Aspetti della guerra del Vespro: la svolta del 1300 nella prospettiva di Giacomo II d'Aragona e di...

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Bullettino DELL’ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO 115 ROMA NELLA SEDE DELL’ISTITUTO PALAZZO BORROMINI ___ 2013 DELL’ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO

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BullettinoDELL’ISTITUTO STORICO ITALIANO

PER IL MEDIO EVO

115

ROMANELLA SEDE DELL’ISTITUTO

PALAZZO BORROMINI___

2013

DELL’ISTITUTO STORICO ITALIANOPER IL MEDIO EVO

ISSN 1127 6096

Direzione: MASSIMO MIGLIO

Comitato scientifico: FRANÇOIS BOUGARD, FRANCO CARDINI, TOMMASODI CARPEGNA, ERRICO CUOZZO, MARIA CONSIGLIA DE MATTEIS,GIACOMO FERRAÙ, SALVA TO RE FODALE, JAMES HANKINS, GIORGIOINGLESE, PAULINO IRADIEL, UMBERTO LONGO, ISA LORI SANFILIPPO,WERNER MALECZEK, GHERARDO ORTALLI, GIUSEPPE PETRALIA,GABRIELLA PICCINNI, ANTONIO RIGON, GIUSEPPE SERGI, SALVATORESETTIS, MARINO ZABBIA

Segretario: AMEDEO DE VINCENTIIS

A cura di ISA LORI SANFILIPPO e ANNA MARIA OLIVA

Impaginazione: SALVATORE SANSONE

I saggi pubblicati in questo volume sono stati sottoposti alla lettura didue esperti anonimi

Aspetti della guerra del Vespro: la svolta del 1300nella prospettiva di Giacomo II d’Aragona e

di Ruggero di Lauria

Il 5 giugno del 1300, Giacomo II, re della Corona d’Aragona, scri-veva al proprio ammiraglio, Ruggero di Lauria (1245/1250 ca - València1305)1, il quale, il 9 maggio precedente, con una flotta di 35 galee benequipaggiate, era salpato da Napoli alla volta della Sicilia. Nelle paroledi Giacomo vi era la conferma delle proprie intenzioni di proseguire leoperazioni di guerra per la riconquista dell’Isola sotto le nuove insegnedella coalizione catalano-guelfo-angioina, profilatasi già all’indomanidegli accordi di pace di Anagni (1295)2.

1 Su Ruggero di Lauria, si veda A. Kiesewetter, voce Lauria, Ruggero di, in DizionarioBiografico degli Italiani, 64, Roma 2005, pp. 98-103, nonché R. Lamboglia, Tessere documen-tali per l’identità dell’ammiraglio Ruggero di Lauria, «Archivio Storico per la Calabria e laLucania», 77 (2011), pp. 15-54.

2 Nella fattispecie, cfr. V. Salavert y Roca, El tratado de Anagni y la expansión mediter-ránea de la Corona de Aragón, Zaragoza 1952 [ma estratto da «Estudios de Etad Mediade la Corona de Aragón», 5 (1952), pp. 209-360], e in connessione anche Salavert yRoca, Cerdeña y la expansión mediterránea de la Corona de Aragón (1297-1314), 2 voll.,Madrid 1956, E. Duprè Theseider, Come Bonifacio VIII infeudò a Giacomo II il regno diSardegna e di Corsica, in Atti del VI Congresso Internazionale di Studi Sardi [Cagliari, 2-8maggio 1955], 2 voll., Cagliari 1962, I, pp. 89-128, nonché, da ultimo, P. Corrao, Il nodomediterraneo: Corona d’Aragona e Sicilia nella politica di Bonifacio VIII, in Bonifacio VIII. Attidel XXXIX Convegno storico internazionale (Todi 13-16 ottobre 2002), Spoleto 2003,pp. 145-170. Per le vicende d’insieme e particolari della guerra del Vespro siciliano, sirinvia all’opera ancora oggi fondamentale di M. Amari, La guerra del Vespro siciliano, cur.F. Giunta, Palermo 1969, della quale esiste una nuova edizione con introduzione di M.Moretti, Roma 2003. S. Runciman, I Vespri siciliani. Storia del mondo mediterraneo alla finedel tredicesimo secolo, Milano 1976 (ed. orig.: London 1958), e D. Abulafia, I regni delMediterraneo occidentale dal 1200 al 1500. La lotta per il dominio, Bari 20062 (ed. orig.:London 1997), offrono invece un quadro complessivo, sia pur meno dettagliato – ilprimo –, e più generale – il secondo. Riflessioni su fatti e questioni specifiche, qui nonaffrontati e tuttavia di stretta attinenza, sono ancora in V. Salavert y Roca, Jaime II de

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Trasmessa in copia dal Registro 117, Serie Comune 19, custoditopresso l’Archivio della Corona d’Aragona, a Barcellona3 – un registro,per la verità, assai malconcio, illeggibile in buona parte della sezionecentrale a causa delle diffuse macchie di inchiostro che si estendonolungo la quasi totalità delle linee di scrittura – la comunicazione diGiacomo4, in lingua catalana, si presenta particolarmente interessante,tanto per lo storico che si occupa nello specifico del conflitto traAragonesi e Angioini nel Mediterraneo, quanto per lo studioso diarchivistica e diplomatica.

Sotto il profilo archivistico-diplomatico, il documento consente distabilire una connessione significativa – e lo si vedrà meglio in seguito– tra la serie dei Registros e le Cartas Reales Diplomáticas degli anni di regnodi Giacomo. Quella delle Cartas Reales si presenta assai ricca e varia, maanche eterogenea e disordinata tematicamente, per il fatto stesso di rac-cogliere tutto il materiale sciolto non pergamenaceo prodotto e ricevu-to dalla Real Cancillería5. Molto più delineata, invece, l’organizzazione

Aragón inspirador de la paz de Caltabellotta, in Studi in onore di Riccardo Filangieri, 3 voll.,Napoli 1959, I, pp. 361-368, e Salavert y Roca, La pretendida ‘traición’ de Jaime II deAragón contra Sicilia y los sicilianos, «Estudios de Edad Media de la Corona de Aragón»,7 (1962), pp. 599-622.

3 Per la struttura e la storia del fondo dell’Archivio della Corona d'Aragona (da quiin poi ACA) si veda ora la Guía histórica y descriptiva del Archivo de la Corona d’Aragón, cur.F. Udina Martorell, Madrid 1986. Di una discreta utilità sono però anche le guidedell’Archivio meno recenti: Archivo de la Corona de Aragón: guía abreviada[redacción bajo ladirección de J. Ernesto Martínez Ferrando], Madrid 1958, e soprattutto J. E. MartinezFerrando, El Archivo de la Corona de Aragón, Barcelona 1944, e E. Gonzáles Hurtebise,Guía histórico-descriptiva del Archivo de la Corona d’Aragón en Barcelona, Madrid 1920; que-st’ultima, in particolare, aiuta a intendere i primi fondamentali interventi di ordinamen-to del materiale documentario, che poi hanno definito la struttura dell’Archivio, qualeè sostanzialmente ancora oggi. Una guida telematica è invece Bases de datos del Archivo dela Corona d’Aragón, in Archivo de la Corona de Aragón, URL = http://www.mcu.es/archi-vos/MC/ACA/BasesDatos.html (visto il 29/09/2012).

4 ACA, Real Cancillería, Registros [da ora RC, Reg.], 117, ff. 168r-168v. Cfr. infra,Appendice, doc. 4. A questo proposito, tengo a ringraziare Stefano Maria Cingolani eJaume Riera Sans per la consulenza linguistica sui punti di maggiore criticità dei docu-menti in lingua catalana. Nel presente contributo sono pubblicati alcuni documentiinseriti nell’Appendice documentale della tesi di dottorato Ruggero di Lauria nel contestodel Mediterraneo bassomedievale, da me svolta sotto la guida del prof. Francesco Panarellie discussa presso la Scuola di Dottorato dell’Università degli Studi della Basilicata nel-l’a. a. 2009/2010.

5 Le informazioni archivistiche addotte hanno finalità argomentative, strettamen-te funzionali al ragionamento: in questa sede, non intendono essere esaustive circa l’ar-ticolazione delle diverse serie documentali divise per regni, per tipologia di contenuti,

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della documentazione dei Registros che, all’inizio del regno di GiacomoII, appare nettamente differenziata almeno nelle tre sezioni iniziali:Gratiarum, Tesaurarii e Comune6. E questa serie diventerà sempre piùcomposita, nel momento in cui, ancora a partire dagli anni di regno diGiacomo, verrà aggiunta l’ulteriore tematizzazione e conseguente scor-porazione dei registri Curie – sostanzialmente documenti di governo,inviati per iniziativa propria della Curia reale e, come tali, non gravatidal pagamento di un diritto di sigillo – nonché dei registri Peccunie eSolucionum7 dedicati a questioni economiche, da quelli generali (Comune):sezione, quest’ultima, che “limita” la propria pratica di registrazione adocumenti concernenti questioni di giurisdizione civile, spediti surichiesta particolare e soggetti pertanto al diritto di sigillo8.

La serie dei Registros dunque è, da sempre, quella più ampiamentecompulsata perché riporta in copia quanto era stato prodotto dallaCancelleria9. Meno frequentato è invece il fondo delle Cartas Reales, ilcui materiale più interessante è già confluito negli Acta Aragonensia di

per tipologia di atto. Sull’ACA, come grande deposito documentario, e sulla prassiarchivistica della Cancelleria catalano-aragonese, così come essa si è venuta delinean-do nel tempo, informano adeguatamente le guide citate alla precedente nota 3. Ad essee al denso saggio di P. Corrao, Costituzione di un corpo di fonti per la storia politica sicilianadel tardo medioevo. Le “Cartas Reales” dell’Archivio della Corona d’Aragona, «Bullettinodell’Istituto storico italiano per il medio evo», 105 (2003), pp. 267-303, complessiva-mente si rinvia anche per ciò che concerne il criterio di implementazione dei fondi deiRegistros e delle Cartas Reales Diplomáticas.

6 Va, tuttavia, tenuto presente che, in termini generali, non è affatto facile precisa-re il momento in cui si verificano modificazioni nella pratica di registrazione rispettoai regni di Giacomo I e Pietro il Grande, perché l’unico metro di deduzione si fondasu ciò che si è conservato, mentre restano ignote la forma e le modalità sotto cui sipresentava ciò che è andato perduto.

7 I Registri Solucionum sono particolarmente interessanti per il rapporto indirettoche intrattengono con i volumi o libri di conto del Maestre Racional della sezione RealPatrimonio, rispetto ai quali i Registri Solucionum costituiscono un utile, fondamentalecomplemento. Spesso, infatti, i libri di conto del magister rationalis riportano seccheannotazioni economiche, senza cioè contestualizzazione, per la quale, a volte, è neces-sario riferirsi ai Registri Solucionum.

8 Qui, ancora in termini generali, unicamente allo scopo di illustrare una pratica diregistrazione, la cui dinamica evolutiva realizza anche una progressiva specializzazio-ne, tale quale conformerà il grande complesso delle serie che si ha nel regno di PietroIV il Cerimonioso.

9 Relativamente alle vicende del Vespro, è opportuno ricordare, tra le maggiori edi-zioni di documenti estratti dalla serie dei Registri, gli Acta Siculo-Aragonensia, I/1, Docu -menti sulla luogotenenza di Federico d’Aragona, edd. F. Giunta - N. Giordano - M. Scarlata

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Heinrich Finke10 e, più recentemente, nell’encomiabile lavoro diMarina Scarlata11; ma la sua ampiezza consente ancora di imbattersi indocumenti interessanti, come quelli di cui ci si occuperà in questa sede.

Il documento che si è citato in apertura è una comunicazione dirisposta inviata da Giacomo II a Ruggero di Lauria dalla città di Lérida,dove il sovrano, ai primi di giugno del 1300, si trovava con una partedegli uffici di cancelleria, mentre era in corso una nuova campagnamilitare per la conquista del Regno di Murcia (v. infra). A sollecitarloerano, però, anche altre contingenze e altre motivazioni. Nella missiva,infatti, l’Aragonese confermava la devozione e la riverenza verso papaBonifacio VIII e la Chiesa di Roma, e con esse anche il servizio, cheassicurava all’uno e all’altra; né mancava d’aggiungere anche quelloverso il nuovo alleato, l’angioino Carlo II.

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- L. Sciascia, Palermo 1972 (Documenti per servire alla storia di Sicilia, I serie,[Diplomatica], XXVII) e G. La Mantia, Codice diplomatico dei re Aragonesi di Sicilia, I (Anni1282-1290), Palermo 1917 (ibid., XXIII), ora in ristampa anastatica con una premessadi V. D’Alessandro, Palermo 1990, La Mantia, Codice diplomatico dei re Aragonesi di Sicilia,II (1291-1292), cur. A. De Stefano - F. Giunta, Palermo 1917 (ibid., XXIV), nonché leedizioni di I. Carini, De rebus Regni Siciliae (9 settembre 1282 - 26 agosto 1283). Documentiinediti estratti dall’Archivio della Corona d’Aragona e pubblicati dalla Sovrintendenza agli archividella Sicilia, cur. G. Silvestri, Palermo 1882-1892 (ibid., V), anche in rist. anast., con pre-messa di E. Mazzarese Fardella, 2 voll., Palermo 1982, e dello stesso, Gli Archivi e leBiblioteche di Spagna in rapporto alla storia d’Italia in generale e di Sicilia in particolare, 2 voll.,Palermo 1884-1887.

10 Acta Aragonensia. Quellen zur deutschen, italienischen, französischen, spanischen, zurKirchen- und Kulturgeschichte aus der diplomatischen Korrespondenz Jaymes II. (1291-1327), ed.H. Finke, Berlin - Leipzig 1908-1922 (continuazione in «Spanische Forschungen», voll.IV e VII). Per un quadro dell’attività di studio di H. Finke e dei suoi allievi con parti-colare riferimento al regno di Giacomo II, si rimanda a N. Jaspert, La storiografia tede-sca e gli studi sulla Corona d'Aragona con particolare riferimento all'epoca di Giacomo II, in Coronad'Aragona e Mediterraneo. Strategie d'espansione, migrazioni e commerci nell'età di Giacomo II,cur. M. Eugenia Cadeddu, Pisa 1996 [num. spec. di «Medioevo. Saggi e Rassegne», 20(1995)], pp. 461-491.

11 Carte reali diplomatiche di Giacomo II d’Aragona riguardanti l’Italia (1291-1327), ed. M.Scarlata, Palermo 1993 (Documenti per servire alla storia di Sicilia, I serie, Diplomatica,XXXI). In proposito, è però opportuno tener presenti per la stretta attinenza anche icontributi in forma di regesto di C. Monterde Albiac - M. Desamparados CabanesPecourt, Aragón en las cartas reales de Jaime II (1290-1300), «Aragón en la Etad Media», 16(2000), pp. 521-524, e Monterde Albiac - Desamparados Cabanes Pecourt, Aragón en lascartas reales de Jaime II (1300-1303), ibid., 17 (2003), pp. 43-69. E per quanto non stretta-mente collegati all’argomento qui considerato, non è fuori luogo ricordare anche altrilavori di edizione del fondo delle Cartas Reales quali sono stati, per esempio, F. C.Casula, Carte reali diplomatiche di Alfonso III il Benigno, re d’Aragona, riguardanti l’Italia,

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L’attenzione di Giacomo era dunque rivolta ai fatti di Sicilia.Tuttavia, la missiva non si configura come una semplice comunicazio-ne al proprio ammiraglio. Infatti, tra i primi di luglio e il dicembre pre-cedenti vi erano state tanto la vittoria navale di Capo d’Orlando, quan-to pure la rotta della cavalleria e della fanteria alleata nella battagliadella Falconaria: sicché essa veniva piuttosto a confermare una precisae inequivocabile intesa d’intenti circa la quaestio Siculorum.

Non a caso Giacomo spiegava di aver emanato e spedito ordine –avem fet e donada endresa – acciocché le galee che gli era stata fatta pre-ghiera di inviare – pregar non è infatti il semplice chiedere o richiedere– fossero armate nella città di València, e che, in aggiunta, fosse statodato anche il mandato di assoldare i cavalieri necessari per un buonequipaggiamento. Sicché, qualora non rimanesse altro da aggiungere aRuggero «si per la teva part no roman», per Giacomo era pacifico cheil Papa e re Carlo potessero avere tanto le galee quanto i cavalieri, «sihom nos atén ço qui per part de la Sgleya nos ha estat promès», cioèqualora nessuno si opponesse a quanto gli era stato promesso da partedella Santa Sede, ovvero – come si vedrà – la decima di tre anni.

Né Giacomo – continua il documento – si sarebbe astenuto dalcompiere quanto ancora rimaneva da fare, così come è evidente dallacircostanza stessa di non aver in alcun modo concesso che alcuno deisuoi sudditi si alleasse al fratello Federico; anzi, egli aveva già provve-duto a distogliere uomini e cavalieri da quel proposito con laute ricom-pense in denaro, dedotte dal patrimonio regio. A conferma dei propriintenti, Giacomo faceva ancora sapere di non aver dato il permessoalle navi catalane di dirigersi ad Alessandria d’Egitto e, dunque, inTerra Santa. Al contrario, egli riferiva di aver nel frattempo punitoduramente chi vi si fosse recato e di continuare a vigilare affinché nes-suno del Regno vi si conducesse.

Padova 1970 (Colección de documentos ineditos del Archivo de la Corona de Aragón,XLIV / Pubblicazioni dell’Istituto di storia medievale e moderna dell’Università degliStudi di Cagliari, 15), L. D’Arienzo, Carte Reali Diplomatiche di Pietro IV il Cerimonioso, red’Aragona, riguardanti l’Italia, Padova 1970 (ibid., XLV / ibid., 14), e ancora F. C. Casula,Carte reali diplomatiche di Giovanni I il Cacciatore, re d’Aragona, riguardanti l’Italia, Padova1977 (ibid., XLVIII / ibid., 23). Così come pure non è opportuno trascurare, nonostan-te non afferiscano al fondo delle Cartas Reales, bensì a quello dei Pergaminos, le Pergamenesiciliane dell’Archivio della Corona d’Aragona (1188-1347), ed. L. Sciascia, Palermo 1994(Documenti per servire alla storia di Sicilia, I serie, Diplomatica, XXXIII) e, ancorprima, e gli Acta Siculo-Aragonensia, II, Corrispondenza tra Federico III di Sicilia e Giacomo IId’Aragona, edd. F. Giunta – A. Giuffrida, Palermo 1972 (ibid., XXVIII).

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A leggerlo isolatamente, il documento non aggiungerebbe nulla aquanto è noto sulla svolta guelfo-angioina di Giacomo a partire dal1295. Tuttavia, una lettura integrata con quella di altri documenti con-tenuti in altre serie archivistiche ne permette una più dettagliata conte-stualizzazione, dimostrando che dagli interlocutori cui la comunicazio-ne si rivolgeva direttamente e indirettamente – dunque, in primoluogo, il destinatario, Ruggero di Lauria, e, per il tramite di costui,Bonifacio VIII – l’atteggiamento di Giacomo non fu percepito esatta-mente nei termini che si è cercato di spiegare.

Giacomo, il 5 giugno, era stato costretto a inviare tale comunica-zione a stretto giro, in quanto incalzato e sollecitato in tal senso, nellesettimane precedenti, proprio da Ruggero. Questi, di stanza a Napoli,già il 6 di maggio aveva, infatti, inviato una lettera in cui sollecitavaGiacomo ad ascoltare con estrema attenzione quanto il frateGuglielmo de La Cort gli avrebbe riferito. Ruggero però, nella propriamissiva, ricordava anche, significativamente, che l’armata che si stavapredisponendo in Catalogna12 – e qui è il chiaro riferimento alle galeecitate nella risposta del 5 giugno – non veniva allestita per la SantaSede, bensì per la salvaguardia del re di Sicilia, Carlo II, rispetto alquale il Lauria rimarcava proprio il legame familiare, (pare vostre), aven-do Giacomo contratto seconde nozze con Bianca d’Angiò13 cinqueanni prima.

Sulla base dello stesso vincolo familiare, l’Ammiraglio poteva dun-que aggiungere, oltre alla salvaguardia del re Carlo, anche quella per ilduca Roberto d’Angiò e per i nipoti di Giacomo: cosicché gli “affari”angioini erano i medesimi dell’Aragonese e, dunque, investivanoGiacomo direttamente. Anzi, di più, Giacomo stesso li doveva ritene-re come affari propri: «vós, senynor, los devets tenir com pervostres»14. Ancora a parer di Ruggero, il fatto che Giacomo non tenes-se in debita considerazione la questione siciliana si sarebbe tradotto inun grande biasimo (blasme) per il re, non solo da parte della Chiesa diRoma, ma anche dell’intera ecumene (de tot lo món).

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12 ACA, RC, Cartas Reales Diplomáticas [e da ora CRD] di Giacomo II, caja [e daora cj.] 94, n. 11442. La lettera è qui edita in Appendice, doc. 2. L’espressione è for-mulare, tuttavia è lecito supporre che Ruggero ritenga che le navi si stiano allestendonell’arsenale di Barcellona, piuttosto che in quello di Valenza.

13 Sulla regina Bianca, cfr. I. Walter, Bianca d’Angiò, regina d’Aragona, in DizionarioBiografico degli Italiani, 10, Roma 1968, sub voce.

14 ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 94, n. 11442.

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Con tutta probabilità, però, i timori di Ruggero dovevano ancoracrescere, se appena tre giorni dopo – il 9 maggio – l’Ammiraglio invia-va una nuova lettera a Giacomo, informandolo che in quella stessa dataera partito da Napoli alla volta della Sicilia per offrire supporto al ducaRoberto d’Angiò con 35 galee ben armate e 1400 cavalli ben equipag-giati tradotti nelle galee, oltre a 100 cavalli, presumibilmente non equi-paggiati: «Sàpia la vostra altea que diluns IX dies anats del mes de maigpartí’m de Nàpols per anar en Ceçília al duch ab XXXV galees benarmades et MCCCC cavals armats que portam en les galees, et C cavalsque portam al duch»15.

La lettera fu, evidentemente, scritta alcuni momenti prima chevenissero levate le ancore dal porto di Napoli; e, altrettanto evidente-mente, Ruggero sapeva bene che, solo a sbarco in Sicilia già concluso,Giacomo avrebbe letto la lettera, che sarebbe stata consegnata per iltramite del frate Guglielmo de Boxaders, il quale avrebbe ragguagliatoa parole il sovrano su ciò che accadeva a Roma e in Sicilia. A tal riguar-do Ruggero aggiungeva anche che considerava opportuno cheGiacomo tornasse quanto prima a Roma, poiché certamente il sovra-no ne avrebbe tratto molto profitto, tanto per sé quanto per le genticatalano-aragonesi e valenzane16.

Le due missive di Ruggero di Lauria appena ricordate si trovano –in originale – nella sezione Cartas Reales, rispettivamente, ai nn. 11442e 11472, ma pare che non abbiano destato particolare attenzione daparte degli studiosi. Neanche Finke, che pure, compulsando tutto ilfondo delle Cartas Reales, le aveva certamente individuate, le ritennetanto interessanti, da pubblicarle negli Acta. Preferì, infatti, trascrivere– e neanche integralmente – solo una lettera di Ruggero, inviata daNapoli il 27 d’aprile del 130017, alla quale si ricollegano sia le altre due

15 ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 94, n. 11472. La lettera è qui edita inAppendice, doc. 3.

16 Ivi.17 ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 93, n. 11333; cfr. Acta Aragonensia cit., I, doc.

56, pp. 79-81. È riedita integralmente infra, Appendice, doc. 1. Oltre alle ragioni giàaddotte, il documento è di estremo interesse poiché consente di dedurre come nonavesse sortito l’effetto auspicato la lettera di Curia che Bonifacio VIII aveva inviato aGiacomo II, il 15 gennaio 1300, nella quale era espressa pari esortazione a proseguirele operazioni di guerra in Sicilia (cfr. Les Registres de Boniface VII (1294-1303), edd. G.Digard - M. Faucon - A. Thomas - R. Fawtier, Paris 1884-1939 (d’ora in poi RB), II,pp. 601-603, doc. 3427), soprattutto dopo l’ordine papale del 19 giugno 1299, cheaveva assicurato, almeno sulla carta, tre anni ancora di decime alle casse della Coronaaragonese (ibid., p. 426, doc. 3088)

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di Ruggero di cui si è già parlato (le CR nn. 11442 e 11472), sia la rispo-sta di Giacomo, contenuta nel Registro 117, da cui s’è principiato ilragionamento.

Nella missiva del 27 aprile 1300, pure redatta in catalano, Ruggeroaveva ragguagliato Giacomo II circa gli esiti della propria missionelegatizia presso la Curia romana: missione molto faticosa, ma ancheforiera di successo se, alla sua partenza, egli aveva lasciato un’ottimaimpressione a fronte della cattiva accoglienza che aveva trovato. A par-lar di successo Ruggero certo non esagerava, poiché aveva ottenutoche Giacomo incamerasse la decima dei propri possedimenti per ladurata di tre anni, oltre che uno stipendio di grazia che l’Aragoneseavrebbe potuto richiedere per sé e per la propria gente, qualora si fosseoccupato, come figlio e ufficiale, degli interessi della Chiesa di Roma.

A seguire ancora il dettato della missiva, le ragioni della mala opinioche, a Roma, ci si era fatti su Giacomo non erano tuttavia infondate:da tempo s’erano diffuse nella Curia romana delle dicerie, secondo lequali Giacomo aveva rifiutato a bella posta di ricevere la nuova amba-sceria inviata dal Papa, perché, nel frattempo, aveva anche concessoche alcuni suoi sudditi si alleassero con Federico di Sicilia e perché, alcontempo, aveva permesso alle navi catalane di recarsi ad Alessandriad’Egitto. Per l’una e l’altra cosa, dunque, sia Bonifacio, sia i cardinalierano alquanto inquieti.

Ruggero aveva dissolto queste preoccupazioni, ma consigliava alsovrano di prender ciò che il Papa concedeva – le decime di tre anni –e di venire in aiuto di re Carlo senza dar luogo ad altre pretese, in quan-to gli affari di Sicilia erano affari del re catalano-aragonese, né esitavaa dire che proprio Giacomo ne avrebbe tratto molto profitto in termi-ni di possedimenti. Già in questa prima missiva, Ruggero aveva dun-que rimarcato le ragioni dell’intervento di Giacomo, non ultime quelleche derivavano dal legame parentale presente – l’aver appunto sposa-to l’Aragonese la figlia di Carlo II – e dalla discendenza futura: pertan-to era il vincolo di sangue che doveva indurre Giacomo ad inviare ildenaro, le 7 galee e i 60 cavalieri, che Ruggero richiedeva.

A dispetto della decisione di Finke di pubblicare solo la missiva del27 aprile e di trascurare le altre due dei primi di maggio, la lettura inte-grata di tutto il gruppo di documenti, che qui s’è proposta, colma unalacuna storiografica che proprio Finke non mancava d’evidenziare incommento: ovvero che il documento da lui pubblicato rimaneva «mer-kwürdig ohne Zeichen einer Antwort», cioè «stranamente, senza nes-

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sun cenno di risposta»; e sopperiva a quella mancanza dicendo cheRuggero aveva dato a Giacomo il buon consiglio di recarsi a Roma(estrapolando una frase dalla CR. n. 11472), e aggiungendo (sulla basedi un passo tratto dalla CR n. 11442) che era lusinghiero il credito diGiacomo presso la Curia romana.

La compattazione della sequenza epistolare qui proposta – missi-ve di Ruggero del 27 aprile, del 6 e del 9 maggio, e responsiva diGiacomo del 5 giugno – dà spazio ad alcune considerazioni, utili ameglio intendere gli anni liminali della guerra del Vespro: ovvero cheal di qua dei Pirenei si voleva che la posizione di Giacomo, oltre chechiara e determinata negli intenti, fosse anche fattivamente collabora-tiva. Qualche incertezza difatti aveva generato il suo repentino ritornoin Catalogna nel luglio del 1299. Del resto, Giacomo non avevamostrato molta più solerzia né prima, mentre era ancora di stanza inSicilia, ritenendosi evidentemente abbastanza soddisfatto per l’esitoepico della battaglia di Capo d’Orlando, né dopo, nella primavera del1300, in Catalogna, mentre era assorbito da tutt’altre questioni.

Significativo, in tal senso, è l’esordio della missiva del 5 giugno:«Fem-vos saber que reebem vostres letres que ara novellament nos tra-mesés, e so qui en aquellas era contengut entesem diligentment».L’espressione entesem diligentment, sebbene formulare, corrisponde sia alsignificato di «abbiamo inteso correttamente», sia a quello di «abbiamointeso accuratamente», tanto appunto da sollecitare la risposta diGiacomo, circa la questione siciliana ancora aperta.

Dal 1282 al 1300 – è noto – la guerra aveva subito mutevoli vicen-de, però, proprio all’indomani della Pace di Anagni, il Vespro per i variattori coinvolti – Giacomo II, Bonifacio VIII, Carlo II, Federico III e,non ultimo, lo stesso Ruggero di Lauria – stava diventando sempre piùuna questione che proponeva prospettive differenti.

Per quanto riguarda Giacomo II, alla svolta che, pur senza rinun-ciare alla posizione di vantaggio acquistata con l’occupazione dellaSicilia18, aveva impresso alla sua politica mediterranea con i patti di

18 F. Giunta, Ferrer de Abella e i rapporti tra Giacomo II e Giovanni XXII, in Studi medie-vali in onore di Antonino De Stefano, Palermo 1956, pp. 231-262: 231 (poi rist. anche inGiunta, Uomini e cose del Medioevo mediterraneo, Palermo 1964, pp. 167-220: 167-168); S.Tramontana, Soluzione catalana del Vespro, in Tramontana, Gli anni del Vespro.L’immaginario, la cronaca, la storia, Bari 1989, pp. 183-228: 213-214; il capitolo già erastato edito in forma più estesa, col titolo La Spagna catalana nel Mediterraneo e in Sicilia,«Nuova rivista storica», 50 (1966), pp. 545-579.

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Anagni e con l’avvicinamento decisivo a Bonifacio VIII, egli, dal 1296,aveva aggiunto altre direttrici d’espansionismo: sia esterno, volto alMediterraneo occidentale, con la contropartita della Corsica e dellaSardegna, sia interno, significativamente orientato verso la Penisolaiberica. In particolare, a far data dal 1296, la Corona d’Aragona si eracimentata, a casa propria, nella campagna per la ri-conquista del Regnodi Murcia (1296-1304)19, le cui terre, strette tra il Regno di Valenza anord e il Regno di Granada a sud, erano dal 1243 divenute distrettogiurisdizionale e territoriale della Corona di Castiglia-León, per levicende pregresse della reconquista e poi per l’aiuto catalano-aragoneseofferto dall’infante Pietro d’Aragona nella cosiddetta guerra di Múrcia(1265-1266). La decisione di Giacomo II di iniziare una nuova campa-gna, convinto in principio di ottenere il Regno di Múrcia senza troppafatica in cambio del sostegno che egli poteva offrire al candidato usur-patore Alfonso de la Cerda20, portò la Corona catalano-aragonese a unduro e lungo confronto con la Castiglia. Nell’impresa vennero mobili-tate tutte le forze della Corona d’Aragona, mediante il consueto reclu-tamento di uomini e mezzi, sino almeno al trattato di Torrellas, cheavrebbe posto fine alle ostilità. La tensione, dunque, persisteva all’in-terno della Penisola iberica, sebbene anche l’impresa murciana avesseconosciuto varie interruzioni dovute all’andamento stagionale tipicodelle guerre di quell’epoca, ma anche a questioni di più stringentediplomazia: dal principio del conflitto, infatti, Giacomo era venuto aRoma e in Sicilia due volte, nel 1298 e nel 1299. Tuttavia, la ripresa del-l’offensiva doveva essere imminente, se Giacomo, subito dopo l’asse-dio fallimentare di Siracusa del 1299, fece immediatamente ritorno in

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19 In proposito, si rimanda al conciso capitolo di M.T. Ferrer Mallol, La guerra conCastilla de 1296-1304. La conquista del Reino de Murcia por Jaime II, in Ferrer Mallol, Entrela paz y la guerra. La Corona catalano-aragonesa y Castilla en la baja Etad Media, Barcelona2005 (Anuario de Estudios Medievales, 59), pp. 27-160. Sul frangente, si veda, altresì,il capitolo di A. Masiá De Ros, Jaime II y Fernando IV, in Masiá De Ros, Relación castel-lano-aragonesa desde Jaime II a Pedro el Ceremonioso, Barcelona 1994 (Biblioteca de Historia,23), Texto, I, pp. 53-188: 53-126.

20 Qualche anno prima, in Castiglia-León, la morte del re Sancho IV aveva creatouna situazione di vacanza del trono per via della minorità dell’infante, poi futuroFernando IV di Castiglia (1295-1312), considerato illegittimo. A Jaca, nel settembre del1288, Alfonso III di Aragona aveva infatti organizzato la proclamazione di Alfonso dela Cerda a re di Castiglia, portando già a quell’epoca i due Regni di Castiglia-León e diAragona ad una guerra di frontiera, con diverse battaglie tra il 1289, il 1290 e il 1291.

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Catalogna21, lasciando la questione siciliana in mano agli alleati conti-nentali.

Dal canto suo, Carlo II aveva più volte impegnato la corona per laconduzione della guerra in Sicilia ed era tornato ad impegnarla nuova-mente nel giugno del 129922. E allo stesso modo Bonifacio si era pari-menti esposto economicamente sia con Carlo23 che con Giacomo24,sebbene ora nei riguardi di costoro tenesse sempre più stretti i cordo-ni della borsa e ricordasse sempre che – come ha ben rilevato MarioDel Treppo – con la bolla del 1297 aveva ottenuto da Giacomo II,«dietro giuramento di fedeltà, pagamento del censo e servizio militare[…], pegno di una politica a sostegno della Curia e contro i suoi nemi-ci, alla quale l’Aragonese s’era vincolato l’anno prima, accettando lacarica di ammiraglio e capitano generale della Chiesa e la guida di unacrociata “pro subsidio Terre Sancte, vel contra quoslibet hostes dicteEcclesie seu rebelles”»25. In forza di ciò, Bonifacio si sentiva pertantolegittimato a richiamare Giacomo al proprio dovere anche nel genna-io del 130026.

Federico d’Aragona, re di Sicilia, da par suo, non dormiva sonnitranquilli poiché col denaro, nel corso del 1299, Giacomo II aveva cer-cato la cooptazione e l’abiura dei Catalani rimasti dalla parte diFederico e che s’erano insediati in Sicilia, sin dal principio della con-quista, ottenendo poi possedimenti anche nella estremità continentaledel Regno mano a mano che il partito catalano-aragonese di Pietrod’Aragona e di Giacomo avanzava nel primo decennio di guerra, non-ché di alquanti maggiorenti autoctoni titolari di feudo o di castelli27. Né

21 F. Soldevila, Història de Catalunya, Barcellona 19622 (1a ed.: 1934-1935), I, pp.408-409.

22 F. P. Tocco, Bonifacio VIII e Carlo II d’Angiò: analisi di un rapporto politico ed umano,in Bonifacio VIII. Ideologia e azione politica. Atti del Convegno organizzato nell’ambitodelle Celebrazioni per il VII Centenario della morte (Città del Vaticano - Roma, 26-28aprile 2004), Roma 2006, pp. 221-239: 228.

23 Ibid.24 Amari, La guerra del Vespro cit., I, p. 531. In proposito, va infatti rimarcato come

il 28 aprile del 1300 Bonifacio VIII ben provvedesse a concedere le decime: questeerano, però, promesse per un solo biennio a fronte dei tre anni indicati nella missivadi Ruggero di Lauria a Giacomo II di appena un giorno prima (cfr. RB, II, pp. 603-604, doc. 3369).

25 M. Del Treppo, L’espansione catalano-aragonese nel Mediterraneo, in Nuove questioni distoria medievale, Milano 1964, pp. 259-300: 270.

26 Amari, La guerra del Vespro cit., I, pp. 578-579.27 Ivi, I, pp. 537-539.

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dovette Federico trascorrere notti migliori dopo la vittoria dellaFalconaria, poiché era evidente che le ostilità sarebbero riprese nellaprimavera successiva del 130028 e, al momento, poteva contare su «forti,ma poche schiere, alimentate da scarsi danari»29; mentre Giacomo, cheinvece di denaro ne aveva ricevuto dagli alleati per la questione sicilia-na, ora, ritornato in Catalogna, ne aveva bisogno e in maggiore quanti-tà, ma da impiegare in faccende avulse dalla quaestio Siculorum.

Ruggero, infine, che per la conduzione della guerra aveva tralascia-to gli affari personali e le contese patrimoniali che lo vedevano coin-volto nel Regno di Valenza30, per quanto fosse garantito nelle tuteledalle assicurazioni di Giacomo – «e fem-vos saber que vós, vostres fillse tota vostra terra avem recomanats en nostra guarda e en nostre defe-niment, e no lexarem que null hom lur faés robos ne greuges neguns,ans los en defendríem»31 – un qualche interesse ad incalzare il sovranopure l’aveva, dal momento che egli stesso aveva anticipato del proprioper il nuovo arruolamento della primavera del 130032.

Accomunati dunque tutti da uno stesso bisogno – la ricerca difondi, uomini e mezzi – sia pur all’interno di un quadro visto da pro-spettive differenti, a Carlo II prima, e a Ruggero di Lauria dopo, nondoveva sembrare inutile scrivere lettere: a Filippo il Bello, il primo33; aGiacomo, il secondo. Mentre infatti si profilava lo scenario di quellache sarebbe stata la battaglia di Ponza del 15 giugno 1300, in cui la flot-ta al comando di Ruggero avrebbe inflitto un’altra dura sconfitta ailegni siciliani di Federico34, non doveva esser fuori luogo e privo diragionevole plausibilità l’invio a stretto giro di missive da partedell’Ammiraglio nelle prime settimane di maggio, se appena nell’aprileprecedente, a fronte degli impegni variamente presi da tutti coloro cheerano coinvolti, il timore paventato era che la mancata tempestività diGiacomo avrebbe comportato non solo un’infelice prosecuzione delleoperazioni di guerra in Sicilia, ma anche un danno economico non

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28 Ivi, I, pp. 565 e 571.29 Ivi, I, p. 572.30 Qui, il riferimento è ad una lunga contesa giudiziaria che Ruggero di Lauria hanel Regno di Valenza relativamente ai castra di Calp e di Altea e i cui termini sonostati ricostruiti documentalmente nella tesi di dottorato citata.31 ACA, RC, Reg. 117, ff. 168r-168v. Cfr. infra, Appendice, doc. 4.32 Amari, La guerra del Vespro cit., I, p. 577 e nota 1.33 Ivi, I, p. 573, e II/1, doc. XLII, pp. 328-330.34 Ivi, I, pp. 588-589.

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secondario35. E, se l’evidenza documentale consente parimenti diappurare come le navi richieste non riuscissero a dar man forte nelloscontro navale di Ponza, essendo queste ancora in procinto di salparedall’arsenale di Valenza a metà di luglio36, certamente, la lettura inte-grata dei documenti qui proposti ben chiarisce come la perorazione diRuggero andasse nella direzione di un’accelerazione della politica diGiacomo relativamente alle contingenze della questione siciliana, chel’Aragonese, se non proprio trascurava, quantomeno osservava da lon-tano, restando in Catalogna.

(Univ. della Basilicata) ROSANNA LAMBOGLIA

35 ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 93, n. 11333; v. infra, Appendice, doc. 1: «ami par que molt vos estaría mal si, de les coses damunt dites, veníets menys al reyvostre pare ne al duch, et espeçialment avén pres lurs diners et la ferma que us ha feytaen Proença. Et encara que ly faríeu perdre los diners que ha despeses per fer venir loscavalers et les galees damunt dites, et auríeu-ne gran blasme en cort de Roma et pertot lo món».

36 ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 5, n. 792. Emanato nella città di Daroca, il14 luglio 1300, il documento è ancora una missiva di Giacomo II a Ruggero di Lauria,redatta in catalano. Contiene delle indicazioni di massima cui il Lauria si deve attene-re, oltre alla notizia della designazione di Pietro di Ribalta a capitano delle navi valen-zane ormai allestite e in procinto di salpare.

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APPENDICE

1[1300] aprile 27, Napoli

Ruggero di Lauria scrive a Giacomo II, riferendogli dell’ambasceria svol-ta presso la Curia papale ed esortandolo a continuare le operazioni di guerrain Sicilia.

ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 93, n. 11333.Ed.: Acta Aragonensia cit., I, doc. 56, pp. 79-81 (trascrizione incompleta e

con errori).Sul verso: «Al molt alt senynor rey d’Aragó».

Al molt alt seynor en Jacme per la gràçia de Déu rey d’Aragó et deValència et de Múrçia, comte de Barçelona, almiral et gonfanoner et capitanigeneral de la Sancta Esgleya de Roma, Roger de Lòria, almiral vostre, coman-me en la vostra gràçia, besàn la terra davant los vostres peus.

S[à]pia la vostra altea, que, quan yo fuy a Roma, ab molt de trebal, segonsque frare Guillem de la Cort vos ha pogut enformar, endr[e]s[é] ab lo seynorpapa et ab los cardenals que, axý com avíen de vós, seynor(a), com(a) yo hivinch, mala opinió, quan yo·n partí la n’ageren bona; et atorgà-[u]s lo papadavant los cardenals, et davant micer Bertolomeu(b) de Càpua et el bisbe deRevell et frare Guillem de la Cort, que, mantinent que vós agésets atorgat lamisageria que’ll vos enviava, vos daria la delma de vostra terra de III ayns, et,si vehia que us portásets en los feyts de la Esgleya axý con fill et ofeçial de laEsgleya deu portar, que tota gràçia que vós demanásets ne vostres gents a laSancta Esgleya, que totes les auríets. Sàpia la vostra altea que, depuis los mis-atges vengren a vós, perlats de vostra terra han escrit en cort de Roma quevós no veníets bé a la misageria que’ll vos avia enviada; et encara, que’n la cortde Barçelona, quan vos donaren la s[i]sa, avíets atorgat que tot hom poguésanar aydar a don Fedrich et ohon los plagués; et encara, que avíets donadalasènçia que les naus de vostra terra pogesen anar en Alexandria, de la qualcosa lo papa et ells cardenals són molt torbats. Mas lo rey de Ceçília, parevostre, e[nvi]à m[an]tinent sos misatges al papa(d) et als cardenals que no udegesen creure, que vós érets bon crestià et no consentríets res que fos con-tra l’Esgleya, et axý que ly pregava que la delma que us avía promesa que la usdegés dar. Et no ha pogut acabar ab lo papa, per rahon de les paraules damuntdites, sinó d[e] dos ayns, et d’aquells dos ayns ha levat lo Temple et l’Espital,per tal que·lls manà pasar en Oltramar per rahon de la vençió que·lls Tartresy an feyt en los Sarahins en la Terra Sancta. Et lo rey pare vostre à-y enviataltre misage que, clamàn merçé al senynor papa, que la us deya dar als III ayns,segons que la us avia promesa. No sabem encara que’n serà. Seny[nor], [a] mipar que vós deyat pendre ço que·ll senynor papa os dona, et deyats ajudar al

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rey Carles, que us ama axý com a fill, que ben sabets que aquests feyts [s]óndel rey pare vostre, et el rey vos pagarà, et ells feyts del rey són vostres, etCeçília del duch et de vostres nebots deu ésser; et deu-v[o]s menbrar que vóslexàs lo duch en Ceçília et(d) lexàs-hi mi et bona partida de vostres gents, et elduch à major fé en vós que’n pers[ona] del món; et ha bells dos fills de vos-tra sor, et vós, senynor, n’avets IIII de madona la regina, sa sor, et, si a Déuplau, aurets-ne asats, cascun[s] a[y]n vós et vostres fills serets senynors deCeçília, et el rey vostre pare, et el duch et els fills del duch per rahon deuenesser seynors de·ls per […] de la terra vostra; et devets […] cosa [...] et donFedrich, frare vostre, çó que diu de vós, et […] a vós et a vostres fills, dónDéus, per la sua pietat, a la sua persona. Senynor, clam-vos merçé que ço queavets comensat et trebalat vós et vostres gen[t]s, que a vostra culpa no hovulats perdre per [ta]n poca rahon, que no tan solament devets donar leer alrey vostre pare, et al duch et a vostres nebots et a vostra sor, d’armar et detrer de vostra terra per lur salvament, ab lurs diners, VII galees et LX cavalers,que abans, creu yo, que si vós n’aurets avinentea li n’enviaríets tres tantes avostra mesió. Et clam-vos merçé, senynor, que·m perdonets ço que yo dich etdiré, que a mi par que molt vos estaría mal si, de les coses damunt dites,veníets menys al rey vostre pare ne al duch, et espeçialment avén pres lurs din-ers et la ferma que us ha feyta en Proença. Et encara que ly faríeu perdre losdiners que ha despeses per fer venir los cavalers et les galees damunt dites, etauríeu-ne gran blasme en cort de Roma et per tot lo món. Moltes coses vosporía dir sob[r]e [le]s coses damunt dites de les quals me cail, que yo sé que lavostra descrecion és tanta que mils les vós sabets pensar que yo [les] sabríaescriure. Mas clam-vos merçé que us menbre que la persona del món a quipits vol don Fedrich sóts vós, et sapiats per cert que, segons paraules diu devós, et pits vos vol que a mí. Et sia la merçè vostra que us menbre que’n aque-sts afers en què yo só, vós m’i avets mès, et creu, encara que yo valla poch,que pus per vós só en los afers aquests(a), que per salvament de mi et de materra me deuríeu donar lesènçia que ab mos diners pogés treer de vostra terraVII galees et LX hòmens a caval. Donques, ben par que sía rahon qu’a(c) serviide Déu et de la Sancta Esgleya et de vostre pare et de vostre frare et de vostresnebots contra aquell qui us vol pits qu’a denguna persona, deyats voler quevingen. Amat la Glésia, et serets seynor de vostres gents et de vostres ene-michs(e), et no us costarà ren del vostre, et pensat vós, axý con aquell senynorque sóts tot savi, què us pot avenir del contrary. Clam-vos merçé que mos fillset ma terra hos sien comanats, que vós me lexàs ab lo duch, et en servii de laSancta Esgleya et de vostre pare, et el duch és en Ceçília et no entèn de par-tir-me d’ell, que no m’estaría bé, fin qu’aga acabat son enteniment, ho yo simorc en lo servii damunt dit.

Escrita en Nàpols XXVII dies anats del mes d’abril.

a) Parola in interlineo b) segno di abbreviazione sopra meu c) precede parola cancella-ta d) segue parola cancellata e) segno di abbreviazione sopra ch

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2[1300] maggio 6, Napoli

Ruggero di Lauria scrive a Giacomo II, esortandolo a continuare le ope -ra zioni di guerra in Sicilia.

ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 94, n. 11442.Sul verso: «Al molt alt et poderós senynor en Jacme, per la gràçia de Déu

rey d’Aragó».

Al molt alt et poderós senynor en Jacme, per la gràçia de Déu rey d’Aragóet de Va[lè]ncia et de Múrçia, comte de Barçelona et de la Sancta Esgleya deRoma almiral et capitani general, Roger de Lòria, almiral vostre, me coman envost[r]a gràçia, besàn la terra davant los vostres peus.

Clam-vos merçè, senynor, que, que creegats a frare Guillelm de la Cortde tot ço que’ll vós enf[o]rmarà de la nostra part, com yo(a) siam cert, senynor,que tanta és la vostra descreçió que mils vos ho pensats vós que yo(b) no usho sabríe[m] [dir]. [E]ncara us fas més asaber, senynor, que l’armada que·s faen Catalunyna no·s fa per la Esgleya, àns se fa per lo rey de Ceçília pare vostreet per lo duch et per vostres nebots, et axý, senynor, los afers lurs són vostreset toquen a vós, per què vós, senynor, los devets tenir com per vostres; et sivós, senynor, açò no reebíets et teníets com per vostres, auríets-ne granplasme de la Sancta Esgleya et de tot lo món. Encara us clam merçè, senynor,que mi et mos fills et la mia terra us siam comanats e·ns tingats en vostra guàr-dia.

Escrita en Nàpols VI jorns anats del mes de maig.

a) Parola in interlineo b) parola in interlineo su nós cancellato

3[1300] maggio 9, Napoli

Ruggero di Lauria scrive nuovamente a Giacomo II, esortandolo ancoraa continuare le operazioni di guerra in Sicilia.

ACA, RC, CRD di Giacomo II, cj. 94, n. 11472.Sul verso: «Al molt alt senyor en Jacme per la gràcia de Déu rey d’Aragó».

Al molt alt senynor en Jacme, per la gràçia d[e] Déu rey d’Aragó et deValència et de Múrçia, comte de Barçelona, Roger de Lòria, almiral vostre, mecoman en vostra gràçia, besàn la terra davant vostres peus.

Sàpia la vostra altea que diluns IX dies anats del mes de maig partí’m deNàpols per anar en Ceçília al duch ab XXXV galees ben armades et MCCCC

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cavals armats que portam en les galees, et C cavals que portam al duch. Delsaltres ardits de la terra, et de la cort de Roma et dels feyts de Ceçília, per frareGuillem de Box[ade]ras, portador de les presents, vos ne podets enformar.Clam-vos merçè que us plàçia de ser bé ab la cort de Roma, que no us costaràres del(a) v[ostr]e(a) et s[egui]r-vos-n’à molt de profit a vós et a les vostresgents. La rahó per què yo son cert que la vostra descreçion és tanta que milsla us sabets vós pensar que yo no la sabria fer escriure. Clam mercè a la vos-tra altea que mos fills vos sien comanats.

Escrita en Nàpols diluns IX dies anats del mes de maig.

a) Parola in interlineo

41300 giugno 5, Lérida

Giacomo risponde alle lettere inviate da Ruggero, assicurando che legalee armate nella città di Valenza e il contingente militare assoldato giunge -ran no in Sicilia, così come era stato promesso alla Santa Sede. Giacomo infor-ma, altresì, circa il suo diniego a compiere una crociata ad Alessandria e cheha fatto punire chi con le navi catalano-aragonesi si era recato in Terra Santa.

ACA, RC, Reg. 117, f. 168r-v.

En Jacme, per la gràcia [de Déu] rey d’Aragon, de València et de Múrciaet comte de Barcelona, et de la sancta Sglea de [Roma] gomfanoner, almirayle capità general, al noble et amat en Roger de Lòria, almirall dels regnesd’Aragon et de Sicília, salut et dilecció.

Fem-vos saber que reebem vostres letres que ara novellament nostramesés, e so qui en aquellas era contengut entesem diligentment. A les qualsvos responem que nós, així con aquells que som e ésser volem tots temps endevoció et en reverència del senyor papa e de la Sglea de Roma, e fer tota renque puscham bonament qui torn a serviy et honor del senyor papa e de la Sgleyade Roma, et encara del molt alt e poderós príncep rey Karles, avem fet e dona -da endresa que les galees de què·ns trameseren pregar se armen en la ciutat deValència, e encara que·ls cavallers se asoldejen, e, si per la teva part no roman,éls poran aver les galees e·ls cavalers damunt dits si hom nos atén ço qui perpart de la Sgleya nos ha estat promès. E sapiats per cert que per nós res no yromandrà a complir. Encara us responem que nós en la cort de Barchinona neen altra manera no avem atorgat que null hom puga anar ayudar a donFrederich, àns o avem vedat e o entenem a vedar aitant con puscham, encaraque a alcuns richs hòmens e cavallers, qui passar y solien, e als quals no opodíem vedar bonament, avem donats diners et altres coses del nostre, per quèsón romases. Encara us fem saber que nós no avem dada licència que les naus

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de la nostra terra pusquen anar en Alexandria, àns avem punits fortment aque-ls qui y eren anats e ente[ne]m a vedar que null hom no y vaja. E fem-vos saberque vós, vostres fills e tota vostra terra avem recomanats en nostra guarda e ennostre defeniment, e no lexarem que null hom lur faés robos ne greugesneguns, àns los en defendríem.

Data Ilerde nonas iunii anno Domini M°CCC°. Bernardus de Aversone, mandato regio.

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