Prove di welfare locale. La costruzione di livelli essenziali di assistenza in provincia di Cremona

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Indice Introduzione e guida alla lettura » 7 1. I livelli essenziali di assistenza a scala locale » 13

1. Perché lavorare sui livelli essenziali delle prestazioni so-ciali?

»

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2. La strutturazione della ricerca-azione e le scelte metodo-logiche

»

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3. Non autosufficienza, definizioni e stime » 25 4. I dati di contesto: un profilo demografico e territoriale

della provincia di Cremona 4.1. Il profilo demografico della provincia di Cremona 4.2. Il contesto territoriale della provincia di Cremona

» » »

34 35 39

2. I livelli essenziali nella declinazione della copertura dei bi-

sogni e della spesa dedicata »

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1. Tassi di copertura dei servizi 1.1. Tassi di copertura dei servizi socio-assistenziali 1.2. Tassi di copertura dei servizi socio-sanitari

» » »

46 47 61

2. La spesa destinata al sostegno della non autosufficienza 2.1. Dati di spesa dei servizi socio-assistenziali 2.2. Dati di spesa dei servizi socio-sanitari

» » »

68 69 79

3. I livelli essenziali nella declinazione delle prestazioni, di

Simona Sambati

»

83 1. Forme di gestione » 84 2. Il SAD e i servizi domiciliari » 84 3. Le integrazioni delle rette socio-assistenziali » 88 4. I buoni sociali » 89

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4. I livelli essenziali nella declinazione delle regole di accesso » 93 1. I criteri di eleggibilità per l’accesso ai servizi

1.1. I criteri di eleggibilità di tipo non economico 1.2. I criteri di eleggibilità di tipo economico

» » »

94 94

101 2. Il livello di standardizzazione nell’accesso al sistema dei

servizi socio-assistenziali »

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3. I modelli di compartecipazione alla spesa » 111 5. Per concludere: piste possibili per la progettazione di livel-

li essenziali di assistenza a scala locale »

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1. Uno sguardo di insieme » 119 2. I livelli attuali di assistenza e le azioni di benchmarking 3. Direzioni possibili per la progettazione di livelli essenziali

di assistenza

» »

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123 3.1. Azioni di riequilibrio territoriale 3.2. Azioni di standardizzazione nell’accesso ai servizi 3.3. Azioni di uniformazione delle regole

» » »

124 128 128

4. Riflessioni conclusive » 129 Allegato » 131 Bibliografia » 135

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Introduzione e guida alla lettura

Lo sviluppo di un welfare territoriale dei servizi richiede oggi una rin-

novata capacità dei contesti locali di costruire un sistema di protezione so-ciale sufficientemente solido e riconoscibile. In assenza di standard minimi e di regole certe e condivise, ogni territorio risponde, infatti, alle molteplici sfide del welfare locale con approcci, logiche di investimento e priorità di-verse. La mancata definizione di livelli essenziali in materia di assistenza a livello nazionale fa sì che non solo non si costituiscano nel nostro Paese le premesse per l’istituzione di diritti soggettivi esigibili in questa materia ma che si perpetui una tradizione di eterogeneità spinta di impianti regolativi, di caratteristiche e ricchezza del sistema dei servizi, di individuazione dei beneficiari e dei destinatari dell’azione pubblica in materia di assistenza. Ovunque, però, ed in ogni caso, si rende necessaria la crescita delle compe-tenze e delle capacità di progettare e programmare le politiche sociali da parte degli enti e degli attori che vi che concorrono, a diversi livelli e con diversi ruoli. In Lombardia dove, a differenza di altre regioni, l’accento si è posto sulla centralità della sussidiarietà (verticale ed orizzontale) quale cri-terio cardine per lo sviluppo del sistema regionale di welfare, non si è pro-ceduto ad un’azione forte nella definizione di livelli regionali di assistenza. La riflessione è lasciata invece alle istanze, alla programmazione e alle sen-sibilità locali nonché alla capacità dei singoli attori -istituzionali e non- di confrontarsi con i dilemmi posti da questa partita e con la loro soluzione. Essa si costituisce, ancora oggi, come uno dei principali possibili ambiti di costruzione di uno spazio pubblico di confronto e di elaborazione sugli o-biettivi, sui fini e sui beni collettivi.

È in questo contesto che si inserisce questo volume. Qui si illustrano gli esiti di una ricerca-azione promossa dal Settore Politiche Sociali della Pro-vincia di Cremona e svolta dal Laboratorio di Politiche Sociali del Politec-nico di Milano nel corso del 2007 e nei primi mesi del 2008 relativa all’analisi e alla progettazione di un sistema di livelli essenziali per la non

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autosufficienza a scala locale. La ricerca-azione ha aperto la strada ad un percorso innovativo, finalizzato a supportare la progettualità della Provincia di Cremona nella riqualificazione delle prestazioni e dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari rivolti all’utenza anziana non autosufficiente presente sul territorio e a rafforzarne l’azione di governance. L’impegno è stato così quello di dare continuità al supporto dei tre ambiti di zona (Cre-ma, Cremona e Casalmaggiore) nella programmazione sociale, proprio a partire dalla diffusa necessità di ridurre le importanti differenze nel sistema dei servizi a livello territoriale e di fornire un valido strumento per uno svi-luppo congruo, equo ed efficiente dell’insieme delle risposte per la non au-tosufficienza sul territorio.

La Provincia di Cremona, raccogliendo gli spunti emersi da ricerche promosse sul territorio e dall’interlocuzione con gli ambiti responsabili del-le programmazione sociale di zona, ha investito, attraverso la ricerca-azione, proprio sulla dimensione conoscitiva propedeutica a qualunque a-zione di sistema si volesse fare sul proprio territorio variamente definito, vale a dire quello provinciale o quello di ambito- distretto1. Impegnata da tempo, attraverso l’attività dell’Osservatorio delle Politiche Sociali, nel monitoraggio dei principali fenomeni sottostanti alle politiche stesse, si è dato il via ad una specifica riflessione sul tema dei livelli essenziali nel campo degli interventi per la non autosufficienza in età anziana, con l’analisi dei livelli di copertura dei bisogni, la ricostruzione dei criteri di ac-cesso ai servizi e delle forme di co-payment con l’intento di contribuire all’omogeneizzazione dell’offerta dei servizi sociali o piuttosto dei criteri e delle condizioni di accesso e delle forme di compartecipazione al costo dei servizi. L’azione si è inserita in un momento piuttosto particolare per quan-to riguarda la revisione gestionale ed organizzativa dei servizi socio-assistenziali sul territorio, alla vigilia della successiva nascita della Comu-nità Sociale Cremasca e del Consorzio Casalasco dei Servizi Sociali. Essa ha avuto un carattere conoscitivo e progettuale: si è trattato innanzitutto di rilevare, operazione inedita non solo nel panorama provinciale, le caratteri-stiche specifiche dei sistemi di protezione sociale volti alla popolazione an-ziana non autosufficiente, comune per comune. La ricostruzione delle carat-teristiche dei sistemi di offerta in materia di dotazione dei servizi, di coper-tura dei servizi, dei criteri di accesso, delle modalità di valutazione sociale e delle forme di compartecipazione alla spesa e quant’altro ha fornito i dati sulla cui base potere individuare e progettare possibili livelli attuali di assi-

1 I due termini saranno utilizzati indistintamente d’ora in poi.

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stenza per l’intero territorio provinciale, dato che sono stati raggiunti, con l’indagine, tutti i 115 Comuni della Provincia.

Il libro vuole restituire il senso del percorso di ricerca su descritto ma ha anche la pretesa di contribuire all’elaborazione di una metodologia utile a supportare i policy maker e gli attori che in qualche maniera sono implicati nei processi di costruzione delle politiche sociali a livello locale. Il tentati-vo di ragionare attorno a come e in che direzione costruire un sistema dei servizi e degli interventi il più omogeneo possibile e con possibilità di svi-luppo sostenibili si è incentrato in questo caso sulla non autosufficienza in età anziana, ma potrebbe essere replicato su altre aree di welfare. Questa è una prima “prova”, da qui il titolo del volume, una prova inedita e innova-tiva, che crediamo possa alimentare in maniera virtuosa la capacità di pro-grammazione zonale.

Vediamo ora l’organizzazione del volume. Il primo capitolo è dedicato a posizionare l’intera questione dei livelli essenziali nel più ampio panorama delle trasformazioni che investono il campo delle politiche sociali, all’illustrazione della ricerca-azione nelle sue varie fasi ed obiettivi e alla discussione delle scelte metodologiche adottate. Va fin d’ora rilevato, infat-ti, come la ricerca-azione svolta abbia richiesto di fare delle scelte concet-tuali e di metodo piuttosto complesse, la cui completa comprensione (e condivisione finalizzata) da parte di chi legge appare cruciale ai fini della comprensione dell’intera proposta. Un esempio per tutti rimanda alle moda-lità di stima del numero di anziani non autosufficienti residenti sul territo-rio, in mancanza di indagini locali sul tema e di fonti statistiche nazionali congruenti con i nostri obiettivi. Il primo capitolo pone dunque le basi per il prosieguo e ad esso si rimanda più volte nel testo.

Con il secondo capitolo ha inizio l’analisi dei livelli attuali di assistenza del sistema di offerta socio-assistenziale e socio-sanitaria rivolto alla popo-lazione anziana non autosufficiente presente sul territorio provinciale. Si presenta una prima declinazione di livello attuale di assistenza relativo al tasso di copertura attuale dei servizi. Sulla base delle stime della popola-zione anziana non autosufficiente si espongono dati relativi ai tassi di co-pertura attualmente raggiunti dalle prestazioni socio-assistenziali e socio-sanitarie. Successivamente, si presentano i dati relativi ad una seconda de-clinazione di livello attuale di assistenza, quello connesso alla spesa. Per ogni prestazione, si è quantificata la spesa annuale per utente attualmente sostenuta dai comuni del territorio.

Nel terzo capitolo si individuano le specificità del sistema di offerta so-cio-assistenziale rivolto alla popolazione anziana non autosufficiente, in termini dei contenuti delle prestazioni. In particolare si analizza nel detta-

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glio che cosa viene teoricamente offerto ai cittadini residenti sul territorio provinciale, ossia si mettono in evidenza le opportunità che si offrono nei diversi contesti territoriali della Provincia in risposta ai bisogni espressi: quali servizi, per quale tipologia di utenza, per quanto tempo, con quale in-tensità/ valore.

Il quarto capitolo è dedicato alla ricostruzione di un ulteriore e fonda-mentale declinazione di livello essenziale, quello delle regole di accesso su cui poggia il sistema di servizi ed interventi per la non autosufficienza in età anziana. Si analizzano i criteri economici e non economici di eleggibili-tà e i modelli di compartecipazione alla spesa nonché le forme e il livello di standardizzazione nelle procedure di accesso ai servizi, tutti aspetti cruciali per valutare l’effettiva fruibilità dei servizi e per dare consistenza ai livelli di assistenza.

Il quinto ed ultimo capitolo è dedicato a ripercorrere gli esiti più cruciali dell’intero percorso e all’individuazione di alcune piste possibili da seguire per la costruzione di livelli essenziali di assistenza a livello locale nel cam-po della non autosufficienza. In esso si espongono le possibili azioni attor-no a cui imperniare un’azione di tipo maggiormente progettuale nel campo della definizione di possibili livelli essenziali su cui convogliare risorse sia di tipo economico, sia di tipo organizzativo e cognitivo.

La ricerca-azione illustrata in questo volume è stata progettata e svolta dal Laboratorio di Politiche Sociali del Politecnico di Milano, sotto il coor-dinamento e la direzione scientifica di Giuliana Costa e di Costanzo Ranci. Vi ha partecipato in qualità di ricercatrice Simona Sambati, portando a ter-mine la raccolta dei dati e parte della loro analisi, grazie anche al sostegno assicurato da una borsa Ingenio (programma operativo Regione Lombardia obiettivo 3 Fondo Sociale Europeo 2000-2006). Fabio Manfredini ha rea-lizzato tutte le mappe qui riportate. La ricerca ha contato fin dalla fase di progettazione con la collaborazione fattiva degli Uffici di Piano dei tre am-biti che insistono sul territorio provinciale e con quella assicurata dal Set-tore Politiche Sociali della Provincia di Cremona.

I nostri debiti di riconoscenza vanno a molte persone di cui probabil-mente non riusciamo a dare qui pienamente conto e con cui ci scusiamo fin d’ora. Qui vorremmo però ringraziare innanzitutto Anna Rozza, Assessore Provinciale alle Politiche Sociali, Massimo Placchi, Dirigente del Settore Politiche Sociali e Cristian Pavanello, Responsabile del Servizio Politiche Sociali che hanno creduto in questo progetto, ma anche Camilla Ghisolfi e Josè Compiani (Settore Politiche Sociali), Tatiana Brocca, Maide Lotti, Angela Picaro, Gemma Chiozzi, Josè Compiani, Davide Vairani, Federico Palla, Eugenia Grossi, Floriana Malvezzi, Chiara Benna, Mariagrazia Fa-

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verzani, Katia Avanzini, Giuseppe Intilla, Cristina Cozzini, Angelo Stan-ghellini, Riccardo Piccioni nonché Giovanni Gillini e Giuseppe Corsini, all’epoca della ricerca a capo della Direzione Sociale dell’ASL Provincia di Cremona.

Il volume, curato nel suo complesso da Giuliana Costa, è stato realizzato a quattro mani ma con le seguenti attribuzioni specifiche: i paragrafi 2 e 4 del primo capitolo e l’intero capitolo 3 sono stati scritti da Simona Sambati. Il paragrafo 3 del primo capitolo è stato scritto da Simona Simona Sambati e da Giuliana Costa. Le restanti parti sono state scritte da Giuliana Costa.

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1. I livelli essenziali di assistenza a scala locale*

1. Perché lavorare sui livelli essenziali delle prestazioni sociali?

In un sistema di welfare quale quello italiano, fortemente frammentato e differenziato territorialmente nelle sue logiche di intervento, si pone oggi al centro dell’attenzione l’esigenza di chiarire, almeno a livello locale, quali siano le prestazioni in campo sociale cui i cittadini possono legittimamente fare affidamento al momento del bisogno. La debolezza istituzionale dell’intero comparto assistenziale sconta il fatto che, a differenza di quelle previdenziali e sanitarie, le politiche socio-assistenziali non possono fare affidamento su diritti garantiti e legittimati dalla Costituzione o da altra strumentazione giuridica (Costa 2007a). A questa condizione si aggiunge una storia di “municipalismo spinto e non regolato” (Saraceno, 2005a) che ha fatto sì che ogni territorio facesse da sé e per sé. La legge quadro di ri-forma dell’assistenza 328/2000 non ha inciso molto su questo assetto, pur avendo avuto, tra gli altri, l’obiettivo di delineare orientamenti e finalità comuni per le politiche sociali. Essa introduce per la prima volta il concetto di “livello essenziale” nell’ambito dell’assistenza sociale e lo iscrive tra le competenze del governo statale. Come noto, a distanza di pochi mesi dall’emanazione della legge quadro sull’assistenza, la riforma del Titolo V della Costituzione assegna alle Regioni la competenza legislativa esclusiva in materia di assistenza, lasciando comunque allo Stato il compito di defini-re i livelli essenziali1. Lo stallo in cui ci si è trovati a livello nazionale su questo fronte ha fatto sì che in questo quinquennio siano fiorite iniziative di

* Il paragrafo 1 di questo capitolo è stato scritto da Giuliana Costa, il paragrafo 2 e 4

sono stati scritti da Simona Sambati, il paragrafo 3 da entrambe. 1 L.3/01, Cost. Parte II, Titolo V, art. 117, comma 2, lettera m. In merito ai livelli essen-

ziali non si fa mai riferimento a specifiche materie (assistenza, istruzione, ecc.), ma alla sola competenza trasversale dello Stato (Leone 2006).

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vario tipo volte a colmare questo vuoto. Alcune Regioni hanno, seppur con concezioni talvolta molto differenti e attraverso più proposte di legge, ten-tato di definire un sistema di livelli essenziali di assistenza mentre altre non si sono attivate in questo senso. Anche gli enti locali variamente organizzati hanno cercato di rispondere alle esigenze più o meno diffuse di ammoder-namento dei sistemi di cittadinanza e di protezione sociale. Se a livello na-zionale la partita del sociale è stata pertanto lasciata ad una situazione di incertezza dovuta alla mancanza di precise direttive, il concetto stesso di “livello essenziale” rimane suscettibile di diverse interpretazioni, ognuna delle quali sottende un preciso e differente orientamento di valore (fra gli altri, Gori 2004; Leone 2006; Mipa 2003; Tardiola 2006, Gualdani 207). La loro definizione rimane così intrappolata in una confusione terminologica e lessicale, si pensi ad esempio ai differenti acronimi utilizzati2. È chiaro che l’utilizzo di acronimi diversi sottende differenti orientamenti di valore, si pensi ad esempio alla discussione circa l’opportunità di definire “livelli es-senziali” o “livelli minimi” e le conseguenze che da tale scelta possono sca-turire in termini di responsabilità pubblica e di risorse ad esse collegate. La complessità e la delicatezza del tema rimanda però soprattutto alle caratte-ristiche da attribuire a tali livelli. Sono da intendere come diritti individuali a prestazioni e quindi come diritti esigibili? O piuttosto come tipologie di offerta intese sia come standard quantitativi o qualitativi minimi da rispetta-re? La domanda non è oziosa viste le implicazioni di finanza pubblica e di costruzione di norme e forme di reale tutela dei cittadini in caso di inadem-pienze su questo piano. Ancora, si pone il problema di quale scala territo-riale possa essere adeguata ad una corretta e proficua definizione di livelli essenziali. A differenza della sanità in cui i livelli sono stati, seppur con al-terne e difficili vicende, definiti in maniera unitaria, scontando in ogni mo-do le differenze tra i diversi luoghi del paese in termini di dotazione di ser-vizi, nel sociale questa ricomposizione delle profonde differenze non è stata attuata mediante il passaggio normativo cogente a livello nazionale. La par-tita del sociale, da questo punto di vista, è ancora più ardua visti i meccani-smi di “dipendenza dal percorso” (North 1994) che si porta dietro: non so-lo esistono enormi differenze tra regioni, tra nord e sud, ma anche tra terri-torio nella stessa regione, tra provincia e provincia, tra comune e comune, tra zone densamente popolate e zone di montagna, nonché lungo tante altre linee di frattura.

2 Qui di seguito i seguenti acronimi più in uso: LEA per “livelli essenziali di assistenza”,

LEPS per “livelli essenziali delle prestazioni sociali”, LIVEAS per “livelli essenziali di assi-stenza sociale”, ecc.

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La pianificazione sociale sviluppata attraverso lo strumento dei piani di zona, ha in qualche maniera intercettato ovunque le difficoltà connesse alla partita dei livelli essenziali non riuscendo a modificare nella sostanza il quadro di forte disomogeneità sia nella dotazione di servizi e di interventi a favore dei cittadini, sia nelle loro logiche di accesso. Essa ha evidenziato in non pochi territori la necessità di lavorare attorno alla costruzione di sistemi locali di livelli essenziali di assistenza o quanto meno di meccanismi co-muni per la definizione degli obiettivi dei servizi e dell’intervento pubblico, delle priorità di investimento, delle regole per l’accesso alle risorse a regia pubblica.

È in quest’ottica che si colloca il lavoro qui presentato. Il tentativo di ri-costruire lo stato dell’arte in materia di offerta sociale nel campo della non autosufficienza va nella direzione di individuare livelli di assistenza attuali intendendoli come dotazione di alcuni servizi sul territorio e quindi come capacità di coprire i bisogni potenziali (emersi e non), come livello di spesa ad essi riferiti e come sistemi delle regole con cui sono implementati e for-niti. Si tratta di una logica mista, che combina una riflessione sulle tipolo-gie di offerta minime per ogni realtà territoriale con una riflessione sul tema del modo in cui i cittadini vi hanno accesso. Qui ci si discosta quindi da buona parte delle discussioni (anche dottrinali) attualmente in atto attorno alla questione dei livelli essenziali nel sociale, incentrate soprattutto sull’eventuale definizione di diritti individuali a ricevere prestazioni esigi-bili o, viceversa, sulla definizione degli standard di qualità dei servizi (Gori 2003 e 2004, Gualdani 2007) in termini di utilizzo di personale e così via. Come si avrà modo di approfondire oltre, si propongono di volta in volta diverse declinazioni possibili del concetto di “livello essenziale” attraverso l’utilizzo di indicatori di varia natura e genere. Tali declinazioni fanno chia-ro riferimento ad una dimensione locale -in questo caso il territorio provin-ciale cremonese- e alle logiche che a tale scala possono essere attuate. È in questo senso che si è trattato di fare delle “prove di welfare locale”, come suggerito dal titolo del libro.

2. La strutturazione della ricerca-azione e le scelte metodologiche

La ricerca-azione è stata avviata con la creazione di un gruppo di lavoro che ha costituito la cabina di regia lungo tutto il percorso di ricerca, compo-sto da esponenti e rappresentanti della Provincia di Cremona, del Laborato-rio di Politiche Sociali del Politecnico di Milano, dell’Azienda Sanitaria

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Locale3, degli Uffici di Piano dei tre ambiti di zona e dell’ARSAC (Asso-ciazione RSA della Provincia di Cremona). Il primo passaggio che il grup-po di lavoro ha dovuto compiere, è stato quello di definire la scala territo-riale più significativa in base alla quale avviare la ricostruzione dei livelli attuali di assistenza. Si è deciso di considerare l’ambito di zona quale unità di analisi e di fissare quello comunale quale unità di rilevazione dei dati. L’adozione della scala territoriale comunale come unità di rilevazione, all’interno del contesto provinciale, ha permesso infatti di compiere una minuziosa ed approfondita rilevazione dei livelli attuali di assistenza rivolti alla popolazione anziana non autosufficiente. Ciò ha significato interpellare tutti i centoquindici comuni del territorio provinciale. È stato distribuito lo-ro uno strumento di rilevazione, nominato “scheda di rilevazione dei dati”, atto a raccogliere informazioni su ogni tipologia di prestazione considerata. Ciò ha permesso di conseguire una conoscenza capillare – comune per co-mune – del livello di offerta e di copertura del bisogno potenziale attual-mente esistente presso i servizi sociali di tutto il territorio provinciale. Tale operazione ha riscontrato non poche difficoltà dal momento in cui vi sono realtà comunali molto piccole i cui servizi sociali sovente non prevedono l’erogazione delle prestazioni osservate e/o non dispongono di regolamenti formalizzati. Ciononostante il comune è risultato il livello territoriale più adeguato per ottenere una “fotografia” dettagliata e completa dei diversi si-stemi di protezione sociale rivolti alla popolazione non autosufficiente. Es-so ha costituito infatti la scala territoriale minima sulla base della quale è stato possibile compiere diverse analisi tanto a livello intra-distrettuale quanto a livello inter-distrettuale. L’opportunità di avere informazioni sui servizi sociali dei singoli comuni ha dato, infatti, adito alla comparazione dei livelli di protezione sociale sia tra comuni dello stesso distretto sia tra comuni di distretto differente. Ciò ha significato, per esempio, fare delle simulazioni di riequilibrio per ogni comune del territorio provinciale sulla base di alcune soglie di assistenza dapprima calcolate a livello distrettuale ed infine a livello provinciale.

In sintesi, si sono adottate tre differenti scale territoriali in base alle di-verse analisi e ipotesi di riequilibrio. Il comune è stato identificato come l’unità di rilevazione minima per il raggiungimento di una puntuale e com-

3 L'ASL della Provincia di Cremona, costituitasi nel 1998 a seguito della fusione della

ex USSL 23 di Cremona, della ex USSL 24 di Crema e di parte della ex USSL 20 di Casal-maggiore – Viadana, attualmente comprende tutto l'ambito provinciale con i suoi 115 Co-muni ed è articolata nei 3 distretti socio-sanitari di Cremona, Crema e Casalmaggiore (coin-cidenti con i tre ambiti di zona).

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pleta conoscenza dei sistemi di offerta esistenti. Tale conoscenza si è dimo-strata necessaria per realizzare simulazioni di riequilibrio, a partire dal li-vello di assistenza di ogni singolo comune, sia interni ad ogni ambito sia a livello provinciale. L’ambito di zona è stato considerato come lo spazio pubblico di confronto e di elaborazione dei dati più idoneo per mettere in luce le differenze esistenti in materia di approcci e interventi presenti sia al proprio interno sia sul territorio provinciale. Il territorio provinciale è stato assunto come “base di riferimento” per ogni azione di riequilibrio: con l’obiettivo di omogeneizzare quantità e qualità dei servizi sociali del territo-rio provinciale, si sono assunti i parametri provinciali come soglie di assi-stenza da raggiungere per portare ad un livello uniforme tutti i comuni di ogni distretto.

Così come per i servizi socio-assistenziali, anche per quelli socio-sanitari rivolti agli anziani non autosufficienti, la raccolta dei dati e delle informazioni è stata compiuta su scala comunale. Grazie alla collaborazio-ne del Dipartimento per le attività socio-sanitarie integrate (ASSI)4 dell’ ASL della Provincia di Cremona. Così, sono stati raccolti i dati relativi ai servizi socio-sanitari secondo la logica qui proposta, vale a dire, sulla base del comune di residenza degli utenti. Tale scelta è stata fondamentale per poter procedere ad una lettura integrata degli interventi socio-assistenziali e socio-sanitari su scala comunale. È stato in tal modo possibile analizzare dal basso, comune per comune, i livelli attuali di assistenza volti alla popo-lazione anziana non autosufficiente sulla base di un lavoro congiunto delle linee di intervento previste nei due versanti – quello socio-assistenziale e quello socio-sanitario.

Per quanto riguarda il versante socio-assistenziale, il gruppo di lavoro ha identificato i servizi e le prestazioni rivolti agli anziani non autosuffi-cienti sulla base di una classificazione utilizzata dall’Osservatorio delle Po-litiche Sociali della Provincia per la rilevazione dei dati di spesa nella pia-nificazione zonale. L’individuazione della tipologia di offerta sulla quale dare avvio la rilevazione dei livelli attuali di assistenza è stata compiuta sulla base delle seguenti criteri:

- selezionare i servizi e le prestazioni che rientrano esclusivamente nella categoria di fabbisogno sulla quale si centra il progetto di ricerca-azione, ossia la popolazione anziana non autosufficiente5;

4 Il Dipartimento per le attività socio-sanitarie integrate (ASSI) programma, gestisce e

verifica, in collaborazione con le strutture distrettuali, l'integrazione delle funzioni socio-sanitarie con quelle sanitarie e socio-assistenziali.

5 Pertanto si è proceduto con l’escludere dall’elenco dei possibili servizi, l’assistenza economica generica in quanto consiste in una erogazione di contributi economici utilizzabili

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- considerare soltanto le prestazioni erogate a livello locale dal mo-mento in cui il lavoro di rilevazione dei dati è centrato sul sistema di of-ferta regolato ed erogato direttamente a livello provinciale, distrettuale e/o comunale6; - osservare, nell’ambito dei titoli sociali, solo il buono sociale poiché il voucher sociale è una misura che, sul territorio della Provincia di Cremona, nel periodo di avvio della raccolta dei dati (primi mesi del 2007) era ancora in corso di definizione. In breve, i servizi e le prestazioni socio-assistenziali sui quali il gruppo

di lavoro ha deciso di condurre l’analisi dei livelli attuali di assistenza sono i seguenti:

1) servizi residenziali: integrazioni delle rette socio-assistenziali per i ri-coveri continuativi/definitivi presso le RSA, per i ricoveri di sollievo presso le RSA, presso gli alloggi protetti; 2) servizi semi-residenziali: integrazioni delle rette socio-assistenziali per i CDI; 3) servizi domiciliari: SAD (servizio assistenziale domiciliare), telesoc-corso, servizio di consegna pasti a domicilio, trasporto protetto; 4) titoli sociali: buono sociale; 5) iniziative locali rivolte alle assistenti familiari7. Per quanto riguarda il versante socio-sanitario, il lavoro è consistito nel

richiedere presso il Dipartimento ASSI dell’ASL alcuni dati e alcune in-formazioni, a loro già in possesso, relativi ai seguenti servizi socio-sanitari rivolti ai cittadini over 65 non autosufficienti8: ADI (assistenza domiciliare

per integrare il reddito, acquistare derrate alimentari, farmaci e straordinari e destinati alla persona indipendentemente dall’età; gli alloggi ERP (Edilizia Residenziale Pubblica); i sog-giorni di vacanza per anziani poiché è un servizio le cui adesioni sono piuttosto limitate e inoltre, pur rivolto alla popolazione anziana, non riguarda direttamente i non-autosufficienti; i CDA (Centro Diurno Anziani) in quanto si tratta di realtà spontanee ed autogestite nei con-fronti delle quali il comune molto spesso ha la sola funzione di garantire la fornitura degli spazi e la copertura delle spese relative al mantenimento della struttura (bollette luce, ecc.). Tali centri non richiedono alcuna retta mensile, ma eventualmente, a discrezione dell’ente gestore ,solo delle tessere associative.

6 Non si sono quindi considerate prestazioni fornite su base nazionale, come ad esempio l’indennità di accompagnamento.

7 Una dimensione poi accantonata vista la modestia di iniziative in questo senso all’epoca della rilevazione.

8 Le informazioni relative ai servizi socio-sanitari qui riportate, sono state raccolte dalle seguenti fonti pervenute dal Dipartimento ASSI dell’ASL della Provincia di Cremona: Do-cumento di programmazione e coordinamento. Attività socio-sanitarie integrate, anno 2007; La rete dei Servizi di Cure Domiciliari Sanitarie e Socio-sanitarie, anno 2006 e dalla Carta dei servizi dell’ASL della Provincia di Cremona consultabile on-line sul sito “http://www.aslcremona.it/html/cartaservizi/assi/assi.htm”.

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integrata) tramite voucher; Centri diurni integrati (CDI); Residenze sanita-rie assistenziali (RSA); Istituti di riabilitazione geriatrica. Per ciascun servizio e prestazione socio-assistenziale sui quali compiere la ricognizione dei livelli attuali di assistenza, si è proceduto con l’identificazione dei dati necessari alla costruzione di indicatori puntuali capaci di “scattare una fotografia” il più possibile realistica ed attuale dei sistemi locali di offerta rivolti agli anziani non autosufficienti. Gli indicatori da cui far discendere i dati da rilevare o ricavare sono stati raggruppati in quattro tipologie: indicatori di spesa, indicatori relativi al si-stema delle regole, indicatori relativi alla profilatura dell’utenza e del servi-zio erogato, indicatori di copertura (tav. 1). Tav 1. Indicatori relativi al versante socio-assistenziale

Indicatori di spesa

Spesa anziani sul totale spesa sociale

Spesa anziani non autosufficienti (d’ora in avanti, NA) sul totale spesa sociale

Spesa anziani NA pro-capite

Spesa anziani NA sul totale spesa anziani

Spesa per SAD e per servizi domiciliari aggiuntivi (Consegna pasti, Telesoccorso, Tra-sporto protetto) per anziani sul totale spesa anziani

Spesa per integrazioni rette socio-assistenziali sul totale spesa anziani

Spesa per integrazioni rette socio-assistenziali per RSA/ricoveri di sollievo/CDI/alloggi protetti sul totale spesa integrazioni rette socio-assistenziali

Spesa per buono sociale sul totale spesa anziani

Compartecipazione alla spesa per servizi/prestazioni rivolti agli anziani NA sul totale spesa anziani

Compartecipazione media alla spesa per servizi/prestazioni rivolti agli anziani da parte degli utenti anziani NA

Spesa media anziani NA per utente

Spesa media anziani NA per portatore di bisogno

Indicatori relativi al sistema delle regole

Soglia di condizione economica annua media oltre la quale non si può usufruire delle in-tegrazioni rette socio-assistenziali per RSA

Soglia di condizione economica annua media oltre la quale non si può usufruire delle in-tegrazioni rette socio-assistenziali per ricoveri di sollievo

Soglia di condizione economica annua media oltre la quale non si può usufruire delle in-

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tegrazioni rette socio-assistenziali per CDI

Soglia di condizione economica annua media oltre la quale non si può usufruire delle in-tegrazioni rette socio-assistenziali per alloggi protetti

Soglia di condizione economica annua media entro la quale il SAD è gratuito/ al di sopra della quale il SAD richiede la compartecipazione massima

Soglia di condizione economica annua media entro la quale i servizi domiciliari aggiun-tivi (consegna pasti, telesoccorso, trasporto protetto) per anziani sono gratuiti/ al di sopra della quale richiedono la compartecipazione massima

Indicatori relativi alla profilatura utenza e servizio erogato

Numero di utenti seguiti nell’anno di riferimento dal SAD e dai servizi domiciliari ag-giuntivi (consegna pasti, telesoccorso, trasporto protetto) per anziani (distinzione M/F e per fasce di età)

Numero di nuove richieste di presa in carico presso SAD nell’anno di riferimento

Età media degli utenti seguiti dal SAD nell’anno di riferimento

N. totale di dimissioni dal SAD nell’anno di riferimento (di cui persone trasferite in struttura residenziale/ di cui persone decedute)

Numero di utenti over 65 presi in carico (ossia nuovi) dal SAD anziani nell’anno di rife-rimento

Numero di utenti over 65 seguiti contemporaneamente dal SAD anziani e dall’ADI nell’anno di riferimento (distinzione per comune e ambito)

Numero di beneficiari dell’integrazione delle rette socio-assistenziali per RSA, ricoveri di sollievo, CDI, alloggi protetti (distinzione M/F e per fasce di età)

Numero di beneficiari over 65 del buono sociale (distinzione M/F e per fasce di età)

Numero di beneficiari over 65 dell’indennità di accompagnamento in carico dai servizi rivolti agli anziani NA (distinzione per servizio, per comune/per ambito)

Numero di persone riconosciute invalide e prese in carico dai servizi rivolti agli anziani NA (distinzione per servizio, per comune/per ambito)

Numero di persone affetti da demenza in carico ai servizi rivolti agli anziani NA (distin-zione per servizio, per comune/per ambito)

Numero di utenti che non pagano il SAD e numero utenti che pagano la tariffa massima del SAD

Numero di servizi/prestazioni rivolti agli anziani NA erogati presso il comune/ambito

Numero di ore erogate nell’anno dal SAD

Numero di persone in lista di attesa ai servizi/misure di sostegno rivolti agli anziani NA

Durata media di attesa per fruire dei servizi/prestazioni rivolti agli anziani NA

Tempo medio di presa in carico dal SAD e di fruizione dell’integrazione delle rette so-cio-assistenziali per RSA, ricoveri di sollievo, CDI, alloggi protetti

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Indicatori di copertura

Tasso di copertura del servizio SAD [N. utenti SAD over 65/ totale stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito]

Tasso di copertura dei servizi domiciliari aggiuntivi (consegna pasti, telesoccorso, tra-sporto protetto) per anziani [N. utenti dei servizi domiciliari aggiuntivi/ totale stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito]

Tasso di copertura del buono sociale [N. beneficiari over 65 del buono sociale/ totale stima popolazione 65+ NA (%) del co-mune/dell’ambito]

Tasso di copertura dell’integrazione rette in RSA/ricovero di sollievo/CDI/alloggi protet-ti [N. beneficiari over 65 delle integrazione rette / totale stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito] [N. beneficiari over 65 delle integrazione rette/ sul totale utenti 65+ in RSA/CDI/alloggi protetti (%) del comune/dell’ambito]

Raccogliere questo tipo di dati e di informazioni ha consentito di stabili-

re il livello di assistenza esistente degli interventi sociali erogati a favore degli anziani non autosufficienti nei diversi contesti territoriali della Pro-vincia. Tale ricostruzione dell’offerta socio-assistenziale per le persone non autosufficienti in età anziana, ha fatto sì che si evidenziassero gli aspetti tanto simili quanto dissimili in materia di approcci, impianti regolativi, do-tazione, copertura ed intensità degli interventi sociali sia all’interno di un medesimo ambito sia tra ambiti di zona diversi. In particolare gli indicatori sopra elencati sono stati individuati in quanto in grado di leggere determi-nati aspetti connessi a: criteri adottati di eleggibilità: di tipo economico (li-vello di reddito, ecc.) e di tipo non economico (età, livello di non autosuffi-cienza, dotazione di reti familiari, ecc.); forme di compartecipazione alla spesa delle prestazioni da parte dell’utenza; livello di copertura del fabbi-sogno; livello della spesa pro-capite; tipi di prestazioni fornite.

Guardiamo più da vicino l’importanza di questi elementi informativi. Con lo scopo di mettere in luce le caratteristiche che accomunano o distin-guono i sistemi locali di welfare presenti sul territorio cremonese e rivolti alla popolazione anziana non autosufficiente, è stato necessario ricostruire una serie di informazioni in grado di chiarire la frammentata geografia dei sistemi locali di protezione sociale:

1. le logiche di accesso ai servizi e agli interventi: l’insieme delle condizioni in base alle quali si decide o meno di prendere in carico de-terminati utenti. La determinazione delle regole e dei criteri di eleggibi-lità può variare in riferimento ai diversi livelli di governo e in riferimen-to allo stesso tipo di prestazione. Questo tipo di informazione è risultato

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utile in occasione della valutazione ex post dei risultati raggiunti. Nell’evidenziare, infatti, i requisiti di accesso economici e non econo-mici richiesti, si è rilevato il grado di estensione o, al contrario, di selet-tività di una determinata misura o servizio erogati sul territorio; 2. le forme di compartecipazione ai costi: l’esistenza o meno di forme e meccanismi di co-payment da parte degli utenti dei servizi a regia pubblica e le loro caratteristiche. Esiste su questo specifico aspetto dei sistemi delle regole una forte frammentazione a livello locale. Per ogni comune infatti il ricorso alle forme di compartecipazione rimanda a scelte di tipo economico, nonché a precise prerogative finanziarie che spesso dipendono dall’indirizzo gestionale e dall’orientamento politico. Data la scarsità di risorse e la crescita della domanda di prestazioni di servizio, sempre più spesso i comuni, chiedono agli utenti di partecipare alla spesa ma con logiche e in proporzioni rispetto al loro costo anche molto diversificate. Infatti, “oggi, l’aumento della domanda di presta-zioni legata all’invecchiamento crescente della popolazione, sommato alla stretta nei bilanci comunali, spinge gli enti locali a dotarsi di mec-canismi con cui richiedere la partecipazione degli utenti ai costi del so-stegno assicurato” (Costa 2007b, p. 62); 3. il livello di copertura del fabbisogno : l’effettivo grado in cui i bi-sogni di assistenza presenti sul territorio vengono di fatto riconosciuti e tutelati da parte dei sistemi locali di protezione sociale. Esso misura l’estensione e l’intensità della copertura dei servizi rispetto alla popola-zione potenziale in stato di bisogno. I tassi di copertura sono stati calco-lati in riferimento al totale della popolazione non autosufficiente in età anziana (over 65 anni) stimata. Per le note metodologiche relative al calcolo della stima della popolazione anziana non autosufficiente si ri-manda al prossimo paragrafo; 4. il livello della spesa pro-capite: costituito dal rapporto tra la spesa complessivamente erogata e gli utenti presi in carico. 5. la tipologia delle prestazioni fornite: quali sono le possibilità a di-sposizione degli anziani non autosufficienti residenti in un determinato territorio, quali combinazioni sono –almeno a livello teorico- fruibili e quale compatibilità esiste tra i diversi servizi esistenti a favore degli an-ziani non autosufficienti. L’attenzione è stata inoltre posta nel capire il livello di connessione e comunicazione tra i due versanti dell’intervento a favore delle persone anziane non autosufficienti, quello socio-assistenziale e quello socio-sanitario, cercando di rilevarne la congruen-za e l’adeguatezza.

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Sul versante socio-sanitario si sono identificati indicatori che consento-no una valutazione ex post dei livelli di assistenza raggiunti dai singoli ser-vizi socio-sanitari osservati: indicatori di spesa, indicatori relativi alla profi-latura dell’utenza e del servizio erogato e indicatori di copertura (tav. 2).

Tav. 2 . Indicatori relativi al versante socio-sanitario

Indicatori di spesa

Spesa socio-sanitaria rivolta agli over 65 dell’ASL nell’anno 2006 per distretto

Spesa da parte dell’ASL relativa alle RSA (esclusi i ricoveri di sollievo) nell’anno 2006 per distretto

Spesa da parte dell’ASL relativa ai ricoveri di sollievo in RSA nell’anno 2006 per di-stretto

Spesa da parte dell’ASL relativa ai CDI nell’anno 2006 per distretto

Spesa da parte dell’ASL relativa alla riabilitazione (IDR) nell’anno 2006 per distretto

Spesa da parte dell’ASL relativa all’ADI rivolto agli over 65 (complessiva e distinta per Voucher SS e Credit) nell’anno 2006 per distretto

Indicatori relativi alla profilatura utenza e servizio erogato

N. ospiti over 65 in RSA suddivisi per comune di residenza (escluso i solventi) nell’anno 2006

N. di persone in lista di attesa per l’accesso in RSA al 31.12.06 secondo comune di resi-denza

N. di utenti over 65 seguiti in CDI nell’anno 2006 suddivisi secondo comune di residen-za

N. di utenti over 65 seguiti in ADI nell’anno 2006 secondo comune di residenza

N. di utenti over 65 seguiti in riabilitazione (IDR) nell’anno 2006 secondo comune di re-sidenza

N. di utenti over 65 seguite in cure domiciliari tramite voucher nell’anno 2006 secondo comune di residenza

Indicatori di copertura

Tasso di copertura dell’ADI [N. utenti ADI over 65/ stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito]

Tasso di copertura dei ricoveri in RSA [N. utenti over 65 in RSA/ stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito]

Tasso di copertura dei CDI [N. utenti over 65 dei CDI/ stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito]

Tasso di copertura degli istituti di riabilitazione [N. utenti over 65 degli istituti di riabili-tazione/ stima popolazione 65+ NA (%) del comune/dell’ambito]

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Le prime fonti informative relative al versante socio-assistenziale sono stati gli strumenti di programmazione dei tre ambiti di zona, i Piani di Zona e i Piani Operativi9. Per quanto riguarda la rilevazione dei dati di spesa so-ciale a livello comunale, si è fatto affidamento ai flussi informativi richiesti dalla Regione Lombardia nella “Scheda di monitoraggio della spesa socia-le”, uno strumento di rendicontazione facente parte dell’insieme del debito informativo verso l’ente regionale. Il dispositivo, che ha apportato la mag-gior parte di informazioni da un punto di vista qualitativo e quantitativo, è stato invece costruito appositamente da parte delle ricercatrici sulla base degli indicatori su illustrati. Le “schede di rilevazione dati” sono state riuni-te in quattro gruppi riguardanti il SAD, i servizi domiciliari aggiuntivi (te-lesoccorso, consegna pasti a domicilio, trasporto protetto), le integrazione delle rette socio assistenziali per l’accesso a RSA (ricoveri continuativi e ricoveri di sollievo), CDI e alloggi protetti e da ultimo, i buoni sociali.

Ogni scheda è stata divisa in due parti, A e B. La parte A è relativa al si-stema delle regole ed è funzionale alla raccolta di dati relativi a: l’esistenza o meno di un regolamento e di una scheda di valutazione sociale per l’accesso ai singoli servizi; il tipo di gestione a livello territoriale; i conte-nuti delle prestazioni; gli orari e i giorni del servizio; i criteri di eleggibilità economica e gli strumenti di valutazione della situazione economica dei ri-chiedenti; le forme di compartecipazione alla spesa da parte degli utenti; i criteri di eleggibilità non economica (residenza, età, bisogno socio-assistenziale, rete familiare) e le modalità di accertamento; il costo e la ta-riffa oraria/giornaliera/mensile del servizio o della misura; le informazioni circa la compatibilità con altre misure di sostegno e/o servizi e i criteri per la composizione di eventuali graduatorie. Il periodo di riferimento per il si-stema delle regole è stato l’anno 2007, vale a dire che si è chiesto di compi-lare le schede avendo a mente la situazione dell’anno 2007 e di segnalare eventualmente cambiamenti intercorsi da quell’anno all’anno in corso (il 2008).

La parte B è a sua volta divisa in due parti: la parte B.1 è relativa alla profilatura dell’utenza, la parte B.2. è relativa alla profilatura del servizio/ misura di sostegno erogati. I dati di questa sezione, differentemente dalla prima, sono stati raccolti in riferimento al 2006, anno che, rispetto al perio-do di avvio della ricerca-azione, era appena trascorso. Tale scelta ha rispo-

9 Il cosiddetto Piano Operativo, talvolta chiamato “Piano economico finanziario” o “Pi-

ano esecutivo di gestione”, è un documento di attuazione e sistemazione delle previsioni finanziarie annuali del Piano di Zona. La sua importanza è consistita nel render noto la de-stinazione delle risorse economiche per ogni area tematica e per ogni prestazione erogata.

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sto alla necessità di avere a che fare con dati già validati e di poter assicura-re una adeguata comparabilità fra le diverse aree territoriali. In questa parte si è chiesto: il numero di utenti, distinti per età e per genere, seguiti nell’anno di riferimento; il numero di utenti nuovi presi in carico nell’anno; il contesto di convivenza degli utenti (quanti vivono da soli, con assistente familiare o in famiglia); il numero di utenti che usufruiscono contempora-neamente anche di altri servizi; il numero di utenti in carico che usufrui-scono dell’accompagnamento, dell’invalidità o ai quali è riconosciuta una demenza; il numero di persone in lista di attesa, il numero di ore erogate nell’anno, la durata media del tempo di presa in carico.

Prima di ottenerne la versione definitiva, le “schede di rilevazione dati” sono state testate – nella chiarezza espositiva del loro sistema di compila-zione - presso un comune di ogni distretto, secondo la disponibilità delle (o degli) assistenti sociali. Una volta completato il test di prova, le schede so-no state distribuite presso tutti i comuni del territorio provinciale dagli Uf-fici di Piano di riferimento. Per agevolarne la compilazione, le schede sono state inoltre accompagnate da una relativa Guida alla compilazione che spiegava nel dettaglio le fasi della procedura. La compilazione è stata, nella maggior parte dei casi, a cura delle (o degli) assistenti sociali. In seguito, le schede compilate sono state raccolte dagli Uffici di Piano.

L’ultima fase della ricerca ha consistito nell’analisi dei dati raccolti e nella costruzione di indicatori e dati di sintesi utili a rendere conto di ciò che abbiamo definito livelli attuali di assistenza, presentati estesamente nei prossimi capitoli10. In questa sede è però opportuno descrivere nel dettaglio alcune operazioni di base che attengono a scelte metodologiche di fonda-mentale importanza, in particolare quelle connesse alla definizione di non autosufficienza adottata nella ricerca e nell’intero ragionamento sui livelli essenziali ad essa legati. 3. Non autosufficienza, definizioni e stime

Mancano oggi, nel nostro Paese, definizioni codificate della “non auto-sufficienza”. Non è dunque possibile ottenere dati di natura amministrativa

10 I dati sono stati riversati in diverse matrici e trattati con due programmi, Excel (per le variabili cardinali a livello comunale) e SPSS (per tutte le altre elaborazioni). Si è utilizzato un programma GIS per l’elaborazione dei cartogrammi. Le variabili a disposizione inizial-mente erano circa 400; successivamente, nell’analisi, sono state create circa 100 variabili sottoforma di indicatori e indici. La raccolta dei dati si è protratta dal mese di marzo del 2007 al mese di marzo del 2008, con qualche approfondimento residuo nei mesi seguenti.

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che permettano la determinazione precisa di quante siano le persone non autonome su scala sia nazionale sia locale. Al fine di raggiungere una cor-retta identificazione, almeno sul piano metodologico, della stima di persone non autosufficienti presenti sul territorio, si è deciso di fare affidamento al-la fonte statistica a livello nazionale più largamente condivisa e riconosciu-ta come valida, in grado di fornire un quadro abbastanza completo, pur non esaustivo, delle persone non autonome: l’indagine campionaria Multiscopo quinquennale dell’ISTAT Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari.

L’ISTAT definisce disabile chi, escludendo le condizioni riferite a limi-tazioni temporanee, dichiara di non essere in grado o di avere molta diffi-coltà nello svolgere almeno una delle abituali funzioni quotidiane, pur te-nendo conto dell’eventuale ausilio di apparecchi sanitari (protesi, bastoni, occhiali, ecc.) (ISTAT, 2005). A seconda delle funzioni essenziali della vita quotidiana compromesse, rilevate sulla base delle scale ADL (Activities of Daily Living) e, a partire dal 1999-2000, anche dalle scale IADL (Instru-mental Activities of Daily Living), l’ISTAT distingue quattro tipologie di disabilità: confinamento individuale (costrizione a letto, su una sedia non a rotelle o in casa), disabilità nel movimento (difficoltà a camminare, a salire le scale, a chinarsi, a sedersi, a coricarsi), disabilità nelle funzioni quotidia-ne (difficoltà a vestirsi, a lavarsi, a fare il bagno, a mangiare), disabilità nel-la comunicazione (difficoltà nel sentire, vedere, parlare, riconoscere).

Sulla base degli ultimi dati disponibili, provenienti dall’indagine multi-scopo dell’ISTAT relativa agli anni 2004-05 sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari, si sono proposte due modalità di stima della non autosufficienza tra le persone che vivono in famiglia: una cosiddetta “am-pia” e un’altra cosiddetta “ristretta”. Per entrambe si sono considerati i tassi specifici per età, focalizzando l’attenzione sulla popolazione over 65 anni, secondo le quattro fasce di età (65-69; 70-74; 75-79; 80 e più) in base alle quali si distingue anche il numero della popolazione residente a livello co-munale e distrettuale.

La stima cosiddetta “ampia a domicilio” si riferisce alle persone di al-meno 65 anni definite disabili. Sulla base dei dati ISTAT, è stato calcolato un coefficiente di ponderazione pari al rapporto tra il tasso di disabilità standardizzato11 regionale e quello italiano. È stata così eseguita l’operazione di ponderazione dai tassi nazionali age specific della popola-zione disabile che vive in famiglia e si sono ottenuti, in riferimento alla re-gione Lombardia, i tassi di disabilità distinti per le medesime classi di età.

11 Si è preso in considerazione il tasso standardizzato poiché, a differenza di quello grez-zo, riconduce tutta la popolazione ad una stessa struttura per età. Tale tasso pertanto consen-te di confrontare popolazioni aventi una struttura per età diversa.

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Questi ultimi hanno reso possibile stimare il numero delle persone non au-tonome in età anziana (over 65 anni) residenti a domicilio tanto a livello comunale quanto a livello distrettuale, a partire dai dati ottenuti dall’Osservatorio delle Politiche Sociali della Provincia di Milano aggior-nati al 31 dicembre 2006. Tab.1. Tassi di disabilità per persone di 6 anni e più che vivono in famiglia (%), anno 2004-05 Tasso Italia 4,8 Tasso standardizzato Lombardia 4

Fonte: ISTAT, 2004-2005.

Coefficiente di ponderazione: x = 4/4,8 = 0,83333… Tab. 2. Tassi specifici di disabilità per età per persone che vivono in famiglia (%), anno 2004-05 65-69 70-74 75-79 80e+ Italia * 5,5 9,7 17,8 44,5 Lombardia ** 4,6 8,1 14,8 37,1

* Fonte: ISTAT, 2004-2005. ** Dati di nostra elaborazione.

La stima definita “ristretta a domicilio” è stata ottenuta considerando i tassi riferiti a un tipo di disabilità specifico: il confinamento individuale. La scelta di assumere come rilevante ai nostri fini tale stima è stata compiuta a partire dalla necessità di quantificare una quota di popolazione anziana gra-vata da problemi di non autosufficienza particolarmente severi e di conse-guenza fortemente dipendente. A differenza della stima sopraccitata, criti-cabile come eccessivamente inclusiva data la definizione estensiva di disa-bilità fornita dall’ISTAT, si è pertanto ritenuto opportuno calcolare una stima più “prudente” basata esclusivamente sulle persone anziane soggette a confinamento individuale. È necessario sottolineare che questa modalità di stima della disabilità, basata sulla considerazione delle sole persone con-finate, è effettivamente molto ristretta. Essa si basa, infatti, sull’identificazione di una popolazione anziana che verte in condizioni di salute particolarmente gravi. Assumere dunque in questo lavoro una stima così circoscritta della popolazione non autosufficiente significa mantenere un approccio decisamente più che prudenziale.

Per ottenere i tassi regionali distinti per classi d’età, si è proceduto nel seguente modo: si sono calcolati i tassi regionali distinti per le sole due fa-

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sce d’età (“65-74 anni” e “75 e più anni”) di cui l’ISTAT forniva i valori assoluti dei confinati in Lombardia (tavola n. 3 e 4); si sono trovati i coeffi-cienti di ponderazione per le due classi d’età (pari al rapporto tra il tasso regionale e il tasso nazionale delle persone confinate) e si sono moltiplicati questi ultimi ai tassi nazionali age specific (secondo le quattro distinzioni di età: 65-69; 70-74; 75-79; 80 e più) relativi al confinamento individuale pre-visti dall’ISTAT. Tab .3. Disabili in confinamento individuale in Lombardia

65-74 anni 75 e più Confinati in Lombardia * (valori assoluti)

23.000 103.000 Popolazione residente in Lombardia al 1/1/2004** (valori assoluti) 979.205 761.398 Tasso (nostra elaborazione)

2,3 13,5 * Fonte: ISTAT, 2004-2005. ** Fonte: ISTAT, 2004. Si utilizzano dati del 2004 per motivi di congruenza temporale con la Multiscopo. Tab.4. Disabili in confinamento individuale in Italia

65-74 anni 75 e più Confinati in Italia * (valori assoluti) 177.000 791.000 Popolazione residente in Italia al 1/1/ 2004 ** (valori assoluti)

6.020.148 5.108.333

Tasso (nostra elaborazione) 2,9 15,5 * Fonte: ISTAT, 2004-2005. ** Fonte: ISTAT, 2004.

Coefficienti di ponderazione: (65-74 anni): x = 2,3 / 2,9 = 0, 793 (75 e più anni): x = 13,5 / 15,5 = 0,871

Tab.5. Tassi specifici per età di persone in confinamento individuale (%)

65-69 70-74 75-79 80e+ Italia * 2,1 3,9 7,8 22,3

Lombardia ** 1,7 3,1 6,8 19,42

* Fonte: ISTAT, 2004-2005. ** Dati di nostra elaborazione da dati ISTAT.

Entrambe le stime, poiché ritenute parziali - in quanto riguardano le sole persone con disabilità che vivono in famiglia - sono state integrate, consi-derando l’ammontare delle persone over 65 anni con disabilità residenti in

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RSA. Pertanto alle due stime precedentemente calcolate (nelle tabelle: sti-ma ristretta a domicilio e stima ampia a domicilio) sono stati aggiunti i va-lori assoluti degli utenti in RSA12 per raggiungere una stima complessiva delle persone non autosufficienti in età anziana presenti sul territorio.

Il procedimento di stima illustrato tenta di “avvicinare la realtà” quanto più possibile, sanando la carenza di dati sia di fonte statistica nazionale, sia di altro genere, senza peraltro avere la pretesa di “centrarla”. Come tutte le tecniche di questa natura, il metodo di stima genera dati il cui livello di at-tendibilità cresce al crescere della scala territoriale cui si riferiscono, sem-pre in termini probabilistici ovviamente. Così, per fare un esempio, i nume-ri di popolazione anziana non autosufficiente stimati per un solo comune possono essere molto distanti dall’effettivo numero di anziani non autosuf-ficienti, ma è meno probabile che siano altrettanto distanti della stima rea-lizzata a livello distrettuale. Questo perché sulla scala più ampia gli ele-menti di variabilità non strettamente legati ad aspetti socio-sanitari (distri-buiti in maniera più o meno uguale sul territorio) si diluiscono. Si impone dunque una cautela nella lettura dei numeri riportati nelle tabelle preceden-ti: si tratta di stima a partire da tassi di incidenza della non autosufficienza per classe di età a livello regionale, declinati, con tutti gli accorgimenti illu-strati, a livello micro, con tutti gli errori resi possibili dalle specificità. Co-me si vedrà oltre, i dati relativi alla stima della popolazione anziana non au-tosufficiente saranno utilizzati per considerazioni e calcoli relativi ai tassi di copertura dei servizi, tassi di spesa e altro ancora.

Prima di presentare i dati derivanti dal procedimento di stima appena il-lustrato, si veda la mappa che segue, in cui si riporta la percentuale di an-ziani ottantenni e più sul totale della popolazione anziana per singolo co-mune. Vi sono territori molto più anziani di altri, un dato di partenza da non sottovalutare.

12 Tali valori assoluti, aggiornati al 31.12.2006, sono stati forniti dal Dipartimento ASSI

dell’ASL della Provincia di Cremona.

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Mappa 1. Percentuale di popolazione ultraottantenne su popolazione anziana Tab.6. Stima ristretta e stima ampia della popolazione non autosufficiente in età anziana nella provincia di Cremona

Distretti Stima I ISTAT

(disabili over 65 in famiglia)

Stima II ISTAT

(disabili over 65 in famiglia)

N. utenti in RSA per distretto

(fonte: ASL Cremona)

Stima ri-stretta

(comples-

siva)

Stima am-pia

(comples-

siva) Cremona

2103

5275

914

3017

5312

Crema 2944 7317 2175 5119 8275 Casalmaggiore 744 1839 488 1232 2021 Provincia Cremona 5791 14431 3577 9368 15608

Questo calcolo è stato compiuto, seguendo lo stesso procedimento so-

praccitato, anche a livello comunale. L’Ufficio Statistica della Provincia di Cremona ha fornito, su scala comunale, i dati relativi alla popolazione resi-

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dente al 31.12.06 e distinta per fasce d’età. Tali numeri sono stati poi mol-tiplicati ai tassi regionali specifici per età relativi tanto alle persone disabili che vivono in famiglia (stima II) quanto alle persone disabili in confina-mento individuale (stima I). Ad entrambe le stime è stato poi sommato il numero di ricoverati in RSA – anch’esso distinto per le medesime fasce di età e su scala comunale – fornito dal Dipartimento ASSI dell’ASL. Si sono così ottenute la cosiddetta “stima ristretta” e la cosiddetta “stima ampia” per ogni comune del territorio provinciale (tab. 7. )13.

Tab.7. Stime della popolazione over 65 anni non autosufficiente a livello comunale (valori assoluti)

Stima ristretta

Stima ampia Distretto di Crema

Agnadello 43 80 Bagnolo Cremasco 73 135 Camisano 23 44 Campagnola Cremasca 8 15 Capergnanica 27 53 Capralba 35 65 Casale Cremasco – Vidolasco 21 39 Casaletto Ceredano 20 36 Casaletto Di Sopra 5 9 Casaletto Vario 17 33 Castel Gabbiano 5 10 Castelleone 237 400 Chieve 26 47 Credera Rubbiano 27 50 Crema 888 1504 Cremosano 23 40 Cumignano Sul Naviglio 14 23 Dovera 62 108 Fiesco 18 30 Genivolta 31 53 Gomito 18 29 Izano 32 56 Malignano 40 75

13 Si precisa che i valori delle stime sono stati arrotondati per difetto quando la parte de-cimale era inferiore a 0,5 e per eccesso quando la parte decimale era superiore a 0,5.

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Monte Cremasco 26 49 Montodine 46 81 Moscazzano 13 26 Offanengo 99 174 Palazzo Pignano 49 90 Pandino 159 275 Pianengo 36 68 Pieranica 19 32 Quintano 11 20 Ricengo 14 27 Ripalta Arpina 15 27 Ripalta Cremasca 63 110 Ripalta Guerina 10 17 Rivolta D'adda 171 307 Romanengo 53 92 Salvirola 18 32 Sergnano 42 83 Soncino 167 297 Spino D'adda 87 163 Ticengo 8 15 Torlino Vimercati 5 10 Trescore Cremasco 38 75 Trigolo 52 86 Vaiano Cremasco 52 98 Vailate 72 126

Distretto di Cremona Acquanegra Cremonese 43 69 Annicco 73 115 Azzanello 19 35 Bonemerse 20 35 Bordolano 18 29 Cappella Cantone 15 23 Cappella De' Picenardi 14 25 Casalbuttano Ed Uniti 177 282 Casalmorano 75 114 Castelverde 118 194 Castelvisconti 15 24 Cella Dati 26 39 Cicognolo 29 46

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Corte De' Cortesi Con Cignone 35 54 Corte De' Frati 37 62 Cremona 2469 4016 Crotta D'adda 19 33 Derovere 12 19 Formigara 34 55 Gabbioneta-Binanuova 25 43 Gadesco-Pieve Delmona 39 63 Gerre De' Caprioli 17 29 Grontardo 43 68 Grumello Cremonese Ed Uniti 57 94 Isola Dovarese 53 83 Malagnino 31 50 Olmeneta 26 42 Ostiano 108 171 Paderno Ponchielli 42 72 Persico Dosimo 70 115 Pescarolo Ed Uniti 43 70 Pessina Cremonese 28 41 Pieve D'olmi 33 56 Pieve San Giacomo 42 69 Pizzighettone 180 304 Pozzaglio Ed Uniti 18 35 Robecco D'oglio 80 128 San Bassano 69 116 San Daniele Po 50 84 Scandolara Ripa D'oglio 22 36 Sesto Ed Uniti 105 154 Soresina 326 517 Sospiro 122 182 Spinadesco 36 58 Stagno Lombardo 57 89 Vescovato 125 200 Volongo 26 41

Distretto di Casalmaggiore Ca’ Da Andrea 19 32 Calvatone 31 56 Casalmaggiore 438 709 Casteldidone 22 34

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Cingia De’ Botti 69 109 Drizzona 14 24 Gussola 103 162 Martignana Po 32 56 Motta Baluffi 39 60 Piadina 117 191 Rivarolo Re 52 91 San Giovanni In C. 49 84 San Martino Del Lago 13 24 Scandolara Ravara 65 103 Solarolo Rainero 28 49 Spineda 21 37 Tornata 13 24 Torre De’ Picenardi 66 105 Torricella Del Pizzo 27 47 Voltino 13 22

Totale Provinciale 9368

15608 In chiusura del capitolo, si illustrano alcune caratteristiche del contesto

territoriale e dell’assetto demografico della provincia di Cremona utili ad inquadrare l’intera riflessione proposta. 4. I dati di contesto: un profilo demografico e territoriale della provin-cia di Cremona

Il processo di invecchiamento della popolazione in atto negli ultimi cin-quanta anni nei paesi più sviluppati sta apportando dal punto di vista demo-grafico e sociale trasformazioni significative. In Italia, dal dopoguerra ad oggi, si è assistito ad un incremento crescente della quota di popolazione anziana rispetto alla popolazione nel suo complesso: la percentuale degli ultra sessantacinquenni, dal dopoguerra ad oggi, è più che raddoppiata, di fronte a quasi un dimezzamento della percentuale dei più giovani (0-14 an-ni) e ad una invariabilità della percentuale della popolazione attiva (15-65 anni) (www.newwelfare.org). Tale andamento si è sensibilmente accentua-to negli ultimi quindici anni a tal punto che l’Italia è oggigiorno annoverata, in Europa, tra i paesi con la quota di anziani più elevata (Pavolini, 2004; Rosina in FNP CISL Lombardia, 2006). Diversi sono i fattori che parteci-pano al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione italiana: il pro-

35

gressivo allungamento delle prospettive di vita, la crescente diminuzione – soprattutto dopo agli anni del boom economico - del tasso di fecondità e al contempo del tasso di mortalità, l’aumento della longevità data dal miglio-ramento delle condizioni lavorative e socio-economiche e dai progressi ot-tenuti in differenti ambiti (alimentare, medico, farmacologico, ecc.). Se da una parte l’allungamento della speranza di vita e l’aumento della vita media hanno fatto slittare i confini dell’età anziana e della vecchiaia in avanti nel tempo (si parla dei cosiddetti “giovani anziani”, ossia di coloro che tra i 65 e i 74 anni godono ancora di buona salute e di vivacità intellettiva), dall’altra hanno contribuito all’estensione del bisogno di cura e di accudi-mento. Attualmente l’incremento gero-demografico sta comportando un aumento del bisogno assistenziale, mettendo così a dura prova il sistema di protezione sociale italiano. Nell’ultimo decennio infatti il tema della non autosufficienza in età anziana ha assunto particolare importanza, entrando a pieno titolo nell’agenda pubblica delle politiche (Costa, 2007a).

I paragrafi che seguono intendono contestualizzare il tema della non au-tosufficienza legata alla condizione anziana al territorio cremonese e di for-nire alcune informazioni rilevanti circa il contesto demografico e territoria-le entro il quale è stato condotto il lavoro di ricerca-azione, con specifico riferimento alla popolazione ultra sessantacinquenne. La conoscenza delle caratteristiche di questa area geografica pone le basi per capire più appro-fonditamente chi sono coloro che oggi hanno bisogni di cura legati alla non autosufficienza e come intervenire per ripensare e migliorare l’attuale si-stema di welfare locale rivolto alla popolazione anziana. 4.1. Il profilo demografico della provincia di Cremona

Nella provincia di Cremona la popolazione complessiva residente, nel 2006 ammontava a 350.359 abitanti, dei quali una percentuale del 21,7%, pari a 76.035 abitanti, era costituita da persone ultra sessantacinquenni. Come è possibile osservare dal grafico 1, la provincia di Cremona si situa, ad un confronto con tutte le altre province della Lombardia, ai primi posti per quanto riguarda l’indice di vecchiaia, ossia l’indice che rappresenta l’incidenza della popolazione over 65 anni rispetto alla popolazione con età compresa tra 0 e 14 anni. Guardando inoltre la serie storica di questo indi-ce, si rileva che il contesto cremonese è caratterizzato da un progressivo aumento della popolazione anziana sul territorio (tab. 8). Tanto l’indice di vecchiaia quanto l’indice di invecchiamento (dato dal rapporto percentuale tra la popolazione over 65 e il totale della popolazione residente) e l’indice

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di dipendenza della popolazione anziana (che rappresenta il rapporto per-centuale tra popolazione in età non attiva - persone ultra sessantacinquenni e persone tra 0 e 14 anni - e la popolazione in età attiva - persone tra 15 e 64 anni) presentano per la provincia di Cremona valori più alti rispetto a quelli della regione Lombardia (tab. 9). Questo fa sì che il contesto cremo-nese si evidenzi, nel quadro lombardo, come un’area con una rilevante quo-ta di anziani.

Tab. 8. Indice di vecchiaia provinciale dal 2001 al 2005

2001 2002 2003 2004 2005 Indice di vecchiaia provinciale 165 165 166 168 169

Fonte: Osservatorio delle Politiche Sociali della provincia di Cremona. Guardando più da vicino il territorio cremonese e i tre ambiti di zona

che lo costituiscono, si osserva che l’ambito di Cremona e di seguito l’ambito di Casalmaggiore presentano un indice di invecchiamento superio-re a quello provinciale (tab. 9). Graf. 1. Indice di vecchiaia. Confronto tra province lombarde

Fonte: Nostra elaborazione su dati Istat (1.1.2006).

0

0.5

1

1.5

2

2.5

Lecco Como CREMONA Mi lano Varese Sondrio Brescia Pavia Bergamo Lodi Mantova

37

Tab.9. Indicatori relativi alla popolazione ultra sessantacinquenne in Lombardia e in pro-vincia di Cremona Indice di invec-

chiamento Indice di vecchiaia Indice di dipen-

denza della popo-lazione anziana

Lombardia 19,7 143,1 29,6 Provincia di Cremona 21,7 169,3 33,1 Ambito di Crema 18,9 139,4 28,0 Ambito di Cremona 24,1 200,7 37,7 Ambito di Casalmaggiore 23,5 178,1 37,1

Fonte: Per gli indicatori relativi alla regione Lombardia, elaborazione su dati ISTAT (1.1.07), per gli indicatori relativi alla provincia di Cremona, elaborazione dati da Ufficio Statistica della provincia di Cremona (31.12.06).

Ciò significa che sono gli ambiti con una percentuale maggiore di popo-lazione anziana. Non solo, ma prestando attenzione ai valori assoluti della popolazione, si nota che quasi la metà delle persone con più di 65 anni ri-siede presso l’ambito di Cremona. L’ambito di Crema invece, diversamente dagli altri due, si contraddistingue, come si nota dal grafico 2, per avere la quota di percentuale di popolazione attiva (compresa tra 15 e 64 anni) e di popolazione giovane (compresa tra 0 e 14) più alta (graf. 2).

Dalla tab.10 si evince che, in tutti e tre gli ambiti della provincia, le donne ultra sessantacinquenni sono più numerose degli uomini. A livello provinciale più della metà del numero complessivo della popolazione an-ziana residente è costituita da anziani di sesso femminile (tab. 10). Tali dati non fanno altro che confermare un fenomeno ormai ampiamente ricono-sciuto e verificato in molti ambiti e ricerche: le donne risultano essere più longeve degli uomini. Tab. 10. Popolazione ultra sessantacinquenne residente in Provincia di Cremona in valori assoluti M F Totale Ambito di Crema 12.203 17.300 29.503 Ambito di Cremona 14.607 22.895 37.502 Ambito di Casalmaggiore 3.664 5.366 9.030 Provincia di Cremona 30.474 45.561 76.035

Fonte: Ufficio Statistica della Provincia di Cremona (31.12.06).

38

Graf. 2. Distribuzione della popolazione per classi d’età a livello provinciale e d’ambito

Fonte: Ufficio Statistica della Provincia di Cremona (31.12.06).

Osservando le quote percentuali della popolazione anziana distinta per

sesso e classi di età (tab. 11), si nota che, indipendentemente dall’ambito di riferimento, la percentuale di donne aumenta in relazione all’età: tra i “gio-vani anziani”, ossia quelle persone comprese tra 65 e 74 anni, lo scosta-mento tra la quota della popolazione femminile e quella della popolazione maschile è di gran lunga più ridotto rispetto a quello presente tra la quota della popolazione femminile e quella della popolazione maschile dei “gran-di anziani”, ossia gli ultra ottantacinquenni. Nel primo caso il valore mas-simo dello scostamento raggiunge il 10% presso l’ambito di Cremona, nel secondo caso invece, sempre nel medesimo ambito, raggiunge il 52% (tab. 11).

12.8% 12.0% 13.6% 13.2%

65.5% 63.9% 67.6% 63.3%

21.7% 24.1% 18.9% 23.5%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Provincia di Cremona

Ambito di Cremona

Ambito di Crema

Ambito di Casalmaggiore

over65

15-64

0-14

39

Tab. 11. Popolazione ultra sessantacinquenne residente in Provincia di Cremona per sesso e classi di età in valori assoluti e percentuali

65-74 anni 75-84 anni Over 85 anni Valori

assoluti

% Valori

assoluti

% Valori

assoluti

% Ambito di Crema

Uomini 7.693 47% 3.763 37% 747 25% Donne 8.578 53% 6.515 63% 2.207 75% Totale 16.271 100% 10.278 100% 2.954 100%

Ambito di Cremona Uomini 8.522 45% 5.003 36% 1.082 24% Donne 10.546 55% 9.011 64% 3.338 76% Totale 19.068 100% 14.014 100% 4.420 100%

Ambito di Casalmaggiore Uomini 2.088 47% 1.271 37% 305 26% Donne 2.340 53% 2.170 63% 856 74% Totale 4.428 100% 3.441 100% 1.161 100%

Fonte: Nostra elaborazione su dati dell’Ufficio Statistica della Provincia di Cremona (31.12.06). 4.2. Il contesto territoriale della provincia di Cremona

Come si è osservato nel paragrafo precedente, il numero degli anziani nella provincia di Cremona risulta essere tra i più alti della regione Lom-bardia. Al profilo demografico sopra presentato, si aggiungono ora alcune informazioni circa la configurazione territoriale dei tre ambiti di zona ine-renti alla Provincia.

Il territorio della provincia di Cremona è composto da numerosi comuni - complessivamente 115 comuni – alcuni di dimensioni medie, ma nella maggior parte dei casi di dimensioni assai ridotte. Si tratta quindi di un con-testo provinciale frammentato in piccole e piccolissime realtà comunali: Il 70% dei comuni non supera i 5.000 abitanti ed il restante 30% dei comuni raggiunge al massimo 20.000 abitanti. Rappresentano un’eccezione soltanto due comuni: l’ente capofila della Provincia, vale a dire Cremona che da so-la conta 70.883 abitanti ed il comune di Crema con 33.415 abitanti14. Que-sta alta frammentarietà che caratterizza il contesto, è ancor più evidente se si prende in considerazione la classificazione ISTAT dei comuni relativa-

14 Fonte: ISTAT al 31.12.2006.

40

mente alle loro classi di ampiezza15. A parte i due comuni di Cremona e Crema, risulta che la maggior parte dei comuni della Provincia – per esat-tezza 70 comuni su 115, pari ad una quota percentuale del 61% - hanno meno di 1.000 abitanti e i restanti 43 comuni, ossia il 37%, non raggiungo-no i 20.000 abitanti. Di quest’ultimi, inoltre, 10 comuni non arrivano ai 5.000 abitanti.

Il territorio della Provincia di Cremona si divide in tre ambiti di zona: l’ambito di Crema, l’ambito di Cremona e l’ambito di Casalmaggiore. Fig.1. Ambiti di zona nella Provincia di Cremona Ambito di Crema 156.177 abitanti 48 comuni 572 Km² c.a.

Ambito di Cremona 155.752 abitanti 47 comuni 830 Km² c.a.

Ambito di Casalmaggiore 38.430 abitanti 20 comuni 364 Km² c.a.

L’ambito di Crema comprende, rispetto agli altri due ambiti, il maggior

numero di comuni, 48 in tutto per un totale di 156.177 abitanti, pari alla quota percentuale del 44,6% sul totale della popolazione provinciale. Gli enti locali di questo ambito si raccolgono, ad eccezione del comune capofi-

15 Le classi di ampiezza ISTAT sono le seguenti: classe di ampiezza n. 1 fino a 999 abi-

tanti, classe di ampiezza n. 2 tra 1.000-4.999 abitanti, classe di ampiezza n. 3 tra 5.000-19.999 abitanti, classe di ampiezza n. 4 tra 20.000-49.000 abitanti, classe di ampiezza n. 5 tra 50.000-99.999.

41

la, in una forma di aggregazione intermedia quale quella del sub-ambito. Pertanto l’ambito di Crema si divide in cinque sub-ambiti più l’ente capofi-la, in particolare il sub-ambito di Pandino, di Sergnano Bagnolo, di Crema-sco Soncino e di Castelleone.

Presso l’ambito di Cremona risiedono invece 155.752 abitanti, ossia il 44,4% della popolazione provinciale. La quasi totalità dei comuni – 43 su 47, ossia il 91% - non raggiunge i 5.000 abitanti.

L’ambito di Casalmaggiore, diversamente dagli altri due, copre una par-te di territorio più ristretta e per tal motivo accoglie un numero inferiore di comuni – complessivamente 20 – e l’11% del totale della popolazione pro-vinciale. Tutti i comuni del territorio di questo ambito sociale hanno meno di 5.000 abitanti e poco meno della loro metà non raggiunge i 1.000 abitan-ti. La sola eccezione è rappresentata dall’ente capofila, il comune di Casal-maggiore, che conta 14.259 abitanti.

Ambito di Crema: configurazione territoriale

N. comuni: 48 Agnadello, Bagnolo Cremasco, Camisano, Campagnola Cremasca, Capergnanica, Capral-ba, Casale Cremasco - Vidolasco, Casaletto, Ceredano, Casaletto di Sopra, Casaletto Va-prio, Castel Gabbiano, Castelleone, Chieve, Credera, Rubbiano, Crema, Cremosano, Cu-mignano sul Naviglio, Dovera, Fiesco, Genivolta, Gombito, Izano, Madignano, Monte Cremasco, Montodine, Moscazzano, Offanengo, Palazzo Pignano, Pandino, Pianengo, Pie-ranica, Guintano, Ricengo, Ripalta Arpina, Ripalta Cremasca, Ripalta Guerina, Rivolta d'Adda, Romanengo, Salvirola, Sergnano, Soncino, Spino d'Adda, Ticengo, Torlino Vi-mercati, Trescore Cremasco, Trigolo, Vaiano Cremasco, Vailate. Sub-ambiti: Ente capofila Crema + 5 Sub-Ambiti: - sub-ambito 1 di Pandino: comprendente 7 comuni - sub-ambito 2 di Sergnano: comprendente 10 comuni - sub-ambito 3 di Bagnolo Cremasco: comprendente 11 comuni - sub-ambito 4 di Soncino: comprendente 11 comuni - sub-ambito 5 di Castelleone: comprendente 8 comuni

Secondo la classificazione ISTAT presso il distretto ci sono: - 10 comuni che hanno fino a 999 abitanti - 31 comuni che hanno tra 1.000-4.999 abitanti - 6 comuni che hanno da 5.000-19.999 abitanti - 1 comune, l’ente capofila, che ha da 20.000-49.000 abitanti.

Ambito di Cremona: configurazione territoriale

N. comuni: 47 Acquanegra Cremonese, Annicco, Azzanello, Bonemerse, Bordolano, Cappella Cantone, Casalbuttano, Casalmorano,Castelverde, Castelvisconti, Cappella de Picenardi, Cella Da-ti,Cicognolo, Corte de’ Cortesi, Corte de’ Frati, Cremona, Crotta d’Adda, Derovere, For-migara, Gabbioneta Binanuova, Gadesco Pieve Delmona, Gerre de Caprioli, Grontardo,

42

Grumello Cremonese, Isola Dovarese, Malagnino, Olmeneta, Ostian o, Paderno Ponchielli, Persico Dosimo, Pescarolo, Pessina Cremonese, Pieve S. Giacomo, Pieve d’Olmi, Pizzi-ghettone, Pozzaglio ed Uniti, Robecco d’Oglio, S. Bassano, S. Daniele Po, Scandolara Ri-pa d’Oglio, Sesto ed Uniti, Soresina, Sospiro, Spinadesco, Stagno Lombardo, Vescovato, Volongo.

Secondo la classificazione ISTAT presso il distretto ci sono: - 14 comuni che hanno fino a 999 abitanti - 29 comuni che hanno fa 1.000-4.999 abitanti - 3 comuni che hanno da 5.000-19.999 abitanti - 1 comune, l’ente capofila, che ha da 50.000-99.999 abitanti.

Ambito di Casalmaggiore: configurazione territoriale N. comuni: 20 Ca’ da Andrea, Calvatone, Casalmaggiore, Casteldidone, Cingia de’ Botti, Drizzona, Gusso-la, Martignana Po, Motta Baluffi, Piadena, Rivarolo Re, San Giovanni in C., San Martino del Lago, Scandolara Ravara, Solarolo Rainero, Spineda, Tornata, Torre de’ Picenardi.

Secondo la classificazione ISTAT presso il distretto ci sono: - 9 comuni che hanno fino a 999 abitanti - 10 comuni che hanno fa 1.000-4.999 abitanti - 1 comune, l’ente capofila, che hanno da 5.000-19.999 abitanti

In sintesi, tanto dal profilo demografico quanto dal contesto territoriale

della provincia di Cremona, si può notare che si è dinanzi ad una realtà nel-la quale il tema della non autosufficienza in età anziana acquista particolare rilevanza. Vi sono una serie di ragioni che possono supportare quanto detto. Innanzitutto emerge una fotografia che in maniera molto esplicita mostra un territorio - quello cremonese - particolarmente colpito dal cosiddetto fe-nomeno dell’invecchiamento della popolazione, dato l’incremento costante della quota di popolazione anziana rispetto al totale della popolazione resi-dente (bisogna sottolineare anche un aumento considerevole della quota dei cosiddetti “grandi anziani”). In secondo luogo l’ampia frammentarietà di enti locali di medie e soprattutto piccole dimensioni sul territorio ci può in-durre ad ipotizzare l’esistenza di una forte disomogeneità territoriale in ma-teria di protezione sociale. Ecco dunque che le dinamiche demografiche da una parte e l’analisi del territorio dall’altra pongono le condizioni per riflet-tere su possibili strategie di policy, attivabili su diversi livelli, nell’ambito delle politiche di welfare locale e per rivedere, nel suo complesso, l’attuale sistema di offerta presente sul territorio a favore della popolazione anziana fragile. Questa necessità è avallata anche dal fatto che la provincia di Cre-mona si caratterizza in tutta la Lombardia come un territorio particolarmen-te ricco di strutture residenziali per anziani. Queste strutture sono oggigior-no alle prese con problemi di riconversione, date le loro caratteristiche di-

43

mensionali ed economiche e le loro difficoltà in merito alla gestione finan-ziaria. Ciò induce alla necessità di pensare ad una riqualificazione di queste strutture nell’ambito del sistema nel suo complesso - comprendente tanto gli interventi residenziali quanto gli interventi domiciliari - e nel panorama di bisogni emergenti in materia di non autosufficienza. In Lombardia la quota di spesa pubblica e privata per il ricovero in strutture residenziali as-sorbe ancora un’ingente somma della spesa complessiva (Costa, 2007), no-nostante sia ormai in atto un maggiore investimento nella cultura della do-miciliarità. Diventa necessario pensare, in vista di un supporto alla domici-liarità e ad una maggiore personalizzazione dell’intervento, ad una residen-zialità alternativa in grado sia di autosostenersi, migliorando le proprie per-formance economiche, sia di contribuire al rallentamento dei processi di istituzionalizzazione. Emerge la necessità di sviluppare progetti di ricon-versione e di differenziazione dei servizi erogati dalle strutture residenziali. In tutto questo, il tema della non autosufficienza legato alla condizione an-ziana gioca un ruolo fondamentale nel ridisegnare l’assetto del welfare lo-cale: esso si pone come una ottima chiave di lettura per far emergere critici-tà e possibili soluzioni di intervento per migliorare l’offerta dei servizi ri-volti alla popolazione anziana sul territorio cremonese.

45

2. I livelli attuali nella declinazione della copertura

dei servizi e della spesa dedicata

Con questo capitolo ha inizio l’analisi dei livelli attuali di assistenza del

sistema di offerta socio-assistenziale e socio-sanitaria rivolto alla popola-zione anziana non autosufficiente presente sul territorio provinciale cremo-nese. Nel primo paragrafo si presenta una prima declinazione di livello at-tuale di assistenza relativo al tasso di copertura attuale dei servizi. Come si ha avuto modo di spiegare nel primo capitolo, l’operazione ha richiesto in-nanzitutto di stimare il numero di anziani non autosufficienti residenti sul territorio. L’intento è stato quello di definire fin dal livello comunale il fab-bisogno sociale potenziale, ossia i cittadini over 65 che, indipendentemente dal fatto di essere stati raggiunti o meno dai servizi, si trovano in stato di bisogno. L’identificazione del fabbisogno sociale potenziale ha consentito di comprendere le effettive opportunità che si presentano in risposta ai cit-tadini. Sulla base delle stime della popolazione anziana non autosufficiente si sono, infatti, determinati i tassi di copertura attualmente raggiunti dalle prestazioni socio-assistenziali e socio-sanitarie. Nel secondo paragrafo si presentano i dati relativi ad una seconda declinazione di livello attuale di assistenza, quello connesso alla spesa, con una pluralità di indicatori. Per ogni prestazione, si è, per esempio, quantificata la spesa annuale per utente attualmente sostenuta dai comuni del territorio. Tale declinazione del con-cetto non meglio definito, come ricordato nel primo capitolo, di “livello”, è tra quelli più utilizzati in letteratura (Gori 2008; De Felici, Giorgi, Ranci, Sansonetti e Stame 2009). Entrambi i tipi di dati – i livelli di copertura dei bisogni e i livelli della spesa sociale stanziata per singolo utente – sono stati utilizzati per simulare possibili azioni di riequilibrio territoriale tra i comu-ni, come si avrà modo di illustrare nell’ultimo capitolo del volume.

46

1. Tassi di copertura dei servizi

Con l’intento di offrire una base conoscitiva dei sistemi di offerta attua-li, si presentano qui i livelli di copertura del fabbisogno sociale potenziale attualmente raggiunti dalle prestazioni a carattere sia socio-assistenziale sia socio-sanitario osservate sul territorio. Si tratta della prima declinazione possibile del concetto di “livello di assistenza”: si tratta infatti di definire se e in che misura i bisogni vengono coperti attraverso una qualche forma di risposta, in questo caso, pubblica o a regia pubblica. Il livello di copertura dei servizi è un indicatore della capacità di risposta ai bisogno potenziale e non alla domanda espressa –vale a dire, in qualche modo emersa- dai citta-dini.

Le stime qui considerate per determinare i tassi di copertura raggiunti da ogni singolo servizio sono quelle che abbiamo definito “ristrette” in quanto si riferiscono ad anziani in grave condizione di non autosufficienza pari ad uno stato di confinamento individuale1. I tassi di copertura che così vengo-no individuati non sono dunque paragonabili ai tassi esposti dalla maggior parte delle ricerche che si svolgono su questo argomento in quanto sono calcolati su una base di popolazione distinta. Mentre in questo volume si fa riferimento ad una popolazione anziana gravemente non autosufficiente, la maggior parte degli indicatori utilizzati in letteratura (ma anche dai policy

maker) si riferisce alla popolazione anziana tout court (eventualmente con soglie di anzianità diverse, più frequentemente da 65 o da 75 anni in su) o, al limite, a quella stimata essere non autosufficiente sulla base dei dati I-STAT, ancora molto inclusiva se non corretta sulla base di un qualche pa-rametro di ulteriore specificazione del livello di dipendenza.

I tassi di copertura di ogni prestazione sono stati calcolati sia per i servi-zi socio-assistenziali sia per quelli socio-sanitari e in riferimento a diverse scale territoriali: il singolo comune, il singolo ambito, il territorio provin-ciale. L’analisi alla scala territoriale minima, quella comunale, ha permesso di ottenere una conoscenza dettagliata e capillare dei livelli di assistenza raggiunti in ogni singolo comune del territorio provinciale (calcolati rispet-to ad un’utenza stimata a livello anch’esso comunale, come spiegato nel capitolo precedente) e di evidenziare a livello territoriale, eventuali squili-bri nei tassi di copertura. L’analisi alle scale territoriali superiori ha fornito una lettura più generale in grado di evidenziare il quadro complessivo dei

1 Per il calcolo della stima cosiddetta “ristretta”, si vedano le considerazioni riportate nel

terzo paragrafo del capitolo precedente.

47

livelli attuali di protezione offerti alla popolazione anziana in condizioni di grave non autosufficienza.

È importante in questa sede comprendere i meccanismi di calcolo che stanno alla base dei dati esposti e dei ragionamenti proposti, validi anche per il prosieguo delle considerazioni qui illustrate. Per la definizione dei tassi di copertura a livello comunale (qui non esposti ma presenti nelle ma-trici dati) si è diviso il numero di utenti dei singoli servizi per l’anno 2006 per il numero di utenti potenziali seguendo la procedura di stima illustrato nel capitolo precedente. Il tasso distrettuale è conseguito nella stessa manie-ra, dividendo gli utenti totali a livello distrettuali per il numero stimato tota-le delle persone non autosufficiente. Lo stesso vale per il livello provincia-le. In questo modo si sono ottenuti dei tassi di riferimento alle scale distret-tuale e provinciale da utilizzare per il confronto con quanto emerge dal li-vello comunale.

Illustriamo ora l’esito del ragionamento e dell’analisi dei dati, partendo dai servizi socio-assistenziali, organizzati dai comuni singoli o associati.

1.1. Tassi di copertura dei servizi socio-assistenziali

I tassi attuali di copertura dei servizi è il primo indicatore utilizzato per

comporre un quadro dei livelli di assistenza. Essi sono stati calcolati con riferimento alle tre scale osservate nell’ambito della ricerca-azione, vale a dire, quella comunale, quella distrettuale e quella provinciale. Vale la pena di ripeterlo anche a costo di qualche sovrapposizione con quanto già scritto nel primo capitolo: avendo assunto come unità di rilevazione dei dati i sin-goli comuni è stato possibile fare giungere alla determinazione dei tassi di copertura anche a questo dettaglio, utilizzando nel contempo il procedimen-to di stima illustrato precedentemente. Questo passaggio ha permesso di ri-levare le consistenze dei tassi ma anche la loro variabilità interna all’interno dei singoli distretti e all’interno della provincia di Cremona.

Come si evince dalla tab. 1, i tassi di copertura delle prestazioni socio-assistenziali rivolte ad una popolazione anziana gravemente disabile, non superano, a livello distrettuale, il 25% e rimangono, per la maggior parte delle prestazioni osservate, al di sotto del 10% in tutti e tre gli ambiti. I ser-vizi a presentare i maggiori tassi di copertura sono il SAD e il trasporto protetto mentre gli interventi economici raggiungono una platea di benefi-ciari proporzionalmente molto minore, come è giocoforza che sia, visto il loro costo, la loro novità e i criteri di eleggibilità economica più stringenti che li contraddistinguono (come si approfondirà nel capitolo 4).

48

I tre ambiti si caratterizzato per diversi mix di posizionamento rispetto ai valori provinciali, collocandosi per alcuni servizi ed interventi su valori più bassi e su altri su valori più alti.

Tab.1. Tassi di copertura distrettuali e provinciali dei servizi socio-assistenziali (stima ri-stretta) e numero assoluto degli utenti presi in carico (anno 2006)

Provincia Crema Cremona Casalmaggiore

Tasso di co-pertu-

ra

utenti

Tasso di co-pertu-

ra

utenti

Tasso di co-pertu-

ra

utenti

Tasso di co-pertu-

ra

utenti

SAD

14% 1270

16%

470

11%

559

20%

241

Consegna pasti

7% 614

6%

190

7%

376

4%

48

Telesoc-corso

5% 515

7%

214

5%

264

3%

37

Trasporto protetto

20% 1858

25%

746

20%

1008

8%

104

Integra-zioni rette

RSA 5% 428 3% 102 6% 293 3% 33

Integra-zioni rette Sollievo

0%* 28 0% 0 1% 27 0% 1

Integra-zioni rette

CDI

0%* 131 0% 0 3% 129 0% 2

Integra-zioni rette

Alloggi Protetti

0% 5 0% 0 0% 5 0% 0

Buono Sociale

3% 316 3% 87 4% 221 1% 8

*Tale dato risulta nullo, nonostante vi siano degli utenti a causa dell’operazione di arroton-

damento (nessun decimale).

L’analisi dei livelli di copertura del bisogno potenziale raggiunto dalle

prestazioni socio-assistenziali a livello comunale mostra una differenzia-zione molto elevata tra comuni e comuni nonché range di variabilità molto ampi, con una marcata presenza di comuni che non offrono servizi o che non hanno, per l’anno della rilevazione, preso in carico, tramite una regia

49

pubblica, alcun utente2. La tab. 2 e le mappe3 da 2 a 7 danno conto di que-sta affermazione.

Esemplificativo della variabilità è, ad esempio, il servizio di trasporto protetto: presso il distretto di Crema il tasso di copertura di questo servizio varia da un minimo del 2% ad un massimo che supera quattro volte il 100%, presso il distretto di Cremona da un minimo del 6% ad un massimo che supera quattro volte il 100%. Tuttavia, a parte casi piuttosto lampanti come quello appena citato, si nota in generale che i tassi di copertura di uno stesso servizio differiscono enormemente da comune a comune. Questa di-somogeneità marcata tra i livelli di copertura del fabbisogno mette in evi-denza dapprima l’esistenza di profonde differenze intercomunali con, spes-so, pochi comuni dotati di una buona capacità di risposta e gli altri che non rispondono affatto o che lo fanno in maniera molto modesta, con la conse-guente necessità di ipotizzare azioni di riequilibrio atte a ridurre le distanze esistenti. Se si utilizza il dato provinciale si può cogliere, da un altro punto di vista, tale variabilità e disomogeneità. Per alcuni servizi in particolare, i dati (sempre in tab. 2) mostrano come siano pochi comuni a trainare il dato di ambito visto che la grande maggioranza dei comuni si collocano su tassi di copertura inferiori a quelli provinciali.

Sulla scorta di quanto illustrato e sulla base dei dati è emerso che per quanto riguarda il SAD, il distretto di Crema e di Casalmaggiore hanno ri-spettivamente un tasso di copertura distrettuale del 16% e del 20%, pertanto sono superiori al parametro provinciale del 14%. Il distretto di Cremona è invece l’unico ad avere un tasso di copertura del SAD al di sotto di quello provinciale e di conseguenza ad avere il numero più alto di comuni che si posizionano al di sotto della soglia di copertura provinciale.

2 Ciò vale la quasi totalità dei comuni per quanto riguarda le integrazioni delle rette in

alloggi protetti, motivo per cui tale intervento è nel prosieguo escluso dall’analisi. 3 I cartogrammi costituiscono l’unica forma di rappresentazione dei dati a livello comu-

nale riportati in questo volume, proprio in risposta alla scelta di non volere evidenziare l’assetto dei singoli comuni quanto piuttosto di restituire più visioni di insieme, sia a livello di ambito, sia a livello provinciale.

50

Tab. 2. Analisi territoriale dei tassi di copertura dei servizi socio-assistenziali per la non autosufficienza (stime ristrette): n. comuni con TdC nullo, sotto soglia provinciale, minimi e massimi a livello comunale: valori nulli, minimi, massimi

Crema (base: 48) Cremona (base:47) Casalmaggiore (base: 20)

N. co-muni con

TdC nullo

N. comuni con TdC sotto so-

glia pro-vinciale

TdC min

TdC max

N. co-muni con

TdC nullo

N. comuni con TdC sotto so-

glia pro-vinciale

TdC min

TdC max

N. co-muni con

TdC nullo

N. comuni con TdC sotto so-

glia pro-vinciale

TdC min

TdC max

SAD 7 24 2% 62% 9 32 2% 2% 8 12 6% 49% Consegna pasti 31 34 2% 41% 28 38 1% 59% 15 16 3% 105%1

Telesocc. 23 28 2% 65% 27 34 1% 23% 10 10 6% 2%

Trasporto protetto 21 28 2% 442%2 24 32 6% 462%3 17 18 8% 84%

Integraz. rette RSA 26 40 1% 14% 15 29 1% 15% 11 15 2% 28%

Integraz. rette sollie-

vo in RSA

48 - - 40 3% 14% 19 2% 2%

Integraz. rette CDI 48 - - 41 1% 7% 18 3% 5%

Integraz. rette allog-gi protetti

48 - - 47 - - 20 - -

Buono Sociale 23 28 1% 20% 6 10 1% 28% 16 17 1% 7%

1Gli utenti stimati presso quel comune, nel quale il servizio di consegna pasti a domicilio raggiunge il tasso di copertura più alto dell’ambito

di Casalmaggiore, sono 14, mentre gli utenti in carico sono 15. 2Gli utenti stimati presso quel comune, nel quale il trasporto protetto raggiunge il

tasso di copertura più alto dell’ambito di Crema, sono cinque, mentre gli utenti in carico sono 22. 3Gli utenti stimati presso quel comune, nel qua-

le il trasporto protetto raggiunge il tasso di copertura più alto dell’ambito di Cremona, sono 29, mentre gli utenti in carico sono 132.

51

I servizi di consegna pasti a domicilio e del telesoccorso, a confronto con il SAD e il trasporto protetto, possiedono, presso tutti e tre i distretti, tassi di copertura più bassi: essi non superano infatti né a livello distrettuale né a livello provinciale il 10%. Presso l’ambito di Casalmaggiore si nota che, a differenza del SAD – il cui livello di copertura ammonta al 20%, su-perando di gran lunga sia il valore provinciale sia i valori degli altri due di-stretti – i restanti servizi domiciliari raggiungono, a confronto con gli altri, livelli di copertura più bassi. Esemplificativo è il caso del trasporto protet-to: il suo livello di copertura è pari all’8%, discostandosi di molto sia da quello provinciale pari al 20% sia da quelli dei distretti di Crema e di Cre-mona pari rispettivamente al 25% e al 20%. In tal caso quindi la quasi tota-lità dei comuni del distretto di Casalmaggiore – 18 comuni su 20 – si situa al di sotto della soglia di copertura provinciale relativa al servizio del tra-sporto protetto.

I tassi di copertura delle integrazioni delle rette di frequenza per i rico-veri di sollievo, nei CDI e negli alloggi protetti sono nulli a livello distret-tuale e di conseguenza a livello provinciale (motivo per cui i dati non sono stati inseriti nella tabella). Sui tre ambiti si differenzia solamente quello di Cremona, dove i tassi di copertura delle integrazioni delle rette di frequenza per i ricoveri di sollievo e nei CDI raggiungono rispettivamente l’1% e il 3%. Per quanto concerne invece il tasso di copertura provinciale dei contri-buti alle rette di frequenza in RSA, esso raggiunge il 5%. Rispetto a questo valore, i livelli di copertura degli ambiti di Crema e di Casalmaggiore si si-tuano al di sotto della soglia di copertura provinciale: 40 comuni su 48 presso l’ambito di Crema e 15 comuni su 20 presso l’ambito di Casalmag-giore registrano un tasso di copertura delle integrazioni delle rette di fre-quenza in RSA inferiore del 5%. Per l’ambito di Cremona è rilevante notare che esso dispone, per tutte le integrazioni delle rette socio-assistenziali, di tassi di copertura più alti tanto rispetto a quelli degli altri due distretti quan-to rispetto a quelli provinciali.

A questo proposito va fatta una riflessione aggiuntiva. I tassi di copertu-ra delle integrazioni rette in RSA possono utilmente essere riferiti non ai potenziali anziani non autosufficienti in generale, ma a coloro che sono ef-fettivamente inseriti in siffatte strutture residenziali. A livello provinciale poco più di un utente RSA su dieci conta sul sostegno economico del pro-prio comune di riferimento, con una forte differenziazione tra distretto e di-stretto (tab. 3 e mappa 7).

52

Tab. 3. Tassi di copertura delle integrazioni rette in RSA riferiti alla popolazione residente

inserita in RSA

Provinciale Crema Cremona Casal-

maggiore TdC integrazioni rette in RSA tra popolazione residente in RSA

12% 11% 13% 7%

Così come per i tassi di copertura delle integrazioni delle rette socio-assistenziali in RSA, anche quelli dei buoni sociali sono complessivamente modesti. I trasferimenti economici interessavano nel 2006 piccoli numeri, pertanto la loro capacità di offrire protezione era circoscritta ad una cerchia di cittadini piuttosto ristretta. Il tasso di copertura provinciale dei buoni so-ciali è pari al 3% al di sotto del quale si colloca quello del distretto di Ca-salmaggiore. Il distretto di Crema invece, pur contando al proprio interno 28 comuni su 48 che possiedono un livello di copertura al di sotto di quello provinciale, raggiunge anch’esso il 3%. Il tasso di copertura più alto tra i distretti si attesta presso l’ambito di Cremona, non a caso l’ambito che in-vestiva maggiormente in termini relativi nell’erogazione dei buoni sociali.

Le mappe che seguono illustrano e mettono in evidenza i livelli di co-pertura garantiti dalle prestazioni socio-assistenziali4 a livello comunale in riferimento alla soglia di copertura del fabbisogno provinciale. In particola-re i comuni sono stati raggruppati nel seguente modo: comuni con tasso di copertura nullo; comuni con tasso di copertura inferiore al 50% del tasso provinciale; comuni con tasso di copertura tra il 50% e il 100% del tasso provinciale; comuni con tasso di copertura tra il 100% e il 150% del tasso provinciale; comuni con tasso di copertura oltre il 150%. Le soglie utilizza-te variano quindi al variare del servizio.

4 Dato il valore nullo per la quasi totalità dei tassi di copertura delle integrazioni delle

rette di frequenza nei CDI, nei ricoveri di sollievo e negli alloggi protetti, si è ritenuto inutile allegare le mappe relative a queste prestazioni.

53

Mappa 1. Tassi di copertura del SAD

54

Mappa 2. Tassi di copertura del servizio di consegna pasti a domicilio

55

Mappa 3. Tassi di copertura del servizio di telesoccorso

56

Mappa 4. Tassi di copertura del servizio di trasporto protetto

57

Mappa 5. Tassi di copertura dell’integrazione delle rette di frequenza in RSA

58

Mappa 6. Tassi di copertura del buono sociale

59

Mappa 7. Tassi di copertura dell’integrazione retta in RSA su popolazione in RSA

In conclusione, si osserva che i tassi di copertura dei servizi socio-

assistenziali osservati registrano valori tra loro molto dissimili tanto a livel-lo comunale quanto a livello distrettuale. Essi inoltre, pur riferiti ad una po-polazione anziana in condizioni di non autosufficienza particolarmente gra-vi, si connotano per una modesta capacità di protezione del fabbisogno so-ciale potenziale. Tale capacità di protezione si riduce ulteriormente se i tas-si di copertura si calcolano in riferimento alla stima più inclusiva definita come “stima ampia”5. I valori dei tassi di copertura calcolati in relazione al totale di una popolazione disabile stimata utilizzando la definizione più e-stensiva fornita dall’Istat, risultano pressoché dimezzati rispetto a quelli ot-

5 Per il calcolo delle due stime – stima ampia e stima ristretta - si vedano le note meto-

dologiche nel capitolo precedente.

60

tenuti in base alla stima “ristretta” della popolazione anziana gravemente non autosufficiente.

In generale si osserva che sul territorio provinciale i comuni raggiungo-no più utenti con l’erogazione dei servizi domiciliari (i cui tassi di copertu-ra variano a livello distrettuale da un minimo del 3% ad un massimo del 25%) piuttosto che con l’erogazione dei contributi alle rette di frequenza ai servizi residenziali e semi-residenziali (i cui tassi di copertura a livello di-strettuale sono per la maggior parte nulli o al massimo del 6%) e dei buoni sociali (i cui tassi di copertura variano a livello distrettuale da un minimo dell’1% ad un massimo del 4%). Questa osservazione è confermata dalla mappa riportata qui sotto che illustra quello che si è definito essere l’indicatore di ricchezza dei servizi. Tale indicatore intende mettere in luce le differenze tra i comuni in termini di utenza in carico, nell’anno 2006, presso i servizi domiciliari (SAD, consegna pasti a domicilio e buoni socia-li) e le integrazioni delle rette socio-assistenziali (in mappa definiti come “servizi residenziali”). L’intento è stato quello di cogliere la “presen-za/assenza” dei servizi – calcolata in riferimento all’esistenza di almeno un utente in carico - presso i comuni del territorio. Quello che si evince dalla mappa è quanto finora si è commentato a partire dai tassi di copertura: i comuni, in riferimento all’anno 2006, sostengono più utenti presso i servizi domiciliari anziché presso i servizi residenziali. Infatti, considerando i tassi di copertura dei servizi in questione, ciò era emerso dai dati osservati: i va-lori dei livelli di copertura delle integrazioni delle rette socio-assistenziali erano nulli o comunque di gran lunga inferiori a quelli dei servizi domici-liari. Guardando la mappa qui sotto, si nota che su tutto il territorio provin-ciale vi è un solo comune che ha almeno un beneficiario delle integrazioni delle rette e nessun utente in carico ai servizi domiciliari. Tutti gli altri – ad esclusione di quelli che non erogano alcun servizio, sia beninteso – regi-strano sempre almeno un utente in carico ai servizi domiciliari.

Questa ragionamento in merito al rapporto tra servizi domiciliari e resi-denziali verrà ripreso nel successivamente in riferimento ai dati di spesa dei singoli comuni.

61

Mappa 8. Indicatore di ricchezza dei servizi (anno 2006)

1.2 Tassi di copertura dei servizi socio-sanitari

Utilizzando gli stessi criteri di cui sopra, passiamo ora all’analisi del tas-

si di copertura raggiunti dai servizi socio-sanitari. Come si può evidenziare da un rapido confronto con le risultanze relative ai servizi ed interventi so-cio-assistenziali, aumentano, in generale in numeri assoluti degli utenti pre-si in carico e conseguentemente i tassi di copertura dei bisogni potenziali. Sia ben chiaro: l’indicatore utilizzato non permette di fare considerazioni di sorta circa l’intensità o la frequenza o, ancora, la durata della presa in cari-co. Ancora, la variabilità interna ai distretti e quella letta a livello provin-ciale per singolo servizio è molto minore rispetto ai servizi socio-assistenziali, per quanto sia ancora molto significativa per tutti, in particola-

62

re per la riabilitazione (con Cremona che presenta un tasso di copertura del 17% e Casalmaggiore del 40%). Più in generale, i tassi di copertura dei ser-vizi socio-sanitari variano orientativamente all’interno di un intervallo che va da circa il 20% a circa il 40% di copertura del fabbisogno potenziale. Si differenziano da questi valori soltanto i livelli di copertura dei CDI. Questi ultimi infatti raggiungono tassi di copertura molto più bassi rispetto a quelli calcolati per gli altri servizi socio-sanitari.

Tab. 4. Tassi di copertura distrettuali e provinciali dei servizi socio-sanitari (stima ristret-ta) e numero assoluto degli utenti presi in carico (anno 2006)

Provincia Crema Cremona Casalmaggiore

Tasso di co-pertu-

ra

N° utenti

Tasso di co-pertu-

ra

N° utenti

Tasso di co-pertu-

ra

N° utenti

Tasso di co-pertu-

ra

N° utenti

ADI

22%

2104

29%

863

18%

919

26%

322 RSA

38%

3577

30%

914

42%

2175 40%

488

CDI

5%

503

3%

83

7%

347 6%

73

Riabilitaz.

26%

2468

37% 1117

17%

857 40%

494

L’analisi a livello comunale mostra come, a differenza di quanto è e-

merso per i servizi socio-assistenziali, i tassi di copertura dei servizi socio-sanitari calcolati a livello locale non sono quasi mai nulli. L’unica eccezio-ne è rappresentata dai CDI, dove si riscontra, in tutti e tre i distretti, un cer-to numero di comuni i cui cittadini anziani non autosufficienti non ne usu-fruiscono.

63

Tab. 5. Analisi territoriale dei tassi di copertura dei servizi socio-sanitari per la non autosufficienza(stime ristrette): n° comuni con TdC nullo, sotto soglia provinciale, minimi e massimi a livello comunale

Crema (base: 48) Cremona (base:47) Casalmaggiore (base: 20)

N° co-

muni con TdC

nullo

N° co-

muni con TdC

sotto soglia

provinc.

TdC

min

TdC

max

N° co-

muni con TdC

nullo

N° co-

muni con TdC

sotto soglia

provinc.

TdC

min

TdC

max

N° co-

muni con TdC

nullo

N° co-

muni con TdC

sotto soglia

provinc.

TdC

min

TdC

max

ADI 0 13 76% 11% 0 34 50% 2% 0 5 39% 5%

RSA 1 44 43% 0% 0 11 58% 17% 0 12 51% 22%

CDI 24 35 16% 0% 10 13 45% 0% 6 10 15% 0%

Riabilitaz. 2 8 69% 0% 0 34 1093% 0% 0 1 105% 23%

64

Come si nota nella tab. 5, il numero maggiore di comuni che non conta alcun anziano dei propri domiciliati/residenti, fruitore dei CDI, si individua presso il distretto di Crema (24 comuni su 48). Per quanto riguarda gli altri servizi, pressoché tutti i comuni del territorio provinciale contano almeno un proprio residente/domiciliato come utente dell’ADI o ricoverato in RSA o nelle strutture di riabilitazione.

La maggior parte dei comuni al di sotto dei tassi di copertura provinciali dei servizi socio-sanitari si colloca presso il distretto di Crema e di Cremo-na. Il numero più alto dei comuni che, in riferimento ai propri residen-ti/domiciliati in condizione di potenziale bisogno, registra un tasso di co-pertura delle RSA inferiore a quello provinciale, è a Crema: esso compren-de infatti la quasi totalità dei comuni (44 comuni su 48). Ciò è evidente se si confrontano i tassi di copertura delle RSA calcolati a livello distrettuale: a differenza di quelli del distretto di Cremona e di Casalmaggiore, il tasso di copertura delle RSA presso distretto di Crema non supera quello provin-ciale. Per quanto riguarda invece il servizio dell’ADI, il distretto di Cremo-na – il cui livello di copertura è il più basso rispetto agli altri due distretti e inferiore a quello provinciale - conte il maggior numero di comuni (34 su 47) che stanno sotto la soglia di copertura provinciale. Tale distretto si di-stingue anche dagli altri due per il tasso piuttosto basso – in termini relativi, chiaramente- di copertura delle strutture di riabilitazione: il suo valore è pa-ri circa alla metà di quello del distretto di Crema e di Casalmaggiore. Pres-so il distretto di Cremona risultano pertanto 34 comuni su 47 sotto il livello di copertura provinciale (tab. 5).

Seguono ora i cartogrammi relativi ai tassi di copertura di ogni servizio socio-sanitario considerato. Avendo i dati relativi al numero di utenti dei servizi socio-sanitari su scala comunale, è stato possibile rappresentare nel-le mappe i tassi di copertura dei servizi per comune di residenza, un modo piuttosto inusuale di farlo, ma del tutto coerente con gli intenti di fondo di questo lavoro, l’identificazione dei livelli di assistenza per la costruzione di un sistema di livelli cui tendere a livello provinciale. Alla stregua di quanto fatto precedentemente, i comuni sono stati raggruppati nelle seguenti classi: comuni con tasso di copertura del servizio nullo; comuni con tasso di co-pertura inferiore al 50% del tasso provinciale; comuni con tasso di copertu-ra tra il 50% del tasso provinciale e il 100% del tasso provinciale; comuni con tasso di copertura tra il 100% del tasso provinciale e il 150% del tasso provinciale; comuni con tasso di copertura superiore al 150% del tasso pro-vinciale.

65

Mappa 9. Tassi di copertura dell’ADI

66

Mappa 10. Tassi di copertura delle RSA

67

Mappa 11. Tassi di copertura dei CDI

68

Mappa 12. Tassi di copertura delle strutture di riabilitazione

2. La spesa destinata al sostegno della non autosufficienza

La seconda declinazione di livello attuale di assistenza analizzata è quel-

la inerente alla spesa sostenuta dai territori per la protezione della non auto-sufficienza in età anziana. Anche in questo caso, come si avrà modo di illu-strare, le differenze sono importanti tra comuni, tra distretti e tra servizi. L’analisi dei dati di spesa dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari è stata svolta con lo stesso procedimento impiegato per l’analisi dei tassi di copertura. I dati di spesa, differenziati per tipologia di intervento, sono stati pertanto raccolti ed analizzati in riferimento a diverse scale territoriali: per quanto concerne gli interventi socio-sanitari organizzati dall’ASL i dati di spesa sono stati raccolti a livello distrettuale, per quanto concerne invece il versante socio-assistenziale si sono raccolti dati a scala comunale.

69

2.1. Dati di spesa dei servizi socio-assistenziali

Come illustrato nelle note metodologiche, i dati di spesa utilizzati per la

composizione di questa declinazione di livello attuale/ essenziale sono stati desunti dalle schede di monitoraggio della spesa sociale compilate annual-mente dai singoli comuni nell’ambito del più complesso sistema di debito informativo nei confronti della Regione Lombardia6. I dati di spesa sono stati poi trattati con la logica ed entro lo schema concettuale proposto, vale a dire, usando come valori di riferimento, il numero di anziani non autosuf-ficienti stimati essere presenti e il numero di utenti dei servizi per come di-chiarato dalle schede di rilevazione predisposte per la ricerca-azione, non sempre coincidenti con quelli riportati nella scheda di monitoraggio della spesa sociale.

Partiamo dai valori assoluti, relativi all’ammontare complessivo della spesa sostenuta nel 2006 per i singoli servizi ed interventi socio-assistenziali. La spesa per la non autosufficienza in età anziana ammontava nel 2006, nella Provincia di Cremona, a € 6.421.867 di euro, di cui il 34,3% nell’ambito di Crema, 10,7% in quello di Casalmaggiore e oltre la metà, il 55% circa, nell’ambito di Cremona (tab. 6).

La voce di spesa preponderante a livello provinciale è quella del SAD, pari al 48% della spesa totale, seguita dall’integrazione rette in RSA pari al 37%. Tale distribuzione, come si evince dalle tabelle, si ribalta nel distretto di Cremona, in cui la spesa per le RSA assume un peso di 13 punti percen-tuali superiore a quella per il servizio SAD. L’ambito che ha investito mag-giormente in termini relativi (quindi rispetto alla propria spesa totale) per il SAD è Casalmaggiore, per l’integrazione rette in RSA è Cremona e per i buoni sociali è Crema (tab. 7). Si noti che l’unico comune ad avere destina-to risorse per l’integrazione rette in CDI è Cremona.

6 Reperibili anche sul sito dell’Osservatorio delle Politiche Sociali della Provincia di

Cremona.

70

Tab. 6. Spesa socio-assistenziale per la non autosufficienza (valori assoluti)- Anno 2006

SAD Telesoccorso Trasporto Int. RSA Buoni sociali Int.CDI Totale Spesa

Crema € 1.344.574 € 13.116 € 66.250 € 548.367 € 213.375 € 0 € 2.200.181 (34,3%)

Cremona € 1.225.094 € 43.109 € 89.962 € 1.673.095 € 183.766 € 321.252 € 3.536.278 (55,0%)

Casalmaggiore € 507.381 € 7.147 € 5.142 € 157.002 € 8.737 € 0 € 685.408 (10,7%)

Prov. Cremona € 3.077.049 € 63.371 € 161.354 € 2.378.463 € 405.878 € 321.252 € 6.421.867 (100,0%)

Tab. 7. Distribuzione percentuale della spesa per la non autosufficienza tra servizi- Anno 2006

SAD Telesoccorso Trasporto Int. RSA Buoni sociali Int. CDI

Crema 61,1% 0,6% 3,0% 24,9% 9,7% 0,0%

Cremona 34,6% 1,2% 2,5% 47,3% 5,2% 9,1%

Casalmaggiore 74,0% 1,0% 0,8% 22,9% 1,3% 0,0%

Prov. Cremona 47,9% 1,0% 2,5% 37,0% 6,3% 5,0%

71

Proviamo a rendere i dati di spesa appena esposti in termini di livelli at-tuali di assistenza, parametrandoli (per quanto in modo aggregato e quindi, inevitabilmente, grossolano) sia sugli utenti effettivamente presi in carico nel 2006, sia sui portatori di bisogni così come li abbiamo definiti e stimati. La spesa pro-capite più alta per utente preso in carico si registra a Casal-maggiore per il SAD, a Cremona per le integrazioni rette in RSA e in CDI, a Crema per i buoni sociali.

Tab..8. Spesa per utente pro-capite e spesa per anziano non autosufficiente pro-capite

Spesa per utente pro capite Spesa per anziani non autosuffi-

ciente pro capite

Crema Cremona Casal-

maggiore

Crema Cremona Casal-

maggiore

SAD

€ 2.063

€ 1.249

€ 2.159

€ 446

€ 239

€ 412

Telesoccorso € 70

€ 114

€ 95

€ 4

€ 8

€ 6

Trasporto protetto

€ 109

€ 113

€ 101

€ 22

€ 18

€ 4

Integrazioni rette RSA

€ 5.031

€ 5.311

€ 4.618

€ 182

€ 327

€ 127

Integrazioni rette CDI

€ 0

€ 2.633

€ 0

€ 0

€ 63

€ 0

Buono Socia-le

€ 2.453

€ 1.156

€ 1.092

€ 71

€ 36

€ 7

La scomposizione delle spesa per servizi e per utente o per portatore di

bisogno potenziale mostra come le risorse destinate alla non autosufficienza siano modeste soprattutto, come si vedrà oltre, in confronto con la spesa socio-sanitaria. Se si parametra la spesa totale destinata agli interventi so-cio-assistenziali sul numero di anziani non autosufficienti presenti secondo le nostre stime sul territorio (a prescindere dunque che siano o meno rag-giunti da qualche servizio), a livello provinciale non si raggiungono i € 700 procapite.

72

Tab. 9. Spesa socio-assistenziale procapite anziano NA

Ambiti Stima N° NA Spesa procapite anziano NA

Crema 3.017 € 729

Cremona 5.119 € 691

Casalmaggiore 1.232 € 556

Prov. Cremona 9.368 € 686

Fino a qui, l’analisi a livello distrettuale. Se si passa invece al livello di

singolo comune, emergono discrepanze piuttosto rilevanti sia rispetto all’ammontare complessivo della spesa, sia rispetto alla sua destinazione. Qui di seguito si riportano alcuni dati relativi alla spesa media, minima e massima riscontrata nei comuni afferenti ai singoli ambiti e relativamente ai singoli servizi (tab. 10). Ne emerge una variabilità ancora maggiore ri-spetto a quella rilevata sui tassi di copertura. L’escursione dei valori di spe-sa è molto eleva per tutti i servizi analizzati all’interno di un medesimo di-stretto.

L’analisi territoriale evidenzia come all’interno di ogni ambito di zona (o distretto), vi sia una diversa distribuzione dei dati di spesa attorno alla media che all’ambito si riferisce. Prendendo ad esempio la spesa media an-nua per utente dell’integrazione delle rette di frequenza in RSA, si osserva che l’ambito di Crema e l’ambito di Cremona hanno un valore pressoché simile: il primo è pari a 5.031 euro e il secondo a 5.311 euro. Ciononostante si rileva che varia di molto, tra i due distretti, il numero di comuni che si posizionano su di una spesa pro-capite inferiore alla metà del valore medio distrettuale: presso l’ambito di Cremona ci sono 26 comuni su 47 i cui li-velli di spesa per utente sono sotto 2.655 euro, ossia il 50% di 5.311 euro e presso l’ambito di Crema ci sono 3 comuni su 48 che sono sotto 2.515 euro, ossia il 50% di 5.031 euro7.

7 Per motivi di spazio si è deciso di non riportare compiutamente un’analisi territoriale

interdistrettuale e di farvi solamente qualche cenno nel testo. I dati a disposizione permetto-no però di effettuare dei ragionamenti utili assumendo come scala di osservazione i singoli territori di ambito.

73

Tab. 10. Dati di spesa per utente annui a livello comunale (anno 2006)8

Crema (base: 48) Cremona (base:47) Casalmaggiore (base: 20)

Spesa per utente an-

nua mini-ma

Spesa per utente an-

nua mas-sima

Spesa per utente an-

nua media

Spesa per utente an-

nua mini-ma

Spesa per utente an-

nua mas-sima

Spesa per utente an-

nua media

Spesa per utente an-

nua mini-ma

Spesa per utente an-

nua mas-sima

Spesa per utente an-

nua media

SAD € 364 € 5.464 € 2.063 € 473 € 5.527 € 1.249 € 41 € 3.392 € 2.159

Telesoc-corso

€ 1 € 250 € 70 € 14 € 253 € 114 € 29 € 434 € 95

Trasp. pro-tetto

€ 28 € 546 € 109 € 39 € 332 € 113 € 13 € 642 € 101

Int.. rette RSA

€ 742 € 10.091 € 5.031 € 505 € 13.837 € 5.311 € 600 € 10.300 € 4.618

Buono So-

ciale

€ 225 € 4.050 € 2.453 € 356 € 1.591 € 1.156 € 450 € 1.591 € 1.092

8 Mancano nella tabella i dati di spesa per utente del servizio di consegna pasti a domicilio in quanto, non è stato possibile ottenere, dalla

scheda regionale di monitoraggio della spesa sociale a livello comunale, tali dati di spesa disgiunti da quelli del servizio di lavanderia. Mancano inoltre i dati di spesa per utente relativi alle integrazioni delle rette socio-assistenziali in CDI, ricoveri di sollievo e alloggi protetti in quanto non è stata riscontrata una corrispondenza dei dati raccolti attraverso le nostre “schede di rilevazioni dati” e quelli racconti nella scheda regionale di

monitoraggio della spesa sociale a livello comunale.

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Qui di seguito alleghiamo tre mappe raffiguranti i livelli di spesa pro capite annui sostenuti a livello comunale in relazione alla soglia provinciale di spesa annua per utente. Le mappe sono relative al SAD, all’integrazione delle rette di frequenza in RSA e ai buoni sociali. Si è scelto di raffigurare i livelli di spesa di questi servizi poiché, rispetto agli altri, sono stati ritenuti più onerosi e quindi particolarmente interessanti da analizzare dal punto di vista della spesa erogata per utente. In tutte e tre le mappe i comuni sono stati raggruppati in 5 classi in base ai loro livelli di spesa seguendo orienta-tivamente le seguenti indicazioni:

1. comuni che non sostengono alcune spesa per il servizio in questio-ne; 2. comuni che sostengono una spesa inferiore al 50% della spesa me-dia annua pro capite provinciale; 3. comuni che sostengono una spesa tra il 50% della spesa media an-nua pro capite provinciale e il 100% della spesa media annua pro capite provinciale; 4. comuni che sostengono una spesa tra il 100% della spesa media annua pro capite provinciale e il 150% della spesa media annua pro ca-pite provinciale; 5. comuni che sostengono una spesa superiore al 150% della spesa media annua pro capite provinciale. Si guardino le mappe, considerando che la spesa media annua pro capite

provinciale ammonta a 1.413 euro per il SAD, a 2.463 euro per l’integrazione della retta di frequenza in RSA a 723 euro per il buono socia-le.

Segue poi una mappa in cui sono rappresentati i livelli di spesa per la non autosufficienza pro capite, ma non con riferimento agli utenti effetti-vamente presi in carico nel 2006, bensì agli anziani non autosufficienti sti-mati nei singoli comuni. Le soglie seguono lo stesso ragionamento prece-dente, riportandole quindi ai valori provinciali, come media, 50% della me-dia, o sopra la media. Questo è un indicatore utile a capire quante risorse sono destinabili idealmente ad ogni persona anziana non autosufficiente sul territorio, qualora tutte ne facessero richiesta.

L’analisi a livello territoriale mostra come siano ben sette i comuni a non spendere risorse per il sostegno dei propri cittadini anziani non autosuf-ficienti, meno del 10% del totale è chiaro, ma pur sempre un numero signi-ficativo, mentre vi è un consistente numero di comuni (16) che vi dedicano una somma procapite superiore a 3.600 euro annui, pari a 300 euro al mese.

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Mappa 13. Spesa pro capite annua del SAD (valori assoluti)

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Mappa 14. Spesa pro capite annua dell’integrazione delle rette in RSA (valori assoluti)

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Mappa 15. Spesa pro capite annua dei buoni sociali (valori assoluti)

78

Mappa 16. Spesa pro capite annua per anziano non autosufficiente (valori assoluti)

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2.2. Dati di spesa dei servizi socio-sanitari

L’analisi della spesa dedicata ai servizi socio-sanitari qui presentata non

ha alcuna pretesa di esaustività e completezza. Essa è molto modesta ed è finalizzata soprattutto al confronto con i dati della spesa socio-assistenziale e alla realizzazione di analisi sintetiche. Come si avrà modo di notare, si esclude dall’analisi la spesa relativa alle strutture riabilitative socio-sanitarie, viste le modifiche intercorse nel loro sistema di classificazione e finanziamento nel corso della ricerca-azione. Vediamo dunque i valori affe-renti alla spesa socio-sanitaria in provincia di Cremona. Come si illustra nella tab. 11, la spesa socio-sanitaria dedicata agli anziani non autosuffi-cienti residenti nella Provincia di Cremona nel 2006 ha raggiunto poco più di 41 milioni di euro e mezzo, di cui 28,1% nel distretto di Crema, 58,6 % nel distretto di Cremona e il 13,3 % nel distretto di Casalmaggiore (tab.11).

Tab..11. Spesa per servizi socio-sanitari rivolti ad anziani non autosufficienti (valori assolu-

ti)- Anno 2006

ADI

RSA

CDI

Totale spesa

Crema € 1.462.896 € 9.886.481 € 329.846 € 11.679.223 (28,1%)

Cremona € 1.144.405 € 21.881.701 € 1.372.947 € 24.399.053 (58,6%)

Casalmaggiore € 355.722 € 4.889.076 € 285.766 € 5.530.564 (13,3%)

Prov. Cremona € 2.963.023 € 36.657.258 € 1.988.559 € 41.608.840 (100%)

La spesa socio-sanitaria si è, nel 2006, concentrata prevalentemente su

prestazioni di tipo residenziale, vale a dire, sulle integrazioni delle rette in RSA, che hanno assorbito l’88% del totale a livello provinciale. La spesa dedicata alle prestazioni di ADI si attesta attorno al 7% del totale a livello provinciale con un massimo del 7,2% nel distretto di Crema. La spesa de-stinata all’integrazione rette in CDI supera quella destinata all’ADI solo nel distretto di Cremona, caratterizzato anche per il più ampio assorbimento di spesa da parte delle RSA. Il distretto cremasco si caratterizza per un relati-vo maggior investimento nei servizi di assistenza domiciliare mentre Ca-salmaggiore sembra equilibrare la spesa tra ADI e CDI.

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Tab. 12. Distribuzione percentuale della spesa per servizi socio-sanitari- Anno 2006

ADI RSA CDI Totale

Crema 12,5% 84,7% 2,8% 100,0

Cremona 4,7% 89,7% 5,6% 100,0

Casalmaggiore 6,4% 88,4% 5,2% 100,0

Prov. Cremona 7,1% 88,1% 4,8% 100,0

Passiamo ora a considerare i dati di spesa sulla base di possibili livelli

attuali di assistenza, vale a dire, la spesa media per utente preso in carico e spesa media per portatore di bisogno. Le differenze tra valori medi distret-tuali appaiono molto meno accentuate rispetto a quanto emerso dall’analisi svolta sul versante socio-assistenziale. Fa eccezione l’ADI dove però le dif-ferenze nei valori assunti dall’indicatore di spesa per utente procapite pos-sono essere dovute a variazioni anche significative nella modalità di con-teggio degli utenti ai fini di questa riflessione9.

Tab. 13. Spesa per utente procapite e spesa per anziano non autosufficiente procapite- Anno 2006

Spesa per utente procapite Spesa per anziano non autosuff. proca-

pite

Crema Cremona Casalmag-

giore

Crema Cremona Casalmag-

giore

ADI

€ 1.695

€ 1.245

€ 1.015

€ 485

€ 224

€ 289

RSA

€ 10.817

€ 10.061

€ 10.019

€ 3.277

€ 4.275

€ 3.969

CDI

€ 3.974

€ 3.957

€ 3.915

€ 109

€ 268

€ 232

9 Si vedano le caratteristiche dell’ADI e delle sue forme di erogazione nell’allegato in

fondo al volume.

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Tab..14. Spesa socio-sanitaria procapite anziano NA

Ambiti Stima N° NA Spesa procapite anziano NA

Crema 3.017 € 3.871 €

Cremona 5.119 € 4.766 €

Casalmaggiore 1.232 € 4.489 €

Prov. Cremona 9.368 € 4.442 €

Se l’allineamento dei valori di spesa per utente procapite sta a dimostra-

re l’elevata capacità dell’ASL Cremona e dei distretti di programmare l’uso delle risorse con finalità di equità distributiva, le forti differenze sulle dota-zioni di risorse leggibili attraverso il secondo indicatore vanno interpretate ed approfondite alla luce di ulteriori informazioni e dati. Ciò che qui preme segnalare, è la significativa modestia di mezzi di cui dispone il comparto socio-assistenziale nella fornitura di servizi (e non quindi con l’erogazione di trasferimenti economici non strettamente finalizzati al sostegno dei pro-blemi di cura) se paragonato con quello socio-sanitario. Il rapporto è com-plessivamente di uno a sei e mezzo (4.442 euro procapite verso 686 euro a testa).

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3. I livelli essenziali nella declinazione delle prestazioni

di Simona Sambati

Questo capitolo intende individuare le specificità del sistema di offerta socio-assistenziale rivolto alla popolazione anziana non autosufficiente. In particolare si analizza nel dettaglio che cosa teoricamente viene offerto ai cittadini residenti sul territorio provinciale e, parzialmente, anche come. Si mettono in evidenza le opportunità che si offrono nei diversi contesti terri-toriali della Provincia in risposta ai bisogni espressi, almeno per quanto viene dichiarato: quali servizi, per quanto tempo, con quale intensità/ valo-re, con che frequenza1. Questo è un punto di attenzione importante. Non si tratta di ricostruire ex-post che cosa effettivamente è arrivato agli anziani in questione, quanto di delineare ciò che in ogni contesto si appronta in termi-ni di servizi ed interventi. L’operazione di verifica della congruità tra quan-to dichiarato nei regolamenti o contenuto nelle prassi di lavoro è stata solo parzialmente possibile (si vedano ad esempio le considerazioni che riguar-dano l’utilizzo del SAD), vista l’inconsistenza dei dati pervenuti su questo specifico punto. Poiché la nostra pretesa in questa sede è quella di, in qual-che maniera, contribuire allo sviluppo di un metodo utile per la costruzione di un sistema di livelli essenziali, ci limitiamo qui dunque a ricordare che l’azione di raccordo tra quanto si fa dal punto di vista teorico e quanto ef-fettivamente si finisce per fare resta un passaggio cruciale per chi volesse comporre e governare il poliedrico quadro del welfare locale.

L’analisi del “che cosa” e del “come” si offre ai cittadini anziani non au-tosufficienti parte dalle forme di gestione dei medesimi, un aspetto impor-tante per evidenziare anche la frammentarietà o meno nella regia della for-

1 Si ricorda, come già è stato spiegato nel capitolo I, che i dati e le informazioni, raccolte a livello comunale attraverso la “scheda di rilevazione dati”, si riferiscono all’anno 2007 per il sistema delle regole e all’anno 2006 per l’utenza in carico. Si specifica inoltre che i servizi e gli interventi socio-assistenziali osservati in questa ricerca-azione, ad eccezione dei buoni sociali, sono erogati a livello comunale, da comuni singoli o associati. L’unità di rilevazione pertanto per l’analisi dei livelli attuali di assistenza di questi servizi è costituita, presso tutti e tre i distretti, dai comuni.

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nitura. Si procede poi con la disamina, servizio per servizio, della caratteri-stiche di ciò che viene proposto ed erogato, sia in termini di intensità e fre-quenza, sia di combinazioni o pacchetti possibili. 1. Forme di gestione

Come si offrono servizi agli anziani non autosufficienti? Con quale for-ma gestionale? Nel distretto di Crema la forma di gestione associata con altri comuni prevale per il SAD e il telesoccorso, mentre la consegna pasti a domicilio ed il trasporto protetto sono generalmente gestiti a livello mono-comunale. Tale assetto vale anche per il distretto di Cremona con la sola eccezione del SAD gestito in maggioranza a livello monocomunale. Una situazione differente rispetto a questi due ambiti interessa il distretto di Ca-salmaggiore dove, per quanto riguarda la gestione del SAD, i comuni si di-vidono quasi a metà: 9 comuni su 20 gestiscono il SAD in modo associato, 11 comuni su 20 gestiscono il SAD singolarmente; per quanto riguarda la consegna pasti, diversamente dagli altri due ambiti, prevale la gestione mo-nocomunale e per quanto riguarda il trasporto protetto vi è ancora, come per il SAD, una distribuzione pressoché equa tra i comuni: tra quelli che ne prevedono l’erogazione, 6 comuni gestiscono singolarmente il servizio, 5 lo gestiscono in modo associato (tab. 1).

Per quanto riguarda invece la fornitura dei servizi, in tutti e tre i distretti, la maggior parte dei comuni (tutti per quanto riguarda il servizio di telesoc-corso) appalta il SAD, il telesoccorso e la consegna pasti a domicilio, men-tre gestisce direttamente, ad eccezione del distretto di Cremona, il trasporto protetto.

2. Il SAD e i servizi domiciliari

Tra i servizi allo studio, il SAD è l’unico ad essere previsto in tutti i co-muni dei tre distretti. Sebbene alcuni comuni non abbiano avuto utenti nell’anno 2006 (riferimento per la ricerca azione), tutti predispongono, pur con caratteristiche e criteri di accesso molto differenziati, un impianto rego-lativo. Questo servizio risulta quindi costituire lo “zoccolo duro” del siste-ma di offerta socio-assistenziale rivolto alla popolazione non autosufficien-te in età anziana. A questo “zoccolo duro” si aggiungono eventualmente al-tri servizi domiciliari: i più diffusi sono, in ordine di prevalenza numerica, presso il distretto di Crema e Cremona, il servizio di trasporto protetto, il

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telesoccorso, la consegna pasti a domicilio e in ultimo il servizio di lavan-deria; simile distribuzione è presente nel distretto di Casalmaggiore, con la sola differenza che prevale il numero di comuni che erogano il servizio di telesoccorso rispetto a quelli che erogano il servizio di trasporto protetto.

Per il SAD sono possibili dati che permettono di effettuare alcune anali-si su come viene utilizzato, attraverso alcuni indicatori sintetici. Il SAD si configura, alla luce dei dati, come un servizio leggero: esso infatti assicura in media un’ora (presso il distretto di Crema) o al massimo due ore di so-stegno (presso il distretto di Cremona e Casalmaggiore) al giorno, sovente per un totale di tre ore a settimana. La presa in carico è però per la maggior parte dei casi di lungo periodo, trattandosi di molti mesi o anche anni: in tutti e tre i distretti, nonostante questi dati siano in parte lacunosi (per il di-stretto di Cremona e di Casalmaggiore), si nota che soltanto una quota mi-nima di utenti over 65 anni, nel 2006, è rimasta in carico per un periodo in-feriore o uguale a 3 mesi (tab. 3).

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Tab.1. Analisi territoriale della forma di gestione dei servizi domiciliari presso i distretti *

Crema (base: 48 comuni)

Cremona (base: 47 comuni)

Casalmaggiore (base:20 comuni)

N° di comuni nel distretto con

SAD Tel Cp Tras SAD Tel Cp Tras SAD Tel Cp Tras

Gestione monocomunale 3 5 22 37 31 6 20 29 9 12 9 6

Gestione sovracomunale 45 31 3 1 15 22 4 6 11 4 3 5

Forma di gestione diretta 5 0 9 26 6 0 4 11 7 0 7 9

Appalto/convenzione** 47 47 16 16 42 29 20 20 14 15 11 5

* Tel: telesoccorso, CP : consegna pasti, Tras: trasporto protetto. ** Alcuni comuni gestiscono i servizi in forma sia diretta sia convenzionata. Per tanto il comune è in questo caso conteggiato due volte: una nel-la voce “con forma di gestione diretta” e un’altra nella voce “con appalto/convenzione”. Tab.2. SAD e Servizi domiciliari aggiuntivi presso i distretti *

Crema (base: 48 comuni)

Cremona (base: 47 comuni)

Casalmaggiore (base:20 comuni)

Tras Tel Cp Lv Tras Tel Cp Lv Tras Tel Cp Lav N° comuni che pre-vedono l'erogazione del SAD e anche di… 38 36 25 11 35 25 20 4 11 15 10 5

* Tel sta per telesoccorso, CP per consegna pasti, Tras per trasporto protetto, Lv per servizio lavanderia.

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Tab.3. Il SAD presso i tre distretti della Provincia, anno 2006

SAD Crema Cremona Casalmaggiore

N° ore per utente nell'anno 134 47 116

N° accessi per utente nell'anno 97 28 63

Durata media accessi (in ore) 1 2 2

% di utenti presi in carico nell’anno per ≤ 3 mesi 10% 25% 19%

% di utenti presi in carico nell’anno per ≤ 3 mesi 90% 75% 81%

Ma in che cosa consiste il SAD? Varia sia nei contenuti, sia per quanto riguarda l’orario giornaliero e il calendario settimanale di svolgimento, un elemento cruciale per un servizio domiciliare. Tra le tipologie di prestazioni previste, il SAD fornisce in tutti e tre i distretti quelle di igiene personale, igiene ambientale, aiuto domestico, preparazione pasti e prestazioni rese fuori dall’abitazione (accompagnamento presso strutture sanitarie e/o enti e uffici per il disbrigo di pratiche, aiuto per spese varie e piccole commissio-ni). Un solo comune, sia presso il distretto di Crema sia presso il distretto di Cremona, aggiunge al servizio SAD un’ulteriore prestazione: la funzione di “stimolo alla comunicatività” o anche definita “sostegno morale”, “creazio-ne di momenti di compagnia, socializzazione, fruizione del tempo libero”.

Tutti i comuni dei tre distretti assicurano il servizio SAD nelle ore mat-tutine dei giorni feriali, mentre la situazione varia, tra ed entro i distretti, per quanto riguarda le ore pomeridiane: il SAD è erogato anche al pome-riggio in quasi tutti i comuni del distretto di Crema (41 su 48), nella metà dei comuni del distretto di Casalmaggiore (10 su 20) e in meno della metà dei comuni del distretto di Cremona (18 su 47). Presso il distretto di Crema 13 comuni su 48 offrono anche la possibilità di usufruire delle ore SAD du-rante i giorni festivi: di questi, 5 comuni solo al sabato mattina, 4 comuni anche di domenica mattina e i restanti 4 comuni dispongono orario e giorni a seconda dei bisogni degli utenti e del progetto assistenziale concordato. Tale possibilità è invece piuttosto ridotta presso gli altri due distretti: pre-vedono l’eventuale erogazione del SAD di sabato mattina 3 comuni su 20 presso il distretto di Casalmaggiore, 6 comuni su 47 presso il distretto di Cremona.

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3. Le integrazioni delle rette socio-assistenziali

Una singolarità dell’offerta che interessa i comuni dei tre distretti ri-guarda le integrazioni delle rette socio-assistenziali relative ai “ricoveri di sollievo”, ai CDI e agli alloggi protetti: soltanto circa la metà dei comuni di ogni distretto predispone una regolamentazione per l’erogazione dei contri-buti al pagamento delle rette di frequenza, ma nessuno di questi nel distret-to di Crema e un numero comunque molto modesto negli altri due distretti eroga di fatto le integrazioni alle rette socio-assistenziali. Tab.4. Numero di comuni che, in ogni distretto, prevedono l’erogazione delle rette socio-assistenziali ed erogano di fatto le rette socio-assistenziali Cremona

(base: 47 comuni)

Crema (base: 48 comuni)

Casalmaggiore (base:20 comuni)

N° com. che pre-vedono l'eroga-

zione

N° com. che ero-gano il servizio

N° com. che pre-vedono l'eroga-

zione

N° com. che ero-gano il servizio

N° com. che pre-vedono l'eroga-

zione

N° com. che ero-gano il servizio

Integrazioni rette RSA 45 32 42 22 15 12

Integrazioni rette Sol-lievo

26 7 22 0 7 1

Integrazioni rette CDI 30 6 28 0 7 2

Integrazioni rette al-loggi Protetti

29 1 26 0 6 0

Tale realtà cambia solo per quanto riguarda le integrazioni delle rette di frequenza in RSA. Infatti il numero di comuni che dispone almeno di un regolamento per l’integrazione della retta in RSA aumenta di gran lunga, avvicinandosi quasi alla totalità dei comuni per ogni distretto. Di questi pe-rò, non tutti hanno erogato di fatto le integrazioni rette in RSA, per un tota-le, nel 2006, di 102 beneficiari over 65 anni presso il distretto di Crema, di 33 presso il distretto di Casalmaggiore e di 293 presso il distretto di Cre-mona.

Il valore massimo giornaliero previsto per l’integrazione della retta in RSA è simile nei distretti di Crema e di Casalmaggiore, mentre aumenta nel distretto di Cremona (tab. 5).

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Tab.5. Valore massimo giornaliero medio della retta di frequenza in RSA per distretto, valo-ri massimi e minimi per distretto Valore massimo gior-

naliero medio Valore massimo gior-

naliero minimo Valore massimo gior-

naliero minimo Crema 19 € (base:12) 2 € 46 €

Cremona 38 € (base:19) 9 € 166 €

Casalmaggiore 22 € (base:4) 3 € 38 €

Bisogna comunque sottolineare l’alto livello di variabilità intra-

distrettuale di questo valore: esso si attesta, presso il distretto di Crema, at-torno ai 19 euro, con un minimo di 2 euro e un massimo di 46 euro; presso il distretto di Casalmaggiore attorno a 22 euro, con un minimo di 3 euro e un massimo di 38 euro; presso il distretto di Cremona attorno a 38 euro, con un minimo di 9 euro e un massimo di 166 euro.

Il tempo previsto, secondo regolamento, per l’erogazione dei contributi alla retta di frequenza in RSA è in media di circa trenta giorni e al 31 di-cembre del 2006 non risultavano in nessuno dei comuni dei tre distretti, po-tenziali beneficiari in lista di attesa. 4. I buoni sociali

Da ultimo, i buoni sociali. Come si è precedentemente scritto, il sistema delle regole dei buoni sociali è stabilito a livello distrettuale in tutti e tre gli ambiti. Tale scelta, data la relativa novità e la particolarità della misura in questione, è stata compiuta dagli Uffici di Piano al fine di permettere una linea di applicazione il più possibile omogenea su tutto il territorio distret-tuale. Presso il distretto di Crema i buoni sociali sono stati chiamati buoni sociali mirati in quanto sono considerati strumenti socio-assistenziali ero-gati sulla base di un “progetto sociale” concordato, secondo precisi criteri distrettuali, con il diretto beneficiario e gli operatori sociali di competenza. Ad oggi, in questo distretto, il sistema delle regole risale all’anno 2005, an-no in cui è stato conferito l’ultimo bando. Il buono sociale mirato è previsto per interventi professionali integrativi al SAD e per assistenza domiciliare temporanea e/o continuativa offerta alla rete familiare o al caregiver di rife-rimento (in particolare per prestazioni quali cura dell’igiene personale, pre-parazione del pasto, accompagnamento nelle uscite, supporto nell’assunzione delle terapie farmacologiche, aiuto nella cura dell’igiene

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della casa). Nel 2006 l’Ufficio di Piano ha deciso di non istituire un nuovo bando, bensì di dare continuità all’erogazione dei buoni rispetto ai benefi-ciari già in carico. Tale continuità è stata formalizzata in seguito ad una ve-rifica della presenza delle condizioni che nel 2005 avevano reso possibile il beneficio e dopo la finalizzazione delle risorse in base al progetto sociale predefinito. Nel 2006, 87 anziani hanno beneficiato del buono per un im-porto mensile di 300 euro. Nel 2007 l’Ufficio di Piano ha considerato op-portuno cessare l’erogazione dei buoni sociali mirati a favore del progetto voucher sociale2.

A differenza invece del distretto di Crema, il distretto di Casalmaggiore e di Cremona hanno portato avanti, nel 2007, l’erogazione dei buoni sociali. Entrambi gli ambiti hanno modificato tuttavia la modalità di gestione dei buoni: essi non vengono più emessi attraverso la modalità del bando, bensì attraverso la modalità cosiddetta “a sportello”. Questa modalità è stata introdotta presso l’ambito di Casalmaggiore nel 2005 e presso l’ambito di Cremona nel 2006. Tale modalità, consolidatasi progressivamente in sostituzione della modalità a bando, ha valorizzato l’aspetto progettuale attraverso la definizione di piani assistenziali individualizzati da parte dei servizi sociali comunali e ha rafforzato il ruolo delle assistenti sociali come responsabili dei casi.

Anche per i buoni è stato possibile fare qualche affondo su come, da chi e per cosa sono stati utilizzati, al di là di quanto previsto dalle norme che ad essi si riferiscono. Presso il distretto di Casalmaggiore i buoni sociali mirati rivolti agli anziani si sono caratterizzati come contributi che, sulla base di un progetto personalizzato di aiuto, supportano l’assistenza a domicilio dell’anziano con necessità, temporanea e/o diurna, di interventi di supporto al nucleo familiare, il ricovero di sollievo in RSA, l’inserimento dell’anziano nei centri diurni integrati e l’accesso alla rete dei servizi socio-assistenziali e socio-sanitari. Rispetto agli altri due ambiti, nel distretto di Casalmaggiore non è specificamente prevista l’erogazione del buono per il

2 L’ambito distrettuale cremasco ha proposto, dal 1 marzo 2007, di attivare una duplice

modalità di erogazione del voucher sociale: il voucher SAD comunale e il voucher SAD ac-creditato. La prima tipologia di voucher verrà spiegata oltre. La seconda, il voucher SAD accreditato, consiste in un “valore economico da spendere verso soggetti accreditati per pacchetti assistenziali definiti su di un numero medio mensile di ore di prestazione, in rela-zione a livelli differenziati di complessità di prestazioni indicate”. Vi sono in particolare sei tipologie di voucher sociale, corrispondenti ad una differente valorizzazione economica in base alla complessità degli interventi socio-assistenziali di cui si necessita: il valore mensile minimo ammonta a 92,50 euro e il valore massimo mensile ammonta a 1.100 euro (Fonte: documento intitolato Linee guida per l’attivazione e l’erogazione di voucher sociali per in-terventi a supporto della domiciliarità- Ambito territoriale cremasco).

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pagamento dei caregiver informali. Negli altri due ambiti invece, nel 2006, un cospicuo numero di buoni sociali mirati sono stati utilizzati per contribuire al pagamento di un/una assistente familiare: i buoni erogati con questa specifica funzione sono stati proporzionalmente più numerosi nell’ambito di Crema (83 su 87 buoni), mentre nell’ambito di Cremona sono stati 79 su 221. Tab. 6. Il buono sociale presso i tre distretti, anno 2006 Crema Cremona Casalmaggiore N° beneficiari 87 221 8 N° domande pervenute 183 236 10 N° domande accolte 87 221 8 N° utenti che lo hanno utilizzato per pagare un’assistente familiare

83

79

-

Tempo medio di fruizione 5 mesi 10 mesi 3 mesi Valore annuo massimo € 3.600

(2006) Da € 1.000

a 4.000 (2007)

€ 2.600 (anno 2007)

Il distretto di Cremona, diversamente dagli altri due ambiti, ha sostenuto e valorizzato maggiormente la misura dei buoni sociali: non solo il numero dei beneficiari è stato più consistente (221 buoni erogati nel 2006, rispetto agli 87 nel distretto di Crema e agli 8 nel distretto di Casalmaggiore), ma ad oggi continua ad investire e a rinforzare questa forma di intervento, miglio-randola nei suo aspetti progettuali e gestionali. Fino al 2005 i buoni erogati nell’ambito di Cremona hanno seguito il primo e unico bando approvato nel 2004. Nel 2006 la scarsa disponibilità delle risorse non ha consentito la possibilità di riproporre il medesimo percorso sperimentato negli anni pre-cedenti, pertanto si è ritenuta conclusa l’esperienza del bando anziani, con-siderando prive di valore le graduatorie ad esso connesse. Nel 2007 però il distretto ripristina l’erogazione del buono sociale mirato e lo connota come intervento economico atto a supportare la domiciliarità, con il riconosci-mento del caregiver familiare e informale, a sostenere le spese di assistenza domiciliare continuativa non specializzata (le cosiddette “badanti”, valoriz-zando i progetti con documentazione del loro contratto di lavoro) ed infine, a sostenere le spese per i servizi professionali a sostegno della domiciliari-tà. L’Ufficio di Piano di Cremona definisce, inoltre, un nuovo sistema sia di progettazione sia assegnazione dei buoni. Per quanto concerne la pro-grammazione, le risorse del buono sociale mirato vengono trasferite ad ogni ente capofila del sub-ambito attraverso un meccanismo di quote capitarie e sulla base degli effettivi bisogni degli anziani in loco. Per quanto riguarda

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invece l’assegnazione, il buono sociale mirato non è più conferito attraver-so il bando, ma attraverso progetti “a sportello” presentati da parte dei sin-goli comuni all’Ufficio di Piano. Quest’ultimo mantiene un’azione di moni-toraggio delle procedure complessive e definisce i criteri di accesso e gli strumenti operativi per la presentazione dei progetti.

Differisce l’ammontare del valore annuale del buono sociale: se nell’ambito di Cremona esso varia da 1.000 a 4.000 euro, in quello di Cre-ma è di massimo 3.600 e in quello di Casalmaggiore arriva fino a 2.600 (un importo massimo di 1.300 euro da richiedersi per non più di due volte per lo stesso beneficiario nel corso del medesimo anno di riferimento). L’entità del beneficio varia nei tre distretti a seconda delle condizioni tanto econo-miche quanto socio-assistenziali dell’anziano non autosufficiente che ne fa richiesta.

In sintesi, alla luce di quanto finora esposto, si constata che l’offerta so-cio-assistenziale analizzata si caratterizza in modo differente in base ai di-versi contesti territoriali osservati. In questo capitolo l’analisi delle presta-zioni è stata compiuta più che altro in base ad una distinzione distrettuale. Tuttavia, per quanto riguarda i servizi domiciliari e le integrazioni delle ret-te socio-assistenziali, si è osservato che l’offerta differisce di molto anche a livello comunale. Le opportunità disponibili per i cittadini variano e si di-stinguono in base a specificità locali e si evidenza pertanto una forte diffe-renziazione sul piano dell’offerta dei sistemi locali di protezione presenti sul territorio.

Si aggiunge in ultimo una precisazione. Uno degli aspetti che non si è potuto analizzare, a causa dell’inconsistenza dei dati raccolti, riguarda la compatibilità tra i servizi, ossia le condizioni in base alle quali si permette che due o più servizi - sia tra i socio-assistenziali sia tra i socio-assistenziali e i socio-sanitari – possano essere erogati contemporaneamente ad uno stesso soggetto. Anche questo costituisce un importante aspetto di ciò che, almeno sul piano teorico, può avere a disposizione un anziano non autosuf-ficiente in un determinato territorio, ciò che costituisce un eventuale pac-chetto di servizi e prestazioni, una forma particolare di declinare il concetto di livello essenziale (Da Roit 2008; De Felici, Giorgi, Ranci, Sansonetti e Stame 2009; Bosi 2006; CAPP e altri 2004).

93

4. I livelli essenziali nella declinazione delle regole di accesso

Nel capitolo precedente si è guardato al sistema di offerta complessivo dei servizi socio-assistenziali per la non autosufficienza in età anziana e si è posto, pertanto, l’attenzione sul che cosa si mette a disposizione ai cittadini del territorio in condizioni di bisogno e sul come lo si fa. L’analisi che se-gue intende invece chiarire a quali condizioni si erogano gli interventi so-cio-assistenziali. Le riflessioni presentate d’ora in poi si centrano infatti su alcune precise dimensioni chiave: i criteri economici e non economici di eleggibilità per l’accesso ai servizi e le loro modalità di accertamento e di valutazione, il livello di standardizzazione delle procedure di valutazione dei casi e della presenza o meno dei criteri di eleggibilità e, infine, i modelli di compartecipazione alla spesa. L’ipotesi che sorregge questo capitolo è che la ricostruzione a livello territoriale del sistema delle regole di accesso ai singoli interventi sia un aspetto cruciale per valutare l’effettiva fruibilità dei servizi e dei livelli di assistenza1. Questo aspetto è stato finora comple-tamente trascurato nella letteratura di riferimento, in parte perché si è con-centrata sulla possibilità della loro fissazione ad una scala non prettamente locale, in parte perché ci si è concentrati su altre possibili declinazioni, co-me illustrato nel primo capitolo. Qui si vuole dunque colmare una lacuna rilevando come sia possibile e necessario armonizzare le regole di accesso e come questo costituisca un aspetto di fondamentale importanza per la co-struzione di un sistema di livelli di assistenza a scala locale. L’intento qui è di rilevare gli elementi che accomunano o distinguono i sistemi locali di protezione in base alle dimensioni sopraccitate. Vediamole nel dettaglio, avendo l’avvertenza di ricordare che i buoni sociali vengono analizzati se-

1 In allegato si riportano, con delle note sintetiche, informazioni rilevanti circa le regole

e meccanismi di accesso ai servizi socio-sanitari, formalmente uniche per tutto il territorio provinciale in quanto afferenti ad un’unica azienda sanitaria.

94

paratamente dagli altri interventi perché il sistema delle regole che li ri-guardano sono fissati a livello ambitale e non comunale.

1. I criteri di eleggibilità per l’accesso ai servizi La maggior parte dei servizi socio assistenziali risponde, nel nostro Pae-

se, ad una logica di accesso altamente selettiva. Si fissano delle precondi-zioni di partenza che giocano ad incastro tra loro per determinare l’eleggibilità o meno dei richiedenti a usufruire di una determinata misura, sia per stabilire una qualche priorità di risposta da parte dell’ente pubblico nel caso la domanda superi l’offerta, situazione tutt’altro che infrequente (Costa 2007b). I percorsi di accesso e le modalità di selezione dei potenziali utenti avvengono su base sia economica (es. livello di reddito), sia non e-conomica (es. età, dotazione delle reti familiari, livello di fragilità, ecc.). Tutti i comuni appartenenti ai tre distretti fissano, con combinazioni diffe-renziate, criteri di accesso di tipo economico e di tipo non economico in ba-se ai quali determinare l’eleggibilità o meno dei cittadini richiedenti il ser-vizio. La richiesta di precondizioni di accesso dissimili persino a livello municipale entro lo stesso distretto ed anche l’impiego di diverse modalità di valutazione delle stesse precondizioni di accesso sollevano una questione strettamente connessa al tema dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, vale a dire, la possibilità di garantire trattamenti equi ed omogenei a citta-dini residenti anche a pochi chilometri di distanza gli uni dagli altri. 1.1. I criteri di eleggibilità di tipo non economico

I criteri di eleggibilità di tipo non economico riguardano sostanzialmen-te l’avere compiuto una certa età, l’essere residenti o domiciliati presso il comune al quale si richiede un servizio, l’essere portatori di un preciso bi-sogno socio-assistenziale e il potere contare o meno sul sostegno di aiuti parentali o comunque informali. Vediamo prima il sistema di regole che vi-ge per i servizi domiciliari. Come si evince dalle tabelle che seguono, i re-quisiti maggiormente richiesti riguardano la presenza di un bisogno socio assistenziale e le caratteristiche delle reti di sostegno familiari.

95

Tab.1. Numero di comuni per distretto che fissano dei requisiti minimi nell’accesso al SAD legati al bisogno assistenziale, alla residenza, all’età e alle caratteristiche familiari

N° di co-muni che

fissano re-quisiti lega-

ti a

al biso-gno soc. assist.

alla resi-den-za

al-l'età

Di cui con

ecce-zioni

alla rete

fami-liare

Di cui fam.

assente o ina-degua-

ta

Di cui con

valu-taz. cura fam.

Di cui en-tra

mbe

Crema (base 48) 48 25 13 13 35 25 8 2

Cremona (base 47) 42 34 3 3 24 17 6 1

Casalmag-giore (base

20) 20 8 4 4 20 2 6 4

Provincia Cremona

(base 115) 110 67 20 20 79 44 20 7

96% 58% 17% - 69% - - - Tab.2. Numero di comuni per distretto che fissano dei requisiti minimi nell’accesso al tele-soccorso

N° di co-muni che

fissano re-quisiti lega-

ti a

al biso-gno soc. assist.

alla resi-den-za

al-l'età

Di cui con

ecce-zioni

alla rete

fami-liare

Di cui fam.

assente o ina-degua-

ta

Di cui con

valu-taz. cura fam.

Di cui en-tra

mbe

Crema (base 36) 33 17 7 7 19 18 1 0

Cremona (base 30) 21 21 4 1 13 11 0 0

Casalmag-giore (base

17) 14 9 1 1 8 4 3 0

Provincia Cremona (base 83)

68 47 12 9 40 33 4 0

82% 57% 14% - 48% - - -

96

Tab.3. Numero di comuni per distretto che fissano dei requisiti minimi nell’accesso alla consegna pasti

N° di co-muni che

fissano re-quisiti lega-

ti a

al biso-gno soc. assist.

alla re-sidenza

al-l'età

Di cui con

ecce-zioni

alla rete

fami-liare

Di cui fam.

assente o ina-degua-

ta

Di cui con

valu-taz. cura fam.

Di cui en-trambe

Crema (base 25) 24 11 5 3 15 14 1 0

Cremona (base 25) 21 19 1 0 12 11 0 0

Casalmag-giore (base

13) 10 7 0 0 11 7 3 1

Provincia Cremona (base 63)

55 37 6 3 38 32 4 1

87% 59% 10% - 60% - - - Tab.4. Numero di comuni per distretto che fissano dei requisiti minimi nell’accesso al tra-sporto protetto N° di comuni che fissano requisiti le-

gati a

al bi-sogno soc.

assist.

alla re-sidenza

al-l'età

Di cui con

ecce-zioni

alla rete

fami-liare

Di cui fam.

assente o ina-degua-

ta

Di cui con

valu-taz. cura fam.

Di cui en-trambe

Crema (base 38) 29 16 14 13 24 15 5 4

Cremona (base 37) 25 27 4 3 13 11 - -

Casalmag-giore (base

13) 6 6 0 0 13 5 3 -

Provincia (base 88) 60 49 18 16 50 31 8 4

68% 56% 20% - 57% - - -

Per i servizi domiciliari è spesso presente un requisito di accesso legato al bisogno socio-assistenziale. Tale dato non desta sorpresa se si considera la “natura” di tali servizi, interventi domiciliari pensati per gli anziani che necessitano di aiuto per lo svolgimento delle attività quotidiane. Esso è presente nella quasi totalità dei comuni per il SAD, supera l’80% dei co-

97

muni per la consegna pasti e il telesoccorso e si attesta a quasi il 70% anche per il trasporto protetto, con differenziazioni interne ai distretti.

Un’altra tipologia di requisiti importanti per l’accesso ai servizi domici-liari è, come già affermato, quella legata alla rete familiare. Essa è presente nel 69% dei comuni per il SAD, nel 48% per il telesoccorso, nel 60% per la consegna pasti a domicilio e nel 57% per il trasporto protetto. Tale requisito non è sempre di facile interpretazione. La presenza di un nucleo familiare accanto all’anziano talvolta costituisce un punto a favore, talvolta invece funge più che altro da impedimento all’attivazione del servizio, come si può evidenziare dalla specifica declinazione di tale requisito di eleggibilità riportata nelle tabelle precedenti. Nella maggior parte dei casi questo crite-rio interviene precludendo l’accesso ai servizi ad anziani sorretti dai loro familiari pur con differenziazioni notevoli tra servizi e tra distretti su questo specifico punto.

Passiamo ora al requisito di accesso legato all’età. Esso è presente nel 17% dei comuni per il SAD, nel 14% per il telesoccorso, nel 10% per la consegna pasti a domicilio e nel 20% per il trasporto protetto. Quando è ri-chiesto, esso prevede in genere in tutti i servizi domiciliari dei tre distretti, una soglia minima di età di 65 anni, l’età che per convenzione è considerata la porta di ingresso all’anzianità. Vi sono però alcune eccezioni sia al ribas-so sia al rialzo: per quanto riguarda le prime, vi è per esempio un comune dell’ambito di Cremona che per l’accesso al servizio del SAD e della con-segna pasti richiede un’età minima di 60 anni; per quanto riguarda le se-conde, la soglia minima di età si innalza a 70 anni per un comune che eroga il servizio di telesoccorso presso l’ambito di Cremona e a 75 anni per due comuni che attivano il SAD nel distretto di Crema e per un comune che at-tiva il telesoccorso nel distretto di Casalmaggiore. Presso ogni distretto vi sono inoltre alcuni comuni, la maggior parte presso l’ambito di Crema, che, pur fissando una età minima di ingresso, non considerano tale requisito in caso di disabilità gravi dei cittadini richiedenti i servizi.

Da ultimo, il requisito legato alla residenza. Esso è presente nel 58% dei comuni per il SAD, nel 57% per il telesoccorso, nel 59% per la consegna pasti a domicilio e nel 56% per il trasporto protetto e in genere riguarda l’essere residenti nel comune cui si rivolge una richiesta di aiuto da almeno un anno ma, anche in questo caso, con numerose variazioni.

Un’analisi interessante riguarda la combinazione dei criteri di eleggibili-tà fissati, escludendo quelli relativi al bisogno socio assistenziale, per il SAD (tab. 5). Il ricorso ad un solo criterio riguarda il 44% dei comuni men-tre il restante si distribuisce tra la combinazione tra residenza e caratteristi-

98

che della rete familiare (23%), una pluralità di requisiti (22%) o alcun re-quisito aggiuntivo (il 9%). Tab.5. Numero di comuni per combinazione di criteri di eleggibilità di tipo non economico nell’accesso al SAD

Crema Cremona Casal-maggio-

re

Provin-cia

a nessun aspetto 2 3 5 10 9%

alla sola età 5 0 0 5 4%

alla sola residenza 6 16 2 24 21%

alla sola rete familiare 12 7 3 22 19%

alla residenza + età - 2 - 2 2%

alla residenza + alla rete familiare 10 11 6 27 23% all'età + rete familiare 4 1 4 9 8% all'età + alla residenza + alla rete familiare

9 5 0 14 12%

dati mancanti - 2 - 2 2% Totale 48 47 20 115 100%

Concentriamoci ora sulle integrazioni rette in servizi residenziali e semi-

residenziali e sui requisiti di accesso e di eleggibilità ad esse connesse. In questo caso è evidente dalla tab. 6 che il requisito di accesso richiesto dal maggior numero di comuni è quello legato alla residenza.

In tutti e tre gli ambiti, infatti, prevale il numero di comuni che richiede la residenza su quello dei comuni che fissano una età minima per l’attivazione dei contributi alle rette. Tale condizione è particolarmente e-vidente se si guarda ad esempio il distretto di Cremona: su 45 comuni che prevedono l’erogazione delle rette di frequenza in RSA, 35 chiedono il re-quisito minimo di accesso legato alla residenza e un solo comune fissa il criterio di accesso dell’età; su 26 comuni che prevedono i contributi alle rette dei ricoveri di sollievo, 21 stabiliscono il requisito di accesso della re-sidenza e uno solo stabilisce il requisito di accesso legato all’età; nessun comune dei 30 che prevedono l’integrazione delle rette di frequenza nei CDI e dei 29 comuni che prevedono le integrazioni delle rette negli alloggi protetti fissa il requisito di eleggibilità legato all’età (tab.6).

Segue poi, anche in questo caso, l’analisi delle combinazioni messe in essere dai comuni del territorio (tab. 7).

99

Tab.6. Numero di comuni per requisiti di accesso di tipo non economico alle integrazioni delle rette socio-assistenziali presso i tre distretti

Crema Cremona

Casalmaggiore

Int.RSA Int. RS Int.

CDI Int. AP Int.RSA Int. RS Int.

CDI Int. AP Int.RSA Int. RS Int.

CDI Int. AP

base: 42

base: 22

base: 28

base: 26

base: 45

base: 26

base: 30

base: 29

base: 15

base: 7

base: 7

base: 6

età (65 anni)

13

4

5

4

1

1

0

0

1

0

0

0

residenza 22 10 11 9 35 21 24 21 8 2 2 2

* Int.RSA: integrazione delle rette in RSA, Int. RS: integrazione delle rette nei ricoveri di sollievo, Int. CDI: integrazione delle rette nei CDI, Int.AP: integrazione delle rette negli alloggi protetti.

100

Tab.7. Numero di comuni per combinazione di criteri di eleggibilità di tipo non economico nell’accesso all’integrazione della retta in RSA presso i tre distretti Crema Cremona Casalmaggiore Provincia

a nessun aspetto 6 7 5 18 16%

alla sola età 10 0 1 11 10%

alla sola residenza 19 34 8 61 53%

alla residenza + età 3 1 0 4 3%

dati mancanti 10 5 6 21 18%

Totale 48 47 20 115 100%

Per concludere questa riflessione sui criteri di eleggibilità nei servizi per gli anziani non autosufficienti in provincia di Cremona, diamo uno sguardo a quelli che riguardano i buoni, definiti a livello di distretto e non di singo-lo comune. Sul fronte dell’età essi presentano criteri di selettività più strin-genti. Infatti, in linea con quanto rilevato da altre ricerche in Lombardia (Pasquinelli 2006, Costa 2007b), in tutti e tre i distretti,si fissano i 75 anni come età minima per poter usufruire della misura. È richiesta altresì la resi-denza, alla data di indizione del bando a Crema, alla data di scadenza di presentazione del progetto sociale a Casalmaggiore. La presenza di una rete familiare attorno al potenziale anziano beneficiario della misura invece, a differenza di quanto accade per gli altri interventi, costituisce certamente un prerequisito fondamentale per l’ottenimento del servizio nel caso dei buoni sociali: differentemente quindi dai servizi domiciliari, i buoni in ogni di-stretto sono previsti come interventi di supporto al nucleo familiare. Essi pertanto non possono essere erogati ad anziani con una rete familiare assen-te o inadeguata. Una eccezione, in questo caso, è prevista presso l’ambito di Cremona dove il buono sociale è erogato anche in supporto all’anziano pri-vo di una rete familiare, ma accudito da un/una assistente familiare per l’intera giornata (badante). Sul fronte del bisogno socio-assistenziale, di nuovo, i criteri sono stringenti. È infatti richiesta come precondizione per il beneficio del buono sociale l’invalidità civile al 100% e/o la certificazione di diagnosi di demenza Alzheimer compiuta dall’ASL.

101

1.2. I criteri di eleggibilità di tipo economico

In questo paragrafo si analizzano le modalità di selezione degli utenti su base economica, partendo dalla cosiddetta “prova dei mezzi” e dal suo uti-lizzo. Come noto, la prova dei mezzi consiste tradizionalmente in una for-ma di selettività basata sulle condizioni economiche di coloro che fanno ri-chiesta dei servizi. Essa funziona come soglia di cut-off, vale a dire, di va-lore di condizione economica oltre la quale la persona facente richiesta di un servizio pubblico o a regia pubblica, non ha diritto ad usufruirne, a pre-scindere dalle altre condizioni di bisogno (Costa 2007b). In particolare si va ad osservare se la prova dei mezzi è utilizzata come meccanismo di inclu-sione/esclusione di presa in carico oppure in altro modo.

In termini generali, si evidenzia uno scarso ricorso alla prova dei mezzi come forma di inclusione ed esclusione dei potenziali beneficiari dei servizi domiciliari (tab. 8) mentre esso è presente, naturalmente, per gli interventi di integrazioni rette. La valutazione della condizione economica serve, nel-la maggior parte dei casi, a modulare l’eventuale compartecipazione ai costi da parte degli utenti, ma non come elemento di presa o non presa in carico. Il territorio cremonese nel suo complesso, sembra aver superato, almeno da questo punto di vista ed almeno sul domiciliare, una concezione strettamen-te assistenziale dei servizi sociali, storicamente riservati in maniera esclusi-va a soggetti molto deprivati anche dal punto di vista economico- patrimo-niale. Tab. 8. Numero di comuni che prevedono una soglia reddituale di esclusione nei distretti per servizio Crema Cremona Casalmaggiore Provincia

SAD 5 4 0 9

Consegna pasti 0 1 0 1

Telesoccorso 1 1 0 2

Trasporto protetto 0 1 0 1

Integrazioni rette RSA 11 17 1 29

Integrazioni rette di Sol-lievo

1 2 0 3

Integrazioni rette CDI 2 6 0 8

Integrazioni rette Alloggi Protetti

2 3 0 5

102

Laddove esistono le soglie di esclusione sono anche molto diverse da

servizio a servizio e da distretto a distretto. Tab.9. Valore medio in euro della soglia reddituale di esclusione nei distretti per servizio Crema Cremona Casalmaggiore SAD € 11.760

(base:5) € 6.000 (base:1)

non esiste

Consegna pasti non esiste € 11.500 (base:1)

non esiste

Telesoccorso non specificata € 11.500 (base:1)

non esiste

Trasporto protetto non esiste € 11.500 (base:1)

non esiste

Integrazioni rette RSA € 16.741 (base:11)

€ 12.518 (base:17)

€ 9.000 (base:1)

Integrazioni rette di sollievo non specificata € 7.000 (base:2)

non esiste

Integrazioni rette CDI € 19.100 (base:2)

€ 12.333 (base:6)

non esiste

Integrazioni rette alloggi protet-ti

€ 19.100 (base:2)

€ 6.667 (base:3)

non esiste

Buoni sociali* € 8.200 € 12.000 € 9.000 *Nel caso dei buoni sociali le soglie valgono per tutti i comuni afferenti al singolo distretto.

Presso il distretto di Cremona 17 comuni su 47, il numero più alto a confronto con gli altri ambiti, selezionano i potenziali beneficiari dell’integrazione della retta di frequenza in RSA sulla base della loro con-dizione economica e fissano una soglia reddituale di esclusione che si atte-sta in media a poco più 12.500 euro. Di poco inferiore è il valore medio della soglia economica di esclusione richiesta per le integrazioni rette in CDI da 6 comuni dell’ambito, mentre tale valore quasi si dimezza per quan-to riguarda i contributi alle rette dei ricoveri di sollievo e negli alloggi pro-tetti. Infatti, per quanto riguarda i primi, il valore medio della soglia reddi-tuale di esclusione, richiesta da due comuni dell’ambito, è pari a 7.000 eu-ro; per quanto riguarda i secondi, il valore medio della soglia reddituale di esclusione, richiesta da tre comuni dell’ambito, è pari a 6.667 euro. Ciò si-gnifica che, presso l’ambito di Cremona, l’intervento relativo alle integra-zioni delle rette dei ricoveri di sollievo e negli alloggi protetti è piuttosto selettivo.

Presso il distretto di Crema invece, per quanto riguarda i contributi alle rette, la soglia reddituale di esclusione è richiesta da un numero più ristretto di comuni ed accresce inoltre di valore, diventando pertanto meno selettiva. Tale soglia è adottata da 11 comuni su 48 per le integrazioni delle rette di

103

frequenza in RSA, da un comune per le integrazioni delle rette di ricovero di sollievo e da due comuni del distretto per le integrazioni delle rette sia in CDI sia negli alloggi protetti. Per quanto concerne invece i servizi domici-liari, nell’ambito di Crema, la soglia reddituale di esclusione non è utilizza-ta da alcun comune per solo due servizi domiciliari, ossia il servizio di con-segna pasti a domicilio e il servizio di trasporto protetto. La soglia redditua-le di esclusione è invece prevista, per quanto riguarda il SAD, da 5 comuni su 48 ed è pari ad un valore medio di 11.760 euro e, per quanto riguarda il telesoccorso, da un comune dell’ambito che tralascia tra l’altro di indicarne il valore.

Vediamo ora le regole di accesso ai buoni sociali mirati. Per loro sono stati fissati valori ben precisi di cut-off, validi per ogni distretto. Tali forme di selezione risultano essere piuttosto stringenti soprattutto se paragonate con quelle presenti negli altri servizi. Questo aspetto è riscontrabile princi-palmente presso il distretto di Crema dove la soglia reddituale di esclusio-ne, pari a ISEE2 non superiore a 8.200 euro, è di gran lunga inferiore rispet-to a quelle richieste dai comuni nei diversi servizi osservati. Nel distretto di Casalmaggiore, invece, la soglia di esclusione è posta a 9.000 euro all’anno3. Nel distretto di Cremona, diversamente dagli altri due ambiti, vi è una soglia reddituale di esclusione più alta, essa infatti è pari a ISEE non superiore a 12.000 euro.

In sintesi, l’analisi dei criteri di eleggibilità evidenzia come vi siano dif-ferenze sostanziali tanto a livello intra-distrettuale quanto a livello interdi-strettuale. Ciò che in generale vale per tutti e tre gli ambiti è il fatto che la valutazione della condizione economica dei potenziali utenti è compiuta nella maggior parte dei casi per quantificare la partecipazione al costo da parte dell’utenza per quanto riguarda i servizi domiciliari e per diversificare

2 Istituito con il D.lgs. 31 marzo 1998, n. 109, e reso operativo dopo due anni di speri-

mentazione con il D.lgs. 3 maggio 2000, n. 130, è un valore che scaturisce da una serie di operazioni su tre voci per ogni nucleo familiare: il reddito lordo ai fini irpef, il patrimonio mobiliare e immobiliare e la composizione del nucleo familiare. L’ISEE corrisponde al rap-porto tra l’ISE (Indicatore della situazione economica) e il coefficiente desunto dalla scala di equivalenza, un parametro variabile in base all’ampiezza del nucleo familiare. Il nucleo fa-miliare standard rilevante per l’ISEE risulta composto dal richiedente la prestazione agevo-lata, dalla sua famiglia anagrafica e dai soggetti a carico a fini irpef.

3 La presente indicazione è riferita all’ISEE del nucleo familiare e dei tenuti agli alimen-ti. Variata rispetto alle annualità precedenti, è funzionale a leggere nella sua complessità la situazione economica della famiglia al fine di individuare beneficiari in effettiva situazione di bisogno, essendo la misura in primis destinata a supportare le famiglie che si prendono cura dell’anziano a domicilio. Nel caso in cui vengano quindi presentati più ISEE (ad esem-pio dell’anziano che vive solo e dei due figli tenuti agli alimenti) quelli riferiti ai figli non devono essere superiori a € 15.000.

104

l’ammontare dei contributi per quanto riguarda le integrazioni delle rette, aspetti che saranno approfonditi oltre in questo capitolo. Sono relativamen-te pochi i comuni che, presso i tre distretti, utilizzano la valutazione della situazione economica per delimitare gli aventi diritto agli interventi e quin-di per escluderne l’accesso ai propri residenti. 2. Il livello di standardizzazione nell’accesso al sistema dei servizi so-cio-assistenziali

Uno degli aspetti che appare cruciale nel definire i livelli attuali di assi-stenza è il grado di standardizzazione nell’accesso ai servizi e, a monte, nella valutazione dei bisogni e delle condizioni che danno origine alla ri-chiesta di intervento da parte della popolazione anziana non autosufficiente e delle loro famiglie. Per standardizzazione si intende qui l’adozione di norme, strumentazioni e procedure certe, uguali per tutti, codificate e con-divise nel percorso che va dall’emersione dei bisogni alla loro presa in cari-co da parte dei servizi. Sono stati raccolti dati relativamente all’esistenza di un regolamento scritto per l’accesso ai singoli servizi, l’utilizzo di uno strumento codificato di valutazione del bisogno socio-assistenziale e l’utilizzo di modalità standard di analisi e di certificazione della condizione economica di coloro che fanno richiesta di prestazioni socio-assistenziali. Il livello di standardizzazione è allora massimo quando vi è una compresenza di questi strumenti.

Come si evince dai dati riportati nelle tabelle e nei cartogrammi che se-guono oltre, il grado massimo di standardizzazione non è diffuso nei terri-tori all’analisi. Pur variando di servizio in servizio, e da comune a comune, il livello di standardizzazione risulta essere complessivamente piuttosto modesto, soprattutto sul fronte della valutazione e certificazione dei biso-gni. I processi e le procedure di presa in carico mantengono spesso un am-pio margine di discrezionalità in quanto vengono lasciati alle sole pratiche professionali e alle valutazioni degli operatori e dei servizi sociali. Ciò che va sottolineato è che il requisito di bisogno socio-assistenziale è valutato nella maggior parte dei casi solo dalle/dagli assistenti sociali secondo le procedure proprie del servizio sociale (colloqui, visite domiciliari, ecc.). Non vi è spesso alcun utilizzo di strumenti codificati che valutino il livello di fragilità dei richiedenti i servizi domiciliari, attraverso ad esempio l’impiego di una scala specifica. L’impiego di tali strumenti potrebbe in qualche modo “contenere” il margine di discrezionalità insito invece nella valutazione compiuta esclusivamente da parte degli operatori e servizi so-

105

ciali. La definizione, in questo caso, del bisogno socio-assistenziale sarebbe compiuta secondo modalità codificate e non sarebbe lasciata esclusivamen-te alle pratiche professionali e al giudizio soggettivo dei singoli.

Incominciamo dal SAD, servizio storico reso dai comuni, più consolida-to e “rodato” rispetto agli altri interventi analizzati. Non tutti i comuni han-no fissato regole scritte in grado di definire e formalizzare l’erogazione dei servizi. Si sono dotati di un regolamento il 90% dei comuni del distretto di Casalmaggiore mentre a Crema e a Cremona circa il 60%. La situazione di completa assenza di standardizzazione (ma, a questo livello, anche di strut-turazione nell’accesso) è, di converso, piuttosto infrequente e riguarda complessivamente solamente sette comuni su tutto il territorio provinciale. Tab. 10. Numero di comuni per esistenza di strumenti standard nell’accesso al SAD Comuni il cui SAD di-spone di…

Crema (base: 48 comuni)

Cremona (base: 47 comuni)

Casalmag-giore

(base: 20 comuni)

Provin-cia

niente (no regolamento, no scheda di valutazione sociale, no strumento co-dificato)

5 2 0 7 6%

solo regolamento 0 0 1 1 1%

sola scheda di valutazio-ne sociale

2 1 0 3 3%

solo strumento codificato per la valutazione eco-nomica

7 10 2 19 17%

regolamento + scheda di valutazione sociale

0 0 1 1 1%

regolamento + strumento codificato per valutazio-ne economica

22 16 10 38 42%

scheda di valutazione soc. + strumento codifi-cato per valutazione eco-nomica

4 2 6 12 10%

regolamento + scheda di valutazione soc. + stru-mento codificato per va-lutazione econ.

8 1 1 0 19 17%

dati mancanti - 5 - 5 4%

Prevale, come combinazione possibile sul piano della standardizzazione,

l’esistenza di un regolamento affiancato da uno strumento codificato per la

106

valutazione economica. In non pochi casi (qui non quantificati), la stesura di un regolamento è stata propedeutica alla definizione di regole scritte per l’accertamento, la definizione e la certificazione della situazione economica dei facenti richiesta e concomitante anche con la costruzione di meccanismi di compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini. Come si è visto nel paragrafo precedente, tutti i comuni della provincia fissano dei requisiti mi-nimi legati al bisogno socio-assistenziale per l’accesso al SAD ma sola-mente nove di loro (neanche il 10%) lo fa anche per mezzo di strumenti condivisi e codificati (tre nel distretto di Crema, quattro a Cremona e due a Casalmaggiore).

Mappa 1. Standardizzazione nell’accesso al SAD

Passiamo ora agli altri interventi. Per quanto riguarda i servizi domici-liari aggiuntivi si nota un numero ristretto di comuni che, nei tre distretti,

107

definisce un regolamento scritto o che utilizza una scheda di valutazione sociale predefinita per accogliere o meno una domanda di assistenza. Quest’ultima ad esempio non è adottata da nessun comune sia del distretto di Crema per quanto riguarda l’attivazione della consegna pasti a domicilio sia del distretto di Casalmaggiore per quanto riguarda l’erogazione del tra-sporto protetto. Tab. 11. Numero di comuni per dotazione di regolamento, scheda di valutazione dei bisogni e strumento codificato di valutazione della situazione economica per i servizi domiciliari

N° comuni che fissano un regolamento scritto per …

Crema Cremona Casalmaggiore Provincia Consegna pasti 10 9 4 23 Telesoccorso 14 8 8 30 Trasporto protetto 19 8 1 28

N° comuni che fissano una scheda di valutazione sociale per….

Crema Cremona Casalmaggiore Provincia Consegna pasti 0 4 1 5 Telesoccorso 5 4 3 12 Trasporto protetto 3 3 0 6

N° comuni che fissano uno strumento codificato per la valutazione economica

per…

Crema Cremona Casalmaggiore Provincia Consegna pasti 12 5 1 18 Telesoccorso 8 4 4 16 Trasporto protetto 5 6 0 11

In termini generali, il numero di comuni che utilizza uno strumento co-dificato per la valutazione economica nell’accesso ai servizi domiciliari ag-giuntivi è molto superiore a quello dei comuni che adottano una scheda di valutazione del bisogno sociale.

Per quanto concerne i buoni sociali mirati, la standardizzazione nell’accesso è relativamente molto elevata. Nei tre distretti vi è un regola-mento per i buoni, si utilizzano schede di valutazione sociale e ci si avvale dell’ISEE.

Vediamo ora il grado di standardizzazione relativo all’integrazione delle rette. Il 31% dei comuni che prevedono, nella proprio ventaglio di azioni a favore della popolazione anziana non autosufficiente, di integrare rette in RSA non dispone né di regolamento né di uno strumento codificato per la

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valutazione della situazione economica. Di converso, il 37% ha approntato entrambi gli strumenti (tab. 12).

Tab. 12. Livello di standardizzazione nelle integrazioni delle rette di frequenza in RSA pres-so i tre distretti Comuni in cui l'integrazione retta in RSA dispone di…

Crema Cremo-na

Casal-maggiore

Prov.

niente (no regolamento, no strumento codificato per la valutazione econ.

16 4 12 32 31%

solo regolamento 5 0 0 5 5% solo strumento codificato per la valu-tazione economica

7 4 16 27 26%

regolamento + strumento codificato per la valutazione economica

14 7 17 38 37%

Segue il dettaglio del livello comunale con il cartogramma relativo alla

standardizzazione nell’accesso all’integrazione retta in RSA. Mappa 2. Standardizzazione nell’accesso all’integrazione retta in RSA

Il grado di standardizzazione è relativamente elevato per quelle che si ri-

feriscono alle RSA mentre è molto modesto per i ricoveri di sollievo, per la

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frequenza a CDI e per gli appartamenti protetti. Si guardi ad esempio il di-stretto di Crema (tab. 13): 18 comuni su 48 dispongono di un regolamento per le integrazioni delle rette in RSA, mentre per le altre integrazioni delle rette fissa un regolamento al massimo un solo comune in tutto l’ambito. Ta-le squilibrio è evidente anche presso il distretto di Casalmaggiore dove po-co più della metà dei comuni che prevedono i contributi alla retta di fre-quenza in RSA (7 comuni su 11) stabiliscono un regolamento, mentre nes-sun comune sui 6 o 7 che ne prevedono l’erogazione, stabiliscono regole scritte per le integrazioni delle rette in ricoveri di sollievo, in CDI e in al-loggi protetti. Medesima situazione si riscontra inoltre per l’ambito di Cre-mona: il regolamento è previsto da 17 comuni su 45 per l’integrazione delle rette di frequenza in RSA, da un solo comune su 26 per l’integrazione delle rette nei ricoveri di sollievo, da due comuni su 30 per l’integrazione delle rette di frequenza nei CDI ed infine da nessun comune per l’integrazione delle rette negli alloggi protetti.

Tab.13. Esistenza di un regolamento e di uno strumento codificato per la valutazione della condizione economica presso le integrazioni delle rette di frequenza

N° comuni che fissano un regolamento scritto per servizio Crema Cremona Casalmaggiore Integrazioni rette RSA 18 17 7 Integrazioni rette di sol-lievo

0 1 0

Integrazioni rette CDI 1 2 0 Integrazioni rette in al-loggi protetti

1 0 0

N° comuni che fissano uno strumento codificato per la valutazione economica Crema Cremona Casalmaggiore Integrazioni rette RSA 21 33 11 Integrazioni rette di sol-lievo

3 9 3

Integrazioni rette CDI 4 13 4 Integrazioni rette in al-loggi protetti

5 9 3

I contributi alle rette di frequenza dei CDI, per i ricoveri di sollievo e

per gli alloggi protetti fanno inoltre, rispetto a quelli previsti per il ricovero in RSA, meno riferimento all’ISEE o a altri strumenti formalizzati utili per il calcolo delle fasce economiche di contribuzione o la definizione di una soglia reddituale di esclusione. Tale livello di standardizzazione così ridotto può essere spiegato dal fatto che queste integrazioni delle rette, a differenza di quelle per le RSA, siano state introdotte più recentemente nel campo dell’offerta socio-assistenziale e che ci si trovi dinnanzi a piccoli numeri.

110

Pertanto, facendo parte dei “nuovi” interventi, constano ancora di scarse misure standardizzate.

Se si mettono a confronto le scelte relative all’investimento in norme e strumenti codificati nell’accesso nei diversi servizi si evidenziano alcuni aspetti paradossali. Nei tre distretti ad esempio, i comuni, nel valutare la condizione economica dei potenziali beneficiari, fanno maggiore uso di uno strumento codificato in un servizio come il SAD piuttosto che in un inter-vento come l’integrazione della retta in RSA, nonostante in termini proca-pite quest’ultimo risulti più oneroso. Si guardino i numeri: nel distretto di Crema, ad esempio, l’85% dei comuni che prevede l’erogazione del SAD, utilizza uno strumento codificato per la valutazione economica, mentre lo fa solamente il 50% di quelli che prevedono di integrare delle rette di fre-quenza in RSA. Le percentuali mostrano scarti rilevanti anche presso gli altri due distretti (tab. 14).

Tab. 14. L’uso di strumenti codificati di valutazione economica nel SAD e nell’integrazione retta in RSA Crema Cremona Casalmag-

giore N° di comuni che prevedono l’erogazione del SAD 48 47 20 N° di comuni che utilizzano uno strumento codifi-cato per la valutazione economica (ISEE o altro)

41 38 18

% di comuni che utilizzano uno strumento codifi-cato per la valutazione economica (base: numero di comuni che prevedono l’erogazione del SAD)

85% 81% 90%

N° di comuni che prevedono l’integrazione retta in RSA

42 45 15

N° di comuni che utilizzano uno strumento codifi-cato per la valutazione economica (ISEE o altro)

21 33 11

% di comuni che utilizzano uno strumento codifi-cato per la valutazione economica (base: numero di comuni che prevedono l’integrazione retta in RSA)

50% 73% 73%

Vediamo ora nel dettaglio che tipo di strumento si utilizza per la valu-

tazione della condizione economica. Laddove si fa ricorso ad una modalità standardizzata e non ci si affida ad una valutazione caso per caso, lo stru-mento maggiormente utilizzato è l’ISEE. Come visto in precedenza e in li-nea con altre ricerche svolte su basse locale (Costa 2007b), la variabilità riscontrata in tutti i valori ISEE di riferimento (per gratuità del servizio, per la compartecipazione massima, importi di cut-off) è evidente. Le differenze tra servizi e tra contesti territoriali è ulteriormente amplificata se si conside-rano le scelte di base per il conteggio del valore ISEE per quanto riguarda

111

la composizione del nucleo familiare cui ci si riferisce e i redditi da inclu-dere/escludere. In questa ricerca sono stati raccolti dati al riguardo, inutiliz-zabili però per un’analisi aggregata come quella qui proposta perché man-canti per molti territori. Ad ogni modo la leva relativa alla modifica del nu-cleo familiare di riferimento sembra non essere utilizzata in modo massic-cio, mentre più diversificate sono state le scelte circa i valori da contempla-re nel calcolo dell’ISEE (considerando ad esempio le indennità di accom-pagnamento, le rendite INAIL, gli altri redditi non assoggettabili a IRPEF) e le deroghe innestate sulla normativa nazionale4. Tab. 15. Numero di comuni che utilizzano ISEE per singolo servizio Crema Cremona Casalmaggiore

SAD 38 37 17 Consegna pasti 10 5 0 Telesoccorso 13 4 3 Trasporto protetto 4 6 0 Integrazioni rette RSA 19 30 8 Integrazioni rette Sollievo 3 9 3 Integrazioni rette CDI 4 13 3 Integrazioni rette Alloggi Pro-tetti

5 9 3

3. I modelli di compartecipazione alla spesa

La progressiva introduzione di schemi di “universalismo selettivo” nel campo dell’assistenza sulla scorta delle indicazioni contenute già nei do-cumenti licenziati dalla Commissione Onofri (Commissione per l’Analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale 1997), sta portan-do allo sviluppo di forme anche molto diverse e diversificate di meccanismi di compartecipazione al costo dei servizi da parte dei cittadini che ne fanno uso (Costa 2007b). L’“universalismo selettivo” implica il superamento del-la logica assistenziale in senso stretto per andare verso sistemi di protezione sociale a regia pubblica potenzialmente accessibili da tutti coloro che sono portatori di bisogni socio-assistenziali a patto che compartecipino alla spesa generata in base alle proprie possibilità economiche e non gravino intera-mente in termini sull’ente pubblico.

4 Per una disamina di questa questione si veda Busilacchi e Pesaresi 2005.

112

In tutti e tre i distretti la maggior parte degli enti locali si è dotata di meccanismi con cui richiedere la partecipazione degli utenti ai costi del so-stegno assicurato, anche per quei servizi che, per tradizione, sono stati a lungo gratuiti ma riservati ad un numero esiguo di persone, come ad esem-pio il SAD. Ogni comune stabilisce, entro l’ambito di competenza, propri criteri e formule di tariffazione dei servizi e prevede specifiche forme di compartecipazione alla spesa, fissando o meno soglie reddituali di gratuità e/o di esclusione di diverso valore. Lo stesso vale per i costi di produzione dei servizi, anch’essi originati a livello locale, anch’essi molto variabili da comune a comune.

Guardando ad esempio le tariffe e i costi dei servizi, si riscontra una ac-centuata variazione del loro valore entro lo stesso ambito. La tab.16 riporta i valori minimi e massimi previsti per le tariffe e per i costi dei servizi di-chiarati dai comuni entro ogni distretto5. Per costo si intende il valore di produzione del servizi mentre per tariffa si intende la cifra che si espone ai cittadini (quando diversa da zero, ovviamente). Come si può evincere dai dati riportati nelle tabelle che seguono, la differenziazione tra territori è piuttosto spinta. Le motivazioni alla base delle forti differenze nei valori sono connesse ad una pluralità di fattori, tra cui la capacità di gestire gli ap-palti di servizio, le forme di gestione dei servizi associati, la possibilità di realizzare delle economia di scala e di scopo, scelte politiche e quant’altro.

Per quanto riguarda il SAD, la tariffa minima oraria più bassa entro i tre distretti è stabilita presso l’ambito di Casalmaggiore ed è pari a 2 euro. Essa raggiunge poi un valore minimo di 3 euro presso l’ambito di Cremona ed infine arriva al valore più alto, equivalente a 7 euro, presso l’ambito di Crema. La tariffa massima oraria più alta per il SAD è invece stabilita pres-so l’ambito di Cremona ad un valore di 19 euro, poi presso l’ambito di Ca-salmaggiore ad un valore di 16 euro ed infine presso l’ambito di Crema ad un valore di 17 euro. Si può notare inoltre che la variazione maggiore tra le tariffe stabilite dai comuni entro lo stesso distretto sussiste presso l’ambito di Cremona in quanto esse variano da un minimo di 3 euro ad un massimo di 19 euro, raggiungendo pertanto una differenza tra la tariffa più alta e la tariffa più bassa di ben 16 euro all’ora. Il costo orario più basso previsto per il SAD è invece stabilito presso l’ambito di Cremona ed è pari a 3 euro

5 Per il servizio di trasporto protetto è risultato impossibile calcolare un costo medio a

causa dell’inconsistenza dei dati raccolti: alcuni comuni non hanno potuto quantificare una cifra dato che il loro costo varia in base alla distanza, altri hanno indicato una somma forfe-taria annuale che conferiscono all’ente convenzionato, altri ancora hanno precisato il costo in centesimi di euro al km.

113

l’ora, mentre il costo orario più alto, pari a 24 euro all’ora, è previsto presso il distretto di Crema. Presso l’ambito di Casalmaggiore il costo orario più alto del SAD è di 16 euro all’ora.

Tab.16. Variazione delle tariffe e dei costi del SAD, della consegna pasti e del telesoccorso entro i tre distretti

SAD Crema Cremona Casalmaggiore

Tariffa minima € 7 a ora € 3 a ora € 2 a ora

Tariffa massima € 17 a ora € 19 a ora € 16 a ora

Costo minimo € 6 a ora € 3 a ora € 7 a ora

Costo massimo € 24 a ora € 22 a ora € 16 a ora

Consegna pasti a domicilio

Crema Cremona Casalmaggiore

Tariffa minima € 3 a pasto € 3 a pasto € 3 a pasto

Tariffa massima € 11 a pasto € 7 a pasto € 6 a pasto

Costo minimo € 3 a pasto € 3 a pasto € 3 a pasto

Costo massimo € 11 a pasto € 12 a pasto € 13 a pasto

Telesoccorso Crema Cremona Casalmaggiore

Tariffa minima € 9 al mese € 8 al mese € 9 al mese

Tariffa massima € 58 al mese € 17 al mese € 22 al mese

Costo minimo € 9 al mese € 8 al mese € 4 al mese

Costo massimo € 65 al mese € 17 al mese € 36 al mese

Questa differenziazione dei costi e delle tariffe stabilite dai comuni en-

tro uno stesso ambito è presente anche per la consegna pasti a domicilio. La maggior variazione tra le tariffe si verifica entro l’ambito di Crema in quan-to la tariffa minima ammonta a 3 euro a pasto e la tariffa massima ammonta a 11 euro a pasto, con una differenza quindi di 8 euro. Lo scarto tra la tarif-fa più alta e la tariffa più bassa si riduce invece per gli altri due distretti. Il costo a pasto più basso è di 3 euro in tutti e tre gli ambiti, mentre quello più alto è fissato presso l’ambito di Casalmaggiore, nonostante si differenzi di

114

poco dagli altri costi massimi previsti presso l’ambito di Crema e di Cre-mona.

La differenza in termini di tariffe e di costi, tra i comuni di uno stesso distretto ed tra gli stessi distretti, si allarga enormemente per quanto riguar-da il servizio di telesoccorso. Si evidenzia in particolare il divario tra le ta-riffe e i costi presente entro l’ambito di Crema: la tariffa del telesoccorso varia da un minimo di 9 euro al mese ad un massimo di 58 euro al mese, con una differenza quindi tra il valore più alto e il valore più basso di 49 euro. Tale differenza si accentua ulteriormente se si vanno ad osservare i costi. Il telesoccorso mantiene un costo minimo pari a 9 euro mensili e rag-giunge un costo massimo di 65 euro mensili, ottenendo pertanto uno scarto tra il primo ed il secondo di ben 56 euro. L’oscillazione delle tariffe e dei costi si riduce di molto presso gli altri due distretti ed in particolare presso il distretto di Cremona dove la differenza tra i valori più alti e i valori più bassi è pari a 9 euro sia per le tariffe sia per i costi. Lo scarto in particolare tra il costo massimo e il costo minimo aumenta nuovamente entro il distret-to di Casalmaggiore, mai raggiungendo però la consistenza di quello del distretto di Crema: esso ammonta a ben 32 euro. È più ridotta invece la dif-ferenza tra le tariffe, essendo pari a 13 euro.

A fronte di tale diversificazione tra i costi e tra le tariffe riscontrata so-prattutto all’interno di ogni ambito, si è andati a vedere, ad esempio, se a livello comunale esiste una relazione tra i costi alti del servizio e la forma di gestione del servizio (gestione diretta o appalto/convenzione). Si è però notato che esiste una forte variabilità dei costi e delle tariffe anche tra i soli comuni che gestiscono direttamente i servizi o tra i soli comuni che appal-tano i servizi.

Andando ad osservare i costi e le tariffe su scala distrettuale si nota che il costo medio dei servizi domiciliari è sempre uguale o maggiore alla loro tariffa media. Prendendo ad esempio il SAD si osserva che presso l’ambito di Crema il costo medio è di 17 euro, mentre la tariffa media è di 13 euro; presso l’ambito di Cremona il costo medio è di 15 euro, mentre la tariffa media è di 12 euro ed in fine presso l’ambito di Casalmaggiore il costo me-dio è di 14 euro, mentre la tariffa media è di 11 euro (tab. 17). Tab. 17. Costo medio e tariffa media del SAD per distretto

115

SAD Costo medio Tariffa media

Crema € 17 ora (base:20) € 13 ora (base:15)

Cremona € 15 a ora (base:36) € 12 a ora (base:35)

Casalmaggiore € 14 ora (base:14) € 11 ora (base:17)

Consegna pasti a domicilio Costo medio Tariffa media

Crema € 5 a pasto (base:18) € 5 a pasto (base:21)

Cremona € 5 a pasto (base:19) € 5 a pasto (base:19)

Casalmaggiore € 6 a pasto (base:8) € 4 a pasto (base:8)

Telesoccorso Costo medio Tariffa media

Crema € 16 al mese (base:12) € 14 al mese (base:17)

Cremona € 10 al mese (base:19) € 10 al mese (base:17)

Casalmaggiore € 18 al mese (base:9) € 15 al mese (base:8)

Prendendo in considerazione il servizio di consegna pasti a domicilio, si

nota che il costo medio e la tariffa media a pasto si equivalgono per il di-stretto di Crema e di Cremona, mentre il costo medio è superiore della tarif-fa media per il distretto di Casalmaggiore.

Infine per il telesoccorso il costo medio e la tariffa media si equivalgono nell’ambito di Cremona e il costo medio è superiore alla tariffa media pres-so gli altri due ambiti.

Dalle tabelle soprastanti si nota che in nessun distretto la tariffa media supera il costo medio: vi è sempre una situazione in cui o i due valori si e-quivalgono o il costo medio è superiore alla tariffa media. Lo scarto tra questi valori spesso sono rilevanti. Si prenda ad esempio il SAD: la diffe-renza tra la tariffa oraria media e il costo orario medio è di 3 euro per i di-stretti di Cremona e di Casalmaggiore e di 4 euro per il distretto di Crema. La significatività (in termini sia assoluti sia relativi) mette in evidenza una scelta di tipo politico compiuta dal pubblico: soprattutto per il SAD, servi-zio tradizionalmente gratuito, i comuni continuano a farsi carico della quota più sostenuta della spesa. Ciò significa che, nonostante la maggior parte dei comuni preveda in ogni distretto una compartecipazione alla spesa da parte dell’utenza - 37 comuni su 48 presso l’ambito di Crema, 38 comuni su 47 presso l’ambito di Cremona e 17 comuni su 20 presso l’ambito di Casal-maggiore - le forme di compartecipazione introdotte non sono strettamente

116

finalizzate ad aumentare la sostenibilità economica dei servizi e quindi ad allargare così la platea potenziale dell’utenza.

Tab.18. Numero di comuni in ogni ambito che si è dotato di un sistema di compartecipazio-ne alla spesa per singolo servizio Crema Cremona Casalmaggiore SAD 37 38 17

Consegna pasti 17 19 9

Telesoccorso 16 16 11

Trasporto protetto 5 15 8

Ritornando ad un’analisi intra-distrettuale, si nota infatti che, per l’erogazione del SAD, presso l’ambito di Crema 23 comuni su 37 stabili-scono una tariffa massima oraria che non va comunque a coprire per intero i costi di produzione del servizio. La somma che rimane a carico dei comu-ni varia di fatto da un minimo di un euro ad un massimo di 21 euro all’ora. A parte gli 11 comuni del distretto che non forniscono i dati, i rimanenti 14 registrano invece una differenza tra tariffa massima oraria e costo orario pari a zero. Il loro modello di compartecipazione è piuttosto “evoluto” in quanto la tariffa massima oraria si sovrappone perfettamente al costo orario del servizio. Non rimarrebbe quindi alcuna spesa aggiuntiva a carico del comune, nel caso, ovviamente, che ci si trovasse di fronte ad una situazione in cui la compartecipazione alla spesa è massima. Presso l’ambito di Cre-ma, eccetto i 15 comuni che non procurano i dati, vi sono 16 comuni che mantengono le tariffe orarie del SAD più basse dei costi effettivamente so-stenuti (facendosi carico di una somma che varia da un minimo di 2 euro ad un massimo di 14 euro l’ora) e 16 comuni che invece pareggiano i costi so-stenuti con le tariffe orarie massime pagate dagli utenti. Un comune presso il distretto di Casalmaggiore si distingue invece da tutti gli altri comuni sia del proprio ambito sia degli altri due ambiti, poiché stabilisce una tariffa oraria massima del SAD che supera i costi di produzione del servizio. La maggior parte dei comuni dell’ambito rientra nei costi sostenuti, avendo una differenza tra tariffa oraria massima e costo orario del SAD pari a zero. Infine solo tre comuni su 14 che fanno pagare il servizio, mantengono i co-sti di produzione più alti delle tariffe orarie, impegnandosi in una somma aggiuntiva che varia da un euro a 11 euro l’ora (tab. 19).

117

Tab. 19. Dati di gestione del SAD: differenza tra costo orario e tariffa oraria (∆) Crema

(base:37) Cremona (base:32)

Casalmaggiore (base:14)

N° comuni con ∆ ne-gativo

23 [da € 1 a € 21] 16 [da € 2 a € 14] 3 [da € 1 a € 11]

N° comuni con ∆ po-sitivo

0 0 1

N° comuni con ∆ = 0 14 16 10

N° comuni che non forniscono i dati

11 15 0

È rilevante notare che, tra i comuni che prevedono forme di co-payment, la compartecipazione ai costi del servizio varia da 0 al 100% per quasi la totalità dei comuni nel distretto di Crema e di Casalmaggiore. La soglia reddituale di gratuità è infatti stabilita presso l’ambito di Crema da 35 co-muni su 37 e il suo valore medio ammonta a 5.762 euro all’anno; presso l’ambito di Casalmaggiore da 16 comuni su 17 e il suo valore medio è pari a 5.918 euro. Nel distretto di Cremona tale soglia è comunque fissata dalla maggior parte dei comuni (28 su 38). Nei tre distretti la media della soglia reddituale di gratuità si aggira pressappoco attorno alla stessa cifra, varian-do di poche centinaia di euro. La più bassa, del valore di 5.289 euro annui, è stabilita presso il distretto di Cremona, mentre la più alta, pari a quasi 6.000 euro annui, è utilizzata presso il distretto di Casalmaggiore. Tab. 20. Compartecipazione alla spesa nel SAD presso i tre distretti Crema Cremona Casalmaggiore N° comuni con compartecipa-zione alla spesa

37 38 17

N° comuni con soglia reddituale di gratuità

35 28 16

Soglia media reddituale di gra-tuità

€ 5.762 (base:35)

€ 5.289 (base:28)

€ 5.918 (base:16)

Presso il distretto di Crema è attualmente in corso una sperimentazione relativa alla soglia reddituale di gratuità. Tale sperimentazione, chiamata “voucher SAD comunale” e approvata il 1 marzo 2007, rientra nel quadro più complessivo del percorso provinciale di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali (LEPS) e del Patto Provinciale per lo Sviluppo. La Comunità Sociale Cremasca a.s.c, l’azienda speciale consortile che affianca l’Ufficio di Piano, diventando a tutti gli effetti operativa dal 1 gennaio

118

2007, ha deciso di innalzare e uniformare per tutti i comuni dell’ambito il valore della soglia di gratuità per il SAD: tale valore è pari a ISEE 8.200 euro o a un reddito lordo di 12.300 euro. Sottoforma di “voucher SAD co-munale” la Comunità Sociale Cremasca versa mensilmente ai comuni un valore economico relativo alla quota a carico dell’utenza definita dai diver-si regolamenti/piani tariffari dei SAD comunali, a favore di utenti con un ISEE o una situazione reddituale inferiore a parametri definiti a livello di-strettuale.

119

5. Per concludere: piste possibili per la progettazione di livelli essenziali di assistenza a scala locale

In questo capitolo finale si raccolgono alcuni dei numerosi spunti emersi dalla ricostruzione dei livelli attuali di assistenza delle persone anziane non autosufficienti della Provincia di Cremona, utili a delineare possibili piste percorribili nella progettazione di livelli essenziali delle prestazioni sociali a scala locale. Non ci si prefigge quindi l’obiettivo di progettare tali livelli bensì di individuare possibili direzioni e strumenti in cui e con cui farlo nonché di indicare un metodo di lavoro valido anche per successive azioni di sistema che possano riguardare altri servizi e altri comparti socio-assistenziali.

1. Uno sguardo di insieme

La raccolta di dati effettuata nel corso della ricerca-azione qui illustrata ha reso possibile la ricognizione puntuale (per quanto perfettibile) del si-stema di offerta rivolto alla popolazione anziana non autosufficiente at-tualmente in essere in Provincia di Cremona1. Si è trattato di un percorso lungo e faticoso ma foriero, a nostro avviso, di una piattaforma informativa utile per la programmazione sociale e per una riflessione comune sull’opportunità di sviluppare un sistema di livelli essenziali di prestazioni sociali a livello territoriale maggiormente uniforme, superando o quanto-meno minimizzando la frammentazione esistente. La ricerca ha infatti rico-struito i livelli attuali delle prestazioni sociali sui singoli comuni analizzan-doli però con riferimento a due scale più vaste, talvolta gli ambiti/distretti,

1 Non sono qui contemplate né le misure nazionali di sostegno alla dipendenza non go-vernate a livello locale quali l’indennità di accompagnamento (Ranci 2008), né forme di tu-tela quali quella giuridica, entrambe centrali per delineare compiutamente l’insieme di rispo-ste pubbliche alla non autosufficienza.

120

talvolta il territorio provinciale stesso. L’ottica è stata quella di individuare le caratteristiche fondamentali dell’attuale sistema di offerta, raccordandole ai bisogni potenziali per comprendere in che direzione lo si possa far evol-vere e sviluppare.

Proviamo a ripercorrere sinteticamente alcuni dei passaggi fondamentali compiuti in modo da collocarli rispetto alle azioni (intese in senso lato) fu-ture, anche sul piano della progettazione. La ricerca ha costituito un’occasione unica per riunire ed analizzare in maniera congiunta una plu-ralità di dati di natura sia quantitativa che qualitativa. Tra i primi possiamo annoverare i dati di spesa così come sono organizzati nella scheda di moni-toraggio della spesa sociale, inserita nell’ambito del sistema di debito in-formativo della Regione Lombardia, ma anche dati relativi ai tassi di coper-tura assicurati dai singoli servizi nei singoli comuni, a partire dalla stima effettuata del numero di persone anziane non autosufficienti e dalle infor-mazioni forniteci dai comuni e dagli uffici di piano. Si ricorda che l’indagine si è protratta molto nel tempo perché sono stati raggiunti tutti i 115 comuni del territorio, 20 afferenti al distretto di Casalmaggiore, 48 a Cremona e 47 a Crema.

Prima di fare il punto sulle risultanze relative alla declinazione dei livel-li essenziali come copertura dei bisogni e della spesa dedicata è opportuno, in sede conclusiva, ricordare come non di rado ci siamo imbattuti, anche su queste tipologie di dati, in incongruenze di non poco conto, come ad esem-pio la non corrispondenza tra i dati immessi all’interno delle schede di rile-vazione da noi predisposte e i dati desunti dalla scheda regionale di monito-raggio della spesa sociale. Questo genere di problemi è anch’esso un esito della ricerca dato che mette in evidenza la difficoltà con cui ci si muove in un settore scarsamente strutturato e ancora tentennante sulla capacità di ge-nerare flussi informativi stabili, condivisi e significativi (Costa 2007a, Sa-raceno 2006). Tale fattore di debolezza caratterizza ovviamente non sola-mente il territorio analizzato ma i sistemi informativi sociali più in genera-le, e costituisce, a tutti gli effetti, un punto su cui sono chiamati a lavorare amministratori e policy maker, sia a scala locale, sia a scala regionale e na-zionale.

I dati relativi ai tassi di copertura dei servizi evidenziano una forte di-sparità nella capacità di risposta alla non autosufficienza da parte dei singo-li distretti e, al loro interno, dai singoli comuni nonché una generale mode-sta capacità di presa in carico dei bisogni. Il servizio che maggiormente raggiunge le persone anziane non autosufficienti è il SAD sul fronte socio-assistenziale e il ricovero in RSA su quello socio-sanitario. A livello pro-vinciale, il secondo raggiunge il 38% degli anziani stimati trovarsi in una

121

condizione di non autosufficienza spinta mentre il primo raggiunge il 14%. L’ADI invece copre il 22% degli utenti potenziali. Per quanto non sia stato possibile cogliere gli intrecci nell’uso dei servizi appare evidente allargan-do lo sguardo, come il comparto socio assistenziale soffra di una debolezza strutturale rispetto a quello socio-sanitario. Tale debolezza si riflette anche nella scarsità relativa di risorse economiche a disposizione. Come si è visto, la spesa socio-sanitaria per ogni anziano non autosufficiente è, a livello provinciale, oltre sei volte superiore a quella assistenziale (rispettivamente € 4.442 e € 686 procapite).

Abbiamo poi raccolto e analizzato una mole notevole di dati qualitativi, soprattutto sul fronte del contenuto e modalità di funzionamento dei servizi nonché delle procedure che ne presiedono l’accesso. Così, abbiamo avuto modo di rilevare come sotto la stessa dizione, vi siano insiemi di prestazio-ni anche molto differenti, sia in termini di contenuti, sia di orari usufruibili (un aspetto cruciale nel campo dei servizi alla persona) o di intensità e fre-quenza di erogazione. Lo si è visto soprattutto nel SAD, lo “zoccolo duro” del sistema assistenziale destinato alla non autosufficienza in età anziana. La ricostruzione del sistema delle regole per l’accesso ai servizi è stata po-liedrica: abbiamo raccolto dati relativi ai criteri di eleggibilità economica e non economica per un’eventuale presa in carico da parte della pubblica amministrazione, agli strumenti di valutazione dei casi e di entrata nel si-stema dei servizi, all’esistenza e alle forme di co-payment da parte dei cit-tadini e delle loro famiglie. Ne è emerso un quadro molto variegato su tutti questi aspetti ma con una nota ricorrente, vale a dire, una forte differenzia-zione intra-distrettuale: così, comuni anche limitrofi, si trovavano nel 2007 ad essere dotati di meccanismi di accesso e di uso dei servizi molto diversi. Ancora, mentre buona parte dei territori si è data un insieme di regole per l’accesso ai servizi, soprattutto con la fissazione di criteri minimi di eleggi-bilità, molto meno si è fatto sul piano dell’accertamento e della valutazione standardizzata della loro sussistenza. Uno sforzo maggiore è stato fatto per quanto riguarda la compartecipazione al costo delle prestazioni da parte dei loro beneficiari, in parte per la necessità di allargare la platea degli utenti, in parte per contrastare l’ormai tradizionale modestia di risorse economiche a disposizione, a fronte di un quadro demografico che inesorabilmente met-te e metterà sotto pressione i bilanci pubblici.

La ricostruzione del sistema delle regole a livello comunale svolta è sta-ta molto laboriosa, soprattutto alla luce della specifica configurazione del territorio studiato, composto prevalentemente da comuni di piccole e picco-lissime dimensioni. Crediamo però che abbia costituito un’operazione ine-dita nel panorama lombardo e preziosa, non solo per la Provincia, ma anche

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per i singoli ambiti e addirittura sub-ambiti, non sempre dotati di regole comuni per la fornitura dei servizi e non sempre a conoscenza di come e a quali condizioni si accede alla fornitura di servizi. La necessità di “fare il punto” su tutti questi aspetti configurando una visione di insieme appare oggi di primaria importanza, non solo genericamente sul fronte dello svi-luppo di formule di cittadinanza eque e trasparenti, ma anche per ciò che attiene alle esigenze conoscitive poste dai cambiamenti in atto sul fronte delle forme di programmazione e di gestione dei servizi sociali. La nascita della Comunità Sociale Cremasca e del Consorzio Casalasco Servizi Sociali ad esempio, pongono con forza l’opportunità e la necessità di partire dall’esistente per dare vita a convergenze virtuose, sia sul versante delle ri-sorse destinate all’assistenza, sia nelle modalità di sviluppo dei servizi e delle condizioni di accesso. La ricerca è stata, da questo punto di vista, un’occasione unica poiché ha messo a disposizione dei programmatori e dei policy maker a livello locale dati puntuali per i singoli comuni che permet-tono di assumere contemporaneamente logiche di sistema e logiche più mi-cro, partendo dall’esistente e dalle tradizioni locali, nel rispetto di scelte che è giocoforza abbiano anche una valenza politica. 2. I livelli attuali di assistenza e le azioni di benchmarking

L’uso dei dati e degli indicatori che in prima battuta proponiamo per la riflessione attorno ai livelli essenziali delle prestazioni sociali è quello di fare del benchmarking, vale a dire, delle analisi volte ad individuare il posi-zionamento relativo dei singoli territori rispetto agli altri su tutte le declina-zioni possibili di prestazioni sociali presentate in questo volume, indivi-duando di volta in volta gli obiettivi cui portare l’insieme della Provincia di Cremona e indicando le risorse economiche, organizzative e politiche per farlo, in un’ottica di crescita complessiva del sistema di risposte per la non autosufficienza in età anziana.

Questa modo di procedere permette di sviluppare azioni graduali ed in-crementali, mantenendo una logica di coesione territoriale. Non si tratta ne-cessariamente, infatti, di individuare le migliori performance o le migliori pratiche e adottarle come punto di arrivo per le politiche (come consono in-vece con un uso del benchmarking ai fini del posizionamento di un sogget-to economico nei confronti della concorrenza) quanto di fissare obiettivi comuni (qualitativi e quantitativi) che possano orientarle.

Vista la complessità dell’architettura istituzionale e del sistema di go-vernance più allargato in cui si muovono le politiche sociali, l’uso proposto

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della riflessione presentata in questo volume non può che servire a ripensa-re le logiche e i rationale della programmazione sociale e socio-sanitaria nonché a progettare e riprogettare le politiche su scala locale. L’illustrazione delle direzioni in cui concretamente ci si potrebbe muovere aiuterà a chiarire che cosa andiamo affermando. 3. Direzioni possibili per la progettazione di livelli essenziali di assi-stenza

Prima di illustrare i percorsi possibili nella progettazione di livelli es-senziali delle prestazioni sociali è opportuno ritornare, anche brevemente, su una questione di primaria importanza, vale a dire, le scale di analisi e di lavoro. Come spiegato nel primo capitolo, la ricerca-azione ha permesso di raccogliere dati sulle prestazioni sociali a livello comunale ma essi sono poi stati analizzati, con la costruzione di indicatori, a livello distrettuale e a li-vello provinciale. Tale scelta è dovuta alla necessità di mantenere lo sguar-do rivolto sia alle azioni di sistema possibili solamente entro il singolo am-bito, sia alle azioni che si possono (o è auspicabile) giocare su scala più va-sta. Alcune riflessioni non possono che essere valide per l’insieme dei co-muni appartenenti al medesimo ambito quali ad esempio quelle relative alla maggior parte delle regole attinenti all’accesso ai servizi. Altre invece non possono che essere significative per l’intero territorio provinciale, come ad esempio, l’opportunità di aumentare la capacità di risposta ai problemi di cura da parte dei soggetti pubblici e privati chiamati a farlo2.

Fatte le premesse di cui sopra, vediamo ora quali sono le direzioni di massima verso cui orientare lo sforzo congiunto di coloro che oggi hanno responsabilità in merito alla regolazione, programmazione, finanziamento, organizzazione e gestione dei servizi e degli interventi volti al sostegno del-la non autosufficienza. Esse sono sinteticamente: un riequilibrio territoriale nei tassi di copertura dei servizi; un riequilibrio territoriale nei livelli di spesa destinata alla non autosufficienza; un riequilibrio territoriale nella composizione di pacchetti di servizi; la pluralizzazione dell’offerta e delle prestazioni; l’omogeneizzazione dei criteri di eleggibilità per i medesimi servizi; la strutturazione ulteriore del servizio sociale; la codifica e struttu-razione dei processi di presa in carico; la standardizzazione degli strumenti

2 Per un tentativo di progettazione di livelli di assistenza a livello nazionale in questo

senso si veda il lavoro di De Felici, Giorgi, Ranci, Sansonetti e Stame (2009) riportato in bibliografia.

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di valutazione dei bisogni; la standardizzazione degli strumenti di valuta-zione della rete parentale; la standardizzazione degli strumenti per l’accertamento e la valutazione della condizione economica dei potenziali beneficiari; la fissazione di tariffe comuni ed omogenee per categorie di servizi e la fissazione di modelli di co-payment comuni ed omogenei per categorie di servizi.

L’elenco potrebbe in realtà continuare a lungo. Qui ci si propone di a-vanzare alcune ipotesi di lavoro utili sia per la Provincia nella sua azione di sostegno e strutturazione del sistema, sia per i singoli distretti. Vediamole per macroinsiemi in modo da comprenderne anche la logica ricordando pe-rò che, in ogni caso, dato il contesto di policy in cui ci muoviamo in Lom-bardia, è necessario ripensare a monte le forme di regolazione dell’intera partita che riguarda i bisogni di cura legati alla non autosufficienza e le ri-sposte che si predispongono per fronteggiarli, in particolare per quanto ri-guarda l’attuale discrimine e separatezza tra gli interventi sociali e quelli socio-sanitari. 3.1. Azioni di riequilibrio territoriale

Le azioni di riequilibrio territoriale sono tese ad eliminare o per lo me-no attenuare le differenze emerse a livello intra-distrettuale e a livello inter-distrettuale sia sul piano della copertura dei bisogni assicurata dai singoli servizi, sia sul piano della spesa. Come si ha avuto a più riprese modo di evidenziare, la Provincia di Cremona, pur avendo una lunga tradizione di intervento nel campo della cura e del sostegno delle persone dipendenti (e forse anche per questo motivo), presenta molte difformità tra comuni e co-muni su questi due aspetti: a fronte di comuni che hanno preso in carico un numero discreto di anziani con bisogni assistenziali manifesti, ve ne sono altri che si caratterizzano per la totale assenza in quanto a fornitura di servi-zi a regia pubblica. Stesse considerazioni si possono fare per quanto riguar-da la spesa destinata ad ogni utente preso in carico e alla spesa complessiva per la popolazione anziana non autosufficiente.

Per far fronte alla forte differenziazione dei livelli di copertura raggiunti a livello comunale per ogni tipologia di servizio, si possono ipotizzare al-cuni scenari di riequilibrio territoriale. Il primo è di tipo intra-distrettuale e riguarda i tassi di copertura assicurati dalla singole prestazioni o da un pac-chetto di prestazioni. Ci si potrebbe riferire al tasso di copertura distrettua-

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le3 per ogni singola prestazione come soglia di copertura minima a cui por-tare i singoli comuni. E’ bene chiarire che cosa si intende per “minima” in questa sede e la motivazione della proposta. Si tratta di focalizzare gli sfor-zi per far crescere il sistema nel suo complesso facendo sì che tutti i comuni raggiungano un livello minimo di copertura dei bisogni. Ciò non significa affatto che in un momento successivo non ci si possa dare degli obiettivi più audaci in termini di aumento dei tassi di copertura o aumento della spe-sa pro capite, ma di assicurarsi che un minimo sia garantito su tutto il terri-torio, omogeneizzando il livello di copertura dei bisogni a livello dei singo-li ambiti. Nelle tabelle successive si riporta il numero di nuovi utenti da prendere in carico e la corrispondente spesa complessiva annua necessaria affinché ogni prestazione raggiunga la rispettiva soglia di copertura distret-tuale.

Tab.1 .Utenza e spesa aggiuntiva per portare i servizi socio-assistenziali a standard distret-tuale

Crema Cremona Casalmaggiore

Utenza aggiun-tiva per soglia distret-tuale

Spesa

comples-siva an-nua per soglia

distrettua-le

Utenza aggiun-tiva per soglia distret-tuale

Spesa

comples-siva an-nua per soglia

distrettua-le

Utenza aggiun-tiva per soglia distret-tuale

Spesa

comples-siva an-nua per soglia

distrettua-le

SAD

99 € 204.237 134 € 167.952 70 € 152.072

Consegna pasti 96 44

Telesoccorso 40 € 4.900 75 € 8.477 27 € 2.573 Trasporto protetto 424 € 58.206 65 € 7.365 65 € 6.532

Integrazioni rette in RSA

65 € 145.899 55 € 292.128 12 € 53.245

Buoni sociali 41 € 100.573 45 € 52.505 2 € 2.184 Totale - € 513.815 - € 528.427 - € 216.606

Se si volessero portare a standard i singoli ambiti per i servizi ed inter-venti socio-assistenziali qui analizzati, l’investimento richiesto sarebbe di

3 Le modalità di calcolo dei tassi di copertura distrettuali sono stata illustrate nel para-

grafo ad essi dedicato nel capitolo II.

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€1.258.848 a livello provinciale, pari al 19,6% della spesa ad essi destinata nel 2006.

Lo stesso ragionamento potrebbe essere fatto a livello provinciale, svi-luppando scenari di riequilibrio territoriale che interessano tutto il territorio indipendentemente dalle distinzioni di ambito. La tab. 2 elenca, per tipolo-gia di prestazione, il numero di nuovi utenti da prendere in carico, in ogni distretto, per il raggiungimento della soglia di copertura stabilita a livello provinciale4. Le azioni di riequilibrio inter-distrettuale basate sul tasso di copertura ipotizzano inoltre un corrispettivo incremento della spesa, calco-lato in rapporto al costo medio annuale per utente e alla domanda potenzia-le. Tab .2. Utenza e spesa aggiuntiva per portare i servizi socio-assistenziali a standard pro-vinciale

Crema Cremona Casalmaggiore

Utenza aggiun-tiva per soglia

provin-ciale

Spesa

comples-siva an-nua per soglia

provincia-le

Utenza aggiun-tiva per soglia

provin-ciale

Spesa

comples-siva an-nua per soglia

provincia-le

Utenza aggiun-tiva per soglia

provin-ciale

Spesa

comples-siva an-nua per soglia

provincia-le

SAD 69 € 142.320 268 € 334.684 43 € 92.840

Consegna pasti 128 96 76

Telesoccorso 40 € 2.791 75 € 8.531 44 € 4.193 Trasporto protetto 424 € 46.125 65 € 7.365 155 € 15.628

Integrazioni rette in RSA

65 € 327.008 43 € 228.391 34 € 157.002

Buoni sociali 41 € 100.573 10 € 11.560 31 € 33.852 Totale - € 618.816 - € 590.530 - € 303.514

Se le azioni di riequilibrio si facessero a livello provinciale, assumendo

dunque come soglia minima i tassi di copertura provinciali, l’investimento richiesto sarebbe di € 1.512.860, pari al 23,6% della spesa destinata ai ser-vizi ed interventi in analisi per il 2006.

4 Si rimanda al paragrafo ad esso relativo nel capitolo II per chiarimenti circa le modali-

tà di calcolo.

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Qualora si volesse far crescere la dotazione complessiva del sistema dei servizi e delle risorse finanziarie per la non autosufficienza in Provincia di Cremona, potremmo altresì fare altri tipi di considerazioni quali ad esempio quella di finalizzare delle risorse all’innalzamento del tasso di copertura dei servizi indistintamente, vale a dire, a prescindere dal punto di partenza dei singoli comuni. Questa scelta premierebbe anche i comuni che attualmente sono maggiormente in grado rispetto agli altri di dare risposta ai cittadini non autosufficienti. Così ad esempio, potremmo ipotizzare (facendo lo stes-so ragionamento in quanto a numero di utenti aggiuntivi) di voler aumenta-re il tasso di copertura di alcuni servizi dell’1 o 2 %, prendendo in carico un x numero aggiuntivo di utenti e quantificando di conseguenza l’investimento necessario.

Le proposte qui avanzate servono anche ad orientare azioni integrate, che incidano sia sulle risposte socio-sanitarie, sia su quelle socio-assistenziali, prevedendo, ad esempio, dei meccanismi di compensazione tra i due comparti.

Un ulteriore versante interessante per le azioni di riequilibrio territoriale riguarda il mix di servizi ed interventi proposti ai cittadini non autosuffi-cienti. Si tratta di pluralizzare l’offerta sviluppando servizi laddove oggi non ci sono o di garantirne l’accesso nei casi in cui è attualmente reso diffi-cile da una pluralità di fattori. Come si ha avuto modo di illustrare, a fronte di comuni che hanno in carico utenti con servizi domiciliari e utenti con so-stegno economico per la frequentazione di strutture residenziali, ve ne sono altri che sono carenti su entrambi gli interventi o con uno di essi. Un obiet-tivo di crescita e di sviluppo possibile potrebbe allora essere quello di por-tare tutti i comuni del territorio a garantire ai propri cittadini la possibilità di usufruire (se eleggibili) di servizi e sostegni diversi e plurali.

Questo modo di procedere, per oggetti e per territori aggregati, presenta, in maniera sintetica, il quadro della situazione per singolo ambito e per la Provincia di Cremona. Se da un lato esso si basa e assume una serie di bias e di approssimazioni criticabili e potenzialmente critiche (a partire dalla ne-cessità di stimare la popolazione di riferimento), dall’altro rende e offre spunti di riflessione utili per le politiche di welfare locale, carenti, come si è finora più volte sottolineato, di sistemi informativi che possano guidare la programmazione sociale.

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3.2. Azioni di standardizzazione nell’accesso ai servizi

Come si può evincere dalla pluralità delle analisi effettuate finora sulla base dei dati raccolti, vi sono sul territorio cremonese, ancora molte lacune sul fronte della standardizzazione nell’accesso ai servizi. I servizi socio-assistenziale scontano, in generale nella prassi ma anche in letteratura, una sorta di “dogma di non standardizzabilità” perché si assume che risponden-do a bisogni individuali che sono per definizione variabili e soggettivi, non possano essere in qualche maniera essere strutturati, pena la perdita della complessità esistenziale cui tentano di fronteggiare. Vale dunque la pena di chiarire che ad essere oggetto di azioni di standardizzazione devono essere le regole che mediano l’accesso ai servizi (con la stesura di regolamenti), gli strumenti di valutazione dei bisogni, del ruolo della rete parentale, della situazione economica e così via e non i servizi stessi, per quanto minimi denominatori comuni possano essere individuati anche per loro. Le azioni di sostegno alla standardizzazione dell’accesso ai servizi potrebbero, per esempio, richiedere l’individuazione di strumenti unici per la valutazione e certificazione delle condizioni di bisogno o, a monte, lo sviluppo di servizi sociali di base in grado di tracciare percorsi di accesso ai servizi simili. Po-trebbero altresì richiedere l’ideazione di modelli di co-payment formalizzati e pubblici, magari anche diversi tra tipologie di servizi diversi ma validi su tutto il territorio. La spinta in questo caso potrebbe essere quella di mini-mizzare le forme di contenzioso attorno ad una materia così delicata nonché di aumentare gli importi di compartecipazione ai costi da parte dei cittadini. 3.3. Azioni di uniformazione delle regole

Benché trascurate dalla maggior parte delle riflessioni sul tema, le azio-ni di uniformazione delle regole di accesso ai servizi sono, a nostro avviso, fondamentali per la costruzione di un sistema di livelli essenziali di assi-stenza a livello locale, che ad esso si associno o meno dei diritti e la loro esigibilità. Per quanto la strada di fissazione di livelli uniformi di assistenza (su base nazionale e regionale) sia una strada ancora lunga e impervia nel percorso, crediamo che il lavorio, su base strettamente locale, sulle regole che governano l’accesso ai servizi possa contribuire alla creazione di uno zoccolo duro di uguaglianza e di equità. Ad oggi, come abbiamo a più ri-prese avuto modo di illustrare, non esistono criteri unici di accesso ai servi-zi anche tra comuni contigui o anche facenti parte di medesime organizza-zioni di erogazione degli stessi. La scala ideale, pur in un contesto come

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quello analizzato, composto da un grande numero di comuni di piccole di-mensioni, è quello di ambito, ma si potrebbero ipotizzare delle modalità di convergenza sui criteri di eleggibilità per l’uso dei servizi anche su scala infra-distrettuale, sotto forma di sperimentazioni tese alla messa a punto di regolamenti comuni.

Sia ben chiaro: omogeneizzare le regole di accesso ai servizi non impli-ca necessariamente adottare un regolamento unico o regole che si applichi-no alla totalità dei servizi e degli interventi. Significa invece adottare norme uniche per lo stesso oggetto, mettendo su un piano di parità i cittadini por-tatori di bisogni, diminuendo le discrezionalità non funzionali e le disugua-glianze nell’accesso ai servizi e alle opportunità di aiuto a regia pubblica. 4. Riflessioni conclusive

L’analisi del sistema socio-assistenziale e, in parte, di quello socio-sanitario rivolto alla popolazione anziana non autosufficiente in provincia di Cremona ha fatto emergere numerosi spazi di manovra per una raziona-lizzazione delle risorse già investite, ma ha anche messo in evidenzia come vi siano lacune ancora da colmare, sia sul piano dell’effettiva copertura dei bisogni, dell’allocazione delle risorse per la non autosufficienza e dell’uniformazione dei contenuti e delle caratteristiche dei servizi, sia su quello dell’organicità degli assetti regolativi. La programmazione sociale è oggi chiamata a confrontarsi con tali lacune che, come si ha avuto modo di affermare, delineano sistemi di protezione sociale a geometria molto varia-bile. È altresì chiaro che la frammentazione e la scarsità di risorse non può essere ricomposta e affrontata a livello esclusivamente locale (di ambi-to/distretto o provinciale) pena incorrere in forme di new localism (Love-ring, citato in Le Galés 2006), vale a dire in errori prospettici che fanno sì che si cerchi di trattare i problemi solamente alla scala su cui si può fare le-va, scartando dalla costruzione dell’oggetto problematico ciò che ne resta escluso o perché riguarda una sfera di governo e di governance più elevata o perché non passibile di trattamento da parte delle politiche pubbliche (Costa 2006).

Ciò premesso, resta indubbio che il percorso qui presentato e le rifles-sioni cui ha permesso di giungere assicurano della materia prima preziosa per i programmatori e per la progettazione delle politiche. Infatti, si proget-tano politiche sociali ogni volta che si mettono in discussione, definendoli o ridefinendoli, i valori che guidano l’azione sociale, gli orientamenti di fon-do di un determinato intervento o di particolari misure, gli obiettivi che si

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vogliono raggiungere, le risorse potenzialmente utilizzabili e le cornici re-golative in cui ci si va a calare (il “cosa, per chi, a quali condizioni, come e perché), prefigurando (e, dove possibile, governandoli) i possibili punti di precipitazione su altre arene deliberative e di azione politica (ibid.). La ri-costruzione minuziosa dell’esistente, sul piano delle prestazioni e dei servi-zi per la non autosufficienza, permette di avanzare proprio in questa dire-zione, sia sulla scia di disposizioni e normative regionali5, sia su sollecita-zioni autonome a scala locale; sia con l’intento esplicito di delineare o an-che solo abbozzare un sistema di livelli essenziali, sia che quest’ultimo non si ponga al centro del percorso.

Quelli qui presentati sono solamente spunti possibili di azione che non hanno alcuna pretesa di esaustività ma che indicano un modo nuovo di ra-gionare attorno al welfare locale, ai suoi limiti e alle sue potenzialità, in un contesto che è sì di “austerità permanente” (Pierson 2001) ma che forse an-che per questo motivo spinge, come non mai, ad innovare. Come tali vor-rebbero essere accolti da chi legge, con l’auspicio che ne possano ispirare il lavoro e il pensiero.

5 Si consideri ad esempio quanto disposto dalla deliberazione 8551 del 3/12/2008 “De-

terminazioni in ordine alle linee di indirizzo per la programmazione dei piani di zona terzo triennio”. In essa si afferma che “alla luce della valutazione dell’attuale sistema dei bisogni , dello stato di attuazione del sistema di welfare e dei principi declinati dalla l.r.3/2008, la programmazione del sistema degli interventi per il triennio 2009-2011 dovrà porre al centro della propria articolazione: a) il “governo” del sistema di accesso alle unità di offerta della rete, attraverso la definizione, nell’arco del triennio, di regole uniformi da parte dei comuni dell’ambito distrettuale rispetto ai criteri di accesso, alle modalità di fruizione, alla parteci-pazione alla spesa da parte dei cittadini di uno stesso territorio, con particolare attenzione a: assicurare risposte adeguate ai bisogni, uniformando verso l’alto gli standard qualitativi; da-re risposte uniformemente distribuite sul territorio; assicurare regole di accesso chiare ed omogenee per i Comuni del distretto, superando differenze tra i diversi comuni; definire e conseguentemente adottare a livello zonale la carta d’ambito”.

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Allegato

Dati sintetici sulle prestazioni socio-sanitarie destinate agli anziani non auto-sufficienti e loro regole di accesso

ADI (assistenza domiciliare integrata) tramite voucher L’ADI in forma di voucher1 è una provvidenza economica destinata all'acquisto di un servizio per assistenza socio-sanitaria integrata pianificata nel medio/lungo pe-riodo. Essa si rivolge a pazienti non autosufficienti, con necessità globale socio-sanitaria integrata in condizioni di fragilità individuale e familiare2. Il valore men-sile del voucher varia in base alla prestazioni richieste3 e si suddivide in tre profili: il profilo base pari a euro 362, il profilo complesso pari a euro 464 ed infine il pro-filo intensivo pari a euro 619. L'ASL garantisce il servizio tramite personale fornito da enti erogatori accreditati definiti "pattanti"4. Per l’attivazione dell’ADI è neces-sario che il cittadino ottenga la richiesta del medico di medicina generale ed effet-tui la scelta del pattante al quale rivolgersi. È compito del pattante erogare le pre-stazioni richieste entro i primi cinque giorni lavorativi dalla ricezione della richie-sta ed inviare all’ASL il flusso informativo. Il pattante definisce inoltre un cosid-

1 L’ADI può essere erogata anche in forma di credit qualora l’assistenza di cui il cittadi-

no necessita è prettamente sanitaria. Nella presente ricerca-azione si è preso in considera-zione solo l’ADI in forma di voucher in quanto l’oggetto di interesse è centrato sul versante socio-sanitario.

2 La fragilità del contesto socio-ambientale è rilevata sulla base dei seguenti indicatori: - persona priva di legami parentali o con situazione equiparata; - presenza di convivente in condizioni di inabilità o limitazione tale da impedire l’adeguata

assistenza della persona non autosufficiente; - assenza/carenza di capacità organizzativa e assistenziale da parte del contesto familiare.

3Medicazioni semplici a piatto, prevenzione complicanze di allettamento, controllo di somministrazione della terapia, cura/controllo stomie, aiuto alla deambulazione, aiuto nella alzata e messa a letto, educazione dei familiari o self-care per parti di competenza, aiuto nel-la gestione di attività quotidiane in un ottica riabilitante (vestizione, pasto).

4 Per casi di eccezionale intensità di cura è prevista l’integrazione tra prestazioni fornite dall’ente accreditato e prestazioni fornite dal personale dell’ASL.

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detto “piano assistenza individualizzato” (PAI) in accordo con l’assistito e i suoi familiari. Il costo delle cure è a carico dell’ASL.

Centri diurni integrati (CDI) I CDI sono strutture semi-residenziali dove si fornisce assistenza diurna e cure sa-nitarie per anziani non autosufficienti che non richiedono ancora un ricovero in struttura residenziale. Le prestazioni previste, in un regime esclusivamente diurno, sono sanitarie/ mediche, infermieristiche, riabilitative e assistenziali (ad esempio, aiuto nella alimentazione e cura dell'igiene personale). Sono previste inoltre attività educative (di gruppo o individuali) e di socializzazione al fine di contenere il ral-lentamento psicomotorio e la propensione all'isolamento sociale e culturale che ca-ratterizza la non autosufficienza. Il cittadino interessato al CDI deve presentare presso un ente accreditato la richiesta del medico di medicina generale. L’ente ac-creditato valuta la richiesta e comunica all'ASL l'eventuale avvenuto inserimento. L'ASL autorizza la frequenza dell'utente al CDI sostenendo i costi sanitari della retta. Restano a carico del singolo utente i costi assistenziali definiti in autonomia dall'ente accreditato. I CDI accreditati sul territorio provinciale sono complessivamente tredici.

Residenze sanitarie assistenziali (RSA) Presso le RSA sono previste l’assistenza e le cure sanitarie residenziali per le per-sone non autosufficienti over 65 anni non assistibili al domicilio ed affette da ma-lattie croniche fisiche o cognitive. Sono fornite prestazioni sanitarie integrate me-diche, infermieristiche, riabilitative, di assistenza alla persona, servizio alberghiero e attività di animazione. Vi sono due tipologie di ricovero: un ricovero definitivo e un ricovero temporaneo, detto anche "di sollievo". I ricoveri di sollievo sono rico-nosciuti in base ad una valutazione da parte dell’assistente sociale del comune di residenza5. Il cittadino che intende entrare in RSA richiede al medico di medicina generale la certificazione di idoneità al ricovero. In seguito questi deve presentare tale certificazione, la valutazione dell'assistente sociale del proprio comune di resi-denza e l’eventuale documentazione della Commissione di invalidità, all'ufficio di piano del distretto. L’ufficio di piano provvederà ad inserire il nominativo del cit-tadino nella lista di attesa6. Successivamente, nel rispetto della programmazione e secondo le priorità di punteggio, l'ufficio di piano del distretto comunica il nulla

5 Tale valutazione, compiuta dall’assistente sociale, è svolta attraverso la compilazione di una cosiddetta “scheda di valutazione sociale per l’ingresso in RSA” valida su tutto il ter-ritorio provinciale.

6 La lista di attesa è redatta sulla base di un punteggio complessivo pari a 112 punti. Tali punti si ottengono sommando un massimo di 56 punti tanto per la parte sociale quanto per la parte sanitaria. Il punteggio della parte sociale è conseguito tramite la “scheda di valutazione sociale per l’ingresso in RSA” , mentre il punteggio della parte sanitaria è così distribuito: 56 punti con l’invalidità civile del 100% più l’indennità di accompagnamento; 42 punti con l’invalidità civile del 100%; 36 punti con l’invalidità civile tra il 67 e il 99%; 28 punti con l’invalidità civile tra il 34 e il 66%; 14 punti con l’invalidità civile inferiore al 33%.

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osta al ricovero alla persona risultante primo della lista; questo nulla osta è partico-larmente importante perché consente di accedere al contributo dell'ASL. La RSA comunica all'ASL l'avvenuto inserimento dell'ospite. L’ASL si assume l’onere dei costi sanitari della retta del ricovero. Rimangono invece a carico dell’utente i costi assistenziali. Presso la provincia vi sono in totale 29 RSA e 3500 posti letto. Nel dicembre 2006 risultavano 683 persone in lista di attesa.

Istituti di riabilitazione geriatrica La riabilitazione residenziale è rivolta a persone anziane non autosufficienti, ovve-ro a disabili adulti con patologie attive, ma suscettibili di miglioramento o stabiliz-zazione nel breve periodo. La riabilitazione di tipo intensivo ed estensivo consente il rapido recupero, per quanto possibile, delle autonomie fisiche, psichiche e sociali perdute a seguito di malattie acute gravi e prolungate. L'ASL per queste cure, se extraospedaliere, si avvale degli istituti di riabilitazione geriatrica (IDRG). La pre-sa in carico globale della persona mediante un progetto riabilitativo individuale contempla la connessione del programma di intervento sanitario con gli interventi sociali (reinserimento della persona nei diversi cicli della vita sociale e il miglio-ramento della sua qualità di vita). Tali interventi integrati consistono nella realizza-zione di un programma individualizzato di riabilitazione residenziale, con tempi ed obiettivi definiti nel progetto di cura, condotto da vari professionisti (medico, spe-cialista, infermiere, terapista della riabilitazione, operatore socio-sanitario). Il rico-vero presso gli istituti di riabilitazione geriatria avviene tramite il canale ospedalie-ro (sotto indicazione dell’ospedale) o il canale domiciliare (dal domicilio, sotto in-dicazione del medico di medicina generale). Le prestazioni sono gratuite per il cit-tadino in quanto l’impegno di spesa è assunto totalmente dall’ASL. Sul territorio provinciale vi sono complessivamente nove strutture di riabilitazione geriatrica per un totale di cinquecentonovanta posti letto. L’età media dell’utenza è di circa ottanta anni. Il periodo di degenza è in media di quarantacinque giorni per utente.

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