Plutarco "lettore" di Stesimbroto di Taso

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GABRIELLA VANOTTI PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO (NOTA A FGRHIST 107/1002 F 5 = PLUTARCO, CIMONE XIV) Di Stesimbroto di Taso è stato detto nel corso di almeno cento- cinquant’anni di studi molto, ma forse (così quanto meno ci pare) non abbastanza. Sulla sua valutazione ha senza dubbio influito pe- santemente il fondamentale articolo di Wilamowitz 1 , pubblicato in 1 U. VON WILAMOWITZ-MOELLENDORF, Die Thukydideslegende, in «Hermes» XII (1877), pp. 326-367, part. pp. 361-367. Le opinioni dello studioso, che defini- sce Stesimbroto Journalist e la sua opera una sorta di polemico pamphlet antimpe- rialista, sono sostanzialmente condivise da JF. JACOBY, FGrHist Komm. II B, Leiden 1962, pp. 343-4. L’indagine dei moderni si è soprattutto concentrata su un’analisi squisitamente storiografica dei pochi e succinti frammenti del Tasio, nel tentativo di rispondere a due quesiti fondamentali: 1) a quale genere letterario può esserne ascritta l’opera? Si tratta di un pamphlet, come supponevano i supra citati Wilamo- witz e Jacoby? Oppure si tratta di una raccolta biografica, come, con molta pruden- za, suggerisce A. Momigliano (Lo sviluppo della biografia greca, trad. it., Torino 1974), che definisce la sua opera un «contributo alla biografia» (p. 33) (sostenendo anche (p. 31) che egli si possa qualificare come il predecessore di autori di mono- grafie su tiranni e demagoghi, di cui era interessato a registrare le singolarità), e come, con maggiore decisione di recente ribadisce anche K. MEISTER, Stesimbrotos’ Schrift über die athenischen Staatsmänner und ihre historische Bedeutung, in «Historia» XXVII (1978), pp. 274-294, part. 293-294? Oppure, infine, si tratta un’opera stori- ca a tutti gli effetti, come ritengono D. COLETTI, Il valore storico dei frammenti di Ste- simbroto di Taso, in «AFLPer» XII (1975), pp. 61-125 e di recente A. TSAKMAKIS,

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GABRIELLA VANOTTI

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO

(NOTA A FGRHIST 107/1002 F 5 = PLUTARCO, CIMONE XIV)

Di Stesimbroto di Taso è stato detto nel corso di almeno cento-

cinquant’anni di studi molto, ma forse (così quanto meno ci pare)

non abbastanza. Sulla sua valutazione ha senza dubbio influito pe-

santemente il fondamentale articolo di Wilamowitz1, pubblicato in

1 U. VON WILAMOWITZ-MOELLENDORF, Die Thukydideslegende, in «Hermes»

XII (1877), pp. 326-367, part. pp. 361-367. Le opinioni dello studioso, che defini-

sce Stesimbroto Journalist e la sua opera una sorta di polemico pamphlet antimpe-

rialista, sono sostanzialmente condivise da JF. JACOBY, FGrHist Komm. II B, Leiden

1962, pp. 343-4. L’indagine dei moderni si è soprattutto concentrata su un’analisi

squisitamente storiografica dei pochi e succinti frammenti del Tasio, nel tentativo

di rispondere a due quesiti fondamentali: 1) a quale genere letterario può esserne

ascritta l’opera? Si tratta di un pamphlet, come supponevano i supra citati Wilamo-

witz e Jacoby? Oppure si tratta di una raccolta biografica, come, con molta pruden-

za, suggerisce A. Momigliano (Lo sviluppo della biografia greca, trad. it., Torino

1974), che definisce la sua opera un «contributo alla biografia» (p. 33) (sostenendo

anche (p. 31) che egli si possa qualificare come il predecessore di autori di mono-

grafie su tiranni e demagoghi, di cui era interessato a registrare le singolarità), e

come, con maggiore decisione di recente ribadisce anche K. MEISTER, Stesimbrotos’

Schrift über die athenischen Staatsmänner und ihre historische Bedeutung, in «Historia»

XXVII (1978), pp. 274-294, part. 293-294? Oppure, infine, si tratta un’opera stori-

ca a tutti gli effetti, come ritengono D. COLETTI, Il valore storico dei frammenti di Ste-

simbroto di Taso, in «AFLPer» XII (1975), pp. 61-125 e di recente A. TSAKMAKIS,

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«Hermes» nel 1877, dal quale la critica successiva ha necessaria-

mente dovuto prendere le mosse, ora per distanziarsene, ora per

condividerne le istanze. Ma le successive posizioni assunte dai mo-

derni, variamente orientate nell’indicare sia il genere letterario cui

Das historische Werk des Stesimbrotos von Thasos, in «Historia» XLIV (1995), pp. 129-

152 (ma quest’ultimo non nega una tendenza biografica)? Per una disamina com-

pleta dello status quaestionis vd. il recente commento ai frammenti “biografici” ste-

simbrotei di J. ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, in J. BOLLANSÉE - J.

ENGELS - G. SCHEPENS - E. THEYS (eds.), Felix Jacoby Die Fragmente der griechischen

Historiker Continued Part IV Biography and Antiquarian Literature, IV A: Biography,

fasc. 1: The Pre-Hellenistic Period, Leiden - Boston - Köln 1998, pp. 50-59. Lo studio-

so (p. 57), con grande e condivisibile equilibrio, fa notare che la tendenza dei mo-

derni a distinguere troppo nettamente fra i diversi generi letterari, nell’esaminare

opere risalenti alla seconda metà del V secolo, potrebbe risultare fuorviante, dal

momento che in quel periodo tali differenziazioni erano sconosciute e premature.

2) Quale l’impostazione ideologica dell’opera stesimbrotea: quella del symmachos

ostile all’imperialismo democratico ateniese e quindi legato a circoli aristocratici

tasi e forse anche ateniesi, avversi a teorici e ideatori della talassocrazia attica; op-

pure quella del symmachos giunto ad Atene al seguito di qualche stratego della polis

(per es. Cimone, ripetutamente impegnato in area tracia e a Taso) e quindi votato

alla sua celebrazione? Non a caso Stesimbroto è stato più volte letto e giudicato in

controluce a Ione, partendo dal presupposto (peraltro non unanimemente condi-

viso e ancora da verificare) che il Chiota fosse esponente di quella cerchia di intel-

lettuali “fedele nei secoli all’impero ateniese” e che, per contro, il Tasio ne fosse

fiero detrattore. Vd. in tal senso, fra i molti, S. MAZZARINO, Il pensiero storico classi-

co, I, Roma-Bari 1974, p. 86; seguito, ancora di recente, da A. BANFI, Il governo del-

la città Pericle nel pensiero antico, Napoli 2003, pp. 45-71; ma vd. già WILAMOWITZ,

Die Thukydideslegende, pp. 361-367; JACOBY, Komm. II B, p. 343; H. STRASBURGER,

Aus den Anfängen der griechischen Memoirenkunst. Ion von Chios und Stesimbrotos von

Thasos, in W. SCHMITTHENNER - R. ZOEPFFEL (edd.), Studien zur Alten Geschichte,

III, Hildesheim – New York 1990, pp. 341-351, part. 348-351; L. PICCIRILLI, I te-

sti biografici come testimonianza della storia della mentalità, in W.W. EHLERS (ed.), La

biographie antique, Entretiens sur l’Antiquité Classique XLIV, Genève 1999, pp. 146-

155. Su Ione di Chio vd. il recente contributo di E. FEDERICO, SYNGENEIA, DI-

KE, HEGEMONIE AP’ISOU L’impero etico di Ione di Chio, in L. BREGLIA - M. LUPI

(a cura di), Da Elea a Samo. Filosofi e politici di fronte all’impero ateniese. Atti del Con-

vegno di Studi Santa Maria Capua Vetere, 4-5 giugno 2003, Napoli 2005, pp. 183-224,

con ampia documentazione bibliografica.

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ascrivere l’opera del Tasio, sia la tendenza politica ad essa sottesa,

hanno per lo più dato esito a studi, che non hanno chiarito in ma-

niera definitiva i numerosi problemi che si addensano sulla biografia

del personaggio e sulla sua produzione, che continuano a restare per-

tanto assai enigmatici2. Ancora di recente Johannes Engels, nella sua

edizione dei frammenti di Stesimbroto per il volume del Jacoby Con-

tinued, dedicato ai biografi greci frammentari di età pre-ellenistica, ha

sostenuto che, nel definire il genere storiografico del Tasio e la sua

tendenza politica, «a word of caution may not be out of place»3.

Ma allora, dopo la ormai più che secolare e relativamente nu-

merosa messe di studi stesimbrotei e dopo l’esito sostanzialmente de-

ludente delle ricerche, denunciato da molti fra i moderni, perché

tornare a occuparsi di Stesimbroto? L’impresa rischierebbe di essere

giudicata proterva e velleitaria, soprattutto se si consideri il presti-

gio scientifico di quanti l’hanno esperita in precedenza. Tuttavia, a

nostro avviso, qualche nuovo e utile spunto di riflessione potrebbe

emergere dal riesame delle testimonianze stesimbrotee, se riconside-

rate all’interno di un più ampio contesto narrativo e calate determi-

natamente nel quadro storico-politico di riferimento4.

2 Stesimbroto, com’è noto non fu solo autore dell’opera Su Temistocle, Tucidi-

de e Pericle, ma pure di un’opera Sui Misteri e di trattati di Interpretazione omerica.

Inoltre, ai suoi tempi godette soprattutto di una solida fama di rapsodo. Su questi

aspetti del personaggio ci sia consentito rinviare al nostro recente contributo A pro-

posito di Stesimbroto di Taso in Suda [A 2681 Adler], in G. VANOTTI (a cura di), Il les-

sico Suda e i frammenti degli storici greci. Atti dell’Incontro internazionale di studi, Vercelli,

6-7 novembre 2008, Tivoli Roma 2010, pp. 129-162. 3 ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, p. 56. Nella recente edizione di

Engels sono riportati al nr. 1002 gli undici fragmenta di carattere storico-biografico

del Tasio e i cinque testimonia, nello stesso ordine e secondo la stessa numerazione

già adottati, a suo tempo, nella raccolta di F. Jacoby. A quest’ultima si farà riferi-

mento nella successiva trattazione. 4 «Una nuova disamina complessiva [del Tasio] appare un desideratum», così

ha sostenuto di recente M. GIANGIULIO, Pericle e gli intellettuali Damone e Anassago-

ra in Plut. Per. 4-8 tra costruzione biografica e tradizione, in BREGLIA - LUPI (a cura di),

Da Elea a Samo, p. 164 n. 36.

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1. Stesimbroto e Plutarco

Parlare di Stesimbroto impone necessariamente di parlare di

Plutarco; infatti la quasi totalità dei frammenti del Tasio ci è perve-

nuta attraverso la testimonianza del biografo di Cheronea, che si è

servito dell’opera del predecessore, a quanto pare, soprattutto per il-

luminare alcuni risvolti (talora scandalosi) della vita privata di poli-

tici ateniesi di spicco. Questo è sicuramente un aspetto di cui tenere

conto nel giudicare l’impostazione dell’opera stesimbrotea nel suo

complesso e peraltro ciò è già stato fatto in passato; anzi, il lato per

così dire pettegolo del suo scritto è stato forse sopravvalutato dalla

critica, al punto da indurre a giudizi talvolta fuorvianti e tendenti a

svilire eccessivamente il contributo “storico” offerto dal Nostro5. A

questo proposito non va dimenticato che Plutarco – la fonte tralatri-

ce – è biografo e quindi non esclusivamente e non precipuamente

proiettato verso una lettura storico-politica degli eventi, ma interessa-

to a delineare piuttosto il carattere (l’ethos), pubblico e privato, dei

suoi personaggi. Dunque, la selezione da lui operata all’interno

dell’opera del Tasio potrebbe averne enfaticamente lasciato trapelare

il solo aspetto marcatamente biografico (e, in qualche caso, scanda-

listico), a discapito della eventuale esposizione, in chiave politica, di

praxeis. Ma, d’altro canto, non è neppure da escludere che Plutarco

abbia fatto ricorso all’opera di Stesimbroto6 proprio per la sua impo-

stazione, che, riprendendo la cauta, ma del tutto condivisibile valu-

5 Così, per es., F. SCHACHERMEYR, Stesimbrotos und seine Schrift über die Staats-

männer, in Forschungen und Betrachtungen zur griechischen und römischen Geschichte,

Wien 1974, pp. 151-171; su cui vd. le osservazioni di MEISTER, Stesimbrotos’ Schrift,

pp. 274-294. 6 Non tutti gli studiosi ritengono che Plutarco leggesse direttamente l’opera

stesimbrotea: pensano a un uso indiretto, per esempio, W.G. UXKULL-GYLLEN-

BAND, Plutarch und die griechische Biographie, Stuttgart 1927, p. 79; M. A. LEVI, Plu-

tarco e il V secolo, Milano 1955, pp. 89-109; ma contra G. LOMBARDO, Cimone. Rico-

struzione della biografia e discussioni storiografiche, Roma 1934, pp. 143-170; K. ZIE-

GLER, Plutarco, (trad. it.) Brescia 1965, pp. 326-327; S. FUSCAGNI, in PLUTARCO,

Vite parallele, Cimone, Milano 1989, pp. 59-66.

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tazione di Momigliano7, si potrebbe definire “proto-biografica”. Del

resto, il titolo, attestato per l’opera da Ateneo8, Perì Themistokleou, kai

Thoukydidou, kai Perikleous, per quanto tardo e posticcio, induce a

credere che il focus narrativo si concentrasse effettivamente su speci-

fici personaggi, quasi a tracciarne dei medaglioni.

Ma focalizziamo l’attenzione su quanto è miserevolmente so-

pravvissuto dell’intero scritto, del quale a noi sono pervenuti soltan-

to undici frammenti, di cui i primi tre risalgono alla plutarchea Vita

di Temistocle, i successivi quattro alla Vita di Cimone e gli ultimi quat-

tro alla Vita di Pericle. F 10 si compone di due lemmi, dei quali 10b

proviene ancora dalla plutarchea Vita di Pericle, mentre il solo 10a ri-

sale ad Ateneo e contiene appunto, come si è già detto, indicazione

del titolo, oltre che dettagli di tono scandalistico sulla vita di Pericle,

menzionati anche da Plutarco in F 10b, seppur con scettica cautela9.

Ragionando sulla base dei pochi frammenti a noi pervenuti

(quindi sulla base di una documentazione senza dubbio estrema-

mente parziale), potremmo inferire che l’opera del Tasio abbraccias-

se un periodo compreso quanto meno fra i primi anni del V secolo,

7 MOMIGLIANO, Lo sviluppo della biografia greca, pp. 25-45. Secondo lo studio-

so (pp. 42-43), nell’opera di Stesimbroto, come in quella di Ione, entrambi in-

fluenzati dalla loro origine “micro-asiatica”, dovevano essere contemplate «la cu-

riosità per il comportamento di uomini insigni, il gusto per la risposta accorta,

l’antipatia per gli avversari politici». Sul contributo momiglianeo vd. le acute os-

servazioni di D. MUSTI, Protagonismo e forma politica nella città greca, in Il protagoni-

smo nella storiografia classica, Genova 1987, pp. 9-36. La natura dell’opera di Ste-

simbroto sembra trovare una sua definizione nelle parole di PLUT. Per. XIII 16 (=

FGrHist 107 F 10b): hJ de; tw`n pravxewn kai; tw`n bivwn hJlikiw`ti~ iJstoriva; dunque

si tratterebbe di un racconto contemporaneo di fatti e di vite. Sull’impalpabile

confine che separa l’esposizione dei fatti dall’esposizione dei bioi e sui molti altri

problemi, che gravano sul genere biografico, vd. ora il volume a cura di M. ERLER

S. SCHORN, Die griechische Biographie in hellenistischer Zeit. Akten des internationalen

Kongresses vom 26.-29. Juli 2006 in Würzburg, Berlin - New York 2008. 8 STES. FGrHist 107 (= 1002) T 2 = F 10a. 9 STES. FGrHist 107 (= 1002) F 10a = ATH. XIII 56 , 589 d-e; PLUT., Per. XIII

15-16.

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come si evince dal controverso F 2, relativo a una enigmatica disputa

insorta fra Milziade e Temistocle a proposito della vocazione marit-

tima di Atene, e l’inizio dell’ultimo ventennio dello stesso secolo, cui

rimanda F 11, ove è menzionata la morte del figlio di Pericle, San-

tippo, occorsa durante l’epidemia di peste, nel 42910. Nel complesso

la trattazione, a quanto pare, si doveva incentrare soprattutto su

quel cinquantennio che intercorse fra i due grandi conflitti, che ca-

ratterizzarono il V secolo e che vide come protagonisti della seconda

fase Tucidide di Melesia e Pericle, ma del primo ventennio (478-461

ca.) soprattutto Cimone. Insomma, Stesimbroto sembrerebbe quali-

ficarsi, qualunque fosse stato il genere letterario da lui adottato, co-

me una preziosa fonte di informazione sulla pentecontaetia, per la

quale, come è noto, la nostra documentazione è assai lacunosa. Del

resto proprio questo cinquantennio doveva coincidere con la piena

età del Tasio, nato forse nel decennio 490-480, tanto da far dire a

Plutarco che egli sarebbe stato pressoché contemporaneo di Cimone

e ad Ateneo che sarebbe vissuto in età periclea11.

Da una prima veloce rassegna di quanto si è conservato dell’ope-

ra del Tasio emerge, inoltre, un’evidente anomalia: benché, a stare al

titolo dello scritto riferito da Ateneo, come si è detto, uno dei prota-

gonisti della trattazione stesimbrotea dovesse essere Tucidide di Me-

lesia, nessun frammento sul suo conto è sopravvissuto12; viceversa,

ben quattro degli undici totali (FF 4-7) sono incentrati sulla figura e

l’operato di Cimone13, cui rimandano peraltro in maniera più o me-

10 STES. FGrHist 107 (= 1002) F 2 = PLUT., Them. IV 4-5; F 11 = PLUT., Per.

36, 1-6. 11 STES. FGrHist 107 (= 1002) T 1 = PLUT., Cim. IV 5; T 2 = ATH. XIII 56,

589 d. 12 Avanza l’ipotesi che nessun frammento stesimbroteo relativo a Tucidide di

Melesia sia sopravvissuto, poiché Plutarco non scrisse un bios su questo personag-

gio ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, p. 57; così già in precedenza anche

MEISTER, Stesimbrotos’ Schrift, p. 289. 13 Si tratta di PLUT., Cim. IV 4-8; XIV 3-5; XVI 1-2; XVI 3.

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no diretta anche F 3, in cui si parla dei provvedimenti adottati dal

Filaide contro Epicrate di Acarne, reo di aver favorito il ricongiun-

gimento della moglie e dei figli a Temistocle, esule presso la corte di

Admeto, re dei Molossi14; e più indirettamente il già citato F 2, ove è

illustrata la problematica disputa che avrebbe opposto Temistocle a

Milziade, padre appunto di Cimone, sull’indirizzo marinaro della

politica ateniese15.

Quest’anomala concentrazione di interesse su Cimone natural-

mente potrebbe essere frutto di pura casualità, in quanto determina-

ta dalla fortuita conservazione di alcune informazioni a discapito di

altre; di certo getta ombre non solo sull’originaria autenticità (inve-

ro assai improbabile) della titolatura stessa proposta dal dotto di

Naucrati, ma anche sulla sua stessa piena pertinenza.

D’altro canto l’inusuale brevità del bios plutarcheo dedicato al

Filaide (solo diciannove capitoli a fronte dei trentanove, che, ad e-

sempio, caratterizzano la Vita di Pericle), che trova peraltro piena cor-

rispondenza nel ritratto, altrettanto succinto, dedicato a Cimone già

da Cornelio Nepote16, induce a pensare che le notizie circolanti sul

figlio di Milziade, quando scrisse Plutarco (e in precedenza Nepote),

non dovessero risultare in complesso particolarmente abbondanti:

forse esse furono molto presto oscurate dalla ostile propaganda filo-

periclea, impegnata a ridimensionare le gesta dell’ingombrante pre-

decessore; e nel contempo, come si è sostenuto, furono oscurate

dagli stessi gruppi oligarchici, che giudicarono la linea politica, adot-

14 PLUT., Them. XXIV 6-XXV 1, su cui ora G. VANOTTI, A proposito di Stesim-

broto di Taso, FGrHist 107/1002 F 3, in corso di stampa. 15 Ibid. II 4-6. 16 Il biografo latino dedica solo quattro capitoli al Filaide, peraltro caratte-

rizzati da un’esposizione alquanto confusa e approssimativa, soprattutto per quel

che riguarda la sequenza degli eventi. Per quanto riguarda Plutarco, va detto che

egli solo a partire dal cap. IV inizia ad occuparsi effettivamente della vita cimo-

niana, mentre nei primi tre capitoli incentra l’attenzione piuttosto sul romano

Lucullo, quasi anticipando la comparatio finale fra il personaggio greco e quello

latino.

GABRIELLA VANOTTI 68

tata dal Filaide, superata e inadeguata a difendere le istanze dell’ari-

stocrazia17. Inoltre, le scelte erodotea e tucididea di incentrare le

proprie opere rispettivamente sul conflitto persiano e peloponne-

siaco, ignorando sostanzialmente l’età di mezzo e trascurando so-

prattutto il periodo di “entente cordiale” fra Atene e Sparta, con-

tribuirono in modo rilevante a determinare la rapida oblivione del

ruolo cimoniano.

Non è forse azzardato credere che in questo deludente panora-

ma informativo l’opera del Tasio, definito dal medesimo Plutarco18

quasi coevo di Cimone, e, almeno per un certo periodo da ritenersi

anche suo quasi-conterraneo, riferisse sul Filaide dettagli altrimenti

sconosciuti, direi quasi ghiotti, e quindi apparisse particolarmente

utile per la stesura del bios cimoniano: questo contribuirebbe a giu-

stificare la provenienza di un anomalo numero di frammenti incen-

trati sul Filaide da un’opera, che, come si è detto, a quanto si evince

dal titolo, non intendeva occuparsene determinatamente. Ma su ciò

avremo occasione di ritornare.

Da ultimo è bene ricordare come ben tre delle quattro citazioni

stesimbrotee presenti nella Vita cimoniana si concentrino in soli due

capitoli del testo plutarcheo: si tratta dei capitoli XIV e XVI, interes-

17 L’oblio caduto rapidamente sulla figura e l’opera di Cimone è imputato

dalla critica al fatto che la sua linea politica fu ben presto giudicata superata e

quindi archiviata come fallimentare, Di questa idea soprattutto LOMBARDO, Ci-

mone, p. 151; sulla fortuna storiografica del personaggio vd., più in generale, pp.

143-170. 18 PLUT., Cim. IV 5 = FGrHist 107 (= 1002) T 1. Va fatto rilevare che nella Vi-

ta di Cimone Stesimbroto risulta essere la fonte maggiormente utilizzata (vd. supra

n. 14), anzi è verosimile che il biografo si servisse della sua esposizione anche in al-

tre occasioni, senza nominarlo esplicitamente. In proposito vd. le osservazioni

formulate da FUSCAGNI, Plutarco, pp. 59-66. D’altro canto, in linea di principio,

non si può neppure escludere che Stesimbroto, proprio come si evince dal tardo

titolo di Ateneo, non avesse dedicato una trattazione specifica a Cimone; infatti i

riferimenti allo statista a noi pervenuti potrebbero ben essere stati presenti, sotto

forma di brevi excursus, nei testi dedicati a Temistocle, Tucidide di Melesia e Peri-

cle. Ma sulla questione ci proponiamo di ritornare in altra sede.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 69

sati rispettivamente all’assedio di Taso e al successivo processo in-

tentato al Filaide, il primo; al filo-laconismo cimoniano e alla sfor-

tunata spedizione a Itome il secondo. Si tratta di eventi ben con-

nessi fra loro sotto il profilo politico e occorsi in un lasso di tempo

assai ristretto.

In questa sede intendiamo concentrare l’attenzione sul solo ca-

pitolo XIV, all’interno del quale è stato individuato dagli editori –

Jacoby ed Engels – il frammento 5.

2. FGrHist 107 (1002) F 5 = Plutarco, Cimone XIV

Il capitolo può essere suddiviso, sotto il profilo contenutistico,

sostanzialmente in due parti: nella prima (§ 1-2) è illustrata la con-

quista cimoniana del Chersoneso tracico e la repressione della rivol-

ta di Taso; nella seconda (§ 3-5) è descritto il processo cui fu sotto-

posto il Filaide, rientrando in patria dopo tali eventi bellici19. E

proprio in questa seconda parte del capitolo, al § 5, viene evocato

Stesimbroto, quale latore di una notizia dai risvolti pettegoli e vela-

tamente piccanti.

19 Il processo (ricordato da Plutarco anche in Per. X 6, poiché uno degli accu-

satori sarebbe stato proprio l’Alcmeonide) si sarebbe svolto nel 463/2, dopo la

conclusione della campagna contro Taso. A questo medesimo processo fa verosi-

milmente riferimento, in termini assai stringati, anche Aristotele (Ath. Pol. XXVII

1); a dire del filosofo, si sarebbe trattato di un procedimento per euthynai. In pro-

posito vd. PICCIRILLI, Le Vite di Cimone, pp. 249-250; ID., Efialte, Genova 1988,

pp. 25-28; 73-74, 91 n. 13, con ampia discussione sulla natura giuridica del proces-

so (eythynai o eisanghelia) e ampia discussione bibliografica; A. BLAMIRE, Plutarch.

Life of Kimon, Chapel Hill – London 1989, pp. 154-158 . Nella Vita periclea (X 6)

Plutarco prospetta l’ipotesi di una condanna a morte per Cimone, sventata grazie

all’intercessione di Elpinice. In merito P. STADTER, A Commentary on Plutarch’s

Pericles, Chapel Hill-London 1989, pp. 126-127. Di un processo a Cimone riferi-

sce anche DEM. XXIII 205, ma in termini estremamente confusi, sui quali non ci

soffermiamo in questa sede.

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Secondo Plutarco, il Tasio, menzionando il processo intentato a

Cimone, avrebbe narrato che Elpinice, la ben nota sorella dello stra-

tego20, si sarebbe recata a casa di Pericle, il più accanito fra i suoi ac-

cusatori, per intercedere a favore del fratello, ricevendo di rimando

dall’Alcmeonide l’ironica e celebre risposta: «Sei vecchia, Elpinice,

vecchia per occuparti di simili questioni»21.

Felix Jacoby individuava, con il consueto e severo rigore critico,

nel solo § 5 dell’esposizione plutarchea il vero e proprio frammento

stesimbroteo, cui assegnava il numero 5, riproducendolo attraverso i

ben noti caratteri distanziati, a sancirne l’indiscutibile paternità22.

Leggiamone il testo:

«Stesimbroto, ricordandosi di quel processo riferisce che

Elpinice si recò, per perorare la causa di Cimone, presso

la casa di Pericle (costui era fra gli accusatori il più acca-

nito); ma egli sorridendo le disse: “Sei vecchia, Elpinice,

troppo vecchia per portare a buon fine tali missioni”.

Tuttavia durante il processo si mostrò benevolo verso

20 Della medesima Elpinice, che svolse un ruolo di tutto rispetto al fianco di

Cimone, Plutarco offre un colorito ritratto nel cap. IV della Vita cimoniana, ove è

ancora evocato come testimone Stesimbroto (F 4). Inoltre ella è pure richiamata in

discussione in Per. XXVIII, 6. Sulla donna e sul suo comportamento disinvolto vd.

le condivisibili osservazioni di FUSCAGNI, Plutarco, pp. 96-99 e soprattutto il con-

tributo di U. BULTRIGHINI, Cimone, sua sorella, in U. BULTRIGHINI (a cura di),

Donne che contano nella storia greca Atti Convegno internazionale di studi (Chieti 2-4

maggio 2007), c. s. Utili spunti anche in L. PICCIRILLI, Temistocle, Aristide Cimone

Tucidide di Melesia, Genova 1987, pp. 86-89. 21 PLUT., Cim. XXIV 5: «Grau~ ei\ favnai grau~, w\ jElpinivkh, wJ~ telikauta

diapravttesqai pravgmata». Della vicenda Plutarco dà notizia anche in Per. X 6.

Non dissimili le parole rivolte da Pericle alla medesima Elpinice, che lo rimprove-

rava in occasione della guerra contro Samo, e desunte da un testo archilocheo, se-

condo PLUT., Per. XXVIII 7. 22 I medesimi caratteri grafici sono adottati nella recente edizione di ENGELS,

1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, p. 44.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 71

Cimone e una sola volta si alzò ad accusarlo, come se si

trattasse di pura formalità»23.

Tuttavia dall’inequivocabile affermazione di Plutarco (mnhsqei;~ de; th~ krivsew~ ejkeivnh~ oJ Stesivmbrotov~ fhsi) si evince che lo stori-

co di Taso non solo dovesse essere a conoscenza del processo in que-

stione, ma verosimilmente che ne riferìsse compiutamente nella pro-

pria opera. Ciò lascerebbe supporre che egli avesse fatto menzione

anche dell’atto di accusa, in base al quale il procedimento era stato

istruito, e così pure del successivo dibattimento, che si concluse con

un giudizio assolutorio24. Fra l’altro, a confortare tale ipotesi, po-

trebbe concorrere il comprovato interesse stesimbroteo per le azioni

giudiziarie, come documentano i FF 3-4 J.25.

Dello svolgimento processuale è possibile trovare traccia nel te-

sto plutarcheo. In effetti, se appuntiamo l’attenzione sui paragrafi

23 «Mnhsqei;~ de; th~ krivsew~ ejkeivnh~ o| Sthsivmbrotov~ fhsi th;;n jElpinivnikhn

u|pe;r tou Kivmwno~ deomevnhn ejlqei`n eJpi; ta;~ quvra~ tou Periklevou~ – ou|to~ ga;r h\n

tw`n kathgovrwn oJ sfodrovtato~ –, to;n de; meidiavsanta «grau`~ eij`» favnai «grau`~, w\

’Elpinivkh, wJ~ thlikau`ta diavprattesqai pravgmata». Plh;n ejvn ge th`≥ divkh≥ praov-

taton genevsqai tw`≥ Kivmwni kai; pro;~ th;n kathgorivan aJvpax ajnasthnai movnon

wJvsper ajfosiouvmenon». 24 Così si legge sinteticamente all’inizio di PLUT., Cim. XV 1: «ejkeivnhn me;n

ou\n ajpevfuge th;n divkhn». La sentenza di assoluzione e la mitezza adottata da Pe-

ricle durante il processo a Cimone, in cui era pubblico ministero, hanno genera-

to in una parte della critica l’idea che in questi anni le posizioni dell’Alcmeo-

nide e del Filaide non fossero contrastive, tanto più che i due uomini politici e-

rano fra loro legati da vincoli parentali. Così, fra gli altri PICCIRILLI, Efialte, pp.

25-27 e 73-74, sulla base soprattutto di R. SEALY, Essays in Greek Politics, New

York 1967, p. 63. 25 Che Stesimbroto fosse particolarmente interessato ai processi politici è so-

stenuto da E.M. CARAWAN, Eisangelia and Eythyna: The Trials of Miltiades, Themisto-

cles and Cimon, in «GRBS» XXVIII (1987), pp. 167- 208, part. p. 204, n. 56. Lo

studioso ritiene anche che la versione del giudizio cimoniano, risalente a Stesim-

broto, potrebbe essere stata rielaborata da Teopompo; su Stesimbroto e Teopom-

po vd. anche infra.

GABRIELLA VANOTTI 72

3-4 del capitolo XIV, possiamo constatare come il biografo riferisca

(§ 3) che gli avversari politici accusarono Cimone di non aver sotto-

messo, in occasione delle campagne in Tracia, almeno una parte del-

la Macedonia, nonostante avesse potuto farlo, perché connivente

con il sovrano macedone Alessandro I, dal quale si sarebbe lasciato

corrompere. Evidentemente quest’ultima notizia racchiude l’atto di

accusa con cui gli Ateniesi chiamarono in giudizio il Filaide; non so-

lo, essa, per quanto ci è dato sapere, costituisce, che la si ritenga più

o meno attendibile, un unicum, assumendo quindi un grande valore

documentario.

Di seguito, al successivo paragrafo 4, Plutarco riporta anche

qualche battuta della autodifesa, sostenuta dal medesimo Cimone;

quest’ultimo, per rispondere alle accuse di corruzione e dimostrare

la propria integrità morale26, allora avrebbe fatto leva sui suoi lega-

26 Cimone è accusato, più che di corruttibilità, di essere maestro di corru-

zione in un frammento di Teopompo (FGrHist 115 F 90) e in un passo del Gor-

gia platonico (519 a). In entrambi i testi si parla del Filaide come diffusore fra i

concittadini del funesto germe della dorodokia. Che Teopompo dipendesse per

tale e altre consimili valutazioni dallo scritto di Stesimbroto, che si qualifiche-

rebbe pertanto come prima opera Sui demagoghi, è stato più volte sostenuto dalla

critica. Non è qui possibile rendere conto del complesso problema, già prospet-

tato a suo tempo per esempio da JACOBY, Komm., II B, p. 369; per una disamina

dello status quaestionis si rimanda a C. FERRETTO, La città dissipatrice. Studi

sull’excursus del libro decimo dei Philippika di Teopompo, Genova 1984, pp. 18 e 25-

54, con bibliografia. Per una valutazione del punto di vista teopompeo su Ci-

mone resta assai significativo W.R. CONNOR, Theopompos’ Treatment of Cimon, in

«GRBS» IV (1963), pp. 107-114; ID., Theopompus and Fifth-Century Athens, Cam-

bridge Ma. 1968, pp. 24-38, con edizione e analisi dei frammenti teopompei re-

lativi a Cimone. Per un’acuta e, a nostro avviso, del tutto condivisibile valuta-

zione del rapporto Teopompo/Plutarco in merito alla presunta dorodokia cimo-

niana, sulla quale il biografo si concentra soprattutto nel cap. X, vd. FUSCAGNI,

Plutarco, pp. 82-89. Per una valutazione complessiva del rapporto Teopom-

po/Plutarco vd. ora, infine, L. SANTI AMANTINI, Leggere Plutarco, scoprire Teopompo,

in E. LANZILLOTTA V. COSTA G. OTTONE (a cura di), Tradizione e trasmissione degli

storici greci frammentari in ricordo di Silvio Accame, Atti del II Workshop Internazionale

Roma 16-18 febbraio 2006, Tivoli Roma 2009, pp. 121-142.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 73

mi di prossenia non certo con Ioni e Tessali, ben noti per la loro

avidità e facilmente corruttibili, ma piuttosto con Sparta, città de-

finita semplice e temperata, notoriamente aliena all’uso e alla te-

saurizzazione del denaro. In buona sostanza, si difese sostenendo

che anch’egli, proprio come avrebbero fatto gli Spartani, mise a di-

sposizione della città il bottino conseguito in guerra, senza nulla

trattenere per sé.

La filo-laconicità di Cimone era senza dubbio ben nota anche a

Stesimbroto, come si evince soprattutto dal frammento 7 J., che così

recita: «In ogni occasione Cimone magnificava Sparta agli Ateniesi,

soprattutto quando gli capitava di rimproverarli o incitarli, dice Ste-

simbroto, che soleva esclamare “Ma non sono così gli Spartani!”»27.

L’evidente coincidenza fra quanto riferito da Plutarco (Cim. XIV 4) e

quanto riportato dal frammento 7 J. indurrebbe a immaginare che

già nella pagina del Tasio fosse presente una tramatura narrativa ana-

loga a quella adottata dal biografo, in altre parole che nel racconto

del processo, fornito da Stesimbroto, si facesse riferimento all’incor-

ruttibilità cimoniana, giustificandola sulla base del suo filo-laconi-

smo. Ma l’ipotesi, per quanto allettante, resterebbe assai fragile, se

non fosse supportata da ulteriori indizi28. Per evidenziarli, occorre

approfondire l’indagine, tornando a esaminare ancora una volta il

plutarcheo capitolo XIV.

27 PLUT., Cim. XVI 3. L’intero cap. XVI illustra il filolaconismo cimoniano: le

notizie relative ai suoi figli, gemelli, dei quali uno si chiamò Lacedemonio, risali-

rebbero ancora a Stesimbroto (F 6 J.), ma vd. anche PLUT., Cim. IV 5 (F 4 J.), ove,

ancora sulla scorta di Stesimbroto, il biografo definisce Peloponnhvsion to; schma

th~ yuch~ del Filaide.

28 Che Stesimbroto riportasse l’autodifesa di Cimone è escluso da PICCIRILLI,

Le Vite di Cimone, p. 251. Lo studioso ritiene tale ipotesi in contraddizione con il

contenuto del F 4 J. stesimbroteo, in cui il Filaide è descritto dal Tasio come com-

pletamente privo della deinwvth~ e della stwmuliva, proprie degli Attici, e quindi,

secondo lo studioso, incapace di pronunciare un’efficace arringa in tribunale. Ma

per una diversa lettura del F 4 J. vd. FUSCAGNI, Plutarco, pp. 63-64, con discussio-

ne bibliografica alla n. 105.

GABRIELLA VANOTTI 74

Come si è già detto, esso pare comporsi di due diverse sezioni:

nella seconda (§ 3-4-5) l’attenzione del biografo si focalizza sul pro-

cesso a Cimone, mentre nella prima (§ 1-2) sembra incentrarsi sulle

sue conquiste militari, continuando con piena coerenza l’esposizio-

ne avviata nel precedente capitolo XIII. Tuttavia, a ben vedere, que-

ste imprese, condotte dal Filaide nel Chersoneso e a Taso, per

quanto sicuramente elencabili nel carnet delle res gestae cimoniane,

potrebbero essere state menzionate nel contesto del XIV capitolo

plutarcheo, in quanto rientranti fra le argomentazioni addotte dal

Filaide a propria discolpa durante il processo. Infatti, proprio ri-

cordando il ricco bottino e la gloria militare conseguiti attraverso

imprese eccezionali sul campo, con tutta probabilità, egli poté effi-

cacemente replicare alle accuse di inefficienza e di corruzione rivol-

tegli dai giudici.

Insomma, se, come sostiene Plutarco, Stesimbroto si ricordava

del processo, non risulta inverosimile, in via di principio, ipotizzare

che, proprio come Plutarco, anche il Tasio menzionasse, all’interno

della descrizione del dibattito giudiziario, gli eventi bellici, che pre-

cedettero e ingenerarono le accuse, o fornirono argomenti alla dife-

sa, tanto più che essi inerivano alla storia politica della patria Taso e

della sua ricca perea. Dunque, se così fosse, Stesimbroto dovrebbe

essere ritenuto ispiratore dell’intero capitolo XIV29. Ma, prima di a-

vanzare conclusioni avventate, è necessario esaminare ancora con at-

tenzione il testo plutarcheo, dal quale in effetti emergono particolari

curiosi, sui quali vale la pena riflettere, in quanto utili a suffragare

l’ipotesi.

29 Che Plutarco riprendesse da Stesimbroto non solo la notizia sul processo,

ma anche il racconto del suo svolgimento è ipotesi già adombrata da CONNOR,

The New Politician of Fifth-Century Athens, Princeton 1971, p. 59, n. 41; e da S. CA-

GNAZZI, Tendenze politiche ad Atene: l’espansione in Sicilia dal 458 al 415 a.C., Bari

1990, p. 114; contra BLAMIRE, Plutarch Life of Kimon, pp. 14-15. Lo studioso attri-

buisce a Ione di Chio le notizie sulla vicenda giudiziaria cimoniana e a una fonte

storica anonima il racconto delle precedenti campagne militari.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 75

La campagna cimoniana nel Chersoneso e l’asseddio e la capi-

tolazione di Taso sono riferiti da Plutarco in modo complessiva-

mente sommario e quasi frettoloso: nel suo racconto non compaio-

no, ad esempio, indicazioni cronologiche precise degli eventi30; né si

30 La successione degli eventi risulta scandita con incalzante sequenza tempo-

rale, invece, nella testimonianza tucididea (I 98, 1-102, 1), che in proposito costi-

tuisce il più utile termine di confronto. Lo storico attico, che si rivolge al lettore

con la consueta assertività, facendo riferimento alle res gestae cimoniane, riferisce

che per prima fu occupata Eione, in seguito Sciro, poi furono aggrediti i Caristi,

successivamente fu la volta di Nasso, infine ebbe luogo la battaglia terrestre e nava-

le presso l’Eurimedonte. A questo punto sopravvenne la ribellione dei Tasi, scon-

fitti dagli Ateniesi in battaglia navale. Fu in quel momento che sull’antistante pe-

rea venne creato l’insediamento di Nove Strade; da qui prese avvio una spedizione

nell’interno della Tracia, conclusasi con la rovinosa rotta di Drabesco. A questo

punto i Tasi, già sconfitti e posti sotto assedio, chiesero aiuto agli Spartani, che in

un primo tempo si mostrarono disponibili, ma furono in seguito trattenuti in pa-

tria dal terremoto e dalla ben nota rivolta dei servi messeni, arroccatisi a Itome. Al-

lora i Tasi, dopo tre anni di assedio, capitolarono. La sequenza cronografica tuci-

didea deve essere letta insieme con quanto lo storico riferisce a IV 102 (su cui vd.

l’ampio commento di S. HORNBLOWER, A Commentary on Thucydides, II, Oxford

20032, pp. 319-327). Proprio quest’ultimo passo, integrato da uno scolio ad E-

schine (II 31), permette, infatti, di collocare la fondazione della colonia di Nove

Strade (cui fece seguito la rotta di Drabesco) nell’anno 465/4. Tucidide riferisce

infatti che l’insediamento si stabilì ventinove anni prima della fondazione di Anfi-

poli da parte di Agnone e trentadue anni dopo il tentativo fallito da Aristagora di

Mileto. A sua volta, lo scoliaste colloca l’impresa di Agnone sotto l’arcontato di

Eutimene (a. 437/6, su tale data arcontale vd. anche DIOD. XII 32, 3). La sequen-

za cronografica offerta da Tucidide viene accolta praticamente in toto da R.

MEIGGS, The Athenian Empire, Oxford New York 2002, pp. 79-91. Lo studioso, che

data la cimoniana battaglia all’Eurimedonte al 466, colloca sulla base di Tucidide

(IV 102, 2-3) e dello scolio a Aesch. (II 31) la spedizione e l’assedio di Taso nel tri-

ennio 465-463. Tucidide, a differenza di Plutarco, non fa menzione delle opera-

zioni militari nel Chersoneso, cui crede invece Meiggs sulla scorta di un dato epi-

grafico, di cui si dirà infra. Tali operazioni, a detta dello studioso, risalirebbero pro-

bably al 465. La colonizzazione di Nove Strade e la fallita incursione a Drabesco sa-

rebbero avvenute durante l’assedio di Taso, nel triennio 465/3, al termine del

quale, Cimone, ritornato in Atene, fu sottoposto a processo. Quanto al terremoto

in Laconia e alla conseguente rivolta di Itome, sarebbero avvenuti a partire dal

GABRIELLA VANOTTI 76

fa riferimento alle motivazioni che determinarono la defezione di

Taso, così che ogni responsabilità finisce per ricadere acriticamente

sugli stessi isolani31. Inoltre, il biografo non fa il minimo cenno alla

ferocia usata dagli Ateniesi durante il lungo assedio all’isola, ben no-

ta ad altre fonti32. Ciò di per sé non sarebbe stupefacente, visto il

464. Nel 462 le truppe giunte a Sparta sotto il comando di Cimone sarebbero sta-

te rinviate in Attica e il loro comandante screditato, al punto che l’anno successivo

(461) venne ostracizzato. Ad Atene, intanto, grazie anche all’assenza del Filaide, si

poté realizzare per opera di Efialte la riforma democratica. Giustamente Meiggs

individua nella rivolta di Taso una sorta di punto di svolta nelle politiche di Ate-

ne, di Sparta e dei membri della Lega navale. Tale interpretazione è del resto già

adombrata nella pagina tucididea (I 102, 3), almeno per quanto riguarda il rappor-

to fra Spartani e Ateniesi. Con la tavola cronologica fornita da Meiggs, concorda-

no, pur con lievi divergenze, B.J. MERITT H.T. WADE GERY M.F. MCGREGOR

(edd.), The.Athenian Tribute Lists, III, Princeton 1950, pp. 158-180; A.W. GOMME,

A Historical Commentary on Thucydides, I, Oxford 20032, pp. 391 e 395. Non dif-

forme pure la ricostruzione proposta da A. ROVERI, Note sulla spedizione ateniese

contro Taso, in «RSA» X (1980), pp. 27-45. Da questa ricostruzione si distanziano

in parte R.K. UNZ, The Chronology of the Pentekontaetia, in «CQ» XXVI (1986), pp.

68-85; E. BADIAN, Toward a Chronology of the Pentecontaetia down to the Renewal of

the Peace of Callias, in From Plataea to Potidaea Studies in the History and Historiogra-

phy of the Pentecontaetia, Baltimore London 1993, pp. 73-107. Quest’ultimo, in par-

ticolare, seguendo alla lettera la testimonianza dello scolio ad Aesch. II 31, accetta

(pp. 81-86) la datazione arcontale ivi fornita, che impone di collocare la rotta di

Drabesco nel 453/2 (arconte Lysicrate); ma su questa improbabile tesi vd. le os-

servazioni di HORNBLOWER, CT, I, Oxford 20032, pp. 149-157, part. 154-155. Per

una ricostruzione delle imprese cimoniane nella valle dello Strimone vd., infine, la

chiara analisi di B. ISAAC, The Greek Settlements in Thrace Until the Macedonian Con-

quest, Leiden 1986, pp. 19-30. 31 Plutarco si limita a definire apoditticamente i Tasi ajpostavnta~ jAqhnaivwn;

essi, invece, sarebbero stati quanto meno corresponsabili, se non vittime degli A-

teniesi, con i quali erano entrati in conflitto per il controllo dei loro empori co-

stieri e di miniere che essi stessi gestivano, secondo THUC. I 100, 2: «xunevbe Qa-

sivou~ aujtwn ajposthnai, dienecqevnta~ peri; twn ejn th/ ajntipevra~ Qrav/kh/ ejmporivwn

kai; tou metavllou a} ejnevmonto». 32 Conserva memoria dell’assedio Polieno, che offre testimonianza della te-

nace resistenza opposta dagli assediati (e quindi indirettamente della feroce deter-

minazione ateniese) in due passi, in cui ricorda la promulgazione a Taso della pena

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 77

quasi proverbiale disinteresse del biografo per la storia militare, oltre

che per il dato cronografico. Tuttavia, con questa complessiva super-

ficialità espositiva, contrasta la presenza, nel racconto plutarcheo, di

dettagli singolarmente precisi; per ben tre volte sono puntigliosa-

mente indicati i numeri delle navi impiegate, o catturate al nemico:

si dice che Cimone attaccò nel Chersoneso con l’ausilio di solo

quattro navi i Persiani, cui ne furono sottratte ben tredici. Poi, a

proposito dell’assedio di Taso, si ricorda che lo stratego ateniese non

solo espugnò l’isola, ma catturò ben trentatre navi nemiche. La pecu-

liarità dell’informazione plutarchea, già di per sé significativa per la

sua puntigliosa e inusitata precisione in fatto di questioni belliche,

risulta ancor più singolare alla luce del confronto con la pagina tuci-

didea. Lo storico attico, il cui interesse per la storia militare è per

contro ben noto, senza far cenno alle imbarcazioni nemiche conqui-

state, si limita infatti a riferire che Cimone partì per reprimere la ri-

volta di Taso alla guida di cinquanta navi33. Si tratta di una cifra ton-

di morte nei confronti di quegli isolani che si fossero arresi al nemico (II 33) e la

generosa rinuncia da parte delle donne alle loro capigliature, offerte alla città per

la costruzione di funi utili al funzionamento delle macchine da guerra (VIII 67).

Durissime le condizioni di pace imposte dagli Ateniesi, secondo Tucidide (I 101,

3): demolizione delle mura, consegna dell’intera flotta, pagamento di un tributo in

denaro, rinuncia ad ogni pretesa sui possedimenti della costa tracia e sulle minie-

re. I Tasi sarebbero stati costretti anche al pagamento di una forte indennità di

guerra (a causa del lungo assedio), ciò renderebbe ragione del basso ammontare

dell’ aparché del phoros versata dagli isolani fino al 445 ca., quando decuplicò, se-

condo una condivisibile ipotesi formulata di recente (con ricca disamina della pre-

cedente bibliografia) da O. PICARD, Thucydide I. CI et le tribut de Thasos, in «REA»

C (1998), pp. 591-598, seguito, per sua esplicita ammissione, da M. BRUNET, Tha-

sos et son épire à la fin du Ve et au debut du IVe s. avant Jésus-Christ, in P. BRULÉ et J.

OULHEN (ed.), Esclavage, guerre, économie en Grèce ancienne Hommages à Y. Garlan,

Rennes 1997, pp. 229-242. La maggior parte degli studiosi precedenti imputava,

invece, il forte accrescimento del tributo tasio a partire dal 445 ca. al fatto che A-

tene restituì agli isolani i possedimenti minerari sottratti e le loro entrate. A una

restituzione dei soli redditi minerari pensa C. PÉBARTHE, Thasos, l’empire d’Athènes

et les emporia de Thrace, in «ZPE» CXXVI (1999), pp. 131-154. 33 Thuc. I 100, 3.

GABRIELLA VANOTTI 78

da, forse effettivamente rispondente alla verità fattuale, ma destinata

a provocare nel lettore il sospetto che l’informazione sia generica,

forse costruita surrettiziamente a tavolino, in mancanza di dati più

precisi da esibire.

Ma non è tutto, anzi: l’indicazione plutarchea della campagna

nel Chersoneso, che dovette precedere l’assedio a Taso, rappresenta

un unicum; pertanto il dato potrebbe essere ritenuto falso, imputabi-

le alla faciloneria della penna del biografo e alla sua proverbiale im-

precisione cronologica34, se non trovasse preciso riscontro in un’epi-

grafe (IG2 I 928 = IG3 I 114435), recante la lista dei caduti nella cam-

pagna del Chersoneso e nel primo anno di guerra a Taso. Dunque,

sotto il profilo evenemenziale, i fatti, così come riferiti da Plutarco,

non solo risponderebbero in toto alla realtà fattuale, ma risulterebbe-

ro anche, senza dubbio, strettamente conseguenti sul piano cronolo-

gico e strategico.

Le indicazioni fornite da Plutarco, cui si è fatto riferimento, e

che, come si è detto, costituiscono degli unica, preziosi per la loro

specificità, lasciano ipotizzare il ricorso da parte del biografo a una

fonte ben informata sui fatti. E quale fonte potrebbe rispondere a ta-

le requisito meglio di Stesimbroto, pressoché contemporaneo agli

eventi e, in quanto nativo di Taso, forse ad essi compresente36, e

quindi candidato ideale per la trasmissione di dettagli così peculiari?

34 Così già sosteneva MEIGGS, The Athenian Empire, pp. 79-80. 35 Per una ricostruzione del tormentato documento epigrafico, pervenuto in

forma frammentaria, ancora utili le osservazioni di D. W. BRADEEN, The Athenian

Casualty List of 464 B.C., in «Hesperia» XXXVI (1967), pp. 321-328; e così pure il

commento al testo epigrafico presente in B.J. MERITT H.T. WADE GERY M.F.

MCGREGOR (edd.), The Athenian Tribute Lists, III, Princeton 1950, pp. 106-110.

Ivi si sostiene che l’epigrafe in questione corrisponda a quella citata da Paus. I 29,

5, di cui si dirà infra. 36 STES. FGrHist 107 (= 1002) T 1 = PLUT., Cim. IV 5. Pensava al ricorso da

parte di Plutarco a fonti attidografiche già UXKULL-GYLLENBAND, Plutarch, p. 71;

seguito da LOMBARDO, Cimone, p. 159; e di recente da FUSCAGNI, Plutarco, p. 202,

n. 93.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 79

Se tale ipotesi fosse attendibile, ne dovremmo desumere che

Stesimbroto, ricordando il processo, enumerasse, come Plutarco,

anche le res gestae cimoniane in Tracia; in altre parole l’impianto

narrativo del capitolo XIV potrebbe ispirarsi, nel suo complesso,

alla pagina del Tasio.

Ma dall’esposizione plutarchea emergono altri due dati, sui qua-

li vale la pena soffermarsi; essi, se ascrivibili al Tasio, risulterebbero

molto interessanti per fornire una prima valutazione della sua opera.

Nel testo del biografo manca qualsiasi riferimento a un evento

drammatico, occorso agli eserciti ateniesi all’epoca dell’assedio di Ta-

so: si tratta della rotta di Drabesco, ben nota a più di una fonte anti-

ca. E neppure si fa menzione della richiesta di aiuto, ben nota questa

a Tucidide37, che i Tasi, stretti d’assedio, avrebbero rivolto agli Spar-

tani, ottenendone in cambio iniziali promesse, poi non mantenute a

causa del terremoto e della rivolta messenica.

Ma andiamo per ordine, partendo dalla rotta di Drabesco. Co-

me si è detto, l’evento viene riportato da più di una fonte antica:

non solo Tucidide38, ma anche, fra gli altri, Diodoro39, Erodoto, Iso-

crate, Pausania.

Tali fonti sono sostanzialmente concordi nel riferire che gli A-

teniesi, dopo essersi impadroniti di Nove Strade40, penetrati nel-

37 THUC. I 101, 2. Lo storico attico è l’unico a riportare la notizia. 38 THUC. I 100, 3 e IV 102, 1. 39 DIOD. XI 70, 1- 5 (che comprime sotto l’anno 464 l’assedio di Taso, la

fondazione di Nove Strade e la rotta di Drabesco) e XII 68, 2 (in un contesto cro-

nologico assai confuso); ma anche HER. IX 75 (che parla della morte degli strate-

ghi ateniesi Sofane e Leagro a Dato durante le campagne contro i Traci Edoni);

ISOCR. De pace 86 (che ricorda in termini paradigmatici la perdita di migliaia di

opliti da parte di Atene e degli alleati a Dato); PAUS. I 29, 4-5 (che descrive le se-

polture degli strateghi ateniesi caduti a Drabesco, Sofane e Leagro); il confronto

incrociato fra le testimonianze depone per la sovrapponibilità delle località di

Drabesco e Dato. Il secondo toponimo forse indicava l’intera area nella quale sor-

geva Drabesco, secondo il commento di D. Asheri (aggiornato da P. Vannicelli) a

Erodoto Le Storie Libro IX La battaglia di Platea (a cura di D. ASHERI e A. CORCEL-

LA), Milano 2006, p. 277. 40 Su tale fondazione e sulla natura giuridica della “colonia” vd. le puntuali

GABRIELLA VANOTTI 80

l’interno della terra tracia furono sbaragliati dagli Edoni, che mal

sopportavano la loro presenza nella zona. La rotta ebbe eco così vasta

da essere annoverata fra gli eventi più infausti della politica estera a-

teniese, non solo dal già citato Isocrate, ma anche, a quanto pare, ve-

latamente da Aristotele nella sua Costituzione di Atene41.

Plutarco, invece, non solo sorvola sull’evento, ma traccia un bi-

lancio trionfale delle imprese cimoniane in Tracia e nel Chersoneso,

sostenendo tout court che il Filaide si impadronì, senza incidenti di

percorso, delle miniere d’oro della costa antistante l’isola e anche

dell’intera regione sottomessa ai Tasi (ta; cruseia ta; pevran jA-qhnaivoi~ prosekthvsato kai; cwvran h|~ ejph`rcon Qavsioi parevlaben).

L’impostazione narrativa adottata dal biografo si potrebbe giu-

stificare, semplicemente tenendo conto del fatto che a guidare gli o-

pliti ateniesi a Drabesco non sarebbe stato Cimone in persona, ma

piuttosto gli strateghi Sofane42 e Leagro, secondo quanto riferiscono

osservazioni di D. ASHERI, Studio sulla storia della colonizzazione di Anfipoli sino alla

conquista macedone, in «RFIC» XCV (1967), pp. 4-30, part. 7-17. 41 ARIST. Ath.Pol. XXVI 1. Nel passo sono ricordate spedizioni militari, risa-

lenti ad età cimoniana, malamente guidate da strateghi di illustri natali, ma inca-

paci, e funestate da ingenti perdite umane. In merito soprattutto C. BEARZOT, Ci-

mone, il disastro di Drabesco e la svolta democratica del 462/1. A proposito di Aristotele

AP 27, 1, in «AncSoc» XXV (1994), pp. 19-31. Fonte del passo aristotelico sarebbe

Stesimbroto di Taso (attraverso la mediazione teopompea), secondo GOMME,

HCT, I, pp. 48 e 310, ma vd. in proposito le osservazioni di P.J. RHODES, A Com-

mentary on the Aristotelian Athenaion Politeia, Oxford 2006, p. 328. Questo studioso

pensa invece che fonte di Aristotele possa essere stato un pamphlet oligarchico, a-

nalogo a La costituzione degli Ateniesi ps.senofontea. La gravità delle perdite nella

campagna di Drabesco è ancora evidenziata nello scolio già citato a AESCH. II 31.

Secondo Jacoby (Patrios Nomos: State Burial in Athens and the Public Cemetery in the

Kerameikos, in «JHS» LXIV (1944), pp. 37-66), fu proprio a partire da questo e-

vento infausto che in Atene si avviò l’usanza di onorare i caduti dando loro sepol-

tura nel cimitero pubblico del Ceramico. In merito vd. la ampia discussione offer-

ta di recente da HORNBLOWER, CT, I, pp. 292-293. Sulla sfortunata impresa vd.

P. PERDRIZET, Scaptésylé, in «Klio» X (1910), pp. 1-27 e soprattutto il più recente

ISAAC, The Greek Settlements, pp. 24-30. 42 Di Sofane di Decelea si dilunga a magnificare le gesta Erodoto (IX 73-75),

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 81

Erodoto e Pausania43. Nonostante ciò, è difficilmente negabile che

la spedizione si fosse svolta pur sempre sotto la supervisione del Fi-

laide, che sarebbe stato quindi corresponsabile del grave insuccesso

ateniese. Pertanto, il silenzio di Plutarco, e forse ancor prima della

sua fonte44, potrebbe essere stato dettato dalla volontà di oscurare un

ricordandone le imprese mirabolanti compiute, non solo a Drabesco, ove cadde

comportandosi da ajgaqov~, ma soprattutto in occasione della battaglia di Platea e

dell’assedio ateniese a Egina. Forse egli è da identificare con il personaggio men-

zionato da Plutarco (Cim. VIII 1) come Swcavrh~ oJ Dekeleuv~, che si sarebbe fiera-

mente opposto alla concessione di una corona d’olivo a Milziade, dopo la vittoria

a Maratona. Se così fosse, potremmo inferire che nell’elaborazione della tradizio-

ne sulla figura eroica del Deceleico (enfatizzata anche dal monumento funebre de-

dicatogli dagli Ateniesi e ricordato da Pausania), si fossero coagulati i «primi sin-

tomi di una propaganda anticimoniana a cui sicuramente l’impresa di Drabesco

aveva dato grande impulso», come sostiene A.M. BIRASCHI, Tradizioni epiche e sto-

riografia Studi su Erodoto e Tucidide, Perugia 1989, pp. 67-81. In tal senso estrema-

mente interessanti risultano le parole con le quali Erodoto (IX 73) descrive

l’opposizione risalente ad epoca mitica fra l’eroe attico Teseo, rapitore di Elena, e

Deceleo, che restituì ai Tindaridi la sorella, così da guadagnare ai propri conterra-

nei riconoscenza perpetua (ancora valida all’epoca della guerra del Peloponneso)

da parte di Sparta. E’ evidente che l’esposizione di Erodoto è densa di importanti

sottintesi e si presterebbe a più di una chiave di lettura. Per quel che qui ci interes-

sa dal suo testo emerge come fin da tempi antichi l’operato dei Decelei si fosse

opposto a quello di Teseo, eroe, come è noto, particolarmente caro a Cimone. Al-

la luce di queste considerazioni la presenza e il ruolo di Sofane a Drabesco merite-

rebbero ulteriori approfondimenti, tenendo conto che proprio la sfortunata im-

presa segnò l’inizio del declino cimoniano e filaide in generale. Su Leagro e sui

suoi rapporti con Cimone vd. l’accurata analisi condotta da E. CULASSO GA-

STALDI, Le lettere di Temistocle, II, Il problema storico Il testimone e la tradizione, Padova

1990, pp. 106-117. 43 HER. IX 75; PAUS. I 29, 5. Il Periegeta, unico fra i testimoni in nostro pos-

sesso, racconta che sulle truppe ateniesi si abbatterono non solo gli Edoni, ma an-

che i fulmini. 44 Sul dibattuto problema della tendenza di Plutarco nei confronti di Cimone

vd. infra. Naturalmente, se si pensasse con Badian (citato n. 31), che la rotta di

Drabesco possa risalire al 454/3, accettando l’indicazione della data arcontale ri-

cordata nello scolio ad Aesch. II 31, il silenzio di Plutarco sarebbe ampiamente

giustificato.

GABRIELLA VANOTTI 82

episodio infausto nella carriera politica di Cimone45. Naturalmente

ciò acquisirebbe un senso più chiaro, qualora si ritenesse che

l’impianto dell’intero capitolo XIV di Plutarco possa trarre ispirazio-

ne dal procedimento giudiziario intentato contro Cimone e, in par-

ticolare, dalla sua autodifesa.

Ma, come si è già detto, quello su Drabesco non è l’unico silen-

zio che caratterizza l’esposizione plutarchea, se letta in controluce a

quella tucididea, la più autorevole fra quelle a noi pervenute. Il bio-

grafo, infatti, non menziona neppure le enigmatiche trattative, che,

secondo lo storico attico, sarebbero intercorse fra i Tasi e Sparta du-

rante l’assedio cimoniano46: «I Tasi, sconfitti in battaglia e stretti

d’assedio, si rivolsero agli Spartani e chiesero loro di aiutarli inva-

dendo l’Attica. Di nascosto dagli Ateniesi, gli Spartani promisero

che lo avrebbero fatto e già si accingevano a farlo, quando ne furono

impediti dal terremoto in occasione del quale gli Iloti…si arroccaro-

no in Itome».

La notizia tucididea costituisce un unicum, che, per la sua pecu-

liarità, ha destato non poche perplessità fra i moderni, in fatto di at-

tendibilità documentaria. Più di uno studioso47, pur ritenendo cre-

45 Mette in luce l’influenza esercitata dalla catastrofe di Drabesco sull’incrimi-

nazione di Cimone, fra gli altri, BEARZOT, Cimone, pp. 30-31, con ampia rassegna

bibliografica alla n. 43, p. 30. La studiosa sottolinea soprattutto come l’infausto ri-

cordo del disastro aleggi dietro le considerazioni formulate da Aristotele (Ath.Pol.

XXVI 1), ove non solo è contestata la capacità di leadership cimoniana, ma anche la

preparazione militare degli strateghi, eletti sulla base delle glorie familiari, piutto-

sto che per le loro reali abilità belliche. Queste criticità non solo portarono alla

perdita di migliaia di uomini durante le campagne militari, ma determinarono il

rapido declino politico di Cimone e quindi la svolta democratica del 462/1. 46 THUC. I 101, 1-2. 47 Vd. innanzi tutto i pressoché coincidenti commenti al passo tucidideo di

Gomme (HCT I, p. 298) e di Hornblower (CT I, pp. 156-157): entrambi gli studio-

si giudicano difficilmente credibile la notizia di un intervento spartano in Attica in

appoggio a Taso, visto che, poco tempo dopo, in occasione della presa ilotica di

Itome, Cimone poté portare aiuto ai Lacedemoni. Ma vd. soprattutto le condivisi-

bili osservazioni di BADIAN, From Plataea to Potidaea, pp. 134-137, con ampia di-

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 83

dibile che gli abitanti di Taso, spinti dalla disperazione potessero ef-

fettivamente aver rivolto richieste d’aiuto a Sparta, viceversa ha giu-

dicato assai improbabile pensare che la città dorica avesse realmente

promesso di intervenire in favore degli isolani, occupando l’Attica.

Quest’ultima notizia va dunque diversamente inquadrata e per que-

sto forse è indispensabile fare appello ancora una volta al testo di

Plutarco.

Il biografo, infatti, al capitolo XVI del bios cimoniano offre chia-

ra testimonianza del conflitto politico insorto in Atene, quando gli

Spartani chiesero aiuto contro i rivoltosi Messeni, raccontando che

in quell’occasione, mentre Efialte scongiurava i concittadini di non

soccorrere né risollevare una città rivale di Atene, ma di calpestare

l’orgoglio di Sparta, invece Cimone posponeva l’interesse della sua

città ai bisogni di Sparta48.

A nostro avviso, proprio in questo clima di acceso antagonismo

potrebbe essere stata messa artatamente in circolazione dalla fazione

democratica la “falsa” notizia che gli Spartani, proprio quelli che

Cimone si apprestava a beneficare, all’epoca dell’assedio ateniese a

Taso, avessero complottato con gli isolani per invadere l’Attica. La

notizia, come è evidente, aveva lo scopo non solo di screditare Spar-

ta, ma anche di mettere in cattiva luce il suo più forte alleato in Ate-

ne, Cimone appunto, indebolendone la linea politica.

Ma pure dopo l’intervento cimoniano a Sparta e dopo il forzato

e umiliante rientro ad Atene del Filaide, la fazione democratica, for-

te del potere conseguito in città durante la sua assenza, avrebbe po-

scussione della precedente bibliografia alla n. 24 p. 226. Lo studioso non solo giu-

dica la notizia, offerta dallo storico attico, inattendibile, ma ritiene anche l’autore,

Tucidide (o la sua fonte), ben conscio della falsità del proprio assunto e quindi in

mala fede. Attraverso tale versione dei fatti, secondo Badian, Tucidide avrebbe

tentato di gettare il massimo discredito su Sparta, accusandola di mancanza di fe-

deltà alle alleanze e di doppio-giochismo; in tal modo avrebbe riscattato Atene dal-

la colpa di aver rotto l’alleanza con Sparta, dopo le vicende di Itome, e di aver in-

tessuto nuovi legami politici con Argivi e Tessali (Thuc. I 102, 4). 48 PLUT., Cim. XVI 9.

GABRIELLA VANOTTI 84

tuto orchestrare una campagna destabilizzante nei suoi confronti,

usando ogni argomento, anche mendace (come la “falsa” notizia

sull’invasione spartana dell’Attica), per screditare la sua politica filo-

laconica e preparare la via al suo ostracismo.

Se così fosse, la “falsa” notizia, per quanto trasmessa dall’auto-

revole Tucidide, essendo frutto esclusivo della propaganda anti-

cimoniana, elaborata a posteriori, non poteva trovare posto al-

l’interno del racconto dell’assedio a Taso, né poteva trovare posto

all’interno del plutarcheo capitolo XIV, che nel suo insieme si con-

nota come fortemente laudativo nei confronti del Filaide, essendo

sostanzialmente costruito sugli argomenti addotti dal medesimo in

sede giudiziaria a propria discolpa; e, fra questi, la conquista della

ricca Taso e della sua appettibile perea dovette essere certamente

fra i più cogenti.

Ma a chi attribuire la responsabilità del silenzio sulla rotta di

Drabesco e sulla promessa spartana di invadere l’Attica? Alla penna

del medesimo Plutarco, o a quella della sua fonte? Prima di formu-

lare valutazioni affrettate, è indispensabile ragionare sul metodo di

lavoro del biografo.

Come ebbe a sostenere Frank Frost nel suo commento alla Vita

di Temistocle49, “the Lives are not a collection of fragments”. In altre

parole, nell’esaminare i testi plutarchei, bisogna evitare di immagi-

narne l’autore nelle vesti di uno studioso pedante e acritico, sempre

affaccendato a compulsare libri, per estrarne citazioni più o meno

letterali, più o meno epitomate. Piuttosto bisognerebbe pensare che

Plutarco, preparandosi a comporre le Vite, si fosse preventivamente

costruito un proprio corredo di informazioni attraverso la lettura di

quegli autori che lo avevano preceduto ed erano ritenuti specialisti

in materia, in altre parole che si fosse costruito una sorta di bibliote-

ca intellettuale, all’interno della quale si doveva muovere con padro-

nanza e indipendenza, utilizzando e piegando alle sue esigenze espo-

49 F.J. FROST, Plutarch’s Themistocles A Historical Commentary, Princeton 1980,

p. 45.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 85

sitive e al suo personale giudizio le informazioni acquisite attraverso

lo studio e la ricerca personale50.

Dunque, anche qualora si supponesse che Stesimbroto sia la

fonte del capitolo XIV nel suo complesso, non necessariamente bi-

sognerebbe inferirne che quanto si può leggere nella pagina di Plu-

tarco sia da ritenere pedissequamente desunto dall’opera del Tasio,

nei confronti del quale peraltro il biografo si mostra talora assai cri-

tico51, pur essendone debitore forse più di quanto non ammetta.

Quanto sin qui detto suggerisce la massima cautela, e tuttavia

non impedisce di formulare qualche riflessione sulla natura e sulla

tendenza dell’opera di Stesimbroto su Temistocle, Tucidide e Pericle.

Il capitolo XIV plutarcheo (se, come crediamo, ispirato in toto o

in larga parte al Tasio), con il suo racconto delle campagne militari

in Tracia e a Taso, del successivo processo, del comportamento tenu-

to in quella circostanza da Cimone e da Pericle, lascerebbe inferire

che l’opera stesimbrotea non fosse imperniata (come ripetutamente

sostenuto52) solo e soltanto su informazioni scandalistiche e connes-

50 Vd. in tal senso PICCIRILLI, Plutarco, pp. XXXV-XXXVIII; e più di recente

(in relazione alla Vita di Nicia) J. MA. CANDAU, Plutarco como transmisor de Timeo. La

Vida de Nicias, in «Ploutarchos» 2, 2004/5, pp. 19-34, part. p. 19: «Plutarco adap-

ta, modela y combina con gran libertad el material a su disposición». Sulla “biblio-

teca” intellettuale di Plutarco vd. le condivisibili considerazioni di D. AMBAGLIO,

Plutarco e gli storici dell’Occidente, in I. GALLO (ed.), La biblioteca di Plutarco, Napoli

2004, pp. 341-348. 51 Vd. STES. FGrHist 107 (1002) F 1 = PLUT., Them. II, 5-6; F 3 = PLUT.,

Them. XXIV 6-XXV 1; F 8 = PLUT., Per. XXVI 1; F 10b = PLUT., Per. XIII 15-16. 52 Che l’opera di Stesimbroto avesse un’impostazione squisitamente aneddo-

tica è ripetutamente sostenuto dalla critica (parte della quale è raccolta ed esami-

nata con spirito critico da COLETTI, Il valore storico dei frammenti, pp. 61-125). Per

tutti ricordiamo, il significativo giudizio formulato a suo tempo da A.E. RAUBIT-

SCHEK, Theopompos on Thucydides the Son of Melesias, in «Phoenix» XIV (1960), pp.

81-95, part. p. 82: «The relationship between Stesimbrotos and Theopompos will

remain a problem; perhaps one should attribute to the former the anecdotes, to

the latter the political analysis and the chronological framework».

GABRIELLA VANOTTI 86

se alla vita privata dei politici, ma si occupasse anche di praxeis politi-

che e militari.

Come è stato notato da Meiggs e più di recente da Roveri53, le

conquiste cimoniane, come delineate da Plutarco, lascerebbero in-

travvedere un progetto politico articolato, proiettato in prospettive

di sviluppo di ampio respiro, delle quali, a nostro avviso, Stesimbro-

to, per evidenti motivi geografici e cronologici, fu verosimilmente

spettatore e testimone ben cosciente. Se così fosse, potremmo desu-

merne che la sua opera forse non mancasse di fornire una chiave di

lettura “tasia” dell’imperialismo ateniese, di cui l’iniziale e principa-

le attore fu, nel bene e nel male, Cimone. Se così fosse, il silenzio su

Drabesco e sulla promessa spartana di invadere l’Attica acquistereb-

be un valore assai rilevante e indurrebbe a interrogarci sulla valuta-

zione stesimbrotea di Cimone.

La lettura del solo capitolo XIV del bios plutarcheo non consen-

te certo di esprimere a riguardo un giudizio di sintesi, giudizio che

risulta peraltro difficilmente formulabile anche alla luce di un com-

plessivo esame delle restanti avare testimonianze del Tasio.

Molto spesso, sulla base della sua sola provenienza geografica, i

moderni sono pervenuti alla fin troppo facile congettura che egli,

spettatore oculare delle efferatezze compiute dagli Ateniesi guidati da

Cimone a Taso e in Tracia, abbia valutato con profondo rancore

l’operato del Filaide e in generale la politica imperialistica attica54.

Al momento, riservandoci di tornare a vagliare più dettagliata-

mente e complessivamente il problema in altre sedi, ci limitiamo ad

osservare che nella sola Vita cimoniana Plutarco evita di muovere

critiche aperte al predecessore, il che farebbe pensare che le notizie

riportate nel bios e la conseguente valutazione del personaggio non si

53 MEIGGS, The Athenian Empire, pp. 79-91; ROVERI, La spedizione ateniese, pp.

40-44. 54 Non sono, però, di questo parere per es. J. POUILLOUX, Recherches sur

l’histoire et les cultes de Thasos, I, Paris 1954, soprattutto p. 93 n.5; H.W. PLEKET,

Thasos and the Popularity of the Athenian Empire, in «Historia» XII (1963), pp. 70-77.

PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 87

discostassero da quelle stesimbrotee. E poiché il giudizio del biografo

sul Filaide pare nel complesso elogiativo, diventa, a nostro avviso,

difficile immaginare che il ritratto delineato dal Tasio fosse di segno

opposto55.

Dunque, in questo caso, ci troveremmo di fronte a un Plutarco,

lettore acquiescente del Tasio, piuttosto che interprete critico e per-

sino mordace della sua pagina, come accade in altre occasioni56; ma

di un’acquiescenza pur sempre consapevole, non supina.

55 Se lo scritto stesimbroteo fosse stato effettivamente una sorta di trattato an-

te litteram Sui demagoghi, come talora è stato sostenuto, si potrebbe persino ipotiz-

zare che il nome del Filaide non comparisse nel titolo dell’opera (per quanto spu-

rio), poiché non catalogabile all’interno di tale categoria. Sull’incoerenza del titolo

vd. TSAKMAKIS, Das historische Werk des Stesimbrotos, pp. 140-143. Ma sulla natura,

non facilmente decifrabile, dello scritto stesimbroteo ci ripromettiamo di tornare

in altra sede, solo dopo aver condotto un esame complessivo delle testimonianze

del Tasio. 56 Vd. per esempio le mordaci osservazioni riportate in PLUT., Per. XIII 16

(= FGrHist F 10b).