Post on 13-May-2023
R e sponsa bilità ci v ile e pR ev idenz ar i v i s t a m e n s i l e d i d o t t r i n a ,g i u r i s p r u d e n z a e l e g i s l a z i o n e
d i r e t t a d aG i o v a n n i I u d i c a – U g o C a r n e v a l i
| est rat to
A p p u n t i s u i r e a t i c o m u n i d e g l i a v v o c a t idi Giovanni Cocco
| P . 2 1 8 8 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E
| 194 APPUNTI SUI REATI COMUNIDEGLI AVVOCATI
di Giovanni Cocco – Ordinario di diritto penale nell’Universita di Cagliari
Il saggio analizza i reati comuni integrati dagli avvocati nella pratica forense, in particolare enucleando leipotesi della c.d. truffa processuale, della responsabilita per il falso ideologico del giudice determinato dal-l’avvocato ex art. 48 c.p. e della responsabilita a titolo di concorso nel reato del cliente di chi presti la con-sulenza legale.
Sommario 1. Premessa. — 2. La c.d. truffa processuale. La questione in generale. — 2.1. La c.d. truffa proces-
suale impropria o occasionale. — 3. Il falso ideologico del pubblico ufficiale determinato da altrui inganno. —
4. La consulenza e assistenza professionale illecita.
1. PREMESSAAll’infuori di alcune fattispecie espressamente rivolte ai professionisti ed agli avvo-
cati in particolare, tra cui si evidenzia il segreto professionale (art. 622 c.p.) (1), non-
che di quelle che specificamente tutelano la amministrazione della giustizia e rivolte
al patrocinatore: (artt. 380, 381 e 382 c.p.) o aventi valenza piu generale (in partico-
lare art. 374 c.p.: frode processuale) (2), peraltro di rara applicazione, la pratica fa
emergere alcune ipotesi di reati comuni integrati dagli avvocati di particolare rilievo
e di notevole spessore dogmatico di cui si evidenzieranno in questi appunti i tratti
salienti.
2. LA C.D. TRUFFA PROCESSUALE. LA QUESTIONE IN GENE-RALEE particolarmente dibattuto, gia prima del codice Rocco, se sia o meno configurabile
la c.d. truffa processuale, problema la cui soluzione impone una puntuale ricostru-
zione dei fatti oggetto di valutazione, fondamentale nell’analisi delle soluzioni pro-
spettabili, poiche ritengo che gran parte della confusione di linguaggi e soluzioni de-
rivi dalla trattazione sotto un’unica etichetta di problematiche differenti. In termini
generali, infatti, si assume come oggetto di valutazione l’ipotesi in cui una delle parti,
nel giudizio civile, amministrativo e financo penale, inducendo con artifici o raggiri in
errore il giudice, ottenga una decisione patrimonialmente dannosa per taluno (3). Tale
approccio sconta il riferimento all’art. 374 c.p., che prevede la frode processuale con
(1) Su cui G. Cocco, Inviolabilita dei segreti privati
(621, 622, 623), in G. Cocco-E.M. Ambrosetti (a
cura di), Manuale di diritto penale parte speciale. I
reati contro le persone, Padova, II ed., 2010, 428 ss.(2) Su cui G. Cocco-E.M. Ambrosetti-E. Mez-
zetti (a cura di), Manuale di diritto penale parte
speciale. I reati contro i beni pubblici, Padova, I ed.,
2010, 373 ss.(3) Il tema e affrontato anche nel diritto penale
tedesco, v. Pagliaro, Principi di diritto penale, Parte
Speciale - III. Delitti contro il patrimonio, Milano,
2003, 337, n. 77.
P . 2 1 8 9 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
riferimento ai procedimenti civili, amministrativi e penali, ma tale abbinamento pare
fuorviante per due ordini di motivi. In primo luogo la netta differenza tra la prospet-
tiva della truffa, reato contro il patrimonio, e quella della frode processuale, reato
contro l’amministrazione della giustizia; d’altra parte, e la stessa previsione ad attri-
buire alla fattispecie di cui all’art. 374 c.p. un ruolo sussidiario per i casi in cui non
sussista una specifica tutela, come espressamente indica la formula « qualora il fatto
non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge », la norma
predispone dunque una sanzione di specifiche condotte illecite con riferimento a tutti
i procedimenti in questione, compreso in particolare quello penale in cui e piu diffi-
cile ipotizzare la ipotesi di truffa, salva la configurabilita di altri reati, cosicche eviden-
temente non puo attribuirsi alla previsione la esclusiva della sanzione penale di frodi,
falsi o comunque degli artifizi e raggiri che avvengano nell’ambito di un procedimento
financo ingannando il giudice (4). Pertanto, ritengo in linea di principio che non sia
possibile condizionare la ricerca di fattispecie incriminatrici di condotte quali quelle
sopra descritte a causa della vigenza dell’art. 374 c.p. e che si possano avere tra que-
st’ultima previsione e le varie fattispecie incriminatrici che entrino in campo solo oc-
casionali punti di sovrapposizione riguardo a specifiche situazioni concrete, in cui
eventualmente possono proporsi problemi di concorso di norme (5), peraltro a mio av-
viso risolti dalla clausola di sussidiarieta. Del tutto errato, d’altra parte, il riferimento
al divieto di analogia (6) poiche non si tratta di estendere l’applicazione dell’art. 374
c.p. a casi analoghi, ma di verificare la eventuale integrazione di altre ipotesi di reato.
Cade cosı l’argomento comunemente utilizzato in dottrina (7) e giurisprudenza (8) per
escludere in generale la stessa prospettabilita della c.d. truffa processuale.
Il secondo argomento, sempre ponendosi la questione in termini generali, come se
vi fosse una fattispecie tipica di truffa processuale (il che evidentemente non e), appare
in verita piu insidioso, focalizza l’attenzione sulla figura del giudice ingannato e sulla as-
senza dell’atto di disposizione patrimoniale, esercitando il giudice il potere pubblicistico
connesso alla giurisdizione (9). Insomma, seppure si riconosca che la truffa non esige l’i-
dentita tra la persona indotta in errore e quella che subisce conseguenze patrimoniali
negative per effetto dell’induzione in errore, si afferma che nella c.d. truffa processuale
ad essere tratto in inganno e il giudice che, se ha il potere di incidere in modo pregiudi-
(4)Mantovani, Diritto penale, Parte speciale, I,
Delitti contro la persona, Padova, III ed., 2008, 185;
Pagliaro, Parte spec., III, cit., 338; Antolisei, Ma-
nuale di diritto penale, Parte speciale, I, XIV ed.,
agg. Conti, Milano, 2002, 356; Cass. pen., Sez. II, 29
ottobre 1998-29 gennaio 1999, n. 6335, in Cass.
pen., 2000, 1275; contra Manzini, Trattato di diritto
penale italiano, VIII (persona), V ed., agg. Nuvo-
lone, Pisapia, Torino, 1983-1985, 720, che nega
esclusivamente per tale ragione la configurabilita
della c.d. truffa processuale, figura che pero deli-
mita rigorosamente, v. avanti in questo §.(5)
Mangano, Frode e truffa nel processo, Milano,
1976, 128.(6) Cosı, invece, Cass. pen., Sez. II, 30 gennaio
2008, n. 6022, in Cass. pen., 2009, 1553, in tema di
arbitrato; Cass. pen., Sez. II, 23 maggio-16 luglio
2007, n. 29929, in Riv. pen., 2007, 1235; Cass. pen.,
Sez. VI, 2 dicembre 1999, n. 4026, in Riv. pen.,
2000, 708.(7) Manzini, Trattato di diritto penale italiano,
IX, cit., 720; Fiandaca-Musco, Diritto penale,
Parte speciale, II, t. 2, I delitti contro il patrimo-
nio, Bologna, IV ed., 2005, 187 (189); Pisa, voce
Frode processuale, in Dig. disc. pen., V, 1991, 327;
La Cute, voce Truffa, in Enc. dir., XLV, Milano,
1992, 274.(8) Cass. pen., Sez. II, 30 gennaio 2008, n. 6022,
cit.; Cass. pen., Sez. V, 6 giugno 1996, in Riv. pen.,
1997, 294; Cass. pen., Sez. II, 26 novembre 2002-22
gennaio 2003, n. 3135, in Riv. pen., 2003, 298.(9)
Fiandaca-Musco, Diritto penale, Parte spe-
ciale, cit., 187; Pedrazzi, Inganno ed errore nei delitti
contro il patrimonio, Milano, 1955, 106.
| P . 2 1 9 0 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
zievole con un suo provvedimento sul patrimonio di una delle parti, tuttavia emette un
atto di disposizione patrimoniale, in forza di poteri conferitigli dalla legge, che non e un
libero atto di gestione di interessi altrui, ma l’esplicazione del potere giurisdizionale di
natura pubblicistica (10), la cui finalita e l’attuazione di norme giuridiche e la risoluzione
dei conflitti di interessi tra le parti (11), pertanto si esclude la configurabilita del reato nel
caso in cui un giudice adotti un provvedimento concernente una disposizione patrimo-
niale favorevole all’imputato indotto in errore da una testimonianza falsa (12) o dalla pro-
duzione di un falso documento (falsa procura a vendere) (13). Occorre, invece, sottoli-
neare che vengono erroneamente ascritti all’indirizzo, il caso di un decreto ingiuntivo
ottenuto producendo documenti rappresentativi della esigibilita di crediti in realta
estinti, equiparato alla sollecitazione di un credito estinto, in cui si esclude la condotta
artificiosa (non l’atto di disposizione) (14); e il caso di autorizzazione a vendere da parte
del giudice tutelare sulla base di una falsa perizia, in cui l’atto dispositivo e individuato
nella effettiva vendita e si ravvisa il falso ideologico in autorizzazione amministrativa
per induzione in errore del p.u. (il giudice) ex artt. 48 e 480 c.p. (15).
Tuttavia, anche questo argomento, pur suggestivo non e affatto convincente, in ve-
rita nessun rilievo puo avere ai fini del diritto penale la natura pubblicistica dei poteri
del giudice (16), essendo questo settore dell’ordinamento fondato sulla materialita, cio
che contano sono gli effetti concreti dell’esercizio di tale potere che in concreto sfocia
in atti di disposizione del patrimonio delle parti (17); e appena il caso di rilevare che
l’arricchimento interpretativo del contenuto della fattispecie con l’elemento implicito
dell’atto di disposizione patrimoniale non puo giungere a pretendere o consentire la
definizione di quest’ultimo sul modello della c.d. truffa contrattuale, come accade
quando si dice che il giudice e privo di ogni potere di gestione sui beni e di qualsivo-
glia obbligo di compiere atti giuridici nell’interesse della parte (18), ne ad attribuirgli il
significato assunto in sede civilistica di negozio giuridico che produce immediata-
mente il trasferimento, la modificazione o la estinzione di un preesistente diritto sog-
gettivo patrimoniale (19). In definitiva e sufficiente che la persona ingannata si trovi in
una situazione giuridica che le conferisca il potere di compiere l’atto di disposizione
patrimoniale per l’altrui patrimonio (20). Cosı pronunciare una sentenza puo rappre-
(10) Cass. pen., Sez. II, 9 luglio-9 ottobre 2009,
n. 39314; Cass. pen., Sez. II, 30 gennaio 2008,
n. 6022, cit.; Cass. pen., Sez. II, 23 maggio-16 luglio
2007, n. 29929, cit.; Cass. pen., Sez. II, 18 aprile-5
giugno 2002, n. 21868, in Riv. pen., 2003, 179.(11) Cass. pen., Sez. II, 23 maggio-16 luglio 2007,
n. 29929, cit.; Cass. pen., Sez. II, 26 novembre
2002-22 gennaio 2003, n. 3135, cit.(12) Cass. pen., Sez. II, 23 ottobre 2007, n. 42333,
in Guida dir., 2007, 48, 93; Cass. pen., Sez. II, 23
maggio-16 luglio 2007, n. 29929, cit.; Cass. pen.,
Sez. VI, 2 dicembre 1999, n. 4026, cit., 877.(13) Cass. pen., Sez. II, 26 novembre 2002-22 gen-
naio 2003, n. 3135, cit.(14) Cass. pen., Sez. II, 27 giugno-26 ottobre 2007,
n. 35608, in Riv. pen., 2008, 37 e 849.(15) Cass. pen., Sez. V, 14 gennaio-7 febbraio
2004, n. 6244, in Cass. pen., 2005, 2600.
(16)Antolisei, Parte spec., I, cit., 356 n. 154; Pa-
gliaro, Parte spec., III, cit., 338.(17)
Mantovani, Parte spec., I, cit., 185.(18) Nel senso criticato: Cass. pen., Sez. II, 23
maggio-16 luglio 2007, n. 29929, cit.; Pedrazzi, In-
ganno, cit., 107; Marini, voce Truffa, in Dig. disc.
pen., XIV, Torino, 1999, 365; De Vero, Truffa pro-
cessuale, atto di disposizione, potere di disposizione:
residui profili di una vexata quaestio, in Riv. it. dir.
proc. pen., 1979, 671.(19)
Pagliaro, Parte spec., III, 338; gia Welzel,
Das deutsche Strafrecht. Eine systematische Darstel-
lung, Berlin, 1956, 350.(20)
Mantovani, Parte spec., I, cit., 185; Pagliaro,
Parte spec., III, cit., 335; Capotosti, Lite temeraria e
truffa processuale, in Giust. pen., 1956, II, 703; con-
tra De Vero, Truffa processuale, cit., 671.
P . 2 1 9 1 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
sentare un fare che ha conseguenze giuridiche patrimoniali a carico di taluno (21),
senza necessita di ipotizzare un mandato a disporre del patrimonio proveniente dalle
parti implicito nell’accettazione delle regole del processo al momento del loro ingresso
nella contesa (22).
Inconsistente poi l’argomento della assenza della ingiustizia del profitto a fronte
dell’autorita di cosa giudicata (23), erede della concezione totalitaria che nega la possibi-
lita che il giudice possa essere ingannato perche la sua decisione comunque costitui-
sce verita legale (24). Va ribadito che il diritto penale ed il suo giudice sono autonomi
rispetto agli altri settori dell’ordinamento, costituendo oggetto di valutazione esclusi-
vamente la conformita alla previsione astratta della fattispecie concreta (25), pertanto
in tale sede possono ben essere accertati autonomamente sia il concreto inganno nei
confronti del giudice, che e un fatto, sia l’ingiustizia del profitto che segue la constata-
zione che l’inganno subito dal giudice ha prodotto una decisione diversa da quella a
cui sarebbe altrimenti pervenuto e dunque ingiusta (26), e non v’e giudicato che tenga;
al contrario, la ingiustizia della decisione e dunque del profitto sono oggetto della va-
lutazione, come qualsiasi altro elemento di fattispecie, da parte del giudice penale
nella pienezza della sua giurisdizione, svincolato da pregiudiziali di sorta. D’altra
parte, e irrilevante (27) che non sia la sentenza a produrre profitto e danno ma la sua
esecuzione, cio puo accadere anche nella ipotesi di truffa processuale comunemente
ammessa c.d. impropria (28) e certo non ne muta la natura, d’altra parte causa causae
est causa causati.
Cosicche, sulla scorta di dottrina autorevole e convincente (29), si deve concludere
sulla prospettabilita di una truffa processuale in senso affermativo, gia in termini ge-
nerali, seppure occorra ribadire nei soli casi in cui il provvedimento del giudice abbia
conseguenze giuridiche patrimoniali a carico di taluno (e dunque non con riferimento
alla utilizzazione di artifizi e raggiri che ingannino il giudice senza pero produrre sif-
fatte conseguenze, non richieste viceversa dall’art. 374 c.p.); il delitto di truffa non po-
stula infatti l’identita tra la persona offesa dal reato e quella indotta in errore cosic-
che, quando gli effetti dell’inganno e della condotta dell’ingannato si riversino sul pa-
trimonio del danneggiato, non puo escludersene la configurabilita nel caso in cui sia il
giudice il soggetto ingannato dall’attivita fraudolenta precostituita da una parte,
avendo egli il potere di incidere pregiudizievolmente con un suo provvedimento sul
(21)Pagliaro, Parte spec., III, cit., 339.
(22) Cosı, invece, Bellagamba, La discussa confi-
gurabilita della truffa processuale, in Ind. pen., 2005,
1100.(23) Contra De Vero, Truffa processuale, cit., 671; De
Vero, Truffa a terzi soggetti e autorita del giudicato
nella c.d. truffa processuale, in Arch. pen., 1977, I, 202.(24)
De Marsico, L’inganno al giudice. truffa e frode
processuale in tema di giurisdizione volontaria, in
Riv. pen., 1941, I, 684; Cass. pen., Sez. I, 20 dicembre
1940, in Giust. pen., 1941, II, 661: si tratterebbe della
stessa negazione del giudice; critico Antolisei, Parte
spec., I, cit., 356 e giurisprudenza ivi cit. n. 154(25) V.G. Cocco, Una introduzione ai reati contro il
patrimonio e l’economia pubblica. tra beni giuridici e
tecniche di tutela, in Studi in onore di Mario Ro-
mano, Napoli, in corso di pubblicazione.(26)
Pagliaro, Parte spec., III, cit., 338; Manto-
vani, Parte spec., I, cit., 185; anche Manzini, op. cit.,
IX, 720; contra Zannotti, La truffa, Milano,
1993, 63.(27)
Pagliaro, Parte spec., III, cit., 338; Manzini,
op. cit., IX, 720.(28) V. § seguente.(29)
Mantovani, Parte spec., I, cit., 193; Pagliaro,
Parte spec., III, cit., 338; Antolisei, Parte spec., I,
cit., 361 s.; Mangano, Frode, cit., 123 s.; Boscarelli,
Sulla responsabilita penale per l’evento cagionato
mediante l’inganno del giudice, in Arch. pen., 1952,
I, 292; Ragno, Contributo alla configurazione del de-
litto di truffa processuale, Milano, 1966, 113 s.
| P . 2 1 9 2 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
patrimonio della parte danneggiata; ed invero i reati specifici riguardanti la frode nel
giudizio di cui all’art. 374 c.p. non esauriscono le ipotesi criminose possibili nel caso
di condotte fraudolente, che ben possono rientrare nella piu ampia previsione dell’art.
640 c.p. (30), anche nei casi di falsa testimonianza (31) e in cui, nel procedimento di ese-
cuzione, il detentore di un bene in leasing ne conservi la disponibilita impedendone il
tempestivo recupero, inducendo in errore l’ufficiale giudiziario, incaricato della sua
riapprensione mediante la falsa indicazione del luogo della effettiva custodia (32).
2.1. La c.d. truffa processuale impropria o occasionaleTuttavia, il risultato raggiunto in punto di principio puo essere ulteriormente consoli-
dato in punto di prassi applicativa sol che si approfondisca la problematica, proce-
dendo dalla acuta osservazione di Manzini (33) che distingue la figura di truffa proces-
suale da lui bocciata, peraltro con argomenti non convincenti, da quei casi « in cui gli
artifici e i raggiri precedono il processo, sı che questo si presenti come un epilogo del-
l’attivita fraudolenta, necessario soltanto per la realizzazione del profitto. Qui l’in-
ganno al giudice costituisce un elemento irrilevante, dato l’anteriore inganno extra-
processuale. In questa ipotesi non puo negarsi la sussistenza della truffa (consumata
o tentata)»; l’autore cita il caso dell’avvocato che, dopo essersi servito del nome di
una ditta, ad insaputa di questa, per concludere una compravendita con altra ditta,
cita la compratrice per mancato adempimento della sua obbligazione, ad istanza della
ditta venditrice, dalla quale fa figurare falsamente rilasciato a lui regolare mandato in
calce alla citazione, e ottiene la condanna della compratrice al risarcimento del
danno (34). E questo il punto, porsi la questione dal punto di vista del giudice e dei suoi
provvedimenti e ridursi in ultima analisi ad una prospettiva estremamente limitata,
usualmente le condotte di artifici e raggiri, ancorche si manifestino nel corso di un
procedimento giurisdizionale e possano anche produrre provvedimenti del giudice
negativi nei confronti delle parti contro cui sono effettuate, e dunque trovino il loro
epilogo in un processo, sono in primo luogo poste in essere per indurre in errore, e
spesso prima dell’avvio dell’azione giudiziale (non il giudice ma) le controparti, al fine
di far compiere loro atti di disposizione del proprio patrimonio, quali ad es. il ricono-
scimento delle infondate pretese e, comunque, abdicativi dei propri diritti (sia prima
dell’avvio delle cause, sia in corso di causa), solo secondariamente gli artifici e raggiri
possono influenzare il giudice e fargli prendere una decisione favorevole all’agente a
danno del truffato, pertanto non vi possono essere dubbi sulla configurabilita della
truffa (quanto meno tentata) laddove il soggetto passivo non ponga in essere l’atto di
disposizione e sia il giudice a provvedere negativamente nei suoi confronti oppure la
attenta difesa del soggetto passivo eviti anche quest’ultima evenienza. La materia e
tradizionalmente qualificata, per distinguerla da quella in precedenza trattata, come
truffa processuale impropria o occasionale, con cio volendosi evidenziare che la con-
dotta non ha come destinatario il giudice, che in nessun modo incide sulla realizza-
(30) Cass. pen., Sez. II, 29 ottobre 1998-29 gennaio
1999, n. 6335, in Cass. pen., 2000, 1275.(31) Cass. pen., Sez. I, 26 novembre 2002-17 gen-
naio 2003, n. 2302, in Riv. it. proc. pen., 2006, 311;
e in Dir. giust., 2004, 9, 12, con nota di Macchia.
(32) Cass. pen., Sez. II, 30 ottobre 1996, in Giust.
pen., 1997, II, 545.(33)
Manzini, op. cit., IX, 720.(34) Cass. pen., 29 dicembre 1926, in Giust. pen.,
1928, 1456.
P . 2 1 9 3 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
zione, rispettivamente, del danno e del profitto (ad es. rinuncia ad un diritto o transa-
zione a condizioni particolarmente sfavorevoli), ovvero incide soltanto indirettamente,
perche la pronuncia segue all’errore in cui e incorsa la controparte (ad es. riconosci-
mento di un debito o ammissione di un fatto decisivo posto a fondamento della deci-
sione del giudice) (35). Oltre al funambolico caso citato da Manzini, possono richiamarsi
i casi di falsi documenti che ovviamente vengono realizzati fuori dal processo (diver-
samente dai fatti previsti dall’art. 374 c.p., la cui peculiarita e proprio quella che si
tratta di attivita comunque strettamente legate a ispezioni, esperimenti giudiziali o pe-
rizie, cioe modalita di formazione della prova nel giudizio) in cui vengono poi even-
tualmente riversati, ad es. nel caso di inoltro di mendaci denunce di sinistri stradali e
di messe in mora alle imprese assicurative con l’ulteriore artifizio della presentazione
di mendaci querele per lesioni e omissione di soccorso poi seguite dalle relative
cause (36).
Preme sottolineare, peraltro, che la distinzione tra truffa processuale propria ed
impropria — trattandosi, oltretutto, di figure di creazione dottrinale e giurispruden-
ziale — non pare affatto significativa, giacche in ultima analisi in un processo di parti,
quali quelli in cui usualmente si pone il problema della truffa processuale in genere,
gli artifizi e raggiri integrati da false produzioni documentali, false testimonianze e
quant’altro, sono comunemente e in primo luogo indirizzati ad indurre in errore con-
troparte, la quale conseguentemente potra indirizzare la sua condotta nel procedi-
mento ponendo in essere atti dispositivi del proprio patrimonio, si tratti di condotte
abdicative, anche solo di presa d’atto o ammissione implicita delle ragioni avversarie
o di un fatto che le fonda, non potendo altrimenti dimostrare, o transattive. E laddove
la controparte processuale non venga indotta in errore, puo sussistere il tentativo di
truffa conseguente alla idoneita degli atti. Del resto la stessa induzione in errore del
giudice difficilmente potra riuscire se prima non si e indotta in errore la controparte.
Si vuol dire che la c.d. truffa impropria o occasionale e la situazione di pressoche co-
stante realizzazione della truffa processuale, essendo difficile immaginare situazioni in
cui non sia in primo luogo la controparte ad essere oggetto dell’attivita di induzione
in errore e la prima a porre in essere condotte dispositive da cui potra poi trarre fon-
damento la decisione giudiziale. Occorre, dunque, verificare con riguardo ad una piu
puntuale specificazione delle circostanze in cui si realizzino le condotte fraudolente,
la eventuale sussistenza di una tutela offerta dalla fattispecie di truffa, riguardo alla
quale appare di principio del tutto fuorviante assimilare processi civili, amministrativi
e penali sulla falsa riga dell’art. 374 c.p., che — appare persino evidente — diversa-
mente si rapportano rispetto alla necessita nella truffa di un profitto economico-patri-
moniale dell’agente a danno altrui.
Puo, di conseguenza, meglio cogliersi la peculiarita della condotta fraudolenta
(produzione di falsa documentazione) tenuta a sostegno di un ricorso al prefetto av-
verso l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa per vio-
(35)Bellagamba, La discussa, cit., 1092; Ragno,
Contributo, cit., 82, che in quest’ultimo caso parla
di truffa indiretta.(36) Trib. Nola, G.U.P., 10 febbraio 2009, in
www.iussit.eu, e, peraltro, paradossale che la sen-
tenza, mentre afferma integrata la truffa con la citata
attivita extraprocessuale, escluda la truffa proces-
suale per le condotte conseguenti nel processo sulla
base del noto refrain che l’emissione della sentenza
non integra un atto di disposizione patrimoniale.
| P . 2 1 9 4 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
lazione delle norme sulla circolazione stradale. Si sottolinea, infatti, escludendosi la
configurabilita della truffa, anche nella forma tentata, che nel procedimento volto al-
l’accertamento della infrazione amministrativa l’autorita che irroga la sanzione in nes-
sun modo compie un atto che possa essere riguardato come disposizione di carattere
negoziale incidente sul patrimonio della amministrazione rappresentata, ne, tanto-
meno, sul patrimonio del trasgressore, ma pone in essere un atto autoritativo di tipo
ablatorio che costituisce manifestazione tipica dell’esercizio di uno specifico e tipizzato
munus, quale e quello di applicare sanzioni. E del tutto evidente, allora, che, come
non puo ipotizzarsi, in tale schema pubblicistico, il carattere dispositivo e negoziale
dell’atto (l’accertamento della violazione) dal quale puo scaturire l’insorgenza del
danno patrimoniale postulato come elemento essenziale della truffa, nessuna lesione
del bene protetto e ipotizzabile ove la condotta fraudolenta si sia limitata, come nella
specie, ad eludere l’accertamento di infrazioni amministrative, che costituiscono —
esse stesse — il profitto gia conseguito dal trasgressore (37). A maggior ragione di que-
sto tipo puo essere il ragionamento quando sono in gioco sanzioni penali anche di na-
tura pecuniaria e dunque nel procedimento penale.
E interessante notare come recente giurisprudenza — ora escludendo in fatto ora
in diritto la integrazione della truffa processuale (38) — inquadri nello schema del falso
del p.u. (giudice) determinato da altrui inganno ex artt. 48, 479/480 c.p. (v. relativo
par. in questo articolo) i casi di autorizzazione a vendere da parte del giudice tutelare
sulla base di una falsa perizia, in cui si afferma il falso ideologico in autorizzazione
amministrativa per induzione in errore del p.u. (il giudice) ex artt. 48 e 480 c.p. (39); e
di produzione in giudizio di documenti falsi (di intrinseca formazione extraproces-
suale) documentanti l’interruzione della prescrizione, in cui si ritiene ideologicamente
falsa la decisione del giudice indotto in errore, trattandosi di atti che sfuggono alla ca-
pacita di controllo del giudice, a differenza di quanto avviene per le valutazioni delle
prove formate in giudizio, e la cui autenticita si suppone se non altro perche offerte
da esercenti un pubblico servizio (40).
(37) Cass. pen., Sez. VI, 25 giugno-17 ottobre
2001, n. 37409, in Cass. pen., 2002, 2783.(38) Oltre ai saggi citati nel testo si veda in mate-
ria Albamonte, Ancora in tema di truffa proces-
suale, in Giust. pen., 1972, II, 72; Boschi, Nota a
Cass. 1 maggio 1976, in Foro it., 1977, II, 382; Cap-
pitelli, Sull’ingiustificato ostracismo nei confronti
della truffa processuale, in Cass. pen., 2005, 2603;
Carnelutti, Contro il processo fraudolento, in Riv.
dir. proc. civ., 1926, n. 2, 14 s.; Ciarniello, « Truffa
processuale» e liberta di disposizione in materia pa-
trimoniale, in Cass. pen., 2000, 1276, 742; Fasce, La
frode processuale e la truffa processuale: una disci-
plina da rimeditare, in Riv. pen., 1990, 1042; E.
Gallo, Il falso processuale, Padova, 1973; Giuliani,
E punibile la truffa processuale, in Giur. it., 1958, II,
177; Leto, Rilievi critici sulla ammissibilita della
truffa processuale, in Riv. pen., 2007, 1237; Pizzi-
menti, La corruzione del falso testimone: profili
strutturali e sostanziali di un controverso rapporto
fra norme, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 314; D.
Poncet, Sulla truffa processuale secondo la giuri-
sprudenza elvetica (scritto difensivo nell’interesse di
Adnan Khashoggi), in Ind. pen., 1989, 714; Potetti,
Questioni in tema di truffa, con particolare conside-
razione per la truffa processuale e quella contrat-
tuale, in Riv. pen., 2006, 377.(39) Cass. pen., Sez. V, 14. gennaio-17 febbraio
2004, n. 6244, in Cass. pen., 2005, 2600.(40) Trib. Roma, 7 maggio 2007, in Guida dir.,
2007, 23, 72.
P . 2 1 9 5 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
3. IL FALSO IDEOLOGICO DEL PUBBLICO UFFICIALE DETER-MINATO DA ALTRUI INGANNOSulla scia di un orientamento giurisprudenziale risalente agli albori del codice
Rocco (41), il tema del falso ideologico del pubblico ufficiale (p.u.) in atto pubblico (a.p.)
(art. 479 c.p.) o in certificazione amministrativa (c.a.) (art. 480 c.p.) (42) costituisce un
tradizionale banco di prova dell’istituto dell’errore determinato da altrui inganno previ-
sto dall’art. 48 (43), che secondo una consolidata tesi (44) costituisce applicazione dei
principi dell’art. 47 c.p. e del concorso di persone nel reato (artt. 110 ss. c.p.), infatti i
primi non distinguono l’errore a seconda della sua causa e pertanto, anche in sua as-
senza, si applicherebbero al soggetto ingannato, mentre la responsabilita del terzo di-
scenderebbe comunque dalle previsioni degli artt. 110 ss. c.p., infatti, come si desume
in particolare dagli artt. 112 e 119 c.p., il concorso di persone e configurabile anche se
per taluno dei concorrenti difetti il dolo. La previsione non assolve, dunque, una fun-
zione incriminatrice, ma esclusivamente una funzione di disciplina, derogando agli
artt. 116 e 117 c.p. (ipotesi speciali di concorso eventuale), in particolare con una mag-
giore tutela del principio di colpevolezza, come richiede il suo espresso dettato: « del
fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commet-
terlo » (45), pertanto il soggetto ingannato (c.d. deceptus) che agisca con il dolo di un
reato diverso non risponde del reato commesso voluto dall’ingannatore (c.d. deci-
piens) (46), parimenti non puo valere nei confronti dell’ingannato che ignori le proprie
condizioni o qualita o i rapporti con l’offeso, ma solo nei confronti dell’ingannatore, il
conseguente mutamento del titolo del reato. Non manca, tuttavia, chi afferma — sul
solco di dottrine relative ad altri ordinamenti giuridici — che l’art. 48 c.p. incrimina
fattispecie che non hanno sistemazione nell’ambito del concorso eventuale e utilizza
la figura del c.d. autore mediato per rappresentare che l’ingannato (autore immediato)
opera come mero strumento impiegato per commettere il fatto (47); anche la giurispru-
denza sembra aderire a tale teoria (48), seppure in modo essenzialmente nominalistico,
infatti perviene alle stesse soluzioni della teoria concorsuale.
Nella materia che ci occupa si dice che il p.u. — indotto in errore da una falsa di-
chiarazione ovvero da una falsa rappresentazione della realta prodotta dall’extra-
neus (49) con riguardo a fatti che interessano il contenuto dell’atto formato (50) — effet-
(41) Cass. pen., Sez. II, 17 giugno 1935, in Annali
dir. proc. pen., 1936, 230, con nota di Riccio; Cass.
pen., Sez. II, 10 febbraio 1935, in Annali dir. proc.
pen., 1936, 896, con nota di Mangini Ruffo; Pisa-
pia, Sul criterio distintivo tra partecipazione crimi-
nosa e reita mediata, in Studi di diritto penale, Pa-
dova, 1956, 81, n. 38.(42) Cass. pen., Sez. V, 17 ottobre 2001, in Giur.
it., 2003, 2378, con nota di Sergio.
(43) L’art. 48 c.p. prevede che le disposizioni in ma-
teria di errore sul fatto (art. 47 c.p.) si applicano an-
che quando esso e determinato dall’inganno di un
terzo; ma, in tal caso, del fatto commesso dall’ingan-
nato risponde chi lo ha determinato a commetterlo.(44) G. Cocco, L’errore sul fatto, in Ronco (diretto
da), Commentario sistematico al codice penale, vol.
II, Il reato, t. 1, Bologna, 2007, 670 s., ivi ulteriori ri-
ferimenti.(45) Amplius G. Cocco, L’errore sul fatto, cit., 670.(46) Cass. pen., Sez. VI, 20 gennaio 2004,
n. 15481, in Cass. pen., 2005, 2587.(47) Nella materia che ci occupa, gia Riccio, Er-
rore determinato dall’altrui inganno e falsita in atto
pubblico a fede privilegiata, in Annali dir. proc. pen.,
1936, 231 s.(48) Sez. Un. pen., 3-24 febbraio 1995, n. 1827, in
Cass. pen., 1995, 1816, con nota di Nappi.
(49) In genere un privato, ma non solo, v. avanti.(50) Si tratta di affermazioni o negazioni di verita,
non di dichiarazioni di volonta o di semplici giu-
dizi, ne tanto meno di dichiarazioni d’intenti o pro-
positi: Sergio, Errore determinato dall’altrui in-
ganno e falso per induzione: osservazioni sulle in-
compatibilita tra reato proprio e autore mediato, in
| P . 2 1 9 6 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
tua una propria attestazione sulla loro rispondenza al vero, forma dunque un atto
contenente una falsa rappresentazione della realta, integrando gli elementi oggettivi
dei delitti in questione, che, pero, per mancanza di dolo, non possono essergli addebi-
tati, mentre vanno addebitati all’extraneus responsabile. Il falso in atto pubblico o cer-
tificazione amministrativa del p.u. deve sussistere quanto meno allo stadio del tenta-
tivo, integrato quando siano posti in essere atti finalizzati alla formazione — poi non
realizzata — dell’atto contenente la falsita, mentre non e sufficiente la sola induzione
in errore del p.u. (che puo integrare un autonomo reato).
La condotta del terzo consiste nell’inganno, cioe nell’impiego di qualunque mezzo
di persuasione o di suggestione che abbia determinato nel destinatario un errore sul
fatto da lui realizzato, non sono necessari raggiri od artifici particolarmente complessi
e sottili, e sufficiente che si inganni con qualunque artificio o altro comportamento atto
a sorprendere l’altrui buona fede (51); possono in particolare rilevare non solo condotte
descrittive o constatative di una distorta realta effettuale, ma anche condotte di natura
puramente valutativa ovvero prospettazioni effettuate in assenza di parametri valuta-
tivi predeterminati, quando provengano da soggetti la cui posizione istituzionale o le
cui qualita professionali siano tali da suscitare ragionevole affidamento nel p.u. (52). Tra
l’attivita dell’ingannato e il fatto di reato commesso dall’ingannatore (non solo rispetto
all’errore) deve sussistere un autentico nesso eziologico, ancorche non sia necessario
che la condotta del decipiens nei confronti del deceptus si svolga secondo due linee di-
stinte: di induzione in errore e di induzione a commettere un reato, poiche di solito « il
solo fatto di provocare in altri un errore costituisce di per se, in relazione alle circo-
stanze nelle quali l’inganno e esercitato, un valido ed efficace strumento di determina-
zione» (53). L’efficienza eziologica della condotta ingannatrice sull’induzione in errore
sussiste anche quando il soggetto ingannato avrebbe potuto, se fosse stato piu accorto,
avvedersi dell’insidia a lui tesa; al fine di escludere l’applicazione dell’art. 48 c.p., giu-
sta il richiamo all’art. 47 c.p., di per se non rileva, dunque, il contributo colposo del de-
ceptus (54), in quanto l’incriminazione delle condotte di frode si ispira all’esigenza di
sanzionarle anche quando siano agevolate dalla poca accortezza di chi le subisce, per-
che il risultato tipico della condotta mistificatrice e costituito proprio dall’indeboli-
mento delle capacita critiche dell’ingannato (55), con l’effetto che anche quest’ultimo
eventualmente possa rispondere del fatto commesso a titolo di colpa (ovviamente non
per delitto doloso) (56). Anche quando il p.u. sia persona dotata di particolari qualita e
competenze e non osservi i propri doveri di controllo e verifica prevale comunque la
finalita ingannatoria dell’agente, quale risultato tipico perseguito e conseguito (57), di-
Giur. it., 2003, 2380.(51) Cass. pen., Sez. V, 13 aprile 2006, in Studium
iuris, 2007, 736; Cass. pen., Sez. VI, 10 luglio 1990,
in Giust. pen., 1991, 156.(52) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-
naio 2008, n. 2895, in questa Rivista, 2009, 1119,
nota di Pontis; Cass. pen., Sez. V, 13 gennaio 2006,
n. 13249, in Riv. pen., 2007, 325.(53)
Padovani, Le ipotesi speciali di concorso nel
reato, Milano, 1973, 91.(54) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, in
Cass. pen., 2008, 93; in Foro it., 2008, II, 80,
nota di Giacona; Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre
2007-21 gennaio 2008, n. 2895, cit.; Cass. pen.,
Sez. V, 13 aprile 2006, cit.; Prosdocimi, Sub art.
48, in Ronco-Ardizzone-B. Romano (a cura di),
Codice penale ipertestuale, Torino, III ed.,
2009, 340.(55) G. Cocco, L’errore sul fatto, cit., 670 s.(56) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.(57) Cass. pen., Sez. V, 14 febbraio 2003, n. 7390,
in Riv. pen., 2004, 103; Cass. pen., Sez. V, 7 dicem-
bre 2007-21 gennaio 2008, n. 2895, cit.; contra Cass.
pen., Sez. VI, 8 aprile 2004, n. 26041, in Cass. pen.,
P . 2 1 9 7 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
versamente, si arriverebbe all’assurdo di mandare esente da responsabilita chi, sa-
pendo di trovarsi di fronte un p.u. poco accorto o inesperto (o un ufficio in difficolta
organizzative), approfitti di cio dichiarando deliberatamente il falso (58). Ad es. l’inot-
temperanza al dovere di vigilanza e controllo da parte del tecnico comunale addetto al
rilascio del permesso di costruire non esclude di per se la responsabilita dell’ingegnere
che redige falsamente il progetto e la relazione necessari per il rilascio del per-
messo (59). Il grado di preparazione e i doveri di controllo del p.u. vanno considerati al
fine di verificare (specialmente in materia di tentativo) la idoneita dell’azione (60), ed in
particolare, da un lato, la (possibilita dell’) effettiva induzione in errore del p.u., e dal-
l’altro la eventualita che il p.u. sia caduto in errore interamente per causa propria, che
esclude la penale responsabilita del decipiens ex art. 48. Non sono, dunque, condivisi-
bili le pronunce (61) che escludono la responsabilita ex art. 48 c.p. del privato autore
della falsa attestazione quando (e per la sola ragione) sussista un obbligo, non adem-
piuto, del pubblico ufficiale di accertare la veridicita della dichiarazione.
Nell’ingannatore deve essere presente il dolo del fatto di cui determina la commis-
sione preteso dal legame della sua responsabilita con la attivita ingannatoria, il dolo e
dunque quello di concorso, il decipiens deve cioe rappresentarsi e volere (ovviamente
da profano), anche nella forma del dolo eventuale, la materiale realizzazione da parte
del p.u. ingannato di un falso ideologico in a.p. o in c.a.
Resta da chiarire — in presenza di tutti i requisiti indicati — il decisivo profilo di
quando sussista un falso in a.p. o certificazione amministrativa oggettivamente ascri-
vibile al p.u. indotto in errore e non, invece, una attivita fraudolenta sanzionabile
esclusivamente in capo al decipiens che integra le fattispecie di falso a lui proprie (in
particolare artt. 483 e 481 c.p.) o altri reati. La questione e stata recentemente rias-
sunta dalla Sezioni Unite della Cassazione 28 giugno 2007 (62), chiamate a risolvere
un contrasto rispetto a un orientamento gia espresso dalle Sezioni Unite 3 febbraio
1995 (63), con riferimento al rilascio di un diploma di laurea, previa redazione del ver-
bale della relativa seduta, nel quale si attesta il superamento, mai avvenuto, da parte
del laureando, degli esami del corso, documentato dall’interessato, con la complicita
di un dipendente della universita, mediante falsi statini di esame e falsi verbali delle
sedute di esame. Le Sezioni Unite 3 febbraio 1995 affermano che tutte le volte in cui
il p.u. adotti un provvedimento (o atto amministrativo), a contenuto descrittivo o di-
spositivo, dando atto in premessa, anche implicitamente, della esistenza delle condi-
zioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri prodotti
dal privato, si e in presenza di un falso del p.u. del quale risponde il privato ex art.
2005, 3361.(58)
Pontis, Falso e abuso edilizio, in questa Rivi-
sta, 2009, 1125.(59) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-
naio 2008, n. 2895, cit.(60) Cass. pen., Sez. VI, 29 ottobre 1997, n. 537, in
Cass. pen., 1998, 2929.(61) Cosı Cass. pen., Sez. V, 15 novembre 2006-4
aprile 2007, rv. 236141; Cass. pen., Sez. V, 31 gen-
naio-23 febbraio 2007, rv. 236542; obiter in un caso
in cui l’attivita del p.u. — nella specie conservatore
del registro delle imprese che ha negato l’iscrizione
— sia preordinata ad accertare la reale conformita
ai dati richiesti dalla legge.(62) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.(63) Sez. Un. pen., 3-24 febbraio 1995, n. 1827,
cit.; conf. Cass. pen., Sez. VI, 16 ottobre 1995-19
gennaio 1996, n. 607, rv. 203405; Cass. pen., Sez. V,
20 dicembre 2004-28 gennaio 2005, n. 2703, rv.
231416, in tema di falsa attestazione dell’iscrizione
negli elenchi degli invalidi civili, utilizzata per otte-
nere un posto di lavoro con preferenza rispetto agli
altri aspiranti.
| P . 2 1 9 8 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
48. Il provvedimento del p.u., infatti, e ideologicamente falso in quanto adottato sulla
base di un presupposto che in realta non esiste e di esso non risponde il p.u., in
buona fede in quanto tratto in inganno, bensı il soggetto che lo ha ingannato. Le Se-
zioni Unite argomentano che « il procedimento di formazione di qualsiasi atto ammini-
strativo prevede come primo momento l’accertamento dei presupposti, accertamento
che viene compiuto dalla stessa autorita che deve porre in essere l’atto o diretta-
mente o, piu frequentemente, sulla base di documenti che possono consistere anche
in atti pubblici e certificati rilasciati da altre autorita; e l’accertamento trova poi la
sua attestazione nel preambolo dell’atto, quali che siano le espressioni usate, usual-
mente concise tipo ‘‘Visti gli atti relativi a...’’, ‘‘Visti gli attestati...’’, peraltro da inten-
dere nel senso che con le stesse viene attestato, sulla base dei documenti, dei certifi-
cati etc. forniti dal richiedente all’ufficio, la sussistenza dei presupposti dell’atto. E
quindi, se detti documenti, certificati etc. sono falsi, materialmente o ideologica-
mente, deriva che anche la conseguente attestazione circa l’esistenza dei presupposti
e falsa».
A questa interpretazione si oppone un orientamento che esclude il falso per indu-
zione perche la attestazione che il p.u. redige non e falsa quando essa ha ad oggetto
non il fatto attestato (falsamente) dal privato ma la circostanza che lo stesso ha reso
la relativa attestazione, cioe l’esistenza dell’atto (contenente la falsa attestazione) pro-
veniente dal privato. In tali ipotesi si esclude una falsita ideologica commessa, sia
pure senza dolo, dal p.u., in quanto cio che egli attesta o riporta corrisponde a quanto
realmente esistente, anche se il contenuto non e vero: non vi e, dunque, un’attesta-
zione falsa, ma la mera espressione di un’argomentazione errata. Secondo questo
orientamento, in particolare, perche si renda applicabile l’art. 48 c.p. ai reati di falso
« e necessario che l’autore immediato (il soggetto ingannato) non si limiti ad espri-
mere una argomentazione errata ma compia una attestazione falsa. Le ipotesi possi-
bili sono cinque: a) il soggetto ingannato si limita a riprodurre la dichiarazione del
mentitore, documentandola; b) ovvero, pur ponendola espressamente a premessa di
una propria argomentazione, non giunge a conclusioni errate; c) il soggetto ingannato
non solo riproduce la dichiarazione del mentitore ma la utilizza anche come premessa
di una argomentazione che sbocchi in una conclusione errata; d) il soggetto ingannato
descrive e attesta lo stesso fatto rappresentato nella dichiarazione del mentitore, ma
senza far cenno di tale dichiarazione; e) il soggetto ingannato descrive o attesta una
situazione piu ampia di quella rappresentata dal mentitore» (64). Concludendo che sol-
tanto l’ultima fattispecie integra la ipotesi del falso per induzione in errore del p.u.,
perche nelle prime tre ipotesi l’art. 48 c.p. non puo trovare applicazione, in quanto,
nelle prime due « l’attestazione del soggetto destinatario dell’inganno non e falsa: non
e falsa nel caso a), perche essa rappresenta un fatto effettivamente verificatosi, vale a
dire la dichiarazione del mentitore; non lo e nel caso b), perche la falsita della dichia-
razione del mentitore non si estende alla conclusione del ragionamento in cui funge
da premessa »; mentre nel caso sub c), « sebbene siano false sia le dichiarazioni del
mentitore sia la conclusione del soggetto ingannato, costui commette un errore non
un falso. La proposizione che viene assunta come premessa del ragionamento dal
(64) Cosı riassunte da Sez. Un. pen., 28 giugno
2007, n. 35488, cit.
P . 2 1 9 9 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
soggetto ingannato, infatti, non e immediatamente descrittiva del fatto rappresentato
dal mentitore, bensı della intervenuta dichiarazione di costui: e una attestazione della
attestazione ed e vera. La falsita della conclusione dell’argomento, quindi, non di-
pende dalla falsita della premessa (che e vera), bensı dalla invalidita dell’argomento
nel quale la conclusione viene tratta come conseguenza necessaria della attestazione
del mentitore senza considerare la possibilita che questa sia falsa. In altri termini, si
assume come premessa il fatto che e intervenuta l’attestazione del mentitore e si trae
la conclusione come se la premessa fosse direttamente il fatto rappresentato in quella
attestazione » (65). In tutte queste ipotesi (sub a, b, c), secondo la tesi in esame, sono
configurabili esclusivamente il reato previsto dall’art. 483 c.p. — quando la attesta-
zione del privato al p.u. in a.p. abbia avuto ad oggetto fatti dei quali l’atto era desti-
nato a provare la verita (66) — o quelli previsti dagli artt. 495, 496, 567, comma 2, c.p.,
ove ne ricorrano i presupposti specifici; si tratta infatti di fattispecie nelle quali si ri-
chiede la falsita di una dichiarazione proveniente da un privato che viene recepita
come tale nella attestazione di un p.u., il quale non commette neppure oggettiva-
mente alcuna falsita. Invece, nell’ipotesi sub d) il soggetto ingannato descrive come se
fosse stato da lui direttamente constatato il medesimo fatto che invece appreso dalla
dichiarazione mendace del mentitore: pertanto e lo stesso soggetto ingannato a com-
mettere una falsita ideologica (dolosa), nel momento in cui fa apparire come da lui
percepiti i fatti che gli sono stati riferiti e non si rende applicabile l’art. 48 c.p. Per
questa impostazione l’art. 48 c.p. e applicabile nella sola ipotesi sub e), si tratta della
ipotesi in cui il soggetto ingannato compie un’enunciazione descrittiva piu ampia di
quella contenuta nella dichiarazione del mentitore, perche la dichiarazione mendace
del privato viene assunta a mero presupposto di fatto dell’atto pubblico e come tale
non ha alcun rilievo autonomo, sicche « la falsa dichiarazione del mentitore e solo
uno degli elementi che determina la falsa attestazione del soggetto ingannato» (67), sic-
che l’atto promana direttamente da quest’ultimo, ancorche vi sia pervenuto tramite
false notizie o indicazioni ricevute dal privato (68). In sintesi, per questa tesi la falsita
ideologica per induzione in errore richiede che il p.u. non riproduca espressamente la
dichiarazione mendace del privato, perche, se cosı fa, l’a.p. non puo dirsi falso e puo
eventualmente configurarsi il reato previsto all’art. 483 c.p.; ne riproduca semplice-
mente il fatto dichiarato dal privato, bensı un fatto piu complesso di cui abbia diretta
percezione e sulla percezione del quale cada in errore, per effetto della falsa dichiara-
zione del privato (69).
Per contro, confermando l’orientamento gia espresso dalle Sez. Un. pen., 3 feb-
braio 1995, n. 1827 (70), secondo il quale tutte le volte in cui il p.u. adotti un provvedi-
mento, a contenuto descrittivo o dispositivo, dando atto in premessa, anche implicita-
mente, della esistenza delle condizioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o
(65) Cosı riassunte da Sez. Un. pen., 28 giugno
2007, n. 35488, cit.(66) Cass. pen., Sez. V, 25 settembre 2001,
n. 38453, in Cass. pen., 2002, 3091; ampie argomen-
tazioni in Cass. pen., 4 gennaio 1995, n. 1408, Scar-
vaci, non massimata.(67) Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2006-12 gen-
naio 2007, n. 545, in Cass. pen., 2007, 4151.
(68) Cass. pen., Sez. V, 4 aprile-19 maggio 2003,
n. 22021, in Riv. pen., 2004, 1249; Cass. pen., 2
marzo 2001, in Riv. pen., 2001, 666; Cass. pen., 29
marzo 1999, in Riv. pen., 1999, 457.(69)
Nappi, Autore mediato e falsita ideologica in
atto pubblico, in Riv. it. dir. proc. pen., 1982, 345.(70) Sez. Un. pen., 3-24 febbraio 1995, cit.
| P . 2 2 0 0 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
attestazioni non veri prodotti dal privato, si e in presenza di un falso del p.u. del quale
risponde, ai sensi dell’art. 48 c.p., colui che ha posto in essere l’atto o l’attestazione
non vera. Le Sezioni Unite 28 giugno 2007 (71), affermano che « il falso ideologico in
documenti a contenuto dispositivo ben puo investire le attestazioni anche soltanto im-
plicite contenute nell’atto e quei fatti, giuridicamente rilevanti, connessi indiscutibil-
mente, quali presupposti, con la parte dispositiva dell’atto medesimo » (72), « sia che
concernano fatti compiuti o conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale sia che con-
cernano altri fatti dei quali l’atto e destinato a provare la verita» (art. 479, ultima parte,
c.p.); contestando l’opposto orientamento, in quanto il p.u. — « allorquando nell’atto
da lui formato fa riferimento ad atti o a dichiarazioni sostitutive (non veri) provenienti
dal privato e riferiti a presupposti richiesti per la legittima emanazione dello stesso
atto pubblico — non si limita ad attestare l’attestazione del mentitore ne a supporre che
quella attestazione sia veridica, ma compie, sia pure implicitamente, una attestazione
falsa circa la sussistenza effettiva di quei presupposti indefettibili: attestazione di ri-
spondenza a verita che si connette alla funzione fidefacente che la legge assegna alle
dichiarazioni sostitutive dei privati. La premessa, contenuta nella parte descrittiva
dell’atto, non e la mera circostanza che sia intervenuta un’attestazione del mentitore
o che questi abbia prodotto un atto determinato, bensı che il fatto rappresentato in
quell’atto o in quella dichiarazione sostitutiva sia certo, effettivamente accaduto ed in-
tegri l’esistenza di un elemento necessario per l’emanazione dell’atto del pubblico uf-
ficiale. Quest’ultimo perviene ad una conclusione errata ma l’errore non si connette
alla interpretazione e/o alla valutazione soggettiva di cio che e ontologicamente esi-
stente, costituendo invece il frutto di un falso determinato dalla falsita oggettiva dei
presupposti attestati nella premessa, sicche viene esternata una non veridica rappre-
sentazione della realta e ad essa viene conferita pubblica fede. Stante il rapporto di
causa-effetto tra il fatto attestato dal privato, quale presupposto dell’emanazione del-
l’atto del pubblico ufficiale, ed il contenuto dispositivo di quest’ultimo e stante, altresı,
la stretta connessione logica tra l’uno e l’altro, la falsita del primo si riverbera sul se-
condo e diventa essa stessa falsita di questo, sicche la recepita falsa attestazione del
decipiens acquista la ulteriore veste di falsa attestazione del p.u. deceptus sui fatti fal-
samente dichiarati dal primo e dei quali l’a.p. e destinato a provare la verita. Si confi-
gurano percio, anche sotto il profilo naturalistico, due condotte riconducibili al deci-
piens: una prima condotta consistente nella redazione della falsa attestazione ed una
seconda concretatasi nell’induzione in errore del p.u. mediante la produzione della
stessa ai fini dell’integrazione di un presupposto dell’a.p. emanando, con conseguente
configurabilita del concorso materiale tra i due reati, legati anche da connessione te-
leologica. Nell’atto del pubblico ufficiale non deve necessariamente riscontrarsi un
quid pluris (cioe una situazione di fatto piu ampia) rispetto alla dichiarazione non ve-
ritiera o all’atto falso prodotto dal privato, poiche il reato previsto e sanzionato dell’art.
479 c.p. puo essere commesso con modalita molteplici (come risulta evidente dalla
stessa formulazione della norma incriminatrice) ed in particolare attraverso la falsa
attestazione non soltanto di vicende che hanno comportato la partecipazione attiva e
diretta del pubblico ufficiale, bensı anche e comunque, indipendentemente da cio che
(71) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.(72) In tal senso gia Sez. Un. pen., 30 giugno 1984,
rv. 165603.
P . 2 2 0 1 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
questi ha compiuto, di fatti dei quali l’atto e destinato a provare la verita (art. 479, ul-
tima parte, c.p.), fatti suscettibili di prova storica attraverso la loro attestazione. La
falsa premessa deve concernere un fatto del quale l’atto del pubblico ufficiale e desti-
nato a provare la verita e cio va inteso anche quale immutatio veri circa l’esistenza di
un presupposto in assenza del quale il provvedimento non avrebbe potuto essere
adottato».
Per le Sezioni Unite in esame l’extraneus non risponde ex art. 48 nei soli casi in cui
il p.u. al quale l’inganno sia rivolto cada in errore per causa propria. In tali casi rite-
niamo vada ricompresa quella situazione in cui il p.u. ingannato compie un’enuncia-
zione descrittiva del fatto rappresentato dalla dichiarazione del mentitore senza fare
cenno nell’atto di tale dichiarazione, ma come se il fatto fosse stato da lui diretta-
mente constatato, e commette dunque autonomamente un falso ideologico. In tal
senso esattamente si conclude che integra un falso ideologico esclusivo del p.u., non
indotto ex art. 48 c.p., la condotta dell’ispettore agrario incaricato di accertare me-
diante conoscenza diretta dei luoghi la conformita delle dichiarazioni dei coltivatori
alla situazione reale, che si limiti ad acquisire le (mendaci) dichiarazioni degli interes-
sati (73). In tali casi tuttavia puo comunque sussistere il concorso dell’extraneus (non ex
art. 48) ai sensi dell’art. 110, quando con la sue false dichiarazioni fornisca un contri-
buto causale al falso proprio del p.u. (74), ad es. nel caso in cui il destinatario di un
provvedimento di abbattimento di animale infetto dichiari falsamente il suo decesso
al veterinario della ASL, il quale attesti falsamente senza prenderne doverosamente
diretta conoscenza la morte dell’animale infetto (75).
Occorre, peraltro, sottolineare, che i principi affermati ripetutamente dalle Sezioni
Unite valgono in caso di provvedimento adottato dal p.u., mentre comunemente si
ascrivono a tutti gli atti; ed e forse questa la causa di una certa confusione di linguaggi
che regna in materia, laddove si delineano schemi generalizzanti che non tengono
conto della diversa natura degli atti. Con riferimento ai provvedimenti si comprende
in effetti che i presupposti la cui esistenza si desuma da false attestazioni dei privati
siano comunque assunti come veri dal p.u. nell’emetterli. Nel caso esaminato dalle
Sezioni Unite del 28 giugno 2007 (76), le false dichiarazioni, costituenti di per se reato,
sono in rapporto strumentale con gli aa.pp. successivamente redatti da pp.uu., affetti
da falsita ideologica, « tenuto conto che: nel verbale del ..., la competente Commis-
sione ha ammesso alla gara le societa rappresentate dai ricorrenti, attestando la rego-
larita delle loro domande di partecipazione e la rituale produzione dei documenti ri-
chiesti nel relativo invito (ove veniva indicata, quale condizione indefettibile, la neces-
sita della iscrizione all’Albo nazionale costruttori in data anteriore al 24 novembre
1999); nel verbale del ..., la Giunta provinciale ha ribadito la regolarita della documen-
tazione presentata dalle imprese partecipanti alla gara, con cio attestando l’esistenza
di tutti i presupposti per l’assegnazione dell’appalto. Detti atti della P.A. erano desti-
nati a provare la verita dell’esistenza degli enunciati presupposti nell’ambito di un de-
terminato procedimento di licitazione privata ed erano produttivi di effetti, anzitutto
(73) Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 2004, in
Guida dir., 2005, 9, 101.(74) Cass. pen., Sez. VI, 9 febbraio-18 marzo 1999,
n. 274, in Cass. pen., 2000, 377.
(75) Cass. pen., Sez. V, 7 marzo 2008, rv.
239828.(76) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488,
cit.
| P . 2 2 0 2 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
nei confronti degli altri partecipanti alla gara, proprio in virtu di detta esistenza. Un
asserito presupposto essenziale, invece, non esisteva in concreto e la falsa configura-
zione dello stesso ha consentito l’aggiudicazione dell’appalto con preferenza rispetto
alle altre imprese concorrenti».
Certamente diversa situazione si realizza, pero, quando il falso del privato in a.p.
non sfoci in un provvedimento del p.u. ma in altra tipologia di atti pubblici (ad es. le
attestazioni effettuate dal privato in un a.p. di compravendita redatto da un notaio) in
cui la presenza delle false attestazioni di un privato inducano altri a parteciparvi (ad
es., nell’a.p. di compravendita, l’acquirente) ma non si riflettano in alcun riconosci-
mento di verita dell’oggetto delle stesse da parte del p.u., caso in cui si puo ben dire
che il p.u. si limita a documentare l’intervenuta dichiarazione del mentitore e che non
e riconducibile allo schema normativo della falsita ideologica per induzione in errore,
perche l’a.p. formato dal p.u. non puo dirsi ideologicamente falso, in quanto il p.u. at-
testa il vero, documentando la dichiarazione altrui come si e verificata effettivamente.
In tal caso sono applicabili gli artt. 483 o 481 c.p., laddove sussista uno specifico ob-
bligo di verita a carico dell’extraneus (privato o e.s.p.n.) dichiarante, connesso, per
l’appunto, alla destinazione dell’atto a provare la verita dei fatti attestati (77). Ad es. nel
caso di dichiarazione non veritiera al P.R.A. del proprietario circa l’acquirente di un
autoveicolo perche il p.u. si limita ad attestare la ricezione della dichiarazione del ven-
ditore (78).
La giurisprudenza riconduce allo schema ex artt. 48 e 479 c.p. (o 480) numerose
fattispecie concrete: in primo luogo, occorre citare quelle riferite alla attivita legale,
l’avvocato che, redigendo il verbale di udienza civile poi sottoscritto dal giudice, atte-
sta consapevolmente fatti non accaduti in udienza (79); il deposito di documenti simu-
lanti interruzione della prescrizione in un procedimento civile che determinino la pro-
nuncia di una sentenza in cui il giudice, direttamente o per implicito, attesti come
conforme al vero nell’ambito di una piu ampia valutazione costitutiva di diritti sogget-
tivi, una situazione che aveva l’obbligo giuridico di verificare come corrispondente al
reale, ossia la presenza e il contenuto del documento interruttivo (80); il caso in cui il
giudice civile pronunzia la dichiarazione di contumacia, a.p., perche indotto in errore
dalla falsificazione delle cartoline di ricevimento degli atti di citazione (81); la falsa co-
municazione ad un ufficiale postale incaricato di una notifica che il destinatario si e
trasferito altrove, determinando in tal modo la redazione di una errata relazione di
notifica (82); ex artt. 48 e 480 c.p., la produzione di perizia estimativa falsa sul valore di
un bene di proprieta di persona sottoposta a tutela che induce il competente Tribu-
nale ad autorizzare la vendita del bene ad un prezzo corrispondente al valore indi-
cato (83). Si e gia evidenziato come lo schema del falso per induzione sia talvolta se-
guito dalla giurisprudenza in alternativa alla truffa processuale (84).
(77) Nappi, Autore, cit., 343.(78) Cass. pen., Sez. V, 23 febbraio 2005, n. 21447,
in Guida dir., 2005, 25, 88.(79) Cass. pen., Sez. V, 6 febbraio 2004, n. 9722, in
Dir. giust. 2004, 15, 110.(80) Trib. Roma, 7 maggio 2007, in Guida dir.,
2007, 23, 72; ivi, 24, 70; ivi, 27, 83.(81) Cass. pen., Sez. I, 23 gennaio 2003, n. 6274, in
Giur. it., 2003, 288; Cass. pen., Sez. I, 26 novembre
2002-17 gennaio 2003, n. 2302, cit.(82) Cass. pen., Sez. V, 17 aprile 2002, n. 20120, in
Dir. giust., 2002, 28, 77.(83) Cass. pen., Sez. V, 14 gennaio 2004, n. 6244,
in Cass. pen., 2006, 119.(84) V. fine § 3.
P . 2 2 0 3 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
Inoltre, recentemente si precisa che le attestazioni del pubblico dipendente (ad es.
mancata timbratura del cartellino segnatempo in occasione di allontanamento per ra-
gioni private) attinenti il rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, non inte-
grano l’art. 479 c.p., ma possono integrare il falso ideologico per induzione ex art. 48 e
479 c.p. qualora siano utilizzate o recepite in atti della P.A., a loro volta attestativi, di-
chiarativi o di volonta della stessa (85); situazione quest’ultima affermata con riferi-
mento all’attestazione da parte del caposquadra della presenza in servizio di alcuni
dipendenti pubblici sulla base di attestazioni falsamente contenute nel registro delle
presenze (86); ed esclusa con riferimento alla determinazione dirigenziale dello stipen-
dio del pubblico dipendente formatasi sulle attestazioni falsamente contenute nel re-
gistro delle presenze, che costituisce un semplice atto di gestione del rapporto di la-
voro e non un a.p. (87). Inoltre, integra il falso per induzione ex artt. 48 e 479 c.p., il
geometra dell’ufficio tecnico comunale (assistente di cantiere) (con l’appaltatore) che
rappresenti (in misurazioni e rilievi) falsamente come eseguiti lavori non eseguiti in
tutto o in parte inducendo in errore il direttore dei lavori che nella redazione del li-
bretto delle misure degli stati di avanzamento dei lavori pubblici attesta l’avvenuta
realizzazione di dette opere e l’effettiva corrispondenza a contratto dei lavori eseguiti
dall’impresa appaltatrice (88); la presentazione al PRA e alla Motorizzazione civile di di-
chiarazioni di conformita non autentiche relative ad autoveicoli, che vengono di con-
seguenza immatricolati con atto falso autonomo del p.u. (89); la richiesta di contributi
per l’abbattimento di bovini affetti da brucellosi occultandoli alla vista degli ispettori
con l’effetto di conseguire certificazione dal veterinario ufficiale che l’allevamento e
indenne dalla malattia, fondata sul presupposto della visita di tutti gli animali sopra-
vissuti all’abbattimento in quanto malati (90); l’iscrizione nell’elenco degli invalidi civili
— che attesta l’invalidita — indotta da un falso certificato rilasciato dalla U.S.L. (91); le
false dichiarazioni dell’importatore da cui trae origine la bolletta doganale di importa-
zione che si perfeziona, dopo i dovuti controlli, con l’attestazione del p.u. circa la con-
formita delle dichiarazioni documentali alla situazione riscontrata (92); l’allegazione di
documentazione non veritiera redatta da professionista qualificato — ad es. una pla-
nimetria che rappresenti falsamente lo stato dei luoghi — alla richiesta di concessione
edilizia, atto pubblico costitutivo del diritto di edificare (93), o per altra tesi, autorizza-
zione amministrativa (responsabilita ex artt. 48 e 480 c.p.) (94); la presentazione al p.u.
di falsa attestazione sullo svolgimento di attivita lavorativa in Italia da parte di citta-
dino extracomunitario o della disponibilita all’assunzione, presupposto di fatto per il
(85) Sez. Un. pen., 11 aprile 2006, n. 15983, in
questa Rivista, 2006, 1549.(86) Cass. pen., Sez. II, 24 giugno 2008, n. 25900,
in Foro it., 2008, II, 605.(87) Cass. pen., Sez. V, 15 gennaio 2008, n. 9045,
in Foro it., 2008, II, 277.(88) Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2006, cit.;
Cass. pen., Sez. V, 20 gennaio 2004, n. 7329, in
Cass. pen., 2005, 1256.(89) Cass. pen., Sez. V, 28 giugno 2005, n. 27255,
in Guida dir., 2005, 41, 97.(90) Cass. pen., Sez. V, 5-21 aprile 2004, n. 21083,
in Cass. pen., 2006, 118.
(91) Cass. pen., Sez. V, 20 dicembre 2004-28 gen-
naio 2005, n. 2703, cit.(92) Cass. pen., Sez. V, 30 novembre 2006,
n. 4950, in Cass. pen., 2008, 620; Cass. pen., Sez.
V, 9 aprile 2003, n. 21355, in Cass. pen., 2004,
3226.(93) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-
naio 2008, n. 2895, cit.; Cass. pen., Sez. V, 3 aprile
1998, in Cass. pen., 1999, 2146; Cass. pen., 28 gen-
naio 1997, in Giust. pen., 1997, II, 567.(94) Cass. pen., Sez. V, 15 luglio 2008, n. 37555, in
Rep. Giust. civ., 2008, 1811, n. 25.
| P . 2 2 0 4 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
rilascio del permesso di soggiorno, atto pubblico (95); il verbale di esame di laurea e di-
ploma di laurea, ideologicamente falsi in relazione all’attestazione implicita di verita
di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati di falsita, materiale e/o
ideologica, non essendo stati mai sostenuti, pur risultando regolarmente superati (96).
O ex artt. 48 e 480 c.p., il rilascio di concessione in sanatoria, certificazione ammini-
strativa e non atto pubblico, a seguito di una falsa attestazione dell’interessato circa la
realizzazione delle opere nel termine utile all’uopo (97).
Nei casi di configurazione della falsita ideologica in a.p. per induzione in errore del
p.u. (artt. 48 e 479 c.p.) si pone la ulteriore questione se l’ingannatore risponda o
meno non solo del reato di falso ideologico del p.u. ingannato ma anche degli altri
reati di falso eventualmente integrati dalla sua condotta. La pronuncia delle Sezioni
Unite 28 giugno 2007 (98) fa derivare dai principi affermati in tema di sussistenza della
responsabilita ex artt. 48 e 479 c.p., il concorso della stessa con la falsita ideologica
commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) (99) o con gli altri reati eventual-
mente integrati dalla falsa dichiarazione del mentitore. Cosı superando l’orientamento
che, invece, distingue nettamente tra la condotta dichiarativa del privato destinata a
essere riportata come tale nell’a.p., comportante l’esclusiva integrazione dell’art. 483
c.p., e l’utilizzazione di tale dichiarazione falsa da parte del p.u. per formare una atte-
stazione in a.p. a lui riferibile, comportante l’esclusiva applicazione del reato ex artt.
48 e 479 c.p. (100). Analogamente si ammette il concorso tra il reato previsto dagli artt.
48 e 479 c.p. e quello previsto dall’art. 481 c.p. (101) e, di conseguenza, il professionista
risponde del reato di falso ideologico in autorizzazioni amministrative per induzione
in errore del p.u. addetto al rilascio in concorso col reato di falsita in certificati,
quando senza il certificato dallo stesso redatto (progetto e relazione tecnica) l’autoriz-
zazione amministrativa richiesta (permesso di sopraelevare) non sarebbe stata rila-
sciata; condizione imprescindibile per ritenere integrato il falso per induzione e che
l’immutatio veri cada sull’esistenza di un presupposto in assenza del quale il provvedi-
mento non avrebbe potuto essere adottato.
Non si ravvisa un caso di falso per induzione (recte: falso per induzione innocuo)
nella condotta di chi chieda e ottenga un certificato attestante il proprio stato di disoc-
cupazione, pur avendo un impiego temporaneo o precario, in quanto detto impiego
non esclude il requisito dello stato di disoccupazione necessario ex art. 12, l. n. 482/
1978 per la partecipazione privilegiata ai concorsi pubblici (102).
(95) Cass. pen., Sez. V, 22 aprile 2005, n. 19924
(ord.), rv. 232204; Cass. pen., Sez. I, 22 marzo
2005, n. 13703, in Cass. pen., 2005, 3305; Cass.
pen., Sez. VI, 29 gennaio 1999, in Cass. pen., 2000,
2270.(96) Sez. Un. pen., 3 febbraio 1995, cit.(97) Cass. pen., Sez. V, 25 settembre-26 ottobre
2001, n. 38453, rv. 220001; contra Cass. pen.,
Sez. V, 4 aprile 2003-19 maggio 2003, n. 22021,
in Riv. pen., 2004, 1249: violazione dell’art. 483
perche la concessione e rilasciata sulla base
della sussistenza della attestazione e non del
fatto, salvo l’autonomo accertamento del fatto
da parte dell’autorita comunale; Cass. pen., Sez.
VI, 29 ottobre 1997, n. 537, cit.: non integrano
l’art. 479 le false attestazioni del privato volte
ad ottenere la licenza edilizia che non alterino
la realta effettuale sottoposte al controllo della
P.A.(98) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.;
conf. Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2006; contra
Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 2004, cit.(99) Cosı gia Riccio, Errore, cit., 231.(100) Cass. pen., Sez. V, 30 novembre 2006, n. 4950,
cit.; Cass. pen., Sez. VI, 29 gennaio 1999, cit.(101) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-
naio 2008, n. 2895, cit.(102) Cass. pen., Sez. V, 20 novembre 2008,
n. 48361, in Rep. Giust. civ., 2008, 1811, n. 28.
P . 2 2 0 5 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
4. LA CONSULENZA E ASSISTENZA PROFESSIONALE ILLE-CITAParticolarmente delicata e l’individuazione dei confini tra lecito ed illecito nella attivita
di consulenza del libero professionista, in specie avvocato o commercialista, quando il
reato consista nella applicazione dei consigli di ordine tecnico da parte del cliente.
Una giurisprudenza significativa in tema si incontra in materia di bancarotta fraudo-
lenta (art. 216 l.f.), una posizione esclude il concorso nel reato di bancarotta del con-
sulente che abbia esclusivamente indicato in astratto al cliente i mezzi per sottrarre i
beni alla garanzia dei creditori, senza dunque assisterlo nella stipulazione dei relativi
negozi simulati (103) ad es. aiutando l’imprenditore a costituire una societa ad hoc, cui
trasferire il patrimonio immobiliare della societa fallenda, conoscendo le finalita del-
l’operazione (104). In tal senso non pare pero rilevante la sottolineatura civilistica della
natura di obbligazione di mezzi e non di risultati dell’attivita del legale a cui si fa con-
seguire la distinzione tra l’indicazione in astratto dei mezzi per superare situazioni
particolarmente delicate sotto il profilo della liceita e l’attivarsi per il raggiungimento
di determinati risultati, con la conclusione «che la mera programmazione astratta dei
mezzi, lasciando la scelta e la responsabilita al proprio cliente, non coinvolge l’avvo-
cato, non cosı quando invece egli partecipi attivamente alla produzione dell’evento,
nel qual caso la responsabilita e indiscutibile » (105), giacche fornire i mezzi per com-
mettere un reato equivale a concorrere nel reato. In tale prospettiva, perche sussista
il concorso e richiesta — oltre alla ideazione e programmazione degli atti di distra-
zione — la assunzione da parte del professionista, in sostanza, del ruolo di cogestore
dell’impresa (106) o di amministratore di fatto (107); la assistenza nella stipulazione dei re-
lativi negozi simulati (108); l’attivarsi per indurre i creditori ad accettare un concordato
stragiudiziale (109); l’indicazione in concreto o l’adozione diretta dell’espediente ille-
cito (110). Si afferma, inoltre, che concorre nel reato anche il consulente che svolge una
attivita diretta a garantire l’impunita o che, comunque, con il proprio aiuto e con le
proprie preventive assicurazioni in tal senso, favorisce o rafforza l’altrui proposito cri-
minoso (111). Per altra giurisprudenza, invece, la mera illustrazione al cliente imprendi-
tore poi fallito dei mezzi giuridici attraverso i quali sottrarre i beni alla garanzia dei
creditori, quando il suggerimento sia stato raccolto (112), con la rappresentazione che il
cliente effettivamente utilizzera tali mezzi giuridici per realizzare fatti di bancarotta,
(103) Cass. pen., Sez. V, 23 giugno 1988, in Riv.
pen., 1989, 634; Cass. pen., Sez. V, 13 marzo 1988,
n. 3100, in Riv. pen., 1988, 746; Cass. pen., Sez. V,
19 aprile 1988, in Cass. pen., 1990, 328; Cass. pen.,
Sez. V, 11 marzo 1988, in Cass. pen., 1989, 680;
Cass. pen., Sez. V, 21 ottobre 1999, n. 12752, in In
iure praesentia, 1998, 109, con nota di Coletta.(104) Cass. pen., Sez. V, 18 novembre 2003, in Dir.
giust., 2004, 7, 48, con nota di Botti; in Dir. prat.
soc., 2004, f. 5, con nota di Aldrovandi.(105)
Panuccio, Concorso del professionista nel
reato di bancarotta (con particolare riguardo al le-
gale dell’imprenditore), in Riv. trim. dir. pen. ec.,
1994, 214 s.; conf. Sforzi, in Carletti (a cura di),
Diritto penale commerciale, I, I reati nel fallimento e
nelle altre procedure concorsuali, Torino, 1990, 404.(106) Cass. pen., Sez. V, 7 novembre 1985, in Cass.
pen., 1987, 1468; Cass. pen. Sez. V, 11 marzo 1988,
cit.(107) Cass. pen., 5 febbraio 1986; e Cass. pen. Sez.
V, 7 novembre 1985, cit.(108) Cass. pen., Sez. V, 19 aprile 1988, cit.(109) Cass. pen., Sez. V, 23 ottobre 1978, in Cass.
pen., 1980, 919; Trib. Napoli, 17 giugno 1987, in
Dir. giust., 1987, 552.(110) Cass. pen., Sez. V, 21 ottobre 1998, n. 12752, cit.(111)
Panuccio, Concorso, cit., 215.(112) Cass. pen., Sez. VI, 13 gennaio 1994, in Cass.
pen., 1996, 938.
| P . 2 2 0 6 r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E
costituisce un contributo oggettivo integrante il concorso in bancarotta fraudolenta ac-
compagnato dal dolo di concorso (113).
Fermi i limiti propri del concorso eventuale nella fattispecie di bancarotta dolosa
(reato proprio), che per il disvalore della condotta dell’intraneo che caratterizza la
bancarotta e sulla presenza nel sistema penale fallimentare dell’art. 232, comma 3,
n. 2 l.f., impongono la sussistenza dell’accordo tra intraneo ed estraneo, perche sussi-
sta il concorso dell’estraneo nel reato di bancarotta dolosa (114); va sottolineato piu in
generale in materia di consulenza professionale che la mera illustrazione teorica di isti-
tuti giuridici, oltre alla copertura delle garanzie proprie della liberta di pensiero con-
cernenti qualsiasi attivita di pura teorizzazione, difetta di ogni legame oggettivo con il
fatto illecito in ipotesi realizzato sia sul piano causale che agevolativo (115), essendo lo
strumento operativo adottato in concreto necessariamente frutto di una elaborazione
in concreto che, a mio avviso, comporta una autonoma deliberazione ad agire qualifi-
cabile come serie causale autonoma rispetto alla mera discettazione o confronto teo-
rico, ed anche in tal caso non puo poi convertirsi la assenza di un legame oggettivo in
quella di un legame di tipo psicologico (oltretutto l’istigazione deve avere ad oggetto
un reato determinato, una prospettiva concreta, e non ipotesi teoriche) senza scadere
in inammissibili presunzioni. D’altra parte tale attivita pare di per se estranea al dolo
di concorso che, comunque, e di pressoche impossibile rigoroso accertamento, ri-
guardo a cui va sottolineata la necessita della rappresentazione concreta del fatto che
poi si verifichera o, con altre parole, della concreta previsione dell’evento lesivo, o al-
meno di una certa classe di eventi, quale conseguenza della consulenza. Mentre non
e sufficiente la rappresentazione generica in astratto della possibilita che altri com-
mettano fatti di reato.
Per la precisione, il riferimento e alla illustrazione meramente teorica, che puo ca-
ratterizzare non solo una consulenza, ma anche una lezione accademica o un parere
estemporaneo (si pensi al farmacista che illustri le capacita venefiche anche sul-
l’uomo delle sostanze vendute). Diversa questione e la applicazione delle conoscenze
tecniche al caso concreto, ed a nulla rileva l’obbligazione di mezzi dell’avvocato, come
ad esempio l’esame del patrimonio e della situazione economica di una impresa fal-
lenda o dei redditi di un contribuente, in cui i principi teorici e le conoscenze tecniche
vengano applicati per la elaborazione di un piano operativo volto alla distrazione dei
beni dell’impresa o alla fraudolenta evasione fiscale; in tal caso infatti sussiste il con-
tributo materiale del professionista che condiziona lo svolgimento della attivita illecita
anche a prescindere dalla partecipazione all’esecuzione della stessa, d’altra parte la
previsione concreta del fatto che si verifichera e nelle cose giacche il piano predispo-
sto in questione non e per l’appunto uno studio scientifico ma e finalizzato alla sua at-
tuazione. In effetti di analoga natura son le ipotesi di collaborazione intellettuale co-
munemente indicate come di concorso, ad es. indicazione a coloro che intendono ese-
(113) Cass. pen., Sez. V, 22 ottobre 1986, n. 1341,
in Cass. pen., 1988, 927; Cass. pen., Sez. V, 19 di-
cembre 1986, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1987, 949.(114) G. Cocco, Il concorso dell’estraneo nella ban-
carotta fraudolenta patrimoniale, Studi economico-
giuridici dell’Universita di Cagliari, v. LVII, Torino,
2000, 295 s.; G. Cocco, Nota introduttiva agli artt.
216-222 (voce Fallimento), in Palazzo-Paliero (di-
retto da), Commentario breve alle leggi penali com-
plementari, Padova, II ed., 2007, 1162.(115) Opportunamente sottolinea la valenza ogget-
tiva o causale del consiglio tecnico P. Coco, L’im-
putazione del contributo concorsuale atipico, Napoli,
2008, 253 ss.
P . 2 2 0 7 |r e s p o n s a b i l i t a c i v i l e e p r e v i d e n z a – n . 1 1 – 2 0 1 0
d o t t r i n a
T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4
guire un furto dei metodi di neutralizzazione dei sistemi di allarme esistenti in una
banca a protezione di un caveau o della combinazione della cassaforte di una abita-
zione (116), laddove appare evidente l’incidenza sulle concrete modalita operative del
furto di conseguenza eseguito, contributo intellettuale che pare integrare piu che un
concorso morale un concorso materiale. In tali termini puo condividersi la afferma-
zione che « i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono
nei fatti di bancarotta quando, essendo consapevoli dei propositi distrattivi dell’im-
prenditore o degli amministratori della societa, forniscono consiglio o suggerimento
sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione
dei relativi negozi, ovvero svolgano attivita dirette a garantire l’impunita o suscitino o
rafforzino l’altrui proposito col proprio ausilio e con le preventive assicurazioni» (117).
(116) M. Romano-Grasso, Commentario sistema-
tico al codice penale, vol. II, artt. 85-149, III ed.,
Milano, 2005, 150; Cass. pen., 19 febbraio 1994, rv.
197276; Cass. pen., 7 aprile 1994, in Cass. pen.,
1996, 938.(117) Cass. pen., Sez. V, 18 novembre 2003, cit.