Santa Muerte un culto tra mercato e crisi

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Transcript of Santa Muerte un culto tra mercato e crisi

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Messico, un paese dove milioni di persone adorano la morte. Un

paese dove il surrealismo è vita e la morte è una Santa, fatta

di metallo e vetroresina, una Santa che in molti suscita

terrore e rifiuto e in altri venerazione e rispetto. (Olmos

2010:13)

En una tierra antigua, el negro, color de la tierra fecunda,

era el color de la vida, y el blanco, color de los huesos, era

el color de la muerte. (Galeano 1998:61)

“…no me insultes ni me juzgues, puesto que soy una obra

más de tu creador. Yo no soy culpable de que me digan

Santísima Muerte si es que eso te molesta. Recuerda

que Jesucristo, hijo de Dios Padre, murió y así resucitó.

Yo soy el espíritu de luz que te lleva hacia Él cuando tu alma

se desprende de tu cuerpo y tienes que rendir cuentas de

tu vida. Si no conoces de mí, no hables de más, primero

investiga y conóceme para que después puedas dar tu

opinión, porque yo no soy un ser satánico, tampoco soy un

ser diabólico, mucho menos me llevo a un ser querido si no

cumpliste lo prometido, y entiendo que por esta ocasión no

pudiste cumplir. Sin embargo, yo te puedo ayudar, porque

soy un ángel que Nuestro Padre creó, yo soy la niña que te

Santísima Muerte, creo en ti porque sé que existes desde

el principio de los tiempos, creo en ti porque eres justa y no

discriminas, lo mismo te llevas un joven que un viejo, un rico

o un pobre; creo en ti porque eres la madre de los ciclos,

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pues todo lo que empieza termina y todo lo que vive

muere; creo en ti porque seguro estoy que algún día nos

veremos, por eso y más prefiero estar en ti y no contra

ti y así me puedas dar una muerte santa. Contigo voy,

Santísima Muerte, en tu poder voy confiado, pues yendo

de ti amparado, mi alma volverá segura, dulce madre, no

te alejes, tu vista de mí no apartes, ven conmigo a todas

partes, y a mí solo nunca me dejes, ya que me proteges,

como verdadera madre haz que bendiga el Padre, el Hijo

y el Espíritu Santo, amén.” 1

1 Orazione alla Santa Muerte recitata durante e alla fine del rosario tratta da Fragoso Perla 2011:13-14

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INDICE

Introduzione

Capitolo 1: Elementi descrittivi

1.1 Descrizione iconografica

1.2 Il rito

1.3 Diffusione e luoghi di culto

Capitolo 2: Origine e identità

2.1 Uno sguardo alla storia moderna: genealogia

dell'immaginario sulla morte in Messico

2.2 Politiche culturali, Dias de los Muertos e

patrimonializzazione della morte

2.3 Conclusione

Capitolo 3: La Santa e le Chiese

3.1 Iglesia Catolica Tradicional Mexico Estadunidense

3.2 La Santa Muerte e la Chiesa Cattolica

3.3 Conclusione

Capitolo 4: In un mondo globalizzato

4.1 Culto migrante

4.2 Culto in rete

4.3 Culto mercantile

Capitolo 5: Prospettive di antropologia della crisi

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5.1 Introduzione

5.2 Il ruolo creativo della violenza

5.3 La Santa Muerte, una risposta simbolica

Introduzione

È un'immagine forte quella della Santa Muerte, soprattutto per

noi che viviamo in società che sempre più cercano di

nascondere e dimenticare la morte. Uno scheletro di donna,

inneggiata e amata, simbolo di speranza per chi ci crede ma

che a molti altri fa paura.

I fedeli la chiamano con molti nomi differenti: la Señora, la

Santissima, Señora de las Sombras, Gran Señora , Niña Blanca,

la Flaca, la Madrina, la Jefa, la Bonita, la Flor Blanca etc

etc.

La cosa più incredibile di questo culto, che risulta insolito

e anche un po' macabro per la “sensibilità comune”, è la

velocità con cui si sta espandendo dentro e fuori i confini

messicani.

Ma cosa spinge tanta, sempre più gente ad affidare le sue

preghiere a questa Santa?

La religione è prima di ogni altra cosa un sistema di pensiero

e di azione attraverso cui le società umane hanno potuto dare

un senso ed esercitare un controllo sul mondo naturale. Nel

corso della storia alcune religioni sono state declassate e

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definite come magia, animismo, superstizioni ed eresie; altre

si sono fatte “Chiese” e hanno legittimato e dato forma alle

più diverse strutture di potere. Negli ultimi due secoli il

mondo si è sottratto al controllo divino: la rivoluzione

industriale e l'illuminismo sono state le spinte propulsive di

questo processo di laicizzazione. Forse per un certo tempo gli

ideali di progresso, di universalità dei diritti e della

condizione umana e le diverse ideologie politiche si sono

sostituiti al religioso, grazie alla loro capacità di

modellare gli orizzonti ideali e canalizzare le energie delle

società moderne. Nella seconda metà del novecento la fiducia

nel progresso umano si è però affievolita sempre più:

l'economia globale non porta maggiore prosperità ma aumenta la

disuguaglianza tra gli uomini e depreda le risorse del

pianeta, la sovranità nazionale si piega ai dictat di un

economia finanziaria che si rivela instabile, gli stati non

sanno, né possono rispondere alle esigenze della cittadinanza.

Qui in Italia si ripete spesso che i giovani di questa

generazione saranno i primi le cui condizioni di vita si

prospettano peggiori di quelle dei genitori: la precarietà si

fa beffa dei diritti conquistati nel corso degli anni, le

aspettative di realizzazione personale nel lavoro sono quasi

nulle, lo stato del wellfare viene progressivamente

smantellato.

Tutto questo è ancora più evidente nelle società

latinoamericane2: qui gli effetti di secoli di sfruttamento

2 In tutto il testo mi riferirò spesso alla situazione regionale piùche a quella specificatamente nazionale messicana. Questo perché seppurcon le dovute attenzioni credo sia utile e funzionale accostare questerealtà, sopratutto quelle centroamericane, in quanto attraversate da

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rendono la disuguaglianza sociale molto più estrema: cresce il

numero di coloro che vivono al margine del sistema e con essi

cresce anche la criminalità, mentre non accenna a diminuire

l'impunità e la corruzione tra i potenti.

Quasi come controparte della disillusione, dell'incertezza e

dell'assenza di prospettive con cui ci troviamo a fare i conti

assistiamo a una riscoperta della spiritualità da parte di

molti individui; questa però non si rivolge, o lo fa in minima

parte, alle dottrine religiose già esistenti che si fondano

sulla fede e la speranza in una vita ultraterrena. Si diffonde

invece una nuova forma di religiosità, o meglio di

spiritualità, che si caratterizza nella infinita molteplicità

delle sue forme per il suo essere sincretica e adattabile: i

soggetti attingono da diversi sistemi religiosi le pratiche

che meglio rispondono alle loro esigenze, mischiandole e

personalizzandole.

È in questo scenario sociale ed esistenziale che credo bisogna

collocare il culto alla Santa Muerte per comprenderne, al di

là dei caratteri più evidenti, il significato che assume per i

fedeli.

Il testo, che parte da una prospettiva antropologica, fa uso

di una bibliografia perlopiù in lingua spagnola e include

scritti antropologici, sociologici, letterari e storici.

Un'importante parte della ricerca è stata svolta attraverso le

situazioni sociali comparabili e anche per la tendenza dello stesso cultodi fuoriuscire dai confini dalla nazione che l'ha partorito ed attecchirein diversi contesti.

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informazioni a disposizione su internet: blog di fedeli e non,

interviste, video, inchieste e documenti giornalistici,

questo ha in parte colmato, seppure in modo indiretto, le

carenze etnografiche.

Inoltre il mio soggiorno a Madrid, presso l'Universidad

Complutense, mi ha permesso di rendere il lavoro più completo:

non solo migliorando le mie capacità linguistiche e

permettendomi l'accesso a materiali non reperibili in Italia,

ma anche dandomi la possibilità di calarmi in un contesto

sociale sicuramente più vicino a quello su cui stavo

indagando. La presenza di moltissimi immigrati e comunità

latine, l'attenzione giornalistica e culturale dedicata a

questa regione, la possibilità di confrontarmi direttamente

con ragazzi che vengono da questi paesi e di “cercare” i

segni di questa devozione in Spagna, seppure senza la

completezza di un lavoro di campo, sono tutti elementi che

penso abbiano arricchito molto il mio lavoro.

La tesi prende avvio con una parte descrittiva (capitolo

primo) in cui si esplora l'iconografia, il rito, le forme e i

luoghi di culto, tutti elementi imprescindibili per farsi

un'idea del fenomeno.

Il secondo capitolo riguarda la spinosa questione delle

origini, per farlo è necessario distaccarsi dal fenomeno

religioso in sé e soffermarsi sulle rappresentazioni

dell'identità messicana: questa si autodefinisce in relazione

ad un rapporto scherzoso ed affettuoso con la morte. Dopo la

decostruzione di questo stereotipo si affronta l'immaginario

8

legato alla morte, che in Messico è sempre stata al centro di

discorsi e pratiche politiche, per ribadire come questo

substrato che costituisce una sorta di “possibilità di

esistenza”, terreno fertile in cui si innesta il culto, faccia

parte della storia moderna messicana. Ci soffermeremo inoltre

sulle attuali politiche di “patrimonializzazione” della morte,

incentrate sulle celebrazioni de los Dias de los Muertos,

festività dai caratteri sincretici, che viene proposta oggi

come esempio dell'autenticità e specificità culturale

messicana.

Arrivando a definire la Santa Muerte come un culto ibrido che

attinge da diversi sistemi religiosi, ma si costituisce a

partire dal variegato mondo del cristianesimo popolare

latinoamericano, è necessario affrontare il rapporto di

quest'ultima con le diverse realtà religiose presenti nel

paese, soprattutto la Chiesa Cattolica e la Iglesia

Tradicional Mexico-Estadunidense (capitolo terzo).

Il quarto capitolo inserisce il culto nelle dinamiche della

società globalizzata, indicando alcuni fenomeni specifici

della globalizzazione come fattori costituenti di questa

devozione. Il suo essere un culto migrante e di migranti,

centrale nell'identità di chi si allontana dalla sua terra

d'origine; la sua diffusione virtuale attraverso le

tecnologie informatiche che, semplificando la comunicazione

tra i fedeli e il reperimento di informazioni e materiali, lo

rendono accessibile in ogni angolo del pianeta. Infine la sua

capacità di incarnare valori propri della società

contemporanea: soprattutto l'individualismo e un ideale di

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giustizia mercantile e fondata sullo scambio; tutti questi

elementi sono centrali nel successo della diffusione del culto

come nella definizione dei suoi caratteri.

L'ultimo capitolo (capitolo quinto) si propone di presentare

alcune prospettive di antropologia della crisi: dopo una prima

parte in cui si indaga il ruolo della violenza nelle società

centroamericane si tenterà un approccio alle ripercussioni

culturali e sociali della violenza stessa e dell'insicurezza

che da essa scaturisce. Nonostante la dinamicità e la varietà

di un fenomeno ancora in via di definizione, cercherò di

capire in che modo questo culto riesce a incanalare,

raccogliere e dare forma alle esigenze di una società segnata

da queste tensioni.

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Il culto. Elementi descrittivi

1.1 Descrizione iconografica

L'iconografia legata all'immagine della Santa Muerte è ricca e

fantasiosa.

Grande importanza è data alla veste: può indossare un

“barocco” abito da sposa o una semplice tunica colorata;

perlopiù ha la postura di una Santa cristiana e spesso la sua

figura si confonde con quella della Vergine di Guadalupe o

della Catrina di Posada.

Le rappresentazioni sono varie e non tutte la raffigurano come

uno scheletro (Perdigòn 2008:79). Per esempio c'è l'Angelo

della morte, o la versione incarnata della Santa che ha le

fattezze di una donna giovane e bella. C'è poi la Santa Muerte

Piadosa in cui assume le pose della pietà di Michelangelo con

uno scheletro tra le braccia e il capo rivolto al cielo.

Penso valga la pena di soffermarsi sull'immagine della Santa,

l' abbigliamento e gli attributi rivelano molto delle idee e

dei concetti chiave del culto.

Quindi iniziamo dalla tunica che per il credente contiene già

un valore simbolico profondo: si opera un'analogia tra la

Santa che copre le sue fattezze scheletriche e gli esseri

umani che nascondono a loro stessi la loro natura interiore,

preoccupandosi solo delle apparenze effimere e superficiali.

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La tunica rappresenta il tentativo di negare il destino che

tutti abbiamo inscritto nel nostro corpo e che ci rende

uguali, semplici e mortali esseri umani (Velazquez

2008:21,22); è un monito a ricordare l'ineluttabilità e

l'equità della morte che non si cura del mondo degli uomini,

con le sue differenze, le sue ingiustizie e le sue leggi.

Il colore della veste è molto importante e cambia a seconda

del motivo che spinge all'invocazione: bianca rappresenta

pace, armonia e purezza; spesso la veste bianca è un vero e

proprio abito nuziale che ne esalta la forza redentrice e

purificatrice.

Dorata o gialla è simbolo di prosperità economica e successo

materiale, particolarmente diffusa nelle attività commerciali.

Azzurra rappresenta salute mentale e saggezza, molto

utilizzata da studenti o lavoratori nel campo della

conoscenza. Rossa è simbolo di amore e passione, aiuta più in

generale ad avere buone relazioni.

Verde è simbolo di speranza e giustizia, mentre color ambra è

usata per le richieste riguardanti problemi di salute. Nera

assicura una protezione totale, dai nemici e da qualsiasi tipo

di danno, anche quelli ad opera di entità spirituali negative.

Viola è utilizzata per assicurarsi una buona sorte (Velazquez

2008:22-25).

Tuttavia queste associazioni sono indicative e non esaustive,

hanno carattere aperto e variabile, possono non coincidere e/o

sfumare le une nelle altre.

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Degna di nota è la Santa Muerte dei sette poteri, con una

tunica dai sette colori che garantiscono protezione e successo

in ogni situazione. Potrebbe essere questa una contaminazione

tra il culto in questione e le credenze afrocaraibiche in cui

si adorano le sette potenze.

Solitamente la Santa è contornata da diversi oggetti, nessuno

è collocato “a caso” e possono essere combinati liberamente

anche se alcuni tendono ad essere considerati indispensabili.

La falce simbolizza la giustizia implacabile della morte,

allontana le cattive energie e secondo alcuni è anche simbolo

agricolo di prosperità.

Il globo rappresenta l'estensione territoriale del suo potere

che non conosce frontiere, per questo la sua presenza assicura

buoni risultati per qualsiasi tipo di richiesta.

La bilancia allude all'equità, è simbolo di giustizia

imparziale e di compensazione: racchiude l'idea della

corrispondenza tra colpa e castigo e aiuta il fedele a

conseguire stabilità, fermezza e sicurezza.

La spada serve per ottenere protezione, notoriamente questo

tipo di richieste si concretizzano in “strategie” per

prevenire attacchi, incontri spiacevoli e “minimizzare” i

rischi di morte violenta.

La clessidra è simbolo dello scorrere del tempo, misura la

vita di ciascuno su questa terra e il suo capovolgersi

rappresenta il nesso tra mondo inferiore e superiore, ispira

la consapevolezza che questa vita è effimera e invita a

viverla con pienezza.

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La lampada ha funzione di guida: simboleggia l'intelligenza e

la saggezza, qualità che aiutano il fedele a vedere con

chiarezza, stesso valore è attribuito al gufo, animale dotato

di una vista e un senso dell'orientamento eccezionali

(Velazquez 2008:19-21).

Vale la pena notare come questi simboli rivelino un forte

legame con la visione del mondo della “tradizione

occidentale”, numerosi sono infatti i riferimenti alla

mitologia greca-latina, alle rappresentazioni medioevali della

morte e alle tradizioni popolari europee (Perdigòn 2008:77).

In alcuni casi, come quello del colore della veste, queste

conoscenze possono trasformarsi in veri e propri strumenti

rituali; oppure, come nel caso degli oggetti, possono essere

rivelatori riguardo interpretazioni più astratte e

“simboliche” che ci mostrano valori, idee e sistemi di senso

in cui gravita il fenomeno.

1.2 Il rito

Le pratiche di culto sono differenti, fluide e in costante

mutazione, questo è dovuto al carattere fortemente spontaneo

del culto.

La Santa, se si fa eccezione la “anomala” Chiesa Tradizionale

Messico Statunitense, è estranea alle varie istituzioni

ecclesiastiche, che anzi le hanno dichiarato guerra aperta.

Non c'è una definizione “ortodossa” né del rituale né del

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credo che manca di strutture o istituzioni ufficiali e

gerarchizzate, la devozione assume forme personali e intime e

il più delle volte si articola tra le mura domestiche o

all'interno della propria attività lavorativa.

Sebbene ci siano momenti di preghiera collettiva3 la maggior

parte dei rituali hanno carattere solitario e privato e questo

lo rende “accessibile”, facilmente praticabile da tutti e in

qualunque luogo. Le prescrizioni sono poche e semplici e non

sono necessari specialisti o mediatori: gli opuscoli rituali,

venduti per le strade o nei circuiti commerciali virtuali,

sono pieni di istruzioni che invitano il fedele a “compiere da

sé” la maggior parte delle azioni (Flores 285;2008).

Le preghiere sono il mezzo di comunicazione privilegiato con

l'entità spirituale, di solito sono connesse a un favore

specifico e se ne trovano delle più svariate, in seguito ci

soffermeremo più specificatamente su questa questione4.

Ma per la Santa Muerte si compiono anche veri e propri

rituali, dalla “limpia” dell'altare (Perdigòn 2008:86) ai

cosiddetti “lavori rituali”: azioni volte a una manipolazione

delle forze sovrannaturali, attraverso cui vengono oggettivati

desideri e esigenze personali, al fine di ottenere un

beneficio concreto, ovvero un “miracolo” da parte della Santa

(Perdigòn 2008:67).

I materiali utilizzati sono diversi e formano parte di un

patrimonio condiviso tra pratiche tradizionali, mediche,

3 Vedasi capitolo 1.34 Vedasi capitolo 4.3

1

spirituali autoctone e i culti “afrocaraibici” quali Santeria

e Cordonbleau: si utilizzano fotografie, piante, candele, aghi

e spilli, strisce di stoffa, miele, pietre, frutti, oggetti

personali. Questo è dovuto al sovrapporsi di questi saperi

“culturali” (oltre che dei loro circuiti di diffusione e

commercializzazione) le cui pratiche sono veri e propri

strumenti d'azione e di comprensione del mondo per molti

individui e non è inusuale l'associazione tra la Santa Muerte

e Oyà5 (Perdigòn 2008;73) o Yemayà6 , rispettivamente figure

della Santeria e dello Yoruba.

L'altare è un luogo centrale per questi rituali e per il culto

in generale, è lo spazio sacro per eccellenza, dove i fedeli

entrano in contatto con la Santa. Non è un caso che una delle

più significative obbligazioni per i devoti è proprio quella

di prendersi cura dell'altare, costantemente e con affetto,

senza mai trascurarlo.

Può avere diverse caratteristiche a seconda che sia personale,

familiare o inserito in un negozio e molto è lasciato anche al

gusto, alla sensibilità e alle necessità di ciascuno. Sempre

più si vanno diffondendo altari “privati” che vengono offerti

ad un uso pubblico, per esempio durante l'orario di chiusura

di un attività commerciale7.

5 Figura spirituale della Santeria, divinità dei temporali, dei venti e deifulmini. Simbolizza il carattere violento e impetuoso. Vive all'ingresso dei cimiteri. Rappresenta l'intensità dei sentimenti lugubri e il mondo dei morti

6 È la padrona del mare e della luna e rappresenta la dea della maternità universale e delle acque salubri. 7 Informazioni ricevute personalmente da Fabrizio Lo Russo.

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L'effige può essere una statua o un'immagine, non deve essere

rimossa né utilizzata per lavori rituali specifici che pongano

in pericolo la sua purezza. Indispensabile è una luce, può

essere di qualsiasi tipo purché sia sempre accesa; finché non

si spegne la Santa sarà sempre presente a proteggere il luogo

o le persone che le dedicarono l'altare (Velazquez 2008:27-

32).

L'altare è fondamentale anche e soprattutto come spazio per le

offerte, non dimentichiamo infatti che alla Santa Morte si

rivolgono invocazioni e preghiere, ma soprattutto si promette

e si chiede. Le offerte sono sempre necessarie per rendere

grazie, compiacere e fortificare la Santa, ma assumono un

importante “valore di scambio” quando si spera di ottenere o

già si è ottenuto qualche favore particolare.

Elementi imprescindibili delle offerte sono dei fiori

bianchi, un bicchiere d'acqua da rinnovare almeno ogni

quindici giorni, necessario a purificare il luogo e liberarlo

da cattive energie, ma anche dell'incenso e delle candele.

Ci sono molte altre offerte che non sono obbligatorie ma sono

lasciate alla libertà del credente (a seconda del gusto, delle

possibilità...) o richieste da qualche rituale specifico.

Alcuni esempi sono: bibite alcoliche, cibo (solitamente pane o

tortillas) come simbolo di abbondanza, sigarette o sigari,

denaro (specie negli altari nei negozi), frutta considerata

capace di dare nuova energia alla Santa, gioielli, vestiti; ma

qualsiasi oggetto può essere inserito nel rituale a

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discrezione del fedele (Velazquez 2008:32-38) e sono note le

offerte di droga sugli altari eretti dai narcotrafficanti.

La centralità delle offerte mette in luce il carattere pratico

della devozione, il rapporto che si instaura tra il fedele e

la Santissima non è disinteressato, speculativo o diretto a

una salvezza ultraterrena, la sua funzione è assolutamente

mondana e connessa alla richiesta di favori concreti.

La Santa Muerte “si que cumple” le richieste dei fedeli

(Velazquez 2008:17), anche in ambiti nei quali non sarebbe

lecito chiedere aiuto ad altri Santi. Ed è proprio questa una

delle caratteristiche che la rendono unica, non attribuisce

valore positivo o negativo all'azione umana. È considerata dai

suoi fedeli come una “justa jueza”, ma la sua è una giustizia

“che non giudica”, è equa, compensativa e mercantile, al passo

coi tempi.

È stimata e venerata proprio perché assicura lo stesso

trattamento a ciascuno, senza alcuna discriminazione. Il

rituale e il suo adempimento fa sì che si instauri tra il

fedele e la “sua Santa” un intimo rapporto di scambio, in cui

è forte il sentimento di obbligazione reciproca.

Un continuo “dare per avere” in cui la Santa Muerte aiuta

indiscriminatamente ma non disinteressatamente chi le si

rivolge (Flores 285-287): sottrarsi ad una promessa è

estremamente pericoloso, ma anche le effigi possono subire

ritorsioni e punizioni in caso di mancata compensazione.

1

Il valore utilitario non è solo un aspetto simbolico: la

devozione alla Santa Muerte mette in moto consistenti

circuiti economici reali, il fatto che luoghi importanti per

il culto siano i grandi mercati popolari di Sonora e Tepito a

Ciudad de Mexico mette in luce “l'accessibilità” di un culto

visibile nello spazio pubblico, che non necessita

intermediari, i cui articoli rituali sono reperibili e a buon

mercato...

La logica pratica e utilitaria del culto, spendibile nel

quotidiano e indirizzato verso fini ben determinati non è

considerata una forma di svilimento per la devozione, ma ne è

invece una “carta vincente” e contribuisce in buona misura al

suo successo. Vanta un egalitarismo che non è ideologico, ben

diverso da una promessa di giustizia nell'aldilà e non è

nemmeno

politico8; si tratta di un'uguaglianza pratica ed equilibrata,

quasi mercantile, che annulla le differenze a partire da una

possibilità di scambio.

1.3 Diffusione e luoghi di culto

Il culto ha origine in Messico, i primi segnali di devozione

alla Santa Muerte si fanno risalire con una certa sicurezza al

1965 a Hidalgo e al mercato di Tepito nella Città del Messico,

8 Se è vero che tutta una serie di rivendicazioni identitarie (capitolo 2) gravitano attorno al fenomeno non mi sembra che sia un elemento determinate e definitorio del culto. Quest'ultimo è più che altro “toccato tangenzialmente” da un processo di invenzione della tradizione incontinuità col passato indigeno che attraversa trasversalmente la società messicana.

1

tuttavia in questi primi tempi il culto è assolutamente

minoritario (Flores 2008:58).

La Santa acquista visibilità, risonanza pubblica, commerciale

e mediatica negli anni '90 del secolo scorso in un periodo

caratterizzato da insicurezza sociale e aumento delle violenze

in Messico, le cui cause vanno rintracciate soprattutto nella

profonda crisi sociale, politica, economica ed istituzionale

che il paese vive ancor oggi.

La letteratura più o meno accademica e la stampa tendono a

identificare i fedeli di questo culto con i gruppi marginali,

le persone che agiscono in contesti di violenza, rischio ed

esclusione sociale come narcotrafficanti, prostitute,

poliziotti, ragazzi di strada, tassisti e carcerati. E se è

indubbio che sia la diffusione sia la “salida publica” del

culto abbiano avuto una spinta iniziale tra queste categorie,

tuttavia negli ultimi dieci anni assistiamo alla diffusione

del culto trasversalmente a tutti i settori della società,

anche tra personaggi noti (Olmes 2010:17).

Ecco in proposito cosa riferisce un articolo già datato uscito

sul settimanale messicano la Jornada:

“Maledicencias en la voz del pueblo intentan acotar la popularidad de la Santissima

Muerte, le atribuyen ser la patrona de ladrones, narcos, prostitutas, contrabandistas,

en fin, de esa grey que opera dentro de las ilecitudes, pero la Santa es cada vez màs

venerada por gente que tiene forma de vida honesta, como se demuestra por el

numero de familias completas que asisten a sus rezos”9

9 Sergio Gònzales Rodriguez “En aumento, la adoracion a la Santissima Muerte” La Jornada 2 novembre 2003.

2

Il numero dei fedeli è in costante aumento e ad oggi si pensa

siano tra i tre e i quattro milioni10, ma c'è chi arriva a

parlare di dieci milioni di adepti.11 Incredibile non è solo la

sua diffusione numerica ma anche quella territoriale: il culto

oltrepassa fin da subito le frontiere nazionali e accompagna

molti migranti in terra straniera, si diffonde in altri paesi

latinoamericani e negli U.S.A..

La Santa Muerte, assume il ruolo di guida e riferimento per

coloro che si accingono all'impresa, spesso pericolosa, di

varcare le frontiere; la sua presenza è attestata nelle

comunità chicane di molte città come New York City, Houston,

Chicago, Tucson e Los Angeles12. Ma possiamo oramai affermare

che la devozione alla Santa Muerte si è timidamente affacciata

nelle metropoli europee, qui sebbene in maniera silenziosa il

culto è attivo, come dimostra la vendita di appositi articoli

nelle “catene commerciali”13 specializzate in esoterismo.

Un nodo centrale nel successo e nella capacità di

attecchimento della devozione alla Santa Muerte è proprio la

sua adattabilità commerciale, il suo carattere mercantile e la

centralità dello scambio; tutto questo permette di attivare

preziosi circuiti economici che operano come spinta propulsiva

ma anche come possibilità di esistenza del culto, specie per

tutti quei fedeli che non vivono in Messico.10 Le cifre al riguardo sono tutte indicative e ipotetiche, questo dato mi

sembra abbastanza affidabile perché riscontrato in diverse fonti.11 Fabrizio Lo Russo “Quei dieci milioni di devoti alla Santa Muerte” L'unità 2 febbraio 2012.12 Steven Gray “Santa Muerte: The New God in Town” Time U.S. 16ottobre 2007. 13 Vere e proprie catene commerciali come “El Orden de Alaya” o “Santeria la

Milagrosa” in Spagna.

2

La compra-vendita dei prodotti necessari alla cura dell'altare

è indicativa a riguardo, così come l'importanza attribuita a

queste attenzioni. L'altare è centrale nel culto, non deve mai

essere trascurato e ne esistono molti tipi differenti, a

seconda dell'uso e delle esigenze: oltre a quelli casalinghi e

commerciali, ce ne sono di più curiosi come quelli “mobili”

montati su carretti ambulanti, taxi o camion. Altri vengono

eretti da curatori o personalità dalle capacità spirituali

riconosciute che fanno particolari “trabajos” come per esempio

caricare di energia un'immagine della Santa. Non mancano

altari “callejeros” cioè di strada, nelle affollate città

messicane come nelle desolate strade che portano al nord e

famosi, soprattutto in seguito al loro ritrovamento presso

case di noti narcotrafficanti arrestati14, sono i “narcoaltari”

con le loro offerte di droga e denaro (Perdigòn 2008:81-83).

Nonostante il culto sia stato escluso dal registro delle

associazioni religiose messicane, sempre più forti sono le

pressioni di coloro che lo vogliono riconosciuto e diversi

sono stati i tentativi di erigere una cattedrale in onore alla

Santa Muerte, l'ultimo nel 2009 nel cuore di Ciudad de

Mèxico.15

14 Mi riferisco in particolare ai casi di Gilberto Garcia Mena, appartenenteal Cartel del Golfo, arrestato nel 1991e del “Mocha Orejas”, DanielArizmendi, sequestratore famoso per tagliare le orecchie delle suevittime, arrestato nel 1998. Questi fatti diedero la prima risonanzamediatica al culto.

15 Eugenia Jiménez “La Santa Muerte tendrà su catedral en el DF para2010 ”, Milenio.com 04 agosto 2009. Julián Sánchez “La Santa Muertetendrà templo mundial en el DF” El Universal 14 giugno 2009.

2

Esistono, noncuranti delle proibizioni, alcune cappelle

pubbliche, conosciute da fedeli e non (Perdigòn 2008:121) e

forse la più famosa fu inaugurata il 7 settembre 2001 nel

barrio di Colonia Morales, sempre a Ciudad de Mèxico. Ed è

proprio qui, nel barrio di Tepido, che si compie uno dei

rituali pubblici più significativi ed intensi: la recitazione

collettiva del rosario. Questo è lo scenario che si presenta

regolarmente:

“El primer martes de cada mes, miles de personas se concentran en la Calle 12, entre

Mineros y Panaderos. Llegan desde distintos rincones de la Ciudad de México y

alrededores para rezar el rosario ante la Santa Muerte. A las siete de la tarde, la cola

es interminable. “Sean breves, por favor. sólo entrar y salir”, se desgañita doña

Queta, la maestra de ceremonias, entre música de mariachis y consignas más

propias de una manifestación que de una celebración religiosa. “Se siente, se siente,

la Santa está presente”. Los fieles llegan hasta el altar de la Santa Muerte, tocan el

vidrio, se santiguan y dan media vuelta. El escenario está repleto de imágenes e

iconos de la Santa Muerte, y de ofrendas como flores, velas y botellas de tequila y

whisky.” 16

Questo momento è ricco di significati e interessante sotto

diversi punti di vista: per l'appropriazione e la

contaminazione tra spazio profano-pubblico e l'azione sacra17,

per i vincoli solidali, comunitari e identitari che è

potenzialmente capace di creare attraverso rituali come le

catene di energia che si propaga a partire dalla statua della

16 Francesco Relea “El barrio que venera a la Santa Muerte” El Pais 15 giugno 2008.17 Perdigòn Katia 2008:66 in riferimento alle processioni con la statua

della Santa per le vie di Colonia Morelos

2

Santa attraverso il contatto tra le mani di ciascuno o lo

scambio di regali tra tutti i partecipanti18.

Connotazione pubblica ha anche la devozione tributata alle

“reliquie” della Santa Muerte, queste statue uniche per essere

rappresentazioni della morte del periodo coloniale,

probabilmente facevano parte di corredi usati per le

processioni della Settimana Santa o per pire funerarie,

tuttavia attirano l'interesse dei fedeli che le offrono visite

e omaggi e le trasformano in mete di veri e propri

pellegrinaggi (Perdigòn 2008:122).

In conclusione è bene ritornare a sottolineare che lo spazio

“naturale” di questa credenza rimane quello intimo e personale

della casa, degli affetti e del corpo.

L'immagine della Santa non viene affatto nascosta, anzi in

nome della suo potere protettivo (Flores 2008:61) è spesso

ostentata ed esposta nelle case, nei negozi, nelle autovetture

ma anche sul corpo stesso del fedele, uno degli articoli più

venduti è il ciondolo che raffigura la Santa e che viene

portato al collo dai fedeli. Tiene lontano i nemici, assicura

protezione (o buon esito) per azioni violente, la Santa Muerte

assume le caratteristiche di una “madrina celeste” (Flores

2008:61); questa credenza è ben esemplificata da un film in

cui il ciondolo si interpone direttamente tra il corpo del

fedele e una pallottola, salvandogli la vita.19

18 Informazioni ricevute personalmente da Fabrizio Lo Russo.19 “La Santa Muerte” diretta Paco Del Toro e prodotta da Armagedon, uscita

in sala nel 2007.

2

Ma la vicinanza e l'identificazione tra l'oggetto di culto e i

fedeli si spinge ancora più in profondità: come mette in luce

Katia Perdigòn è comune l'associazione tra la Santissima e la

natura dell'essere umano, corporea e mortale:

“A la muerte la tenemos siempre con nosotros, por dentro la traemos, en los

huesos...es ella la que està siempre con nosotros”.20

Questo porta a una rappresentazione della Santa che la

avvicina all'uomo con i suoi umori e desideri (Perdigòn

2008:78) ma anche a una concezione ed un utilizzo del corpo

modulato dal culto. Spesso l'immagine della madrina si iscrive

direttamente nella pelle dei suoi adepti: diffusissimi, non

solo tra galeotti e criminali, sono i tatuaggi che la

raffigurano e il cui potere protettivo accompagnerà il fedele

per tutta la vita.21 Non è un caso che cercando Santa Muerte su

google una delle prime ricerche selezionate sia “Santa muerte

tatuaggi”.

20 Testimonianza tratta da Perdigon “Santa Muerte. Protectora de loshombres”.

21 Francesco Relea “El barrio que venera a la Santa Muerte” El Pais 15 giugno2008.

2

2

Origine e identità

Ma da dove viene questo strano culto alla morte? Tutti i

maggiori canali di informazione non hanno dubbi nell'affermare

che si tratta di un “mix” tra le divinità della morte, i

rituali funerari delle popolazioni mesoamericane preispaniche

(che rivestivano un ruolo privilegiato soprattutto nella

cosmologia atzeca o mexica e maya), alcuni tratti specifici

del cristianesimo “medioevale e barocco” come l’idea di buona

morte ed elementi derivati dalla mitologia classica

occidentale, oltre che da un certo “gusto macabro” del

messicano.

L'idea di fondo che spesso si cela dietro questo modello

esplicativo è che le cosmovisioni indigene siano sopravvissute

sotterraneamente e segretamente durante il periodo coloniale

per poi salire allo scoperto come culto urbano e popolare nel

ventesimo secolo (Flores 2007:281).

Simboli di questa arcaica ossessione messicana per la morte,

riscontrabile già nel lontano passato indigeno sarebbero lo

tzompantli22, le diffuse rappresentazioni iconografiche di

teschi e scheletri, e i tanto dibattuti sacrifici umani,

comprovati dalla presenza di teschi come offerte rituali

(Brandes 2006:52).

22 Uno tzompantli è una struttura rettangolare, attestata in diverse culture mesoamericane, che veniva usata per l'esposizione pubblica di teschi umani, solitamente quelli di prigionieri di guerra.

2

Questa con infinite varianti e sfaccettature è la posizione

sostenuta dai mezzi di comunicazione, non da ultima la stampa

messicana e quella statunitense, dalle voci del web e da

scrittori e personaggi di spicco della cultura messicana quali

Gils Olms o Homero Aridjis. Quest'ultimo autore di "La Santa

Muerte"23, cosi sintetizza il culto:

“Un sincretismo de la tradición religiosa europea que llegó a México con los

españoles, o sea, la tradición cristiana, con los cultos mexicanos a la muerte”24.

E c'è chi arriva ad affermare che gli indigeni travestirono le

antiche divinità, in particolare Mictlantecuhtli, la divinità

mexica della morte e del mondo inferiore, adottando elementi

cristiani per continuare a venerarle senza ripercussioni

(Velazquez 2008:15).

Queste tesi sfociano in vere e proprie teorie della resistenza

culturale che indagano e legittimano il culto nel suo legame

col passato, nel suo essere autentico ed autoctono,

sopravvissuto ai tentativi di controllo e assimilazione

operati dai conquistatori spagnoli prima e dal mondo

occidentale, soprattutto statunitense poi. I molti simboli

attinti dal repertorio culturale cristiano e occidentale (come

la bilancia, la clessidra e la falce) vengono sistematicamente

ignorati mentre gli elementi indigeni o presunti tali vengono

continuamente rinforzati (Flores 2008:58-59).

23 Alfaguara, México, 200424 Francesco Relea “El barrio que venera a la Santa Muerte” El Pais 15 giugno 2008.

2

Avvalorata anche da alcuni accademici, questa è già la

“versione ufficiale” sponsorizzata non solo dei media e del

web dedicato all'esoterismo ma anche degli stessi fedeli:

“El culto a la muerte existe en Mexico desde hace mas de tres miles anos...sin

embargo y a pesar de sus esfuerzos dentro del catolicismo aun quedaron algunos

rastros de la religion antigua y por lo tanto el culto a la Santa Muerte es parte de ese

pasado remoto”.25

Così recita un diffuso manuale di culto e non è difficile oggi

vedere icone della Santa Muerte con ornamenti, copricapi e

vesti tipiche della tradizione atzeca. Questa spiegazione di e

attraverso le origini assume senso nel panorama più ampio dei

sentimenti e dei movimenti nazionalistici e identitari interni

alla società messicana. In particolare è strettamente

relazionato alla costruzione di un ideale di “messicanità”

autentica che si definisce nei discorsi e nell'estetica

grazie ad una presunta continuità coi popoli indigeni

mesoamericani come emblema della specificità ed esclusività

nazionale.

Questo processo che ha inizio nel periodo rivoluzionario e non

è mai stato accantonato, oggigiorno è ancora in evoluzione e

si esprime in tutta una serie di movimenti politici e

culturali popolari che si definiscono nel loro essere

autoctoni e arcaici, ma anche nelle politiche culturali e

turistiche ufficiali, per esempio quelle che gravitano attorno

25 Velazquez 2008

2

alla festività de “los Dias de los Muertos” (Brandes 2006). E’

documentato da diverse etnografie che questo processo di

indigenizzazione o meglio indianizzazione investe anche il

culto alla Santa Muerte ed è andato intensificandosi negli

ultimi anni. Simboli come il copricapo piumato o

l'associazione tra la Santa Muerte e los Dias de los Muertos

(di cui parleremo più estesamente in seguito) erano pressoché

assenti negli anni novanta mentre oggi sono all'ordine del

giorno.

Effettivamente la morte rappresenta oggi giorno un vero e

proprio simbolo dell'identità e della cultura messicana.

Quante volte si sente ripetere nei più svariati contesti che

questo popolo si caratterizza per un rapporto scherzoso con la

morte, che i messicani la affrontano senza paura, anzi

convivono amichevolmente con questa? (Brandes 2007:32-33)

A questo ritratto aproblematico e monolitico dell'identità

messicana si ascrivono molteplici fenomeni, sicuramente lo

stereotipo ha assunto forma definita e “popolare” nelle opere

letterarie di Octavio Paz che specie in “Labirinto della

solitudine” fissa una volta per tutte il topos della visione

messicana della morte:

“Para el abitante de Nueva York, Paris o Londres, la muerte es la palabra que jamas

se pronuncia porque quema los labios. El mexicano en cambio la frecuenta, la burla,

la acaricia, duerme con ella, la festeja... cierto en su actitud hay quiza tanto miedo

como en la de los otros; mas al menos no se esconde ni la esconde; la contempla

cara a cara con impaciencia, desden o ironia..nuestra indiferencia ante la muerte es

2

la otra cara de nuestra indiferencia antes la vida..vida y muerte son inseparables y

cada vez que la primera pierde significacion la segunda se vuelve intrascendente. La

muerte mexicana es el espejo de la vida de los mexicano. Antes ambas el mexicano

se cierra, las ignora. El disprecio a la murte no esta renido con el culto que le

profesamos” (Paz 1950:57-58)

Questa concezione giustapposta della morte messicana e di

quella occidentale è davvero troppo semplicistica. E’ indubbio

che la nostra cultura tenda a nascondere e allontanare la

presenza della morte dalla vita quotidiana, ma questo non può

certo diventare un dato in senso assoluto.

Il rapporto con la morte è per eccellenza un rapporto

ambivalente dove paura e fascinazione si intrecciano,

l'esistenza di sentimenti e tensioni contrastanti nei suoi

riguardi fa parte dell'esperienza di qualsiasi individuo,

quello che fa la differenza sono i mezzi espressivi,

culturalmente determinati in cui questi sentimenti prendono

forma. Non è un caso che ogni sistema sociale attribuisca

grande importanza alla morte sia collocandola all'interno di

orizzonti e credenze religiose (Perdigòn 2008:19) sia se la

società in questione la inserisca in un sistema di valori

laico. La morte è evocata anche nelle pratiche occidentali: si

pensi all'attenzione prestata ai diritti umani, ai monumenti

eretti per i “caduti ignoti”, ai movimenti in favore

dell'eutanasia o al diffondersi delle filosofie orientali che

vedono la vita e la morte come momenti differenti del ciclo

dell'esistenza. Infine bisogna ricordare l'aldilà cristiano

con la sua enfasi sulla vita dopo la morte (Brandes 2007:35-

3

37) e il valore positivo assegnato al sacrificio e al martirio

(Lomnitz 2006:34).

Quello che più manca nell'analisi sull'attitudine messicana

verso la morte è il riconoscimento della differenza. La

società messicana è estremamente complessa: non solo vanno

tenute in conto le idiosincrasie individuali ma anche quelle

etniche, regionali, quelle legate al contesto sociale etc.

Cercare di definire una caratteristica psicologica, estenderla

a un'intera cultura e infine farla derivare da un lontano

passato, risulta un esercizio sterile. È impossibile affermare

che un “tratto culturale” si possa tramandare attraverso i

secoli, impermeabile alle turbolenze economiche, sociali e

politiche, ai cambiamenti avvenuti nello spazio e nel tempo

(Brandes 2007:42).

Bisogna sempre ricordare che le attitudini sono situazionali,

cioè vengono attuate in momenti particolari da soggetti

concreti che agiscono in vista di un qualche più o meno

esplicito interesse. Questi utilizzano “strumentalmente”

pratiche, credenze e valori a seconda dei contesti e degli

obiettivi. Per esempio l'insensibilità e la temerarietà sono

più facilmente espresse in contesti esistenziali segnati da

violenza e insicurezza, c'è un'ampia etnografia che documenta

come le emozioni umane si “adattino” alle esperienze

esistenziali. Nancy Sheper-Hughes indagando l'amore materno e

la mortalità infantile nel Nordest del Brasile osserva come in

contesti segnati dalla scarsezza e dalla perdita cronica la

3

“natura umana”, l'etica e le relazioni sociali cambino, la

morte per queste donne assume un aspetto routinario e cessa

di essere espressa con la ritualità e l'importanza che noi le

attribuiamo (1997:26-27).

Tuttavia bisogna riconoscere che la morte è sempre stata al

centro dell'attenzione in Messico e l'arte, il potere e le

sue ideologie. La letteratura ed il folklore popolare si sono

spesso costruiti a partire da discorsi che gravitavano attorno

a questa questione (Lomnitz 2006). Per questo è necessario

allontanarsi da una prospettiva di studio delle religioni per

ripercorrere la storia di queste rappresentazioni.

2.1Uno sguardo alla storia moderna: genealogia

dell'immaginario sulla morte in Messico.

Sebbene, come abbiamo visto, sempre più spesso si faccia

risalire la ridondanza di questo elemento nella cultura

messicana ad un lontano passato precoloniale, in realtà il

dispiegarsi di questo simbolo è tutto “moderno”, se con tale

3

definizione intendiamo gli avvenimenti successivi alla

“scoperta delle Americhe”.

Il “Virreinato de Mexico”, il futuro Stato messicano si impose

da subito come un atto violento: i terribili soprusi e

l'altissimo tasso di mortalità degli indios durante la

conquista e negli anni successivi definirono una situazione

nuova ed eccezionale.

L'indiscusso e illimitato potere dei conquistatori ebbe come

conseguenza una trasfigurazione radicale dei sistemi di valori

delle società indigene e richiese l'elaborazione di nuove

interpretazioni sulla vita e sulla morte anche da parte dei

conquistatori.

Nei tempi successivi, nei quali potremmo dire ha inizio la

colonizzazione vera e propria, il governo spagnolo si

configurò soprattutto a partire dal tentativo di porre freno a

questa violenza sregolata, il clero si impose come elemento

organizzativo della società, restituendo umanità agli indios

convertiti e creando un sistema di valori condiviso dal

congiunto della società (Lomnitz 2006:93-95).

Lo stato nel suo tentativo di “dare un senso” alla violenza

dovette trovare forme di amministrazione della morte e delle

sue interpretazioni: il purgatorio e la dialettica che si aprì

tra questa credenza e i culti per i morti indigeni fu centrale

nel processo di evangelizzazione.

Questi culti vennero “addomesticati” e cristianizzati così da

garantire sottomissione e fedeltà, legando al sistema di

potere coloniale-cristiano i defunti indigeni; l'adesione

degli indigeni a questa nuova visione del mondo non manca di

3

ambiguità e problematicità, molti sono gli elementi

“eterodossi” che vengono spesso guardati con sospetto dagli

evangelizzatori che in essi rintracciano, non sempre a torto,

la conservazione di pratiche pagane. Nonostante il processo di

assimilazione sia lungo e tortuoso, le trasformazioni nella

vita degli indigeni sono profonde e la loro incorporazione

nello stato coloniale è effettiva. Come scrive Lomnitz:

“La escala de la violencia española y la destrucciòn de los pueblos americanos debe

alertarnos acerca de la novedad radical de este hijo de la violencia, el estado

colonial. En este contesto la superposicion es decir, el estado colonial ùnicamente

como nueva capa anadida a la civilizacion milenaria de mesoamerica puede ser

facilmente distorcionante.”(2006:176)

Nella dottrina cristiana in Nuova Spagna la morte è

onnipresente, strumento di conversione e insieme perno nella

lotta alle superstizioni su cui si fonda l'ordine coloniale,

la sua immagine incoronata e trionfante divenne motivo

ricorrente della divulgazione e dell'iconografia (Perdigon

2008:26-30).

Per citare alcuni esempi famosi il dogma del trionfo della

Croce sopra la morte veniva interpretato, prima del XVII

secolo, anche come la “danza de la muerte” e questa era

oggetto di sacre rappresentazioni durante la Settimana Santa

in cui scheletri danzanti, prima sfrontati e beffardi si

sottomettevano poi a Cristo e alla Santa Croce. La morte

rappresentata sotto forma di scheletro è un immagine importata

dall'Europa medioevale dilaniata dalle pestilenze, in cui la

3

morte “Signora del mondo” era una presenza quotidiana e

ricordava agli uomini l'arbitrarietà dei piani divini e la

precarietà della loro esistenza sulla terra (Malvido 2005).

Inoltre l'idea di buena muerte divenne un concetto chiave per

i devoti, la Chiesa invitava tutti i fedeli ad essere sempre

preparati ad una morte imperscrutabile, sia attraverso le

opere e l'adempimento ai sacramenti nel corso della vita, sia

con una serie di rituali associati al decesso (Perdigòn

2008:24). Così mentre lo stato si originò nelle grandi

violenze del XVI secolo, la cultura popolare messicana con le

sue “multiple solidarietà”, nacque dal culto dei morti

nell'epoca del barocco, periodo in cui si definiscono nuovi

costumi e pratiche funerarie: come la carità elargita in

concomitanza coi funerali di personalità di spicco, le

domestiche celebrazioni del giorno dei morti o le

confraternite per la buona morte che assicuravano cerimonie

per i membri defunti e che secondo molti, in seguito alla loro

messa al bando, non sono affatto scomparse ma anzi avrebbero

avuto un ruolo centrale nella definizione contemporanea del

culto alla Santa Muerta (Lomnitz 2006; Perdigòn 2008).

Un altro possibile antecedente del culto è la devozione

tributata a San Pascualito Rey o Pascual Bailon, questo fu un

francescano del XVI secolo che fu beatificato e divenne

popolare tra Chiapas e Guatemala durante un periodo di peste e

in seguito ad alcune sue apparizioni ai fedeli nelle sembianze

di uno scheletro (Lomnitz 2006:461-462).

Nonostante la repressione ecclesiastica il culto si mantenne

vivo in Chiapas e oggigiorno è accolto all'interno della

3

Iglesia Ortodoxa Catolica Mexicana dove in un clima di

maggiore libertà di culto convivono molte attitudini

spirituali (Perdigòn 2008:124-25).

In sintesi in questi primi secoli il cristianesimo si affermò

in Nuova Spagna “non come una religione dell'amore ma del

trionfo della morte, attorno a questa ruotavano i suoi riti e

i suoi miti” (Malvido 1996:94).

Tuttavia da un certo momento in poi questa simbologia legata

alla morte smette di essere compresa e accettata dalle stesse

autorità ecclesiastiche, la repressione delle pratiche legate

alla morte è essenzialmente dovuta alla paura per la possibile

manipolazione di questo simbolo da parte della popolazione

indigena.

È del 1754 il primo editto ufficiale della Santa Inquisizione

in Nuova Spagna che condanna come idolatriche alcune pratiche

mortuarie indigene. 26

Da un lato la condanna ecclesiastica, dall'altro le riforme

illuministiche fecero fronte ad una cultura popolare che si

era costruita in tutti i sensi sulla domesticazione e la

popolarizzazione del culto dei morti, questa non era l'eredità

di un'antica cultura ma l'espressione di un orizzonte di senso

nuovo attraverso cui la società si sforzò di interpretare alla

realtà coloniale (Lomnitz 2006:324-326).

“La historia del concepto actual de muerte y su iconografia, reflejada en la Santa

Muerte del presente siglo, se relaciona mas con la religion judaico cristiana que con26 Per i casi specifici vedi Perdigon 2008 pag 31-34

3

la olvidada y desconocida voz de los vencidos, es decir la del pueblo prehispanico;

sobre todo si tomamos en cuenta la gran mortandad por epidemias, guerras

ofensivas, transculturaciòn y mezcla raciales que se dieron entre los nativos de estas

tierras. Es asi que explotadores, administratores, jueces y misionarios introdujeron

en el nuevo mundo una cultura que era esencialmente medioeval y catolica”

(Perdigòn 2008:21)

Con l'indipendenza si assistette a una laicizzazione e

burocratizzazione della morte in termini pratici quanto

simbolici. Molte pratiche vennero proibite, spesso in nome

dell'igiene pubblica, le Leyes de Reforma emesse sotto la

presidenza di Benito Juarez tra il 1859 e il 1863 segnarono un

momento di svolta nel controllo statale sulle istituzioni

ecclesiastiche.

Le nuove politiche in realtà non negarono né allontanarono la

morte bensì portarono a una diversificazione e diffusione

dell'immaginazione macabra nella sfera pubblica (Lomnitz

2006:254). A fine settecento la festività dei giorni dei morti

già aveva assunto, quanto meno nei contesti urbani, quei

caratteri di spettacolarità e ostentazione cosi evidenti ancor

oggi, sopravvissuti nonostante i ripetuti tentativi di

regolamentazione e epurazione dei tratti considerati

superstiziosi e sconvenienti. Nel corso dell'ottocento il

gusto del macabro si diffuse fino a diventare strumento

satirico e di critica politica: si esprimeva nelle

“calaveras”, pungenti epitaffi dedicati a personaggi noti

ancora in vita, o nelle illustrazioni di Josè Guadalupe

Posada, vissuto tra il 1852 e il 1913, “cronista visuale” che

3

si servì delle rappresentazioni coloniali sulla morte per

lanciare critiche alla società del suo tempo (Perdigòn

2008:43-45).

La festa popolare dei Dias de los Muertos venne assunta dalle

elitè borghesi e trasformata in un'attività alla moda,

secolarizzata e centrale per la propaganda nazionale. Inoltre

i culti riservati agli eroi nazionali furono un elemento

fondante della legittimità politica della nazione, i

“caudillos” dell'indipendenza si trasformano in martiri e i

loro resti vennero trattati come vere e proprie reliquie. E’

su questo nuovo culto dei morti che si fonda adesso la

sovranità. Gli eroi della conquista sono surclassati,

all'orgoglio nazionale si accompagnano le nascenti ideologie

di rivendicazione e valorizzazione di un glorioso passato

antecedente l'arrivo degli spagnoli. Da subito nazionalismo e

nativismo si fiancheggiano.

Nel periodo rivoluzionario assistiamo ad un ulteriore

sviluppo, ora la morte è massificata sia nella violenza della

guerra rivoluzionaria, sia nella sua centralità ideologica,

sia nella sua visibilità mediatica. Si fa largo l'idea di una

rifondazione dello stato basata su un contratto sociale che

non è un patto tra uguali bensì un meccanismo regolativo, una

giustizia sociale compensativa e negativa che ancora una volta

fondò nella morte la sua ideologia: alla violenza della

conquista si oppone quella rivoluzionaria (Lomnitz 2006:383-

387).

3

Se è possibile indicare un momento in cui l'identificazione

tra morte e nazione perde quel carattere ambiguo e la cultura

popolare smette di essere equiparata a superstizione e

resistenza al progresso, per assumere un carattere positivo,

ebbene bisogna far coincidere questo momento con gli anni 30 e

il diffondersi delle avanguardie moderniste.

“ By 1930's Posada and his calaveras becames symbol of Mexico. Posada's work

satisfied the needs of a cultural nationalism that started with the mexican revolution

and persists to this day”. (Brandes 2006:63)

Cosi si diffuse l'idea secondo cui “Las actitudines mexicanas hacia la

muerte son ejemplos particularmente poderosos de hibridacion o mestizaje cultural,

un àrea de la vida en la que la cultura indigena y popular ha envuelto y

transformado la cultura del colonizator. En este sentido la muerte ocupa una

posizon peculiar, si no unica”. (Lomnitz 2006:39)

La morte fu innalzata a simbolo centrale della percezione

dell'identità nazionale messicana.

Artisti come Frida Khalo, Diego Rivera e Tina Modotti

interpretano la cultura e l'arte “popolare” in continuità con

quella degli antichi popoli mesoamericani, in essi ritrovano

quei caratteri di originalità, autenticità e unicità che in

termini ideologici permettono di distinguersi dalle potenze

occidentali e rivendicare autonomia anche sul piano storico,

simbolico e culturale.

Questa diventa un vero e proprio “totem nazionale” (Lomnitz

2006). La vicinanza con la morte si convertì in un immagine

3

paradigmatica dell'unità del Paese: è dalla violenza della

conquista, da quella sorta di “stupro” che nasce la “razza

meticcia” messicana.

Il passaggio da una teoria artistica ed intellettuale ad

un'ideologia standardizzata e massificata nella seconda metà

del 900 è breve. Oggigiorno la morte è utilizzata come

attrattiva turistica, strumento educativo e commerciale. In

tutti questi ambiti si opera una estrema semplificazione: la

corrispondenza diretta tra costumi e icone attuali e

antecedenti precolombiani, ma si tratta di un’interpretazione

viziosa che rientra a pieno titolo in quei processi di

“invenzione delle tradizioni” in cui l'antico assume valori e

attributi in funzione delle esigenze del presente (Lomnitz

2006:51).

2.2 Politiche culturali, Dias de los Muertos e

patrimonializzazione della morte.

“El moribundo, la vida despues de la muerte, la commemoraciones de los muertos

ofrecen un rico repertorio de figuras y imagines que se utilizan en un gran numero

de situaciones. El resultado es que existe una profunda resonancia cultural en el

movimineto para utilizar la intimidad popular con la muerte como un campo

conceptual con el cual considerar detenidamente la cuestion nacional y, en realidad,

como un simbolo metonimico de la propia mexicanidad” (Lomnitz 2005:27).

Partendo da questo presupposto è importante notare che

affermare che alla formazione della cultura messicana come

4

oggi la conosciamo, e in particolare all'attitudine verso la

morte, hanno contribuito elementi autoctoni ed europei è cosa

ovvia.

Tuttavia dietro questa frase a prima vista innocua, enunciato

“primo” di qualsiasi teoria sul sincretismo culturale, si

nasconde il pericolo dell'affermarsi di un'immagine

kroeberiana dei processi culturali, secondo cui questi tendono

a riprodursi uguali a se stessi, in modo autonomo e

indipendente dall'azione umana e dagli eventi storici.

Si giunge cosi a “reificare” la cultura stessa cioè a pensarla

come qualcosa di fisso, che esiste di per sé e non come di

qualcosa che prende forma nella pratica, nelle esigenze

concrete degli individui e che proprio per questa sua vivacità

è in constante trasformazione (Brandes 2006:46).

La teoria antropologica ha ampiamente dimostrato che dati due

tratti simili non è assolutamente scontato che le cause

specifiche che li hanno determinati siano le stesse. Anche

constatando la presenza di uno stesso simbolo nell'arte

mesoamericana antica e nel Messico moderno, non è detto che

ci sia alcuna analogia di significato. Questo vale per i

teschi presenti nelle offerte funerarie mexica o negli

tzompantli, per la diffusione delle rappresentazioni della

morte trionfante nel periodo coloniale e per la ridondanza

delle raffigurazioni di scheletri e teschi oggigiorno per

ricordare i defunti. Non sono prove dell'indole morbosa di

questo popolo, perpetuata a dispetto di qualsiasi cambiamento,

4

ma sono il risultato “simile” di visioni del mondo

completamente differenti.

L'importanza attribuita alla morte in Messico, la sua

valorizzazione nella costruzione dell'identità nazionale e il

diffondersi di stereotipi così caratteristici è frutto di

strategie politiche evidenti. Non solo la romantica e

ideologica ricerca delle origini da parte delle élite

intellettuali, ma anche un altrettanto concreta politica di

investimento culturale, folklorico e turistico attorno a

questa rappresentazione del messicano che prende vita in

particolare durante la festività de los Dias de los Muertos.

Come sintetizza Brandes a proposito dell'arte:

“No specially Mexican view of death, no uniquely morbid Mexican national character,

has produced this mortuary art. Rather, specific and political circumstance originally

gave rise to it and commercial interests have allowed it to flourish in the XX century.

It is above all the enormous proliferation of day of the dead art that has produced

the all-too-familiar stereotype of the death-obsessed Mexican.” (2006:66).

L'immagine “massificata” del rapporto giocoso del messicano

con la morte viene principalmente da questa festa, tuttavia

questo suo aspetto comico e satirico oltre a marcare una

grande differenza con le situazioni in cui la stessa

simbologia di teschi e scheletri veniva utilizzata tra i

mexica, è limitata a questo specifico contesto rituale.

Questa è una forma di scherzosità, tipica di molti altri riti

carnevaleschi o di inversione, esclusiva di uno specifico

4

momento rituale e quindi estranea alla quotidianità, al

comportamento “normale” e sgravata da conseguenze sociali.

Farsi beffa della morte in un momento dove questo non è solo

consigliato ma “prescritto” dalla società non è che uno dei

tanti modi ideati dagli esseri umani per allontanare e

minimizzare un fenomeno che fa paura, che destabilizza

l'ordine sociale; questo tentativo di neutralizzazione

(Navarro 2007:404) è ben diverso dall'atteggiamento, peraltro

estremamente personale e idiosincratico, espresso dagli

individui in momenti di lutto personale.

Questa caratteristica specificatamente messicana non è

naturale ma, come abbiamo dimostrato, frutto di un processo

politico e culturale che importanti autori hanno definito di

patrimonializzazione della morte (Flores 2008) all'interno del

paese.

In altre parole la morte rappresenta per il Messico una sorta

di capitale culturale (Brandes 2006) spendibile come elemento

coesivo, utile alla creazione di un identità nazionale ma

anche monetizzabile in grandi progetti turistici ed economici.

Emblematico è il fatto che l'Unesco dichiarò nel 2003 “los

Dias de los Muertos” patrimonio orale e immateriale

dell'umanità, nell'argomentazione dell'O.N.G. spicca il

risalto dato al carattere indigeno della celebrazione “..reviste

una importancia considerable en la vida cotidiana de las comunitades indigenas por

la dimension de la muerte que propone”. (Flores 2008:72)

4

Questa è l'estrema conseguenza e l'ottimo risultato dei piani

di promozione del “turismo etnico” incentrati in questa

festività su cui a partire dagli anni ottanta ha molto

investito lo stato messicano e le sue diverse istituzioni.

Rivolti a stranieri e messicani “di città” questi programmi,

ampiamente pubblicizzati permettono di partecipare

all'estetica e all'esperienza tradizionale di vicinanza e

familiarità allegra con la morte (Flores 2008:72).

Questa da festa essenzialmente intima e familiare è diventata

un evento turistico di massa, dove le parti pubbliche del rito

(la messa e la veglia) acquistano spazi sempre maggiori,

spesso in concomitanza con vere e proprie “ferie” (feste

paesane) con tanto di performance teatrali e esposizioni di

artigianato.

A discapito non solo del carattere profondamente ibrido e

sincretico della celebrazione, ma anche di queste evidenti e

recenti trasformazioni, questa continua a essere presentata

come il perfetto esempio di un rituale precolombiano (Brandes

2006:69-92).

Così il giorno dei morti si carica di sentimenti e aspettative

nazionalistiche non solo nella rivendicazione delle proprie

origini, autentiche ed esclusive, ma anche nella

contrapposizione, più o meno esplicita e consapevole al

Halloween statunitense.

In questo modo la festa diventa strumento ufficiale

dell'identità nazionale, simbolo di resistenza ai tentativi

egemonici messi in atto anche attraverso l'esportazione di

4

simboli culturali dalla vicina potenza statunitense. Los Dias

de los Muertos: “has came to symbolize mexican identity and autonomy, while

Halloween, at least as perceived by mexicans, has became rapresentative of the

United States and his cultural imperialistic designs” (Brandes 2006:122).

L'importanza di questo discorso e delle dialettiche

identitarie è tale che seppure la Santa Muerte non sia

direttamente relazionata sotto nessun aspetto con i

festeggiamenti de los Dias de los Muertos, negli ultimi anni

assistiamo a una progressiva fusione tra i due fenomeni, tanto

da parte dei media, che nelle simbologie e dai contenuti

espressi dai fedeli.

Ma se è vero che la diffusione del simbolo della morte in

Messico si deve al fatto che essa fu centrale per la nascita

dello stato moderno, della cultura popolare e di una modernità

propriamente nazionale, nessuna manipolazione riesce a

contenere completamente un simbolo tanto potente e non

esistono né invenzioni, né proprietari, né significati che

possano dominarlo (Lomnitz 2006:457). L'immagine della morte

si svincola infatti dalle politiche ufficiali per diventare

elemento autonomo, dirompente e indomabile, specie in un tempo

come quello attuale segnato dalla crisi, politica ed

esistenziale.

La Santa Muerte nasce a partire da un spazio immaginativo e

simbolico (quello messicano) dove la morte ha sempre avuto

4

ampio spazio e questo ne fa un terreno espressivo stimolante e

attrattivo per la creatività culturale.

“La globalizaciòn ha disociado el poder de la muerte y el poder del estado. En la

actualidad, el estado ya no es el simbolo absoluto de la soberania, al menos en la

imaginacion de muuchos. Y tambien Dios es un poco remoto para los grupos

populares urbanos marcadamente hibridos...en ellas la muerte es la mejor

representante de la soberania, y es con la muerte con quien mucha gente decide

negociar su existencia cotidiana.” (Lomnitz 2006:469)

L'idea di morte è nuovamente manipolata e come spesso accade

nei momenti di profonda incertezza, il ritorno alla religione

si presenta come un appiglio, un rifugio sicuro.

La morte, santificata, viene assunta come modello esplicativo

da molti individui, questo in un processo culturale collettivo

e popolare, non controllato dalle istituzioni politiche o

religiose (Flores 2008:73-74). Le sculture della morte

trionfante dimenticate nelle cantine delle chiese messicane

tornano ad essere oggetto di culto per una Santa nuova.

2.3 Conculsione

Così “le origini lontanissime” in quanto ricerca di

legittimità nel passato diventano fuorvianti per qualsiasi

serio tentativo di interpretazione del culto. Quale che sia

l’origine reale, questa non spiega infatti in nessun modo il

4

successo attuale del culto, la sua espansione, né le

traiettorie nuove che sta prendendo.

Le teorie più accreditate peraltro non dubitano nel vedere in

questa pratica un'evoluzione dell'ampio e diversificato

pantheon delle figure miracolose del cristianesimo e a

interpretare la sua “popolarità” come conseguenza della sua

flessibilità e adattabilità ai tempi e alle situazioni

esistenziali dei fedeli (Flores 2008:61).

Che la Santa Muerte si inserisca in questo universo di

credenze e rituali è confermato anche e soprattutto dalle

pratiche dei fedeli che si auto-inscrivono quotidianamente

nell'universo cristiano dedicando le loro preghiere a Dio e

alla Santa, mischiando orazioni dal sapore magico a preghiere

come il “Padre Nostro” e sovrapponendo iconograficamente lo

scheletro della Santa Muerte alla Vergine di Guadalupe.

Sono interessanti a riguardo le parole di Enriqueta Romero,

una delle poche voci ampiamente riconosciuta come autorevole

dai fedeli:

“Doña Queta, de 62 años, madre de siete hijos, con 58 nietos y 18 bisnietos, puso el

primer altar a la Santa Muerte en Tepito hace siete años. Ahora hay unos 1.500 en

toda la Ciudad de México, especialmente en colonias como Iztapalapa e Itztacalco.

“Soy devota de la Santa Muerte desde hace 49 años. Para mí, es un rayo de luz muy

grande. Claro, que te voy a decir una cosa: primero Dios y después la Santa Muerte”,

dice en su declaración de principios. ¿Y la Virgen de Guadalupe? ¿Es compatible con

la Santa Muerte? “Para mí, sí. Yo salgo mucho a la calle, voy al centro, y soy de las

que si veo una iglesia, entro y le doy gracias a Dios por todo lo que me ha dado. Y

4

luego veo a la Virgen de Guadalupe y veo a San Juditas, y les doy gracias. Y llego a

mi casa y visito a mi niña y le digo: ‘Ya llegué, bonita”. 27

Tuttavia presupposto della mia analisi è il profondo

sincretismo del culto, che incorpora elementi delle religioni

afrocaraibiche (Santaria cubana, Cordonblè, Vudù, culti

spiritistici), dello spiritualismo mariano, delle pratiche

mediche tradizionali e del cristianesimo popolare messicano,

come dicevamo precedentemente.

Il culto non può essere infatti circoscritto all'interno di un

solo sistema religioso, al contrario, è molto più facile

comprenderlo a partire dall'idea che si tratti di un “intensa

mixtura” ovvero di un culto ibrido, che mischia nelle

immagini, nei rituali e negli orizzonti di senso agenzie e

culture religiose differenti.

La contaminazione è tale che Flores Martos elaborò per

parlarne il concetto di “culto cannibale” in quanto

divoratore, fagocitatore di altre figure dal potere mistico e

spirituale, utilizzate strumentalmente dal fedele a seconda

delle sue intenzioni. Per la progressiva fusione tra pratiche

della Santeria, la Santa Muerte e alcune forme di

cristianesimo si vedano altri studi, primi tra tutti quello

dello stesso Flores all'interno del volume “Etnografia della

morte e delle culture in America Latina”.

27 Francesco Relea “El barrio que venera a la Santa Muerte” El Pais 15 giugno 2008

4

Ricapitolando: secondo la ricerca scientifica non c'è nessuna

prova dell'origine preispanica del culto e in ogni caso questa

non può spiegare né la grande diffusione attuale del culto, né

il perché di un immaginario in cui si riconoscono così tanti

individui.

Il riferimento alle origini va dunque visto in un ottica

storica e processuale, conscia dei molti fattori politici e

identitari che influenzano e dirigono questo fenomeno.

Tuttavia al pari della relazione, univoca in quanto rifiutata

dalla Chiesa, con il cristianesimo, l'identificazione col

passato precolombiano fa ormai parte a pieno titolo nella

percezione del culto degli stessi fedeli (Velazquez 2008:10-

15).

È importante allora non trascurare queste affermazioni, né

tacciarle frettolosamente come “sciocchezze” dovute

dall'ignoranza, è invece utile contestualizzare queste

rivendicazioni di autenticità e purezza all'interno del

panorama sociale, politico e culturale messicano. Così che:

“En esta indagacion (y legitimacion del culto actual) en los origines, se deforman los

perfiles, manipulan los contenidos, y la ideologia y el nacionalismo toman la palabra

para reivindicar “lo antiguo” del culto...no nos encontramos ante una reliquia

prehispànica, o una “supervivencia colonial”, sino ante la manifactura popular y

mediàtica de una creencia y complejo ritual en efervescencia que experimenta en la

actualidad diferentes lineas y procesos de transformaciòn.” (Flores 2008:58)

4

3

La Santa e le Chiese

3.1 Iglesia Catolica Apostolica Tradicional Mexico

Estadounidense

La storia del culto è strettamente legata alle vicissitudini

della Iglesia Catolica Apostolica Tradicional Mexico-U.S.A e

al suo tentativo in buona misura fallito, di inglobarla nel

suo credo e farsene unica rappresentante. Figura di spicco di

questa Chiesa cattolica alternativa è l'arcivescovo David

Romo, nella cappella da lui amministrata si recitano messe in

cui si invoca alla Santa Muerte.

“El templo es una casa adaptada para el culto en la calle de Nicolás Bravo número

35, en la Colonia Morelos, más cerca de la Candelaria de los Patos que de Tepito. La

asistencia dominical parece integrada por los vecinos del rumbo y no llega a una

centena de personas. Son familias con niños pequeños, ancianas; nadie parece ser

miembro de un cártel o un sicario. Monseñor David Romo insiste en las bondades de

la Santa, en los frutos positivos para quienes le piden dinero, salud y tranquilidad.”28

Con un passato militare alle spalle, ad oggi in prigione con

l'accusa, da lui smentita, di far parte di una banda di

sequestratori chiamata “El Atzlan”29, David Romo è un

28 Héctor Villarreal “La Guerra Santa de la Santa Muerte” Milenio Semanal, 5 aprile 2009.29 Raymundo Pérez Arellano “ Detienen por secuestro a David Romo, líderde Iglesia de la Santa Muerte” Milenio.com, 4 gennaio 2001.

5

personaggio insolito e controverso, peraltro sposato con Doña

Queta, che si incarica della cura della cappella, della statua

e di organizzare il rosario pubblico che ogni mese viene

dedicato alla Santa a Tepito.

Le posizioni di questa Chiesa si distanziano da quelle della

quelle cattoliche tradizionali su diversi temi, perlopiù

legati alla sfera affettiva e sessuale: non prescrive il

celibato clericale, non condanna nessun metodo

anticoncezionale, compresa la pillola del giorno dopo,

legittima l'omosessualità e la transessualità fino a

permettere i matrimoni gay dal 2009; infine rifiuta alcuni

dogmi cristiani come l'infallibilità pontificia o l'immacolata

concezione30. E' evidente il suo tentativo di rivolgersi e dare

voce a persone che per diverse ragioni sono escluse, rifiutate

o emarginate dalla Chiesa cattolica.

Nel 2000 la Iglesia Tradicional, per mano di David Romo, fa

richiesta ufficiale per essere inserita nel registro

nazionale delle associazioni religiose (voluto dal presidente

Salinas nel 1992 con l'obiettivo di migliorare i rapporti tra

stato e associazioni religiose). Nella richiesta viene omesso

il culto tributato all'immagine della Santa Muerte, la

procedura ottiene esito positivo nell'agosto del 2003. A

partire da questa data la Chiesa è sempre più conosciuta e

attrae interesse mediatico proprio servendosi della sua

associazione con questa devozione.

30 http://es.wikipedia.org/wiki/Santa_Muerte

5

Così il 29 aprile del 2005 la Secretarìa de Gobernación delle

associazioni religiose emise un bollettino con cui questa fu

esclusa dal registro delle associazioni religiose nazionali.

Ufficialmente tale disposizione fu il risultato di una

denuncia esposta da Noé Guillén Ibáñez, precedente ministro

dello stesso culto, che era stato espulso in seguito a scontri

di carattere personale con altri membri.

La conseguenza maggiore di questa espulsione è la perdita per

la Chiesa stessa della possibilità di considerasi personalità

giuridica. Tuttavia pur in mancanza di un riconoscimento

ufficiale la Chiesa può continuare ad operare e ha presentato

una nuova domanda di ammissione la cui risposta dovrebbe

essere nota nel giro di pochi mesi.

Le motivazioni del misconoscimento furono indubbiamente

tecniche (cioè di “al haber registrado un objecto de culto y

dedicarse ad otro etc..”) ma si può facilmente immaginare che

un elemento importante di valutazione sia stato l'impedire il

consolidamento di una Chiesa con posizioni politicamente

incorrette, che sfida apertamente l'autorità della Chiesa

cattolica e che si pone a difesa di pratiche mal viste da una

parte importante della società. Esemplificativi a riguardo

sono i comportamenti discutibili e non convenzionali dei suoi

leaders. Tale espulsione dette vita a manifestazioni di

protesta tra i fedeli della Santissima ed ebbe come

conseguenza una maggiore visibilità e riconoscimento pubblico

del culto stesso.

Il processo di identificazione mediatico tra la Santa Muerte e

questa Chiesa è molto forte tanto da far parlare di una

5

“Iglesia de la Santa Muerte”, anche se la realtà è ben diversa

e questa devozione è restia a farsi circoscrivere all'interno

di un solo contesto.

3.2 Rapporto con la Chiesa cattolica

Naturalmente il culto si pone in un ottica dialettica, di

confronto con la religione cristiana

e come abbiamo appena visto molti fedeli si autoinscrivono

senza esitazione né dubbi in questo orizzonte. Per la maggior

parte essi provengono da un'esperienza di vita e una cultura

cattolica che non abbandonano né rinnegano dopo l'adesione al

culto della Santa Muerte. C'è chi arriva a ricercare

l'approvazione della Chiesa attraverso curiosi stratagemmi

come quello di far benedire di nascosto le icone della Santa

Morte camuffandole da effigi cristiane “tradizionali”

(Perdigon 2008:84).

Tuttavia la condanna da parte della Chiesa cattolica è

risoluta; dal punto di vista dottrinale si fonda su un passo

dell’Apocalisse di San Giovanni in cui è affermato che la

morte sarà gettata in un pozzo di lava bollente e così

distrutta da Cristo il giorno del Giudizio Universale.

Posizione ulteriormente rafforzata dalla critica

“materialistica” per cui la morte è un evento, uno stato

dell'essere e non un’entità suscettibile di adorazione e si

differenzia dai Santi in quanto questi ultimi sono persone

5

realmente esistite che si distinsero per la loro fede e

virtù.31

Il culto viene strumentalmente definito come una setta, una

Chiesa satanica e non sono rare in Messico le prediche in cui

si parla del culto alla Santa Muerte come “eresia idolatrica”.

Spesso si compara quest'ultimo a culti satanici alla morte,

ambiente con cui la maggior parte dei fedeli non ha

sicuramente niente in comune; per queste accuse si utilizza

demagogicamente il caso dei “narcosatánicos”, gruppo di

assassini e sequestratori che furono arrestati nel 1989.

Questi si dedicavano al culto satanico per assicurare buon

esito alle loro operazioni e “en sus rituales se llevaron a cabo asesinatos

de seres humanos y el posterior uso de los huesos de sus víctimas como amuletos”32.

In realtà le posizioni più mediate della Chiesa distinguono

tra “stregoni” che consapevolmente tentano di allontanare la

gente dalla verità, i ciarlatani che vedono nel nuovo culto

possibilità di guadagno e le persone ignoranti che vengono

ingannate dall'immagine cristiana di cui fa uso questa

idolatria.

“Se ha introducido un personaje que bajo una apariencia católica, pero que en

realidad es esotérica y también es considerada como satánica: la Santa Muerte.31 http://www.churchforum.org/santa-muerte-3.htm . “Mientras las imágenes

de los santos representan a personas históricas que vivieron en gradoheroico las virtudes y la fe cristiana, la Santa Muerte no representa anadie, puesto que la muerte no es una persona. De hecho, no ha existidoninguna persona llamada «Doña Muerte».

32 “Santa entre los Malditos. Culto a La Santa Muerte en el México delsiglo XXI” di Felipe Gaytán Alcalá pag 41.

5

(…) El escenario que se ocupa para realizar el culto de la Santa Muerte es confuso, se

hace pasar como un culto católico porque usa una imagen, la palabra “santa” como

nombre de la muerte, porque se rezan oraciones y rosarios, porque se usa el nombre

de Jesucristo dentro de las oraciones, etc. Esto es solo para engañar. En el fondo, lo

que se busca con este culto es hacer encantamientos, hechicerías, venganzas, atraer

el poder y el dinero fácil, es por tanto un ritual de esoterismo. Algunos dicen que sólo

la ocupan para hacer magia blanca o “buena”, aún así es esoterismo”33

In sintesi quello che viene condannato è il legame con

l'esoterismo e la superstizione inaccettabile consiste nel

personificare e nell'attribuire potere spirituale alla morte.34

.

Se è “comprensibile” questo rifiuto, bisogna però riflettere

sulle molte pratiche del cristianesimo popolare in tutto il

mondo che contengono una parte di “magia e superstizione”.

Certo alcuni elementi possono essere incorporati nella

tradizione cristiana ufficiale più facilmente di altri. La

Santa Muerte non fa però parte di questi culti tollerati,

nonostante il rituale sia elaborato attorno a quello cattolico

e celebrato dagli stessi cattolici. La morte è un simbolo

forse troppo distante dall'universo sacro cristiano per essere

accettato.

33 Opuscolo “El culto a la Santa Muerte. Condenacion eterna” diRenovación Carismática Católica scritto da José Luis Ruiz Gómez .34 In http://www.churchforum.org/santa-muerte-3.htm

¿Por qué es superstición creer en la Santa Muerte? Porque susdevotos creen que las imágenes de la Santa Muerte tienen poder, un poderque les viene de los rituales que se hacen para «consagrarla». Los quepromueven su culto aseguran que la Santa Muerte es una de las entidadesespirituales más poderosas que existe, puesto que nadie se escapa de lamuerte. De hecho, una de sus «oraciones» más populares inicia con estaspalabras: «Jesucristo vencedor, que en la cruz fuiste vencido...».

5

L'ambiguità è tutta “dottrinale” e le rappresentazioni

oscillano tra quella di un angelo che riceve il suo potere da

Dio e quello di una sovrana ultima, seconda a nessuno;

tuttavia la maggior parte dei fedeli ignorano queste

“diatribe” e si rivolgono contemporaneamente a Dio, Gesù

Cristo e la Santa Muerte.

Seppure questi si riconoscono aproblematicamente

nell'orizzonte culturale cristiano, forse più che nelle sue

strutture e istituzioni, bisogna collocare il fenomeno in un

contesto generale di allontanamento dalla Chiesa cattolica da

parte di un ampia parte della società. Sebbene il Messico

continui ad essere un paese spiccatamente cattolico è un dato

di fatto che il numero di messicani che si dichiarano tali è

in calo. Sono molti gli autori che non a torto parlano di una

progressiva riduzione della capacità della Chiesa cattolica di

incanalare aspettative e necessità dei fedeli (Perdigòn 2008;

Olms 2011; Villamil Uriarte,Cisneros 2011).

3.3 Conclusione

In una società sempre più laica, dove la libertà di culto è un

diritto inalienabile, in cui sempre più individui si

distanziano dalla Chiesa cattolica, la religiosità non viene

abbandonata ma trova nuove forme di espressione e

significazione.

5

La Santa Muerte, come molti altri culti contemporanei, non è

una divinità creata da un'organizzazione ma un oggetto-simbolo

(Perdigòn 2008:56) utilizzato da un settore della popolazione,

che ha prolificato in modo autonomo e inaspettato .

Come ogni simbolo è prima di tutto un valido strumento di

comunicazione, capace di svolgere una doppia funzione di

orientare le rappresentazioni e di stabilire relazioni, ma è

anche un deposito di potere in quanto veicola discorsi e

pratiche alternativi messi in atto da soggetti la cui azione

sociale è in buona misura limitata.

La Santa Muerte entra a pieno titolo in quelle forme di

“religiosità popolare” che si autodefiniscono a partire da una

religione ufficiale e attraverso la rielaborazione dei

discorsi egemonici da parte di gruppi subalterni o marginali

crea sistemi di senso e di valore altri (Perdigòn 62-63).

I discorsi pubblici sulla Santa Muerte in quanto simbolo

capace di fornire identità ma anche (come vedremo meglio in

seguito) strumenti di azione e affermazione per molti

soggetti, implicano relazioni di potere e dominazione. Questo

si concretizza in moltissimi modi e forme differenti: dagli

usi rituali, all'attivazione di reti economiche nuove e

importanti, spesso informali, alla possibilità di ordinare e

dare senso al mondo col filtro di una credenza religiosa.

Così ancor prima degli ideali di giustizia mercantile e

uguagliatrice sono proprio la sua non esclusività, l'efficacia

pratica, tanto screditata dalla Chiesa, e l'adattabilità alle

esigenze concrete dei fedeli le carte vincenti della

5

diffusione del culto. Alcuni casi, definiti di “mimesi” della

figura della Santa possono essere esemplificativi: c'è

l'ibridazione con la Vergine di Guadalupe che giunge a una

quasi totale sovrapposizione iconografica tra le due figure.

Oppure ci sono i tentativi di “addolcimento” della sua figura

scheletrica a cui viene restituita carne e pelle: l'Angelo

della morte innalzato a simbolo del culto dalla Chiesa di

monsignor Romo o la giovane morte incarnata cosi come la

rappresentano santoni e guaritori nel porto di Veracruz, dove

sono forti gli influssi caraibici (Flores 2008).

Come afferma Flores Martos l'estrema differenziazione del

culto mette in luce le sue pratiche individualizzate e

l'assenza di una qualsiasi struttura o autorità capace di

dirigere in senso unidirezionale il movimento (2007:66). La

differenti rappresentazioni altro non sono che il frutto di

un'esigenza di combinare, discutere, negoziare significati in

un contesto nuovo, in cui diverse strategie e interessi si

incrociano, scontrano e ricompongono.

È interessante a questo proposito notare il valore simbolico

attribuito alla scelta delle date in cui celebrare la Santa

che mettono in risalto le più forti correnti di

istituzionalizzazione legate al culto.

Nella prima cappella che le dedicarono nella Colonia Morelos

la festa si teneva il 7 settembre, oggi però le date più in

voga sono il 15 agosto, giorno dell'assunzione della vergine

Maria o il 31 di ottobre e il primo di novembre, in

concomitanza con le celebrazioni dei giorni dei morti.

5

Queste due date fondamentali del calendario liturgico

cristiano simboleggiano da una parte i tentativi di

“marianizzazione” dell'immagine della Santa Muerte, che ha

come obiettivo il riconoscimento da parte delle istituzioni e

che per farlo deve liberare la sua immagine dai tratti più

inquietanti e inaccettabili per l'opinione pubblica di massa.

Dall'altra correnti più popolari e meno strutturate che

ricercano la legittimità senza dialogare pubblicamente con la

Chiesa Cattolica, rivendicando i caratteri di autenticità del

culto e servendosi di buon grado di quei discorsi sulle

origini e il ruolo della morte nella civiltà messicana che già

abbiamo affrontato (Brandes 2007:69).

Senza voler fornire nessuna analisi realmente dettagliata di

queste attitudini e di questi processi interni al culto, tra

l'altro sempre in via di definizione, quello che più mi

interessa è inserire tutte queste tendenze, e proprio il

continuo proliferare delle stesse, in un panorama di crescita

progressiva dell'immaginazione sociale attorno al religioso.

Sempre di più sono gli individui che incorporano nelle loro

vite riti e credenze di diverse tradizioni religiose e

soprattutto tra i giovani spesso lo fanno partendo da una

prospettiva laica ed avvicinandosi alla spiritualità in modo

eclettico e personale (Serrano 2005), si afferma cosi una

religiosità che potremmo definire multifocale e multidiretta.

Inoltre se è vero che il culto è manipolato continuamente, sia

per mano di correnti religiose che di soggetti dotati di

potere spirituale che introducono nel proprio apparato rituale

questa immagine servendosi del suo prestigio; questo è a sua

5

volta manipolatore e cannibale: divora simboli ed immagini, si

appropria di ogni credenza purché sia funzionale ed efficace.

Si afferma dunque un nuovo modello di religiosità

“postmoderna”, caratterizzata dal suo essere pratica e

personale, incentrata sul “qui ed ora”, utile per affrontare

problemi quotidiani più che per offrire speranza in una vita

ultraterrena. Questa è anche creativa e produttrice, in quanto

risponde al bisogno culturale di creare identità e relazioni e

dotarsi di significati nuovi in contesti dove i vecchi sistemi

di valori (siano sociali, politici o religiosi) stanno

perdendo solidità.

La contemporaneità e la globalizzazione sembrano in un certo

senso dare forma al culto alla Santa Muerte, che non a caso

sta prendendo piede in tempi nuovi e incerti, all'interno di

metropoli multietniche ed insicure o tra individui isolati e

alla ricerca di radici e si diffonde attraverso circuiti non

ufficiali, negli spazi permeabili aperti dai processi di

globalizzazione...

Questi sono temi centrali e costitutivi del fenomeno che ci

accingiamo ora ad affrontare.

4

In un mondo globalizzato

6

Per proseguire con l’analisi, non si può prescindere dal

considerare il contesto socioculturale in cui si sviluppa la

devozione alla Santa Muerte: il mondo globalizzato.

Sebbene non ci sia un modo univoco per definire questo

fenomeno adotterò il paradigma secondo cui la globalizzazione

è una fase storica, che prende avvio nella seconda metà del

novecento e in cui ci troviamo ancora immersi, nella quale

convergono processi economici, finanziari, comunicativi e

migratori che accentuano l'interdipendenza tra vasti settori

di molte società e genera nuovi flussi e connessioni

sovranazionali (Canclini 1999:63).

Approfondire le forme in cui la globalizzazione si presenta

nel territorio latinoamericano, con particolare attenzione al

Messico, meriterebbe un'analisi dettagliata, purtroppo qui

posso solo limitarmi a brevi accenni; tuttavia si può fare

riferimento all'articolo di Mato “Procesos culturales y

transformaciones sociopoliticas en América “Latina” en tiempos

de globalizaciòn”.

Innanzi tutto ci sono alcuni aspetti economico-politici

evidenti (l'azione delle grandi corporazioni multinazionali e

delle organizzazioni internazionali come il Fondo Monetario

Internazionale, i trattati internazionali e regionali, primo

tra tutti il NAFTA) che insieme al narcotraffico e alla crisi

di credibilità dello stato messicano, a partire dagli ultimi

anni del governo di Salinas De Gortari, contribuiscono ad

aumentare il senso di frustrazione, l'impoverimento concreto e

6

la disillusione nel paese, oltre che un effettiva crescita

dell'insicurezza e della violenza quanto meno nel Distretto

Federale (Flores 2008:58). Non è una coincidenza il fatto che

siano proprio questi gli anni in cui la Santa Muerte inizia a

farsi spazio nella scena pubblica.

Sempre sul versante economico politico è interessante

evidenziare anche il sorgere di settori di sviluppo “equo”,

promosso dalle più diverse associazioni; ma soprattutto

(quantomeno in questo studio) le traiettorie delle politiche

economiche ufficiali: per esempio nella commercializzazione di

prodotti locali e tradizionali o nel settore turistico, in

particolare quello definito di turismo etnico. Come già

abbiamo visto in Messico furono proprio queste politiche

culturali a mettere in atto una vera e propria

patrimonializzazione della morte.

Ci sono poi i fenomeni migratori di cui in questa sede mi

interessa sottolineare le conseguenze di ridefinizione

identitaria che comporta per moltissimi individui, non solo

gli stessi migranti e gli aspetti “comunicativi” della

globalizzazione a cui verrà riservato spazio in seguito

(Brandes 2006).

Infine le rivendicazioni politiche-identitarie dei movimenti

indigeni o indigenisti che chiedono il riconoscimento

dell'autonomia delle popolazioni indigene, il più delle volte

divise da confini nazionali, con tutte le contraddizioni

ideologiche e le sfumature che comportano questi riferimenti

all'autenticità culturale. Si spazia dai movimenti della

messicanità, all'immaginario di riferimento dei ribelli

6

zapatisti e alla progressiva caratterizzazione in questo senso

di molte “pratiche popolari” tra cui il culto alla Santa

Morte.

Da questa veloce “panoramica” emerge che la globalizzazione

non è un paradigma scentifico, né economico (anche se spesso è

impropriamente identificato col neoliberismo); non si tratta

neanche di un “modello buono” per spiegare fatti politici o

culturali. Questo perché la globalizazione non è dotata di

volontà, non è un agente con finalità e obiettivi ma una

tendenza (Mato 1996:18) non strutturata e frammentaria

(Canclini 1999) che risulta da multipli processi sociali in

cui interagiscono piani locali e fenomeni globali.

La globalizzazione non può quindi essere interpretata come un

fenomeno monolitico ed indivisibile, al contrario è sempre un

fenomeno agito, il risultato degli interessi, delle strategie

e dei processi di significazione di individui e gruppi; assume

realtà e concretezza solo nell'azione di soggetti reali. Gli

spazi in cui agiscono queste soggettività sono estremamente

compositi e frammentati, facilmente trasbordano i confini

geografici per inserirsi in dinamiche globali.

Soprattutto l'antropologia, in quanto disciplina etnografica,

non può permettersi di pensare il globale e la globalizzazione

senza tenere da conto le sue configurazioni e sintesi locali

(Angel Diaz de Rada 2004:78).

La globalizzazione non significa dunque la scomparsa del

locale, né il raggiungimento dell'omogeneità culturale, solo

6

ci obbliga a vedere il locale sotto un'altra prospettiva. La

deterritorializzazione (in questo caso del fenomeno religioso)

non significa la fine della sua esistenza territoriale ma la

delocalizzazione apparente dei saperi e degli strumenti che

appartengono ai suoi fedeli e quindi una territorialità

multipla degli stessi (Viana 2004:11;30).

Per fare un esempio sempre più sono le migrazioni non

definitive, ma temporanee che implicano il ritorno in

madrepatria o un'alternanza di soggiorni tra diversi stati

(Canclini 1999:79) e che quindi costruiscono individui che si

muovono tra più realtà sociali e culturali in cui la loro

stessa identità viene vissuta e “spesa" in modi differenti. Un

altro esempio di re-territorializzione è quello delle comunità

etnico-nazionali di immigrati che si concentrano in una

specifica area urbana “straniera”.

Quanto detto fin qui serve a sottolineare un aspetto

imprescindibile del culto alla Santa Muerte, ovvero il suo

carattere transnazionale, intendendo con questa parola un

fenomeno, o una relazione che sostengono due o più attori

sociali collocati in stati nazionali diversi; questa si

differenzia da un rapporto “internazionale” che implica il

coinvolgimento di organi in una certa misura rappresentativi

ed istituzionali (Mato1996:14).

Questa devozione è a tutti gli effetti un culto transnazionale

e anzi potrebbe rappresentare una forma di religiosità

emblematica della postmodernità sia per le istanze

esistenziali e le forme di vita espresse dai fedeli che per

6

pratiche di culto (dalla diffusione all'iconografia per

esempio).

Ogni questione e ogni prospettiva di analisi ci obbligano

continuamente a saltare dal locale al globale, da un barrio

del Distretto Federale, alle politiche economiche

internazionali, da una via di Madrid o di Chicago, alle danze

atzeche messe in scena per i turisti in Messico

Per questo assumo l'analisi che Kali Argyriadi propone per la

Santeria cubana, la sua diffusione e la sua

commercializzazione, e che è stata riconosciuta estendibile

anche al culto alla Santa Muerte (Flores 2007:300). Questa

ricercatrice invita ad incentrare l'analisi più che su

territori concreti sugli spazi relazionali attorno a cui

gravita il fenomeno:

“En fin quisiera brevemente hacer enfasis sobre la necesidad de distinguir por un

lado las escalas geograficas clásicas (micro-local, nacional, regional,

transnacional…) y por el otro lado los espacios de relaciones (intra-red, inter-redes y

trans-redes, véase al respecto Colonomos, 1995) que pueden, desde el más pequeño

nivel (por ejemplo una familia ritual santera o el conjunto formado por un

curandero y su clientela) desbordar todos los límites territoriales y en este sentido ser

calificados de transnacionales.”35

o per dirlo con le belle parole di Marc Auge:

35 Kali Argyriadi “Transnacionalizacion y relocalizacion de la santeríaen Veracruz” scaricabile dahttp://www.cubaarqueologica.org/document/ant06_argyriadis.pdf

6

“In questa nuova situazione, più che il territorio ciò che crea coesione sono le

strategie organizzative, i sentimenti comunitari, i simboli di affinità, necessità

comuni e esperienze condivise. Questo stato di cose che si dà a livello internazionale

si riproduce nel locale.” (1994:9)

Ora ci soffermeremo su alcuni aspetti specifici, declinazioni

particolari che rendono evidente la multiterritorialità del

fenomeno della Santa Muerte e quanto questo influisca sia

nella costituzione del culto e dell'immaginario che si crea

attorno ad esso, sia nell'uso che ne fanno i fedeli.

4.1 Culto migrante

Merita un'attenzione particolare il nesso tra la Santa Muerte

e i flussi migratori, la presenza di questa Santa al confine

Nord del paese è evidente: venditori di “colgantes”, murales,

e soprattutto altari “callejeros” dal momento che le cappelle

dove si rendeva culto alla Santa insieme ad altre figure

ambigue come Jesus Valverde o Juan Soldado sono recentemente

state chiuse.36

La frontiera: luogo pericoloso, marcato dalla paura e dalla

violenza, attraversarla implica un salto nel vuoto, è un

momento di insicurezza e precarietà assoluta, un'esperienza

liminale in cui chi non ha i documenti in regola arriva a

36 Video disponibile nel web al link: http://sintesistv.info/v2/noticias/tijuana/12022-prevalece-el-culto-a-jesus-malverde-y-la-santa-muerte-en-la-frontera

6

mettere a rischio la propria vita. La gestione repressiva, del

flusso migratorio “latino” che preme con forza sulla frontiera

statunitense rende la situazione ancora più difficile: la

costruzione di un lungo muro obbliga a vie più pericolose che

spesso passano per il deserto, il numero di morti e

desaparecidos in aumento, la comparsa di vere e proprie mafie

attorno alla gestione di questo traffico umano ne sono tutte

conseguenze (Guillelmo Alonso Meneses 2008).

Un'altra conseguenza, forse meno diretta, delle dure

condizioni affrontate dai migranti sono la rappresentazione e

gli strumenti simbolici di cui si avvalgono questi individui

per affrontarle, numerosi sono i culti della frontiera (Flores

2008:59) e la Santa Muerte è entrata a pieno titolo tra

questi.

Esperienza liminale non solo per la pericolosità dell'impresa,

migrare segna un momento di incertezza esistenziale in cui la

propria identità e il proprio posto nel mondo devono essere

ridefiniti, le reti di relazione si modificano e la lontananza

dalla propria cultura come da quella in cui si è immersi

spesso comporta sentimenti di “sradicamento”. Cosi la Santa

Muerte può essere fondamentale non solo come garante del tanto

sperato successo ma anche del legame con la propria cultura,

con il proprio passato e la propria individualità, per questo

può rappresentare un riferimento importante per chi vive in

terra straniera.

6

Così il culto si sposta insieme agli individui e si diffonde

oltre i confini nazionali, mette radici negli Stati Uniti,

nel resto del continente americano e in molte città europee.

Questo implica delle trasformazioni nelle forme di devozione,

il culto si ritira dallo spazio pubblico, l'accesso ai

materiali e alle informazioni è più difficile e mediato da

apparati tecnologici e anche le relazioni interpersonali tra

gli stessi fedeli cambiano, sia per chi è lontano che per chi

rimane.

Ogni volta chi migra è costretto a riconcettualizzare la sua

vita e la sua cultura, il che include ovviamente la sua

religiosità. Alcuni di questi processi di diffusione e

modificazione vengono brillantemente analizzati nel già citati

articolo “ Transformismo y transculturalizacion de un culto

novomestizo emergente: la Santa Muerte mexicana”(2008) di

Flores Martos in cui lo studioso analizza dettagliatamente

alcune modalità concrete di riappropriazione e rielaborazione

del culto in diversi contesti locali. Viene giustamente

evidenziata la capacità assimilatrice e “fagocitatrice” della

Santa capace di attingere strumenti da altre credenze o

sistemi rituali e la sua fusione con altre figure religiose

locali, come quella di San la Morte in Argentina e in Europa o

con figure dell'universo spiritista.37 Questa flessibilità e

capacità di adattamento rendono il culto “spendibile e

usufruibile”, simbolicamente parlando, nei contesti più

diversi.

37 Vedi parte successiva.

6

Non mi soffermerò su tutti i casi da lui trattati, riporterò

invece quanto rilevato nella mia esperienza a Madrid. Questa è

una città in cui la “comunità latina” costituisce il 46% della

popolazione di immigrati in una regione in cui sono il 16,9%

degli abitanti, senza stimare le migliaia di senzadocumenti

che affollano la città. 38Questa presenza salta agli occhi in

ogni momento e in ogni strada, mi sembra superfluo soffermarmi

sul legame che unisce Spagna e America Latina, dirò solo che

questo rapporto se non è più privelegiato in campo economico e

politico lo rimane sul piano culturale, come dimostrano

diverse istituzioni culturali, progetti e pratiche di

integrazione, che pur rimanendo conflittuali e contraddittorie

assumono forme molto diverse rispetto a quelle che possiamo

comunemente riscontrare negli Stati Uniti.

Eppure la Santa Muerte sembra apparentemente assente in città,

non ci sono evidenze visibili come altari per strada o

ragazzotti con tatuaggi della loro madrina in bella mostra e

anche i messicani con cui ho avuto modo di confrontarmi,

perlopiù giovani universitari, ne parlarono come di qualcosa

di totalmente estraneo alla loro realtà, infine la stampa non

le dedica alcun tipo di attenzione, non nelle pagine

“nazionali” almeno.

Tuttavia è sufficiente spostare l'attenzione su un aspetto

concreto e materiale del culto, quello della vendita ai fedeli

di prodotti rituali ed entrare in un qualsiasi negozio

esoterico per rendersi conto della diffusione effettiva del

38 “La población inmigrante en Madrid alcanza casi el 17%” 2 settembre 2008 Elpais.com

6

fenomeno. La “Santeria la Milagrosa” per esempio nelle vie

del centro di Madrid, ma potrei citare molti altri negozi,

dedica un intera scaffalatura del locale alla Santa Muerte. Si

trovano esposte numerose statuette di colore rosso, oro,

marrone, bianco, nero, una la ritrae come una nuova pietà

raccolta non più sul corpo di Cristo ma su uno scheletro, una

con ali di angelo e un'altra (la più grande) vestita con sette

colori per rappresentare l'unione di tutti i poteri. C'è un

ripiano di libri: raccolte di preghiere, rituali e

“velaciones” e la commessa mi assicura che si vendono

moltissimo anche i ciondoli, amuleti protettivi della Santa,

mentre per altri prodotti rituali si utilizzano gli stessi

materiali della Santeria.

Si nota una sorta di confusione o fusione nelle parole di

quasi tutti i venditori tra la Santa Muerte e San la Muerte,

quest'ultimo è un culto fratello ma distinto, diffuso

sopratutto in Argentina, presenta una forma di culto simile a

quella tributata alla Santa Muerte (Perdigòn 2008:129-132) ma

le due figure non si sovrappongono mai, innanzitutto per il

fatto che qui si tratta di un'entità rigorosamente maschile. I

due culti hanno profili differenti e ben delineati nelle

rispettive madrepatrie mentre in Europa sfumano in un unica

entità.

Altro elemento interessante è il rapporto con il

cristianesimo: se in Messico c'è tuttavia un rapporto

dialettico qui invece la distanza è totale; i prodotti

necessari a venerare la Santa Muerte in Spagna si trovano in

7

negozi dedicati all'esoterismo, la pratica è stigmatizzata,

sottratta all'ambito cattolico e inserita in quello della

Santeria non cristiana (Flores 2008:70).

Noto una differenza tra quanto rileva Flores pochi anni prima

e la mia esperienza nell'autunno 2011.

Il ricercatore afferma che le statue della Santa non sono mai

esposte in vetrina, spiega che i commercianti temono che

questa figura possa essere causa di fraintendimenti e

associata a pratiche di magia nera. Allo stesso modo racconta

che la sua richiesta di oggetti specificatamente dedicati al

culto parve insolita e i venditori faticavano ad

accontentarlo.

Oggi assistiamo a un'inversione di tendenza: gli articoli sono

numerosi, tenuti in bella vista, esposti in vetrina e a detta

dei commercianti molto venduti. Anche se non ho sviluppato

ulteriori ricerche in questo campo posso ipotizzare che la

devozione sia molto cresciuta in Europa negli ultimi anni e

che sia aumentata la conoscenza e l'accettazione dello stesso,

quanto meno all'interno dei circuiti in cui si manifestano e

organizzano spiritualità alternative e indirizzate verso

l'esoterismo.

4.2 Culto in rete

“Hay dos aspectos que parecen establecer especialmente las reglas del juego en la

organizacion cultural, y son bastante diferentes ahora, en este final del siglo XX, de

lo que habian sido hasta ahora: la movilidad de los seres umanos y la movilidad de

7

los significados y de las formas significativas a traves de los medios de

comunicacion” (Hannerz 1998:36)

Così la conseguenza dei processi di globalizzazione non è solo

la mobilità, spesso drammatica, delle persone ma anche tutta

una serie di relazioni culturali e comunicative nuove che

implicano un riadattamento dell'organizzazione e dei

significati culturali.

La produzione culturale, che si compone di un infinità di

fenomeni specifici, è fondamentale nella costruzione delle

rappresentazioni sociali; oggi giorno l'industria culturale

di massa ha un notevole peso in questa produzione, la sua

azione, in cui operano vere e proprie multinazionali,

trasborda i confini dell'intrattenimento per influire sul modo

in cui le persone configurano se stesse, le proprie esigenze e

il mondo circostante.

Senza addentrarci in questo discorso è bene sottolineare come

la devozione alla Santa Muerte sia inglobata in questa

produzione: dai tatuaggi e il proliferare di canzoni hip-hop

come quelle dei rappers del “Cartel de la Santa”, fino

all'uscita nel 2007 di un film che porta il suo nome.

Centrale è l'aspetto mediatico: i mezzi di comunicazione,

anch'essi sempre più transnazionali, dedicano ampio spazio al

fenomeno della Santa Muerte che è ormai una vera e propria

“moda” e anche uno dei prodotti messicani più conosciuti al

mondo anche se spesso in termini scandalistici.

7

Più in generale i media e la comunicazione immateriale-

virtuale giocano un ruolo centrale nelle società

contemporanee:

“Los circuitos mediaticos adquieren mas peso de los tradicionales lugares en la

transmicion de informaciones e imaginarios sobre la vida urbana y en algunos casos

ofrecen nuevas modalidades de encuentro y reconocimiento”

(Canclini1999;171).

Da essi dipende sempre più strettamente la politica della

rappresentanza (in un continuo processo di

spettacolarizzazione e teatralizzazione della stessa), il

mantenimento dei legami personali tra individui lontani, e non

da ultimo operano una trasformazione nel legame tra pubblico e

privato (Canclini 1989;265). Negli ultimi decenni lo spazio

pubblico tradizionale si è progressivamente svuotato

materialmente ma anche simbolicamente, cosi le vie e i luoghi

pubblici sono sempre meno frequentati, la piazza ha smesso di

essere il simbolo della città e il “pubblico” ha cessato di

essere concettualizzato come il luogo ideale della

partecipazione in cui si determina l'ordine sociale . Le

società si sono sempre più incentrate sull'individuo e sul

privato, l'individualismo e il successo personale si mischiano

con la paura e il senso di insicurezza, gli individui

incentrano le loro esistenze in uno spazio il più possibile

personale e isolato (Canclini 1989;266). Anche le forme di

socialità si ripiegano sempre più verso spazi intimi ed è per

questo che la comunicazione “virtuale”, mediata dalle

7

tecnologie informatiche, si sostituisce in parte ad

un'interazione “reale” e diventa centrale nelle relazioni

interpersonali anche in ambiti pubblici e politici.

I discorsi che transitano in questi circuiti non sono mai

neutri, se la maggior parte vengono gestiti e controllati da

chi detiene denaro e potere, e anche l'accesso a queste

tecnologie non è uguale per tutti39, tuttavia la produzione

massiva:

“A vezes deja de ser un sistema vertical de difusion para convertirse en expresion

amplificada de poteres locales, complementacion de los fragmentos”

(Canclini1989:267)

Si pensi prima di tutto ad internet, uno spazio virtuale che

amplia esponenzialmente le possibilità di relazione di ognuno

e in cui le informazioni si muovono (abbastanza) liberamente,

questo fa si che potenzialmente ogni individuo abbia accesso

ad un'offerta simbolica incredibilmente più vasta, eterogenea

e “democratica” che pochi anni fa.

È attraverso questi strumenti che le culture frammentarie e

dislocate della modernità si ristrutturano e riorganizzano:

“Las culturas piereden la relacion exclusiva con su territorio pero ganan en

comunicacion y conocimiento” (Canclini1989:326)

39 L'accesso al patrimonio culturale riproduce le differenze tra gruppisociali, non tutti hanno lo stesso accesso a questi beni (si pensi anche solo alla disponibilità di postazioni telematiche nei paesi occidentali e nel resto del mondo) né uguali possibilità di azione nella produzione e nella distribuzione dei beni .

7

Ne sono esempio lampante le forme di organizzazione dei

movimenti di contestazione mediterranei della primavera

scorsa, ma la Santa Muerte come qualsiasi altro movimento

culturale o sociale della contemporaneità non ne è esclusa. La

rete è uno spazio da cui attingere per comporre nuovi

orizzonti di senso, è un “collante” che rende possibili

relazioni, altrimenti impensabili, tra individui dislocati in

ogni angolo del mondo.

La sua prima caratteristica è quella di essere uno spazio

comunicativo che permette la messa in circolo, e in buona

misura la commercializzazione, di saperi e oggetti che

diventano reperibili ovunque. Sono moltissimi e sempre nuovi i

siti web e i blog dedicati alla Santa Muerte40, i materiali

pubblicati spaziano da raccolte di articoli e notizie, a

preghiere e ricette rituali spesso ad opera di soggetti che si

propongono di facilitare la trasmissione di questa “energia”.

Una delle più conosciute41 per devoti è la pagina ufficiale

della “Red de la Santa Muerte” che include sezioni di vendita,

informazioni rituali, contatti, una parte storica in cui, è da

notare, si afferma risolutamente l'origine ancestrale del

culto.

Sicuramente tra questi autori c'è chi tenta, in forma più o

meno collettiva di incanalare e definire il culto ma tutto ciò

non oscura la spontaneità della “messa in rete” di

40 Tra i più conosciuti: http://nuestrasantamuerte.blogspot.com/ e http://www.santamuerte.es/

41 http://www.santamuerte.galeon.com/

7

informazioni e anzi favorisce la contaminazione e la messa in

discussione pubblica delle pratiche di devozione.

Lo stesso link presente sulla pagina web di cui sopra connette

a un blog in cui i fedeli “postano” le proprie “petitiones”

alla Santa in modo assolutamente spontaneo e non filtrato.

Questa è in realtà una pratica molto diffusa e non mancano

vere e proprie “cappelle virtuali” dove solitamente una

grafica evocativa o addirittura un video ricreano lo spazio

sacro dell'altare.

Uno di questi, lo stesso che assicura che tutte le preghiere

“caricate” verranno recitate ad alta voce durante un momento

rituale settimanale, spiega:42

“El motivo de disponer de la posibilidad de pedir a la Santa Muerte a través de este

blog, surgió con la necesidad de ofrecer a aquellas personas que no pueden

disponer de un Altar en su casa o de un Templo cercano, la posibilidad de poder

adorar a la Santa”.

Mi sembra evidente come l'utilizzo della rete non sia più solo

comunicativo o commerciale, ma questa si converte in un vero

e proprio spazio sacro a disposizione dei fedeli. Questa

componente “interattiva” investe la ritualità e offre

possibilità di interazione con la divinità totalmente nuove.

Non mi sembra eccessivo affermare che modifichi le modalità di

vivere e concepire la religiosità: capita di leggere messaggi

dei fedeli che si rivolgono alla Santa Muerte chiedendole se

42 http://www.santamuerte.es/

7

“le sue mail” siano state ricevute, anche la stessa pratica di

condividere pubblicamente il contenuto delle proprie preghiere

delinea una ritualità emergente.

Il culto e le sue articolazioni sono transitorie, precarie e

frammentate come i flussi inafferrabili di persone, merci e

informazioni che contribuiscono a costituire la sua fisionomia

(Flores 2007).

La rete rende possibile inventare nuove forme di devozione,

facilita la mobilità e la personalizzazione dei tratti del

culto... in sostanza siamo di fronte al definirsi di una

traiettoria nuova della religiosità che si allontana sempre

più dal panorama tradizionale e attiva spazi di negoziazione e

ridefinizione della visione del mondo di moltissimi individui.

Essa ha una forte valenza identitaria soprattutto per coloro

che si sentono esclusi o marginalizzati dalle rappresentazioni

ufficiali o le cui relazioni ed identità sono dislocate su

molti livelli, multiple e frammentate.

La Santa Muerte è a mio avviso un elemento fertile per la

creatività culturale e sociale che necessita nuovi orizzonti

simbolici in cui iscrivere l'azione individuale, ognuno

riconfigura il culto in una forma efficace per esprimere la

propria realtà, la propria identità (sia intesa in termini

soggettivi che di gruppo).

Credo che anche “il ritorno alle origini” e l'identificazione

del culto con un “inventato” passato indigeno possano essere

visti come fenomeni che vanno oltre la componente politica e

ideologica e che sia necessario adottare una prospettiva che

7

consideri la componente individuale di questi movimenti, che

fanno fronte ad un bisogno immaginativo ed esistenziale di

radici di fronte alla crisi e alla frammentazione del sociale.

4.3 Culto mercantile

Gli orizzonti di valori, ma anche i contenuti pratici del

culto sono adatti a fronteggiare le insidie quotidiane della

società che l'ha prodotto. Il successo e la carica attrattiva

del culto è legata a quegli aspetti specifici che rendono la

devozione funzionale e ben compatibile con le esigenze della

contemporaneità.

Così come la società “globalizzata” questa figura sacra è

intimamente legata all'individuo, ed è proprio in “questa

praticità e flessibilità di fronte alle nuove realtà

esperienziali dei fedeli che possiamo intravedere una delle

cause della sua importanza” (Flores 2008).

In effetti è facile vedere nel bisogno di protezione che i

fedeli affidano alla Santa Muerte il segno di una società in

crisi, segnata dalla violenza e dall'incertezza; flessibilità

estrema, precarietà esistenziale, incertezza nel futuro e

sfiducia nelle istituzioni sono problemi che affliggono tutto

il mondo, seppure con connotazioni molto diverse. In

particolare le città messicane sfiorano picchi di violenza

altissimi come è dimostrato sia dalle statistiche e dai

7

resoconti giornalistici che dalle indagini qualitative

dell'etnografia43.

Questo ha un forte impatto sulle rappresentazioni sociali ed è

in questo contesto la Santa Muerte si presenta come un culto

individuale, individualizzato e individualista che si rivolge

direttamente al soggetto (Flores 2007:285).

Individuale in quanto si tratta di un culto “fai da te”, si

pratica in solitudine, gli altari possono sorgere in qualsiasi

luogo e manca di un organizzazione strutturata.

Individualizzato grazie alla sua accessibilità: come abbiamo

visto le informazioni sono diffuse soprattutto via web o

tramite riviste ed opuscoli diffusi a basso prezzo; queste

pratiche sono caratteri formativi del culto ed innestano un

processo di costruzione e definizione che potremmo definire

“collettivo”. Per questa sua natura la tendenza è quella di

valorizzare ed incentivare positivamente l'idiosincrasia dei

fedeli più che di strutturasi come un movimento religioso

compatto.

Per questo è cosi difficile definire un “profilo tipo” del

fedele, nonostante si tenda a farlo coincidere con tutte

quelle fasce sociali “a rischio di esclusione” questa

definizione è in realtà troppo semplicistica, soprattutto a

fronte dell'estensione che sta avendo negli ultimissimi anni.

Per farci un'idea della varietà di aspettative e richieste che

vengono raccolte e “soddisfatte” dalla Santa Muerte basta dare

un occhiata ai network dove vengono condivise le orazioni.43 Per un attenzione più dettagliata a questo aspetto vedasi il capitolo 5

7

Le diverse esigenze, cosi come i toni e il linguaggio sono

buone piste per cogliere almeno in parte la realtà e

l'orizzonte di pensiero di questi individui:

- 6 Nov 2007

Hola mi niña blanca, te pido que me ayudes a recuperar a Gabriela

Alejandra Ramírez López, la adoro con toda el alma y quiero que

regrese conmigo.

Ayúdame a recuperarla, te lo pido con el corazón ella es la mujer de

mi vida;

MUERTE QUERIDA DE MI CORAZON

NO ME DESAMPARES DE TU PROTECCION

Y NO ME DEJES Gabriela Alejandra Ramírez López

UN SOLO MOMENTO EN PAZ

INQUIETALA A CADA INSTANTE

QUE SU PENSAMIENTO ESTE EN MI

Y QUE VENGA ARREPENTIDA Y HUMILLADA A MIS PIES

Y QUE NO TENGA OJOS MAS QUE PARA MI

HAZME EL FAVOR QUE YO TE PIDO

Y TE PROMETO QUE CADA VIERNES DE NOVIEMBRE

A MEDIA NOCHE TE

PRENDO TU VELADORA

MI DUEÑA Y SEÑORA

NO ME DESAMPARES DE TU PROTECCION.

AMEN.

- 8 Nov 2007

Santísima Sra. gracias por la oportunidad de agradecerle el

permitirme seguirle ya que por temor cuando usted me hablo dude en

hacerlo ya que no quiero ofender a Dios pero gracias por aclararme

mis ideas . le quiero pedir humildemente y si es su santa voluntad

8

me ayude el día de mañana a conseguir dinero para irme a trabajar y

pongo el trabajo en sus manos para que todo salga bien y podamos

regresar con bien y triunfantes gracias a usted a nuestras casas.

GRACIAS SRA.POR TODO

- 17 Oct 2007

flakita linda,,,,o mi linda madrina como te llamo,,,usted sabe que

soy un nuvo deboto de usted..y gracias por la ayuda que me a

dado...madrina linda,, mi peticion es que proteja ami familia..y que

me ayude a realizar las cosas que ya le he platicado,, para hacer

hay lo que le prometi ,,,madrina muchas gracias por estar

conmigo,,,smuuuuaaaaakk sabe que siempre le ando dando besitos,,,

madrina...le pido humildemente ayude ami tia a que se solucione

todos los problemas que por ahora esta pasando,,,

y tambien que ami me siga hiendo bien en el negocio que empece..para

poder sobre salir,,,,smuuuuuaaakkkk gracias madrina,,,, 44

In questi pochi esempi emergono alcuni dei temi ricorrenti:

non solo la protezione della propria “integrità” fisica,

elemento troppo spesso evidenziato dai media, ma anche aiuto

perché lavoro, affari e imprese in generale abbiano buon

esito, tantissime le preghiere che hanno come oggetto

questioni amorose, molte richieste riguardano bisogni basilari

come un pasto caldo, non mancano individui che sembrano averla

scampata bella e per questo ringraziano la loro “Madrina”.

È proprio da qui che emerge il carattere strumentale del

culto. I fedeli agiscono nella speranza che le loro richieste

vengano esaudite e come ringraziamento per ciò che si è

44 Tutte e tre le petizioni tratte da www.santamuerte.galeon.com

8

ottenuto. Le istanze sono pratiche e gli atti di devozione

sono compiuti sicuramente con fede, ma anche in vista della

loro efficacia.

Questo aspetto utilitaristico non è proprio solo della Santa

Muerte ma definisce una serie di culti caratterizzati da un

enfasi sempre maggiore verso la risoluzione dei problemi

quotidiani e il raggiungimento di vantaggi materiali piuttosto

che verso questioni riguardanti l'aldilà e la vita

ultraterrena (Flores 2007:291). Il Messico come molti altri

territori, presenta un mercato religioso altamente

competitivo, dove sono molte e dotate di autonomia le agenzie

religiose a cui gli individui possono avvicinarsi liberamente

a seconda dei vantaggi offerti dalle une o dalle altre

(Brumana 2007:157).

Ma l'individualismo espresso dal culto si spinge oltre le

strategie proprie dei devoti: secondo la definizione di Flores

Martos la Santa risponde ad una vera e propria “logica

mercantile”, in riferimento all'ideale di giustizia

equilibrata e compensativa che la accompagna (2007:287).

Questo la rende per certi versi comparabile con la religiosità

biblica espressa dalla legge del taglione o dal rapporto

utilitaristico delle divinità pubbliche greco-romane. Tuttavia

questo ideale si declina in forma assolutamente specifica: non

solo qualsiasi dimensione collettiva e comunitaria è esclusa,

anche la moralità esula dalle sfere di influenza della Santa

Muerte.

8

Sebbene essa sia una figura benevola e positiva, un “ser de

luz” per i fedeli che invita a fare il bene e non il male,

tuttavia ha la caratteristica di non giudicare

qualitativamente le azioni umane.

Tutti sono accolti all'interno del culto, purché ne rispettino

le regole, la Santa Muerte ascolta qualsiasi richiesta e non

rifiuta il suo aiuto per imprese “individualistiche” che si

contrappongono ai valori etici e morali comunemente accettati.

Come afferma Doña Queta in numerose interviste “E’ vero che sono

molti i criminali che invocano alla Santa Muerte, ma tutti hanno il diritto di credere

in qualcosa. E poi chi siamo noi per giudicare?”

La logica con cui opera la Santa Muerte è quella dello scambio

utile (ad un atto di fede corrisponde un favore) e non è un

casuale né sorprende il legame del culto con alcuni grandi e

popolari mercati messicani come quelli di Sonora e Tepito,

aree centrali nella diffusione del fenomeno, né il fiorire di

circuiti di scambio economico che gravitano attorno al culto.

Lo scambio è quasi “economico”, però giusto, non tutto è

permesso: la “transizione” è effettiva, la reciprocità tra i

favori della Santa e le attenzioni dei fedeli è garanzia di

giustizia, l'imbroglio non è ammesso, il saccheggio, le rapine

e le frodi non trovano spazio.

“Todo favor tiene un precio”45 cosi si conclude un film

dedicato alla Santa Muerte e trovo che questa frase sia utile

per capire uno dei valori centrali che anima il culto: il

prezzo che da legge “naturale” dell'economia si fa legge45 Trailer del film “La Santa Muerte” diretta Paco Del Toro e prodotta

da Armagedon, uscito in sala nel 2007

8

divina, diventa simbolo di giustizia ed equità quando nessun

altro ideale o potere può più garantirle.

Espressione di un mondo dove niente è per niente, in cui

qualsiasi tipo di relazione può essere valutata in termini di

interesse e monetizzata; questo habitus per cui “si dà per

avere qualcosa in cambio” arriva a marcare il rapporto con la

divinità.

8

5

Prospettive di antropologia della crisi

5.1 Introduzione

Nell'impossibilità di fare ricerca sul campo quello che voglio

proporre sono alcune prospettive, formulate da antropologi e

sociologi46, che portano al centro del dibattito la violenza,

l'insicurezza e l'incertezza come possibili fattori

costituenti delle “culture” urbane centroamericane.

Cercheremo di avvicinarci al significato che la devozione alla

Santa Muerte può avere da un punto di vista culturale in

contesti segnati, in un modo o in un altro, dalla violenza.

È bene fare una premessa: il tentativo è quello di accostarsi

allo studio della violenza, intesa come un vasto e

differenziato insieme di fenomeni sociali a partire da una

prospettiva culturale, indagandone le cause e le ripercussioni

e non formulare una teoria culturalista della violenza.

Le spiegazioni culturaliste producono spiegazioni dei fenomeni

sociali in cui la cultura si converte essa stessa in causa

(per esempio l'indole “violenta” del sudamericano o la “danza

nel sangue” dei neri) di un fatto sociale.

É bene ribadire che la cultura si trova in rapporto dialettico

col mondo, lo trasforma e vi si adatta e facendolo cambia

continuamente: per questo può essere utile nella costruzione

di modelli e tipologie ma non può mai diventare causa in se

46 Ferrandiz, Block, Sanchez e Pedrazzini, De Freitas, Serrano

8

stessa di una certa situazione. Inoltre la cultura non è

neanche un “fatto” ma piuttosto un interpretazione. E’

parziale, impalpabile, dovremmo impararre a parlare di culture

al plurale: non può mai essere pensata come un qualcosa di

monolitico e indivisibile che appartiene nella sua interezza a

ogni individuo. È composita, negoziabile e agita

soggettivamente. E’ un insieme di pratiche, orizzonti di senso

e strategie che quasi “convenzionalmente” continuiamo a

definire come tale.

Quindi la violenza non è indole di nessun popolo, né di

particolari fasce sociali, è piuttosto prodotta da

situazioni socioeconomiche precise che si ripercuotono nelle

esperienze e nelle interpretazioni del mondo di individui

reali.

L'America Latina è una delle regioni del mondo dove si

registrano più fatti violenti47 e il Messico, tristemente noto

alla cronaca per le sue narcomafie e le bande di sequestratori

occupa spesso i primi posti in queste statistiche; le

dittature militari e le democrazie con i loro piani di

sviluppo neoliberisti non offrono molte sicurezze ai comuni

cittadini. Sempre meno garanzie assistenziali, sempre più

povertà e sempre maggiore diseguaglianza sociale (Sanchez

2005:2-6), corruzione e impunità, così il crimine cresce di

pari passo col diffondersi di discorsi e pratiche securitarie.

Tutti questi fenomeni hanno un grande impatto sulle culture e

sugli individui che non potendo sottrarsi a questo contesto di

47 Alejandro Portres e Kelly Hoffman 2003:31-33

8

crisi, con le sue multiple violenze, cercano almeno di dargli

un senso.

5.2 Il ruolo creativo della violenza

I processi di democratizzazione in America Latina ebbero come

conseguenza un'esplosione della violenza in molti settori. Se

prima era piu o meno controllata dagli stati autoritari e

dittatoriali, ora diventa un fenomeno“capillare” insito nella

diseguaglianza sociale e costituito di violenze multiple,

caotiche, disperse, carenti di trama dominante e di contorni

definiti (Hernandez 1994:105-106).

La moltiplicazione e decentralizzazione della violenza, unita

alla perdita di referenti ideologici-istituzionali certi,

rendono ancora più sconcertante la sua continua irruzione

negli spazi della convivenza quotidiana (Ferrandiz 2007:2040).

Questa diviene uno strumento centrale nel definire le

relazioni sociali, ed arriva ad essere una legittima forma

d'azione in molti ambiti (Sanchez 2005:5): la violenza

riprodotta in infiniti fatti quotidiani fa parte dei modi e

delle storie di vita di molti, per rendersi conto della

situazione basta dare un occhiata ai dati statistici o ai

giornali. Ecco quanto riscontrato dall'UNESCO48:

“La realidad refeja una enorme concentraciòn de la riqueza que hace de esta region

la mas desigual del planeta. Ademàs fenòmenos como la corrupciòn, la impunidad,

el desigual acceso a la justicia, el deteriorio de las condiciones de vida y del medio

48 Declaracion de Mèxico 2001

8

ambiente, el desempleo, el dèficit en vivienda, la salud y la alimentacion, han

conducido al recrudecimiento de la criminalidad y la enseguridad, lo cual limita la

partecipacion y los procesos de organización ciudadana.”(2001:1-2)

È un problema che affetta lo spazio esistenziale di molti ma

anche una possibilità di azione per tanti altri: in America

Latina nel 2000 il 59% della popolazione trovava impiego al di

fuori dell'economia formale49. Questo dato dà un idea

dell'enorme diffusione di forme di vita aliene al sistema

assistenziale e legale.

La presenza di sempre più individui le cui capacità di azione

sociale sono limitate o negate nei circuiti ufficiali, fa sì

che si diffondano forme di vita che includono comportamenti

violenti e-o illegali, queste si presentano spesso come valide

strategie per migliorare la propria condizione sociale, a

volte l'unica. Un caso emblematico sono le categorie sempre

meno eccezionali e sempre più normali dei “bambini senza

infanzia” o “giovani senza futuro” (Ferrandiz 2007), individui

che vivono al margine e negli interstizi delle metropoli

latineamericane, spesso indocumentati nel loro stesso paese,

per loro l'esclusione dagli ambiti sociali formali è totale.

Così la violenza diventa uno spazio importante per

l'affermazione individuale, e l'adozione e la valorizzazione

di comportamenti illegali e trasgressivi è un fenomeno che

investe larga parte della società, sepure in forme e misure

differenti. La risoluzione violenta dei conflitti è molto

comune: dalle questioni economiche, laboriali e politiche

49 Dati ricavati da informazioni delle Nazioni Unite in Sanchez 2005 pag. 7-8

8

(Sanchez 2005), alle relazioni personali, informali e

affettive e con particolare evidenza nelle relazioni di genere

(Flores 2005).

La violenza però oltre ad essere uno strumento di potere è

anche un elemento produttivo attraverso cui gli individui

costruiscono le modalità di relazionarsi con gli altri e di

pensare la propria soggettività: in questo modo sta passando

dall'essere emblema del caos ad essere un elemento

organizzativo della società in quanto dà esistenza ai soggetti

e determina le relazioni sociali (Serrano 2007:130).

“Lo que se estaba trayendo a colacion en sus historias desbordaba un acercamento

descriptivo y clasificatorio de los tipos de violencia y requeria una realaboracion

misma del concepto de violencia...se transformò para nosotros en una series

diversas de tensiones que cruzan a las y los jovenes y que, y bien si incluyen el uso de

la fuerza y la eliminacion de l'otro como forma de resolver los conflictos implican

tambien las relaciones con los cuerpos, las experiencias emocionales...en los relatos

de los jovenes las formas de violencia se mexclan unas con otras..haciendo de la

pregunta por la violencia una pregunta por una gran variedad de fenomenos que les

envuelven en grados diversos, que afectan su corporalidades y su relacion con el

entorno dandole un tono de condicion general, multiple de presencia costante y de

limites difusos.” (Serrano 2007:131)

Serrano, nel suo lavoro in buona parte etnografico sulle

concezioni della vita e della morte nei giovani di Bogotà50,

mette in luce come la violenza visibilizzi attori sociali

50 “Concepciones de vida y de muerte en jovenes urbanos” realizzatoattraverso il Departemento de Investigaciones de la Universidad Centralde Colombia, per maggiori informazioni vedi Serrano 2007:130

8

altrimenti esclusi dalle rappresentazioni sociali, in questo

caso i giovani. Molti di essi si appropiano dell'associazione

comunemente accettata giovani-violenza e a partire da questo

discorso costruiscono la loro identità e rivendicano una

posizione sociale che gli era stata sottratta.

Quello che emerge dalla sua analisi è il ruolo centrale e

costitutivo che la violenza assume all'interno di molte

dinamiche che caratterizzano le culture contemporanee (Serrano

2007:239-40).

La violenza sociale perde cosi parte del suo impatto

distruttivo ed obbliga i soggetti ad apprendere a conviverci,

ignorandola, esprimendola e rielaborandola attraverso nuovi

orizzonti di senso (Serrano 2007:132). Questi processi di

significazione e adattazione interessano la società nel suo

complesso, anche chi non è apparentemente toccato dalle

violenze e emergono per esempio nelle pratiche discorsive

dell'immaginario popolare, dei miti o degli stereotipi

culturali; molto interessante in proposito il lavoro di Flores

(2005) che indaga l'immaginario sulla violenza nella regione

di Veracruz in Messico.

Quanto siano diffuse queste tensioni e come la violenza sia un

fenomeno che oggigiorno interessa la società nel suo complesso

emerge anche dall'altra faccia della violenza: la paura.

La preoccupazione per la sicurezza sembra una condizione della

contemporaneità, questa compare con ricorrenza quasi

ossessiva nei discorsi e nelle ideologie politiche e i

9

cittadini privati rispondono dotandosi delle più svariate

misure di sicurezza. Questo fenomeno di portata mondiale

arriva alle sue estreme conseguenze nelle città

latinamericane, basta pensare.ai quartieri-fortezza, dove chi

se lo può permettere vive al riparo dai cittadini indesiderati

dei suburbi, o al moltiplicarsi delle guardie private che in

Messico sono più di 200.000 (De Freitas 2008:220).

Il discorso sulla sicurezza tende a nascondere, e non aiuta a

risolvere, le cause sociali dei problemi però alimenta

l'immaginazione culturale sulla violenza e con essa la paura.

Diventa simbolo di una necessità di protezione radicale e

anche chi vive un esistenza “normale”, legale e tranquilla si

ritrova a convivere con il timore di una violenza cieca,

gratuita e casuale.

Su un piano simbolico, come nota il filosofo francese

Baudrillard, si può interpretare l'ossessione per la sicurezza

come un irruzione, un'anticipazione della morte nella vita: le

istituzioni, i dispositivi materiali moderni fanno sì che la

vita si trasformi un una “azione difensiva”, che si ripiega in

se stessa per proteggersi da ogni rischio (1980:209).

5.3 La santa muerte, una risposta simbolica

La presenza diffusa, sempre latente anche quando non si

manifesta apertamente, della violenza oltre alle ripercussioni

evidenti sulla vita materiale e psichica delle persone porta a

9

una messa in discussione del “sociale”: lo spazio pubblico si

svuota, non è più considerato come uno spazio condiviso di cui

tutti fanno parte e smette di essere vissuto come un luogo di

socializzazione e di incontro.

La paura del prossimo porta ad un'ulteriore frammentazione

dello spazio urbano, i vincoli comunitari si indeboliscono,

gli individui smettono di pensarsi come soggetti sociali per

concentrarsi su se stessi. Ma non è solo la violenza fisica a

fare paura: l'incertezza riguardo il futuro, la sfiducia e la

disillusione nelle istituzioni e nel progresso sono sentimenti

che attraversano le società di oggi e diventano ancora più

evidenti con l'esplosione della crisi economica.

La risoluzione solo dei problemi più immediati, il vivere

giorno per giorno, l'improvvisazione, la capacità di

arrangiarsi etc etc, caratteristiche della “cultura

dell'urgenza”51, così come è stata descritta da Pedrazzini e

Sanchez sono qualità che coinvolgono una parte sempre più

consistente della società messicana e non solo. L'assenza di

prospettive e la perdita di certezze sono condizioni diffuse

che accomunano individui calati in contesti sociali molto

differenti.

L'insicurezza, la violenza e la sua normalizzazione si insidia

in tutte le pieghe della vita sociale, non solo nelle realtà

materiali di milioni di emarginati e porta con se un mondo di

51 “Esta cultura caraterizada por la velocidad y la aventura, elingenio de supravivencia, la informalidad, la exposicion al peligro y ellocalismo, asi como la proximidad de una muerte violenta, seria para dichosautores un producto urbano carateristico del las metropolislatinoamericanas que se ha converdido en la unica posibilidad de vida paramucho de los abitantes excluidos del sistema de un modo u otro” (Pedrazzinie Sanchez 1992 pag 59-85 in Ferrandiz 2007:243)

9

trauma sociale (Ferrandiz 2005:188) che è bene non

dimenticare.

“Esperienzas de la vita en que el nivel de incertitumbre es muy elevado al confluir de

circustancias de modificaciones cruciales en el ambito economico, istitucional,

familiar y social en un contesto marcado por la ocilacion de todos bienes y valores.

Una pratica de vida en que la violencia, la disegualidades y el conocimiento de la

impunidades de alcunas perosonas y colectivos son ingredientes cotidiano. Se

agudizan las dudas, se piensa en terminos de perplejidad y falta de alternativas.”

(Pilar Castelles Ballarin 2008:18)

Questo “pensare in termini di perplessità e mancanza di

alternative” insieme alla presunta inevitabilità della

violenza, che spesso è attribuita a un certo tipo di natura

umana52, rende ancora più impellente il bisogno culturale di

attribuirle un senso: questo processo di risignificazione fa

si che gli individui si dotino di nuovi modelli per agire e

pensare loro stessi nel mondo.

Alcuni importanti simboli vengono forniti dall'industria

culturale: è dal mondo della televesione, del cinema e dalla

rete, il cui accesso è differenziale ed il cui uso è

soggettivo e creativo che, soprattutto le nuove generazioni,

52 Nel caso affrontato da Serrano quest'indole è attribuita allapopolazione dei quartieri periferici e marginali di Caracas (2007:33),anche Flores (2005:95-96). Inoltre è interessante notare come nel casomessicano nella risignificazione simbolica della violenza entri in campoanche il discorso sulle origini. Questo processo di naturalizzazione diun rapporto “amichevole” con la morte e di patrimonializzazione dellastessa come qualità identitaria in ultima istanza non soddisfa leesigenze individuali di chi vive in contesti sempre più marcati dallapresenza e dalla paura della violenza.

9

trovano le immagini necessarie per interpretare e valutare la

loro esperienza di vita e attraverso cui modellare la propria

identità.

Ed è chiaro come in questo panorama la spiritualità sia un

altro e fondamentale strumento che permette di interpretare le

esperienze esistenziali e collocarle all'interno di un modello

dotato di senso, quel senso che spesso viene a mancare nella

realtà quotidiana.

Di fronte alla violenza, l'incertezza, l'assenza di

alternative e possibiltà il religioso si presenta come

“desactivador del impacto de la violencia” grazie alla sua

capacità di fornire “otro marco explicativo” (Serrano

2005:133). Questo ritorno alla religione, soprattutto da

parte dei giovani è documentato da Serrano che indica come

questi rielaborino cristianesimo popolare, esoterismo e

pratiche orientali dando vita a spiritualità estremamente

personalizzate e mobili, capaci di dare un senso alla violenza

in cui si trovano immersi. Un esempio efficace, proposto dallo

stesso autore è il diffondersi della credenza della

reincarnazione tra i giovani da lui intervistati, così la

morte non è vista come la fine della vita bensì come la

possibilità, anche migliorativa, di accedere a una nuova tappa

della propria esistenza.

Molto interessante è anche il lavoro di Francisco Ferrandiz

sullo spiritismo di Maria Lionza in Venezuela, culto di

possessione in cui spiriti di diversa natura entrano nel corpo

9

del fedele e agiscono sul suo ambiente più prossimo. Questi

spiriti usano il tempo limitato che possono trascorrere negli

uomini e nelle donne vivi per socializzarsi, consigliare e

curare. In questo modo incrementano la loro “luce spirituale”

e espiano i peccati che commisero in vita. I medium, da parte

loro, prestano il corpo agli spiriti per facilitare cure

mistiche, acquistare prestigio sociale e a volte ottenere

delle risorse che contribuiscano alla loro sopravvivenza nel

settore informale (Ferrandiz 2004:17-18).

Nonostante le differenze (la Santa Muerte non è assolutamente

un culto di possessione) molte sono le affinità, soprattutto

contestuali, tra il diffondersi della devozione alla Santa

Muerte e la recrudescenza delle pratiche di questo culto.

Entrambi i culti sono espressione di una religiosità pratica e

sincretica, mancano di una definizione ufficiale e si

diffondono grazie ad internet e nelle pratiche popolari; in

comune hanno anche il riferimento alle origini e il contesto

di crisi politico-istituzionale in cui fioriscono53.

Ebbene negli ultimi anni assistiamo al diffondersi di nuovi

modelli di possessione, nello specifico quello dell'africano e

del vikingo, spiriti aggressivi e violenti che causano lesioni

gravi e possono mettere in pericolo la vita stessa del medium.

Una violenza estrema, autoinflitta durante i rituali che53 “Es indudable que la inclusion de los espiritus malandros en el culto de

Maria Lionza està vinculada de un modo directo con el incremento de laviolencia què esta teniendo lugar en la sociedad venezuelana en lasultimas decadas, sobre todo despues del tragico caracazo de febrero 1989.(..) Poco a poco la violencia y dinamicas sociales y istitucionales quegenera han ido empapando prufundamente todas las hebras de la sociedadvenezolana, tanto en el nivel discursivo come en èl de la pratica social”(Ferrandiz 2004:184).

9

rappresenta una modalità efficace di esprimere ed esorcizzare

il malessere sociale e esistenziale che affligge molti

soggetti, soprattutto giovani. Questa nuova traiettoria nel

culto di Maria Lionza è quindi intimamente connessa con

l'esperienza esistenziale dei praticanti e non sono pochi gli

spiriti che restano “in voga” solo il tempo che

l'immaginazione popolare li trova interessanti. L'insistenza

con cui oggi appaiono questi spiriti inquieti, pericolosi e

dallo scarso potere spirituale è sintomatico del contesto di

crisi e disillusione con cui convivono molti individui; è raro

oggi imbattersi nello spirito del colonello vittorioso che i

medium più anziani ricordano con affetto e vorrebero poter

ospitare ancora nei loro corpi (Ferrandiz 2005).

Grazie a questa ipotesi comparativa e a quanto esposto nei

precedenti capitoli la devozione crescente alla Santa Muerte

smette a mio parere di apparire come un curioso e macabro

esotismo e assume un senso chiaro. Essa è l'espressione

simbolica di una società alla deriva, che vede vacillare i

suoi punti fermi; rappresenta la tensione, lo sforzo operato

dall'immaginazione sociale per minimizzare gli effetti della

violenza e “addomesticare” un mondo sociale sempre più

incomprensibile.

Il culto infatti offre al fedele un orizzonte di senso in cui

collocare la sua esperienza esistenziale:

9

“La Santa Muerte fue para ella tambien un recurso para no gritar fruente a tanta

sinrazòn, culpa, rencor. Frente a la Santa Muerte todo adquiria sentido”54.

Visto che la religiosità è un modo per veicolare esperienze

(Ferrandiz 2005:214), questa Santa diventa un ottimo referente

per la canalizzazione di tensioni estreme quanto concrete,

permettendo l’espressione di problemi e desideri a cui la

società non offre risposte né, in molti casi, è riconosciuta

legittimità nei discorsi religiosi “tradizionali”.

In un mondo senza ideali né certezze, in cui tutto sembra

essere lecito, questa Santa offre una valida strategia

narrativa di sopravvivenza: stabilisce un ideale di giustizia

pratica e mercantile, forse la sola compatibile con questi

tempi e si propone come garante dell'ordine (Pilar Castells

Ballarin 2008:19) attraverso il compimento delle richieste dei

suoi fedeli.

Dunque la Santa Muerte, la morte santificata, si propone come

un principio organizzatore (Pilar Castells Ballarin 2008:16)

della realtà sociale: è lo strumento di una cultura segnata

dalla crisi per rivendicare controllo e possibilità di azione.

A lei ci si rivolge per ottenere qualcosa: si chiede

protezione dalla morte violenta o dalla violenza fisica ma

anche dalla morte “sociale”(Pilar Castells Ballarin 2008:21):

bisogno di protezione e sicurezza, speranza di successo negli

54 Testimonianza raccolta da Francisco Chong Villareal nel giugno del 2007 presente in Pilar Castells Ballarin 2008:19.

9

affari, un lavoro fisso, una casa, la risoluzione di problemi

amorosi e molto altro ancora.

L'impossibilità ad agire nel mondo e sul mondo viene

compensata da questa religiosità pratica, caratteristica delle

società contemporanee; all'azione sociale si sostituisce una

prospettiva spirituale in cui il soggetto si ripiega su se

stesso e la propria realtà privata.

Questa forma di spiritualità offre la possibilità a molti

individui di riconfigurare la propria storia di vita e la

propria posizione nei processi sociali (Serrano 2005:133). In

questo modo la Santa Muerte riorganizza lo spazio vitale dei

suoi devoti, delinea nuove modalità di stare al mondo, aiuta i

suoi fedeli a collocarsi dentro di esso e ne permette, almeno

dal punto di vista simbolico, la sopravvivenza.

9

Ringraziamenti

Ringrazio il Prof. Davide Domenici per la pazienza, l'aiuto, i

libri e soprattutto per l’avermi accolta sempre con un

sorriso, anche negli stressanti giorni precedenti alla

sessione di laurea; Fabrizio Lo Russo per la disponibilità a

conversare con me e a raccontarmi aneddoti e dettagli raccolti

sul posto, che hanno reso più vivida l'immagine del fenomeno

che ho studiato; i miei genitori per sopportarmi e supportarmi

sempre e per avermi convinto che Madrid era un'ottima meta per

i miei studi, quale in effetti si è rivelata.

Per lo stesso motivo ringrazio tutti i miei coinquilini:

Pilar, che mi ha idealmente accompagnato nella ricerca e

materialmente aiutato un'infinità di volte; Lena perché mi ha

calmato quando il mio computer sembrava aver perso ogni

speranza di vita; Chiara e Mariana, ma anche Jacopo e Stefano,

che con la dolcezza e l'ospitalità di sempre mi hanno accolto

di nuovo in casa.

Ringrazio il personale dell'ufficio didattico di Bologna e

dell'ufficio Erasmus di Ciencia Politica dell'Universidad

Complutense perché senza il loro aiuto non sarei mai riuscita

a laurearmi in tempo.

Così pure gli amici che più o meno direttamente sono stati

tutti fondamentali: Miguel, per avermi consigliato un libro

incredibilmente capace di dare forma a tanti miei pensieri;

Margherita, per l'energia che mi ha saputo trasmettere e per

ripetere fino a convincermi che “per essere sotto tesi non me

la stavo cavando poi tanto male”; Beatrice che mi ha aiutato a

9

sentirmi subito a casa a Madrid; Federico per avermi

pazientemente spiegato tutte quelle regole formali di cui

ignoravo l'esistenza.

Ringrazio anche tutti coloro che mi hanno accompagnato in

questa avventura che è stata l’andare in Erasmus; poi Chiara,

Nadia e Andrea Michela perché conoscerle è stata la cosa

migliore che ho trovato a Bologna; e infine gli amici di

sempre, che non c'è bisogno di nominare, perché resistono a

discapito di qualsiasi distanza e semplicemente perché senza

di loro non sarei quella che sono.

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settembre-ottobre 2011, Universidad Autónoma Metropolitana –

Azcapotzalco, Messico D.F.

Villarreal Héctor “La Guerra Santa de la Santa Muerte”, 5

aprile 2009, Milenio Semanal

Anonimo “La población inmigrante en Madrid alcanza casi el 17%” 2

settembre 2008, Elpais.com

Materiale audio-video

1

“La Santa Muerte” diretta Paco Del Toro e prodotta da

Armagedon, uscita in sala nel 2007

Audio intervista al giornalista di proceso Julío Ríos, 3 marzo

2011

http://www.medios.udg.mx/audio/by/title/entrevista_julio_rios_

y_la_santa_muerte

Audioreportage di Sara Milanese per Radio 3 pubblicato sul

blog lamericalatina.net, 14 novembre 2011

http://lamericalatina.net/2011/11/13/radio-reportage-sulla-

santa-muerte/

"La ascensión de la Santa Muerte en México", BBC Mundo, 1 giugno

2011

http://www.bbc.co.uk/mundo/noticias/

2011/06/110531_video_santamuerte_mexico_re.shtml

"El lado espiritista de Venezuela: María Lionza" BBC Mundo, 17

ottobre 2011

http://www.bbc.co.uk/mundo/noticias/

2011/10/111017_venezuela_maria_lionza_il.shtml

"Mexican Death Saint" di Daniel Hernandez, 25 novembre 2008

http://current.com/shows/unseen/89560855_mexican-death-

saint.htm

1

"Santitos y Santones" serie on line prodotta da Once TV

Messico

http://oncetv-ipn.net/santitos/

Sitografia

http://www.wikipedia.org

http://lajornada.unam.mx

http://www.elmilenio.com

http://www.eluniversal.com.mx

http://nationalgeographic.com

http://www.time.com

http://www.elpais.com

http://sintesistv.info

http://www.santeriamilagrosa.com

http://www.laordendeayala.com

1

http://www.santamuerte.galeon.com

http://www.nuestrasantamuerte.blogspot.com

http://www.santamuerte.es

http://www.meltingpot.org

http://www.churchforum.org

http://lamericalatina.net/santamuerte

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