Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

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Sicilia occidentale Studi, rassegne, ricerche a cura di Carmine Ampolo EDIZIONI DELLA NORMALE

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Sicilia occidentaleStudi, rassegne, ricerche

a cura di Carmine Ampolo

EDIZIONI DELLA NORMALE

AGGIUNGERE CODICE A BARRE

e 40,00

Gli studi sull’area elima e la Sicilia occidentale nell’antichità

sono per la Scuola Normale Superiore una tradizione ormai

consolidata. Questo volume, che si affianca a quello dedicato

al tema dell’agorà (Agora greca e agorai di Sicilia, 2012), offre

un quadro assai ricco delle più recenti ricerche archeologiche

e novità epigrafiche di un’area fortemente multiculturale e

multietnica.

Sono qui raccolti anche i risultati delle ricerche e delle attività

condotte dal Laboratorio di Scienze dell’Antichità della

Scuola Normale, integrati da un CD con i posters presentati in

occasione delle Settime Giornate Internazionali di Studi sull’area

elima e la Sicilia Occidentale.

SEMINARI E CONVEGNI

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Laboratorio di Scienzedell’Antichità

Redazione a cura di Chiara Michelini, Maria Adelaide Vaggioli

Il volume contiene:Atti delle settime giornate internazionali di studi sull’area elima e la Sicilia occidentale nel contesto mediterraneo Erice, 12-15 ottobre 2009Workshop «G. Nenci» diretto da Carmine AmpoloVol. II

Altri studi sulla Sicilia occidentale non presentati in tale occasione

Sicilia occidentale.Studi, rassegne, ricerche

a cura di Carmine Ampolo

EDIZIONI DELLA NORMALE

© 2012 Scuola Normale Superiore Pisaisbn 978-88-7642-451-9

Indice

Abbreviazioni ix

Rassegne e comunicazioni archeologiche ed epigrafiche

Rassegna d’archeologia: scavi nel territorio di Palermo (2007-2009)Francesca Spatafora 13

Palermo. Uno scavo d’emergenza nell’area di Piazza MarinaFrancesca Spatafora, Carla Aleo Nero, Lucio Calcagnile, Gianluca Quarta, Marisa D’Elia, Giuseppe Montana, Luciana Randazzo, Francesca Terranova 23

Un nuovo documento epigrafico da SoluntoAlba Maria Gabriella Calascibetta, Laura Di Leonardo 37

Scavi nella necropoli occidentale di Himera, il paesaggio e le tipologie funerarieStefano Vassallo, Matteo Valentino 49AppendiceAnforoni corinzi di età arcaica rinvenuti nelle necropoli di HimeraMatteo Valentino 59

Primi dati antropologici dalla necropoli occidentale di HimeraPier Francesco Fabbri, Norma Lo Noce, Serena Viva 73

Un graffito punico su anfora tardo-arcaica dalla necropoli di HimeraRossana De Simone 85

L’insediamento di Monte Presepio nella Valle del Fiume Torto: un comprensorio della chora di HimeraRosa Maria Cucco 87

Monte Iato: scavi 2007-2008Hans Peter Isler 91

Il teatro alto-ellenistico di Montagna dei Cavalli/IppanaStefano Vassallo, Donata Zirone 105

vi Indice

Il sito fortificato medievale del Castellaccio di CampofioritoRoberto Graditi, Stefano Vassallo 113

Contessa Entellina: foto aeree 1955-2000. Persistenze e mutamenti nel paesaggio naturale ed antropicoAlessio Arnese, Alessandro Corretti, Antonino Facella, Chiara Michelini, Maria Adelaide Vaggioli 121

Materiali fenici, punici e di tradizione punica da Rocca d’Entella (PA). Un bollo e due graffitiMariela Quartararo 129

Contessa Entellina (Palermo). Indicatori di attività siderurgica secondaria nel Medioevo da Entella e dal territorioAlessandro Corretti, Laura Chiarantini 137

I bolli sulla Terra Sigillata Italica dalle ricognizioni nel territorio comunale di Contessa EntellinaAurora Maccari 151

Dinamiche commerciali e di approvvigionamento ceramico nel territorio di Contessa Entellina in età imperiale e tardoantica: riflessioni preliminari su quattro siti-campioneAntonino Facella, Marianna Perna, Paola Puppo, Maria Adelaide Vaggioli, Donata Zirone 155

Attività della Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani: triennio 2007-2009Rossella Giglio Cerniglia 179

Scavi e restauri dell’Università di Roma ‘La Sapienza’ a Mozia, 2007-2009: il Tempio del Kothon, il Temenos Circolare, il Sacello di Astarte e il TofetLorenzo Nigro 207

Il restauro e la valorizzazione del tofet di MoziaRossella Giglio Cerniglia 219

Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008Rossella Giglio Cerniglia, Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio, Emanuele Canzonieri 225

Nuove Ricerche a Castellazzo di Poggioreale. Campagne 2008-2009Rossella Giglio Cerniglia, Gioacchino Falsone, Paola Sconzo 239

vii Indice

Monte d’Oro di Montelepre. La necropoli di Manico di Quarara. Nuovi datiGianclaudio Ferreri 251

Per un riesame della documentazione materiale dello scarico di Grotta Vanella a SegestaMonica de Cesare, Alfonsa Serra 261

Segesta. Agora: la stratigrafia dell’ala Ovest della stoaAngela Clara Infarinato 275

Le attività dell’Institute of Fine Arts - NYU sull’Acropoli di Selinunte (2006-2010)Clemente Marconi 279

La Soprintendenza del Mare alla ricerca del luogo esatto della Battaglia delle Egadi (241 a.C.)Sebastiano Tusa, Jeff Royal, Cecilia Albana Buccellato 287

Altre ricerche della Scuola Normale Superiore

Tyndaris: per uno status quaestionis sulle ipotesi di ubicazione dell’agora/foroMaria Ida Patrizia Gulletta 297

Per un’analisi della figura di Eracle in Sicilia: dal VII sec. a.C. all’età romana Michela De Bernardin 305

Il santuario e la dea di Erice: una vocazione politica?Beatrice Lietz 313

Ei[rgesqai ajgora`~: l’allontanamento degli omicidi dallo spazio pubblicoIrene Salvo 319

La colonisation grecque de la Sicile dans les fragments de Diodore Aude Cohen-Skalli 325

Presentazione di strumenti informatici

SNS-Greek & Latin 6.1 per Mac OS X SNS-Greek & Latin 2.1 per WindowsAntonella Russo 333

viii Indice

Mnamon: Portale delle Antiche Scritture del MediterraneoAntonella Russo, Anna Santoni 335

MNHMHS cARIN

Commemorazione di Vincenzo TusaHans Peter Isler 343

Vincenzo Tusa: un ricordo sempre vivoFrancesca Spatafora 345

Vincenzo TusaSebastiano Tusa 349

Illustrazioni 353

Allegato CD con posters

Abbreviazioni

Autori antichi

Sono state adottate, di norma, le abbreviazioni dell’Oxford Classical Dictionary, Oxford-New York 19963 o del dizionario di H.G. Liddell, R. Scott, Oxford 19689, e del Thesaurus Linguae Latinae. Index, ed. Teubner, Lipsiae 1904, ad eccezione dei seguenti casi: Apoll. Rhod., Diod., Demosth., Mythogr., Plato.

Opere generali

BÉ = Bulletin Épigraphique, in «Revue des Études Grecques».BMC = Catalogue of the Greek Coins in the British Museum.BTCGI = Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia e nelle

Isole Tirreniche (fondata da G. Nenci e G. Vallet, diretta da C. Ampolo), Pisa-Roma 1977-1994, Pisa-Roma-Napoli 1996-2012.

CIL = Corpus Inscriptionum Latinarum, Berlin 1863-CIS = Corpus Inscriptionum Semiticarum, Paris 1881-EAA = Enciclopedia dell’Arte Antica, Classica ed Orientale, Roma 1958-FGrHist = Die Fragmente der griechischen Historiker, Berlin 1923-ICO = M.G. Guzzo Amadasi, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in

Occidente, Roma 1967 (Studi Semitici, 28).ICret = M. Guarducci, Inscriptiones Creticae, I-IV, Roma 1935-1950.IG = Inscriptiones Graecae consilio et auctoritate Academiae Litterarum Regiae

Borussicae editae, Berolini 1873-IGDS = L. Dubois, Inscriptions grecques dialectales de Sicile: contribution à

l’étude du vocabulaire grec colonial, Rome 1989.IGRRP = R. Cagnat (a cura di), Inscriptiones graecae ad res romanas pertinentes,

I-IV, Parigi 1906-1927.IGUR = L. Moretti (a cura di), Inscriptiones Graecae Urbis Romae, Roma

1968-1990.ILAlg = Inscriptiones Latinae de l’Algerie, Paris-Alger 1922-ILS = H. Dessau, Inscriptiones Latinae Selectae, Berlin 1892-1916.LIMC = Lexicon Iconographicum Mythologie Classicae, Zürich-München 1981-LSCG = F. Sokolowski, Lois sacrées des cités grecques, Paris 1969.LSS = F. Sokolowski, Lois sacrées des cités grecques. Supplément, Paris 1962.RE = Paulys Real-Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft (neue

bearb.), Stuttgart-München 1893-1972.RIC = H. Mattingly, E.A. Sydenham and other, Roman Imperial Coinage,

1923-1967.SEG = Supplementum Epigraphicum Graecum, Leiden 1923-SNR = Sylloge Nummorum Romanorum.

x Abbreviazioni

Periodici

Sono state adottate, di norma, le abbreviazioni dell’Année Philologique, ad eccezione delle seguenti e dei titoli riportati per esteso:

AnnInst = Annali dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica.ArchMed = Archeologia Medievale.BCA Sicilia = Beni Culturali e Ambientali. Sicilia.BCSFLS = Bollettino del Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani.QuadAMessina = Quaderni dell’Istituto di Archeologia della Facoltà di Lettere

e Filosofia dell’Università di Messina.QuadMusSalinas = Quaderni del Museo Archeologico Regionale «A. Salinas».SicA = Sicilia Archeologica.

1. Premessa

Si presentano in questa sede i lavori di scavo ar-cheologico, finanziati dalla Comunità Europea, effet-tuati nel 2008 dalla Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Trapani, con la direzione di chi scrive, nell’area archeologica di Capo Boeo a Marsala, l’an-tica Lilibeo1 (fig. 339).

La campagna si inserisce, oltre che in un progetto di ricerca scientifica, in una complessa operazione culturale, iniziata nel 1999, che ha visto protagoni-ste numerose professionalità della Soprintendenza di Trapani.

Infatti il progetto2 ha previsto, dopo avere comple-tato gli espropri e recintato l’area, la riqualificazione dei luoghi e il restauro architettonico degli edifici esi-stenti, in una azione unitaria di tutela del patrimonio demaniale della Regione Siciliana3, propedeutica alla creazione del Parco Archeologico di Lilibeo: da set-tembre 2010 l’area è diventata Parco Archeologico e consegnata nella gestione amministrativa ad una nuo-va struttura creata dal Dipartimento dei Beni Cultura-li e dell’Identità Siciliana, dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana (fig. 340).

La campagna del 2008 ha interessato tre grandi set-tori dell’area e si è rivelata estremamente interessante per gli eccezionali ritrovamenti: in particolare, le for-tificazioni costiere, il decumano e l’edificio bizanti-no, l’area sacra dedicata ad Iside4.

L’organizzazione urbana dell’antica Lilibeo è or-mai nota nelle sue linee generali grazie alle molteplici ricerche archeologiche condotte nel centro storico di Marsala.

Le scoperte più consistenti provengono dalle sue necropoli5; altri interventi hanno documentato l’assetto urbano con le strade e gli isolati, delimita-ti, per il periodo più antico, dalle fortificazioni pu-niche, mura e fossato. Le strade, orientate in senso NordOvest-SudEst, si incrociano a 90°: il decumanus maximus è identificabile nelle attuali via XI Maggio e viale Vittorio Veneto; dal cardo maximus, che ricalca

in senso NordEst-SudOvest gli odierni viali Isonzo e Cesare Battisti, parte l’innesto con la strada conso-lareValeria, citata dal geografo greco Strabone nella sua Geographia (libro VI), che congiungeva Messina con Lilibeo (240 miglia)6 (fig. 341).

Ma, se la peculiarità che caratterizza il caso di Lili-beo/Marsala consiste nel fatto che tutta l’area urbana moderna ricade sul sito dell’antica città, la grande area antistante il promontorio di Capo Boeo ha co-stituito un elemento fondamentale per la program-mazione della ricerca, a partire dalla imposizione del vincolo a seguito delle note scoperte del 1939.

Oggi il Lungomare Boeo delimita 25 ettari di ter-reno per lo più incolto, che segue l’andamento della costa; sul lato Est, viale Isonzo, piazza della Vittoria e viale Cesare Battisti segnano una netta cesura con la città moderna, che si è espansa naturalmente a Nord-Est verso l’entroterra.

Le indagini sistematiche nell’area di Capo Boeo, con regolari campagne realizzate dal 1999 al 2008, hanno permesso di esaminare le dinamiche insedia-tive della città antica. Dall’impianto urbano ellenisti-co-romano, le attività edilizie si sviluppano e occupa-no sempre gli stessi spazi, trasformando il tessuto ur-bano almeno fino alla fine XII-terzo quarto XIII sec. d.C. Questi dati, che si presentano stratigraficamente con fenomeni di escavazione di fosse e accumuli di residui domestici, sembrano attestare, sia pure anco-ra in maniera embrionale, una continuità abitativa nell’area a NordOvest del cardo maximus, al di là del circuito delle mura ruggeriane7.

Dopo le indagini realizzate sul promontorio di Capo Boeo8 e le campagne di prospezioni9, in occa-sione dei lavori di riqualificazione urbana del viale Vittorio Veneto10, nell’estate del 1999 viene alla luce il primo cospicuo lembo della pavimentazione di una strada: si trattava del decumanus maximus, il cui percorso era già concretamente ipotizzato in corrispondenza dell’attuale viale Vittorio Veneto in direzione Est-Ovest, anche dalla ricerca storiografica precedente.

Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

226 Rossella Giglio Cerniglia, Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio, Emanuele Canzonieri

Le campagne di scavo sono state condotte nel 2002 (ulteriori tratti di pavimentazione del decumano, re-sti di abitato, tratti di fortificazioni puniche, numero-se tombe, fra cui le due tombe bizantine Tomba della Speranza e Tomba della Vita, VI sec. d.C.)11 e – dopo avere acquisito al demanio il resto dell’area e, nel maggio 2003, le due strade comunali (i viali Vitto-rio Veneto e Nazario Sauro) e realizzata la recinzione dell’area demaniale – nel 200412 (prosecuzione dello scavo nel viale Vittorio Veneto e verifica del versante occidentale del sistema delle fortificazioni) e nel 2005 (scavo nell’area della chiesa di San Giovanni, con il ritrovamento della statua della Venere Callipige)13.

Negli anni 2008-2009 si è svolto lo scavo archeolo-gico finanziato dalla Comunità europea nell’ambito del POR Sicilia14.

Sono state indagate tre aree15: la prima, dove un precedente intervento aveva documentato la presen-za delle fortificazioni costiere in linea con il tratto rimesso in luce alla fine dell’Ottocento16, ha portato alla scoperta di un accesso monumentale alla città dal porto. La struttura fortificata, eretta probabilmente durante la tarda età imperiale (metà-seconda metà del IV sec. d.C.), è costituita da un ‘braccio’ con due imponenti contrafforti17.

La seconda ha indagato quattro settori del decuma-no in cui sono stati messi in luce la prosecuzione del muro dell’edificio absidato e sette sepolture a cassa che in età tardoantica (VI sec. d.C.) hanno gradual-mente coperto le lastre del decumano alzandone l’o-riginaria quota di calpestio. Inoltre è stato verificato il fronte perimetrale Nord di un’insula e un incrocio che si affacciavano sul decumano.

Ma il ritrovamento finora unico nelle conoscenze della topografia lilibetana proviene dalla terza area, denominata Saggio VI, Area B, individuata nell’in-sula II.

È stato rimesso in luce infatti un grande comples-so cultuale dedicato a Iside, databile alla fine del II sec. d.C. (con fasi più antiche della fine del II sec. a.C.). Le strutture architettoniche e i depositi votivi si affiancano al ritrovamento della statua marmorea frammentaria, raffigurante una figura femminile a grandezza naturale.

Il rinvenimento di una iscrizione a caratteri greci su un frammento di colonnina marmorea ha per-messo di definire meglio il contesto archeologico18.

Rossella Giglio Cerniglia

2. Il decumano massimo di Lilibeo: osservazioni preliminari sullo sviluppo storico di una grande arteria urbana

In questo contributo viene presentata una sintesi dei dati conseguiti nel corso delle sei campagne di scavo realizzate sul viale Vittorio Veneto, a Marsala, fra il 1999 e il 2011 (fig. 342), svolte sotto l’egida della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani e connesse alla ricognizione geomagnetica, condotta tra il 1999 e il 2001, all’interno dell’attuale Parco Archeologico del Capo Boeo19.

Il primo intervento di scavo, effettuato nel 1999 sul ciglio meridionale del viale, aveva messo in luce al-cune lastre del basolato appartenenti alla carreggiata del decumano massimo e, contestualmente, tracce pavimentali in terra battuta di un cardo che s’immet-teva ortogonalmente, da Sud, sull’asse stradale prin-cipale; nel settore ad Ovest del cardo furono rinvenu-te due tombe a lastre litiche di calcarenite, orientate in senso Est-Ovest20.

Nel 200221 fu realizzato l’allargamento del prece-dente saggio realizzato nel 1999 e altri due saggi (I e II), posizionati nel settore centrale del viale, sono stati ubicati all’interno della griglia urbana antica in corrispondenza degli incroci individuati dall’inter-sezione di due cardines con il decumano massimo, secondo i risultati della magnetometria22; fu, altresì, scavato un terzo saggio all’estremità orientale del via-le Vittorio Veneto in direzione del mare. Nei tre set-tori indagati vennero esposti ampi tratti del lastricato romano, resti di strutture abitative lungo il margine meridionale e, in particolare nei saggi I e II, vennero individuate aree cimiteriali con sepolture di inumati deposti entro casse litiche.

Negli anni 2003 e 2004 ulteriori ampliamenti di scavo eseguiti all’interno dei saggi I e II permisero di mettere in luce un altro tratto del lastricato e di intervenire, grazie all’ausilio dell’indagine antropo-logica, anche sui contesti tombali rinvenuti durante le precedenti campagne23.

Le indagini svolte nel 2008 furono concentrate prevalentemente nel settore occidentale del saggio I e portarono al rinvenimento di una ulteriore porzio-ne dell’asse stradale e di elementi strutturali relativi all’impianto dell’abitato di età romana.

Tra il 2010 e il 2011, una nuova indagine ha per-messo di unificare i saggi I e II e procedere con un allargamento verso il fronte orientale di Viale Vitto-

227 Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

rio Veneto, liberando dagli strati di asfalto e dall’hu-mus un altro cospicuo tratto del lastricato romano e le strutture ad esso prospicienti lungo il margine meridionale.

Allo stato attuale delle ricerche, le unità strutturali macroscopiche messe in luce riguardano24:

– l’asse viario identificato dalla storia degli studi su Lilibeo25 come decumanus maximus, corrisponden-te all’attuale viale XI Maggio, nel centro urbano di Marsala, e al viale Vittorio Veneto, quale prosecu-zione nel settore dell’area archeologica prospiciente il Capo Boeo;

– le unità abitative in relazione con il decumano e a questo connesse;

– le strutture relative alla fase tardoantica, bizanti-na e medievale.

Gli elementi significativi risalenti alle fasi più anti-che di frequentazione dell’area, sulla scorta di quan-to finora documentato, sono emersi solo in sezione all’interno di fosse (fig. 347); si tratta di strati di terra battuta e compatta, costituiti da sabbia di calcare-nite giallastra, durissimi, privi di inclusi, riferibili a percorsi stradali sottostanti il decumano massimo e da identificare con i più antichi livelli stradali punici che precedono, sul medesimo percorso, il lastricato romano, posto in opera, secondo i dati stratigrafici, dopo una fase di ristrutturazione urbanistica26.

L’asse viario – convenzionalmente riferito al de-cumano massimo della città romana – è realizzato, nella sua fase d’impianto, in età tardo-repubblicana, con lastre rettangolari di calcare duro, biancastro, ai cui margini corrono due canalette realizzate in opus spicatum, larghe m 0,60; inoltre, su entrambi i lati, due marciapiedi, larghi circa m 1,50, separano l’asse stradale dalla fronte degli isolati27 (figg. 344-346).

La monumentalizzazione del decumano massimo significò per Lilibeo un elemento di discontinuità ur-banistica rispetto alla fase precedente, come attesta l’iscrizione pubblica commemorativa incisa sul la-stricato in posizione centrale, rispetto all’intero trat-to riportato alla luce, e messa in risalto da lettere in bronzo fissate con il piombo. Per quanto l’iscrizione sia lacunosa – ora è visibile solo il cavo per l’alletta-mento delle lettere mentre si conserva, in situ, solo un segno di interpunzione – è stato, tuttavia, possi-bile ricostruire la funzione ricoperta da un pr(aetor) desig(natus) (fig. 349), magistrato di cui non ci è an-cora noto il nome, ma che sarebbe da ricercare, come suggerisce Marina Silvestrini28, fra i personaggi della

cerchia di Sesto Pompeo negli anni del suo controllo sulla Sicilia; tale magistrato avrebbe, pertanto, con-tribuito, grazie alle sanzioni pecuniarie, alla sistema-zione dell’asse viario.

Sul decumano s’innestano ortogonalmente, a Sud, tre cardines, assi stradali in terra battuta, provviso-riamente definiti – da Est ad Ovest – ‘A’, ‘B’e ‘C’, (fig. 343)29 che delimitano la fronte di due isolati larghi, rispettivamente da Est ad Ovest, m 30,69 e m 15,43: tali misure non corrispondono a quelle supposte da Schmiedt sessanta anni fa30 e inseriscono nel dibat-tito sulla configurazione urbana di Lilibeo elementi più diversificati e, verosimilmente, più empirici nel contesto di una griglia teorica mai effettivamente ve-rificata sul terreno e di cui, ad oggi, ci sfuggono in massima parte le persistenze o le trasformazioni nel passaggio dall’età punica a quella romana31.

A Lilibeo, l’esempio più noto relativo alla viabilità della città romana è l’incrocio che delimita l’angolo NordEst dell’insula I di Capo Boeo (fig. 348); qui, le lastre, differenziandosi nettamente da quelle del decumano massimo, appaiono tutte ben squadrate, scabre e poco levigate, collocate, apparentemente, nell’ambito di interventi edilizi legati ad una fase di monumentalizzazione dell’area, collocabile nel IV secolo d.C.32. Altre porzioni di lastricati stradali lilibetani provengono, ancora, dal Parco del Boeo e dall’attuale centro storico33.

In età imperiale si può verosimilmente collocare una delle più significative trasformazioni dell’assetto urbanistico del decumano, documentata da un insie-me di interventi e modifiche strutturali sia all’interno delle insulae sia lungo gli stessi assi viari.

La sistemazione stradale dell’asse principale pre-vede la realizzazione di un nuovo marciapiede con l’alzata foderata di lastre di calcare, l’inserimento di strutture idrauliche e piani in opus spicatum sulla carreggiata nel settore di fronte all’insula VI, nonché l’impianto di pilastri monumentali, realizzati con blocchi isodomi di grandi dimensioni34, collocati agli angoli dell’innesto del decumano con il cardo ‘C’ (fig. 350). Tale incrocio sembrerebbe svolgere in questo periodo una funzione rilevante nella viabilità urba-na del Lilibeo; lo testimoniano, infatti, sia l’ampiezza dello snodo stradale così concepito, sia gli appresta-menti architettonici ad esso collegati, sia, infine, la presenza di un gigantesco collettore a doppia cana-lizzazione che corre al di sotto del cardine ‘C’, se-guendone, almeno in questo tratto, lo stesso percor-

228 Rossella Giglio Cerniglia, Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio, Emanuele Canzonieri

so (figg. 351-352). In corrispondenza dell’attraversa-mento del decumano, la copertura della doppia ca-nalizzazione della struttura fognaria ha reso necessa-rio l’innalzamento dell’originario livello di calpestio della carreggiata, comportando così la costruzione di una sorta di dosso percorribile grazie ad un sistema a gradoni rivestito da lastre di calcare, soprattutto di reimpiego. Infatti, sul piano rialzato, così impostato sulla copertura del collettore, vengono anche utiliz-zate due lastre iscritte, inserite di piatto fra le spallette dei due canali (fig. 355); si tratta di un cippo di età adrianea che restituisce il nome del liberto Publius Stertinius Threptus cui si deve la lastricatura, a pro-prie spese, di una platiam Aeliam35, ed un’epigrafe onoraria, databile alla fine del II-inizi III secolo d.C., dedicata ad un Marco Rubellino36 (figg. 353, 354).

Il collettore confluisce in un unico condotto a Sud dell’incrocio, dopo aver raccolto sia le acque meteo-riche provenienti dal lastricato, sia gli scarichi che giungono, verosimilmente, da edifici di una certa rilevanza monumentale, posti a NordEst tra il decu-mano e l’area delle insulae I, II, III del Boeo: il siste-ma fognario, infatti, è inserito esattamente sulla di-rettrice del cardo su cui prospettano, più a Nord, i tre isolati rinvenuti dalla Bovio Marconi e dalla Bisi37.

Per tutto il IV secolo una continuità insediativa di questo settore della città è documentata da una serie di attività che provano sia l’utilizzo degli spazi abi-tativi all’interno degli isolati sia la frequentazione del decumano. Un primo parziale abbandono degli edifici e dell’asse stradale si colloca verso la fine del IV e gli inizi del V secolo d.C.38, mentre la definitiva dismissione del collettore avviene solo alla fine del VI secolo39.

I primi segni di una de-funzionalizzazione del de-cumano come asse viario principale della città, che in questo periodo, comunque, continua ad essere percorso e frequentato, sono documentati da inter-venti di asportazione e ricollocazione delle lastre con conseguente parziale smantellamento dell’iscrizione pubblica del pr(aetor) desig(natus). Nell’ambito di queste trasformazioni avviene anche il restringimen-to della carreggiata stradale mediante la costruzione di un muro inserito lungo il ciglio meridionale del lastricato40 (fig. 356). Tali attività sono da mettere in relazione con un importante cambiamento di de-stinazione d’uso del settore corrispondente al tratto centrale dell’asse stradale che, in questa fase, viene verosimilmente trasformato in spazio sacro ed uti-

lizzato come sepolcreto. Infatti, sulla superficie di alcune lastre vengono bocciardate a rilievo molto basso delle croci inscritte in cerchi o in quadrati, ad indicare la presenza di sepolture ad inumazione al di sotto del basolato oppure, forse, a segnalare percor-si privilegiati all’interno di spazi circoscritti in cui si comincia a configurare una nuova realtà insediativa a carattere religioso41.

È da collocare in questa fase, infatti, l’impianto di una piccola struttura absidata, ad uso funerario, ricavata nella crepidine meridionale del decumano, presso l’angolo orientale dell’incrocio con il cardine ‘A’ (fig. 357). All’interno di questa struttura, orienta-ta Est-Ovest e realizzata con filari di blocchetti di cal-carenite e materiale di reimpiego, trovano posto due tombe a cassa, accuratamente intonacate all’interno e decorate con iscrizioni dipinte con invocazioni alla croce come simbolo di salvazione e protezione dal demonio per i defunti. Tali iscrizioni, recentemen-te studiate da Attilio Mastino42, rappresentano una delle più importanti testimonianze epigrafiche della storia del cristianesimo bizantino in Sicilia.

La definitiva destinazione ad uso cimiteriale dell’a-rea si attesta nel corso del VI secolo e perdura fino agli inizi del secolo successivo; sugli strati di terra e macerie che hanno obliterato progressivamente il decumano e le insulae43 e che hanno determinato un innalzamento delle quote di calpestio vengono depo-ste, per lo più lungo il tracciato del decumano, tombe a cassa litica con coperture a lastre, secondo una ti-pologia ben attestata a Marsala44.

In questo stesso periodo, di fronte all’insula V è te-stimoniata la costruzione di una sorta di ‘aula absida-ta’, realizzata all’interno dello spazio residuo relativo alla carreggiata del decumano: di questa si conserva-no pochi resti della fondazione, realizzata con scapoli di calcarenite ed orientata secondo l’asse stradale con l’abside rivolta ad Ovest (fig. 356).

Nell’ambito della necropoli, le tombe riportate alla luce finora sono 43, di cui 36 costituite da casse rea-lizzate con blocchi di calcare e lastre di copertura per lo più reimpiegate; 6 sepolture sono caratterizzate da semplici fosse con le estremità delimitate da la-stre poste di taglio e le pareti rinforzate da frammenti di calcare e cocci ed, infine, una sepoltura infantile è entro anfora45 (figg. 358-360). Di esse solo 9 sono state oggetto di uno scavo antropologico condotto nel 200346. Particolare interesse ha rivelato lo scavo di una delle tombe rinvenute nel settore orientale

229 Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

dell’area indagata; si tratta di una sepoltura a cassa47 (fig. 361) al cui interno sono state rinvenute sei de-posizioni di inumati ed un corredo caratterizzato da bottiglie ed anforette di ceramica comune che trova-no confronto con esemplari provenienti da corredi tombali dell’Italia meridionale e della Sicilia, datati tra gli ultimi decenni del VI e la prima metà del VII secolo d.C.48.

A partire da questa data le tracce di frequentazione sono più labili o del tutto assenti, almeno fino ai se-coli XII-XIII d.C., secondo quanto registrano i mate-riali rinvenuti in punti circoscritti dello scavo.

In età medievale la continuità insediativa del sito è documentata dalla presenza di alcuni pozzi scavati lungo l’asse del decumano e all’interno dell’insula V, nonché da sporadiche strutture rinvenute nel setto-re sud-orientale, a ridosso del cardo ‘A’. Tali muri, disposti ortogonalmente fra loro, con un andamen-to che declina leggermente verso Est rispetto all’im-pianto urbanistico romano, sono realizzati a doppio paramento con impiego di blocchetti irregolari in calcare ed elementi strutturali di riuso, fra cui soglie e ortostati di calcarenite, oltre a lacerti di pavimento in cocciopesto e mosaico. Tali strutture sembrerebbero delimitare nuovi spazi abitativi, creati in parte sui li-velli di obliterazione del cardo ‘A’ e degli edifici che prospettavano su di esso nel corso delle precedenti fasi edilizie49.

Nell’inconsistenza dei dati archeologici noti, rela-tivi alla fase medievale di Marsala50, la nuova docu-mentazione del Parco Archeologico del Boeo testi-monia una più complessa e, verosimilmente, una più diffusa frequentazione anche in questo periodo, con attività ancora centrate nell’ambito di nodi topogra-fici la cui rilevanza per la struttura urbana resta inal-terata attraverso i secoli.

Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio

3. Marsala, Parco-Area B, Saggio VI. Lo scavo del santuario. Notizie preliminari

L’intervento che di seguito si descrive prende av-vio dalle indagini archeologiche eseguite tra i mesi di febbraio ed ottobre del 2008 sotto il coordinamento scientifico della dott. R. Giglio, Dirigente della So-printendenza di Trapani, Servizio per i Beni Archeo-

logici, nell’ambito dei «lavori di scavo archeologico e studio delle Insulae dell’area archeologica di Capo Boeo». Il saggio VI è ubicato all’interno dell’area B del Parco Archeologico (fig. 362), in corrispondenza del limite nord-orientale della vasta area in cui una lunga serie di precedenti indagini ha posto parzial-mente in luce le strutture dell’Insula I e dell’Insula II (fig. 366). Il margine orientale dell’area in cui si è ef-fettuata l’indagine è attualmente delimitato dalla re-cinzione che costeggia la via Piave. Tra il limite delle precedenti indagini e questo margine si delinea così uno spazio trapezoidale che coincide con l’area di mira dell’ex poligono di tiro a segno. L’attuale settore di scavo costituisce quindi, entro i limiti su descritti, un’ampia estensione verso Nord di una campagna di scavi eseguita nel 1988, riportati in luce nel 2007 da un intervento di pulizia (fig. 367). L’area di scavo ri-copre uno spazio a pianta trapezoidale (m 26 x 24), estendendosi per una superficie di circa 500 m2 (fig. 368). Lungo il limite meridionale di questo ampio settore d’indagine, l’intervento ha consentito anche di effettuare alcuni approfondimenti stratigrafici re-lativi ad alcune strutture poste in luce nel corso delle ricerche precedenti.

Da un punto di vista generale, si è potuto verificare che il sedimento archeologico presente in quest’area ha una profondità complessiva esigua rispetto al pia-no di campagna, essendosi già nel tratto superficiale documentate strutture relative alle fasi tardo-antiche ed alto-medievali.

La meno rappresentata di esse è relativa ad un si-los, probabilmente destinato alla conservazione di derrate, colmato definitivamente in età islamica51 (US 105, fig. 369) e che, mediante un netto taglio coincidente con struttura muraria realizzata in opera incerta legata con terra, incide sino alla quota delle fondazioni l’angolo settentrionale di un’aula rettan-golare pavimentata a mosaico, individuata nella pla-nimetria come U.E. ‘B’ (fig. 363). Questa sporadica testimonianza di età pre-normanna sembra inserita in un quadro di occupazione non stabile, alquanto rarefatto, molto probabilmente relativo ad un uso dell’area destinato ad attività agricole od orticole.

Per quanto concerne l’altra fase affiorante, quella tardo-antica, essa è numericamente più corposa e testimoniata già alla quota del piano di campagna dall’affioramento di alcune tombe entro cassa. La di-stribuzione delle tombe delinea un quadro abbastan-za denso, con concentrazioni in corrispondenza dei

230 Rossella Giglio Cerniglia, Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio, Emanuele Canzonieri

residui di strutture murarie più antiche. Il dato sem-bra significativo, dal momento che la maggior parte delle spalle e delle coperture delle tombe è realizzata con elementi di reimpiego, prelevati direttamente dai vetusti affioramenti ad una quota mediamente più profonda di 30 cm rispetto a quella attuale.

Il periodo successivo alla fase alto-medievale, in-terpretabile come un abbandono pressoché totale, vede frequentazioni prevalentemente destinate a pa-scolo, permanendo l’assenza di occupazioni stabili.

Nel setto stratigrafico sigillato dallo spianamento e dalle spoliazioni relative alle tombe che di seguito si descriveranno, si è rilevato un contesto stratigrafico articolato in una serie di strutture murarie, di accu-muli e di livelli pavimentali riferibili a destinazioni d’uso e fasi cronologiche diverse. L’arco cronologico in cui si dispiega il susseguirsi delle varie fasi che di seguito illustreremo va dall’età repubblicana (II sec. a.C.) al periodo tardo-imperiale, con momenti di vita significativi nel II e nel III secolo d.C. Ad un periodo di abbandono susseguente alcune rioccupazioni do-cumentate nel IV secolo, segue come si è accennato la fase cimiteriale di V secolo.

Da un punto di vista generale, il gruppo più impo-nente dei rinvenimenti è pertinente ad un gruppo di strutture dislocate nella fascia orientale dello scavo, appartenente ad un complesso cultuale che rimase in vita sino al III secolo d.C. (fig. 370).

Partendo dalle fasi più recenti, oltre a quella medie-vale già velocemente delineata, si pone in evidenza una fase di sepolture di età tardo-antica sparse in tut-ta l’area di scavo ed orientate univocamente in senso NordOvest-SudEst. Le tombe individuate all’interno dell’area di scavo sono nove, tutte monosome, cin-que delle quali sono state ispezionate (fig. 368).

La copertura ricorrente è a lastre litiche, molte delle quali provenienti da spoliazione di strutture più antiche. La cassa è realizzata con conci e lastre di varia forma e misura, accostate senza legante. Il fondo è in terra oppure coincidente con la copertura di tombe più profonde. Il dato evidenzierebbe una lunga frequentazione della necropoli, anche se stati-sticamente non ricorrente. Frequente l’accostamento di due tombe parallele, che soltanto una futura inda-gine antropologica potrà attribuire ad eventuali lega-mi parentali. L’inumato è sempre posto in posizione supina e con il capo all’estremità occidentale della cassa (fig. 371). Assenti in tutte le tombe ispezionate elementi di corredo.

In aderenza con la lastra di copertura della tomba 1004 è stata rinvenuta una moneta databile agli anni di Anastasio I (fine V secolo d.C.) (fig. 372).

Tutte le sepolture si impostano su un livello pia-neggiante derivante dallo spianamento di accumu-li e, come si è detto, dalla spoliazione di numerose strutture residuali attribuibili ad una fase databile tra il II ed il III secolo d.C.

Tale fase, le cui strutture più importanti sono ri-feribili ad un complesso dedicato al culto isiaco ed in generale volto al sincretismo religioso di origine orientale, coincide per la gran parte con una sequen-za di tre unità edilizie poste ad una quota eminente rispetto alle strutture murarie rinvenute nello spazio circostante. (fig. 364).

L’intera configurazione planimetrica del complesso non è ancora stata completamente definita, essendo al momento riconducibile a questi tre corpi di fabbri-ca aventi pianta rettangolare e derivanti anch’essi da una sovrapposizione di fasi edilizie differenti. Questi ambienti posti in sequenza si distinguono dalle altre unità edilizie poste in luce nello scavo per essere si-tuati ad una quota eminente.

Il salto di quota che fa emergere il complesso cul-tuale è sottolineato ad Ovest da una lunga struttura muraria rivestita con malta impermeabile (un finis-simo cocciopesto) ed avente il profilo superiore ar-rotondato (fig. 373). Questa struttura, attualmente in posizione di collasso verso Ovest, era sorretta con ogni probabilità da un muro poderoso che si dispone parallelamente al fronte occidentale del complesso e che, in questo tratto, ha subito una quasi completa spoliazione. Questa struttura ha come caratteristica distintiva il rivestimento impermeabile e copre un labile residuo di pavimento in opus signinum, attri-buibile quindi ad una fase più antica. L’estremità set-tentrionale del muro è conservata per un brevissimo tratto nella posizione verticale, consentendo quindi la lettura dell’intera disposizione planimetrica.

A Nord il complesso è delimitato da una strada (larghezza 4 m) (fig. 365),regolarmente pendente verso il mare e parallela al decumano massimo, il cui tracciato si inserisce perfettamente nella griglia stradale già da anni oggetto di studi e ricostruzioni52. Altri tratti della medesima strada sono stati in prece-denza riportati in luce lungo il margine della domus con scene venatorie sui pavimenti (insula I) e, in ul-timo, lungo la sezione settentrionale della via Piave.

Dell’intero complesso cultuale sono dunque noti i

231 Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

margini settentrionale, con la strada, e quello occi-dentale, mentre rimane da indagare lo sviluppo pla-nimetrico nelle altre direzioni.

Partendo dal limite meridionale del saggio, con particolare riferimento alla fascia di terreno lasciata in situ nel corso dello scavo 1988, che qui si è in par-te indagata, l’elemento più evidente è costituito dai resti monumentali di una struttura (C.F. ‘A’) a grossi blocchi isodomi (fig. 374), posta immediatamente a SudOvest rispetto all’aula ‘B’. Le strutture murarie configurano un recinto rettangolare partito all’in-terno in tre ambienti regolari: due affiancati sul lato Est, uno allungato e perpendicolare sul lato Ovest. La tessitura dei filari e le caratteristiche tecniche degli elementi che compongono le strutture murarie con-sentono l’identificazione di almeno due fasi edilizie.

L’aula centrale del complesso (C.F. ‘B’), (fig. 375) è pavimentata con un tappeto musivo a decorazione policroma (fig. 377), avente pianta rettangolare (m 7,80 x 12,20) e podio posto al centro del lato breve orientale. Una soglia, documentata nel corso dell’in-tervento precedente, si apre al centro del lato lungo meridionale. I motivi decorativi sono geometrici, con una suddivisione in scomparti in cui ricorre il motivo del rombo, del quadrato e delle losanghe rettangolari. Le tessere hanno in media il lato di 1 cm, riconoscendosi in più punti interventi di rattop-po rea lizzati con tessere di dimensioni leggermente maggiori.

All’ultimo periodo di vita della fase pavimentale in questione, forse ascrivibile al IV secolo, apparter-rebbero numerosi interventi di risarcitura e rattop-po, realizzati con lastrine marmoree provenienti da precedenti rivestimenti di pregiata fattura (fig. 378). Non si esclude che tali rivestimenti policromi, in cui si distinguono tonalità verdi ed azzurre, potessero appartenere all’apparato decorativo del santuario isiaco.

Nel settore orientale dell’aula, lungo il margine di scavo che è stato a più riprese ampliato, sono stati rinvenuti in strati di accumulo numerosi frammenti di statue in marmo ed iscrizioni, alcune delle quali riferibili al culto di Iside: si segnala un frammento di statuina stante, in pietra arenaria, con fascia ricaden-te sul fianco sinistro (fig. 379), che presenta tratti di confronto con il noto manico in osso esposto presso il Baglio Anselmi ed attribuito alla figura di Isis-Ty-che. Un secondo frammento in calcarenite compatta, di grosse dimensioni (fig. 380), sembrerebbe riferibi-

le al vertice di una vela in tensione e quindi anch’esso rientrante nel repertorio iconografico isiaco nell’ac-cezione della protezione dei naviganti. All’universo sincretico rappresentato dal culto isiaco potrebbe es-sere attribuito anche una piccola testa in marmo mi-crocristallino, probabilmente raffigurante un fauno o un satiro (fig. 381). L’elemento più importante fra i rinvenimenti sinora effettuati è il tronco a grandez-za naturale di una statua femminile in marmo (fig. 382), già esposto provvisoriamente presso il Museo ‘Baglio Anselmi’. Alla statua apparterrebbero alcuni frammenti, fra cui i piedi, la mano sinistra ed altri elementi del panneggio (fig. 384).

3.1. La statuaLa statua marmorea è stata rinvenuta lungo il

muro breve orientale, all’interno di un accumulo po-sto al di sopra della fondazione. La posizione del ma-nufatto al momento del rinvenimento è con il torso inclinato verso il basso, immediatamente a contatto con un accumulo di tegole che in parte poggia diret-tamente sul pavimento a mosaico (fig. 383).

Il manufatto è conservato solamente per la parte del torso, dalle spalle sino alla zona del bacino. Un fitto panneggio, con caratteristiche simmetriche ai lati del corpo, discende dalla spalla destra cui è fissa-to grazie ad una fibula rotonda. La figura femminile è caratterizzata dalla presenza di un intreccio mol-lemente reso all’incrocio dei seni. Sull’avambraccio sinistro, piegato, rimonta una grossa piega di tessuto. La parte retrostante è grossolanamente trattata, non essendo il manufatto destinato alla visione circolare, ma soltanto a quella frontale. Ad una prima visione della statua, sembrerebbe che i connotati iconografi-ci la accostino alla versione di Iside-Fortuna.

L’importante manufatto reca i segni di una rottura volontaria, cui avrebbe fatto seguito uno spargimen-to dei resti, come dimostra la mappa di distribuzione dei frammenti che ad essa appartengono.

Sempre a culti orientali potrebbero riferirsi alcuni frammenti di panneggio in marmo grigio scuro ed un volto barbuto in marmo bianco (figg. 386-387), confrontabile con l’iconografia di Serapide53. Altri elementi pertinenti alla presenza di un Iseum e di un Serapeum sono un frammento di mano reggente la cornucopia (fig. 388) ed una lucerna a volute raffigu-rante un coccodrillo al fiume (fig. 390).

L’esistenza del santuario è però corroborata da un significativo frammento di colonnina marmorea re-

232 Rossella Giglio Cerniglia, Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio, Emanuele Canzonieri

cante una iscrizione a caratteri greci nella quale è ci-tata la «dea dai mille nomi» (fig. 391). Il manufatto, grazie alla segnalazione della dott. P. Toti, combacia perfettamente con un frammento conservato presso il museo di Mozia, e doveva essere collocato al mar-gine di una probabile nicchia votiva54.

Tutti gli strati documentati a contatto con il tap-peto musivo hanno una formazione databile all’età tardo-antica (secoli IV-V), come confermato da nu-merosi rinvenimenti numismatici. Il dato cronologi-co conferma che i reperti sopra velocemente elencati sono in giacitura secondaria, non essendo possibile determinarne l’esatta collocazione originaria.

Immediatamente a Nord rispetto all’aula a mo-saico è ubicato un ambiente (C.F. ‘C’) a pianta qua-drangolare (estensione massima m 6,25 x 6,85) re-cante una pavimentazione in opus spicatum (US 110) conservata per larghi lembi (fig. 376). Il pavimento si adatta al profilo di un basamento posto al centro del vano (USM 1038), di cui rimane in opera solamente la fondazione e che contiene alcuni conci di riuso. Anche questo residuo potrebbe essere legato ad un altare o basamento. Tale pavimento copre, con una relativa sedimentazione sigillata, un pavimento più antico realizzato in opus signinum. Su di esso e lungo il margine meridionale dell’ambiente si impostano ad intervalli regolari tre basamenti, anch’essi realiz-zati con elementi di reimpiego, che sorreggevano con ogni probabilità altrettanti elementi architettonici, forse delle lesene.

Lungo il lato occidentale del vano, il pavimento a mattoncini copre un residuo di struttura muraria più antica, riferibile all’età tardo-ellenistica (II secolo a.C.). Essa conserva in un tratto un frammento di stipite intonacato sagomato a riquadri incassati.

Per quanto concerne il limite occidentale del com-plesso, occorre rilevare che l’ambiente a pianta allun-gata delimitato ad Ovest dalla spalla impermeabile sopra velocemente descritta si estende a Sud oltre i limiti del nostro scavo, non essendo quindi possibi-le definirne l’intera estensione. Il tratto riportato in luce è suddiviso, con riferimento alla fase tardo-an-tica, in quattro vani grazie a muri realizzati con tec-nica povera che poggiano direttamente sul fondo in cocciopesto e tessere bianche. La funzione di questo alto bordo con sommità arrotondata potrebbe essere legata all’acqua.

La datazione dei materiali posti a contatto con tale fondo permette di datare la cessazione della fase più

antica all’età augustea (I secolo d.C.), quando anche un canale parallelo al muro Nord-Sud viene ricolma-to definitivamente (fig. 389).

Alla fase più antica del culto sono riferibili alcune fosse votive (fig. 392), contenenti, oltre a numerose lucerne, resti di combustione, tra cui si segnalano bucce di pinoli e noccioli di pesche. Questo dato sug-gerirebbe quindi che la ritualità avesse una ricorren-za estiva. Con riferimento alle offerte votive, si segna-la inoltre il rinvenimento di un’ampia fossa (US 131) contenente 468 lucerne comuni, posta nello spazio antistante il corpo di fabbrica ‘C’ (fig. 393). La de-posizione è avvenuta in quattro momenti ravvicinati, come testimoniano i quattro livelli distinti nel corso dello scavo.

Tutta la zona centrale del saggio VI (fig. 395) è in-teressata da un vasto intervento di spoliazione che, prima della fase cimiteriale del V secolo d.C., ha di fatto asportato lunghi tratti di muri. Di essi sono ri-masti in situ solamente i cavi di fondazione che, in negativo, disegnano il loro andamento. La parte set-tentrionale dell’ambiente ‘C’ doveva essere delimita-ta da un muro poderoso (cavo di fondazione largo oltre 1 m) fondato direttamente sul banco calcare-nitico. Questo muro separa l’ambiente in questione e l’intero complesso cultuale dalla strada che è stata rinvenuta immediatamente a Nord.

La gran parte degli interventi di spoliazione ha coinvolto strutture appartenenti alla fase di età re-pubblicana (II secolo a.C.), cui sono da riferirsi nu-merosi rinvenimenti numismatici e ceramici in gia-citura secondaria.

Alla fase in questione appartiene un gruppo di strutture murarie e livelli di calpestio riferibili ad am-bienti abitativi. La distribuzione di tali ambienti, po-sti tutti a Sud rispetto alla strada, si inserisce in una maglia regolare di tipo ortogonale.

Partendo da Nord, il primo vano presenta al cen-tro un diaframma murario sottile nel quale sono in-globate almeno quattro canne di riscaldamento fittili (tubuli) alimentate da un sistema ipocausto, come dimostrano le aperture poste al di sotto della quota pavimentale (fig. 394).

Sul lato orientale del vano, lungo il muro che cinge la zona di culto, un altro largo canale con spalle in mattoni testimonia come al di sotto del pavimento fossero in uso impianti per il riscaldamento e per le funzionalità idriche e fognarie del complesso abita-tivo.

233 Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

Lungo il lato settentrionale dell’ambiente, all’in-terno di uno strato di formazione tarda (US 108), che copre la strada e che a sua volta è coperto da una tomba di V secolo, è stata rinvenuta una lastra lapidea interamente ricomponibile (due frammenti combacianti) e recante una importante iscrizione a lettere capitali. L’iscrizione recita: COLONIA SEP-TIMIAE AUGUSTAE AGRIGENTINORUM (fig. 385).

Ad Ovest, invece, è stato rinvenuto per un’esten-sione parziale un tratto di un ambiente ipocausto in cui si conservano alcune suspensurae quadrate (fig. 396).

Proseguendo verso Sud, si sono riportati in luce altri due ambienti che si dispiegano in sequenza lungo il limite occidentale della zona eminente. An-che in questi ambienti, a pianta quadrata, un mas-siccio intervento di spoliazione ha rimosso gran parte dei muri che li delimitavano, rimanendo in situ solamente le trincee di fondazione. I pavimenti sono realizzati in cocciopesto ed in graniglia bianca (fig. 397).

Emanuele Canzonieri

1 Da ultimo, si veda: Giglio 2010.2 Per la rassegna dei lavori, si veda: Ead. c.d.s. a. 3 Gli interventi svolti in questi anni sono stati realizzati dall’al-

lora Assessorato Regionale per i Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione e dall’allora Assessorato Regionale alla Presidenza.

4 A breve seguiranno altri interventi specifici e l’edizione fina-le, che raccoglierà anche lo studio dei materiali, attualmente in corso di stampa in altre sedi; degno di nota, fra gli altri, il volume supplemento della rivista Mare Internum, con gli Atti del Con-vegno Il culto di Iside nel Mediterraneo tra Lilibeo e Alessandria d’Egitto, organizzato da chi scrive nel maggio 2011.

5 Per una visione d’insieme, con bibliografia precedente: Gi-glio 1997-1998; Ead. 1998; Giglio, Canzonieri 2009. Da ulti-mo: Giglio c.d.s. b.

6 La strada fu denominata via Valeria in onore del console Marco Valerio Levino, che nel 210 a.C. ebbe la nomina a gover-natore della Sicilia.

7 Maurici 1998; Caruso 2003a.8 Per la notizia dello scavo, condotto fra il 1998 ed il 1999, che

ha attestato una frequentazione continua dell’area a partire dalla fine del IV sec. a.C. fino al pieno III sec. d.C., confermata dalla

presenza di ambienti residenziali documentati da resti murari e pavimentazioni e da un impianto cimiteriale, ultima fase di fre-quentazione (V-VI sec. d.C.) si veda: Giglio 2006.

9 Vecchio 2001; Pucci 2006. Da ultimo: Giglio 2009; Ead. 2008.

10 Itinerari archeologici fenicio-punici mis. 3 QSC Ob., finan-ziati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Turismo al Comune di Marsala: riorganizzazione di Viale Vitto-rio Veneto come luogo di accoglienza turistica; valorizzazione dei siti archeologici nel contesto urbano di Marsala; manutenzione dell’imbarcadero di Mozia e costruzione del nuovo imbarcadero a Capo Boeo.

11 Giglio 2006; Ead. 2007. Si veda anche: Mastino 2007-2008.

12 Con un finanziamento dell’Assessorato Regionale alla Pre-sidenza.

13 Giglio 2009; Ead. 2004.14 ASSE II. MISURA 2.0.1. Azione B Circuito Aree Archeo-

logiche Programma a titolarità regionale Lavori di scavo archeo-logico, valorizzazione e studio delle insulae dell’area archeologica di Capo Boeo-Marsala. I lavori sono stati condotti dall’Impresa Pitrolo Geom. Salvatore, Noto (SR), coordinata dal Servizio per i Beni Archeologici della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani e diretti dalla scrivente.

15 I tre responsabili sul campo sono stati Pierfrancesco Vec-chio, Paola Palazzo, Emanuele Canzonieri.

16 Giglio 2006.17 Il braccio si allunga per oltre 35 m e per una larghezza di

4,70 m. Il sistema di difesa di epoca punica viene abbandonato tra la fine dell’età repubblicana e gli inizi dell’età protoimperiale; nel corso del IV sec. d.C. nasce l’esigenza di dotare la città di un nuovo complesso sistema di difesa con una porta d’accesso mo-numentale alla città dal porto.

18 Anche grazie al fatto che l’iscrizione è stata integrata e ri-composta per intero nel mese di aprile 2010, grazie all’indivi-duazione da parte del conservatore del Museo Whitaker, Pamela Toti, di un secondo grande frammento, in cui era stata spezzata in antico e che era custodito dal 1903 sull’isola di Mozia.

19 I risultati dell’indagine geomagnetica, sviluppatasi su un’a-rea suddivisa in cinque grandi settori, sono editi in Pucci 2006; sul progetto complessivo per la valorizzazione dell’area del Boeo, da ultimo, si veda Giglio 2009, 561-563 e Ead., supra.

20 Un primo resoconto sui risultati dell’indagine è in Vec-chio 2001, 85, 88-89, fig. 2.

21 Per il quadro istituzionale relativo a tutte le campagne di scavo, vd. Giglio, supra.

22 Nella scansione dei cardines e dei decumani e nella sovrap-posizione delle griglie Schmiedt e Pucci sussistono delle diver-genze; la scansione e le dimensioni teoriche, infatti, sembrano

234 Rossella Giglio Cerniglia, Paola Palazzo, Pierfrancesco Vecchio, Emanuele Canzonieri

avere delle discordanze con i dati rilevati sul terreno; si veda Pa-lazzo, Vecchio c.d.s. e infra.

23 L’indagine antropologica è stata curata da Barbara Lippi, Università di Pisa, con la collaborazione di Sebastiano Lora, gra-zie ad un contributo finanziario del Dipartimento di Scienze del Mondo Antico dell’Università della Tuscia, Viterbo; un rapporto preliminare è stato reso noto in Lippi et al. 2005.

24 Altri elementi strutturali e stratigrafici emersi durante le in-dagini, riconducibili a periodi più antichi o più tardi rispetto al quadro cronologico generale, sono da considerare come semplici indicatori di una più complessa successione temporale che dovrà essere verificata con altre indagini e con la pubblicazione defini-tiva, sulla base di uno studio diacronico della sequenza stratigra-fica e dei contesti ceramici.

25 Schmiedt 1963, 70.26 La cesura tra questi battuti stradali e il basolato, infatti, è

rappresentata da uno strato rossastro costituito da macerie, mol-to frammentate, composte da piccoli lacerti di intonaco bianco, noduli di malta e pezzame irregolare di calcarenite, interpretabi-li, molto probabilmente, come il risultato di demolizioni diffuse in questo settore della città.

27 L’intero tratto stradale è attualmente visibile per una lun-ghezza di 114,74 m ed una larghezza complessiva, comprese le canalette e il marciapiede meridionale, di 8 m, mentre la carreg-giata è larga, mediamente, m 5,30. I muri di confine degli isolati sono fondati su blocchi isodomi di calcarenite posti a secco e poggianti sul banco roccioso – leggermente spianato o livellato con marna e limo argilloso rosso scuro – individuato, in un pun-to, a circa tre metri di profondità dal piano di calpestio attuale.

28 Il testo dell’iscrizione è: MAN[- - OE[---] R / PR • DESIG [EX] • MULTI[S], vd. Silvestrini c.d.s. a.

29 La numerazione delle nuove insulae identificate sul decu-mano segue, in progressione, quella utilizzata per gli isolati del settore NordOvest dell’area archeologica del Boeo: Di Stefano 2006, 545.

30 La larghezza teorica degli isolati è stata calcolata in m 35,52: vd. Schmiedt 1963, 69, Pucci 2006, 555-557; le misure della larghezza dei cardines ‘A’, ‘B’ e ‘C’, da Est a Ovest sono, ri-spettivamente, di m 5,60, m 5,99 e m 6,35; quest’ultima dimen-sione è relativa alla fase di vita finale del cardo ‘C’ quando una radicale trasformazione architettonica – vd. infra – regolarizza uno spazio urbano sul limite Ovest della maglia urbana e le cui caratteristiche originarie, allo stato della ricerca, sono ancora da definire.

31 Alcune peculiarità nella rimodulazione urbanistica post-punica sembrano avvicinare Lilibeo a Cartagine: nella metropo-li africana, infatti, il tracciato coloniale romano si appoggia su quello punico mentre, per il tracciato degli isolati, si deve tener conto necessariamente «dell’empirismo del progetto globale»:

Gros, Torelli 2010, 323-324; sul confronto tra Cartagine e Li-libeo già Schmiedt 1963, 71.

32 Di Stefano 1984b, 134.33 Per il Boeo si vedano le nuove ricerche dell’Università di

Palermo: Mistretta, Mandruzzato 2009, 153-154, fig. 6; per i cardines rinvenuti in via Sibilla ed in via delle Ninfe, Di Stefano 1974, 21; Ead. 1984a, 104-106, fig. 61.

34 Sono stati interamente messi in luce parti dell’elevato di due pilastri disposti lungo il fronte meridionale del decumano, mentre sul lato opposto sono state individuate, ma non total-mente scavate, le fondazioni di altrettanti pilastri realizzate con grandi blocchi isodomi di calcarenite.

35 Per l’iscrizione P. STERTINIVS / THREPTVS / PLATIAM AELIAM / SVA PECVNIA / STRAVIT, si veda il recente contri-buto di Silvestrini c.d.s. a.

36 L’epigrafe trova confronto con un’iscrizione proveniente da Mazara, edita in CIL X, 7212; dobbiamo questo riferimento a Marina Silvestrini.

37 Bovio Marconi 1939-1940, 389-391, Bisi 1966, 313-329, fig. 3.

38 Vecchio 2001, 90.39 Gli strati di riempimento del collettore hanno restituito in

prevalenza materiale ceramico inquadrabile fra la seconda metà del V ed il VI secolo d.C. Una preliminare classificazione, ese-guita da Filippo Pisciotta, ha permesso di evidenziare un’alta percentuale di ceramica di produzione africana rappresentata da anfore di tipo Africana IIIC (Bonifay 2004, 119-122, fig. 65.9) e spatheia tipo C2, (ibid., 125-127, fig. 68); ceramica sigillata at-testata in particolare dalla forma Hayes 61C (ibid., 170-171, fig. 91); ceramica comune di forma Fulford 22/23D (ibid., 255-258, fig. 139); ceramica da fuoco documentata prevalentemente dal-la forma Hayes 181 (ibid., 213-215, fig. 114) e lucerne di forma Atlante X. Altro materiale, cronologicamente coevo, è documen-tato da produzioni orientali attestate dalla presenza di anfore di tipo LRA 1 e 3 (Pieri 2005, 85; Reynolds 2005, 565) e produzio-ni locali (siciliane?) rappresentate da esemplari di anfore di tipo Keay LII (Ollà 2001, 47-62).

40 I lacerti di questo muro sono presenti nel settore di fronte all’insula V; anche a Siracusa sono attestate, allo stesso modo, occupazioni della sede stradale e riduzioni dell’asse viario princi-pale: Voza 1976-1977, 554-555, tavv. XCI-XCII. Più in generale, sulle modificazioni degli assetti urbani in età bizantina in Sicilia, Bonacasa Carra 2010, 44; Maurici 2010, 121, 122-123 (Tin-dari e Siracusa).

41 Dobbiamo questo suggerimento alla prof.ssa R.M. Bonaca-sa Carra, esposto durante una visita al cantiere (maggio 2011), che ringraziamo per la proficua discussione sulle problematiche di questo scavo.

42 Giglio 2007, 1784-1786, Mastino 2007-2008, 34-37.

235 Lilibeo (Marsala). Risultati della campagna 2008

43 Fra gli strati di obliterazione del collettore è stato rinvenuto un frammento di lastra iscritta, che va ad integrare l’angolo su-periore destro di un’altra lastra con iscrizione rinvenuta nell’area dell’abitato durante le indagini del 2002. Il testo integrale dell’e-pigrafe, studiato da Silvestrini c.d.s. b, commemora la realizza-zione di opere di miglioramento del cursus publicus, a Lilibeo, tra il 340 e il 350 d.C.; si veda anche Giglio 2007, 1789.

44 Di Stefano 1984b, 136, fig. 78a.45 Si tratta della tomba T9 (US 2223) costituita da un’anfora

di produzione palestinese di tipo Late Roman 4 (inv. n. 6037), datata a partire dal V sec. d.C. fino alla metà del VII sec. d.C.: Pieri 2005, 101-114, con bibliografia precedente.

46 Lippi et al. 2005.47 Tomba US 1100; un resoconto preliminare dei risultati del-

lo scavo antropologico di questa tomba è stato pubblicato ibid. Le tombe scavate e documentate nel 2003 all’interno del saggio II sono complessivamente otto; di queste sette sono a cassa liti-ca (T2, T11, T13, T15, T17, T18, T19) ed una terragna (T 20); in cinque di esse (T9, T13,T17, T18, T19) sono stati rinvenuti elementi di corredo. È stato, inoltre, eseguito un esame dei resti ossei degli inumati deposti all’interno della tomba a cassa T1, in quelle terragne T4, T6, T7 e T8, e nell’enchytrismos T9, rimossi in fase di scavo durante l’indagine del 2002.

48 Il materiale ceramico che permette di datare la fase delle sepolture tra la seconda metà/fine VI sec. d.C. e il pieno VII sec. d.C. proviene dai corredi tombali e dai riempimenti delle fosse scavate per le deposizioni stesse. I corredi, in particolare, risul-tano cronologicamente molto omogenei e sono caratterizzati da ceramiche comuni da mensa, in prevalenza brocche o boccali, il cui riutilizzo in necropoli tardoantiche in Sicilia è piuttosto frequente: Dannheimer 1989, 20. Lo studio preliminare di tali reperti si deve a Tommaso Bertoldi che, in particolare, per il con-testo ceramico relativo alla tomba 1100, fa riferimento ad una documentata tradizione attestata tra gli ultimi decenni del VI e la prima metà del VII sec. d.C., vd. Puglisi, Sardella 1998, 777-785; Arthur 1998, 496-498.

49 Materiali provenienti dalle trincee di fondazione dei muri e da alcuni butti hanno restituito materiali attestati tra l’ultimo quarto del XII e la prima metà del XIII secolo: Vecchio 2001, 92.

50 Maurici 2005, 95-96.51 Il riempimento di questo silos contiene alcuni frammenti

in parte ricomponibili di catini con vetrina opalescente ad in-clusi quarzosi e decorazione lineare in verde e bruno, tipici delle produzioni di età islamica. Per la datazione al X secolo cfr. D’An-gelo 2004, 130-143.

52 Cfr. da ultimo Giglio 2010.53 Cfr. Ensoli Vittozzi 1993, 221-243, Ensoli 2000, 267-

287.

54 Per la trascrizione di questa e di altre iscrizioni si rimanda al lavoro della prof. M.A. Brugnone.

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ILLUSTRAZIONI

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Marsala. 339. Veduta generale.340. L’area del parco con i saggi

archeologici 2008.341. Planimetria della città antica.

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Marsala. 344. Il lastricato, settore Ovest.345. La canaletta in opus spicatum. 346. Un settore della crepidine, di fronte all’insula VI.347. Fossa che taglia trasversalmente il decumano; in sezione sono visibili i battuti stradali che precedono il

lastricato di età romana.348. Incrocio lastricato presso l’angolo NordEst dell’insula I del Boeo.349. Planimetria del settore centrale del decumano con l’iscrizione.

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Marsala. 350. Settore Ovest del decumano; a destra i due piloni meridionali posti a lato del cardo ‘C’, al

centro il collettore con le due canalizzazioni, prive della copertura.351-352. La copertura del collettore realizzata con frammenti di lastre reimpiegate, in corso di

scavo. 353-354. Particolare delle iscrizioni.355. Le due epigrafi sul collettore.

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Marsala. 356. Il muro di restringimento sul lastricato e l’abside

della struttura costruita sul decumano, da Ovest.357. La struttura absidata che contiene le due tombe

dipinte.358-360. Le tre differenti tipologie di sepolture: a

cassa con lastre di calcarenite, terragna, ad enchytrismos.

361. Il corredo della tomba US 1100, in corso di scavo.

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Marsala. 362. Planimetria generale del parco archeologico con l’ubicazione del saggio VI.363. Elaborato planimetrico di fase con l’ubicazione delle tombe tardo-antiche.364. Elaborato tridimensionale da scansione laser con, in evidenza, la parte eminente delle strutture cultuali. 365. Restituzione tridimensionale da scansione laser della strada rinvenuta lungo il margine settentrionale del

saggio di scavo.

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Marsala. 366. Planimetria storica delle insulae I, II e III con, in evidenza, l’area d’intervento.367. Veduta delle strutture murarie a grossi blocchi riportate in luce nel 1988.368. Planimetria generale del saggio VI alla fine delle indagini. 369. Il silo di età islamica che taglia il pavimento a mosaico. 370. Veduta panoramica della fascia orientale dello scavo. 371. Ortofoto della tomba US 1040 con l’inumato. 372. Ortofoto della tomba US 1004 con, in evidenza, la moneta rinvenuta in aderenza alle lastre di copertura.

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Marsala. 373. Veduta del muro con intonaco impermeabile e profilo superiore

arrotondato. 374. Stralcio planimetrico con i corpi di fabbrica A (edificio tripartito) e

B (aula con mosaico).375. Veduta aerea dell’aula rettangolare con il pavimento a mosaico. 376. Ortofoto generale del corpo di fabbrica C, pavimentato in opus

spicatum. 377. Particolare della decorazione musiva. 378. Particolare di una delle risarciture con frammenti di marmi

policromi.

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Marsala. 379. Frammento di statuina in arenaria.380. Frammento in calcarenite raffigurante il vertice di una vela. 381. Testa frammentaria in marmo bianco, raffigurante un fauno o un satiro. 382. Il tronco della statua femminile.383. Particolare della statua al momento del rinvenimento. 384. Dettaglio del nodo mollemente intrecciato tra i seni. 385. L’iscrizione COL. SEPTIMIAE AUG. AGRIGENTINORUM.

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Marsala. 386. Frammento di panneggio in marmo grigio.387. Frammento marmoreo di volto barbuto riconducibile all’iconografia di Serapide. 388. Frammento in calcarenite di mano che regge la cornucopia. 389. Parte centrale del saggio, particolare di un frammento di anfora nella colmatura del canale US 138. 390. Lucerna con becco a volute raffigurante nel disco un coccodrillo sotto un albero.391. Frammento di colonnina in marmo recante un’iscrizione dedicatoria alla «Dea dai mille nomi».

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Marsala. 392. Ortofoto generale della fossa votiva US 131, con il deposito più recente. 393. La fossa votiva US 131 con il secondo gruppo di lucerne. 394. Particolare di un diaframma murario con i tubuli inglobati. 395. Veduta generale del saggio VI con, in primo piano, la strada.396. L’ambiente con suspensurae quadrate rinvenuto nell’angolo SO del saggio. 397. Marsala. Settore centrale del saggio, particolare di un pavimento in scaglie di marmo bianco.

Finito di stampare nel mese di dicembre 2012presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore S.p.A.

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