Topi nella letteratura greca medievale

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Il Volume è stato pubblicato con un contributo del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente

Università Ca’ Foscari Venezia

© S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria

Via Induno 18b I-35134 Padova [email protected]

I edizione Padova 2005 Proprietà letteraria riservata

ISBN 88-901286-9-0 42934

DISTRIBUZIONE HERDER Editrice e Libreria, Piazza Montecitorio 117-120,

00186 Roma

Stampa a cura di Centro Copia Stecchini

Via S. Sofia 58 I-35100 Padova

Tel. 049-8752328

In copertina: Unicorno (Bodleian Library, Oxford: MS. Barocci 145, f. 246 v.) XII/XIII sec. L’illustrazione è tratta dal volume Greece, Books and Writers, National Book Centre of Greece 2001 (Ministry of Culture), p. 33.

1 – Quaderni del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Vicino Oriente – Università Ca’ Foscari Venezia

ANIMALI TRA ZOOLOGIA, MITO E LETTERATURA

NELLA CULTURA CLASSICA E ORIENTALE

Atti del Convegno Venezia, 22-23 maggio 2002

A cura di

ETTORE CINGANO, ANTONELLA GHERSETTI, LUCIO MILANO

–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– S.A.R.G.O.N. Editrice e Libreria

Padova 2005

INDICE

PRESENTAZIONE PIER FRANCESCO GHETTI Il ruolo dei proverbi sugli animali nella cultura contadina.......................................p. 1 ELENA ROVA Animali ed ibridi nel repertorio iconografico della glittica del periodo di Uruk............................................................................p. 13 PAOLA CORÒ Il “bestiario” di Mari. I. Le valenze simboliche .....................................................p. 33 LUCIO MILANO Il nemico bestiale. Su alcune connotazioni animalesche del nemico nella letteratura sumero-accadica .......................................................................... .p. 47 EMANUELE M. CIAMPINI Il coccodrillo e il cosmo in un testo tardo-ramesside .............................................p. 69 FILIPPO CARINCI Scimmie egee..........................................................................................................p. 85 ALBERTO CAMEROTTO Cinghiali eroici .....................................................................................................p. 117 ETTORE CINGANO Il cavallo “aiutante magico” nella Grecia eroica ..................................................p. 139 ALBERTO FURLANETTO I linguaggi degli animali in storie di iniziazione profetica...................................p. 155 CARLO ODO PAVESE Il gatto in greco.....................................................................................................p. 165 CATERINA CARPINATO Topi nella letteratura greca medievale .................................................................p. 175 STEFANIA DE VIDO Belve, scimmie, uomini nella Libia erodotea .......................................................p. 193

ANNA MARINETTI Cavalli veneti........................................................................................................ p. 211 CARLO FRANCO L’animale e l’eletto: segni di regalità nel mondo antico ......................................p. 233 GIOVANNELLA CRESCI MARRONE – FRANCESCA ROHR VIO Muli e mulattieri tra pregiudizi sociali e polemiche politiche..............................p. 249 ADRIANO SAVIO L’evoluzione degenerativa della raffigurazione animale nei Plagia Barbarorum.........................................................................................p. 267 LUIGI SPERTI Un bestiario in marmo: le protomi colossali da Palazzo Valentini al Museo Nazionale Romano................................................................................p. 275 MARIO GEYMONAT Pecore e capre nelle ‘Bucoliche’ virgiliane..........................................................p. 291 LUCA CADILI Il mondo animale tra realtà e mito nelle Georgiche di Virgilio ...........................p. 299 LUCA MORISI Transizioni metonimiche in Virgilio: dall’animale all’uomo (e viceversa)..........p. 309 GIOVANNI CANOVA Il cavallo nella tradizione e nell’epica araba ........................................................p. 321 ANTONELLA GHERSETTI Animali e intelligenza: il cane nella letteratura d’Adab.......................................p. 339 ROSELLA DORIGO Sull’asino e le sue virtù, nella letteratura araba....................................................p. 353 MARIA PIA PEDANI Convergenze mediterranee: la rotta del leone ......................................................p. 365

TOPI NELLA LETTERATURA GRECA MEDIEVALE

Caterina Carpinato

Animaletto che infesta le case e vive, spesso indisturbato, in campagna e in città, pic-colo essere dal muso spiritoso e dalla coda lunga e vibratile, il topo è indiscutibilmente molto vicino al genere umano. Sebbene un incontro ravvicinato con questo roditore provochi nei più un certo ribrezzo, non si può negare che la familiarità umana _ e un pizzico di simpatia nei suoi confronti _, lo abbiano reso indiscusso protagonista di favo-le e storie per grandi e piccini. Da Psicharpax, protagonista della Batrachomyomachia pseudomerica, che, nonostante il rivestimento pseudo-eroico, ha tuttavia conservato la sua fisionomia “topesca”, fino a Mickey-Mouse-Topolino, che invece ha perso quasi o-gni caratteristica dell'animale raffigurato (diventando un personaggio connotato solo nell'aspetto), molti sono i topi di fantasia con i quali si è stabilita una frequentazione ca-salinga. Alcuni di essi non hanno un'identità definita né una precisa fisionomia, eppure visitano e abitano da sempre, sotto spoglie fantastiche e anonime, le case degli uomini rappresentando vizi e abitudini umane e convivendo con il genere umano anche nella sfera “domestico-letteraria”. Nella tradizione greca antica e latina i topi hanno avuto un ruolo importante nella formazione delle nuove generazioni: utilizzati da vari autori in diversi testi e contesti, hanno impersonato ruoli e personaggi diventando prototipi in-dimenticabili. Per rimanere solo nell'ambito greco, un breve resoconto sulla presenza dei topi nella letteratura antica inizia proprio da Psicharpax e compagni, arditi e combat-tivi protagonisti della Batrachomyomachia, i quali, anche durante il millennio bizantino, e nel primo secolo dopo la caduta di Costantinopoli, hanno continuato a farsi onorevol-mente strada nella tradizione letteraria, con una tenacia tale da meritare la nostra atten-zione1. I topi creati dalla fantasia del cosiddetto Omero minore sono rimasti vivi for-nendo modelli letterari degni di essere studiati2.

In questo lavoro presenterò alcuni topi che si aggirano nelle pagine di testi letterari greci in lingua volgare di età tardo-bizantina e della prima fase post-bizantina: attraver-so questi animaletti mi propongo di offrire un piccolo spaccato di una fase poco cono-sciuta della letteratura greca, che _ per varie ragioni di tipo storico-culturale o ideologi-

1 Carpinato 1988, 137-148. In questo lavoro riprendo in parte argomenti già trattati in miei articolo pre-

cedenti. 2 Sul rapporto dei bizantini con la tradizione letteraria greca classica si veda Hunger 1973, 15. Per la

fortuna dell'Iliade e della Batrachomyomachia nei testi letterari greci in volgare mi permetto di rinvia-re ad un precedente lavoro (in parte ripreso ed aggiornato in questo contributo), Carpinato 1998, 21-50.

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co (ma anche per scelte “politiche”) _ è ancor oggi una delle più oscure e meno studiate della storia letteraria greca.

Lo studio è articolato quindi attraverso alcune schede su testi letterari in greco volga-re nei quali i topi hanno un ruolo non secondario. In questa prospettiva di indagine il mio breve viaggio nel regno animale si svolge in un mondo in cui gli eroi non sono più mu'e", ma sono diventati pontivkia3.

Batrachomyomachia

La Batrachomachia, che piacque molto anche al giovane Giacomo Leopardi (che non solo la tradusse e la commentò, ma anche la utilizzò per i suoi Paralipomeni alla Batrachomyomachia), è un vivace breve componimento satirico dalla trama articolata come segue: Psicharpax, un topo stanco per esser sfuggito ad un gatto, trova sollievo bevendo l'acqua di uno stagno. Viene notato da Fisignatos, una rana, che lo interroga sulla sua origine e sul motivo del suo arrivo. La risposta del topo è comicamente aulica: nel fornire le sue nobili generalità, Psicharpax si premura di indicare la lista di cibi che lo rendono molto vicino all'uomo4. Convinto che l'alto casato del topo lo renda degno della sua amicizia (la rana infatti è anch'essa di ottimo lignaggio), Fisignatos invita Psi-charpax nella sua dimora, offrendogli il dorso per attraversare lo stagno. Durante il per-corso una biscia d'acqua terrorizza la rana, la quale si immerge nell'acqua non curando-si del fatto che il suo passeggero non è di natura anfibia, provocandone così l'affogamento. La scena viene osservata da un topo, il quale corre immediatamente a ri- 3 Mi sembra opportuno aggiungere, visto che queste pagine hanno come lettori ideali gli studenti e gli

amici del Dipartimento di Scienze dell'Antichità e del Vicino Oriente, che il sostantivo pontivki (pontikov" pontivka") ha un'etimologia molto discussa: probabilmente si ricollega a povnto", e, come aggettivo da esso derivato, ha sostituito la funzione del nome (secondo un fenomeno linguistico lar-gamente attestato in greco, e che ha coinvolto molte parole di uso comune e quotidiano, come acqua e pane (u{dwr e a[rto"), che, in greco volgare, sono state soppiantate dagli aggettivi più comunemente usati. Si veda il lessico etimologico di Andriotis 19923, s.v., pontikov", che rimanda allo studio sull'e-timologia della parola condotto da A. Ch. Chatzìs pubblicato in jEpisthmonikh; jHcw' 17, 33 e segg. il quale fa risalire il sostantivo all'aggettivo che spesso accompagnava la parola mu'". L'etimologia, pro-posta già da Stephanus, s.v., vol.VII, che riporta il termine così come ricorre in Arist. H.A. 8, 17; 9, 49. dove svolge la funzione aggettivale. Du Cange, coll. 1202-1203, porta es. di glosse marginali che interpretano mu'" = oJ pontiko;" keklhmevno". Anche Moschòpulos interpreta mu'", oJ koinw'" pontikov" (indicazione tratta dallo stesso lessico, s. v.) Nel lessico di Zonara il termine in questione è connesso al lemma ajskalabwvth". Si veda ancora Babiniotis 2002, s.v. Nel ms Marc. gr. IX, 14, f. 151r, conte-nente la Batrachomyomachia pseudomerica con glosse interlineari, così come in altri codici del poe-metto nel quale vi sono annotazioni in interlinea, si trova spesso il termine come glossa di mu'". Nel-l'incunabolo veneziano del poemetto (1486) oiJ pontikoiv appaiono sempre come glosse per muve". Il Pontikov" si trova anche nello Spanòs l. 74, dove esiste anche il termine composto pontikomousavto". Nel Contrasto di una fanciulla e di un giovane, vivace componimento del XV secolo, tramandato da due manoscritti (Ambrosianus Y 89 Sup. e Vindob. Theol. Gr. 244), troviamo il seguente adynaton, vv. 7-8 o}tan oJ skuvlo" ki oJ lago;" kavmoun ajdelfosuvnh | k’ hJ kavra me; to; pontiko;n kavmoun sunteknosuvnh… (A) (quando il cane e la lepre faranno amicizia / e il gatto con il topo saranno ami-ci…), nel discorso pronunciato dal ragazzo che non intende contrarre matrimonio. Il poemetto in que-stione è stato recentemente pubblicato da M. Caracausi (2003).

4 La traduzione in greco volgare dei versi di questo passo del poemetto è analizzata in Carpinato 2002, 215-237.

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ferire la notizia della morte di Psicharpax alla comunità topesca. I topi decidono di rea-gire con una guerra contro le rane, si armano e volgono verso lo stagno, che in breve di-viene teatro di aspri combattimenti. L'allestimento dell'esercito e le fasi cruente della battaglia sono una delle parti più riuscite dell'opera: l'anonimo autore infatti riprende consapevolmente le descrizioni dei duelli dell'Iliade, ribaltando il contesto eroico. Pre-occupato per l'esito incerto della battaglia, Zeus chiede agli dei di intervenire, ma nes-suno vuole prendere le parti dell'uno o dell'altro schieramento. Toccherà quindi diret-tamente al padre degli dei risolvere il diverbio sanguinoso scoppiato sulle sponde dello stagno tramite l'invio di possenti granchi che costringe in fuga i soldati dell'uno e del-l'altro esercito. La battaglia di un sol giorno si conclude senza vincitori né vinti.

I topi di questo componimento di incerta e discussa cronologia sono certamente i più

vitali nella storia letteraria greca. La Batrachomyomachia ha avuto infatti una straordi-naria fortuna, grazie alla sua attribuzione al padre della letteratura greca e alla sua pia-cevole brevità. Tali requisiti consentivano ai maestri di avviare i giovani allo studio del-la lingua, del metro e delle peculiarità stilistiche di Omero attraverso un testo di modesta estensione (poco più di trecento esametri) e di gradevole fruizione. L'opera, che ha una considerevole tradizione testuale, costituita da più di un centinaio di mano-scritti5, è stata per secoli un vero e proprio best seller (oltre che testo scolastico per ec-cellenza), ed ha inoltre fornito l'autorevole prototipo per componimenti satirici in greco volgare scritti in età tardobizantina ed aventi come protagonisti gli animali, quali La contesa degli uccelli, il Poulolovgo" (tramandato da diversi manoscritti e datato tra il XII e il XIII sec.)6, e la cosiddetta Contesa dei pesci, l' jOyarolovgo"7, (conservatosi in un unico manoscritto escorialense del XVI sec., Scorial. Y IV 22).

Anche nel Timarione pseudolucianeo (XII sec., attribuito a Teodoro Prodromo, a Ni-cola Callicle o a Michele Italico), si trova “in filigrana” un riferimento alla Batrachom-yomachia. Nel testo, infatti, l'omonimo protagonista racconta all'amico Kydione la sua terribile esperienza: condotto nell'Ade in seguito ad una grave malattia, grazie al verdet-to dei medici infernali Ippocrate e Asclepio, gli era stato concesso di ritornare sano e salvo in vita. Di quella paurosa esperienza Timarione presenta un dettagliato e diverten-te rendiconto (nell'aldilà infatti la vita scorre più o meno con le stesse beghe dell'al di qua), tuttavia deve riconoscere che il regno dei morti è davvero indesiderabile proprio per la presenza dei topi:

[...] Tali cose disse l'ospite, e a me che volgevo in giro gli occhi, caddero sotto lo

sguardo due topi grassi, grossi, lisci all'apparenza, simili a porci domestici, di quelli che si allevano con farina e crusca. Sospirai verso quel probo per la novità dello spet-tacolo: “Carissimo, tutto ciò che riguarda l'Ade mi sembra affatto odioso ed esecran-do, ed anche tra i vivi è spesso oggetto di maledizioni. Ma che presso di voi vi siano anche topi, questa fra tutte le cose è la più fastidiosa. Essi infatti mi sono odiosi sopra ogni altra cosa odiosa, e mi sembra un sollievo del viaggio essere privo del loro fasti-

5 Ludwich 1896. Un indice dei codici si deve a Bonel 1994/95 (121 manoscritti anteriori al XVII sec.). 6 Tsavarì 1987, (recensione Carpinato 1989, 345-352). 7 Sui componimenti in demotico con protagonisti gli animali Beck 1999, 271-280 (ove bibliogr.), e in

particolare 279.

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dio. Se anche qui bisogna combattere con loro, desidero un'altra morte e una seconda discesa in non so quale Ade”.

Dopo un po' il mio ospite benevolo prese la parola e disse: “Mi meraviglio, caro, della tua ingenuità e della tua ignoranza delle cose. Non sai forse che i topi sono gene-rati tutti dal ventre della terra e che, spaccandosi essa per la siccità, ne salgono su a migliaia? Perciò è molto più naturale che essi siano sotterranei e che abbondino nel-l'Ade più che nel mondo e nella vita di sopra. Infatti non da lì vengono a noi, ma da noi e dal fondo della terra salgono alla superficie. Perciò non meravigliarti se topi vi sono presso di noi, ma se mai meravigliati di come sono abituali compagni nostri, in-curanti del toporagno e dei suoi terrori. Non vedi come godono vedendo quel vecchio che mangia? Anzi esultano, fanno risuonare le mascelle e si leccano le labbra con la lingua come se fossero loro, invece del vecchio, a riempirsi di grasso”.

Era vero quel che diceva, come io notavo guardando i topi. Poi aggiunse: “Vedi come guardano la barba del vecchio ed attendono che si addormenti? Appena ne odo-no il poderoso russare nel sonno, avvicinatisi, gli leccano il mento unto di grasso sugo, e mangiano a sazietà le briciole che vi sono attaccate, vivono di quello, ingrassando così come vedi” 8.

Il riferimento ai topi che attendono il sonno dell'uomo per mettersi in azione è in a-

perta connessione con la Batrachomyomachia, ed in particolare con i vv. 44-47 Allen9: a[nqrwpon ouj devdia kaiv per mevga sw'ma forou'nta,

45 ajll; jejpi; levktron ijw;n a[kron davktulon davknw, kai; ptevrnh" labovmhn, kai; ouj povno" i{kanen a[ndra, nhvdumo" oujk ajpevfugen u{pno" davknonto" ejmoi'o.

(Non ho paura dell'uomo, che pure ha un corpo imponente / saltando sul letto gli mor-do la punta del piede / e mi aggrappo al tallone; l'uomo non ne risente / non fugge il sonno ristoratore mentre io lo mordo).

Questo passo è considerato una interpolazione bizantina: non entro nella questione, a

me qui interessa soltanto notare che l'autore del Timarione conosceva il poemetto tra-mite un manoscritto appartenente a quel ramo della tradizione in cui esistono i vv. 43-46 Allen10, ritenuti spuri.

8 Romano 1999, 136-139: w{ste mh; qauvmaze eij kai; par j hJmi'n eijsi; muve", ajll j o{pw" ejqavde" eijsi;

kai; hJmi'n oJmodivaitoi, mugalh'" kai; tw'n ejkeivnh" fovbwn ajmevrimnoi. h] oujc oJra'/" aujtouv", o{pw" ejntranou'nte" ejsqivonti tw'/ palaiw/' touvtw/ caivrousin; w|sper kai; ajgalliw'ntai kai; ta;" siagovna" krotalivzousi kai; tw' ceivlee th/' glwvtth/ dialeivcontai, w{sper aujtoi; ma'llon h] oJ gevrwn th'" pimelh'" emforouvmenoi; Kai; h\n wJ" ajlhqw'" toiou'ton o} e[legen, ajkribw'" ejmou' toi'" musi;n ejntranhvsanto". ajlla; blevpei", prosetivqei, kai; wJ" th'" gevnuo" tou' ghralevou stocavzontai kai; to;n u{pnon aujtou' perimevnousin; kajpeida;n ai[sqwntai tw'n rJogmw'n, oi{ou" aujto;" uJpnwvttwn ejktragw/dei', pariovnte" ou|toi th;n gevnun perileivcontai, tou' pimelwvdou" zwmou' leloumevnhn kai; tw'n ajphrthmevnwn yicivwn sitouvmenoi katakovrw" kai; zwvsin ejkei'qen, ou{tw" wJ" o{ra'/" pacunovmenoi.

9 Allen 1912. 10 a[nqrwpon ouj devdia kaiv per mevga sw'ma forou'nta, / ajll j ejpi; levktron ijw;n a[kron davktulon davknw /

45 kai; ptevrnh" labovmhn, kai; ouj povno" i{kanen a[ndra, / nhvdumo" oujk ajpevfugen u{pno" davknonto"

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Un riferimento marginale alla Batrachomyomachia si individua anche nel Viaggio di Mazaris nell'Ade, un componimento del XV sec. sulla discesa negli Inferi, nel quale so-no presi di mira atteggiamenti riprovevoli di alcuni esponenti della società bizantina, dove troviamo un personaggio soprannominato Fisignatos (I, 751)11. Un'altra testimo-nianza della fortuna greca della Battaglia delle rane e dei topi nel corso del XV sec. è costituita dal codice fiorentino, Laurent. XXXII 1, nel quale si trova una parafrasi inter-lineare in prosa della Batrachomyomachia pseudomerica12. Il manoscritto conserva an-che una graziosa miniatura con Psicharpax presso un corso d'acqua. In età umanistica la fortuna del poemetto pseudomerico si diffonde anche in Occidente: è l'unico classico greco ripetutamente stampato nel corso della seconda metà del XV sec. (147413, 1486 e 1488). Il primo libro greco stampato a Venezia per i lettori greci è la Batrachomyoma-chia (22 aprile 1486) pubblicata da Laonico Cretese14, probabilmente nota anche a Di-mitrios Zinos15, autore di una pregevole traduzione in greco demotico del poemetto pseudomerico pubblicata a Venezia presso la tipografia dei Nicolini da Sabbio nella prima metà del XVI sec. L'incunabolo della Batrachomyomachia del 1486, oltre ad es-sere una significativa testimonianza storica dell'attività intellettuale dei greci a Venezia nella seconda metà del XV sec., presenta anche alcune caratteristiche di rilevante inte-resse filologico: 1) il testo del poema viene sistematicamente glossato in interlinea con inchiostro rosso; 2) alla fine del componimento sono inseriti alcuni versi di Michele Apostolis16; 3) tramanda alcune glosse confluite nella traduzione in decapentasillabi di Dimitrios Zinos. L'edizione del 1486 è stata oggetto di interesse da parte di alcuni filo-logi del passato: nei lessici di Johannes Meursius17 e di Carolus Ducange18 si trovano re-gistrate glosse provenienti da quest'edizione. Nel Settecento Michael Maittaire ripubbli-ca il testo del 1486, tentando di riprodurne anche i caratteri tipografici19. In anni più vicini a noi non è stato riservato alla stampa alcun interesse specifico, né sono stati ef-fettuati sondaggi per indagare a quale ramo della complessa tradizione manoscritta del

ejmei'o. Questi versi esistevano nel prototipo (Batrachomyomachia veneziana del 1486?) utilizzato da Dimitrios Zinos per effettuare la sua traduzione, Carpinato 2002, 215-237.

11 Romano 1999, 527. 12 Gaza (ed. Fontani) 1804. Sul manoscritto: Pontani 1992, 98-99, 114 e n. 96 (dove bibliografia sul

cod.), 115. 13 La Batrachomyomachia è il primo testo letterario greco a ricevere l'onore della stampa. Si conosce un

unico esemplare dell'incunabolo bresciano, per i tipi di Thomas Ferrandus, presso la John Rylands University Library di Manchester (n. 3325), Proctor 1900, 83-84.

14 Si tratta dell'allievo di Michele Apostolis, il protopapàs Nikolaos Kavvadatos, anche Tsirpanlìs 1957, 84 n. 6, 85 n. 1, 92 n. 4. Su Laonico e Alessandro si veda Layton 1994, 355-357.

15 Su D. Zinos: Layton 1994, 545-552. Mi sia permesso rinviare a miei lavori, nei quali è confluita la bibliografia: Carpinato 1991, 193-207; Carpinato 1993, 391-415; Carpinato 1997, 427-433.

16 Ripubblicati da de Andrés 1961, 157-161, il quale riteneva di essere il primo editore di questi versi. 17 J. Meursius 1614. 18 Ducange 1688. 19 Maittaire 1721.

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poema pseudomerico si debba ricondurre20. Si può quindi affermare soltanto che la stampa veneziana appartiene a quella famiglia di recentiores contenenti glosse rubrica-te, il cui capostipite potrebbe essere il Marc. Gr. 613 (XIII sec.)21. Forse questo mano-scritto si trovava a Creta, da dove proviene la maggior parte dei codici glossati della Ba-trachomyomachia e dove, nella scuola di Michele Apostolis22, la battaglia dei topi e delle rane si insegnava con il supporto di glosse in interlinea. Negli anni Trenta del Cin-quecento venne pubblicata a Venezia la prima traduzione in lingua moderna della Ba-trachomyomachia. La traduzione in greco volgare, costituita da 468 decapentasillabi ri-mati, è preceduta da un dialogo tra il venditore di libri ed il filomaqhv", un vero e proprio antenato dei risvolti di copertina, nel quale è pubblicizzato il libro proprio per-ché è rivolto a chi desidera leggere Omero senza difficoltà23.

Negli ultimi secoli di Bisanzio è attestato sia il recupero della tradizione letteraria troiana sia quello della Batrachomyomachia: tale ripresa testimonia una evidente svolta culturale. Il patrimonio gelosamente conservato, protetto e tramandato dai dotti (e diffu-so tra chi aveva frequentato anche per poco tempo le scuole), viene “riciclato” per i gu-sti di un pubblico meno esigente dal punto di vista strettamente “filologico”, ma non per questo meno desideroso di ampliare le proprie conoscenze. Il recupero e la rivisitazione di questi testi ha quindi un ruolo storico-letterario non insignificante per la nascita e lo sviluppo della produzione letteraria greca in volgare.

Nel XVI sec. il ripristino della tradizione omerica e pseudomerica è effettuato in mo-do ancora più radicale: in questo secolo infatti si hanno le prime traduzioni “dal greco in greco”, pubblicate a stampa a Venezia. Questi topi pseudomerici sono stati messi al servizio di un programma editoriale mirato alla promozione culturale dei greci ed alla diffusione del patrimonio letterario greco tra coloro che ne erano, anche se spesso in-consapevolmente, gli eredi in linea diretta.

Nel corso del Quattrocento la Batrachomyomachia venne tradotta in latino (Carlo Marsuppini 1429, editio princeps Parma typis Angeli Ugoleti 1492) ed in italiano (Gior-gio Sommaripa, Verona fine del XV sec., Johannes Antonius de Benedictis).

20 Inizialmente ho creduto che la traduzione cinquecentesca in demotico dipendesse da tale edizione, vi-

sto che alcune glosse del 1486 erano confluite nella rielaborazione in decapentasillabi. In realtà, oggi sono più cauta dal momento che, approfondendo le indagini sulla tradizione manoscritta del poemetto pseudomerico, ho individuato altri codici i quali presentano le stesse caratteristiche dell'edizione 1486.

21 Bonel 137-139. 22 Sono stati rinvenuti negli Archivi di Stato di Venezia alcuni atti (Notai di Candia, 104-115) che testi-

moniano l'attività didattica retribuita svolta a Creta da M. Apostolis, van Gemert 1986, 141-145. 23 Il testo del dialogo è riprodotto e commentato in Carpinato 1997, 427-428.

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Physiologos Anche nella letteratura greca medievale è attestata la fortuna del Physiologos24, quel-

la specie di enciclopedia fantastica sulle caratteristiche degli animali che ebbe così largo successo in Occidente. Sembrerebbe che l'anonimo rielaboratore del testo abbia combi-nato materiale proveniente dalla Redazione I e dalla Redazione II, per realizzare il suo poema, del quale sono pervenute tre redazioni, in lingua demotica. Il Physiologos in greco volgare è costituito da 49 lemmi (1131 decapentasillabi rimati) ed è tramandato dai codd. Paris. gr. 929, ff. 325-403 e Paris. gr. 390, ff. 71-104, datati tra il XIV e il XVI sec.25. In questo testo il topo viene ucciso dal suo nemico mortale, il gatto, con un espediente da “guerra chimica” (vv. 448-451):

Aujth; ejcqro;" tw'n pontikw'n uJpavrcei hJ numfivtsa, a]n swvsh/ ki j apofuvgh/ thn kai; e[mph eij" th;n truvpan,

stevketai, klavnei dunata; ajpevsw eij" th;n truvpan,

kai; pnivgetai oJ pontiko;" ejk to;n polu;n to;n brw'mon

(Il gatto è nemico dei topi; quando il topo scappa per salvarsi dentro un buco e quello si colloca davanti alla tana, emette un peto potente e l’altro soffoca per la grande puz-za).

Nel Phisiologos in greco volgare con il sostantivo pontivkin viene indicato anche il

pipistrello, che seguendo la tradizione popolare greca avrebbe avuto da Dio le ali per punizione, dal momento che in qualità di topo aveva rubato dall'altare offerte religiose. Un pontivkin-pipistrello si trova anche nel Pulologos26.

Apòkopos

Un ruolo marginale, ma nello stesso tempo significativo, svolgono i topi nel poemet-to Apòkopos, uno dei testi in greco volgare più amati dal pubblico dei poemi in decapentasillabi ed attualmente anche uno dei più studiati. L'opera è il resoconto di un viaggio nell'aldilà, raccontata in prima persona dal protagonista dell'avventura, che ha percorso l'oltretomba in un sogno. Si tratta della prima opera a stampa della letteratura neogreca (1509) ed è una delle stampe in greco demotico che ha avuto maggiore fortu-na editoriale, ripetutamente pubblicata a Venezia fino al 185527.

Del suo autore sappiamo solo il cognome “Bergadìs”, forma ellenizzata del cognome veneziano Bragadin, testimoniato a Creta sin dal 131128. Secondo Kechaghioglu l'opera

24 Su questo testo, che ha avuto una diffusione straordinaria (tanto che si potrebbe parlare di “globalizza-

zione” del fenomeno nella cultura medievale occidentale e orientale) la bibliografia è (quasi) altrettan-to vasta. In questa sede rimando solo alla traduzione di Zambon 1982" e all'ultima edizione critica a cura di Kaimaki 1974. Sulla fortuna del poemetto nell'aerea balcanica si veda Valmarin 1999, 440-461.

25 Gidel _ Legrand 1873, 188-296; Beck 1999, 280. 26 Tsavarì 1987, 145-146 e vv. 164 -185. 27 Solo nel corso del XVI sec. ha avuto almeno cinque edizioni a stampa 1509, 1534, 1543, 1553, 1595.

Papadòpulos 1984 nn. 1033 e sgg.; Kechaghioglu 1982, 47-63; Kechaghioglu 1984, 254 e segg. 28 Layton 1990, 206-217. Per la bibliografia sul testo rimando a Panaghiotakis 1992. Si veda anche Las-

sithiotakis 1992, 127-147.

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è antecedente alla caduta di Costantinopoli e dovrebbe datarsi nel primo ventennio del XV sec.29. Il testo presenta un grande interesse, non solo come testimonianza storico - letteraria, ma anche per la sua articolata struttura interna. È, infatti, il racconto di un so-gno, narrato in prima persona in 556 vv. politici. L'Apòkopos è tramandato anche da due manoscritti, il Vindob. theol. gr. 244 (degli inizi del XVI sec., noto a tutti gli studio-si di letteratura greca medievale perché contiene la più importante raccolta di testi in demotico), ff. 98-103, e un antigrafo di un'edizione a stampa, il Vatic. gr. 1139, ff. 86 -132.

Il primo verso del poemetto (Mia;n ajpo; kovpon ejnuvstaxa, na; koimhqw' ejqumhvqhn) introduce il lettore nel mondo onirico del narratore, il quale sogna di essere a cavallo e di rincorrere una cerbiatta, la quale però riesce a dileguarsi. L'uomo si ritrova quindi so-lo in un prato e decide di salire su un albero per attingere miele da un favo, ma due topi rosicchiano il tronco ed egli si ritrova nel profondo di un abisso, ai margini dell'Ade. Si imbatte quindi in una folla di morti e, da due di essi, viene interrogato sulla sua identità e provenienza. Costoro desiderano sapere notizie sulla vita dell'al di qua e, soprattutto, sta loro molto a cuore sapere se vengono ricordati dai vivi. Il protagonista è costretto a comunicare loro che i vivi dimenticano subito i defunti sostituendoli con nuovi amori. Solo le madri ricordano i figli scomparsi. Quindi è lo stesso narratore a chiedere alle due ombre notizie sulla loro identità e sulle cause della loro morte. Dopo qualche esitazione i due narrano quanto segue: sono figli di un nobile, provengono da una ricca città, e so-no vittime di un naufragio sopravvenuto mentre andavano a trovare la sorella sposata in terra straniera. Il loro percorso verso l'oltretomba è iniziato nello stesso momento in cui anche la sorella moriva insieme con il bambino che stava dando alla luce. Udita la dolo-rosa vicenda, il protagonista ha fretta di ritornare alla vita, ma i giovani lo invitano a re-stare ancora, e chiamano a gran voce le altre ombre, che arrivano a frotte, gridando ed inviando messaggi (orali o scritti) per i loro cari ancora in vita.

In questo testo i topi svolgono una funzione allegorica, vv. 46 e segg.:

kai; duo; m jejfavnhn pontikoi; to; devndron ejgurivzan a[spro" kai; mau'ro" me; spoudh;n tou' jgluvfasi th;n rJivzan. Eij" tovson to; katevferan, kai; e[kline na; pevsh/

(mi sembrò che due topi girassero intorno all'albero, uno bianco ed uno nero, i quali con cura rosicchiavano la radice. Dopo un po' di tempo riuscirono a far inclinare l'al-bero e a farlo cadere). I topi dell’ Apòkopos sono quindi gli strumenti di cui si serve il poeta per creare il tramite fra terra e oltretomba.

Scevdh tou' muov"

Gli Scevdh tou' muov"30 sono modelli di composizione scolastica31 di incerta attribuzio-ne e datazione. L'opera è tramandata da cinque manoscritti (il più antico dei quali, il Vatic. Gr. 711, viene datato alla fine del XIV sec.) ed è stata attribuita (in modo in realtà non del tutto persuasivo) a Teodoro Prodromo (Boissonade, Sathas, Mass, Hunger e da 29 Kechaghioglu 1982, 27-28. 30 Mercati 1970, 379-384; Papademetriou 1969, 210-222; Papathomòpulos 1979, 376-399. 31 Mercati 1970, 383.

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ultimo Papathomòpulos)32. Il componimento, in prosa, è un divertente gioco letterario: un topo, spaccone e superbo, viene catturato con astuzia da una gatta. Il malcapitato, per tentare la salvezza, dichiara di essere un abate e si rivolge alla pietà della sua aguzzina, giurando che i suoi monaci pregheranno per lei. In tale contesto satirico e anticlericale l'autore fa uso delle sue conoscenze bibliche per rimproverare i “funzionari” di Dio, ed i monaci in particolare. L'opera è un impasto tipicamente bizantino di elementi di varia natura, un esercizio per la scuola, un testo per favorire l'apprendimento a memoria, un divertito attacco ironico (e morale) contro l'habitus di alcuni monaci. Dal punto di vista stilistico si osserva anche la presenza di liste di parole (un repertorio di vocaboli relativo ai pasti, uno ai nomi di animali, un altro alle parti del corpo, un insieme di sinonimi, un elenco di nomi mitologici) ed un uso sapiente delle fonti sacre (Salmi, Antico Testa-mento) ed antiche (tra le quali la Batrachomyomachia). L'anonimo autore conosce an-che la cosiddetta Ecphrasis telluris di Costantino Manasse. Il tono del componimento è nello stesso tempo colto e scanzonato, il contenuto è funzionale alla sua destinazione scolastica. Pur non trattandosi di un testo in greco volgare, vi sono tuttavia numerose tracce del greco parlato.

Eij bouvlesqe, w\ pai'de", trafh'nai thvmeron logikw'", ijdou; oJ mu'" uJmi'n to; sussivtion

divdwsin. Oi[date de; wJ" to; zw'/on livcnon ejsti; kai; kata; to;n Poihth;n ejmpasivcutron33.

(Se volete, o ragazzi, essere nutriti nella mente, ecco come il topo ci offre il cibo. Guardate come l'animale è goloso, secondo il poeta, è un “bazzicapentole”). [...]

jEliaopovth" kiklhvskomai, oJ dev ge path;r Lardofavgo" kai; hJ mhvthr Pastoleivco"34.

(Mi chiamo Bevilolio, mio padre è Mangialardo e mia madre Leccapasta). Il passo costituisce una rielaborazione dei vv. 27-29 Allen della Batrachomyomachia

pseudomerica: Yicavrpax ejgw; kiklhvskomai: eijmi; de; kou'ro" Trwxavrtao patro;" megalhvtoro": hJ dev nu mhvthr Leicomuvlh, qugavthr Pternotrwvktou basilh'o".

(Mi chiamo Rubabriciole e sono figlio del valoroso Mangiapane e mia madre è Lec-camacine, figlia del re Mangiaprosciutti).

Il passo nella traduzione cinquecentesca di Zinos presenta lo stesso nome Lardo-

favgo" esistente negli Scevdh (vv. 45-49): uiJo;" tou' megalovyucou ei\mai tou' Ywmofavgou, o[pon j to; gevni tou' makru; parovmoion tou' travgou.

32 Contrario all'edizione Papademetriou si è espresso Papathomòpulos 1979 395-399 (meqodologika;

ajnorqovdoxo, ... a[poyh paravdoxh kai; ejntelw'" ajsthvrikth, ... e{nan ajparavdekta uJyhlo; ajriqmo; paragnwvsewn kai; a[llwn sfalmavtwn).

33 Papathomòpulos 1979, 395, ejmpasivcutron (137 Batrach.). 34 Papathomòpulos 1979, 397, 59-60.

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JH mhvthr mou ejvn jeujgenikhv, th;n kravzoun Leicomuvlh, to;n plei'on kairo;n euJrivsketai katavsprh eij" ta; ceivlh, tou' Lardafavgou tou' rJhgo;" levgetai qugatevra,

(sono figlio del valoroso Mangiapane, la cui barba è lunga come quella del capro. Mia madre è Leccamacine, la quale per la maggior parte del tempo si trova con le labbra tutte bianche, ed è figlia del re Mangialardo).

Anche nel passo in cui il dialogo tra il topo ed il gatto è incentrato sulla superiorità

dell'uomo rispetto all'altro sulla base dei cibi che vengono reciprocamente divorati (80 e segg.)35 è evidente un chiaro richiamo al poemetto pseudomerico, dove i due interpreti principali dell'opera contendono verbalmente sulla loro nobiltà esponendo la lista dei cibi che li rendono degni di rispetto e considerazione36.

Il Gatto e i Topi ( JO kavth" kai; oiJ pontikoiv)

Il codice Vatic. Gr. 1139 (XVI sec.), nel quale sono contenuti diversi testi in greco demotico [due versioni in greco volgare dallo Stefanitis e Ichnilatis, i brani in prosa del-lo Spanòs, una copia manoscritta dell'edizione a stampa dell'Apòkopos del 1543(?)], conserva anche un breve componimento di 114 decapentasillabi rimati scritto a Creta nel XV sec. (?), i cui protagonisti sono i classici nemici del mondo animale, il gatto ed i topi. Il poemetto, che negli ultimi tempi ha suscitato l'interesse di vari studiosi37, è stato èdito per la prima volta da N. Bănescu. Quest'edizione presenta tuttavia diversi proble-mi ecdotici: alcune parole sono state fraintese; la punteggiatura non è corretta; manca un glossario; l'introduzione è troppo sintetica38.

Appartenente allo stesso genere parodico-didattico della Batrachomyomachia, questo vivace testo in versi ha avuto una grande fortuna popolare, dal momento che nei canti popolari cretesi (raccolti nel secolo scorso) ne è rimasta una traccia labile ma, a quanto pare, sicura39. La trama è molto semplice: un gatto cerca di conquistarsi l'amicizia dei topi e di stipulare con loro un patto di alleanza, ma alla fine, dopo una morte apparente ed un funerale allestito dai topi per il gatto, l'epilogo è a sfavore del topo credulone che si è fidato dell'amicizia di un astuto nemico.

Il testo è stato recentemente ripubblicato da Cristiano Luciani, il quale ne ha anche analizzato la lingua e il metro40, ed ha allestito una traduzione italiana, (si vedano, ad e-sempio, i vv. 1-8):

35 Papathomòpulos 1979, 398-399. 36 Su questi versi della Batrachomyomachia pseudomerica e sulla loro traduzione Carpinato 2002, 215-

237. 37 Holton 2000, 193-206; Luciani 2002, 195-230. 38 Bănescu 1935, 393-397. Le critiche all'edizione Bănescu si devono a Holton 2000, 194-195, il quale

riconosce però che, grazie a quest'edizione, il poemetto ha avuto anche una discreta fortuna nei testi di storia letteraria neogreca e nelle antologie, ibidem 195 n. 7.

39 Id., 394. 40 Luciani 2002, 202-209.

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JO Kavth" kai; oJ Mpontiko;" ejkavman kalosuvnh, gi jajgavph kai; pisth; filia; kai; a[xa sunteknosuvnh. JO Kavth" ejboulhvqhke to;n Mpontiko; na; pnivxh kai; ejqevlhse me; piboulia;n ajgavph na; tou deivxh. Levgei tou: «Suvntekne pistev, ts jajgavph" ts j ejdikh'" ma" tucaivnei sou na; caivresai sth;n ajnakavtwshv ma"». JO Mpotiko;" oJ tapeino;" sto;n Kavthn ejqarreuvth kai; oJ Kavth" me; th;n piboulia;n ejcqro;" <s> aujto;n eujrevqh. [...]

Gatto e topo avevano fatto amicizia, / per andare d'accordo con lealtà degna d'amore fraterno. / Il Gatto tramava (però) di far la festa al Topo / e gli volle maliziosamente dimostrare il suo affetto. / Gli dice: «Compare fedele, di questa nostra amicizia / puoi esser felice, per la nostra benevolenza». / Il povero topino diede retta al Gatto, / ma il Gatto con l'inganno si rivelò poi suo nemico.

Galeomachia

In questa panoramica bisogna inserire anche un altro componimento ispirato alla Ba-trachmyomachia pseudomerica, la Galeomachia41, dramma satirico in 384 dodecasillabi con protagonisti i topi in guerra contro il gatto (indirettamente presente in tutto il poe-ma). Si tratta di un poemetto colto, di fattura elaborata, in lingua dotta: è stato pertanto attribuito a Teodoro Prodromo, sulla base dell'inscriptio di uno dei codici, il Marc. Gr. 524. L'autore usa in modo parodico il linguaggio tragico ed intesse il suo discorso di al-tri riferimenti colti (quale, ad esempio, il richiamo alla IV epistola di Gregorio Nazian-zeno a Basilio di Cesarea42).

La tradizione manoscritta del testo è costituita da venti testimonia43, ed è in parte le-gata a quella della Batrachomyomachia (con glosse interlineari). Quasi tutti i codici che tramandano entrambe le opere sono di ambiente cretese. L'editio princeps, pubblicata a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio nel 1494, venne curata da Arsenios Apostolis, il quale, nell'introduzione, ricollega senza dubbio alcuno l'opera alla Batrachomyoma-chia, composta da Omero per avviare piacevolmente i giovani allo studio44. La Galeo-machia ebbe un notevole successo editoriale e venne pubblicata ripetutamente nel corso del XVI sec.45 per soddisfare una precisa esigenza didattica, come è evidente anche dal fatto che veniva stampata insieme alla Batrachomyomachia, alle favole di Esopo e di Babrio, all'epitafio di Omero di Antipatro di Sidone, all'Ero e Leandro di Museo (con 41 Hunger 1968. Un passo del componimento è stato inserito e tradotto in italiano da Cantarella II, pp.

826-831. 42 Mercati 1970b, 260-261. 43 Hunger 1968, 13-16. I due poemi sono stati ripubblicati da Ahlborn, 1968. 44 {Omhro" me;n oJ tw'n poihtw'n gonimwvtato" tw'n tou' Civou paivdwn eJautw' parateqevntwn paideuvesqai

Batracomuomacivan te kai; jEpikiclivda", kaqavper JHrovdoto" iJstorei', kai; a[lla o{sa paignivwn ajnavmesa toi'" te paisi;n ejkeivnou kai; toi'" ejpigignomevnoi" carizovmeno" sunetivqeto i{na tw'n maqhmavtwn ajrcovmenoi touvtwn hJdivon ajkrow'ntai kai; mh; ta; paivdwn w\ta diaknaivein filouvntwn. tw'n metagenestevrwn dev ti" to;n poith;n ajpomimei'sqai boulovmeno" povlemovn tina galh'" plasavmeno" kai; muw'n eij" kwmw/diva" tavxin parhvgage mevtrw/ ijambeivw/ crhsavmeno". touvton dev moi tai'" cersi;n ejmpesovnto" e[doxen a{ma me;n toi'" filomaqevsi tw'n nevwn e[rgon ajpopevmyomen...

45 Papadòpulos 1984, nn. 2751-2752.

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l'introduzione di Marco Musuro), al De officio regis di Agapeto Diacono e al giuramen-to di Ippocrate. La finalità didattica è ribadita dal primo editore nel prologo: attraverso le peripezie dei topi i giovani greci imparavano ad usare il linguaggio tragico. Il compo-nimento è intessuto di elementi tipici della tragedia classica, che probabilmente serviva-no per educare i giovani alla lettura critica dei testi di Eschilo, Sofocle ed Euripide46.

Secondo uno dei suoi ultimi editori (Hunger), la Galeomachia, al pari del suo proto-tipo, avrebbe anche un carattere di garbata satira politica, tuttavia gli strali del poeta non sono mirati contro un preciso personaggio o una determinata situazione storico-politica (come invece avviene nel Timarione o nello Spanòs47), ma sono genericamente destinati alla condanna dei soprusi dei potenti. La tragedia dei topi, continuamente minacciati dal gatto, serve come scenario per rappresentare le catastrofiche conseguenze della guerra contro nemici più abili e più forti. Attraverso le avventure pericolose dei topi, i giovani (e forse anche i meno giovani) imparavano a leggere Omero, a scandire i versi metrica-mente e, nello stesso tempo, a riconoscere i giochi violenti del potere per potersene sal-vaguardare.

La storia dei quadrupedi (Paidiovfrasto" dihvghsi" tw'n zwvwn tw'n tetrapovdwn)

La Batrachomyomachia è nota anche all'anonimo autore della Storia dei quadrupedi, Dihvghsi" tw'n tetrapovdwn tw'n zwvwn48, poemetto di 1083 decapentasillabi, datato in-torno al XIV sec,. conservato in cinque manoscritti (Paris. gr. 2911, Vindob. Theol. gr.. 244, Constant. Gr. Serail 35, Lesbiacus 92 nunc Petrop. 721, Petrop. 202, vergati tutti tra il XV ed il XVI sec.). Secondo lo schema tipico dei componimenti che hanno per protagonisti gli animali in lotta tra di loro, nel testo vi è un discorso del gatto, tracotante come Psicharpax, che biasima il topo (vv. 125-146) per la dieta seguita:

ta; su'ka, ta; stafivdia, t jojxuvgalon, to; gavla kreva", ojyavrin kai; ajgna; kai; o{sa ta; toiau'ta sitavrin kai; o[spria kai; o{sa touvtwn ei[dh kai; a[lla pavmpolla kala; ta; trwvgoun oiJ ajnqrw'poi ta; me;n ejsqivei", musarev, ta; de; oujrei'" kai; cevzei" ta; d ja[lla me; tou;" povda" sou skorpa/'" kai; katacuvnei".... (vv. 132-137).

Fichi, uvetta, latte acido, carne di prima scelta, pesce, tutte queste cose genuine, grano, legumi e tutti gli altri cibi di cui si nutrono gli uomini, sì, disgraziato, tutto que-sto mangi, e poi espelli tutto e impiastricci ogni cosa con le zampe...

46 Un'utile tavola di confronti testuali in Hunger 1968, 44-46. 47 Ultima edizione a cura di Eideneier 1990. 48 Michailidis 1970, 332-333 ritiene l'opera destinata alle scuole, edizione a cura di Tsiouni 1972. Del

poema si è occupato di recente (2004) Marco Riccobon, che ha conseguito la laurea specialistica in fi-lologia dell'antichità all'Università Ca' Foscari di Venezia, con una tesi da me seguita dal titolo: La contesa degli animali quadrupedi, Poema Satirico in greco volgare del XIV sec. Proposta per una nuova edizione. Poco prima della consegna del lavoro sono stati pubblicati la traduzione ed il com-mento del poema a cura di Nicholas – Baloglou 2003, un ricco e documentato volume.

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Quando poi il topo passa al contrattacco, risponde per le rime (vv. 152-178), esor-dendo secondo lo schema di risposta offerto dal protagonista pseudomerico:

v. 152 megavlw" uJperaivresai, megavlw" kai; kauca'sai v. 57 (Batrach.) xei'ne, livhn aujcei'" ejpi; gastevri: e[sti kai; hjmi'n v. 107 (Batrach. Zinos) polla; kauca'sai, fivle mou, ejsu; sth;n laimargivan.

I contrasti fra gli animali sono determinati essenzialmente dalle diversità alimentari,

ed anche in altri passi (vv. 436-449, 665-684, 820-824) il modello è chiaramente quello della Batrachomyomachia. Nella parte finale del poemetto i vv. 1075-1078 costituisco-no una mimesis degli ultimi versi del componimento pseudomerico: la Storia degli ani-mali quadrupedi si conclude infatti al tramonto del sole:

JHlivou basileuvonto" oJ povlemo" ejpauvqhn kai; skotiva th'" nukto;" dievswsen kai; touvtou" tovte plhrwvqh to; rJhqe;n dia; tou' uJmnogravfou....

(Al tramonto del sole la guerra cessò, / si diffuse il buio della notte / e si concluse an-che il discorso del poeta) vv. 1075-1077.

così come la Batracomyomachia, che si compiva alla fine di un sol giorno: ejduveto d j

h[lio" h[dh kai; polevmou teleth; monohvmero" ejxetelevsqe (303 Batrac. ).

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In questa rassegna espositiva ho voluto semplicemente presentare alcuni “topi tardo bizantini”, protagonisti minori di un momento particolare della produzione letteraria greca, momento di transizione tra un mondo ancora legato al passato (almeno dal punto di vista linguistico per il rispetto delle strutture morfosintattiche e grammaticali del gre-co antico) e una nuova realtà espressiva e culturale: in questo momento di passaggio, nel variopinto scenario di una produzione letteraria in nuce, nella quale si sperimentano generi e forme diverse ma soprattutto si usa una lingua “diversa”, anche i topi si sono rosicchiati un loro piccolo spazio vitale.

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