145 - Soldati e civili a Roma nei primi tre secoli dell’impero

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1. Scopo di questo studio è di richiamare l’attenzione su un certo numero di dati emergenti da una rilettura − condotta dal punto di vista del titolo − del materiale epigrafico romano relativo ad alcune milizie, che a Roma ebbero sede stabile durante l’Impero. I rapporti tra i soldati e i civili in età romana sono stati molto studiati in questo secolo e, in modo particolare, negli ultimi decenni. Essi sono stati sentiti come d’importanza fondamentale, tanto per la storia generale dell’Impero quanto per la loro incidenza, sia nei processi di acculturazione sia di conver- sione economica delle province. Comprensibilmente, nell’indagine, l’attenzione è stata concentrata in maniera preminente sulla realtà provinciale, interessata in grande scala dagli insediamenti legionari ed ausiliari o, al più, sull’Italia, per i fenomeni di reclutamento, di colonizzazione, di ritorno o meno dei veterani ai luoghi d’origine e così via. Roma è stata largamente lasciata da parte. Gli studi, anche ottimi, che sono stati dedicati alle milizie urbane negli ultimi decenni, si sono rivolti principalmente alle intricate questioni riguardanti l’origine, la struttura, il funzionamento e la storia dei singoli corpi, lasciando in ombra questo tipo di problemi. Eppure non mancano ragioni per guardare con interesse anche a questo aspetto della realtà della capitale. Tra i fenomeni senza precedenti cui si assiste a Roma con l’avvento del Principato, vi è quello della creazione di un certo numero di corpi militari destinati ad avere sede permanente nella città. Al- cuni, come le cohortes vigilum, urbanae e praetoriae, hanno vita più duratura e risonanza maggiore. Altri, come i corporis custodes e gli equites singulares Augusti (cui vanno aggiunti almeno contingenti dei classiarii, mentre altre presenze militari appaiono più fluttuanti) durano meno nel tempo e suonano più marginali. Nonostante l’apparente abbondanza delle fonti, non è in realtà molto quel che sappiamo (in partico- lare nel periodo iniziale della loro presenza nella città) su tutte | queste unità militari. Notevoli difficoltà s’incontrano già quando si provi a definirne la consistenza numerica, sia globale, sia suddivisa per corpi, tanto prima quanto dopo le riforme severiane. Peraltro, un fatto è certo (come che si vogliano interpretare i dati) ed è che, da Augusto a Diocle- ziano, la popolazione urbana annoverò stabilmente al proprio interno una componente militare non tra- scurabile, oscillante approssimativamente da un minimo di 11 mila ad un massimo di 27/30 mila unità secondo i vari conteggi. * W. ECK (ed.), Prosopographie und Sozialgeschichte, Stu- dien zur Methodik und Erkenntnismöglichkeit der kaiser- zeitlichen Prosopographie (Kolloquium, Köln 1991), Köln 1993, pp. 261-276. ** La comunicazione, salvo che nel punto 4, per la cui rie- laborazione è stata messa a frutto un’osservazione di Werner Eck, viene pubblicata sostanzialmente nella versione letta a Colonia, con la sola aggiunta di alcuni riferimenti essenziali. Per gli aiuti prestatimi, in epoca remota e prossima, nella raccolta ed, in parte, nell’analisi del materiale pertinente, ringrazio i dottori Roberto Bartoloni e Cecilia Ricci. Oltre che a Leiva Petersen, una studiosa che tutti abbiamo viva- mente apprezzato, mi sia lecito dedicare questo scritto anche alla memoria dell’amico Giovanni Forni, i cui studi tanto hanno contribuito ad una migliore conoscenza dell’esercito romano. V,18 - SOLDATI E CIVILI A ROMA NEI PRIMI TRE SECOLI DELL’IMPERO* <261> <262>

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1. Scopo di questo studio è di richiamare l’attenzione su un certo numero di dati emergenti da una rilettura − condotta dal punto di vista del titolo − del materiale epigrafi co romano relativo ad alcune milizie, che a Roma ebbero sede stabile durante l’Impero.

I rapporti tra i soldati e i civili in età romana sono stati molto studiati in questo secolo e, in modo particolare, negli ultimi decenni. Essi sono stati sentiti come d’importanza fondamentale, tanto per la storia generale dell’Impero quanto per la loro incidenza, sia nei processi di acculturazione sia di conver-sione economica delle province.

Comprensibilmente, nell’indagine, l’attenzione è stata concentrata in maniera preminente sulla realtà provinciale, interessata in grande scala dagli insediamenti legionari ed ausiliari o, al più, sull’Italia, per i fenomeni di reclutamento, di colonizzazione, di ritorno o meno dei veterani ai luoghi d’origine e così via.

Roma è stata largamente lasciata da parte. Gli studi, anche ottimi, che sono stati dedicati alle milizie urbane negli ultimi decenni, si sono rivolti principalmente alle intricate questioni riguardanti l’origine, la struttura, il funzionamento e la storia dei singoli corpi, lasciando in ombra questo tipo di problemi.

Eppure non mancano ragioni per guardare con interesse anche a questo aspetto della realtà della capitale. Tra i fenomeni senza precedenti cui si assiste a Roma con l’avvento del Principato, vi è quello della creazione di un certo numero di corpi militari destinati ad avere sede permanente nella città. Al-cuni, come le cohortes vigilum, urbanae e praetoriae, hanno vita più duratura e risonanza maggiore. Altri, come i corporis custodes e gli equites singulares Augusti (cui vanno aggiunti almeno contingenti dei classiarii, mentre altre presenze militari appaiono più fluttuanti) durano meno nel tempo e suonano più marginali.

Nonostante l’apparente abbondanza delle fonti, non è in realtà molto quel che sappiamo (in partico-lare nel periodo iniziale della loro presenza nella città) su tutte | queste unità militari. Notevoli diffi coltà s’incontrano già quando si provi a defi nirne la consistenza numerica, sia globale, sia suddivisa per corpi, tanto prima quanto dopo le riforme severiane.

Peraltro, un fatto è certo (come che si vogliano interpretare i dati) ed è che, da Augusto a Diocle-ziano, la popolazione urbana annoverò stabilmente al proprio interno una componente militare non tra-scurabile, oscillante approssimativamente da un minimo di 11 mila ad un massimo di 27/30 mila unità secondo i vari conteggi.

* W. ECK (ed.), Prosopographie und Sozialgeschichte, Stu-dien zur Methodik und Erkenntnismöglichkeit der kaiser-zeitlichen Prosopographie (Kolloquium, Köln 1991), Köln 1993, pp. 261-276.** La comunicazione, salvo che nel punto 4, per la cui rie-laborazione è stata messa a frutto un’osservazione di Werner Eck, viene pubblicata sostanzialmente nella versione letta a Colonia, con la sola aggiunta di alcuni riferimenti essenziali.

Per gli aiuti prestatimi, in epoca remota e prossima, nella raccolta ed, in parte, nell’analisi del materiale pertinente, ringrazio i dottori Roberto Bartoloni e Cecilia Ricci. Oltre che a Leiva Petersen, una studiosa che tutti abbiamo viva-mente apprezzato, mi sia lecito dedicare questo scritto anche alla memoria dell’amico Giovanni Forni, i cui studi tanto hanno contribuito ad una migliore conoscenza dell’esercito romano.

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Ci si può chiedere quale tipo di rapporti si sia instaurato, attraverso il tempo, tra questo ele-mento militare e la popolazione civile. La situazione era affatto particolare. Intanto è chiaro che non vale per il caso romano il modello provinciale ove presidii militari di analoga entità diventano potenti fattori di acculturazione e di conversione del territorio. A Roma, se mai, è più la città che risulta capace di trasformare i soldati che non questi la prima. Inoltre il quadro offerto dalle milizie di stanza nell’Urbe si presentava dei più variati da ogni punto di vista: dalle mansioni che erano affi date a ciascuna (dalle quali potevano discendere diverse valutazioni da parte dei civili sulla loro presenza), al possesso o meno della cittadinanza, all’origo italica o provinciale, all’appartenenza etnica, all’estrazione ingenua o servile, alle condizioni più o meno prestigiose, ed economicamente vantaggiose, del servizio.

Dalle fonti letterarie, come si sa, non ci si può aspettare di apprendere molto su questioni del genere. Quelle poche di cui si dispone, già ampiamente utilizzate, sono più utili a lumeggiare certe limitazioni ed alcuni privilegi legali connessi con la posizione del soldato in genere (si discute tra l’altro se tutti riguardassero anche le milizie urbane) e certi atteggiamenti psicologici delle varie mi-lizie tra loro e della popolazione nei confronti della componente militare che non a defi nire la natura degli effettivi e concreti rapporti instauratisi tra i militari dei diversi corpi urbani e la popolazione di Roma lungo l’arco di tre secoli. È certo comunque che non mancarono momenti di forte attrito e di aperta ostilità.

Maggiore aderenza alla complessità della situazione, e quindi dati utili per un quadro meno gene-rico, è sembrato lecito sperare dal materiale epigrafi co, oltretutto mai sistematicamente considerato da questo punto di vista. Cercherò di evidenziare, sotto forma di commento ad alcune tabelle, qualche dato statistico emerso da questa rilettura che forse merita di essere segnalato e interpretato.

2. L’indagine è stata condotta sui corpi dei praetoriani e speculatores (considerati insieme), urba-niciani, vigiles, classiarii, ed inoltre corporis custodes (per il I sec.) ed equites singulares Augusti per il II e il III.

Eliminati i documenti come i latercoli, che erano privi d’interesse per la ricerca, e del pari escluse le iscrizioni non attribuibili ad un corpo preciso o riguardanti l’alta uffi cialità, per la quale il discorso avrebbe dovuto essere diverso, e includendo d’altronde, non solo le iscrizioni comprese in CIL, VI ma anche quelle edite successivamente | e le inedite, il materiale disponibile al momento in cui l’indagine è stata condotta, risultava come segue:

Tab. 1I s. II s. III s. n. d.

praet./ specul. 586 118 234 220 14urb. 127 24 65 24 14vigil. 96 1 46 46 3class. 129 3 78 15 33corp. cust. 22 22 - - -eq. sing. Aug. 368 - 94 114 160tot. 1328

In totale erano utilizzabili 1328 testi, più o meno integri, e naturalmente per lo più di carattere sepolcrale. Di questi si è tentata una suddivisione cronologica approssimativamente nei tre secoli, che ha dato i risultati indicati sopra. Quelli di datazione più incerta, per grave stato di frammentarietà o per altre ragioni, sono stati tenuti a parte. Se si tiene conto degli effettivi, un corpo come quello degli equites

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singulares si segnala per una relativa abbondanza di testimonianze. Un altro, quello dei vigiles, per una straordinaria e, allo stato, poco comprensibile scarsità di documenti, a meno che non si ammetta che, soprattutto nel I sec. ma anche in seguito, nelle iscrizioni sepolcrali dei vigili, in servizio o congedati, si sia spesso omesso di indicare la qualifi ca militare.

3. In questo complesso non del tutto trascurabile di testi, i soldati per lo più individuati secondo l’uso, non solo mediante il nome e il corpo di appartenenza, ma anche con l’origo, il grado, l’unità interna (coorte, turma, nave, centuria, decuria) e gli anni di vita e di servizio, molto spesso non sono menzionati da soli, ma in relazione ad altri.

Ci è sembrato utile farne un censimento e vedere chi fossero e come si qualifi cassero questi altri. In ordine di frequenza la situazione si presenta come segue (il numero si riferisce alla quantità di iscrizioni, non al numero di persone coinvolte, anche per la diffi coltà di stabilirlo):

Tab. 2milites (stesso o altro corpo, escl. familiari) 220 uxores (o assimilabili) 167 fratres 119 liberti 87 fi lii / fi liae 75 amici 67 parentes 41 sorores 9 servi 8 nepotes 6 avunculi 4 consobrini 2 cognati 2 soceri 1 incerti 119 tot. 927

Come si vede, vengono al primo posto le iscrizioni in cui il militare appare a fi anco di altri militari. Il predominio diventa addirittura schiacciante se si considera che vi è ottima probabilità che nella stessa categoria debbano essere fatte confluire anche quasi tutte, se non tutte, le iscrizioni contenute nelle con-sistenti sezioni degli amici (67) e degli incerti (119), e se si aggiungono un’altra cinquantina d’iscrizioni in cui i soldati sono anche familiari. Seguono le donne, i fratres ed altri parenti (fi gli, genitori, sorelle, nipoti, zii, cugini, cognati, suoceri) rispetto ai quali le sole altre categorie che si distinguono sono quelle dei liberti e, con poche attestazioni, degli schiavi.

Nella stragrande maggioranza (172 iscrizioni su 200) i militari appartengono allo stesso corpo del personaggio principale, sono cioè commilitoni, spesso anche originari della stessa regione o città, di pari grado o anche di grado superiore, ma non sono infrequenti rapporti con personaggi prestanti servizio in una milizia urbana diversa.

I 28 soldati che non sono commilitoni, è non sono d’altronde familiari, risultano associati ai soldati delle milizie urbane in questa combinazione:

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Tab. 3praet. urb. eq. sing. tot.

legionarii 3 - 3 6statores 1 - - 1evocati 5 - 1 6praetoriani - 1 2 3urbaniciani 1 - 1 2vigiles 1 - - 1equites singulares Aug. 2 - - 2veterani 4 - 2 6incerti - - 1 1

Come si vede, le relazioni si spiegano, nella loro maggioranza, con un servizio prestato originaria-mente nella stessa formazione, in altra milizia urbana o comunque a Roma.

4. Una componente speciale che merita attenzione, anche per la rilevanza numerica, è costituita da coloro che si qualifi cano fratres e spesso sono anche compagni d’armi o comunque militari anch’essi:

Tab. 4fratres 124 (in 119 iscr.) milites 48

fratres comm. altre mil. urb.

corpo non ind. leg. tot.

praet. 63 18 8 1 3 30urb. 16 1 2 2 1 6vig. 6 - 1 - - 1

eq. sing. 35 5 3 - 1 9class. 2 1 - - - 1

corp. cust. 2 1 - - - 1

Questo gruppo va maneggiato con una certa cautela perché, come è stato rilevato di recente, fraternelle iscrizioni militari può avere anche il signifi cato di compagno, fratello d’armi. In effetti un attento esame del gruppo conferma il sospetto che non tutti i fratres siano fratelli. Lasciamo da parte i vigiles, gli equites singulares, i classiarii e i corporis custodes per i quali un controllo onomastico, per varie ra-gioni, non può essere molto probante. Ma colpisce che dei 63 fratres di pretoriani ben 11 non abbiano lo stesso gentilizio del congiunto come sarebbe normale; 8 di questi sono poi dichiarati essi stessi soldati; 5 anzi sono appartenenti allo stesso corpo, se non addirittura alla stessa coorte o allo stesso manipolo. La qualifi ca di frater risulta poi attribuita al defunto anche in via assoluta, senza cioè che nell’iscrizione frater risulta poi attribuita al defunto anche in via assoluta, senza cioè che nell’iscrizione fratercompaia un’altra persona cui il termine di parentela possa essere riferito, mentre una dedica è posta ad Esculapio da un gruppo di pretoriani (C. 16) pro fratribus et commilitonibus, ove nei fratres benefi ciarii si dovrà vedere piuttosto un complesso di confratelli che l’insieme dei fratelli di sangue dei dedicanti.

D’altronde, se alcuni fratelli possono essere tali anche con gentilizio diverso, non è nemmeno detto che l’identità del nome, soprattutto nel III sec. e con certi gentilizi, sia, con la qualifi ca di frater, una garanzia assoluta dell’esistenza di questo rapporto. In conclusione, mentre credo resti valida la commu-nis opinio secondo la quale era frequente che ad un giovane che entrava nelle milizie urbane tenessero dietro dei fratelli, fosse o no per seguirne l’esempio, è verosimile che il loro numero, dedotto dalla do-cumentazione, vada alquanto ridotto.

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5. La presenza di 44 iscrizioni in cui compaiono dei genitori invita a considerarne l’onomastica in funzione di quanto essa può dire sulla loro condizione e quindi sull’origine sociale dei fi gli soldati. Sono per lo più iscrizioni del II sec. (24 delle 33 databili).

Tab. 5 parentes 44 a) Claudia Ti.f.f. .f.f Pallas C. 2422 praet. I s.b) Ennia L.f.f. .f.f Tertia C. 2716 praet. II s.c) Furfania L.f.f. .f.f Saturnina C. 2650 praet. II s.d) L. Sulpicius C.f.f. .f.f Ouf. Ouf. Ouf Messor AE 1984, 99AE 1984, 99AE praet. II s.e) M.M.M [---]nius C.f.f. .f.f Silvanus C. 2491 praet. II s.f) Hierax Apolloni f., marito di Claudia Hierax Apolloni f., marito di Claudia Hierax Apolloni f Ti.f.f. .f.f Pallas(vd. sopra); fi glio: T.T.T Arruntius Apollinaris

C. 2422 praet. II s.

g) Aurelia Trophime C. 2682 praet. II s.h) Cossonia Cypare C. 32704 praet. II s.i) Larena Olympias C. 2713 praet. II s.l) M.M.M Valerius Ismarus C. 2650 praet. II s.m) [---] Thalamus N.S. 1915, p. 41 nr. 8 praet. II s.n) Claudia Stratonice C. 32736 urb. III s.o) Epideuctus et Phoebe C. 2931 urb. I s.p) Q. Flavius Crito C. 2911 urb. I s.q) Q. Geminius Mnester Eranos 1912, p. 189 urb. II s.r) Cn. Iulius Theagenes C. 1645 urb. II s.s) Livia Amaryllis C. 2919 urb. II s.

È interessante osservare che in tutto il complesso soltanto 5 genitori del II s. presentano un’onoma-stica inequivocabilmente ingenua (a-e).

In un caso (f), si defi nisce padre di un pretoriano e marito di Claudia Ti.f.f. . f. f Pallas, un certo HieraxApolloni f(f(f ilius) che, per l’onomastica, si direbbe un peregrino. Il fi glio, forse nato da precedente unione della donna, si chiama T. T. T Arruntius Apollinaris ed è anch’egli un pretoriano del II sec.

Tutti gli altri, non presentando né patronimico né formula di patronato (di qualcuno l’onomastica è lacunosa) sono tecnicamente di condizione incerta; ma vale la pena di evidenziare i nomi di alcuni genitori di pretoriani e urbaniciani. Sono 11 trascritti nella tabella (g-s). Presentano tutti, come si vede, cognome greco ed, anche se non detto espressamente, sembra a me molto probabile che in ognuno di questi casi si abbia a che fare con dei liberti o, al più, con immediati discendenti di liberti. È noto che il cognome greco a Roma, in mancanza di patronimico, è segno di condizione inferiore, molto proba-bilmente libertina. Basterà un confronto per persuadersene. Su 86 nomi di fratres e sorelle di pretoriani e urbaniciani per i quali, come è noto, si chiedeva in linea di massima l’ingenuità, i cognomi greci non sono più di due. Su 8 nomi di fratelli di vigiles, comunemente reclutati tra i liberti, i cognomi greci sono invece la metà (in entrambi i casi è ininfluente, per quel che qui interessa, se i fratres siano fratelli o commilitoni). Dunque il fatto che su 26 genitori di pretoriani e urbaniciani di cui si conosca suffi cien-temente la formula onomastica ben 11 abbiano cognome greco sarà diffi cilmente prodotto dal caso. Naturalmente non è escluso che altri liberti possano celarsi dietro formule onomastiche con cognome latino. Va notato altresì che tre urbaniciani presentano lo stesso gentilizio della madre, da cui unicamen-te ricevono sepoltura, e potrebbero dunque essere illegittimi. Nessuno dei tre presenta patronimico.

Per contrario, in un caso un pretoriano originario di Lucca, morto a 28 anni dopo 7 anni di servizio, dice di essere stato, prima, edile nella sua città (Pap. Brit. Sch. Rome, 35, 1966, p. 56, tav. XII). Casi consimili, un paio, sono conosciuti anche da iscrizioni non romane.

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1446 V – MILITES

6. Se questa era l’origine sociale di una parte almeno dei pretoriani e degli urbaniciani, può essere interessante vedere da quale ambiente provengano le loro donne e quelle degli altri militari di stanza a Roma.

Non è qui il luogo di riprendere la controversa questione del matrimonio dei soldati, sulla quale si è scritto moltissimo anche negli ultimi anni. Si deve però ricordare almeno questo: i problemi fondamen-tali sono due. Primo: se per l’intera durata del servizio il soldato sia stato privato del diritto di conubium, oppure questo abbia continuato a sussistere non potendo tuttavia il matrimonio essere riconosciuto in conseguenza della disciplina che impediva la consuetudo, con conseguenze per la moglie ed i fi gli. Se-condo: se la situazione sia mutata, per tutti o per una parte dei soldati, in conseguenza del provvedimento di Settimio Severo ricordato da Erodiano (3,8), autorizzante i militari alla convivenza con donne. Anche una terza questione è da tenere presente ed è se il divieto riguardasse tutti i soldati o ne restassero esclusi per lo meno i centurioni, o anche i principales.

Per quanto riguarda le milizie urbane, la situazione si presenta ancora più complessa che per altre formazioni, in ragione della posizione affatto particolare che esse occuparono all’interno delle forze armate, dello stanziamento a Roma e non in provincia, della maggiore stabilità di sede e delle diversità intercorrenti tra i vari corpi. Va detto che in molti studi sul matrimonio militare, interessati soprattutto alla posizione dei legionari e degli ausiliari, i problemi di queste milizie non sono stati toccati che di sfuggita e in via analogica. Circa i pretoriani, ai quali si fa riferimento con più frequenza, è da rilevare che non solo vi è chi pensa che essi, come gli altri soldati, non abbiano mai avuto diritto di matrimonio né prima né dopo Settimio Severo, ma anche chi, pur ammettendo che Settimio Severo abbia cambiato la situazione, crede che il provvedimento non abbia toccato questo corpo lasciando dunque i pretoriani nella situazione antecedente.

7. Ciò premesso vediamo anzitutto in questa tabella il materiale epigrafi co di cui si dispone a Roma per studiare il problema in rapporto alle milizie urbane considerate:

Tab. 6 Donne (uxores o assimilabili)

I s. 5 in 165 iscr. 3%

II s. 54 in 517 iscr. 10,4%

III s. 96 in 378 iscr. 25,3%

coniuges, uxores (esplicitamente dette)

I s. 3

II s. 41

III s. 86

unione, probabile o sicura, durante il servizio

I s. -

II s. 10 (9 coniuges, uxores)

III s. 19 (tutte coniuges, uxores)

Di tutte le iscrizioni schedate, sono solo 167 quelle che registrano un rapporto matrimoniale o a quello assimilabile. Divise per secoli e rapportate alla globalità dei testi militari di cui si dispone, egual-mente suddivise per secoli, esse mostrano una progressione di frequenza come indicato; dal 3% nel I

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sec., al 10,4% nel II, al 25,3% nel III. Una progressione analoga si ottiene se il computo viene condotto (escludendo tutti i casi di unione matrimoniale non esplicitamente indicata) sulle sole iscrizioni in cui sono indicati i termini espliciti di uxor, coniunx e coniunx e coniunx maritus (un solo caso di concubina, nessuno di con-tubernalis).

Di queste unioni, nessuna può dirsi probabilmente o sicuramente contratta durante il servizio nel I sec., nel quale del resto le testimonianze sono ridottissime; 10 nel II, 19 nel III. S’intendono probabil-mente o sicuramente contratte in servizio quelle unioni che sono registrate su iscrizioni sepolcrali, dalle quali (per esplicita dichiarazione e di età e di militanza) risulta che il periodo di ferma previsto dai vari corpi non era ancora completato. Va tenuto presente che per il III sec. questa possibilità discriminante è notevolmente ridotta dalla drastica diminuzione dell’uso di indicare gli anni di servizio soprattutto nelle iscrizioni dei pretoriani e degli urbaniciani. Altri casi potrebbero essere aggiunti ricavandoli dalla com-binazione dei dati di età con quelli di durata dell’unione contenuti in iscrizioni di veterani; si è tuttavia preferito non tenerne conto perché non è escluso che, in parte di questi casi, siano stati cumulati negli anni di matrimonio anche quelli di un’unione di fatto antecedente al matrimonio stesso; è forse il caso di C. 2470, probabilmente di III sec., in cui un veterano del pretorio è ricordato dalla moglie che dichiara di aver trascorso con lui ben 39 anni; ma si deve notare che il marito è anche suo patrono; si tratta dunque di un’ex schiava del veterano.

Ci si può naturalmente chiedere se, anche quando sono usati i termini uxor, coniunx, maritus, vir, siamo effettivamente in presenza di in matrimonio. Una verifi ca può essere tentata sull’onomastica e in particolare sul gentilizio dei fi gli che dovrebbe essere uguale a quello del padre, se legittimi, a quello della madre se illegittimi. Purtroppo, dei 29 casi di matrimonio che si è supposto contratto durante il servizio, sono soltanto 5 quelli in cui si fa riferimento a fi gli; inoltre quattro di essi non sono utilizzabili per il modo generico con cui il riferimento è fatto. Resta l’iscrizione C. 2887, nella quale è evidente il ricalco del nome del padre (C. Anicius Iustus) in quello della fi glia (Anicia Iusta) nata durante il servizio del genitore.

Non si può naturalmente pretendere di risolvere la questione del matrimonio dei soldati sulla base del solo materiale urbano. Resta il fatto che la menzione di donne | che si qualifi cano uxores o coniu-ges dei soldati, complessivamente assai modesta sul totale, aumenta dal I, al II, al III sec. (sul numero eccezionalmente basso del I sec. si dovrà tornare più avanti) e alcune di queste unioni, anche con fi gli legittimi, sembrano aver avuto luogo durante il servizio.

8. Se passiamo ora a considerare la condizione di queste donne comunque unite a soldati delle mili-zie urbane, durante il servizio o dopo, tenendo conto ora solo di quelle dotate di una formula onomastica suffi cientemente completa, la situazione che risulta è la seguente:

Tab. 7Tot. donne 159 ing. lib. inc.

praet. (586) 1 5 85

urb. (127) - 2 24

vigil. (96) - 1 6

class. (129) - 1 14

corp. cust. (22) - - 2

eq. sing. (368) - - 18

tot. (1328) 1 9 149

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In un solo caso la donna presenta patronimico. È nell’iscrizione CIL, VI 2489, relativa al monumento sepolcrale che un pretoriano (C. Caetronius Passer, congedato nel 29 d.C.: dichiara di esser rimasto sempre povero ma onesto) ha eretto per sé e per Masuria M.M.M fM fM.f.M.M fM.M . f. f Marcella. Non è espressamente detto che la donna sia sua moglie, ma è probabile che così fosse o comunque che si trattasse di una convivente del veterano.

Le liberte espressamente dichiarate sono complessivamente 9, di cui il maggior numero risulta in rapporto a pretoriani. Di queste liberte, tutte meno una risultano liberte del marito. Si tratta dunque di schiave dei soldati che ad un certo momento furono manomesse e sposate. 9 liberte su 158 donne rap-presentano una percentuale non trascurabile del 5,6%

9. Ma è da credere che il fenomeno fosse molto più elevato. Valgono anche a questo riguardo le con-siderazioni espresse poco fa a proposito dei cognomi greci dei genitori. Orbene, se si redige un elenco delle donne che (incluse nel novero delle incerte e in quanto prive sia di patronimico che di patronato) presentano un cognome greco, troviamo una situazione di questo tipo:

Tab. 8 tot. donne inc. cond. 149 con cognome greco: 45 praet. 23urb. 8 vigil. 2 class. 8 eq. sing. 4

Su un totale di 149 di condizione incerta, ben 45, divise tra i vari corpi militari come indicato nella ta-bella, portano un cognome greco. Se si considera che l’eventuale numero di donne da non considerare liberte in quanto provviste di cognome greco per origine provinciale e non per condizione libertina, può trovare compensazione nelle liberte con cognome latino (vi sono tra l’altro 15 donne, per lo più Aureliae, con lo stesso gentilizio del marito), non sembra fuori luogo ritenere che delle 159 donne a noi note come mogli di soldati delle milizie urbane, approssimativamente un terzo fossero di origine servile o comunque di recente cittadinanza e modesta condizione. I pretoriani e gli urbaniciani, come si vede, non si sottraggono a questa in-dicazione, che vale peraltro essenzialmente per i secoli II e III, mancando quasi del tutto testimonianze del I.

10. Può questa immagine essere corretta da un’analisi degli altri due terzi? Non si direbbe. In nessun caso si ha motivo di ritenere che la donna provenga da uno strato sociale, o per lo meno economico, elevato. È piuttosto rilevabile, per esplicite dichiarazioni o per altri indizi, l’esistenza di un certo numero di matrimoni contratti, soprattutto da pretoriani ed equites singulares di III sec., quindi provinciali, con donne di eguale estrazione. Qualche esempio:

Tab. 9 C. 2497: Iulius Valerianus, praet. - Valeria Iustina, nata Convena Aquitania C. 2501: C. Marius Mansuetianus, praet. - Aurel(ia) Crescentina, civis Pannoniae C. 2633: Aur(elius) Marcus, praet. - Septimia Secunda, ex provincia DalmatiaC. 2708 Gargilius Exsuperatus, praet. - Aur(elia) Iusta, nat(ione) Pann(onia)C. 2734: Aurelius Herodes, praet. - Aurelia Marcia, natione Trax, civitate Promesiana Ined.: C. Valerius Crescentinus, evok. - Munatia Procula, nat(ione) pr(ovincia) DaciaC. 2431: Decimius Augur, nato Afer, praet. - Claudia Nunna C. 3202: Aur(elius) Dizala, nat(ione) [---], eq. sing. - Aurelia Bazis

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11. Se si aggiungono questi dati a quello della schiacciante preponderanza di altri militari nell’am-biente che circonda i soldati delle milizie urbane, l’impressione che si ricava è quella di una vita giocata tutta ai margini della città, se non al di fuori di essa. Quanto su tutto ciò pesasse l’atteggiamento di una popolazione poco propensa nei suoi strati meno bassi a mescolarsi con l’elemento militare, non importa se italico ed appartenente a milizie privilegiate, o provinciale e meno qualifi cato (è da notare che una sorta di primato dell’isolamento sembra spettare agli equites singulares) è diffi cile dire.

In ogni caso la concezione della disciplina militare, come era stata recuperata da Augusto a fonda-mento del rinnovato esercito romano, non era certamente tale da favorire la fusione tra elemento militare e civile. Al contrario, separando il soldato per lungo tempo, e forse per sempre, dalla sua terra e dalla sua famiglia, impedendogli o comunque rendendogli diffi coltosa la fondazione di un’altra famiglia, mettendo al centro della sua esistenza i castra all’interno dei quali erano soddisfatte, oltre alle necessità per la sussistenza (vitto, salute ecc.) anche le esigenze religiose, di tutela e previdenziali che per solito spingevano all’associazionismo, tenendolo diviso dal populus anche negli spettacoli, era naturale che il risultato fosse, in particolare a Roma, di estraniazione, se non di opposizione, nei confronti del resto dei cittadini.

Si aggiunga che le milizie urbane risultano del tutto estranee a quelle attività (costruzioni di strade, canali, ponti, acquedotti, edifi ci pubblici; sfruttamento di cave e miniere; produzione di materiale edili-zio; assistenza tecnica e prestazioni di lavoro) che contraddistinguono la presenza delle legioni e degli auxilia nelle province a vantaggio anche delle comunità soggette. Gli stessi castra romani sono costruiti con materiali forniti dall’industria privata e non prodotti dall’esercito e la sola partecipazione delle trup-pe alla realizzazione di un’opera pubblica si ha forse con la costruzione delle mura aureliane.

Un fedele riflesso di questo atteggiamento di estraniazione sembra di scorgere nel modo in cui sono concepite e realizzate le iscrizioni sepolcrali dei soldati di stanza a Roma, pretoriani ed urbaniciani so-prattutto, nel I sec. Non vi è spazio in esse per alcunché non sia utile a defi nire la fi gura del defunto come cittadino e soldato: nome, tribù, origo, grado, coorte, centuria, anni di vita e di servizio. Non menzione di parenti, non di mogli e fi gli, non schiavi o liberti, non amici, né eredi, solo qualche commilitone, ma per lo più nemmeno quello. L’isolamento è totale, assoluto, ossessivo. Nella realtà la situazione sarà stata naturalmente alquanto diversa (per questa loro matrice ideologica non riterrei di dover considerare del tutto affi dabili i dati statistici ricavabili dalle iscrizioni del I sec.). Ciò non toglie, a mio avviso, che il modello fosse quello dell’isolamento, della non commistione, tanto meno dell’integrazione.

Successivamente, nel secolo II, e ancor più nel III, la rigidità della divisione sembra attenuarsi. Qualche spazio viene fatto ai familiari, a schiavi e liberti; ancora | durante il servizio compare qual-che donna e, sia pure rarissimamente, qualche fi glio. I contatti, quando verifi cabili, sono però a livelli bassi. Un numero insospettabile di genitori di pretoriani e urbaniciani del II sec. si rivela di condizione libertina o comunque umile. Mi sono chiesto se la proporzione non fosse dovuta al campione prescelto perché ad es., tra i fi gli dei liberti, potevano essere soprattutto quelli dei liberti urbani ad avere maggiori possibilità di accesso al pretorio e alle coorti urbane. Un rapido controllo su tutti i genitori conosciuti dalle iscrizioni non di Roma non conduce però a sostanziali ribaltamenti.

Le donne sono talora schiave, in qualche caso che conosciamo poi liberate e sposate (ma certamente più spesso né liberate né sposate), talaltra liberte altrui. Raramente ingenue.

Si tratta comunque di aperture modestissime. Il perno dell’esistenza resta il campo. Le relazioni fon-damentali continuano ad aversi con i commilitoni, o comunque nell’ambito militare. Invano si cercherebbe una sola dedica sacra posta con civili, doni o legati a privati o a collegi, un qualche rapporto con altri gruppi rilevanti nella vita cittadina: i liberti imperiali, l’apparato degli uffi ci centrali e cittadini, i collegi professio-nali o religiosi, le attività lavorative in genere. Nessun rapporto nemmeno con il variopinto mondo dei bot-

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1450 V – MILITES

tegai, artigiani, osti, indovini, sacerdoti, attori, musici, prostitute, che certamente anche a Roma esercita-vano la loro attività a ridosso dei castra; conosciamo ad esempio un [con]ditarius de castris pra[etor]ibus(?) (CIL, VI 9277), un negotians cas(trorum) pr(aetoriorum) (CIL, VI 9661 = ILS 7517) ed un ILS 7517) ed un ILS vinariariusin castris pr(aetoriis) (CIL, VI 9992). Anche tra gli eredi, se si tolgono i familiari e una decina di liberti, la grande maggioranza è costituita (a meno che personaggi diversi non si nascondano, ma non crederei, dietro indicazioni anonime come heres o heredes) da commilitoni dichiarati o verosimilmente tali.

Né il quadro generale cambia se, dai militari in servizio, si volga lo sguardo ai veterani, a coloro cioè che, terminata la ferma, preferiscono non lasciare la città nella quale erano vissuti da 16 a 26 anni della loro esistenza. È da dire che, data la brevità della vita in genere nel mondo romano, non dovettero essere pochi, soprattutto nelle milizie che prevedevano una ferma più lunga, a morire prima del rag-giungimento del congedo. Degli altri una parte decise di restare, una parte ritornò nei luoghi d’origine o si stabilì altrove. Si potrebbe pensare che, come, al loro ritorno nelle città d’origine, alcuni di questi veterani assunsero una posizione di qualche rilievo all’interno della comunità (pochissimi in verità: ne conosciamo in tutto una dozzina), anche per i soldati rimasti a Roma fosse quello del congedo il momen-to dell’integrazione e dell’emergenza. Può essere che sia stato così, ma bisogna dire che dalle iscrizioni questo non risulta affatto. Se si prescinde da un paio di casi in cui l’ascesa sino alla soglia dell’ordine equestre, o nell’ordine stesso, è determinata dal grado raggiunto prima del congedo, a Roma il soldato non appare meno isolato dal contesto sociale dopo il congedo che prima. Lo si direbbe anzi doppiamente emarginato. | Escluso dai castra (nei quali può tornare nei momenti di crisi prendendo le parti dei soldati contro i civili: SHA Max. et Balb., 10, 5) mai lo troviamo inserito in gruppi, associazioni, altre attività civili, né direttamente, né per interposta persona. Unica eccezione, se così si può dire, quella costituita da un veterano del pretorio (CIL, VI 2584 = ILS 2049), originario di ILS 2049), originario di ILS Lucus Feroniae di cui si dice che, honesta missione missus, ricevette il frumentum publicum collegio tibicinum. Morto a 37 anni l’iscrizio-ne gli è posta dalla moglie che è anche sua liberta. Conclusione non esaltante e forse esemplare di una vita trascorsa al servizio dell’ordine costituito nella capitale dell’Impero.

RIFERIMENTI ESSENZIALI

La base documentaria dell’indagine è costituita dalle iscrizioni di soldati delle milizie urbane comprese in CIL, VI e da quelle raccolte nello schedario di aggiornamento approntato per un nuovo supplemento a questo corpus. Fonti e bibliografi a sono citate solo a titolo orientativo; altra bibliografi a potrà essere desunta da ciascuno degli studi ricordati.

In generale sui rapporti tra soldati e civili: R. MAC MULLEN, Soldier and Civilian in the Later Roman Empire, Cambridge, Mass. 1963; J.B. CAMPBELL, The Emperor and the Roman Army 31 B.C.-A.D. 235, Oxford 1984 (in part. pp. 243-54); R. SALLER − B. SHAW, Tombstones and Roman Family Relations in the Principate: Civilians, Soldiers and Slaves, in Journ. Rom. Stud., 74, 1984, pp. 124-156; Y. LE BOHEC, L’armée romaine sous le Haut-Empire, Paris 1989 (in part. pp. 221 sgg.); F. BÉRARD, Territorium legionis. Camps militaires et agglomérationsciviles aux premiers siècles de l’Empire, in Cah. Centr. Glotz, 3, 1992, pp. 75-105.

Esempi di analisi dei rapporti tra soldati e civili in varie aree dell’Impero: P. LE ROUX, L’armée romaine etl’organisation des provinces ibériques d’Auguste à l’invasion de 409, Paris 1982 (in part. pp. 319-356); Militaryand Civilian in Roman Britain. Cultural Relationships in a Frontier Province (BAR, Brit. ser., 136), Oxford 1984; B. ISAAC, The Limits of Empire. The Roman Army in the East, Oxford 1990 (in part. pp. 269 sgg.); E.W.B. FENTRESS, Numidia and the Roman Army. Social, Military and Economic Aspects of the Frontier Zone (BAR, Int. ser., 53), Oxford 1979; B.D. SHAW, Soldiers and Society. The Army in Numidia, in Opus, 2, 1983, pp. 133-159.

Sulle milizie di stanza a Roma: P.K. BAILLIE REYNOLDS, The Vigiles of Imperial Rome, Oxford 1926; H. FREIS, Die Cohortes Urbanae (Epigr. Stud., 2), Köln-Graz 1967; M. DURRY, Les cohortes prétoriennes, Paris 1938; A. PASSERINI, Le coorti pretorie, Roma 1939 (rist. 1969); H. BELLEN, Die germanische Leibwache der römischen Kai-

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ser des Julisch-Claudischen Hauses, Wiesbaden 1981; M. SPEIDEL, Die equites singulares Augusti, Bonn 1965; D. KIENAST, Untersuchungen zu den Kriegsflotten der römischen Kaiserzeit, Bonn 1966. - Sul complesso problema degli effettivi delle singole formazioni militari di stanza a Roma, si vedano anche: E. BIRLEY, Septimius Severusand the Roman Army, in Epigr. Stud., 8, 1969, pp. 63 sgg. (ID., The Roman Army Papers 1929-1986, Amsterdam 1988, 21 sgg.); D.L. KENNEDY, Some Observations on the Praetorian Guard, in Anc. Soc., 9, 1978, pp. 275-288. - Sulla loro paga: M.A. SPEIDEL, Roman Army Pay Scales, in Journ. Rom. Stud., 82, 1992, pp. 87-106.

Cenni nelle fonti letterarie a situazioni, motivi ed episodi di scontro tra soldati e civili riferibili, con sicurezza o con probabilità, a Roma. Ostilità nei confronti dei pretoriani | (SHA Did. Iul., 6, 1: nihil cum exercitu praetorianoprofi ciebat ...profi ciebat ...profi ciebat quem cottidie populus et magis oderat et ridebat; Max. et Balb. 9, 1-2: Romae praetoriani reman-serunt inter quos et populum tanta seditio fuit ut ad bellum intestinum veniretur; 10, 4: inter haec Romae iterumseditiones inter populum et milites ortae sunt). Privilegi e abusi a danno dei civili (IUV. 16; EPICT. 3, 24, 117; 4, 1, 79). Controlli di polizia nei ludi (TAC. Ann., 13, 24, 1). Repressione violenta (SUET. Cal., 26; TAC. Ann., 12, 43; 14, 62; DIO CASS. 72, 13, 4 cfr. HERODIAN. 1, 12, 6). Saccheggio (DIO CASS. 58, 12, 1; 74, 8, 1 cfr. HERODIAN. 2, 4, 1). Incendio (DIO. CASS. 58, 12, 1; 80, 2, 3). Veri e propri scontri armati prolungantisi per giorni, assedio del campo difeso da pretoriani e veterani (DIO. CASS. 80, 2, 3; HERODIAN. 7, 11-12; SHA Max. et Balb. 9, 2; 10, 47). Influenza della rivalità tra i corpi sull’atteggiamento nei confronti della cittadinanza (DIO. CASS. 58, 12, 1; HERODIAN. 1, 12, 9).

Su frater in ambito militare: frater in ambito militare: frater J. KEPARTOVÁ, Frater in Militärinschriften. Bruder oder Freund, in Listy Filol., 109, 1986, pp. 11-14.

Fratres con cognomen greco di pretoriani o urbaniciani: CIL, VI 2579, Epigraphica 32, 1970, p. 102 nr. 150. Fratres e sorores di vigiles con cognomen greco: C. 2962a cfr. 6151, 2976, 2997 cfr. p. 3380, 32755 cfr. p. 3842.

Soldati che hanno ricoperto cariche municipali prima dell’arruolamento: J. NELIS-CLÉMENT, Carrières militai-res et fonctions municipales: à propos de L. Granius Proclinus d’Aequum, in Historia Testis (Mélanges offerts à T. T. TZawadzki), Fribourg 1989, pp. 133-151.

Urbaniciani con il gentilizio della madre: CIL, VI 2915 (II sec.), 2919 (II sec.), 32725 (inc.). Sul matrimonio dei soldati, oltre agli studi sulle varie truppe ricordati sopra: P. GARNSEY, Septimius Seve-

rus and the Marriage of Soldiers, in Calif. Calif. Calif Stud. Class. Ant., 3, 1970, pp. 45-53; B. CAMPBELL, The Marriage ofSoldiers under the Empire, in Journ. Rom. Stud. 68, 1978, pp. 153-166; J.H. JUNG, Das Eherecht der römischenSoldaten, in ANRW, 2, 14, 1982, pp. 302-346; ANRW, 2, 14, 1982, pp. 302-346; ANRW M. MIRKOVIĆ, Die Entwicklung und Bedeutung der Verleihung desConubium, in Heer und Integrationspolitik, Köln-Wien 1986, pp. 167-186.

Unioni, probabili o sicure, di soldati delle milizie urbane durante il servizio. Nel II sec.: CIL, VI 2467 cfr. p. 3369, 37207. Lat. Inscr. in the Kelsey Mus., Ann Arbor 1979, pp. 121 sg. nr. 94 (praet., Ann Arbor 1979, pp. 121 sg. nr. 94 (praet., Ann Arbor 1979, pp. 121 sg. nr. 94 ( .); CIL, VI 2884 cfr. p. 3377, 2887 cfr. p. 3377, 2942 (urb.); CIL, VI 3096, 3115, Harv. St. Class. Philol., 20, 1909, p. 3 (class.); CIL, VI 3194 (eq. sing.). Nel III sec.: CIL, VI 2437 cfr. p. 3835, 2482, 2544 cfr. p. 3835, 2570, 2730 cfr. p. 3370, 2760, 32690, 37209, Eranos 12, 1912, p. 190, ined. (praet 12, 1912, p. 190, ined. (praet 12, 1912, p. 190, ined. ( .); CIL, VI 2930, 32723 (urb.); 3196, 3202 cfr. p. 3843, 3267 cfr. p. 3384, 3282, 3288, 3300, 32783 cfr. p. 3843, Epigraphica 13, 1951, p. 124 nr. 106 (eq. sing.).

Mogli liberte: 2470 cfr. p. 3369, 2584 cfr. p. 3835, 32661, 32678, Not. Sc. 1950, p. 83 (praet. 1950, p. 83 (praet. 1950, p. 83 ( .); 2884 cfr. p. 3377, 2907 (urb.); 2962 (vig.); 3118 (class.).

Donne non dichiarate liberte con cognomen grecanico: CIL, VI 2426 = 4883 cfr. pp. 3369 e 3835, 2431, 2462 cfr. p. 3369, 2469, 2485 cfr. 32648, 2525 cfr. p. 3369, 2532 cfr. p. 3835, 2547 cfr. p. 3369, 2560 cfr. p. 3835, 2570, 2610 cfr. 32654 e p. 869, 2624 cfr. p. 3369, 2703, 2784, 32691a, 37231, AE 1939, 171. AE 1939, 171. AE Le iscrizioni della necrop. dell’Autop. Vat., 1973, 57 nr. 56, 5 inedd. (praet., 1973, 57 nr. 56, 5 inedd. (praet., 1973, 57 nr. 56, 5 inedd. ( .); CIL, VI 2885, 2887 cfr. p. 3377, 2891, 2896 cfr. 32719 e p. 3481, 2937, 2941, AE 1983, 54, l ined. (AE 1983, 54, l ined. (AE urb.); C. 2991. cfr. pp. 871 e 3380, (vig.); CIL, VI 3245, 3275 cfr. p. 3385, Epigraphica 13, 1951, p. 123 nr. 105, 1 ined. (eq. sing.); CIL, VI 3096, 3115, 3118, 3152 cfr. p. 3382, 3160 cfr. p. 3382, 32726, Harv. St. Class. Philol., 20, 1909, 3 (class.).

In generale sulla posizione del soldato nella società romana, sulla disciplina militare, la separazione dal-l’elemento civile, l’autosuffi cienza dei castra, oltre alla bibliografi a citata sopra: P. GARNSEY, Social Statusand Legal Privilege in the Roman Empire, Oxford 1970; J. HELGELAND, Roman Army Religion, in ANRW, 2, 16, 2, 1978, pp. 1470-1505 (in part. 1488-1495); F. JACQUES, Le privilège de liberté, Rome 1984, pp. 618 sgg.;

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1452 V – MILITES

L. WIERSCHOWSKI, Heer und Wirtschaft. Das römische Heer der Prinzipatszeit als Wirtschaftsfaktor, Bonn 1984; J. VENDRAND-VOYER, Normes civiques et métier militaire à Rome sous le principat, Clermont-Ferrand 1983; L. WIERSCHOWSKI, Soldaten und Veteranen der Prinzipatszeit im Handel- und | und | und Transportgewerbe, in Münster. Beitr. Antik Handelsgesch. 1, 2, 1982, pp. 31-48; R.F. RENZ, The Legal Position of the Soldier and Veteran in the RomanEmpire (Fordham Univ. Ph.D. 1972), Ann Arbor 1986; J.-M. CARRIÉ, L’esercito: trasformazioni funzionali edeconomie locali, in Società romana e impero tardoantico I, Bari 1986, pp. 449-488, 760-771; R.W. DAVIES, Servicein the Roman Army, Edinburgh 1989; G. ALFÖLDY, Das Heer in der Sozialstruktur des römischen Kaiserreiches, in ID., Römische Heeresgeschichte, Amsterdam 1987, pp. 26-42 (ora anche in Act. Ant.(Budapest), 32, 1989, pp. 169-186); J.-M. CARRIÉ, Il soldato, in L’uomo romano, Bari 1989, 101-140; S. LINK, Konzepte der Privilegierungrömischer Veteranen, Heidelberg 1990.

Uno studio di tutte le iscrizioni (500 ca) di soldati (in servizio o veterani) delle milizie urbane, che siano state trovate fuori di Roma, in Italia e nelle province, è in corso di preparazione da parte di Cecilia Ricci. Ad esso si rinvia per ogni integrazione dei dati raccolti attraverso la documentazione urbana.

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NOTA COMPLEMENTARE – Su alcuni dei temi qui trattati sono tornato, con qualche aggiornamento bibliografico, pubblicando una NOTA COMPLEMENTARE – Su alcuni dei temi qui trattati sono tornato, con qualche aggiornamento bibliografico, pubblicando una NOTA COMPLEMENTARE –nuova serie di iscrizioni inedite di pretoriani, vd. qui sotto V,23. – In qualche modo parallelo a questo, lo studio annunciato in bibliografi a, e nel frattempo pubblicato, di C. RICCI, Soldati delle milizie urbane fuori di Roma. La documentazione epigrafi ca (Op. Epigr., 5), Roma 1994. – Sulle milizie urbane, il potere politico, l’ordine pubblico e la cittadinanza vd. anche EAD., In ordinem redigere. Polizia e ordine pubblico nella Roma imperiale, in Zapruder, 12, 2003, pp. 13-28 con la bibliografi a ivi citata, cui si può aggiungere R. SABLAYROLLES, La rue, le soldat, le pouvoir, la garnison de Rome de César à Pertinax, in Pallas, 55, 2001, pp. 127-153.