LA MEDIAZIONE DI CRISTO NEL LIBRO IV DI "DE TRINITATE" DI SANT'AGOSTINO

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LA MEDIAZIONE DI CRISTO NEL LIBRO IV DI DE TRINITATE DI SANT’AGOSTINO DI IPPONA Introduzione Il ruolo di mediazione di Cristo non è iniziato dal momento della sua incarnazione e manifestazione nella storia, ma ha origine nell’eternità della Trinità, e viene esercitato fin dalla creazione. «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione … Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col. 1, 15 -16). Gesù Cristo è il Mediatore tra Dio e l’uomo. Egli è il « Verbo di Dio e nello stesso tempo Mediatore di Dio e degli uomini come Figlio dell’uomo, uguale al Padre per l’unità della divinità e nostro simile per l’umanità che assunse, pregando il Padre per noi con la sua umanità, senza tacere tuttavia di essere con il Padre una sola cosa nella divinità» 1 . L’unico soggetto capace di mediare tra Dio e l’umanità, pensa Agostino, colui che può stare per gli uomini davanti a Dio, deve essere perfettamente Dio e perfettamente uomo. E Gesù è Mediatore proprio perché ha ambi due le nature. Agostino non intende per mediazione una semplice intercessione, preghiera; mediazione qui vuole dire soprattutto «stare per». Nessun uomo è degno di stare davanti a Dio in nostro favore; nondimeno fino a che ci non sia un uomo come noi a stare per noi non saremmo pienamente rappresentati. Agostino riconosce la profondità misterica dell’evento dell’incarnazione. Mentre è difficile spiegare che cosa sia avvenuta nella congiunzione di 1 Sant’ Agostino, La Trinità, 4, 8, 12, Città Nuova, Roma, 1987. (Da ora in poi De Trinitate) 1

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LA MEDIAZIONE DI CRISTO NEL LIBRO IV DI DE TRINITATE DI

SANT’AGOSTINO DI IPPONA

Introduzione

Il ruolo di mediazione di Cristo non è iniziato dal momento

della sua incarnazione e manifestazione nella storia, ma ha

origine nell’eternità della Trinità, e viene esercitato fin dalla

creazione. «Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di

tutta la creazione … Tutte le cose sono state create per mezzo di

lui e in vista di lui» (Col. 1, 15 -16). Gesù Cristo è il

Mediatore tra Dio e l’uomo. Egli è il «Verbo di Dio e nello stesso

tempo Mediatore di Dio e degli uomini come Figlio dell’uomo, uguale al Padre  per

l’unità della divinità e nostro simile per l’umanità che assunse,

pregando il Padre per noi con la sua umanità, senza tacere

tuttavia di essere con il Padre una sola cosa nella

divinità»1. L’unico soggetto capace di mediare tra Dio e

l’umanità, pensa Agostino, colui che può stare per gli uomini

davanti a Dio, deve essere perfettamente Dio e perfettamente

uomo. E Gesù è Mediatore proprio perché ha ambi due le nature.

Agostino non intende per mediazione una semplice intercessione,

preghiera; mediazione qui vuole dire soprattutto «stare per».

Nessun uomo è degno di stare davanti a Dio in nostro favore;

nondimeno fino a che ci non sia un uomo come noi a stare per noi

non saremmo pienamente rappresentati. Agostino riconosce la

profondità misterica dell’evento dell’incarnazione. Mentre è

difficile spiegare che cosa sia avvenuta nella congiunzione di1 Sant’ Agostino, La Trinità, 4, 8, 12, Città Nuova, Roma, 1987. (Da ora in poi DeTrinitate)

1

Dio e l’uomo in un solo soggetto, remane però una verità

evangelica, attestata anche dalle parole di Cristo stesso. Dio ha

voluta nascondere la gloria della sua divinità nell’umiltà della

nostra umanità, ma non ha nascosto che è stato lui che in Cristo

parlava a noi, stando con noi secondo la nostra natura.

Il concetto di mediazione nella religione è sempre correlata

a quello del sacrificio. Per Agostino, nessun altro sacrificio

può essere efficace per la remissione della nostra colpa come

quello di Cristo. Il vero sacrificio è dovuto solo all’unico vero

Dio, e questo sacrificio deve essere offerto da un sacerdote

santo e giusto. Se ciò che viene offerto è difettoso, non sarà

capace di mondare le colpe di coloro per i quali viene

offerto. Il sacrificio di Cristo è il sacrificio più

irreprensibile, perché offerto da colui che non ha la necessità

di essere purificato dalle proprie colpe, perché egli non ha

nessuna colpa in lui. Infatti, Agostino fa un elenco di quattro

elementi necessari per offrire un sacrificio; il sacrificio di

Cristo è più efficace perché è stato capace di unire in se stesso

questi quattro elementi. «Che se in ogni sacrificio sono quattro

gli aspetti da considerare (a chi si offre, da chi si offre, che

cosa si offre, per chi si offre), tutti e quattro convengono nel

medesimo unico e vero Mediatore che ci riconcilia con Dio per

mezzo del suo sacrificio di pace, rimanendo egli tutt’uno con Dio

a cui si offriva, facendo tutt’uno in sé coloro per i quali

2

l’offriva, tutt’uno essendo lui che offriva con ciò che

offriva»2.

Stiamo considerando qui la dottrina della redenzione nella

teologia, o particolarmente, nella cristologia di S.

Agostino. Questa redenzione dell'umanità per il nostro autore si

svolge in forma di mediazione. Più spesso c'è la tentazione di

interpretare la dottrina agostiniana della redenzione solo dal

punto di vista della teoria della espiazione: gli uomini hanno

peccato e per questo sono giustamente tenuti sotto la schiavitù

di Satana, poi per redimerlo, Cristo, uno senza

peccato, ingannevolmente si consegna al diavolo che lo uccide, un

omicidio ingiusto di un uomo senza peccato. In questo modo Cristo

avrebbe pagato per il resto dell'umanità e l'umanità viene

liberata dalla carcerazione della morte. Ma non è che questa,

come la penserebbe Lewis Ayres, sia un modo metaforico di

esprimere un mistero secondo il linguaggio tradizionale

dell’epoca del nostro autore? Non c'è bisogno di pensare in

questa direzione, perché vediamo che in Agostino la teologia

della redenzione mediatrice è, in un modo molto significativo,

legata alla dottrina trinitaria. Ciò significa che la mediazione

cristologica in Agostino potrebbe proprio essere considerate come

l'illuminazione, la santificazione, la giustificazione che il Dio

Padre opera nell’umanità, ammettendola all'eternità del suo amore

trinitario attraverso la partecipazione alla vita, morte e

2 De Trinitate, 4, 14, 19

3

risurrezione del suo Figlio Gesù Cristo per opera dello Spirito

Santo3.

La cristologia di De Trinitate di S. Agostino

Cristologia è il cuore della teologia cristiana, poiché

studia il mistero di Gesù Cristo come Dio e l’uomo. Tuttavia il

mistero di Cristo come Dio fatto uomo non può essere considerato

al di fuori del principale mistero della Santissima Trinità.

Questi due misteri costituiscono i temi principali dell’opera di

Agostino, De Trinitate. La nostra considerazione della cristologia

di Agostino si baserà soprattutto sul Libro IV di questa opera,

dove egli sviluppa una cristologia dalle sue riflessioni sulle

questioni di felicità, la condizione protologica dell’uomo persa

attraverso il peccato, che in Gesù Cristo è stata restituita a

lui come salvezza.

Perché Dio doveva diventare l’uomo in Gesù Cristo? Questa

risposta è data dall’evento della Croce: attraverso la sua morte,

noi siamo stati giustificati.

Cristologia in Agostino non è tanto esplicita. Egli si

preoccupava delle controversie che nel suo tempo ponevano delle

tensioni nel modo di vivere il cristianesimo e di capire la fede

della Chiesa. È più facile identificare tali temi che riguardano

il peccato e il male, il senso della storia, le caratteristiche

normative della Chiesa, la relazione tra la grazia divina e la

libertà umana, la relazione tra vita cristiana e la vita secolare

3 Cf. Lewis Ayres, “Augustine on Redemption” in M. Vessey and S. Reid (eds.) ACompanion to Augustine, Willey –Blackwell, London, 2012. pp. 416 -417

4

ecc4. La sua cristologia invece va presa dall’insieme di tutti i

suoi discorsi che comunque hanno tutti qualche portata

cristologica. Anche l’opera in cui stiamo per esaminare non parla

di Cristo in modo specifico, ma vedremmo come il suo stile ha il

vantaggio di mettere Cristo a centro di tutto, e mai escluso da

nulla. De Trinitate è forse uno dei trattati teologici più profondi

di S. Agostino. In questo lavoro Agostino sviluppa i suoi temi

cristologici centrali nei libri IV e XIII. Nel libro IV parla del

mistero dell’incarnazione del Figlio unigenito di Dio, generato

come una missione di cui il principio è il Padre. La missione del

Figlio nel mondo non è lo stesso con la missione dello Spirito

Santo. Il Figlio è inviato in missione di mediazione rispetto

agli uomini. Cristo, il mediatore della vita è mandato al fine di

abolire la pena di morte pronunciata sull’uomo, portandolo fuori

dalle tenebre alla luce. Questo tema del motivo dell’incarnazione

è ulteriormente sviluppato nel libro XIII.

Una delle maggiori difficoltà incontrate dalla teologia a

partire dalla prima origine della fede cristiana è il mistero

dell’incarnazione. Ciò che è accaduto nella incarnazione come

deve essere espresso e spiegato nella teologia? Non c’erano dei

dubbi, almeno, da teologi cristiani, sull’origine divina di Gesù

di Nazareth, sul fatto che abbia vissuto la storia e l’esperienza

umana, sul fatto che egli è il Redentore dell’umanità. Egli è

Dio. La difficoltà girava intorno all’espressione del fatto che

questo uomo Gesù di Nazareth è Dio e allo stesso tempo

4 Cf. B.E. Daley, “A Humble Mediator: The Distinctive Elements in Saint Augustine’s Cristology” in Word and Spirit; 9 (1987), p. 100

5

uomo. L’incarnazione secondo S. Agostino, è l’assunzione della

carne dalla Parola di Dio, cioè, il farsi uomo di Dio nella

storia. Contro ogni forma di monofisismo e contro la divisione

inutile di Nestorianismo, egli sostiene che questo divenire uomo

della Parola, questa congiunzione della divinità all’umanità non

significa una trasformazione da parte della divinità che rimane

intatto, né significa il cambiamento dell’umanità in divinità. Il

Verbo si è fatto carne, ma «senza essere tuttavia convertito e

trasformato in ciò che si è fatto, e si è fatto esattamente in

tal modo che in lui si trova non solo il Verbo di Dio e la carne

dell’uomo, ma anche l’anima razionale e che questo tutto si dica

Dio a causa della natura divina, e uomo a causa della natura

umana»5. Il nostro autore è consapevole della difficoltà di

accettare questa spiegazione. Si tratta di un mistero che può

essere appreso solo dalla fede, preghiere, opera buone, la

coltivazione di santi desideri e rinuncia al peccato.

La missione del Figlio come una manifestazione della vita del Dio

trinitario

«Il mistero di Cristo c’introduce in quello di Dio-Trinità:

la dottrina cristologica è inseparabilmente legata a quella

trinitaria che, della prima, è il presupposto e il fine. Cristo,

“un’unica persona nella Trinità” è il rivelatore del Padre e il

datore dello Spirito Santo che riconduce al Padre l’umanità

redenta».6 Il mistero dell’incarnazione è così legato al mistero

del Dio trinitario che non possiamo avvicinarci o comprendere uno

5 De Trinitate,4, 21, 316 A. Trapè, Introduzione Generale a sant’agostino, Citta Nuova, Roma, 2006, p. 161

6

senza l’altro. La missione salvifica di Cristo consiste

principalmente nel rivelare Dio a noi7. In realtà lo stesso

Agostino sostiene che Cristo è la via per la patria trinitaria.8

Dio nel suo amore non abbandona l’uomo nel suo stato miserabile,

nella sua condizione di mancanza della felicità, quindi manda il

suo Figlio. La profondità dell’amore di Dio è incommensurabile. È

un amore trinitario, amore in relazione, amore che va verso

l’altro. Egli viene a cercare l’uomo per portarlo a partecipare

alla sua vita. L’uomo non è in grado di partecipare alla vita

divina a causa dei suoi peccati, ma rimane in lui una brama per

la vita divina. Tali desideri nell’uomo per la beatitudine, per

la verità e per l’eternità sono una forma di esilio di cui soffre

l’uomo. L’uomo non è capace di realizzare questi desideri ma

restano fortemente in lui. Sarà Dio a realizzare nell’uomo questi

desideri attraverso la missione del Figlio.

Agostino insiste sull’unità e uguaglianza della Trinità e

solo da lì ci sarebbe da  considerare la distinzione. La sua

insistenza sull’uguaglianza in tutti gli aspetti è strategica per

la sua dottrina dell’incarnazione, perché alcuni già pensano che,

poiché colui che manda è sempre superiore di chi è mandato,

Cristo allora dovrebbe essere subordinato o inferiore al

Padre. Ma Agostino riconosce inoltre la necessità di

distinguere contro le opinioni di coloro che dicono che le tre7 Joseph Ratzinger afferma che la cristologia è il mister del Figlio come il rivelatore di Dio Padre. In tutte le sue azioni e discorsi Gesù di Nazareth è visto adempiere questa particolare missione(cf., J. Ratzinger, Gesù di Nazaret,Rizzoli, Milano, 2007, pp. 27 – 28)8 Cf. G. Madec, La patria e la via. Cristo nella vita e nel pensiero di Sant’Agostino, Borla, Roma, 1993, pp. 40 -42

7

persone si sono incarnate. Non è così. Certamente la Trinità

è uno e indivisibile nell’operazione e nell'essere, ma questo non

significa che qualsiasi altro che non sia il Figlio sia stato

incarnato, che la voce dell’altro sia stata sentita se non la

voce del Padre sulla Tabor o che qualsiasi altro che non sia lo

Spirito Santo sia stato inviato ai discepoli nella Pentecoste9.

Se Gesù Cristo è stato inviato in missione10 per liberare

l’uomo dalla condizione penosa che il suo peccato l’ha

giustamente meritato, essere inviati significa un rapporto con

colui che invia. La missione del Figlio rivela quindi non solo

l’origine (processione) di colui che viene inviato, ma rivela

anche l’identità di colui che manda (il Primo Principio). Il

Figlio procede dal Padre e lo Spirito Santo è un dono che procede

sia dal Padre che dal Figlio. La Trinità è un solo Dio, Padre,

Figlio e Spirito Santo. Eppure Padre non può essere chiamato

Trinità se non in un senso implicito, così anche il

Figlio. L’unico Dio può essere chiamato Spirito Santo, perché il

Padre è lo Spirito e il Figlio è santo. Eppure lo Spirito Santo

non è la Trinità. Egli è lo Spirito sia del Padre che del Figlio,

pur mantenendo la sua corretta personalità e nome11. La

generazione del Figlio e la processione dello Spirito come dono

non significa una disuguaglianza o la precedenza del Figlio

rispetto allo Spirito; non significa disuguaglianza dei due in

relazione al Padre. Cristo, il Figlio, è inviato in missione

9 Cf, A. Tapè, op.cit., pp. 161-16310 De Trinitate, 4, 20, 27 - 3011 De Trinitate, 5, 11, 12

8

salvifica del Padre. Tutta la Trinità è uguale nella sostanza,

nell’eternità. « Ora è stato sufficientemente stabilito, a mio parere, come il Figlionon è inferiore perché è stato mandato dal Padre, come non lo è loSpirito Santo perché è stato mandato dal Padre e dal Figlio. Queste cosevengono dette dalle Scritture per riferimento alla creatura visibile opiuttosto per sottolineare il ruolo di principio in Dio, non perdisuguaglianza, disparità o differenza di sostanza. Perché anche se DioPadre avesse voluto manifestarsi visibilmente per mezzo della creaturadocile sarebbe completamente assurdo affermare che è stato mandato dalFiglio che egli ha generato o dallo Spirito Santo che da lui procede»12.

Questo passaggio di De Trinitate è molto utile per comprendere

ciò che Agostino sta spiegando qui: Incarnazione può quindi

essere intesa come il punto più alto della manifestazione storica

di Dio, uno e tre. Essa è l’espressione, nel tempo e nello

spazio, tra gli uomini, la vita intra- trinitaria (pericoresi).

Il mistero della mediazione di Cristo

Secondo Sant’Agostino la realtà della mediazione del Figlio

di Dio è legata a tutta la creazione. Anche prima di prendere la

carne umana nella Vergine, questa Parola di Dio, per mezzo della

quale sono state fatte tutte le cose, è sempre stata al centro

dell’intero ordine creato e di ogni evento della storia. Le

diverse esperienze religiose dei nostri antinati prima di questo

avvenimento di incarnazione erano dei riflessi o ombre di questo

accadimento13. Sì, perché fin dall’origine, tutte le cose sono

state destinate a partecipare alla vita di Dio attraverso questa

mediazione. Cristo, il Verbo di Dio fatto carne, è in grado di

mediare tra noi e Dio, perché egli è prima di tutto uguale al

12 De Trinitate, 4, 21, 3213 De Trinitate, 4, 7, 11

9

Padre nell’unità della Divinità e uguale a noi nell’umanità. Per

questo egli è il nostro vero intercessore presso Dio, il

mediatore degno e capace. Cristo ha pregato per coloro che

credono in lui, affinché siano uno con lui come lui è uno con

Dio. Questo secondo Agostino, mostra come l’intercessione di

Cristo sia una mediazione: mira a farci uno con lui, e attraverso

di lui, uno con Dio14.

Gli uomini non possono essere uno da soli, se non in

Cristo. Essi non possono essere uno a causa dei loro voleri e

piaceri peccaminosi; tuttavia, purificati dalla loro impurità da

Cristo, sono resi capaci di diventare in lui uno con lui così

come egli è con il Padre. L’unicità della mediazione di Cristo,

sta nel fatto che egli è Dio e uomo. Tra la divinità e l’umanità,

c’è una sola mediazione della divinità umana e umanità divina di

Cristo (cfr Sermo 47, 12, 21 ). Il mediatore deve essere in grado

di stare tra i due estremi della peccaminosità e mortalità della

natura umana e la giustizia e immortalità della natura

divina. Questo è il motivo dell’incarnazione: l’uomo non può

essere salvato senza Cristo. Il mediatore riconcilia

oggettivamente tutti gli uomini a Dio morendo per tutti gli

uomini15.

Nella teologia della mediazione cristologica di Agostino,

c’è un legame tra la mediazione della verità e la mediazione

della vita. Lasciato da solo l’uomo vive su ciò che è in basso,

14 De Trinitate, 4, 8, 1215 Cf. E. Cutaneo et al, Patres ecclesiae. Una introduzione alla teologia dei padri della chiesa, Il Pozzo di Giacobbe, Roma, 2008. P. I86

10

incapace di guardare verso ciò che è eterno e immutabile. Ma

attraverso la purificazione operata da Cristo mediante il suo

sangue, l’uomo è in grado di contemplare la verità eterna. Questo

è possibile non attraverso l’orgoglio della filosofia, ma per

mezzo della fede in Cristo. La distanza tra fede e verità è

paragonata a quella tra la mortalità e l’eternità. La fede

conduce alla verità, ed è temporale, e la verità è la vita eterna

promessa a coloro che hanno creduto in Cristo. Il mediatore della

verità è anche il liberatore, egli stesso si definisce la Verità

(cfr Gv 14, 6), e dice che quando gli uomini conoscono la verità,

la verità li farà liberi (cfr Gv 8, 32) 16.

Cristo, il Mediatore della vita

Secondo Agostino, Cristo è il Mediatore della vita, mentre

il diavolo è il mediatore della morte. Dio ha voluto che, proprio

come l’uomo è stato corrotto e distaccato da lui, fonte di vita,

attraverso la mediazione del diavolo così ritornerà l’uomo a lui

attraverso la mediazione di Cristo. Gli strumenti della

mediazione in entrambi gli attori sono dialetticamente opposti

gli uni agli altri e hanno i risultati che sono corrispondenti

alle loro cause efficienti. Lo strumento di mediazione del

diavolo è l’orgoglio e il risultato è la morte; lo strumento di

mediazione di Cristo è l’umiltà attraverso l’obbedienza, ed il

risultato è la vita17. Orgoglio, la preferenza per il potere al

posto della giustizia, falsa filosofia e riti religiosi

sacrileghi sono le strategie con cui il diavolo inganna l’uomo e16 De Trinitate, 4, 18, 2417 Cf. De Trinitate 4, 10, 13

11

lo tiene prigioniero nel regno della morte. Egli può anche

operare alcune “meraviglie” che attraggono i sensi, ma che a

lungo andare hanno lo scopo di ingannare. Il diavolo dà pretende

di essere luce, mentre lui è oscurità; fa capire che in lui c’è

la vita, mentre in lui c’è soltanto la morte. I miracoli non sono

sempre segni di Dio. Il diavolo anche li può fare18.

Agostino afferma che, proprio come la separazione dell’anima

dal corpo provoca la morte corporale, così anche l’allontanamento

di Dio dall’anima porta alla morte spirituale. L’anima lascia il

corpo a motivo della sua corruttibilità, così anche Dio si

allontana dall’anima a causa del peccato19. Ciò implica che se

Dio in Cristo ha assunto la nostra natura, ha un corpo e un’anima

umana, la vita ci è stata veramente ridonata. Siamo vivi, non

solo nell’immortalità della nostra anima, ma mediante la

risurrezione del nostro corpo in Cristo nell’ultimo

giorno. Quando Agostino parla della nostra doppia morte e la

nostra salvezza attraverso la sola morte di Gesù Cristo, vuole

dire che eravamo morti nel corpo e nell’anima; Cristo non ha mai

peccato e quindi non ha sperimentato la morte dell’anima, ma il

suo evento singolare della morte e risurrezione abolisce la

nostra doppia morte, ci ridona la vita nel corpo e nell’anima20.

Agostino insiste sulla risurrezione dei nostri corpi

mortali. Gesù Cristo aveva un corpo mortale simile al nostro , e

«avendo concorso il suo corpo come opportuna medicina, in ambedue

18 Cf. De Trinitate 4, 11, 1419 Cf. De Trinitate 4, 3, 520 Cf. De Trinitate 4, 3, 6

12

le direzioni della morte e della risurrezione, come sacramento

per il nostro uomo interiore e come esempio per il nostro uomo

esteriore »21. Quello che è stato appeso sulla croce, ciò che ha

sperimentato la morte, non è solo la carne di Cristo, ma anche la

nostra carne peccaminosa. Di conseguenza, il ritorno alla vita

della sua carne è anche il riportare alla vita della nostra

carne.

Peccando volontariamente (allontanamento da Dio), la anima

aveva incorso la morte – la partenza sgradita dell’anima dal

corpo. Ora il Mediatore della vita è colui che muore non

controvoglia, ma volentieri perché è lui che si dona liberamente,

che volontariamente ha dato se stesso, quando l’ha voluto e il

modo in cui l’ha voluto22. Il diavolo è morto nello spirito;

Cristo è sempre vivo nello Spirito. Cristo, il Mediatore della

vita suscitò il suo corpo attraverso il suo Spirito sempre vivo,

e con questo ha cacciato e allontanato lo spirito di morte del

mediatore di morte da quelli che hanno fede in lui. Poiché il

diavolo è stato cacciato via attraverso la morte libera del

mediatore, ora non è più in grado di regnare dal di dentro, ma

dal di fuori. Agostino certamente riferisce al mondo, i suoi

poteri e ricchezze come il regno del diavolo, mentre l’anima del

cristiano è stata purificata da tutte le azioni di morte. Infatti è accaduto che le catene tra innumerevoli peccati einnumerevoli morti sono state rotte con la morte di uno solo,assolutamente libero dal peccato. Il Signore soffrì per noi talemorte indebita, affinché non nuocesse a noi la morte a noidovuta. Non esisteva potere che avesse il diritto di spogliarlo

21 De Trinitate 4, 3, 622 Cf. De Trinitate 4, 13, 6

13

del suo corpo; se n’è spogliato lui stesso. Infatti Colui cheavrebbe potuto non morire, se lo avesse voluto, senza alcundubbio morì perché lo volle, dando così una bella lezione aiprincipati e alle potestà che egli aveva schiacciato totalmente nella sua persona. Conla sua morte, l’unico sacrificio assolutamente vero offerto pernoi, tutto ciò che c’era in noi di colpevole e che dava ildiritto ai principati e alle potestà di costringerci a espiarecon i supplizi, egli ha pulito, abolito, estinto, e con la suarisurrezione a una vita nuova ha chiamato noi, i predestinati, chiamati ci hagiustificati, giustificati ci ha glorificati23. 

Cristo, il Mediatore della Verità

Nella prefazione del libro IV del De Trinitate Agostino dice

che la vera conoscenza può venire solo da Dio come un dono.

L’uomo si preoccupa così tanto nel cercare di capire le cose

esterne, ma la più grande verità, la più grande conoscenza è la

conoscenza del più grande Essere. L’uomo rimane bloccato

nell’ignoranza rispetto alla verità di Dio, fino a quando egli

non venga in suo aiuto per farlo uscire da questa

ignoranza. Agostino prega quindi che Dio gli aiutasse a non dire

qualcosa che fosse diverso dalla solida verità infusa in lui dal

soffio della sua Verità24 L’unica via verso tale Verità eterna e

immutabile è la via tracciata da Dio in Cristo. Più lontano

l’uomo è da questa «via che Egli ha tracciato con l’umanità della

divinità del suo Figlio unico»25 più lontano egli è dalla verità.

Agostino sostiene inoltre che tutte le cose sono state fatte

per mezzo della Parola di Dio, essendo essa la Verità

immutabile. Tutte le cose dunque, quelle che sono e quelle che

23 De Trinitate 4, 13, 1724 Cf. De Trinitate 4, 1, 125 De Trinitate 4, 1, 1

14

saranno, trovano il loro significato e sussistenza in lui. La

vita e la luce sono collocate insieme qui e hanno una sola

origine nel Verbo eterno. Attraverso di lui tutte le cose

ricevono non solo la vita ma anche la luce. La vita che viene

dalla Parola è luce anche negli uomini, è questa luce negli

uomini che li rende diversi dagli animali, come esseri che

possiedono anima razionale26. Ma il peccato ha offuscato questa

luce negli uomini, e rimangono al buio fino a quando il mediatore

della verità e della vita (luce) non intervenga. Il motivo per

cui la stessa Parola attraverso la quale sono state fatte tutte

le cose ha dovuto prendersi la carne è quello renderci capaci di

partecipare in lui secondo la nostra natura; e partecipando alla

sua vita, lui anche partecipa alla nostra. Questa vita che

condividiamo è la luce degli uomini. Partecipare alla sua vita,

dunque, diventiamo illuminati di nuovo, otteniamo di nuovo la

luce perduta al peccato.

Commentando la dottrina teologica di S. Agostino, A. Trapè

osserva che il nostro autore fa una distinzione fra due forme

della conoscenza: scienza e sapienza27. Il primo ha che fare con

le verità storiche temporali: «la cognizione razionale delle cose

temporali», mentre il secondo è la contemplazione delle verità

eterne: «la cognizione intellettuale delle cose eterne»28. La

conoscenza di Dio è in Cristo scienza e sapienza. È scienza

perché avendo la fede come punto di partenza, l’intelletto

26Cf. De Trinitate 4, 1, 327 Cf A. Trapè, Introduzione generale a Sant’Agostino, Città Nuova, Roma, 2006, p. 14828 De Trinitate 12, 15, 25

15

riconosce Dio nella meravigliosa opera di Dio nella storia. Le

azioni di Dio nel suo Verbo Gesù Cristo, la sua vita, il suo

operare, la sua sofferenza e morte hanno avuto luogo in questo

nostro spazio-temporale mondo, e quindi appartengono alla

scienza. Ma queste dovrebbero essere viste come sapienza perché

la Parola di Dio supera il tempo e lo spazio. Egli è co-eterno al

Padre. Perciò, conoscere Gesù, credere in lui, è anche

contemplare la sapienza eterna, la Verità eterna. Gesù Cristo

appartiene allo spazio e al tempo ma allo stesso tempo li supera.

Egli è umano ma anche divino. Egli è la nostra scienza e la

nostra sapienza. Questa realtà della sua doppia appartenenza gli

rende per noi veramente il Mediatore della Verità di Dio. Senza

di lui rimaniamo chiusi entro i confini dello spazio e tempo, in

lui lo spazio-temporale apre all’eterno, come anche in lui

l’eterno si irrompe nello spazio-temporale. In Gesù Cristo

scienza e sapienza si combaciano come una cosa sola29.

Il peccato e la Beatitudine : la necessità di un Liberatore

mediatore

Dio non ha creato la morte, né ha creato l’uomo per finire

nella morte. La morte è la conseguenza del peccato, la giusta

retribuzione che Dio ha inflitto sull’uomo per la sua caduta. Ma

proprio come la morte è venuta attraverso il peccato di un uomo,

così anche la vita è venuta attraverso la giustizia di uomo. Dal

momento che il peccato di Adamo e la sua conseguenza raggiungono

tutte le generazioni umane, solo colui che essendo l’uomo è senza

29 De Trinitate 13, 19, 24

16

peccato può liberare l’uomo dal peccato e la sua conseguenza. La

morte di questa Mediatore dunque è il sacrificio che paga il

debito per il peccato. La morte di questo mediatore giusto è una

conferma di quello che lui ci ha insegnato, che la morte non è da

temere, ma da temere è la causa della morte – empietà,

peccato. Per Agostino la fede è l’arma che ci tiene lontano dal

peccato30.

È per amore che Dio viene a salvare l’uomo in Cristo. Questo

è ancora più evidenziato dal fatto che eravamo in uno stato di

peccato quando Dio è venuto in nostro soccorso. Più pensiamo di

essere stati salvati dai nostri meriti, più ci ritiriamo alla

nostra vecchia condizione. Siamo salvati per i meriti di Gesù

Cristo. È solo quell’atteggiamento dell’umiltà che accetta la

verità della nostra debolezza e incapacità di salvare noi stessi

che può rafforzare e perfezionare in noi la virtù della carità.

Infatti ci possiamo chiedere: In che cosa consiste questo peccato

di Adamo secondo Agostino? Per Agostino il peccato di Adamo, il

peccato originale, è semplicemente l’orgoglio che vuole dire

«volgere le proprie spalle a Dio»31. Se attraverso l’orgoglio di

un uomo tutti gli uomini da generazione in generazione ereditano

per propagazione la morte dell’anima, in questa nuovo accadimento

in cui attraverso l’umiltà radicale di Gesù la vita viene

ridonata a tutti, si debba sottolineare la virtù dell’umiltà come

partecipazione alla vita di beatitudine. L’orgoglio, infatti, è

30 Cf. De Trinitate 4, 12, 1531 E. Clark, «Peccato originale» in A.D. Fitzgerald (ed.), Agostino. Dizonario enciclopedico, Città Nuova, Roma, 2007, p. 1068.

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la presunzione che potremmo essere salvati senza di lui che viene

a liberarci per grazia. È questo che si esprime nel Salmo in cui si dice: Una pioggia dibenefici facesti cadere, o Dio, sulla tua eredità; era esausta, tu le rendesti la forza.Questa pioggia benefica non può significare che la grazia, laquale non è data in ricompensa ai nostri meriti ma concessagratuitamente e per questo si chiama grazia: ce l’ha accordatainfatti non perché ne fossimo degni, ma perché così gli èpiaciuto. Sapendo questo noi non confideremo in noi stessi equesto significa "essere esausti". Ma Dio ci dà forza, lui cheanche all’apostolo Paolo ha detto: Ti basta la mia grazia, perché la forzatrionfa nella debolezza32

La consapevolezza che Dio ci ama, nonostante i nostri

peccati ci salva dal vizio della disperazione, dandoci la virtù

della speranza; ma la consapevolezza siamo salvati per la sua

grazia, e non per i nostri meriti, ci salva dal vizio

dell’orgoglio, dandoci la virtù dell’umiltà.

A causa del suo peccato l’uomo è completamente inadatto per

partecipare alla vita della beatitudine, la vita di Dio. Ma egli

è stato purificato dal peccato per mezzo di Cristo. Questa

purificazione avviene attraverso il sangue del Mediatore, l’unico

Giusto. Attraverso la condiscendenza di Dio nel suo prendersi

della carne umana, siamo elevati allo stato di beatitudine

divina. Questa nostra elevazione è secondo, Sant’Agostino, un

restauro di ciò che era perduto, che originariamente era

nostro. Agostino dice una cosa importante, che in futuro

preoccuperà Sant’Anselmo nella sua opera teologica, Cur Deus

Homo?: attraverso l’accadimento dell’incarnazione Cristo opera

la soddisfazione, paga il debito per nostro peccato e restituisce

32 De Trinitate 4, 1, 2

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a noi quello che abbiamo perso a motivo di peccato33. L’uomo è

stato creato, non per essere tormentato dalla sofferenza e dalla

morte, ma per vivere in armonia orientato verso la

beatitudine. La morte è la conseguenza del peccato dell’uomo, che

consiste nel l’ingiustizia della sua scelta contro la volontà di

Dio.

Il Exsultet della Veglia Pasquale sottolinea come l’intervento

di Cristo va oltre un semplice ripristino dello stato originario

dell’uomo, ma anche lo eleva alla vita di Dio. E Agostino sembra

aver sufficientemente considerato questa riflessione. Egli

osserva che Gesù Cristo assume la nostra natura in modo che

possiamo contemplare Dio. Non abbiamo potuto contemplare Dio

perché per natura non siamo Dio, e non siamo più fedeli alla

nostra natura a causa del nostro peccato. Se Dio non interviene,

noi siamo in una condizione miserabile, perché non siamo né la

nostra natura autentica, né siamo in grado di raggiungere la

partecipazione alla vita di Dio, che è la ragione del nostro

essere. Ora, Dio si fa uomo nella persona di Gesù Cristo, prende

la nostra natura, ed è in grado di intercedere per noi

peccatori. Questo è molto in linea con la teoria di soddisfazione

e di restituzione che Anselmo svilupperà in seguito. Anche se

Anselmo sembra fermarsi solo con la soddisfazione e restituzione,

Agostino ci aiuta ad andare oltre: la mediazione liberatrice di

Cristo non solo ripristina ma eleva.

33 Cf., Anselm d’Aosta, Perché un Dio uomo?, I, III, pp. 85 - 86

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Ora la sola purificazione dei peccatori e dei superbi è il sangue delGiusto, e l’umiltà di Dio; affinché, per poter giungere allacontemplazione di Dio che per natura noi non siamo, venissimopurificati da Dio stesso fattosi quello che per natura siamo equello che per il peccato non siamo. Infatti non siamo Dio pernatura, siamo per natura uomini, non siamo giusti per il peccato.Dunque Dio, fattosi uomo giusto, ha propiziato Dio per l’uomopeccatore. Non c’è infatti rapporto tra peccatore e giusto, matra uomo e uomo. Dunque sommando a noi la sua umanità uguale allanostra, ha sottratto a noi la disuguaglianza della nostrapeccaminosità e, fattosi partecipe della nostra mortalità, ci hareso partecipi della sua divinità. Giustamente la morte delpeccatore, proveniente da una condanna necessaria, è stata toltain virtù della morte del Giusto, proveniente da una liberamisericordia, con il rapporto tra lui e noi di uno a due34

Gesù Cristo non è solo il nostro Liberatore, ma anche

Mediatore tra noi e Dio. È mediatore anche perché, stabilisce un

legame tra umanità e divinità, grazie a lui l’uomo è divinizzato.

Cristo ha rinnovato in meglio ciò che era stato mutato in

peggio35.

Conclusione

Gesù Cristo è il mediatore della verità e della vita di Dio

per noi uomini. L’incarnazione è un accadimento che non solo

rivela Dio come Amore Trinitario, ma è realizzata quando l’uomo

entra in questo amore. Agostino non ha delle opere specificamente

cristologiche, comunque in tutti i suoi pensieri e scritti Cristo

ha sempre un posto fondamentali e incancellabile. Infatti secondo

le ricerche fatte il nome Christus appare circa 19.000 volte mentre

il nome Iesus appare circe 4.500 volte nei suoi scritti36. La sua

34 De Trinitate 4, 2, 435 Cf. De Trinitate 4, 3, 536 Cf. R. Rombs, «Augustine on Christ» in C.C. Pecknold e T. Toom (edd.), Bloomsbury, New York, 2013, p. 36

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Cristologia allora viene estratta dai diversi suoi insegnamenti e

scritti che pur focalizzando sui altri temi sempre aiutano i

lettori a intendere la cristologia che sta in essi. Il vantaggio

di questo opera De Trinitate è che Agostino, pensando la Trinità e

Gesù Cristo contemporaneamente egli fornisce alla teologia delle

importanti chiavi di lettura del mistero di Dio. Grazia ad

Agostino «la riflessione intorno alla realtà di Dio non potrà più

avere per oggetto la sostanza divina, astratta e chiusa nella

solitudine dell’Uno. Essa, invece, dovrà tener necessariamente

conto del fatto che il Dio cristiano è comunione di un Noi

trinitario»37. Certamente questo non è possibile dedurre fuori

dell’evento Cristo. Se Gesù è stato mandato da Dio a noi come un

Mediatore che ci libera dalla morte donandoci la vita, questa

missione è una missione della rivelazione di Dio, manifestazione

del volto di Dio come Agape38. Se interpretiamo l’immutabilità di

Dio, la sua assolutezza, libertà ed eternità da punto di visto

dell’evento di mediazione di Cristo, noi riusciremo ad accogliere

la portata teologica del mistero trinitaria come una dottrina

dell’amore divina. Dio, in Gesù Cristo, per mezzo dello Spirito

Santo si comunica all’uomo e alla storia.39

Infatti il tema della mediazione non può che essere il tema

centrale della cristologia; e questo tema va oltre la mediazione

della verità, della vita e della luce. Cristo è anche il

Mediatore del tempo e dell’eternità, del finito e l’infinito,37 P. Sguazardo, Sant’Agostino e la teologia trinitaria del xx secolo, Citta Nuova, Roma, 2006, p.57538 Cf. ibid., p. 57739 Cf. W. Kasper, Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia, 2013, p. 256.

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della libertà e necessità, della storia di Dio e la storia degli

uomini, della sofferenza e perfezione, della kenosi e epifania.

Attraverso lui queste cose che sembrano contraddittorie non si

escludono, ma sono invece superate e sintetizzate nell’amore

supreme e infinitamente libero di Dio40. Attraverso la sua unica

mediazione la tensione messa dal peccato tra uomo e Dio è stata

tolta, o meglio, superata, e noi siamo in lui riconciliati a Dio.

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