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Secondino e la cronotassi episcopale di Aecae Aecae, antico municipium romano e poi colonia in età antonina 1 , ben docu- mentata dagli itinerari 2 , era un importante crocevia nei collegamenti dell’Ita- lia meridionale, tra i due mari, Tirreno e Adriatico, perché situata sulla via Traiana, in prossimità di una strategica biforcazione: un ramo, passando per Lucera, raggiungeva Siponto; l’altro, proseguendo per Herdonia e poi Canosa, scendeva fino a Brindisi 3 . La storia cristiana di Aecae, documentata fino ad una ventina di anni fa sol- tanto a partire dagli inizi del VI secolo con il vescovo Marcianus 4 , presente ai 1 M. Silvestrini, Un itinerario epigrafico lungo la via Traiana. Aecae, Herdonia, Canusium, Bari 1999, pp. 11-12. 42-44. 2 Itinerarium Antonini 116.1 (Aecas); Itinerarium Burdigalense 610.6 (civitas Aecas) in O. Cuntz, Itineraria Romana. I. Itineraria Antonini Augusti et Burdigalense, Stutgardiae 1990 (rist. an.), pp. 16.100; Tabula Peutingeriana 6.3-4 (Aecas), in K. Miller, Die Peutingersche Ta- fel, Stuttgart 1962; Anon. Rav. 4.35 (Ecas); Guid. 47 (Ecana quae nunc Troia vocatur), in J. Schnetz, Itineraria Romana. II. Ravennatis Anonimi Cosmographia et Guidonis Geographica, Stutgardiae 1990 (rist. an.), pp. 73.124. 3 Sulla viabilità cfr. G. Alvisi, La viabilità romana della Daunia, Bari 1970; Ead. Problemi di topografia tardo antica nella zona di Siponto. La rete viaria, Vetera Christianorum 12, 1975, pp. 429-457 (ripubblicato in Puglia paleocristiana III, Bari 1979, pp. 1-45); G. Volpe, Conta- dini, pastori e mercanti nell’Apulia tardoantica (Munera. Studi storici sulla Tarda Antichità 6) Bari 1996, pp. 59-83. 4 Cfr. F. Lanzoni, Le diocesi d’Italia dalle origini al principio del secolo VII (an. 604), Faenza 1927, p. 272; Ch. Pietri – L. Pietri (sous la direction de), Prosopographie chrétienne du Bas Empire. 2. Prosopographie de l’Italie chrétienne, Roma 2000, s.v. Marcianus 9, p. 1384. 5 MGH, AA. 12, pp. 434. 453. Nel 499, 501 e 502 si svolsero a Roma tre concili detti sim- machiani perché incentrati sul dissidio tra papa Simmaco e l’antipapa Lorenzo che si contesero Vetera Christianorum Ada CAMPIONE 40, 2003, 271-292 Note per la ricostruzione del dossier agiografico di Secondino vescovo di Aecae

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Secondino e la cronotassi episcopale di Aecae

Aecae, antico municipium romano e poi colonia in età antonina 1, ben docu-mentata dagli itinerari 2, era un importante crocevia nei collegamenti dell’Ita-lia meridionale, tra i due mari, Tirreno e Adriatico, perché situata sulla viaTraiana, in prossimità di una strategica biforcazione: un ramo, passando perLucera, raggiungeva Siponto; l’altro, proseguendo per Herdonia e poi Canosa,scendeva fino a Brindisi 3.

La storia cristiana di Aecae, documentata fino ad una ventina di anni fa sol-tanto a partire dagli inizi del VI secolo con il vescovo Marcianus 4, presente ai

1 M. Silvestrini, Un itinerario epigrafico lungo la via Traiana. Aecae, Herdonia, Canusium,Bari 1999, pp. 11-12. 42-44.

2 Itinerarium Antonini 116.1 (Aecas); Itinerarium Burdigalense 610.6 (civitas Aecas) in O.Cuntz, Itineraria Romana. I. Itineraria Antonini Augusti et Burdigalense, Stutgardiae 1990(rist. an.), pp. 16.100; Tabula Peutingeriana 6.3-4 (Aecas), in K. Miller, Die Peutingersche Ta-fel, Stuttgart 1962; Anon. Rav. 4.35 (Ecas); Guid. 47 (Ecana quae nunc Troia vocatur), in J.Schnetz, Itineraria Romana. II. Ravennatis Anonimi Cosmographia et Guidonis Geographica,Stutgardiae 1990 (rist. an.), pp. 73.124.

3 Sulla viabilità cfr. G. Alvisi, La viabilità romana della Daunia, Bari 1970; Ead. Problemidi topografia tardo antica nella zona di Siponto. La rete viaria, Vetera Christianorum 12, 1975,pp. 429-457 (ripubblicato in Puglia paleocristiana III, Bari 1979, pp. 1-45); G. Volpe, Conta-dini, pastori e mercanti nell’Apulia tardoantica (Munera. Studi storici sulla Tarda Antichità 6)Bari 1996, pp. 59-83.

4 Cfr. F. Lanzoni, Le diocesi d’Italia dalle origini al principio del secolo VII (an. 604),Faenza 1927, p. 272; Ch. Pietri – L. Pietri (sous la direction de), Prosopographie chrétienne duBas Empire. 2. Prosopographie de l’Italie chrétienne, Roma 2000, s.v. Marcianus 9, p. 1384.

5 MGH, AA. 12, pp. 434. 453. Nel 499, 501 e 502 si svolsero a Roma tre concili detti sim-machiani perché incentrati sul dissidio tra papa Simmaco e l’antipapa Lorenzo che si contesero

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concili “simmachiani” del 501 e 502 5, ha recentemente recuperato il nome diun altro vescovo. Mina De Santis, in un contributo del 1986 6, ha restituito alladiocesi pugliese il vescovo Marco 7, che resse la cattedra ecana tra la fine delIII e gli inizi del IV secolo e che, allo stato attuale delle conoscenze, è il piùantico vescovo della Puglia. La cronotassi episcopale ecana annovera, attornoalla metà del VI secolo, un altro vescovo, Domninus 8, destinatario di un’epi-stola 9 di papa Pelagio I (556-561); in essa il pontefice si raccomanda affinchéil presule faccia di tutto per garantire la consacrazione a Roma della personaunanimemente scelta come vescovo dal popolo e dal clero 10.

In un mio recente lavoro ho proposto l’inserimento dei vescovi Eleuterio e

l’episcopato romano dopo Anastasio II. Questi concili furono di particolare rilevanza per la sto-ria delle comunità cristiane dell’Italia suburbicaria – e della Puglia in particolare – perché feceroregistrare una partecipazione consistente di vescovi le cui sottoscrizioni rappresentano, in qual-che caso, l’unica attestazione dell’esistenza di diocesi fino a quel momento sconosciute: cfr. G.Otranto, Italia meridionale e Puglia paleocristiane. Saggi storici, Bari 1991, passim; Id., Cri-stianizzazione del territorio e rapporti col mondo bizantino, in L’Italia meridionale in età tardoantica, Atti del 38° Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Napoli 2000, p. 107; A. Campione –D. Nuzzo, La Daunia alle origini cristiane, Bari 1999, passim. Per la recente revisione di questiconcili e l’inversione nella cronologia dei concili del 501 e 502 cfr. E. Wirbelauer, Zwei Päpstein Rom: der Konflikt zwischen Laurentius und Symmachus (498 – 514), (Quellen und Forschun-gen zur Antiken Welt 16), München 1993; cfr. anche T. Sardella, Società Chiesa e Stato nell’etàdi Teoderico. Papa Simmaco e lo scisma laurenziano, Soveria Mannelli 1996, pp. 27-28.

6 M. De Santis, Marco vescovo di Aeca tra III e IV secolo, Vetera Christianorum 23, 1986,pp. 155-170; la studiosa perviene a questa risultanza sulla base di un’analisi comparata delle te-stimonianze rivenienti dal Martirologio Gerolimiano e dalla letteratura agiografica. Il culto delvescovo ecano Marco si diffuse rapidamente coinvolgendo altre diocesi vicine, tra cui Lucera eBovino che ne rivendicarono l’episcopato, e successivamente diocesi della Campania e dellaBasilicata; sulla dedicazione di alcune chiese al vescovo ecano in Basilicata cfr. A. Campione,La Basilicata paleocristiana. Diocesi e culti, Bari 2000, pp. 51-52. 95.

7 Cfr. Lanzoni, Le diocesi d’Italia cit., pp. 271-272. Marco non è registrato in Ch. Pietri – L.Pietri, Prosopographie chrétienne cit.

8 Il vescovo è ignoto al Lanzoni; cfr. Ch. Pietri – L. Pietri, Prosopographie chrétienne cit.,s.v. Domninus 3, p. 593.

9 Ep. 93: P. Gassò – C. Batlle, Pelagii I papae epistulae quae supersunt (556 – 561), Mont-serrat 1956, pp. 221-222.

10 Per un’analisi dettagliata di questa epistola, anche in riferimento ad un’altra epistola dellostesso papa inviata alla comunità di Lucera (Ep. 29: Gassò-Batlle, Pelagii I papae cit., pp. 84-85), cfr. G. Otranto, Italia meridionale e Puglia paleocristiane cit., pp. 225-229.

11La prosopografia cristiana attesta l’esistenza di diversi personaggi di nome Secondino, inmolti casi rappresentanti della gerarchia; è registrato anche Secondino vescovo di Aecae, mal’attestazione, riveniente dal racconto dell’Inventio, è ritenuta insufficiente per assicurarne lastoricità: Ch. Pietri – L. Pietri, Prosopographie chrétienne cit., s.v. **Secundinus, p. 2015. Li-mone definisce Secondino “un eroe poco noto della letteratura agiografica” e il suo nome, an-che negli Analecta Bollandiana, è sempre riferito a personaggi diversi da quello celebrato daGuaiferio: O. Limone, s.v. Secondino di Troia, in C. Leonardi – A. Riccardi – G. Zarri (edd.),Il grande libro dei Santi. Dizionario enciclopedico III, Cinisello Balsamo 1998, p. 1769.

12 Campione – Nuzzo, La Daunia alle origini cristiane cit., pp. 77-86.

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Secondino 11 nella cronotassi episcopale ecana 12: per il primo la critica storicaaveva raggiunto un approdo negativo 13; per l’altro è più propensa ad ammet-terne la storicità.

Significativa è, a tal riguardo, per quel che concerne Secondino, la posi-zione ambigua di Lanzoni, il quale, pur considerando “degna di fede” la nar-razione dell’inventio (scil. Secundini) e pur datando al V-VI secolo l’iscri-zione rinvenuta sulla tomba del santo, ritiene Secondino vescovo di Macome-des in Africa e lo colloca nel III secolo 14. Ed è proprio su questo vescovo, vis-suto tra V e VI secolo 15, che intendo soffermare la mia attenzione analizzandoil racconto dell’inventio del suo corpo, risalente all’XI secolo. Tale inventio ènota sostanzialmente da due recensioni 16: la più antica fu composta da un au-tore anonimo (= Inventio Anonimi), definito dai Bollandisti coevo agli avveni-

13 Cfr. Lanzoni, Le diocesi d’Italia cit., pp. 268-271; cfr. anche quanto da me osservato inCampione – Nuzzo, La Daunia alle origini cristiane cit., pp. 77-78; mi ripropongo di tornaresulla questione in un prossimo contributo.

14 Lanzoni, Le diocesi d’Italia cit., pp. 178.183.272; F. Piovesan, Per il testo e le fonti diGuaiferio, Civiltà classica e cristiana 13, 1992, p. 71, nota 2, condivide la datazione al III se-colo proposta dal Lanzoni.

15 C. D’Angela, Ubicazione e dedicazione delle cattedrali nella Capitanata dal V all’XI se-colo. (Contributo alla ricerca), Taras, 2, 1982, pp. 149-162 (ripubblicato in C. D’Angela,Scritti di Archeologia cristiana: la Puglia, Taranto 1996, pp. 109-122, da cui citerò in seguito);Campione – Nuzzo, La Daunia alle origini cristiane cit., p. 78; altri studiosi collocano l’epi-scopato di Secondino al V secolo ritenendolo un vescovo africano, fuggito all’epoca della per-secuzione di Genserico e poi approdato in Italia meridionale: così il Bollandista Henskens (AA.SS. Febr. 2, 530, 5); R. Jurlaro, s.v. Secondino, in Bibliotheca Sanctorum 11, Roma 1968, 813-814; Limone, s.v. Secondino di Troia cit., p. 1769.

16 In questo articolo non mi soffermo sul contributo di E. D’Angelo (Inventio corporis et mi-racula sancti Secundini Troiani episcopi in Scripturus vitam: lateinische Biographie von der An-tike bis in die Gegenwart: Festgabe für Walter Berschin zum 65. Geburtstag, Heidelberg 2002,pp. 841-854) il quale, sulla base di due codici del XII secolo, dà l’editio dell’Inventio corporis etmiracula sancti Secundini Troiani episcopi (BHL Supplementum 7555a e 7557b) proponendosidi indagare i rapporti tra le recensiones 7554, 7555a e 7557b senza prendere in considerazione iltesto di Guaiferio; quest’ultimo si configura, invece, come tassello essenziale nella ricostruzionedel dossier agiografico su Secondino per individuare relazioni, nessi, ed eventuali fonti comuni;per tale motivo ritengo fondamentale partire proprio da un confronto tra il racconto dell’Ano-nimo, il testo più antico, e quello del monaco cassinese. Per eventuali raffronti e considerazionisull’edizione del testo di D’Angelo rinvio al volume di prossima pubblicazione.

17 BHL 7554-7555; Historia inventionis corporis S. Secundini auctore coaevo anonimo: AA.SS. Febr. 2, 531.

18 Gli anni indicati, 1022 e 1034, fanno riferimento rispettivamente all’assedio della città diTroia da parte di Enrico II e all’anno in cui è attestata a Troia una chiesa intitolata a San Se-condino: cfr. J.–M. Martin, Les chartes de Troia. I (1024-1266), Codice Diplomatico PuglieseXXI, Bari 1976, doc. 3, pp. 83-85.

19 BHL 7556; Alia historia inventionis corporis S. Secundini auctore Guaiferio monachoCasinate ex ms. Cardinalis Baronii: AA. SS. Febr. 2, 532-535; il testo è pubblicato anche in F.Ughelli, Italia sacra I, 1336-1341, ab exemplari Bibliothecae Casinensis, e in PL 147, 1293-1302. Una ventina d’anni or sono O. Limone ha pubblicato una nuova edizione collazionando

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menti 17, tra il 1022 e il 1034 18; la seconda 19, ad opera del monaco cassineseGuaiferio 20 (= Inventio Guaiferii), fu commissionata 21 da Stefano, vescovo diTroia dal 1059 al 1080 22. Il testo, comunque, è stato sottoposto a diversi in-terventi e manipolazioni al punto che si può parlare di un vero e proprio dos-sier agiografico sul quale ho in fase di elaborazione un lavoro di più ampio re-spiro, di prossima pubblicazione.

Nonostante tra le due recensiones siano riscontrabili non poche differenze,talvolta anche sostanziali, troppo spesso si tende a fare riferimento in manieraindistinta ad esse come fossero un testo unico, creando ‘ibridi’ che non sem-pre consentono di cogliere gli elementi storici presenti in ogni singolo compo-nimento 23. Nel nostro caso, in riferimento al testo genericamente attribuitoall’Anonimo, si pone l’esigenza di distinguere ulteriormente sulla base deidue codici che lo hanno trasmesso: un ms. conservato nel Tesoro della Catte-

quattro mss.: L’opera agiografica di Guaiferio di Montecassino, in Monastica III. MiscellaneaCassinese 47, Montecassino 1983, pp. 77-130; il testo critico dell’Inventio Guaiferii (= Limone1983) è alle pp. 92-105, cui farò riferimento in seguito; a differenza del testo critico ho ripristi-nato il dittongo ae, oe. Per alcuni rilievi all’edizione di Limone cfr. Piovesan, Per il testo e lefonti cit., pp. 71-74; segnalerò, di volta in volta, le lezioni per le quali mi discosto dall’edizionedi Limone.

20 Guaiferio, agiografo, poeta, fu uno degli artefici della rinascita cassinese dell’XI secolo:cfr. Limone, L’opera agiografica cit., pp. 77-80; A. Mirra, Guaiferio di Montecassino, Archi-vio Storico per le Province napoletane 60, n.s. 21, 1935, pp. 1-45; C. Leonardi, s.v. Guaiferiovon Montecassino, in Lexikon des Mittelalters, IV, München – Zürich 1989, 1759; M.Dell’Omo, s.v. Guaiferio, in Dizionario Biografico degli Italiani 39, Roma 1991, pp. 96-100.L’interesse di Guaiferio per Secondino è confermato da altri due componimenti incentrati sulvescovo troiano: un carme elegiaco e un inno in otto strofe saffiche (PL 147, 1289-1291): cfr.A. Mirra, I versi di Guaiferio monaco di Montecassino nel sec. XI, Bullettino dell’Istituto Sto-rico italiano e Archivio Muratoriano 46, 1931, pp. 93-107; Id., Guaiferio monaco poeta a Mon-tecassino nel secolo XI, Bullettino dell’Istituto Storico italiano e Archivio Muratoriano 47,1932, pp. 199-208. Sulla figura di Guaiferio inserita in un contesto più ampio di letteraturaagiografica dell’Italia meridionale normanna cfr. O. Limone, Santi monaci e santi eremiti. Allaricerca di un modello di perfezione nella letteratura agiografica dell’Apulia normanna, Gala-tina 1988, pp. 3-22; Id., Italia meridionale (950-1220), in Hagiographies, Corpus Christiano-rum II, Turnhout 1996, pp. 11-60, spec. 20-22.

21 Lo si apprende dal Prologo dell’opera: cfr. infra.22 P. F. Kehr – W. Holtzmann, Italia Pontificia 9, Berolini 1962, p. 203; Martin, Les chartes

de Troia cit., doc. 16, pp. 108-109. 445; sul ruolo di Stefano cfr. J.-M. Martin, Troia et son ter-ritoire au XIe siècle, Vetera Christianorum 27, 1990, pp. 195-197.

23 Cfr. quanto da me osservato a proposito delle recensiones della Vita del vescovo sipontinoLorenzo: Storia e santità nelle due Vitae di Lorenzo vescovo di Siponto, Vetera Christianorum29, 1992, p. 172 e passim.

24 BHL 7555; AA. SS. Febr. 2, 530 A: extat prior historia in codice ms. qui in ThesauroCathedralis ecclesiae Troianae conservatur. Secondo Mario De Santis, essa è stata tramandatamanoscritta da Vincenzo Aceto, canonico della Cattedrale di Troia, morto intorno al 1730, nelprimo volume dell’opera Troia Sagra (due volumi manoscritti inediti) conservata nell’Archivio

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drale di Troia 24 e un ms. Napoletano, inviato nel XVII secolo dall’erudito An-tonio Beatillo 25 ai Bollandisti 26, che contiene alcuni particolari e dettagli as-senti nel primo 27.

La critica (Mirra 28, Mario De Santis 29, Bambacigno 30, D’Angela 31, Bellid’Elia 32, Martin 33, Limone 34, Head 35, Bertelli 36) ritiene genericamente cheGuaiferio abbia attinto al racconto dell’Anonimo. Le recensiones dei due au-tori mi sembrano radicalmente diverse per stile, ampiezza e impostazione, purconcordando sostanzialmente nella descrizione dei fatti direttamente collegatiall’inventio del corpo; dal confronto tra l’Inventio Anonimi e l’Inventio Guai-ferii, emerge in maniera chiara che Guaiferio non utilizza il testo dell’Ano-nimo, ma altri materiali di cui evidentemente disponeva nella ricca biblioteca

Capitolare di Troia (La “civitas Troiana” e la sua Cattedrale, Troia-Foggia 19864, pp. 38, nota35; 259).

25 Il gesuita barese Antonio Beatillo (1570-1642), erudito, autore di varie opere, insegnò la-tino, greco, ebraico e Sacre Scritture; trasferitosi a Napoli, si dedicò alla ricerca archivistica ecollaborò attivamente con i Bollandisti, che davano inizio agli Acta Sanctorum, inviando loronumerosi codici contenenti vitae di santi vescovi pugliesi.

26 BHL 7554; AA. SS. Febr. 2, 530 A: aliud exemplar ms. et sub finem magis amplum, sub-misit nobis Neapoli Antonius Beatillus noster.

27 Sul confronto tra il ms. Troiano e il ms. Napoletano rimando al volume di prossima pub-blicazione.

28 Mirra, Guaiferio di Montecassino cit., p. 21, nota 2.29 De Santis, La “civitas Troiana” cit., pp. 38-39, nota 35.30 V. Bambacigno, Pietre e pergamene di Troia in Daunia, Napoli 1981, p. 26, nota 15. 31 D’Angela, Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit.; l’A., pur affermando una dipen-

denza di Guaiferio dall’Anonimo (p. 110), accenna a significativi punti di divergenza tra le duerecensiones (p. 119).

32 Belli d’Elia, Per la storia di Troia cit., p. 607, nota 7. 33 J.-M. Martin, Les modèles paléochrétiens dans l’hagiographie apulienne, Bullettin de la

Société Nationale des Antiquaires de France, Paris 1990, p. 74.34 Limone, L’opera agiografica cit., pp. 89-90; l’A. ritiene prima fonte di Guaiferio il testo

dell’Anonimo perché, pur ammettendo che non vi sono esempi palesi di un rifacimento ad lit-teram, “è innegabile un riecheggiamento continuo del breve testo anonimo da parte di Guaife-rio, sia nel contenuto, sia nell’ordine espositivo”.

35 Th. Head, Discontinuity and Discovery in the Cult of Saints: Apulia from Late Antiquity tothe High Middle Ages, Hagiographica 6, 1999, p. 188: secondo l’A. Guaiferio “greatly expan-ded the anonymous work into a new text, adding much literary ornamentation borrowed inlarge part from Cicero and Vergil, but nothing of factual substance”.

36 G. Bertelli (a cura di), Le diocesi della Puglia centro-settentrionale, (Corpus della sculturaaltomedievale 15), Spoleto 2002, p. 83.

37 Cfr. H. Bloch, Monte Cassino’s Teachers and Library in the High Middle Ages, in Lascuola nell’Occidente latino, XIX Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1972, pp. 563-605;S. Adacher – G. Orofino, L’età dell’abate Desiderio, I. Manoscritti cassinesi del secolo XI,Montecassino 1989; F. Avagliano - O. Pecere (a cura di), L’età dell’abate Desiderio, III/1. Sto-

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di Montecassino 37. Elementi probanti in tale direzione sono contenuti soprat-tutto nel Prologo dell’opera del monaco cassinese.

Il Prologo dell’Inventio Guaiferii

Nell’incipit Guaiferio esalta in tono enfatico l’amore e l’obbedienza (debono dilectionis et oboedientiae) che costituiscono quasi il leit motiv del Pro-logo; attorno ad esso l’autore costruisce un ordito fitto di riferimenti alle Scrit-ture e di citazioni di autori profani con una sostanziale differenza: i rimandiall’Antico e al Nuovo Testamento sono quasi sempre generici e si riferisconoad episodi e ad eventi biblici piuttosto che a loci specifici 38; il rinvio ad autoriprofani è molto puntuale e ne riproduce ad litteram i testi, senza specificarnel’attribuzione 39. Tale diversità di approccio si giustifica probabilmente anchealla luce del fatto che Guaiferio ritiene i propri lettori dotati di una conoscenzabiblica adeguata a seguire le sue argomentazioni.

Dopo l’excursus dedicato all’importanza di vivere secondo i dettami evan-

ria arte e cultura (Atti del IV Convegno di studi sul Medioevo meridionale), Montecassino1992; F. Newton, The Scriptorium and Library at Montecassino, 1058–1105 (Cambridge Stu-dies in Palaeography and Codicology 7), Cambridge 1999; M. Dell’Omo, Montecassino.Un’abbazia nella storia, Montecassino 1999.

38 Cfr., per esempio, il riferimento alle Dodici Tavole; al patto tra Dio e Mosè; al Vangelo,alla Legge e ai Profeti: Limone 1983, pp. 92-93, ll. 5-25.

39 Gli autori citati da Guaiferio sono soprattutto Cicerone e Seneca, ma anche Sallustio, Vir-gilio, Ovidio, Apuleio, Agostino: cfr. infra. Guaiferio è particolarmente abile nel fondere econfondere loci di contenuto diverso, rivenienti da autori diversi, adattandoli alle sue esigenzenarrative; nel volume mi soffermerò in maniera più dettagliata sulla tecnica compositiva diGuaiferio.

40 Limone 1983, p. 92, l. 19; il testo prosegue con la definizione dei magisteria divina comefundamenta aedificandae spei, firmamenta corroborandae fidei, nutrimenta fovendi cordis, gu-bernacula dirigendi itineris, praesidia obtinendae salutis: Limone 1983, p. 93, ll. 21-23.

41 R. Grégoire, Manuale di agiologia. Introduzione alla letteratura agiografica, Fabriano19962, 215.

42 Sulla vicenda del suo episcopato c’è scarsa chiarezza: secondo una notizia di Amato diMontecassino (Historia Normannorum 49, in Storia de’ Normanni, a cura di V. De Bartholo-maeis, Fonti per la Storia d’Italia, Medio Evo, LXXVI, Roma 1935, p. 219), fonte principale perle notizie biografiche su Guaiferio, egli avrebbe rifiutato l’episcopato della diocesi di Benevento,vacante dal 1069 al 1074; egli, inoltre, avrebbe raggiunto solo il grado di suddiacono, con ilquale viene commemorato il 12 aprile nel necrologio cassinese del codice Borg. Lat. 211 dellaBiblioteca Vaticana, appartenuto a Leone Ostiense, cronista cassinese. In questo caso, tuttavia,poiché è lo stesso Guaiferio a definirsi coepiscopus nel rivolgersi ad un altro vescovo, e quindi amostrarsi di pari dignità, ritengo si tratti di un dato inconfutabile. Dell’Omo (s.v. Guaiferio cit.,p. 99) ipotizza che tra il 1071 e il 1074, un lasso di tempo che coincide sia con la vacanza delladiocesi di Benevento, sia con un segmento dell’episcopato di Stefano, Guaiferio abbia goduto

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gelici della carità e dell’obbedienza, che sono definiti magisteria divina 40, èproprio in nome dell’amore e dell’obbedienza 41 che Guaiferio accetta di por-tare a compimento l’opera commissionatagli: amicizia e affetto nei confrontidel frater et coepiscopus 42 di Troia, obbedienza nei confronti di Desiderio,abate di Montecassino 43: Faciam rem mihi difficilem, sed causam 44 facilemagam: neque illi hortanti deero, nec tibi roganti, cum et illi oboedientiam, ettibi debeam caritatem 45.

Per convincere Guaiferio ad accingersi all’opera, infatti, il vescovotroiano 46, si era rivolto a Desiderio nella certezza che l’intervento autorevoledell’abate di Montecassino, unitamente ai saldi vincoli di amicizia che lo le-

del titolo di “vescovo eletto e poi, per imponderabili ragioni, non sia stato consacrato in seguito:una condizione, questa, che in base a disposizioni del Concilio di Calcedonia, non poteva essereprotratta per più di tre mesi, salvo casi di necessità”. Mirra, inspiegabilmente, attribuisce al co-dice la lezione episcope e non coepiscope: Guaiferio di Montecassino cit., p. 19.

43 H. E. J. Cowdrey, L’abate Desiderio e lo splendore di Montecassino. Riforma della chiesae politica dell’XI secolo, Milano 1986 (ed. or. The Age of Abbot Desiderius. Montecassino, thePapacy and the Normans in the Eleventh and Early Twelfth Centuries, Oxford 1983); N. Ci-lento, L’opera di Desiderio, abate cassinese e pontefice per il rinnovamento della Chiesadell’Italia meridionale nell’età gregoriana, in L’età dell’abate Desiderio III/1 cit., pp. 153-168.Su Desiderio, divenuto papa con il nome di Vittore III, cfr. anche C. Colotto, s.v. Vittore III, inEnciclopedia dei Papi, II, Roma 2000, pp. 217-222 (ivi bibliografia).

44 Limone 1983, p. 93, l. 31 omette, per una svista, causam: cfr. Piovesan, Per il testo e lefonti cit., p. 73.

45 Limone 1983, p. 93, ll. 31-33; sono mutuate espressioni dal De oratore di Cicerone e dalDe providentia di Seneca: cfr. D. Nardo, La rinascita cassinese dei Dialogi di Seneca, in Id.,Modelli e messaggi. Studi sull’imitazione classica, Bologna 1984, pp. 42-44; Piovesan, Per iltesto e le fonti cit., p. 84. La conoscenza di Seneca da parte di Guaiferio era stata già ben evi-denziata da L. D. Reynolds, The medieval tradition of Seneca’s Dialogues, The Classical Quar-terly 60 (n.s. 18), 1968, pp. 355-371.

46 Nei mss. non è menzionato il nome del vescovo, ma è riportata l’abbreviazione s. Il Bol-landista Henskens, primo editore del testo, integra sancte e ipotizza possa trattarsi di Stefano,presente nel 1071 a Montecassino alla consacrazione della basilica: AA.SS. Febr, 2, 532, a. Ilprimo a proporre il nome del vescovo troiano Stefano, integrando Stephane, fu l’Ughelli (Italiasacra, I, 1336), lezione generalmente accettata dagli studiosi.

47 Limone 1983, p. 93, ll. 26-31: Quaesisti a me per Casinensem Abbatem, quem ego causahonoris Desiderium nomino, virum inter bonorum antistites operum, et religione laudatum etmoribus comprobatum, ut si quid mihi otii tua posset amicitia suadere ad scribendum potissi-mum historiam Confessoris Secundini conferrem; anche in questo caso Guaiferio opera unacontaminazione tra loci ciceroniani e senechiani: cfr. Nardo, La rinascita cassinese dei Dialogicit., p. 42. Secondo un’ipotesi di Mirra (Guaiferio di Montecassino cit., pp. 16-17), Stefano, inoccasione della dedicazione della basilica di Montecassino il 1° ottobre 1071, avrebbe commis-sionato l’inventio a Guaiferio; per Dell’Omo (s.v. Guaiferio cit., p. 99) in quel frangente lostesso vescovo troiano avrebbe chiesto l’intervento di Desiderio.

48 Limone 1983, p. 93, l. 34; l’espressione è tratta da Seneca, De providentia II, 10: Aggre-dere, anime, diu meditatum opus.

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gavano a Guaiferio, avrebbero avuto esito positivo 47. L’opera incentrata suSecondino era stata a lungo desiderata dal vescovo troiano (Aggrediar ergoanimae tuae diu desideratum opus 48) forse anche perché, secondo quanto pre-cisato successivamente dallo stesso Guaiferio, sulla medesima inventio circo-lavano altri racconti scritti in maniera rozza e approssimativa che, con ogniprobabilità, non erano graditi al vescovo.

Ed è proprio in riferimento alla forma rozza e allo stile sciatto, talvolta a di-scapito dello stesso contenuto, che Guaiferio innesca una polemica dura 49 conl’agiografo che prima di lui si era cimentato nel racconto dell’inventio di Se-condino, accusandolo di stravolgere la realtà degli eventi, nonostante avesse adisposizione la medesima historia: …ut is qui hanc eandem quam in manushabemus historiam, postquam attigit, incommodavit penitus et turbavit 50. Il te-sto da cui Guaiferio prende le distanze sicuramente non è quello dell’Anonimoin quanto, in quest’ultimo, per gli episodi che ha in comune con l’InventioGuaiferii, si riscontra una sostanziale convergenza e non si registrano elementidi discordanza tali da poterne teorizzare lo stravolgimento rilevato da Guaife-rio; né, infine, a mio parere, l’Anonimo presenta uno stile rozzo e sciatto.

E che Guaiferio non dipenda dall’Anonimo è provato anche dalla sua stessaaffermazione di conoscere un numero di miracoli inferiore rispetto a quelli dicui disponeva il vescovo e che probabilmente circolavano nella comunità: …expeditis his quae apud nos de eo sunt pauciora miraculis (habetis enim etalia quae in his exemplaribus non habentur) 51. A fronte di tale affermazione,invece, i miracoli riportati dall’Inventio Guaiferii sono più numerosi di quellicontenuti nel testo dell’Anonimo 52: questo significa che il monaco ha sotto-mano, nella biblioteca di Montecassino, testi diversi da quello dell’Anonimo eche evidentemente, attorno al vescovo Secondino, si era già costituito un riccodossier agiografico.

49 Limone 1983, p. 94, ll. 53-55: contra plerique, pro amplissimis eloquentiae propositislaudibus, ad gloriam adipiscendam nudi veniunt et inermes, nulla cognitione rerum, nullascientia ornati; Piovesan segnala una ripresa dal De oratore 3,136 di Cicerone: Per il testo e lefonti cit., p. 75. Anche in un altro locus la condanna che Guaiferio fa di chi, prima di lui, si èoccupato di Secondino è netta e drastica, provocandogli sentimenti di biasimo e disapprova-zione mentre si accinge all’opera: mihi vero, dum scribens aliquid ista recogito, magis venit inmentem vituperationis quam laudis. Constat enim quia si eleganti eloquentiae gloria, ineptaepotius ignominia debeatur (Limone 1983, p. 94, ll. 57-59).

50 Limone 1983, p. 94, ll. 55-57. 51 Limone 1983, p. 94, ll. 62-64.52 Nell’Inventio Anonimi sono narrati il miracolo della guarigione del vescovo incredulo ri-

spetto all’inventio e il miracolo delle reliquie che, sottoposte all’ordalia del fuoco, resistono alla

NOTE PER LA RICOSTRUZIONE DEL DOSSIER AGIOGRAFICO DI SECONDINO VESCOVO DI AECAE 279

Il confronto tra l’Inventio Anonimi e l’Inventio Guaiferii

Altri elementi confermano che Guaiferio non si rifà al testo dell’Anonimo,come generalmente ritenuto dalla critica, ma ad altri materiali di questo dos-sier, come risulta da un più serrato confronto tra l’Inventio Anonimi e l’Inven-tio Guaiferii.

Questa la trama comune ai due autori. Durante la fondazione di Troia, men-tre gli abitanti si aggiravano tra le rovine dell’antica città alla ricerca di marmie materiali da reimpiego 53 per la costruzione di una nuova chiesa 54, alcuni cit-tadini ritrovarono nei pressi della chiesa di San Marco numerosi sepolcri; traquesti si segnalava un monumentum, coperto con marmo prezioso; sollevata lalastra di marmo, rinvennero un’iscrizione nella quale veniva precisato che lereliquie contenute all’interno appartenevano al vescovo Secondino. Dopo il ri-trovamento miracoloso le reliquie furono traslate in città, nella chiesa di SantaCroce, e accolte da una folla esultante che accorreva con gioia per assistere aquello spettacolo fuori del comune. Totalmente estraneo al clima di euforiaera il vescovo che, dopo aver mostrato diffidenza e scetticismo verso l’acca-duto, proruppe in offese e atteggiamenti di derisione; ammalatosi gravemente,dietro suggerimento dei sacerdoti e dei fedeli, riconobbe i suoi errori e si ri-volse a Secondino per impetrarne la guarigione. Immediatamente il vescovofu esaudito: ottenne la guarigione e a gran voce – egli che a malapena avevala forza di sussurrare – cominciò a tessere le lodi di Secondino. Accompa-gnato da fedeli e chierici si recò nella chiesa di Santa Croce per venerare le re-liquie del santo lì custodite. Per fugare ogni dubbio tra i fedeli convenuti, lereliquie furono sottoposte alla prova del fuoco: gettate in un turibolo di car-

combustione; l’Inventio Guaiferii, oltre a questi due miracoli, riporta la guarigione miracolosadell’Aquitanus e il miracolo della copertura dell’altare preservata dal fuoco: cfr. infra.

53 Sul reimpiego cfr. J. B. Ward – Perkins, Quarries and Stoneworking in the Early MiddleAges: the Heritage of the Ancient World, in Artigianato e tecnica nella società dell’alto me-dioevo occidentale, XVIII Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1971, pp. 525-544; G. Can-tino Wataghin, … Ut haec aedes Christo Domino in ecclesiam consecretur. Il riuso cristiano diedifici antichi tra tarda antichità e alto medioevo, in Ideologie e pratiche del reimpiegonell’Alto Medioevo, XLVI Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1999, pp. 673-750 (ivi bi-bliografia); per alcune osservazioni di carattere generale cfr. A. Esch, Reimpiego dell’antico nelMedioevo: la prospettiva dell’archeologo, la prospettiva dello storico, in XLVI Settimana distudio del CISAM cit., pp. 73-108.

54 In entrambe le recensiones è specificato che si tratta della chiesa di Santa Croce (AA.SS.Febr. 2, 531, 1; Limone 1983, p. 96, ll. 111-112), che però, subito dopo, risulta già costruitaperché è la chiesa dove vengono deposte le reliquie di Secondino: si tratta di un dato contrad-dittorio che va adeguatamente approfondito alla luce delle evidenze, non solo archeologiche,relative agli edifici di culto troiani allora esistenti.

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boni accesi, rimasero intatte schizzando fuori dal turibolo. Subito tutti credet-tero e ringraziarono Dio e San Secondino.

Al di là di questi motivi ricorrenti nell’uno e nell’altro testo, le due operepresentano una differente articolazione della materia narrativa: l’Inventio Ano-nimi è quasi un ‘atto unico’, sinteticamente incentrato sul ritrovamento delcorpo del santo, sulla guarigione miracolosa del vescovo incredulo rispetto atale ritrovamento e sul miracolo delle reliquie che vengono preservate dalfuoco; l’Inventio Guaiferii presenta, come già detto, un ricco Prologo e ampli-fica o riduce significativamente gli episodi riferiti dall’Anonimo, ne aggiungealtri e fa alcune digressioni che sembrano occasionali e di carattere esclusiva-mente letterario. Per esempio, subito dopo il Prologo, fa una lunga digressionesulla grandezza di Troia omerica, dal passato glorioso, fiaccata, annientata,nuovamente risorta 55, per poi presentare la città pugliese, detta Ecana 56, topo-nimo del quale dà un’etimologia colta riconnettendolo alla sua grandissimaantichità: haec vero civitas, si nominis significationem advertimus (Ecanaenim dicta est), antiquissima fuit 57. Tale città, anch’essa dal passato illustre,come è dimostrato dalla bellezza e dalla ricchezza dei monumenti superstiti,fu chiamata Troia dopo la sua rifondazione perché un nome tanto autorevolene compensasse la recente nascita 58. Nel descrivere la nuova Troia Guaiferio

55 Limone 1983, p. 95, ll. 70-91.56 La città pugliese, nota nel mondo classico come Aeca o Aecae, compare in epoca medie-

vale con il termine Ecana: cfr. De Santis, La “civitas Troiana” cit., p. 15, nota 1, che segnalaoltre a Guaiferio, Romualdo Salernitano nel Chronicon; aggiungo, a quanto mi risulta, ancheGuidone: cfr. supra nota 2.

57 Limone 1983, p. 96, ll. 99-100.58 Limone 1983, p. 96, ll. 101-103: …Huic serio in reconciliatione Troia nomen imponitur,

ut egregii titulus nominis auctoramentum faciat novitati.59 Limone 1983, p. 96, ll. 95-98; è ripresa di Cic., Tusc. 5,13,37; cfr. anche Nardo, La rina-

scita cassinese dei Dialogi cit., p. 42.60 Limone 1983, p. 96, ll. 99-101; è ripresa di Apul., Flor. 4,18,83: si tratta del primo rie-

cheggiamento medievale dei Florida di Apuleio; sulla reminiscenza di Apuleio in Guaiferio giàM. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters II, München 1923, pp. 486-489; cfr. anche Nardo, La rinascita cassinese dei Dialogi cit., p. 40; Piovesan, Per il testo e lefonti cit. Le opere di Apuleio sono contenute nel codice Laurentianus 68,2 scritto a Montecas-sino nell’XI secolo: sulle complesse vicende legate alla tradizione manoscritta e sul rinnovatointeresse per Apuleio cfr. O. Pecere, Qualche riflessione sulla tradizione di Apuleio a Monte-cassino, in O. Pecere – A. Stramaglia, Studi apuleiani, Cassino 2003, pp. 37-60.

61 Per l’anno di fondazione della città cfr. la discussione di due documenti datati al 1019 e al1024 in Martin, Troia et son territoire cit., pp. 175-186 (ivi bibliografia). L’anno 1019 è rica-vato anche dall’iscrizione della porta bronzea minore della Cattedrale che riporta l’anno 1127come il centesimo ottavo dalla fondazione: cfr. P. Belli d’Elia, Le porte bronzee della catte-

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ricorre ad espressioni mutuate ad litteram da Cicerone 59 e Apuleio 60; anche inaltri casi ricorre a testi profani che rende funzionali alla sua narratio.

Ben diverso è l’approccio dell’Anonimo che parte dalla rifondazionedella città di Troia, quasi a voler ricordare l’evento di cui fu protagonista ilcatapano bizantino Basilio Boiohannes che nel 1019 61 riedificò l’anticacittà 62 imponendole il nome illustre di Troia. L’Anonimo sembra concentrarela propria attenzione attorno a questo evento storico (…civitas reaedificata…constructa… restaurata 63) e prosegue con un riferimento al passato gloriosodella città della quale restavano monumenta vel tumuli materiarum pretiosa-rum ornamentis, seu nitore sic fulgeant marmorum, ut omnibus palam deturintelligi nobilium et magnorum fuisse accolarum 64. Comune ai due autori,dunque, è il riferimento alla ricchezza e alla bellezza dei monumenti chehanno reso illustre e famosa la città antica, la cui grandezza sembra poter rivi-vere nella città di nuova fondazione, ma è significativo che Guaiferio facciaricorso ad un locus di Apuleio 65 per descrivere le rovine dell’antica città, ro-vine che l’Anonimo presenta, invece, con vivacità e immediatezza, come an-cora visibili ai suoi tempi (nunc usque). Risulta evidente, in questo, come inaltri casi, che il livello entro cui si snoda l’azione narrativa dei due autori è as-solutamente differente: l’Anonimo è animato dal tentativo di radicamento nelpresente storico, Guaiferio sembra prescinderne, mosso com’è da un intentopiù squisitamente letterario, e in tale prospettiva rielabora la sua narratio.

drale di Troia, in S. Salomi (a cura di), Le porte di bronzo dall’antichità al secolo XIII, Roma1990, 341-355, spec. p. 347.

62 Troia è la prima città fondata da Basilio Boiohannes in Capitanata in funzione antilongo-barda e antinormanna: cfr. G.C. Mor, La difesa militare della Capitanata e i confini della re-gione al principio del secolo XI, Papers of the British School at Rome 24, 1956, pp. 29-36; V.von Falkenhausen, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari1978, pp. 55-58; Martin, Troia et son territoire cit., pp. 175-186; Id., Insediamenti medievali egeografia del potere, in M. S. Calò Mariani (a cura di), Capitanata medievale, Foggia 1998, pp.79-81.

63 AA.SS., Febr. 2, 531,1.64 AA. SS. Febr. 2, 531,1.65 Apul., Flor. 18, …Praeterea in auditorio hoc genus spectari debet, non pavimenti mar-

moratio, nec proscaenii contabulatio, nec scenae columnatio: sed nec culminum eminentia… Illocus di Apuleio, relativo agli spettacoli, è sapientemente adattato da Guaiferio: …antiquissimafuit cum et monumentorum marmoratio, scenarum columnatio, eminentia culminum id desi-gnent (Limone 1983, p. 96, ll. 100-101); cfr. supra nota 60.

66 Cfr. Grégoire, Manuale di agiologia cit., p. 61: “La scoperta di santi, in rapporto ad eventisociali di rilievo (successi militari, costruzione di una chiesa…) era considerata come un trionfocivico. Era un modo di affermare la supremazia di una collettività, la cui storia politica era per-tanto avallata dall’autorità religiosa”. Sull’importanza delle reliquie legate all’inventio cfr. A.Vauchez, La santità nel Medioevo, Bologna 1989, pp. 427-445 (ed. or. La sainteté en Occidentaux derniers siècles du Moyen Age, Rome 1981).

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Il richiamo al passato, espediente letterario per Guaiferio, nell’Anonimo mipare funzionale anche a chiarire la prospettiva in cui si collocano la rifonda-zione della città e l’inventio del corpo del santo 66, l’una e l’altra inserite in unpreciso disegno provvidenziale: è la volontà di Dio che guida la ricostruzionedella città, abitata da cristiani che si impegnano a tal punto nel servire Dio, dasembrare quasi designati dal cielo 67; è la provvidenza di Dio che guida i citta-dini nel “casuale” ritrovamento del corpo del santo 68.

Nell’Anonimo il racconto dell’inventio del corpo, narrato con stile semplicee scorrevole, è quasi una cronaca ‘in diretta’ dell’avvenimento, da cui tra-spaiono l’emozione e la vivacità di chi sembra aver vissuto personalmentel’esperienza del ritrovamento. È un racconto quasi di tipo ‘percettivo’: fre-quenti le forme verbali che sottolineano la diretta partecipazione, il coinvolgi-mento ‘sensoriale’ dell’agiografo nello svolgimento dei fatti: è il caso di vi-deri, a proposito della distruzione delle mura 69; o di scrutari in relazione allaricerca affannosa di materiali idonei alla costruzione di nuovi edifici sacri 70; odi conspicere in riferimento alla descrizione del monumento funebre di Se-condino 71. Ricorrenti le espressioni: nunc usque; usque hodie; usque ad ho-diernum diem; o huc atque illuc; quae ibi sita est; quae ibi scripta videntur

67 Nunc vero nutu omnipotentis Dei constructa et restaurata est, Christicolarum in ea pluri-mis habitantibus catervis, qui ita student religiose servire Domino Deo, seu fuissent coelitusdestinati in eadem civitate: AA.SS. Febr., 2, 531,1.

68 ...casu accidit providentia Dei ut…non pauca invenirent sepulchra iuxta quae erat monu-mentum… AA.SS. Febr., 2, 531,1.

69 AA.SS. Febr., 2, 531,1: …ita destructa fuerat, ut vix de eius moenibus vel parvus valeretvideri lapillus.

70 AA.SS. Febr., 2, 531,1: …Cum autem sollecite iam scrutari hi coepissent huc atque illucut cementa petrasque congruas reperire possent ad utilitatem fabricae novarum ecclesiarum.

71 AA.SS. Febr., 2, 531, 1: …quod marmor cum coepissent e vestigio sustollere, quoniamerat bitumine circumlinitum, conspexerunt illud studiose.

72 AA. SS. Febr., 2, 531,1: ...monumentum constructum, mirifica arte compositum, nec nonspecioso adopertum marmore; Limone 1983, p. 97, l. 113: … monumentum pretioso tabulatummarmore…; Piovesan segnala la “svista” di Limone 1983, p. 97, l. 113 che riporta tabularuminvece di tabulatum: Per il testo e le fonti cit., p. 74.

Nel Museo Civico di Troia è conservato il cosiddetto “sarcofago di San Secondino” varia-mente datato dagli studiosi tra il VI e l’XI secolo: per lo status quaestionis cfr. Campione-Nuzzo, La Daunia alle origini cristiane cit., pp. 84-85 e, da ultimo, Bertelli, Le diocesi dellaPuglia cit., pp. 85-87; la studiosa condivide la provenienza orientale o costantinopolitana e ladatazione ai primi decenni dell’XI secolo, avanzate da R. Farioli, M. Falla Castelfranchi, R.Budriesi; come sottolineato, il sarcofago, la cui committenza andrebbe ascritta al catapano bi-zantino, potrebbe essere stato utilizzato proprio in occasione dell’inventio di Secondino; accet-tandone la datazione ai secc. IX-X, D’Angela ha ipotizzato una sua possibile utilizzazione inoccasione della prima ricognizione del corpo del santo, quando, cioè, ne fu prelevata la testa:Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit., pp. 119-120, nota 52.

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che sembrano esprimere un rapporto diretto tra i fatti narrati e il contesto ter-ritoriale a lui ben noto.

Un altro locus significativo che evidenzia la “distanza” tra i due autori èrappresentato dalla descrizione della scoperta della tomba di Secondino: sullalastra che ricopriva il monumento funebre del santo 72 era incisa un’iscrizionefunzionale all’identificazione delle reliquie custodite all’interno: Hic requie-scit sanctus ac venerabilis Secundinus episcopus qui sanctorum fabricas reno-vavit, raptus in requiem tertio idus februarii 73. È interessante osservare che iltesto dell’epigrafe è riportato in maniera identica dai due autori: l’Anonimodichiara che c’erano altre lettere non interpretabili (et cetera quae ibi scriptavidentur), direttamente cadute sotto il suo sguardo (videntur); Guaiferio prefe-risce, invece, presentare il rinvenimento della tomba 74, riprendendo ad litte-ram la descrizione, fatta da Cicerone, del rinvenimento del sepolcro di Archi-mede a Siracusa 75, compreso il particolare dell’iscrizione parzialmente cor-rosa (exesis iam inferioribus partibus), adattandola alle sue esigenze narra-tive 76. Anche in questo caso Guaiferio riveste con un ricordo colto e letterarioil semplice rinvenimento della tomba, che l’Anonimo descrive in termini ra-

73 AA.SS. Febr. 2, 531, 1; Limone 1983, p. 97, ll. 118-120. L’iscrizione è ritenuta sostan-zialmente autentica dalla critica e ascrivibile, per il formulario, al V-VI secolo: Lanzoni, Lediocesi d’Italia cit., p. 272; R. Jurlaro, s.v. Secondino cit., p. 813; D’Angela, Ubicazione e de-dicazione delle cattedrali cit., p. 120; Id., Dall’era costantiniana ai Longobardi, in M. Mazzei(a cura di), La Daunia antica dalla preistoria all’altomedioevo, Milano 1984, p. 331; Limone,L’opera agiografica cit., p. 82; Id., s.v. Secondino di Troia cit., 1769.

Per alcuni rilievi sull’iscrizione e sull’interpretazione della stessa cfr. D’Angela, Ubicazionee dedicazione delle cattedrali cit., p. 120; Campione – Nuzzo, La Daunia alle origini cristianecit., p. 84.

74 Limone 1983, p. 97, ll. 114-117. 121-124: Quod dum curiosis oculis collustraretur, prop-ter magnam quae circum erat frequentiam sepulcrorum, advertunt dumis coelatum epigramma,exesis iam inferioribus partibus; sed, quod legi poterat, haec ferebat…immissi ergo cum ligoni-bus multi purgant et aperiunt locum. Quod cum patefactus esset tumulus, in labro mirifico inte-riori (quod monumentum forinsecus ab iniuria tuebatur) pretiosissimum margaritum inventumest…; in questa nota, e nella successiva, sono sottolineate le espressioni comuni ai due autori.

75 Cic., Tusc. disp. 5, 23, 65-66 : Ego autem cum omnia conlustrarem oculis –est enim adportas Agragantinas magna frequentia sepulcrorum…Immissi cum falcibus multi purgarunt etaperuerunt locum. Quo cum patefactus esset aditus, ad adversam basim accessimus, apparebatepigramma exesis posterioribus partibus versiculorum dimidiatum fere… Cfr. Nardo, La rina-scita cassinese dei Dialogi cit., p. 42, nota 17; Piovesan, Per il testo e le fonti cit., pp. 76. 85.

76 Limone 1983, p. 97, ll. 115-116.77 D’Angela, Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit., p. 119; Campione – Nuzzo, La

Daunia alle origini cristiane cit., pp. 82-86.78 Inventio Anonimi (AA.SS. Febr. 2, 531.1: …iuxta ecclesiam B. Marci… non pauca inve-

nirent sepulchra; Guaiferio, invece, distingue la basilica e il cimiterium: …in cimiterio beati

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pidi ed essenziali, tutto preso com’è dall’intento di presentare “il fatto”, di“dare la notizia”.

A proposito del racconto dell’inventio va sottolineata la rilevante corrispon-denza tra gli elementi topografici ed archeologici descritti dai due autori e laricognizione effettuata sul territorio 77: vengono menzionate una chiesa di SanMarco e un’area cimiteriale attigua 78 presso la quale, tra i numerosi sepolcri,fu rinvenuto il monumento funebre di Secondino; inoltre, il particolare se-condo cui dopo l’inventio i sacerdoti trasportarono le reliquie in città, nellachiesa di Santa Croce, dimostra che la chiesa di San Marco – i cui resti eranoquindi ben visibili nell’XI secolo –, si ergeva in un’area cimiteriale extraur-bana. Una chiesa suburbana di San Marco è menzionata nel 1047 79 e l’area ci-miteriale suburbana ‘Piana di San Marco’ 80, necropoli già in epoca classica,perpetuò la sua funzione anche nell’altomedioevo, come è dimostrato dal rin-venimento di due tombe di VIII-IX secolo 81; la chiesa di Santa Croce è atte-stata dai documenti a partire dalla fine dell’XI secolo 82, anche come chiesa diSanta Croce de Portula, proprio a sottolineare l’ubicazione probabilmentepresso una porta della nuova città, ben distinta quindi dalla chiesa di SanMarco situata nell’area extraurbana.

Anche in riferimento alla dedicazione della chiesa a San Marco è interes-sante sottolineare la differenza tra i due testi: l’Anonimo menziona generica-

evangelistae Marci (erat enim ibi eius structa basilica)… Limone 1983, pp. 96-97, ll. 112-113(preferisco la lezione structa: cfr. Piovesan, Per il testo e le fonti cit., p. 73).

79 Martin, Les chartes de Troia cit., doc. 8, pp. 94-95. In un documento del 1182 viene ri-confermata tra le proprietà del Capitolo della Cattedrale: Martin, Les chartes de Troia cit., doc.99, pp. 293-296; cfr. anche D’Angela, Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit., p. 120.

80 Martin, Les chartes de Troia cit., doc. 12, p. 103 (anno 1065). 81 D’Angela, Due tombe altomedievali scoperte a Troia (Foggia), Vetera Christianorum 25,

1988, pp. 653-659 [ripubblicato in La Puglia altomedievale. (Scavi e ricerche), Bari 2000, pp.51-56]; si tratta di un ritrovamento di grande importanza perché allo stato attuale delle cono-scenze, rappresenta l’unica testimonianza archeologica sulla continuità dell’esistenza di Aecaenell’altomedioevo; cfr. anche A.E. Felle – D. Nuzzo, Testimonianze paleocristiane in Puglia:recenti studi e ritrovamenti, Vetera Christianorum 30, 1993, pp. 318-319.

82 Martin, Les chartes de Troia cit., docc. 35.74.97.117.132, pp. 147. 238. 290. 367.83 Cfr. De Santis, Marco vescovo di Aeca cit., pp. 160-161; Campione – Nuzzo, La Daunia

alle origini cristiane cit., pp. 82-83; anche D’Angela propende per un titulus dedicationis aMarco, protovescovo della città: Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit., p. 122. Per altriesempi di dedicazione a protovescovi di cattedrali ubicate generalmente in aree cimiteriali cfr.C. Violante – C. D. Fonseca, Ubicazione e dedicazione delle cattedrali dalle origini al periodoromanico nelle città dell’Italia centro-settentrionale, in Il Romanico pistoiese nei suoi rapporticon l’Arte romanica dell’Occidente, Atti del I Convegno Internazionale di Studi medioevali diStoria dell’Arte, Pistoia 1966, pp. 338-339; sull’ubicazione delle cattedrali in rapporto all’im-pianto urbano e alle aree cimiteriali cfr. anche P. Testini – G. Cantino Wataghin – L. Pani Er-mini, La cattedrale in Italia, in Actes du XIe Congrès International d’Archéologie Chrétienne,Roma 1989, pp. 5-87.

NOTE PER LA RICOSTRUZIONE DEL DOSSIER AGIOGRAFICO DI SECONDINO VESCOVO DI AECAE 285

mente una ecclesia B. Marci senza aggiungere ulteriori elementi di identifica-zione; Guaiferio, che scrive lontano dai luoghi e all’oscuro delle tradizionicultuali locali, identifica il Marcus cui era dedicata la chiesa con l’EvangelistaMarco: come ipotizzato dalla De Santis, la dedicazione della chiesa doveva ri-specchiare invece una realtà locale e quindi fare riferimento al Marco vescovodi Aecae tra III e IV secolo 83.

Nel racconto dell’inventio un’ulteriore sostanziale differenza riguarda lostato del corpo del santo: per l’Anonimo il corpo del santo era integro, maprivo della testa: Certe ita integrum totum erat corpus, ut saltem nec unum osminus fuisset, praeter caput, quod cur deerat apud nos incognitum usque ho-die manet 84. Il racconto di Guaiferio, invece, non fa alcun cenno alla man-canza della testa: un particolare di così grande rilevanza non poteva certa-mente essere sottaciuto da Guaiferio, se avesse avuto come fonte il raccontodell’Anonimo. Il capo, infatti, era l’elemento più nobile del corpo e identifi-cava le virtù del santo stesso. La mancanza della testa 85, nell’inventio deicorpi santi, talvolta vanificava la valenza del ritrovamento stesso: la conce-zione è sintetizzata nell’espressione ubi caput, ibi corpus 86.

L’Anonimo, non disponendo di una giustificazione in relazione alla man-canza della testa, fa ricorso alle Scritture e cita il salmo 138,15 (Non est oc-cultatum os meum a te, quod fecisti in occulto) – l’unico locus biblico pre-sente nel testo – perseguendo un duplice obiettivo: quello di dare credibilitàall’inventio di un corpo privo della reliquia più importante, e al tempo stessoricollegarsi ad un disegno divino, talvolta incomprensibile alla ragione umana.

84 AA.SS., Febr. 2, 531,2; cfr. D’Angela, Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit., p.119, nota 52; Head, Discontinuity and Discovery in the Cult of Saints cit., p. 190. Nella notiziasecondo cui la causa della mancanza della testa era rimasta sconosciuta fino all’epoca dell’Ano-nimo (usque hodie) si potrebbe anche cogliere un riferimento al fatto che fino a quel momentonon esisteva nessun racconto relativo all’inventio delle reliquie.

85 La mancanza della testa è un elemento di particolare rilievo: per Head (Discontinuity andDiscovery in the Cult of Saints cit., p. 190) è segno che Secondino fu oggetto di culto in età tar-doantica; D’Angela (Ubicazione e dedicazione delle cattedrali cit., p. 119, nota 52) sottolinea ildato, segno di una precedente ricognizione del sepolcro.

86 Secondo il giurista Giulio Paolo la testa poteva avere valore decisivo nel definire la stessatomba: Cum in diversis locis sepultum est, uterque quidem locus religiosus non fit, quia una se-pultura plura sepulchra efficere non potest: mihi autem videtur illum religiosum esse, ubi quodest principale conditum est, id est caput, cuius imago fit, inde cognoscimur. Cum autem impe-tratur, ut reliquiae transferantur, desinit locus religiosus esse: in P. Krüger – Th. Mommsen(edd.), Digesta Iustiniani Augusti I, Berolini 1962, XI, 7, 44, p. 355; sui sepolcri violati cfr. an-che D’Angela, Una scoperta altomedievale nella cattedrale di Canosa, in Id., Scritti di archeo-logia cristiana cit., pp. 76-77. Spunti e suggestioni sulla valenza delle reliquie nel volume di L.Canetti, Frammenti di eternità. Corpi e reliquie tra Antichità e Medioevo (sacro/santo nuovaserie 6), Roma 2002.

286 ADA CAMPIONE

Le reliquie, traslate in città, vengono accolte con entusiasmo dalla cittadi-nanza.

L’Anonimo descrive con immediatezza la gioia e la partecipazione del po-polo a questo momento, arricchendo la descrizione con particolari che ancorauna volta connotano il testo quasi come una “cronaca in diretta” dell’avveni-mento: con efficace realismo descrittivo precisa, infatti, che le reliquie ven-gono avvolte in sindone munda 87; una pratica evidentemente diffusa, come at-testano i sinottici che fanno riferimento alla sindone in cui Giuseppe di Ari-matea avvolse il corpo del Cristo 88. Guaiferio, invece, dopo aver indugiato adescrivere, non senza un certo compiacimento letterario, comportamenti epratiche devozionali dei cittadini 89, in maniera a mio parere meno credibiledescrive la translatio delle reliquie effettuata manibus sacerdotum 90.

A questo momento di grande gioia e condivisione non partecipa il vescovodella città 91. Alle scarne parole dedicate dall’Anonimo all’incredulità del ve-

87 AA. SS. Febr. 2, 531, 2.88 Mt 27,59; Mc 15,46; Lc 23,53.89 Limone 1983, p. 97, ll. 125-132: …putant fas esse, quod pium est osculari reliquias, invi-

tare votis, efferre praeconiis, intercessionibus poscere, lacrimis invocare nocentibus veniam,innocentibus praesidia, subsidia indigentibus: de civitae statu, de salute communi, de spe bo-norum omnium in commune precantur. Non in cute solum huiusmodi putes fuisse laetitiam,pectus et viscera ipsa commovit, desideriis omnium satisfactum est in remedium omnium,oblectamenta omnia cucurrerunt.

90 Limone 1983, p. 97, ll. 132-133: …effertur venerabilis corpus manis sacerdotum.91 Il primo vescovo registrato dalla cronotassi episcopale è Onorio, il cui nome è riportato

sulla formella della porta della cattedrale, che sarebbe stato in cattedra fino alla consacrazionedel successore Angelo, divenuto vescovo tra il 1028 e il 1029: cfr. Martin, Troia et son terri-toire cit., p. 194; per Ughelli (Italia sacra I, 1343) il primo vescovo registrato nella cronotassiepiscopale troiana è Angelo; Henskens, riportando l’Ughelli, si esprime in forma dubitativa:AA.SS. Febr. 2, 531, c.

92 L’Anonimo giustifica l’atteggiamento del vescovo con l’humana fragilitas, quae non fa-cillime consensum praebet incertis caussis…: AA.SS. Febr. 2, 531, 3.

93 Limone 1983, p. 98, ll. 144-146. 147-161. 166-168; vengono ripresi loci senechiani dal Deconstantia sapientis e dal De providentia: per un preciso raffronto dei ‘prestiti’ senechiani inGuaiferio cfr. Nardo, La rinascita cassinese dei Dialogi cit., pp. 44-45; la ripresa di un locusdel De prov. 3,9, sfuggita a Nardo, è segnalata dalla Piovesan, Per il testo e le fonti cit., p. 76.G. Brugnoli omette la lunga ripresa senechiana nell’Inventio Guaiferii e, segnalando soltantoun locus della Vita s. Lucii papae et martyris in cui il monaco cassinese cita il De constantiasapientis, ne inferisce una «bassa popolarità» dei Dialogi e ipotizza una conoscenza del Deconstantia sapientis «forse attraverso florilegi gnomici»: G. Brugnoli, La Lectura Senecae daltardo-antico al XIII secolo, Giornale italiano di filologia 52, 2000, pp. 230-231. Un’attenta di-samina dei loci senechiani ripresi nell’Inventio Guaiferii e ancor più nella Vita s. Lucii papae etmartyris, operata da Nardo (La rinascita cassinese dei Dialogi cit., pp. 45-55) e dalla Piovesan(Per il testo e le fonti cit., pp. 85-86), mi sembra possano smentire il Brugnoli.

94 AA.SS. Febr. 2, 531, 3.

NOTE PER LA RICOSTRUZIONE DEL DOSSIER AGIOGRAFICO DI SECONDINO VESCOVO DI AECAE 287

scovo 92, fa riscontro un lungo discorso di Guaiferio che descrive gli statid’animo e il comportamento del vescovo scettico, attingendo a piene mani aiDialogi di Seneca 93.

Nell’Inventio Anonimi il vescovo incredulo, dopo aver irriso e aver tentatodi distogliere gli abitanti della città dalla costruzione della chiesa senza sortirealcun effetto, si ammala gravemente Altithroni dispositione 94. Il raccontodell’Anonimo anche in questo caso è conciso, essenziale e, ancora una volta,inserisce la malattia del vescovo in un disegno provvidenziale che supera lavolontà degli uomini.

Guaiferio si sofferma a descrivere l’incredulità del vescovo che risalta an-cora più nettamente perché contrapposta all’ardore e allo zelo dei cittadini;egli riporta molte accuse lanciate dal vescovo 95 verso plebs, principes ed ec-clesia, ma, a differenza dell’Anonimo, non fa alcun cenno al tentativo di di-stogliere i cittadini dalla costruzione della chiesa perpetrato dal vescovo primadi cadere malato.

Nell’Inventio Anonimi sono i sacerdotes e i ministri a consigliare al ve-scovo di rivolgersi a Secondino per ottenere la guarigione, in modo da onorarecon le opere colui che aveva disonorato con le parole 96. L’intervento del ve-scovo si articola in quattro fasi: egli ammette la culpa incredulitatis; promettedi recarsi nella chiesa di Santa Croce dove erano le reliquie; chiede a Secon-dino di intercedere presso il Padre perché gli sia concessa la guarigione; si im-pegna a dimostrare reverentia alle reliquie per fugare ogni dubbio; il risultatodi tale intervento è l’immediata guarigione 97.

Nell’Inventio Guaiferii tutta l’azione è animata da una dimensione corale ecomunitaria 98: è il popolo a consigliare al vescovo di rivolgersi a Secondino

95 Limone 1983, pp. 97-98, ll. 140-144: impingit contra salutem patriae crimen civibus, ple-bem stultitiae arguit, accusat principes temeritatis, ecclesiam contumaciae criminatur. Nullaest improperii, nulla insaniae, nulla derisionis, quae eum preterierit, contumelia.

96 AA.SS. Febr. 2, 531, 4: Fortassis, egregie pastore, doloribus quibus afficeris mederi va-lebis, si quem verbis dehonestasti, operibus honoraveris.

97 AA.SS. Febr. 2, 531, 4.98 Cfr. le osservazioni di P. Delooz sul ruolo della comunità, sulla “pressione popolare” in

relazione al riconoscimento della santità: Per uno studio sociologico della santità, in S. BoeschGajano (a cura di), Agiografia altomedievale, Bologna 1976, pp. 227-258, spec. 239-240. Comeosserva Vauchez, in Occidente il culto dei santi rimane fino al XV secolo un campo in cui con-tava di più la vox populi, che l’intervento delle autorità ecclesiastiche: A. Vauchez, Santi, pro-feti e visionari. Il soprannaturale nel Medioevo, Bologna 2000, p. 69 e passim (ed. or. Saints,prophètes et visionnaires. Le pouvoir surnaturel au Moyen Age, Paris 1999).

99 Limone 1983, p. 99, ll. 174-176. 100 Limone 1983, p. 99, ll. 181-184: O felix Secundine, quem Deus rerum omnium parens

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dum penitentiae locus esset, mutaret propositum, rediret in viam, erroremsperneret, de Secundini virtutibus non desperaret 99. Guaiferio introduce gra-datamente la conversio del vescovo, e descrive la complessità e al tempostesso la gradualità dei comportamenti adottati dal presule in un rapporto distringente consequenzialità. La preghiera del vescovo è scandita in due tempinarrativi: la prima parte è indirizzata a Secondino, riconosciuto patrono diTroia 100, la seconda è indirizzata alla comunità alla quale, dopo aver ricordatol’impegno e la severità da lui profusi nel guidarla 101, chiede di pregare per lasua salvezza e di intercedere presso Secondino 102. L’effetto della preghiera co-munitaria è immediato: il vescovo sentit orationum suffragia, penitus disces-sisse dolorem clamat, liberum se multiformi malo pronuntiat 103: l’atmosfera,la dimensione narrativa, l’azione sono corali, e le stesse forme verbali utiliz-zate da Guaiferio, clamat e pronuntiat, sembrano sottolineare la dimensionepubblica e ‘annunciata’ della guarigione.

Altri particolari divergenti si possono cogliere nel racconto del comporta-mento del vescovo successivo alla guarigione miracolosa 104.

Nell’Inventio Anonimi il vescovo, dopo aver ottenuto la guarigione, si recanella chiesa di Santa Croce la mattina successiva, accompagnato da religiosi e

parentem Troianae providit patriae in cuius commodum impendendi beneficii, constituendaesalutis, conservandae libertatis totus incumbis.

101 Limone 1983, p. 99, ll. 194-195: Scitis quid amor, quid virtus, quid gravitas, quid deni-que diligentia mea vobis contulerit.

102 Limone 1983, p. 99, ll. 195-198.103 Limone 1983, p. 99, ll. 204-206.104 Nella schematica esposizione che segue farò riferimento al racconto dell’Inventio Ano-

nimi seguendo la recensio riportata dal ms. Troiano (AA.SS. Febr. 2, 531 e), a mio avviso piùantico; il ms. Napoletano, infatti, diverge dal ms. Troiano giacché riporta una versione più am-pia della visita del vescovo alla chiesa di Santa Croce e del miracolo della reliquia, ripresi adlitteram dal ms. Troiano, e arricchiti di elementi e dettagli, collegabili ad una fase cultuale piùavanzata: si sottolinea il particolare che il vescovo promette la costruzione di un altare in onoredi Secondino; si fa riferimento ad alcuni fratres della chiesa di Santa Croce che, dopo aver por-tato le reliquie al vescovo, gli propongono l’ordalia del fuoco; è aggiunto il particolare dellatranslatio delle reliquie di Secondino nella cattedrale: AA.SS. Febr. 2, 531, 5-7. In questa sedemi limito a segnalare sommariamente le differenze tra i mss. Troiano e Napoletano, riman-dando al volume per un confronto tra i due mss., anche in relazione al testo di Guaiferio.

105 Questo motivo non è presente nel ms. Napoletano nel quale l’azione del vescovo è coa-diuvata da alcuni fratres della chiesa di Santa Croce: cfr. supra nota 104

106 Su questo rituale antichissimo, attestato in tutte le civiltà, cfr. il contributo sempre validodi F. Patetta, Le ordalie, Torino 1972 (rist. an.); sull’usanza dell’ordalia del fuoco per dimo-strare l’autenticità delle reliquie cfr. C. Lea, Forza e superstizione ossia compurgazione legale,duello giudiziario, ordalia e tortura, Piacenza 1910, pp. 316-319; cfr. anche Th. Head, Saints,Heretics, and Fire: Finding Meaning through the Ordeal, in B. H. Rosenwein - Sh. Farmer(edd.), Monks and Nuns, Saints and Outcasts: Religion in Medieval Society. Essays in honor ofLester K. Little, Ithaca-London 2000, pp. 220-238.

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fedeli; in preda alla commozione, bacia le reliquie tra le lacrime e, dopoaverle mostrate alla folla dei fedeli, di propria iniziativa 105, decide di sotto-porle all’ordalia del fuoco 106.

Guaiferio, invece, sottolinea con forza che il vescovo, ottenuta la guari-gione, si reca immediatamente – e non la mattina seguente – nella chiesa diSanta Croce: nullum tempus, nulla vis, nulla occasio tenuit, sed confestim,utens pro pedum officio manibus ubi reconditae erant Secundini reliquiae per-git ire 107; giunto in chiesa, si prostra a terra per chiedere perdono dei suoi pec-cati e per ringraziare Secondino. Guaiferio, senza far riferimento al particolaredel vescovo che bacia le reliquie tra le lacrime, sposta immediatamentel’azione sull’assemblea dei fedeli che suggeriscono al vescovo l’ordalia delfuoco; questi, dapprima contrario, acconsente proprio perché ciò può essereutile alla fede della comunità: sed quod animadvertebat posse ad compendiumpopuli legaliter fieri, fidem suadentibus commodavit 108. Anche in questo casoè rilevante l’apporto della comunità che si affianca al protagonismo del ve-scovo.

Differenze significative si possono rilevare anche a proposito del ritualedell’ordalia del fuoco 109.

Nell’Inventio Anonimi il vescovo prende un solo osso, lo spezza e ne buttauna metà nel fuoco; l’osso schizza fuori dal turibolo e si ricongiunge all’altrametà tenuta in mano dal vescovo, come se non fosse mai stato diviso. Questoepisodio presenta un compendium di azioni straordinarie e inspiegabili, la cuiforza si esplica in una triplice direzione:

– l’osso, che buttato nel fuoco non brucia, annulla l’effetto del fuoco;– l’osso, che torna inspiegabilmente indietro, annulla l’effetto del lancio;– l’osso, che si ricongiunge all’altra metà come se non fosse mai stato spez-

zato, annulla l’effetto della frattura.Nell’Inventio Guaiferii le reliquie – non un solo osso – vengono buttate nel

107 Limone 1983, p. 100, ll. 211-213.108 Limone 1983, p. 101, ll. 229-230.109 Head, Discontinuity and Discovery in the Cult of Saints cit., pp. 190-191.110 Secondo Head l’usanza di sottoporre le reliquie all’ordalia del fuoco è giunta a Troia da

Montecassino: Discontinuity and Discovery in the Cult of Saints cit., p. 191; la posizionedell’Autore non mi sembra condivisibile anche perché le divergenze riscontrate tra l’Anonimoe Guaiferio, nel raccontare l’episodio, provano a mio avviso, che esisteva già una tradizioneconnessa all’ordalia del fuoco e recepita dall’Anonimo: il racconto dell’ordalia del fuoco diGuaiferio, che presenta alcune differenze rispetto all’Inventio Anonimi, riflette probabilmenteun’eco della tradizione cassinese.

111 Limone 1983, p. 101, ll. 230-233: ...iaciuntur in prunas reliquiae, instatur undique flati-bus, fit in illis color rubicundus: saltum tandem ex igne faciunt, nulla in illis combustionis notainvenitur.

290 ADA CAMPIONE

fuoco 110 e rimbalzano fuori dal turibolo senza presentare alcun segno di com-bustione: manca ogni riferimento all’episodio della frattura dell’osso e quindial ricongiungimento finale delle due parti 111. Si tratta di una discrasia signifi-cativa nel racconto dettagliato del miracolo, che l’Anonimo presenta, ancorauna volta, in modo più minuzioso e particolareggiato.

Nell’Inventio Guaiferii, come già sottolineato, la comunità partecipa, in-sieme al vescovo, alle diverse fasi del miracolo 112 e alla divulgazione dellostesso 113, che si dimostra carico di sviluppi futuri propizi e favorevoli: perquesto il vescovo si rivolge al popolo e lo esorta a costruire una chiesa inonore del Santo, degna della sua grandezza, unde idem posset semper adver-tere, semper habere Troiam in vultu, Troiam in oculis, Troiam in ore 114.

Dal racconto delle due recensiones emerge in maniera chiara la differenzadi comportamento del vescovo che nell’Inventio Anonimi agisce di propriainiziativa 115, mentre nell’Inventio Guaiferii agisce su spinta e sollecitazionedel popolo; quest’ultimo, nel racconto del monaco cassinese, sembra interpre-tare quasi un ruolo di co-protagonista nella scena narrativa, giacché è moltopiù presente e determinante nello svolgimento dei fatti. Le differenze finorasottolineate, relative all’ordalia del fuoco, confermano la mia convinzione chel’Inventio Guaiferii sia indipendente dall’Inventio Anonimi e abbia utilizzatofonti diverse, comprese quelle di tradizione orale, come espressamente indi-cato dal monaco cassinese 116.

L’Inventio Anonimi si conclude subito dopo il miracolo dell’ordalia del

112 Guaiferio precisa che soffia sul turibolo dei carboni: instatur undique flatibus (Limone1983, p. 101, l. 231).

113 Limone 1983, p. 101, l. 233: sicut hi qui praesto erant retulerunt.114 Limone 1983, p. 101, ll. 241-243.115 Cfr. supra, p. 288.116 Cfr. supra nota 113.117 Il ms. Napoletano, come accennato, aggiunge il riferimento alla translatio delle reliquie

nella Cattedrale: cfr. supra nota 104.118 Il passaggio è mediato dall’espressione Sed haec hactenus, nunc ad reliqua veniamus, Li-

mone 1983, p. 101, ll. 242-243. 119 Grégoire, Manuale di agiologia cit., 150-151.120 Limone 1983, pp. 101-103, ll. 244-311: un Aquitano, di nome Teuzo, recatosi in pellegri-

naggio prima a Roma e poi al santuario di San Michele sul Gargano, si ammalò gravemente.Alcuni cittadini, impietositi dal suo stato, lo accompagnarono a Troia nella chiesa in cui eranole reliquie di Secondino. Durante la solenne celebrazione officiata dal vescovo, l’Aquitano, cheaveva fatto voto di rimanere a servire nella chiesa di Secondino se fosse stato liberato dalle suesofferenze, fu miracolosamente guarito. Dopo qualche giorno, dimenticatosi dell’impegnopreso, decise di partire, ma giunto a Roma fu colpito nuovamente dalla malattia; riconosciutol’errore commesso tornò a Troia per rimanervi stabilmente.

121 Limone 1983, pp. 103-105, ll. 312-352: la chiesa che conteneva le reliquie di Secondino

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fuoco 117; l’Inventio Guaiferii, invece, seguendo i canoni tradizionali dei com-ponimenti agiografici 118, aggiunge la parte relativa al pellegrinaggio e ai mira-coli compiuti dal santo post mortem 119. Egli si sofferma in maniera dettagliatasul racconto di due episodi miracolosi, di cui non vi è traccia nell’InventioAnonimi: la guarigione di un Aquitanus 120 e il miracolo della palla che ricoprel’altare, che viene preservata dal fuoco 121.

Conclusione

Dall’analisi del Prologo dell’Inventio Guaiferii e dal confronto tra le duerecensiones, sono emersi alcuni elementi e motivi tali da lasciar intendere cheGuaiferio, nel comporre la sua opera, non si rifà al testo dell’Anonimo, comegeneralmente ritenuto dalla critica, ma ad altri materiali agiografici a noi nonnoti allo stato attuale, parte di un dossier composito su Secondino che eviden-temente doveva circolare nella comunità.

Il racconto dell’Anonimo, come più volte sottolineato, sembra quasi unacronaca ‘in diretta’ dell’inventio di Secondino, scritta in stile semplice e scor-revole; le operazioni relative al ritrovamento della tomba e alla scopertadell’iscrizione al suo interno sono narrate quasi come una relazione di scavo;il racconto è caratterizzato da immediatezza, vivacità, partecipazione emotiva,coinvolgimento personale nell’evento, tutto finalizzato a far rivivere e a ren-dere direi quasi ‘tangibile’ quell’esperienza. Gli eventi narrati dall’Anonimosembrano collocati in una dimensione di concretezza storica.

La ricostruzione dei fatti di Guaiferio, invece, pare caratterizzata da una di-mensione di atemporalità, di indeterminatezza, più in linea con la tradizionecolta e letteraria di questo tipo di componimento; essa sembra riproporre mo-duli espressivi e topoi agiografici e si inserisce a pieno titolo in un filone ditradizione colta dell’agiografia 122.

L’Inventio Guaiferii rappresenta un momento successivo nella costituzionedel dossier agiografico su Secondino: in linea con la nuova temperie politica e

era illuminata con ceri e candele fino a sera inoltrata, grazie all’attenzione e alla cura dei citta-dini. Una sera i custodi della chiesa dimenticarono di spegnere, prima di andare via, i ceri postivicini all’altare; l’indomani mattina, recatisi in chiesa di buon’ora per preparare la liturgia, tro-varono la palla che ricopriva l’altare, completamente ricoperta di cenere, ma miracolosamentepreservata dalla combustione della fiamma dei ceri.

122 Cfr. Limone, Santi monaci e santi eremiti cit., passim; Id., Italia meridionale (950-1220)cit.; sull’agiografia della Puglia in età normanna cfr. anche V. Sivo, Lingua e cultura nella Pu-glia dell’età normanna, in S. Fiorello (a cura di), Bitonto e la Puglia tra Tardoantico e Regnonormanno, Bari 1999, pp. 265-289.

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culturale sancita dall’alleanza tra l’abbazia di Montecassino e i Normanni, ilvescovo Stefano, a circa mezzo secolo di distanza dalla fondazione dellanuova città di Troia ad opera dei Bizantini e dall’inventio del corpo di Secon-dino, commissiona l’historia inventionis ad un agiografo colto e raffinatocome Guaiferio, già noto alle cronache dell’epoca. È probabile che il vescovoabbia voluto in qualche modo mettere ordine tra i diversi e variegati materialiche dovevano costituire il dossier agiografico incentrato su Secondino. Lanuova opera, nelle intenzioni di Stefano, doveva essere quella a dir così “uffi-ciale”, atta a sancire il ruolo privilegiato che la nuova diocesi di Troia 123 an-dava assumendo in Puglia, in relazione alla politica portata avanti dai Nor-manni e da Roma, in perfetta sintonia con il cenobio di Montecassino 124. Pertutto questo, grazie anche all’opera di mediazione dell’abate di MontecassinoDesiderio – futuro papa Vittore III –, Stefano ricorre ad un agiografo, Guaife-rio, esponente di spicco del milieu culturale dell’abbazia cassinese in età desi-deriana, fornito di una consistente cultura letteraria: egli, infatti, grazie allanotevole ricchezza di testi di autori profani, a lui accessibili nella biblioteca diMontecassino, e dei quali ha una conoscenza diretta, organizza i dati di cui di-spone in una “cornice” tutta letteraria; si tratta di dati che, nel frattempo,dall’epoca dell’inventio del corpo di Secondino, si erano venuti progressiva-mente arricchendo di particolari ignoti all’Anonimo, ma conosciuti evidente-mente in tutta la loro ricchezza da Guaiferio. Si tratta di un dossier, la cui ar-ticolazione e complessità sfugge allo stato attuale, ma sul quale è opportunocontinuare a lavorare nel tentativo di comprendere relazioni, rapporti di di-pendenza, committenze, coordinate cronologiche, prospettive di composizionedelle diverse recensiones per poter cogliere, accanto a motivi ed episodi chepossiamo definire di genere, dati storici, talvolta solo adombrati, talaltra espli-citamente espressi.

123 La diocesi di Troia dipendeva direttamente dalla Santa Sede: il pontefice Giovanni XIXnel 1030 inviò al vescovo troiano Angelo le reliquie dei Quaranta Santi, dei santi Sergio eBacco e di san Sebastiano ed emanò una bolla nella quale era stabilito che nullae sedi subiaceatnisi Sanctae Romanae Ecclesiae haec Troiana plebs: Kehr, Italia Pontificia 9, p. 203; Martin,Les chartes de Troia cit., doc. 2, p. 82.

124 Nel volgere di una decina d’anni (1050-1060 circa) si era registrato un radicale cambia-mento nello scenario politico dell’Italia meridionale: il cenobio di Montecassino, da sempre ba-luardo antinormanno, si era fatto promotore delle ragioni dell’alleanza tra la nascente potenzanormanna e Roma: cfr. H. Houben, Malfattori e benefattori, protettori e sfruttatori: i Normannie Montecassino, Benedictina 35, 1988, pp. 343-371. La storica svolta fu determinata, oltre chedalla vittoria dei Normanni a Civitate (1053) e dal pontefice Niccolò II, dall’interventodell’abate di Montecassino Desiderio, artefice dello storico accordo tra Normanni e Papato: cfr.Cowdrey, L’abate Desiderio e lo splendore di Montecassino cit., pp. 156 ss.