APPUNTI SUI REATI COMUNI DEGLI AVVOCATI

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Responsabilità civile e pRevidenza rivista mensile di dottrina, giurisprudenza e legislazione diretta da Giovanni Iudica – Ugo Carnevali | estratto Appunti sui reati comuni degli avvocati di Giovanni Cocco

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A p p u n t i s u i r e a t i c o m u n i d e g l i a v v o c a t idi Giovanni Cocco

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di Giovanni Cocco – Ordinario di diritto penale nell’Universita di Cagliari

Il saggio analizza i reati comuni integrati dagli avvocati nella pratica forense, in particolare enucleando leipotesi della c.d. truffa processuale, della responsabilita per il falso ideologico del giudice determinato dal-l’avvocato ex art. 48 c.p. e della responsabilita a titolo di concorso nel reato del cliente di chi presti la con-sulenza legale.

Sommario 1. Premessa. — 2. La c.d. truffa processuale. La questione in generale. — 2.1. La c.d. truffa proces-

suale impropria o occasionale. — 3. Il falso ideologico del pubblico ufficiale determinato da altrui inganno. —

4. La consulenza e assistenza professionale illecita.

1. PREMESSAAll’infuori di alcune fattispecie espressamente rivolte ai professionisti ed agli avvo-

cati in particolare, tra cui si evidenzia il segreto professionale (art. 622 c.p.) (1), non-

che di quelle che specificamente tutelano la amministrazione della giustizia e rivolte

al patrocinatore: (artt. 380, 381 e 382 c.p.) o aventi valenza piu generale (in partico-

lare art. 374 c.p.: frode processuale) (2), peraltro di rara applicazione, la pratica fa

emergere alcune ipotesi di reati comuni integrati dagli avvocati di particolare rilievo

e di notevole spessore dogmatico di cui si evidenzieranno in questi appunti i tratti

salienti.

2. LA C.D. TRUFFA PROCESSUALE. LA QUESTIONE IN GENE-RALEE particolarmente dibattuto, gia prima del codice Rocco, se sia o meno configurabile

la c.d. truffa processuale, problema la cui soluzione impone una puntuale ricostru-

zione dei fatti oggetto di valutazione, fondamentale nell’analisi delle soluzioni pro-

spettabili, poiche ritengo che gran parte della confusione di linguaggi e soluzioni de-

rivi dalla trattazione sotto un’unica etichetta di problematiche differenti. In termini

generali, infatti, si assume come oggetto di valutazione l’ipotesi in cui una delle parti,

nel giudizio civile, amministrativo e financo penale, inducendo con artifici o raggiri in

errore il giudice, ottenga una decisione patrimonialmente dannosa per taluno (3). Tale

approccio sconta il riferimento all’art. 374 c.p., che prevede la frode processuale con

(1) Su cui G. Cocco, Inviolabilita dei segreti privati

(621, 622, 623), in G. Cocco-E.M. Ambrosetti (a

cura di), Manuale di diritto penale parte speciale. I

reati contro le persone, Padova, II ed., 2010, 428 ss.(2) Su cui G. Cocco-E.M. Ambrosetti-E. Mez-

zetti (a cura di), Manuale di diritto penale parte

speciale. I reati contro i beni pubblici, Padova, I ed.,

2010, 373 ss.(3) Il tema e affrontato anche nel diritto penale

tedesco, v. Pagliaro, Principi di diritto penale, Parte

Speciale - III. Delitti contro il patrimonio, Milano,

2003, 337, n. 77.

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riferimento ai procedimenti civili, amministrativi e penali, ma tale abbinamento pare

fuorviante per due ordini di motivi. In primo luogo la netta differenza tra la prospet-

tiva della truffa, reato contro il patrimonio, e quella della frode processuale, reato

contro l’amministrazione della giustizia; d’altra parte, e la stessa previsione ad attri-

buire alla fattispecie di cui all’art. 374 c.p. un ruolo sussidiario per i casi in cui non

sussista una specifica tutela, come espressamente indica la formula « qualora il fatto

non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge », la norma

predispone dunque una sanzione di specifiche condotte illecite con riferimento a tutti

i procedimenti in questione, compreso in particolare quello penale in cui e piu diffi-

cile ipotizzare la ipotesi di truffa, salva la configurabilita di altri reati, cosicche eviden-

temente non puo attribuirsi alla previsione la esclusiva della sanzione penale di frodi,

falsi o comunque degli artifizi e raggiri che avvengano nell’ambito di un procedimento

financo ingannando il giudice (4). Pertanto, ritengo in linea di principio che non sia

possibile condizionare la ricerca di fattispecie incriminatrici di condotte quali quelle

sopra descritte a causa della vigenza dell’art. 374 c.p. e che si possano avere tra que-

st’ultima previsione e le varie fattispecie incriminatrici che entrino in campo solo oc-

casionali punti di sovrapposizione riguardo a specifiche situazioni concrete, in cui

eventualmente possono proporsi problemi di concorso di norme (5), peraltro a mio av-

viso risolti dalla clausola di sussidiarieta. Del tutto errato, d’altra parte, il riferimento

al divieto di analogia (6) poiche non si tratta di estendere l’applicazione dell’art. 374

c.p. a casi analoghi, ma di verificare la eventuale integrazione di altre ipotesi di reato.

Cade cosı l’argomento comunemente utilizzato in dottrina (7) e giurisprudenza (8) per

escludere in generale la stessa prospettabilita della c.d. truffa processuale.

Il secondo argomento, sempre ponendosi la questione in termini generali, come se

vi fosse una fattispecie tipica di truffa processuale (il che evidentemente non e), appare

in verita piu insidioso, focalizza l’attenzione sulla figura del giudice ingannato e sulla as-

senza dell’atto di disposizione patrimoniale, esercitando il giudice il potere pubblicistico

connesso alla giurisdizione (9). Insomma, seppure si riconosca che la truffa non esige l’i-

dentita tra la persona indotta in errore e quella che subisce conseguenze patrimoniali

negative per effetto dell’induzione in errore, si afferma che nella c.d. truffa processuale

ad essere tratto in inganno e il giudice che, se ha il potere di incidere in modo pregiudi-

(4)Mantovani, Diritto penale, Parte speciale, I,

Delitti contro la persona, Padova, III ed., 2008, 185;

Pagliaro, Parte spec., III, cit., 338; Antolisei, Ma-

nuale di diritto penale, Parte speciale, I, XIV ed.,

agg. Conti, Milano, 2002, 356; Cass. pen., Sez. II, 29

ottobre 1998-29 gennaio 1999, n. 6335, in Cass.

pen., 2000, 1275; contra Manzini, Trattato di diritto

penale italiano, VIII (persona), V ed., agg. Nuvo-

lone, Pisapia, Torino, 1983-1985, 720, che nega

esclusivamente per tale ragione la configurabilita

della c.d. truffa processuale, figura che pero deli-

mita rigorosamente, v. avanti in questo §.(5)

Mangano, Frode e truffa nel processo, Milano,

1976, 128.(6) Cosı, invece, Cass. pen., Sez. II, 30 gennaio

2008, n. 6022, in Cass. pen., 2009, 1553, in tema di

arbitrato; Cass. pen., Sez. II, 23 maggio-16 luglio

2007, n. 29929, in Riv. pen., 2007, 1235; Cass. pen.,

Sez. VI, 2 dicembre 1999, n. 4026, in Riv. pen.,

2000, 708.(7) Manzini, Trattato di diritto penale italiano,

IX, cit., 720; Fiandaca-Musco, Diritto penale,

Parte speciale, II, t. 2, I delitti contro il patrimo-

nio, Bologna, IV ed., 2005, 187 (189); Pisa, voce

Frode processuale, in Dig. disc. pen., V, 1991, 327;

La Cute, voce Truffa, in Enc. dir., XLV, Milano,

1992, 274.(8) Cass. pen., Sez. II, 30 gennaio 2008, n. 6022,

cit.; Cass. pen., Sez. V, 6 giugno 1996, in Riv. pen.,

1997, 294; Cass. pen., Sez. II, 26 novembre 2002-22

gennaio 2003, n. 3135, in Riv. pen., 2003, 298.(9)

Fiandaca-Musco, Diritto penale, Parte spe-

ciale, cit., 187; Pedrazzi, Inganno ed errore nei delitti

contro il patrimonio, Milano, 1955, 106.

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zievole con un suo provvedimento sul patrimonio di una delle parti, tuttavia emette un

atto di disposizione patrimoniale, in forza di poteri conferitigli dalla legge, che non e un

libero atto di gestione di interessi altrui, ma l’esplicazione del potere giurisdizionale di

natura pubblicistica (10), la cui finalita e l’attuazione di norme giuridiche e la risoluzione

dei conflitti di interessi tra le parti (11), pertanto si esclude la configurabilita del reato nel

caso in cui un giudice adotti un provvedimento concernente una disposizione patrimo-

niale favorevole all’imputato indotto in errore da una testimonianza falsa (12) o dalla pro-

duzione di un falso documento (falsa procura a vendere) (13). Occorre, invece, sottoli-

neare che vengono erroneamente ascritti all’indirizzo, il caso di un decreto ingiuntivo

ottenuto producendo documenti rappresentativi della esigibilita di crediti in realta

estinti, equiparato alla sollecitazione di un credito estinto, in cui si esclude la condotta

artificiosa (non l’atto di disposizione) (14); e il caso di autorizzazione a vendere da parte

del giudice tutelare sulla base di una falsa perizia, in cui l’atto dispositivo e individuato

nella effettiva vendita e si ravvisa il falso ideologico in autorizzazione amministrativa

per induzione in errore del p.u. (il giudice) ex artt. 48 e 480 c.p. (15).

Tuttavia, anche questo argomento, pur suggestivo non e affatto convincente, in ve-

rita nessun rilievo puo avere ai fini del diritto penale la natura pubblicistica dei poteri

del giudice (16), essendo questo settore dell’ordinamento fondato sulla materialita, cio

che contano sono gli effetti concreti dell’esercizio di tale potere che in concreto sfocia

in atti di disposizione del patrimonio delle parti (17); e appena il caso di rilevare che

l’arricchimento interpretativo del contenuto della fattispecie con l’elemento implicito

dell’atto di disposizione patrimoniale non puo giungere a pretendere o consentire la

definizione di quest’ultimo sul modello della c.d. truffa contrattuale, come accade

quando si dice che il giudice e privo di ogni potere di gestione sui beni e di qualsivo-

glia obbligo di compiere atti giuridici nell’interesse della parte (18), ne ad attribuirgli il

significato assunto in sede civilistica di negozio giuridico che produce immediata-

mente il trasferimento, la modificazione o la estinzione di un preesistente diritto sog-

gettivo patrimoniale (19). In definitiva e sufficiente che la persona ingannata si trovi in

una situazione giuridica che le conferisca il potere di compiere l’atto di disposizione

patrimoniale per l’altrui patrimonio (20). Cosı pronunciare una sentenza puo rappre-

(10) Cass. pen., Sez. II, 9 luglio-9 ottobre 2009,

n. 39314; Cass. pen., Sez. II, 30 gennaio 2008,

n. 6022, cit.; Cass. pen., Sez. II, 23 maggio-16 luglio

2007, n. 29929, cit.; Cass. pen., Sez. II, 18 aprile-5

giugno 2002, n. 21868, in Riv. pen., 2003, 179.(11) Cass. pen., Sez. II, 23 maggio-16 luglio 2007,

n. 29929, cit.; Cass. pen., Sez. II, 26 novembre

2002-22 gennaio 2003, n. 3135, cit.(12) Cass. pen., Sez. II, 23 ottobre 2007, n. 42333,

in Guida dir., 2007, 48, 93; Cass. pen., Sez. II, 23

maggio-16 luglio 2007, n. 29929, cit.; Cass. pen.,

Sez. VI, 2 dicembre 1999, n. 4026, cit., 877.(13) Cass. pen., Sez. II, 26 novembre 2002-22 gen-

naio 2003, n. 3135, cit.(14) Cass. pen., Sez. II, 27 giugno-26 ottobre 2007,

n. 35608, in Riv. pen., 2008, 37 e 849.(15) Cass. pen., Sez. V, 14 gennaio-7 febbraio

2004, n. 6244, in Cass. pen., 2005, 2600.

(16)Antolisei, Parte spec., I, cit., 356 n. 154; Pa-

gliaro, Parte spec., III, cit., 338.(17)

Mantovani, Parte spec., I, cit., 185.(18) Nel senso criticato: Cass. pen., Sez. II, 23

maggio-16 luglio 2007, n. 29929, cit.; Pedrazzi, In-

ganno, cit., 107; Marini, voce Truffa, in Dig. disc.

pen., XIV, Torino, 1999, 365; De Vero, Truffa pro-

cessuale, atto di disposizione, potere di disposizione:

residui profili di una vexata quaestio, in Riv. it. dir.

proc. pen., 1979, 671.(19)

Pagliaro, Parte spec., III, 338; gia Welzel,

Das deutsche Strafrecht. Eine systematische Darstel-

lung, Berlin, 1956, 350.(20)

Mantovani, Parte spec., I, cit., 185; Pagliaro,

Parte spec., III, cit., 335; Capotosti, Lite temeraria e

truffa processuale, in Giust. pen., 1956, II, 703; con-

tra De Vero, Truffa processuale, cit., 671.

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sentare un fare che ha conseguenze giuridiche patrimoniali a carico di taluno (21),

senza necessita di ipotizzare un mandato a disporre del patrimonio proveniente dalle

parti implicito nell’accettazione delle regole del processo al momento del loro ingresso

nella contesa (22).

Inconsistente poi l’argomento della assenza della ingiustizia del profitto a fronte

dell’autorita di cosa giudicata (23), erede della concezione totalitaria che nega la possibi-

lita che il giudice possa essere ingannato perche la sua decisione comunque costitui-

sce verita legale (24). Va ribadito che il diritto penale ed il suo giudice sono autonomi

rispetto agli altri settori dell’ordinamento, costituendo oggetto di valutazione esclusi-

vamente la conformita alla previsione astratta della fattispecie concreta (25), pertanto

in tale sede possono ben essere accertati autonomamente sia il concreto inganno nei

confronti del giudice, che e un fatto, sia l’ingiustizia del profitto che segue la constata-

zione che l’inganno subito dal giudice ha prodotto una decisione diversa da quella a

cui sarebbe altrimenti pervenuto e dunque ingiusta (26), e non v’e giudicato che tenga;

al contrario, la ingiustizia della decisione e dunque del profitto sono oggetto della va-

lutazione, come qualsiasi altro elemento di fattispecie, da parte del giudice penale

nella pienezza della sua giurisdizione, svincolato da pregiudiziali di sorta. D’altra

parte, e irrilevante (27) che non sia la sentenza a produrre profitto e danno ma la sua

esecuzione, cio puo accadere anche nella ipotesi di truffa processuale comunemente

ammessa c.d. impropria (28) e certo non ne muta la natura, d’altra parte causa causae

est causa causati.

Cosicche, sulla scorta di dottrina autorevole e convincente (29), si deve concludere

sulla prospettabilita di una truffa processuale in senso affermativo, gia in termini ge-

nerali, seppure occorra ribadire nei soli casi in cui il provvedimento del giudice abbia

conseguenze giuridiche patrimoniali a carico di taluno (e dunque non con riferimento

alla utilizzazione di artifizi e raggiri che ingannino il giudice senza pero produrre sif-

fatte conseguenze, non richieste viceversa dall’art. 374 c.p.); il delitto di truffa non po-

stula infatti l’identita tra la persona offesa dal reato e quella indotta in errore cosic-

che, quando gli effetti dell’inganno e della condotta dell’ingannato si riversino sul pa-

trimonio del danneggiato, non puo escludersene la configurabilita nel caso in cui sia il

giudice il soggetto ingannato dall’attivita fraudolenta precostituita da una parte,

avendo egli il potere di incidere pregiudizievolmente con un suo provvedimento sul

(21)Pagliaro, Parte spec., III, cit., 339.

(22) Cosı, invece, Bellagamba, La discussa confi-

gurabilita della truffa processuale, in Ind. pen., 2005,

1100.(23) Contra De Vero, Truffa processuale, cit., 671; De

Vero, Truffa a terzi soggetti e autorita del giudicato

nella c.d. truffa processuale, in Arch. pen., 1977, I, 202.(24)

De Marsico, L’inganno al giudice. truffa e frode

processuale in tema di giurisdizione volontaria, in

Riv. pen., 1941, I, 684; Cass. pen., Sez. I, 20 dicembre

1940, in Giust. pen., 1941, II, 661: si tratterebbe della

stessa negazione del giudice; critico Antolisei, Parte

spec., I, cit., 356 e giurisprudenza ivi cit. n. 154(25) V.G. Cocco, Una introduzione ai reati contro il

patrimonio e l’economia pubblica. tra beni giuridici e

tecniche di tutela, in Studi in onore di Mario Ro-

mano, Napoli, in corso di pubblicazione.(26)

Pagliaro, Parte spec., III, cit., 338; Manto-

vani, Parte spec., I, cit., 185; anche Manzini, op. cit.,

IX, 720; contra Zannotti, La truffa, Milano,

1993, 63.(27)

Pagliaro, Parte spec., III, cit., 338; Manzini,

op. cit., IX, 720.(28) V. § seguente.(29)

Mantovani, Parte spec., I, cit., 193; Pagliaro,

Parte spec., III, cit., 338; Antolisei, Parte spec., I,

cit., 361 s.; Mangano, Frode, cit., 123 s.; Boscarelli,

Sulla responsabilita penale per l’evento cagionato

mediante l’inganno del giudice, in Arch. pen., 1952,

I, 292; Ragno, Contributo alla configurazione del de-

litto di truffa processuale, Milano, 1966, 113 s.

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patrimonio della parte danneggiata; ed invero i reati specifici riguardanti la frode nel

giudizio di cui all’art. 374 c.p. non esauriscono le ipotesi criminose possibili nel caso

di condotte fraudolente, che ben possono rientrare nella piu ampia previsione dell’art.

640 c.p. (30), anche nei casi di falsa testimonianza (31) e in cui, nel procedimento di ese-

cuzione, il detentore di un bene in leasing ne conservi la disponibilita impedendone il

tempestivo recupero, inducendo in errore l’ufficiale giudiziario, incaricato della sua

riapprensione mediante la falsa indicazione del luogo della effettiva custodia (32).

2.1. La c.d. truffa processuale impropria o occasionaleTuttavia, il risultato raggiunto in punto di principio puo essere ulteriormente consoli-

dato in punto di prassi applicativa sol che si approfondisca la problematica, proce-

dendo dalla acuta osservazione di Manzini (33) che distingue la figura di truffa proces-

suale da lui bocciata, peraltro con argomenti non convincenti, da quei casi « in cui gli

artifici e i raggiri precedono il processo, sı che questo si presenti come un epilogo del-

l’attivita fraudolenta, necessario soltanto per la realizzazione del profitto. Qui l’in-

ganno al giudice costituisce un elemento irrilevante, dato l’anteriore inganno extra-

processuale. In questa ipotesi non puo negarsi la sussistenza della truffa (consumata

o tentata)»; l’autore cita il caso dell’avvocato che, dopo essersi servito del nome di

una ditta, ad insaputa di questa, per concludere una compravendita con altra ditta,

cita la compratrice per mancato adempimento della sua obbligazione, ad istanza della

ditta venditrice, dalla quale fa figurare falsamente rilasciato a lui regolare mandato in

calce alla citazione, e ottiene la condanna della compratrice al risarcimento del

danno (34). E questo il punto, porsi la questione dal punto di vista del giudice e dei suoi

provvedimenti e ridursi in ultima analisi ad una prospettiva estremamente limitata,

usualmente le condotte di artifici e raggiri, ancorche si manifestino nel corso di un

procedimento giurisdizionale e possano anche produrre provvedimenti del giudice

negativi nei confronti delle parti contro cui sono effettuate, e dunque trovino il loro

epilogo in un processo, sono in primo luogo poste in essere per indurre in errore, e

spesso prima dell’avvio dell’azione giudiziale (non il giudice ma) le controparti, al fine

di far compiere loro atti di disposizione del proprio patrimonio, quali ad es. il ricono-

scimento delle infondate pretese e, comunque, abdicativi dei propri diritti (sia prima

dell’avvio delle cause, sia in corso di causa), solo secondariamente gli artifici e raggiri

possono influenzare il giudice e fargli prendere una decisione favorevole all’agente a

danno del truffato, pertanto non vi possono essere dubbi sulla configurabilita della

truffa (quanto meno tentata) laddove il soggetto passivo non ponga in essere l’atto di

disposizione e sia il giudice a provvedere negativamente nei suoi confronti oppure la

attenta difesa del soggetto passivo eviti anche quest’ultima evenienza. La materia e

tradizionalmente qualificata, per distinguerla da quella in precedenza trattata, come

truffa processuale impropria o occasionale, con cio volendosi evidenziare che la con-

dotta non ha come destinatario il giudice, che in nessun modo incide sulla realizza-

(30) Cass. pen., Sez. II, 29 ottobre 1998-29 gennaio

1999, n. 6335, in Cass. pen., 2000, 1275.(31) Cass. pen., Sez. I, 26 novembre 2002-17 gen-

naio 2003, n. 2302, in Riv. it. proc. pen., 2006, 311;

e in Dir. giust., 2004, 9, 12, con nota di Macchia.

(32) Cass. pen., Sez. II, 30 ottobre 1996, in Giust.

pen., 1997, II, 545.(33)

Manzini, op. cit., IX, 720.(34) Cass. pen., 29 dicembre 1926, in Giust. pen.,

1928, 1456.

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zione, rispettivamente, del danno e del profitto (ad es. rinuncia ad un diritto o transa-

zione a condizioni particolarmente sfavorevoli), ovvero incide soltanto indirettamente,

perche la pronuncia segue all’errore in cui e incorsa la controparte (ad es. riconosci-

mento di un debito o ammissione di un fatto decisivo posto a fondamento della deci-

sione del giudice) (35). Oltre al funambolico caso citato da Manzini, possono richiamarsi

i casi di falsi documenti che ovviamente vengono realizzati fuori dal processo (diver-

samente dai fatti previsti dall’art. 374 c.p., la cui peculiarita e proprio quella che si

tratta di attivita comunque strettamente legate a ispezioni, esperimenti giudiziali o pe-

rizie, cioe modalita di formazione della prova nel giudizio) in cui vengono poi even-

tualmente riversati, ad es. nel caso di inoltro di mendaci denunce di sinistri stradali e

di messe in mora alle imprese assicurative con l’ulteriore artifizio della presentazione

di mendaci querele per lesioni e omissione di soccorso poi seguite dalle relative

cause (36).

Preme sottolineare, peraltro, che la distinzione tra truffa processuale propria ed

impropria — trattandosi, oltretutto, di figure di creazione dottrinale e giurispruden-

ziale — non pare affatto significativa, giacche in ultima analisi in un processo di parti,

quali quelli in cui usualmente si pone il problema della truffa processuale in genere,

gli artifizi e raggiri integrati da false produzioni documentali, false testimonianze e

quant’altro, sono comunemente e in primo luogo indirizzati ad indurre in errore con-

troparte, la quale conseguentemente potra indirizzare la sua condotta nel procedi-

mento ponendo in essere atti dispositivi del proprio patrimonio, si tratti di condotte

abdicative, anche solo di presa d’atto o ammissione implicita delle ragioni avversarie

o di un fatto che le fonda, non potendo altrimenti dimostrare, o transattive. E laddove

la controparte processuale non venga indotta in errore, puo sussistere il tentativo di

truffa conseguente alla idoneita degli atti. Del resto la stessa induzione in errore del

giudice difficilmente potra riuscire se prima non si e indotta in errore la controparte.

Si vuol dire che la c.d. truffa impropria o occasionale e la situazione di pressoche co-

stante realizzazione della truffa processuale, essendo difficile immaginare situazioni in

cui non sia in primo luogo la controparte ad essere oggetto dell’attivita di induzione

in errore e la prima a porre in essere condotte dispositive da cui potra poi trarre fon-

damento la decisione giudiziale. Occorre, dunque, verificare con riguardo ad una piu

puntuale specificazione delle circostanze in cui si realizzino le condotte fraudolente,

la eventuale sussistenza di una tutela offerta dalla fattispecie di truffa, riguardo alla

quale appare di principio del tutto fuorviante assimilare processi civili, amministrativi

e penali sulla falsa riga dell’art. 374 c.p., che — appare persino evidente — diversa-

mente si rapportano rispetto alla necessita nella truffa di un profitto economico-patri-

moniale dell’agente a danno altrui.

Puo, di conseguenza, meglio cogliersi la peculiarita della condotta fraudolenta

(produzione di falsa documentazione) tenuta a sostegno di un ricorso al prefetto av-

verso l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa per vio-

(35)Bellagamba, La discussa, cit., 1092; Ragno,

Contributo, cit., 82, che in quest’ultimo caso parla

di truffa indiretta.(36) Trib. Nola, G.U.P., 10 febbraio 2009, in

www.iussit.eu, e, peraltro, paradossale che la sen-

tenza, mentre afferma integrata la truffa con la citata

attivita extraprocessuale, escluda la truffa proces-

suale per le condotte conseguenti nel processo sulla

base del noto refrain che l’emissione della sentenza

non integra un atto di disposizione patrimoniale.

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lazione delle norme sulla circolazione stradale. Si sottolinea, infatti, escludendosi la

configurabilita della truffa, anche nella forma tentata, che nel procedimento volto al-

l’accertamento della infrazione amministrativa l’autorita che irroga la sanzione in nes-

sun modo compie un atto che possa essere riguardato come disposizione di carattere

negoziale incidente sul patrimonio della amministrazione rappresentata, ne, tanto-

meno, sul patrimonio del trasgressore, ma pone in essere un atto autoritativo di tipo

ablatorio che costituisce manifestazione tipica dell’esercizio di uno specifico e tipizzato

munus, quale e quello di applicare sanzioni. E del tutto evidente, allora, che, come

non puo ipotizzarsi, in tale schema pubblicistico, il carattere dispositivo e negoziale

dell’atto (l’accertamento della violazione) dal quale puo scaturire l’insorgenza del

danno patrimoniale postulato come elemento essenziale della truffa, nessuna lesione

del bene protetto e ipotizzabile ove la condotta fraudolenta si sia limitata, come nella

specie, ad eludere l’accertamento di infrazioni amministrative, che costituiscono —

esse stesse — il profitto gia conseguito dal trasgressore (37). A maggior ragione di que-

sto tipo puo essere il ragionamento quando sono in gioco sanzioni penali anche di na-

tura pecuniaria e dunque nel procedimento penale.

E interessante notare come recente giurisprudenza — ora escludendo in fatto ora

in diritto la integrazione della truffa processuale (38) — inquadri nello schema del falso

del p.u. (giudice) determinato da altrui inganno ex artt. 48, 479/480 c.p. (v. relativo

par. in questo articolo) i casi di autorizzazione a vendere da parte del giudice tutelare

sulla base di una falsa perizia, in cui si afferma il falso ideologico in autorizzazione

amministrativa per induzione in errore del p.u. (il giudice) ex artt. 48 e 480 c.p. (39); e

di produzione in giudizio di documenti falsi (di intrinseca formazione extraproces-

suale) documentanti l’interruzione della prescrizione, in cui si ritiene ideologicamente

falsa la decisione del giudice indotto in errore, trattandosi di atti che sfuggono alla ca-

pacita di controllo del giudice, a differenza di quanto avviene per le valutazioni delle

prove formate in giudizio, e la cui autenticita si suppone se non altro perche offerte

da esercenti un pubblico servizio (40).

(37) Cass. pen., Sez. VI, 25 giugno-17 ottobre

2001, n. 37409, in Cass. pen., 2002, 2783.(38) Oltre ai saggi citati nel testo si veda in mate-

ria Albamonte, Ancora in tema di truffa proces-

suale, in Giust. pen., 1972, II, 72; Boschi, Nota a

Cass. 1 maggio 1976, in Foro it., 1977, II, 382; Cap-

pitelli, Sull’ingiustificato ostracismo nei confronti

della truffa processuale, in Cass. pen., 2005, 2603;

Carnelutti, Contro il processo fraudolento, in Riv.

dir. proc. civ., 1926, n. 2, 14 s.; Ciarniello, « Truffa

processuale» e liberta di disposizione in materia pa-

trimoniale, in Cass. pen., 2000, 1276, 742; Fasce, La

frode processuale e la truffa processuale: una disci-

plina da rimeditare, in Riv. pen., 1990, 1042; E.

Gallo, Il falso processuale, Padova, 1973; Giuliani,

E punibile la truffa processuale, in Giur. it., 1958, II,

177; Leto, Rilievi critici sulla ammissibilita della

truffa processuale, in Riv. pen., 2007, 1237; Pizzi-

menti, La corruzione del falso testimone: profili

strutturali e sostanziali di un controverso rapporto

fra norme, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 314; D.

Poncet, Sulla truffa processuale secondo la giuri-

sprudenza elvetica (scritto difensivo nell’interesse di

Adnan Khashoggi), in Ind. pen., 1989, 714; Potetti,

Questioni in tema di truffa, con particolare conside-

razione per la truffa processuale e quella contrat-

tuale, in Riv. pen., 2006, 377.(39) Cass. pen., Sez. V, 14. gennaio-17 febbraio

2004, n. 6244, in Cass. pen., 2005, 2600.(40) Trib. Roma, 7 maggio 2007, in Guida dir.,

2007, 23, 72.

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3. IL FALSO IDEOLOGICO DEL PUBBLICO UFFICIALE DETER-MINATO DA ALTRUI INGANNOSulla scia di un orientamento giurisprudenziale risalente agli albori del codice

Rocco (41), il tema del falso ideologico del pubblico ufficiale (p.u.) in atto pubblico (a.p.)

(art. 479 c.p.) o in certificazione amministrativa (c.a.) (art. 480 c.p.) (42) costituisce un

tradizionale banco di prova dell’istituto dell’errore determinato da altrui inganno previ-

sto dall’art. 48 (43), che secondo una consolidata tesi (44) costituisce applicazione dei

principi dell’art. 47 c.p. e del concorso di persone nel reato (artt. 110 ss. c.p.), infatti i

primi non distinguono l’errore a seconda della sua causa e pertanto, anche in sua as-

senza, si applicherebbero al soggetto ingannato, mentre la responsabilita del terzo di-

scenderebbe comunque dalle previsioni degli artt. 110 ss. c.p., infatti, come si desume

in particolare dagli artt. 112 e 119 c.p., il concorso di persone e configurabile anche se

per taluno dei concorrenti difetti il dolo. La previsione non assolve, dunque, una fun-

zione incriminatrice, ma esclusivamente una funzione di disciplina, derogando agli

artt. 116 e 117 c.p. (ipotesi speciali di concorso eventuale), in particolare con una mag-

giore tutela del principio di colpevolezza, come richiede il suo espresso dettato: « del

fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commet-

terlo » (45), pertanto il soggetto ingannato (c.d. deceptus) che agisca con il dolo di un

reato diverso non risponde del reato commesso voluto dall’ingannatore (c.d. deci-

piens) (46), parimenti non puo valere nei confronti dell’ingannato che ignori le proprie

condizioni o qualita o i rapporti con l’offeso, ma solo nei confronti dell’ingannatore, il

conseguente mutamento del titolo del reato. Non manca, tuttavia, chi afferma — sul

solco di dottrine relative ad altri ordinamenti giuridici — che l’art. 48 c.p. incrimina

fattispecie che non hanno sistemazione nell’ambito del concorso eventuale e utilizza

la figura del c.d. autore mediato per rappresentare che l’ingannato (autore immediato)

opera come mero strumento impiegato per commettere il fatto (47); anche la giurispru-

denza sembra aderire a tale teoria (48), seppure in modo essenzialmente nominalistico,

infatti perviene alle stesse soluzioni della teoria concorsuale.

Nella materia che ci occupa si dice che il p.u. — indotto in errore da una falsa di-

chiarazione ovvero da una falsa rappresentazione della realta prodotta dall’extra-

neus (49) con riguardo a fatti che interessano il contenuto dell’atto formato (50) — effet-

(41) Cass. pen., Sez. II, 17 giugno 1935, in Annali

dir. proc. pen., 1936, 230, con nota di Riccio; Cass.

pen., Sez. II, 10 febbraio 1935, in Annali dir. proc.

pen., 1936, 896, con nota di Mangini Ruffo; Pisa-

pia, Sul criterio distintivo tra partecipazione crimi-

nosa e reita mediata, in Studi di diritto penale, Pa-

dova, 1956, 81, n. 38.(42) Cass. pen., Sez. V, 17 ottobre 2001, in Giur.

it., 2003, 2378, con nota di Sergio.

(43) L’art. 48 c.p. prevede che le disposizioni in ma-

teria di errore sul fatto (art. 47 c.p.) si applicano an-

che quando esso e determinato dall’inganno di un

terzo; ma, in tal caso, del fatto commesso dall’ingan-

nato risponde chi lo ha determinato a commetterlo.(44) G. Cocco, L’errore sul fatto, in Ronco (diretto

da), Commentario sistematico al codice penale, vol.

II, Il reato, t. 1, Bologna, 2007, 670 s., ivi ulteriori ri-

ferimenti.(45) Amplius G. Cocco, L’errore sul fatto, cit., 670.(46) Cass. pen., Sez. VI, 20 gennaio 2004,

n. 15481, in Cass. pen., 2005, 2587.(47) Nella materia che ci occupa, gia Riccio, Er-

rore determinato dall’altrui inganno e falsita in atto

pubblico a fede privilegiata, in Annali dir. proc. pen.,

1936, 231 s.(48) Sez. Un. pen., 3-24 febbraio 1995, n. 1827, in

Cass. pen., 1995, 1816, con nota di Nappi.

(49) In genere un privato, ma non solo, v. avanti.(50) Si tratta di affermazioni o negazioni di verita,

non di dichiarazioni di volonta o di semplici giu-

dizi, ne tanto meno di dichiarazioni d’intenti o pro-

positi: Sergio, Errore determinato dall’altrui in-

ganno e falso per induzione: osservazioni sulle in-

compatibilita tra reato proprio e autore mediato, in

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tua una propria attestazione sulla loro rispondenza al vero, forma dunque un atto

contenente una falsa rappresentazione della realta, integrando gli elementi oggettivi

dei delitti in questione, che, pero, per mancanza di dolo, non possono essergli addebi-

tati, mentre vanno addebitati all’extraneus responsabile. Il falso in atto pubblico o cer-

tificazione amministrativa del p.u. deve sussistere quanto meno allo stadio del tenta-

tivo, integrato quando siano posti in essere atti finalizzati alla formazione — poi non

realizzata — dell’atto contenente la falsita, mentre non e sufficiente la sola induzione

in errore del p.u. (che puo integrare un autonomo reato).

La condotta del terzo consiste nell’inganno, cioe nell’impiego di qualunque mezzo

di persuasione o di suggestione che abbia determinato nel destinatario un errore sul

fatto da lui realizzato, non sono necessari raggiri od artifici particolarmente complessi

e sottili, e sufficiente che si inganni con qualunque artificio o altro comportamento atto

a sorprendere l’altrui buona fede (51); possono in particolare rilevare non solo condotte

descrittive o constatative di una distorta realta effettuale, ma anche condotte di natura

puramente valutativa ovvero prospettazioni effettuate in assenza di parametri valuta-

tivi predeterminati, quando provengano da soggetti la cui posizione istituzionale o le

cui qualita professionali siano tali da suscitare ragionevole affidamento nel p.u. (52). Tra

l’attivita dell’ingannato e il fatto di reato commesso dall’ingannatore (non solo rispetto

all’errore) deve sussistere un autentico nesso eziologico, ancorche non sia necessario

che la condotta del decipiens nei confronti del deceptus si svolga secondo due linee di-

stinte: di induzione in errore e di induzione a commettere un reato, poiche di solito « il

solo fatto di provocare in altri un errore costituisce di per se, in relazione alle circo-

stanze nelle quali l’inganno e esercitato, un valido ed efficace strumento di determina-

zione» (53). L’efficienza eziologica della condotta ingannatrice sull’induzione in errore

sussiste anche quando il soggetto ingannato avrebbe potuto, se fosse stato piu accorto,

avvedersi dell’insidia a lui tesa; al fine di escludere l’applicazione dell’art. 48 c.p., giu-

sta il richiamo all’art. 47 c.p., di per se non rileva, dunque, il contributo colposo del de-

ceptus (54), in quanto l’incriminazione delle condotte di frode si ispira all’esigenza di

sanzionarle anche quando siano agevolate dalla poca accortezza di chi le subisce, per-

che il risultato tipico della condotta mistificatrice e costituito proprio dall’indeboli-

mento delle capacita critiche dell’ingannato (55), con l’effetto che anche quest’ultimo

eventualmente possa rispondere del fatto commesso a titolo di colpa (ovviamente non

per delitto doloso) (56). Anche quando il p.u. sia persona dotata di particolari qualita e

competenze e non osservi i propri doveri di controllo e verifica prevale comunque la

finalita ingannatoria dell’agente, quale risultato tipico perseguito e conseguito (57), di-

Giur. it., 2003, 2380.(51) Cass. pen., Sez. V, 13 aprile 2006, in Studium

iuris, 2007, 736; Cass. pen., Sez. VI, 10 luglio 1990,

in Giust. pen., 1991, 156.(52) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-

naio 2008, n. 2895, in questa Rivista, 2009, 1119,

nota di Pontis; Cass. pen., Sez. V, 13 gennaio 2006,

n. 13249, in Riv. pen., 2007, 325.(53)

Padovani, Le ipotesi speciali di concorso nel

reato, Milano, 1973, 91.(54) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, in

Cass. pen., 2008, 93; in Foro it., 2008, II, 80,

nota di Giacona; Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre

2007-21 gennaio 2008, n. 2895, cit.; Cass. pen.,

Sez. V, 13 aprile 2006, cit.; Prosdocimi, Sub art.

48, in Ronco-Ardizzone-B. Romano (a cura di),

Codice penale ipertestuale, Torino, III ed.,

2009, 340.(55) G. Cocco, L’errore sul fatto, cit., 670 s.(56) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.(57) Cass. pen., Sez. V, 14 febbraio 2003, n. 7390,

in Riv. pen., 2004, 103; Cass. pen., Sez. V, 7 dicem-

bre 2007-21 gennaio 2008, n. 2895, cit.; contra Cass.

pen., Sez. VI, 8 aprile 2004, n. 26041, in Cass. pen.,

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versamente, si arriverebbe all’assurdo di mandare esente da responsabilita chi, sa-

pendo di trovarsi di fronte un p.u. poco accorto o inesperto (o un ufficio in difficolta

organizzative), approfitti di cio dichiarando deliberatamente il falso (58). Ad es. l’inot-

temperanza al dovere di vigilanza e controllo da parte del tecnico comunale addetto al

rilascio del permesso di costruire non esclude di per se la responsabilita dell’ingegnere

che redige falsamente il progetto e la relazione necessari per il rilascio del per-

messo (59). Il grado di preparazione e i doveri di controllo del p.u. vanno considerati al

fine di verificare (specialmente in materia di tentativo) la idoneita dell’azione (60), ed in

particolare, da un lato, la (possibilita dell’) effettiva induzione in errore del p.u., e dal-

l’altro la eventualita che il p.u. sia caduto in errore interamente per causa propria, che

esclude la penale responsabilita del decipiens ex art. 48. Non sono, dunque, condivisi-

bili le pronunce (61) che escludono la responsabilita ex art. 48 c.p. del privato autore

della falsa attestazione quando (e per la sola ragione) sussista un obbligo, non adem-

piuto, del pubblico ufficiale di accertare la veridicita della dichiarazione.

Nell’ingannatore deve essere presente il dolo del fatto di cui determina la commis-

sione preteso dal legame della sua responsabilita con la attivita ingannatoria, il dolo e

dunque quello di concorso, il decipiens deve cioe rappresentarsi e volere (ovviamente

da profano), anche nella forma del dolo eventuale, la materiale realizzazione da parte

del p.u. ingannato di un falso ideologico in a.p. o in c.a.

Resta da chiarire — in presenza di tutti i requisiti indicati — il decisivo profilo di

quando sussista un falso in a.p. o certificazione amministrativa oggettivamente ascri-

vibile al p.u. indotto in errore e non, invece, una attivita fraudolenta sanzionabile

esclusivamente in capo al decipiens che integra le fattispecie di falso a lui proprie (in

particolare artt. 483 e 481 c.p.) o altri reati. La questione e stata recentemente rias-

sunta dalla Sezioni Unite della Cassazione 28 giugno 2007 (62), chiamate a risolvere

un contrasto rispetto a un orientamento gia espresso dalle Sezioni Unite 3 febbraio

1995 (63), con riferimento al rilascio di un diploma di laurea, previa redazione del ver-

bale della relativa seduta, nel quale si attesta il superamento, mai avvenuto, da parte

del laureando, degli esami del corso, documentato dall’interessato, con la complicita

di un dipendente della universita, mediante falsi statini di esame e falsi verbali delle

sedute di esame. Le Sezioni Unite 3 febbraio 1995 affermano che tutte le volte in cui

il p.u. adotti un provvedimento (o atto amministrativo), a contenuto descrittivo o di-

spositivo, dando atto in premessa, anche implicitamente, della esistenza delle condi-

zioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri prodotti

dal privato, si e in presenza di un falso del p.u. del quale risponde il privato ex art.

2005, 3361.(58)

Pontis, Falso e abuso edilizio, in questa Rivi-

sta, 2009, 1125.(59) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-

naio 2008, n. 2895, cit.(60) Cass. pen., Sez. VI, 29 ottobre 1997, n. 537, in

Cass. pen., 1998, 2929.(61) Cosı Cass. pen., Sez. V, 15 novembre 2006-4

aprile 2007, rv. 236141; Cass. pen., Sez. V, 31 gen-

naio-23 febbraio 2007, rv. 236542; obiter in un caso

in cui l’attivita del p.u. — nella specie conservatore

del registro delle imprese che ha negato l’iscrizione

— sia preordinata ad accertare la reale conformita

ai dati richiesti dalla legge.(62) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.(63) Sez. Un. pen., 3-24 febbraio 1995, n. 1827,

cit.; conf. Cass. pen., Sez. VI, 16 ottobre 1995-19

gennaio 1996, n. 607, rv. 203405; Cass. pen., Sez. V,

20 dicembre 2004-28 gennaio 2005, n. 2703, rv.

231416, in tema di falsa attestazione dell’iscrizione

negli elenchi degli invalidi civili, utilizzata per otte-

nere un posto di lavoro con preferenza rispetto agli

altri aspiranti.

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48. Il provvedimento del p.u., infatti, e ideologicamente falso in quanto adottato sulla

base di un presupposto che in realta non esiste e di esso non risponde il p.u., in

buona fede in quanto tratto in inganno, bensı il soggetto che lo ha ingannato. Le Se-

zioni Unite argomentano che « il procedimento di formazione di qualsiasi atto ammini-

strativo prevede come primo momento l’accertamento dei presupposti, accertamento

che viene compiuto dalla stessa autorita che deve porre in essere l’atto o diretta-

mente o, piu frequentemente, sulla base di documenti che possono consistere anche

in atti pubblici e certificati rilasciati da altre autorita; e l’accertamento trova poi la

sua attestazione nel preambolo dell’atto, quali che siano le espressioni usate, usual-

mente concise tipo ‘‘Visti gli atti relativi a...’’, ‘‘Visti gli attestati...’’, peraltro da inten-

dere nel senso che con le stesse viene attestato, sulla base dei documenti, dei certifi-

cati etc. forniti dal richiedente all’ufficio, la sussistenza dei presupposti dell’atto. E

quindi, se detti documenti, certificati etc. sono falsi, materialmente o ideologica-

mente, deriva che anche la conseguente attestazione circa l’esistenza dei presupposti

e falsa».

A questa interpretazione si oppone un orientamento che esclude il falso per indu-

zione perche la attestazione che il p.u. redige non e falsa quando essa ha ad oggetto

non il fatto attestato (falsamente) dal privato ma la circostanza che lo stesso ha reso

la relativa attestazione, cioe l’esistenza dell’atto (contenente la falsa attestazione) pro-

veniente dal privato. In tali ipotesi si esclude una falsita ideologica commessa, sia

pure senza dolo, dal p.u., in quanto cio che egli attesta o riporta corrisponde a quanto

realmente esistente, anche se il contenuto non e vero: non vi e, dunque, un’attesta-

zione falsa, ma la mera espressione di un’argomentazione errata. Secondo questo

orientamento, in particolare, perche si renda applicabile l’art. 48 c.p. ai reati di falso

« e necessario che l’autore immediato (il soggetto ingannato) non si limiti ad espri-

mere una argomentazione errata ma compia una attestazione falsa. Le ipotesi possi-

bili sono cinque: a) il soggetto ingannato si limita a riprodurre la dichiarazione del

mentitore, documentandola; b) ovvero, pur ponendola espressamente a premessa di

una propria argomentazione, non giunge a conclusioni errate; c) il soggetto ingannato

non solo riproduce la dichiarazione del mentitore ma la utilizza anche come premessa

di una argomentazione che sbocchi in una conclusione errata; d) il soggetto ingannato

descrive e attesta lo stesso fatto rappresentato nella dichiarazione del mentitore, ma

senza far cenno di tale dichiarazione; e) il soggetto ingannato descrive o attesta una

situazione piu ampia di quella rappresentata dal mentitore» (64). Concludendo che sol-

tanto l’ultima fattispecie integra la ipotesi del falso per induzione in errore del p.u.,

perche nelle prime tre ipotesi l’art. 48 c.p. non puo trovare applicazione, in quanto,

nelle prime due « l’attestazione del soggetto destinatario dell’inganno non e falsa: non

e falsa nel caso a), perche essa rappresenta un fatto effettivamente verificatosi, vale a

dire la dichiarazione del mentitore; non lo e nel caso b), perche la falsita della dichia-

razione del mentitore non si estende alla conclusione del ragionamento in cui funge

da premessa »; mentre nel caso sub c), « sebbene siano false sia le dichiarazioni del

mentitore sia la conclusione del soggetto ingannato, costui commette un errore non

un falso. La proposizione che viene assunta come premessa del ragionamento dal

(64) Cosı riassunte da Sez. Un. pen., 28 giugno

2007, n. 35488, cit.

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soggetto ingannato, infatti, non e immediatamente descrittiva del fatto rappresentato

dal mentitore, bensı della intervenuta dichiarazione di costui: e una attestazione della

attestazione ed e vera. La falsita della conclusione dell’argomento, quindi, non di-

pende dalla falsita della premessa (che e vera), bensı dalla invalidita dell’argomento

nel quale la conclusione viene tratta come conseguenza necessaria della attestazione

del mentitore senza considerare la possibilita che questa sia falsa. In altri termini, si

assume come premessa il fatto che e intervenuta l’attestazione del mentitore e si trae

la conclusione come se la premessa fosse direttamente il fatto rappresentato in quella

attestazione » (65). In tutte queste ipotesi (sub a, b, c), secondo la tesi in esame, sono

configurabili esclusivamente il reato previsto dall’art. 483 c.p. — quando la attesta-

zione del privato al p.u. in a.p. abbia avuto ad oggetto fatti dei quali l’atto era desti-

nato a provare la verita (66) — o quelli previsti dagli artt. 495, 496, 567, comma 2, c.p.,

ove ne ricorrano i presupposti specifici; si tratta infatti di fattispecie nelle quali si ri-

chiede la falsita di una dichiarazione proveniente da un privato che viene recepita

come tale nella attestazione di un p.u., il quale non commette neppure oggettiva-

mente alcuna falsita. Invece, nell’ipotesi sub d) il soggetto ingannato descrive come se

fosse stato da lui direttamente constatato il medesimo fatto che invece appreso dalla

dichiarazione mendace del mentitore: pertanto e lo stesso soggetto ingannato a com-

mettere una falsita ideologica (dolosa), nel momento in cui fa apparire come da lui

percepiti i fatti che gli sono stati riferiti e non si rende applicabile l’art. 48 c.p. Per

questa impostazione l’art. 48 c.p. e applicabile nella sola ipotesi sub e), si tratta della

ipotesi in cui il soggetto ingannato compie un’enunciazione descrittiva piu ampia di

quella contenuta nella dichiarazione del mentitore, perche la dichiarazione mendace

del privato viene assunta a mero presupposto di fatto dell’atto pubblico e come tale

non ha alcun rilievo autonomo, sicche « la falsa dichiarazione del mentitore e solo

uno degli elementi che determina la falsa attestazione del soggetto ingannato» (67), sic-

che l’atto promana direttamente da quest’ultimo, ancorche vi sia pervenuto tramite

false notizie o indicazioni ricevute dal privato (68). In sintesi, per questa tesi la falsita

ideologica per induzione in errore richiede che il p.u. non riproduca espressamente la

dichiarazione mendace del privato, perche, se cosı fa, l’a.p. non puo dirsi falso e puo

eventualmente configurarsi il reato previsto all’art. 483 c.p.; ne riproduca semplice-

mente il fatto dichiarato dal privato, bensı un fatto piu complesso di cui abbia diretta

percezione e sulla percezione del quale cada in errore, per effetto della falsa dichiara-

zione del privato (69).

Per contro, confermando l’orientamento gia espresso dalle Sez. Un. pen., 3 feb-

braio 1995, n. 1827 (70), secondo il quale tutte le volte in cui il p.u. adotti un provvedi-

mento, a contenuto descrittivo o dispositivo, dando atto in premessa, anche implicita-

mente, della esistenza delle condizioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o

(65) Cosı riassunte da Sez. Un. pen., 28 giugno

2007, n. 35488, cit.(66) Cass. pen., Sez. V, 25 settembre 2001,

n. 38453, in Cass. pen., 2002, 3091; ampie argomen-

tazioni in Cass. pen., 4 gennaio 1995, n. 1408, Scar-

vaci, non massimata.(67) Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2006-12 gen-

naio 2007, n. 545, in Cass. pen., 2007, 4151.

(68) Cass. pen., Sez. V, 4 aprile-19 maggio 2003,

n. 22021, in Riv. pen., 2004, 1249; Cass. pen., 2

marzo 2001, in Riv. pen., 2001, 666; Cass. pen., 29

marzo 1999, in Riv. pen., 1999, 457.(69)

Nappi, Autore mediato e falsita ideologica in

atto pubblico, in Riv. it. dir. proc. pen., 1982, 345.(70) Sez. Un. pen., 3-24 febbraio 1995, cit.

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attestazioni non veri prodotti dal privato, si e in presenza di un falso del p.u. del quale

risponde, ai sensi dell’art. 48 c.p., colui che ha posto in essere l’atto o l’attestazione

non vera. Le Sezioni Unite 28 giugno 2007 (71), affermano che « il falso ideologico in

documenti a contenuto dispositivo ben puo investire le attestazioni anche soltanto im-

plicite contenute nell’atto e quei fatti, giuridicamente rilevanti, connessi indiscutibil-

mente, quali presupposti, con la parte dispositiva dell’atto medesimo » (72), « sia che

concernano fatti compiuti o conosciuti direttamente dal pubblico ufficiale sia che con-

cernano altri fatti dei quali l’atto e destinato a provare la verita» (art. 479, ultima parte,

c.p.); contestando l’opposto orientamento, in quanto il p.u. — « allorquando nell’atto

da lui formato fa riferimento ad atti o a dichiarazioni sostitutive (non veri) provenienti

dal privato e riferiti a presupposti richiesti per la legittima emanazione dello stesso

atto pubblico — non si limita ad attestare l’attestazione del mentitore ne a supporre che

quella attestazione sia veridica, ma compie, sia pure implicitamente, una attestazione

falsa circa la sussistenza effettiva di quei presupposti indefettibili: attestazione di ri-

spondenza a verita che si connette alla funzione fidefacente che la legge assegna alle

dichiarazioni sostitutive dei privati. La premessa, contenuta nella parte descrittiva

dell’atto, non e la mera circostanza che sia intervenuta un’attestazione del mentitore

o che questi abbia prodotto un atto determinato, bensı che il fatto rappresentato in

quell’atto o in quella dichiarazione sostitutiva sia certo, effettivamente accaduto ed in-

tegri l’esistenza di un elemento necessario per l’emanazione dell’atto del pubblico uf-

ficiale. Quest’ultimo perviene ad una conclusione errata ma l’errore non si connette

alla interpretazione e/o alla valutazione soggettiva di cio che e ontologicamente esi-

stente, costituendo invece il frutto di un falso determinato dalla falsita oggettiva dei

presupposti attestati nella premessa, sicche viene esternata una non veridica rappre-

sentazione della realta e ad essa viene conferita pubblica fede. Stante il rapporto di

causa-effetto tra il fatto attestato dal privato, quale presupposto dell’emanazione del-

l’atto del pubblico ufficiale, ed il contenuto dispositivo di quest’ultimo e stante, altresı,

la stretta connessione logica tra l’uno e l’altro, la falsita del primo si riverbera sul se-

condo e diventa essa stessa falsita di questo, sicche la recepita falsa attestazione del

decipiens acquista la ulteriore veste di falsa attestazione del p.u. deceptus sui fatti fal-

samente dichiarati dal primo e dei quali l’a.p. e destinato a provare la verita. Si confi-

gurano percio, anche sotto il profilo naturalistico, due condotte riconducibili al deci-

piens: una prima condotta consistente nella redazione della falsa attestazione ed una

seconda concretatasi nell’induzione in errore del p.u. mediante la produzione della

stessa ai fini dell’integrazione di un presupposto dell’a.p. emanando, con conseguente

configurabilita del concorso materiale tra i due reati, legati anche da connessione te-

leologica. Nell’atto del pubblico ufficiale non deve necessariamente riscontrarsi un

quid pluris (cioe una situazione di fatto piu ampia) rispetto alla dichiarazione non ve-

ritiera o all’atto falso prodotto dal privato, poiche il reato previsto e sanzionato dell’art.

479 c.p. puo essere commesso con modalita molteplici (come risulta evidente dalla

stessa formulazione della norma incriminatrice) ed in particolare attraverso la falsa

attestazione non soltanto di vicende che hanno comportato la partecipazione attiva e

diretta del pubblico ufficiale, bensı anche e comunque, indipendentemente da cio che

(71) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.(72) In tal senso gia Sez. Un. pen., 30 giugno 1984,

rv. 165603.

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questi ha compiuto, di fatti dei quali l’atto e destinato a provare la verita (art. 479, ul-

tima parte, c.p.), fatti suscettibili di prova storica attraverso la loro attestazione. La

falsa premessa deve concernere un fatto del quale l’atto del pubblico ufficiale e desti-

nato a provare la verita e cio va inteso anche quale immutatio veri circa l’esistenza di

un presupposto in assenza del quale il provvedimento non avrebbe potuto essere

adottato».

Per le Sezioni Unite in esame l’extraneus non risponde ex art. 48 nei soli casi in cui

il p.u. al quale l’inganno sia rivolto cada in errore per causa propria. In tali casi rite-

niamo vada ricompresa quella situazione in cui il p.u. ingannato compie un’enuncia-

zione descrittiva del fatto rappresentato dalla dichiarazione del mentitore senza fare

cenno nell’atto di tale dichiarazione, ma come se il fatto fosse stato da lui diretta-

mente constatato, e commette dunque autonomamente un falso ideologico. In tal

senso esattamente si conclude che integra un falso ideologico esclusivo del p.u., non

indotto ex art. 48 c.p., la condotta dell’ispettore agrario incaricato di accertare me-

diante conoscenza diretta dei luoghi la conformita delle dichiarazioni dei coltivatori

alla situazione reale, che si limiti ad acquisire le (mendaci) dichiarazioni degli interes-

sati (73). In tali casi tuttavia puo comunque sussistere il concorso dell’extraneus (non ex

art. 48) ai sensi dell’art. 110, quando con la sue false dichiarazioni fornisca un contri-

buto causale al falso proprio del p.u. (74), ad es. nel caso in cui il destinatario di un

provvedimento di abbattimento di animale infetto dichiari falsamente il suo decesso

al veterinario della ASL, il quale attesti falsamente senza prenderne doverosamente

diretta conoscenza la morte dell’animale infetto (75).

Occorre, peraltro, sottolineare, che i principi affermati ripetutamente dalle Sezioni

Unite valgono in caso di provvedimento adottato dal p.u., mentre comunemente si

ascrivono a tutti gli atti; ed e forse questa la causa di una certa confusione di linguaggi

che regna in materia, laddove si delineano schemi generalizzanti che non tengono

conto della diversa natura degli atti. Con riferimento ai provvedimenti si comprende

in effetti che i presupposti la cui esistenza si desuma da false attestazioni dei privati

siano comunque assunti come veri dal p.u. nell’emetterli. Nel caso esaminato dalle

Sezioni Unite del 28 giugno 2007 (76), le false dichiarazioni, costituenti di per se reato,

sono in rapporto strumentale con gli aa.pp. successivamente redatti da pp.uu., affetti

da falsita ideologica, « tenuto conto che: nel verbale del ..., la competente Commis-

sione ha ammesso alla gara le societa rappresentate dai ricorrenti, attestando la rego-

larita delle loro domande di partecipazione e la rituale produzione dei documenti ri-

chiesti nel relativo invito (ove veniva indicata, quale condizione indefettibile, la neces-

sita della iscrizione all’Albo nazionale costruttori in data anteriore al 24 novembre

1999); nel verbale del ..., la Giunta provinciale ha ribadito la regolarita della documen-

tazione presentata dalle imprese partecipanti alla gara, con cio attestando l’esistenza

di tutti i presupposti per l’assegnazione dell’appalto. Detti atti della P.A. erano desti-

nati a provare la verita dell’esistenza degli enunciati presupposti nell’ambito di un de-

terminato procedimento di licitazione privata ed erano produttivi di effetti, anzitutto

(73) Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 2004, in

Guida dir., 2005, 9, 101.(74) Cass. pen., Sez. VI, 9 febbraio-18 marzo 1999,

n. 274, in Cass. pen., 2000, 377.

(75) Cass. pen., Sez. V, 7 marzo 2008, rv.

239828.(76) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488,

cit.

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nei confronti degli altri partecipanti alla gara, proprio in virtu di detta esistenza. Un

asserito presupposto essenziale, invece, non esisteva in concreto e la falsa configura-

zione dello stesso ha consentito l’aggiudicazione dell’appalto con preferenza rispetto

alle altre imprese concorrenti».

Certamente diversa situazione si realizza, pero, quando il falso del privato in a.p.

non sfoci in un provvedimento del p.u. ma in altra tipologia di atti pubblici (ad es. le

attestazioni effettuate dal privato in un a.p. di compravendita redatto da un notaio) in

cui la presenza delle false attestazioni di un privato inducano altri a parteciparvi (ad

es., nell’a.p. di compravendita, l’acquirente) ma non si riflettano in alcun riconosci-

mento di verita dell’oggetto delle stesse da parte del p.u., caso in cui si puo ben dire

che il p.u. si limita a documentare l’intervenuta dichiarazione del mentitore e che non

e riconducibile allo schema normativo della falsita ideologica per induzione in errore,

perche l’a.p. formato dal p.u. non puo dirsi ideologicamente falso, in quanto il p.u. at-

testa il vero, documentando la dichiarazione altrui come si e verificata effettivamente.

In tal caso sono applicabili gli artt. 483 o 481 c.p., laddove sussista uno specifico ob-

bligo di verita a carico dell’extraneus (privato o e.s.p.n.) dichiarante, connesso, per

l’appunto, alla destinazione dell’atto a provare la verita dei fatti attestati (77). Ad es. nel

caso di dichiarazione non veritiera al P.R.A. del proprietario circa l’acquirente di un

autoveicolo perche il p.u. si limita ad attestare la ricezione della dichiarazione del ven-

ditore (78).

La giurisprudenza riconduce allo schema ex artt. 48 e 479 c.p. (o 480) numerose

fattispecie concrete: in primo luogo, occorre citare quelle riferite alla attivita legale,

l’avvocato che, redigendo il verbale di udienza civile poi sottoscritto dal giudice, atte-

sta consapevolmente fatti non accaduti in udienza (79); il deposito di documenti simu-

lanti interruzione della prescrizione in un procedimento civile che determinino la pro-

nuncia di una sentenza in cui il giudice, direttamente o per implicito, attesti come

conforme al vero nell’ambito di una piu ampia valutazione costitutiva di diritti sogget-

tivi, una situazione che aveva l’obbligo giuridico di verificare come corrispondente al

reale, ossia la presenza e il contenuto del documento interruttivo (80); il caso in cui il

giudice civile pronunzia la dichiarazione di contumacia, a.p., perche indotto in errore

dalla falsificazione delle cartoline di ricevimento degli atti di citazione (81); la falsa co-

municazione ad un ufficiale postale incaricato di una notifica che il destinatario si e

trasferito altrove, determinando in tal modo la redazione di una errata relazione di

notifica (82); ex artt. 48 e 480 c.p., la produzione di perizia estimativa falsa sul valore di

un bene di proprieta di persona sottoposta a tutela che induce il competente Tribu-

nale ad autorizzare la vendita del bene ad un prezzo corrispondente al valore indi-

cato (83). Si e gia evidenziato come lo schema del falso per induzione sia talvolta se-

guito dalla giurisprudenza in alternativa alla truffa processuale (84).

(77) Nappi, Autore, cit., 343.(78) Cass. pen., Sez. V, 23 febbraio 2005, n. 21447,

in Guida dir., 2005, 25, 88.(79) Cass. pen., Sez. V, 6 febbraio 2004, n. 9722, in

Dir. giust. 2004, 15, 110.(80) Trib. Roma, 7 maggio 2007, in Guida dir.,

2007, 23, 72; ivi, 24, 70; ivi, 27, 83.(81) Cass. pen., Sez. I, 23 gennaio 2003, n. 6274, in

Giur. it., 2003, 288; Cass. pen., Sez. I, 26 novembre

2002-17 gennaio 2003, n. 2302, cit.(82) Cass. pen., Sez. V, 17 aprile 2002, n. 20120, in

Dir. giust., 2002, 28, 77.(83) Cass. pen., Sez. V, 14 gennaio 2004, n. 6244,

in Cass. pen., 2006, 119.(84) V. fine § 3.

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Inoltre, recentemente si precisa che le attestazioni del pubblico dipendente (ad es.

mancata timbratura del cartellino segnatempo in occasione di allontanamento per ra-

gioni private) attinenti il rapporto di lavoro, soggetto a disciplina privatistica, non inte-

grano l’art. 479 c.p., ma possono integrare il falso ideologico per induzione ex art. 48 e

479 c.p. qualora siano utilizzate o recepite in atti della P.A., a loro volta attestativi, di-

chiarativi o di volonta della stessa (85); situazione quest’ultima affermata con riferi-

mento all’attestazione da parte del caposquadra della presenza in servizio di alcuni

dipendenti pubblici sulla base di attestazioni falsamente contenute nel registro delle

presenze (86); ed esclusa con riferimento alla determinazione dirigenziale dello stipen-

dio del pubblico dipendente formatasi sulle attestazioni falsamente contenute nel re-

gistro delle presenze, che costituisce un semplice atto di gestione del rapporto di la-

voro e non un a.p. (87). Inoltre, integra il falso per induzione ex artt. 48 e 479 c.p., il

geometra dell’ufficio tecnico comunale (assistente di cantiere) (con l’appaltatore) che

rappresenti (in misurazioni e rilievi) falsamente come eseguiti lavori non eseguiti in

tutto o in parte inducendo in errore il direttore dei lavori che nella redazione del li-

bretto delle misure degli stati di avanzamento dei lavori pubblici attesta l’avvenuta

realizzazione di dette opere e l’effettiva corrispondenza a contratto dei lavori eseguiti

dall’impresa appaltatrice (88); la presentazione al PRA e alla Motorizzazione civile di di-

chiarazioni di conformita non autentiche relative ad autoveicoli, che vengono di con-

seguenza immatricolati con atto falso autonomo del p.u. (89); la richiesta di contributi

per l’abbattimento di bovini affetti da brucellosi occultandoli alla vista degli ispettori

con l’effetto di conseguire certificazione dal veterinario ufficiale che l’allevamento e

indenne dalla malattia, fondata sul presupposto della visita di tutti gli animali sopra-

vissuti all’abbattimento in quanto malati (90); l’iscrizione nell’elenco degli invalidi civili

— che attesta l’invalidita — indotta da un falso certificato rilasciato dalla U.S.L. (91); le

false dichiarazioni dell’importatore da cui trae origine la bolletta doganale di importa-

zione che si perfeziona, dopo i dovuti controlli, con l’attestazione del p.u. circa la con-

formita delle dichiarazioni documentali alla situazione riscontrata (92); l’allegazione di

documentazione non veritiera redatta da professionista qualificato — ad es. una pla-

nimetria che rappresenti falsamente lo stato dei luoghi — alla richiesta di concessione

edilizia, atto pubblico costitutivo del diritto di edificare (93), o per altra tesi, autorizza-

zione amministrativa (responsabilita ex artt. 48 e 480 c.p.) (94); la presentazione al p.u.

di falsa attestazione sullo svolgimento di attivita lavorativa in Italia da parte di citta-

dino extracomunitario o della disponibilita all’assunzione, presupposto di fatto per il

(85) Sez. Un. pen., 11 aprile 2006, n. 15983, in

questa Rivista, 2006, 1549.(86) Cass. pen., Sez. II, 24 giugno 2008, n. 25900,

in Foro it., 2008, II, 605.(87) Cass. pen., Sez. V, 15 gennaio 2008, n. 9045,

in Foro it., 2008, II, 277.(88) Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2006, cit.;

Cass. pen., Sez. V, 20 gennaio 2004, n. 7329, in

Cass. pen., 2005, 1256.(89) Cass. pen., Sez. V, 28 giugno 2005, n. 27255,

in Guida dir., 2005, 41, 97.(90) Cass. pen., Sez. V, 5-21 aprile 2004, n. 21083,

in Cass. pen., 2006, 118.

(91) Cass. pen., Sez. V, 20 dicembre 2004-28 gen-

naio 2005, n. 2703, cit.(92) Cass. pen., Sez. V, 30 novembre 2006,

n. 4950, in Cass. pen., 2008, 620; Cass. pen., Sez.

V, 9 aprile 2003, n. 21355, in Cass. pen., 2004,

3226.(93) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-

naio 2008, n. 2895, cit.; Cass. pen., Sez. V, 3 aprile

1998, in Cass. pen., 1999, 2146; Cass. pen., 28 gen-

naio 1997, in Giust. pen., 1997, II, 567.(94) Cass. pen., Sez. V, 15 luglio 2008, n. 37555, in

Rep. Giust. civ., 2008, 1811, n. 25.

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rilascio del permesso di soggiorno, atto pubblico (95); il verbale di esame di laurea e di-

ploma di laurea, ideologicamente falsi in relazione all’attestazione implicita di verita

di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati di falsita, materiale e/o

ideologica, non essendo stati mai sostenuti, pur risultando regolarmente superati (96).

O ex artt. 48 e 480 c.p., il rilascio di concessione in sanatoria, certificazione ammini-

strativa e non atto pubblico, a seguito di una falsa attestazione dell’interessato circa la

realizzazione delle opere nel termine utile all’uopo (97).

Nei casi di configurazione della falsita ideologica in a.p. per induzione in errore del

p.u. (artt. 48 e 479 c.p.) si pone la ulteriore questione se l’ingannatore risponda o

meno non solo del reato di falso ideologico del p.u. ingannato ma anche degli altri

reati di falso eventualmente integrati dalla sua condotta. La pronuncia delle Sezioni

Unite 28 giugno 2007 (98) fa derivare dai principi affermati in tema di sussistenza della

responsabilita ex artt. 48 e 479 c.p., il concorso della stessa con la falsita ideologica

commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.) (99) o con gli altri reati eventual-

mente integrati dalla falsa dichiarazione del mentitore. Cosı superando l’orientamento

che, invece, distingue nettamente tra la condotta dichiarativa del privato destinata a

essere riportata come tale nell’a.p., comportante l’esclusiva integrazione dell’art. 483

c.p., e l’utilizzazione di tale dichiarazione falsa da parte del p.u. per formare una atte-

stazione in a.p. a lui riferibile, comportante l’esclusiva applicazione del reato ex artt.

48 e 479 c.p. (100). Analogamente si ammette il concorso tra il reato previsto dagli artt.

48 e 479 c.p. e quello previsto dall’art. 481 c.p. (101) e, di conseguenza, il professionista

risponde del reato di falso ideologico in autorizzazioni amministrative per induzione

in errore del p.u. addetto al rilascio in concorso col reato di falsita in certificati,

quando senza il certificato dallo stesso redatto (progetto e relazione tecnica) l’autoriz-

zazione amministrativa richiesta (permesso di sopraelevare) non sarebbe stata rila-

sciata; condizione imprescindibile per ritenere integrato il falso per induzione e che

l’immutatio veri cada sull’esistenza di un presupposto in assenza del quale il provvedi-

mento non avrebbe potuto essere adottato.

Non si ravvisa un caso di falso per induzione (recte: falso per induzione innocuo)

nella condotta di chi chieda e ottenga un certificato attestante il proprio stato di disoc-

cupazione, pur avendo un impiego temporaneo o precario, in quanto detto impiego

non esclude il requisito dello stato di disoccupazione necessario ex art. 12, l. n. 482/

1978 per la partecipazione privilegiata ai concorsi pubblici (102).

(95) Cass. pen., Sez. V, 22 aprile 2005, n. 19924

(ord.), rv. 232204; Cass. pen., Sez. I, 22 marzo

2005, n. 13703, in Cass. pen., 2005, 3305; Cass.

pen., Sez. VI, 29 gennaio 1999, in Cass. pen., 2000,

2270.(96) Sez. Un. pen., 3 febbraio 1995, cit.(97) Cass. pen., Sez. V, 25 settembre-26 ottobre

2001, n. 38453, rv. 220001; contra Cass. pen.,

Sez. V, 4 aprile 2003-19 maggio 2003, n. 22021,

in Riv. pen., 2004, 1249: violazione dell’art. 483

perche la concessione e rilasciata sulla base

della sussistenza della attestazione e non del

fatto, salvo l’autonomo accertamento del fatto

da parte dell’autorita comunale; Cass. pen., Sez.

VI, 29 ottobre 1997, n. 537, cit.: non integrano

l’art. 479 le false attestazioni del privato volte

ad ottenere la licenza edilizia che non alterino

la realta effettuale sottoposte al controllo della

P.A.(98) Sez. Un. pen., 28 giugno 2007, n. 35488, cit.;

conf. Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2006; contra

Cass. pen., Sez. V, 22 settembre 2004, cit.(99) Cosı gia Riccio, Errore, cit., 231.(100) Cass. pen., Sez. V, 30 novembre 2006, n. 4950,

cit.; Cass. pen., Sez. VI, 29 gennaio 1999, cit.(101) Cass. pen., Sez. V, 7 dicembre 2007-21 gen-

naio 2008, n. 2895, cit.(102) Cass. pen., Sez. V, 20 novembre 2008,

n. 48361, in Rep. Giust. civ., 2008, 1811, n. 28.

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4. LA CONSULENZA E ASSISTENZA PROFESSIONALE ILLE-CITAParticolarmente delicata e l’individuazione dei confini tra lecito ed illecito nella attivita

di consulenza del libero professionista, in specie avvocato o commercialista, quando il

reato consista nella applicazione dei consigli di ordine tecnico da parte del cliente.

Una giurisprudenza significativa in tema si incontra in materia di bancarotta fraudo-

lenta (art. 216 l.f.), una posizione esclude il concorso nel reato di bancarotta del con-

sulente che abbia esclusivamente indicato in astratto al cliente i mezzi per sottrarre i

beni alla garanzia dei creditori, senza dunque assisterlo nella stipulazione dei relativi

negozi simulati (103) ad es. aiutando l’imprenditore a costituire una societa ad hoc, cui

trasferire il patrimonio immobiliare della societa fallenda, conoscendo le finalita del-

l’operazione (104). In tal senso non pare pero rilevante la sottolineatura civilistica della

natura di obbligazione di mezzi e non di risultati dell’attivita del legale a cui si fa con-

seguire la distinzione tra l’indicazione in astratto dei mezzi per superare situazioni

particolarmente delicate sotto il profilo della liceita e l’attivarsi per il raggiungimento

di determinati risultati, con la conclusione «che la mera programmazione astratta dei

mezzi, lasciando la scelta e la responsabilita al proprio cliente, non coinvolge l’avvo-

cato, non cosı quando invece egli partecipi attivamente alla produzione dell’evento,

nel qual caso la responsabilita e indiscutibile » (105), giacche fornire i mezzi per com-

mettere un reato equivale a concorrere nel reato. In tale prospettiva, perche sussista

il concorso e richiesta — oltre alla ideazione e programmazione degli atti di distra-

zione — la assunzione da parte del professionista, in sostanza, del ruolo di cogestore

dell’impresa (106) o di amministratore di fatto (107); la assistenza nella stipulazione dei re-

lativi negozi simulati (108); l’attivarsi per indurre i creditori ad accettare un concordato

stragiudiziale (109); l’indicazione in concreto o l’adozione diretta dell’espediente ille-

cito (110). Si afferma, inoltre, che concorre nel reato anche il consulente che svolge una

attivita diretta a garantire l’impunita o che, comunque, con il proprio aiuto e con le

proprie preventive assicurazioni in tal senso, favorisce o rafforza l’altrui proposito cri-

minoso (111). Per altra giurisprudenza, invece, la mera illustrazione al cliente imprendi-

tore poi fallito dei mezzi giuridici attraverso i quali sottrarre i beni alla garanzia dei

creditori, quando il suggerimento sia stato raccolto (112), con la rappresentazione che il

cliente effettivamente utilizzera tali mezzi giuridici per realizzare fatti di bancarotta,

(103) Cass. pen., Sez. V, 23 giugno 1988, in Riv.

pen., 1989, 634; Cass. pen., Sez. V, 13 marzo 1988,

n. 3100, in Riv. pen., 1988, 746; Cass. pen., Sez. V,

19 aprile 1988, in Cass. pen., 1990, 328; Cass. pen.,

Sez. V, 11 marzo 1988, in Cass. pen., 1989, 680;

Cass. pen., Sez. V, 21 ottobre 1999, n. 12752, in In

iure praesentia, 1998, 109, con nota di Coletta.(104) Cass. pen., Sez. V, 18 novembre 2003, in Dir.

giust., 2004, 7, 48, con nota di Botti; in Dir. prat.

soc., 2004, f. 5, con nota di Aldrovandi.(105)

Panuccio, Concorso del professionista nel

reato di bancarotta (con particolare riguardo al le-

gale dell’imprenditore), in Riv. trim. dir. pen. ec.,

1994, 214 s.; conf. Sforzi, in Carletti (a cura di),

Diritto penale commerciale, I, I reati nel fallimento e

nelle altre procedure concorsuali, Torino, 1990, 404.(106) Cass. pen., Sez. V, 7 novembre 1985, in Cass.

pen., 1987, 1468; Cass. pen. Sez. V, 11 marzo 1988,

cit.(107) Cass. pen., 5 febbraio 1986; e Cass. pen. Sez.

V, 7 novembre 1985, cit.(108) Cass. pen., Sez. V, 19 aprile 1988, cit.(109) Cass. pen., Sez. V, 23 ottobre 1978, in Cass.

pen., 1980, 919; Trib. Napoli, 17 giugno 1987, in

Dir. giust., 1987, 552.(110) Cass. pen., Sez. V, 21 ottobre 1998, n. 12752, cit.(111)

Panuccio, Concorso, cit., 215.(112) Cass. pen., Sez. VI, 13 gennaio 1994, in Cass.

pen., 1996, 938.

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d o t t r i n a

1 9 4 | T R U F F A P R O C E S S U A L E

costituisce un contributo oggettivo integrante il concorso in bancarotta fraudolenta ac-

compagnato dal dolo di concorso (113).

Fermi i limiti propri del concorso eventuale nella fattispecie di bancarotta dolosa

(reato proprio), che per il disvalore della condotta dell’intraneo che caratterizza la

bancarotta e sulla presenza nel sistema penale fallimentare dell’art. 232, comma 3,

n. 2 l.f., impongono la sussistenza dell’accordo tra intraneo ed estraneo, perche sussi-

sta il concorso dell’estraneo nel reato di bancarotta dolosa (114); va sottolineato piu in

generale in materia di consulenza professionale che la mera illustrazione teorica di isti-

tuti giuridici, oltre alla copertura delle garanzie proprie della liberta di pensiero con-

cernenti qualsiasi attivita di pura teorizzazione, difetta di ogni legame oggettivo con il

fatto illecito in ipotesi realizzato sia sul piano causale che agevolativo (115), essendo lo

strumento operativo adottato in concreto necessariamente frutto di una elaborazione

in concreto che, a mio avviso, comporta una autonoma deliberazione ad agire qualifi-

cabile come serie causale autonoma rispetto alla mera discettazione o confronto teo-

rico, ed anche in tal caso non puo poi convertirsi la assenza di un legame oggettivo in

quella di un legame di tipo psicologico (oltretutto l’istigazione deve avere ad oggetto

un reato determinato, una prospettiva concreta, e non ipotesi teoriche) senza scadere

in inammissibili presunzioni. D’altra parte tale attivita pare di per se estranea al dolo

di concorso che, comunque, e di pressoche impossibile rigoroso accertamento, ri-

guardo a cui va sottolineata la necessita della rappresentazione concreta del fatto che

poi si verifichera o, con altre parole, della concreta previsione dell’evento lesivo, o al-

meno di una certa classe di eventi, quale conseguenza della consulenza. Mentre non

e sufficiente la rappresentazione generica in astratto della possibilita che altri com-

mettano fatti di reato.

Per la precisione, il riferimento e alla illustrazione meramente teorica, che puo ca-

ratterizzare non solo una consulenza, ma anche una lezione accademica o un parere

estemporaneo (si pensi al farmacista che illustri le capacita venefiche anche sul-

l’uomo delle sostanze vendute). Diversa questione e la applicazione delle conoscenze

tecniche al caso concreto, ed a nulla rileva l’obbligazione di mezzi dell’avvocato, come

ad esempio l’esame del patrimonio e della situazione economica di una impresa fal-

lenda o dei redditi di un contribuente, in cui i principi teorici e le conoscenze tecniche

vengano applicati per la elaborazione di un piano operativo volto alla distrazione dei

beni dell’impresa o alla fraudolenta evasione fiscale; in tal caso infatti sussiste il con-

tributo materiale del professionista che condiziona lo svolgimento della attivita illecita

anche a prescindere dalla partecipazione all’esecuzione della stessa, d’altra parte la

previsione concreta del fatto che si verifichera e nelle cose giacche il piano predispo-

sto in questione non e per l’appunto uno studio scientifico ma e finalizzato alla sua at-

tuazione. In effetti di analoga natura son le ipotesi di collaborazione intellettuale co-

munemente indicate come di concorso, ad es. indicazione a coloro che intendono ese-

(113) Cass. pen., Sez. V, 22 ottobre 1986, n. 1341,

in Cass. pen., 1988, 927; Cass. pen., Sez. V, 19 di-

cembre 1986, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1987, 949.(114) G. Cocco, Il concorso dell’estraneo nella ban-

carotta fraudolenta patrimoniale, Studi economico-

giuridici dell’Universita di Cagliari, v. LVII, Torino,

2000, 295 s.; G. Cocco, Nota introduttiva agli artt.

216-222 (voce Fallimento), in Palazzo-Paliero (di-

retto da), Commentario breve alle leggi penali com-

plementari, Padova, II ed., 2007, 1162.(115) Opportunamente sottolinea la valenza ogget-

tiva o causale del consiglio tecnico P. Coco, L’im-

putazione del contributo concorsuale atipico, Napoli,

2008, 253 ss.

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d o t t r i n a

T R U F F A P R O C E S S U A L E | 1 9 4

guire un furto dei metodi di neutralizzazione dei sistemi di allarme esistenti in una

banca a protezione di un caveau o della combinazione della cassaforte di una abita-

zione (116), laddove appare evidente l’incidenza sulle concrete modalita operative del

furto di conseguenza eseguito, contributo intellettuale che pare integrare piu che un

concorso morale un concorso materiale. In tali termini puo condividersi la afferma-

zione che « i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono

nei fatti di bancarotta quando, essendo consapevoli dei propositi distrattivi dell’im-

prenditore o degli amministratori della societa, forniscono consiglio o suggerimento

sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione

dei relativi negozi, ovvero svolgano attivita dirette a garantire l’impunita o suscitino o

rafforzino l’altrui proposito col proprio ausilio e con le preventive assicurazioni» (117).

(116) M. Romano-Grasso, Commentario sistema-

tico al codice penale, vol. II, artt. 85-149, III ed.,

Milano, 2005, 150; Cass. pen., 19 febbraio 1994, rv.

197276; Cass. pen., 7 aprile 1994, in Cass. pen.,

1996, 938.(117) Cass. pen., Sez. V, 18 novembre 2003, cit.

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