Origine di tre cognomi campione: Favaretto, Rondini, Silvestri

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L’origine dei cognomi Favaretto Rondini Silvestri a cura di Simone Menegaldo

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L’origine dei cognomi

Favaretto Rondini Silvestri

a cura di Simone Menegaldo

PREMESSA:

ORIGINE DEL COGNOME O DELLA FAMIGLIA?

La prima cosa da considerare è se possiamo parlare di origini

certe o solamente di supposizioni.

Nella stragrande maggioranza dei casi è possibile esclusivamente

formulare delle ipotesi che possano avvicinarsi con minore o

maggiore probabilità alla fonte del cognome stesso.

Dobbiamo considerare che anche ove esistessero degli scritti

antichi, dove si possa leggere il tal dei tali venne chiamato xxxx

il giorno tale per il motivo tale, queste informazioni dovrebbero

essere prese sempre, o quasi, con beneficio d’inventario. Gli

scritti sono opera umana, soggetti quindi agli errori tipici

degli esseri umani, errori che vanno dalla distrazione, alla

cattiva interpretazione delle fonti, all’interesse personale e a

quant’altro possiamo immaginare. Si può affermare quindi che

Origine dei cognomi

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i cognomi, dei quali si possano avere certezze, risultino essere

solamente, o quasi, quelli attribuiti in maniera ufficiale a dei

trovatelli, fenomeno, quello dei fanciulli senza padre, che ha

influito in larga misura sull’origine dei cognomi italiani.

Immediatamente dopo, in ordine di affidabilità nell’attribuzione

dell’origine, arrivano i cognomi dei nobili per i quali esistano

concrete tracce storiche su vari testi o documenti d’archivio.

Lo studio dei cognomi si basa innanzi tutto sulla determinazione

della zona geografica in cui si potrebbe essere sviluppato il

cognome; questo permette di determinare quali possano

essere la storia del territorio, le regole e le lingue interessate

alla formazione dello stesso ed il nome, dei possibili paesi che

possono aver dato origine ad un cognome in quanto luogo di

provenienza dei capostipiti.

Per i cognomi extraterritoriali come ad esempio Rossi o Neri e

derivati, ci si dovrà basare esclusivamente su elementi comuni

all’intera nazione, non escludendo comunque la possibilità di

origini anche completamente diverse ed a volte estremamente

particolari.

Una volta determinata la zona di maggior diffusione, è bene

verificare se troviamo tracce che possano permetterci di farci

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un’idea della situazione del cognome circa un centinaio di anni

fa, elemento che permette con maggior grado di affidabilità di

identificare l’area di distribuzione geografica del cognome.

Diciamo pure che per un’analisi più completa ed affidabile

sarebbe necessario uno studio in loco presso gli archivi

comunali o parrocchiali, fatto che potrebbe a volte permetterci

di individuare il momento più lontano di comparsa di una

traccia scritta di quel cognome, ovviamente ricerche di questo

genere per ogni cognome sarebbero lunghe e difficili.

Ipotizzando di essere riusciti a determinare la possibile area di

diffusione del cognome è necessario richiamare alla memoria i

fatti storici che siano accaduti in quella zona, in particolare la

successione delle occupazioni da parte di popoli stranieri, che

possano aver influito sulla lingua e sugli usi locali.

Come è facilmente intuibile non esistono certezze del e sul

risultato, che è funzione delle conoscenze linguistiche e storiche

di chi effettua la ricerca, ma anche della sua capacità di analisi,

che ci si augura sempre sia la più ampia e rigorosa possibile.

Molti inoltre, confondono due concetti apparentemente simili,

ma sostanzialmente diversi. L’origine dei cognomi e l’origine

delle famiglie non sono la stessa cosa.

Origine dei cognomi

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La lingua italiana si presta a molte interpretazioni e i vocaboli

sono spesso meglio interpretabili inserendoli nel loro contesto.

Prendiamo a esempio la parola origine dal lat. origo -ginis,

derivato da oriri (alzarsi, nascere, provenire, cominciare)

utilizzata in italiano con molti significati: quando si parla

di origine dei cognomi ci si riferisce alle origini delle parole

utilizzate per identificare molto spesso ben più di una famiglia

e di un ceppo famigliare e si ricerca quindi la loro etimologia.

Lo studio dell’origine delle famiglie, intese come ceppo

famigliare è invece quella ricerca che tenta di risalire al primo

componente che abbia iniziato a chiamarsi in quel modo,

con quel cognome di quella particolare famiglia. Per lo

studio dell’origine dei cognomi ci si deve riferire agli elementi

linguistici, storici e geografici che possono aver portato alla

nascita di un particolare identificativo cognominale, elemento

che può essere molteplice ed anche molto differente per i vari

ceppi famigliari pur con il medesimo cognome.

Per lo studio dell’origine delle famiglie la questione si complica

enormemente potendo esclusivamente utilizzare gli archivi

storici attualmente presenti, che sono le anagrafi comunali, gli

archivi delle Parrocchie, gli archivi di Stato.

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Le anagrafi comunali sono quelle che esistono da minor tempo,

in alcuni comuni risalgono appena all’ultima guerra mondiale

a causa delle distruzioni belliche.

L’obbligo per i Comuni italiani di tenere registri di nascita della

popolazione è entrato in vigore dal primo settembre 1871 con

l’Unità d’Italia, nel Sud Italia continentale lo stato civile fu

istituito nel 1808 da Gioacchino Murat, re di Napoli, nel nord

Italia in qualche caso si può risalire fino al periodo napoleonico,

cioè fino alla fine del 1700, o a quello asburgico, cioè alla quarta

decade del 1700.

Le parrocchie che avrebbero dovuto, a seguito del Concilio

di Trento con disposizioni del 1563, tenere una registrazione

di tutte le nascite, non sempre lo fecero, non sempre i registri

sono consultabili, non sempre lo stato di conservazione è tale

da permettere di leggere alcunché.

Gli archivi notarili sono anch’essi utili per una ricerca, ma non

sempre possono essere consultati.

Da quanto sopra scritto si evince quante reali difficoltà

sussistano nei tentativi di inseguire a ritroso partendo dai

dati di nascita e matrimonio del componente meno prossimo

di una famiglia, dei cui dati si possa essere certi, cercando di

Origine dei cognomi

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individuare tra battesimi e matrimoni il livello generazionale

precedente.

Il mio studio, ad ogni modo, è rivolto esclusivamente all’origine

etimologica dei cognomi.

RAPIDA CRONOLOGIA

SULL’USO DEL COGNOME IN ITALIA

L’uso del cognome come identificativo di una famiglia si fa

risalire all’antica Roma, anche se per lungo tempo le persone

furono designate dal signum o nomen singolare, ossia da un

solo nome.

Già negli ultimi secoli della Repubblica romana però, le persone

libere cominciarono ad adottare la formula con tre nomi

(l’inizio forse posto attorno al III° sec. a. C.) (tria nomina):

praenomen (che distingueva l’individuo ed era paragonabile

al nome proprio di persona contemporaneo: in Caius

Julius Caesar, il praenomen è Caius),

nomen (che denotava la gens dí appartenenza: in Caius

Julius Caesar è Julius)

cognomen (che era usato per distinguere le famiglie

all’interno delle gentes).

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Nel I° secolo d.C., in seguito alla trasformazione di Roma in

Impero, la distinzione fra nomen e cognomen si fece sempre

più sfumata e divenne comune l’uso di un nome unico

(detto supernomen o signum, con le caratteristiche di non

essere ereditario e di avere un significato immediatamente

comprensibile (ad esempio il nome imperiale Augustus che

significa consacrato dagli àuguri o favorito da buoni auspici).

Dopo la caduta dell’Impero romano, ogni persona veniva

identificata dal solo nome personale, di cui venivano usati

vezzeggiativi in ambito familiare. Tali nomi venivano a volte

riferiti anche alle caratteristiche della persona (come il colore

dei capelli), alla provenienza o alla paternità.

L’avvento della religione cristiana e le ripetute invasioni

barbariche facilitarono la diffusione di nuovi nomi che si

andarono ad aggiungere ai nomi già in uso, in modo che non

vi fossero particolari difficoltà nel distinguere gli individui.

Tra il X° secolo e l’XI° secolo in Europa si verificò una grande

crescita demografica, e divenne sempre più complicato

distinguere un individuo da un altro con il solo nome

personale. Si rese nuovamente necessario allora identificare

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tutti gli individui appartenenti alla medesima discendenza con

un altro nome. Nacque così il cognome moderno.

Tale cognome poteva essere originato da una caratteristica

peculiare delle persone, come ad esempio la loro occupazione,

o il luogo d’origine, il loro stato sociale o semplicemente il nome

dei genitori: Rossi (il cognome più diffuso in Italia) potrebbe

far riferimento al colorito della carnagione o dei capelli di

qualche antenato; Fiorentini probabilmente provengono

originariamente da Firenze, Di Francesco potrebbe indicare

figlio di Francesco.

In Italia, l’uso dei cognomi fu inizialmente una prerogativa

delle famiglie più ricche. Tuttavia tra il XIII° secolo e il XIV°

secolo l’uso si estese agli strati sociali più bassi.

Il Concilio di Trento del 1564 sancì l’obbligo per i parroci di

gestire un registro dei battesimi con nome e cognome, al fine

di evitare matrimoni tra consanguinei.

Nacquero così i cognomi, che derivano principalmente da tre

fonti:

onomastica (da nomi propri di persona) 40%

toponomastica (nomi generici o propri di luogo) 35%

soprannomi 25%

Uso dei cognomi

I cognomi non sono in uso in ogni stato del mondo; i Tibetani

e gli abitanti dell’Isola di Java spesso non ne utilizzano: persone

note che non hanno un cognome comprendono Suharto e

Sukarno. Inoltre, molte famiglie reali non utilizzano cognomi.

L’Islanda è l’unico paese europeo dove in luogo del cognome è

in uso il patronimico. Vale a dire, ogni persona assume come

cognome il nome del padre seguito dal suffisso son se maschio,

dottir se femmina. Quindi, solo i fratelli maschi o sorelle

femmine avranno cognome uguale fra loro, mentre nella stessa

linea di fratelli e sorelle ci saranno due cognomi. L’elenco

del telefono è compilato in ordine del nome di battesimo. È

comune per le donne cambiare il proprio cognome con quello

del marito dopo il matrimonio.

Alcune nazioni, ad esempio il Giappone o la Romania non

permettono che la moglie mantenga un cognome diverso da

quello del marito. Altre nazioni permettono di mantenere il

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cognome da nubile, ma il cambio è in qualche modo suggerito

o incentivato. Altre nazioni ancora permettono l’opposto, cioè

che l’uomo prenda il cognome della moglie. Alcune persone

scelgono di mantenere ambedue i cognomi, spesso uniti con

un trattino.

In Ungheria le donne sposate sono chiamate ufficialmente

con il cognome e il nome del marito seguiti dal suffisso -né; ad

esempio, la moglie di un uomo di nome János Szabó (o Szabó

János, nell’ordine ungherese che pone prima il cognome) è

chiamata Szabó Jánosné.

In India i figli prendono come cognome il nome proprio del

padre, le donne quando si sposano cambiano cognome e

prendono quello del marito.

In Spagna e nei paesi ispano-americani i figli assumono sia il

primo cognome del padre che il primo della madre, eccetto

che in Argentina e in Uruguay, dove i figli assumono solo il

cognome paterno.

In Portogallo e in Brasile i figli assumono, nell’ordine, il primo

cognome della madre e il primo cognome del padre.

In Italia l’attuale normativa sul Diritto di famiglia prevede che

la moglie conservi il suo cognome di nascita aggiungendo,

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su richiesta, nei documenti ufficiali la dicitura ... coniugata

XXX. I figli nati da coppie legalmente sposate prendono

automaticamente il cognome del padre.

In Italia esistono 350.000 cognomi, un primato mondiale,

mentre i nomi propri sono circa settemila.

Origine dei cognomi italiani

Bisogna premettere che le investigazioni sui cognomi risultano

assai difficili e incerte; nel campo degli studi onomastici1

(toponomastica2, antroponimia3) tuttavia non mancano studi

ed esplorazioni archivistiche, come l’opera di Dario Soranzo

Cognomi dei Veneti. In questo lavoro Soranzo raccoglie la sua

indagine su 852 cognomi delle province di Padova, Venezia e

Treviso (in realtà sono le 852 forme cognominiali che superano

la soglia delle 100 unità per provincia, espunti dunque i

1 L’onomastica è la disciplina linguistica che si occupa dello studio dell’origine e del significato dei nomi propri in generale e viene ripar-tita in ANTROPONIMIA e TOPONOMASTICA.

2 Ramo delle scienze linguistiche che studia l’origine e il significato dei nomi di luogo (città, paesi, strade, laghi ecc.). Dal greco topos luogo onoma nomeî.

3 Dal greco anthropos uomoî e onoma Nomeî, quindi nome di persona. L’antroponimia è la disciplina che studia i nomi, cognomi, soprannomi di persona.

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cognomi ripetuti, le varianti, ecc.). Nella ricerca compiuta dal

dialettologo veneto, emerge come la derivazione dei cognomi

veneti possa essere letteraria (Dante), religiosa (Pagan =

pagano), medioevistica (Borgato), fisica (soprannomi indicanti

qualità fisiche, Rossi e morali, Dotto), professionale (cognomi

derivati dalle professioni svolte, come Forner, Cester), vegetale

o animale (Ceolin = cipolla, Cervi), vocativale (Amadio = ama

Dio), vezzeggiativa (Vazzoleretto), geografiche (Feltre), ecc.

Nella nostra regione il cognome è maschile per genere e singolare

per numero, mentre, secondo l’opinione dello Svizzero Paul

Aebischer, i cognomi in “i” (Nenzi, Giacomini ecc.) sarebbero

in realtà non dei plurali, bensì rimasugli di un genitivo singolare

latino, tramandato e generalizzato dall’uso notarile dei tempi

medioevali, in quanto non si tratta di sostantivi ma di aggettivi

(ad es. Benedetti).

Tuttavia esistono anche veri e propri plurali, come Bianchi

Rossi ecc. risalenti all’antico uso di connotare tutta la famiglia,

soprattutto quelle in cui ci si tramandava da generazioni lo

stesso mestiere.

Diamo uno sguardo alle derivazioni:

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CLASSICA : ridimensionata durante il Medioevo, non è

molto rappresentata nei cognomi veneti (Cesaro,

Costantini);

RELIGIOSA : è al contrario uno dei filoni più consistenti,

rappresentata dai cognomi derivati dai nomi dei

santi (Agnoletti, Angeli, Bortolamiol)

LETTERARIA MEDIOEVALE : cognomi tratti da eroi e

personaggi dei poemi epici

e cavallereschi (Paladin,

Danesin), oppure derivati dal

ciclo della Tavola Rotonda:

Artuso, Merlin, Galiazzo;

GERMANICA : Berto, Dorigo, Mazzon, Vendrame;

GEOGRAFICA ED ETNICA4 : Visentin, Trevisan, Veronese,

Pavan, Greco, Albanese,

Stradiotto (gli stradiotes

erano un corpo della

polizia veneziana composta

4 Dal greco ethnos popoloî, appellattivo del paese d’origine.

Origine dei cognomi

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da Kossovari), Cipriotto,

Schiavon, Furlan, Milan,

C r e m o n e s e , F r e g o n e s e ,

D’Este, Modanese;

IMPERATIVALE : Cacciavillani, matrice medioevale: per

es. Ivone (Il) Caccia villani, indica che

vi è contenuta la forma imperativa di un

verbo;

AUGURALE : altro retaggio medioevale, ma di scarsa

rilevanza (Ben e- nato = Beninato) ;

PROFESSIONALE: Bottaro, Segato, Tagliapietra;

DA CARICA O DIGNITAí: Conte, Abate, Duse, Cusinato;

DA PIANTE E ANIMALI : per i primi si può supporre una

relazione dei cognomi con le

professioni agricole Sala, Verza,

per i secondi potrebbero essere

qualità che l’uomo attribuisce

all’animale, poi divenute cognomi

per le persone che ne presentano

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le caratteristiche Cagnin, Gatto,

Levorato (se pensiamo alla velocista

veneziana Manuela Levorato:

Levorato da lepre, notoriamente

un animale molto veloce), Lovato;

FISICA E MORALE : eterno ritornello nei discorsi della pratica

quotidiana (da che mondo è mondo, è

molto più semplice ridere delle altrui

disgrazie che pensare ai fatti propri).

Fissata a memoria la differenza fisica con

il cognome, esso in questi casi nacque

proprio come discriminante: Smania,

Paccagnella, Piccolo, Gobbo, Gobbato,

sia in senso negativo che positivo.

Origine dei cognomi

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Tabelle riassuntive

Forma finale Esempio di composizione

Origine

Isi Tro-isi, Pugl-isi Napoletani o Siciliani

Aloro Fav-aloro, Orgli-aloro

Siciliani

ago/aghi/ate/ati

Air-aghi, Arcon-ato, Gess-ati

Lombardi

atti/etti Ors-atti, Giorg-etti

Lombardi

di/oldi Sol-di, Garib-oldi Lombardi/germanici

Igo Bardar-igo Veneti

Ato Marcon-atoPoleg-ato Gnoc - ato

Veneti

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troncati con L/N/R

Cana-l, Mani-n, Carre-r

Veneti

acco Acco,B-acco, Bazz-acco, Biss-acco, C-acco Feltr-accoPol-acco

Veneti

otti Bel-otti,Mel-otti Lombardi

otti/utti/ut/ot Bertol-ottiBias-utti G r e g o r - u t t i Danel-ut Franz-ot

Friulani

ai/ini A s t - a i , B o l l - a i , Fornari-ini

Toscani/Lombardi

ucci (nome proprio)-ucci, Bertol-ucci, Ilari-ucci

Toscani

uoli/aiuoli Acciai-uoli, Casci-aiuoli

Toscani

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i n g o / i n g h i /enghi/engo

Martin-engo Lombardi o Toscani/germanici

au Bidd-au, Mad-au Sardi

as Cann-as, Pir-as Sardi

u Cadedd-u Sardi

ero/ario Barbe-ero Piemontesi

esio Gorr-esio Piemontesi

ero/ario Molin-ero, Sobr-ero

Piemontesi

audi/aldi Grib-audi, Ramb-audi

Piemontesi

asco Com-asco, Cev-asco

Liguri

oni Ceri-oni, Cesar-oni, Bori-oni

Marchigiani

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Esempio di composizione Origine

Lo Lo Cicero, Lo Giudice, Lo Iacono

Siciliani

Di Di Croce, Di Pietro, Di Battista, Di Iacovo

Abruzzesi-Molisani

Favaretto

Favaretto è una parola che i docenti di lingua inglese

classificherebbero subito come false friend “falso amico”, quelle

parole che a prima vista paiono significare qualcosa, ma che in

realtà con essa non hanno nulla al riguardo.

A una prima lettura del cognomen, appare sin troppo evidente

la presenza di fava - come radice. Questo non ci deve ingannare,

in quanto nel periodo storico in cui il cognome nacque e,

soprattutto, nel luogo geografico e linguistico di nascita, la

parola fava non era utilizzata per designare il legume.

Andiamo con ordine.

FAVARETTO derivato da FAVARO o FAVERO,

accrescitivo FAVARON, vezzeggiativo FAVAROTTO

Molto diffuso nell’area che comprende il Padovano, il Veneziano

ed il Trevisano.

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Il cognomen matrice è Favaro o Favero (la diversità di vocale

è data dalla geografia linguistica del Veneto: Favaro in Veneto

Favero in Trentino e Friuli), ancora più diffuso, occupa la

stessa area di Favaretto e ha ulteriori ramificazioni in Favaron,

decisamente meno diffuso, più specifico di Padovano e

Veneziano, Favarotto, molto più raro, è specifico di Trevisano

e Veneziano.

Favaro presenta forme di apposizione singolare o plurale che

sono tipiche dei soprannomi di mestieri tradizionali (Fabbro

- Fabbri), ma anche versioni latineggianti (Fabris). Radice di

partenza non sarebbe neppure Favaro, ma Favro (fabbro in

dialetto), con aggiunta della vocale paratattica (in questo caso

la a) per facilitare la pronuncia -vr che il dialetto veneto fatica

a pronunciare.

La zona d’origine di questi cognomi dovrebbe essere tra le

provincie di Padova, Venezia e Treviso, mentre il significato

deriva in realtà non dal legume (fava), ma dal termine dialettale

antico favaro o favero (fabbro), mentre il ramo trevigiano

dei Favero dovrebbe provenire da Favro di Solighetto (TV) e

nel 1200 fece parte del Maggior Consiglio della Serenissima

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Repubblica di Venezia, con tanto di arma araldica. L’arma

in araldica è lo stemma gentilizio della famiglia. Nel gergo

araldico, in particolare, si descrive lo stemma dei Favero come

rappresentato da una banda (ovvero striscia orizzontale) giallo

su campo (sfondo) rosso. È uno stemma molto importante

quello dei Favero, in quanto povero e privo di raffigurazioni o

altri riempitivi. La presenza di una sola banda denota il rango

nobiliare primario (quindi famiglia di antica origine nobiliare).

La presenza delle bande, una o al massimo due, significa, cito

da un mio precedente lavoro: pezza onorevole di primo ordine,

rappresentante il simbolo del cingolo cavalleresco (il cingolo

era la cintura che reggeva la spada del cavaliere: chi possedeva

il cingolo dello stemma aveva l’obbligo di portarlo di fronte

all’Imperatore di Germania, che ricordo, era sulla carta il

sovrano legittimo del Veneto)5. Mentre il rosso è presente negli

stemmi delle sole famiglie dell’originaria nobiltà della città di

Treviso, come i Menegaldo; è simbolo di coraggio e vigore

in battaglia, audacia, fortezza, dominio e nobiltà cospicua (il

suo uso nell’arma era permesso solo a principi e cavalieri).

5 Simone Menegaldo, Medium Urbis. Duemila anni di storia in riva alla Piave, Sismondi Editore, Salgareda (TV), 2010, p. 152.

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Probabilmente i Favero, come i Menegaldo (da Manegold colui

che regge il collare, ovvero il sommo giudice) avevano origine

longobarda.

Fra i Longobardi vi erano solo tre generi di uomini: gli uomini

liberi (i guerrieri), detti Arimanni, i commercianti e gli artigiani,

detti Aldii e gli schiavi. Derivando Favaro e Favaretto da favro

= fabbro, ne possiamo arguire che la progenie originaria

appartenesse agli Aldii; essendo quei secoli periodi di guerra

continua (565-1453 il Veneto è sempre costantemente

attraversato da eserciti in guerra), non doveva essere difficile

per un fabbro arricchirsi ed entrare nell’alta società cittadina.

Tale ipotesi è supportata dall’origine del cognomen ladino

Faurét: nella zona bellunese di lingua ladina infatti, fabbro è

fàure, da cui Faurét (piccolo fabbro), che si trova anche in forma

italianizzata con Favretti. Il casato dei Faurét è originario della

zona di Fornes, dove esiste un antico detto che recita: Faurét

e Pòldi mat par i sòldi!, che tradotto sarebbe Fabbri e Fornai

(Pòldi) bramosi di soldi!

Ma dopo simili disquisizioni attorno alla probabile nascita del

cognomen Favaro (di cui Favaretto), appare opportuno riportare

ora lo stemma dei Favero, così come si trova nei testi araldici

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specializzati (Dolcetti, Crollalanza):

Ed è nel Trevigiano che il cognomen Favaretto nasce: la

prima attestazione della presenza del cognome la troviamo a

Preganziol (TV) nell’archivio della Parrocchia, da cui risulta

che i Favaretto risiedono nel Comune con certezza dal

Cinquecento; è un documento eccezionale, perché è uno dei

rarissimi casi in cui siamo certi della nascita di un cognome: il

documento porta la data 1564, un anno posteriore al Concilio

di Trento. Tale documento, è l’atto di nascita del figlio del

fabbro, che viene battezzato appunto Favaretto.

Anche il Francipane ed Emidio De Felice, derivano il cognome

Favaretto da fabbro - piccolo fabbro, mentre è interessante il

Pittau nel Dizionario dei cognomi di Sardegna II, p. 25, che

lo dice derivato dal sostantivo fava, che apparirebbe essere la

soluzione più ovvia, almeno a un primo disattento sguardo alla

Origine dei cognomi

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radice, ma che ci indica come in Sardegna sia nato un ceppo

simile dalla stessa radice; forse emigrati? In quale periodo

storico?

Se il cognome derivasse da fava, dovremmo pensare a una

persona che aveva qualcosa a che fare con l’agricoltura, una

persona contadina, povera, che difficilmente poteva accedere

alle alte cariche nobiliari trevigiane. Quindi ora, è opportuno

spiegare perché il cognome derivi da favro = fabbro e non da

fàva.

L’IMPORTANZA DELLA GEOGRAFIA LINGUISTICA

Come dicevo prima, all’inizio di ogni ricerca la prima domanda

da porsi è: da quale ambito geografico d’Italia può arrivare il

cognome? Credo infatti, non esista stato al mondo con una tale

varietà dialettale quale esiste nel nostro paese.

Andiamo con ordine:

la parola fabbro, in veneto si rende con fàvro (Boerio),

specie nel Veneto antico, dove fàvro dà anche il nome a

una calle veneziana;

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derivazioni di fàvro sono fàvaro (nel basso Trevigiano),

feraro (verso la montagna), fauro (zona Grappa), fravo

(verso il Padovano) e addirittura pestafero in Sinistra

Piave;

inoltre, la parola fàvaro si usa per indicare il fabbro ferraio,

mentre per il fabbro che realizza le chiavi, si usava

magnano;

e ancora, altre determinazioni di fàvro (p. fàvri), sono

marescalco (il vocabolo più recente, anche perché usato

diffusamente dopo la Grande Guerra, quando nelle

nostre zone è diventata famosa la famiglia Marescalchi,

che produceva i ferri per le botti da vino), feràro e

ferariol, usati rispettivamente nel gergo dialettale del

centro di Treviso la prima e della periferia della città la

seconda. Questo per capire perché il dialetto veneto non

può essere insegnato a scuola: bisognerebbe chiedersi

quale dei mille esistenti!

fabbro deriva dal latino fabro, meglio faber, bri o fabrum (in

accusativo), mentre fàva deriva da faba (- m), ae, e dal

greco fagra (la cui radice fag- indica mangiare) quindi

due origini linguistiche molto diverse;

Origine dei cognomi

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in ladino bellunese, fabbro era fàure, da cui il cognome

Fàuret (piccolo fabbro), italianizzato in Fàvret o Favretti

o De Faveri;

soprattutto però, fàva non era in uso nel nostro dialetto

per designare la fava. Fàva, in dialetto era detta faa

(questo sì abbastanza universale nel Trevigiano); il

termine fàva era usato per designare non il legume ma il

dolce, la fàva dei morti o fàvete dei morti, quel dolce che

tradizionalmente, sino a pochi anni fa si usava preparare

il giorno dei morti.

E FAVETE DEI MORTI

La fàva dunque, in dialetto sarebbe un dolce a forma di fava,

realizzato con uova, zucchero, pinoli o mandorle. Ingredienti

quindi poveri, della base contadina della popolazione.

Era tradizione preparare tale dolce per il giorno dei morti; la

nascita della leggenda legata alle fàvete dei morti, dimostra

la diffusissima presenza di riti pagani in una popolazione

da sempre molto religiosa come quella veneta (anche se

recenti studi tendono a spostare la definizione da religiosa a

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clericale).

Pare, secondo la leggenda, che tutto nasca nel negozietto di un

venditore di fave veneziano, ubicato nei pressi della chiesetta di

Santa Maria della consolazione, che nel XVIII° verrà ribattezzata

per l’appunto La Madonna della Fava. Tale venditore di fave

però, in realtà non era altro che un contrabbandiere di sale,

che usava il negozio come copertura per i suoi traffici. Le pene

per chi contrabbandava il sale all’epoca erano pesantissime,

sicuramente c’era la galera e il sequestro dei beni, in alcuni casi,

quelli da Venezia più ritenuti gravi, si poteva anche rischiare la

pena di morte.

Questo commerciante teneva il sale ben nascosto sotto i sacchi

di fave, ma un bel giorno il suo traffico viene scoperto e sta per

ricevere la visita dei birri (in veneziano, i poliziotti erano i birri,

oggi sbirri). Sapendo di rischiare molto e non avendo tempo

per sbarazzarsi delle prove, fece voto solenne alla Madonna, la

quale, se l’avesse aiutato, avrebbe beneficiato della distribuzione

gratuita ogni anno, nel giorno dei morti, di un sacco di fave ai

poveri di Maria. Il miracolo si compì e la Madonna fece sparire

il sale da sotto le fave, cosicché i birri, venuti a controllare il

negozio, cercarono ovunque ma non trovarono altro che fave.

Origine dei cognomi

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Da lì, cominciò l’usanza a cui erano tenuti i nobili delle città, di

donare ai poveri baccelli pieni di fave il giorno dei morti.

Effettivamente non sappiamo quanto la pratica fosse diffusa

fra i nobili, ma diverse opere letterarie minori ci lasciano

brevi frammenti di come fosse soprattutto la nascente classe

borghese a operare queste elargizioni, ovvero i mercanti; la

cosa, effettivamente, se la si lega alla vicenda che fa nascere la

leggenda, può anche essere vista come un metodo per comprarsi

l’omertà del popolino che copra i traffici illeciti di questa fascia

sociale. Che ringraziava per l’omertà con elargizioni una

tantum.

Ma perché, ci si potrebbe chiedere, proprio il giorno dei morti?

Ecco, nella scelta del giorno emerge tutta la componente pagana

del popolo veneto, che oggi magari può farci sorridere, ma che

nella realtà é parte profonda della nostra cultura.

Presso i Greci e i Romani, si credeva che le anime dei morti

trasmigrassero nelle fave; le fave non facevano parte della

dieta delle antiche popolazioni mediterranee, tanto che nelle

coltivazioni erano usate solo come antiparassitario naturale, in

quanto era stato osservato che all’interno di una coltivazione,

se venivano piantate delle fave i parassiti si avventavano solo

Favaretto Rondini Silvestri

35

su di esse. I filosofi greci addirittura rifuggivano soltanto da

toccarle: Pitagora, in fuga dagli uomini di Cilone, potendo

mettersi in salvo attraversando un campo di fave, preferì

attendere il nemico ed essere ucciso, piuttosto che toccare quei

frutti impuri.

Insomma, nella tradizione greco-romana c’era il divieto assoluto

di cibarsi di fave e la veridicità di tale credenza era sostenuta dal

fatto che nei petali delle piante di fava si possono intravedere

delle Omèga (Ώ), che significavano la fine della vita.

Questo particolare legume, rimane legato alla tradizione

pagana sino al consolidamento del Cristianesimo, quando

le cose si modificano leggermente: le fave nel primo periodo

della cristianità cominciano a essere mangiate nelle mense dei

poveri, in seguito alla morte di un caro e al giorno dei morti,

quando le fave entrano a far parte del rituale attraverso il quale

si riceve lo spirito dei defunti (come mangiando la particola si

riceve il corpo di Cristo, è una trasformazione dell’eucaristia in

salsa contadina).

Le classi più agiate invece non consumavano le fave, ma non

per superstizioni o altro, ma per la loro sconvenienza: erano

infatti un legume un pò difficile da digerire, che provocava

Origine dei cognomi

36

soprattutto gonfiori di stomaco e quindi flatulenze. È verificato

infatti, dai galatei di corte bizantini, che sanciscono il protocollo

per i banchetti imperiali (adottati anche a Venezia in quanto

la città ha origini bizantine, sono i bizantini a edificarla e a

regnarvi sino all’810) che le fave sono bandite dalle tavole di

corte perché causa di disdicevoli arie. Dato che il protocollo

doveva essere seguito anche dai nobili di corte, è immaginabile

che rapidamente si estese anche alle corti della Terraferma, i

cui nobili aspiravano a entrare nel patriziato veneziano.

Il destino delle fave però, è destinato a cambiare ancora:

diventano uno degli elementi principali della dieta contadina,

e questo è confermato dall’aumento dei casi di favismo a partire

dall’anno Mille. Diventando cibo della dieta comune, il loro

ruolo di comunione coi morti venne meno, ma resisteva l’uso

di celebrare con le fave le funzioni del giorno dei morti. Non

più mangiandole però: ora infatti, le si spargeva su un tavolo

per trarne gli auspici, soprattutto per gli affari, gli amori o per

comporre le liti di vicinato, una volta l’anno, il giorno dei morti

(butàr fàve).

Favaretto Rondini Silvestri

37

Favéte dei morti.

Col passare del tempo però, tale usanza si slega dalla festività e

comincia a essere usata con sempre maggiore frequenza, tanto

da portare alla nascita di una vera e propria professione, specie

a Venezia, quella delle lettrici di fave. La chiesa ovviamente,

preoccupata per l’adesione del popolino a tali forme di aiuto

piuttosto che a quelle offerte dal clero, comincia a dare il via,

dal Cinquecento, a una vera e propria caccia alle streghe.

Interessanti a questo proposito sono infatti i processi

dell’Inquisizione, contro:

la Gobba butta fave, della Calle ai Do ponti

l’Agnesina de San Trovaso e la Mora de Sant’Aponal

Origine dei cognomi

38

In particolare, la nemica principale del Gran Inquisitore era

la Gobba, perché turbava l’ordine pubblico della congrega

delle streghe praticando prezzi popolarissimi per vincere la

concorrenza, dai 4 ai 6 soldi (1 soldo era 1/20 di lira nel dialetto

di allora, la lira si diceva davinti).

La scure dell’Inquisizione si abbatté dunque sulle povere donne

che si erano inventate di leggere i tarocchi (diremmo ora) per

sopravvivere e le fave spariscono dalla cultualità del popolino

per entrare in quella delle classi più agiate, che, come detto

prima, elargivano il giorno dei morti il sacco di fave ai poveri

in memoria del miracolo della Madonna (e per ingraziarsi il

loro silenzio).

La cosa straordinaria di tutto questo, è che con la caduta di

Venezia viene meno l’usanza di donare il sacco di fave ai

poveri, ma i poveri si ripresero il loro rito: ricomparvero nelle

case contadine, le fàvete dei morti, che venivano preparate per

il giorno dei morti da consumare durante le funzioni famigliari

per i propri defunti e garantirsi la loro protezione.

Questo fu un risvolto antropologico enorme, che effettivamente

meriterebbe uno studio approfondito; é probabile, che venendo

meno una consuetudine ed essendo violentemente cambiato il

Favaretto Rondini Silvestri

39

regime di Governo, lo schock per la popolazione comune sia

stato tale, da portare il popolo a recuperare una tradizione

passata, dal forte impatto emotivo e consolatorio. Una

tradizione che aveva lo scopo di cercare riparo dal presente

appellandosi agli avi, quindi al passato, un passato che nella

tradizione culturale delle masse contadine é sempre visto come

migliore e idilliaco.

IL DILEMMA DEL FAVARETO

Fàvaréto è un vocabolo che dà parecchie complicanze alla

ricerca; è diffuso solo in Destra Piave e indica due specie di

uccello e un pesce.

Favaréto = Saltimpalo (Saxicola Torquata)

Uccello passeraceo della famiglia dei Musciscopidi. 14 cm di

lunghezza massima, piumaggio colorato, becco corto e capo

Favaretto Rondini Silvestri

41

arrotondato. Abita in luoghi palustri e zone alberate, nidifica

sul terreno. Deriva il suo nome dal suo metodo di caccia, che

consiste nello stare immobile in cima a un tronco, palo o stelo

erbaceo per poi balzare sulla preda in picchiata.

Favaréto = Stiaccino (Saxicola rubetra)

Piccolo uccello passeriforme della famiglia dei turdidi,

di origine toscana, migratore, sverna nelle regioni tropicali ma

è distribuito in tutta Italia sulla fascia alpina e appenninica.

A differenza del Saltimpalo, sopra descritto, non è in pericolo

di estinzione.

Origine dei cognomi

42

Favaréto = Castagnola (Chromis castana)

Piccolo pesce dei Pomacentridi, comune sulle coste

scogliose, con il corpo ovale, bruno scuro (color castagna) e

una lunga pinna dorsale spinata. Poco pregiato in quanto ricco

di spine, oltre a Favaréto è detta anche fabreto o fabretto.

Perché queste tre specie animali sono così chiamate nel dialetto

trevigiano di Destra Piave?

Perché questi tre animali hanno tutti la caratteristica di costruire

con dei ramoscelli i loro nidi; nel caso degli uccelli è qualcosa

di eccezionale, in quanto organizzano il nido con pagliericci,

fieno e altre cose racimolate sul terreno, mentre Stiaccino e

Favaretto Rondini Silvestri

43

Saltimpalo fanno qualcosa di diverso: raccolgono pezzetti di

legno e realizzano il nido costruendo un reticolato dal quale

escono anche legnetti a spuntone, spezzati contro eventuali

piccoli predatori d’uova. Questi due tipi dí uccello nidificano

a terra e non sugli alberi e costruiscono con scienza il nido,

organizzato per resistere anche agli attacchi dei predatori,

una sorta di piccolo bunker, in cui anche richiudersi in caso

di pericolo in quanto l’altezza del nido è superiore a quella

dell’animale, che vi entra ed esce dall’alto attraverso un foro,

mentre le pareti sono caratterizzate da legnetti spezzati anti

predatore. Gli altri uccelli non lo fanno.

Nel dialetto quindi, il favaréto è così chiamato in quanto

“artefice”, “piccolo artefice”. Nel caso del pesce, la Castagnola,

avviene più o meno la stessa cosa, in quanto il pesce si costruisce

una casa di muschio e alghe per deporre le uova.

Sono queste, capacità artificiali, nel senso che tali specie animali

hanno sviluppato la capacità di costruire qualcosa in modo

avanzato.

Il dubbio che può sorgere è dunque questo, se Favaretto derivi

direttamente da Favèro, (= fabbro) o prenda il suo nome

proprio dal termine dialettale con cui era chiamato l’animale.

Origine dei cognomi

44

Teoricamente no, in quanto la zona di utilizzo del termine

favaréto per designare il Saltimpalo è molto circoscritta (Treviso

e dintorni), mentre il cognome Favaretto ha una diffusione

molto più ampia, ma nulla vieta di pensare che a Treviso e nel

suo hinterland le cose siano andate così.

Il cognome Favaretto è presente in 228 comuni in tutta Italia

ed é il tredicesimo cognome più diffuso nel Veneto con 230

ceppi famigliari.

Rondini

Ricercare l’esatta nascita etimologica del cognome Rondini é

molto più complicato rispetto a quel che si potrebbe pensare.

Infinite sono le varianti, tutte derivate da Rondine che però, in

forma cognominale oggi é assai raro rispetto a Rondini.

Altre forme di Rondine sono Rondinella, che ha un ceppo tra

napoletano e casertano, uno tra foggiano e potentino, uno nel

leccese ed uno siciliano, nella parte centrorientale dell’isola e

nel trapanese, quindi abbastanza localizzato. Rondinelli invece,

ed é questa la differenza da rilevare immediatamente, ha un

ceppo tra Piemonte e Lombardia, uno nel ravennate, uno nel

Lazio centromeridionale, uno nella fascia che comprende il

salernitano, la Lucania, il barese ed il tarantino ed un ceppo

nel catanzarese e valentiano, quindi in zone diverse rispetto

a Rondinella, cosa che suggerisce una contestualizzazione

precisa, di cui dirò più avanti.

Origine dei cognomi

46

Continuando, mentre Rondinello è quasi unico, Rondini ha

un nucleo nel reggiano ed uno nella fascia che comprende

pesarese, perugino e Lazio settentrionale, invece Rondino,

assolutamente rarissimo, sembrerebbe campano.

Per concludere con le varianti, esiste Rondinone che ha un

piccolo ceppo campano tra casertano e napoletano ed un

nucleo nel materano e barese, poi Rondinoni, quasi unico

anche questo, tanto che potrebbe essere dovuto ad errori di

registrazione effettuati da ufficiali all’anagrafe del nord.

Prima di procedere, occorre richiamare la contestualizzazione

precedente: tutte queste forme cognominali, hanno nuclei

dí origine diversi, ovvero, nascono dalle stesse radici ma in

ambiti e ambienti culturali diversi e non sovrapposti gli uni

con gli altri, tanto che si faticano a trovare sovrapposizioni

delle varianti cognominali nei luoghi abitati.

Il nucleo originario del cognome comunque, é lombardo,

anche se poi ogni zona ha sviluppato la sua particolare variante.

Queste derivano tutte tramite ipocoristici o accrescitivi

dal nome medioevale Rondinus, usato prevalentemente in

Lombardia, ma generalmente nel centro-nord Italia. Ad

Favaretto Rondini Silvestri

47

esempio; nel Codice Diplomatico della Lombardia medievale,

si legge in un atto dell’anno 1152: “...Martinus Quaquara unam

partem; Omodeus Pristinarius unam partem; Rondinus unam

partem; Rotefredus de Besade unam partem...”. Tracce di questa

cognominizzazione le troviamo a Roma nel 1600 con il notaio

Battista Rondino.

Ma nonostante le apparenze, il cognome non trae origine

dall’uccello noto col nome di Rondine (Hirundo rusticae): tutto

nacque nella disfida tra guelfi e ghibellini.

Un tratto distintivo

Tante volte la realtà é meno semplice di quel che pensiamo,

alle volte invece, così banale che ci delude. Per arrivare però

a comprendere alcune delle cose di cui tratterò ora, mi sarà

necessario divagare un pò...

Intanto individuiamo l’origine (tedesca) dei due nomi:

Guelfo -> Welfen

Ghibellino -> Hei Weiblingen (cioé: di Weiblingen, il

nome del castello posseduto presso Stoccarda dalla

famiglia Hohenstaufen)

Origine dei cognomi

48

I Welfen erano i Duchi di Baviera, che all’epoca contendevano

il trono imperiale (l’ex Sacro Romano Impero, ora Impero

Germanico) ai duchi di Svevia, gli Hohenstaufen; periodo

XII° secolo. All’origine della lotta italica fra le due fazioni,

l’intromissione papale nelle faccende imperiali (in Germania

comunque, la lotta cominciò già dopo la dieta di Worms del

1122).

Siamo nel pieno della lotta per le investiture (il conflitto fra

Papato e Impero su quale delle due sfere - spirituale o temporale

- sia superiore all’altra) e alla morte dell’Imperatore di Germania

si scatenò la guerra civile fra i due successori, entrambi

proclamati legittimi sovrani dal pontefice Innocenzo III°:

Ottone IV° di Baviera e Federico II° di Svevia. Da considerare,

che l’estensione delle terre imperiali giungeva all’epoca sino a

confinare con il Papato: l’Impero Germanico si estendeva dal

mare del Nord sino alla Toscana, inglobando tutto il centro-

nord Italia.

Ottone era della famiglia dei Welfen, quindi i suoi sostenitori in

Italia Guelfi, mentre chi patteggiava per Federico II° ingrossava

le fila dei Ghibellini. A vincere la disfida fu Federico II° e ben

presto, essere ghibellino si trasformò in Italia in opposistore

Favaretto Rondini Silvestri

49

del Papato, più che sostenitore dell’Imperatore.

Era così forte il conflitto in Italia (anche se spesso e volentieri

condotto per gli scopi personali delle varie casate, infatti

chi era sotto il Papa passava con l’Imperatore per avere più

autonomia e viceversa), che presto le città cominciarono a

caratterizzarsi anche esteticamente come guelfe e ghibelline e,

principale fonte di riconoscimento, era la merlatura. C’erano

merlature guelfe e merlature ghibelline; le merlature guelfe

presentavano la sommità piana, quelle ghibelline la sommità

bifida o, più comunemente, a coda di rondine, come da esempio

sottostante.

Origine dei cognomi

50

Rondinus dunque, non si riferisce alla rondine in quanto

animale ma al tipo di fortificazione: il Rondinus, era il signore

ghibellino, probabilmente un soprannome divenuto poi

cognome. Da aggiungere poi, che la lotta guelfi-ghibellini si

trasferisce anche al sud dopo il matrimonio di Federico II° con

Bianca dí Altavilla del Regno Normanno di Sicilia, unione che

preoccuperà non poco il pontefice che temeva un possibile

tentativo di Federico di unire l’Italia, cosa che invece era molto

auspicata dagli intellettuali di allora.

Veniamo alle zone di provenienza cognominale.

Abbiamo detto che la prima attestazione la troviamo nella

Lombardia del 1152, quindi all’epoca del sovrano Federico

Barbarossa, nonno di Federico II°. Poi però, di fatto si stabilizza

nel settentrione d’Italia, dove comunque la principale città

ghibellina é proprio Milano e tutte le varianti prendono piede

al sud (prevalentemente) e al centro (in misura molto minore

anche se uno dei centri con la concentrazione maggiore é Roma

e il suo hinterland).

La fase storica successiva alla morte di Federico II° é

delicatissima per il Meridione, in quanto rappresenta l’inizio

della sua decadenza: travolti dall’instabilità, i signorotti

Favaretto Rondini Silvestri

51

feudali meridionali, ridotti a figure di comparsa nella vita di

corte tedesca, si contesero i terreni di Federico sino a quando

Manfredi, figlio naturale illegittimo dell’Imperatore, non tentò

di rimettere a posto le cose con una serie di battaglie dall’esito

però negativo. Se alla morte senza eredi di Federico nel centro

nord Italia le fazioni ghibelline vennero espulse dalla città,

accadde l’opposto al sud, dove Manfredi appunto, assunse il

comando di tutte le forze ghibelline.

Dopo l’iniziale vittoria di Montaperti del 4 settembre 1260,

dove la lega dei ghibellini (Manfredi con Pisa e Siena) sconfisse

la lega dei guelfi comandata da Firenze, le cose vennero

rovesciate l’anno seguente dalla salita al trono di Paolo di un

vescovo francese, Urbano IV. Egli pose le premesse per la calata

in Italia degli Angioini, ovvero la famiglia del re di Francia.

Il pontefice dichiarò illegittimo il sovrano Manfredi e quindi

decaduto, promettendo la Sicilia in ricompensa agli Angioini

per l’aiuto nelle faccende italiane. Nel 1266, nella decisiva

battaglia di Benevento Manfredi fu sconfitto e ucciso.

I ghibellini vennero cacciati dalle città e il regno di Sicilia (che

comprendeva tutto il sud sino a Napoli) passò in mani francesi

sino al 1282, quando una rivolta di popolo contro gli invasori

Origine dei cognomi

52

favorì però la conquista aragonese dell’isola siciliana, lasciando

agli Angioini i territori di terraferma; entrambe le casate

trasformarono quei territori in granai per le rispettive famiglie

regnanti, gli Angioni per il trono di Francia, gli Aragonesi per

quello dí Aragona.

Comunque ora, proviamo a vedere come dal Rondinus si arriva

al cognome Rondini.

L’accento dove va?

Un primo ragionamento da farsi riguarda il significato

figurativo di alcuni tipi d’uccello. Merlo ad esempio, diffuso

come forma cognominale in tutta l’Italia, con più alta frequenza

in Liguria e in genere nel nord (e i derivati Merli, Merlino,

Merlini, Merloni, Merletto), richiama due significati figurati

praticamente opposti: poteva definire una persona scaltra come

una particolarmente sciocca, a seconda delle zone geografiche

(ecco perché in casi come Rondini è importante conoscere le

zone d’origine dell’interessato).

Più semplice invece è Falco, con le varianti Falchi, De Falco,

Di Falco, Falchetto, Falcone, Falchieri, Fulchieri, Fulchero. Alla

Favaretto Rondini Silvestri

53

base sono i nomi medievali “Falco, Falcone, Falconiere”, nati

da soprannomi di mestiere o per indicare caratteristiche nobili

come forza, rapidità, coraggio: il falco era, del resto, un animale

sacro presso i Longobardi.

Meno eroico, ma tutto sommato simile, è il cognome Aquila,

diffuso dall’Abruzzo alle Marche e al Lazio e all’Umbria, legato

a un soprannome usato per indicare una vista particolarmente

acuta, intelligenza, rapacità. In altri casi può essere legato al

toponimo L’Aquila, capoluogo abruzzese.

Ma ci sono anche cognomi, non pochi, che pur riferendosi

al nome di un animale non sono nati dall’associazione fra

caratteristiche fisiche o morali, ma richiamano altri significati,

spesso religiosi: un caso su tutti è Colombo (per le numerose

varianti vedere la prima puntata), che non richiama una

qualche analogia fra persone e uccelli, ma si riferisce piuttosto

al simbolo cristiano di pace, la colomba appunto, ed è quindi un

cognome originato dalla devozione cristiana. Simile è Tortora,

con i derivati Tortorelli, Tortorini, Tortorella, che in passato era

simbolo cristiano di innocenza.

E la rondine? Che cosa rappresenta, iconograficamente

parlando, questa particolare specie di uccello?

Origine dei cognomi

54

Rondine (lat. Hirundo, inis), resa anticamente anche come

Réndena, Réndina, Ròndene, Ròndina o Rùndena, assumeva

nel parlato, significati figurativi divergenti rispetto alle località

italiane.

Prendiamo il Veneto: nella nostra regione, la parola rondine nel

comun parlare, era eufemistica per indicare i genitali femminili,

come si trova nel Brancati (4-39):

“gli stavano (le prostitute) attorno in piedi, poggiando

le più alte il gomito sulla spalla delle più basse e mostrando,

attraverso i veli, ciascuna la propria rondine”.

In Liguria, esiste invece una località scelta sin dai tempi antichi

dalle rondini per nidificare. La gente di quel luogo era così

detta Rondanina o Rondinina; ovviamente, con l’introduzione

dell’obbligo dei cognomi, molti presero a chiamarsi come

il soprannome della loro località di origine. Addirittura, ci

informa il Francipane, l’abitudine alle rondini di quei luoghi,

ha portato i volatili ad allargare la loro zona di nidificazione,

facendo perdere ai Rondinini cognizione di quale fosse la

cittadina da cui proveniva il ceppo originario.

Ma le ricerche ci permettono di approfondire ancora.

Troviamo così Rondine e Rondini, molto diffuso come forma

Favaretto Rondini Silvestri

55

cognominale nelle città portuali, in quanto la rondine (stavolta

intesa come uccello) era sovente affiancata ai viaggi oltremare

e a lunghe peregrinazioni in terre straniere, ma il cognome

si trova anche nelle antiche città fortificate, in quanto altro

significato dato alla rondine era di affezione al proprio castello,

per la sua abitudine di tornare ogni anno a fare il nido nello

stesso punto (Pietro Guelfi Camajani). E ancora, si trova nelle

cittadine della Toscana o dell’alto Lazio che hanno avuto un

passato di regime principesco, dove le famiglie dirigenti hanno

assunto nello stemma gentilizio la figura della rondine, che ha

per significato “il principe umile che si fa uguale ai suoi sudditi e

non si lascia ingannare” (Goffredo di Crollalanza, Enciclopedia

araldico cavalleresca).

Al centro Italia, essere accomunati alla rondine aveva un

significato ancora diverso. Secondo gli studi dello Strada, l’arrivo

delle rondini era atteso, in senso religioso, come annuncio della

primavera e quindi segno di buona sorte. Sempre dal punto di

vista religioso, la rondine era un volatile particolarmente caro

in quanto fedele al luogo di nidificazione (fedeltà al castello,

come prima dicevo) e dedito ai piccoli. Ed é proprio al centro

dove il cognome Rondine e le forme da esso derivate sono più

Origine dei cognomi

56

frequenti; la rondine al centro infatti, é associata alla fedeltà al

castello (princeps) e chi si fregia dei valori della rondine reca i

simboli di essa nelle sue insegne. Quali insegne? Armi, scudi,

armature, stendardi, ma soprattutto, merlature: al centro Italia,

Rondine e i cognomi da esso derivati, nascono e si diffondono

nelle città a tradizione ghibellina, filo imperiale.

Rondini non fa eccezione e la sua zona di nascita e diffusione é

il Viterbese. La pronuncia é la stessa dell’uccello al plurale, ma

a questo punto, non posso esimermi dallo spendere qualche

parola sulla storia di Viterbo.

Viterbo viene occupata da Federico Barbarossa imperatore di

Germania nel 1160 e costretta a giurare fedeltà all’Imperatore.

Il giuramento di fedeltà comportava l’assunzione delle insegne

imperiali, quindi da allora cominciò a sventolare la bandiera

con l’Aquila bicipite in cima alle mura. La cosa interessante

di Viterbo, é che sin dall’inizio della lotta per le investiture,

nonostante fosse in territorio papale si dichiaeò sempre neutrale;

la sua forza politica e militare era così forte, che i vari papi non

riuscirono mai a sottomettere la città al proprio volere.

Nel 1160 tuttavia, come detto sopra, la città é conquistata dagli

imperiali e diventa ghibellina.

Favaretto Rondini Silvestri

57

Conquistata la città, Barbarossa chiese un atto di fedeltà e

fu ripagato con l’assalto a Roma delle truppe viterbesi, che

tornarono vincitrici recando con sé le porte di bronzo della

basilica di San Pietro.

Entusiasta per la spedizione, Barbarossa insediò a Viterbo

l’antipapa Pasquale III e alla sua morte l’antipapa Callisto III.

Nel frattempo le scorribande dei ghibellini viterbesi continuano:

vengono conquistate in pochi anni Ferento, Tuscania,

Vetralla, Vignadello, Vallerano e Bagnoregio e portate in dote

all’imperatore, per convincerlo a mantenere il possesso di

Viterbo, che in seguito ai trattati con il papa, sarebbe dovuta

entrare in possesso del pontefice e così fu. Celestino III premiò

la fedeltà di Viterbo al papa elevando la città a sede vescovile.

Ma i lealisti, i ghibellini fedeli all’imperatore, insorsero

cacciando i guelfi e ristabilendo la situazione pre pace. Il papa

allora, siamo nel 1200, attaccò in massa la città, che fu costretta

a una pesantissima resa: la consegna delle chiavi delle porte

cittadine e della campana cittadina, che vennero fuse per

ottenere la campana Patarina, che si trova ancor oggi sulla torre

del Campidoglio.

Nella prima metà del Duecento scoppiò nuovamente la guerra

Origine dei cognomi

58

fra Impero e Papato e Viterbo, nonostante fosse di bandiera

papalina, ancora una volta si schierò con l’Imperatore, salvo poi,

a causa del prevalere della fazione guelfa cittadina, insorgere

contro Federico II guidata dal cardinale Ranieri Capocci nel

1243. Per arrivare al nuovo cambio di campo però, ebbe luogo

una lotta interna alla cità molto aspra, che portò all’espulsione

delle famiglie ghibelline, fuggite in Umbria o bassa Toscana.

E la presenza di Rondine e dei suoi derivati in queste due zone

geografiche la dobbiamo a questo.

Oggi il cognome Rondini non é molto diffuso, ne esistono

meno di 400 ceppi cognominali in Italia e Viterbo continua a

essere la città che ne presenta di più, 17. Tuttavia, la regione

dove il cognome é più presente é l’Emilia Romagna con 99

località, mentre il numero é più contenuto nelle regioni da

cui il cognome proviene, Liguria 22, Lazio 34, Lombardia 52.

Rondini non é un cognome originario dell’Emilia Romagna, la

sua presenza si deve all’emigrazione ma... riuscire a capire come

e quando essa sia avvenuta, é un compito davvero arduo.

Silvestri

Cognomen panitaliano (diffuso su tutto il territorio, universale,

al numero 71 dei cognomi più diffusi d’Italia, portato da

oltre 40000 persone) con molte varianti, a cominciare da

Silvestra, che è quasi unico e dovrebbe trattarsi di un errore

di trascrizione del cognome Silvestre decisamente napoletano,

mentre i diminutivi Silvestrini e Silvestrino sono localizzati

rispettivamente tra padovano e veneziano, in Emilia, Romagna,

Marche, Umbria e Lazio, il primo e il secondo assolutamente

rarissimo, parrebbe del napoletano.

Silvestris, anch’esso molto raro, è tipico di Bisceglie nel barese,

del barese stesso e del foggiano, mentre Silvestro ha un ceppo

napoletano e ne presenta uno in Sicilia nel messinese.

Tutte queste forme cognominali derivano e sono patronimiche

del nome latino Silvestro (selvaggio, da silvestris, ter, tre, che vive

nei boschi, selvatico, campagnolo, rustico e da silva, ae, selva,

bosco, foresta e, a sua volta derivato da Silvanus, dio romano

Origine dei cognomi

60

delle selve e dei boschi), nome personale e agionimo; da San

Silvestro vescovo di Roma dal 314 al 335, della cui elezione a

Papa si può leggere: “...Morto igitur Melchiade, episcopo urbis

Romae, Silvester ab omni plebe plurimum renitens in summum

pontificem est electus...”. Si tratta di un cognome abbastanza

diffuso in quasi tutte le regioni italiane; in Veneto lo troviamo

certamente dal XI° sec. fra Padovano e Veneziano.

Il cognome Silvestri si attesta nel Medioevo grazie al culto dei

santi Silvano, Silverio, Silvestra, Silvio e Silvia, vissuti tra il IV e

il XIV secolo, tutti nomi legati ai boschi e alle selve. Capostipite

della tradizione cristiana (sono infatti tutti nomi di origine

romana) é però Silvestro, da San Silvestro I papa, colui che

convertì l’Imperatore Costantino, il primo imperatore romano

cristiano. In suo onore si chiude l’anno, come segno di buon

auspicio, quindi il nome Silvestro assunse significato augurale

e per traslazione anche i cognomi da esso derivati.

Facile determinare il significato del cognomen, un pò meno la

provenienza vista la larghissima diffusione del cognome.

Passo allora a snocciolare brevemente la storia (ma molto in

sintesi), dei nobili Silvestri di Rovigo, Nobili e conti aggregati

al nobile consiglio di Rovigo nel 1485, al quale appartennero

Favaretto Rondini Silvestri

61

sino alla sua cessazione.

Ah, a proposito... perché dovrei parlare dei nobili Silvestri

di Rovigo? Semplicemente perchè risulta essere la più antica

famiglia veneta a portare tale cognome, quindi forse... difficile

dire senza alcun materiale di studio a disposizione, se possa

esistere una lontana parentela, ma non é da escludere a priori.

Feudatari della Repubblica di Venezia, i Silvestri di Rovigo si

distinsero per la Dominante nella guerra contro i Turchi, in

particolare durante la battaglia di Negroponte (1470), dove

Alessandro e Primo Silvestri morirono in combattimento in

seguito all’incendio della loro nave (la San Marco), assieme alla

compagnia di soldati che avevano formato a proprie spese per

Venezia.

Durante il regno del doge Francesco Morosini, con decreto del

10 giugno 1690, fu conferita alla famiglia Silvestri di Rovigo e

a tutta la sua discendenza il titolo di conte, confermato anche

dalle Sovrane Risoluzioni dell’8 luglio 1820 e 5 agosto 1826

(durante il governo austriaco; riconferma resasi necessaria dal

fatto che Napoleone aveva abolito i titoli nobiliari).

Grazie alla riconferma nobiliare dei Silvestri conosciamo anche

lo stemma araldico:

Origine dei cognomi

62

Carlo Stefano del fu conte Rinaldo e della nobil sig. Anna

Maria Casilini, I. R. Ciambellano, già Podestà di Rovigo nato il

19/5/1766, ammogliatosi il 23/9/1793 con la nobil sig. Antonia

contessa dottori

figli

Pietro Maria Luigi, nato il 13/2/1803 sacerdote

Girolamo Fderico, nato il 5/4/1809

Chiara, maritata nel nobile sig. Alessandro Casilmi

Auretta, maritata col signor Conte Bevilacqua di Ferrara

furono le persone (e loro discendenti) che godettero della

riconferma nobiliare con tanto di stemma.

Favaretto Rondini Silvestri

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Lo stemma araldico merita una spiegazione.

Esso si descrive:

“pantera traversante sopra tutto lo scudo (postura con la

testa in alto, fianco diritto, gamba sinistra che si appoggia) in

rosso su campo d’oro”

Il significato dello stemma araldico é il seguente:

la pantera era un animale mostruoso, che veniva sempre

rappresentato con il corpo, le zampe posteriori e la coda di

leone, la testa di drago (spesso cornuta) e le zampe anteriori di

grifone, con bocca che vomita fiamme. Chi portava la pantera

nelle sue insegne, era noto per la sua atuzia e spietatezza in

battaglia; gli antichi infatti, nei loro insegnamenti portavano la

favola degli uomini che desideravano la pelle di questo animale

per la sua bellezza, ma che dalle pantere venivano divorati grazie

alla capacità di questi animali di ingannare la propria preda.

Per tale motivo la pantera oltre che astuta era libera, e il colore

della libertà era il rosso, che in araldica si rappresenta con

linee orizzontali (vedi la figura). Il campo oro (lo sfondo) si

rappresenta invece in araldica con uno sfondo a puntini ed é

simbolo di nobiltà; nel caso dei Silvestri, una nobiltà conquistata

Origine dei cognomi

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in battaglia con astuzia (e proprio questa é la motivazione che

ha permesso ai Silvestri di guadagnarsi il titolo nobiliare).

Si veda l’appendice per la diffusione del cognome Silvestri, ma

essendo un cognome molto diffuso anche nel Veneto, risulta

davvero improbabile ricercare la provenienza esatta della

famiglia, anche se, una verifica preliminare dal punto di vista

agiografico, porta ad individuare la presenza del cognome

soprattutto in località un tempo ricche di foreste (si ricordi la

derivazione dagli dei romani dei boschi) oppure da località il

cui santo protettore é San Silvestro (in particolare nel Lazio).

Per quanto riguarda il Veneto, la prima derivazione é

preminente.

Appendice

Tavole di diffusione del cognome

Favaretto. Diffuso in 192 Comuni d’Italia

Rondini. Diffuso in 191 Comuni d’Italia.

Silvestri. Diffuso in 1651 Comuni d’Italia.

Statistiche nominali di diffusione per ceppo famigliare

Favaretto Rondini Silvestri 7344Veneto 1058 Emilia R. 99 Lazio 1260

Lombardia 61 Lombardia 55 Lombardia 738

Piemonte 36 Toscana 52 Campania 729

Friuli V. G. 29 Umbria 48 Veneto 667

Lazio 17 Lazio 34 Emilia R. 570

Emilia R. 6 Piemonte 33 Toscana 569

Sardegna 5 Marche 29 Marche 413

Liguria 3 Liguria 22 Abruzzo 407

Toscana 2 Friuli V.G. 6 Puglia 402

Marche 2 Veneto 5 Piemonte 344

Puglia 1 Campania 5 Umbria 238

Trentino 1 Puglia 5 Liguria 204

Basilicata 1 Molise 2 Sicilia 164

Sicilia 1 Molise 162

Totale 1222 Abruzzo 1 Calabria 161

Calabria 1 Friuli V.G. 145

Trentino 111

Totale 398 Sardegna 29

Basilicata 27

Val d’Aosta 4

Testi: Simone Menegaldo

Impaginazione e progetto grafico: Simone Menegaldo

Ricerca iconografica: Simone Menegaldo

Finito di stampare: giugno 2011

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