C. CRISAFULLI, La scoperta dei rinvenimenti archeologici di Eugenio Gidoni dal territorio di...

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Il mito e la storia Serie maggiore (12)

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Il mito e la storia

Serie maggiore(12)

Campagna Lupiastudi e ricerche di storia e archeologia

a cura di Giovanni Gorini

volume I

ALLE FOCI DEL MEDOACUS MINOR

Università di Padovadip. di Archeologia

Soprintendenza per i BeniArcheologici del Veneto

Amministrazione Comunaledi Campagna Lupia

PatrocinioRegione del Veneto

Direttore responsabile:Giovanni Gorini

Segretario di redazione: Giulio Carraro

Hanno collaborato a questo volume:Michele AsolatiGilberto BertoncelloSimonetta BonomiFranca CallegaroGiulio CarraroFrancesco CozzaCristina CrisafulliClaudio GiraldoValentina GirottoGiovanni GoriniVeronica GroppoMaria Teresa LachinCarmelo MalacrinoMichele MatteazziGiampaolo RalloGuido RosadaLuana Toniolo

Ricostruzioni grafiche: Alice Salvador

Restauri: Sara Emanuele, Federica Turetta

© Campagna Lupia, studi e ricerche di storia e arche-ologia. Collana di studi del Comune di Campagna Lu-pia, in collaborazione con l’Università di Studi di Pa-dova e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto. Con il Patrocinio della Regione del Veneto. Tutti i diritti riservati.

Le foto del cinghiale di Lova a p. 80, p. 240 (fig. 4) e in copertina, conservato presso il Museo Archeologico di Venezia (inv. br. 627), sono realizzate da Claudio Franzini e pubblicate su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (prot. n. 1156).La foto a p. 187 (fig. 1) è stata realizzata da Paolo Rossi, su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Misc. Mappe, Campagna, copia da tipo del 1566, not. 172, A.S.V., Atto di concessione n. 15/2011.

© Esedra editrice s.r.l.Via Palestro, 8 - 35138 - Padovawww.esedraeditrice.come-mail: [email protected] i diritti riservati.

Questo volume è stato realizzato con il contributo di:Riello elettronica, Veritas, Fondazione Riviera Miranese, Banca del Veneziano di Campagna Lupia.

INDICE

Saluto del Sindaco 7

Vincenzo TinèPresentazione della collana 9

Giovanni GoriniPremessa 11

Valentina GirottoAlle foci Medoacus Minor. La carta archeologica 13

Guido Rosada, Maria Teresa LachinTra Altino e Ravenna: Lova nel sistema stradale e portuale romano altoadriatico 55 Una strada tra terra e acqua (a cura di Michele Matteazzi) 68

Simonetta Bonomi, Carmelo MalacrinoDal santuario di Altino al santuario di Lova di Campagna Lupia. Una messa a confronto nel panorama del sacro nel Veneto 71

Veronica GroppoI bronzetti preromani dalle ricerche di superficie 89

Franca CallegaroAspetti di religiosità nel Veneto antico 103

Giulio CarraroCatalogo delle monete 111

Giovanni GoriniLe monete greche e celtiche 133

Michele AsolatiLa presenza delle monete romane nel territorio 143

Giulio CarraroIpotesi sulla dispersione dei rinvenimenti monetali 151

Luana TonioloTerra sigillata, bollata e decorata dal territorio 159

Francesco CozzaCeramiche di epoca medievale-moderna 183 Gorgo de Onaro: una “bastìa” veneziana nel territorio di Lova? (a cura di Claudio Giraldo) 189

Cristina CrisafulliLa riscoperta dei rinvenimenti archeologici di Eugenio Gidoni dal territorio di Campagna Lupia (1890-1898) 193

Giampaolo RalloLe trasformazioni avvenute in epoca storica nel territorio lagunare e peri-lagunare della laguna medio-inferiore di Venezia 209

Claudio Giraldo, Gilberto BertoncelloEsperienze su campo: L’interesse storico per il mio paese (a cura di Gilberto Bertoncello) 237 La ricerca archeologica (a cura di Claudio Giraldo) 240

Luana TonioloReperti vari (vetri, metalli, terrecotte, ceramica romana) 243

Bibliografia 251

Indice dei nomi geografici 271

Note sui collaboratori 272

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Presso il Museo Correr di Venezia è conser-vata una serie di documenti che consentono di individuare e ricostruire una sequenza di inte-ressanti rinvenimenti archeologici, avvenuti nei territori di Campagna Lupia e Gambarare negli anni ’90 del XIX secolo, a seguito di scavi effet-tuati per la bonifica dei bacini, e, contestualmen-te, di individuare nelle collezioni civiche alcuni di questi reperti il cui legame con il territorio sembrava andato perduto1.

Le prime notizie al riguardo si trovano in al-cune carte conservate in un fondo archivistico contraddistinto dalla sigla “PD”2 e costituito da manoscritti di provenienze diverse: sono due lettere, già in parte conosciute3, indirizzate da Eugenio Gidoni, R. ispettore agli Scavi e Monu-menti per il Distretto di Dolo, a Antonio Ber-toldi, conservatore dell’allora Museo Civico e Raccolta Correr.

La prima, datata 20 Maggio 1890, riferisce che:

… Nella località di Lugo in epoche anti ieri ven-nero messe in luce varie reliquie… Nella stessa località attivati nel gennaio 1890 i lavori per la Bonifica del Consorzio di VIIa Presa Superiore escavando il canale collettore parallelo alla stra-da che da Lugo mette a Campagna Lupia, preci-samente sull’asse di questo canale a nord della strada, vennero messi in luce a circa m. 1.50 dal piano stradale due pozzi romani… Altro pozzo alla profondità di m. 1.20… Vennero pure rac-colti frammenti di embrici, urne in terra cotta, qualche moneta di Costantino o Costante, un lume benissimo conservato colla sigla Vibius F ed un anello, d’oro finissimo, con castone quadran-golare; quest’ultimo racchiude una pietra traspa-rente incolore (cristallo di monte)… La località è detta le Massarine, a circa m.i 130 a N.E della

casa di egual nome venne trovato il primo pozzo, a circa 400 metri dal primo tra la casa Rossa e la fossa del Palo il secondo, a circa 300 dal secondo verso la chiesa il terzo. Le urne, gli embrici, ed il lume colle monete lungo questa linea; l’anello a pochi metri dall’argine sinistro del novissimo verso la chiesa. In questo punto alla solita pro-fondità dal piano della campagna venne messo in luce uno strato di ciottoli di un certo spessore, apparentemente una sede stradale, precisamente a destra di chi discende dal destro argine del no-vissimo a pochi metri da questo…

Queste poche informazioni possono ora es-sere integrate e ricevere una maggiore rilevan-za da alcune pratiche ufficiali risalenti al 1893-1894, conservate presso l’Archivio Storico del Museo, dalle quali si apprende che le scoperte archeologiche erano accresciute con il tempo e avevano interessato un territorio più esteso di quello descritto nel 1890, comprendendo ora anche siti del comune di Gambarare.

Tra queste, l’incartamento più significativo risulta essere una relazione di Gidoni, datata 12 Dicembre 18934, nella quale si fa riferimento agli oggetti rinvenuti e donati al Museo da lui e, per suo interessamento5, dalla Presidenza di Sesta Presa e dalla Presidenza del Consorzio di Settima Superiore:

Mira 12 Dicembre 1893Alla Rispettabile Direzionedel Civico MuseoVenezia Ho il pregio d’accompagnare a codesta Rispet-tabile Direzione N.° 58 oggetti raccolti dal sotto-scritto (Vedi Elenco unito) durante il periodo dei lavori eseguiti dai Consorzi di Gambarare e Setti-

Cristina Crisafulli

La riscoperta dei rinvenimenti archeologici di Eugenio Gidoni dal territorio di Campagna Lupia (1890-1897)

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ma Presa Superiore, per la Bonifica dei rispettivi bacini.I primi segnati nell’Elenco colle lettere A.B.C. sono un dono da me provocato dalla Presidenza di Sesta Presa pel Museo di Venezia, ed a corredo illustrativo ho eseguito regolare rilievo planime-trico, con relativa fotografia, di cui rimetto copia.Le tre anfore segnate ai N.i 1.2.3. formano altro dono ottenuto dalla Presidenza del Consorzio di Settima Presa Superiore.Tutti gli altri oggetti mi permetto presentarli al Civico Museo acciò possano essere conservati, in quanto possano riuscire di vantaggio alle ricer-che storiche della Provincia.Dono quasi tutti oggetti dell’epoca romana, gia-centi a m. 1.50 circa sotto il livello del comune marino, pazientemente da me raccolti, e costitu-iscono tanti allegati, comprovanti l’esistenza di una antichissima strada che costeggiava il margi-

ne lagunare, e le cui traccie (sic!), sopra la per-correnza di circa undici chilometri, ebbi la for-tunata combinazione di incontrare per ben nove volte.Non ho ancora avuto il tempo di completare la regolare relazione e relativa planimetria di que-ste mie ricerche, ma mi riservo al più presto di farlo, e mi farò un dovere allora di presentar-ne un’esemplare (sic!) a codesto patrio Museo, nell’interesse storico ed archeologico.Con tutta osservanza ÷ Elenco Devotissimo÷÷ Tipo planimetrico6 Eugenio Gidoni

Nell’elenco allegato si scopre che molti di questi oggetti riguardano proprio il comune di Campagna Lupia7:

... Qualità dell’oggetto Località

Barca, scavata in un tronco di quercia. Venne trovata a m. 2,45 sotto lo 0 di Lova.

B Un asse di ruota idraulica di quercia, trovata a m. 1.45 sotto lo 0 di Lova

C Una pietra da macina, alla stessa profondità.

Questi tre oggetti sono dono della Presidenza del Consorzio di VIa Presa

N° 1. Anfora a due anse in terracotta

2. “ “ “ “ “

3. “ “ “ “ “

Questi tre oggetti sono dono della Presidenza del Consorzio VIIa Superiore

4. Frammento di terracotta con fregio Idrovora VIIa Sup.

...

17. Piccola pietra di arenaria Lova VIa Presa

}

Campagna LupiaLova Escavo dello scolo Vecchio Cornio VIa Presa (Vedi planimetria allegata)

Campagna Lupiaall’Idrovora VIIa Su-periore

18.Disco di terracotta con foro al centro

19. Id. “

20. Id. “

Uno porta a grafito un LM ed altro quat-tro marche im-presse

}}LovaVIa Presa nuovo sostegno

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21. Frammento di Embrice con orme di gatto e marca di fabbrica CEASARAV S

22. Frammento simile, marca C. FLAVI

23. Frammento simile, marca TICA\DFAV S+

24. Mattone con iscrizione funebre in terracotta (copriva un sepolcro; il resto andò disperso)

Lugo Scavi VIIa Superiore

25.

26.

27.

28.

29.

30.

31.

32.

33.

34.

35.

36.

37.

38. Bollo d’anfora con la marca di fabbrica CORHE R idem

...

45. Frammento di vaso in terracaotta con rilievi Campagna Lupia

46. Fiala in terracotta Idrovora VII Sup.

47. Fiala in vetro Rivola 22/5 89

48.

49.

50. Ascia di pietra levigata VIa Sup. Cornio

...

55. [moneta di] Gallieno Cornio

Mira 10 Decembre 1893

E. Gidoni

idem

}Pietre cotte mezze rotonde; formavano parte di una colonna

LovaVIa Presa nuovo sostegno

} N° 8 Pozzali; sono il giro completo di un pozzo

LovaVI Presa nuovo sostegno

} }

}

}

Frammenti di vasi in terracotta rossa Lovanuovo sostegno VIa Pr.

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Ancora nel 1898 Gidoni riferiva di altri ogget-ti rinvenuti a Lugo nel 1897 e da lui consegnati al Museo8:

… Il sottoscritto accompagna a codesta Rispet-tabile Direzione un’appendice degli oggetti già consegnati nel mese di [nel testo manca l’indica-zione del mese, n.d.a.] 1897 cioè:N. 1 Lucerna in terracotta con la marca VIBIVS / FN. 2 Varii pozzali di formato diversoN. 3 Un’ola cineraria in terra cottaN. 4 Un vaso per liquidi in terra cotta, ad una sola ansaN. 5 Tre fiale vetro di varia grandezzaN. 6 Una moneta di VespasianoN. 7 Frammento d’embrice con marca di fabbri-ca PANSIAI Ni 1 e 2 furono messi in luce a Lugo in Comune di Campagna Lupia Distr.to di Dolo sulla destra del Canale Nuovissimo in prossimità alla Chiesa di Lugo. I Ni 3-4-5-6 formavano la suppellettile di un sepolcro scoperto in prossimità alla Casa presso Lugo tra l’argine sinistro del Canale Nuo-vissimo e l’argine destro dello Scolo Miana nella località chiamata i Laghetti in margine alla Valle Serraglia. Il N.o 7 nella stessa località… (fig. 1).

Di quanto pervenuto nella sede museale ve-neziana dal territorio di Campagna Lupia susci-tò da subito un particolare interesse l’imbarca-zione, che sembrava d’epoca molto antica, tanto che il conservatore Bertoldi non esitò a chieder-ne un parere al famoso paletnologo Luigi Pigo-rini9, con una lettera, datata 26 dicembre 1893 e corredata di una piccola foto (fig. 2c), nella quale venivano forniti alcuni dettagli tecnici10 (fig. 2a-b):

Chiarissimo Amicoti accludo una piccola fotografia d’una barca pre-romana scavata in un tronco di quercia: è lunga metri 6.10, larga m. 0,74 e 0.64, vedi che è una bella barca. Fu trovata a Campagna Lupia sugli scavi del Consorzio di VI Presa, a m. 2.45 sotto lo 0 di Lova. Poco distante ma a metri 1,45 sotto lo 0, di Lova si trovò una pietra da macina che vedrai nella stessa fotografia, e un asse perno di ruota idraulica. Circa 400 metri distante si trovò

pure un’ascia di pietra levigata… Mi pare che la barca sia d’una grandezza speciale, e rara per la sua quasi integrità. Ricorro a te per sapere in qua-li Musei si potrebbero fare raffronti…

Lo studioso parmense, pur lamentandosi del-le piccole dimensioni della fotografia inviatagli per aiutarlo nell’analisi, rispondeva conferman-do l’importanza del rinvenimento (fig. 3a-b)11:

… La scoperta del canotto fatta a Campagna Lu-pia è senza dubbio di notevole importanza. E dal-le notizie che mi hai mandate sulle particolarità osservate nel luogo di rinvenimento, e da ciò che può rivelarsi dalla piccola fotografia (troppo pic-cola) mi pare si possa affermare che si tratti di un canotto molto, ma molto antico...

forniva, inoltre, notizie e riferimenti bibliogra-fici riguardanti imbarcazioni simili a quella di Lova, indicazioni preziose per Bertoldi che se ne avvalse, l’anno seguente, per illustrare la ca-noa nella pubblicazione istituzionale del Museo, poco diffusa e nota, nella quale si rendeva conto degli oggetti acquisiti dalle raccolte civiche nel 189312.

Anche in seguito la piroga continuò a suscita-re l’attenzione degli studiosi tanto è vero che nel 1941 il manufatto, allora da poco passato a far parte delle collezioni del Museo di Storia Natu-rale (fig. 4), fu nuovamente esaminato da Pietro Leonardi che ne fece oggetto di una dettaglia-ta pubblicazione, nella quale però non riuscì a formulare un’ipotesi cronologica certa per la presenza di alcune circostanze contraddittorie che potevano far abbassare di molto l’età fino ad allora ipotizzata.

I dubbi avanzati da Leonardi erano del tutto legittimi come hanno dimostrato le analisi ra-diometriche con il C14 condotte di recente sul reperto13, le quali hanno consentito di fissare definitivamente la datazione dell’imbarcazione al 1004-1032 d.C. circa, diversamente da quanto in un primo tempo supposto. Queste conclusio-ni, in parte inattese, oltre a risultare importanti per lo studio sullo sviluppo e sulla conservazio-ne delle tecniche costruttive delle imbarcazioni

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lagunari, hanno restituito la canoa ad una fase medioevale che a Lova finora non sembra trova-re altri riscontri archeologici.

Se sull’imbarcazione si mantenne, dunque, viva l’attenzione e non se ne perse mai il legame

con le circostanze di rinvenimento, non altret-tanto si può constatare per il resto degli oggetti.

Già nella pubblicazione del 1894, di cui si è accennato poc’anzi, dei reperti arrivati al Museo fino a quel momento non viene fornita un’in-

Fig. 1. Elenco degli oggetti rinvenuti a Lugo di Campagna Lupia nel 1897 e consegnati da Eugenio Gidoni al Museo Correr di Venezia.

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Figg. 2a-c. Lettera di Bertoldi a Luigi Pigorini (a-b) con foto dei rinvenimenti da Campagna Lupia (Università degli Stu-di di Padova, “Fondo Pigorini”, Bertoldi, 26-12-1893).

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Figg. 3a-b. Lettera di Luigi Pigorini a Bertoldi riguardo ai rinvenimenti da Campagna Lupia (Museo Correr di Vene-zia, Archivio Storico, 1893, fasc. 176).

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dicazione di rinvenimento precisa, ma come loro provenienza è indicato un generico e indi-stinto territorio di Lova e Gambarare. Tuttavia, anche tale scritto risulta in parte apprezzabile poiché alcuni dei reperti vengono qui illustrati con maggiore precisione rispetto all’elenco ma-noscritto di Gidoni e la loro descrizione risulta essere l’esito di un’attenta rilettura. Così i bolli sugli embrici ai nn. 21 e 23 dell’elenco risultano corretti in «AESARPANS» e «TI:CLAVDPANS»14, mentre del mattone al n. 24 viene fornita l’iscri-zione: «L / BIRRIVS / IVSTVM HIC / ODIE» e infine riguardo all’ascia al n. 50 viene precisato trattarsi di «pietra verde levigata»15.

In seguito tutti gli oggetti scoperti nel ter-ritorio di Campagna Lupia, compreso anche il piccolo nucleo di Lugo aggiuntosi nel 1897, compaiono, nell’ambito della sezione riservata all’Archeologia, nella guida del Museo Correr16 edita nel 1899, quando dunque le collezioni civiche erano conservate ancora presso il Fon-

daco dei Turchi. Pur essendo riportato il luogo di rinvenimento, anche se in forma stringata e non sempre in modo corretto e puntuale17, or-mai l’insieme dei reperti del comune di Cam-pagna Lupia, così come quelli di Gambarare, risulta qui smembrato per classi e mescolato ad altri beni con provenienze differenti, compresa quella di tipo collezionistico18. Tuttavia anche in questa pubblicazione si forniscono per alcuni degli oggetti dettagli ulteriori che si sono rilevati utili per la loro identificazione: i numeri 4 e 17 dell’elenco Gidoni del 1893, relativi a un «fram-mento di terracotta con fregio» e una «piccola pietra di arenaria», si trovano qui più propria-mente descritti rispettivamente come un «fram-mento di antefissa in terra cotta con testa a pal-metta»19 e una «mola da grano»20.

Nel 1922 quando il Museo Correr venne tra-sferito presso le Procuratie Nuove di Piazza San Marco, alcuni beni tra i quali quelli archeologici furono lasciati nella vecchia sede e solo nel 1937

Fig. 4. La piroga monossile di Lova di Campagna Lupia esposta presso il Fondaco dei Turchi a Venezia, in una foto dei primi decenni del Novecento (Museo Correr di Vene-zia, Archivio Fotografico).

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furono concessi in deposito al Museo Archeolo-gico di Venezia, considerato una struttura più adeguata per dar loro un giusto rilievo21. In que-sta circostanza i reperti di Campagna Lupia ri-cevettero la loro prima registrazione ufficiale in un inventario stilato dal museo statale dove però non compariva più alcuna specifica provenienza.

La stessa lacuna si può riscontrare anche ne-gli inventari del Museo Correr dove gli stessi og-getti furono inseriti probabilmente in occasione della revisione sul deposito disposta nel 1973 da Terisio Pignatti, direttore del Musei Civici Ve-neziani22: anche qui accanto ad una sommaria descrizione nessuna nota fu aggiunta sulle mo-dalità di acquisizione dei beni, probabilmente ormai non più conosciuta.

Nel frattempo fortunatamente un piccolo accenno ai rinvenimenti di Lova era stato fatto nell’articolo di Leonardi che, se non scende nei dettagli delle singole componenti poiché si incen-tra specificamente sulla canoa, tuttavia ha il meri-to di avere avuto una diffusione sufficientemente buona da riuscire a render noti in ambito scien-tifico questi primi scavi archeologici nella zona23.

Peraltro è evidente che questo autore aveva avuto accesso a documentazione almeno in par-te diversa dalla nostra, sebbene sempre riferibile agli stessi contesti e circostanze: infatti, fornisce nuovi dettagli circa i reperti rinvenuti nell’area di ritrovamento della canoa, ricordando che «nella zona circostante al punto del rinvenimen-to del natante vennero trovati varii oggetti di età romana come monete di Traiano e di Faustina» che non compaiono nell’elenco degli ogget-ti rinvenuti a Lova e donati al Museo Correr24. L’elemento aggiuntivo più significativo, però, è uno schizzo topografico della zona interessata dagli scavi (cfr. fig. 6), molto utile per una mi-gliore localizzazione dei reperti: tuttavia, Leo-nardi non fornisce indicazioni circa il luogo in cui aveva consultato questo documento.

Questa lacuna è colmabile grazie alla consul-tazione del “Fondo Pigorini” conservato presso l’Università di Padova, nel quale, oltre alla do-cumentazione citata sopra, si conserva anche un

paio di rapporti di Eugenio Gidoni del maggio 1896, rapporti che si scoprono essere anche la fonte della foto riprodotta alla tav. IV, fig. 1 del contributo di Leonardi25 (fig. 5).

Allegata alla missiva del 20 maggio 1896 è una copia del rilievo planimetrico steso da Gido-ni nel 1893 (fig. 6), il quale con ogni probabilità faceva parte della relazione inviata dallo stesso al Museo Correr in data 12 dicembre 189326.

Da queste lettere apprendiamo peraltro che «l’ascia di pietra verde levigata» era stata rin-venuta «sullo scorcio del 1891 nel rimaneggia-re la terra di escavo di un canale per opere di Bonifica del Consorzio di VII Presa Superiore», mentre nel «marzo del 1893 a circa M.tri 400 di distanza lungo un abbandonato alveo di antico corso d’acqua (fl. Cornius vel Seucus) alla profon-dità di m.tri 2,45 sotto al livello del palude che corrisponde col livello marino, venne messa in luce una barca scavata in un tronco di quercia (Monoxilon)27. Il rinvenimento dell’ascia, dun-que, non fu contestuale a quello della piroga, né topograficamente, come già noto28, né cronolo-gicamente29, a ulteriore conferma dell’assenza di una qualunque relazione tra i due manufatti.

Dalla documentazione sin qui illustrata, ma-noscritta e pubblicata, si ricava che il sito di Campagna Lupia, fin dai primi scavi che avevano interessato una superficie assai ampia, si era ri-velato molto interessante e promettente, stante la natura eterogenea dei contesti individuati e la

Fig. 5. Foto del rinvenimento della canoa monossile da Lova di Campagna Lupia (da FPUPd, Eugenio Gidoni, al-legato alla lettera del 3 maggio 1896).

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Fig. 6. Rilievo planimetrico di Eugenio Gidoni del 20 mar-zo 1893, con indicazioni delle localizzazioni dei reperti raccolti nell’area di Lova di Campagna Lupia (da FPUPd, Eugenio Gidoni, allegato alla lettera del 20 maggio 1896).

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varietà dei reperti raccolti che non riguardavano solo l’età romana. Purtroppo, all’importanza di queste scoperte non sembra abbia corrisposto un’adeguata attenzione indirizzata a mantenere il legame dei reperti stessi con le rispettive lo-calizzazioni di rinvenimento. Infatti il tentativo che abbiamo fatto di individuare tali materiali tra quelli dati in deposito al Museo Archeologi-co30 non solo si è rivelato in parte infruttuoso, ma ha anche messo in evidenza come per taluni di questi oggetti tale legame si sia perso defini-tivamente.

Per raggiungere tale scopo si disponeva non solo della documentazione relativa allo scam-bio del 1937 e alla verifica effettuata nel 1973, ma anche del prezioso incartamento relativo ad un recentissimo riscontro, condotto contestual-mente al rinnovo del deposito, che, portato a termine nel gennaio 200831, poteva fornire una completa panoramica delle attuali collocazioni dei pezzi. Tuttavia, anche quest’ultimo incarta-mento si è rivelato in buona parte insufficiente a identificare tutti gli oggetti scavati nel comune di Campagna Lupia.

Così, l’antoniniano di Gallieno provenien-te da Lova e la moneta di Vespasiano da Lugo, come pure il resto delle monete elencate nel-la pratica di deposito, non compaiono già più nel riscontro del 1973 e si possono considerare ormai perduti: in un momento non precisato, i reperti numismatici furono probabilmente se-parati dagli altri per essere conservati nel meda-gliere del Museo dove però non sono più iden-tificabili.

Analogamente, tutti i vetri e la maggior parte delle ceramiche sono descritti nelle diverse fon-ti a nostra disposizione troppo genericamente, senza elementi utili per la loro individuazione, così che non risultano più riconoscibili tra i ma-teriali delle stesse categorie presenti nel depo-sito.

Nonostante questi limiti documentari, risulta-no riconoscibili presso il Museo Archeologico di Venezia almeno venticinque manufatti di sicura provenienza dal Comune di Campagna Lupia,

individuabili tra quelli elencati da Gidoni nel 1893: un’asse di ruota idraulica32, una pietra da macina33, un’antefissa con gorgoneion 34 (fig. 8), un’altra pietra da macina più piccola in arena-ria35, tre dischi in terracotta36, tre frammenti di embrice con bollo37 (cfr. fig. 9), un mattone con iscrizione funeraria38, cinque mattoni di forma

Fig. 7. Ascia di pietra verde levigata da Lova di Campagna Lupia (1893).

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semicircolare39, otto pozzali40, un’ascia di pietra levigata41 (fig. 7). A questi si devono sommare due reperti tra quelli descritti nel 1898 dalla lo-calità di Lugo: un frammento di embrice42 (cfr. fig. 10) e una lucerna tipo firmalampen 43 (fig. 11).

Anche in seguito alla verifica autoptica alcuni di questi oggetti, proprio per la loro funzione, non possono essere inquadrati che entro una generica “età romana”44, mentre altri risultano più interessanti perché aggiungono elementi utili per una migliore definizione cronologica dei contesti di questi primi scavi.

Il pezzo più interessante risulta essere senz’al-tro l’ascia di pietra verde levigata (fig. 7). La sua produzione risale con ogni probabilità al Neo-litico antico (metà VI-inizi V millennio a.C.)45. Si tratta dunque del più antico reperto finora raccolto nell’area, chiaro indizio di una fre-quentazione ben precedente alle fasi romane che, comunque, sono quelle più corposamente rappresentate grazie ai rinvenimenti archeologi-ci passati e recenti.

A queste ultime, e in particolare al I sec. a.C., sembrerebbe potersi datare l’antefissa con gor-goneion e palmetta46 (fig. 8), che trova stringen-ti confronti con altri esempi proprio da Lova rinvenuti negli anni ’70 del Novecento47. Alla prima età imperiale si riferiscono tutti i mate-riali bollati48 (figg. 9-10), tra i quali alcuni tro-vano puntuali riscontri in altri ritrovamenti dal medesimo sito49 e anche nel materiale venuto alla luce in anni recenti nella stessa Campagna Lupia: C. FLAVI si legge anche su di un embrice da Corte Frattina e un bollo C. FLA[ è impres-so su un frammento di embrice da Lugo; mol-to più comune risulta PANSIA[NA] attestato a Lova, Crodarole, Lugo/Corte Cavallaro50, Lova-Idrovora51, Scardovara52.

Leggermente più tarda è la lucerna con mar-chio VIBIVS / F, essendo ascrivibile al II sec d.C.53 (fig. 11).

Molti di questi materiali, unitamente ad altri non più identificabili, quali i balsamari vitrei e altri embrici con i bolli C. CAESAR PANS. (o PANSI.) e TI. CLAVD. PANS., alludono piutto-sto chiaramente alla presenza di aree cimiteria-li sia nel caso di Lugo, sia in quello di Lova. In quest’ultimo il sepolcreto sembrerebbe situabi-le nei pressi di un insediamento, cui farebbe-ro riferimento l’antefissa decorata con testa di Gorgone, che andrebbe a incrementare il nu-mero di quelle simili rinvenute lungo il Cornio

Fig. 8. Antefissa con gorgoneion e palmetta da Lova di Campagna Lupia (1893) (foto di Luca Trolese).

Fig. 9. Bollo C. FLAVI su embrice da Lova di Campagna Lupia (1893).Fig. 10. Bollo PANSIANA su frammento di embrice da Lugo di Campagna Lupia (1898).

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negli anni ’70 del Novecento. Anche i matto-ni di forma semicircolare, impiegati in edifici termali come suspensurae oppure per la costru-zione di piccole colonne, nonché la macina rotatoria manuale di arenaria sembrerebbero suggerire l’esistenza di un’area insediativa, ma la loro cronologia appare meno facilmente puntualizzabile. La perduta moneta di Gallie-no, che pur non qualifica la natura dell’area di rinvenimento, rimane comunque il termine cronologico più tardo.

Nel complesso, il quadro che emerge dall’analisi dei reperti è certamente inedito e molto articolato: straordinariamente amplifica-to appare l’intervallo cronologico che separa il manufatto più antico da quello più recente. Se l’età romana trova una più puntuale definizio-ne, grazie a un numero di reperti di differente natura e d’interesse non irrilevante, due manu-fatti qualificano in modo straordinario questi ritrovamenti. L’ascia neolitica, oltre alle signi-ficative implicazione cronologiche, sembra trovare confronti soltanto in ambito ligure e piemontese lasciando intuire linee di contatto con queste aree. La piroga monossile, ora con-servata presso il Museo di Storia Naturale, la quale rappresentava finora l’unico reperto tan-gibile di quegli scavi ottocenteschi, consente di ampliare le nostre conoscenze sul sito di Lova almeno fino all’XI secolo, rappresentando uno

dei rarissimi documenti di questo periodo che riguardino l’intera fascia centrale della gronda lagunare veneziana.

Fig. 11. Firmalampen con marchio VIBIVS / F da Lugo di Campagna Lupia (1897).

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Note

1 Anche prima di questi lavori di bonifica nel 1869 Glo-ria e nel 1879 Bullo ci riferiscono di alcuni materiali venuti alla luce nel comune di Campagna Lupia: si tratta però di notizie che, sebbene utili per intuire l’importanza del terri-torio in questione, risultano molto succinte e troppo gene-riche (cfr. Gloria 1869, p. 12; Bullo 1879, p. 331). Già più dettagliate risulteranno invece le relazioni di Conton, di poco successive agli scavi seguiti da Gidoni, che riguarda-no scoperte riconducibili ai primi anni del ’900 (Conton 1909a, pp. 5-8, Conton 1909b, pp. 345-352).

2 Biblioteca del Museo Correr, Ms. PD C495/23.3 Cfr. RMRVe, VI/3, 1/16.4 Museo Correr di Venezia, Archivio Storico, 1893, fasc.

176. Sempre nella cartella del 1893 si conservano altri due fascicoli riguardanti il dono: fasc. 52, nel quale sono com-prese carte datate tra l’11 e il 18 aprile da cui si evince che il Comune di Venezia, ricevuta l’offerta dei reperti, aveva chiesto un parere al Comitato Direttivo del Museo che si pronunciava positivamente essendo gli oggetti d’interesse archeologico e relativi alla provincia di Venezia; fasc. 57, nel quale si trova l’atto, datato 26 aprile 1893, con il quale il Sindaco Franco, ricordando che la Giunta Municipale «aveva accettato con grato animo il dono fatto», comunica-va che gli oggetti sarebbero stati conservati nel «patrio Mu-seo» e che del trasporto si sarebbe occupato Gidoni stesso.

Sono riconoscente verso i cari colleghi Camillo Tonini e Rossella Granziero per avermi agevolato nelle ricerche condotte presso l’Archivio Storico del Museo. Un ringrazia-mento particolare va indirizzato anche a Giacomo Masato per l’aiuto datoci presso il Museo Civico di Storia Naturale.

5 Già nel 1888 al Museo Correr era giunto un altro og-getto rinvenuto nel territorio di competenza dell’ispettore Gidoni: si trattava di una colonna miliaria scoperta nella località di Sambruson. In quella circostanza il reperto fu donato alla Regia Deputazione di Storia Veneta che la de-positò presso il Museo Civico di Venezia (v. VI. S. Bruson 1888). La preziosa e premurosa attività svolta da Gidoni, affinché fosse conservato in modo consono quanto veniva alla luce nel territorio da lui sovrinteso, va indubbiamente riconosciuta e di conseguenza ingeneroso e immotivato si rivela il giudizio dato da Conton nel 1909: «Quando nel 1893, si fece lo scolo consorziale Cornio di Campagna Lu-pia … vennero disseppellite molte antichità e specialmente oggetti appartenenti a corredi di tombe. Ma per la indif-ferenza o incompetenza, di chi dirigeva lo scavo, non fu data nessuna importanza alla scoperta e si lasciò disperdere ogni cosa» (Conton 1909b, p. 345).

6 Questo allegato non è più presente nel fascicolo. Pro-babilmente copia di questa planimetria fu inviata in segui-to anche a Luigi Pigorini: v. infra, nota 6 e testo corrispon-dente. Quest’ultima, firmata proprio da Eugenio Gidoni, è riprodotta in Leonardi 1941, tav. V. Ad ogni modo, la documentazione più dettagliata che Gidoni si riservava di

consegnare in seguito («regolare relazione e relativa pla-nimetria di queste mie ricerche») non è dato sapere se sia stata effettivamente realizzata e consegnata.

7 Vengono qui omesse le parti riguardanti il comune di Gambarare che saranno oggetto di una prossima pubblica-zione a cura della scrivente.

8 Museo Correr di Venezia, Archivio Storico, 1898. At-tualmente la pratica si trova estrapolata dalla sua cartella originaria.

9 Nell’Archivio Pigorini conservato presso l’Università di Padova si trova la lettera con cui Bertoldi chiedeva l’illu-stre parere, accompagnata da una piccola foto di corredo (Università di Padova, “Fondo Pigorini”, d’ora in poi citato FPUPd, Antonio Bertoldi, 26.12 1893).

10 L’interesse per questo reperto si può arguire anche da un succinto elenco manoscritto dei doni ricevuti dal museo nel corso del 1893 (Museo Correr di Venezia, Ar-chivio Storico, 1893, fasc. 1): accanto all’indicazione dei singoli oggetti è riportata una valutazione dalla quale si apprende che la barca, l’asse e la pietra da macina furono stimati complessivamente £ 400, mentre le tre anfore ai nn. 1-3, £ 20 e gli altri quarantanove oggetti £ 80.

11 Museo Correr di Venezia, Archivio Storico, 1893, fasc. 176.

12 Bertoldi 1894, p. 7: «…Simili barche (piroghe) di mi-nori dimensioni (m. 2.50 circa) si trovarono nelle Torbiere di S. Giovanni del Bosco in Piemonte (cfr. Gastaldi, Icono-grafia di alcuni oggetti di remota antichità rinvenuti in Italia. Torino 1869, pag. 18 e tav. IX)…». La comunicazione di Bertoldi sulla canoa venne poi ripresa nella rivista «Bul-lettino di paletnologia italiana», diretta dallo stesso Luigi Pigorini e da Pellegrino Strobel (Cfr. Canotto scoperto 1894).

13 Martinelli, Pignatelli 1998.14 Questi ultimi bolli vanno attribuiti alla figlina Pan-

siana e interpretati rispettivamente come C. CAESAR PANS. (o PANSI.) e TI. CLAVD. PANS.: entrambi si datano nell’ambito del I sec. d.C.

15 Bertoldi 1894, p. 8.16 Museo Civico 1899, pp. 32-33, nn. 12-14, 16-19, 24-32,

pp. 35-36, nn. 1, 4, 6-9.17 Il luogo di rinvenimento della moneta di Gallieno

è dato erroneamente come “Carnio” in luogo di Cornio (v. Museo Civico 1899, p. 32, n. 16); la provenienza di altri oggetti è indicata senza il nome della località, ma sempli-cemente con la formula “Idrovora VII sup.” (v. Museo Civico 1899, p. 32., n. 17 e p. 33, n. 19), i mattoni e i frammenti di mattoni sono descritti come provenienti indistintamente da “Lova e Gambarare” (v. Museo Civico 1899, p. 36, n. 7); di altri oggetti ancora è fornito solo il nome del donatore in-dicato come “d. Consorzio VI Presa” (v. Museo Civico 1899, p. 33, n. 31).

18 Nella descrizione delle vetrine nelle quali si trovava-no esposti i pezzi di Campagna Lupia e Gambarare compa-iono oltre che reperti da altri siti archeologici, come Con-cordia, Salona, Monastier, Vittorio Veneto, Venezia - Piazza

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San Marco, Nerviano, Aquileia, anche altri oggetti di “tipo archeologico” provenienti dalle collezioni Molin e Ghega.

19 Museo Civico 1899, p. 33, n. 19.20 Museo Civico 1899, p. 32, n. 12.21 Il 26 ottobre del 1937 veniva formalizzato uno scam-

bio tra la Soprintendenza all’arte medioevale e moderna di Venezia e il Comune di Venezia: il primo Ente concedeva in deposito al Museo Correr una serie di beni artistici, tra i quali le tavolette dei mestieri, e riceveva in cambio per il Museo Archeologico, oltre alla famosa statua dell’Agrippa, di provenienza Grimani, una cospicua serie di materiali archeologici. Tra gli oggetti che dovevano essere traspor-tati al Museo nazionale compariva anche la canoa (Museo Correr di Venezia, Archivio Storico, 1937, fasc. 87bis) che invece in seguito passò al Museo di Storia Naturale che era stato istituito nel 1923 al Fondaco dei Turchi.

22 Pur non essendoci una data di compilazione accanto alle voci inerenti i reperti di Campagna Lupia, i termini cronologici della loro inventariazione nelle collezioni civi-che possono essere presupposti, da un lato, dalla posizione che questi occupano nei registri: nell’inventario delle “ce-ramiche” prima di tali oggetti si trova il pezzo con il n. 361 per il quale viene riportato come data di restauro l’anno 1971 (non si tratta di una nota aggiunta in un secondo mo-mento in quanto tutta l’annotazione illustrativa del pezzo risulta omogenea per il colore dell’inchiostro e per la gra-fia); d’altro canto i numeri d’inventario Correr si trovano già riportati negli elenchi redatti a seguito del riscontro del 1973, i quali costituiscono quindi un termine ante quem.

23 Questa pubblicazione, infatti, costituisce l’unica, tra quelle che hanno in qualche modo illustrato i reperti degli scavi seguiti da Gidoni, ad avere avuto una certa diffusione e, quindi, ad essere riportata anche in studi relativamen-te recenti: cfr. RMVE, VI/3, 1/5/12-13?; CAVe, IV, 51.234, 65.14.

24 Leonardi 1941, p. 304. Probabilmente si tratta delle monete rispettivamente di Vespasiano da Lugo, indicata nella relazione di Gidoni del 1898, e di Faustina da Avesa-Gambarare, elencata nella relazione dello stesso del 1893, al n. 54: del passo relativo a quest’ultimo esemplare non abbiamo riportato la trascrizione sopra, poiché si riferisce ad una differente localizzazione.

25 FPUPd, Eugenio Gidoni, lettere del 3 e del 20 maggio 1896. Alla prima sono allegate due piccole foto relative al rinvenimento della canoa monossile, mentre alla seconda è allegato il fac-simile di una piastrina metallica non meglio identificabile e la copia del rilievo planimetrico inerente i rinvenimenti archeologici dall’area di Lova.

26 Cfr. supra, nota 6.27 FPUPd, Eugenio Gidoni, lettera del 3 maggio 1896. Le-

onardi 1941, p. 301, ricorda invece che il rinvenimento dell’imbarcazione avvenne nel febbraio del 1893.

28 Leonardi 1941, p. 304.29 Il rinvenimento dell’ascia nel 1891 era già indicato,

benché difficilmente leggibile, nel rilievo topografico ese-

guito da Gidoni riprodotto in Leonardi 1941, tav. V.30 Il deposito consta di quasi ottocento oggetti tra mate-

riali lapidei, bronzei e terracotte di diverse provenienze ai quali si aggiungono circa centociquanta oggetti della colle-zione archeologica del barone Nyáry (v. Gilli 1999).

Si ringraziano gli amici Cristina Dossi, Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Venezia, nonché Mar-cella De Paoli e Luca Trolese, entrambi i quali hanno fatto parte del personale in servizio presso questo Museo, per avermi agevolato in ogni modo nella ricerca e verifica dei materiali che non sempre è risultata agevole.

31 La documentazione di questo riscontro, sottoscritta da Marcella De Paoli, Luca Tirolese e Maria Cristina Valli-celli, è costituita da una relazione, datata 1 febbraio 2008, accompagnata da elenchi dettagliati, divisi per classi di materiali e illustrati da un piccolo corredo fotografico e grafico. Copia della pratica si trova anche presso l’ufficio del Catalogo del Museo Correr cui spettava il compito di seguire le fasi del riscontro per il Comune di Venezia.

32 Sebbene compreso nella pratica dello scambio del 1937, il pezzo non viene più citato nei riscontri successivi. La sua presenza è stata invece accertata presso i depositi del Museo Archeologico di Venezia dove si trova appeso ad una parete.

33 Elenco Gidoni 1893, lett. C., inv. Museo Correr di Ve-nezia (da qui abbreviato anche in MC), Cl. XXV, n. 1076; Museo Archeologico di Venezia (da qui anche abbreviato anche in MAV), n. 59. Si tratta di un disco da macina di cm 120 circa databile probabilmente alle fasi tardo medievali se non dopo: cfr. Donner, Marzoli 1994, p. 92; De Ra-chewiltz 1994.

34 Elenco Gidoni 1893, n. 4, inv. MC, Cl. XXVII, n. 365; MAV, n. 750.

35 Elenco Gidoni 1893, n. 17, inv. MC, Cl. XXV, n. 1078; MAV, n. 83. Si tratta della parte superiore di una macina rotatoria manuale purtroppo databile genericamente tra le fasi romane tardo repubblicane e quelle imperiali alme-no fino al V sec. d.C. e anche oltre: cfr. Donner, Marzoli 1994, pp. 84-89.

36 Elenco Gidoni 1893, nn. 18-20; inv. MC, Cl. XXVII, n. 387, MAV, nn. 110-112.

37 Elenco Gidoni 1893, nn. 21-23; inv. MC, Cl. XXVII, n. 385, MAV nn. 89, 101-102. Di questi è stato possibile riscon-trare soltanto il n. MAV 89 (= Elenco Gidoni 1893, n. 22). Purtroppo, dei rimanenti due reperti non è stato possibile prendere visione a causa della momentanea inagibilità di uno dei magazzini del Museo Archeologico di Venezia. Per lo stesso motivo non si è potuto esaminare il mattone con iscrizione funeraria indicato alla nota seguente.

38 Elenco Gidoni 1893, n. 24; inv. MC, Cl. XXVII, n. 386, MAV n. 113. V. nota precedente.

39 Elenco Gidoni 1893, nn. 25-29; inv. MC, Cl. XXVII, n. 386, MAV n. 127-131.

40 Elenco Gidoni 1893, nn. 30-37; inv. MC, Cl. XXVII, n. 388, MAV n. 123.

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41 Elenco Gidoni 1893, n. 50; inv. MC, Cl. XXV, n. 1085, MAV n. 409.

42 Elenco Gidoni 1898, n. 7; inv. MC, Cl. XXVII, n. 386, MAV n. 770.

43 Elenco Gidoni 1898, n. 1; inv. MC, Cl. XXVII, n. 375, MAV n. 773.

44 Questo è il caso per esempio dei tre pesi circolari con foro passante centrale tra quali uno reca inciso LM e un altro presenta una serie di 4 (?) stampiglie radiali, in carti-glio rettangolare. La datazione di questi manufatti, infatti, è amplissima, dall’età romana alta a quella tarda, proprio per il loro uso in svariati lavori domestici. Per l’impiego di stampiglie su un peso circolare cfr. Cottica 2003. Si rin-grazia per questa nota Stefania Mazzochin.

45 Si tratta di un’ascia in pietra verde levigata con ta-glio convesso a tallone appuntito. Data l’assenza di conte-sto una collocazione cronologica precisa del pezzo risulta abbastanza problematica. Una sua datazione al Neolitico antico (metà VI-inizi V millennio a.C.) sembra tuttavia la più probabile. Per quanto riguarda l’Italia i confronti più puntuali si riscontrano in Liguria e Piemonte. In particola-re si possono citare un’ascia senza contesto proveniente da S. Damiano-loc. San Giulio (Ventura 1996, p. 107, fig. 3) e conservata nelle collezioni del Museo di Genova e una, sporadica, proveniente presumibilmente dal “Territorio piemontese” (Zamagni 1996, p. 148, fig. 4). D’altra parte la pietra con cui è realizzato il manufatto è molto probabil-mente “pietra verde” delle Alpi occidentali. Solo analisi pe-trografiche ad hoc possono tuttavia contribuire a precisare il tipo di pietra e a delimitare meglio l’area di provenienza. Ringrazio sentitamente per queste informazioni Michele

Cupitò e Alessandro Facchin ai quali si deve questo primo inquadramento di tale eccezionale manufatto.

46 Cfr. Strazzulla 1987, pp. 324-325, tipo XIV A 1: il modello da cui deriva questa antefissa è urbano e sarebbe databile nell’ambito del I sec. a.C. Un sentito ringrazia-mento va indirizzato a Stefania Mazzochin per i dati, l’in-quadramento cronologico e i confronti bibliografici forni-tici in questo caso nonché in tutti quelli indicati nelle note successive relativamente ai reperti ceramici.

47 Cfr. ibidem e CAVe, IV, 51.235.1.48 Tra questi i meglio conservati risultano: C. FLAVI im-

presso su un frammento di embrice e PANSIAN[A] impres-so su un frammento di mattone. Il primo trova confronti con un C. FLAVI F. e un F. FLAVI attestati a anche a Con-cordia (Cipriano, Mazzocchin 2007, p. 655), riferibili al I sec. d.C.; il secondo, PANSIANA, sarebbe databile all’età augustea e trova numerosi confronti (Cipriano, Mazzoc-chin 2003 e Cipriano, Mazzocchin 2007).

49 CAVe, IV, 65.14.50 Materiale inedito illustrato nel sito internet sotto la

sezione dei bolli: www.anto2ni.it/ludovico/minomedua-co/documenti/bollo/campagna_lupia/campagna.htm.

51 CAVe, IV, 51.235.2.52 CAVe, IV, 51.237.53 Lucerna a canale tipo Firmalampen, integra, corpo

ceramico di colore arancio rosso; il serbatoio è troncoconi-co rovescio, la spalla inclinata con tre borchiette contrap-poste, il disco ribassato piano con foro di alimentazione centrale circolare e becco a canale aperto con foro di aera-zione. Il bollo può essere collegato all’officina di Vibianus, specializzatasi in questo tipo di lucerne, attiva nel corso del-la metà del II sec. d.C. (cfr. Buchi 1975).

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