell’autonomia

contrattuale per spiegare perché il promittente

sia libero di dare sicurezza al creditore

garantito mediante l’assunzione di un obbligo

autonomo di garanzia, (ma si può aggiungere

anche mediante l’assunzione di un obbligo di

garanzia fideiussorio); attraverso il principio

della giusta causa dell’attribuzione si

spiegherebbe invece perché il promissario può

trattenere l’attribuzione patrimoniale fatta

395 A. MAZZONI, Lettere di patronage, Milano 1986, p. 306.

423

dal promittente. Afferma l’A. <<è lecito nel

sistema il patto di trasferimento di rischi o

perdite non imputabile a colpa delle parti; e

di ciò appunto l’art. 1381 costituisce il

riconoscimento legislativo forse più

cospicuo>>396.

Sempre nell’ottica di rinvenire nell’art. 1381

cod. civ. uno schema legale tipico attraverso

il quale può essere assunta dal contraente una

garanzia personale priva dell’attributo

dell’accessorietà (tipico della fideiussione)

ad un obbligo che il debitore abbia verso il

creditore, si è detto che <<per inquadrare gli

impegni assunti per ragione di garanzia, ma

scissi dalle vicende iniziali e successive del

rapporto garantito, occorrerebbe valorizzare lo

spunto secondo il quale in tutte queste nuove

396 A. e op. ult. cit., p. 308.

424

forme negoziali, v’è un interesse specialmente

qualificato e normalmente economico, del

garante>>397. Piuttosto che di un impegno di

adempiere l’obbligo altrui, <<lo schema

sembrerebbe essere quello della promessa del

fatto del terzo, nella variante particolare

della promessa del fatto materiale del

pagamento>>398. Per quanto riguarda la

giustificazione causale del negozio, essa viene

individuata nell’interesse patrimoniale del

garante, <<giacché questi impegni vengono

assunti allo scopo di agevolare gli affari di

un soggetto alla cui attività il promittente è

direttamente interessato, o, all’inverso, sono

resi da una banca in esecuzione dell’accordo

stipulato dietro corrispettivo con il

397 G. CASTIGLIA, Promesse unilaterali atipiche, in Riv. dir. comm., 1983, I,

p. 396.398 G. CASTIGLIA, o.u.c., p. 397.

425

debitore>>399. Il fondamento della vincolatività

dell’impegno non sarebbe pertanto da ravvisare

nella semplice causa cavendi (ripetendo il

ragionamento che è lecito effettuare per la

fideiussione), ma “nell’interesse non liberale

del promittente”.

La tesi richiama alla mente la costruzione

classica del Garantieverträge, caratterizzato

dall’interesse di animazione del garante, ossia

da un qualsiasi interesse del garante che lo

induce a sollecitare l’attività del soggetto

garantito, per cui la giustificazione causale

del negozio si regge su di uno scambio tra la

prestazione cui è tenuto il creditore garantito

e il sacrificio cui il garante si espone

prestando la garanzia. Tuttavia sembra

necessario un chiarimento sul punto.

399 G. CASTICLIA, o.u.c., p. 398.

426

Innanzitutto va premesso che con il termine

contratto autonomo di garanzia non s’individua

un’unitaria categoria negoziale, bensì una

frammentazione d’ipotesi negoziali. Del resto, già da

un punto di vista descrittivo, un indizio della

non uniformità della categoria si può rinvenire

nella varietà tipologica di figure che si usa

ascrivere alla categoria della garanzia

autonoma400. Sul punto si tornerà diffusamente

in seguito, quando si cercherà di rinvenire un

inquadramento sistematico delle diverse figure

più aderente ai profili strutturali che le

caratterizzano. Per ora sembra opportuno

sottolineare che l’assunto secondo cui

l’interesse del garante può costituire la

giustificazione causale di alcune tipologie di

contratti autonomi di garanzia (ad esempio

400 F. NAPPI, op. cit., p. 102.

427

delle lettere di patronage “forte”, in cui il

patronnant ha interesse a che la società

patrocinata riceva un certo finanziamento), non

sembra potersi estendere a quelle garanzie che

sono prestate sulla base di un incarico

ricevuto dal debitore garantito. In tal caso la

giusta causa del negozio con funzione di

garanzia che la banca (la compagnia di

assicurazioni o altro garante) conclude con il

creditore beneficiario, più che essere

rinvenuta nell’interesse patrimoniale della

banca, va ravvisata nell’incarico stesso, che

permetterà al garante di conteggiare il

pagamento della garanzia al debitore

principale. In altri termini, come meglio si

dirà, queste garanzie possono essere ricondotte

al meccanismo della delegazione.

428

8. Segue: critiche alla riconduzione tout court del

contratto autonomo di garanzia alla fattispecie della

promessa del fatto del terzo.

In sostanza le tesi che riconducono la

categoria del contratto autonomo di garanzia

alla fattispecie della promessa del fatto del

terzo individuano nell’autonomia

dell’obbligazione assunta dal promittente-

garante rispetto a quella che corre tra il

promissario ed il terzo401 e nella valenza401 Superato l’orientamento per cui intanto il promittente può

ritenersi obbligato in quanto nessun rapporto corra tra terzo e

promissario (nel qual caso il promittente sarebbe liberato) resta

il fatto che, a ben vedere, l’indipendenza del rapporto di

garanzia rispetto a quello garantito ha un diverso significato nei

due istituti. Nella promessa del fatto del terzo l’autonomia

dell’obbligazione del promittente sta ad individuare la

circostanza per cui il promittente “assicura” il compimento di un

certo fatto da parte del terzo, indipendentemente dall’obbligo che

questi abbia nei confronti del promissario; nel contratto autonomo

di garanzia l’autonomia indica uno scollamento (definitivo o

provvisorio) del rapporto di garanzia rispetto alle vicende del

rapporto garantito. Quindi il medesimo concetto, se nel caso della

promessa sembra indicare la possibilità dell’assunzione di

un’obbligazione di garanzia indipendentemente dall’esistenza di un

429

indennitaria dell’obbligazione assunta dal

promittente-garante qualora il terzo non compia

il fatto, gli elementi che consentono una

reductio ad unitatem dei due istituti. In altri

termini la promessa del fatto del terzo e la

garanzia autonoma avrebbero in comune la funzione

di proteggere il beneficiario dal rischio della mancata

esecuzione del rapporto di valuta (che nel caso della

promessa può non esistere, a meno di non

individuarlo nel mero rapporto d’interesse che

il promissario abbia al compimento del fatto

del terzo), attraverso una prestazione di tipo

indennitario.

obbligo derivante da un rapporto principale, utilizzato in

relazione al contratto autonomo di garanzia sembra descrivere un

carattere afferente alla realizzazione della garanzia,

prescindendo l’escussione della stessa dall’eventuale esistenza di

vizi del contratto da cui nasce il rapporto principale, o dalla

possibilità di opporre eccezioni che attengono al rapporto

principale.

430

Nonostante il fascino che può esercitare la

riconduzione tout court delle garanzie autonome

nell’alveo dello schema ex art 1381 cod. civ.,

sulla base dei citati caratteri che i due

istituti hanno in comune, bisogna tuttavia

convenire sulla circostanza che tale

collocazione sistematica presenta notevoli

limiti, soprattutto nella misura in cui essa si

prospetta come soluzione d’inquadramento totale

di tutte le diverse forme di garanzia autonoma,

senz’alcuna distinzione. Cerchiamo allora di

analizzare puntualmente quali sono gli ostacoli

alla riconduzione sistematica delle garanzie in

discorso allo schema legale di cui all’art.

1381 cod. civ.

A) Come un autorevole Studioso ha sostenuto402,

bisognerebbe innanzitutto prendere atto che le

402 R. CICALA, Saggi, cit., p. 195 ss.

431

diverse fattispecie negoziali riconducibili

alla garanzia autonoma, piuttosto che porsi

come un insieme omogeneo, si prestano ad essere

distinte sotto tre profili: 1) diversità del

rischio che s’intende coprire, 2) diverso

oggetto della prestazione del garante, 3)

richiamo o meno nel contratto di garanzia, del

mandato debitore – garante.

Tralasciando per ora di analizzare il terzo

profilo citato, riguardo al primo profilo

bisognerebbe distinguere tra a) quelle garanzie

attraverso le quali <<s’intenda solo evitare

che la soddisfazione del creditore subisca

ritardi per contestazioni sollevate dal garante

o dal debitore, nel qual caso il creditore

soddisfatto dal garante nonostante

l’inesistenza, la nullità etc. del debito,

432

resta esposto alla ripetizione da parte del

debitore, a cui il garante conteggiò il suo

pagamento>>; b) quelle ipotesi di garanzia che

hanno la funzione di coprire a favore del

creditore <<il rischio atipico correlativo alla

nullità, annullabilità, o frustrazione in

genere del contratto di valuta, (…) qui

l’attribuzione del garante è in ogni caso

definitiva, cioè irripetibile e dal garante e

dal debitore>>. Ebbene, se è agevole affermare

la compatibilità di questo secondo gruppo di

garanzie che coprono rischi atipici con lo

schema della promessa del fatto del terzo, è

senz’altro preclusa la possibilità di

ricondurre le garanzie c.d. a prima domanda

allo schema citato, in quanto l’obbligazione

indennitaria a carico del promittente comporta

433

un’acquisizione definitiva in capo al

beneficiario.

Riguardo l’oggetto della prestazione del

garante, l’A. citato giustamente osserva che

nell’ambito della categoria contrattuale in

esame è possibile che a) il garante “autonomo”

sia tenuto ad una prestazione indennitaria,

<<cioè di riparazione del danno da

inadempimento o da frustrazione del rapporto,

preventivamente liquidata in una somma di

danaro>>403; ora (si pensi ad esempio alla c.d.

garanzia dell’offerta, o ancora alla garanzia

di buona esecuzione404) il garante sarà tenuto

ad una prestazione diversa (indennitaria)

rispetto a quella cui è tenuto il debitore

principale. b) In talune tipologie di garanzie

403 R. CICALA, o.u.c., p. 197.404 Vedi sopra, p. 4.

434

autonome invece il garante è tenuto ad una

prestazione identica a quella del debitore

principale, il che è possibile solo se

quest’ultima sia fungibile405. Esempi di tale

seconda tipologia di garanzie autonome sono la

garanzia di pagamento e la garanzia di

restituzione degli acconti, nelle quali il

garante è tenuto ad effettuare la medesima

prestazione cui è tenuto il debitore

principale. Emerge pertanto, data la natura

indennitaria della prestazione cui è tenuto il

promittente ex art. 1381 del codice civile, che

tali tipi di garanzie non sono riconducibili

allo schema della promessa del fatto del terzo,

divergendone sotto il profilo dell’oggetto

della prestazione del garante.

405 R. CICALA, o.u.c., p. 197.

435

B) Una seconda obiezione alla riconduzione tout

court delle garanzie autonome allo schema della

promessa fa leva sulla circostanza che,

richiamando lo schema di cui all’art. 1381 cod.

civ., secondo cui il promittente è tenuto ad

indennizzare il promissario se il terzo non

compie il fatto promesso, il garante dovrebbe

rispondere dell’inadempimento solo nell’ipotesi

in cui il debitore (terzo secondo lo schema

della promessa) non abbia adempiuto

l’obbligazione principale406. Questa

ricostruzione non consente però di offrire un

inquadramento alle garanzie in cui è inserita

la clausola <<a prima domanda e senza

eccezioni>>, in cui il garante è senz’altro

tenuto al pagamento, non rilevando in sede di

escussione della garanzia l’avvenuto

406 L. RUGGERI . S. MONTICELLI, op. cit., p. 230.

436

adempimento del debitore principale, giacché

detta circostanza emerge in sede di azione di

ripetizione, salvo che si ritenga percorribile

la via dell’exceptio doli, soluzione tutt’altro

che pacifica.

C) Dal punto di vista delle obbligazioni che

nascono dalla stipula delle due diverse figure

negoziali, si è poi osservato che mentre dalla

promessa, secondo la ricostruzione accolta

dalla corte di Cassazione407, nascono una prima

obbligazione di fare in capo al promittente, ed

una seconda obbligazione eventuale di pagare

l’indennizzo, ove il promittente si sia

impegnato a procurare il fatto promesso ed il

terzo non lo abbia compiuto, è evidente che

solo la seconda obbligazione nascerebbe in capo

407 Cass., 20 dicembre 1995, n. 12973, in Giur. it., 1997, I, 1, p.

89.

437

al garante in seguito alla stipulazione di un

contratto autonomo di garanzia408.

D) Ancora, riguardo all’operatività della

promessa, si è evidenziato che l’art. 1381 cod.

civ. non contempla una fattispecie contrattuale

autonoma, ma un frammento di fattispecie, che

s’inserisce in un più ampio regolamento

d’interessi. Sebbene la formulazione

dell’articolo 1381 cod. civ. non escluda in

astratto che possa configurarsi un promessa

autonoma, intesa come contratto con

obbligazioni del solo proponente, la realtà

mostra che la promessa <<s’inserisce sempre in

un più ampio regolamento d’interessi che ne

integra il profilo causale, proprio perché non

realizza di per sé un autonomo schema causale.

Insomma questa tipica prestazione di garanzia,

408 L. RUGGERI – S. MONTICELLI, o.u.c., p. 231.

438

che è la promessa del fatto del terzo può, come

accade in linea di principio per qualsiasi

promessa, essere sorretta da svariati profili

causali (mandato, commissione, locazione,

vendita, ecc.) anche eventualmente atipici>>409.

Giuste le considerazioni riportate, la

differenza tra la promessa e il contratto

autonomo di garanzia risiederebbe nella diversa

natura delle due fattispecie negoziali, l’una

costituendo un frammento di fattispecie

negoziale non dotato di autonoma

giustificazione causale, l’altro un contratto

con funzione di garanzia, con la precisazione

che anche per il contratto autonomo di garanzia

si pone la necessità di specificarne il profilo

causale, non potendo questo essere individuato

nella causa cavendi, se attraverso la prestazione

409 F. NAPPI, op. cit., p. 74.

439

del garante s’intenda garantire una prestazione

<<auf jedem Fall>> e quindi anche nei casi

d’invalidità del rapporto principale. Lo schema

della causa di garanzia comporterebbe infatti

che dovendo il garante “assicurare”

l’adempimento dell’obbligazione principale, la

garanzia non potrebbe essere escussa nei casi

d’invalidità del negozio da cui nasce il

rapporto principale, riproponendosi in sostanza

il meccanismo del riverbero dell’invalidità del

negozio principale sulla negozio di garanzia

(meccanismo che opera nella fideiussione ex

art. 1939 cod. civ., il cui disposto esplicita

il requisito dell’accessorietà genetica,

subordinando la validità della fideiussione

alla validità dell’obbligazione principale).

440

Le considerazioni formulate inducono a

rimeditare la possibilità di un inquadramento

totalizzante delle diverse forme di garanzia

autonoma, inducendo a considerare invece la

necessità di una trattazione differenziata

delle diverse ipotesi cui fa riferimento la

corrente nozione di garanzia autonoma.

9. La nozione di autonomia utilizzata per descrivere la

categoria di contratti personali di garanzia in cui non trova

applicazione il principio dell’accessorietà fideiussoria.

Secondo un iter che si è cercato di ricostruire

nei paragrafi precedenti, la pratica degli

affari e l’evoluzione della tecnica creditizia

hanno prodotto una duplice conseguenza:

1)con la normativa convenzionale v’è stato

un mutamento sulla struttura giuridica

delle figure generali di garanzia,

441

specialmente della fideiussione, nei

termini di un distacco dell’obbligazione

di garanzia da quella garantita;

2)v’è stato il ricorso a nuove forme di

garanzia personale sempre più svincolate

dalla rigida accessorietà dell’obbligo

fideiussorio.

Affianco all’obbligazione accessoria di

garanzia, il sistema conosce pertanto quelle

obbligazioni di garanzia che sono autonome

rispetto al rapporto principale, nel senso che

le vicende del rapporto di garanzia sono

indipendenti da quelle del rapporto garantito.

Il dato che unifica queste garanzie è proprio

la carenza dell’accessorietà che connota la

garanzia di tipo fideiussorio, di cui agli art.

1936 ss cod. civ. In particolare tale risultato

442

è ottenuto attraverso l’inserimento nel

contratto di clausole la cui operatività

comporta che a) l’invalidità dell’obbligazione

principale non si riverberi sulla validità

dell’obbligazione di garanzia; b) il garante

non può sottrarsi al pagamento opponendo

eccezioni attinenti al rapporto principale; c)

il garante deve pagare sulla base della sola

richiesta del beneficiario, ancorché vi sia

l’opposizione del debitore principale. La

funzione di tali clausole è diversa: le prime

due recidono il nesso di accessorietà genetica

e funzionale della garanzia rispetto al

rapporto – base, per cui le vicende iniziali e

successive del rapporto-base non si

ripercuotono sul rapporto di garanzia; l’ultima

clausola ha la funzione di evitare ritardi nel

pagamento della garanzia, sulla base di

443

eventuali contestazioni circa la sussistenza

dei presupposti che legittimano il creditore

all’escussione della garanzia (avvenuto

adempimento da parte del debitore principale).

Negli studi sul tema della garanzia c.d.

autonoma è diffusa l’opinione secondo cui

autonomia ed accessorietà dell’obbligazione di

garanzia siano descrittive di due specie

diverse <<nell’ambito di un concetto di

garanzia per altri versi unitario410>>, che

differiscono in relazione al diverso

collegamento che sussiste tra rapporto

garantito e rapporto di garanzia. La garanzia

autonoma darebbe luogo ad una più accentuata

indipendenza del rapporto di garanzia dal410 Espressione utilizzata da F. NAPPI, op. cit., p. 56; L’A. è

critico verso la possibilità di <<identificare nell’autonomia un

carattere peculiare delle garanzie autonome, che consenta di

collocarle accanto a quelle accessorie, nell’ambito del genus

delle garanzie personali>>.

444

rapporto garantito. Procediamo ad una rapida

rassegna della dottrina in materia.

Una conferma della possibilità sistematica di

considerare l’autonomia e l’accessorietà

dell’obbligazione come attributi di due specie

di garanzia, che a pieno titolo si riconducono

all’unitario genus delle garanzie personali,

può rinvenirsi negli studi sulle garanzie

cambiarie. Com’è noto, sulla base dell’art. 7

della legge cambiaria ogni obbligato cambiario

assume un’obbligazione indipendente da quella

degli altri firmatari, per cui traenti e

giranti sono obbligati indipendentemente

dall’esistenza attuale o futura

dell’obbligazione principale; in particolare

anche per l’avallo (garanzia cambiaria

attraverso cui un soggetto garantisce il

445

pagamento se l’obbligato principale non vi

provveda) vale tale principio d’indipendenza:

la validità dell’obbligazione principale non

costituisce presupposto della validità

dell’avallo. Per questo motivo l’avallo

cambiario si distingue dalla fideiussione, che

ha carattere accessorio (presupposto della

validità dell’obbligazione del fideiussore è la

validità del negozio da cui nasce il rapporto

principale). Sulla base della citata

disciplina411 negli studi sull’argomento si è

sostenuto che <<il concetto di garanzia non è

contraddittorio né con la natura accessoria, né

con la natura autonoma dell’obbligazione di

garanzia>>412, o anche che non è consentito

<<identificare con la fideiussione ogni sorta

411 In particolare vedi art. 37 comma 2 legge cambiaria.412 ROSSI, L’avallo come garanzia cambiaria tipica, in Banca borsa tit. cred.,

1962, I, p. 13 ss.

446

di garanzia personale ed elevare la disciplina

della prima ad archetipo di tutte le

obbligazioni contraddistinte da tale

funzione>>413, e ancora che <<tra il rapporto di

garanzia e il rapporto oggetto della garanzia

non è necessario che esista un nesso di

subordinazione, che si esprime nel concetto di

accessorietà, in quanto è sufficiente che

esista un nesso di coordinazione>>414.

Com’è stato giustamente osservato415, il

risultato cui questi studi nel campo

dell’obbligazione cambiaria di garanzia

approdano è duplice: da un lato si nega

all’accessorietà l’attitudine ad esprimere <<

sul piano concettuale un carattere della

413 G. F. CAMPOBASSO, Coobbligazione cambiaria e solidarietà diseguale,

Napoli1974, p. 138.414 ROSSI, o.u.c., p. 14.415 F. NAPPI, op. cit., p. 67.

447

garanzia personale>> e dall’altro che

accessorietà e autonomia più che porsi in

rapporto di species, nell’ambito del genus

garanzia personale, esprimano <<la varietà di

configurazioni>> che il fenomeno della garanzia

personale può assumere.

Ancora, nell’ambito di un’analisi

comparatistica riguardante la fideiussione, la

promessa del fatto del terzo e la garanzia

autonoma416, un Autore ha giustamente sostenuto

che <<non è possibile identificare con la

fideiussione ogni forma di garanzia personale

ed elevare la disciplina fideiussoria ad

archetipo di tutte le obbligazioni

caratterizzate da una funzione di garanzia>>417,

individuando poi l’esistenza di un spazio

416 E. BRIGANTI, op. cit., p. 138 ss.417 E. BRIGANTI, op. cit., p. 145.

448

sistematico per inquadrare accanto ad

obbligazioni di garanzia caratterizzate

dall’accessorietà al rapporto principale,

garanzie che creano obbligazioni indipendenti

dalle vicende dello stesso. L’A. afferma

inoltre che è <<arbitrario elevare (il

carattere di accessorietà) a criterio

fondamentale per determinare l’appartenenza al

gruppo dei rapporti di garanzia>>, dato che

<<entro certi limiti la stessa obbligazione

fideiussoria è o può essere resa indipendente

dalle vicende dell’obbligazione principale>>,

citando ad esempio di tale assunto l’art. 1939

cod. civ. ult. comma, nonché la possibilità che

l’obbligazione fideiussoria, per volontà delle

parti, sopravviva alla nullità,

all’annullamento o all’estinzione

dell’obbligazione garantita.

449

Infine è possibile giungere alla conclusione

che autonomia ed accessorietà dell’obbligazione

di garanzia siano concetti complementari418

anche sulla base di una ricostruzione teorica

volta ad individuare il profilo causale comune

alle garanzie autonome ed accessorie nel <<far

sì che il garantito (…) che si attende in via

primaria da un terzo la soddisfazione di un

proprio interesse, veda accresciuta la

possibilità di realizzare comunque tale

interesse attraverso, appunto, l’obbligazione

del garante>>419. Com’è agevole rilevare, la

circostanza che la funzione della garanzia vada

inquadrata in relazione ad un “interesse” del

garante e non in relazione ad un credito dello

418 In tal senso P. DE SANNA, Accessorietà ed autonomia ne sistema delle

garanzie a prima richiesta, Milano, 1988, p. 41.419 A. MAZZONI, Lettere di patronage, mandato di credito e promessa del fatto del

terzo, cit., p. 361. Tesi su cui già ci si è soffermati in una

prospettiva critica, nel par. 14 del capitolo II.

450

stesso, è idonea a descrive il funzionamento di

quelle garanzie autonome che coprono rischi

atipici, per cui il garante è costretto a

pagare anche in ipotesi di nullità o

inesistenza del negozio da cui nasce il

rapporto principale. In tal caso la garanzia

sarà comunque funzionale alla tutela di un

“interesse” del beneficiario all’ottenimento

del risultato economico. L’autonomia in

quest’ottica, più che un distacco tra i due

rapporti, individua il collegamento che

sussiste tra il rapporto di garanzia e il

rapporto base, con la precisazione che la

garanzia non è fornita a protezione di un

diritto soggettivo, nel qual caso le vicende

estintive si ripercuotono sull’obbligazione del

garante, bensì tutela un semplice interesse di

fatto, dedotto nel rapporto di garanzia in

451

quanto tale420 (a titolo esemplificativo si

prospetta l’esempio dell’interesse del

creditore all’ottenimento di una certa

prestazione, che sopravvive alla nullità del

contratto per difetto di forma)421. In altri

termini la tesi citata riconduce il concetto di

autonomia dell’obbligazione di garanzia a

quello di accessorietà, precisando che

l’accessorietà delle garanzie autonome non va

ravvisata in relazione ad un rapporto

principale e dunque ad un credito, bensì in

collegamento con un interesse di fatto (privo

dell’habitus del diritto soggettivo) che è

oggetto di un “rapporto-base”, cui accede il

rapporto di garanzia.

420 La citata ricostruzione dottrinale è del P. DE SANNA, op. cit.,

p. 62 ss., 421 P. DE SANNA, op. cit., p. 54 nota 3.

452

Sebbene risulti apprezzabile lo sforzo

dell’individuazione di una causa – funzione di

garanzia, che, nei termini in cui è stata

descritta, risulti idonea a spiegare il

funzionamento sia della classica garanzia

fideiussoria, sia di quelle garanzie in cui le

vicende del rapporto base non si ripercuotono

su quello di garanzia, lascia però

inevitabilmente perplessi la possibilità di

giustificare l’attribuzione patrimoniale del

garante sulla base di un interesse di fatto. Il

nostro sistema giuridico, infatti, non conosce

situazioni in cui il solo interesse (privo del

proprio habitus giuridico) possa legittimare una

pretesa patrimoniale422.

422 È decisamente contrario alla possibilità di un inquadramento

sistematico delle garanzie autonome che faccia leva sulla loro

“autonomia”: F. NAPPI, op. cit., p. 54 ss., in particolare pag. 95-

96.

453

L’individuazione del fondamento causalistico

delle garanzie autonome nella causa-funzione di

garanzia, così come descritta dalla dottrina

sopra citata, altro non comporta che

individuare la giustificazione causale dei

contratti che si ascrivono alla categoria nella

causa cavendi, ossia nello scopo di garantire una

precedente obbligazione, con la precisazione

che nelle garanzie autonome l’interesse

protetto è spoglio del suo habitus giuridico.

L’interesse del promissario dovrebbe costituire

giusta causa dell’attribuzione del garante, pur

non essendo rivestito dei caratteri del diritto

soggettivo, ma si rimane perplessi, perché

l’interesse, se non integra un diritto

soggettivo, non ha dall’ordinamento quel

riconoscimento che gli permette di costituire

454

giusta causa dell’attribuzione in un diverso

rapporto (di garanzia).

Dunque non convince la descrizione della

garanzia autonoma nel senso di un’accessorietà

ad un interesse (che non integra un diritto

soggettivo) da cui trarrebbe la propria

giustificazione causale.

Questo lineare ragionamento induce a compiere

una riflessione sull’utilità d’individuare nel

genus delle garanzie personali due diverse

specie caratterizzate da autonomia ed

accessorietà dell’obbligazione di garanzia,

talvolta ravvisando in esse una dicotomia,

talaltra concetti complementari ed ancora varie

configurazioni del fenomeno. Com’è stato

giustamente osservato 423 l’utilità della

costruzione di un genus garanzia del credito423 F. NAPPI, op. cit., p. 61 ss.

455

dovrebbe servire <<ad indicare i confini entro

cui è possibile proporre in termini specifici

ed unitari, per una serie di fenomeni, alcune

problematiche, come, per esempio, quella della

giusta causa dell’attribuzione>>, o ancora le

condizioni e la misura <<in cui la disciplina

del diritto di garanzia risenta delle vicende

del diritto garantito>>424.

Sembra allora da condividere l’opinione

dottrinale che non ritiene possibile spiegare

l’esistenza nel nostro ordinamento di garanzie

non caratterizzate da quel nesso di

accessorietà del rapporto di garanzia al

424 Problematica questa correttamente individuata dall’A. cui è

attribuibile l’individuazione della c.d. causa – funzione di

garanzia, A. MAZZONI, Lettere di patronage, mandato di credito e promessa del

fatto del terzo, cit., p. 361 nota 93; L’A tuttavia, pur individuando

correttamente la funzionalità della categoria concettuale (qual è

quella della causa funzione di garanzia) sembra non accorgersi

dell’inidoneità della stessa a descrivere il funzionamento delle

garanzie autonome.

456

rapporto garantito (che comporta che il diritto

del creditore di escutere la garanzia si fondi

su un preesistente diritto dello stesso verso

un debitore garantito) richiamando lo schema

della causa cavendi, dovendosi invece

necessariamente distinguere tra un concetto di

garanzia in senso tecnico, garanzia fornita in

relazione alla soddisfazione di un credito,

dalla garanzia fornita in relazione

<<all’eventualità di un pregiudizio che possa

colpire un proprio interesse, mediante

l’assunzione dell’onere economico del danno

temuto>>425.

Il profilo della diversa giustificazione

causale di tali contratti autonomi di garanzia425 In questo senso descrive la funzione di garanzia della

promessa del fatto del terzo G. SCALFI, La promessa del fatto altrui,

cit., p. 45. Del resto l’inquadramento della promessa del fatto del

terzo come negozio di garanzia allude proprio a questo concetto di

garanzia.

457

si lega poi con la diversa funzionalità di

questi contratti, rispetto alle garanzie

accessorie ad un debito principale. La funzione

della fideiussione infatti può essere ravvisata

nel garantire il creditore contro

l’inadempimento del debitore principale, dove

l’inadempimento rinvia necessariamente

all’esistenza di un credito di cui si attende

soddisfazione; la fideiussione in altri termini

comporta un aumento delle possibilità del

creditore di vedere soddisfatto il proprio

interesse creditorio. Le garanzie che prevedono

l’assunzione di un rischio atipico, per cui il

“creditore” avrà diritto ad ottenere un quid da

parte del garante, anche se vicende originarie

o successive riguardanti il contratto – base o

il rapporto escludano la possibilità di esigere

l’adempimento dal debitore principale (esempio:

458

nullità, annullabilità, impossibilità

sopravvenuta della prestazione) comportano

l’assunzione dell’onere economico del danno

temuto in relazione al rischio di un

pregiudizio che possa colpire un interesse del

beneficiario della garanzia. È di fondamentale

importanza sottolineare che tal interesse non è

necessariamente tutelato in un distinto

rapporto obbligatorio ed in questo senso

diverso da quello tutelato attraverso la

garanzia fideiussoria, ma può essere

considerato esclusivamente nel negozio di

garanzia426.

In quest’ottica l’autonomia della garanzia non

esprime un distacco del rapporto di garanzia da

quello garantito (distacco che ha una valenza

descrittiva nell’indicare che non sono

426 In questo senso F. NAPPI, op. cit., p. 58.

459

opponibili eccezioni relative al rapporto base,

o nel descrivere l’irrilevanza della nullità

del contratto base ai fini della validità della

garanzia), ma la circostanza che l’interesse

tutelato attraverso la garanzia autonoma può

non essere omogeneo rispetto a quello tutelato

in un eventuale rapporto base.

La causa del negozio di garanzia non sarà

allora ravvisata nella protezione di un

interesse oggetto di un rapporto base

(riproducendo lo schema della causa cavendi, con

la precisazione che l’entità tutelata non è un

diritto ma un interesse); la tutela di un

interesse dell’oblato sarà solo l’effetto della

prestazione della garanzia. Si pone allora

l’esigenza di analizzare quali possono essere

le giustificazioni causali delle. garanzie che

460

non si fondano su di un rapporto obbligatorio

preesistente.

10. La causa della garanzia consistente nell’obbligazione

preesistente garantita.

Si è vista nel primo capitolo427 la duplice

accezione strutturale e funzionale

dell’accessorietà fideiussoria. Si sono

riportate in quella sede anche le critiche

volte a sfatare l’assolutezza del concetto, in

presenza di disposizioni (secondo periodo art.

1939 cod. civ.; secondo periodo art. 1945 cod.

civ.) che escludono che talune vicende del

rapporto garantito si ripercuotano sul rapporto

di garanzia, recidendo per tal verso il nesso

di accessorietà (la fideiussione è valida se il

debito è stato assunto da un soggetto incapace;

il fideiussore non può opporre al creditore

427 Retro, par. 9, cap. 1.

461

garantito l’incapacità del debitore

principale).

Bisogna ora sottolineare l’importanza dell’art.

1950 cod. civ., che riconoscendo al fideiussore

che ha pagato il diritto di regresso, fa’ in

modo che il peso definitivo del debito, ricada

in via definitiva sul debitore principale,

anche nel caso in cui costui fosse incapace,

sia pure nei limiti “di ciò che sia stato

rivolto a suo vantaggio” e non del solutum. Il

fideiussore che abbia pagato quanto dovuto dal

debitore principale, avrà pertanto sempre

diritto al regresso verso quest’ultimo428.428 Il fideiussore che abbia pagato ha sempre diritto al regresso

contro il debitore principale. È da precisare che il divieto di

agire contro il debitore principale ex art. 1952 cod. civ. si pone

solo in relazione ad ipotesi in cui il fideiussore abbia pagato

senza dare avviso al debitore principale, che a sua volta ha

pagato ugualmente il debito, o si è trovato nell’impossibilità di

sottrarsi al pagamento sollevando delle eccezioni verso il

creditore, eccezioni che potrà proporre nei confronti del

fideiussore (art. 1952 comma 2, cod. civ.).

462

Generalizzando, si può dire che in ogni caso in

cui un soggetto s’impegni accessoriamente al

debito che grava su un debitore principale avrà

diritto al regresso nei confronti di

quest’ultimo. La surrogazione d’altro canto

svolgerà la funzione di far subentrare il

garante nelle garanzie costituite a favore del

creditore. L’opinione dottrinale secondo cui

l’esistenza di un’obbligazione principale (che

attraverso la fideiussione si garantisce)

giustifica, di per sé sola, il sacrificio cui

il promittente si espone429, potrebbe spiegarsi

proprio in ragione della circostanza per cui

attraverso il regresso il peso definitivo del

debito si radica sul debitore principale,

<<ossia nel patrimonio di un soggetto del cui

429 Per tutti: G. CASTIGLIA, op. cit., p. 392 ss.; A. CHECCHINI,

Indennizzo e risarcimento, cit., p. 597 - 600; E. BRIGANTI, op. cit., p.

34 ss.

463

impegno l’ordinamento ha valutato aliunde la

giustificazione causale>>430, giusta

l’osservazione secondo cui l’accessorietà

<<assicura la circolarità delle attribuzioni

patrimoniali>>431.

Se da un lato attraverso i negozi di garanzia

“accessori”, ossia quelli che presuppongono un

rapporto obbligatorio principale, l’ordinamento

stimola la concessione del credito, dall’altro

il legislatore si preoccupa di predisporre

degli strumenti che permettono al garante che

ha pagato di non essere il destinatario

definitivo del peso del debito. In altri

termini attraverso il regresso e la

surrogazione l’ordinamento concilia la funzione

di stimolazione del credito (prodotta dalla

430 F. ROCCHIO, op. cit., p. 58.431 A. CHECCHINI, op. ult. cit., p. 599.

464

maggiore protezione del creditore) con

l’esigenza di lasciare indenne il

garante/accessorio che ha pagato, di modo che

gli effetti del pagamento vadano in definitiva

a ricadere sul patrimonio del debitore

principale432.

Sembra allora da condividere l’opinione secondo

cui la causa sufficiente dell’obbligazione del

fideiussore è da individuarsi <<nella

preesistenza di una valida obbligazione

principale accessoria che, con l’assicurare il

diritto di regresso, permetta la circolarità

delle attribuzioni patrimoniali>>433; l’assunto

conduce a concludere nel senso che al di fuori

432 G. CASTIGLIA, op. cit., p. 392, il quale nella nota 192 avverte

che lo stesso discorso, volto a rinvenire nella preesistenza del

rapporto obbligatorio la causa sufficiente di chi s’impegna allo

scopo di garantire il debito altrui, vale per i negozi di

assunzione del debito altrui. 433 F. ROCCHIO, op. cit., p. 62.

465

della garanzia prestata per una valida

obbligazione principale non vi sia spazio per

descrivere il profilo causale di quei negozi di

garanzia che prescindono dalla validità

dell’obbligazione principale, secondo lo schema

della causa cavendi. Perviene a tale conclusione

quell’illustre Autore, più volte citato nel

corso del presente lavoro434, quando riguardo il

profilo funzionale dei negozi di garanzia

sottolinea la necessità di non <<sottovalutare

i confini che opportunamente distinguono la

garanzia c.d. in senso tecnico(...) fornita in

relazione alla soddisfazione di un credito,

dalla garanzia di cui si discorre nel senso che

una parte venga garantita dall’altra in vista

di un pregiudizio che possa colpire un proprio

interesse, mediante l’assunzione dell’onere

434 F. NAPPI, op. cit., p. 57 ss.,

466

economico del danno temuto (detta anche

assunzione del rischio)>>; e più

esplicitamente, riguardo il profilo causale

della garanzia, afferma che <<la garanzia

autonoma non si lascia imbrigliare nello schema

della <<causa cavendi>> e che il fondamento

casuale della garanzia c.d. autonoma dovrà

rinvenirsi <<nelle comuni ragioni

giustificatrici di un negozio, senza che debba

essere ricondotta in un precostituito modello

funzionale>>435.

435 F. NAPPI, op. cit., p. 197 e p. 200.

467

11. Segue: la causa della garanzia autonoma436, intesa come

causalità dell’assunzione dell’obbligo di garanzia.

Si è chiarito nel paragrafo precedente che

l’obbligazione preesistente garantita

436 A fini di chiarezza espositiva è necessario precisare che per

“causa sufficiente” dell’obbligazione di garanzia, locuzione che

useremo nel corso del presente paragrafo, s’intende far

riferimento alla ragione che giustifica l’obbligo del garante. Il

concetto rinvia a quello di causa dell’obbligazione, ossia alla

ragione sostanziale del sacrificio di chi abbia assunto

l’obbligazione (R. SACCO, in R. SACCO-G. DE NOVA, Il contratto, I, in

Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, 2005, p. 792).

La Cassazione in una recente sentenza (Cass. 8 maggio 2006, n.

10490) ha avuto modo di chiarire che per causa del contratto si

deve intendere la <<sintesi degl’interessi reali che il contratto

stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico,

adoperato)>>, ancorando pertanto il concetto alla funzione

economico-sociale che il (singolo) contratto è volto a realizzare.

In un passaggio della sentenza, tra l’altro si legge che bisogna

rigettare una nozione di causa che <<sovrapponga, del tutto

incondivisibilmente, il concetto di causa del contratto con quello

di causa/fonte dell'obbligazione>>.

Sia consentito ricordare che sin dall’entrata in vigore del codice

del 1942 l’analisi del significato della nozione di causa ha

prodotto un coacervo di tesi: la causa del contratto da

individuare nella controprestazione; la causa intesa come lo scopo

pratico perseguito dalla parte; la causa intesa come funzione

economico-sociale o ancora come funzione economico-individuale;

del resto è noto che il significato della nozione di causa è tema

468

costituisce la causa sufficiente d’una garanzia

accessoria. Bisogna ora compiere un’indagine

sulle possibili ragioni giustificatrici di una

garanzia non accessoria ad un rapporto

tra i più discussi nell’ambito della dottrina civilistica. Con la

sentenza sopra citata la Cassazione, abbandonando la tesi della

funzione economico-sociale, che tra l’altro non consentirebbe di

capire perché un contratto tipico possa avere causa illecita,

adotta una nozione di causa incentrata sulla funzione che il

singolo negozio è deputato a svolgere, ossia sulla sintesi

degl’interessi reali che il contratto deve realizzare.

Il legislatore qualifica la causa come requisito essenziale del

contratto, comminandone la nullità in caso di mancanza o

illiceità. La precisazione comporta la necessità d’individuare il

requisito causale com’elemento immanente al negozio. Questo dato

non esclude però la possibilità (e in taluni casi la necessità) di

pervenire all’individuazione della giustificazione causale

dell’atto negoziale sulla base della valutazione della complessiva

operazione che presiede alla stipula del singolo contratto. In

altri termini, la ragione per cui un soggetto assume un

determinato obbligo può orientarsi sulla causa della conclusione

del contratto, piuttosto che sulla causa (funzione tipica) del

singolo atto negoziale; attraverso tale metodo si giunge alla

conclusione che una stessa prestazione può trovare fondamento su

supporti causali differenti (che è quanto in dottrina si predica

in relazione alla prestazione di garanzia: F. NAPPI, op. cit., p.

194 ss.). Il risultato consente di fare luce sulla giustificazione

causale della garanzia autonoma, laddove è chiaro che la causa di

garanzia del contratto non è idonea a spiegare il funzionamento

469

obbligatorio preesistente, nel senso che non

esista alcun rapporto-base (come può accedere

per la promessa del fatto del terzo), o nel

senso che l’operatività della garanzia

del negozio, non potendosi prestare una garanzia, da un punto di

vista logico prima che giuridico, per un credito che non esista o

che non è altrimenti azionabile. Il distacco dell’obbligazione di

garanzia da quella garantita impone di rinvenire necessariamente

un supporto causale del contratto di garanzia che sia idoneo a

spiegare perché quest’ultima possa essere escussa, nonostante la

non azionabilità del credito garantito sulla base del rapporto

sottostante.

In quest’ottica la nozione di causa intesa come giustificazione

del sacrificio di chi assume l’obbligazione, spostando l’analisi

sull’operazione complessiva sottesa alla stipula del singolo

negozio (di garanzia), permette d’individuare un fondamento

giustificativo dell’obbligo del garante, autonomo e diverso

rispetto a quello che fonda l’obbligo del debitore principale.

Questo elemento costituirà la causa del contratto di garanzia,

inteso come elemento immanente del singolo contratto, ma

determinato dalla complessiva operazione negoziale che presiede

alla stipula del negozio.

Per interessanti riflessioni sul tema: F. ROCCHIO, La promessa con

funzione di garanzia, cit., p. 26 ss., cui si rinvia per un’amplia

bibliografia sulle questioni del significato e della funzione

della nozione di causa. L’. A. individua com’elementi essenziali

del contratto (ex. art. 1325 n.2) la causa dell’obbligazione e del

rapporto fondamentale <<quale rapporto che ha portato

all’emissione della promessa>> (A. e op. ult. cit., p. 38.). A

470

prescinda da eventuali vizi genetici o

funzionali del negozio o del rapporto-base

(nullità, annullabilità, rescindibilità,

risoluzione del contratto). Non configurandosi

una garanzia accessoria e conseguentemente non

essendoci una circolarità di attribuzioni

patrimoniali che faccia confluire il peso

definitivo del debito dal garante che paga al

debitore, si tratterà d’individuare quali

quest’ultimo risultato l’A. perviene per deduzione dall’analisi

dell’art. 1988 cod. civ. che dispensa colui che fa una promessa di

pagamento o una ricognizione di debito dall’onere di provare il

rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria; si

produrrebbe pertanto <<un’inversione dell’onere della prova circa

la sussistenza del rapporto fondamentale, e non invece l’effetto

di far sorgere un’obbligazione che prescinde da detto rapporto>>,

da cui <<l’inammissibilità nel nostro ordinamento dell’atto

astratto, ossia dell’atto che crei un altro rapporto accanto al

rapporto fondamentale, dal quale astrae>>. La regola evidentemente

trova un’eccezione per i titoli di credito, in cui l’astrazione

dal rapporto fondamentale si accompagna però all’incorporazione

del credito nel documento, e alla previsione di una disciplina che

presiede alla circolazione di questo.

471

possano essere le ragioni giustificatrici

dell’onere economico che grava sul garante.

Si dica innanzitutto che le considerazioni che

si faranno di seguito valgono anche per la

promessa del fatto del terzo, in quanto pur non

configurandosi la relazione tra quest’ultima

fattispecie e il contratto autonomo di garanzia

nei termini di un’assoluta identità, bisogna

tuttavia convenire sulla circostanza che la

promessa del fatto del terzo è autonoma in un

duplice senso: 1) può prescindere da un

rapporto preesistente da garantire; 2) nel caso

in cui si configuri come promessa del fatto –

adempimento del terzo, le vicende del rapporto

base non si ripercuotono sull’obbligo del

472

promittente di pagare l’indennità, se il

fatto/adempimento del terzo non si verifichi.437

A) Innanzitutto una causa sufficiente del

sacrificio patrimoniale del garante “autonomo”,

nell’ambito di uno schema bilaterale, può

essere rinvenuta nello scambio, ossia nella

presenza di una controprestazione a carico del

creditore/promissario. Precisamente, a) secondo

lo schema dell’assicurazione del credito, il

creditore può pagare una somma a beneficio del

437 Come visto nel par. 12, lettera B, Capitolo II, la funzione

restitutoria del pagamento dell’indennizzo impone di aderire alla

conclusione secondo cui il promittente dovrà comunque ristorare il

promissario del pregiudizio subito per avere intrapreso una certa

iniziativa economica, facendo affidamento sul buon esito della

promessa, anche per il caso in cui ricorrano ipotesi di patologia

del negozio o del rapporto (nullità, annullabilità,

rescindibilità, risoluzione del contratto), che escludano che il

promissario (creditore nel rapporto base) possa esigere

direttamente l’adempimento dell’obbligo da parte del terzo

(debitore nel rapporto base). L’indennizzo varrà a riequilibrare

gl’interessi economici sottesi alla stipula del contratto, valendo

in altri termini a restituire al promissario ciò che ha perduto

concludendo il contratto o l’affare economico.

473

garante, affinché costui ne assicuri la

soddisfazione438; b) la controprestazione può

consistere nell’assunzione di un’obbligazione

da parte del creditore garantito nei confronti

del garante (di erogare un credito, oppure di

concedere una dilazione) cui costui sia

interessato, nella forma del contratto a favore

del terzo (dove stipulante è il garante,

promittente il creditore e terzo il debitore),

o con prestazione al terzo; l’elemento che

distingue le due fattispecie è l’intenzione dei

contraenti (garante e creditore garantito) di

attribuire al terzo il diritto di pretendere

l’esecuzione dell’obbligazione contratta dal

creditore nei confronti del garante, oppure la

diversa intenzione di attribuire al terzo solo438 L. BARBIERA, Garanzia del credito e autonomia privata, Napoli, 1971, p.

165 ss.; A, LENER, <<Expressio causae>> e astrazione processuale. Note

preliminari ad uno studio sistematico sull’astrazione, in Studi in onore di F. Santoro

Passarelli, III, NAPOLI, 1972, p. 43; F. ROCCHIO, op. cit., p. 63.

474

la prestazione a carico del garantito, senza il

diverso e più ampio potere di esigerla439.

c) La prestazione della garanzia può, peraltro,

porsi in rapporto di scambio con una

controprestazione del creditore, non

corrispettiva rispetto alla prima: è l’ipotesi

in cui la prestazione della garanzia è

condizionata all’esecuzione di una determinata

prestazione da parte del creditore garantito440.

Lo schema in cui ricondurre una tale ipotesi di

garanzia sarà quello dell’art. 1333 cod. civ.,

per cui per la conclusione del contratto di

garanzia non sarà necessaria l’accettazione del

creditore ed intanto il garante presterà la

garanzia in quanto il creditore garantito439 F. ROCCHIO, op. cit., p. 64.440 G. GORLA, Promesse <<condizionate>> ad una prestazione, in Riv. dir. comm.,

I, 1968, p 438ss, fa il caso della fideiussione per una futura

concessione di credito, secondo il seguente schema <<Se tu farai

credito a Tizio io sarò fideiussore>>; F. ROCCHIO, op. loc. ult. cit.

475

esegua la prestazione cui il garante è

interessato (erogazione del credito al terzo,

concessione di una dilazione, concessione di un

tasso d’interesse agevolato)441. La mancanza del

nesso di corrispettività tra le due prestazioni

non esclude che vi sia un rapporto di scambio

tra le stesse, idoneo a fornire una causa

sufficiente dell’attribuzione patrimoniale in

capo al garante; piuttosto la mancanza di

corrispettività comporterà che in caso di

441 Tale fattispecie ricorre nella giurisprudenza in tema di

garanzie infragruppo, v. Trib. Nocera Superiore, 15 giugno 1999,

in Corr. giur., 2000, p. 940, con nota di E. COSENTINO, Autonomia ed

astrattezza nelle garanzie a prima richiesta (la fattispecie portata alla

cognizione del giudice è quella di soci che promettono con

funzione di garanzia al fine di far concedere credito alla società

da loro partecipata); App. Torino, 4 dicembre 2000, n. 8159, Giur.

it., 2001, 1675, con nota di S.A. CERRATO, Osservazioni in tema di

operazioni infragruppo e di vantaggi compensativi (fattispecie della società

che promette con funzione di garanzia al fine di far concedere un

credito alla società da essa controllata); Cass., 15 giugno 2000,

n. 8159, in Giur. comm., 2002, II, 24 ss., con nota di D. MONACI,

Una nuova pronuncia della Cassazione in tema di limiti alla validità delle garanzie

infragruppo.

476

sopravvenuta eccessiva onerosità della

prestazione del garante, costui non potrà fare

ricorso al rimedio della risoluzione ex art.

1467 cod., civ., ma potrà ricorrere unicamente

al rimedio della riconduzione ad equità ex art.

1468 cod. civ.442.

Una riprova del rapporto di scambio esistente

tra la prestazione di una garanzia e un

beneficio concesso dal creditore può trarsi

dalla norma contemplata dall’art. 1186 cod.

civ.: il creditore che abbia concesso al

debitore un determinato termine per adempiere,

può esigere immediatamente la prestazione se il

debitore è divenuto insolvente e se (questa è

l’ipotesi che qui ci interessa) il debitore ha

442F. MASTROPAOLO - A. CALDERALE, Fideiussione e contratti di garanzia

personale, in AA.VV., I contratti di garanzia, a cura di F. Mastropaolo, I,

in Trattato dei contratti, diretto da P. Rescigno e E. Gabrielli,

Torino, 2006, p. 604.

477

diminuito le garanzie che aveva dato, o non ha

dato le garanzie che aveva promesso. La

spiegazione della disciplina può fondarsi sul

venir meno del rapporto di scambio tra la

concessione del termine e la prestazione della

garanzia, onde il creditore non è tenuto a

rispettare il termine concesso e dunque può

esigere immediatamente la prestazione443.

B) Nell’ambito degli schemi unilaterali una

causa sufficiente della prestazione di una

garanzia autonoma (che non abbia fondamento sul

rapporto preesistente garantito) può essere

rinvenuta nell’obbligazione preesistente di

prestare la garanzia, che il garante ha

precedentemente assunto.

L’obbligazione preesistente di prestare la

garanzia può essere stata assunta nei confronti443 F. ROCCHIO, op. cit., p. 68.

478

del creditore garantito: in questa ipotesi la

prestazione della garanzia costituirà

l’esecuzione di un contratto preliminare444.

L’obbligo di prestare una garanzia può essere

assunto nei confronti del debitore: avremo in

quest’ipotesi un pactum de contrahendo cum tertio, in

esecuzione del quale il garante presterà la

garanzia a favore del creditore445. In relazione

a tale patto stipulato dal debitore e dal

garante bisogna distinguere l’eventualità che

ricorra un contratto a favore di terzo, oppure

un contratto con prestazione al terzo. Secondo

lo schema del contratto a favore di terzo, i

contraenti intendono attribuire al creditore

444 M. FRAGALI, Fideiussione (dir. Priv.), in Enc. dir., XVII, Milano 1968,

p.371; M. FRAGALI, Fideiussione – mandato di credito, in Commentario del

codice civile, a cura di. Scialoja e Branca, Bologna-Roma 1968, p. 21;

F. MASTROPAOLO – A. CALDERALE, op. cit., p. 377.445A. RAVAZZONI, La fideiussione, Milano 1957, p. 147 ss.; M. FRAGALI,

op. loc. ult. cit.

479

non solo la prestazione della garanzia, ma

anche il potere di esigerla. Tale forma

contrattuale ha una delle sue manifestazioni

più diffuse nelle polizze fideiussorie. Si

tratta di contratti in cui una compagnia di

assicurazioni, dietro versamento di un premio

da parte del debitore, garantisce l’adempimento

delle obbligazioni gravanti su questo in favore

del creditore)446.

Come si è precedentemente visto447, lo schema

del contratto con prestazione (di garanzia) al

446 F. NAPPI, op. cit., p. 220; M. FRAGALI, Recenti indirizzi sulla natura

dell’assicurazione fideiussoria, in Banca borsa tit. cred., 1972, I, p. 514; per

applicazioni giurisprudenziali più recenti: Cass., 10 maggio 2002,

n. 6728, in Giust. civ. 2003, I, p. 165 ss; Cass., 18 maggio 2001, n.

6823, in Foro it. 2001, I, p. 3174 ss., con nota di R. PARDOLESI,

Polizza fideiussoria in cerca d’identità; assicurazione, fideiussione o contratto autonomo

di garanzia?447 In relazione al diverso caso, su citato, in cui il creditore

(promittente) ripromette al garante (stipulante) la concessione di

un mutuo o di altro beneficio al debitore (terzo); qui si tratta

del garante (promittente) che promette al debitore (stipulante) di

prestare una garanzia nei confronti del creditore (terzo).

480

terzo ricorre invece quando debitore e garante

intendono attribuire al creditore soltanto la

prestazione della garanzia e non il potere di

esigerla.

In queste due ipotesi (contratto a favore di

terzo, contratto con prestazione al terzo) la

causa che giustifica l’onere economico che il

garante sopporta con l’assunzione della

garanzia va ravvisata nell’assunzione

dell’obbligo di prestare la garanzia (obbligo

che a sua volta trae giustificazione dal

contratto oneroso attraverso il quale il

garante s’impegna).

Quanto al rapporto tra debitore e garante sulla

cui base il secondo presta la garanzia,

assolutamente maggioritaria è l’opinione

481

secondo cui si tratta di un mandato448; isolata,

ma significativa, è l’opinione secondo cui

questo rapporto tra garante e debitore mai

potrebbe nascere da un mandato o da una

gestione d’affari449. L’A. individua

l’impossibilità che il rapporto tra garante e

debitore nasca da una gestione d’affari nella

circostanza che <<la prestazione di garanzia

non può mai essere configurata come un affare

del debitore>>, in quanto costui <<non può

garantire se stesso e quindi anche se volesse

non potrebbe far propria l’obbligazione del

garante attraverso una ratifica>>. L’art. 2031

cod. civ. prevede infatti che “qualora la

448 G. B: PORTALE, Fideiussione e Garantieverträge nella prassi bancaria, in AA.

VV, Le operazioni bancarie, a cura di Portale, Milano, 1978, II, p.

1071; R. CICALA, op. cit., p. 197; G. BOZZI, Le garanzie atipiche, I,

Garanzie personali, Milano, 1999, p. 56; E. BRIGANTI, Garanzie personali

atipiche, in Banca borsa tit. cred., 1988, I, p. 591.449 F. ROCCHIO, op. cit., p. 72.

482

gestione sia stata utilmente iniziata,

l'interessato deve adempiere le obbligazioni

che il gestore ha assunte in nome di lui”: la

norma , applicata alla garanzia, imporrebbe

pertanto che il debitore adempia l’obbligazione

di garanzia, snaturando così la funzione della

stessa di apprestare un rimedio satisfattorio o

indennitario contro l’inadempimento del

debitore450.

Per quanto riguarda l’impossibilità di

configurare un contratto di mandato nel patto

attraverso il quale il garante s’impegna a

prestare una garanzia verso il terzo, l’A.

richiama la circostanza per cui nella

definizione legislativa del contratto di

mandato ricorre la nozione dell’obbligarsi

<<per conto>>, concetto che esprime il

450 F. ROCCHIO, op. loc. cit.

483

riverberarsi degli effetti degli atti compiuti

dal mandatario nel patrimonio del mandante (in

via diretta o indiretta), atti che il mandante

stesso avrebbe potuto giuridicamente compiere.

Tale circostanza, afferma l’A., non potrebbe

ricorrere nel caso di specie, perché

indubbiamente il debitore non può garantire se

stesso attraverso una garanzia personale, senza

snaturare la funzione della garanzia che è

quella di aumentare le possibilità del

creditore di essere soddisfatto.

Esclusa la possibilità di configurare un

rapporto di mandato, l’A individua

nell’apertura di credito di firma il contratto

socialmente tipico attraverso il quale il

garante (banca) s’impegna ad un facere nei

confronti del cliente, consistente

484

nell’assumere o nel garantire un’obbligazione

del debitore/cliente451. In virtù di tale

contratto la banca si trova in una posizione di

soggezione nei confronti del cliente, che ha il

diritto potestativo di far sorgere

l’obbligazione della banca, individuandone il

creditore452. Ciò che allora viene comunemente

indicato come contratto di mandato, nell’ottica

dell’A. altro non sarebbe che l’esercizio del

diritto potestativo del cliente d’individuare

il soggetto cui la banca, sulla base del

credito di firma, deve prestare la garanzia,

trasformando la posizione di soggezione della

451 F. MESSINEO, Operazioni di borsa e di banca, Milano, 1954, p. 35; G.

FAUCEGLIA, I contratti bancari, in Trattato di diritto commerciale, diretto da

V. Buonocore, III – 2, Torino, 2005, p. 340; Cass., 17 aprile

1993, n. 4552, in Giust. civ., 193, I, p. 2686 ss.452 Qualificano come diritto potestativo la posizione soggettiva

che nasce in capo al cliente, tra gli altri F. GIORGIANNI, I crediti

disponibili, Milano, 1974, p. 259; R. TETI, Dell’apertura di credito bancario,

in Il codice civile. Commentario / fondato e già diretto da P.

Schlesinger / continuato da F. D. Busnelli, Milano, 2005, p. 29.

485

banca nella vera e propria obbligazione di

prestare la garanzia al creditore453.

Altra ipotesi tipica di pactum de contrahendo cum

tertio è la c.d. polizza fideiussoria, contratto

a favore di terzo, che si differenzia dal

contratto di apertura di credito di firma (che

ricade nello schema del contratto con

prestazione al terzo) per la circostanza che

mentre nel caso della polizza fideiussoria il

creditore ha diritto di esigere la prestazione,

nella prima ipotesi i contraenti stabiliscono

453 F. ROCCHIO, op. cit., p.92: l’A. spiega la circostanza per cui in

dottrina generalmente si configura il rapporto tra debitore e

garante come contratto di mandato o anche come gestione d’affari,

con il peso esercitato dalla tradizione romanistica: i Romani

infatti disciplinavano il regresso del garante ricorrendo agli

schemi del mandato e dell’actio negotiorum gestorum. L’omaggio alla

tradizione afferma l’A non può certamente giustificarsi nel

sistema attuale, dove il mandato è caratterizzato dall’agire per

conto, circostanza che non può verificarsi per la prestazione

della garanzia. Per un’interessante ricostruzione romanistica del

diritto di regresso del garante v. F. ROCCHIO op. cit., p. 47 e p.

74.

486

una prestazione al creditore/terzo, senza

conferirgli il diritto alla stessa.

In sostanza quando il garante assume un obbligo

di prestare una garanzia verso il debitore,

seguendo tale ricostruzione, avremo un pactum de

contrahendo cum tertio, nello schema del contratto

a favore di terzo (la cui ipotesi socialmente

tipica è la polizza fideiussoria)454, oppure454In dottrina v’è chi ha sostenuto l’impossibilità di configurare

nei termini di un contratto a favore di terzo l’accordo con cui il

debitore si accorda con il garante affinché costui presti una

garanzia. Viene richiamata a tal fine la norma contenuta nell’art.

1411 comma 3 cod. civ., secondo cui “in caso di revoca della

stipulazione, o di rifiuto del terzo di profittarne, la

prestazione rimane a beneficio dello stipulante”. Si è allora

detto che mai potrebbe la prestazione di garanzia rimanere a

beneficio del debitore; sarebbe assurdo che il debitore ottenga

per sé la garanzia della propria obbligazione. In tal senso, P.

CORRIAS, op. cit., p. 487 ss. Tale tesi, seppure corretta

nell’escludere che la prestazione della garanzia possa essere

rivolta a beneficio dello stipulante/debitore, non tiene in

considerazione l’eccezione contemplata nello stesso art. 1411

comma 3 cod. civ. Il legislatore, con la locuzione <<salvo che

diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del

contratto>>, prevede infatti l’ipotesi in cui, per volontà delle

parti, o per la natura del contratto, la prestazione a favore del

487

nello schema del contratto con (sola)

prestazione al terzo, (la cui ipotesi tipica è

rappresentata dall’apertura del credito di

firma).

C) Una causa sufficiente a giustificare

l’attribuzione patrimoniale del garante può

essere rappresentata dall’interesse che ha il

garante nel prestare la garanzia, in relazione

ad un vantaggio più o meno diretto. Il

vantaggio economico diretto o indiretto vale a

fornire un supporto causale all’onere economico

che grava sul garante455. L’originaria

configurazione del Garantieverträge faceva

riferimento a tale tipo di supporto causale del

contratto, riconducibile in sostanza ad una

causa di scambio tra la prestazione della

terzo (nel caso di specie la prestazione della garanzia) non

rimane a beneficio dello stipulante.455 G. CASTIGLIA, op. cit., p. 362 ss.

488

garanzia e il vantaggio diretto o indiretto che

il garante ne riceve.

D) Deve infine considerarsi, a fini più

teorico-sistematici che pratici, l’ipotesi in

cui la problematica della giustificazione

causale della garanzia “autonoma” riguardi una

garanzia assunta nella forma della donazione456.

In tal caso non si porrebbe un problema di

giustificazione causale del contratto di

garanzia, costituendo la donazione, fatta per

456 Prospetta la possibilità d’individuare il fondamento causale

della garanzia autonoma in un animus donandi del promittente: F.

NAPPI, op. cit., p. 199; riguardo alla problematica che concerne la

possibilità di configurare la promessa del fatto del terzo (ma

anche la garanzia autonoma) come donazione aleatoria Cfr. E.

BRIGANTI, op. cit., p. 114 ss, il quale sottolinea che per fondare

la causa della promessa su di un animus donandi del promittente

sarebbe in ogni caso necessaria la forma dell’atto pubblico, ed

esclude che in tal caso possa parlarsi di donazione aleatoria,

dato che il sacrificio che il promittente subisce con la stipula

della promessa non va individuato nel pagamento solo eventuale

dell’indennizzo, ma nella sopportazione del rischio del mancato

compimento del fatto, che il promittente sopporta sin dal momento

della stipula della promessa.

489

atto pubblico e alla presenza di due testimoni

(ex art. 182 cod. civ. e art. 48 l. 16 febbraio

1913, n. 89), causa sufficiente

dell’obbligazione del garante.

12. La Cassazione a Sezioni Unite si pronuncia sulle

differenze sul piano morfologico funzionale ed

interpretativo tra la fideiussione ed il contratto autonomo

di garanzia, in particolare affrontando la problematica

della qualificazione giuridica delle polizze fideiussorie. Una

sentenza storica. Sintesi della controversia portata a

conoscenza della S.C.

Negli ultimi dieci anni, data l’enorme

affermazione nella prassi nazionale ed

internazionale delle garanzie c.d. autonome, la

giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi

diffusamente sul tema. Tra le molteplici

sentenze che è possibile rinvenire nei

490

repertori di giurisprudenza dell’ultima decade,

è da segnalare la recentissima sentenza delle

Sezioni Unite della Cassazione457, che

costituirà certamente un punto di riferimento

necessario per gli operatori del diritto, data

l’autorevolezza dell’organo che l’ha

pronunciata. Risulta fondamentale, pertanto,

l’analisi della sentenza.

Le Sezioni Unite sono intervenute relativamente

ad una controversia riguardante la

qualificazione di una convenzione di garanzia

in termini di fideiussione strictu sensu,

piuttosto che di contratto autonomo di

garanzia. L’intervento delle Sezioni Unite,

come si legge nell’ordinanza interlocutoria di

rimessione degli atti al Primo Presidente per

457 Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, in allegato al

presente lavoro.

491

l’eventuale rimessione alle S. U., era stato

richiesto ai fini di un’actio finium regundorum tra

le due fattispecie, finalizzata da un lato a

“chiarire i tratti differenziali, sul piano

morfologico, funzionale e interpretativo”;

dall’altro a “risolvere il contrasto circa la

natura delle polizze assicurative

fideiussorie”.

La controversia portata a conoscenza della S.

C. riguarda una domanda di pagamento di una

somma di denaro oggetto di polizza

fideiussoria, costituita da un appaltatore a

favore di un committente presso una compagnia

di assicurazioni. Il committente affermava di

avere diritto al pagamento della somma da parte

della compagnia assicurativa, perché in

conseguenza dell’inadempimento dell’appaltatore

492

( ai sensi dell’art. 10 sesto comma del D.P.R.

1063/1962) aveva dichiarato unilateralmente

risolto il contratto di appalto. A sua volta la

compagnia di assicurazioni resisteva alla

domanda affermando che il diritto di escutere

la garanzia si fosse estinto per decorso del

termine, ex art. 1957 cod. civ. Il problema era

dunque rappresentato dall’applicabilità al caso

di specie di una norma dettata nell’ambito

della disciplina della fideiussione, questione

che presupponeva la qualificazione della

polizza de quo come contratto tipico

fideiussorio, o quanto meno la possibilità di

applicare analogicamente la relativa

disciplina.

È da premettere che il giudice di primo grado

investito della controversia aveva rigettato la

493

domanda, perché qualificando la garanzia come

fideiussione e non come contratto autonomo di

garanzia, così come postulato dall’attore,

aveva ritenuto estinto il diritto di escutere

la garanzia, ai sensi dell’art. 1957 cod. civ.,

non avendo il creditore rispettato i termini,

ivi previsti, nel proporre domanda contro il

debitore. La sentenza del Tribunale era stata

confermata dalla Corte d’appello adita, per

avere la stessa escluso la configurabilità nel

caso di specie di un contratto autonomo di

garanzia. Le Sezioni Unite della Corte,

viceversa, hanno ritenuto fondato il ricorso,

interpretando la convenzione negoziale

intercorsa tra la compagnia assicurativa ed il

soggetto beneficiario nei termini di “contratto

autonomo di garanzia”. Tale qualificazione

giuridica si è fondata su un triplice ordine di

494

ragioni: a) sulla base della pattuizione che il

garante pagasse entro un breve termine dalla

richiesta scritta; b) sulla base dell’impegno

assunto dalla ditta debitrice di rimborsare al

garante tutte le somme pagate, con rinuncia a

sollevare qualsiasi eccezione; c) alla luce del

richiamo alla normativa pubblicistica che

considerava la polizza fideiussoria sostitutiva

di una cauzione458. Pertanto le S. U. hanno

dichiarato inapplicabile alla fattispecie la

decadenza di cui all’art. 1957 cod. civ.,

dovendosi ritenere che la semplice richiesta

scritta del creditore fosse sufficiente a

manifestare la volontà del creditore di

avvalersi della garanzia.

458 Art. 10, sesto comma, del DPR 1063/1062, applicabile alla

vicenda processuale ratione temporis.

495

13. Segue: la Corte di Cassazione sembra inquadrare in

maniera unitaria le diverse ipotesi di “garanzia autonoma”.

Con tale ponderosa sentenza la S. C. analizza

la tematica del rapporti tra il negozio tipico

fideiussorio e il contratto autonomo di

garanzia (Garantieverträge), in relazione a quelli

che sono stati i contributi di dottrina e

giurisprudenza sul tema. In particolare la

sentenza analizza la questione concernente la

qualificazione delle c.d. polizze fideiussorie

e conseguentemente il problema della disciplina

applicabile a detta fattispecie negoziale.

In via di premessa, sembrerebbe a chi scrive

che la S. C. si riferisca al contratto autonomo

di garanzia in termini di categoria unitaria.

L’asserzione secondo cui “sulla polizza fideiussoria si

riverbera l’eco del dibattito sul contratto autonomo di

496

garanzia”, e ancora il rilievo che “l’inserimento nel

contratto di clausole a pagamento a prima richiesta comporta

un’alterazione del tipo fideiussorio, tale da provocarne un

exodus verso la categoria del Garantieverträge”,

evidenziano che la S.C. riconduce il contratto

de quo nell’alveo della citata categoria

contrattuale (omogeneamente considerata) ed

inquadra unitariamente le fattispecie in cui

“l’autonomia” si riferisce peculiarmente alle

c.d. clausole di <<pagamento a prima

richiesta>>, <<senza eccezioni>> etc., e quelle

fattispecie di garanzia in cui l’autonomia

comporta l’assunzione di rischi atipici

(rischio dell’invalidità, dell’impossibilità

sopravvenuta, dell’eccessiva onerosità

sopravvenuta). Si aggiungano a conferma di tale

risultato interpretativo le considerazioni che

la S.C. compie circa la causa “concreta” del

497

contratto autonomo di garanzia: il riferimento

ad una causa del contratto autonomo di garanzia

ha infatti la finalità d’individuare il profilo

funzionale del negozio (socialmente) tipico, la

sintesi degl’interessi reali che il contratto

“tipo” realizza, pur con la precisazione che la

causa del contratto andrà sempre verificata in

concreto459.

Giuste le considerazioni fatte, occorre

osservare che questa ricostruzione della

categoria “garanzia autonoma” rappresenta un

approdo diametralmente opposto alle conclusioni

della migliore dottrina460, che consiglia di

esaminare la tematica delle garanzie autonome

459 La nozione di causa concreta, accolta nella giurisprudenza

della Corte, intende condurre al risultato di una verifica in

concreto del profilo causale, talché anche un contratto tipico può

nel caso di specie non essere sorretto da un supporto causale.

Cfr. infra, nota 125.460 Cfr . in particolare F. NAPPI, op. cit., p. 100 ss.

498

disarticolando le diverse fattispecie

contrattuali, in particolare distinguendo,

quanto ad inquadramento sistematico e a

disciplina integrativa applicabile, quelle

ipotesi in cui l’autonomia dell’obbligazione di

garanzia significa <<assunzione di rischi

atipici>> e quelle ipotesi in cui l’autonomia

significa <<pagamento a prima richiesta e senza

eccezioni>>461.

461 Cfr. tra gli altri, F. NAPPI, op. cit., p. 112 ss., L. RUGGERI –

S. MONTICELLI, op. cit., p. 235.; chiaramente nel senso di

distinguere le ipotesi in cui con il contratto di garanzia

s’intende solo evitare il ritardo nel pagamento della garanzia,

dalle diverse fattispecie in cui si miri alla copertura del

rischio atipico, R. CICALA, Saggi, cit., p. 195-196.

499

14. Segue: gli aspetti peculiari del contratto autonomo di

garanzia, sotto il profilo morfologico e funzionale, nella

ricostruzione operata dalla sentenza in esame. Limiti

all’autonomia del contratto autonomo di garanzia e

proponibilità di talune eccezioni fondate sul rapporto base.

La S. C. con la sentenza menzionata ha

evidenziato gli aspetti peculiari del contratto

autonomo di garanzia, sotto il profilo

morfologico e funzionale, giungendo a talune

conclusioni ad oggi tutt’altro che pacifiche.

Sotto l’aspetto morfologico si evidenzia che

nel contratto autonomo di garanzia

l’obbligazione del garante non è accessoria

rispetto all’obbligazione principale. Il garante

infatti s’impegna a pagare illico et immediate, senza opporre

eccezioni in ordine alla validità e/o efficacia del rapporto base,

e identico impegno assume (l’eventuale)

500

controgarante nei confronti del garante, in

deroga agli art. 1936, 1941, 1945 cod. civ.

Nell’analisi della S. C. si evidenzia però,

sulla scia di recenti sentenze della stessa

giurisprudenza di legittimità462, che la

462 Fra le altre, Cass. 24 aprile 2008, n. 10652, in Giust. civ. Mass.

2008, 4, 627; Id. in De iure, banca dati on line, Giuffrè; tale

sentenza giustifica l’opponibilità delle eccezioni d’inesistenza

del rapporto principale, di nullità del contratto principale

illecito e di escussione abusiva o fraudolenta, sulla base di una

triplice esigenza: a) la natura di garanzia del contratto comporta

che l’inopponibilità delle eccezioni riguardanti il rapporto base

deve trovare un limite nell’inesistenza del rapporto base

(trattandosi di un rapporto di garanzia l’autonomia non potrebbe

essere intesa al punto di garantire un rapporto che non è mai

sorto o che non esiste più. Pertanto il rapporto autonomo di

garanzia sarebbe valido ed efficace indipendentemente dalla

validità ed efficacia del rapporto di base, ma non si potrebbe

sostenere detta validità ed efficacia indipendentemente

dall'esistenza di quest'ultimo.); b) è necessario applicare il

fondamentale principio di buona fede, per cui non può essere

protetto l’interesse del garantito ad escutere senz’altro la

garanzia autonoma in caso di escussione abusiva, da cui il

diritto-dovere del garante di sottrarsi al pagamento (se il

garante, avendo la prova liquida ed incontestabile dell’escussione

abusiva, paga ugualmente, perde il diritto di regresso); c) si

pone la necessità di non permettere che si garantiscano risultati

vietati dall’ordinamento.

501

protezione dell’interesse del beneficiario

della garanzia ad essere manlevato dalle

conseguenze dell’inadempimento (seppure

incolpevole) del debitore non è assoluta, così

come non assoluto è il distacco

dell’obbligazione di garanzia rispetto alle

vicende dell’obbligazione principale. Le

Sezioni Unite, infatti, evidenziano una serie

di limiti alla rinuncia del garante a sollevare

eccezioni relative al rapporto base:

a) il garante può far valere l’inesistenza del

rapporto garantito, perché <<trattandosi pur

sempre di un contratto (di garanzia) la sua

essenziale -quindi inderogabile- funzione è

quella di garantire un determinato

adempimento>>;

502

b) il garante può far valere la nullità del

contratto-base per contrarietà a norme

imperative o per illiceità della causa perché

<<attraverso il contratto di garanzia si tende

ad assicurare il risultato che l’ordinamento

vieta>>;463

c) il garante può opporre l’exceptio doli generalis in

caso di escussione fraudolenta o abusiva della

garanzia, quando per adempimento o per altra

causa il debito garantito si sia estinto, con

la precisazione che per sottrarsi al pagamento

il garante deve fornire la prova liquida ed

incontestabile del fatto che qualifica

l’escussione come abusiva o fraudolenta;

l’esecuzione di pagamenti arbitrariamente

intimati comporterebbe, del resto, la perdita

463 Di recente in tal senso Cass., 3 marzo, 2009, n. 5044, in Giust.

civ. Mass. 2009, 3, 367.

503

del diritto di regresso nei confronti del

debitore principale. In tal senso s’individua

pertanto un diritto-dovere del garante di

opporsi all’escussione abusiva.

d) sono opponibili infine, come per il caso di

garanzie accessorie, le eccezioni derivanti dal

contratto di garanzia medesimo, che possono

sinteticamente raggrupparsi in tre categorie:

a) eccezioni letterali; b) eccezioni attinenti

alla invalidità o inefficacia del contratto di

garanzia; c) eccezioni dirette e personali

(questione discussa). Le eccezioni letterali

sono quelle che si fondano sul testo della

garanzia, per il caso che, essendo previsto che

l’escussione della garanzia avvenga sulla base

di determinati requisiti formali, essi non

sussistono al momento della richiesta di

504

pagamento al garante (esempio: il garante

escute la garanzia senza produrre una certa

documentazione indicata nel testo del contratto

come requisito di legittimazione necessario464).

Le eccezioni attinenti all’invalidità o

inefficacia del contratto autonomo di garanzia

sono certamente più rare, poiché lo strumento

contrattuale è utilizzato quasi esclusivamente

da operatori professionali (banche, compagnie

di assicurazioni) che si avvalgono di modelli

standard collaudati. Tuttavia in astratto è

possibile ipotizzare tale eventualità, ad

esempio nell’ipotesi in cui il contratto in

questione sia stipulato da una persona fisica

464 Trib. Milano, 30 dicembre 1991, in Banca borsa tit. cred., 1992, II,

p. 692 ss., ha accolto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta

dal garante, poiché la richiesta di pagamento oggetto

d’ingiunzione non poteva essere accolta, in quanto il beneficiario

non aveva fornito la documentazione attestante che l’invio della

merce fosse avvenuto nei termini stabiliti.

505

in veste di garante465. Infine le eccezioni

dirette e personali sono quelle fondate sul

rapporto garante-beneficiario (ad esempio

l’eccezione di compensazione del credito del

beneficiario della garanzia con un

controcredito vantato dal garante nei suoi

confronti466); l’assunto della legittimità di

tali eccezioni ricalca l’opinione diffusa in

465 L. RUGGERI – S. MONTICELLI, op. cit., p. 251 ss, l’A. prospetta

un’ipotesi di nullità-inefficacia del contratto di garanzia ove

mai il garante sia una persona fisica, che si ascriva alla

categoria dei consumatori, e possa pertanto applicarsi la

normativa di cui agli art. 1469 bis e ss. A seguito

dell’abrogazione dell’inciso contenuto nel testo originario

dell’art. 1469 bis comma 1, che si riferiva al contratto <<che ha

per oggetto la cessione di beni o la prestazioni di servizi>>, non

sussisterebbero più limitazioni all’applicabilità della disciplina

ai contratti di garanzia conclusi tra il consumatore ed il

professionista. Si richiama a mo di esempio il caso in cui il

socio concluda il contratto autonomo di garanzia con una banca, a

garanzia degli obblighi che la società ha assunto verso la

stessa.. 466 Cass. 10 maggio 2002, n. 6728, in Giust. civ., 2003, I, 1615,

richiamata dalla sentenza che si sta esaminando.

506

dottrina467 secondo cui l’opponibilità di tali

eccezioni non sarebbe preclusa dall’inserimento

nel contratto della clausola <<senza

eccezioni>>, che sarebbe riferita solamente

all’inopponibilità delle eccezioni fondate sul

rapporto-base.

Come anticipato, la prescrizione della

legittimità del triplice ordine di eccezioni

fondate sul rapporto base non è nuova nella

giurisprudenza della S.C. In precedenti

sentenze essa aveva ritenuto, tra l’altro, che

l’opponibilità dell’exceptio doli generalis

all’escussione fraudolenta o abusiva della

garanzia valesse a salvaguardare la necessità

467 Per tutti F. BONELLI, Le garanzie bancarie a prima domanda nel commercio

internazionale, Milano, 1991, p. 88. In senso contrario però G. B.

PORTALE, Le garanzie bancarie internazionali, (questioni), cit., p. 17, nota 23,

secondo cui la rinuncia ad opporre eccezioni comprenderebbe anche

quelle relative al rapporto stesso di garanzia.

507

della tutela del fondamentale principio di

buona fede nell’esecuzione del contratto468.

Sembra necessario soffermarsi su tale questione

delle eccezioni relative al rapporto – base,

perché esse escludono l’assoluta autonomia del

contratto oggetto di studio; la compatibilità

logica, prima che giuridica, di eccezioni

relative al rapporto base con il concetto

stesso di garanzia autonoma, è una delle

questioni più spinose e dibattute sul tema. La

problematica pone in primo piano la necessità

di una tutela del garante e del debitore contro

escussioni indebite, ma dal punto di vista

tecnico – giuridico pone all’interprete il

difficile compito di comprendere come sia

possibile affermare da un lato l’autonomia

dell’obbligazione di garanzia da quella

468 In tal senso Cass., 24 aprile 2008, n. 10652, cit.

508

principale, e dall’altro predicare

l’opponibilità di talune eccezioni fondate sul

rapporto principale. A ben vedere sul tema

delle eccezioni opponibili al rapporto base

sembra riverberarsi l’idea che la causa del

contratto di garanzia autonomo, ammesso che

possa continuarsi a parlare in questi termini

del coacervo di fattispecie negoziali che si

usa riportare alla categoria, consista nel

garantire un interesse latu sensu creditorio.

15. Segue: profili valutativi dell’incidenza sul contratto

autonomo di garanzia della nullità del contratto illecito.

Sia consentito ricordare, preliminarmente, che

la tematica del riverbero della illiceità del

negozio principale sul negozio di garanzia è

questione che si è posta negli stessi termini

anche per la promessa del fatto del terzo.

509

Affermava un autorevole Autore:<<l’illiceità

del fatto del terzo permette di considerare

illecito anche l’interesse che sarebbe

soddisfatto dalla prestazione del terzo>>, da

cui l’<<illiceità si riversa sulla

garanzia>>469.

In primis, è evidente che l’idea secondo cui

l’illiceità del negozio si comunica al

contratto di garanzia autonomo implica <<il

ravvisare la causa del contratto de quo nella

funzione di garantire il rapporto di valuta

come tale>>.470 Il riverbero dell’illiceità del

negozio – base sulla garanzia autonoma

ripeterebbe in sostanza il meccanismo

contemplato dalla disciplina della fideiussione

ex art. 1939 cod. civ. A ben vedere però469 SCALFI, op. cit., p. 113.470 In tal senso, di recente, L. RUGGERI – S. MONTICELLI, op. cit.,

p. 226.

510

l’autonomia del contratto di garanzia è

incompatibile con la funzione di garantire il

rapporto di valuta, giusta quell’opinione

dottrinale secondo cui <<nel Garantieverträge non

può identificarsi una causalità fondata sul

rapporto di valuta>> perché <<se l’altrui

debito dovesse giustificare l’obbligazione del

garante (…) questa non dovrebbe neppure nascere

quando esso non esista>>471, oppure, si potrebbe

aggiungere, quando sia nullo il negozio da cui

nasce. In altri termini questa funzione di

garanzia del rapporto di valuta in quanto tale

sarebbe senz’altro idonea a descrivere le

garanzie personali accessorie. Del resto,

quella tesi dottrinale in cui si perviene al

risultato che <<per rendere causale questo

contratto (il Garantieverträge) basta la

471 R. CICALA, Saggi, cit., p. 203.

511

dichiarazione in esso dello scopo di garanzia e

che sia fatto comunque dalle parti riferimento

ad un rapporto fondamentale, che valga a

giustificare l’obbligazione del garante>>472,

intendendo il richiamo all’obbligo – base come

un fatto dovuto, a prescindere dal valore

giuridico e quindi dall’esistenza di un

diritto, è ben consapevole dell’incongruenza

dell’applicazione del meccanismo della causa

cavendi alla garanzia autonoma.

Queste considerazioni conducono alla

conclusione che se con la garanzia si intendono

coprire i rischi atipici, ossia il rischio di

vizi genetici o funzionali del contratto-base,

le patologie di quest’ultimo (compresa

l’illiceità del contratto) non dovrebbero

interferire sull’operatività della garanzia;

472 G. B: PORTALE, Fideiussione e Garantieverträge, cit., p. 1064.

512

l’alternativa sarebbe quella di ritenere che

essendo comunque la funzione del contratto de

quo quella di garantire il rapporto di valuta,

le eccezioni d’invalidità del rapporto base

sono opponibili (tutte). Si è certamente

consapevoli che seguendo la prima alternativa

proposta si perviene alla conclusione della

legittimità dell’escussione di una garanzia

prestata per “assicurare” un risultato

illecito; quello che si vuole però qui

sottolineare è che il significato pieno

dell’autonomia della garanzia dovrebbe condurre

a questa conclusione.

S’impone al riguardo una precisazione.

L’affermazione secondo cui il garante può

opporre l’illiceità del contratto base sembra

rinviare alla circostanza che il garante sia

513

ignaro della natura dell’obbligazione

garantita, rilevando pertanto l’errore

essenziale e riconoscibile che compie nel

concludere il contratto di garanzia, o al più i

raggiri usati dall’incaricante nel nascondergli

la portata illecita dell’operazione garantita.

Ragionando su tal ipotesi, si prospetta la

possibilità applicativa degli art. 1427 ss.

cod. civ. e potrebbe allora sostenersi che il

garante ignaro della natura dell’obbligazione

garantita subisce una menomazione della libertà

e spontaneità del volere, per cui s’impegna ad

una prestazione di garanzia che tutela un

interesse illecito del beneficiario. La ragione

d’invalidità del contratto di garanzia sarebbe

pertanto determinata da un vizio del consenso e

non da ragioni attinenti all’invalidità del

rapporto garantito. In quest’ottica la

514

proponibilità dell’eccezione di nullità del

contratto base per illiceità dello stesso

(contratto con causa o oggetto illecito, o

concluso per un motivo illecito comune ad

entrambi) sarebbe giustificata dalla

circostanza che si tratta di un’eccezione

fondata sul contratto di garanzia medesimo473.

La Cassazione ritiene che il garante possa

opporsi all’escussione della garanzia sulla

base dell’illiceità del contratto base. Si è

osservato474 che il legislatore non detta una

disciplina differenziata per le diverse ragioni

di nullità, circostanza che fa pensare che in473 Cfr. F. NAPPI, op. cit., p. 178 ss., che analizza l’ipotesi in

cui il negozio principale sia invalido perché viziato da errore,

violenza, o dolo. L’A. perviene alla conclusione che l’invalidità

del negozio principale non è ragion sufficiente per predicare

l’invalidità del negozio di garanzia, salvo che le circostanze che

determinano l’invalidità del negozio garantito non abbiano una

ripercussione diretta sullo stesso negozio di garanzia, limitando

la libertà del volere o l’autodeterminazione del garante.474 In tal senso, L. RUGGERI – S. MONTICELLI, op. cit., p. 226.

515

tutte le ipotesi di nullità sia insito un

similare giudizio di disvalore da parte

dell’ordinamento Perché allora il garante può

opporsi all’escussione della garanzia se il

negozio garantito è illecito e non anche quando

ricorra un’altra ipotesi di nullità? D’altro

canto nella prassi ci sono contratti di

garanzia stipulati per assicurare un

determinato risultato al beneficiario, anche in

ipotesi di nullità del rapporto base. Ad

esempio la garanzia per il rischio di misure

valutarie restrittive. Evidentemente il

funzionamento di garanzie di tal fatta può

spiegarsi solo astraendo totalmente la validità

del contratto di garanzia da quella del

contratto base, con la precisazione che il

requisito della causalità del contratto sarà

comunque rispettata se si guarda all’elemento

516

della causa dell’assunzione dell’obbligo da

parte del garante. L’autonomia del contratto di

assunzione di rischi atipici (ad esempio di

nullità del contratto base) richiama un

distacco radicale dal rapporto base; se così va

impostata la questione, perché la validità

della garanzia dovrebbe essere messa in

discussione dall’illiceità del contratto

principale, ma non dalle altre ipotesi di

nullità dello stesso?

16. Segue: La causa del contratto autonomo di garanzia

nella ricostruzione delle Sez. Unite.

517

La causa concreta475 del contratto autonomo di

garanzia viene individuata dalla S. C.

nell’assunzione, da parte del garante, del

rischio dell’inadempimento, rischio che

475 Sulla nozione di causa concreta del contratto la S.C. ha avuto

modo di esprimersi in una recente sentenza, Cass. 8 maggio 2006,

n. 10490, in Giust. civ. 2007, 9, 1985, in cui si afferma che, pur

rimandando la nozione di causa del contratto alla funzione

economico-sociale del negozio (tanto è possibile desumere dalla

relazione del ministro guardasigilli), è necessario procedere ad

un’ermeneutica del concetto di causa che <<sul presupposto della

obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del

contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale>>,

costituisca un superamento della teoria della predeterminazione

causale del negozio, che del resto non spiega perché un contratto

tipico possa avere una causa illecita, e conduca ad una

ricostruzione di tale elemento <<in termini di sintesi

degl’interessi reali che il contratto stesso è diretto a

realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato).

Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale,

si badi, e non anche della volontà delle parti>>. Il concetto di

causa secondo tale accezione rimanderebbe pur sempre alla funzione

dell’atto, ma alla <<funzione individuale del singolo, specifico

contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo

astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione

economico-sociale del negozio che, muovendo dalla

cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga a

cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i

contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo

518

normalmente sarebbe sopportato dal creditore.

Il altri termini il contratto esplicherebbe la

funzione di trasferimento del rischio economico della mancata

esecuzione di una prestazione contrattuale, a prescindere

che tale fatto avvenga per inadempimento

colpevole, oppure no.

Questa peculiarità del profilo causale del

contratto comporta, sul piano effettuale, che

il contratto autonomo di garanzia abbia una

funzione indennitaria: a differenza del

fideiussore che si obbliga a compiere la stessa

prestazione cui è tenuto il debitore

principale, il garante autonomo si obbliga a

unica) convenzione negoziale>>. Nella citata sentenza la S.C.

aveva ritenuto nullo, per difetto della causa, un contratto di

consulenza stipulato da una società con un amministratore della

stessa, in quanto essendo l’amministratore già tenuto, in quanto

tale, a prestare l’attività di consulenza, .il contratto in

questione non avrebbe potuto realizzare lo scambio del pagamento

verso la prestazione del consulente.

519

tenere indenne il creditore dalle conseguenze

del mancato adempimento, e pertanto, si dice,

la garanzia autonoma si inquadra nelle garanzie

successive di tipo indennitario.

È importante sottolineare che le S. U., tra

l’altro, in un passaggio della sentenza

affermano che l’individuazione nel contratto autonomo di

garanzia di una causa di protezione dell’interesse del

beneficiario a non subire le conseguenze nefaste

dell’inadempimento, consente di superare l’ossimoro celato

dietro il concetto di garanzia autonoma. Da un punto di

vista logico prima che giuridico, giustamente

la S.C. rileva che il concetto di garanzia

rimanda ad un quid che debba essere garantito,

ed è palese che questa entità garantita non

possa essere l’obbligazione principale, perché

questo comporterebbe l’identificazione della

520

garanzia tipicamente accessoria a quella qui

analizzata. Ciò che si garantisce con la

garanzia autonoma, secondo la ricostruzione

della S. C. è l’interesse del beneficiario a

non essere leso dall’inadempimento, seppure

incolpevole, del debitore. La Cassazione

richiama non troppo velatamente quella tesi che

individua nella causa-funzione di garanzia dei

contratti (tipici e atipici) la finalità di

protezione di un interesse del garantito,

seppure spoglio dell’habitus giuridico, così da

fornire una spiegazione all’operatività della

garanzia nei casi in cui i vizi del rapporto

principale non permettano d’individuare

l’esistenza di un valido credito che debba

essere soddisfatto476. Si sono però già viste476 A. MAZZONI, Lettere di patronage, mandato di credito, promessa del fatto del

terzo, cit., p. 361, P. DE SANNA, Accessorietà e autonomia, cit., p. 41.

Per i termini del dibattito attorno a tale concetto di causa –

funzione di garanzia vedi retro par. 9, e par. 14 del capitolo II.

521

nel secondo capitolo, cui si rinvia per ragioni

di brevità, le critiche suscitate da tale tesi.

17. Segue: le Sezioni Unite qualificano le polizze fideiussorie

stipulate a garanzia delle obbligazioni di un appaltatore

come garanzia atipica e non fideiussoria, e pervengono ad

un importante cambiamento di rotta sulla rilevanza delle

<<clausole a prima richiesta>> e <<senza eccezioni>>,

inserite nel testo del contratto, ai fini della sua

qualificazione come contratto autonomo di garanzia.

Per quanto concerne le polizze fideiussorie la

S.C. ne conferma la natura di contratto a

favore di terzo e pertanto parti del contratto

saranno il debitore (stipulante) ed il garante

promittente, assumendo il creditore la qualità

di terzo beneficiario del contratto. Tale

morfologia segnerebbe una prima differenza

522

rispetto alla fideiussione, che intercorre,

invece, ai sensi dell’art. 1936 cod. civ., tra

il creditore e il garante. Inoltre tali polizze

fideiussorie sono necessariamente onerose, in

quanto la garanzia è prestata in cambio del

pagamento di un premio, laddove la fideiussione

può essere anche gratuita477.

Quanto alla problematica della qualificazione

giuridica delle polizze fideiussorie, che si

riverbera sull’individuazione della disciplina

applicabile, la S. C. ha nel tempo fornito

risposte diverse.

Secondo un primo orientamento, poiché la causa

del contratto de quo consisterebbe nel garantire

l’adempimento dell’obbligazione principale, il

negozio avrebbe natura fideiussoria, con477 Il meccanismo del regresso assicura infatti la circolarità

delle attribuzioni, per cui il peso definitivo del debito non

resta a carico del garante, v. retro par. 10 del presente capitolo.

523

conseguente applicabilità della disciplina

della fideiussione, ove non esplicitamente

derogata dalle parti (in particolare con la

conseguenza dell’applicabilità dell’art. 1941

cod. civ., che sancisce la regola secondo cui

il fideiussore non può essere obbligato in

duriorem causam).

Secondo un altro filone interpretativo, quando

la polizza fideiussoria è prestata a garanzia

dell’adempimento dell’obbligazione di un

appaltatore non ha i caratteri morfologici

tipici della fideiussione, ma diventa garanzia

atipica (fideiussio indemnitatis), non essendo il

garante obbligato in solido con il debitore

principale ad eseguire la medesima obbligazione

cui costui è tenuto. Il creditore per tal caso

può ottenere dal garante il pagamento di un

524

indennizzo o un risarcimento, ossia una

prestazione diversa rispetto a quella cui aveva

diritto sulla base del rapporto principale478.

Questo indirizzo ha fondamento sulla

considerazione per cui nelle polizze

fideiussorie non si riscontra l’elemento

“essenziale e normale” del vincolo

fideiussorio, l’essere il fideiussore tenuto ad

una prestazione identica a quella cui è tenuto

il debitore principale. In tal caso quindi, non

potendo la garanzia assicurare l’adempimento

specifico dell’obbligazione principale, avrà la

funzione di soddisfare l’interesse economico

del beneficiario vulnerato dall’inadempimento,

funzione indennitaria quindi e non

satisfattoria. La funzione tipica della

478 Cass., 27 maggio 2002, n. 7712, in Danno e resp., 2002, p. 946.;

Cass.,31 gennaio 2008, n. 2377, in De iure, banca dati on line,

Giuffrè.

525

fideiussione è infatti quella di garantire

l’adempimento dell’obbligazione principale,

mentre quella delle polizze è di offrire al

creditore un soggetto solvibile, che lo tenga

indenne in caso d’inadempimento del debitore

principale479. Si verifica, in quest’ottica, una

“migrazione” delle polizze fideiussorie verso

lo schema del contratto autonomo di garanzia,

la cui funzione la Corte individua appunto nel

tenere indenne il creditore dalle conseguenze

del mancato adempimento della prestazione

gravante sul debitore principale, laddove il

fideiussore garantisce l’adempimento della

medesima obbligazione altrui.

479 Il discorso svolto dalla Corte richiama alla mente quella

dottrina che individua la ragione dell’autonomia del contratto

autonomo di garanzia nella peculiarità del rischio assunto dal

garante, F. NAPPI, op. cit., p. 58 ss.

526

Con la sentenza che si sta qui esaminando le

Sezioni Unite prendono posizione su tale nodosa questione

circa la natura delle polizze fideiussorie e sull’individuazione

della disciplina conseguentemente applicabile. Esse hanno

ritenuto di dare continuità al secondo orientamento citato e

pertanto hanno qualificato la polizza fideiussoria stipulata a

garanzia delle obbligazioni assunte da un appaltatore come

garanzia atipica e non fideiussoria, con conseguente

inapplicabilità della relativa disciplina.

La Corte ha ritenuto di dover respingere le

obiezioni avanzate da quel filone

interpretativo che predicava l’equiparazione

della polizza de qua alla fideiussione. Tali

critiche alla configurazione della polizza

fideiussoria come contratto atipico di

garanzia, piuttosto che come fideiussione, si

erano mosse in una triplice direzione: a)

527

attraverso la polizza fideiussoria non si

garantisce l’adempimento dell’obbligazione

primaria, ma quella secondaria consistente nel

pagamento di una somma di denaro prestabilita,

per cui non verrebbe meno quell’elemento,

qualificante la fideiussione, consistente

nell’essere identico l’oggetto

dell’obbligazione principale e di quella di

garanzia; b) il requisito della fungibilità

della prestazione, necessario al fine di avere

due obbligazioni (quella principale e quella di

garanzia) con identico oggetto, non dovrebbe

essere stabilito in relazione all’oggetto

materiale della prestazione, ma in riferimento

all’interesse del creditore, ex art. 1173 cod.

civ., secondo il seguente assioma: se

l’interesse del creditore può essere

soddisfatto da prestazione diversa rispetto a

528

quella primaria, la prestazione è fungibile; c)

non è sufficiente a determinare la fuoriuscita

dal tipo fideiussorio, con conseguente

inapplicabilità della disciplina ex art. 1936

ss. (in particolare art. 1957 cod. civ.), una

più accentuata autonomia dell’obbligazione di

garanzia, determinata dalla presenza di

clausole di pagamento <<a prima richiesta,

senza eccezioni>> e simili, in quanto il

sistema giuridico italiano non conosce una

“nozione tecnica” di accessorietà, ossia non

esiste una disciplina uniforme del fenomeno;

pertanto nell’ordinamento sarebbe

sostanzialmente riconosciuta la possibilità di

una certa indipendenza dell’obbligazione di

garanzia da quella garantita.

529

Le Sezioni Unite hanno ritenuto di respingere

in uno tali obiezioni ritenendo che non possa

mettersi in dubbio la circostanza per cui si

configura una fideiussio indemnitatis nel caso in cui

l'insostituibilità della prestazione faccia venire meno la

solidarietà dell'obbligazione del garante, per cui il creditore

può pretendere da lui soltanto un indennizzo o un risarcimento,

prestazione questa diversa da quella alla quale aveva diritto.

La fideiussio indemnitatis non costituisce dunque

garanzia preventiva dell’adempimento, ma

garanzia contro il rischio dell’inadempimento,

ossia garanzia della reintegrazione, con

conseguenza fuoriuscita dal tipo del negozio

fideiussorio480. Sulla falsariga della sentenza

480 Tesi precedentemente sostenuta da Cass. 31 gennaio 2008, n.

2377, cit., che riconduce la polizza fideiussoria a garanzia

dell’obbligazione assunta dall’appaltatore alla figura della

fideiussio indemnitatis, estranea all'area delle garanzie di tipo

satisfattorio proprie delle prestazioni fungibili, caratterizzate

“dall'identità della prestazione, dal vincolo della solidarietà e

dall'accessorietà, e riconducibile invece all'area delle garanzie

530

citata la S. C. ha ritenuto che la polizza

fideiussoria prestata a garanzia delle

obbligazioni assunte da un appaltatore ripete i

caratteri della fideiussio indemnitatis, con

conseguente exodus dal tipo fideiussorio e

inapplicabilità della relativa disciplina.

Altro elemento che ha posto un problema di

compatibilità delle polizze fideiussorie con il

modello fideiussorio, è stato ravvisato, com’è

noto, in quelle clausole c.d. <<di pagamento a

prima richiesta>> e <<senza eccezioni>>. La

S.C. nella sua analisi rileva come tali

clausole costituiscano una valida espressione di

autonomia negoziale, che impone però di verificare

se si tratti di una semplice deroga della

disciplina legale della fideiussione, oppure se

di tipo indennitario, nelle quali il garante non è tenuto ad

eseguire la prestazione mancata, bensì ad indennizzare il

creditore insoddisfatto”.

531

l’alterazione del tipo negoziale è tale da

provocare la fuoriuscita del negozio dal tipo

fideiussorio e il conseguente inquadramento

nell’alveo del contratto autonomo di garanzia

come praticato nel commercio nazionale e

transnazionale (bid bond, performance bond, repayment

bond).

In passato circa l’idoneità delle clausole di

pagamento a prima richiesta o senza eccezioni a

configurare un contratto autonomo di garanzia

si erano contrapposti due orientamenti della

giurisprudenza di legittimità.

Secondo un primo indirizzo sarebbe sufficiente

l’inserimento nel contratto di tali clausole

per qualificare il negozio come contratto

autonomo di garanzia e non come fideiussione,

532

essendo tali clausole incompatibili con il principio di

accessorietà che caratterizza la fideiussione481.

Secondo un altro filone

interpretativo,viceversa, l’inserimento nel

contratto di clausole che obbligano il garante

a pagare a prima richiesta, sulla base della

semplice asserzione del creditore che si è

verificato il presupposto per l’escussione

della garanzia, non sarebbe senz’altro determinante nel

senso della qualificazione del negozio come

contratto autonomo di garanzia. Secondo tale

indirizzo il criterio per distinguere una

fideiussione da un contratto autonomo di

garanzia andrebbe ravvisato non nel mero

inserimento di clausole <<a prima richiesta>> o

<<a semplice richiesta scritta>>, ma nella481 Cass., 14 febbraio 2007, n. 3257, in Foro it. 2007, I, p. 2810;

Cass., 27 giugno 2007, n14853, in Mass. Foro it. 2007, p. 1137; Cass.,

13 maggio 2008, n. 11890, in De iure, banca dati on line, Giuffrè.

533

relazione, desumibile dal complessivo

regolamento negoziale, in cui le parti hanno

inteso porre l’obbligazione principale e quella

di garanzia482.

Le sezioni Unite della Cassazione con la

sentenza in commento, ispirandosi ad un principio

di parità di decisioni a parità di situazioni esaminate hanno

ritenuto di dare continuità al primo

orientamento citato. La ratio decidendi è nella

necessità di evitare spazi interpretativi

“forieri di decisioni differenti a parità di

situazioni esaminate”, consentendo di prevedere

ex ante la qualificazione giuridica del

contratto in caso di controversia. Pertanto la

Corte a Sez. unite ha ritenuto che il contratto di garanzia che

contenga clausole <<a prima richiesta>>, <<senza eccezioni>>

482 Recentemente, Cass., 28 febbraio 2007, n. 4661, in Mass. Foro it.

2007, p. 713; Cass. 3 marzo 2009, n. 5044, in De iure, banca dati

on line, Giuffrè.

534

debba essere qualificato come contratto autonomo di garanzia,

salvo “evidente, patente, irrimediabile discrasia con l’intero

contenuto altro della convenzione negoziale”, ossia salvo

che il resto del contratto non induca a

ritenere che le parti non abbiano inteso

recidere il nesso di accessorietà tra

l’obbligazione di garanzia e quella garantita

che caratterizza la fideiussione.

La Corte enuncia pertanto un principio

interpretativo sulla cui base si dirà che

l’inserimento nel contratto delle clausole

suddette comporta la qualificazione del negozio

come contratto autonomo di garanzia, a meno che

il resto della convenzione negoziale non

escluda senz’altro questa ipotesi. Alla stregua

di tale conclusione dovrebbe pertanto dirsi, ma

la Corte non lo precisa, che l’inserimento nel

535

contratto di una clausola a prima richiesta

abbia il valore di una presunzione iuris tantum,

con conseguente inversione dell’onere della

prova a carico di chi voglia far valere la non

autonomia dell’obbligazione di garanzia

rispetto al rapporto base.

Conseguenza della qualificazione del negozio

come contratto autonomo di garanzia sarà, tra

l’altro, l’inapplicabilità dell’art. 1957 cod.

civ. che statuisce l’onere del creditore di far

valere tempestivamente (sei/due mesi) le sue

istanze contro il debitore attraverso un’azione

giudiziaria, per poter conservare il diritto di

escutere la garanzia anche dopo la scadenza

dell’obbligazione principale; rileva la S.C.

che, poiché la norma sancisce un collegamento

tra l’obbligazione di garanzia e l’obbligazione

536

principale, essa rientra tra quelle norme su

cui si fonda il principio di accessorietà

fideiussoria e pertanto è inapplicabile al caso

in cui le parti abbiano inteso stipulare un

contratto autonomo di garanzia.

In conclusione, il principio di diritto cui le

Sez. Unite pervengono è il seguente: <<la polizza

fideiussoria stipulata a garanzia delle obbligazioni assunte da

un appaltatore assurge a garanzia atipica, a cagione

dell’insostituibilità della obbligazione principale, onde il

creditore può pretendere solo un risarcimento, prestazione

diversa da quella alla quale aveva diritto>>.

18. Spunti sistematici forniti dalla sentenza della

Cassazione ora citata.

Bisogna soffermarsi su di un dato che la Corte

ha avuto modo di sottolineare, perché esso

offre un argomento per una più precisa

537

collocazione della promessa del fatto del terzo

nel sistema delle garanzie personali.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto che la polizza

fideiussoria, se prestata a garanzia

dell'obbligazione dell'appaltatore, non ripete

i caratteri morfologici della fideiussione, ma

si configura come garanzia atipica, in quanto

l'infungibilità della prestazione

dell'appaltatore fa venire meno la solidarietà

dell'obbligazione del garante e comporta che il

creditore possa ottenere da lui solo un

indennizzo o un risarcimento, che è prestazione

diversa da quella alla quale aveva diritto.

Questo dato segnerebbe il tratto differenziale

rispetto alla fideiussione, in cui l’elemento

"normale ed essenziale" del vincolo

fideiussorio è pur sempre l'identità

538

dell’obbligazione principale nella sua stessa

qualità e nelle sue stesse condizioni. Al

contrario, la polizza fideiussoria non mira a

garantire l'adempimento dell'obbligazione del

debitore principale (come accade nella

fideiussione), ma ad assicurare al creditore la

presenza di un soggetto solvibile in grado di

tenerlo indenne dall'eventuale inadempimento

del medesimo, ciò che dimostrerebbe il venire

meno di uno degli elementi strutturali della

fideiussione, vale a dire l'accessorietà

dell'obbligazione del garante rispetto a quella

del debitore principale, con conseguente

slittamento verso il modello del contratto

autonomo di garanzia e inadeguatezza del

modello legale fideiussorio.

539

Tali considerazioni richiamano alla mente

quella dottrina483 che, in tema di differenze

tra la funzione della fideiussione e della

promessa del fatto del terzo, sottolinea la

finalità della fideiussione di <<conferire al

creditore maggiore sicurezza per l’estinzione

satisfattoria della obbligazione garantita,

potendo egli pretendere da altro soggetto

(fideiussore) l’adempimento di una prestazione

identica a quella principale (naturalmente

quando sia fungibile), contro la funzione di

garanzia (in senso lato) della promessa, che si

estrinseca nella riparazione successiva del

danno, trasferendo il rischio dell’eventuale

rifiuto del terzo, garantendo l’indennizzo in

previsione di tal evento. Da ciò conseguirebbe

la qualificazione della fideiussione come483 Cfr. E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del fatto del terzo, cit., p.

192. ss.

540

<<garanzia dell’adempimento (cioè garanzia

preventiva di tipo satisfattorio)>>, mentre la

promessa si qualificherebbe come <<garanzia

indennitaria (cioè garanzia successiva di tipo

risarcitorio)>>484.

L’identità dell’iter argomentativo svolto dalla

Cassazione per distinguere la differenza su di

un piano funzionale tra le c.d. polizze

fideiussorie e la fideiussione rispetto a

questo su citato, mette in evidenza, da un

punto di vista sistematico, la similitudine che

corre tra la prestazione cui è tenuto il

garante autonomo (compagnia di assicurazioni

che ha prestato la polizza fideiussoria) e

quella cui è tenuto il promittente in caso di

mancato compimento del fatto del terzo:

l’essere le due prestazioni qualitativamente

484 E. BRIGANTI, op. ult. cit., p. 193.

541

diverse rispetto a quella cui è tenuto il

debitore principale, e sostanzialmente rivolte

alla riparazione di un pregiudizio subito dal

beneficiario.

Se allora da un canto è lecito ravvisare nella

promessa del fatto del terzo una funzione di

garanzia (in senso lato) consistente nella

tutela dell’interesse del promissario al

verificarsi del fatto del terzo promesso,

sopportando il promittente il rischio della

frustrazione della promessa (e dunque il

rischio del sacrificio patrimoniale che il

promittente sopporta nell’ottica di uno

scambio, o della soddisfazione di un proprio

interesse), bisognerà aggiungere che tale

garanzia avrà una funzione

successiva/indennitaria, diversa da quella

542

svolta dalla fideiussione, ed assimilabile

invece a quella svolta dal contratto autonomo

di garanzia.

Si avverte tuttavia l’esigenza di evidenziare

che tale funzione successiva indennitaria, se è

certamente ravvisabile nel caso della polizza

fideiussoria prestata a favore del committente,

non si può riscontrare in alcune tipologie di

contratto autonomo di garanzia, caratterizzate

dalla circostanza che le prestazioni cui sono

tenuti il garante ed il debitore del rapporto

principale sono omogenee (es. garanzia del

rimborso degli acconti, in cui sia il garante

che il debitore sono tenuti alla medesima

prestazione). Si dirà pertanto che la dicotomia

garanzia preventiva di tipo

satisfattorio/garanzia successiva di tipo

543

indennitario non vale a distinguere le garanzie

accessorie da quelle autonome rispetto al

rapporto principale, ma si pone come uno

strumento d’inquadramento trasversale delle

diverse forme tipiche e atipiche di garanzia.

In altri termini affermare che la fideiussione

è certamente garanzia preventiva di tipo satisfattorio,

non significa che la medesima funzione non

possa essere esercitata dalle garanzie che

s’inquadrano al di fuori del tipo fideiussorio.

L’impostazione ha un rilievo pratico nella

misura in cui stacca le possibili forme di garanzia di tipo

satisfattorio dalla disciplina della fideiussione,

riconoscendo alle garanzie di tipo

satisfattorio <<un fondamento concettuale che

esorbiti dall’ancoraggio all’interpretazione

544

della disciplina della fideiussione contenuta

nel nostro codice civile>>485.

19. Una comprensione più approfondita del funzionamento

e dell’inquadramento giuridico delle diverse tipologie

contrattuali che si usa ascrivere alla categoria della

garanzia autonoma, richiede che si distingua innanzitutto

tra garanzia <<senza eccezioni>>, come assunzione di rischi

atipici, e garanzie <<a prima domanda>>, in cui l’interesse

del beneficiario è quello di poter escutere senza ritardo la

garanzia.

Alla stregua di un leitmotiv, si è più volte

detto nel corso del presente capitolo che

diffusa in dottrina è l’opinione secondo cui

con il termine contratto autonomo di garanzia

non s’individua un’omogenea categoria

negoziale, ma un insieme variegato d’ipotesi.

Occorre ora cercare di chiarire la portata di

485 In tal senso, F. NAPPI, La garanzia autonoma, cit., p. 146.

545

tale affermazione, individuando alcuni profili

idonei a distinguere le varie tipologie

negoziali che si usa ascrivere alla nozione di

garanzia autonoma.

Nel paragrafo 13 di questo capitolo si è

evidenziato che la stessa Corte di Cassazione

inquadra in maniera unitaria le diverse

tipologie contrattuali di garanzia c.d.

“autonoma”; l’inserimento di clausole di

pagamento a prima domanda e senza eccezioni

assume, nella ricostruzione dogmatica della

Corte, un valore tipologico nella direzione

della qualificazione del negozio come contratto

autonomo di garanzia, salvo che dal resto della

convenzione negoziale non rilevi la chiara

volontà delle parti di non recidere il nesso di

546

accessorietà tra l’obbligazione del garante e

l’obbligazione del garantito486.

Anche in dottrina si è talora enfatizzata la

rilevanza tipologica delle clausole a prima

domanda, come carattere essenziale del

contratto autonomo di garanzia487. A tal

proposito appare necessario riportare la tesi

di un autorevole e attento studioso della

tematica488 che ha spiegato la ragione del peso

assunto dai caratteri essenziali delle garanzie

<<a prima domanda>>, ai fini della

qualificazione del contratto autonomo di

garanzia, attraverso due ordini di questioni:

a) la conoscenza approssimativa della486 Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, cit., p.48 ss.

allegato.487 F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., p. 141, ma vedi

sin da p. 125 ss., che considera l’obbligo di pagamento a prima

domanda un <<carattere essenziale dei contratti autonomi di

garanzia>>.488 F. NAPPI, op. cit., p. 104.

547

costruzione del Garantieverträge stammleriano489,

il cui fondamento causale autonomo (l’interesse

del garante) consentiva al garante di assumere

il rischio dell’inadempimento del debitore, pur

essendo nullo il contratto da cui nasceva il

rapporto base; b) l’interesse verso la

categoria del Garantieverträge determinato dalla

necessità d’inquadrare proprio le garanzie a

prima domanda, circostanza che avrebbe indotto

la dottrina a <<modellare uno schema di

contratto fortemente caratterizzato dagli

elementi peculiari delle fattispecie c.d. di

garanzia a prima domanda e, quindi, in virtù di

questa restrizione relativamente compatto>>490.

Un corretto inquadramento giuridico delle

diverse ipotesi di garanzia autonoma deve

489 Vedi sopra par. 2.490 F. NAPPI, op. loc. ult. cit.

548

pertanto prendere le mosse dalla necessità

prospettata dalla migliore dottrina491 di

distinguere due serie d’ipotesi: a) fattispecie

negoziali<<in cui s’intenda solo evitare (...)

che la soddisfazione del creditore subisca

ritardi per contestazioni sollevate dal garante

o dal debitore>>, ma restando il beneficiario

della garanzia esposto alla ripetizione da

parte del debitore, cui il garante conteggiò il

pagamento, di quanto pagato dal garante; b)

<<ipotesi in cui si miri addirittura alla

copertura, a favore del creditore, del rischio

c.d. atipico, correlativo alla nullità,

491 La distinzione operata da R. CICALA, Saggi, cit., p. 195 ss., è

ripresa ed elaborata da F. NAPPI, op. cit., p. 132 ss.; l’A. eleva

la distinzione a criterio fondamentale d’inquadramento giuridico

delle diverse ipotesi di garanzia autonoma, ravvisando tuttavia la

pregnanza del concetto nei soli casi di assunzione di rischi

atipici. Nel prosieguo della esposizione ci riferiremo proprio a

tale costruzione dottrinale, che ci sembra capace di cogliere

l’essenza del fenomeno che si sta analizzando.

549

annullabilità, ecc. (frustrazione in genere del

contratto di valuta (…) per spostare

definitivamente dal suo patrimonio il danno

provocato dalla frustrazione del rapporto>>.

L’autonomia della garanzia ha nelle due serie

di casi una diversa valenza funzionale,

realizzando per le prime ipotesi esposte

l’interesse del creditore a ricevere subito

quanto gli è (a suo parere) dovuto, e per le

seconde l’interesse del beneficiario a ricevere

senz’altro un quid, cioè un’attribuzione

patrimoniale che resta definitivamente

acquisita alla sua sfera patrimoniale.

L’idea di una omogenea categoria contrattuale

(la garanzia autonoma) si ricollega alla

circostanza che in entrambi i casi si ha una

deroga al principio di accessorietà, alla cui

550

stregua 1) l’invalidità del contratto – base

dovrebbe riverberarsi sul contratto di garanzia

(corollario che nel contratto di fideiussione

si esplicita nell’art. 1939 cod. civ.); 2) il

garante potrebbe paralizzare l’escussione della

garanzia opponendo al creditore le eccezioni

che avrebbe potuto opporre il debitore

principale (corollario che per il contratto di

fideiussione è previsto dall’art. 1945 cod.

civ.). Questo quid minus che caratterizza il

contratto di garanzia autonoma rispetto alla

fideiussione (la mancanza dell’accessorietà)

costituisce però l’unico elemento che unifica

le due diverse serie di fattispecie,

considerando che, se da un lato, sia per la

garanzia a prima domanda, che per la garanzia

di assunzione di rischi atipici, il garante è

tenuto ad adempiere l’obbligo di garanzia in

551

caso d’inadempimento del debitore principale,

ogni eccezione rimossa, dall’altro solo

nell’ipotesi della garanzia a prima domanda

l’oblato resta esposto alla ripetizione di

quanto ricevuto, se non dovuto.

È evidente pertanto che alla diversità del

rischio assunto dal garante corrisponde anche

un ben preciso interesse del beneficiario: per

l’ipotesi delle garanzie a prima domanda

l’interesse del beneficiario è quello di

escutere la garanzia subito, in caso

d’inadempimento dell’obbligo da parte del

debitore principale; nel caso della garanzia di

assunzione di rischi atipici l’interesse

soddisfatto è quello di escutere la garanzia

senz’altro, in caso d’inadempimento del

debitore principale.

552

Quando la S.C. a sezioni unite in una sentenza

del 1987492 affermava la non assolutezza

dell’autonomia del contratto di garanzia a

prima domanda, perché <<la definizione del

rapporto principale è in ogni caso destinata a

determinare anche quella del negozio

fideiussorio>>, con conseguente riequilibrio

delle posizioni contrattuali attraverso il

sistema delle rivalse493, si riconosceva la

validità del contratto di garanzia a prima

domanda, ma non anche si spostava l’attenzione

sul fenomeno complessivo della garanzia

autonoma.

Del resto, come si è giustamente

sottolineato494, l’individuare la condizione di

492 Cass. sez. un., 1 ottobre 1987, n. 7341, in Foro it., I, 1988, c.

103 ss.493 Cass. sez. un., 1 ottobre 1987, cit., c.123.494 L. RUGGERI - S. MONTICELLI, op. cit., p. 225.

553

ammissibilità della garanzia autonoma nel

riequilibrio degli spostamenti patrimoniali,

significa <<negare che il giudizio di liceità

su un’operazione economica funga da presupposto

perché sia accertato il diritto delle parti ad

azionare le pretese>> fondate sulle

negoziazioni che concorrono al conseguimento di

un quel dato risultato. Questo giudizio di

liceità, in un ordinamento improntato al

principio causalistico, dovrebbe basarsi

sull’individuazione della giustificazione

causale del negozio, giusta la notazione

secondo cui <<ove l’originaria mancanza di

un’idonea giustificazione causale operasse a

posteriori, sul piano della rivalsa, ci

troveremmo di fronte ad un’anomalia funzionale,

bisognosa di spiegazione>>495.

495 F. NAPPI, op. ult. cit., p. 116, nota 52.

554

S’impone pertanto la necessità d’individuare

per le due diverse ipotesi di garanzia autonoma

prospettate uno schema causale che possa

fornire l’individuazione di una giusta causa

obligandi.

555

20. La garanzia autonoma come assunzione di rischi atipici.

Cenni alla fattispecie dell’indemnity, che nell’area di

common law assolve alla stessa funzione svolta dal

Garantieverträge nell’ordinamento tedesco.

L’obbligazione di garanzia può essere autonoma in senso

assoluto solo se il contratto avente ad oggetto la

prestazione di garanzia abbia una giustificazione causale

autonoma. In tal caso andranno distinti nettamente due

piani dell’analisi: a) l’oggetto del contratto, ossia la

prestazione della garanzia; b) la causa dello stesso, che

andrà individuata nelle comuni ragioni giustificatrici di un

negozio. Le uniche eccezioni opponibili dal garante al

beneficiario saranno quelle derivanti dal contratto di

garanzia medesimo.

Si è detto che l’idea di una garanzia autonoma,

in deroga alla disciplina della fideiussione, è

stata accettata purché si accolga una nozione

556

di autonomia solo relativa496, che non escluda

un riequilibrio delle posizioni contrattuali

delle parti attraverso il sistema delle

rivalse.

Bisogna ora verificare se sia concepibile una

garanzia attraverso cui si possano coprire i

rischi (atipici) relativi alla frustrazione del

rapporto principale, assicurando in via

definitiva una determinata prestazione al

beneficiario, pure in ipotesi di nullità,

annullabilità, risoluzione del contratto

principale. In tal caso l’oblato potrà escutere

la garanzia anche per l’eventualità che non

abbia un diritto da far valere alla stregua del

rapporto principale.

Sia consentito en passant di spostare

l’attenzione in ambito internazionale, per fare496 Cass., Sezioni Unite, 1 ottobre 1987, cit., p. 129

557

un accenno ad una figura contrattuale

utilizzata nella prassi anglosassone:

l’indemnity, che costituisce sul versante del

common law un equivalente del Garantieverträge

stammleriano. Si tratta di un contratto di

garanzia in cui il garante è tenuto a risarcire

la perdita subita dal creditore nel rapporto

principale; ma ciò che più preme sottolineare è

che la garanzia opera anche nell’ipotesi in cui

il promissario non abbia diritti da far valere

ai sensi del contratto principale497. La figura

dell’indemnity svolge pertanto una funzione

analoga a quella del Garantieverträge nell’area

tedesca. Entrambi i contratti, infatti, fanno

da contraltare ai contratti “accessori di

garanzia”, la Bürgschaft del BGB e la guaranty del

497 F. NAPPI, op. cit., p. 133 ss; F. ROCCHIO, op. cit., p. 66 ss.; V.

TEDESCHI e G. ALPA, Il contratto nel diritto nord-americano, Milano 1980, p.

136.

558

common law. Questi contratti accessori di

garanzia sono ispirati ad un maggiore intento

protettivo del garante: entrambi richiedono la

forma scritta, e la loro validità è subordinata

a quella dell’obbligazione principale anche per

il caso in cui essa sia stata assunta da un

incapace (a differenza di quanto previsto nel

nostro ordinamento per la fideiussione: cfr.

art. 1939, cod. civ.).

Il fugace riferimento a tali figure

contrattuali mostra che nelle aree di civil law e

common law si sono elaborate forme di garanzia

del credito “in ogni caso”, prima che si

affermasse in ambito internazionale la

problematica delle garanzie a prima domanda498.

Accanto a contratti di garanzia che pongono

esigenze di tutela del garante più pregnanti

498 F. NAPPI, op. cit., p. 136.

559

per il caso questi si obblighi a garanzia di un

debito altrui, si pongono pertanto forme

negoziali di garanzia (Garantieverträge e indemnity)

in cui l’attenuazione delle esigenze di tutela

del garante si spiega in relazione ad un

interesse sostanziale del soggetto che si

assume la copertura del <<rischio atipico>>.

Quest’interesse del garante costituisce una

giustificazione causale del contratto di

garanzia, tale da obbligare il garante in modo

del tutto indipendente rispetto alle vicende

originarie o successive del rapporto base.

Si dica, incidentalmente, che la mancata

elaborazione di forme analoghe di garanzia

nell’ordinamento italiano può offrire una

spiegazione all’opinione, diffusa in dottrina e

in giurisprudenza, secondo cui le clausole <<a

560

prima domanda>> e <<senza eccezioni>> hanno una

valenza tipologica al fine della qualificazione

del contratto autonomo di garanzia499, come se

le possibilità esplicative di tale forma

contrattuale si riducessero a staccare il nesso

di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia

e quella garantita nella fase dell’escussione,

ogni eccezione relativa al rapporto-base

rinviata alla fase della rivalsa del debitore,

“cui il garante ha conteggiato il pagamento”500.

La prospettiva da cui osservare il fenomeno

della garanzia assolutamente autonoma, intesa

come assunzione dei rischi atipici del

contratto (nullità annullabilità, risoluzione),

dovrà essere necessariamente quella della499 Un esempio del valore tipologico dato a tali clausole può

rinvenirsi in F. MASTROPAOLO, I contratti autonomi di garanzia, cit., p.

141.500 In questi termini operano normalmente le c.d. garanzie <<a

prema domanda>, <<senza eccezioni>> e simili.

561

individuazione del profilo causale del

contratto. In altri termini, si potrà sostenere

che il garante debba eseguire la prestazione di

garanzia a titolo definitivo, cioè senza la

possibilità di successive azioni di rivalsa,

nonostante che il creditore non abbia diritti

da far valere alla stregua del contratto

principale, sempre che si possa individuare una

causa “autonoma” del contratto di garanzia,

ossia indipendente rispetto al rapporto che

s’intende garantire.

Si sono già individuati i possibili supporti

causali di un’obbligazione di garanzia che

prescinda strutturalmente o funzionalmente da

una preesistente obbligazione del debitore

principale501; ciò che ora si vuole sottolineare

è che quando l’interprete si trovi di fronte ad

501 Vedi retro, par. 11 di questo capitolo.

562

un contratto di garanzia che abbia in se stesso

la propria giustificazione causale (perché il

contratto di garanzia è stipulato verso una

controprestazione del beneficiario, oppure a

soddisfazione di un interesse del garante)

bisognerà tenere distinti due piani

dell’analisi:

1) La prestazione di garanzia, intesa come

oggetto dell’obbligo che assume il contraente –

garante;

2) La funzione negoziale (causa del contratto)

in cui è inserita la prestazione stessa.

In altri termini per la comprensione del

fenomeno della garanzia autonoma di assunzione

dei rischi atipici bisognerà partire dal dato

che <<il termine garanzia oltre a rappresentare

lo scopo negoziale, può essere utilizzato per

563

esprimere il contenuto di un’obbligazione, la

quale può (contribuire a) realizzare svariati

schemi causali>>502.

Come si è notato, da parte dell’attento Autore

cui è da attribuire l’utile precisazione

surriportata, la manifestazione del fenomeno di

un’obbligazione di garanzia che può avere

fondamento su diverse giustificazioni causali

può rinvenirsi nella fattispecie della promessa

del fatto del terzo (art. 1381 cod. civ.)503;

anzi l’A. prospetta la possibilità che

l’assunzione di rischi atipici del contratto-

base avvenga proprio attraverso una promessa

del fatto altrui504, <<qualora a questa figura502 F. NAPPI, op. cit., p. 156.503 Si è visto nei par. 3 e 4 del capitolo II, cui si rinvia per

ragioni di brevità, che la promessa del fatto del terzo può essere

stipulata per una varietà di ragioni (interesse del promittente,

sacrificio corrispettivo sostenuto dal promissario) idonee a

costituire iusta causa obligandi del promittente.504 F. NAPPI, op. loc ult. cit.

564

tipica si riconosca la natura di promessa di

garanzia>>.

In buona sostanza, parlando di promessa di

garanzia assolutamente autonoma si farà

riferimento non alla causa della promessa, ma

alla natura (di garanzia) dell’effetto. Il

contraente-garante si obbligherà sulla base di

una ragione negoziale che prescinde

dall’esistenza o dalla validità

dell’obbligazione garantita, costituendo essa

stessa iusta causa obligandi. In quest’ottica il

riferimento alla mancanza di accessorietà del

contratto di garanzia assumerà un significato

molto più intenso di un distacco

dell’obbligazione di garanzia dall’obbligazione

garantita nella fase dell’escussione,

esplicando la possibilità di determinare uno

565

spostamento patrimoniale definitivo a carico

del garante, nonostante l’inesistenza,

l’invalidità o la risoluzione del contratto

principale. L’impressione di un sacrificio

patrimoniale del garante non sorretto da una

giusta causa andrà rigettato sulla base del

rilievo del profilo causale “autonomo” del

contratto di garanzia, che non ha fondamento

sul preesistente rapporto obbligatorio,

svolgendo una funzione differente dal

rafforzamento dell’aspettativa creditoria

(tipica ad esempio della fideiussione). Il

nostro contratto di garanzia esplicherà la

funzione di coprire il rischio del mancato

ottenimento di una certa utilità da parte del

beneficiario della garanzia, in vista del quale

costui, nell’interesse del garante, ha concluso

un negozio o ha intrapreso un’iniziativa

566

economica che lo espongono al rischio di un

danno; di qui l’esigenza di protezione

attraverso la prestazione della garanzia.

Ricapitolando, lo strumento tecnico attraverso

cui si fornisce la sicurezza è la prestazione

di garanzia. Il fondamento causale di un tale

contratto con prestazione di garanzia non va

ravvisato necessariamente nel preesistente

rapporto principale, ma nelle comuni ragioni

giustificative di un negozio. Solo in tal modo

si potrebbe spiegare la circostanza di una

garanzia prestata a protezione della

soddisfazione di un interesse del beneficiario,

qualora questi non abbia diritti da far valere

alla stregua del rapporto principale.

L’inquadramento giuridico prospettato per le

garanzie di assunzione di rischi atipici

567

comporterà che le uniche eccezioni opponibili

al beneficiario da parte del garante saranno

quelle fondate sul contratto di garanzia e sul

rapporto garante-beneficiario: a) eccezioni

letterali; b) eccezioni attinenti

all’invalidità o inefficacia del contratto di

garanzia; c) eccezioni dirette e personali.

Trattandosi in sostanza di due rapporti

distinti (con la precisazione che nel caso

della promessa del fatto del terzo il rapporto

base potrebbe addirittura non esistere)

nascenti da autonomi contratti, richiamando il

principio di relatività degli effetti del

contratto (art. 1372 cod. civ.) dovrebbe dirsi

che il garante non possa far valere eccezioni

fondate su un rapporto cui è estraneo.

568

Aderendo a tale impostazione, che in sostanza

esalta la piena autonomia dei due rapporti,

l’unica ipotesi in cui le vicende del rapporto

principale si riverberano sul contratto di

garanzia autonomo è quella in cui i vizi del

contratto garantito, che ne determinano

l’invalidità, hanno una incidenza diretta sul

rapporto “di garanzia”.

Proviamo a formulare degli esempi.

Esempio n. 1. È opinione diffusa e corretta che

l’illiceità del contratto-base determini la

nullità del contratto di garanzia autonomo; ma

in dottrina505 ed in giurisprudenza506 tale

conclusione è per lo più fondata sul rilievo505 Per tutti vedi F. MASTROPAOLO, Pagamento a prima richiesta, limiti alla

opponibilità delle eccezioni e problemi probatori, in Banca, bor. tit. cred., 1990,

II, p.569. L’assunto del riverbero dell’illiceità del contratto

base su quello di garanzia sembra risalire a G. B. PORTALE, Le

garanzie bancarie internazionali, Milano, 1989, p.21- 49 ss.506 Da ultimo la recente Cass., 18 febbraio 2010, n. 3947, cit.

569

che in siffatta ipotesi il contratto di

garanzia è nullo perché ha causa illecita, in

quanto mira ad assicurare in via surrettizia un

risultato che la legge condanna ed esclude;

questo ragionamento, se apprezzabile da un

punto di vista giuridico-sociale, in quanto è

palese che l’ordinamento non possa assicurare

tutela ad un interesse illecito, da un punto di

vista tecnico-giuridico presuppone che il

nostro contratto abbia una causa di garanzia,

ossia che la sua funzione sia quella di

garantire il rapporto di valuta in quanto tale,

conclusione che abbiamo rigettato in toto.

A mio sommesso parere, tuttavia, si potrebbe

pervenire al medesimo risultato di ritenere

nullo il contratto di garanzia stipulato a

protezione di un interesse illecito del

570

contraente - beneficiario, spostando il

ragionamento sull’oggetto del contratto. L’art.

1418 cod. civ. contempla tra le ragioni di

nullità del contratto l’ipotesi in cui

l’oggetto del contratto non abbia i requisiti

richiesti dall’art. 1346 cod. civ., ossia la

possibilità, la liceità, la determinatezza o la

determinabilità. Pertanto è nullo il contratto

con oggetto illecito.

Nell’esame circa la giustificazione causale

della garanzia (assolutamente) autonoma si è

visto507 che il sacrificio economico di chi

presta la garanzia può spiegarsi in relazione

alla controprestazione che il beneficiario

esegue nei confronti del garante o anche nei

confronti del terzo, ma pur sempre

nell’interesse del primo (causa di scambio del

507 Vedi retro, par. 11, lettera A.

571

negozio). Ipotizzando un contratto di garanzia

autonoma stipulato verso una controprestazione

illecita del beneficiario a favore del terzo,

cui il garante ha interesse, si dirà che il

contratto di garanzia è nullo per illiceità

dell’oggetto, costituendo la prestazione di

garanzia il pretium sceleris508, ossia il

corrispettivo della controprestazione illecita

del beneficiario.

Esempio n. 2. Un altro caso in cui le ragioni

che determinano l’invalidità del contratto

principale intaccano anche il contratto di

garanzia potrebbe rinvenirsi nella prestazione

della garanzia autonoma in relazione ad un

negozio annullabile per dolo o violenza. In

siffatta ipotesi, qualora i vizi del consenso

che hanno compromesso la validità del contratto

508 A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova 1998, p. 520.

572

principale limitino anche la volontà del

garante, il negozio di garanzia è annullabile,

ma pur sempre per un vizio proprio e non

relativo al solo rapporto-base.

In conclusione, quando il contratto di garanzia

abbia una propria autonoma giustificazione

causale, sia essa da rinvenirsi in una

prestazione corrispettiva del beneficiario,

oppure nell’interesse del garante, le vicende

del rapporto garantito non avranno alcuna

influenza sul rapporto di garanzia; si dirà che

il fenomeno del riverbero dei vizi del

contratto-base su quello di garanzia è solo

apparente, poiché in realtà, in talune

situazioni, le ragioni dell’invalidità del

negozio–base determineranno un’autonoma

patologia del nostro contratto.

573

21. La garanzia autonoma <<a prima domanda>>. La

riconduzione di tali figure contrattuali alla garanzia

autonoma costituisce un errore di prospettiva?

L’altro fenomeno cui rinvia il concetto di

garanzia autonoma riguarda talune figure

contrattuali, particolarmente diffuse nei

rapporti tra imprese e tra queste e la Pubblica

Amministrazione, in cui l’escussione della

garanzia avviene <<a prima domanda>> e <<senza

eccezioni>>. La nozione di autonomia usata per

descrivere questi contratti con funzione di

garanzia si riferisce alla circostanza

dell’immediata, ma provvisoria conseguibilità

della prestazione di garanzia da parte del

beneficiario, a prescindere dagli eventuali

vizi del rapporto principale. Si parla di

un’autonomia relativa di tali forme di

garanzia, poiché <<la definizione del rapporto

574

principale è destinato a determinare anche

quella del negozio di garanzia>>509.

L’inserimento delle citate clausole nel

contratto di garanzia ha la funzione di rendere

insensibile il rapporto di garanzia rispetto

alle vicende del rapporto principale,

determinando, per questo verso, una differenza

incolmabile rispetto alla fideiussione, che,

alla stregua degli articoli 1936 ss. cod. civ.,

è una garanzia accessoria all’obbligazione

garantita. Il principio di accessorietà

dell’obbligazione fideiussoria, secondo

opinione costante della dottrina

tradizionale510, costituisce la conseguenza del

fondamento causale del negozio, un corollario

509 Cass., sez. unite, 1 ottobre 1987, cit., c. 123.510 Per i problemi di compatibilità con l’ordinamento che pongono

le clausole di deroga al principio di accessorietà, v. G.B.

PORTALE, Fideiussione e Garantieverträge nella prassi bancaria, cit., p. 5 ss.

575

della sua causa cavendi. Il concetto stesso di

garanzia richiama infatti un quid cui s’intende

attribuire protezione. Questo elemento esterno

al contratto di fideiussione è da ravvisarsi

nel diritto di credito che nasce da un rapporto

principale. La disciplina dettata dal

legislatore per il contratto di fideiussione va

letta pertanto alla luce del profilo causale

del negozio, che consistendo nel rafforzare le

possibilità di soddisfazione di un interesse

creditorio, comporterà che il contratto

presupponga una valida obbligazione principale

(art. 1939 cod. civ.), che il fideiussore non

possa essere obbligato in duriorem causam rispetto

al debitore principale (art. 1941 cod. civ.),

ed infine che il garante possa opporre le

eccezioni opponibili da parte dell’altro

obbligato (art. 1945 cod. civ.).

576

Quando sulla scena dei rapporti commerciali

irrompono i contratti di garanzia che

contengono al loro interno clausole che

recidono il nesso di accessorietà tra il

rapporto garantito e quello di garanzia la

dottrina e la giurisprudenza si sono dovute

confrontare con il problema dell’ammissibilità

nel nostro ordinamento delle garanzie

“autonome” rispetto al rapporto principale. In

particolare, se la non opponibilità di talune

eccezioni nella fase dell’escussione della

garanzia è stata sin da subito giustificata

alla stregua dell’art. 1462 cod. civ., ossia

alla stregua del meccanismo del solve et repete,

problemi più delicati ha posto la clausola di

deroga all’art. 1939 cod. civ. riprodotta nelle

fideiussioni bancarie attive e passive, secondo

cui <<la fideiussione mantiene i suoi effetti

577

anche se l’obbligazione principale sia

dichiarata invalida>>.

L’iniziale posizione della dottrina rispetto a

tali pattuizioni fu fondata sull’assunto che la

funzione di garanzia potesse essere realizzata

esclusivamente attraverso il tipo fideiussorio,

vigendo al di fuori del tipo il regime della

nullità, dovuta all’inderogabilità della

relativa disciplina511. Le considerazioni della

migliore dottrina rispetto all’ammissibilità di

deroghe al principio dell’accessorietà

fideiussoria hanno evidenziato successivamente

la necessità di non confondere la nozione di

causa-funzione del contratto con quella di tipo

511 Ricostruisce e il pensiero della dottrina che lo ha preceduto:

G. B. PORTALE, op. ult. cit., p. 1 ss. Diffusa in dottrina è la tesi

dell’incompatibilità della clausola in deroga all’art. 1939 cod.

civ. con il principio di causalità vigente nel nostro ordinamento:

L. PONTIROLI, Spunti critici e ricostruttivi per lo studio delle garanzie bancarie a

prima richiesta, in Contr. impr., 1989, 1018 ss.

578

negoziale, potendo la prima esplicarsi

attraverso diverse tipologie contrattuali512. Si

è allora notato513 che le norme descrittive di

un tipo negoziale sono inderogabili solo

all’interno di questo, per coerenza con la

fattispecie. Laddove le parti abbiano pattuito

una deroga a tali norme si dovrebbe dire che il

patto è nullo e sostituito di diritto dalla

norma imperativa prevista per il tipo negoziale

(ex art. 1419 comma 2 cod. civ.), salvo che

risulti che le parti non avrebbero concluso il

contratto senza quella specifica pattuizione.

In tal caso esse avranno posto in essere un

contratto atipico, che alla luce dell’art.

1322, comma 2, cod. civ. dovrà superare il

giudizio di meritevolezza dell’ordinamento.

512 G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, p. 63 ss.513 G. B. PORTALE, op. ult. cit., p. 9. Il contributo dell’Autore è

certamente uno dei più significativi in materia.

579

Sulla scia di tali riflessioni si è formato un

consolidato orientamento dottrinale514, che

trova riscontro anche in giurisprudenza515,

secondo cui i contratti in esame favoriscono il

traffico giuridico poiché rispondono alle

esigenze di speditezza e affidabilità del

commercio nazionale ed internazionale, e

superano pertanto, senza riserva alcuna, il

giudizio di meritevolezza della funzione.

Problema invece ancor’oggi dibattuto è quello

della giustificazione causale di tali

contratti, questione su cui la nozione di causa

del contratto esercita evidentemente tutto il

peso della propria “indefinitezza”. In

particolare, per ciò che concerne il nostro

tema, si confrontano due concezioni: a) la514 Tra gli altri, G. BOZZI, Le garanzie atipiche, cit., p. 62.515 Cass., 17 maggio 2001, n. 6757, cit.; Cass., 20 agosto 1998, n.

8248, in Mass. giur. it., 1998.

580

causa come sintesi degl’interessi reali che il

contratto realizza, o funzione che il negozio

persegue in concreto516 e b) la causa come

ragione del sacrificio patrimoniale cui il

promittente-garante si espone prestando la

garanzia517.

Ogni contratto plurilaterale, per definizione,

assolve la funzione di sintetizzare una

molteplicità (almeno due) d’interessi. Il

rischio che si annida in questo modo

d’intendere la causa del contratto è però

quello di far apparire identiche, situazioni

(funzionali) che, analizzate sotto un profilo516 Nozione accolta dalla giurisprudenza. In particolare la tesi è

sostenuta dalla recente sentenza Cass., 18 febbraio 2010 n. 3947,

cit., in allegato p.42.517 La tesi è esplicitamente sostenuta da F. ROCCHIO, op. cit., cap.

I, p. 7.; sembra invece essere implicita nella ricostruzione della

conformazione della garanzia autonoma proposta da F. NAPPI, op.

cit., cap. II, par. 22; critico verso la definizione di causa come

funzione anche G. FERRI, L’invisibile presenza della causa del contratto, in

Eur. dir. priv., 2002, p. 901.

581

strutturale, sono differenti. La dottrina che

intende la causa come la ragione del sacrificio

patrimoniale dell’obbligato sottolinea che

<<nel momento in cui si cerca la causa della

garanzia autonoma nella funzione che essa

persegue, oltre a compiersi un evidente

ribaltamento logico – perché si cerca la

ragione di un fenomeno nel tipo di effetti che

esso produce – con altrettanta evidenza si

sovrappone il piano della meritevolezza della

funzione perseguita, di cui si occupa l’art.

1322, comma 2 , cod. civ., (…) con il piano del

tutto diverso della causa della promessa

sufficiente ad evitare il rispetto della forma

della donazione>>518. In altri termini, secondo

tal impostazione, la ricerca della causa delle

garanzie “autonome” andrebbe svolta nella

518 F. ROCCHIO, op. cit., p. 122.

582

direzione di giustificare la sanzionabilità

giuridica dell’impegno assunto dal garante, e

non in quella diversa d’individuare la funzione

assolta dal contratto, potendo questa essere

simile per una pluralità di negozi che si

fondano su un supporto causale differente e che

sono eterogenei quanto a struttura.

Quando in una recentissima sentenza519 la S.C.,

investita del problema della qualificazione

giuridica delle polizze fideiussorie, individua

la causa concreta del Garantieverträge nel

<<trasferire da un soggetto ad un altro il

rischio economico connesso alla mancata

esecuzione di una prestazione contrattuale, sia

essa dipesa da un inadempimento colpevole

oppure no>>, per poi affermare che <<sulla

519 Cass., Sezioni Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, cit., in allegato

p. 36 e 42.

583

polizza fideiussoria si riverbera (…) l’eco del

dibattito sul contratto autonomo di garanzia e

sulla sua causa>>, essa enuclea un medesimo

supporto causale per una pluralità di figure,

diverse sotto il profilo strutturale. È

necessario, infatti, tener presente che la

locuzione garanzia autonoma, anche in questa

accezione più limitata che stiamo qui

analizzando, ossia come garanzia relativamente

autonoma, contempla una varietà di fattispecie

negoziali; in particolare si distinguono due

tipologie contrattuali: le garanzie bancarie

passive (c.d. Bankgarantie)520 e le polizze

fideiussorie. D’altro canto, come in un

articolato gioco di scatole cinesi, quando si

passa a verificare il grado di omogeneità

520 La Bankgarantie a sua volta individua una varietà tipologica di

contratti molto ampia, che si è analizzata nel par. 5 di questo

capitolo.

584

interno alle due citate categorie si verifica

che se dal punto di vista della struttura di

tali contratti è individuabile una chiara

distinzione tra lo schema delegatorio che regge

le prime e lo schema del contratto a favore di

terzo in cui si inquadrano le seconde, dal

punto di vista dell’oggetto della prestazione

del garante si possono individuare due ipotesi:

sia per le varie specie di Bankgarantie, che per

le polizze fideiussorie, il garante può infatti

essere tenuto ad una prestazione identica a

quella del debitore, oppure ad una prestazione

indennitaria, consistente nel pagamento di una

somma preventivamente liquidata521.

521 Si deve a R. CICALA, Saggi, cit., p. 197, l’individuazione di

tale alternativa configurazione dell’oggetto della prestazione del

garante. Il garante può essere tenuto ad una prestazione

indennitaria o satisfattoria, sia per il caso del negozio di

assunzione di rischi atipici, che comporterà una attribuzione

patrimoniale definitiva a favore del beneficiario e a carico del

garante, che per il caso dei negozi di garanzia che riproducono il

585

Si pensi per esempio alla differenza che corre

tra la polizza di garanzia dei diritti

doganali, rispetto a quella che garantisce

l’ente appaltante di opere pubbliche: La prima

obbliga il garante in via sussidiaria ad

eseguire una prestazione identica a quella cui

è tenuto il debitore principale; la seconda

obbliga il garante n via principale ad eseguire

una prestazione sostitutiva di cauzione. Stesso

discorso può svolgersi in relazione alla

differenza che passa tra tipologie di

Bankgarantie che hanno una funzione più

propriamente cauzionale (esempio performance

bond) e quelle in cui il garante è obbligato in

via sussidiaria ad eseguire la medesima

prestazione dovuta dal debitore principale,

seppure la condizione dell’escussione della

meccanismo del solve et repete.

586

garanzia si risolva sostanzialmente

nell’affermazione (giustificata) dell’avvenuto

inadempimento522.

La necessità di disarticolare le diverse

fattispecie contrattuali di garanzia <<a prima

domanda>> non ha un’importanza solo teorica,

per così dire, di coerenza del profilo

strutturale con l’inquadramento giuridico che

se ne offra. La riconduzione delle diverse

ipotesi negoziali ad un tipo unitario (fenomeno

che ha fondamento proprio nella “suggestione”

di uno stesso profilo causale) comporterà,

infatti, la tendenza a risolvere in maniera

omogenea i problemi di disciplina che esse

pongono (per esempio la questione delle

eccezioni opponibili dal garante).

522 Esempi tratti da F. NAPPI, op. cit., p. 217.

587

Da questo punto di vista mostra tutta la

propria utilità il concepire la causa del

negozio di garanzia come la giustificazione del

sacrificio patrimoniale del garante. La

circostanza per cui tal assunto non riconduce i

nostri negozi di garanzia ad una unitaria

categoria consentirà infatti di affrontare le

questioni che essi pongono in maniera

diversificata, valorizzando le relative

peculiarità strutturali.

588

22. Segue: la qualificazione della Bankgarantie fondata

sulla circostanza che l’obbligazione del garante è contratta

all’interno di un procedimento tipologicamente

riconducibile a quello delegatorio. La causa della garanzia

bancaria passiva è costituita dall’obbligazione adempiuta

eseguendo l’incarico del cliente.

Nell’analisi dell’operatività pratica delle

garanzie a <<prima domanda>> si evidenziano due

profili essenziali del fenomeno: a) il credito

garantito è immediatamente realizzabile, sia

pure attraverso una giustificazione scritta

dell’inadempimento del debitore principale; b)

l’eventuale esistenza di vizi del rapporto

garantito non sarà fatta valere dal garante in

sede di ripetizione, ma dal debitore a cui

favore è stata prestata la garanzia. La

prestazione patrimoniale a favore del

beneficiario non è pertanto definitiva in

589

presenza di vizi genetici o funzionali del

contratto o del rapporto – base, ma solo

provvisoria. Il concetto di “autonomia” usato

per descrivere tali negozi di garanzia

differisce così in modo assoluto rispetto a

quello, omonimo, utilizzato per i contratti con

funzione di garanzia che si sono

precedentemente analizzati, attraverso i quali

il garante, in virtù di un rapporto di scambio

tra la prestazione della garanzia e la

“controprestazione” del beneficiario, può

assumersi il rischio della copertura di rischi

atipici del contratto; nell’eventualità della

frustrazione del rapporto garantito,

l’attribuzione patrimoniale a favore del

beneficiario sarà definitiva, poiché fondata

sulla causa di scambio del contratto stesso.

590

In relazione alle garanzie che qui si

considerano, a ben vedere, il <<distacco>> tra

l’obbligazione di garanzia e quella garantita

si realizza, nei termini di un’immediata

escutibilità della garanzia, solo nella fase di

realizzazione del credito, potendo in realtà il

debitore garantito far valere attraverso

l’azione di ripetizione i vizi del rapporto

principale; pertanto la relazione sostanziale

tra i due rapporti (quello di garanzia e quello

principale) rimane ancorata all’orbita della

garanzia accessoria, producendosi solo una

posticipazione del riverbero delle vicende del

rapporto principale sul rapporto di garanzia,

secondo una logica assimilabile a quella del

solve et repete, o a quella analoga del deposito

cauzionale: se l’escussione della garanzia non

era legittima, il debitore, cui il garante ha

591

conteggiato il pagamento, potrà ripetere quanto

prestato dal primo. In questo <<sdoppiamento

tra il soggetto tenuto al pagamento della somma

garantita e quello legittimato a far valere in

sede di ripetizione gli eventuali vizi del

rapporto garantito>>523 si concentra in sostanza

la differenza rispetto al meccanismo del solve et

repete, che, inserito nello schema fideiussorio,

comporterebbe la legittimazione all’azione di

ripetizione da parte dello stesso garante.

Dal punto di vista normativo, a differenza

della fideiussione, la garanzia <<a prima

richiesta>> rientra nei "contratti atipici",

ovvero in quei contratti che pur non essendo

previsti e disciplinati dalla legge, sono

ammessi purché leciti e diretti a realizzare523 Terminologia utilizzata da F. NAPPI, op. cit., p. 226, per indicare

la circostanza cui in sostanza rinvia la nozione di autonomia

utilizzata per descrivere tali contratti.

592

interessi meritevoli di tutela (art. 1322 cod.

civ.). Una tal definizione della garanzia

bancaria passiva <<a prima richiesta>> è però

muta riguardo ad una peculiarità strutturale

del negozio in questione, che emerge ad uno

studio più attento del fenomeno, ossia

analizzando l’operazione negoziale complessiva

che presiede alla stipula del contratto di

garanzia. Da tale angolo visuale emerge che il

negozio di garanzia, che è concluso tra la

banca ed il beneficiario e che si perfeziona

secondo lo schema del contratto unilaterale

(art. 1333 cod. civ.), trattandosi di un

contratto che vede obbligato solo il garante524,

poggia su di un rapporto che la banca

524 Il contratto dovrà ritenersi concluso nel momento e nel luogo

nel quale la proposta giunge al beneficiario, se entro la scadenza

del termine -richiesto dalla natura degli affari o dagli usi- il

beneficiario non manifesterà una volontà contraria

all’accettazione.

593

intrattiene con un proprio cliente (debitore

che chiede alla banca la prestazione della

garanzia). Precisamente, il cliente conclude

con l’istituto di credito un contratto di

apertura di credito (di firma), attraverso cui

la banca assume un obbligo di fare consistente

nell’assunzione di obbligazioni verso terzi, ad

esempio accettazioni di cambiali tratte, o

prestazione di garanzie a favore del proprio

cliente.

In conseguenza di tale rapporto la banca si

troverà in una posizione di soggezione verso il

proprio cliente, il quale potrà esercitare il

diritto potestativo525 d’indicare il soggetto

con cui l’istituto di credito avrà l’obbligo di

concludere il negozio di garanzia.

525 F. GIORGIANNI, I crediti disponibili, cit., p. 259; R. TETI, op. cit., p.

29.

594

Detta ricostruzione comporterà che si possa

addivenire alla seguente conclusione. La causa

obbligandi del garante, nell’ipotesi che stiamo

analizzando, dovrà essere ricercata al di fuori

del rapporto che corre tra costui ed il

beneficiario. Si dirà che il fondamento causale

dell’impegno della banca (garante) è costituito

dall’obbligazione preesistente assunta nei

confronti del cliente con l’apertura di un

credito di firma, giusto l’assunto secondo cui

in generale <<non porrà alcun problema sotto il

profilo causale ogni promessa con funzione di

garanzia autonoma formulata per dare seguito ad

un incarico che, in mancanza di diverso

inquadramento in alcuna delle figure tipizzate,

può definirsi quale contratto con prestazione

al terzo>>526.526 F. ROCCHIO, op. cit., p. 93. Si deve a M. GIORGIANNI, op. ult. cit.,

p. 566, l’idea che la garanzia autonoma, nella sua configurazione

595

Quest’idea di una giustificazione causale della

garanzia autonoma fondata sul rapporto garante

– ordinante è stata criticata sul presupposto

che, se da un lato essa giustifica l’assunzione

dell’obbligo da parte del garante, parimenti

non offre una <<giustificazione causale

dell’attribuzione del beneficiario>>527. A ben

vedere però, ragionando in questi termini,

dovrebbe dubitarsi anche della giustificazione

dell’attribuzione patrimoniale proveniente al

creditore da un terzo che adempia

spontaneamente, ma a tale questione sarebbe

agevole rispondere che l’ordinamento consente

che l’obbligazione possa essere adempiuta da un

di garanzia bancaria passiva, sia assistita da una causa esterna

rappresentata dal rapporto ordinante-garante. Come ipotesi tipica

di tali negozi l’Autore prospetta il caso di prestazioni verso

terzi, effettuate in adempimento di obblighi contenuti in altri

negozi.527 L. PONTIROLI, Le garanzie autonome e il rischio del creditore, Padova 1992,

p. 79, nota 67.

596

terzo (ex art. 1180 cod. civ.) anche contro la

volontà del creditore, se questi non ha

interesse a che il debitore esegua

personalmente la prestazione; nel contempo è

escluso che il terzo che adempie

volontariamente il debito altrui possa ripetere

quanto ha prestato (argomentando sulla base del

combinato disposto degli art. 1180 e 2036 cod.

civ.).

Al medesimo risultato d’individuare la causa

della garanzia bancaria passiva (autonoma) nel

rapporto “d’incarico” che corre tra l’istituto

di credito ed il cliente, giunge quella

dottrina che riconduce le garanzie in questione

allo schema della delegazione528. Si afferma

infatti che <<l’obbligazione del garante (…)

528 Tra gli altri, R. CICALA, op. cit., p. 197 ss.; F. NAPPI, op. cit.,

p. 230 ss.

597

rinviene il suo presupposto nell’ordine (il

c.d. iussum) ricevuto dal debitore

principale>>, che potrà essere considerato come

<<la causa del rapporto delegato-delegatario,

in quanto ciò è consono con gli scopi che il

legislatore in genere persegue nell’esigere la

presenza di una causa per la validità di

qualsiasi attribuzione patrimoniale>>529.

L’interprete, che di fronte alla citata

affermazione si chiedesse quali sono questi

scopi, dovrebbe orientare la propria analisi

sulla circostanza per cui se si esegue una

prestazione non supportata da una specifica

causa (solvendi, cavendi, adquirendi per il caso di

promesse interessate) l’attribuzione potrebbe

qualificarsi donazione, laddove però lo scopo

della prestazione è quello di adempiere,

529 F. NAPPI, op. cit., p. 229 ss.

598

garantire, o acquistare un’opportunità, e non

quello di donare (causa donandi). L’attribuzione

sarebbe nulla perché effettuata contro la

volontà di donare e in assenza, tra l’altro,

della forma ad substantiam richiesta per tale

negozio530. In sostanza una tal prestazione

determinerebbe un arricchimento ingiustificato

dell’oblato.

In relazione alla vicenda che qui si esamina,

in cui chi paga conteggia il pagamento

all’ordinante, mai potrebbe la prestazione

determinare un arricchimento senza causa del

beneficiario, perché intanto il garante non

subisce alcun detrimento patrimoniale in virtù

del citato meccanismo del conteggio, ma inoltre

il debitore potrà certamente esperire l’azione

di rivalsa verso l’oblato nel caso che il suo

530 G. GORLA, Il contratto, Milano 1955, p. 268 ss.

599

sacrificio patrimoniale risulti ingiustificato

alla luce delle vicende del rapporto

principale531.

Il richiamo al meccanismo delegatorio ai fini

dell’inquadramento sistematico delle garanzie

bancarie passive ha incontrato un duplice

ordine di obiezioni in dottrina: a) in primo

luogo (ex art. 1268 comma 2 cod. civ., alla cui

stregua il creditore che ha accettato

l’obbligazione del terzo non può rivolgersi al

delegante, se prima non ha richiesto al

delegato l’adempimento) si è rilevato che

essendo la delegazione funzionale

all’assunzione di un debito altrui, essa non

potrebbe configurarsi come negozio produttivo

di un’obbligazione di garanzia532; b) quanto531 Cfr. F. NAPPI, op. cit., p. 229 ss.532 G. GRIPPO, La garanzia automatica in bilico tra “tecnica” e “politica”: tendenze

della giurisprudenza, in Banca, borsa, tit. cred., 1985, II, p. 93.

600

all’opponibilità dell’eccezione di nullità

della doppia causa (art. 1271 comma 2 cod.

civ.) si è detto che essa, sebbene possa

costituire un utile strumento contro eventuali

abusi del beneficiario della garanzia, sarebbe

in contrasto con le esigenze che i contratti di

garanzia <<a prima domanda>> sono volte a

realizzare, segnando per questo verso

un’incompatibilità con il meccanismo

delegatorio.

L’orientamento citato - che ai fini

dell’inquadramento della garanzia autonoma

assunta in adempimento di un incarico individua

nello iussum del debitore il supporto causale

dell’obbligazione del garante - ritiene però

che alla garanzia in esame possa essere

applicato lo schema generale della delegazione,

601

depurato da quegli aspetti connaturati alla

funzione negoziale di assunzione del debito

altrui, quali la non sussidiarietà

dell’obbligazione del delegato (art. 1268 comma

2 cod. civ.) e l’eccepibilità della nullità

della doppia causa (art. 1271 comma 2 cod.

civ.)533. Secondo la citata tesi <<il

procedimento delegatorio non esaurisce le sue

possibilità operative all’interno del modello

tipico previsto negli art. 1268 e ss.>>, ma

<<costituisce solo una delle possibili

applicazioni di uno schema generale

identificabile tutte le volte che si ponga in

essere quel complesso di atti giuridici per cui

un soggetto A, delegante, fa promettere o

semplicemente effettuare, con effetto sul suo

patrimonio, una certa prestazione da un altro

533 R. CICALA, Saggi, cit., p. 198 ss.

602

soggetto B, delegato, verso un soggetto C,

delegatario, sia o no il delegante debitore del

delegatario>>534. In quest’ottica si riconosce

che <<il c.d. beneficium ordinis costituisce un

effetto solo naturale, non essenziale, della

delegazione>> e pertanto <<l’art. 1268 comma 2

sarebbe disapplicabile per volontà delle parti,

giacché ora ricorre -programmato nel mandato ed

attuato nel contratto concluso tra quest’ultimo

ed il creditore - l’intento pratico di

obbligare il delegato solo in via

sussidiaria>>535.

534 F. NAPPI, op .cit., p. 231.535 F. NAPPI, op. cit., p. 233, il quale a sostegno dell’opinione

espressa richiama la tesi di B. GRASSO, Assunzione cumulativa del debito e

beneficium ordinis , in Saggi, cit., p. 131 ss., secondo cui il beneficium

ordinis non è connaturato ad ogni negozio di assunzione del debito

altrui, ma al solo contratto delegatorio di assunzione del debito,

per cui, afferma il Nappi, poiché il mandato è funzionale ad

obbligare il delegato solo in via sussidiaria, il richiamo del

negozio d’incarico nel contratto tra quest’ultimo e il creditore

comporterà che costui debba attenersi al programma contrattuale.

603

Per quanto concerne invece la possibilità di

una deroga all’art. 1271 comma 2 cod. civ. si

afferma che la logica dell’eccezione della

nullità della doppia causa sarebbe da

rinvenirsi nell’esigenza di evitare azioni di

ripetizioni a catena, laddove siano nulli sia

il rapporto di provvista che quello di valuta,

anche al fine di evitare che gravi sul delegato

il rischio dell’insolvenza del delegante.

Pertanto il rimedio sarebbe disapplicabile, non

avendo fondamento <<nella logica essenziale del

negozio delegatorio>>536, che è tipicamente

astratto dal rapporto di provvista e da quello

di valuta e che si fonda sul fattore del

conteggio al delegante di quanto prestato dal

delegato, per ottenere il quale è senz’altro

536 A. e op. ult. cit., p. 239.

604

sufficiente l’efficacia dello iussum anche in

ipotesi di nullità dei rapporti sottostanti.

In definitiva le conclusioni cui la dottrina

citata perviene è che per quelle forme di

garanzia a prima domanda in cui il garante è

tenuto alla stessa prestazione dovuta dal

debitore principale (garanzia di restituzione

degli acconti, garanzia di pagamento etc.) e

conteggia al debitore quanto paga,

sussisterebbe la possibilità di un’applicazione

analogica della disciplina della delegazione

c.d. pura, in quanto astratta dalla provvista e

dalla valuta.

Si pone infine la necessità di un duplice

ordine di precisazioni.

A) Abbiamo detto che il negozio delegatorio

s’incentra sul fattore del conteggio e che per

605

ottenere quest’effetto è necessario e

sufficiente l’efficacia dello iussum, anche in

ipotesi di nullità dei rapporti sottostanti.

S’impone ora la necessità di chiarire la

portata di quest’affermazione in relazione

all’altra secondo cui la delegazione pura è

tipicamente astratta dal rapporto di provvista

e dal rapporto di valuta. Infatti, se con tale

assunto si volesse intendere che il delegato

(garante) non può eccepire al delegatario

(beneficiario della garanzia) il difetto

causale consistente nella inefficacia

dell’incarico ricevuto dal delegante (debitore

principale), avremmo un’astrazione assoluta del

nostro schema, che escluderebbe la possibilità

di rinvenire la causa del nostro contratto

nell’assunzione da parte del garante

606

dell’obbligo d’impegnarsi nei confronti del

beneficiario.

Per scongiurare una tale conclusione bisogna

sottolineare la seguente circostanza: l’art.

1271 comma 2 cod. civ., nell’impedire al

delegato di sollevare le eccezioni che potrebbe

opporre al delegante, non gl’impedisce di

sollevare le eccezioni che al lui delegato

potrebbe opporre il delegante, ossia la

mancanza del’incarico, al fine di evitare che

il delegato possa rifarsi su di lui per il

pagamento al delegatario537. Dunque l’astrazione

del negozio delegatorio dal rapporto di

provvista e di valuta non comporterà anche

l’astrazione dell’impegno del delegato nei

confronti del delegatario dalle vicende

dell’incarico impartito dal delegante.

537 F. NAPPI, op. cit., p. 237; F. ROCCHIO, op. cit., p. 110 ss.

607

Applicando il ragionamento alla garanzia

bancaria passiva si dirà che la causa del

negozio è quella esterna rappresentata

dall’obbligazione sorta dall’incarico del

debitore. Questo poi comporterà, come vedremo,

che il garante possa opporre al beneficiario

l’invalidità dell’incarico, che costituirà

un’eccezione causale e non relativa al rapporto

di provvista.

B) Abbiamo più volte ripetuto che un’analisi

attenta delle garanzie “autonome” rileva grossi

tratti di discontinuità tra le singole figure,

finanche all’interno di figure negoziali dello

stesso tipo. In relazione alla garanzia

bancaria passiva si è per esempio

sottolineato538 che andrebbero distinte quei

contratti sulla cui base il garante è tenuto ad

538 R. CICALA, op. cit., p. 197.

608

eseguire una prestazione identica a quella cui

è tenuto il debitore principale (ad es.

garanzia di rimborso degli acconti, o anche

garanzia di pagamento), da quei negozi che

prevedono che il garante sia tenuto ad una

prestazione indennitaria in caso

d’inadempimento del debitore principale (si

pensi a quei contratti di garanzia in cui il

garante si accolli il rischio della mancata

sottoscrizione del contratto principale, oppure

garantisca la buona esecuzione dei lavori

oggetto del contratto principale, o ancora

s’impegni a pagare una certa somma al

committente nel caso in cui l’appaltatore non

elimini i difetti emersi al termine dei

lavori). In tutte queste ipotesi la prestazione

cui è tenuto il debitore principale non è né

609

identica né omogenea rispetto a quella cui è

tenuto il debitore principale.

Ebbene la dottrina maggioritaria, in relazione

a queste ipotesi da ultimo prospettate, rigetta

la possibilità di un inquadramento sistematico

che faccia leva sul richiamo allo schema

delegatorio, poiché il delegato assume nei

confronti del delegatario un obbligo di

contenuto identico rispetto a quello che grava

sul delegante (debitore principale). Quanto poi

all’inquadramento di queste tipologie di

garanzia bancaria passive le opinioni espresse

oscillano tra la configurazione di un negozio

di tipo assicurativo, in cui il mancato

adempimento del rapporto derivante dal

contratto base o il mancato rispetto

dell’offerta contrattuale vengono presi in

610

considerazione come sinistri che il terzo

(garante) assicura539, e la prospettazione di

una funzione latamente cauzionale dei negozi in

questione540.

A ben vedere, però, la possibilità d’inquadrare

in maniera unitaria le garanzie bancarie

passive è offerta dalla citata tesi541 secondo

cui - a seguito dell’apertura di un credito di

firma (contratto socialmente tipico attraverso

il quale la banca s’impegna ad un facere nei

539 L. RUGGERI, op. cit., p. 240; l’assimilazione dei contratti con

funzione di garanzia al contratto di assicurazione non dovrebbe

però essere consentita sulla base almeno di tre argomenti: a)

l’assicuratore a differenza del garante autonomo deve avere

necessariamente determinati requisiti pubblicistici; b) a

differenza del garante autonomo l’assicuratore gestisce

professionalmente il rischio; c) l’obbligazione dell’assicuratore

nasce con la dimostrazione e quantificazione del danno da

risarcire, mentre nell’ipotesi della garanzia a prima domanda al

più esiste l’onere del beneficiario di giustificare

l’inadempimento del debitore sulla base delle formalità convenute.540 F. NAPPI, op .cit., 229. 541 F. ROCCHIO, op. cit., p. 91.

611

confronti del cliente, consistente

nell’assumere o nel garantire un’obbligazione

del debitore/cliente) - la banca si trova in

una posizione di soggezione nei confronti del

cliente, che ha il diritto potestativo di far

sorgere l’obbligazione della banca di

concludere il contratto di garanzia con il

beneficiario che le sarà indicato. Sulla base

di tale descrizione dell’operazione negoziale

che intercorre tra il garante ed il debitore

principale si afferma che <<l’impegno del

garante autonomo sarà allora assistito da una

causa esterna rappresentata dall’obbligazione

preesistente assunta per aver aperto un credito

di firma al proprio cliente>>542. La circostanza

per cui attraverso questa ricostruzione non si

richiama in maniera espressa il meccanismo

542 A e op. ult. cit., p. 92 ss.

612

delegatorio comporterà che si possa fornire un

inquadramento unitario delle garanzie bancarie

passive, come contratti con prestazione al

terzo, stipulati in adempimento di un obbligo

precedentemente assunto, che costituirà in

definitiva la causa esterna del contratto

stesso.

23. Segue: La qualificazione delle polizze fideiussorie come

contratto a favore di terzi con causa di scambio, per essere

il debitore garantito tenuto a pagare una somma alla

compagnia di assicurazioni.

Le polizze fideiussorie (altrimenti denominate

assicurazioni fideiussore, fideiussioni

cauzionali) sono contratti con cui una

compagnia di assicurazioni, dietro versamento

di una somma (altrimenti definita premio) da

parte del debitore, garantisce l’adempimento

613

delle obbligazioni che su questo gravano in

favore del creditore543.

Si tratta di una promessa con funzione di

garanzia emessa nell’ambito di un contratto a

favore di terzo tra la compagnia assicurativa

ed il debitore principale, dove stipulante è il

debitore, promittente il garante e terzo il

creditore.

In passato si è dubitato circa la natura di

garanzia di tale contratto: chi ne valorizzava

il profilo soggettivo (contratto concluso da

una compagnia di assicurazioni e con modalità

tecniche tipicamente assicurative, cioè secondo

calcoli che tengono conto delle probabilità di

verificazione del danno) ravvisava in esso un

543 G. BOZZI, L’autonomia negoziale nel sistema delle garanzie personali, Napoli

1990, p. 261.

614

negozio di assicurazione544. Al giorno d’oggi,

per opinione unanime, si nega che la polizza

fideiussoria abbia natura assicurativa.

L’assunto si fonda su tre ragioni fondamentali:

a) volendo applicare la normativa dettata in

tema di contratto di assicurazione la polizza

fideiussoria non coprirebbe la fonte più grave

del potenziale danno per il creditore (l’art.

1900 cod. civ. prevede infatti che non è

concesso il risarcimento del danno causato dal

contraente con dolo o colpa grave)545; b) la

prestazione dell’assicuratore è subordinata

all’effettiva esistenza del danno (che dovrà

pertanto essere provata) ed è determinata nei

limiti della misura del danno provato, mentre

544 G. STOLFI, Natura giuridica dell’assicurazione cauzioni, in Ass., 1958, I,

p. 67 ss.; Trib. Napoli, 20 marzo 1992, in Banca, borsa tit. cred.,

1993, II, p. 85.545 P. CORRIAS, op. cit., p. 496, nota 393.

615

per le polizze fideiussorie la prestazione del

garante è predeterminata nel quantum ed è

dovuta sulla base dell’escussione a prima

richiesta del beneficiario, che sarà tenuto al

solo rispetto delle formalità convenute (c.d.

garanzia giustificata)546; c) infine si

evidenzia che mentre il regresso del

promittente nella polizza fideiussoria è quello

tipico che spetta a chi paghi un debito altrui,

il regresso dell’assicuratore è quello tipico

dei contratti di assicurazione nei confronti

dell’autore del danno, per cui all’assicuratore

è preclusa la rivalsa nei confronti

dell’assicurato delle somme versate a titolo

d’indennizzo547.

546 P.CORRIAS, op. cit., p. 497.547 P. CORRIAS, op. loc. ult. cit.

616

Per quanto concerne la qualificazione di questo

contratto ed in particolare l’individuazione

della sua causa, si è visto548 che la

Cassazione, pur confermandone la natura di

contratto a favore di terzo, procede attraverso

una sua riconduzione all’alveo della categoria

del Garantieverträge, la cui causa concreta viene

individuata nell’assunzione, da parte del

garante, del rischio dell’inadempimento,

rischio che normalmente sarebbe sopportato dal

creditore549.

Anche in tal caso, come per la Bankgarantie,

l’analisi dell’operazione negoziale complessiva

che presiede alla promessa di garanzia,

potrebbe però fornire una ricostruzione

alternativa a quella operata dalla S. C.

548 Vedi retro par. 13 e 17 di questo capitolo.549 Vedi retro par. 16 di questo capitolo.

617

Abbiamo detto che la polizza fideiussoria

ripete lo schema del contratto a favore di

terzo. Dunque la sua causa sarà rappresentata

dalla causa di tale contratto. Nel caso che

stiamo analizzando in cui “l’assicurato” paga

una somma alla compagnia di assicurazioni

affinché questa faccia la promessa di garanzia,

la causa di detta promessa sarà rappresentata

dallo scambio con il pagamento del premio da

parte del debitore e con la promessa del

rimborso. A sua volta la causa

dell’attribuzione del garante (promittente)

andrà individuata nello scopo di adempiere

(causa solvendi) l’obbligazione che ha assunto con

il contratto concluso con lo stipulante550.

L’adesione a questa ricostruzione sistematica

della polizza fideiussoria, come meglio vedremo

550 F. MESSINEO, Dottrina generale del contratto, Milano 1948, p. 405.

618

nel paragrafo successivo, comporterà però che

sulla base di tale forma di garanzia autonoma

il beneficiario resti esposto alle eccezioni

fondate sul rapporto di provvista. Si è visto

relativamente alla Bankgarantie che il garante

può paralizzare l’escussione della garanzia

esclusivamente opponendo al beneficiario le

eccezioni che il debitore stesso potrebbe

opporre a lui garante (dunque non potrebbe

paralizzare l’escussione della garanzia

opponendo l’inadempimento del cliente -

debitore garantito nei suoi confronti). Nel

caso delle polizze fideiussorie, invece,

l’applicazione delle norme in tema di contratto

a favore di terzo, ed in particolare l’art.

1413 cod. civ., implicherà, in mancanza di

diversa ed espressa pattuizione, il rilievo di

qualsiasi eccezione relativa al rapporto di

619

provvista e pertanto il garante potrà

paralizzare l’escussione della garanzia anche

eccependo l’inadempimento del debitore nei suoi

confronti (mancato pagamento del servizio

prestato).

24. Autonomia ed accessorietà della garanzia e regime

delle eccezioni. Le eccezioni relative al contratto ed al

rapporto di garanzia (rinvio). Riesame della problematica

alla luce della proposta ricostruzione delle garanzie

bancarie passive e delle polizze fideiussorie: le eccezioni

relative alla causa della promessa con funzione di garanzia

autonoma.

Il tema delle eccezioni opponibili da parte del

garante per paralizzare l’escussione del

beneficiario costituisce indubbiamente lo snodo

centrale in cui si concentra, in tutta la sua

evidenza, la differenza operativa tra la

620

garanzia autonoma e la garanzia accessoria

(fideiussoria).

Certamente opponibili, indipendentemente dal

tipo di garanzia prestata, sono quelle

eccezioni fondate sul rapporto di garanzia, che

è possibile distinguere schematicamente in: a)

eccezioni letterali, b) eccezioni attinenti

all’invalidità o inefficacia del contratto di

garanzia e c) eccezioni dirette e personali. Di

queste eccezioni si è già trattato

nell’enunciare la posizione della S.C. in

materia, per cui, per ragioni di brevità, non

resta che rinviare a quella sede551.

Cercheremo ora di dimostrare che la

qualificazione proposta della garanzia bancaria

passiva e della polizza fideiussoria, l’una

sussumibile nello schema delegatorio (puro),551 Retro, par. 14, lettera d. del presente capitolo.

621

l’altra costituente un contratto a favore di

terzo, rende possibile opporre anche talune

eccezioni concernenti il difetto causale del

contratto di garanzia.

A) Analizzando il contratto di garanzia

bancaria passiva abbiamo visto che, poiché la

banca assume l’obbligazione di garanzia in

adempimento dell’obbligazione preesistente

sorta dall’incarico conferitole dal cliente,

taluni autori inquadrano la descritta

operazione nell’ambito dello schema della

delegazione pura552. Quest’inquadramento della

garanzia bancaria passiva consente di affermare

che il negozio in questione, se da un lalto è

astratto dai rapporti di provvista e di valuta,

certamente non lo è in riferimento alle vicende

552 Retro, par. 22 del presente capitolo.

622

dell’incarico553. Si perviene a questa

conclusione considerando che l’art. 1271 che

vieta al delegato di opporre al delegatario le

eccezioni che potrebbe opporre al delegante,

non gli vieta di opporre al delegatario le

eccezioni che a lui delegato potrebbe opporre

il delegante, ossia proprio quelle eccezioni

attinenti alle vicende dell’incarico, che, ove

mai il delegato avesse eseguito la prestazione

verso delegatario, paralizzarebbero l’azione di

rivalsa verso il delegante.

Applicato alla nostra garanzia bancaria passiva

il descritto regime comporterà che in assenza

dell’incarico del debitore, che costituisce il

<<presupposto>> dell’impegno del garante,

oppure qualora detto incarico sia nullo, sia

stato annullato o rescisso, l’impegno del

553 Così F. NAPPI, op. cit., p. 229.

623

garante sarà da considerarsi nullo perché

carente di causa; il garante potrà opporre al

beneficiario quelle eccezioni che il debitore

potrebbe opporre a lui garante per paralizzare

l’azione di rivalsa554, ossia le citate

patologie del negozio d’incarico.

Si impone una precisazione. Abbiamo detto che

le eccezioni opponibili dal garante sono quelle

d’inesistenza, nullità, annullabilità,

rescissione del rapporto d’incarico. L’assunto

va però coniugato con la lettera dell’art. 1271

comma 2, cod. civ., che consente al delegato di

opporre al delegatario le sole eccezioni che il

delegante potrebbe opporre a lui delegato. Si

dirà allora che l’eccezione di nullità e quella

d’inesistenza del rapporto d’incarico, ai sensi

dell’art. 1271 comma 2 cod. civ., sono sempre

554 F. ROCCHIO, op. cit., p. 137; Cfr. F. NAPPI, op. cit., p. 237.

624

opponibili al delegatario (beneficiario della

garanzia), poiché si tratta di eccezioni che il

delegante stesso (debitore) potrebbe opporre al

delegato (garante) impedendogli così l’azione

di rivalsa.

L’eccezione di annullamento, deve considerarsi

opponibile al beneficiario solo nell’ipotesi in

cui l’annullamento sia previsto a beneficio del

debitore (incapace, o che ha concluso il

negozio sulla base di un vizio della volontà),

che può così opporlo al garante;

l’annullamento, qualora fosse previsto a

beneficio del garante, integrerebbe

un’eccezione inopponibile (arg. ex art. 1271

comma 2), secondo cui <<il delegato non può

opporre al delegatario, benché questi ne fosse

625

a conoscenza, le eccezioni che avrebbe potuto

opporre al delegante>>.

La possibilità di opporre l’eccezione di

rescissione del contratto dev’essere contenuta

negli stessi limiti esposti per quella di

annullamento. Anche la sua proposizione deve

ritenersi possibile qualora la rescissione

fosse prevista nell’interesse del debitore, e

pertanto da costui opponibile alla banca

garante.

B) Per quanto concerne le polizze fideiussorie

abbiamo visto che, in base a concorde opinione

di dottrina e giurisprudenza, esse vengono

sussunte nello schema del contratto a favore di

terzo. Questa qualificazione del negozio de quo

deve però tener conto del regime delle

eccezioni previste a favore del promittente,

626

che insidiano, come vedremo, l’autonomia

assoluta del rapporto di garanzia rispetto ai

sottostanti. Da un lato infatti l’art. 1413

cod. civ. consente al promittente di opporre al

terzo le eccezioni fondate sul rapporto dal

quale il terzo trae il suo diritto, ossia

quelle fondate sul rapporto con lo stipulante.

Dall’altro l’art. 1411 cod. civ. statuisce che

è valida la stipulazione a favore di un terzo,

qualora lo stipulante vi abbia interesse.

Riguardo all’ultimo articolo citato, secondo

un’opinione diffusa in dottrina555, l’interesse

dello stipulante richiesto al fine della

validità della stipulazione a favore del terzo

555 U. MAJELLO, Contratto a favore di terzo, in Dig. disc. priv., sez. civ.,

IV, Torino, 1989, p. 240; R. SACCO-DE NOVA, Il contratto, II, in

Trattato diritto civile, diretto da R. Sacco, Torino, 2004, p. 212 ss.; M.

SESTA, Interesse, causa e motivi nella stipulazione a favore di un terzo, in Studi in

memoria di G. Gorla, III, Milano, 1994, p. 2081 s.; C. M. BIANCA,

Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, p. 568.

627

è fondato su di una valida causa

dell’attribuzione al terzo, per cui tal

interesse non sussisterebbe laddove il rapporto

di valuta sia invalido, annullato, rescisso,

etc. In altri termini la validità della

stipulazione a favore del terzo presupporrebbe

un valido rapporto tra stipulante e terzo.

Questo comporterebbe che il promittente possa

eccepire al terzo i vizi del rapporto di

valuta, perché vizi relativi alla validità

della stipulazione in suo favore.

È chiaro allora che, se così fosse,

riconoscendo la natura di contratto a favore di

terzo della polizza fideiussoria, nulla

resterebbe dell’autonomia della garanzia in

questione, perché il garante sarebbe

legittimato a paralizzare l’escussione della

628

garanzia eccependo i vizi del rapporto di

provvista, ai sensi dell’art. 1413 cod. civ.,

ossia quelli relativi al rapporto con lo

stipulante (debitore), ma nel contempo potrebbe

anche far valere i vizi relativi al rapporto di

valuta, debitore (stipulante) – terzo

(creditore), ai sensi dell’art. 1411 cod. civ.

Secondo un’altra interpretazione556 l’interesse

dello stipulante contemplato dall’art. 1411

cod. civ. non avrebbe alcun’attinenza con la

causa dell’attribuzione al terzo e, quindi, con

il rapporto di valuta. La norma sarebbe stata

prevista dal legislatore con la stessa finalità

per cui è stato previsto l’art. 1174 cod. civ.,

alla cui stregua la prestazione che forma

oggetto dell’obbligazione dev’essere

suscettibile di valutazione economica e deve

556 F. ROCCHIO, op .cit., p. 140 ss.

629

corrispondere ad un interesse anche non

patrimoniale del creditore. Com’è noto la norma

allude <<alla necessità di patrimonializzare le

conseguenze dell’inadempimento>>, perché <<in

assenza di sanzione non si potrebbe parlare di

obbligazione in senso giuridico>>557.

L’Autore citato, cui è da attribuire la tesi

che qui si riporta, sostiene però che l’art.

1174 cod. civ. sembra fondato su di un

equivoco, sciolto il quale si chiarisce il

senso del riferimento all’interesse dello

stipulante contenuto nell’art. 1411 cod. civ.

Afferma infatti l’A. che <<al fine di

predisporre una sanzione per il caso

d’inadempimento, quello che conta non è la

patrimonialità della prestazione, bensì la

557 Relazione del guardasigilli, n. 557.

630

patrimonialità dell’interesse del

creditore>>558. Si fa l’esempio della

compravendita di un quadro di famiglia al cui

ritrovamento l’acquirente abbia dedicato tutta

la vita. Per tal caso, si afferma, far

consistere il danno da inadempimento nel solo

valore economico del bene significa frustrare

l’interesse (non patrimoniale), ma sostanziale

dell’autore. Al contempo però una liquidazione

del danno risarcibile che tenga conto di questo

suo interesse potrebbe essere possibile solo

sulla base della pattuizione di una clausola

penale che predetermini l’entità economica del

danno.

Il contratto a favore di terzi, nel caso in cui

lo stipulante intenda effettuare una liberalità

al terzo, pone lo stesso ordine di problemi,

558 A. e op. ult. cit., p. 141.

631

ossia la sanzionabilità del promittente, per

l’inadempimento dell’obbligo assunto con la

stipula del contratto a favore di terzo,

laddove <<non sia patrimonialmente valutabile

l’interesse dello stipulante a che il

promittente esegua la prestazione al terzo>>559.

Per tal caso l’inadempimento del promittente

resterebbe privo di sanzione.

Sulla base di tal interpretazione l’interesse

dello stipulante richiesto al fine della

validità del contratto a favore di terzo (e

quindi della nostra polizza fideiussoria) non è

attinente alla causa dell’attribuzione che lo

stipulante compie al terzo per mezzo del

promittente, ossia alla causa del rapporto di

valuta. Pertanto i vizi di questo rapporto non

potranno essere fatti valere dal promittente

559 A. e op. ult. cit., p. 142.

632

come vizi del contratto a favore di terzi.

L’art. 1411 cod. civ. andrà pertanto letto nel

senso che <<una volta accertata la

patrimonialità dell’interesse dello stipulante

o la possibilità di sanzionare altrimenti

l’inadempimento del promittente, la

stipulazione a favore del terzo sia valida e

pertanto sorga l’obbligazione del promittente

nei confronti del terzo>>560.

Per tale via sarà salva l’autonomia della polizza

fideiussoria rispetto alle vicende del rapporto garantito.

Alla luce dell’art. 1413 cod. civ. non può però

dirsi salva l’autonomia del nostro contratto di

garanzia dal rapporto di provvista. Si pone al

riguardo la necessità di verificare la

possibilità che le parti pattuiscano

l’inopponibilità al terzo, beneficiario della560 F. ROCCHIO, op. loc. ult. cit.

633

garanzia, delle eccezioni fondate sul rapporto

che intercorre tra lo stipulante ed il

promittente, in particolare per quanto concerne

l’eccezione di mancato pagamento del premio,

perché se fosse sufficiente l’assenza del detto

pagamento per legittimare l’assicuratore a

resistere all’escussione della garanzia,

evidentemente l’utilità della garanzia autonoma

sarebbe delusa del tutto.

Si dica in primis che il problema potrebbe essere

risolto all’origine attraverso un’espressa

previsione di legge che impedisse

all’assicuratore – garante di opporre al

beneficiario l’inadempienza dello stipulante al

pagamento del premio561. Per quanto riguarda la561 M. FRAGALI, Fideiussione e mandato di credito, cit., p. 170, propende

per l’inopponibilità dell’eccezione di mancato pagamento del

premio, anche per il caso di polizze fideiussorie non regolate da

leggi speciali, fermo restando la possibilità dell’assicuratore di

resistere all’escussione della garanzia sulla base di tutte le

634

possibilità di configurare una rinuncia del

promittente a sollevare le eccezioni fondate

sul rapporto di provvista, dovrebbe dirsi, alla

stregua dell’art. 1462 comma 1 cod. civ., che

la clausola con cui si stabilisce che il

promittente non può opporre eccezioni al fine

di ritardare o evitare la prestazione dovuta al

terzo, non ha effetto per le eccezioni di

nullità, annullabilità, risoluzione del

contratto a favore di terzo. Il promittente

potrebbe invece rinunciare ad opporre

l’eccezione di mancato pagamento del premio da

parte dello stipulante debitore, perché essa

configura una tipica eccezione d’inadempimento,

di cui si può disporre ai sensi dell’art. 1462

cod. civ.

altre eccezioni relative al rapporto di provvista.

635

Le eccezioni d’invalidità e rescissione del

contratto a favore di terzo saranno sempre

opponibili al beneficiario, in quanto si tratta

di eccezioni indisponibili ai sensi dell’art.

1462 cod. civ.

Sulla base della soluzione prospettata,

l’autonomia della polizza fideiussoria rispetto

alle vicende del rapporto di provvista è solo

parzialmente salva, ma lo è in relazione ad una

vicenda del rapporto di provvista, ossia il

mancato pagamento del premio da parte del

debitore, che potrebbe minare alla base ogni

forma di utilità della garanzia in questione

nella prassi.

Si sottolinei infine che ragioni di prudenza

dovrebbero indurre il beneficiario della

polizza a pretendere che nel testo della

636

garanzia sia inserita l’espressa rinuncia da

parte del promittente-garante ad opporre

l’eccezione di mancato pagamento del premio.

25. Segue: Il problema dell’opponibilità al beneficiario delle

eccezioni derivanti dal contratto e dal rapporto principale.

La proponibilità dell’exceptio doli in caso di escussione

fraudolenta o abusiva del creditore può costituire uno

strumento per prevenire possibili abusi?

Il tratto peculiare delle garanzie autonome che

stiamo considerando (Bankgarantie e polizze

fideiussorie), che ne evidenzia l’utilità

concreta nell’ambito dei traffici economici,

consiste nel distacco delle vicende

dell’obbligazione garantita rispetto

all’obbligazione di garanzia, alla cui stregua

la legittimazione del beneficiario

all’escussione della garanzia dovrebbe essere

637

valutata alla luce del solo rapporto di

garanzia, non rilevando, sotto tale profilo, le

vicende del rapporto garantito.

È evidente che nella prassi questo regime

potrebbe comportare la perpetrazione di abusi

da parte del beneficiario che, formalmente

legittimato all’escussione, non lo sia sulla

base del rapporto principale.

In dottrina ed in giurisprudenza si è posto

pertanto il quesito dell’ammissibilità, in

talune circostanza, di un <<superamento del

principio dell’astrattezza dell’obbligazione

del garante rispetto ai rapporti

sottostanti>>562.

La posizione della giurisprudenza sul tema è

che in presenza di anomalie genetiche o562 In questi termini G. B. PORTALE, Fideiussione e Garantieverträge nella

prassi bancaria, cit., p. 32.

638

funzionali particolarmente gravi del rapporto

base l’autonomia dei nostri contratti non è

assoluta. In particolare si ritengono

opponibili dal garante autonomo al

beneficiario, oltre alle eccezioni propriamente

attinenti al contratto o al rapporto di

garanzia563, le c.d. eccezioni di frode, fondate

sulle vicende originarie o successive del

rapporto principale e ammissibili per il caso

che il beneficiario, pur formalmente

legittimato all’escussione sulla base del

rapporto di garanzia, non lo sia alla stregua

del rapporto principale, e tenti pertanto di

escutere abusivamente quanto il garante si era

impegnato a prestargli. Presupposto

d’ammissibilità delle eccezioni in parola è che

563 Vedi retro par. 14, Lettera d.

639

il tentativo di frode risulti da una prova

certa ed incontestata (prova liquida)564.

Più precisamente, le eccezioni da ultimo

menzionate potrebbero essere fondate: a)

sull’avvenuto adempimento del rapporto

principale565; b) sulla risoluzione del

contratto principale per fatto non imputabile

al debitore principale566; c) sull’invalidità

del rapporto principale567. 564 Cass., Sezioni Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, cit. , p. 44

allegato.565 Cass., 1 ottobre 1999, n. 10864, in Banca, borsa, tit. cred., 2001,

II, p. 666 ss.566 App. Genova, 25 luglio 2003, in Giur. merito, 2003, I, 2362, con

nota di C. BELFIORE, Garanzia autonoma e litisconsorzio (non) necessario.567 Cass., Sezioni Unite, 18 febbraio 2010, cit., p. 44. Bisogna

specificare che pressoché pacifica è l’opinione secondo cui il

garante possa eccepire la nullità del contratto-base illecito

(G.B. A. MAZZONI, Le lettere di patronage nelle procedure concorsuali: contributo

allo studio dei profili sistematici delle garanzie autonome, in Banca, borsa, tit. cred.,

1984, II, p. 395; F. NAPPI, op. cit., p. 182). Secondo taluni autori

il rimedio sarebbe esperibile anche per l’eventualità che il

contratto principale sia nullo per ragioni diverse, o comunque sia

stato caducato, purché tuttavia sussista una sentenza passata in

giudicato (G. B. PORTALE, Nuovi sviluppi, cit., p. 181 s. e 184,

640

Sulla base di tale regime si potrebbe dire che

l’unico elemento che segna la differenza tra la

garanzia accessoria e quella autonoma, sotto il

profilo delle eccezioni opponibili, stia nel

fatto che la non debenza della garanzia

autonoma alla stregua del rapporto principale

debba risultare da una prova liquida, ossia

certa ed incontestata.

È fuor di dubbio che l’assoluta autonomia delle

garanzie che qui si esaminano ponga un problema

di ragionevole tutela del debitore garantito,

cui spetta l’azione di ripetizione d’indebito

in caso di escussione abusiva della garanzia e

su cui in definitiva verrebbe a gravare il

rischio dell’insolvenza del beneficiario. Il

problema però è quello della compatibilità di

tali eccezioni rispetto al regime convenzionale

nota 32).

641

delle garanzie in questione, che, imponendo di

valutare la legittimazione del beneficiario

alla stregua del solo rapporto di garanzia,

astrae quest’ultimo dalle vicende del rapporto

sottostante568. Non è inutile ricordare che

queste garanzie nascono proprio per assicurare

l’immediata escutibilità della garanzia,

posticipando l’accertamento relativo alla

esistenza o meno del diritto di credito che la

legittima.

In verità l’ammissibilità dell’exceptio doli come

rimedio generale per evitare gli abusi ad opera

del beneficiario della garanzia è tutt’altro

che pacifica in dottrina.

Un primo dubbio si pone infatti per il caso che

una specifica disposizione non autorizzi

568 Questione già trattata retro, par. 15 di questo capitolo, cui si

rinvia.

642

espressamente il rimedio. Il legislatore ne

ammette l’esperibilità in taluni casi speciali;

un esempio è la previsione dell’exceptio doli

cambiaria (art. 21 legge cambiaria), che, sulla

base dell’art. 1993 cod. civ., è espressamente

estesa ai titoli di credito in generale569.

Secondo questa prima posizione l’ammissibilità

del rimedio sarebbe subordinata ad una

specifica disposizione che lo autorizzi.

In secondo luogo, da un punto di vista

comparatistico, si rileva l’incrinatura che

s’introduce nel sistema, laddove si nega al

delegato di sollevare eccezioni riferite al

rapporto di valuta, quando la delegazione non

sia titolata con riferimento a questo rapporto,

consentendo invece al garante autonomo di

569 G. B. PORTALE, Fideiussione e Garantievertrage nella prassi bancaria, cit.,

p. 33.

643

sollevare eccezioni riferite al rapporto

garantito. Per tale via, si è affermato, ciò

che è consentito al delegato, che pure assume

l’obbligazione oggetto del rapporto principale,

sarebbe negato al garante autonomo, che invece

assume un debito proprio570.

Quanto poi alla possibilità di rinvenire un

fondamento positivo all’eccezione di frode

nella precettività del principio di buona fede

nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod.

civ.), violato dal beneficiario che escuta

abusivamente la garanzia, non essendovi

legittimato alla stregua del rapporto

principale571, si è obiettato572 che il dovere di

correttezza del beneficiario andrebbe valutato

alla luce del solo rapporto di garanzia. In570 F. ROCCHIO, op. cit., p. 156.571 F. NAPPI, op. cit., p. 251; G. B. PORTALE, op. ult. cit., p. 34.572 Cfr. F. ROCCHIO, op. cit., p. 159.

644

altri termini, non essendovi un nesso di

rilevanza giuridica del rapporto garantito

rispetto a quello di garanzia (diversa sarebbe

l’ipotesi della garanzia accessoria che poggia

sul rapporto fondamentale che ne costituisce la

causa interna), il principio di relatività

degli effetti del contratto (sancito dall’art.

1372 cod. civ.) escluderebbe che il garante

possa far valere eccezioni fondate su di un

rapporto rispetto al quale è estraneo. Una tal

possibilità, alla stregua dell’art. 1372 comma

2 cod. civ., potrebbe essere concessa solo se

una specifica disposizione di legge la

contemplasse (come accade in Francia, dove

l’art. 2321, comma 2, code civil, consente

espressamente al garante di far valere

l’eccezione di frode nei confronti del

beneficiario).

645

Tuttavia, laddove l’escussione della garanzia

debba essere documenta, dovendo il beneficiario

presentare i documenti che attestano

l’inadempimento del debitore principale,

l’escussione potrebbe essere paralizzata sulla

base di un’eccezione documentale. In altri

termini, ipotizzando ad esempio l’avvenuto

adempimento del rapporto principale, laddove il

beneficiario pretenda ugualmente di escutere la

garanzia, potrebbe essergli opposta, non

l’exceptio doli, ma un’eccezione contrattuale

fondata sul contratto di garanzia.

Questa circostanza dovrebbe consigliare la

stipula di garanzie a prima domanda

documentali, perché queste restringono lo

spazio per comportamenti abusivi del

beneficiario, che in definitiva si riverberano,

646

come già detto, sul beneficiario della

garanzia573.

26. Riepilogo.

Le origini teoriche della c. d. garanzia

autonoma sono rintracciabili nella figura del

Garantieverträge, il cui fondamento causale veniva

individuato dallo Stammler nell’“interesse di

animazione”, che può rendere “indipendente” il

negozio di garanzia dalle vicende del rapporto

principale, differenziandolo per tal verso

dalle garanzie accessorie (fideiussione,

mandato di credito etc.).

La dottrina moderna e la giurisprudenza

inquadra nel Garantieverträge soprattutto una

serie di garanzie a prima domanda utilizzate

nella prassi contrattuale internazionale.

L’operazione è però compiuta trascurando le573 Cfr. F. NAPPI,. op. cit., p. 252 ss.

647

peculiarità causali del tipo negoziale

originario e richiamandone il solo effetto

dell’autonomia dell’obbligazione di garanzia,

che diventa idoneo, forse senza i necessari

approfondimenti, ad inquadrare una serie non

omogenea di fattispecie negoziali.

Sulla base di un’analisi che tenga conto del

principio di causalità vigente nel nostro

ordinamento574, nonché delle peculiarità forti

delle singole figure contrattuali che si usa

ascrivere alla categoria “garanzia autonoma”,

sembrerebbe che il riferimento ad un coacervo

di negozi fondati sull’indipendenza della

garanzia rispetto ai vizi genetici o funzionali

del rapporto principale possa essere utilizzato

più com’espressione di comodo, piuttosto che

fondare una categoria scientifica.

574 V. retro, par. 11, del presente capitolo.

648

Si pone pertanto il problema di una separata

valutazione e di una riqualificazione che tenga

conto delle specificità di ogni figura.

Quest’operazione ha condotto ad individuare un

primo gruppo di contratti con funzione di

garanzia che possono addirittura prescindere

dalla stessa esistenza del negozio principale,

o attraverso cui il garante può assumere i c.d.

rischi atipici del contratto, ossia l’evenienza

dell’invalidità, o della risoluzione del

negozio principale. Il risultato del

<<distacco>> dell’operatività della garanzia

rispetto alle vicende del negozio “garantito”

costituirà per siffatta forma contrattuale un

effetto del suo fondamento casuale autonomo. La

locuzione “contratto di garanzia” starà qui ad

indicare non la causa del negozio (causa

649

cavendi), bensì la funzione della prestazione

posta in essere dal garante, volta alla

protezione dell’interesse del beneficiario a

non subire detrimento per la conclusione di un

certo affare.

Da questo fenomeno va distinto quello delle

garanzie a prima domanda. L’autonomia di questi

contratti si sostanzia nella legittimazione del

beneficiario all’escussione della garanzia alla

luce del solo rapporto di garanzia,

costituendone presupposto necessario e

sufficiente l’affermazione dell’inadempimento

dell’obbligo principale, con l’allegazione

(eventuale, ma auspicabile) dei documenti

previsti dal testo del contratto.

Nell’ambito di tal ultima sottocategoria si

pone la necessità di mettere in luce le

650

peculiarità strutturali dei singoli negozi,

relegando il concetto di autonomia a termine

meramente descrittivo dell’indipendenza della

garanzia nella fase dell’escussione, senza che

esso possa assumere un ruolo nell’inquadramento

delle singole figure. Si è visto che per quanto

concerne la Bankgarantie e le polizze

fideiussorie una qualificazione soddisfacente

delle stesse è possibile richiamando per la

prima lo schema delegatorio puro, e per le

seconde quello del contratto a favore di terzo.

La disciplina integrativa di dette forme di

contratti atipici di garanzia, per quanto non

disciplinato dalle parti, potrà così essere

utilmente attinta dagli istituti richiamati.

651

CONCLUSIONI

Sezione prima: la promessa del fatto del terzo

allo “stato dell’arte interpretativo”.

1. Gli effetti obbligatori della promessa del fatto del terzo.

L’evoluzione dialettica delle varie opinioni

formulate sul tema della natura dell’impegno

assunto dal promittente ha condotto ad

individuare l’assunzione di un obbligo di

garanzia da parte di chi promette

l’obbligazione o il fatto del terzo.

Tralasciando l’orientamento secondo cui il

promittente assume un obbligo di pagare

l’indennità, sospensivamente condizionato al

mancato compimento del fatto del terzo575, si

575 Si è già esposto (retro, par. 9, capitolo secondo) a quali

irragionevoli conseguenze conduce la tesi sopra citata.

652

prospetta576l’ipotesi ricostruttiva che dalla

promessa nasca un’obbligazione di garanzia in capo al

promittente, in quanto costui assume il rischio del

mancato compimento del fatto del terzo, che

fisiologicamente dovrebbe gravare sul

creditore, indipendentemente da ciò che farà

per convincere il terzo a compiere il fatto

promesso577.

Secondo questa prospettiva il promittente

assume ab initio l’onere economico del danno della

mancata esecuzione del fatto, rischio che viene

trasferito dal promissario in capo al

promittente; se poi il terzo non compie il

576 G. SCALFI, op. cit., p. 60 ss.; E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del

fatto del terzo, cit.; p. 107 ss. A. MAZZONI, lettere di patronage, mandato di

credito e promessa del fatto del terzo, cit., p. 334 ss; MASTROPAOLO,

Promessa del fatto altrui, garanzie personali e sindacati di voto, cit., p. 695 ss;

M.C. CHERUBINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 45 ss.577 La tesi è stata compiutamente ricostruita al par. 10 del

capitolo secondo.

653

fatto, la garanzia si converte nell’obbligo di

pagare l’indennizzo578.

Sennonché non è affatto pacifica

l’ammissibilità di un’obbligazione di garanzia579, ove

con tale termine s’intenda far riferimento ad

una particolare nozione di rapporto

obbligatorio, caratterizzato da una struttura

sui generis; poiché la garanzia si traduce in

concreto in un’attribuzione patrimoniale che

esplica una funzione di garanzia, essa meglio

corrisponde all’idea di prestazione580.

578 In tal senso SCALFI, op. cit., p. 74. L’A. ravvisa tanto

nell’ipotesi del contratto di assicurazione, quanto nella promessa

del fatto del terzo, un’ipotesi di responsabilità senza debito

attuale.579 Tesi sostenuta da G. SCALFI, op. cit., p. 60 ss.580 Cfr. E. BRIGANTI, op. cit., p. 102 ss.; F. NAPPI, La garanzia

autonoma, cit., p. 138 ss.; A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo,

cit., p. 392; F. ROCCHIO, op. cit., p. 1 ss, e p. 61 ss. E’ da

segnalare la posizione dell’Autore da ultimo citato, che contesta

la stessa nozione di “prestazione di garanzia” intesa come

“cooperazione” del garante che assume il rischio patrimoniale

dell’evento nefasto, poiché ritiene che <<non basta dire che

654

Si è inoltre argutamente notato che la

ricostruzione dianzi menzionata opera una

“posposizione logica dei termini della

fattispecie”581, che sono il promettere il fatto

del terzo ed il garantirlo. Secondo questa

visione, che potremmo a ragione definire “un

compromesso” tra le diverse teorie prospettate,

la garanzia del compimento del fatto da parte

del terzo, che si traduce nell’obbligo di

pagare l’indennizzo se l’evento non si

verifichi, è un posterius rispetto all’obbligo

del promittente di adoperarsi per procurare il

compimento del fatto da parte del terzo, poiché

un’obbligazione abbia una funzione di garanzia per escludere che

il suo oggetto sia un dare; perché in ogni caso, qualsiasi

funzione un’obbligazione persegua, essa dovrà farlo attraverso uno

dei suoi oggetti tipici, ossia un fare, un non fare, ma

soprattutto un dare, come avviene praticamente nella totalità

delle ipotesi di promesse con funzione di garanzia: ciò

sicuramente in caso di garanzia indennitaria, ma anche nel caso di

garanzia satisfattoria>>. 581 F. ALCARO, op. cit., p. 77.

655

l’interesse del promissario “alla sicurezza” è

solo succedaneo rispetto all’aspettativa

all’esecuzione del fatto del terzo.

In altri termini, muovendosi la promessa in

direzione di un interesse del promissario al

verificarsi dell’evento, sarebbe ragionevole

ritenere che tal interesse debba ricevere una

protezione nell’ambito di una struttura

giuridica obbligatoria. Esclusa la

configurabilità di un obbligo di procurare “il

fatto altrui”, si è ritenuto582 che il

promittente debba operare perché l’evento

atteso si realizzi, secondo modalità che

dipenderanno dalla natura del fatto promesso.

La circostanza che la norma contenuta nell’art.

1381 sia muta circa il collegamento che582 M.C. CHERUBINI, op. cit., p. 30 ss.; F. MASTROPAOLO, Promessa del

fatto altrui, garanzie personali e sindacati di voto, cit., p. 709, p. 716 ss., p.

737; A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 407.

656

sussiste tra la promessa ed il fatto del terzo

non significa che una relazione tra le suddette

fattispecie non esista, o sia logicamente

inconcepibile. Il rilievo dell’interesse del

promissario alla realizzazione dell’evento

prospettato sembra, all’opposto, condurre alla

conclusione che la promessa dia luogo ad

obblighi di comportamento, prima di tradursi

nell’obbligo di pagare l’indennizzo.

Dalla puntuale disamina dello “stato dell’arte

interpretativo” prende avvio l’orientamento

della Cassazione iniziato con la sentenza n.

12973 del 1995583 e confermato dalle sentenze

più recenti584.

L’individuazione di un’obbligazione di garanzia

a carico del promittente, che pur descrive,583 Cass. 20 dicembre 1995, n. 12973, cit., p. 177.584 Da ultimo, Cass. 10 luglio 2009, n. 16305, in De iure, banca dati

on line, Giuffrè.

657

secondo la S. C., una conseguenza essenziale

della stipulazione della promessa, non è

sufficiente a riassumere ed esaurire il

comportamento cui è tenuto il promittente.

L’assunzione del rischio del mancato compimento

del fatto del terzo non è idoneo a soddisfare

per intero la situazione d’interesse del

promissario, che mira ad ottenere prioritariamente

l’obbligazione o il fatto del terzo e, in

subordine, la sicurezza di essere indennizzato

per il caso che il terzo non compia il fatto

promesso.

Conseguentemente la S. C. ritiene che dalla

promessa nasca una prima obbligazione di fare -

consistente nell’adoperarsi affinché il terzo

compia quanto promesso dal promittente- ed una

successiva obbligazione di dare -cioè di

658

corrispondere l’indennizzo- ove mai, nonostante

l’impegno profuso in tal senso, il terzo

rifiuti di tenere il comportamento conforme

alla promessa.

Qualora il promittente non adempia l’obbligo di

adoperarsi, il promissario avrà a disposizione

gli ordinari rimedi contro l’inadempimento,

quali la risoluzione del contratto e

l’eccezione d’inadempimento. Gli spetterà

inoltre il risarcimento del danno qualora a

seguito di tal inadempimento subisca un

pregiudizio economicamente valutabile e

sussista il nesso di causalità fra

inadempimento ed evento dannoso.

Se il promittente adempie l’obbligo di fare, ma

il fatto promesso non venga comunque compiuto,

659

diverrà attuale l’altra obbligazione di pagare

l’indennizzo.

Ove poi il fatto promesso abbia natura tale che

il promittente non possa influire sul suo

compimento, sarà logico ritenere che nasca in

capo al promittente il solo obbligo di

“manlevare” il promissario dalle conseguenze

dell’inadempimento.

2. Funzione dell’indennizzo e determinazione del suo

ammontare.

La citata ricostruzione lascia ancora irrisolta

una questione, su cui, ad oggi, non si è

formato un orientamento univoco: che funzione

ha il pagamento dell’indennizzo ed a quali

parametri andrà ancorato il suo ammontare?

Dall’analisi del panorama dottrinale e

giurisprudenziale si evidenziano due possibili

660

soluzioni al quesito. a) L’indennizzo ha la

funzione di far conseguire al promissario

l’equivalente economico del fatto promesso; la

determinazione del suo ammontare avviene alla

luce delle medesime disposizioni che presiedono

alla quantificazione del danno da risarcire

(art. 1223 ss.). b) L’obbligo di corrispondere

l’indennizzo per il caso che il terzo ometta il

fatto promesso, pur essendosi il promittente

impegnato in tal senso, è preordinato alla

compensazione della lesione subita dal

promissario, per aver fatto affidamento sul

compimento del fatto promesso585.

Quanto però alla determinazione in concreto

dell’indennizzo, si è visto che provengono

dalla giurisprudenza indicazioni divergenti

585 Le due posizioni sul tema sono state più dettagliatamente

esaminate al par. 16 del capitolo secondo.

661

circa i criteri da utilizzare a tal fine,

escludendosi talora dal calcolo della somma

dovuta a titolo d’indennizzo il mancato

guadagno, altre volte stabilendosi che

l’ammontare dello stesso non possa che essere

valutato secondo un criterio equitativo586.

Prescindendo da valutazioni dogmatiche e

astratte, una soluzione alla questione in

parola sembra potersi trarre dal complessivo

assetto d’interessi che presiede alla

stipulazione della promessa del fatto del

terzo.

Dall’analisi del Repertorio

giurisprudenziale587, emerge che la ragione per

586 Per una panoramica più esaustiva circa le posizioni della

giurisprudenza sul tema si rinvia al capitolo secondo, par. 17,

lettera c di A.587 Si è accennato alla questione retro, par. 16, capitolo secondo,

in relazione alla problematica configurazione di una promessa del

fatto del terzo disinteressata.

662

cui si promette il compimento di un certo fatto

da parte di un terzo soggetto si fonda

sull’interesse del promittente alla conclusione

di un certo affare con il promissario, o al

compimento da parte di quest’ultimo di un certo

atto. In altri termini, tra la prestazione

della promessa e quanto il promissario è

indotto a compiere sulla base dell’aspettativa

generata dalla stessa, corre un rapporto di

scambio.

In questa prospettiva appare ragionevole

affermare che, poiché il promissario è stato

indotto alla conclusione di un certo affare, al

compimento di un certo atto (anche nei

confronti di un soggetto che non sia il

promittente, ma magari proprio il terzo),

facendo affidamento sull’aspettativa del

663

verificarsi dell’evento promesso, l’indennizzo

debba avere la funzione di eliminare il

pregiudizio subito dall’oblato per avere

affrontato un determinato sacrificio economico

nell’interesse (anche) del promittente588.

La promessa del fatto del terzo costituiva la

ragione della conclusione di un negozio tra il

promittente ed il promissario, o del compimento

di un certo atto da parte di quest’ultimo. La

frustrazione della promessa renderà

ingiustificato il sacrificio patrimoniale

588 La tesi è stata sostenuta da A. CHECCHINI, Indennizzo e risarcimento

nella promessa del fatto del terzo, cit., p. 563 ss.; ID., La promessa del fatto

del terzo, cit., p. 395. In quest’ultimo scritto l’A. afferma che

<<dire che l’indennizzo rappresenta l’equivalente economico del

fatto promesso significa ammettere che vi è maggiore

responsabilità nella promessa del fatto altrui di quella che sorge

dalla promessa del fatto proprio, perché nel primo caso si deve

fornire una prestazione che soddisfa comunque (…) l’interesse

creditorio, anche se la frustrazione di tale interesse (positivo)

non deriva da colpa del debitore, mentre nella promessa del fatto

proprio si è tenuti solo nei limiti in cui vi è obbligo di

adempiere>>.

664

affrontato dal promissario, sulla base

dell’aspettativa dell’evento promesso. Il

promittente dovrà allora restituire quanto il

promissario abbia perduto, riequilibrando

gl’interessi economici sottesi alla conclusione

della complessiva operazione negoziale, cui la

promessa accede.

In concreto, l’adesione alla tesi secondo cui

l’indennizzo ha funzione propriamente

risarcitoria comporterà che la determinazione

del quantum debetur avvenga alla stregua degli

articoli 1223 ss. cod. civ. L’assunto secondo

cui l’indennizzo ex art 1381 cod. civ. ha

funzione di riequilibrio degl’interessi coinvolti nel più

ampio assetto negoziale in cui s’inserisce la promessa,

implicherà che il corrispettivo pagato per la

stipula della promessa e gl’interessi maturati

665

su tale somma circoscrivano il pregiudizio

indennizzabile subito dal promissario589; ove

mai nessun esborso abbia effettuato il

promissario, ma costui sia stato indotto, sulla

base della promessa del fatto del terzo, alla

stipulazione di un certo negozio (ad esempio

una compravendita), che altrimenti non avrebbe

concluso, il promittente dovrebbe essere

obbligato a corrispondere al promissario il

“minor valore che costui ha ottenuto nel

negozio garantito”590, rispetto al sacrificio

che ha affrontato591.589 A. CHECCHINI, La promessa del fatto del terzo, cit., p. 422, sostiene

tuttavia che dovrebbe comunque essere fatta salva la prova di un

maggior danno subito dal promissario. Se l’A. intendesse riferirsi

alla prova del lucro cessante, la tesi della funzione restitutoria

inevitabilmente finirebbe per cadere, assimilandosi all’opinione

secondo cui nessuna differenza esiste tra la somma dovuta a titolo

di risarcimento e quella a titolo di indennizzo. Sembrerebbe

allora che il danno “indennizzabile” debba essere pur sempre il

danno emergente.590 A. CHECCHINI. La promessa del fatto del terzo, cit., p. 422.591 Per esempio il promissario acquista un immobile senza la

porzione di terreno che il terzo si è rifiutato di vendere; oppure

666

Qualora poi il sacrificio affrontato dal

promissario non consenta una valutazione

oggettiva del pregiudizio subito, il giudice

dovrebbe procedere ad una valutazione secondo

equità.

In sostanza, l’asserita causa di scambio tra la

controprestazione del promissario e

l’assunzione del rischio da parte del

promittente comporterà che, avendo il

promissario accettato i termini del contratto

in vista del compimento del fatto del terzo,

garantito dal promittente, costui dovrà

<<riequilibrare i termini dello scambio

attraverso l’indennizzo>>, in ogni caso che il

fatto del terzo non venga compiuto.

il promissario ha acquistato un immobile senza la licenza di

abitabilità, che la P.A. non ha concesso.

667

La pretesa equivalenza economica tra

l’ammontare dell’indennizzo ed il fatto

promesso sarà solo eventuale e ricorrerà

precisamente quando il sacrificio patrimoniale

affrontato del promissario sia pari al valore

economico della prestazione attesa dal terzo.

Va infine ricordata un’importante conseguenza

di ordine processuale derivante dalla

distinzione tra indennizzo ex art. 1381 cod.

civ. e risarcimento del danno: sarà

inammissibile, per diversità di causa petendi, la

proposizione per la prima volta in appello

della domanda d’indennizzo, laddove in primo

grado sia stato richiesto il risarcimento del

danno592.

592 Così Cass., 5 settembre 1997, n. 8614, in Studium iuris , 1998, p.

190.

668

Sezione seconda: Promessa del fatto del terzo e

garanzia del credito.

1. Configurabilità di una promessa dell’altrui adempimento.

Un’ipotesi accettabile?

Secondo un orientamento dottrinale593,

confermato da talune decisioni

giurisprudenziali594, sarebbe configurabile una

promessa del fatto – adempimento del terzo, già

debitore del promissario sulla base di un

pregresso rapporto obbligatorio. Un argomento

testuale a favore di tale assunto595 si è tratto

dalla lettera stessa dell’art. 1381 cod. civ.

che, facendo riferimento alla promessa

dell’obbligazione o del fatto del terzo,

593 E. BRIGANTI, op. cit., p. 138 ss.594 Trib. Milano, 10 maggio 1979, in Banca, borsa, tit, cred., 1981, II,

p. 88; Trib. Milano 1 dicembre 1983, in Banca, borsa, tit. cred., 1984,

II, p. 383.595 Lo spunto non recente è di MESSINEO, Il contratto in genere, cit., p.

98.

669

consentirebbe di contemplare come oggetto della

promessa anche il fatto - adempimento del

terzo, cui costui sia già tenuto in virtù di un

rapporto obbligatorio con il promissario596.

Sulla base di tale premessa e di un’asserita

omogeneità funzionale tra indennizzo e

risarcimento 597 si è sostenuto598 che attraverso

la promessa del fatto del terzo si può

garantire il promissario – creditore “contro il

rischio dell’inadempimento” del terzo – debitore. In

quest’ottica la fattispecie ex art. 1381 cod.

civ. avrebbe una medesima valenza “di genere”

596 Di contrario avviso F. NAPPI, op. cit., p. 162 ss. Afferma l’ A.:

<<nel substrato tipologico della promessa del fatto altrui,

codificato nell’art. 1381 c. c., la promessa del fatto –

adempimento (…) riveste un ruolo tutt’altro che caratterizzante.

Ed anzi sembrerebbe non azzardato affermare che i confini

concettuali della figura ricevono nel’ottica tipologica una

restrizione che tende ad escludere proprio le ipotesi di promessa

del fatto – adempimento (…)>>.597 E. BRIGANTI, op. cit., p. 186 ss.598 A. e op. ult. cit., p. 192 ss.

670

rispetto alla fideiussione, operando come

strumento di garanzia del credito, ma un

diverso contenuto.

La fideiussione, com’è noto, assicura al

creditore un ampliamento delle probabilità di

ricevere soddisfazione dell’interesse

creditorio dedotto nel rapporto principale,

potendo il titolare di una situazione

soggettiva attiva pretendere l’adempimento di una

prestazione identica a quella dovuta dal debitore

principale; la funzione specifica della

promessa consisterebbe invece nella riparazione

successiva del danno, assumendo il promittente il

rischio del mancato adempimento e garantendo,

per tal caso, il pagamento dell’indennizzo.

Mentre il fideiussore in altri termini si

obbliga a far conseguire al creditore la stessa

671

prestazione che quest’ultimo si attende dal

debitore, il promittente si obbligherebbe a far

conseguire al promissario il conseguimento di

un’utilità vicaria (l’indennizzo), per il caso che il

debitore non adempia il suo obbligo599.

L’assunto presuppone che l’ammontare

dell’indennizzo sia pari al valore economico

del fatto promesso, conclusione che si è intesa

rigettare, alla luce della considerazione

dell’assetto d’interessi sotteso all’operazione

negoziale cui la promessa accede.

Quanto poi alla natura dell’obbligazione

garantita attraverso le due diverse forme di

garanzia, è noto che la fideiussione presuppone

la fungibilità della prestazione garantita.

Pertanto, in caso di prestazione infungibile

(ad esempio quella dell’appaltatore), secondo

599 A. e op. ult. cit., p. 193.

672

la tesi in parola, il creditore non potrà

garantirsi l’adempimento, dato che questo potrà

essere effettuato dal solo debitore principale,

ma potrà “assicurarsi” (attraverso la

stipulazione della promessa del fatto –

adempimento del terzo) il risarcimento del

danno conseguente all’inadempimento600.

Alla luce di siffatta ricostruzione la

fideiussione potrà a ragione definirsi garanzia

preventiva - d’adempimento; la promessa del fatto

del terzo, garanzia successiva - indennitaria.

La diversa funzione esplicata giustificherebbe,

poi, le peculiarità di disciplina dei due

distinti negozi. Il fideiussore garantisce

l’esecuzione dell’obbligo altrui e pertanto è

obbligato in solido (eccetto diversa

pattuizione) ed è obbligato ad eseguire la600 A. e op. ult. cit., p. 195.

673

medesima prestazione del debitore principale;

potrà opporre tutte le eccezioni che può

opporre il debitore principale, tranne quella

derivante dall’incapacità; si surroga nei

diritti che il creditore aveva verso il

debitore principale.

Il promittente garantirebbe invece il

promissario contro il rischio del verificarsi

dell’inadempimento; qualora esso si verificherà

dovrà l’indennizzo. A differenza del

fideiussore, poi, non avrebbe a disposizione

nessuna azione verso il debitore principale ed

in particolare né quella di regresso, né quella

di arricchimento601.

Quanto a quest’ultimo punto sembra evidente

che, avendo il promittente adempiuto l’obbligo

del debitore principale, seppure per601 Così espressamente A. e op. ult. cit., p. 78.

674

equivalente, dovrà ritenersi che gli spetti

anzitutto l’azione di arricchimento, per

essersi il debitore indebitamente avvantaggiato

dell’estinzione del proprio debito. Per quanto

concerne invece la spettanza dell’azione di

surrogazione, si è opportunamente rilevato602,

sulla base di una revisione interpretativa dell’art.

1203 n. 3, che l’azione di surrogazione spetta

anche a chi, pur non essendo debitore dello

specifico obbligo adempiuto verso il creditore,

sarebbe comunque costretto a sopportare il peso

economico dell’altrui inadempimento e perciò

potrebbe avere interesse al pagamento per

evitare quella conseguenza603. L’interesse a

pagare il debito (ovviamente sul presupposto

della fungibilità della prestazione dovuta),

piuttosto che versare l’indennità, potrebbe602 B. GRASSO, Saggi, cit., p. 177 ss.603 A. e op. ult. cit., p. 123.

675

sorgere quando, per vicende sopravvenute,

questa sia divenuta più gravosa di quello604.

Pertanto dovrà ritenersi che, trovandosi il

promittente in quella relazione qualificata che

consente l’operatività del meccanismo della

surrogazione (il non essere il promittente

debitore dello specifico obbligo fungibile

adempiuto, avendo però interesse ad adempierlo per

evitare le conseguenze pregiudizievoli

dell’inadempimento del debitore principale),

spetterà anche a lui, come al fideiussore,

l’azione di surrogazione.

Prescindendo da tali considerazioni, se è ben

chiaro il pensiero dell’Autore sopra citato605,

sembrerebbe che questa costruzione della

promessa dell’adempimento del terzo nasca dalla

604 Così B. GRASSO, op. ult. cit., p. 182.605 E. BRIGANTI, Fideiussione e promessa del fatto del terzo, cit., p. 186 ss.

676

necessità sistematica di prospettare uno

strumento negoziale che “garantisca

l’adempimento” di un’obbligazione avente ad

oggetto una prestazione infungibile,

attribuendo al beneficiario il diritto di

ottenere l’equivalente pecuniario della

prestazione garantita, senza che l’obbligazione

del garante sia sospensivamente condizionata

all’infruttuosa escussione del patrimonio

principale (ipotesi, questa, che ricade nella

fattispecie della fideiussio indemnitatis). In altri

termini, volendo fornire un’interpretazione orientata

sulle linee di politica del diritto che si possono

rinvenire nello studio da ultimo citato606, si

potrebbe rilevare che l’esigenza che muove la

prospettazione della configurabilità della

promessa del fatto del terzo come strumento di

606 Cfr. E. BRIGANTI, op. cit., par. 10 e 11.

677

garanzia dell’adempimento, sia quella di

rinvenire una figura di garanzia

dell’obbligazione a contenuto infungibile, in

cui il fideiussore sia direttamente obbligato a

pagare l’equivalente economico di quanto dovuto dal

debitore principale. Tale strumento di garanzia

sarebbe certamente più conforme alle esigenze

di celerità che devono presidiare la tutela del

credito.

Sennonché questa complessa ed arguta

ricostruzione pone, in primis, un problema di

compatibilità con i risultati cui sono

pervenute la giurisprudenza di legittimità e la

dottrina più recenti, concernenti la

configurazione di un doppio obbligo in capo al

promittente, con conseguente distinzione

dell’obbligo di risarcire il danno (che nasce

678

quando il promittente non si adopera in modo

conforme a quanto promesso) e di pagare

l’indennizzo (obbligo che nasce quando,

nonostante l’impegno profuso in tal senso, il

terzo non compie il fatto promesso). L’ostacolo

maggiore sarebbe rappresentato dalla

individuata funzione restitutoria del pagamento

dell’indennizzo, la quale escluderebbe che tale

rimedio possa attribuire al promissario

l’equivalente economico del fatto promesso e

pertanto il valore monetario della prestazione infungibile

rimasta ineseguita.

679

Si è sostenuto607, d’altro canto, che il tipo

normativo608 avuto presente dal legislatore

quando ha dettato la norma in tema di promessa

del fatto del terzo non era quello della

promessa del “fatto adempimento”. Una lettura

tipologica dell’istituto609 dovrebbe condurre,

607 F. NAPPI, op. cit., p. 162 ss.; ma vedi anche A. MAZZONI, Le lettere di

patronage nelle procedure concorsuali, cit., p. 393, secondo cui

<<l’originaria configurazione storica dell’istituto può indurre a

dubitare che, pur a fronte dell’attuale, molto ampia formula

dell’art. 1381, esso possa essere applicato anche all’ipotesi in

cui preesista o venga assunta un’obbligazione da parte del terzo

verso il promissario e il fatto promesso consista proprio

nell’esecuzione (adempimento) di quest’obbligazione>>.608 La locuzione rinvia al fondamentale studio sul tema: DE NOVA, Il

tipo contrattuale, in AA. VV., Tipicità e atipicità dei contratti, cit., p. 33 ss.609 Il metodo tipologico esclude l’applicabilità integrale della

disciplina legale ad un contratto che è <<sussumibile nel tipo

legale, quale risulta dalla disciplina legislativa, ma non

corrisponde al tipo normativo che il legislatore aveva presente

quando ha dettato la corrispondente disciplina. Poiché

determinante non è che un contratto possa essere sussunto nella

definizione, bensì che esso corrisponda al tipo normativo tenuto

presente dal legislatore, il ricorso al metodo tipologico avrà una

funzione deterrente da applicazioni errate, servirà cioè ad

evitare che si applichino norme di legge al di fuori dei casi cui

si attagliano>>. Così testualmente A. e op. loc. ult. cit.

680

così, ad espungere dai confini della figura le

ipotesi di promessa del fatto – adempimento del

terzo, con la conseguente esclusione della

possibilità per il promittente di addossarsi i

rischi connessi al mancato verificarsi del

fatto - adempimento.

La promessa del fatto del terzo in quest’ottica

sembra “naturalmente” procedere su binari

diversi da quelli della garanzia indennitaria

del credito. Quest’esigenza è invece perseguita

nella prassi attraverso l’elaborazione di nuove

figure di garanzia, che assicurano la soddisfazione

dell’interesse del creditore ad essere protetto

dai rischi dell’inadempimento, perseguendo per via

atipica quell’esigenza di assicurare una forma

indennitaria di tutela, per il caso che l’obbligo del

debitore avente ad oggetto una prestazione

681

infungibile non sia adempiuto (ad esempio

attraverso le c.d. polizze fideiussorie prestate a

garanzia delle obbligazioni dell’appaltatore).

Anzi si può asserire che la menzionata

necessità -sottesa alla costruzione della

promessa del fatto del terzo come garanzia

indennitaria- di assicurare al creditore una

forma di tutela più celere della fideiussio

indemnitatis, per essere questa subordinata

all’escussione automatica del debitore

principale, sarà ancor meglio perseguibile

attraverso le forme di garanzia c.d. autonoma

che la prassi va elaborando, per essere in tali

ipotesi inopponibili in sede di escussione

della garanzia le eccezioni fondate sul

rapporto principale.

682

2. La promessa del fatto del terzo come possibile strumento

per garantire il creditore contro i rischi atipici del

contratto?

L’autonomo significato della fattispecie in

esame potrebbe prospettarsi, invece, quando si

prometta che il terzo terrà fede agli impegni

assunti, nonostante l’invalidità o successiva

inefficacia del contratto in base al quale il

terzo è obbligato verso il creditore –

promissario610. In tal caso l’obbligazione del

promittente verrebbe ad assumere carattere di

autonomia rispetto a quella che lega il terzo

al promissario.

Il problema, in via preliminare, è se sia

concepibile garantire quanto dovuto dal

610 Secondo SEGNI, La lettre de patronage, cit., p. 155 ss., solo in

quest’ipotesi sarebbe prospettabile una promessa del fatto del

terzo, mentre laddove si prometta il fatto – adempimento si

ricadrebbe nell’ipotesi della fideiussione.

683

debitore principale, pure in ipotesi di

nullità, annullabilità, risoluzione del

contratto principale, attribuendo al

“creditore” il diritto di escutere la garanzia

pure per il caso che non abbia diritti da far

valere sulla base del rapporto principale. È

evidente, in primo luogo, che nell’ipotesi

prospettata ricorrerebbe una figura atipica di

garanzia, presupponendo i contratti tipici di

garanzia un valido ed efficace rapporto - base,

alla cui stregua il garante possa dirsi

obbligato ad eseguire quanto dovuto dal debitore

principale.

Alla luce dell’art. 1322 cod. civ. bisognerà

stabilire, pertanto, se un tale contratto sia

funzionale a realizzare interessi meritevoli di

tutela. Al riguardo si dovrebbe dire che, se la

684

ragione della promessa di garanzia sia da

rinvenire in un interesse proprio di colui che

assume il rischio dell’invalidità o inefficacia

del contratto, al fine d’indurre il contraente

a concludere un certo affare, o a compiere un

certo atto (magari nei confronti del debitore

garantito), tale promessa costituirà uno

strumento utile ad incentivare lo svolgimento

dei rapporti d’affari, laddove il promissario,

per ragioni di prudenza, sarebbe indotto a non

compiere “il fatto” occasionato dalla promessa

di garanzia, non avendo sicurezza di essere

manlevato per l’ipotesi di rischi atipici del

contratto. Una tale forma contrattuale

realizzerà, quindi, da un lato, l’interesse del

promittente alla conclusione di un certo

affare; dall’altro, l’esigenza di sicurezza del

promissario.

685

La possibilità che il garante sia tenuto ad

eseguire la prestazione di garanzia per il caso

che il creditore non abbia diritti da far

valere alla stregua del rapporto principale,

presuppone, però, che si possa individuare una

causa autonoma del contratto di garanzia, ossia

indipendente rispetto al rapporto che s’intende

garantire. La dottrina formatasi in materia di

contratto autonomo di garanzia sottolinea il

ruolo causale dell’interesse che muove un

soggetto a rilasciare la garanzia. In questa

prospettiva la causa non è concepita come funzione

economico – sociale del contratto, ma come ragione sufficiente

a giustificare lo spostamento patrimoniale a carico del

garante611.

Si è prospettata in dottrina la possibilità che

la garanzia di assunzione dei rischi atipici

611 Sul punto v. retro, par. 11, capitolo terzo.

686

del contratto-base sia prestata attraverso la

promessa del fatto del terzo, qualora a questa

figura tipica si riconosca la natura di

promessa di garanzia612. Lo stesso A. cui si

deve tal ipotesi applicativa avverte, tuttavia,

che, qualora si ritenesse che la fattispecie ex

art. 1381 non determini una responsabilità a

titolo di garanzia, all’attribuzione in parola

andrebbe in ogni caso riconosciuto il carattere

dell’atipicità613.

Attraverso la promessa di assunzione dei rischi

atipici del contratto non viene promesso il

fatto – adempimento del debitore principale, ma

un vero e proprio “fatto” del terzo, poiché se

è invalido o risolto il contratto che vedeva

obbligato il terzo nei confronti del

promissario, l’esecuzione della prestazione non612 F. NAPPI, op. cit., p. 156.613 A. e op. loc. ult. cit.

687

potrà qualificarsi come adempimento,

presupponendo tale fenomeno un obbligo

giuridicamente vincolante.

In quest’ottica l’evento promesso verrebbe in

considerazione come mero fatto nel suo oggettivo

accadimento, a prescindere da una

giustificazione fondata sul rapporto tra terzo

e promissario.

Al riguardo si può fare la seguente

considerazione: la figura disciplinata

dall’art. 1381 cod. civ. è muta circa la

propria causa; dunque se si ravvisasse

nell’interesse del promittente a promuovere una

certa iniziativa del promissario la causa

dell’attribuzione patrimoniale del promittente

(o detto altrimenti la causa dell’assunzione

dell’onere economico del rischio), avremo la

riproposizione dello schema negoziale in cui lo

688

Stammler614 inquadrava quei contratti di

garanzia che, non essendo accessori ad

un’obbligazione principale, trovavano la loro

fonte in un atto di autonomia privata,

prescindendo dal rapporto con altra

obbligazione principale e generando

un’obbligazione autonoma del promittente615,

causalmente fondata sull’interesse di

animazione di costui. Tali contratti erano

nella prassi del tempo utilizzati appunto per

garantire un risultato utile al beneficiario

anche in ipotesi d’invalidità o addirittura

inesistenza del contratto principale.

La giustificazione causale di una tale promessa

andrà rinvenuta nello scambio tra la prestazione

cui è tenuto il promissario ed il sacrificio

614 Studioso tedesco cui si deve la teorizzazione dei contratti

autonomi di garanzia.615 V. retro par. 2 cap. 3.

689

cui il garante si espone prestando la garanzia.

La locuzione “contratto di garanzia” starà qui

ad indicare non la causa del negozio (causa

cavendi), bensì la funzione della prestazione

posta in essere dal garante, volta alla

protezione dell’interesse del beneficiario a

non subire detrimento per la conclusione di un

certo affare.

In tal caso si avrebbero due distinti rapporti:

quello principale e quello di garanzia. Le

uniche eccezioni opponibili al beneficiario da

parte del garante saranno quelle fondate sul

contratto di garanzia e sul rapporto garante-

beneficiario: a) eccezioni letterali; b)

eccezioni attinenti all’invalidità o

inefficacia del contratto di garanzia; c)

eccezioni dirette e personali. Il promittente

non potrà far valere eccezioni fondate sul

690

rapporto principale, salvo che le ragioni che

determinano l’invalidità del rapporto

principale si riverberino direttamente sul

rapporto di garanzia616.

Resta comunque fermo che, ormai per esperienza

ultradecennale, non è questa la ricostruzione

della fattispecie ex art. 1381 proposta dalla

S. C. e pertanto una tal forma contrattuale si

esporrebbe ad una possibile interpretazione

giudiziale non conforme agl’interessi

perseguiti dalle parti. Non vi dovrebbe essere

ragione, tuttavia, per negare la

configurabilità di una figura atipica di

garanzia, attraverso cui s’intendano coprire i

rischi atipici del contratto.

616 Sul punto v. retro par. 20, capitolo terzo.

691

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ZUDDAS G., Anticresi, in Enc. giur. Treccani, I, Roma,1988.

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INDICE DELLE SENTENZE CITATE

Cass., Sez. Unite, 18 febbraio 2010, n. 3947, inallegato.

Cass., 3 marzo, 2009, n. 5044, in Giust. civ. Mass.2009, 3. ID. in De iure, banca dati on line, Giuffrè.

Cass., 13 maggio 2008, n. 11890, in De iure, banca dation line, Giuffrè.

Cass., 31 gennaio 2008, n. 2377, in De iure, banca dation line, Giuffrè.

Cass., 27 giugno 2007, n. 14853, in Mass. foro it.2007.

Cass., 28 febbraio 2007, n. 4661, in Mass. foro it.2007.

Cass., 14 febbraio 2007, n. 3257, in Foro it. 2007, I.

Cass., 27 maggio 2002, n. 7712, in Danno e resp., 2002.

Cass. 10 maggio 2002, n. 6728, in Giust. civ., 2003, I.

Cass., 18 maggio 2001, n. 6823, in Foro it. 2001, I.

Cass., 1 ottobre 1999, n. 10864, in Banca, borsa, tit.cred., 2001, II.

Cass., 20 agosto 1998, n. 8248, in Mass. Giur. It.,1998.

Cass., 20 dicembre 1995, n. 12973, in Giur. It., 1997,I, 1.

Cass., 17 aprile 1993, n. 4552, in Giust. civ., 193, I.

Cass., sez. lav., 21 giugno 1991, n. 6984, in Rep Foroit., 1991.

701

Cass., 8 agosto 1988, n. 4871, in Banca borsa tit.cred., 1989, II.

Cass. sez. un., 1 ottobre 1987, n. 7341, in Foro it.,1988, I.

Cass. 24 gennaio 1986, n. 466, in Dir. fall., 1986, II.

Cass., 31 agosto 1984, n. 4738, in Banca borsa tit.cred., 1985, II.

Cass., 12 aprile 1984, n. 2369, in Foro it., 1985, I.

Cass., 27 novembre 1951, n. 2696, in Foro it. 1952, I.

Trib. Napoli, 20 marzo 1992, in Banca, borsa tit.cred., 1993, II.

Trib. Milano, 30 dicembre 1991, in Banca borsa tit.cred., 1992, II.

Trib. Venezia, 8 luglio 1991, in Foro it., 1992.

Trib. Monza, 6 febbraio 1989, in Rep. Foro it., 1989,I.

Trib. Urbino, 3 marzo 1952, in Rep. Foro it., 1953, I.

702

ALLEGATO

Cass., Sezioni Unite, 18 febbraio

2010, n. 3947

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