L'economia e il lavoro nella campagna russa medievale

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La casa, lo smierd, l'artigianato, il lavoro uno sguardo all'economia della campagna russa nel Medioevo Dopo l'invasione tataro-mongola del XIII sec. d.C. la campagna russa restò abbandonata a sé e in grandissima parte in autogoverno fino al XVI-XVII sec. d.C. e i contadini, considerati niente più che vili animali, furono lasciati vivere, almeno rispetto alle genti di città, di una vita grama imbalsamati nelle loro foreste e abbarbicati alle loro tradizioni. La Chiesa Cristiana (ortodossa e specialmente del nordest – di Vladimir-sulla-Kliazma e poi di Mosca) in certo modo ebbe un ruolo pesante nello stabilizzare e allo stesso tempo nel godere di tale situazione e fu capace unicamente di esibire la facoltà di consolatrice sui generis inducendo e costringendo alla pazienza onde evitare sollevazioni o rivolte contro il potere. Persino i suoi preti, diaconi e assimilati, per definizione abituati all'obbedienza al proprio vescovo, diventarono altrettanti semplici contadini che vivevano del lavoro dei campi in autarchia e in autogoverno come gli altri... Che cosa intendiamo però con autogoverno e che rapporto aveva con la vita nell'izbà (la casa di campagna russa) e fuori di essa? Era forse e esclusivamente l'accesso alla decisione (votare) sui destini della propria comunità senza ingerenze di altri poteri estranei e diversi dall'assemblea degli anziani? Oppure significava spartire i frutti delle fatiche dei membri della comunità e dirimere le differenze che a volte seguivano alle spartizioni del terreno e delle messi? O forse ancora consigliare matrimoni e intimare traslochi? O infine celebrare propri riti e venerare propri dèi con propri sacerdoti? Attenzione però! Il nostro lettore non immagini da quanto finora detto circostanze simili o, peggio che mai, analoghe alle nostre odierne giacché qui si parla di qualche decina di persone che si riuniscono intorno agli anziani per discutere delle vicissitudini degli ultimi tempi. Qui una storia individuale facilmente diventa generale. Ricordiamo infatti che dobbiamo partire dal concetto che l'izbà sia un microcosmo dove chi vi abita nasce vive e muore, a parte eventuali migrazioni, ma che ha intorno altri microcosmi imparentati e che insieme fanno un villaggio o mir. Nello svolgersi delle nostre ricerche abbiamo pure visto che la casa è collegata non soltanto col momento dell'instaurazione dell'agricoltura e quindi con la produzione di prodotti, servizi e

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La casa, lo smierd, l'artigianato, il lavorouno sguardo all'economia della campagna russa nel Medioevo

Dopo l'invasione tataro-mongola del XIII sec. d.C. la campagnarussa restò abbandonata a sé e in grandissima parte in autogovernofino al XVI-XVII sec. d.C. e i contadini, considerati niente piùche vili animali, furono lasciati vivere, almeno rispetto allegenti di città, di una vita grama imbalsamati nelle loro foreste eabbarbicati alle loro tradizioni. La Chiesa Cristiana (ortodossa especialmente del nordest – di Vladimir-sulla-Kliazma e poi diMosca) in certo modo ebbe un ruolo pesante nello stabilizzare eallo stesso tempo nel godere di tale situazione e fu capaceunicamente di esibire la facoltà di consolatrice sui generisinducendo e costringendo alla pazienza onde evitare sollevazioni orivolte contro il potere. Persino i suoi preti, diaconi eassimilati, per definizione abituati all'obbedienza al propriovescovo, diventarono altrettanti semplici contadini che vivevanodel lavoro dei campi in autarchia e in autogoverno come glialtri...

Che cosa intendiamo però con autogoverno e che rapporto avevacon la vita nell'izbà (la casa di campagna russa) e fuori di essa?Era forse e esclusivamente l'accesso alla decisione (votare) suidestini della propria comunità senza ingerenze di altri poteriestranei e diversi dall'assemblea degli anziani? Oppuresignificava spartire i frutti delle fatiche dei membri dellacomunità e dirimere le differenze che a volte seguivano allespartizioni del terreno e delle messi? O forse ancora consigliarematrimoni e intimare traslochi? O infine celebrare propri riti evenerare propri dèi con propri sacerdoti?

Attenzione però! Il nostro lettore non immagini da quanto finoradetto circostanze simili o, peggio che mai, analoghe alle nostreodierne giacché qui si parla di qualche decina di persone che siriuniscono intorno agli anziani per discutere delle vicissitudinidegli ultimi tempi. Qui una storia individuale facilmente diventagenerale. Ricordiamo infatti che dobbiamo partire dal concetto chel'izbà sia un microcosmo dove chi vi abita nasce vive e muore, aparte eventuali migrazioni, ma che ha intorno altri microcosmiimparentati e che insieme fanno un villaggio o mir.

Nello svolgersi delle nostre ricerche abbiamo pure visto che lacasa è collegata non soltanto col momento dell'instaurazionedell'agricoltura e quindi con la produzione di prodotti, servizi e

oggetti, ma anche con la nascita della concezione di attività lavorativa.Ecco perché occorre adesso vedere un po' meglio la questione dellavoro giacché fra il XII e il XIV sec. d.C. la parola non ha avutonella Pianura Russa dal punto di vista storico gli stessi contenutifilosofici e giuridici che noi troviamo in Occidente. Già laparola russa moderna per lavoro, rabòta, ma è lo stesso per alcunealtre lingue slave e non slave, è praticamente eguale a schiavitù(rab è schiavo in russo) e si distingue dal termine più antico trudche indica invece la fatica del lavorare. In termini più “scientifici”il lavoro è una trasformazione di energia sottratta al corpo e secome quando e perché ciò comporta una scelta in libertà allora illavoro è una fatica attuata per necessità o convenienza. Senzalibertà è invece una costrizione e in quest'ultimo caso, giacchéparliamo dello smierd (termine russo spregiativo per contadinolibero), questi l'accetterà unicamente se è imposta dagli dèi.D'altronde, siccome il solo vero lavoro che lo smierd conosce èsvolto nei suoi campi, il primo riferimento pratico per qualsiasiattività lavorativa è di norma il calendario o meglio il dialogo con leforze divine che governano il tempo.

Le osservazioni comuni suggerivano infatti nella natura tanticicli ripetitivi di eventi, sebbene mai esattamente uguali, neiquali si era coinvolti proprio perché si stava lavorando la terra.I nomi slavi originali dei mesi, oggi quasi ovunque sostituiti daquelli ormai convenzionali, rispecchiavano giusto i fenomeni chela natura attraversava nei detti ciclici eventi. Niente di stranonaturalmente, ma, sapendo che ogni giorno o ogni mese o qualsiasialtro periodo determinato dell'anno è sotto l'influsso di uno diquesti eventi, il Paganesimo slavo, per giustificarne la realtà eper capirne per quanto possibile lo svolgimento, antropomorfizzaval'evento stesso. Lo interpretava e lo spiegava sotto la forma dilotte continue fra forze invisibili sovrumane e la tradizioneavvertiva l'uomo in attività di stare ben attento a non fare dadisturbatore, bensì ad agire da attore che contribuisce almiglioramento dell'universo, se voleva evitare guai a sé (persinola morte!) e ai suoi intimi...

Sappiamo bene che la composizione dell'anno di 12 periodi lunario mesi (il latino mensis o il russo mesjac significano sia luna chemese) era già stata ideata in Mesopotamia millenni primadell'apparizione degli Slavi e era stata ereditata direttamentecol racconto biblico dal Cristianesimo e dall'Islam. Piuttosto c'èda dire che il Cristianesimo da secoli ormai aveva optato perl'agricoltura come attività umana “santa”, seppure incontraddizione col mito di Caino e Abele in cui il primo,contadino, uccide il secondo, pastore vittima e fratello, e per

questo suo fratricidio viene mandato maledetto e ramingo per ilmondo dal dio creatore. Ci si appellava pure alla Genesi dove silegge (3, 17): “E (il signore dio) disse ad Adamo... maledetta è la terra percausa tua. Nel dolore ti nutrirai da essa per tutti i giorni della tua vita.” prefigurandonell'attività del lavorare i campi una condanna da scontarepiuttosto che una necessità per una sopravvivenza più piacevole.

Anche la Rus' di Kiev cristianizzatasi alla fine del X sec. d.C.accettò il modo di vita agricolo come l'unico modo di vita“civile” e marchiò invece “selvaggia” nelle sue Cronache del TempoPassato ogni altra maniera di esistere e di abitare. Persino ilposto occupato da tempi antichissimi dai nomadi pastori (evidentidiscendenti di Abele!), le steppe, è detto con un tonodispregiativo in quelle cronache Campo Selvaggio o non coltivato ossia inrusso Dìkoe Polje...

L'attività contadina “cristiana” passava poi attraverso tuttauna serie di festività patrocinate da un nugolo infinito di santie sante ai quali ci si poteva rivolgere, nei riti prescritti e permezzo del prete, per ottenerne protezione e benevolenza, ma nondimenticando mai che il lavoro è sofferenza.

Vista l'enorme somiglianza di credenze nell'ambitocalendario/lavoro dei campi, niente contrasti fra cristiani epagani allora? E perché abbandonare il vecchio modo pagano discandire il passare delle stagioni? Al limite si sarebbero datidei nomi dei santi cristiani alle forze divine e si continuavasecondo l'antica consuetudine, visto che i fenomeni ciclici allafine erano i medesimi.

Nel calendario nordico ci sono però due eventi celesti allelatitudini di Mosca (meno a Kiev), di Novgorod e di Bolgar-sul-Volga di fronte ai quali il Cristianesimo (X-XI sec. d.C.) el'Islam (921 d.C.) si trovarono per la prima volta nella lorostoria e ne rimasero impressionati per la spettacolarità: lalunghissima notte del solstizio invernale (24-25 dicembre) e illunghissimo giorno del solstizio estivo (24-25 giugno). Su questedate e su questi eventi era basata gran parte della mitologianordica come pure certi riferimenti nella vita attiva di chiabitava a tali latitudini.

Ne tennero mai conto i due monoteismi che stavano colonizzandocon le loro ideologie la Pianura Russa e il resto della Slavia? Non losappiamo di certo. Ci preme al contrario sottolineare che altroera il modo in cui il Paganesimo slavo percepiva questi fenomeni.Le domande fatidiche che la gente si poneva preoccupata erano: Ese il sole non tornasse più? O peggio: Chi garantiva cheritornasse il fresco della notte e che invece tutto non bruciassesotto il torrido sole estivo (si giunge ancor oggi a temperature

intorno ai 40° C per molte ore)? Insomma occorreva porsi incontatto con gli antenati che questi eventi avevano finorasuperato e con la loro sapienza ne erano usciti indenni. Perquesti motivi l'anno cominciava non prima di essersi assicuratiche il sole sarebbe ritornato in cielo. I sacerdoti si ponevano inattesa che la luce tornasse a crescere nel firmamento e a loro eraaffidato il compito di superare la paura terribile collettivaimpetrando l'intervento degli eponimi presso gli dèi. Soltantocosì, dopo sette magici giorni (in russo koljady) ovvero più o menoal 1° di gennaio, ritornava la normalità.

Gli elementi culturali e pratici descritti fin qui in realtà sibasano su un grosso bagaglio culturale portato dalla tradizioneslavo-russa, ma che certamente non tutto è puramente slavo. Molticoncetti sono in debito con le culture delle varie etnie dellaPianura Russa e possiamo immaginare quanto difficile e laborioso perdelle religioni istituzionalizzate, cristiana o islamica, che nonammettevano eccezioni e disprezzavano i pagani per principio,fosse entrare, compenetrare e eliminare queste tradizioni“diaboliche” (per i cristiani) e “idolatre” (per i musulmani). Sesi voleva conquistare questa gente, non c'era scelta: l'unicamaniera era riuscire a installarsi nella loro casa, se nonfisicamente almeno “spiritualmente”!

Purtroppo conosciamo abbastanza bene Cristianesimo e Islam econosciamo abbastanza male il Paganesimo del Grande Nord e,sebbene i paragoni fra queste mitologie siano incerti e ambigui,per inciso dobbiamo notare a nostro vantaggio che le concezioni paganesono sopravvissute nella Pianura Russa (almeno nel corpusfolcloristico) meglio che in altre regioni slave. Per il nostroassunto ciò è fondamentale. Anzi! Ci si permetta come prova diricordare che il Paganesimo lo si ritrova ancora oggi in vesteufficiale nella Repubblica dei Mari (Mari El) tanto che il Presidenteeletto, Vladislav Zotin, è stato consacrato nel 1992 in pompamagna dai locali Vescovo ortodosso e Gran Sacerdote pagano.

Ciò detto, continuiamo il breve discorso sul lavoro e sui suoiintrecci religiosi e culturali per poi passare all'autarchiacontadina.

Dunque il lavoro! Al presente è un'attività mercificata,misurata e pesata in un complicatissimo gioco fra offerta edomanda esattamente come un qualsiasi oggetto che si scambiaricevendone denaro e dove l'uomo non conta più come esserevivente, ma solo come venditore o compratore. Non solo! Non c'èpiù nel lavoro il significato di attività individuale condotta permantenersi, per vivere e per migliorare la propria vita e quelladella comunità, ma è decaduto a una parte di tempo di vita da

sacrificare per poter avere del denaro da spendere... pena ladecadenza fisica e morale!

Il discorso è molto articolato e vivo e noi non possiamoaffrontarlo, senza trascurare il nostro tema che è invece altro.Più semplicemente diciamo che nella campagna russa medievale illavoro rispondeva esclusivamente alla domanda per un prodotto(diverso dal cibo che comunque si donava a chiunque non ne avessee lo chiedesse) e appariva come la maestria di chi sapeva produrree niente più. Alla stessa stregua era visto un servizio e cioècome un favore fatto al vicino senza tener conto di ricompense e,solo nel caso peggiore, poteva diventare un'oppressione da subireper evitare la morte. L'individuo, lo ripetiamo, agiva/lavoravaper la comunità perché questa gli garantiva oltre alla vita fisica(il cibo) la difesa totale in qualsiasi frangente della vita...purché si rispettassero i riti fissati nel lontano passato e che la tradizione avevaconservato.

Ed ecco riapparire sempre più spesso la parola tradizione chedovrebbe spiegare e chiarire la visione del mondo. Malgrado tuttola tradizione non è una serie di regole e di concetti immutabili.Assolutamente no! La tradizione non si oppone genericamente néall'evoluzione tecnica né alle esperienze scientifiche nuove.Anzi! Periodicamente si trasforma in scienza e scibile dainsegnare ai giovani, cambiando solo di nome (la scienza,l'istruzione, la materia di insegnamento e simili). E siccome èpresente in tutte le società umane in forme più o meno simili, sedi primitività si vuol parlare per attribuirla al contadinomedievale della Pianura Russa in particolare in ambito lavorativo eproduttivo, è bene non tirarla in ballo, ma si noti invece come lecomunicazioni fossero insufficienti per gli scambi e come leideologie imposte fossero totalizzanti o, peggio che mai, comel'arbitrio del potere ostacolava l'evoluzione culturale.

Alla fine non vediamo un'arretratezza congenita né una caparbiaopposizione dello smierd al sapere e di conseguenza non cipermettiamo di giudicare negativi in toto i principi olistico-pagani.Muoversi e agire nel reale d'altro canto è molto difficile sempree ovunque. Gli ostacoli da superare non vanno semplicementeeliminati, ma capiti e studiati e, se ci sono, vuol dire che glidèi li hanno voluti porre là dove si trovano. Il confrontodell'uomo medievale con la natura insomma era cauto e attento enei dubbi la tradizione, appunto, suggeriva la soluzione con riti ecelebrazioni che tutti apprezzavano e di cui si tutti fidavano.

Ed ecco alcuni riti pagani che la Chiesa dové “consacrare” suomalgrado per non “impedire” il lavoro agricolo che alimentava(kormlenie) letteralmente l'élite al potere!

Ad esempio, prima di introdurre un seme nel terreno, occorrevail permesso dalla dea Madre Umida Terra e la tradizione indicava comesi poteva ottenerlo. In più la si doveva ringraziare donandolel'ultimo covone che era abbandonato alla fine della mietitura. Lostesso rispetto verso di lei c'era nel decidere quando cominciarea lavorare i campi giacché, se si trasgrediva e si andava incampagna prima delle Radunicy (ricorrenza pagana che cadeva pocoprima della Pasqua e ricordava gli antenati), la medesima deaavrebbe risposto con una siccità e una carestia per tutti. Lacomunità, il mir, non deve essere dunque offesa con atti inconsultidi riti trascurati! Il mir è fatto di vicinanze e di parentele chesono il baluardo per l'individuo che vi appartiene e, poiché laparola è un atto reale che può far male, non si deve mai parlarmale degli altri! Se lo si fa, sicuramente dopo qualche tempo eccoche quelle parole oltraggiose ritorneranno proprio nell'izbà deltrasgressore sotto forma di un fantasma orribile e vendicatore chelo tormenterà.

Un aspetto tipico delle prescrizioni della tradizione è laripartizione delle fatiche fisiche della vita quotidiana fra isessi, più che fra le età. Legata alle gerarchie del gruppo-famiglia-villaggio “patriarcale”, il lavoro femminile distinto daquello maschile era una divisione inevitabile per la coesionedella grande famiglia slava, tanto che per questa ragione ilgiovane/la giovane era educato/a non ad essere maschio o femmina atutti i costi, ma a vedere nella differenza sessuale un destinoeconomicamente predeterminato. Ciò permetteva non solo di avere unposto assegnato di fronte agli altri membri parenti e amici, mapure di riconoscere subito chi era “intitolato” a eseguire certilavori, sebbene poi non ci risulta ancora una ben chiaradescrizione di ogni attività.

Da un lato ciò è logico dato che non si è ancora giunti a unaproduzione di massa che risponde a logiche moderne di mercato edall'altro è indispensabile tuttavia che chiunque sappia fare odebba saper fare qualsiasi cosa, costretto o comandato. Laversatilità resta la virtù maggiormente stimata a quei tempi,mentre lo specialista opposto al contadino per principio eranegato.

D'altronde su quest'ultimo punto non è stato provato fino adoggi che si possa essere dotati potenzialmente di facoltàparticolari e eccezionali, ma che al contrario nelle condizioniambientali favorevoli qualunque persona, da bravo prodottoculturale di una certa società, può esprimere il meglio di sé.Nella visione pagano-slava perciò chi sapeva far meglio di altriqualcosa non era esaltato e “mercificato” come si fa oggi, ma

semplicemente gli veniva riconosciuto uno sguardo particolare sudi lui da parte degli dèi e... unicamente per il tempo che consumavanell'abilità per la quale era conosciuto! Era inaccettabile che un membro dellagrande famiglia, per il solo fatto di sapere far qualcosa megliodi altri perché magari l'aveva fatto più volte e aveva piùesperienza, potesse essere esentato dalle attività di base e sidedicasse alla sua specialità... mentre gli altri gli procuravanoda mangiare! Il fattore tempo aveva un grande ruolo in queste cosegiacché con i pochi strumenti di cui si disponeva creare, fare uncerto oggetto implicava un grande dispendio di tempo e la logicaeconomica indicava che tale tempo fosse disponibile solo nellaquiescenza invernale... quando infatti il maschio, in particolare, non avevagranché da fare!

Guai ancora se l'eccezionalità individuale andava fuori daglischemi di normalità fissati nella tradizione! Ad esempio unindividuo mentalmente disturbato o fisicamente disabile in modograve, era isolato e rifiutato, se non fosse stata già soppressoaccorgendosi della sua anomala diversità nei primi mesi dallanascita.

Eppure gli artigiani da tempo stavano cominciando a diventareimportanti per le realtà cittadine della Pianura Russa. A Bolgar-sul-Volga dal principio del X sec. d.C. tutta una parte della grandecittà era stata costruita vicino alla piazza del mercato eriservata agli artigiani con le vie divisorie fra specialità especialità. Così era stato organizzato anche il Podil di Kiev odella capitale càzara, Itil, per non menzionare la repubblica diGrande Novgorod.

Si era nei secoli della grande rinascita del mercato compratoredi Costantinopoli dopo la stasi dovuta alle invasioni arabe enella Pianura Russa si rispondeva con la formazione, un po' allavolta, di una “casta” (di maschi per lo più) di cosiddettispecialisti nelle produzioni “non agricole”. A questo propositoperò sorsero alcuni problemi che i Rjurikidi, la dinastia alpotere negli stati russi, non riuscirono a risolvere per il megliosenza ricorrere alla forza e al ricatto e cioè: Un artigiano, senon gli si dà da produrre, perché mantenerlo? E come controllarlonel progresso del suo lavoro quando gli si è affidata una materiaprima costosissima? Se poi teniamo presente che la materia primasono metalli da importare o pellicce pregiate o quant'altro che il“committente principe” deve procurarsi la faccenda diventa ancorpiù complicata! La soluzione globale in questi casi fu spessoquella di render l'artigiano schiavo tramite un contratto a vita oholopstvo e addirittura con la sua famiglia in ostaggio, in modo cheil legame con i suoi gli impedisse di fuggir via.

A. Guagnini, visitatore italo-polacco del XVII sec. d.C. a Moscascrive: “Il lavoro degli artigiani di solito si paga con pochi soldi. Quando poi aumentail prezzo del pane per costoro è difficile comprarne con quello che guadagnano lavorandoper tutta una giornata.”

Quando in seguito arrivarono i Tataro-mongoli nel XIII sec.d.C., ovunque trovassero artigiani gli invasori li prelevavano eli mandavano a Qara Qorum a servizio del Gran Khan, sconvolgendoquelle situazioni cittadine “artigianali” finora consolidatesitanto che si cominciò a temere da parte dei principi russi che iloro specialisti migliori potessero attirare l'invidia dei Tatarie che questi prima o poi li avrebbero deportati senza por tempo inmezzo. E' una situazione che durerà fino all'emancipazione diMosca nel XV sec. d.C. dal giogo tataro, ma che si fissò in certestrane informazioni (rimaste nelle byliny o favole russe fino aoggi) per cui si spargeva la voce che far fare un certo oggettoera complicatissimo giacché l'artigiano non era reperibile olontanissimo o prigioniero di un mostro e simili altri raccontifantastici.

Noi però lasciamo qui la questione e torniamo alla campagna e alsuo artigianato riservato all'uso e al consumo della grandefamiglia.

La maggior parte delle volte i lavori maschili inoltre eranosvolti fuori di casa e logicamente nella spartizione degli spazi,la porzione minore non poteva che toccare al maschio, seppurquella di maggior prestigio data la natura patriarcaledell'organizzazione domestica. Quale? Nell'izbà era l'angolo bello,il belyi kut, dove sappiamo che ci fosse un piccolo santuariodomestico costituito da oggetti e strumenti sacri particolari o daoggetti appartenuti ai defunti e che si arricchisce colCristianesimo di icone, croci e altarini.

Se però nella bella stagione l'uomo si levava all'alba e nontornava a casa prima del tramonto dal lavoro nei campi, lastagione fredda poteva essere impiegata ad attività da svolgerenello spazio domestico a lui riservato.

Essendo ingenuo pensare che gli abitanti maschi della Pianura Russafacessero tutti le stesse cose su un territorio così esteso ealtrettanto vario dal punto di vista etnico, solo rifacendoci allatradizione riusciamo a distinguere meglio quali fossero lenecessità e i bisogni istituzionalizzati e a chi, uomo o donna,fosse affidato il compito di sopperirvi e con quali mezzi. Edunque partiamo dagli strumenti e dalla materia prima piùimportante affidata alle mani del maschio, il legno. Intanto undettaglio tecnico importante da menzionare e da lamentarsi è chequesto materiale, pur essendo la più diffusa materia prima in casa

e nella campagna, costituisce un problema archeologicoimbarazzante. Il legno infatti lascia pochissime tracce nel campodi scavo, specie se si tratta di oggetti non voluminosi o noninfissi nel terreno per cui le suppellettili e gli arnesi fatti dilegno sono reperti rarissimi.

Gli archeologi hanno scavato molti tipi di strumenti di solitoin ferro per lavorare il legno diffusi in tutta la Slavia fra il XIe il XIII sec. d.C. Nelle figure qui sotto (da M. Semjònova, op. cit.)sono disegnati, a sinistra, due tipi di ascia/accetta (russotopor): sopra è quella che con un lungo manico può diventareun'arma micidiale e sotto quella “da falegname” con dimensioniridotte e talmente comune da essere usata come moneta di scambiofra gli Ugro-finni.

Quanto alle seghe (russo pilà) ne sono state trovate sia lungheoltre i 2 m con i denti triangolari ritagliati nella lama sia conpiccole pieghe a zig-zag (più facili da fare!). Se ne sono trovatepersino piccole e con le lame a nastro fini e dentate tese fra unarco di legno, come si vede nell'altra figura a destra insieme conceselli e altri strumenti di punta.

Naturalmente le collezioni disegnate qui e che si vedono neimusei non significa che esse fossero il corredo di un solo utentefalegname giacché in ogni caso gli strumenti a disposizione inogni izbà erano pochissimi e vigeva l'uso nei villaggi discambiarseli con i vicini evitando costosi doppioni. Possiamoallora immaginare che, se occorre scavare, ad esempio, per farecontenitori oppure forare per fare incastri e congegni rotanti olisciare etc., tutto ciò si fa a mano con pazienza e con un'enormeperdita di tempo, diremmo noi oggi. Un errore può significare larottura o l'abbandono del pezzo già iniziato e dovernericominciare un altro.

Facciamo ancora una considerazione. Se gli dèi aiutavano illavoratore in generale nelle sue attività, pure gli strumenti egli arnesi andavano difesi dalle forze invisibili ostili, nečistyesily. Di qui scaturiva l'obbligo di custodirli in un luogo appartato,

ma sicuro e lontano dalle donne! Così prescriveva la tradizione ecosì l'abbiamo constatato nella vita di casa del Grande Nord...

L'armamentario metallico comunque è raramente di rame esolitamente è di ferro, ma per molto tempo certi strumenti vennerodal Mar Baltico occidentale e dal Centro Asia. Successivamente intempi più recenti (XIII sec. d.C.) il ferro fu di provenienzalocale cioè quando si cominciò a cercarne e a trovarne in buonequantità nelle paludi (ferro meteorico) e lo si scambiò grezzo,questa “pietra nera”, per strumenti o oggetti fatti dai fabbri .Per molto tempo intanto non si seppe (o non si osò) lavorarlo datoche fucinare etc. era per il contadino un'attività misteriosa epericolosa e si temevano gli uomini che piegavano, scioglievano eformavano una pietra con l'azione del fuoco.

In seguito lo smierd imparò anche lui a lavorare il ferro acontatto con i fabbri (di origine quasi sempre caucasica) cheaccompagnavano i nomadi pastori, ma la società contadinatradizionale non andò oltre la grande conquista “sociale” diaccettare nel mir (ma non nel dvor!) la presenza di un fabbro econcesse che costui s'impegnasse a svolgere il suo lavoro, maunicamente “su ordinazione” e isolato e lontano dal villaggiostesso! E, malgrado l'uso del fuoco, lavorare il ferro restò unlavoro maschile e naturalmente un esperto fabbro ferraio interessòmoltissimo il potere che aveva una domanda crescente di armi ealtre ammennicoli militari...

Dunque l'uomo che non lavora i campi d'inverno si dedica a unaserie di altri lavori e lo fa in spazi appositi, a lui riservati.Attenzione però! Da quanto abbiamo detto finora, non si lavoravaal chiuso a causa del clima o altro, ma perché in casa ci sitrovava in ambiente protetto, puliti nel fisico e nel cuore, e sipoteva esser sicuri di eseguire tutto nel migliore dei modi perchégli déi ci avrebbero assistiti.

Qui sotto (da V.V. Aleksandrov, op. cit.) diamo un esempio di comeappariva quella che possiamo chiamare un'officina in un dvorcoperto nel nord della Pianura Russa. Si noti la slitta, il truogolo,la scala a gradini, la macina rotante e poco altro, dato che glistrumenti si portano addosso e da riporre non ce ne sono molti...

Accanto a destra invece c'è un'intera ger di un fabbro ferraiodelle steppe ucraine descritta dal tedesco P. S. Pallas (da I.Lébédinsky, v, bibl.) ancora nel XVIII sec. dove, ripetiamolo,alle donne era vietato entrare!

Quali altri oggetti/luoghi troviamo adesso nell'izbà chesuggeriscano della attività domestiche?

Chi come noi indaga il periodo medievale e non trova menzionichiare nei documenti scritti sull'oggettistica esistente nellacampagna russa, non potrà che rivolgersi all'arredamento che ancoroggi si usa, attentissimo alle stratificazioni culturaliaccumulate nei secoli.

Assodato ciò, alla fine ci siamo affidati allo storico del XIXsec. d.C. N.I. Kostomarov il quale, nel descrivere quel che riuscìa raccogliere sulla vita in casa dei russi del suo tempo, dà unquadro abbastanza accurato degli interni domestici e diconseguenza (entro certi limiti) può fare da sfondo abbastanzaaffidabile per la nostra storia. Il nostro autore cominciadall'arredo sacro del belyi kut col dire che nella campagna c'era unaparticolare preferenza per i ritratti e per le figure dipinteossia per le icone sacre che si eseguivano non tanto in ateliersspecializzati, ma a casa da parte di chi vi si sapeva dedicarenella quiete dell'inverno, salvo farsele benedire dal prete.Argomento interessante, ma, ahimè, impossibile da estendereacriticamente a tutta la Pianura Russa dove il Cristianesimo ancoranon dominava ovunque e dove gli amuleti erano più importanti delleimmagini sacre per tacere degli ambienti domestici musulmani dovela figure umane dipinte erano aborrite.

Agganciandoci a questa topica però lavorare il legno,dipingerlo, scolpirlo, rifinirlo era di certo un'attivitàdomestica. Anzi, era l'industria regina della repubblicanovgorodese. Lavorare il legno si inseriva nella gamma di attivitàdel Cantone dei Falegnami sulla Riva del Mercato della città dove sieseguivano non solo manutenzioni navali per i natanti dei mercantiche risalivano o scendevano lungo il fiume Volhov, ma sifabbricavano e si fornivano elementi di arredamento, strumenti,contenitori, telai, aratri, remi, pegole etc. insieme con statuedi prima qualità da incorporare nello scafo o in un piedrittodella porta di casa etc. a scopo apotropaico o per abbellimento.

Se a Novgorod esistevano scuole di iconografia famose chesfornarono artisti eccellenti come Andrei Rubljòv, per lo smierd chescuola c'era?

Visitando oggi i musei del legno (o comunque un museo qualsiasi)noi osserviamo gli oggetti in mostra e ammiriamo sculture,pitture, ricami considerandoli degli oggetti abbelliti dall'arte

umana perché generalmente ignoriamo il vero significato di quel“lavoro in più” che ai nostri occhi li rende “belli”. In realtàl'abbellimento era un elemento magico-religioso e serviva prima diogni altra cosa a coprire gli oggetti di segni che garantissero laprotezione della rispettiva “funzionalità” efficacemente e a lungocontro le nečistye sily. Insomma non esisteva una vera libertà discelta dei soggetti da ritrarre né dei simboli, dei materiali, deicolori...

La pittura ad ogni buon conto nella civiltà contadina siapprezzava meglio sulle suppellettili di casa e qui sotto nellefigure vediamo quelle di base che non mancavano in nessuna izbà.

Mentre molti oggetti raffigurati qui sotto (a sinistra tratti daO.N. Selegina, v. bibl., e quelli di destra da L.V. Belovinskii,v. bibl.) sono fatti sono prevalentemente in legno o con scorza dibetulla e di tiglio e persino con cuoio (specie per gli otri e piùin uso nella steppa), fra i materiali di altri appare il ferro(ghisa e fucinato) che, ripetiamo, è un apporto tardivo del XIVsec. d.C.

Notiamo allora la pentola (a) per cuocere zuppe e stufatichiamata čugunka che, riempita degli ingredienti, veniva immessanella pečka posta sul treppiedi o tagan/taganka. Nel passato peròinvece del treppiedi e della pentola di ghisa (o di bronzo) siusava un bel pentolone di coccio con tre piedini sul fondo. Ilsecchio di legno o vedrò è destinato a tirar su l'acqua dal pozzo,mentre le botticelle sono per le bevande alcoliche rituali(l'idromele o mjod). In questi articoli si nota la tecnica delledoghe strette insieme dai vimini e non da fascette di ferro comeavverrà in seguito.

La cassapanca o sunduk inoltre serviva per riporvi il corredo e

altri tessuti e il cucchiaione o kovš/kuvšin fungeva da scodella dacui si sorbiva la zuppa e lo si reggeva dal grosso manico. Nonesistevano piatti e di solito, se si trattava a volte di dovertagliare della carne, lo si faceva sulla lavka o sulla ridottapiattaforma davanti alla bocca della pečka e nelle ceneall'esterno su ceppi/resti di tronchi lisciati.

Se mancano i corni bovini per bere è perché essi si usavanoesclusivamente per le libagioni.

Notevole è ancora la lučina o svetec cioè un ramoscello di betullache intriso com'era di resina (djogot) bruciava con un buon profumoe faceva luce.

Senza scendere nei particolari rileviamo che i soggetti dadipingere restarono senz'altro le nature morte con bestie e fiorie di certo raffiguravano vari elementi folcloristici o magici comeninfe e esseri immaginari, mentre si evitavano i paesaggiritenendo ridicolo riprodurli quando era possibile guardarli da sénella realtà né potendone immaginare di diversi di quelli creatidagli dèi. Nei disegni qui riprodotti le superfici sono nude, main realtà ovunque si potesse (se l'oggetto non veniva a contattocol fuoco o con l'acqua) risultano sempre dipinte preferendo ilcolor rosso.

Guardando l'izbà dall'esterno, si nota la scultura di una testa dicavallo o (più raramente) di gallo sulla punta rivolta alla stradadell'ohlùpen'. Il cavallo infatti era l'animale del Sole, ma anche ilgallo era accettato nella scultura dell'ohlùpen' giacché era il membrodella famiglia che per primo vedeva il sole tornare nel cielo e comesegno cristiano ricordava il tradimento dell'apostolo Pietro.Anzi! Siccome le nečistye sily agivano nell'oscurità e di notte piùvolentieri, il gallo col suo canto le scacciava immediatamente almattino e alla fine chi si avvicinava al dom vedendo questesculture deduceva subito che la casa era ben protetta.

Lungo i gocciolatoi delle varie coperture esterne il ricco viaggiungeva assi di legno merlettate per tutta la lunghezza sullecui punte rivolte all'ingiù poi si sarebbero formati i

caratteristici ghiaccioli durante l'inverno che gocciolandoavrebbero avvertito quando s'avvicinava la primavera. C'è da direche, mentre l'ohlùpen' “doveva” avere la detta scultura animalesca,l'asse con merletti era invece un fregio voluttuario e costoso, sesi pensa soltanto al fatto che occorre prima procurarsi i tronchida “affettare” e poi scolpirli con ore di lavoro da sacrificare adaltre attività magari più utili.

All'interno dell'izbà le pareti, la lavka, le ante delle porteerano dipinte, ma non la pečka forse per ragioni tecniche e nellecartoline museali qui sopra di una casa russa (regione degliUrali, da V.A. Baradulin v. bibl.) si può ammirare l'ambientecolorato del XIX sec. d.C. che di certo ricalca gusti e moda ditanti secoli fa.

Altro lavoro maschile fuori casa fu a lungo la raccolta delmiele e della cera, quasi un monopolio dei Baškiri e degli Ugro-finni.Il prodotto si ricavava dal saccheggio periodico degli alveariselvatici che di solito si formavano nei cavi degli alberi e cheoccorreva svuotare prima di un temibile e vorace concorrente:l'orso! E il miele e la cera erano due prodotti che eranorichiestissimi in tutta l'Europa medievale e il cui commerciocontrollava in grandissima parte Grande Novgorod.

Sono però i cosiddetti “lavori femminili” che ci interessano dipiù perché all'occhio moderno esprimono il meglio del piacereartistico e della fantasia negli oggetti prodotti.

Dipingeva quadri la donna? Tradizionalmente no, in base alprincipio che alla donna (e all'uomo) era vietato ritrarre il visoumano visto che ciò significava appropriarsi di una parte dellapersona e che su tal quadro si sarebbero potuti eseguireincantesimi dannosi e mortali. Persino gli specchi (di ottonelucidato) furono vietati dalla Chiesa in questo ambito ancheperché in grande uso presso gli infedeli Bulgari del Volga iquali, al contrario, vi vedevano invece un legame col mondoceleste!

Un'attività lavorativa in particolare va messa in evidenza qui:La tessitura. Noi sappiamo che è un'occupazione antichissima cheappare all'inizio della sedentarizzazione dell'uomo e, abbinatacon essa è la pianta tessile più antica conosciuta: il lino (Linumusitatissimum in russo ljòn).

Com'è perciò naturale ogni izbà aveva il suo telaio, piccolo ogrande. Il più diffuso nella Slavia era quello verticale che, subitodopo la trebbiatura, si montava e ci si metteva al lavoro insiemecon tutte le altre donne di casa. Era però compito dell'uomoripararlo, pulirlo e tenerlo in ordine prima e dopo averlo tiratogiù dal čerdak. L'apparecchio (il disegno qui sotto è tratto da una

cartolina museale con accanto i ricami dominanti nella campagnarussa) da cui si traevano i teli da usare in casa era sotto ilpatrocinio della dea slavo-russa Mokoš o Mokošà, impersonatasecondo i cristiani da santa Parascheva o santa del Venerdì e ognitessitura andava appunto interrotta il venerdì e ripresa illunedì.

Sui teli sotto forma di ricamo (benché raramente a impunturaperché era un lavoro troppo lungo da eseguire e senza lucesufficiente) con fili di diverso colore fra trama e ordito, ladonna di casa riusciva a disegnare figure mitologiche stilizzate aseconda della destinazione del telo stesso. Le Cronache del TempoPassato registrano inoltre la netta differenza, ad esempio,sull'aspetto dei teli “russi” e sulla loro qualità rispetto aquelli greci di Costantinopoli, ma non ne annota le particolaritàpittografiche o i disegni.

Era la stessa donna a coltivare in terreni separati vicino alfiume le piante tessili che usava: lino, canapa, prima di altre.Il lino non richiede terreni particolari e cresce quasi ovunquepurché gli si dedichi una costante cura affinché cresca abbastanzaalto da dare fibre lunghe e tenaci. Un po' prima che cominci farei frutti viene estratto dal terreno con le radici e mai tagliato(la falce è un arnese maschile!) affinché le fibre risultinoindenni da piegature e rotture. Dopodiché gli steli erano messi amacerare per qualche tempo finché le lunghe fibre si staccavano leune dalle altre. Per separare e scartare il collagene rimasto, lefibre erano scassate e pettinate e finalmente filate con i fusi

verticali tradizionali. Il fuso e il contrappeso di argilla erauno strumento sacro e poteva essere usato soltanto dalla sua primapadrona tanto che il contrappeso portava il segno il nome diquest'ultima. Il filo infine era raggomitolato sull'arcolaio. Ifili però richiedevano una colorazione con varie piante che sitrovavano nella foresta e la preparazione e l'ottenimento deicolori vegetali nel cui bagno il filato doveva essere immerso eraun lavoro complicato, lunghissimo e puzzolente.

In particolare è da ricordare la galla della quercia per il nero,colore degli abiti dei notabili tatari.

Ogni filato in colore era posto su un proprio arcolaio e daquesto in lunghezze tagliate fisse e con un pesino legato albandolo (se ne trovano moltissimi di questi pesini negli scavi!)si appendevano in un certo numero sul subbio superiore del telaioe rappresentavano l'ordito. Il resto del gomitolo costituiva latrama (o delle trame in colori diversi) e s'avvolgeva sulla suanavetta e quest'ultima, sebbene nella figura la trama si vederaccolta a lato senza navetta, era maneggiata solitamente dalleragazze aiutanti nella tessitura la donna di casa più anziana,vera operatrice del telaio.

La lana invece era importata dai nomadi e, non potendo usare lostesso telaio, l'unica tecnica (che comunque arriverà tardi nelsud della Pianura Russa) da applicare su questa fibra animale eraquella per fare il feltro il cui spessore e la cui delicatezza, sesi aveva perizia, risultava ottima per farne panni e coperte. Nonabbiamo trovato però notizie certe che tale lavoro fosse eseguitonelle campagne russe...

E che cosa si produceva sul telaio che servisse nell'izbà?Abiti confezionati e cuciti certamente no e cortine neppure

finché le finestre non si affermeranno e si diffonderanno.D'altronde a ben riflettere filare, tessere, cucire (che nonsempre voleva dire la stessa cosa che noi oggi intendiamo usandoago e filo) e mettere insieme i panni per farne un abito, unmantello o una stuoia erano lavori che assorbivano molto tempo equindi era più semplice ricorrere a bottoni e legacci o, se siriusciva a procurarsene, a fibbie di metallo e spilloni per tenereinsieme più teli.

Da quando era arrivato un prete e c'era una chiesa, il lavoro altelaio era aumentato di fatto e in certi casi si richiedeva lacollaborazione dell'intero villaggio per certi lavori. Con laChiesa però i disegni sui teli erano cambiati come pure i colorida usare poiché erano state introdotte numerose e complicateproibizioni “cristiane” sulla tessitura, sulle fibre tessili e suicolori. Non solo! Certi tessuti li tessevano gli stessi monaci

affinché non si profanasse la loro santità con mani femminili. Unesempio? La tessitura e il ricamo dell'antimension (russo antimìns)specie di tovaglia sacra usata per l'altare dei templi ortodossiera eseguita interamente dai monaci.

Ci siamo soffermati su questa industria domestica del linogiacché la richiesta di teli di questo materiale era enorme pressola gente di qualsiasi ceto per la biancheria di qualsiasi tipo eper quella intima specialmente. Un'attività così complicata nonpoteva tuttavia svolgersi nei podil o nei posad delle città-fortezzee raccogliere teli nella campagna rappresentò a lungo uno deicespiti primari del tributo che le élites slavo-russe esigevanodal mondo contadino e avere una tessitrice o un tessitore nel teremera una delle aspirazioni maggiori dei principi e dei notabili.

Un'altra attività femminile importantissima, stavolta però nondel tutto “estraibile dall'izbà” era e resta preparare il cibo. Nonsolo, ma anche pozioni e decotti o, perché no?, veleni eeccitanti. L'argomento “cucina” però è troppo vasto e articolatoper osare seppure riassumerlo e rimandiamo il lettore al nostroe.book Storia e Cucina nel Medioevo Russo. Noi qui aggiungiamo unicamenteche alla donna era riservata la ricerca delle piante medicinali(oltre a quelle tintorie) e che verso l'autunno a partire già dalSolstizio estivo era consuetudine vedere donne anziane e ragazzelungo i fossi chinarsi per strappare uno stelo o tagliare uncespuglietto da riporre nel proprio sacco a tracolla. Queste erbepoi venivano poste a seccare non nell'ovin, ma su o dietro la pečka.Secche erano poi tritate a mano per poterne fare infusi vari.Altrimenti detto, l'attività di erboristeria e la farmacognosiaerano prerogative femminili esclusive, come era ed è ancora nelresto dell'Europa.

Un'attività maschile che va menzionata di sfuggita resta invecela guerra che coinvolgeva i giovani di casa. Non esisteva unreclutamento volontario, ma uno coatto che diventò regolaresoltanto coi tataro-mongoli e con i loro censimenti e ripartizionimilitari. Negli altri casi, quando ce n'era bisogno, i ragazzivenivano cercati nei villaggi e talvolta catturati per esserelanciati in qualche razzia o battaglia campale. Per il dvor ciòcostituiva una sottrazione, dal punto di vista strettamentedomestico-economico, di forze senza alcun vantaggio o ritorno edunque una ragione in più per preferire la campagna alla societàdelle città-fortezze russe del tempo.

Di qui la nostra ricerca sull'abitazione potrebbe continuarenelle case di città e nelle fortezze, ma esorbiteremmo dagliintenti che ci siamo posti, se ne parlassimo, e quindi diamo soloqualche indicazione a riguardo.

La vita cittadina che si sviluppa fra il XIII e il XVI sec. d.C.infatti è molto diversa da un punto all'altro della Pianura Russa eper dare un'idea possiamo dire che nelle aree a dominazionecattolica sotto i Cavalieri Teutonici e affini o sotto le dinastielituano-polacche le città si trasformano lentamente in centriamministrativi e vi nasce la prima borghesia. Un'enorme influenzain senso cittadino-borghese ha pure l'Hansa baltico-tedesca suGrande Novgorod almeno fino al 1500 mentre resta variegata econfusa la situazione nelle steppe del sud dove la societàpatriarcale si consolida. Le etnie turche presenti incontrano quii mercanti (italiani per lo più), ma costoro sono interessati piùa costruire depositi e mercati coperti con grossi muri di cintache palazzi dove vivere e dal punto di vista culturale nontrasmettono molto vista la loro precarietà. Probabilmente sonoqueste relazioni interetniche ad aver dato all'etnia circassa lapossibilità di entrare nella storia come i Cosacchi e il lorostato, Sječ', nella seconda metà del XV sec. d.C.

Per il resto, dato che si considera convenzionalmente il nordestcome il centro di formazione dell'Impero Russo (e poi dell'URSS e dellaRussia moderna), rispetto alla capitale, Mosca, le altre città inquesta area non avranno alcun grosso ruolo politico-culturale dadiffondere nelle campagne ancora fino al XIX sec. d.C.

© 2014 di Aldo C. Marturano

Bibliografia

I lavori consultati su questo argomento sono un centinaio e in maggioranza inlingua russa. Chi fosse interessato può richiedermela o scaricarla dawww.academia.edu