Pasquale Favia, Marco Maruotti, Caratteri insediativi delle recinzioni e fortificazioni di terra...

12
91 XL, 2013, pp. 91-101 Pasquale Favia, Marco Maruotti CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE. DIAGNOSTICA ARCHEOLOGICA, ANALISI DI SUPERFICIE, CASI DI SCAVO 1. DELIMITARE, RECINTARE, PROTEGGERE, DIFENDERE: VARIAZIONI SUL TEMA DELLE OPERE E FORTIFICAZIONI DI TERRA NEL MEDIOEVO DELLA PUGLIA SETTENTRIONALE, SULLA BASE DI RECENTI RICERCHE E SCAVI La Puglia settentrionale abbina e giustappone al suo prevalente habitat di pianura, costituito dal Tavoliere, quelli montani del Subappennino Daunio e del Gargano; dal punto di vista ambientale essa viene dunque a rappresentare un interessante caso delle differenti declinazioni che il feno- meno delle recinzioni e fortificazioni in terra può assumere in comprensori contigui, integrati e interessati da analoghe dinamiche insediative, quadri amministrativi e assetti rurali ma caratterizzati da una marcata diversità sotto il profilo geomorfologico e del paesaggio. La pianura pugliese, inoltre, offre la possibilità di analizzare come il favore delle condizioni naturali e la predisposizione geopedologica all’attivazione di protezioni in terra siano state, sul lungo periodo, diver- samente sfruttate a seconda della variazione dei fattori di popolamento e delle configurazioni socio-economiche. Nel pieno Medioevo, e in particolare verosimilmente fra tardo X e inizi XI secolo, il Tavoliere fu costellato da installa- zioni perimetrate da opere di terra (fig. 1); questo fenomeno recuperava, di fatto, una tendenza già di lunga durata, manife- statasi nel territorio nella creazione dei noti fossati a compound neolitici 1 e negli aggeri di età daunia (peraltro in epoca romana questo uso fu meno intensamente praticato 2 , così come non ha trovato significativi prolungamenti postmedievali). La ricerca archeologica sull’utilizzo delle difese di terra nel Medioevo in questo distretto si è principalmente avvalsa degli approcci di tipo aerofotografico, dai risultati assai proficui nel contesto geo-pedologico daunio 3 ; essi sono stati integrati da analisi ricognitive sul terreno, mentre sinora sono pochi i riscontri stratigrafici sistematici 4 . Sono dunque ancora ampi i potenziali contributi degli scavi allo studio delle fortifica- zioni e recinzioni, sia in terra che in pietra, nella Capitanata medievale: due recenti indagini, come si vedrà, offrono nuovi apporti in questa direzione. Lo strumento aerofotografico, completato dalle prospezio- ni sul terreno, ha consentito la creazione di una consistente casistica di stanziamenti della Puglia settentrionale caratte- rizzati da opere protettive di terra 5 . La gamma di tali esempi risulta variata, sia dal punto di vista tecnico-morfologico e dimensionale, sia dal lato delle ragioni e dei tratti ispiratori dell’intervento in rapporto allo statuto insediativo, alla geografia e alla topografia dei siti di riferimento. In alcune circostanze le installazioni di fossati e terrapieni appaiono assai essenziali: si percepiscono cioè trincee di forma circo- lare, di misura relativamente ridotta 6 . Quantitativamente più attestata è la soluzione in cui gli stessi fossati assumono andamenti più o meno regolarmente quadrangolari od ovali, a recinzione di aree abitative di dimensioni diverse 7 . Configurazioni più elaborate prevedono, ad un’estremità del tracciato di delimitazione dell’abitato, la presenza di un settore più ristretto, contornato da un proprio fossato, spesso di forma subcircolare 8 . In alcuni casi, topograficamente più complessi, si nota una particolare articolazione dello schema di trinceramento e di delimitazione degli stanziamenti; esso si modella, infatti, in elementi ben distinti, seppure tangenti e privi di soluzione di continuità, che, verosimilmente, co- stituivano il risultato di ampliamenti scanditi nel corso del 1 Per le tracce di età neolitica individuate tramite aerofoto v. JONES 1987; RILEY 1992, pp. 293-297. 2 Sulle vestigia di opere in terra di età daunia nel Tavoliere e per il quadro di epoca romana v. GUAITOLI 2003; RILEY 1992, pp. 297-300. 3 Sulla particolare efficacia e sulla rilevanza dell’aerofotografia nell’indagine archeologica sulla Puglia settentrionale, v. FRANCHIN RADCLIFFE 2006 (in partic. il saggio introduttivo: VOLPE 2006) che ricostruisce l’attività condotta da rilevatori britannici fra anni ’40 e ’50 del XX secolo (v. anche BRADFORD 1949; ID. 1950; ID. 1957), proseguita da ricercatori italiani (SCHMIEDT 1966, tavv. XLII-XLIII; ID. 1968, pp. 873, 888-891, 894-895, 922-925, tavv. I, XI, XIV-XV, XVIII-XIX, XXXVI-XXXVII, XXXIX, XL-2; ID. 1973, pp. 132-133, 161; ID. 1975, pp. 60, 62, 64-65, figg. 11-13, 15, 18-19; ALVISI 1979, pp. 15-16, 18, 20-25, 30-36, 40-41, 48-49). Negli anni ’80 furono compiute prospezioni sul terreno dall’EFR (MARTIN, NOYÉ 1988, pp. 512-520; EID. 1990, pp. 282- 284). Nuove campagne di riprese dall’alto sono state realizzate dall’Università di Foggia nell’ambito di progetti internazionali e di cartografia regionale a fini di tutela e pianificazione (dir.: G. Volpe; collaboraz.: R. Goffredo, A. V. Romano, responsabili del Lab. Paesaggi). Sulla specifica valenza dell’approccio aerofoto- grafico al paesaggio daunio medievale v. FAVIA 2006, pp. 179-180. 4 Si veda infra note 22-24. 5 Sono una trentina i siti per i quali si dispone di indicazioni aerofoto- grafiche e di segni di superficie ascrivibili ragionevolmente ad opere in terra di epoca medievale (v. anche GOFFREDO 2006, pp. 215-216). In vari casi, le tracce, rilevate chiaramente ancora alcuni anni fa, non trovano però ormai più riscontro sul terreno. 6 In realtà lo schema a semplice planimetria circolare è riflesso da pochi esempi (siti di La Motticella e Madonna dell’Oliveto: ID. 2006, p. 219). 7 A questa tipologia risponde un numero apprezzabile di siti; fra essi si segna- lano Casalorda (SCHMIEDT 1968, p. 924), Motta Panetteria (ID. 1975, p. 57), S. Cecilia, Il Quatraro, Torretta di Sezze, Montedoro, Ponte Albanito (GOFFREDO 2006, pp. 216-217), forse ancora, nell’Alto Tavoliere, Volta Pianezza e Mandra Murata. Questi stanziamenti sono tutti connotati, appunto, da morfologie abbastanza simili ma da dimensioni diverse. 8 Esempi in tal senso sono costituiti da Masseria Candelaro (SCHMIEDT 1968, pp. 924-925), S. Giusta (GOFFREDO 2006, p. 221), Motta del Lupo (SCHMIEDT 1968, p. 925; MARTIN, NOYÉ 1988, p. 83; GUAITOLI 2003, pp. 107-108) e alcuni siti subappenninici (v. infra. nota 16).

Transcript of Pasquale Favia, Marco Maruotti, Caratteri insediativi delle recinzioni e fortificazioni di terra...

91

XL, 2013, pp. 91-101

Pasquale Favia, Marco Maruotti

CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE.

DIAGNOSTICA ARCHEOLOGICA, ANALISI DI SUPERFICIE, CASI DI SCAVO

1. DELIMITARE, RECINTARE, PROTEGGERE, DIFENDERE: VARIAZIONI SUL TEMA DELLE OPERE E FORTIFICAZIONI DI TERRA NEL MEDIOEVO DELLA PUGLIA SETTENTRIONALE, SULLA BASE DI RECENTI RICERCHE E SCAVI

La Puglia settentrionale abbina e giustappone al suo prevalente habitat di pianura, costituito dal Tavoliere, quelli montani del Subappennino Daunio e del Gargano; dal punto di vista ambientale essa viene dunque a rappresentare un interessante caso delle differenti declinazioni che il feno-meno delle recinzioni e fortificazioni in terra può assumere in comprensori contigui, integrati e interessati da analoghe dinamiche insediative, quadri amministrativi e assetti rurali ma caratterizzati da una marcata diversità sotto il profilo geomorfologico e del paesaggio. La pianura pugliese, inoltre, offre la possibilità di analizzare come il favore delle condizioni naturali e la predisposizione geopedologica all’attivazione di protezioni in terra siano state, sul lungo periodo, diver-samente sfruttate a seconda della variazione dei fattori di popolamento e delle configurazioni socio-economiche.

Nel pieno Medioevo, e in particolare verosimilmente fra tardo X e inizi XI secolo, il Tavoliere fu costellato da installa-zioni perimetrate da opere di terra (fig. 1); questo fenomeno recuperava, di fatto, una tendenza già di lunga durata, manife-statasi nel territorio nella creazione dei noti fossati a compound neolitici1 e negli aggeri di età daunia (peraltro in epoca romana questo uso fu meno intensamente praticato2, così come non ha trovato significativi prolungamenti postmedievali).

La ricerca archeologica sull’utilizzo delle difese di terra nel Medioevo in questo distretto si è principalmente avvalsa degli approcci di tipo aerofotografico, dai risultati assai proficui nel contesto geo-pedologico daunio3; essi sono stati integrati

da analisi ricognitive sul terreno, mentre sinora sono pochi i riscontri stratigrafici sistematici4. Sono dunque ancora ampi i potenziali contributi degli scavi allo studio delle fortifica-zioni e recinzioni, sia in terra che in pietra, nella Capitanata medievale: due recenti indagini, come si vedrà, offrono nuovi apporti in questa direzione.

Lo strumento aerofotografico, completato dalle prospezio-ni sul terreno, ha consentito la creazione di una consistente casistica di stanziamenti della Puglia settentrionale caratte-rizzati da opere protettive di terra5. La gamma di tali esempi risulta variata, sia dal punto di vista tecnico-morfologico e dimensionale, sia dal lato delle ragioni e dei tratti ispiratori dell’intervento in rapporto allo statuto insediativo, alla geografia e alla topografia dei siti di riferimento. In alcune circostanze le installazioni di fossati e terrapieni appaiono assai essenziali: si percepiscono cioè trincee di forma circo-lare, di misura relativamente ridotta6. Quantitativamente più attestata è la soluzione in cui gli stessi fossati assumono andamenti più o meno regolarmente quadrangolari od ovali, a recinzione di aree abitative di dimensioni diverse7. Configurazioni più elaborate prevedono, ad un’estremità del tracciato di delimitazione dell’abitato, la presenza di un settore più ristretto, contornato da un proprio fossato, spesso di forma subcircolare8. In alcuni casi, topograficamente più complessi, si nota una particolare articolazione dello schema di trinceramento e di delimitazione degli stanziamenti; esso si modella, infatti, in elementi ben distinti, seppure tangenti e privi di soluzione di continuità, che, verosimilmente, co-stituivano il risultato di ampliamenti scanditi nel corso del

1 Per le tracce di età neolitica individuate tramite aerofoto v. JONES 1987; RILEY 1992, pp. 293-297.

2 Sulle vestigia di opere in terra di età daunia nel Tavoliere e per il quadro di epoca romana v. GUAITOLI 2003; RILEY 1992, pp. 297-300.

3 Sulla particolare efficacia e sulla rilevanza dell’aerofotografia nell’indagine archeologica sulla Puglia settentrionale, v. FRANCHIN RADCLIFFE 2006 (in partic. il saggio introduttivo: VOLPE 2006) che ricostruisce l’attività condotta da rilevatori britannici fra anni ’40 e ’50 del XX secolo (v. anche BRADFORD 1949; ID. 1950; ID. 1957), proseguita da ricercatori italiani (SCHMIEDT 1966, tavv. XLII-XLIII; ID. 1968, pp. 873, 888-891, 894-895, 922-925, tavv. I, XI, XIV-XV, XVIII-XIX, XXXVI-XXXVII, XXXIX, XL-2; ID. 1973, pp. 132-133, 161; ID. 1975, pp. 60, 62, 64-65, figg. 11-13, 15, 18-19; ALVISI 1979, pp. 15-16, 18, 20-25, 30-36, 40-41, 48-49). Negli anni ’80 furono compiute prospezioni sul terreno dall’EFR (MARTIN, NOYÉ 1988, pp. 512-520; EID. 1990, pp. 282-284). Nuove campagne di riprese dall’alto sono state realizzate dall’Università di Foggia nell’ambito di progetti internazionali e di cartografia regionale a fini di

tutela e pianificazione (dir.: G. Volpe; collaboraz.: R. Goffredo, A. V. Romano, responsabili del Lab. Paesaggi). Sulla specifica valenza dell’approccio aerofoto-grafico al paesaggio daunio medievale v. FAVIA 2006, pp. 179-180.

4 Si veda infra note 22-24.5 Sono una trentina i siti per i quali si dispone di indicazioni aerofoto-

grafiche e di segni di superficie ascrivibili ragionevolmente ad opere in terra di epoca medievale (v. anche GOFFREDO 2006, pp. 215-216). In vari casi, le tracce, rilevate chiaramente ancora alcuni anni fa, non trovano però ormai più riscontro sul terreno.

6 In realtà lo schema a semplice planimetria circolare è riflesso da pochi esempi (siti di La Motticella e Madonna dell’Oliveto: ID. 2006, p. 219).

7 A questa tipologia risponde un numero apprezzabile di siti; fra essi si segna-lano Casalorda (SCHMIEDT 1968, p. 924), Motta Panetteria (ID. 1975, p. 57), S. Cecilia, Il Quatraro, Torretta di Sezze, Montedoro, Ponte Albanito (GOFFREDO 2006, pp. 216-217), forse ancora, nell’Alto Tavoliere, Volta Pianezza e Mandra Murata. Questi stanziamenti sono tutti connotati, appunto, da morfologie abbastanza simili ma da dimensioni diverse.

8 Esempi in tal senso sono costituiti da Masseria Candelaro (SCHMIEDT 1968, pp. 924-925), S. Giusta (GOFFREDO 2006, p. 221), Motta del Lupo (SCHMIEDT 1968, p. 925; MARTIN, NOYÉ 1988, p. 83; GUAITOLI 2003, pp. 107-108) e alcuni siti subappenninici (v. infra. nota 16).

92

P. FAVIA, M. MARUOTTI

fig. 1 – Carta della Capita-nata con identificazione dei principali siti citati.

tempo9. La diversificazione nella morfologia e nelle scale di grandezze degli insediamenti protetti da opere in terra10 si ripropone nella varietà di dimensioni dei fossati stessi e degli aggeri che eventualmente li accompagnavano (fig. 2)11.

Nei casi privi del conforto di tracce leggibili ancora diret-tamente sul terreno, le fotografie aeree costituiscono spunto per immaginare un frequente abbinamento di un terrapieno al fossato, mentre esse offrono minori possibilità di percepire l’eventuale rafforzamento dell’aggere stesso con strutture

murarie, operazione pure spesso testimoniata o suggerita dalle fonti scritte, talora come passaggio cronologicamente successivo rispetto ad un primo sistema di palizzate lignee.

Questa ricapitolazione di dati suggerisce dunque che la formazione di recinti per il tramite di trincee e di aggeri in terra sia stata una modalità insediativa impiegata per diver-se categorie di agglomerati demici dauni. Segni di questa tipologia si trovano presso siti che appaiono di consistenza debole e di importanza secondaria (tanto da non aver lasciato sempre chiaro indizio di sé neppure a livello documenta-rio); tali apprestamenti peraltro accompagnavano anche i casali, ovvero entità demiche di varia portata, ma talora di solida consistenza, e, infine, in alcuni casi corredavano pure stanziamenti di notevole peso nella geografia del po-polamento della Capitanata medievale, connotati da una dimensione castrale, protetti da cinte murarie, talvolta di notevoli estensioni e dotati di caratteristiche topografiche e demiche assimilabili a quelle di tipo urbano.

Il quadro sinora tratteggiato inerisce gli stanziamenti di pianura, mentre gli agglomerati posti sui Monti Dauni e sul Gargano si trovavano in una condizione del tutto diversa; essi affidavano, infatti, la funzione difensiva, come ovvio, prevalentemente alla posizione elevata, alla ripidità del pendio su cui erano installati, alla presenza di mura (appunto non necessariamente erette su aggeri). Tuttavia, soprattutto per i nuclei abitati situati sulle prime pendici subappenniniche, caratterizzati da declivi non particolarmente accentuati, e dunque meno naturalmente salvaguardati da eventuali minacce ed attacchi, l’aerofotografia e le stesse verifiche sul terreno registrano l’adozione di misure di sicurezza affidate, oltre che ai circuiti murati di protezione dell’intero borgo e

9 All’interno di tale schema insediativo più articolato e complesso si col-locano stanziamenti di notevoli dimensioni, a struttura suddivisa in tre recinti, come S. Lorenzo in Carminiano (v. infra) e Corleto (FAVIA, GOFFREDO 2012) od a disegno bipartito come a San Chirico (SCHMIEDT 1966, tav. XLIII; ID. 1973, p. 161; ALVISI 1975, p. 455, fig. 13; ID. 1979, pp. 14, 16, 20-21 (fig. 1), 80; MARTIN, NOYÉ 1988, p. 525, fig. 3; GUAITOLI 2003, pp. 111-113, figg. 204-209). L’ampio stanziamento di Casalenovum ha andamento sub circolare definito da un fossato, con suddivisioni interne e rialzamento, verosimilmente funzionale all’installazione di una torre (BRADFORD 1949, fig. V b; ID. 1950, p. 94; ALVISI 1975, p. 455; MARTIN, NOYÉ 1988, pp. 524-525, fig. 4; GUAITOLI 2003, pp. 108-109; figg. 194-200). Di dimensioni più contenute rispetto ai casi succitati, ma di morfologia composita, approssimativamente pentagonale, è il sito di S. Andrea in Stagnis (SCHMIEDT 1975, pp. 63-64, fig. 14; MARTIN, NOYÉ 1988, p. 523, fig. 3). Una traccia di interpretazione meno univoca è offerta da Motta della Regina, sito anch’esso a struttura tripartita, ma di morfologia elissoidale, con due nuclei molto piccoli, ugualmente definiti da fossati, ubicati alle estremità opposte dello sviluppo insediativo (SCHMIEDT 1968, pp. 924-925; ID. 1975, p. 62. fig. 12; ALVISI 1979, pp. 14, 22-23 (fig. 2), 80; MARTIN, NOYÉ 1988, p. 516, p. 523; GUAITOLI 2003, pp. 210-211, figg. 202-203). Sono state inoltre formulate ipotesi (p. es. per Masseria Candelaro-Casalorda) sulla possibilità di elementi a trincea doppia, inframmezzata da una struttura muraria.

10 Alcuni siti hanno una superficie di pochi ettari, mentre i casi di maggiore estensione, quali Corleto e S. Lorenzo, superano largamente i 20 ha.

11 A una misurazione su base aerofotografica, diversi fossati si aggirano in-torno a 7-8 m di larghezza, con episodi oltre i 13 m, mentre i terrapieni hanno altezze sui 7,5 m, con spessori intorno ai 12 (v. esempi in GUAITOLI 2003, pp. 110-111; GOFFREDO 2006, p. 218, nota 21).

93

CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE

fig. 2 – Confronto planimetrico fra alcuni insediamenti medievali recintati della Capitanata (elaborazione di F. Stoico).

allo sfruttamento delle condizioni naturali, anche alla messa in opera di fossati limitati alla recinzione di specifici e definiti settori dell’insediamento, generalmente posti ad una delle estremità dello sviluppo topografico del sito stesso12.

La modalità di installazione e i caratteri delle numerose opere di recinzione e fortificazione, passati ora in rasse-gna, pongono il problema di una più approfondita analisi archeologica ai fini di una dettagliata individuazione delle funzioni di tali apprestamenti, delle loro trasformazioni e, inoltre, dell’inquadramento delle cronologie e degli scenari insediativi sottesi alla messa in opera di questi elementi.

Il significativo incremento del numero di escavazioni di trincee di recinzione (e di eventuali erezioni di valli) che si riscontra soprattutto a partire dal tardo X-XI secolo dimo-stra la rilevanza assunta da queste opere nella definizione delle fisionomie degli abitati dauni. L’esigenza strettamente fortificatoria e militare appare, infatti, spesso abbinata ad altri fattori, in una logica per così dire plurifunzionale; con buona probabilità, nella spinta alla realizzazione di trince-ramenti e aggeri in vari insediamenti del Tavoliere agirono fortemente motivazioni più propriamente definibili come di tipo protettivo piuttosto che espressamente ed esclusivamente difensivo, quali, per esempio, la necessità di porre parziale rimedio ai problemi di ristagni idrici e impantanamenti che

interessarono in maniera seria l’habitat di Capitanata per tutto il Medioevo, ed ancora in tempi moderni13.

In vari casi, la combinazione di fossato e terrapieno definiva fisicamente gli stanziamenti, qualificava la loro stessa identità insediativa, li connotava quali nuclei demici, conchiusi rispetto ad un “fuori”, ad un esterno, al paesaggio circostante e ne assicurava certo anche la difesa, completata eventualmente da palizzate lignee; non necessariamente, nel caso dei casali, tali modellazioni protettive ebbero poi un’evo-luzione indirizzata verso schemi di tipo murato e castrale14.

Un gruppo di insediamenti, come si è accennato, è altresì caratterizzato dalla presenza, ai margini del recinto o delle mura di complessiva perimetrazione del sito, di un comparto ristretto, definito e contornato da un proprio fossato. In assenza di sicuri dati di scavo e di evidenze di superficie, resta difficile classificare puntualmente la natura, i processi di formazione e la stessa cronologia relativa di questo abbinamento di zone diversamente delimitate. I set-tori delimitati da specifiche e più ridotte trincee parrebbero, ovviamente, destinati ad accogliere strutture e frequentazioni tutelate, riservate, privilegiate, socialmente distinte dal resto dell’abitato, per funzione, ruolo e gerarchia. In alcuni casi elementi quali la forma circolare, la posizione decentrata e la più elevata quota dei livelli d’uso di tali comparti rispetto all’intero insediamento possono evocare in maniera più con-

12 A questo abbozzo di modello paiono rispondere Vaccarizza, Fiorentino, Montecorvino e forse altri siti posti in punti strategici per la difesa avanzata del Tavoliere (v. infra): per le ricerche aerofotografiche su questi abitati v. SCHMIEDT 1968, pp. 889-891, tavv. XI, XIV-XV; ID. 1973, pp. 132-133; ALVISI 1979, p. 15; GUAITOLI 2003, p. 126, figg. 234-236). Per alcuni siti di altura (come nel caso di Crepacore: MARTIN, NOYÉ 1990, pp. 287-288), è peraltro possibile immaginare, in particolari condizioni, anche il ricorso all’erezione di più ampi terrapieni.

13 Gh. Noyé ha suggerito la possibilità che questi fossati potessero essere stati inondati in determinate circostanze, per ragioni di emergenza o difesa. (MARTIN, NOYÉ 1988, pp. 523-525).

14 Sulla particolare configurazione e sul peculiare statuto insediativo del casale si veda un richiamo in FAVIA 2010, p. 81.

94

P. FAVIA, M. MARUOTTI

sistente l’adozione dell’apprestamento fortificatorio di tipo a motta (su cui torneremo specificatamente), o di terrapieni consimili15. In ogni caso, anche nella Capitanata medievale le fortificazioni in terra, oltre a garantire la sicurezza di interi agglomerati antropici, furono impiantate per la tutela di spazi o residenze di particolare rilievo, appartenenti a gruppi, figure sociali e personaggi eminenti, capaci di dotarsi dunque di un proprio autonomo sistema protettivo, ancora una volta costituito da fossato e riporti di terra16.

La rassegna dei differenti tipi di opere in terra di difesa, fortificazione o recinzione in Daunia ha messo in luce come peculiari declinazioni di questi apprestamenti siano state realizzate anche per siti di grande estensione. Alcuni vasti insediamenti sono infatti caratterizzati da un’articolazione doppia o tripla del recinto abitato, ovvero dallo scavo di fos-sati plurimi e distinti, sebbene dotati di punti di tangenza. La sola aerofotografia e la stessa ricognizione sul terreno difficil-mente possono indicare con certezza un’eventuale scansione temporale nella realizzazione di tali fossati; pure sembra probabile che le diverse delimitazioni marchino progressive scansioni ed espansioni della topografia degli stanziamenti. Si può, in effetti, ipotizzare che queste concentrazioni demiche siano risultato dell’affiancamento ad un nucleo originario, recintato da fossato e dotato di terrapieno, di nuove zone di frequentazione ugualmente definite e circondate da trincee di protezione. Se in alcuni casi tali allargamenti riguarda-vano superfici relativamente ridotte (riproponendo così la possibilità, cui si è già fatto cenno, che questi spazi più ristretti servissero all’accoglimento di residenze o complessi architettonici di particolare condizione, qualità e statuto), si riscontrano altresì anche esempi di rilevanti ampliamenti delle aree occupate, che talora venivano a costituire veri sob-borghi, contornati da trincee sviluppate su varie centinaia di metri17, che implicavano dunque (in particolare se corredate da terrapieno e rinforzo murario) un notevole impegno di cantiere e un apprezzabile impiego di manodopera18.

Nel Tavoliere medievale dunque la gran parte dei processi insediativi e delle trasformazioni degli abitati pare essere stata accompagnata dall’installazione di fossati e dall’erezione di ter-rapieni, elementi che riflettevano, e per certi versi scandivano, i cambiamenti degli habitat e le flessibili esigenze di protezione e fortificazione delle zone residenziali o dei comparti destinati alla produzione, al lavoro agricolo, all’attività artigianale19. Rimane inoltre da stabilire con chiarezza se in questi processi di ampliamento il fossato sancisse a posteriori l’avvenuta pro-gressiva crescita della superficie insediativa di un sito oppure fosse realizzato preventivamente allo sviluppo del quartiere di espansione, venendo a costituire, in questa seconda ipotesi, il segno fisico di un’idea, di un abbozzo (si potrebbe dire) di progetto urbanistico, ovvero di una capacità presuntiva e previ-sionale rispetto alle dimensioni da attribuire ad un prefigurato e potenziale allargamento delle aree di frequentazione20.

All’interno di questo panorama di apprestamenti in cui a escavazioni di fossati corrispondevano anche terrapieni, aggeri, riporti e rialzi di terra, è possibile ipotizzare, come già accennato, che alcune opzioni potessero rientrare più speci-ficatamente nella tipologia della motta (nelle sue differenti versioni)21. Una parte delle tracce aerofotografiche di forma regolarmente circolare e di ridotte dimensioni, che talora trova rispondenza in situ nell’esistenza di un rilievo ancora visibile sul terreno, potrebbe, in effetti, essere considerata come documento archeologico di esempi semplici ed essen-ziali di motta, ovvero di insediamento contornato da fossato e costituito da sopraelevazione artificiale (tramite il riporto della stessa terra scavata). Il già menzionato gruppo di abitati, talora murati o trincerati, caratterizzati da un settore delimi-tato da fossato, ubicato in posizione decentrata e sopraelevata rispetto all’intera estensione del sito, potrebbe rappresentare manifestazione di un indirizzo insediativo rivolto verso soluzioni articolate, del tipo motte and bailey; in altri casi, i segni residui di fossati e apporti di terra potrebbero piuttosto ricordare l’installazione di motte con funzioni castrali, poste appunto ad un vertice dello sviluppo topografico di nuclei demici già precedentemente formatisi.

15 Si sono richiamati a tale proposito anche gli schemi delle maison fortes francesi MARTIN, NOYÉ 1988, p. 522; su tale modello v. BUR 1986).

16 Nel caso di compresenza di fossati e recinti rispettivamente funzionali alla perimetrazione complessiva degli insediamenti e alla delimitazione di specifiche e più ristrette arre interne agli abitati, l’aerofotografia difficilmente può stabilire con certezza il rapporto stratigrafico fra i diversi elementi, ovvero individuare la loro relazione cronologica. In alcuni casi, infatti, si può ipotizzare che il recinto di più ridotte dimensioni abbia rappresentato il nucleo originario dello stanziamento, al quale fece poi seguito, più o meno rapidamente, l’ampliamento della parte abitativa (secondo uno schema assimilabile a quello di motte e bassecour, così come del resto è stato ipotizzato p. es. per Motta della Regina e S. Andrea in Stagnis: MARTIN, NOYÉ 1988, pp. 522-523); in altre (e probabilmente più numerose) circostanze, si può supporre che nell’organizzazione abitativa di siti già recintati da fossato si sia a posteriori delimitata e definita un’area ristretta, a frequentazione distinta e privilegiata, protetta da proprie specifiche opere in terra.

17 A partire dal XII secolo, si registra nelle fonti documentarie un’intensifi-cazione dei riferimenti all’esistenza di suburbia (v. MARTIN 1993, pp. 289-290). Per un’analisi archeologica ricostruttiva dei tratti insediativi di questi sobborghi v. FAVIA 2010, pp. 207-208; ID. 2011, p. 125.

18 Sulla base della lettura aerofotografica si è ipotizzato che il lungo fossato di recinzione dell’ampio settore interpretato come un’area di espansione del centro di san Chirico fosse abbinato ad un muro (GUAITOLI 2003, pp. 111-112). Le notevoli dimensioni di molte delle trincee che delimitavano i suburbia dei poli abitati di Capitanata può far immaginare che non tutte fossero rinforzate da strutture in muratura oppure che tali rinforzi potessero essere composti da zoccoli in pietra a sostruzione di elevati in terra oppure ancora che gli apparati lapidei fossero essenziali o di altezza limitata. Verosimilmente furono i nuclei

originari e più interni, deputati con tutta probabilità ad ospitare i quartieri abitativi più densi e soprattutto le residenze signorili e l’edilizia di potere, ad assumere un aspetto più decisamente castrale e protetto.

19 Per questi sobborghi si ipotizza infatti, su base archeologica, una frequen-tazione prevalentemente finalizzata all’espletamento di attività artigianali e di lavorazione e conservazione dei prodotti agricoli, in particolare i cereali (FAVIA 2008, 245-246 [fig. 17], 248; ID. 2010, pp. 207-208); l’adozione di fossati e aggeri anche a protezione e definizione di queste articolazioni insediative pare dunque dimostrare la funzionalità di tali opere in terra anche in relazione a strutture ed apprestamenti produttivi e non solo residenziali e militari.

20 Su questo tema si veda FAVIA 2010, p. 208. Il sistema a fossati doppi o multipli in effetti risulta applicato in alcuni importanti siti del comprensorio, accomunati da una parabola insediativa di una certa omogeneità (v. supra, nota 9): Corleto, S. Lorenzo, Casalenovum, S. Andrea infatti marcarono tutti un rilevante sviluppo fra tardo XI e XII secolo, che portò alla loro qualificazione castrale e alla loro espansione topografica con caratteri di tipo cittadino e con la creazione di suburbia (v. anche MARTIN 1984, pp. 100-102; ID. 1993, p. 289); i passaggi della vicenda abitativa di questi siti sono scanditi dall’allargamento di fossati e o dalla formazione di nuovi terrapieni. In questo gruppo in realtà rientra anche Foggia, sede imperiale in epoca sveva, principale centro della Puglia settentrionale ma per gran parte del Medioevo priva di mura e protetta solo da fossati (PORSIA 1992, pp. 15-16). Un fossato multiplo di notevole estensione recinge anche il sito di S. Chirico.

21 Per uno sguardo comparativo alla bibliografia di respiro europeo, evocabile per i casi ipotizzati in Puglia v. MARTIN, NOYÉ 1988, p. 522, note 99-101; FAVIA 2006, pp. 181, 186-187, note 20-23; ID. 2011, pp. 120-122, note 86-94.

95

CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE

Qualche agglomerato ubicato sui pianori sommitali delle prime alture del Subappennino Daunio esemplifica con buona evidenza il modello topografico connotato da rialzo protetto da fossato, ubicato a un’estremità dello sviluppo dell’intero abitato, protetto quest’ultimo, peraltro, non da trincee ma dal declivio naturale, sul cui ciglio si fonda una cinta muraria; per questo distretto geografico si dispone di alcuni preziosi dati stratigrafici. L’indagine condotta nel centro di Fiorentino ha verificato la presenza di un fossato posto alla punta occidentale del sito, settore su cui sono stati reperiti i resti di una domus di età sveva, impiantata su precedenti strutture, probabilmente di età normanna: l’erezione di questi edifici, di natura palaziale e castrale, su un supporto costruttivo del tipo a motta è stata in effetti supposta, anche se non confermata definitivamente22. Un apprestamento dello stesso tipo è ipotizzabile, come si dirà infra, per il sito di Montecorvino, sulla base dei primi dati di ricerca (ed è forse evocabile pure per Tertiveri, Dragonara, Civitate, la stessa Troia). Le campagne di scavo effettuate sullo stanziamento di Vaccarizza, accostabile agli esempi appena menzionati ma connotato da marcate peculiarità, hanno porta-to a ricostruire l’adozione di un tipico schema motte-bassecour, databile ad epoca normanna ed eretto su preesistenze bizantine; sul rilievo artificiale fu fondata una struttura turrita in legno, poi trasformata in pietra23. Per quanto riguarda il Tavoliere, lo scavo di Ordona ha dato testimonianza materiale di opere di fortificazione in terra messe in atto pure in un contesto di piena pianura: il sistema risulta formato da un fossato, di andamento quadrangolare, largo circa 8 m, ricavato nella crosta rocciosa e di un aggere alto circa 3 m, ed è stato ascritto ad epoca sveva24.

Questa sia pur limitata casistica parrebbe dunque pro-porre una buona attestazione nella Capitanata medievale di sopraelevazioni in terra, di forma approssimativamente circolare, situate generalmente in una posizione periferica rispetto all’intero abitato completate da torri, in legno e in pietra (e poi da più ampie rocche), accostabili al modello tipologico delle motte. Queste disposizioni garantivano la di-fesa dell’intero polo demico e dello stesso settore castrale, nel contempo creando, attraverso il fossato, una divisione fisica fra il borgo residenziale e la soprastante rocca che assicurava a quest’ultima un elemento di protezione dunque non solo verso l’esterno ma rispetto anche all’abitato stesso25. I rialzi artificiali di terra attestati sui Monti Dauni sembrano dunque aver costituito il sostrato fortificatorio per l’installazione di spazi riservati alla frequentazione da parte dei detentori del potere territoriale, secondo uno schema che trova possibilità di confronto ravvicinato in Italia meridionale ma pure, più ampiamente, in una prospettiva europea26.

La combinazione di ricerca articolata sui processi dia-gnostici di tipo aerofotografico, sullo strumento ricognitivo di superficie e sulle verifiche di scavo ha dunque mostrato ampie possibilità di approfondimento nell’interpretazione dei dati archeologici sulle fortificazioni in terra nella Capitanata medievale. Più difficile si rivela, avendo a disposizione, ad ora, un numero di informazioni stratigrafiche ancora ridotte, seppur significative, l’itinerario scientifico per definire gli ambiti cronologici dell’installazione di tali difese e delle loro progressive modificazioni.

I dati di scavo sembrano in qualche misura tratteggiare, come si è visto, un possibile scenario di età normanna per l’erezione delle sopraelevazioni in terra, trovando eco in diverse ricostruzioni storiche che individuano nello spettro temporale coincidente con l’avvento e consolidamento del potere dei Normanni in Puglia il periodo di realizzazione della gran parte di queste strutture27; in questo senso è stata valutata la circo-stanza che la maggioranza dei siti che ospitano queste fortifi-cazioni compaiano nella documentazione scritta solo a partire dall’ultimo quarto XI-prima metà XII secolo, arco di tempo che rappresenta un momento di intensificazione delle reti di popolamento nella Puglia settentrionale28. A questi fattori si aggiunge, per altro verso, la nota esperienza e consuetudine dei Normanni medesimi nell’utilizzo delle fortificazioni in terra, a fini sia strategico-militari che insediativi29.

Se questo quadro di acquisizioni e ipotesi scientifiche ri-mane un valido riferimento per la ricostruzione del territorio daunio medievale, pure esso va ancor più dettagliatamente calato nella realtà del paesaggio storico di Capitanata. Come si è detto, il ricorso all’apprestamento di fossati, aggeri e ter-rapieni è pratica che ha percorso, sebbene con soluzioni di continuità e variazioni d’intensità, lunghi tratti della parabola insediativa nella regione. Non si può escludere dunque, allo stato attuale della ricerca, che la realizzazione di queste opere, di esecuzione relativamente semplice, possa avere trovato spazio anche precedentemente alla penetrazione normanna, ovvero almeno fra fine X e prima metà XI secolo, momento per il quale l’indagine archeologica sta cogliendo segnali di riorganizzazione e riassestamento del quadro di occupazione del Tavoliere (e dello stesso circondario) e del suo sfrutta-mento agricolo-pastorale, poi pienamente consolidatisi sul finire dello stesso XI secolo e nel seguente30. In altre parole, si può esperire, almeno come ipotesi di lavoro, la possibilità che alcuni esempi di ripresa delle pratiche di recinzione e fortificazione in terra possano avere trovato concretizzazione in questo territorio già prima e intorno al Mille, nella cornice amministrativa longobarda e bizantina31.

22 BECK 1989, pp. 152-153. Si attende la prossima edizione degli scavi di Fiorentino per un approfondimento sul tema.

23 Per i dettagli su Vaccarizza si rimanda, da ultimo a CIRELLI, LO MELE, NOYÉ 2011, ma soprattutto al contributo di E. Cirelli, Gh. Noyé, in questo stesso volume.

24 MERTENS 1995, pp. 359-361. L’aggere fu ottenuto sfruttando la terra rimossa dal fossato.

25 Sul rapporto fra motte castrali e abitato si vedano le osservazioni in MARTIN, NOYÉ 1988, in partic. p. 523; MARTIN 1994 e le valutazioni di carattere strettamente archeologico in GIULIANI, FAVIA 2007, p. 148.

26 Per la ricerca sulle motte dell’Italia meridionale v. supra note 21-24, NOYÉ 1980; NOYÉ, PESEZ 1989; per gli interessanti dati dello scavo di Scribla, in Calabria, v. FLAMBARD HÉRICHER 2010.

27 MARTIN 1984, pp. 99-100; ID. 1993, pp. 258-20; ID. 1994.28 ID. 1994; ID. 1998, pp. 81-82. Sul piano archeologico, v. anche FAVIA

2011, pp. 117-119.29 Nella vasta bibliografia su questo tema v. le note di ricapitolazione e sintesi

in DECAËNS 1994 e supra note 21, 26.30 Su questo tema e sui relativi problemi cronologici v. FAVIA 2011, pp.

107-109.31 Come si è già accennato, le sole informazioni aerofotografiche difficil-

mente possono contribuire a definire in modo circostanziato le cronologie delle protezioni in terra. Si può ricordare che alcuni dei casali connotati da fossati e riporti di terra risultano oggetto di frequentazione già in epoca bizantina. Un esempio è dato dal sito di Masseria Santa Giusta (v. supra nota 8), per il quale le aerofoto consentono di leggere un fossato quadrangolare, al cui lato breve

96

P. FAVIA, M. MARUOTTI

Inoltre, l’abbinamento nel comprensorio daunio fra l’arrivo dei Normanni e la comparsa, o comunque l’inten-sificazione, di casi di fortificazione in terra va interpretato e declinato, piuttosto che come mero apporto innovativo sul piano tecnico (ovvero come adozione, in una regione che diveniva terra di occupazione, di pratiche sperimen-tate altrove), altresì come rivitalizzazione di una soluzione costruttiva (certamente ben nota ai Normanni, ma d’altro canto già patrimonio della tradizione del territorio daunio) particolarmente funzionale a scopi specifici e prefissati. Fossati, terrapieni e, in particolare, motte furono, infatti, largamente utilizzati dai Normanni in Italia meridionale, e in Capitanata nello specifico, perché ben rispondenti ad una serie di necessità ed esigenze suscitate dalle stesse operazioni militari prima e legate alla stabilizzazione insediativa della conquista poi: la definizione di una rete strategica (in parti-colare nel Tavoliere), un sistema di controllo sul territorio, sugli abitati e sulla popolazione32, l’affermazione dei domini signorili, la realizzazione di forme di privatizzazione dei poteri, l’ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse del paesaggio e di estrazione di rendite da esse. Questi processi appaiono ben esemplificati dalle motte castrali nell’habitat del Subappennino (in effetti in parte ipoteticamente ascrivibili, come si è detto, ad epoca normanna).

I sistemi di opere in terra (l’abbinamento di fossati e terrapieni in particolare) hanno dunque dimostrato, almeno fra X e XIII secolo (spettro temporale che considera una loro possibilità di perpetuazione di impianto e uso anche in epoca svevo-angioina), una grande versatilità funzionale nel territo-rio di Capitanata, specificatamente nella piana del Tavoliere: essi hanno svolto un ruolo tutt’altro che trascurabile nelle dinamiche insediative e dei mutamenti topografici dipana-tisi in questo lasso di tempo e sono stati adattati ad esigenze non esclusivamente e meramente difensive e strategiche (pur primarie) ma diverse e plurime, talora combinate tra loro (fortificatorie, di recinzione, di protezione e isolamento negli habitat umidi o paludosi, di salvaguardia di attività produttiva, di tutela da rischi e problemi svariati), costituendo un tratto peculiare del paesaggio medievale della Puglia settentrionale, ancora evocato, come si è visto, da vari segni archeologici.

A seguire si presentano le notizie relative ai recenti scavi di due siti, connotati dalla presenza di opere in terra: San Lorenzo in Carminiano, facente parte del gruppo di abitati con recinti a sistema articolato, e Montecorvino, che pare riproporre un esempio di fossato e terrapieno interni al sito, se non di motta castrale. Pur trattandosi di scavi di limitata estensione nel primo caso e ancora in corso nel secondo, que-ste nuove indagini stratigrafiche apportano ulteriori contributi allo studio delle difese in terra nella Capitanata medievale.

P.F.

2. NOTE DI SCAVO PER LO STUDIO DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA MEDIEVALI IN CAPITANATA: SAN LORENZO IN CARMINIANO E MONTECORVINO

2.1 SAN LORENZO IN CARMINIANO

Ubicato a breve distanza da Foggia, il casale di S. Lorenzo compare nelle carte nel 1092; nel 1166 esso è classificato come castrum33. L’insediamento è inoltre posto in un’area ancora sino a pochi decenni fa punteggiata da pantani, stagni, af-fioramenti di acque dalla falda freatica.

Una foto aerea, scattata nel 194334, restituiva una chiaris-sima traccia della topografia dell’abitato, deterioratasi negli anni a causa dei lavori agricoli e dell’espansione edilizia della periferia di Foggia. Essa offre infatti la visione di una composizione di fossati e terrapieni, collegati ma distinti, che ripartiscono la superficie frequentata, di oltre 25 ha, in tre zone. Lo spazio settentrionale, quadrangolare, si estende per quasi 7 ha. (recinto I: lungh. max 280 m; largh. 200). Un settore più ridotto (recinto II), di morfologia semicircolare, si ubica nella zona NE del polo demico. A Sud si sviluppa il comparto più ampio (recinto III, di circa 15 ha), di forma approssimativamente ellittica (assi di 550×200 m). La di-sposizione dei recinti fa ipotizzare che l’area nord (recinto I) sia il nucleo primigenio del sito, cui furono aggiunti nuovi spazi. Sul terreno sono percepibili solo alcuni tratti dell’av-vallamento e del terrapieno che definivano le aree recintate nord e sud, mentre è ormai quasi del tutto perso quello del perimetro semicircolare a NE (fig. 3)35.

La ricerca può inoltre avvalersi delle notizie fornite da A. Haseloff, lo storico dell’architettura che ispezionò il sito all’inizio del XX secolo, fra l’altro riportando le misure del fossato, allora valutate su una larghezza di 10 m, e del terrapie-no, spesso intorno ai 20 m e alto circa 5. Lo studioso tedesco non escludeva il raddoppio del fossato stesso in alcuni punti e vi vedeva ancora scorrere e defluire acqua36.

Fra 2006 e 2009 sono stati effettuati alcuni saggi stra-tigrafici sul sito: l’elaborazione dei dati ottenuti, integrata con le fonti scritte, ha disegnato un quadro composto di frequentazioni di epoca romana e tardo antica, di tracce altomedievali assai frammentarie, di una ripresa insediativa verosimilmente a partire dall’XI secolo, di una dinamica di “castralizzazione” e di un’espansione delle superfici utilizzate fra XII e XIII secolo, di un abbandono tardomedievale37.

Un sondaggio (saggio XI, di 14×2 m) è stato effettuato pro-prio per indagare le caratteristiche delle opere di recinzione in terra (figg. 4-5). In realtà, il terrapieno e il limite interno del circuito sono risultati ormai intaccati da scarti di moderne opere costruttive. Lo scavo ha però individuato il margine

sudorientale si allaccia una seconda trincea, circolare, interpretabile come indizio di una motta, al cui interno si percepiscono inoltre chiari segni di un edificio religioso trinave (GOFFREDO 2006, pp. 219-221, figg. 5-7). Il sito di S. Giusta-S. Augusta è citato quale casale dotato di chiesa già nel 1019. D’altro canto va segnalato che alcune opere in terra potrebbero essere state completate in età sveva e che comunque un’attività di manutenzione, rettifica e rinnovamento di tali apprestamenti proseguì per il XIII-XIV secolo.

32 Sulle possibili valenze di tipo simbolico assunte dal binomio motta-torre v. MESQUÌ 1991, pp. 16-17; SETTIA 2000, p. 301.

33 Per i dati documentari su S. Lorenzo si rimanda a MARTIN, NOYÉ 1987, pp. 64-66; 73-74.

34 BRADFORD 1949, pl. Vb.; ID. 1950, pp. 93-94.35 La traccia del fossato è ancora percepibile nelle parti dell’insediamento

coltivate a grano, per la presenza di una fascia di variazione nel colore del terreno.

36 HASELOFF 1992, pp. 79-88.37 Per notizie più dettagliate sugli scavi si rimanda a FAVIA et al. 2009a, con

bibliografia precedente.

97

CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE

fig. 3 – San Lorenzo in Carminiano. Aerofoto dell’insediamento con indicazione delle tracce del fossato ancora leggibili e dei saggi di scavo effettuati.

figg. 4-5 – 4. San Lorenzo in Carminiano. Tracce del fossato di recin-zione individuate tramite lo scavo; 5. San Lorenzo in Carminiano. Sezione del saggio nell’area del fossato, con individuazione di parte del profilo dello stesso.

98

P. FAVIA, M. MARUOTTI

fig. 6 – Montecorvino. Il pianoro di installazione dell’abitato: sulla sinistra il settore castrense.

fig. 7 – Montecorvino. Rialzo di terra all’estremità orientale del sito con resti della torre e dell’impianto castrense, visti dall’abitato.

38 Si segnala come questi tagli, e in particolare uno risalente addirittura al XX secolo, si riferiscano in vari casi ad interventi di canalizzazione o drenaggio sempre gravitanti nella fascia del fossato medievale, denunciando un’attenzione di lunga durata alle esigenze di irregimentazione idrica.

39 V. supra nota 19.

esterno del taglio del fossato (il cui punto d’innesto conserva ancora una traccia piuttosto netta) e in parte il profilo della parete, che appare relativamente addolcito, pure a sua volta interessato da interventi successivi38. Il saggio ha così potuto ricostruire una larghezza del fossato stesso non inferiore agli 8 m, ma che poteva forse toccare i 12-13 m, mentre non si dispone di dati attendibili per la profondità, probabilmente non accentuata. La trincea di realizzazione del fossato è stata ricavata in un terreno piuttosto compatto, di colore giallo, a matrice argillosa; come conferma un sondaggio di verifica (saggio XII) condotto all’esterno dell’abitato, questi strati appaiono pertinenti a una frequentazione tardoantica o del primo scorcio dell’alto Medioevo. Non è stato possi-bile intercettare con un sondaggio la lunga recinzione del settore sud dell’abitato, ovvero del suburbium; all’interno di questo comparto sono stati impiantati però due saggi che hanno registrato la presenza di numerose fosse, create per lo scarico di rifiuti e di scarti di lavorazioni e, soprattutto, per la conservazione del grano39.

L’indagine stratigrafica a S. Lorenzo ha dunque offerto indicazioni significative sulle opere in terra di recinzione a corredo di grandi insediamenti del Tavoliere di Puglia. Il fos-sato sembra aver accompagnato la formazione stessa dell’ag-glomerato demico consolidatosi nel pieno Medioevo, come suggerirebbe la sua installazione in un’area di frequentazione

40 Scavo e ricognizione non hanno dato tracce della presenza di una cinta muraria, solo inferita dalle fotografie aeree, ma suggerita oltre che dalla qualifica di castrum di cui gode il sito dal XII secolo, anche da più tarde testimonianze iconografiche. Sulle ipotizzabili caratteristiche delle mura v. supra nota 18.

41 Per i riferimenti documentari si rimanda a MARTIN, NOYÉ 1982, in part. pp. 525-528.

42 V. supra nota 12.43 La collinetta risulta alta sino a 24 m sui versanti nord, sud ed ovest mentre

ad est si staglia per 8-10 m rispetto al ciglio del fossato che la contorna, lil suo attuale piano di campagna lambisce peraltro l’ingresso della torre, verosimilmente posto al primo piano; si può dunque immaginare un accumulo di materiali di 3-5 m rispetto alla quota di calpestio originaria.

tardoantica, ma priva di segni marcati di un’occupazione al-tomedievale strutturata; inoltre esso pare aver risposto anche a necessità di isolamento e salvaguardia rispetto al contesto ambientale, soggetto a fenomeni di stagnazione della acque. Il recupero di vestigia, pur deteriorate, del terrapieno e la probabile presenza di mura (ipotizzabili almeno per il re-cinto I)40 confermano come le opere in terra abbiano assolto pure a una funzione difensiva per il polo demico assurto a una dimensione e a una condizione castrense nel XII secolo Il sistema di protezione con fossato e terrapieno fu poi esteso alle aree di espansione suburbana, fungendo dunque da re-cinzione anche di zone a prevalente destinazione lavorativa, agricola e artigianale, piuttosto che precipuamente residen-ziale (permettendo così di abbracciarle nell’organizzazione insediativa del borgo).

Le misure parzialmente ricostruite per il fossato e l’aggere inquadrano il caso di S. Lorenzo nella gamma delle opere in terra pertinenti ad agglomerati di una rilevante portata insediativa nel paesaggio e nel popolamento medievale della Puglia settentrionale.

2.2 MONTECORVINO

Il sito di Montecorvino è citato dalle fonti per la prima vol-ta nel 1044, quale fondazione bizantina sul confine con i Lon-gobardi41; esso rientra nel succitato gruppo di insediamenti posti sui pianori sommitali delle prime modeste alture del Subappennino Daunio42. Il nucleo demico si sviluppa per 380 m in senso E-O e 130 m N-S, sulla piattaforma sommitale del rilievo. All’estremità ovest dell’abitato si colgono con evi-denza, all’analisi di superficie, due elementi di discontinuità, costituiti da un avvallamento che, ora fortemente addolcito dai lavori agricoli, misura approssimativamente 20 m in lar-ghezza con una profondità adesso ridotta a 1,5 m circa, e da una collinetta di forma sub circolare, del diametro alla base di circa 94 m, alta non più di una decina di metri rispetto al livello di campagna della sottostante area dell’abitato43, con una superficie sommitale calpestabile di 1350 m² circa, su cui

99

CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE

fig. 8 – Montecorvino. Aerofoto della zona castrale al termine della campagna di scavo 2011.

si stagliano le vestigia di una torre, alta oltre 25 m, databile verosimilmente alla tarda età normanna44. L’insieme di que-sti elementi assume dunque sembianze interpretabili come quelle di un rialzo di terra di natura artificiale, contornato da un fossato, compatibile eventualmente anche con un esempio tipologico di motta castrale (figg. 6-7).

Dal 2006 a Montecorvino è in corso un progetto di ricerca archeologica45; nel settore della rocca gli scavi han-no messo in luce, in un’articolata stratigrafia, un ampio complesso architettonico, esito di varie modificazioni fra XI e XIV secolo, progressivamente qualificatosi più marca-tamente in senso castellare nel corso del XIV secolo stesso, e dotato di un recinto murario quadrangolare, una seconda torre (pentagonale), una cappella e vari ambienti di servizio (fig. 8). Nel 2010 si sono create le condizioni per analizzare specificatamente la natura della sopraelevazione in terra46, rispetto alla quale le osservazioni sono però ancora di carattere ipotetico. L’indagine sul versante sud ha rivelato che il piano terra dell’alta torre quadrangolare poggia su uno zoccolo che obliterava un allineamento murario di epoca precedente. Sullo stesso lato meridionale della rocca sono stati intercettati, al di sotto dei livelli di frequentazioni bassomedievali, strati verosimilmente attribuibili ad apporti di terra intenzionali che hanno restituito pochi frammenti ceramici, prevalente-mente del tipo a bande rosse47.

44 Sulla torre si rimanda a GIULIANI, FAVIA 2007, pp. 138-148.45 Per il dettaglio delle ricerche stratigrafiche sull’intero sito si rimanda a

FAVIA et al. 2009b, con bibliografia precedente.46 Motivi tecnico-logistici hanno sinora impedito lo scavo del fossato.47 Allo stato attuale si segnala un solo frammento di ceramica invetriata

monocroma verde.fig. 9 – Montecorvino. Resti di un muro di contenimento di un riporto

di terra, al di sopra del quale si impostano varie strutture murarie.

100

P. FAVIA, M. MARUOTTI

Sul versante orientale lo scavo ha messo in luce un brano di un apparato murario, controterra (una sorta di massicciata, che parrebbe seguire i limiti dell’ipotizzato fossato) che, per tecnica e andamento, ben si presta a un’interpretazione come muro di contenimento di un terrapieno o comunque di un riporto di terra (fig. 9). Fra questa struttura e la sommità della rocca, si sviluppa un sistema murario definitosi proba-bilmente nel corso del XIV secolo, sfruttando però alcune preesistenze. Le murature sono composte in pietre sbozzate, dalla tessitura regolare, non ricca di legante; verso settentrione si situa un’imponente apertura munita di stipiti strombati. Alcuni setti svolgono una funzione di terrazzamento. Lo scavo ha permesso l’individuazione di tre piani di frequentazione, due dei quali relativi all’occupazione di questo spazio nella sua integrità architettonica, mentre il terzo afferisce ad una fase d’uso precario, susseguente al crollo delle coperture.

Questo saggio pare dunque confermare che il rialzo all’estremità del sito è costituito in gran parte da strati di accumulo artificiale. Emergono dunque dall’indagine in corso diverse informazioni stratigrafiche che portano a ipotizzare che tale rialzo posto al vertice occidentale dell’insediamento costituisca un ulteriore esempio in Capitanata di realizza-zioni ascrivibili alla tipologia delle motte castrali o strutture consimili48, insediate in un borgo murato; anche in tale caso sembra infatti ipotizzabile che la sopraelevazione castrense sia stata posta in opera in tempi successivi alla formazione del-l’abitato e sia stata frutto di un’iniziativa di carattere militare e signorile collocabile a partire da età normanna.

M.M.

BIBLIOGRAFIA

ALVISI G., 1975, Problemi di topografia tardoantica nella zona di Siponto. La rete viaria, «Vetera Christianorum», 12, pp. 429-457.

ALVISI G., 1979, Gli abitati medievali – Studi e ricerche per mezzo della fotografia aerea, in Fotografia aerea e storia urbanistica, Roma, pp. 13-86.

BECK P., 1989, Archeologia di un complesso castrale: Fiorentino, «Archeo-logia Medievale», XVI, pp. 137-154.

BRADFORD J.P.S., 1949, «Buried landscapes» in Southern Italy, «Anti-quity», 23, pp. 58-72.

BRADFORD J.P.S., 1950, The Apulia Expedition, «Antiquity», 24, pp. 84-95.

BRADFORD J.P.S., 1957, Ancient Landscapes. Studies In Field Archaeo-logy, London.

BUR M. (dir.), 1986, La maison-forte au Moyen âge, Actes Table Ronde (Nancy-Pont-à-Mousson, 31 mai-3 juin 1984), Paris.

CIRELLI E., LO MELE E., NOYÈ GH., 2011,Vaccarizza: un insediamento fortificato bizantino della Capitanata tra X e XIII secolo. Prima analisi dei reperti di scavo, in FAVIA, DE VENUTO 2011, pp. 263-278.

DECAËNS J., 1994, L’architettura militare, in D’ONOFRIO 1994, pp. 41-51.

D’ONOFRIO M. (a cura di), 1994, I Normanni. Popolo d’Europa 1030-1200, Catalogo della Mostra (Roma, 28 gennaio-30 aprile 1994), Venezia.

FAVIA P., 2006, Temi, approcci metodologici, modalità e problematiche della ricerca archeologica in un paesaggio di pianura di età medievale: il caso del Tavoliere di Puglia, in MANCASSOLA, SAGGIORO 2006, pp. 179-198.

48 In realtà, l’opera in terra appare abbastanza sviluppata in estensione, ma relativamente bassa in altezza. Nel percorso di ricerca andrà valutato anche il rapporto statico e architettonico fra il rialzo in terra e l’imponente complesso castellare in pietra.

FAVIA P., 2008, «Fovea pro frumento mittere». Archeologia della con-servazione dei cereali nella Capitanata medievale, in E. CUOZZO, V. DÉROCHE, A. PETERS-CUSTOT, V. PRIGENT (éds.), Puer Apuliae. Mè-langes offerts à Jean-Marie Martin, 2 voll, Paris, I, pp. 239-275.

FAVIA P., 2010, Dalla frontiera del Catepanato alla “Magna Capitana”: evoluzione dei poteri e modellazione dei quadri insediativi e rurali nel paesaggio della Puglia settentrionale fra X e XIII sec., «Archeologia Medievale», XXXVII, pp. 197-214.

FAVIA P., 2011, Processi di popolamento, configurazioni del paesaggio e tipologie insediative in Capitanata nei passaggi istituzionali dell’XI secolo, in FAVIA, DE VENUTO 2011, pp. 103-135.

FAVIA P., DE VENUTO G., 2011, La Capitanata e l’Italia Meridionale nel secolo XI: da Bisanzio ai Normanni, Atti II Giorn. Mediev. di Capitanata (Apricena, 16-17 aprile 2005), Bari.

FAVIA P., GOFFREDO R., 2012, Operazioni di diagnostica archeologica a Corleto, sito di una commenda teutonica, in H. HOUBEN, P. FAVIA, K. TOOMASPOEG (a cura di), Federico II e i Cavalieri Teutonici in Capitanata, Atti del Convegno Internazionale (Foggia-Lucera-Pie-tramontecorvino, 10-13 giugno 2009), Galatina, pp. 500-539.

FAVIA P. et al. 2009a = FAVIA P., ANNESE C., DE STEFANO A., DE VENUTO G., DI ZANNI A., MARUOTTI M., PIERNO M., STOICO F., San Lorenzo “in Carminiano” presso Foggia: indagine archeologica su un sito medievale del Tavoliere di Puglia in un contesto di moderna espansione edilizia, in VOLPE, FAVIA 2009, pp. 382-391.

FAVIA P. et al. 2009b = FAVIA P., GIULIANI R., MANGIALARDI N.M., STOICO F., Indagine archeologica sul sito di Montecorvino nel Subap-pennino daunio: primi scavi della cattedrale e dell’area castrense, in VOLPE, FAVIA 2009, pp. 373-381.

FLAMBARD HÉRICHER A.M., 2010, Scribla. La fin d’un chateau d’origine normande en Calabre, Roma.

FRANCHIN RADCLIFFE F. (a cura di), 2006, Paesaggi sepolti in Daunia. John Bradford e la ricerca archeologica dal cielo, 1945/1957, Foggia.

GIULIANI R., FAVIA P., 2007, La “sedia del diavolo”. Analisi preliminare delle architetture del sito medievale di Montecorvino di Capitanata (Foggia), «Archeologia dell’Architettura», XII, pp. 133-159.

GOFFREDO R., 2006, La fotointerpretazione per lo studio dell’insediamento rurale del Tavoliere tra XI e XIV secolo, in MANCASSOLA, SAGGIORO 2006, pp. 215-228.

GUAITOLI M. (a cura di), 2003, Lo sguardo di Icaro. Le collezioni dell’Ae-rofototeca Nazionale per la conoscenza del territorio, Catalogo della Mostra (Roma, 24 maggio-6 giugno 2003), Roma.

HASELOFF A., 1992, Architettura sveva in Italia meridionale, Bari (tit. orig. Die Bauten der Hohenstaufen in Unteritalien, Leipzig 1920).

JONES G.D.B., 1987, Apulia: vol. 1. Neolithic settlement in the Tavoliere, London.

MANCASSOLA N., SAGGIORO F. (a cura di), 2006, Medioevo, paesaggi e metodi, Mantova.

MARTIN J.-M., 1984, Modalités de l’«incastellamento» et typologie castrale en Italie méridionale (Xe-XIIe siècles), in R. COMBA, A.A. SETTIA (a cura di), Castelli e archeologia, Atti Conv. (Cuneo, 6-8 dicembre 1981), Torino, pp. 89-104.

MARTIN J.-M., 1993, La Pouille du VIe au XIIe siècle, Rome-Paris.MARTIN J.-M., 1994, L’impronta normanna sul territorio, in D’ONOFRIO

1994, pp. 214-216.MARTIN J.-M., 1998, Insediamenti medievali e geografia del potere, in

M.S. CALÒ MARIANI (a cura di), Capitanata medievale, Foggia, pp. 77-83.

MARTIN J.-M., NOYÉ GH., 1982, La cité de Montecorvino en Capitanate et sa cathédrale, «MEFRM», 94, pp. 513-549,

MARTIN J.-M., NOYÉ GH., 1987, L’evolution d’un habitat de plaine jusq’au XIV siècle: l’exemple de San Lorenzo in Carminiano, in Fiorentino. Campagne di scavo 1984-1985, Galatina, pp. 63-78, tavv. LXXXIX-XC.

MARTIN J.-M., NOYÉ GH., 1988, Habitats et systèmes fortifiés en Capita-nate. Premiére confrontation des données textuelles et archéologiques, in Gh. NOYÉ (éd.), Castrum 2, Structures de l’habitat et occupation du sol dans les pays méditerranéens. Les methodes et l’apport de l’archéologie extensive, Rome-Madrid, pp. 501-526.

MARTIN J.-M., NOYÉ GH., 1990, Activités de l’École Française de Rome. Fouilles de la section Moyen Âge. Prospection en Capitanate 1984-1987, «MEFRM», 102-1, pp. 282-290.

101

CARATTERI INSEDIATIVI DELLE RECINZIONI E FORTIFICAZIONI DI TERRA NELLA CAPITANATA MEDIEVALE

MERTENS J., 1995, Il Medioevo, in J. MERTENS (a cura di), Herdonia. Scoperta di una città, Bari, pp. 353-369.

MESQUÌ J., 1991, Châteaux et enceintes de la France médiévale. De la defence a la residence, 1. Les organes de la defence, Paris.

NOYÉ GH., 1980, Féodalité et habitat fortifié en Calabre dans la deuxième moitié du XIe et le premier tiers du XIIe siècle, in G. DUBY, P. TOUBERT (éd. par), Structures féodale et féodalisme dans l’Occident méditer-ranéen (Xe-XIIIe siècles). Bilan et perspectives de recherches, Actes Coll. Internat. (Rome, 10-13 octobre 1978), Roma, pp. 607-630.

NOYÉ GH., PESEZ J.-M., 1989, Archéologie normande en Italie méri-dionale, in H. GALINIÉ (ed.), Les mondes normands (VIII-XII s.), Actes II Congr. Internat. Archéol. Médiév. (Caen 1987), Tour, pp. 155-169.

PORSIA F., 1992, Una città senza mura. Foggia dagli Svevi agli Aragonesi, in S. RUSSO (a cura di), Storia di Foggia in età moderna, Bari, pp. 13-31.

RILEY D.N., 1992, New aerial reconnaisance in Apulia, «PBSR», XL, pp. 291-307.

SETTIA A.A., 2000, “Dongione” e “motta” nei castelli dei secoli XII-XIII, «Archeologia Medievale», XXVII, pp. 299-303.

SCHMIEDT G., 1966, Contributo della foto-interpretazione alla ri-costruzione del paesaggio agrario altomedievale, in Agricoltura e mondo rurale in Occidente nell’Alto Medioevo, XIII Settim. Studio CISAM (Spoleto, 22-28 aprile 1965), Spoleto, pp. 771-837, tavv. I-XLVIII.

SCHMIEDT G., 1968, Le fortificazioni altomedievali viste dall’aereo, in Ordinamenti militari in Occidente nell’Alto Medioevo, XV Settimane di Studio del CISAM (Spoleto, 30 marzo-5 aprile 1967), 2 voll., Spoleto, II, pp. 860-927, tavv. I-XL.

SCHMIEDT G., 1973, Città e fortificazioni nei rilievi aerofotografici, in Storia d’Italia V, 1. I Documenti, Torino, pp. 121-260.

SCHMIEDT G., 1975, Contributo della fotografia aerea alla conoscenza delle strutture fortificate altomedievali, in Metodologia nella ricerca delle strutture fortificate nell’Alto Medioevo. Studi e ricerche II, Atti V Tavola Rotonda Nazionale (Udine-Cividale-Trieste, 26-29 ottobre 1967), Udine, pp. 31-66.

VOLPE G., 2006, Archeologia aerea, archeologia dei paesaggi e archeologia globale della Daunia, in FRANCHIN RADCLIFFE 2006, pp. 13-26.

VOLPE G., FAVIA P. (a cura di), 2009, V Congresso Nazionale Archeolo-gia Medievale (Foggia-Manfredonia, 30 settembre-3 ottobre 2009), Firenze.

SummaryCharacteristics of the earthwork enclosures and fortifications in

Medieval Capitanata. Archaeological inspection, surface reconnais-sance and excavations.

The article summarizes the evidence of earthworks in medieval Northern Apulia, and reviews the different types of ditches and em-bankments. The various arrangements are analyzed in relation to their functional role, the characteristics of settlement and the chronological range. These earthworks were used in Northern Apulia not only for strategic needs, but also for protecting productive activities and as a defence against humidity and stagnant waters. Combinations of ditches and embankments surrounded small sites, medium-sized vil-lages, castra and large settlements of the plain of Tavoliere. In some cases, the earthworks appear to be more closely related to the type of moated site or motte-and-bailey castle. Chronologically, a significant use of earthworks in the Norman cultural context seems confirmed, but research data suggest the presence of previous examples, at least from the 10th century, and a continuation in the Swabian-Angevin period. In conclusion, the recent case studies of the excavations at S. Lorenzo in Carminiano and Montecorvino are presented.

RiassuntoIl contributo ripercorre le attestazioni archeologiche medievali di

opere in terra installate nel comprensorio geografico della Puglia set-tentrionale, passando in rassegna le differenti tipologie adottate nella realizzazione di fossati e i terrapieni. Le varie morfologie sono analizzate in rapporto al loro ruolo funzionale, agli aspetti insediativi e agli oriz-zonti cronologici. Gli apprestamenti in terra nella Capitanata medievale appaiono messi in atto non solo per esigenze strategiche, ma anche per la protezione di attività produttive e per la difesa dall’umidità e dalle acque stagnanti; fossati e aggeri sono stati adottati, in varia combinazione, nella delimitazione di insediamenti a carattere difensivo o militare, nella recinzione di poli abitativi rurali e castra, nella perimetrazione dei grossi nuclei demici del Tavoliere. Talora le opere in terra paiono più stretta-mente legate a forme insediative assimilabili al tipo della motta castrale. Sul piano tecnico e cronologico, pare confermato un rilevante impiego delle opere in terra in un ambito di cultura insediativa normanna, ma i dati di ricerca non escludono tanto esempi precedenti, almeno dal X sec., quanto una prosecuzione dell’utilizzo in epoca svevo-angioina. Sono infine presentati i recenti casi di studio rappresentati degli scavi di S. Lorenzo in Carminiano e Montecorvino.