«CI CHIAMAVANO GLI AVVOCATI DEI POVERI» Storia dell'Inas, il patronato della Cisl

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Cisl. 1950-2000 Cinquant’anni di storia

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Cisl. 1950-2000Cinquant’anni di storia

Stefano Agnoletto

«Ci chiamavanogli avvocati dei poveri»Storia dell’INAS, il patronato della CISL

© copyright 2000Edizioni Lavoro Romavia Lancisi 25

copertina di Rinaldo Cutini

composizione: Typeface, Cerveteri (Roma)finito di stampare nel giugno 2000dalla tipolitografia New Interstampa,Via della Magliana 295, Roma

Sommario

IntroduzioneNatura e scopi della ricerca 9

Capitolo primoDal mutuo soccorso all’ordinamento corporativo: all’origine degli enti di patronato in Italia 13

Dalla tradizione caritativa ai sistemi previdenziali ed as-sistenziali contemporanei, p. 13 - Il mutualismo, p. 14 -Caratteri ideologici ed evolutivi del mutualismo italiano,p. 17 - Dal primo riconoscimento normativo dei patronatiall’ordinamento corporativo, p. 22

Capitolo secondoL’immediato dopoguerra: la concorrenza tra patronati e la nascita dell’INAS 25

La questione del patronato nella CGIL unitaria, p. 25 -Dalla FIL alla CISL: le origini dell’INAS, p. 32

Capitolo terzoGli anni Cinquanta: gli albori eroici dell’INAS 41

Il consolidamento organizzativo, p. 41 - Lo spirito delleorigini: «gli avvocati dei poveri», p. 47 - L’INAS e la cul-

tura CISL negli anni Cinquanta: la questione dello Statosociale, p. 52

Capitolo quartoGli anni Sessanta: la definitiva affermazione del patronato CISL 65

Le tappe della crescita: formazione e organizzazione, p.65 - Partecipi e protagonisti di un’esperienza vitale, p. 81- L’INAS negli anni della conflittualità permanente: unanuova concezione del ruolo del patronato?, p. 83

Capitolo quintoGli anni Settanta: l’INAS nel decennio dell’unità sindacale 89

Dibattiti, attività e iniziative INAS nel decennio Settanta, p.89 - Lo Statuto dei lavoratori, la CISL, l’INAS e le nuove fun-zioni del patronato, p. 99 - La prospettiva unitaria, p. 111 -Il rinnovamento organizzativo dell’INAS e la «sindacalizza-zione» del patronato: i Comitati provinciali INAS-CISL, ildecentramento e la regionalizzazione, p. 117 - I «vivaci»anni Settanta nelle parole di alcuni testimoni, p. 123

Capitolo sestoGli anni Ottanta: l’INAS come parte integrante della Confederazione 127

L’integrazione patronato-sindacato come scelta strategi-ca, p. 127 - Gli sviluppi organizzativi e i nuovi temi del-l’azione dell’INAS: la politica dei servizi, p. 133

Capitolo settimoGli anni Novanta: gli sviluppi recenti 143

Il patronato della CISL nel decennio Novanta, p. 143 -L’INAS verso il terzo millennio, p. 149

Appendice

DLCPS 29 luglio 1947, n. 804Riconoscimento giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale 155

Decreto ministeriale 8 marzo 1950Approvazione della costituzione del nuovo patronato INAS 159

Statuto dell’Istituto nazionale di assistenza sociale (INAS-FIL) approvato con DM 8 marzo 1950 160

Statuto dell’Istituto nazionale di assistenza sociale (INAS-CISL). Delibera del Consiglio di amministrazione dell’INAS

28 febbraio 1952 - Verbale n. 9 169

Legge 27 marzo 1980, n. 112Interpretazione autentica delle norme concernenti la per-sonalità giuridica ed il finanziamento degli istituti di pa-tronato e di assistenza sociale di cui al DLCPS 29 luglio 1947, n. 804, nonché integrazioni allo stesso decreto 176

DPR 22 dicembre 1986, n. 1017Norme di attuazione dell’art. 2 della legge 27 marzo1980, n. 112, relativa agli istituti di patronato e di assi-stenza sociale 179

Statuto dell’INAS, approvato con DM 4 febbraio 1991 183

Riferimenti bibliografici e archivistici 195

Bibliografia e fonti citate nel testo, p. 195 - Verbali degliorgani direttivi dell’INAS citati nel testo, p. 202 - Nota ar-chivistica, p. 204

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IntroduzioneNatura e scopi della ricerca

La storia di un patronato dei lavoratori è una storia complessa,intreccio di vicende umane individuali e collettive, sintesi dipassioni istintive e grandi idealità, incontro della grande storiacon la quotidianità di protagonisti sconosciuti. Il patronato èun’organizzazione particolare, luogo di incontro di prospettivee scelte politiche, sindacali ed ideali, che convivono con la ne-cessità di elevate competenze tecniche e professionali. L’origi-nalità del patronato nasce anche dal suo caratterizzarsi comeun’istituzione per la quale la demarcazione tra soggetto pub-blico e privato appare meno netta, dove la sua identità sindaca-le e la sua funzione di pubblica utilità si confrontano conun’interpretazione normativa che si è modificata nel tempo.

Ricostruire cinquant’anni di vita dell’INAS ha significatoindividuare le principali vicende che ne hanno segnato la sto-ria interna, descrivere strutture organizzative e funzioni, ap-profondire le scelte dei gruppi dirigenti, ma anche cercare dicapire idealità e motivazioni dei singoli e dell’organizzazione,analizzare le relazioni con il contesto storico, culturale, econo-mico e sociale, studiare i rapporti con altre organizzazioni,evidenziare conflitti e sinergie. In particolare ripercorrere lastoria dell’INAS ha inevitabilmente significato confrontarsi conl’esperienza sindacale della CISL al cui interno, anche tra con-flitti ed incomprensioni, si è dipanata l’avventura dell’INAS.

Lo spirito con cui si è lavorato alla ricostruzione della sto-

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ria del patronato della CISL non è stato puramente celebrativo,ma l’intento è stato quello di indagare, certamente anche conpassione, le ragioni profonde di un’esperienza ancora vitale.Proprio questo atteggiamento non meramente propagandisti-co, ha permesso di mettere in luce, accanto ai successi, anchele contraddizioni e le difficoltà di una vicenda che comunqueaffonda le radici in un quotidiano rapporto con le storie di vi-ta di migliaia di uomini e donne.

L’ipotesi di lavoro di proporre una rappresentazione il piùpossibile rispettosa della realtà storica della ormai cinquanten-nale vicenda dell’INAS, ha significato innanzitutto verificarequantità e qualità delle fonti disponibili. Spesso, purtroppo,quando la ricerca storica affronta temi di storia sindacale deveconstatare una drammatica dispersione, se non assenza, dellefonti, che rischia di tradursi nella impossibilità di ricostruireefficacemente le vicende indagate, con conseguente perdita diquella risorsa vitale, anche per il futuro della stessa organizza-zione, rappresentata dal patrimonio della sua memoria storica.Nel caso specifico della storia dell’INAS, il proficuo rapportosinergico con protagonisti attuali e passati della storia dell’Isti-tuto e l’impegno e la disponibilità di molti, hanno permesso diraccogliere una variegata e significativa documentazione.

Il percorso di ricostruzione storica è stato fondato innanzi-tutto sul ricorso a fonti di produzione dell’INAS stesso: verbalidegli organi direttivi, documentazione ufficiale, circolari in-terne, materiale propagandistico e formativo/informativo, vo-lumi celebrativi, periodici ed in generale una quantità varie-gata di cosiddetto materiale grigio. Un’altra tipologia di fontiimpiegate ha riguardato materiale di provenienza CISL, in par-ticolare documenti ufficiali e la serie completa dell’organoconfederale «Conquiste del lavoro». Inoltre, per alcune fasistoriche, si è anche fatto ricorso a fonti provenienti da altrerealtà associative e sindacali. Ad esempio, per la ricostruzionedelle origini dell’esperienza INAS, si è utilizzata documenta-zione della CGIL unitaria, della FIL, del Movimento cattolico,mentre per comprendere alcune questioni relative ai decennipiù recenti è risultato significativamente proficuo analizzareil materiale prodotto dagli organismi unitari dei patronati sin-

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dacali sorti in quella particolare congiuntura storica. Il ricorso alle fonti originali è stato affiancato da un riferi-

mento esplicito alla letteratura sia relativa alla storia sindaca-le, sia appartenente ad altri ambiti di studio di argomento sto-riografico o giuridico.

Nel corso della ricerca si è scelto di integrare la variegatadocumentazione scritta con il ricorso ad alcune testimonianzeorali. L’ipotesi metodologica che ha spinto in questa direzio-ne nasce dalla convinzione che, per riuscire a penetrare più inprofondità nelle cause e nelle ragioni di una vicenda storica,le narrazioni dei protagonisti divengono un importante stru-mento da affiancare alla tradizionale osservazione documen-taria, in quanto consentono di entrare in spazi della memoriae del passato che diversamente rimarrebbero trascurati. Natu-ralmente la scelta di impiegare le testimonianze orali si è ac-compagnata con la consapevolezza della necessità di sotto-porre anche tali fonti ad un’analisi critica, in quanto, poichérappresentano una rielaborazione attualizzata dei propri ricor-di e dei propri punti di vista soggettivi, non possono essereconsiderate come una interpretazione autentica della realtà.

Nel reperire la documentazione per ricostruire la storia del-l’INAS, il ricorso alle fonti orali si è tradotto nell’organizzazionedi due lunghe interviste collettive, poi trascritte, con testimoni eprotagonisti di diverse fasi della storia dell’Istituto. Inoltre alcu-ni testimoni hanno anche approntato brevi testimonianze datti-loscritte su diverse congiunture della storia dell’INAS.

Sulla base dell’ampia disponibilità di fonti si è proceduto aproporre una ricostruzione cronologica della storia dell’INAS,preceduta da una breve contestualizzazione dei precedentistorici. Per alcune fasi storiche si è anche scelto di proporredigressioni sul contesto culturale e politico-sindacale, ad esem-pio per i dibattiti sullo stato sociale, sull’unità sindacale o sul-lo Statuto dei lavoratori, perché in questo modo si è voluto faremergere il clima e le influenze che hanno inciso sulla vicen-da specifica dell’INAS. Nel redigere il testo si è inoltre sceltodi fare ampio ricorso a citazioni di documenti e testimonian-ze, bilanciando in questo modo la necessità della interpreta-zione storica con la espressione diretta delle fonti.

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Capitolo primoDal mutuo soccorso all’ordinamento corporativo: all’origine degli enti di patronato in Italia

Dalla tradizione caritativa ai sistemi previdenziali ed assistenziali contemporanei

La ricostruzione della storia degli enti di patronato in Italia ri-chiede, per essere pienamente compresa nei suoi diversi si-gnificati, di essere intrecciata con una riflessione più ampiache riguarda in particolare la vicenda storica dell’assistenzapubblica, della previdenza sociale e del ruolo del soggetto sin-dacale ed associativo.1

La necessità di porre in essere sostegni assistenziali aglistrati più poveri della società è già presente nelle società del-l’Europa pre-industriale. A fianco del ruolo consolidato dellaChiesa e delle varie confessioni religiose, con una millenariatradizione caritativa ed assistenziale, si segnala il progrediredell’iniziativa degli ordinamenti statuali che si manifesta inparticolare con alcuni fondamentali passaggi normativi. Sipossono ad esempio segnalare, per la loro significatività, laPoor Law inglese del 1601 o i bureaux de bienfaisance dellaFrancia rivoluzionaria.

L’affermarsi dell’industrializzazione produce una trasfor-mazione strutturale della logica assistenziale dominante. Co-me ha notato Pietro Merli Brandini:

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1 V. Bellini, Gli enti di Patronato nell’ordinamento regionale, Roma s.d., p. 13.

storicamente la protezione dei deboli passa dai sistemi caritativi, agestione comunitaria o personale, a sistemi legislativi […]. Ciòcontrassegna un passaggio di responsabilità dalla Chiesa alla So-cietà e da questa allo Stato.2

Specularmente ai cambiamenti che interessano l’individua-zione del soggetto attivo in campo assistenziale, si assiste aduna evoluzione dell’identità del soggetto passivo del diritto diassistenza che viene individuato prima in quanto lavoratore epoi come cittadino. Questo percorso è descritto con il passag-gio dalle mutue a carattere volontario con protezione assicu-rativa dei soci, ai sistemi previdenziali che operano sulla basedel finanziamento contributivo assicurato dai lavoratori di-pendenti, fino ai modelli in cui la base di finanziamento delsistema assistenziale è assicurata dalla fiscalità generale.3

Questo processo non è stato comunque lineare e si è assi-stito ad un sovrapporsi di soggetti e modalità diverse nella ge-stione di modelli di assistenza e previdenza che si sono venu-ti a definire come pluralisti. Nel panorama diversificato delleforme di assistenza il patronato rappresenta una forma speci-fica di modalità di intervento definitasi nel tempo con caratte-ristiche e peculiarità proprie.

Il mutualismo

L’origine della modalità organizzativa del patronato può esse-re individuata nell’esperienza del mutuo soccorso. Le societàdi mutuo soccorso si caratterizzano come associazioni volon-tarie di lavoratori fondate sul principio dell’autogoverno, confinalità soprattutto economiche e che trovano la loro «ragiond’essere nella nuova situazione di precarietà in cui i lavorato-

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2 P. Merli Brandini, Evoluzione dei sistemi previdenziali e di sicurezza so-ciale: dalle società di mutuo soccorso ai sistemi di relazioni industriali odier-ni, in INAS-CISL, Cogliere la sfida del futuro forti dell’esperienza del passato,Roma 1990, p. 87.

3 Ibid.

ri sono venuti a trovarsi per la fine del regime corporativo eper l’avvento dell’economia di mercato».4

Il fenomeno del mutualismo, secondo Sergio Zaninelli,

si inquadra in una tendenza tipica nella storia del movimento operaioin tutti i paesi che nel corso dell’Ottocento si stavano trasformandosotto la spinta del processo di industrializzazione. Il mutualismo in-fatti rappresentò per il proletariato italiano in formazione la primamanifestazione della solidarietà tra i lavoratori dipendenti, fu la ma-trice di una progressiva coscienza professionale e di classe e, nel con-tempo, il primo strumento per realizzare una tutela, in assenza di ognicopertura legislativa o contrattuale, di fronte ad eventi che il lavorato-re doveva affrontare: la malattia, l’infortunio, la disoccupazione.5

Nel corso dell’Ottocento il mutualismo precede la formazionedi modalità associative di autotutela più specificatamente sin-dacali, e nella realtà italiana

in molti casi fino agli anni ’80, ma anche, talvolta, nel decenniosuccessivo, le due forme sociali appaiono […] ancora indifferenzia-ti dentro un unico organismo: un’unica associazione assolve infattia due funzioni, quella del mutuo soccorso fra i lavoratori e quelladella resistenza contro gli imprenditori.6

Il processo di differenziazione tra le forme mutualistiche e leorganizzazioni sindacali di resistenza avviene lentamente edil processo arriverà a compimento verso la fine dell’Ottocen-to, ma

le organizzazioni collettive di lavoratori a fini di mutuo soccorso equelle a fini di resistenza continueranno per tutta l’età giolittiana adessere collegate fra loro sul piano della politica del lavoro e talvoltasi troveranno anche dentro uno schema organizzativo comune.7

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4 V. Saba, Le esperienze associative in Italia (1861-1922), Milano 1978, p. 11.5 S. Zaninelli, La situazione economica e l’azione sociale dei cattolici, in

Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, vol. 1, fasc. 1, CasaleMonferrato 1981, p. 323.

6 V. Saba, Le esperienze associative…, cit., pp. 10-11. 7 Ivi, p. 12.

L’importanza dell’esperienza mutualistica in Italia trova unapropria giustificazione storica anche nel fatto che in questouniverso associativo matura, nella seconda metà del XIX se-colo, la rivendicazione delle assicurazioni obbligatorie, datodi realtà particolarmente significativo, ed anche contradditto-rio, per un movimento fondato sul principio della libera asso-ciazione. Nel dicembre 1879, nel corso del Congresso delleSocietà di mutuo soccorso, viene richiesta l’istituzione di unaCassa nazionale per le pensioni per i vecchi e gli inabili al la-voro. Negli anni seguenti si assiste al crescere della sinergiatra il libero mutualismo e il supporto finanziario dello Statocon la creazione di Casse mutue nazionali, ad esempio conl’istituzione nel 1883 della «Cassa nazionale contro gli infor-tuni degli operai sul lavoro». Nel 1898 viene promulgata laprima legge per le assicurazioni obbligatorie in Italia, quellacontro gli infortuni sul lavoro dei dipendenti dell’industria.L’avvio del processo di produzione normativa a favore delleassicurazioni obbligatorie, con il passaggio fondamentale del-la trasformazione nel 1919 della «Cassa nazionale di previ-denza» in «Cassa nazionale per le assicurazioni sociali» e l’i-stituzione della obbligatorietà dell’assicurazione per la invali-dità e la vecchiaia, segna anche il progressivo declino del mu-tualismo volontario.8 A tale riguardo il primo ventennio delNovecento vede svilupparsi un appassionato dibattito sul te-ma della mutualità volontaria o obbligatoria, registrando laprogressiva conversione a favore della seconda di molti soste-nitori dell’esperienza originaria. Caso esemplare è rappresen-tato da Luigi Luzzati, acceso sostenitore delle assicurazionivolontarie, che all’VIII Congresso internazionale delle assi-curazioni sociali, tenutosi a Roma nel 1908, così si esprime:

Noi avevamo voluto dare alle assicurazioni sociali contro gli infor-tuni sul lavoro e a quelle per l’invalidità e la vecchiaia gli strumentipiù sicuri e meno costosi, le Casse nazionali che voi conoscete. Ab-biamo fatto il possibile per raccogliere aderenti. Abbiamo predica-

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8 Questa breve ricostruzione è ripresa da La sicurezza sociale e il sindaca-to, a cura dell’Ufficio studi della CISL, numero monografico di «Quaderni distudi e documentazione», 1958, n. 9, pp. 14-20.

to, pregato, sperato, supplicando i datori di lavoro di iscrivere tutti iloro dipendenti, e gli operai di facilitare ai datori di lavoro il lorocompito. L’appello è stato vano. Ho detto allora ai datori di lavoro eai lavoratori: la libertà è una cosa grande e bella. Ma se voi non viiscriverete volontariamente saremo obbligati ad iscrivervi. […] Inbreve, il numero dei volontari è pressoché minimo. La previdenzalibera del nostro paese è fallita.9

Nonostante la crisi del mutualismo volontario è però indubbioche proprio nell’universo associativo mutualistico maturanole esperienze assistenziali precursori dei patronati, nel cui am-bito il principio volontaristico riesce a trovare storicamenteuno spazio di affermazione pur in presenza di una evoluzioneopposta del sistema previdenziale ed assicurativo.

Caratteri ideologici ed evolutivi del mutualismo italiano

Nella realtà italiana la matrice originaria ed insieme il limitedell’esperienza mutualistica è l’ambiente urbano in cui

la qualificazione professionale dell’artigiano, unita al ricordo dell’e-sperienza corporativa, favorisce l’origine spontanea delle società lequali, come la tradizione artigiana cittadina insegna, rifuggono dalcoinvolgimento del rapporto di lavoro e dagli scopi rivendicativi.10

Questa impostazione originaria della vicenda mutualistica in-contra inizialmente il favore della classe dirigente moderata ita-liana che individua in questa modalità associativa il prosegui-mento della tradizione caritativo-assistenziale. Le seguenti evo-luzioni del mutualismo italiano, con l’imporsi progressivo dicontenuti ideologici conflittuali, conducono ad una sua crescen-te «proletarizzazione» ed infine al suo superamento e margina-lizzazione a favore di esperienze associative e sindacali mag-giormente in sintonia con la nuova realtà sociale ed economica.

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9 Citato in ivi, pp. 16-17.10 A. Carera, L’azione sindacale in Italia. Dall’estraneità alla partecipa-

zione, vol. 1 Dalle origini all’involuzione corporativa, Brescia 1979, p. 18.

Per meglio chiarire la natura e il ruolo svolto dalle società dimutuo soccorso nella realtà italiana è utile individuare schemati-camente la scansione temporale della loro evoluzione storica alfine di individuarne i caratteri ideologici originari.11 Nella primafase «liberale» l’esperienza mutualistica si svolge sotto la dire-zione dei «soci ordinari», cioè filantropi, proprietari, possidenti,dame dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, in una ottica carita-tiva e di controllo sociale. La seguente fase «mazziniana», chesi può individuare a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento,si muove in una prospettiva di integrazione della nascente classeoperaia all’interno del sistema capitalistico attraverso l’eleva-zione morale e culturale della forza lavoro. In questa fase matu-ra una particolare attenzione allo sviluppo delle capacità profes-sionali in una congiuntura di accelerazione del trapasso dal la-voro artigianale al lavoro manifatturiero e industriale. Nel de-cennio Settanta si manifesta una scissione all’interno del mondodelle società di mutuo soccorso con l’affiancarsi alla componen-te mazziniana di esperienze mutualistiche di cultura anarchica.Il procedere del processo di industrializzazione si accompagnacon il crescente diffondersi del pensiero socialista che amplificala frattura con le impostazioni liberali e mazziniane portatrici diconcezioni politiche che rifiutano di riconoscere l’esistenza e lacentralità del conflitto di classe. Il crescere dell’influenza socia-lista conduce gradualmente ad una crisi del modello mutualisti-co a favore dell’organizzazione sindacale di resistenza in unaprospettiva più esplicitamente classista e conflittuale.12

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11 Viene ripresa la scansione recentemente proposta in E. Bartocci, Le poli-tiche sociali nell’Italia liberale (1861-1919), Roma 1999, pp. 136-137.

12 L’ipotesi della crisi o comunque del manifestarsi di una cesura nell’espe-rienza storica del mutualismo italiano come conseguenza dell’imporsi dell’i-deologia socialista è esplicitamente sostenuta ad esempio da Merli, secondo ilquale tale discontinuità si manifesta «quando i bisogni politici ed economicinuovi creati dalla fabbrica e dal processo di industrializzazione faranno esplo-dere il contrasto tra il coesistere degli sfruttati e degli sfruttatori nel medesimoorganismo, tra il mutualismo coesistenziale con lo stato politico e economicoportato dalla unificazione borghese e la necessità della resistenza che era giàembrionalmente un nuovo ordine alternativo» (S. Merli, Proletariato di fabbri-ca e capitalismo industriale. Il caso italiano: 1880-1900, Firenze 1972, pp.584-585. Già citato in E. Bartocci, Le politiche sociali…, cit., pp. 139-140).

Alla fine dell’Ottocento, nonostante i segnali di declinoconnessi ai due fenomeni concomitanti dell’avviarsi di unalegislazione sociale ed il consolidarsi della forma organizzati-va sindacale,13 la vicenda mutualistica mostra ancora una si-gnificativa vitalità testimoniata dal fatto che nella statisticadel 31 dicembre 1904 vengono rilevate 6.447 società per untotale di 926.026 iscritti.14 Nel corso del primo ventennio delNovecento la crescente centralità dell’attività rivendicativa edil consolidarsi delle organizzazioni sindacali all’interno delmovimento socialista portano ad una definitiva marginalizza-zione strategica del modello mutualistico.

Una rappresentazione realistica della vicenda storica delmutualismo italiano tra Ottocento e Novecento, se sollecita lasottolineatura del predominio della tradizione liberale, mazzi-niana e infine socialista, richiede anche di segnalare l’esisten-za di una tradizione cattolica consolidata e con caratterizza-zioni proprie. Nel decennio Settanta dell’Ottocento giunge amaturazione la necessità di costituire una istituzione di riferi-mento per l’azione sociale dei cattolici italiani e da questa spin-ta trae origine, assumendo questa denominazione nel 1881,l’Opera dei Congressi e dei Comitati cattolici d’Italia nel cuiambito si sviluppa l’esperienza del mutualismo di matricecattolica.15 Nell’ultimo decennio del XIX secolo il movimen-to mutualistico cattolico è una realtà ormai consolidata: nel1892 vengono segnalate 379 società operaie di mutuo soccor-so che diventano 784 nel 1897.16

Secondo Sergio Zaninelli nel mutualismo cattolico, si in-contrano due istanze:

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13 A. Carera, L’azione sindacale in Italia…, cit., p. 43.14 A. Cherubini, Profilo del mutuo soccorso in Italia dalle origini al 1924,

Roma 1961.15 A. Carera, L’azione sindacale in Italia…, cit., pp. 26-27.16 A Gambasin, Il movimento sociale nell’Opera dei Congressi (1874-

1904). Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma 1958.Questi dati sono ripresi anche in S. Agnoletto, Movimento cooperativo e coo-perazione cattolica: alcuni dati quantitativi, in S. Zaninelli (a cura di), Mezzosecolo di ricerca storica sulla cooperazione bianca. Risultati e prospettive, Ve-rona 1996, p. 884.

la prima era quella che stava maturando sul piano teorico come con-sapevolezza del movimento organizzato dei cattolici che fosse ne-cessario far fonte alle esigenze di gruppi sempre più numerosi di la-voratori privi di ogni forma di previdenza. La seconda e più determi-nante istanza restava di natura religiosa: il problema cui si intendevadare soluzione con la creazione di società operaie era quello di man-tenere vive, ed in forme adeguate ai tempi, occasioni e sollecitazioniper garantire la vita di fede a masse crescenti di uomini coinvolti neiprocessi di trasformazione sociale. Si può quindi dire che il mutuali-smo cattolico non rappresentò, almeno per un ventennio, un fatto dirottura o di superamento rispetto alla tradizione assistenziale.17

Un settore nel quale, tra fine Ottocento e primo Novecento,l’azione assistenziale delle organizzazioni cattoliche appareparticolarmente feconda, e dove esplicitamente si fa riferi-mento al concetto di patronato ed a modalità di intervento si-mili a quelle che caratterizzeranno l’azione patronale nel se-condo dopoguerra, è quello dell’emigrazione. Ancora Zani-nelli ricorda ad esempio la vicenda del vescovo di PiacenzaGiovanni Battista Scalabrini a proposito della quale afferma:

In concreto, non considerando l’aspetto centrale propriamente reli-gioso, il patronato si tradusse in una difesa dell’emigrante dalle ves-sazioni e dagli abusi degli agenti che ingaggiavano mano d’operada avviare ai paesi esteri, in un’opera di innalzamento del livelloculturale (notoriamente molto basso) proprio dell’emigrazione ru-rale, mediante la creazione di scuole, in una attività minuta di assi-stenza al lavoratore italiano, aprendo uffici nelle sedi di emigrazio-ne per tutte le sue questioni di lavoro che sorgevano in un ambientespesso ostile, ma anche in tutte le fasi della spesso sua dolorosa av-ventura […] accompagnando fisicamente l’emigrante, informando-lo ed istruendolo a difendersi ed a salvaguardare i suoi interessi.18

L’iniziativa di Giovanni Battista Scalabrini, con l’istituzionenel 1889 di una «società laica di patronato chiamata dopoqualche anno S. Raffaele», tende in breve tempo ad assumeredimensione nazionale nonché internazionale:

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17 S. Zaninelli, La situazione economica…, cit., p. 323.18 Ivi, p. 327.

nel 1900 aveva promosso un incontro internazionale a Lucerna perla creazione di una Lega internazionale europea per l’assistenza ditutti gli emigrati transoceanici […]. Nel 1905 proponeva alla S. Se-de la creazione di un organo centrale e supernazionale che coordi-nasse l’apostolato e l’assistenza a tutti gli emigrati cattolici.19

L’Opera Bonomelli, che sorge nel 1900, segnala un progressoulteriore dell’azione di patronato con l’impegno profuso

nel dirigere gli emigranti nei mercati di lavoro che abbisognavanoeffettivamente di braccia e nello stornarli da quelli che sarebberostati campo di spiacevoli rivalità con i lavoratori locali. Un patrona-to che consisteva in pratiche per la sicurezza sociale e l’infortunisti-ca, per controversie sul collocamento e contratti di lavoro, difesadei minorenni, avviamento di scuole, istituzioni di casse di rispar-mio e mense economiche, collaborazione con le autorità diplomati-che e consolari per il disbrigo delle pratiche interessanti gli emigra-ti, nonché nell’accoglimento nei grandi ospizi di confine a Chiasso,a Domodossola, nel Trentino.20

I primi anni del Novecento si caratterizzano per l’esistenza dinumerose altre iniziative assistenziali similari, come l’Operadi don Coccolo o l’Opera Cardinal Ferrari, e soprattutto si se-gnalano le numerose associazioni regionali e diocesane attivein varie parti di Italia: tra esse la Società di patronato di S. Mi-chele di Palermo per gli emigranti in America, il Consorzioveneto per la protezione degli emigranti di Padova e il Consor-zio S. Gaetano per l’assistenza agli emigranti di Vicenza.21

La capacità di iniziativa assistenziale della tradizione cat-tolica si manifesta anche in ambito sindacale ed in particolarenel contesto dell’esperienza della CIL, la Confederazione ita-liana dei lavoratori costituita nel 1918, che dà origine alla«Confederazione della mutualità ed assicurazioni sociali con

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19 G. Rosoli, Movimento cattolico ed emigrazione, in Dizionario storicodel movimento cattolico in Italia, vol. 1, fasc. 2, Casale Monferrato 1981, pp.138-139.

20 S. Zaninelli, La situazione economica…, cit., p. 327.21 G. Rosoli, Movimento cattolico ed emigrazione, cit., p. 139.

lo scopo di informare dirigenti sindacali e lavoratori sull’im-portanza delle assicurazioni e sulla loro applicazione».22

Dal primo riconoscimento normativo dei patronatiall’ordinamento corporativo

Nel contesto delle diverse esperienze associative di naturamutualistica, assistenziale e sindacale, correlate soprattuttoagli ambienti cattolici e socialisti, si viene a definire la strut-tura specifica del patronato e nel secondo decennio del Nove-cento anche a livello normativo inizia ad essere individuata lanatura peculiare di questo ente. Il primo riconoscimento nor-mativo e formale avviene con il decreto legislativo 23 agosto1917, n. 1450, relativo all’assicurazione infortunistica in agri-coltura, che all’articolo 12 disciplina l’istituzione dei patrona-ti. Il regolamento esecutivo emanato con il regio decreto 21novembre 1918, n. 1889, riconosce agli enti di patronato unapropria personalità giuridica e ne fissa un distacco dagli entifondatori come province, comuni, associazioni di mestiere oenti morali.23 Come ha osservato Claudio Schwarzenberg:

in base a questa normativa si realizzava la prima scissione funzio-nale […] tra enti fondatori, obbligati a determinati adempimenti diordine giuridico ed economico nei confronti degli istituti di patro-nato, e questi ultimi, che a seguito dell’approvazione ministerialesummenzionata, conseguivano la personalità giuridica e potevanostare in giudizio per la tutela dei diritti e per la difesa di lavoratoriinfortunati e dei loro aventi causa.24

Negli anni seguenti, con il proseguire dell’estensione delleforme assicurative, si allarga l’azione dei patronati e si giun-

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22 A. Robbiati, La CIL ed il problema della legislazione a tutela del lavoro,in Il sindacalismo bianco tra guerra dopoguerra e fascismo, a cura di S. Zani-nelli, Milano 1982, p. 479.

23 V. Bellini, Gli enti di Patronato…, cit., p. 98.24 Citato in Le tappe della crescita, in INAS-CISL, Cogliere la sfida del futu-

ro forti dell’esperienza del passato, cit., p. 19.

ge, nel 1922, alla nascita di una Federazione nazionale degliistituti di patronato e, nello stesso anno, alla costituzione del«Patronato nazionale medico-legale per gli infortuni agricoliper le assicurazioni sociali».25

Nell’ambito dell’ordinamento corporativo fascista si ap-proda, con il decreto ministeriale 26 giugno 1925, alla costi-tuzione di un unico «Patronato nazionale medico-legale pergli infortuni agricoli-industriali e per le assicurazioni sociali»,che, con il decreto ministeriale 24 dicembre 1927, assume ladenominazione di «Patronato nazionale per l’assistenza so-ciale». Si succedono negli anni seguenti una serie di decretiministeriali concernenti lo statuto del Patronato nazionale chesi viene a definire come «l’organo tecnico a mezzo del qualele Confederazioni nazionali fasciste dei lavoratori adempionoalle funzioni di assistenza e tutela dei propri rappresentati».

La vita del Patronato nazionale si conclude con il decretoministeriale 29 ottobre 1942 e le sue funzioni vengono trasfe-rite alle Confederazioni sindacali.26

23

25 V. Bellini, Gli enti di Patronato…, cit., p. 98.26 Ivi, pp. 98-99.

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Capitolo secondoL’immediato dopoguerra: la concorrenza tra patronati e la nascita dell’INAS

La questione del patronato nella CGIL unitaria

Il tema della rinascita degli enti di patronato nell’Italia del-l’immediato dopoguerra si connette strettamente all’evolversidella più ampia vicenda sindacale. La contrastata esperienzaunitaria scaturita dal patto di Roma e le seguenti vicende del-le scissioni che pongono termine alla CGIL unitaria rappresen-tano il contesto nel quale nascono e si consolidano i principa-li enti di patronato.

Il processo di riorganizzazione delle strutture patronaliprecede l’innovazione normativa: già dall’ottobre 1944 è atti-vo il patronato ACLI sotto la presidenza di Giulio Pastore,1mentre nel corso del 1945 viene costituito l’Istituto nazionaleconfederale di assistenza (INCA) da parte della CGIL unitariaed immediatamente si apre una aperta concorrenza tra le dueistituzioni che si riflette nella polemica tra le varie correntisindacali e si inserisce nel controverso dibattito sull’unità sin-dacale.

Il significato della esistenza di un patronato strutturato al-l’interno dell’organizzazione sindacale viene esplicitato nel

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1 G. Pasini, Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI), in Dizio-nario storico del movimento cattolico in Italia, vol. 1, fasc. 2, Casale Monfer-rato 1981, p. 172.

corso del I Congresso nazionale della CGIL unitaria che si tie-ne a Firenze nel giugno 1947. In particolare si segnala l’inter-vento di Bibolotti, primo presidente dell’INCA, che proponeun’ampia riflessione che descrive la «filosofia» dell’azione dipatronato del sindacato unitario:

Ciascuno di noi sente che la vita dei lavoratori non finisce nella fab-brica, che la vita dei lavoratori continua in tutte le manifestazioniminute della vita stessa. Ciascuno di noi sente che i problemi del-l’assistenza sociale e della previdenza devono essere studiati conmolta attenzione, anche perché chi ripercorrerà, sia pure rapida-mente, la storia del movimento sindacale troverà che le prime mani-festazioni associative dei lavoratori sono state appunto le associa-zioni mutualistiche, associazioni tendenti a difendere la vita del la-voratore e della sua famiglia […] Il sindacato non poteva quindiestraniarsi dai problemi dell’assistenza sociale, dal patronato dei la-voratori, dall’opera di guida e di patrocinio, che ogni lavoratoresente come complemento del sindacato stesso. […] Ora, subito do-po il congresso di Napoli […] veniva deliberata la istituzione in se-no della Confederazione dell’Istituto Nazionale Confederale di As-sistenza: l’INCA. […] Fin da quel momento si affermò la necessitàche l’assistenza sociale dovesse estendersi a tutti i lavoratori italianisenza distinzione di tessera politica, indipendentemente dalla loroappartenenza o meno al sindacato, senza discriminazione di sesso,di razza, di concezione religiosa, cioè con il criterio di estendere lasua azione assistenziale a tutti i lavoratori italiani e che nessun or-ganismo meglio del sindacato potesse assolvere a questa funzionealtamente umana, che richiede insieme la più alta competenza, lapiù alta preparazione tecnica, il più sensibile dei sentimenti umani,perché non v’è assistenza sociale se non è ispirata, confortata dal-l’altissimo senso della solidarietà e della fraternità umana.

Lo stesso Bibolotti individua poi quali siano i compiti opera-tivi del patronato:

Fin dal primo sorgere l’Istituto Confederale di assistenza si è postoil duplice compito di organizzare l’assistenza diretta a tutti lavora-tori […] e al tempo stesso di operare con elementi tecnici alla pre-parazione delle leggi sociali, affinché il governo si potesse trovaredi fronte a del materiale studiato, elaborato, che rispecchiasse in

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pieno i sentimenti, le aspirazioni e le proposte dei lavoratori orga-nizzati.2

Nel corso del Congresso di Firenze della CGIL emerge aperta-mente la questione della concorrenza con le ACLI in campoassistenziale. Tale problematica viene esplicitamente posta daDi Vittorio nella relazione introduttiva:

Io so che è stato diffuso un certo malessere in molte nostre organiz-zazioni e nelle varie correnti che compongono questa nostra fami-glia a proposito dell’attività delle ACLI. […] Vi è un terreno specifi-co di competizione tra le ACLI e la Camera del Lavoro: il terrenodell’assistenza. Ebbene amici, permettetemi che io vi dica con tuttalealtà e franchezza il mio pensiero in merito. Per me non è giustoche vi siano posizioni di monopolio per l’assistenza dei lavoratori.Il monopolio può per sua natura produrre dei germi di burocratismoche porterebbe all’abbandono invece che all’assistenza dei lavora-tori. Credo quindi che sia bene che vi siano più organismi autoriz-zati e controllati dalla legge. […] Premesso ciò penso che in questocampo una competizione possa essere un bene, sempreché si svi-luppi una gara di emulazione tra i due organismi, a chi assiste me-glio il lavoratore. Il lavoratore non può che averne dei vantaggi enoi commetteremmo un errore se volessimo rinunciare ai vantaggiche il lavoratore può avere. Che cosa dobbiamo ottenere? Dobbia-mo ottenere che l’importanza e l’efficienza dei singoli organismivenga stabilita sulla base di principi democratici, per numero di as-sistiti. Non sarebbe giusto, non sarebbe democratico, non sarebbetollerabile che un piccolo istituto eventualmente volesse essere pa-ragonato artificialmente al grande istituto di assistenza che è l’INCA

l’istituto della Confederazione del Lavoro che serve per tutti.3

Anche nella relazione di Pastore, rappresentante della corren-te cristiana, viene affrontata la questione della concorrenzadelle ACLI e più in generale viene affermato il valore del plu-

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2 I congressi della CGIL, vol. II, I Congresso nazionale unitario della CGIL.Firenze 1-7 giugno 1947, Roma 1977, pp. 257-259.

3 G. Di Vittorio, Difesa e miglioramento del tenore di vita dei lavoratorinel quadro della ricostruzione economica e democratica dell’Italia, in I con-gressi della CGIL, vol. II, I Congresso nazionale…, cit., p. 116.

ralismo istituzionale relativo alla formazione di istituti di pa-tronato:

Sia riconosciuta la libertà di assistenza. Chi più farà più tela avrà,chi avrà più filo cucirà di più. Amici non dimenticate che il vecchiopatronato fascista ha tradito i fondatori dell’Umanitaria, dell’OperaCardinal Ferrari, del vecchio patronato libero. Quando l’ha tradito?Quando ha ridotto tutto ad un unico organismo. È certo ancora unavolta che il giorno in cui c’è stato un unico patronato, l’esistenza diun solo organismo ha fatto scomparire la passione, l’interesse versoil lavoratore. Badate che l’assistenza non si sviluppa sul piano fred-do delle cifre, ma si sviluppa con un cuore e una passione. Perchéquando un operaio ha avuto una gamba straziata non è più questio-ne di dargli l’arto artificiale, è questione di consolarlo, di confortar-lo, è questione di dare nuove speranze alla famiglia. Orbene l’averridotto il vecchio patronato fascista a un unico organismo ha avutoun solo risultato: quello di far vedere soltanto il ventisette del mese.Cari amici non si serve così la causa dei lavoratori. Quando vi è l’e-mulazione, quando vi è la libertà, quando esiste la pluralità delle or-ganizzazioni purché rispondano a quelle garanzie di legge cui allu-deva Di Vittorio, per cui non sia possibile speculazione e sfrutta-mento, la pluralità degli organismi di assistenza, prima ancora di ri-spondere a un principio di libertà risponde agli interessi del lavora-tore.4

Negli interventi di molti delegati al congresso ritorna questaquestione del patronato e dei rapporti con le ACLI. Si segnalaad esempio il polemico intervento di Invernizzi, segretariodella Camera del lavoro di Milano, che afferma: «Il compa-gno Pastore ha detto che chi ha più filo farà più tela. Noi vor-remmo che i compagni della democrazia cristiana non faces-sero della tela soltanto nelle ACLI ma ne facessero un po’ an-che nelle Camere del Lavoro».5

Nelle conclusioni di Di Vittorio emerge un tentativo dimediazione:

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4 G. Pastore, Il nuovo ordinamento sindacale italiano, in I congressi dellaCGIL, vol. II, I Congresso nazionale…, cit., pp. 136-137.

5 I congressi della CGIL, vol. II, I Congresso nazionale…, cit., p. 217.

Evitare che le ACLI si occupino dell’attività sindacale, che tentinodi fare dei contratti, che tentino di invadere il campo sindacale. Ed ènecessario evitare che da parte dei sindacati vi siano manifestazioniinopportune di ostilità preconcetta nei confronti delle ACLI. È ne-cessario che vi sia la massima comprensione, la massima cordialità.Che si rimanga nel proprio campo. È necessario eliminare alcuneincompatibilità che se non fossero di carattere sindacale e sociale losarebbero di carattere morale. Per esempio che un dirigente del Pa-tronato assistenza della Camera del Lavoro sia contemporaneamen-te dirigente del patronato delle ACLI perché in fondo sarebbe pagatoda una organizzazione per essere al servizio di un’organizzazioneconcorrente. Si faccia in modo che ciò non avvenga, che non sicreino incompatibilità di questo genere, e le ACLI, dopo la chiarifi-cazione che vi è stata in questo Congresso, cesseranno di essere unmotivo di attrito nella grande famiglia dei lavoratori italiani.6

Alcuni mesi dopo il Congresso di Firenze della CGIL si tiene aPalermo, dal 26 al 31 ottobre 1947, il primo «Congresso na-zionale degli infortuni e delle malattie professionali». Questoincontro diviene una ulteriore occasione di riflessione e con-fronto sul ruolo degli istituti di patronato ed in particolare sisegnalano gli interventi di Aladino Bibolotti e Giulio Pastoreche significativamente si presentano come correlatori sul te-ma «Gli istituti di patronato e di assistenza sociale», con loscopo di segnalare esplicitamente una fase di significativo av-vicinamento tra i due patronati.

Il presidente dell’INCA torna a sottolineare la coerenza diuna presenza dell’istituto di patronato all’interno della confe-derazione sindacale unitaria:

appunto perché la CGIL è sorta, si è formata e si viene sviluppandocome un organismo unitario, come un organismo di tutela, non sol-tanto delle aspirazioni contingenti, ma delle aspirazioni storiche,più vaste, che le classi lavoratrici pongono in Italia come altrove,appunto per questo la CGIL, sin dal suo sorgere, ha avvertito la ne-cessità ed ha provveduto, sia pure imperfettamente, alla creazionedi un organo tecnico di patronato dei lavoratori, il patronato medi-co-legale che fosse, in una certa misura, la continuazione dell’orga-

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6 Ivi, p. 337.

no preesistente, ma che realizzasse il superamento di quegli stessiorgani e che desse una risonanza maggiore, più ampia, oltre i limitiorganizzativi e programmatici del passato.

Bibolotti affronta poi esplicitamente il problema della plura-lità degli enti di patronato:

Abbiamo perduto del tempo prezioso per discutere fra di noi seconvenisse un istituto unico o la molteplicità degli istituti di patro-nato. In fondo abbiamo ragione e torto dall’una e dall’altra parte.Noi postulavamo, e postuliamo ancor oggi, l’unità dell’assistenzacome espressione dell’unità sindacale dei lavoratori, come la solu-zione che meglio permette l’unificazione dei servizi, la specializza-zione degli uomini, la potenza dei mezzi. […] Anche noi abbiamosuperato analoghe prevenzioni: ciò non significa che fra i due istitu-ti di assistenza e di patronato vi sia in tutto e tutto identità. Vi è unadiversa concezione dell’assistenza come c’è nel campo sindacale,nel campo della cooperazione, nel campo politico, ma constatiamoche laddove operano due patronati anziché uno solo il lavoratorenon soffre grave danno. Spesso anzi il lavoratore, nello sviluppo deidue organismi postisi sul terreno della emulazione, trova qualchegiovamento giacché ciascuno di essi è costretto ad un maggioresforzo assistenziale e ad un perfezionamento dei suoi servizi.7

Giulio Pastore, che interviene in quanto presidente del patro-nato ACLI, oltre che come segretario della CGIL, sembra se-gnalare una effettiva convergenza con l’impostazione di Bi-bolotti:

I motivi per cui non era possibile, nell’interesse dei lavoratori, diaderire al concetto dell’unicità dell’assistenza, vi sono noti. Quantoè stato fatto prima del fascismo […] si è continuato a fare durante ilfascismo ma tuttavia non si può negare che vi è stato, in questo pe-riodo, qualche cosa che ha diminuito e attenuato quella visione cheavevano del compito i regimi democratici. Questo qualche cosa fuproprio la centralizzazione che ha tolto quella che noi possiamochiamare la molla di tutto l’ingranaggio. La burocrazia e la centra-

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7 Primo congresso nazionale degli infortuni e delle malattie professionali.Palermo 26-31 ottobre 1947, Roma 1948, pp. 387-389.

lizzazione hanno tolto ogni aspetto evolutivo. Basterebbe questoper sostenere la tesi della molteplicità degli istituti di patronato laquale evidentemente non può risolversi che a vantaggio dei lavora-tori. Il concetto di unità sindacale è un’altra cosa. Noi dobbiamo so-stenere e batterci, in sede sindacale, per l’unità delle classi lavora-trici: ma nel campo dell’assistenza ai lavoratori ripetiamo che il so-lo strumento che consente di difendere bene gli interessi dei lavora-tori è la molteplicità degli istituti.8

Nel corso del 1947 il dibattito sul ruolo e le funzioni degli en-ti di patronato è affiancato dall’approvazione della nuova di-sciplina normativa per la regolazione dell’attività di patroci-nio. Viene infatti approvato il DLCPS 29 luglio 1947, n. 804che così si esprime all’articolo 1:

l’esercizio dell’assistenza e tutela dei lavoratori e dei loro aventicausa per il conseguimento in sede amministrativa delle prestazionidi qualsiasi genere contemplate da leggi, statuti e contratti regolantila previdenza e la quiescenza, spetta agli Istituti di patronato e di as-sistenza sociale.

Tale decreto delinea il contesto normativo indicando i proce-dimenti necessari per il riconoscimento degli enti di patronatoe definendone compiti e strutture. Per ciò che attiene allacompetenza per la loro costituzione e gestione questa deve es-sere approvata dal ministero del Lavoro e viene attribuita alle«associazioni dei lavoratori» i cui statuti prevedano finalitàassistenziali. I compiti essenziali riconosciuti ai patronati so-no quelli definiti nell’articolo 1 del DLCPS 29 luglio 1947 e pre-cisamente: assistenza, tutela e rappresentanza.

Sulla base della nuova normativa, con il decreto ministe-riale 29 dicembre 1947 l’INCA ed il patronato ACLI ottengonoil riconoscimento giuridico.9

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8 Ivi, pp. 398-399.9 V. Bellini, Gli enti di Patronato…, cit., pp. 99-100. Con il decreto mini-

steriale del 9 marzo 1948 viene riconosciuto il Patronato per l’assistenza socia-le (IPAS), promosso dall’Associazione nazionale delle comunità di lavoro, exAssociazione nazionale religiosa e morale degli operai (ONARMO).

Dalla FIL alla CISL: le origini dell’INAS

Se il 1947 è segnato dall’innovazione normativa e da un espli-cito tentativo di individuare un modus vivendi tra i due enti dipatronato esistenti, nel biennio seguente la vicenda patronaleviene investita dall’accelerazione dei processi disgregatividell’esperienza sindacale unitaria. Per quanto attiene alla vi-cenda del patronato, la nascita della LCGIL nel 1948, con l’u-scita della corrente cristiana dalla CGIL unitaria, produce unasituazione di fatto che influenzerà significativamente le evo-luzioni seguenti. La nuova organizzazione guidata da Pastorenon costituisce un proprio patronato e ciò conduce ad un con-solidamento strutturale del rapporto con l’organizzazione as-sistenziale delle ACLI. Si viene a definire una divisione di ruo-li tra l’azione sindacale svolta dalla Libera confederazione el’attività assistenziale che viene riconosciuta come campod’azione proprio dell’organizzazione aclista. Questa imposta-zione riflette una realtà già precedentemente consolidatasi ne-gli anni della Confederazione unitaria. Come testimonia Bru-no Tertulliani: «nel 1945-46 noi eravamo nella CGIL, ma ciservivamo come patronato non dell’INCA ma delle ACLI», co-sicché, come ricorda Giorgio Mancinelli, «la LCGIL non si po-se il problema di avere il riconoscimento di un proprio patro-nato in quanto si serviva del Patronato ACLI».10

Parallelamente alla vicenda della LCGIL, nel giugno 1949la fuoriuscita dalla CGIL unitaria delle correnti sindacali so-cialdemocratica e repubblicana porta alla costituzione dellaFederazione italiana del lavoro (FIL) guidata da Giovanni Ca-nini. In ambito FIL matura la necessità di costituire un nuovoente di patronato e questa esigenza di concretizza con la crea-zione, il 14 settembre 1949, del nuovo patronato INAS, la cuipresidenza viene assunta dallo stesso Giovanni Canini, men-tre Renato Burali diviene direttore generale.11 A partire dal

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10 Testimonianze raccolte alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia astampa).

11 B. Tertulliani, La nascita dell’INAS. Gli avvocati dei poveri (si tratta diuna breve memoria dattiloscritta). Secondo Giorgio Mancinelli, Renato Burali

novembre 1949 l’INAS sembra divenire operativo come testi-monia la circolare n. 3 dell’Istituto stesso relativa alla «Orga-nizzazione dell’Istituto. Prime istruzioni», sottoscritta in data11 novembre dal direttore generale Renato Burali ed inviataai vari uffici provinciali dell’INAS aperti presso la Camere sin-dacali della FIL:

In linea di massima si danno, qui di seguito, le prime istruzioni sul-l’organizzazione delle Sedi periferiche di questo Istituto, voluto epotenziato dalla FIL.1°) Codesto ufficio, al momento in cui riceverà la presente, assu-merà il nome «Istituto Nazionale di Assistenza Sociale della FIL-Uffico provinciale di (far seguire il nome della città)».2°) La Camera Sindacale della FIL curerà, se possibile, che una per-sona di sua fiducia, ma che sia pratica di leggi sociali, curi e orga-nizzi l’istituendo Ufficio.3°) L’attività che l’istituendo Ufficio provinciale curerà particolar-mente sarà quella di assistere, fin dall’insorgere dell’evento infortu-nistico, i lavoratori infortunatisi sul lavoro (agricolo o industriale).In tale settore l’Ufficio dovrà agire con la massima cautela per evi-tare che si manifestino perenzioni di termini, il che produrrebbegravissimi danni al lavoratore assistito. A tale fine sarà opportunostudiare e consultare le relative disposizioni di legge.4°) Curare la raccolta di tutti i casi abbisognevoli di assistenza perle pratiche che facciano capo all’INPS.5°) Curare l’attività emigratoria raccogliendo gli elementi che sononecessari per avviare le pratiche di quei lavoratori che intendesseroemigrare per lavoro nei territori europei o di oltre oceano.Ciò premesso, questa Direzione Generale non può, almeno per orae in questa sua prima fase di organizzazione, fare fronte ad alcunespesa per il funzionamento del costituendo Ufficio provinciale diassistenza, e, in conseguenza, essa deve potere contare sulle forzelocali e sulla buona volontà della Camera Sindacale per l’attuazionedell’organizzazione assistenziale e per l’avviamento fecondo di es-sa. Sarebbe ozioso, però, affermare che non appena l’Istituto avràraggiunto una certa possibilità finanziaria, questa possibilità finan-ziaria darà modo di fissare per codesto Ufficio una sovvenzionemensile, la cui cifra, seppure modesta, varierà a seconda della mole

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era stato un dirigente del Patronato nazionale fascista (citato in Come si era 50anni fa…, in INAS-CISL, Almanacco INAS 1993/1997, Roma 1997, p. 48).

di lavoro che sarà sviluppato nel prossimo quadrimestre. A cura diquesta Direzione saranno rimessi una certa quantità di stampati e leistruzioni per l’uso di essi. Nel contempo si prega codesto Ufficiodi volere comunicare a questa Direzione l’attività svolta, mese permese e richiedere alla Direzione stessa tutte le informazioni che ri-terrà utili per lo sviluppo della sua attività.12

La vicenda della fondazione dell’INAS-FIL si conclude l’8marzo 1950 con la promulgazione del decreto ministerialecon il quale si approva la costituzione del nuovo patronatocon sede a Roma.13 Allegato al decreto ministeriale di ricono-scimento viene presentato il primo Statuto dell’INAS che al-l’articolo due individua le seguenti finalità dell’Istituto:

1. assistere i lavoratori in applicazione alle norme relative all’assi-curazione degli infortuni sul lavoro nell’industria, nell’agricoltura enelle altre attività produttive;2. assistere i lavoratori in applicazione delle norme relative all’assi-curazione delle malattie professionali;3. assistere i lavoratori in applicazione delle norme relative all’assi-curazione invalidità e vecchiaia, tubercolosi, disoccupazione invo-lontaria, nuzialità e natalità, per la gente di mare e per le categoriedi lavoratori per le quali vigono speciali norme di previdenze e di

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12 Copia del documento è stata reperita presso l’attuale sede nazionale del-l’INAS.

13 Gazzetta Ufficiale, 16 marzo 1950, n. 63, p. 798. Dell’avvenuto ricono-scimento ne dà notizia la circolare interna n. 45 diretta a tutti gli uffici regiona-li e a tutti gli uffici provinciali, datata 10 marzo 1950 e sottoscritta da RenatoBurali in quanto direttore generale: «Questo Istituto, a nome del proprio Presi-dente, Giovanni Canini, è lieto di potere comunicare agli Uffici in indirizzoche S.E. il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale ha firmato, in data 8marzo 1950, il Decreto che approva la costituzione dell’Istituto Nazionale diAssistenza Sociale, retto da un proprio Statuto composto di 20 articoli. Con ta-le decreto l’INAS diventa Ente di Diritto Pubblico con tutti gli onori e gli oneriche gli derivano dal riconoscimento giuridico. Questa direzione può ora atten-dere, con ogni tranquillità, all’organizzazione periferica secondo le direttivegià in precedenza impartite, sicura che tutti coloro i quali appartengono o ap-parterranno all’INAS, consci delle loro responsabilità e dei loro diritti, assolva-no, nel campo a ciascuno assegnato, il proprio dovere verso i Lavoratori e ver-so l’Istituto. Si gradirà cenno di assicurazione in merito». Copia del documentoè stata reperita presso l’attuale sede nazionale dell’INAS.

quiescenza e per ogni altra assicurazione affidata ai diversi istituti,organismi od enti che garantiscono le varie forme di previdenza so-ciale;4. assistere i lavoratori per l’applicazione delle norme vigenti perl’assicurazione contro le malattie;5. assistere i lavoratori nelle pratiche di emigrazione, sia interna cheall’estero, ed in quelle relative alle prestazioni previdenziali ed assi-stenziali cui hanno diritto in dipendenza della loro permanenza al-l’estero;6. svolgere ed attuare ogni altro incarico che sia ad esso conferitonell’ambito della previdenza sociale, dal Ministero del lavoro e del-la previdenza sociale, dalla Federazione italiana del lavoro, da orga-nizzazioni statali e parastatali e da disposizioni di legge.

Alcuni mesi dopo il riconoscimento giuridico, un indirizzariointerno, datato 7 luglio 1950, con l’indicazione di 92 Ufficiregionali e provinciali, sembra testimoniare un progressivoradicamento dell’Istituto sul territorio.14

Negli stessi mesi in cui matura negli ambienti della FIL l’i-dea di costituire un nuovo ente di patronato, si tiene, nel set-tembre 1949 a Bologna, la «XXIII Settimana sociale dei cat-tolici italiani» dedicata al tema della Sicurezza sociale. Que-sto incontro diviene una importante occasione di riflessionesui grandi temi previdenziali ed assistenziali, segnale impor-tante della volontà di ampie aree del mondo cattolico di esse-re protagonisti dei dibattiti riformatori di quegli anni. Signifi-cative appaiono le espressioni impiegate da Virginio Savoininella sua relazione sulla «Riforma della previdenza sociale inItalia»:

Una buona riforma deve tuttavia scaturire da una vivida coscienzasociale fortemente spiritualizzata. Non basta arrivare alla semplicitàed alla concretezza che il lavoratore ama; non basta eliminare ciòche è astruso e tortuoso perché la generalità comprenda e conosca

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14 Copia di questo indirizzario è stata reperita presso l’attuale sede naziona-le dell’INAS. I dati che verranno indicati dall’Istituto negli anni seguenti e cheappaiono ridimensionare la presenza sul territorio nazionale rispetto a quelliproposti in questo documento impongono una significativa cautela nel consi-derare questi valori.

doveri e diritti; occorre far sentire che la legge emana da unaprofonda comprensione dei bisogni del lavoratore, da spirito e daamore cristiano e che deve contare sul rispetto scrupoloso della col-lettività, perché legge di altissimo valore morale.

Nel concludere Savoini esplicita il ruolo del mondo cattolico:

Ecco qui emergere un dovere fondamentale dei cattolici: conoscerea fondo, divulgare ed educare perché l’auspicata coscienza socialenon sia un termine vuoto di contenuto. […] Senza questa coscienzanon c’è da sperare che si vada verso il meglio, perché saranno anco-ra gli egoismi, saranno ancora gli abusi, saranno ancora le cattivevolontà che infesteranno il campo e costituiranno gramigna capacedi pregiudicare la messe.15

Pochi giorni dopo l’incontro di Bologna, si tiene a Genova, il2 e 3 ottobre, il II Convegno nazionale dell’INCA, il primo do-po la nascita della LCGIL e della FIL. Il documento approvatoalla fine del convegno individua nell’INCA «lo strumento piùadatto alla mobilitazione delle masse per la realizzazione de-gli obiettivi sociali» di riforma nel campo assistenziale e pre-videnziale.16

I due incontri ravvicinati di Bologna e Genova segnalanol’emergere di una esplicita concorrenza ideologica e politicasui grandi temi della previdenza e dell’assistenza, di cui lapluralità degli enti di patronato rappresenta il segnale piùeclatante.

Al II Congresso nazionale della CGIL, che si tiene anch’es-so a Genova nell’ottobre 1949, viene lanciato un forte appelloper il rafforzamento dell’INCA in esplicita concorrenza con ilpatronato ACLI. Particolarmente significativo è l’intervento diGiovanni Parodi:

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15 V. Savoini, La riforma della previdenza sociale in Italia, in La sicurezzasociale. XXIII Settimana sociale dei cattolici italiani. Bologna 24-29 settembre1949, a cura dell’ICAS, Roma 1949.

16 L’intero documento è riportato in I congressi della CGIL, vol. III, II Con-gresso nazionale unitario della CGIL. Genova 4-9 ottobre 1949, Roma 1977,pp. 219-221.

Noi possediamo diversi dati statistici che dimostrano come, fra i di-versi istituti assistenziali […] noi possiamo considerarci primi. La-vorando, noi possiamo arrivare a quadruplicare la mole di lavoro danoi sostenuta e in tal modo il primato dell’INCA tra i lavoratori di-verrebbe cosa fuori discussione […]. Le ACLI sono presenti in tuttigli angoli delle fabbriche, sono presenti negli ospedali, in ogni luo-go dove si lavora e dove c’è la possibilità di avvicinare il lavorato-re; ma, naturalmente, solo per dimostrare la loro presenza. Bisognaquindi che la nostra organizzazione si metta all’opera.17

Nel corso del 1950, l’accelerazione dei processi di ristruttura-zione della realtà sindacale italiana si riflette anche nelle mo-dalità di riorganizzazione degli enti di patronato ed in partico-lare nella vicenda della neonata INAS. Il 1° maggio 1950 si co-stituisce a Roma, nel corso di una solenne manifestazione alTeatro Adriano, la Confederazione italiana sindacati lavoratori(CISL), ultimo atto di un processo di unificazione tra la LCGIL,la maggioranza della FIL e l’UFAIL (Unione federazioni auto-nome italiane lavoratori). Il 15 luglio il Consiglio di ammini-strazione dell’INAS delibera di aderire alla CISL.18 Al I Con-gresso nazionale della CISL, che si tiene a Napoli dall’11 al 14novembre 1951, viene approvato lo Statuto confederale che al -l’articolo 38 recita:

L’Istituto Nazionale di Assistenza Sociale, INAS, è l’Ente di Assi-stenza della CISL. Il Consiglio Generale della CISL nomina i membridel Consiglio di Amministrazione e i membri del Collegio dei Sin-daci nel numero previsto dallo Statuto dell’Ente.19

Dalla lettura degli atti congressuali sembra evidenziarsi chenel corso del dibattito si sia registrata una evoluzione della ri-flessione confederale. Nella relazione della Segreteria confe-derale si afferma che

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17 G. Parodi, I problemi dell’organizzazione e lo statuto confederale, in Icongressi della CGIL, vol. III, II Congresso nazionale unitario della CGIL. Ge-nova 4-9 ottobre 1949, Roma 1977, p. 298.

18 Le tappe della crescita…, cit., p. 23.19 Ibid.

si è d’avviso che la CISL dopo questo suo Congresso dovrà in temadi previdenza e assistenza darsi una attrezzatura tecnica non tantoatta a sviluppare l’ordinaria opera di assistenza minuta che non è disua competenza, quanto ad approfondire indirizzi e sistemi delcampo previdenziale. Bisogna riconoscere che ben poco è stato danoi fatto per favorire impostazioni più aderenti agli interessi gene-rali dei lavoratori. […] Bisogna riconoscere una carenza confedera-le su tutta questa materia, carenza che noi auspichiamo sia di fattoeliminata per l’iniziativa dei futuri organi della Confederazione.20

Nella sua replica finale il segretario generale ricorda esplici-tamente l’esistenza dell’INAS e afferma:

bisogna che la Confederazione non consideri più l’assistenza comeun ufficio nel quale si distribuiscono fondi per le scuole di addestra-mento o si da la carità a chi viene alla porta o si creano collegamen-ti tra periferia e Ministero. L’assistenza è uno degli elementi fonda-mentali, soprattutto se è intesa come previdenza. […] io penso chela nostra Confederazione debba darsi un ufficio assolutamente at-trezzato per questo settore, che dia indirizzi al governo, se necessa-rio, che richiami e che polarizzi i dibattiti dei lavoratori.21

Il riconoscimento dell’INAS come l’ente di patronato della CISL

rappresenta una importante novità rispetto alla precedente im-postazione che fu propria della corrente cristiana nella CGIL

unitaria, e poi della LCGIL, che aveva individuato nel patronatoACLI il proprio interlocutore privilegiato. La scelta del primogruppo dirigente della CISL di intraprendere la strada di un pa-tronato confederale riflette probabilmente anche la necessità diriconoscere un ruolo importante alla componente laica di pro-venienza FIL rispetto alla netta preponderanza della componen-te LCGIL. La necessità di una maggiore visibilità dei settori dicultura e tradizione sindacale laica, di cui l’inquadramento del-l’INAS nella CISL è un segnale importante, appare inoltre coe-rente con la scelta strategica di Pastore nella direzione della co-

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20 CISL, I Congresso nazionale. Napoli 11-14 novembre 1951. Relazionedella Segreteria Confederale, Napoli 1951, p. 48.

21 CISL, I Congresso nazionale. Napoli, 11-14 novembre 1951. I lavori e gliatti, Roma 1952, p. 214 (si tratta della replica finale di Pastore).

stituzione di un sindacato democratico aconfessionale, in alter-nativa a quell’ipotesi di un sindacato «cristiano» sostenuta inquegli anni da Giuseppe Rapelli. Il segnale di implicita «presadi distanza» da un soggetto importante del mondo cattolico co-me le ACLI, con il quale si sceglie la via della concorrenza di-retta nel campo dell’assistenza e quindi oltre i ristretti confinidi una azione unicamente sindacale, viene perseguita nono-stante le resistenze interne allo stesso mondo sindacale e del la-voro derivanti da un consolidato e diffuso rapporto costruitonegli anni precedenti sui luoghi di lavoro e nel territorio.

Esplicitamente Bruno Tertulliani ricorda come già

nel 1945-46, noi pur essendo nella CGIL, ci servivamo come Patro-nato non dell’INCA, ma delle ACLI […] Nel 1950 è venuta l’unifica-zione con la FIL che, sebbene portasse molto poco come strutturesindacali, di importante aveva il patronato […] che non aveva gran-di strutture ma aveva il decreto di riconoscimento. Il nuovo patro-nato ci mise in condizioni di difficoltà […] perché le nostre struttu-re di base di allora avevano un rapporto diretto con le ACLI. Soprat-tutto nel nord-Italia, ma anche in Toscana e nelle regioni centrali,molte strutture sindacali stentarono parecchio a riconoscere l’INAS

come interlocutore rispetto alle ACLI. […] Far capire, soprattutto al-le nostre strutture industriali, che il patronato era quest’altro è statodifficile, tant’è che c’è voluto ancora qualche anno per arrivare adavere una INAS accettata da tutti.22

Le difficoltà di accettazione dell’INAS da parte del mondo sin-dacale di provenienza LCGIL sono anche oggettivamente cor-relate alla iniziale debolezza della struttura di patronato, ri-spetto ad una più consolidata esperienza delle ACLI:

al momento dell’unificazione l’INAS era una struttura in erba, avevasolo 2 mesi di vita ed era poco più di una sigla, con poche strutturee pochissimi operatori, e si trovò subito ad affrontare grossissimiproblemi organizzativi e di sostanza.23

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22 Testimonianze raccolte alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia astampa).

23 B. Tertulliani, Giovanni Canini: il fondatore dell’INAS, in Canini e Pasto-re. L’attualità di un grande progetto, Roma 1998, p. 22.

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Capitolo terzoGli anni Cinquanta: gli albori eroici dell’INAS

Il consolidamento organizzativo

Nel corso degli anni Cinquanta l’INAS si consolida come unarealtà effettivamente presente sul territorio e come un servizioa disposizione dei lavoratori:

L’attività svolta in quegli anni è davvero notevole. Le condizioni divita e di lavoro dei lavoratori e di tanti cittadini che al processo diricostruzione partecipano e subiscono richiedono una tutela diffusaed estesa. Vi è, inoltre, da costruire un sistema di certezze docu-mentali e di provvidenze socio-previdenziali in parte distrutte e tra-volte dal periodo bellico, ma anche di realizzare, in un clima socio-politico rinnovato […] un insieme di condizioni capaci di affermareuguaglianza e giustizia.1

Questa intensa attività si accompagna, nei primi anni di vitadell’Istituto, con l’emergere di vari problemi connessi alladifficoltà a reperire risorse o ai difficili rapporti con le struttu-re periferiche della Confederazione, temi che riecheggiano ri-petutamente nei dibattiti degli organi direttivi del patronato.Alla seduta del Consiglio di amministrazione dell’INAS del 22maggio 1951 il presidente Canini lamenta la difficile situazio-

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1 Le tappe della crescita…, cit., p. 23.

ne economica e finanziaria dell’Istituto a causa della «pocametodicità» con cui si ricevono i contributi dal ministero esottolinea la necessità di individuare altre fonti di finanzia-mento. A tale proposito il vicepresidente e direttore generaleCajelli sottolinea la necessità che giungano finanziamenti daparte della CISL e delle varie Unioni provinciali. La necessitàdi una maggiore responsabilizzazione delle strutture CISL è ri-badito in numerosi interventi dai quali emerge un quadro diforte difficoltà nei rapporti tra le strutture del patronato equelle confederali. Zini parla di «pessimo rapporto» tra i se-gretari delle Unioni e i direttori generali degli Uffici INAS pro-vinciali, mentre Pasini sottolinea come la CISL dovrebbeprovvedere alla formazione teorica degli operatori del patro-nato e dovrebbe obbligare le Unioni ad aprire Uffici provin-ciali, che secondo Giuffrè dovrebbero essere incrementati so-prattutto in Italia meridionale. Si nota come Cajelli, nel corsodel dibattito, esplicitamente affermi che «alcune Unioni CISL

non desiderano avere rapporti con l’INAS perché non voglionotrovarsi in disaccordo con gli altri Patronati».

Nelle sue conclusioni Canini nota come «ci troviamo in uncircolo vizioso: da una parte vi è la necessità di ridimensiona-re l’Istituto, dall’altra quello di ingrandirlo», ed in particolaresul piano economico e finanziario sottolinea come sia impor-tante che «l’INAS viva di vita propria» e non dipenda dalla CISL,per cui segnala l’importanza di richiedere maggiore metodi-cità nel versamento dei contributi ministeriali. Al termine del-la riunione viene votata una delibera nella quale si fa

richiesta alla CISL di disposizioni precise alle Unioni sindacali pro-vinciali perché riconoscano nell’INAS l’unico organo assistenzialeconfederale […] verso il quale devono essere indirizzati gli associa-ti per lo svolgimento di ogni pratica assistenziale e previdenziale.

Nel corso della medesima riunione viene approvato il regola-mento per il funzionamento delle «giunte provinciali consul-tive» dell’INAS da costituire presso ogni Unione provincialedella CISL. La funzione di queste giunte consultive, compostedal segretario dell’Unione e da tre lavoratori iscritti al sinda-

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cato, è di controllare l’operato dell’Ufficio INAS facendo dellespecifiche relazioni alla presidenza nazionale dell’Istituto cheè l’unica che poi può intervenire sui singoli uffici.2

La seduta del Consiglio di amministrazione del 1° febbraio1952 è l’occasione per fare un quadro delle condizioni dell’I-stituto. Cajelli presenta la relazione sulle attività svolte dall’I-stituto nel 1951 segnalando la costituzione di 69 sedi periferi-che di cui 42 «uffici provinciali» e 27 «uffici corrispondenti»gestiti direttamente dalle Unioni CISL con loro personale. Lostesso Cajelli ribadisce le difficoltà di finanziamento connes-se alle modalità di versamento dei contributi ministeriali,mentre sottolinea come è cresciuta la competenza del perso-nale INAS anche nelle sedi locali, rispetto «ai primi tempi»quando c’erano molti «incompetenti». Canini afferma che bi-sogna riconoscere come la CISL abbia fatto ciò che era possi-bile per supportare economicamente l’Istituto.3

Il 28 febbraio 1952 il Consiglio di amministrazione dell’I-stituto approva la nomina di Paolo Consoni a presidente e diUgo Zino a vicepresidente.4 Alla seguente seduta del Consigliodi amministrazione, tenutasi in data 24 aprile 1952, viene pre-sentata la relazione della nuova presidenza. Per quanto attieneal consolidamento dell’Istituto si segnala come la struttura del-l’INAS conta su 40 «uffici provinciali» e 32 «uffici corrispon-denti», mentre viene ribadito il permanere di dissensi diffusi trastrutture locali del patronato e Unioni della Confederazione.5

Nella relazione della presidenza al Consiglio di amministra-zione del 19 settembre 1952 viene finalmente segnalato l’avve-nuto pagamento da parte del ministero del contributo dovuto, lacui dilazione ha prodotto ritardi nei pagamenti ai collaboratoridell’INAS. Si lamenta il fatto che all’INAS siano stati riconosciu-

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2 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 6, 22maggio 1951.

3 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 8, 1° feb-braio 1952.

4 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 9, 28 feb-braio 1952.

5 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 10, 24aprile 1952.

ti solo 30 milioni contro gli 80 ciascuno versati all’INCA e al pa-tronato ACLI, senza che tale differenza fosse giustificata da unamaggiore attività, ma solo dal fatto che questi enti «hanno allespalle potenti organismi politico-sindacali». Viene nuovamentesottolineata la necessità che la CISL promuova l’INAS presso leproprie unioni, mentre spesso, come nei casi di Milano, Romae Torino, il patronato della Confederazione non risulterebbe fa-vorito dalle strutture confederali locali.6

Il processo di consolidamento delle strutture dell’INAS vie-ne testimoniato dall’avviamento di alcune iniziative sussidia-rie all’attività dell’Istituto. Nella seduta del Consiglio di am-ministrazione del 16 gennaio 1953 viene deliberata la pubbli-cazione di una rivista mensile dell’Istituto e l’apertura di al-cuni uffici all’estero per gli emigrati, ed al contempo vieneavviata la discussione circa la possibilità di organizzare unascuola di formazione INAS sull’esempio di quanto già fattodall’INCA. Nella medesima riunione si segnala il fatto che ilministero ha comunicato che l’ammontare del relativo contri-buto sarà correlato alla presenza sul territorio, per cui vienepositivamente sottolineata l’apertura di numerosi nuovi ufficie l’espansione territoriale dell’Istituto.7

Il 21 luglio 1953, nella relazione della presidenza sull’attivitàdell’Istituto nel 1952, viene descritta la seguente presenza terri-toriale: 32 uffici provinciali, 30 uffici corrispondenti e 5 ufficistaccati.8 Alla seguente seduta del Consiglio di amministrazionedel 21 dicembre 1953 viene nuovamente discussa la questionedella ripartizione dei contributi ministeriali, lamentando la di-stribuzione favorevole ad INCA ed ACLI avvantaggiati dall’ave-re sedi all’estero. Viene quindi nuovamente deliberata l’apertu-ra di uffici per emigrati in particolare in Francia e Belgio.9

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6 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 11, 19settembre 1952.

7 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 12, 16gennaio 1953.

8 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 13, 21 lu-glio 1953.

9 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 14, 21 di-cembre 1953.

Nel corso della seduta del Consiglio di amministrazionedel 24 aprile 1954 viene comunicato che dal 1° marzo funzio-na un «Servizio Emigrazione» presso la direzione dell’INAS.Nel corso della medesima riunione viene deliberata l’istitu-zione di un «Centro addestramento istruzione professionale»(CAIP) per i lavoratori disoccupati.10

Nel giugno 1954 si tiene a Ladispoli il primo incontro or-ganizzativo nazionale dell’INAS a cui partecipano circa cin-quanta operatori fra direttori e incaricati delle strutture pro-vinciali.11 Le parole di Tullio Perfetti, presente a Ladispoli,descrivono lo spirito di quella prima riunione:

Eravamo un’accozzaglia di apprendisti. Ricordo ancora il compian-to dott. Zanolli ad un tavolinetto nel piccolo giardino dell’albergoMargherita che riceveva ogni singolo allievo come si trattasse diuna richiesta di patrocinio, insegnandoci le regole dell’interrogato-rio e come si compilavano i vari moduli INPS o INAIL.12

Il permanere di difficoltà in quei primi anni di attività è testi-moniata ad esempio dal fatto che nella seduta del Consiglio diamministrazione del 16 maggio 1955 viene deliberata la ces-sione dei finanziamenti INAS ai corsi professionali del CAIP,decisa solo l’anno precedente.13

Nella relazione della Segreteria confederale al II Congres-so nazionale della CISL, che si tiene a Roma nell’aprile del1955, viene sottolineato l’impegno della Confederazione peril rafforzamento dell’INAS. A tale scopo viene innanzituttosottolineato l’incremento degli Uffici provinciali:14

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10 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 15, 24aprile 1954.

11 Sull’incontro di Ladispoli si vedano i ricordi di Giorgio Mancinelli citatiin Come si era 50 anni fa…, cit., p. 53.

12 Ibid. 13 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 17, 16

maggio 1955.14 CISL, Relazione della Segreteria confederale. II Congresso nazionale,

Roma 1955, p. 218.

▫ 69 Uffici provinciali costituiti nel 1951; ▫ 76 Uffici provinciali costituiti nel 1952;▫ 86 Uffici provinciali costituiti nel 1953;▫ 88 Uffici provinciali costituiti nel 1954;

Viene inoltre segnalato l’incremento costante delle prati-che trattate:15

▫ 1952: trattate n. 168.471; definite n. 128.528;▫ 1953: trattate n. 267.189; definite n. 192.267;▫ 1954: trattate n. 400.717; definite n. 248.954.

Sulla base di questi risultati la Segreteria confederale con-stata come «lo sviluppo così realizzato dell’attività assisten-ziale pone ormai il nostro Istituto come uno dei maggiori esi-stenti nel nostro Paese».

Si segnala inoltre che «uno sforzo particolare della Confe-derazione e dell’INAS è poi da alcuni mesi in corso per il Mez-zogiorno d’Italia allo scopo di adeguare sempre più l’attivitàassistenziale, che tanta importanza riveste in questo particola-re ambiente».16

Il biennio 1957-58 registra un’accelerazione nel processodi consolidamento della struttura organizzativa del patronato.Nel febbraio 1957 si tiene alla Domus Pacis di Roma un nuo-vo incontro nazionale finalizzato alla formazione degli opera-tori, seguito dall’assise per l’Alta Italia che si svolge a Bolo-gna nel settembre dello stesso anno e da un seminario forma-tivo a Viareggio nel marzo 1958. Nello stesso anno viene isti-tuito a livello nazionale un piccolo gruppo di «ispettori cen-trali» con il compito di assicurare alle strutture periferiche,con visite periodiche, la continuità e l’omogeneità del soste-gno formativo ed informativo. Per la formazione di questiispettori viene organizzato un corso nel settembre 1958 pres-so il Centro studi della CISL di Fiesole «primo impatto conquella che sarebbe diventata quasi una seconda residenza perl’INAS».17

Alla fine degli anni Cinquanta la priorità della formazione

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15 Ibid.16 Ivi, pp. 218-219.17 Come si era 50 anni fa…, cit., pp. 53-56.

degli operatori, come esigenza urgente per l’ottimizzazionedell’attività dell’Istituto, è testimoniata anche dalla significa-tiva circolazione, in varie sedi periferiche, di brevi e sinteticimanuali finalizzati alla diffusione di competenze tecniche.Nel 1958 viene diffuso il primo manuale nazionale prodottodall’INAS: Presenza INAS, Ovunque e bene. 18

A fianco dell’impegno per la formazione la fine del primodecennio di vita dell’Istituto registra la crescita dell’azione diassistenza per l’emigrazione, che diviene uno dei settori pri-vilegiati dell’attività dell’INAS. Vengono potenziati nel tempogli interventi in Belgio, Francia e Svizzera, mentre a partiredal 1° maggio 1958 viene deciso il finanziamento di un con-tributo per la presenza INAS in Germania.19

Il decennio Cinquanta si conclude con la conferma di Pao-lo Consoni alla presidenza e la nomina di Silvio Ascari comevicepresidente.20

Lo spirito delle origini: «gli avvocati dei poveri»

I racconti di alcuni protagonisti dei primi anni di vita del l’INAS

descrivono le enormi difficoltà affrontate nell’azione dirafforzamento dell’Istituto, che nel corso del decennio Cin-quanta si è consolidato nonostante le difficili condizioni do-vute alla scarsità delle risorse disponibili, la concorrenza de-gli altri patronati ed anche il persistere di resistenze internealla Confederazione.

Lo spirito delle origini è ben descritto da Ciro Adinolfi quan-do racconta come

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18 Ivi, p. 53.19 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 27, 29

marzo 1958. Nel corso della medesima seduta del Consiglio di amministrazio-ne viene discussa la necessità di supportare la cooperativa INAS-case costituitadal’Istituto stesso e segnale di una progressiva diversificazione delle iniziativee dei campi di intervento.

20 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 33, 17giugno 1959.

agli albori dell’INAS […] le strutture territoriali sorgevano più percapacità individuali […] tutto era affidato al responsabile sia sulpiano dell’organizzazione del lavoro, sia per l’approfondimento el’interpretazione della normativa per un’adeguata tutela dei lavora-tori, poiché, pur essendoci già da allora uno sforzo notevole dellasede centrale, data la limitatezza delle poche risorse che c’eranonon ci si poteva affidare al centro, ma ognuno di noi cercava di in-terpretare la norma e di applicarla nel miglior modo possibile. […]Per quanto riguarda la retribuzione del responsabile provinciale, ne-gli anni ’50 […] era di £ 42.000, non perché fosse adeguata al costodella vita dell’epoca, ma perché le risorse dell’Istituto erano tali chenon consentivano una maggiore retribuzione […] Ma molti opera-tori sono cresciuti al di là del fatto economico […] si è venuti inIstituto con una carica ideale notevole perché quello che era fonda-mentale […] era il rapporto umano con l’assistito che si affidava fi-ducioso alla preparazione professionale di noi tutti.21

Bruno Tertulliani delinea un quadro significativo dei primianni di attività dell’INAS:

All’inizio del 1950 la prima sede nazionale dell’INAS-FIL fu a Ro-ma, in via Tirso n. 101, poi la sede verrà trasferita in viale Aventino45. Le sedi periferiche vennero aperte nei luoghi più impensati, madopo l’unificazione sindacale l’INAS trovò, quasi generalmente, se-de presso le Unioni Sindacali Provinciali CISL. I primi operatorivennero designati dai sindacati locali, assorbendo anche tra gli exoperatori dell’ente assistenziale fascista, ma non mancarono neppu-re ex operatori INCA che chiesero di lavorare per l’INAS. Furono an-ni di grosse difficoltà organizzative ed economiche e di durissimoimpegno, anche perché si doveva operare dove da tempo INCA eACLI erano padroni del territorio, né si può tacere che anche in di-verse strutture periferiche e categoriali ci furono resistenze ad indi-rizzarsi verso l’INAS a causa dei legami storici con le ACLI risalential periodo della Corrente Sindacale Cristiana e della LCGIL che ave-vano sempre avuto il Patronato ACLI come diretto riferimento. Ur-geva trovare spazio tra i due grandi patronati e venne subito sceltoil settore infortunistico come campo di attacco. Ma la difficoltàmaggiore rimaneva quella della necessità di formare in fretta gli

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21 Testimonianze raccolte alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia astampa).

operatori che, in generale, erano privi di nozioni previdenziali […].Non esisteva un Testo Unico da cui trarne la normativa, le leggi va-lide partivano dal 1920. Pertanto la formazione degli operatori ven-ne fatta sul campo quotidiano di lavoro. Per le strutture periferichele difficoltà si incentravano anche sul fatto che non venivano mairicevuti in tempi utili i fondi necessari per la vita della struttura, bi-sognava spesso ricorrere ai prestiti delle Unioni sindacali che peral-tro non si trovavano in condizioni floride; gli stipendi per gli opera-tori arrivavano sovente tramite acconti del 50% con i saldi in tempilunghi. Dopo il primo periodo di entusiasmo, chi rimase all’INAS

possedeva certamente una forte motivazione di solidarietà socialenei confronti del prossimo bisognoso. In questo periodo gli operato-ri INAS vennero chiamati gli avvocati dei poveri.22

Sempre dalla testimonianza di Tertulliani si ricava l’emergeredi difficoltà nei rapporti tra il patronato e le strutture confede-rali che, nei primi tempi, erano stati «buoni e di collaborazio-ne»:

Inspiegabilmente iniziò un periodo di distinguo da parte dell’INAS

centrale. […] Iniziarono a piovere sulla periferia direttive e norma-tive che distanziavano ogni giorno di più l’INAS dalla CISL periferi-ca. Questa neutralità dell’INAS verso la CISL disturbò i rapporti conle strutture sindacali ed è di questo periodo la coniazione da partedei sindacalisti della patente di burocrati all’indirizzo degli opera-tori del patronato. La patente di burocrate segnò, purtroppo per di-versi anni, i rapporti tra gli operatori ed i sindacalisti. Questa paten-te in pochi casi era meritata, in moltissimi ingiusta.23

Le testimonianze di Tertulliani e Adinolfi sul primo decenniodi vita dell’INAS concordano con il racconto di un altro prota-gonista di quel periodo, Giorgio Mancinelli, che ben descriveil processo di consolidamento del patronato della CISL:

Le primissime sedi periferiche furono aperte nei luoghi più impensa-ti. Dopo l’avvenuta unificazione sindacale le sedi provinciali trovaro-no collocazione, quando possibile, presso le Unioni sindacali provin-

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22 B. Tertulliani, La nascita dell’INAS…, cit.23 Ibid.

ciali della CISL […]. I primi operatori, nel corso degli anni, furonospesso designati dal sindacato e spesso affiancati da ex dipendenti deldisciolto Patronato Nazionale. Man mano che si andava crescendo,poi, venivano assorbiti dipendenti (ed anche attività) di altri patronatiche non ce l’avevano fatta ad affermarsi[…]24 od anche operatoriprovenienti da altri patronati. Furono anni di durissimo impegno e diestreme difficoltà organizzative ed economiche. Le difficoltà orga-nizzative furono molteplici sia per il funzionamento necessariamenteburocratico della struttura, sia per il complesso e non agevole avviodi un efficace e compatibile meccanismo promozionale dell’attività,sia per la cura dei rapporti esterni (problematica e non sempre facile)con il Sindacato e con gli Enti Previdenziali. Inoltre occorreva rica-varsi uno spazio tra gli altri enti concorrenti (specialmente INCA edACLI) e non era certamente facile data la loro consolidata esistenza dadiversi anni. All’inizio […] l’INAS si evidenziò come un Patronato diterza forza e si orientò a privilegiare, come particolare campo di bat-taglia operativa, il settore infortunistico. Questa scelta evidenziò unaltro problema: la difficoltà di stabilire contatti con i medici che do-vevano, nelle loro diverse specialità […] affiancare e sostenere lestrutture nei confronti, e spesso scontri, con gli istituti assicuratori(INAIL e Cassa Marittima essenzialmente, ma anche INPS ed INAM),nelle tante controversie che si andavano instaurando. Lo stesso fu perla ricerca di un legale che fosse vicino alle posizioni rivendicazioni-stiche del sindacato. Ma soprattutto vi era un problema grosso e ge-nerale da affrontare: la formazione professionale degli operatori cheerano tutti privi di qualunque nozione previdenziale […]. Allora ve-nivamo chiamati, considerato il contesto civico e sociale degli anni’50, avvocati dei poveri e, in effetti, portavamo dentro di noi un fervi-do impegno di solidarietà verso tutti coloro che ricevevano ingiusti-zie […]. La nostra formazione professionale fu fatta veramente sulcampo e questa rilevante circostanza ci consentì di non coltivare ti-mori reverenziali o spirito di sudditanza.25

Queste testimonianze sottolineano come, nonostante il persi-stere di varie difficoltà, comunque il patronato si sviluppa nelcorso degli anni Cinquanta attraverso un rafforzamento dellestrutture interne, periferiche e centrali:

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24 Come l’EAS, «Ente di assistenza sociale».25 Testimonianza riportata in: Come si era 50 anni fa…, cit., pp. 50-53.

Le maggiori difficoltà, la scarsa preparazione degli operatori e laforte concorrenza degli altri patronati, vennero superate con la forzadella volontà della direzione centrale e con la costante azione quoti-diana degli operatori che lavoravano con dedizione e sacrificio af-fermandosi ogni giorno di più quali effettivi avvocati dei deboli. Lariforma previdenziale del 1952, la nuova normativa delle malattieprofessionali, misero gli operatori in condizione di operare su unospettro più vasto dell’assistenza […]. Alla fine del primo decenniol’INAS aveva circa 500 operatori ed era ormai presente su tutto ilterritorio nazionale.26

Si nota come l’oggettivo consolidamento dell’Istituto non sem-bra trovare un rilevante riscontro di attenzione da parte del«mondo» sindacale della CISL e di questa disattenzione è te-stimonianza lo scarso rilievo dato all’attività dell’INAS nellepagine di «Conquiste del lavoro». Lo spoglio dell’organo del-la CISL ha permesso di individuare per l’arco dell’intero de-cennio Cinquanta solo una decina di articoli riguardanti l’atti-vità di patronato oltre ad alcuni brevi trafiletti di servizio de-nominati «Assistenza INAS». Tra questa scarna produzionemerita attenzione un lungo articolo, intitolato «Attività indi-rizzi programmi dell’Istituto nazionale assistenza sociale»,apparso sul numero del 1° giugno 1958 di «Conquiste del la-voro», nel quale viene presentata l’attività del patronato di cuiviene esplicitamente e fortemente ricordata l’affiliazione allaCISL.27 Tale articolo propone un quadro significativo dell’or-mai consolidata forza dell’INAS:

l’INAS è oggi presente ed operante in ogni provincia d’Italia con per-sonale amministrativo-medico-legale specializzato, con la collabo-razione di centinaia di collaboratori e agenti sociali. La nostra pre-senza si sta estendendo anche in alcuni stati europei quali Belgio,

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26 B. Tertulliani, La nascita dell’INAS…, cit.27 Significativamente nell’occhiello si sottolinea «INAS: ente di patronato

della CISL» mentre nel catenaccio viene riportato un accorato appello: «gliiscritti alla CISL debbono convincere i propri compagni di lavoro ad usufruiredell’aiuto gratuito dell’Ente di assistenza nelle pratiche sociali e previdenziali»(Attività indirizzi programmi dell’Istituto nazionale assistenza sociale, in «Con-quiste del lavoro», 1° giugno 1958, p. 5).

Francia, Svizzera e Germania dove funzionano diversi uffici. In for-za di questo continuo sviluppo la produzione delle pratiche è andatagradatamente migliorando tanto da portare l’Istituto su un piano dirispettabilità. Ma le maggiori cure sono state rivolte alla formazionedei quadri, alla divulgazione ed illustrazione delle norme legislative,alla difesa e valorizzazione del salario sociale. L’INAS fa della previ-denza ed assistenza sociale un campo di studio, per la elaborazionedi sempre più perfetti programmi che tengano conto delle mutatecondizioni di vita dei lavoratori. I corsi di aggiornamento, i conve-gni di studio, le assemblee in periferia mirano appunto a questo sco-po. L’azione dell’INAS tende infine a sensibilizzare sempre più gliorgani di governo per i problemi di questo settore che investono mi-lioni di lavoratori che in fondo sono i più deboli e i più bisognosi.

Il legame con la Confederazione viene esplicitamente affer-mato nel medesimo articolo di «Conquiste del lavoro»:

Per quanto riguarda il patrocinio bisognerà raddoppiare gli sforziper estenderlo a sempre più larghe categorie di lavoratori. Per que-sto è indispensabile la collaborazione dei dirigenti, degli attivisti edegli iscritti della CISL. Ogni iscritto CISL deve convincere i propricompagni di lavoro a non commettere l’errore di voler fare da sé odi affidarsi alla privata speculazione nel campo della previdenzaobbligatoria […]. L’INAS è ormai in condizioni di arrivare ovunquee bene con la sua assistenza completamente gratuita: i lavoratorisindacalmente organizzati nella CISL non la ignorino e soprattuttonon la facciano ignorare.

L’INAS e la cultura CISL negli anni Cinquanta: la questione dello Stato sociale

Nel corso del decennio Cinquanta la costruzione dell’INAS av-viene formalmente nell’ambito del consolidamento della CISL,ma, come si è già notato, nella realtà operativa si è registratauna forte resistenza al pieno riconoscimento del patronato co-me soggetto pienamente compartecipe dell’esperienza confe-derale. Questo dato di realtà appare contraddittorio con l’e-mergere di una significativa attenzione ai temi del welfare, edin particolare dell’assistenza e della previdenza, negli ambien-

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ti della CISL. In generale si nota che, se formalmente viene ri-conosciuta al patronato una funzione non solo assistenziale,ma anche di stimolo rispetto alla necessità di una innovazionenormativa e culturale, al contempo si assiste al riproporsi diuna eclatante dicotomia tra una strisciante marginalizzazionedel ruolo dell’INAS e l’attenzione rivolta dalle strutture sinda-cali ai temi dello Stato sociale, soprattutto in alcune contin-genze particolari come gli ultimi anni del decennio Cinquanta.Nonostante il mancato riconoscimento della centralità del ruo-lo dell’ente di patronato all’interno della Confederazione, èperò indubbio che il maturare di un punto di vista confederaleconsolidato sui temi oggetto dell’azione pratica dell’INAS nonpuò non influenzare il modo di essere dell’Istituto stesso.

Nonostante che già nella prima sessione del Consiglio ge-nerale CISL, che ha luogo nel giugno 1950, venga indicato tragli obiettivi fondamentali che il nuovo sindacato deve perse-guire quello della riforma del sistema previdenziale,28 nellapratica sindacale i primi anni di vita della CISL sono caratte-rizzati, più che dalla proposizione di una precisa ed organicapiattaforma in materia di riforma della previdenza sociale, dauna azione di tutela previdenziale dei lavoratori condotta nelquadro istituzionale esistente, per cui, come ha notato GiulioPastore, «ne sono conseguite le nostre azioni di pressione su-gli organi legislativi ed amministrativi […] ma non ne è sca-turito un serio riordinamento istituzionale».

In questa prospettiva si inserisce il convegno del 1952 su«La corresponsabilità dei lavoratori negli istituti mutualistici diassistenza e previdenza», durante il quale, ancora secondo Pa-store, si è «tentato di perfezionare i criteri che ispiravano la no-stra partecipazione nella gestione degli istituti di previdenza eassistenza e quindi di perfezionare la gestione stessa delle pre-stazioni economiche e sanitarie degli istituti in questione».29

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28 S. Agnoletto, La CISL e lo stato sociale nei documenti della Confedera-zione (1950-1960), in «Fisba Documentazione», IV (1995), n. 1/2, p. 12.

29 G. Pastore, Prospettive di un piano per la sicurezza sociale, in Dalla pre-videnza alla sicurezza sociale, a cura dell’Ufficio studi della CISL, numero mo-nografico di «Quaderni di studi e documentazione», 1957, n. 7, pp. 180-181.

Nella relazione della Segreteria confederale al II Congres-so nazionale della Confederazione, che si tiene nell’aprile1955, si inizia ad intravedere una impostazione maggiormen-te attenta ad una riforma generale del sistema: in essa ci si po-ne il problema dell’alternativa tra il trasferimento allo Statodell’onere della sicurezza sociale per tutti i cittadini per viad’imposta e un sistema misto di partecipazione che vede l’in-tervento dello Stato a fianco di un regime assicurativo che sifonda sull’autonomo contributo delle categorie.30

Il 9 e 10 maggio 1957 la CISL organizza a Roma un conve-gno sui problemi della sicurezza sociale concluso da GiulioPastore con una relazione con l’impegnativo titolo «Prospetti-ve di un piano per la sicurezza sociale». In tale occasione Pa-store individua i due principi sui quali poggia l’indirizzo poli-tico assunto dalla Confederazione:1. il superamento del principio assicurativo, come espressionedello sviluppo in Italia e nel mondo dei sistemi di sicurezzasociale;2. il condizionamento, più necessario in Italia che altrove, del-la politica di sicurezza sociale da una politica coordinata disviluppo economico.31

In seguito al convegno del 1957 l’Ufficio studi della CISL

viene incaricato di predisporre uno studio che viene pubblica-to sul numero 9 dei «Quaderni di studi e documentazione» nel1958.32 Lo studio in questione appare particolarmente signifi-cativo e viene presentato dagli stessi autori come il

primo organico e unitario tentativo per la determinazione di un pia-no di riforma dell’attuale ordinamento previdenziale tendente al-l’instaurazione di un autentico sistema di sicurezza sociale, in cui leresponsabilità dei servizi previdenziali e assistenziali vengono as-sunte dallo Stato con il riconoscimento di uno standard di prestazio-ni a tutti i cittadini in quanto tali.

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30 CISL, Relazione della Segreteria confederale. II Congresso…, cit., pp.214-222.

31 G. Pastore, Prospettive di un piano…, cit., p. 184.32 La sicurezza sociale…, cit.

Come ribadito dallo stesso lavoro del Ufficio studi, la CISL

non aveva fino ad allora affrontato in maniera sistematica iproblemi dell’ordinamento previdenziale ed assistenziale ita-liano, tuttavia viene rilevato come «essa ha già manifestato icaratteri generali ispiratori della sua politica, anche in materiadi previdenza ed assistenza».

Viene ricordato come lo stesso atto costitutivo della CISL

prevede tra i fondamentali diritti dei lavoratori

il diritto all’assistenza ed alla previdenza, contro ogni concezionepaternalistica, da realizzare attraverso una legislatura che garantiscastabilmente il soddisfacimento delle esigenze dei lavoratori e delleloro famiglie, in ogni tempo e luogo ed in ogni evenienza della vita.

Nel documento dell’Ufficio studi del 1957 si richiamano tuttii deliberati e le prese di posizione assunte in ambito CISL ne-gli anni precedenti, inerenti i problemi della sicurezza sociale,che sebbene non definiscono in maniera sistematica la posi-zione della Confederazione permettono, secondo il suddettostudio, di

mettere in evidenza come, in stretta interdipendenza con i caratteridi fondo della politica sindacale contrattuale, quel poco che la CISL

ha detto e fatto in materia di problemi di sicurezza sociale non siaaltro che un preannuncio delle presenti posizioni.

Dopo aver ricostruito origine, sviluppo e caratteristiche dellaprotezione sociale in Italia il documento a cura del Ufficiostudi della CISL indica quali sarebbero le principali motiva-zioni di una riforma.

1. L’inadeguatezza del sistema di finanziamento ad unapolitica di sviluppo economico. Si sostiene che un sistemafondato sulle assicurazioni obbligatorie non solo è inadeguatoai fini di realizzare un sistema di sicurezza sociale, ma «anchee soprattutto ai fini dello sviluppo economico, in quanto mor-tifica da parecchi lati e in vari modi l’efficacia di una serie diincentivi destinati ad incrementare gli investimenti e realizza-re lo sviluppo».

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2. L’inadeguatezza del sistema di amministrazione delle ri-sorse finanziarie rispetto ad una politica di sviluppo economico.Si sottolinea come il controllo dello Stato sui mezzi degli Istitu-ti assicurativi non è definito in forma razionale, e che di fattoancora sussistono enti pubblici formalmente autonomi e ciòrende difficoltosa una gestione accentrata di grandi masse fi-nanziarie che potrebbero costituire uno strumento di ecceziona-le importanza nella politica finanziaria di uno Stato moderno.

3. Gli inconvenienti nella gestione tecnico-amministrativadelle assicurazioni sociali e dell’assistenza sociale. Si metto-no in risalto le difficoltà derivanti dalla molteplicità dei titolicontributivi, degli enti gestori e delle prestazioni.

Una volta individuati gli inconvenienti ed i limiti del siste-ma allora vigente vengono indicate le possibili soluzioni, maal contempo si sottolinea come «sembra del tutto insufficien-te, se non sterile, pensare a modifiche ad esempio sul pianocontributivo, se non si supera la nozione stessa della protezio-ne basata sul rischio per giungere a quella della protezione dalbisogno».

Questo passaggio all’idea della protezione dal bisogno

dovrebbe fondarsi su un finanziamento che, essendo orientato alperseguimento di finalità pubblica, dovrebbe provenire dalla basetributaria generale. In altri termini l’imposta e il sistema generale diimposizione dovrebbero costituire il solo canale di finanziamentodi un regime di sicurezza. […] Quanto ai soggetti occorrà superare ilimiti imposti dal sistema in atto che vede assoggettati a contribu-zione i datori di lavoro e i lavoratori e pensare alle vie che impegna-no il cittadino in quanto tale, sulla base del rapporto tributario. […]Da ultimo tutti i cittadini in quanto tali dovrebbero essere chiamatia contribuire al finanziamento della sicurezza attraverso addizionalidi scopo progressive per classi di reddito.

Nell’indicare possibili soluzioni, a fianco del descritto cam-biamento del sistema di finanziamento, si propone l’unifica-zione dei titoli contributivi e l’unificazione delle gestioni.

Nel delinearne gli aspetti fondamentali, si sottolinea comenel nuovo sistema di sicurezza sociale i destinatari di essoavrebbero dovuto essere i cittadini in quanto tali e non i soli

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lavoratori. Nel descrivere come passare da un sistema dove isoggetti di protezione sono i soli lavoratori dipendenti ad unaltro «nel quale le prestazioni sono garantite a tutti i cittadi-ni», si descrivono in maniera sistematica ruoli e strutture chedovrebbero assumere nella nuova realtà il «servizio nazionalepensioni, assegni, indennità», il «servizio sanitario naziona-le», ed il «servizio nazionale assistenza».

A proposito della responsabilità e del ruolo dello Stato, laricerca dell’Ufficio studi CISL sottolinea come nell’ipotesi diun nuovo sistema di sicurezza sociale «lo Stato si assume laresponsabilità dei servizi nella stessa misura in cui in passatosi è assunto la responsabilità di altri servizi di pubblico interes-se: l’istruzione pubblica, la difesa, i trasporti ferroviari ecc.».

In generale si sottolinea come

la tendenza dominante del movimento sindacale, di cui la CISL si è fat-ta promotrice e avanguardia in Italia, è quella di porre lo Stato semprepiù di fronte alle sue crescenti responsabilità verso il cittadino in quan-to tale e a dare ai pubblici poteri sempre più il compito di rappresenta-re ed esprimere gli interessi del cittadino in quanto tale, ed è nello stes-so tempo la tendenza di rivendicare al sindacato, e a tutti i suoi modidi essere (fra cui primeggia quello della contrattazione collettiva) ilcompito esclusivo di rappresentare il cittadino nella sua posizione pro-fessionale e nella sua libera, privata, manifestazione di interessi.

Inoltre si aggiunge che

l’accrescimento dei doveri dello Stato verso la collettività e la so-cietà nel suo complesso, non significa diminuzione delle opportu-nità che competono ai gruppi di interessi e all’azione collettivo-pri-vata. […] quando lo Stato si è assunto il compito di garantire certeforme e certi livelli minimi di sicurezza non si deve escludere affat-to, ma anzi si deve considerare necessario, che i privati, soprattuttoi lavoratori, continuino a ricercare liberamente e volontariamentequelle forme e quei livelli più elevati di assicurazione contro i rischidella vita sociale ritenuti conformi al proprio benessere e al proprioprogresso morale e civile.

In sostanza si sottolinea come il fissare la grande responsabi-lità dello Stato nel campo della sicurezza sociale «libera e po-

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tenzia l’iniziativa privata, che per i lavoratori, non può che es-sere l’iniziativa sindacale».

La centralità della soluzione contrattuale come perno del-l’azione sindacale viene riconfermata anche a proposito dello

sviluppo della responsabilità privata in ordine alla previdenza so-ciale […]. Il dinamismo contrattuale di cui la CISL da tempo si è fat-ta principale sostenitrice in Italia non si sviluppa solo nella molti-plicazione dei livelli di contrattazione e delle unità contrattuali. Es-so si sviluppa anche nel senso dell’estensione delle materie oggettodi contratto. La previdenza e l’assicurazione collettiva contro moltaparte dei rischi della vita sociale moderna, in stretta interdipenden-za col tipo e l’estensione dei servizi assicurati a tutti i cittadini dalloStato, non può non diventare parte integrante del rapporto di lavoro.E quindi dovrà sempre più essere discussa e negoziata in tutte le se-di e in tutte le occasioni in cui si discute e si negozia il rapporto dilavoro. Ecco perché l’obiettivo della politica contrattuale di un sin-dacato efficiente dovrà anche essere l’introduzione di disposizioni esistemi concernenti le varie forme di assicurazioni sociali in tutti icontratti, a tutti i livelli ai quali essi vengano liberamente stipulati.

Le affermazioni contenute nel documento dell’Ufficio studiconfederale divengono oggetto di confronto nella sessione dilavoro del Consiglio generale della CISL tenutasi a Firenze il28 luglio 1957 sulle medesime tematiche, e al Comitato ese-cutivo della Confederazione che si riunisce a Pegli il 21 e 22gennaio 1958, dove si delibera una risoluzione «per un pro-gramma di attuazione del piano di sicurezza sociale» che ri-prende i contenuti del documento dell’ufficio studi della Con-federazione.33 Innanzitutto si sottolinea che l’interesse dellaCISL per un radicale mutamento dell’ordinamento previden-ziale vigente poggia su due constatazioni fondamentali: «Laprima si riferisce al condizionamento, più necessario in Italiache altrove, della politica di sicurezza sociale ad una politica

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33 Risoluzione del Comitato esecutivo della CISL per un programma di at-tuazione del piano di sicurezza sociale, a cura del Comitato esecutivo della CISL

riunitosi a Pegli il 21-22 gennaio 1958, in appendice a La sicurezza sociale e ilsindacato, a cura dell’Ufficio studi della CISL, in «Quaderni di studi e docu-mentazione», 1958, n. 9, pp. 155-162.

coordinata di sviluppo economico. La seconda si riferisce allanecessità di ottenere il superamento del principio assicurati-vo, come espressione dello sviluppo di un sistema di sicurez-za sociale».

Il documento afferma che:

la CISL si è assunta il compito di elaborare un piano che, nello stes-so tempo, intende portare un generale riordinamento nel regimeprevidenziale esistente e porre le condizioni per l’attuazione di unsistema di sicurezza sociale. Le tappe operative di un tale ordina-mento possono essere così schematicamente elencate:a) unificazione dei titoli contributivi e riforma del finanziamentob) utilizzazione dei mezzi finanziari della sicurezza socialec) generalizzazione delle prestazioni.

L’obiettivo di tali operazioni viene individuato

nell’instaurazione di un regime di sicurezza che intende garantire atutti i cittadini una serie di prestazioni fondamentali che possonoessere raggruppate nelle seguenti categorie:a) servizio sanitario per ogni ordine di malattieb) servizio di pensione e di assegni di ogni titolo e gradoc) servizio di prestazione assistenziale, prevalentemente in natura,da erogarsi a categorie di cittadini in particolare stato di bisogno.

Nel documento vengono individuate le sedi ed i mezzi più op-portuni per attuare il programma di riforma. La via legislativaviene considerata la più opportuna, ma altrettanto necessariaviene definita un’azione preliminare sul piano politico-ammi-nistrativo per attuare le tappe operative precedentemente de-scritte.

L’azione sindacale viene considerata un terzo mezzo di in-tervento al fine di «permettere una costante opera di integra-zione di natura privatistico-contrattuale alle previdenze pub-bliche assicurate dal sistema di sicurezza sociale».

A questo proposito viene ribadito che se

la assunzione statale delle responsabilità nella gestione della sicu-rezza sociale costituisce l’obiettivo primario, a conseguire il quale

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il sindacato si ritiene direttamente impegnato, ciò non esclude maimplica l’istituzione di forme private di sicurezza per i prestatorid’opera da realizzarsi sulla base contrattuale e dovuti quindi all’a-zione sindacale.

La «Risoluzione su problemi attuali della sicurezza sociale»approvata dal Comitato esecutivo della CISL il 6 maggio 1960rappresenta un passaggio fondamentale del percorso di rifles-sione che ha attraversato la Confederazione in quegli anni.34

Come ha scritto Vincenzo Saba:

Il Comitato esecutivo prendendo in esame i problemi […] cominciacol constatare che l’attuale sistema di protezione sociale è giuntoormai al punto di rottura. Dopo questa constatazione e per procede-re oltre nella indicazione della via da seguire per porre rimedio allacrisi, il Comitato prende a riferimento un testo precedente della CI-SL, gli indirizzi formulati dal Consiglio generale nella sua tornatadel luglio 1957, indirizzi con i quali la CISL aveva ritenuto di porrele basi e le premesse per una graduale ma sicura riforma. Di quegliindirizzi il Comitato ne richiama soprattutto tre: l’unificazione deititoli contributivi e la riforma del finanziamento su base prevalente-mente fiscale; la generalizzazione delle prestazioni attraverso lacreazione di tre servizi fondamentali (sanitario, di pensioni e asse-gni, di prestazioni assistenziali); l’azione integrativa, sul terrenocontrattuale, per l’istituzione di ulteriori forme di protezione, ag-giuntiva a quella di legge.35

Nota ancora il professor Saba come il Comitato esecutivo

esprime l’opinione, tre anni dopo, che non si sono fatti passi avantinella direzione indicata dalla CISL. L’attività legislativa ed ammini-strativa svolta nel periodo non ha infatti coerentemente espressol’esigenza ormai generale di riforma del sistema […]. Di fronte aquesta inerzia la CISL non solo non intende rinunciare all’azione av-

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34 Risoluzione sui problemi attuali della sicurezza sociale, a cura del Comi-tato esecutivo della CISL riunitosi a Roma nei giorni 6-7 maggio 1960, in CISL,Documenti ufficiali dal 1959 al 1961, Roma 1962, pp. 169-171.

35 V. Saba, I caratteri originari della CISL in materia di Welfare State, in«Oggidomani anziani», 1992, n. 4, pp. 81-85.

viata nel 1957 secondo precisi indirizzi, ma al contrario, intende da-re ad essa precisi sbocchi pratici, attraverso un graduale avvicina-mento agli obiettivi fondamentali, per la via di particolari ma colle-gati provvedimenti.

La Risoluzione del 1960 individua le sedi e le circostanze dasfruttare per far progredire la riforma e, fra le più importanti,indica: il Parlamento, il CNEL, il governo, i rapporti con gliimprenditori, la CEE. Nello stesso documento si afferma checome

obiettivi ravvicinati della sua azione volta a precisi sbocchi pratici[…] la CISL intende porre soprattutto due processi:1) l’avvio verso la generalizzazione delle prestazioni sanitarie e inparticolare verso la costruzione di un servizio sanitario mediante lageneralizzazione della prestazione ospedaliera […];2) l’avvio in direzione di una pensione minima per tutti i cittadinifinanziata mediante l’imposizione fiscale, eventualmente graduatasecondo il carico familiare e il luogo di residenza, e variabile con ilcosto della vita;3) in connessione con la costituzione di una tale pensione minima siriordineranno le pensioni in atto secondo forme e misure determinatedalle categorie con riferimento e alla loro capacità contributiva e allaproporzionalità fra contributi e prestazioni; come pure in connessionecon la generalizzazione della prestazione ospedaliera si riordinerannole attuali forme di protezione di malattia sempre secondo il criteriodella volontà e della capacità contributiva delle categorie.

Il documento del 1960 segna il punto di arrivo di un processodi elaborazione che ha visto un’accelerazione alla fine deglianni Cinquanta. Se da una parte si evidenzia l’emergere di uninteresse esplicito per i temi della previdenza e dell’assisten-za, dall’altra non si può non notare come in tutti i documenticonfederali citati il ruolo del patronato è assolutamente mar-ginalizzato se non assente. Dalla lettura della documentazioneemerge però un quadro teorico di riferimento che fa da sfondoanche all’attività del patronato della CISL.36

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36 Si riprendono alcune riflessioni già proposte in S. Agnoletto, La CISL e lostato sociale…, cit., pp. 16-17.

Il primato della contrattazione collettiva nell’azione sinda-cale, coniugata con i principi di equità e solidarietà, la centra-lità di una politica di sviluppo per tutto il sistema, e l’afferma-zione dell’autonomia e dell’essenzialità del soggetto sindaca-le quale protagonista di una società modernamente democra-tica, sono alcune fra le connotazioni essenziali che la lettera-tura ampiamente riconosce all’esperienza della CISL, sia neisuoi principi fondativi sia nella sua evoluzione così come si èvenuta storicamente determinando. Se dai documenti presi inconsiderazione sembra emergere una sostanziale coerenza trale enunciazioni di principio o le proposte ivi presenti e le con-notazioni storiche dell’esperienza cislina prima ricordate, sisegnala però anche l’evidenziarsi di alcuni interessanti ele-menti che possono offrire spunti per ulteriori riflessioni circala complessità dell’esperienza CISL.

Se viene confermata la centralità della contrattazione col-lettiva per l’azione sindacale, ciò che sembra emergere dallefonti è anche un sindacato fortemente attento a quelli che og-gi potremmo chiamare i «diritti minimi di cittadinanza», nel-l’ottica per cui la possibilità di fruizione di essi da parte di tut-ti i cittadini dovrebbe rappresentare uno dei compiti non dele-gabili di uno Stato democratico moderno. Ci troviamo di fron-te ad una Confederazione che, se da una parte rivendica il ca-rattere strutturalmente «associativo» e sindacale della propriaesperienza, dall’altra si fa carico di proporre un modello «or-ganico ed unitario» di Welfare State. Come emerge dalla me-moria del 1957 a cura dell’ufficio studi della CISL, nel mo-mento in cui si sottolinea la necessità di porre lo Stato di fron-te alle proprie responsabilità verso «il cittadino in quanto ta-le», si ricorda che

la richiesta che la CISL fa allo Stato di assumersi decisamente le sueresponsabilità […] non significa che i lavoratori stessi non debbanoassumersi la loro responsabilità e sentirsi impegnati nel realizzarecontrattualmente e sindacalmente, cioè mediante lo esercizio stessodella propria forza e del proprio senso di responsabilità, forme di si-curezza compatibili con le loro esigenze, le loro aspirazioni, le loroabitudini, le loro capacità.

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Ciò che emerge è quindi una organizzazione che, nel rivendi-care la peculiarità dell’azione sindacale, non rinuncia però afarsi promotrice di una proposta generale di riforma della so-cietà italiana, lungo le linee di una sua democratizzazione,con l’intento di coniugare equità e sviluppo, senza però met-tere in discussione elementi essenziali della società italiana,primo fra tutti l’economia di mercato. E su questo diviene sti-molo per l’istituzione pubblica, e si pone in concorrenza conl’altra grande tradizione del sindacalismo italiano rappresen-tata dalla CGIL.

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Capitolo quarto Gli anni Sessanta: la definitiva affermazione del patronato CISL

Le tappe della crescita: formazione e organizzazione

Il nuovo decennio si apre con un impegno del Consiglio gene-rale della CISL nella direzione del consolidamento dell’INAS,ma anche con un segnale di attenzione ai difficili rapporti chespesso segnano le relazioni tra le strutture periferiche del patro-nato e le Unioni confederali. Alla sessione tenuta a Firenze neigiorni 15-16-17 luglio 1960, l’organo confederale vota un «Or-dine del giorno per il potenziamento dell’attività dell’INAS»:

Il Consiglio Generale della CISL, udita la relazione del Presidentedell’INAS, ha esaminato la situazione dell’Istituto e dopo approfon-dito dibattito ha fissato come segue gli indirizzi generali per il po-tenziamento dell’attività nel campo assistenziale:a) migliorare l’efficienza dell’Istituto nel suo servizio a favore deilavoratori, mediante l’allargamento della sua rete organizzativa pe-riferica, nonché attraverso l’adozione di criteri più ampi nell’acqui-sire e nel trattare le pratiche in modo da coprire tutti i tipi di richie-sta di assistenza;b) porre sempre più l’Istituto al servizio dello sviluppo organizzati-vo della CISL, migliorandone e rafforzandone i legami. A questoscopo il Consiglio Generale ha sottolineato l’urgenza di:- favorire al più alto grado la collaborazione fra Unioni e INAS: 1)risolvendo al più presto i casi di attrito ancora esistenti; 2) costi-tuendo e facendo costituire le Giunte Consultive Provinciali previ-

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ste dallo Statuto; 3) impegnando la Direzione Generale a dar luogoalle iniziative idonee a questo scopo;- realizzare l’alleggerimento totale delle Unioni degli oneri fin quisostenuti per il funzionamento dell’attività assistenziale;- rivedere i poteri degli organi previsti dallo Statuto dell’INAS (Con-siglio di Amministrazione; Presidenza; Direzione Generale; GiunteConsultive).1

Questa attenzione da parte della Confederazione si sintonizzacon le spinte provenienti dall’interno dell’Istituto dove, inparticolare, si esplicita con forza la consapevolezza che ilconsolidamento dell’INAS richiede innanzitutto il rafforza-mento di una struttura formativa:

Il periodo (praticamente gli anni ’60) si caratterizzò soprattutto perla varietà e la vastità degli impegni organizzativi ed operativi as-sunti in direzione della qualificazione della dirigenza, l’adozione dicriteri per una più razionale valutazione degli operatori già in forzae di procedure per la selezione dei nuovi assunti. Il tutto in funzionedi una scelta che si andava delineando in modo sempre più precisoe sostanziale: la formazione.2

In un documento dell’INAS del 1961, nel presentare l’attivitàformativa dell’Istituto viene sottolineato il suo ruolo strategico:

La formazione è divenuta un fatto permanente, intesa a dare semprepiù una qualificazione tecnica e competitiva ai quadri dell’Istituto.La esigenza di intensificare, innovare e coordinare la politica for-mativa ha tratto essenzialmente ragione dalle vaste dimensioni del-la legislazione sociale e dal progressivo accrescimento cui essa èsottoposta. La formazione non è limitata alla acquisizione delle co-gnizioni tecniche, bensì riveste anche un contenuto etico, sociale esindacale; […] Ciò comporta che la elaborazione della politica for-mativa dell’Istituto e la sua dinamica evolutiva non può prescindereda una necessaria sintonizzazione con la politica formativa e di svi-

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1 Ordine del giorno per il potenziamento dell’attività dell’INAS, in CISL,Documenti ufficiali dal 1959 al 1961. Appendice alla Relazione della Segrete-ria confederale al IV Congresso nazionale, Roma 1962, p. 90.

2 Come si era 50 anni fa…, cit., pp. 56-57.

luppo della CISL. In questo senso tra le molteplici realizzazioni so-no da segnalare gli innumerevoli corsi, convegni ed incontri a tutti ilivelli, ivi compresi i convegni concordati con le Unioni SindacaliProvinciali per gli operatori sociali alla periferia.3

Il processo di organizzazione di un efficiente modello forma-tivo è testimoniato dalla delibera del Consiglio di amministra-zione del settembre 1961 relativa alla costituzione del «Cen-tro Studi e Formazione INAS».4

Nei primi anni Sessanta l’impegno per la formazione vieneaffiancato da una intensa attività editoriale mirata a fornirestrumenti adeguati all’azione di patronato. Al principio del1961 nasce il bimestrale, edito e curato dall’INAS, «Rivista Ita-liana di Diritto Sociale». Nel presentare il primo numero dellarivista Paolo Consoni sottolinea la funzione non solo infor-mativa che si vuole dare a questa nuova attività editoriale del-l’Istituto, sottolineandone le funzioni propositive:

La Rivista Italiana di Diritto Sociale s’inserisce nel quadro di quel-le riviste giuridiche che perseguono finalità di studio e di indaginescientifica nel mondo del lavoro in genere e della previdenza ed as-sistenza obbligatoria in particolare. Vogliamo richiamare l’attenzio-ne di quanti attendono a tale genere di studi sul fatto che la materiache andremo ad elaborare con il tradizionale metodo esegetico, cisospingerà sovente a prospettare l’opportunità di modifiche, ag-giunte e soluzioni più conformi alle esigenze del momento; soddi-sfacendo, così, l’ansia propria di coloro che, credendo fermamentenella dinamica del diritto, auspicano l’evoluzione di esso in sincro-nia con quanto il progresso offre di realizzato e realizzabile in unasocietà, come la nostra, in continuo e rapido divenire.

Nelle parole di Consoni viene richiamata la caratteristica par-ticolare di una branca del diritto che deve essere particolar-mente sensibile alle esigenze sociali:

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3 INAS, Nota illustrativa al II Convegno nazionale per dirigenti sindacali difabbrica, Torino 4-6 novembre 1961, pp. 9-10.

4 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 46, 20-21-22 settembre 1961.

In verità, nessuna branca del diritto avverte più di questa la neces-sità di una particolare sensibilità del legislatore a tempestivamentetradurre in norme le istanze espresse sul piano sociale da un popoloche, per la quasi totalità degli associati, trae i mezzi di sostentamen-to da redditi di lavoro.

La necessità di una azione riformatrice viene quindi richiama-ta da Consoni:

E per convincersi della necessità di dare un valido assetto a questamateria, è sufficiente non mostrarsi sordi alle voci di coloro, e nonsono pochi, che rilevano come l’attuale sistema di sicurezza socialein Italia, per essere più il risultato di molti notevoli tentativi che dipoche apprezzabili realizzazioni, abbia assunto un carattere diframmentarietà tale da rendere più arduo il compito di ridurre adunità organica le assicurazioni sociali obbligatorie.5

L’attenzione agli studi di diritto ed alla loro evoluzione con-ducono anche alla pubblicazione del Massimario di Giuri-sprudenza sulla previdenza ed assistenza sociale, con la av-vertenza che

la compilazione di una raccolta di giurisprudenza previdenziale èstata suggerita, all’inizio, dalle esigenze operative dell’Istituto diPatronato che ora ne cura la pubblicazione, e successivamente daldesiderio di presentare una guida interpretativa per coloro che si oc-cupano di pratiche previdenziali, sia in sede amministrativa, che insede giudiziaria: magistrati, avvocati, funzionari di istituti previ-denziali e di pubbliche amministrazioni, imprenditori.6

Al principio degli anni Sessanta il riconoscimento del ruolodell’INAS non solo come ente assistenziale, ma anche comesoggetto di stimolo all’azione riformatrice è ormai consolida-to, e nei documenti dell’Istituto spesso riecheggiano i dibattitisui grandi temi dello Stato sociale che hanno percorso la Con-federazione negli anni precedenti:

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5 L’articolo di Consoni è citato in Le tappe della crescita…, cit., pp. 25-26.6 Ivi, p. 27.

L’Istituto ha da qualche tempo ravvisato la necessità di partecipare at-tivamente all’opera di rimozione di uno stato di cose di cui si avvertela dura realtà e cioè: la crisi del sistema assicurativo italiano; le discri-minazioni tra settore e settore; il restringimento del campo di applica-zione di alcune leggi; il permanere su basi previdenziali, mentre la si-curezza sociale esigerebbe un mutamento radicale del sistema vigente.L’Istituto è consapevole che i principi informatori delle previdenzedebbano subire un notevole processo di revisione […]. In primis, l’I-stituto auspica una netta separazione tra finanziamento generale pub-blico e finanziamento privato contributivo […]. In corrispondenza allaseparazione tra finanziamento fiscale e contributivo, si rende indi-spensabile realizzarne una analoga distinzione tra i diritti previdenzia-li del cittadino, in quanto tale, e i diritti del lavoratore […]. In altri ter-mini, una volta estesa la protezione sociale a tutte le categorie di lavo-ratori dipendenti e autonomi da assolversi con il sistema mutualistico,non sembra possibile che la collettività possa ulteriormente sottrarsi aldovere di assicurare ad ogni cittadino almeno il diritto ad un minimodi protezione da articolarsi su due garanzie: diritto ad un minimo dipensione e diritto alla assistenza sanitaria (specialmente ospedaliera)gratuita […]. L’INAS attraverso il proprio Ufficio Studi ha già iniziatola elaborazione di un programma di studio a largo respiro, onde contri-buire al processo di trasformazione dell’attuale sistema protettivo inquello costruito sulle basi della sicurezza sociale.7

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7 INAS, Nota illustrativa…, cit., pp. 10-11. Questo documento dell’INAS

conferma l’idea di un sistema di protezione sociale che unisce la difesa del la-voratore per via contrattuale e mutualistica con la strutturazione di un modellouniversale di garanzia dei diritti del cittadino per via normativa. Coerentemen-te con questa impostazione vengono esplicitamente indicati i principi a cui do-vrebbe essere improntato l’ordinamento della sicurezza sociale:1. al principio del trattamento minimo di pensione, nel senso di assicurare atutti i cittadini, siano o non siano lavoratori, un minimo di pensione; […]2. al principio dell’assistenza sanitaria e ospedaliera gratuita;3. al principio della comprensività, in ordine all’oggetto; eliminare ogni sfavore-vole alterazione dell’equilibrio tra mezzi a disposizione e bisogni da soddisfare;4. al principio dell’universalità, in ordine ai soggetti protetti: tutela del cittadi-no e non solo del cittadino-lavoratore;5. al principio dell’uguaglianza, in ordine alle prestazioni: garantire a tutti i cit-tadini uguali benefici;6. al principio della solidarietà generale, in ordine al fabbisogno finanziario:ciascuno deve in proporzione della propria capacità contributiva;7. al principio dell’unità di gestione, in ordine agli organi della sicurezza sociale:la gestione della sicurezza sociale deve essere assunta in regime di monopolio.(ivi, pp. 11-12).

Insieme all’attenzione per l’azione nel campo della formazio-ne, al principio del decennio Sessanta il tema dei rapporti tral’INAS e le strutture confederali riemerge nuovamente comeuna problematica centrale per l’attività del patronato. Nel cor-so della riunione del Consiglio di amministrazione del patro-nato del 20-21-22 settembre 1960 si auspica «una più intensi-ficata collaborazione con le Unioni provinciali della CISL». Intale occasione viene anche votata una delibera che fa esplicitoriferimento a quanto indicato nella mozione votata dal Consi-glio generale della CISL del 16 e 17 luglio 1960, precedente-mente citata. Tale delibera indica due direzioni di intervento:1. costituire al più presto le Giunte provinciali consultive inaccordo con le Unioni sindacali provinciali;2. prendere immediati provvedimenti per collaborare con laCISL a tutti i livelli.8

I rapporti tra le strutture confederali ed il patronato sem-brano comunque consolidarsi in una prospettiva di sempremaggiore consapevolezza della necessità di una integrazione.Al II convegno nazionale per dirigenti di fabbrica, che si tienea Torino dal 4 al 6 novembre 1961, viene distribuito un brevefascicoletto che illustra l’attività dell’INAS. Significativamen-te in tale documento si afferma, a proposito dei rapporti trapatronato e Confederazione, che:

Il rilievo che l’INAS sia un ente di diritto pubblico non autorizza cer-tamente a ritenere che esso possa assumere un atteggiamento di in-dipendenza rispetto alla CISL, organizzazione sindacale promotrice,ma priva di riconoscimento pubblico. Con la CISL l’Istituto ha incomune le origini e l’oggetto. Le origini: non ci sarebbe l’INAS se laorganizzazione sindacale non l’avesse promossa. L’oggetto: la tute-la del lavoratore. La organizzazione sindacale tutela il lavoratoreassociato mediante la strumentazione contrattuale, la difesa del sa-lario, l’attività vertenziale, le riforme di struttura economica e so-

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8 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 2, verbale n. 40, 20-21-22 settembre 1960. Si segnala come nella seduta del Consiglio di ammini-strazione del 25-26 novembre 1960 viene approvato il regolamento relativo al-le Giunte provinciali consultive (Consiglio di amministrazione dell’INAS, regi-stro n. 2, verbale n. 42, 25-26 novembre 1960).

ciale e l’INAS tutela lo stesso lavoratore nella sua individualità, nelperiodo in cui, a causa della verificazione del rischio (invalidità,vecchiaia, infortunio ecc.) diventa temporaneamente o permanente-mente inabile al lavoro. Si tratta della difesa dei due salari che sisuccedono nel tempo: quello contrattuale e quello previdenziale,ecco perché le due attività (sindacale e assistenziale) si completanoe si perfezionano a vicenda. […] Sul piano pratico, e in riferimentoai rapporti dell’INAS con la CISL, è noto come da un tipo di inizialecollaborazione occasionale od episodica, si sia passati ad una inte-sa, permanente e concreta, sia al centro che alla periferia. […] An-che in avvenire, la CISL potrà, attraverso il suo organo assistenziale,vedere facilitata la penetrazione negli ambienti di lavoro imprepa-rati o resistenti al sindacato, mentre l’INAS, attraverso le strutture e iquadri orizzontali e verticali della CISL, potrà migliorare quantitati-vamente e qualitativamente il volume delle attività assistenziali.9

Alla sessione del 23-24 luglio 1961 del Consiglio generaledella CISL viene votato un nuovo «Ordine del giorno per l’ul-teriore potenziamento dell’INAS», dove vengono ripresi i temidella funzione di controllo del patronato rispetto alla legisla-zione previdenziale, dello sviluppo organizzativo e della strut-tura formativa dell’Istituto, dell’iniziativa per gli emigrantiall’estero, dei rapporti con le strutture periferiche confederali:

Il Consiglio Generale della CISL, udita la relazione del Presidentedell’INAS […] alla luce anche delle indicazioni date lo scorso annoper il potenziamento dell’attività assistenziale. Constata la sostan-ziale rispondenza dei provvedimenti adottati – particolarmente perquanto attiene ai rapporti fra l’organizzazione sindacale e l’Istitutoe al rafforzamento della struttura periferica di quest’ultimo – agliindirizzi fissati e la realizzazione dei punti essenziali del program-ma allora delineato, il Consiglio Generale ha indicato agli organi diamministrazione dell’Ente le seguenti linee di ulteriore potenzia-mento:a) seguire con più sollecita ed attenta considerazione i problemi dimaggior rilievo insorgenti dall’applicazione della legislazione pre-videnziale. A tale scopo sottolinea l’opportunità di una più vigilepresenza ed iniziativa dell’INAS nei confronti degli Istituti previden-

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9 INAS, Nota illustrativa…, cit., pp. 6-8.

ziali, soprattutto in occasione di questioni di interesse generale, el’utilità che, a tale scopo, può derivare da un più costante collega-mento con i rappresentanti della CISL in seno agli Enti di cui sopra;b) estendere ulteriormente e capillarmente la struttura organizzativaperiferica dell’Istituto, al fine di garantirne una maggiore presenzasia territorialmente sia nei luoghi di lavoro, a quest’ultimo scoporealizzando un maggiore collegamento con i nostri rappresentantinelle aziende;c) adottare le più adeguate misure formative per la migliore specia-lizzazione dei quadri INAS;d) assicurare una maggiore funzionalità agli Uffici INAS che opera-no all’estero.Il Consiglio Generale invita le organizzazioni tutte ed in particolarele Unioni Provinciali a dare il massimo contributo allo sviluppodell’INAS ed a promuovere la più adeguata azione di patronato per ilavoratori tendendo sempre più a far sì che l’INAS operi col massi-mo di efficienza nell’ambito dei compiti statutari che gli sono pro-pri.10

Nella direzione del potenziamento della struttura dell’Istituto,al Consiglio di amministrazione dell’INAS del 19 luglio 1962il presidente Consoni presenta un «Programma di massima daattuarsi nel prossimo triennio di attività INAS» strutturato neiseguenti punti:▫ piano di potenziamento dell’INAS con apertura di nuove se-di zonali ed incremento dei quadri;▫ piano di penetrazione del servizio sociale INAS nelle azien-de industriali, appoggiandosi alle SAS di fabbrica;▫ piano formativo con organizzazione di corsi di aggiorna-mento per operatori INAS;▫ avvio di ricerche e indagini nazionali su temi specifici;▫ istituzione di un automezzo-mostra per la pubblicizzazionedelle attività dell’INAS.11

L’attenzione prioritaria al consolidamento della strutturaperiferica viene confermata nel corso della riunione del Con-

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10 Ordine del giorno…, cit., pp. 131-132.11 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 51, 19

luglio 1962.

siglio di amministrazione del 26 marzo 1963 quando vienenuovamente ribadita la necessità di potenziare ed ampliare larete degli operatori sociali.12

Alla sessione del Consiglio generale della CISL dell’11-12dicembre 1963, viene presentata una Relazione sull’attivitàdell’INAS.13 In questo documento viene innanzitutto descrittol’ordinamento amministrativo dell’Istituto strutturato in:14

Ordinamento centrale:▫ Ufficio Affari generali e personale;▫ Ufficio amministrazione;▫ Ufficio tecnico-ispettivo;▫ Ufficio medico-legale;▫ Ufficio studi-formazione;▫ Ufficio Affari esteri.Ordinamento periferico:▫ sedi provinciali che corrispondono ai capoluoghi di provin-cia e con giurisdizione provinciale;▫ sedi zonali che corrispondono a quelle della CISL, e la cuigiurisdizione si estende in più comuni;▫ uffici corrispondenti che coincidono, di regola, con le Unio-ni comunali della CISL e la cui giurisdizione è limitata al co-mune;▫ agenti sociali di fabbrica che corrispondono prevalentemen-te con membri della Commissione interna o delle Sezioniaziendali sindacali (SAS);▫ segretari comunali della CISL che collaborano per il reperi-mento delle pratiche assistenziali.

Sulla base dei criteri precedentemente descritti, al 31 otto-bre 1963 l’organizzazione periferica dell’Istituto risulta costi-tuita da 90 uffici provinciali, 5 uffici con «autonomia provin-ciale», 70 sedi zonali con funzionario dell’Istituto, 612 sedizonali con agente sociale, 4.975 corrispondenti comunali, 139

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12 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 53, 26marzo 1963.

13 INAS, Relazione annuale sull’attività dell’Istituto, anno 1963. Relazioneal Consiglio generale della CISL, Roma, sessione 11-12 dicembre 1963.

14 Ivi, pp. 1-4.

agenti di fabbrica.15 Alla medesima data il personale dell’Isti-tuto ha ormai superato le 400 unità distribuite come segue:16

▫ personale direttivo: n. 123;▫ personale di concetto: n. 32;▫ personale d’ordine: n. 223;▫ personale subalterno: n. 5;▫ personale assunto con piano straordinario di potenziamen-to: n. 29.

Nella relazione del 1963 si afferma anche che «si è presso-ché completato il lavoro di costituzione di quell’importanteorgano di collegamento con l’organizzazione sindacale che ri-sponde al nome di Giunta Provinciale Consultiva», alla qualeviene riconosciuto tra l’altro il ruolo di «promuovere le piùstrette collaborazioni tra l’ufficio INAS e le organizzazioni sin-dacali dei lavoratori».17

La vivacità delle proposte formative dell’Istituto è testi-moniata dalle attività relative al solo 1963: 8 corsi interregio-nali di base per impiegati e dirigenti zonali, 13 incontri condirettori provinciali, 3 settimane di aggiornamento per diret-tori provinciali, 1 corso di perfezionamento, della durata di unmese, per futuri dirigenti, vari corsi organizzati dagli ufficiprovinciali per gli agenti sociali.18

Il miglioramento dei rapporti tra l’INAS e le strutture con-federali è testimoniato dall’intervento del segretario generaledella CISL al Consiglio di amministrazione del patronato del29 luglio 1964. In tale occasione il segretario confederale sicomplimenta per la crescita dell’Istituto e sottolinea la colla-borazione delle strutture periferiche della CISL, in particolaredei segretari comunali.19

In occasione della presentazione del consuntivo dell’atti-

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15 Ivi, p. 5.16 Ivi, p. 7.17 Ivi, pp. 12-13.18 Ivi, pp. 14-15.19 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 57, 29

luglio 1964.

vità dell’INAS nel triennio 1962-1965, la dirigenza dell’Istitu-to sottolinea

il crescente sviluppo strutturale ed operativo. Il triennio è stato, in-fatti, caratterizzato da un più efficiente collegamento con gli orga-nismi sindacali; da una ulteriore capillarizzazione delle strutture or-ganizzative periferiche; da una più accentuata sensibilizzazione deiquadri dirigenti ai problemi e alle esigenze dei lavoratori; da unostudio più ampio e approfondito della legislazione sociale; da unapiù adeguata e rinnovata formazione dei quadri, ed infine da un no-tevole incremento delle attività assistenziali rispetto al triennio pre-cedente.20

Il 16 febbraio 1965 il Consiglio di amministrazione dell’Isti-tuto si riunisce in seduta straordinaria a seguito della mortedel presidente Consoni.21 Alla seduta del Consiglio di ammi-nistrazione del 12 maggio 1965 viene eletto il nuovo presidenteAppio Claudio Rocchi, mentre Silvio Ascari viene conferma-to vicepresidente. Nel corso della stessa seduta il segretariogenerale aggiunto della CISL Dionigi Coppo ricorda il conte-nuto della delibera votata dal Consiglio generale della CISL

del 15 gennaio 1965 e riassume i punti che dovrebbero rap-presentare il mandato per la nuova presidenza:1. rinnovare e potenziare le strutture dell’INAS, in particolarerafforzando la presenza degli operatori sociali nelle aziende;2. razionalizzazione dell’azione del patronato;3. rendere più efficiente il collegamento tra patronato, ufficioassistenza e previdenza e ufficio legislativo della CISL;4. allargare il tradizionale patrocinio individuale anche ad in-teressi collettivi: ad esempio verificando l’efficienza degli en-ti preposti alla erogazione dell’assistenza;5. affrontare con decisione il problema dell’assistenza dei la-voratori emigrati.22

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20 INAS, Consuntivo attività 1962-1964, Roma 1965, p. 7.21 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 60, 16

febbraio 1965.22 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 63, 12

maggio 1965.

La vivacità dell’Istituto è testimoniata dalle numerose ini-ziative seminariali organizzate nella seconda metà degli anniSessanta e che segnalano l’attenzione del patronato della CISL

verso temi strategici per la realtà previdenziale ed assistenzia-le italiana. Nell’aprile 1965 viene organizzato a Macerata unconvegno nazionale di medicina assicurativa con la partecipa-zione dei consulenti medici degli uffici periferici dell’INAS.Nel giugno della stesso anno viene organizzato con la colla-borazione della FISBA-CISL un incontro sul tema «Le esigenzedi riforma del sistema previdenziale nel settore agricolo». Alprincipio del 1967 si segnala la partecipazione al convegnoorganizzato dall’Unione provinciale CISL di Caserta sul temadell’emigrazione di Terra di Lavoro. Nel febbraio 1967 l’INAS

promuove una tavola rotonda a Roma che ha come oggetto didiscussione «la riforma dei trattamenti di pensione della Pre-videnza Sociale» e si sottolinea come questa iniziativa «si in-quadra nell’opera che l’Istituto, in collaborazione con la CISL,da sempre va realizzando, al fine di fornire un utile e positivocontributo al processo di rinnovamento della legislazione pre-videnziale».

Nel gennaio del 1968, in collaborazione con la FILCA-CISL,viene organizzato a Treviso un convegno nazionale su «lemalattie professionali dei lavoratori del legno». A Bari nell’a-prile del 1968, in collaborazione con la FISBA-CISL si tiene unconvegno che ha come oggetto l’esame del Decreto presiden-ziale n. 488/1968 in materia di pensioni. Il 23 giugno 1968 sisvolge a Pordenone un convegno organizzato dall’INAS in col-laborazione con la CISL per approfondire i più recenti provve-dimenti in materia di pensioni dell’INPS.23

Nella relazione che accompagna il bilancio consuntivo del-l’INAS per l’anno 1966 emerge l’esistenza di un disavanzo dilire 570.887.522 nei conti dell’Istituto, ma nell’esplicitarequesto disequilibrio si richiama la particolarità del patronatocome ente assistenziale non riconducibile pienamente ad unalogica di gestione aziendale:

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23 INAS, Il patronato CISL al servizio dei lavoratori. Consuntivo di un qua-driennio 1965-1968, Roma s.d., pp. 59-63.

il risultato economico rilevato nel bilancio consuntivo 1966 non co-stituisce in sé stesso motivo di censura dei criteri amministrativi se-guiti dagli organi statutari dell’Istituto in quanto l’attività dell’INAS

non ha natura produttivistica in senso economico bensì finalità ero-gative assistenziali da soddisfare e garantire attraverso la gestionefinanziaria del bilancio.24

La positiva valutazione dell’azione del patronato, nonostantel’emergere delle difficoltà finanziarie segnalate nei bilanci, siesplicita nel corso della sessione del 12-14 ottobre 1966 delConsiglio generale della CISL. In tale occasione il presidentedell’INAS Appio Claudio Rocchi sottolinea

i positivi risultati di carattere tecnico, organizzativo e produttivo[…]. Ciò è stato ottenuto da sempre più ampi ed operanti rapporticon gli organismi sindacali ad ogni livello, da una accresciuta capil-larizzazione delle strutture organizzative periferiche, dal rafforza-mento delle strutture centrali, dalla sempre più adeguata sensibiliz-zazione dei quadri alle esigenze dei lavoratori, dalla più vasta atti-vità formativa del personale.25

L’anno seguente, nel corso della sessione del 12-14 ottobre1967 del Consiglio generale confederale, viene nuovamenteespressa una valutazione generalmente positiva dell’attivitàsvolta dall’INAS. In tale occasione viene anche approvato undocumento sugli enti della CISL, nel quale, a proposito del pa-tronato, si rileva:26

▫ l’esigenza di assicurare il necessario equilibrio finanziarioall’Istituto, sia attraverso la collaborazione dell’organizzazio-ne sindacale, idonea a permettere all’Istituto stesso il prose-guimento della necessaria azione di preparazione e di razio-nale utilizzazione del personale, sotto l’aspetto qualitativo e

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24 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 71, 12maggio 1967.

25 B. Bertona, Cresce l’azione degli enti CISL. L’attività dell’INAS, IAL, ETSI

e Cenasca al Consiglio generale, in «Conquiste del lavoro», 6-12 novembre1966, pp. 16-17.

26 Il documento sugli enti CISL, in «Conquiste del lavoro», 24 ottobre-4 no-vembre 1967, p. 9.

quantitativo; sia attraverso l’azione da svolgersi verso le auto-rità competenti perché venga garantito, soprattutto in presen-za di nuovi istituti di patronato abilitati, l’adeguato finanzia-mento degli Istituti ad opera dell’apposito Fondo;▫ l’opportunità di rendere sempre più valida e fattiva la colla-borazione delle strutture sindacali, sia attraverso una più con-tinua e stretta collaborazione tra i rappresentanti sindacali neivari enti e l’Istituto, sia mediante la capillare sensibilizzazio-ne di tutti gli attivisti impegnati nel lavoro di patronato, sotto-lineando a tal uopo l’estrema utilità della iniziativa, lanciatalo scorso anno, per una indagine sulla efficienza degli Istitutiprevidenziali;▫ la necessità di proseguire nell’opera di rafforzamento dellestrutture INAS all’estero, pur nella consapevolezza delle ob-biettive difficoltà esistenti.

La relazione sul consuntivo dell’attività dell’INAS per ilquadriennio 1965-68 segnala come con la istituzione degli uf-fici provinciali di Trieste e Pordenone sia stata completata lapresenza dell’Istituto in tutti i capoluoghi di provincia, per cuila consistenza della presenza sul territorio alla fine del qua-driennio considerato è la seguente:27

▫ 93 unità operative provinciali;▫ 2 unità circondariali con autonomia provinciale;▫ 331 unità operative zonali; ▫ 11.951 sedi capillari con recapito fisso (agenti sociali co-munali e di fabbrica).

Nel quadriennio si segnala l’attenzione dedicata all’attivitàformativa con lo svolgimento di:28

▫ 11 settimane di aggiornamento per direttori (presso il Cen-tro studi CISL di Firenze);▫ 49 corsi di base per impiegati;▫ 9 corsi a medio livello;▫ 14 corsi di perfezionamento per impiegati;▫ 3 corsi di formazione superiore;▫ 8 corsi per operatori sociali all’esterno.

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27 INAS, Il patronato CISL…, cit., p. 18.28 Ivi, pp. 73-76.

Nel corso degli anni Sessanta la vivacità dell’attività for-mativa si inserisce in un complesso progetto di selezione e divalutazione del personale dell’INAS, individuando nella qua-lità degli operatori la risorsa fondamentale per il successo del-l’attività di patronato:

gli incontri di selezione si articolarono negli anni 1963-68: furonoesaminati e selezionati circa 1100 candidati in varie sedi di quasitutta Italia: Alessandria, Piacenza, Padova, Pievelago, Bari, Foggia,Cava dei Tirreni, Trecastagni… ecc. Ogni anno, presso il CentroStudi di Firenze, avevano luogo incontri formativi per i dirigenti,incentrati su tre turni di una settimana ciascuno. In quegli incontri sifacevano i bilanci organizzativi di tutte le strutture periferiche del-l’Istituto e venivano affrontati, ad altissimo livello, i temi ricorrentidell’aggiornamento professionale di tutti i dirigenti. Quegli incontrifurono anche la via naturale di scambio e di diffusione delle espe-rienze locali, tanto da costituire la base dell’esercizio del contenzio-so giudiziario, anche in funzione della evoluzione della giurispru-denza e poi della legislazione stessa. […] Di pari passo si svolgeva-no corsi di formazione, specifica per materia, destinati agli operato-ri. Ma la cura costante e preminente era rivolta alla preparazionedella dirigenza, quella attiva e quella futura soprattutto […]. Dopoun primo timido tentativo, nel 1962, di formare un nuovo gruppo didirigenti futuri, furono organizzati, a questo preciso scopo, tre corsilunghi. Ognuno di essi (per 10-12 partecipanti ciascuno) aveva unadurata di 60 giorni. Si svolsero nel periodo ottobre-dicembre deglianni 1963, 1965, 1966. […] I partecipanti, accuratamente scelti inprecedenza, erano sottoposti ad un impegno di formazione profes-sionale estremamente oneroso: venivano loro impartite, a livellouniversitario, lezioni di diritto costituzionale, diritto amministrati-vo, diritto del lavoro e previdenziale, ed inoltre istruzioni sull’orga-nizzazione degli uffici e nozioni di amministrazione, statistica ecc. Icorsi finivano con un durissimo esame che comportava anche lapresentazione di una tesi, stabilita già all’inizio del corso. Si puòsostenere che questa iniziativa costituì il fiore all’occhiello di tuttol’impegno formativo dell’Istituto e ne fu una base certa della futuraespansione.29

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29 Come si era 50 anni fa…, cit., p. 57.

L’impegno privilegiato per la strutturazione di percorsi for-mativi significativi si muove anche nella direzione di ottimiz-zare la qualità degli operatori presso le sedi estere del patro-nato.30 Vengono così organizzati percorsi formativi specifica-tamente mirati per coloro che devono operare in altri paesi.La loro strutturazione è organizzata su una combinazione cor-so-stage pratico presso uffici INAS in Italia (in particolare Ge-nova) prima di inviare gli operatori alle loro sedi di destina-zione. Inoltre si avviano esperienze di scambio con l’invio inFrancia e in Belgio di alcuni dirigenti di sedi italiane che percirca un mese maturano una esperienza delle realtà assisten-ziali e previdenziali di quei paesi.31

L’attività formativa per gli operatori delle sedi estere del-l’INAS è integrata con l’organizzazione di convegni e semina-ri. Un esempio particolarmente significativo è il convegno, acui partecipano i dirigenti del patronato, che si tiene nel mag-gio 1965 a Bruxelles, su iniziativa della divisione informazio-ne sindacale della CEE, dedicato all’approfondimento di temirelativi ai problemi della sicurezza sociale dei lavoratori mi-granti, alla libera circolazione nei paesi della Comunità, allapolitica comune di formazione professionale.32

Nella relazione sul quadriennio 1965-68, a fianco dellasottolineatura della strategicità dell’azione formativa, si affer-ma che la presenza del patronato in azienda è considerato unodegli elementi fondamentali per il futuro incremento dell’atti-vità dell’INAS:

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30 L’attenzione costante per l’attività di assistenza verso gli emigranti ita-liani all’estero è testimoniata anche dal susseguirsi dell’apertura di nuove ini-ziative. Ad esempio si segnala la discussione che avviene durante la riunionedel Comitato esecutivo dell’INAS del 3-4 febbraio 1961 sulla possibilità di in-centivare una presenza dell’Istituto anche in Argentina (Comitato esecutivodell’INAS, registro n. 3, verbale n. 68, 3-4 febbraio 1961).

31 Come si era 50 anni fa…, cit., p. 58.32 F. Coletti, La sicurezza sociale nei paesi della CEE. Le richieste dell’INAS

per una revisione dei regolamenti, in «Conquiste del lavoro», 6-19 giugno1965, pp. 28-29.

La necessità sempre più impellente della presenza del Patronato infabbrica deriva […] dalla esigenza di tutelare il lavoratore dalle fre-quenti inadempienze previdenziali dei datori di lavoro che notevolinegative influenze possono avere sul futuro trattamento pensionistico.Elemento fondamentale, però, della struttura organizzativa del Patro-nato in fabbrica sono gli attivisti sindacali. Il Sindacato, sul piano or-ganizzativo, deve garantire nei luoghi di lavoro la presenza di attivistisindacali che, sulla base di una adeguata preparazione specifica, as-solvano nell’ambito del Sindacato, in stretto collegamento con il Pa-tronato, ai compiti della tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori.33

Partecipi e protagonisti di un’esperienza vitale

Nel corso degli anni Sessanta il consolidamento dell’INAS

viene testimoniato dal fervore delle iniziative organizzative eformative, dalla vivacità delle relazioni che si pongono in es-sere tra centro e periferia, dal moltiplicarsi delle risorse uma-ne disponibili e dall’incremento della diffusione territoriale.Dalle parole dei testimoni traspare il ricordo di un periodo digrande vitalità. Racconta Adolfo Supino:

Io arrivai all’INAS all’inizio del ’65 […]. C’era Ravizza34 direttoregenerale che ebbe l’idea di mandarmi subito a fare esperienza in pe-riferia: mi mandò un mese a Caserta, dove l’amico Ciro Adinolfiera responsabile territoriale. Ricordo che si lavorava con gioia, inmaniera ordinata e spensierata, c’era l’abitudine napoletana dei 100caffè che venivano in ufficio, e alla sera, finito il lavoro, si andavacon il segretario della FISBA di Caserta nei comuni agricoli del Ca-sertano a parlare con le tabacchine e a fare anche tutela previden-ziale. […] Questo vi fa capire che allora non solo non c’erano fri-zioni tra CISL e INAS, ma c’era un rapporto che andava al di là del-l’orario di lavoro, al di là dei doveri, ma andava invece nella dire-zione dell’unione delle forze e della sinergia totale. Poi andai a Mo-dena dove c’era Paganelli segretario generale dell’Unione […] an-

81

33 INAS, Il patronato CISL…, cit., p. 127.34 Lo stesso Supino ricorda come Arcilio Ravizza sia diventato direttore

generale dell’Istituto il 1° dicembre 1961 e abbia mantenuto tale carica per piùdi un ventennio.

che qui il rapporto tra l’Unione e l’INAS mi sembrò buono, con i do-vuti modi, forse più paternalistico rispetto a quello di Caserta, masicuramente funzionante senza serie A o B.35

La notevole capacità innovativa espressa dall’INAS negli anniSessanta si manifesta soprattutto in ambito formativo. La for-mazione viene individuata come la risorsa strategica per losviluppo dell’Istituto e verso di essa, come ricorda GiorgioMancinelli, vengono indirizzate molte energie:

La formazione dell’INAS è stata veramente di una entità tale che appa-re difficile raccontarla in pochi secondi […]. Con l’avvento del ragio-nier Ravizza negli anni ’60 facemmo una grossa attività formativa indirezione soprattutto della dirigenza dell’INAS […]. Le settimane diaggiornamento della dirigenza che tutti gli anni si ripetevano al Cen-tro Studi videro tutti i dirigenti di allora partecipi con pieno impegno.[…] Nel 1963/68 furono fatte le prove di selezione per gli operatoriche dovevano essere assunti all’INAS: mi ricordo che in quel tempoeffettuai circa 1100 selezioni! […] Altra cosa fu la preparazione diquadri operativi provenienti dall’INAS per la formazione della futuradirigenza: furono fatti tre corsi di formazione a Firenze e a Roma.36

L’attenzione alla preparazione tecnica degli operatori dell’I-NAS viene posta in rilievo anche da Ciro Adinolfi:

Io entrai all’INAS nel 1958, avviato da mio fratello uno dei fondatoridell’INAS. La caratteristica che notai entrando all’Istituto era la spe-cializzazione tecnica mediante la costante formazione. […] Quandovenivamo assunti dovevamo frequentare prima un corso formativo,poi alla fine del corso un esame scritto ed uno orale: ricordo che lacommissione che mi esaminò era formata da Coletti, Cerri, Valentinie Zanolli. Alla fine del corso venimmo assunti e inviati alle varie de-stinazioni, che per me furono Caserta e Reggio Calabria.

Lo stesso Adinolfi ricorda l’organizzazione della formazioneper gli operatori delle sedi all’estero:

82

35 Testimonianza raccolta alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia astampa).

36 Ibid.

L’organizzazione si regolava in modo che gli operatori all’esteronon avessero subito un impatto immediato con la realtà in cui vive-vano, ma avessero un’esperienza presso sedi italiane: questi opera-tori esteri venivano in Italia per formarsi, per acquisire le compe-tenze sul piano organizzativo, imparando come bisognava struttura-re l’ufficio, e sul piano professionale, acquisendo le nozioni relativealla tutela dei lavoratori all’estero.37

L’INAS negli anni della conflittualità permanente: una nuova concezione del ruolo del patronato?

Alla fine degli anni Sessanta il dibattito sul ruolo e le funzionidel patronato fa emergere una volontà di rinnovamento nelladirezione di superare una visione statica e tradizionale del-l’assistenza. Illuminanti sono le parole impiegate da BrunoTertulliani in un articolo del 1968 per illustrare il Patronatodel futuro:

La vecchia concezione del Patronato notaio, statico, deve essere ab-bandonata. Il Patronato degli anni ’70 non può in nessun modo as-somigliare ad un ufficio per pensionati o ad un organismo stanco opolveroso. Il Patronato è per i lavoratori e pertanto urgono, nei pun-ti nevralgici del mondo del lavoro, presenze volanti, presenze mobi-li, presenze vive. Il Patronato non deve essere mai un difficile uffi-cio che attende i volenterosi, o i disillusi dal patronato concorrente.Deve essere molto, ma molto di più. Deve porsi anche come organi-smo di educazione sociale-sindacale. I nostri amici dell’INAS sannoquanta povertà non solo materiale, ma soprattutto di carenza e dinon conoscenza delle norme dei diritti-doveri in materia assicurati-va e previdenziale, essi devono quasi sempre registrare. Affrontiperciò il Patronato i rioni operai, vi penetri, si istalli snello nel tes-suto vivo della società, a gomito con la famiglia, consigliere, risolu-tore, indicatore di mille problemi che angustiano il lavoratore di og-gi […]. Solo inserendosi nella vita pratica, quotidiana della societàlavoratrice, il Patronato non si allontanerà, suo malgrado dal lavo-ratore. […] Il Patronato che avanza è tutta un’altra cosa. È un fattodi dinamica e di competenza, di rendimento e di educazione. È in-

83

37 Ibid.

somma un organismo articolato e moderno che guarda in avantiverso una società più aperta e socialmente matura.38

Spesso il dibattito conduce nella direzione di una ancora piùesplicita individuazione delle nuove funzioni che dovrebberoessere riconosciute al patronato. Nel presentare il consuntivodell’attività di patronato per il quadriennio 1965-68, vieneproposto un quadro generale della realtà dell’INAS a partiredalla sottolineatura dell’emergere di

una nuova concezione del ruolo del Patronato, che sempre menopuò limitarsi alla sola produzione tradizionale ed alla informativadei lavoratori. Il Patronato non può infatti essere oggi avulso da unacomplementare funzione di ricerca e di studio, nonché di stimolo,che ponga in luce, anticipandoli, i problemi che la dinamica delmondo previdenziale prospetta ai lavoratori dell’industria e dellecampagne. (…) Servizio sociale del Sindacato, dovrà occuparsi nonsoltanto della tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori, ma anchedella condizione del lavoratore nella fabbrica, igiene e sanità del-l’ambiente di lavoro, della applicazione delle misure prevenzioni-stiche, del rapporto intercorrente fra ritmi di lavoro e condizione fi-sica del lavoratore, dell’approfondimento delle influenze esercitatesullo stato psico-fisico del lavoratore dai moderni ritmi di lavoro.39

Questa «nuova concezione del patronato» riflette chiaramenteil modificarsi del contesto sindacale alla fine degli anni Ses-santa, che si esplicita con le accelerazioni e le fratture del co-siddetto «autunno caldo». In questa fase si assiste ad un muta-mento profondo della struttura e del comportamento del sog-getto sindacale, in un contesto in cui i conflitti di lavoro rag-giungono livelli di intensità e di diffusione senza precedenti.In particolare l’emergere di nuovi contenuti rivendicativi sem-bra produrre una modificazione profonda nella interpretazio-ne del ruolo e delle funzioni dell’ente di patronato confedera-le. Al patronato si chiede di entrare in fabbrica, di farsi carico

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38 B. Tertulliani, Il Patronato verso il futuro, in «Conquiste del lavoro», 24-30 giugno 1968, p. 23.

39 INAS, Il patronato CISL…, cit., pp. 7-8.

della «qualità del lavoro», di affrontare i temi della organizza-zione della produzione e dei suoi effetti sulla salute del lavo-ratore. Riecheggiano alcuni dei temi che, in particolare colbiennio 1968-69, irrompono nell’agenda sindacale: il control-lo dell’organizzazione del lavoro da parte dei rappresentantidei lavoratori in azienda, la formazione dei comitati sui cotti-mi, sulla nocività o sulle qualifiche, la presenza crescente dirivendicazioni riguardanti l’ambiente di lavoro nella contrat-tazione aziendale.40

Il tema dell’ambiente di lavoro e della salute del lavoratorerappresenta un esempio significativo del modificarsi dell’a-zione e della cultura sindacale. I due autori francesi Grisoni ePortelli affrontando questa problematica, e mutuando anchein parte il linguaggio e la cultura del periodo, segnalano il si-gnificato di queste tematiche intese come nuovo oggetto di ri-vendicazione:

Si tratta di una rivendicazione insieme nuova e tradizionale. Nuovaper il modo, complessivo e sistematico, in cui è stata posta. Tradi-zionale, perché da tempo gli operai l’avevano avanzata, consapevo-li che il sistema capitalistico non si preoccupa affatto, di sua inizia-tiva, di eliminare la nocività generata dal suo stesso sistema produt-tivo. Fino al ’68-69 il problema della salute in fabbrica, cioè dellemalattie prodotte (immediatamente o a lungo termine) nell’essereumano da taluni lavori nocivi e pericolosi era regolato con l’attribu-zione di paghe di posto: il padrone comperava la salute dei lavora-tori e il sindacato ne trattava il prezzo. A partire dal ’69, soprattutto,il problema è posto in termini radicalmente nuovi: 1) la salute nonha prezzo; 2) spetta ai lavoratori stessi di valutare le condizioni dilavoro pericolose; 3) tocca al padronato il dovere di risolvere il pro-blema della nocività e delle malattie professionali; 4) spetta inveceai lavoratori costringervelo. […] Le rivendicazioni sulle condizioniigieniche e sanitarie di lavoro in fabbrica erano decisive: esse infat-ti saranno alla base della più generale contestazione del modo diprodurre capitalistico.41

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40 M. Regini, I dilemmi del sindacato, Bologna 1981, pp. 106-110.41 D. Grisoni, H. Portelli, Le lotte operaie in Italia dal 1960 al 1976, Mila-

no 1977, pp. 126-136.

Il modificarsi dell’azione sindacale sui temi della nocivitàdell’ambiente di lavoro viene segnalata anche da numerosi al-tri autori, come ad esempio Ancona e Steri che sottolineano ilpassaggio da una precedente impostazione fondata sulla co-siddetta «monetizzazione della salute» ad una prospettiva ri-vendicativa che parte dalla messa in discussione della «ogget-tività dell’organizzazione del lavoro»:

Tutta la storia sindacale italiana è stata caratterizzata per oltre unventennio (fino alle lotte del 1968-69) da una contrattazione sul-l’ambiente di lavoro che lasciava complessivamente intatta, ma an-che indiscussa, l’organizzazione della produzione con le sue fun-zioni e le sue strutture di potere e tecnologiche. L’azione sindacale,per ciò che riguarda infortuni e malattie professionali, si limitavasostanzialmente a contrattare la cifra di indennizzo spettante ai la-voratori colpiti: passava cioè quella che è stata definita monetizza-zione della salute.

Secondo Ancona e Steri, a partire dalla fine degli anni Ses-santa

verrà il no più deciso alla monetizzazione del rischio e della salutesia psicologica che fisiologica; rivendicando nel contempo una con-cezione nuova della salute […] per rifiutare l’oggettività delle dia-gnosi mediche imposte e controllate dai padroni e con esse l’ogget-tività dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro. Tutte le deci-sioni della direzione saranno sottoposte alla verifica operaia la qua-le, col metodo della validazione consensuale, deciderà sulla salu-brità o meno di una determinata situazione lavorativa.42

Anche George Couffignal sottolinea come

l’ambiente di lavoro e la salute del lavoratore, in particolare, sonotemi dominanti delle piattaforme rivendicative […]. Taluni di que-sti temi si riferiscono direttamente al lavoro, altri all’ambiente incui il lavoro si svolge. La fatica fisica e nervosa, la monotonia deicompiti, la pesantezza dei ritmi, la ripetitività dei compiti, l’ansia

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42 M. Ancona, F. Steri, Proletariato industriale e organizzazione del lavo-ro, Roma 1975, pp. 243-244.

prodotta da talune mansioni, il fumo, il gas, i vapori, la luce, il ru-more, la temperatura, l’umidità, sono oggetto di contrattazione[…].Il dato importante è il completo rovesciamento della posizionesindacale a partire dal 1969 […]. Prima di questa data per tutti que-sti fattori relativi all’ambiente di lavoro venivano corrisposte delleindennità. Dal 1969 i in poi, invece, non si tratta più di monetizzarela nocività, bensì di sopprimerla.43

Questa innovazione contenutistica con l’emergere di una dif-fusa sensibilità rispetto ai temi dell’ambiente di lavoro, maanche il prevalere di una nuova cultura sindacale che si riflet-te ad esempio nel difficile e conflittuale percorso della CISL

negli ultimi anni Sessanta, rappresenta il contesto entro cui simanifesta anche il modificarsi del ruolo riconosciuto al patro-nato sindacale e al suo rapporto con la Confederazione:

La integrazione e interdipendenza del Patronato nel Sindacatocomporta una visualizzazione più ampia delle funzioni da affidareallo stesso. L’azione del Patronato non dovrà limitarsi all’attività ditutela previdenziale, ma intervenire anche nell’esame delle condi-zioni ambientali di lavoro, dell’applicazione delle misure preven-zionistiche in fabbrica, dell’influenza fisico-psichica dei moderniritmi di lavoro, per dare al Sindacato validi elementi per la contrat-tazione delle condizioni ambientali di lavoro, dei ritmi produttivi,delle misure prevenzionistiche e dei trattamenti integrativi previ-denziali, per una sempre maggiore tutela dell’integrità fisico-psi-chica del lavoratore.44

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43 G. Couffignal, I sindacati in Italia, Roma 1979, pp. 317-318.44 INAS, Il patronato CISL…, cit., p. 126.

Capitolo quintoGli anni Settanta: l’INAS nel decennio dell’unità sindacale

Dibattiti, attività e iniziative INASnel decennio Settanta

Il nuovo decennio si apre con l’intensificarsi del dibattito sulruolo e sulla funzione dell’INAS a partire da una nuova sottoli-neatura della sua caratteristica «sindacale»: al Consiglio di am-ministrazione dell’Istituto del 5 maggio 1970, nel corso della di-scussione sul bilancio consuntivo relativo al 1969, viene ribadita«la concezione dell’INAS come Patronato di emanazione sinda-cale, come strumento del Sindacato […] evidenziando in tal mo-do l’anacronismo di una eventuale concezione aziendalisticadell’Istituto». Nel corso della medesima seduta viene avviato ildibattito sulla nuova realtà che si verrà a determinare in previ-sione dell’attuazione dello Statuto dei lavoratori. In particolare ilpresidente Rocchi, dopo aver sottolineato la necessità di unamaggiore collaborazione da parte delle strutture nazionali e peri-feriche della Confederazione, sottolinea la necessità di progetta-re un piano per la realizzazione dei nuovi compiti derivanti dalloStatuto dei lavoratori. Nella medesima seduta il segretario con-federale Tacconi sottolinea anch’egli la necessità che il patrona-to si attrezzi per la piena attuazione della nuova normativa.1

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1 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 80, 5maggio 1970.

Nel giugno 1970 l’INAS, in collaborazione con l’INCA-CGIL, l’ITAL-UIL e il patronato ACLI, organizza a Roma unconvegno di studi sul tema dell’assistenza di malattia ai lavo-ratori italiani. Dal convegno scaturisce un’ampia piattaformarelativa ai problemi irrisolti che viene proposta all’INAM ai fi-ni di «pervenire ad una adeguata trattazione congiunta e quin-di alla migliore e più favorevole soluzione».2

Il 3 luglio 1970, il Consiglio di amministrazione elegge vi-cepresidente unico dell’Istituto Lelio Presa. Nel corso dellamedesima seduta vengono affrontate nuovamente le proble-matiche connesse all’applicazione dell’articolo 12 dello Sta-tuto dei lavoratori. È ancora Tacconi che sottolinea l’impor-tanza della presenza in azienda e la necessità a tal fine di unacollaborazione attiva con le strutture sindacali.3 Sugli stessitemi, nel settembre del medesimo anno viene organizzato aSerramazzoni un convegno nazionale intitolato «L’applica-zione della legge 300 Statuto dei diritti dei lavoratori».4 Il 25settembre 1970 anche il Comitato esecutivo dell’INAS affron-ta il tema del potenziamento della presenza delle strutture del-l’Istituto in azienda, in relazione all’applicazione dello Statu-to dei lavoratori, e lo individua come una delle questioni fon-damentali del programma per il biennio 1970-71.5

Al Consiglio di amministrazione del 26 novembre 1970viene affrontato il problema della necessità di costituire i Co-mitati provinciali INAS-CISL,6 mentre nella seduta del 12 gen-naio 1971 vengono istituiti i Comitati regionali INAS-CISL.7

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2 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73, in Patronato-Sindaca-to: obiettivi comuni per il progresso dei lavoratori. VII Congresso confederaleCISL, Roma 18-21 luglio 1973, Roma 1973, pp. 106-107.

3 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 81, 3 lu-glio 1970.

4 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 76.5 Comitato esecutivo dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 168, 25 settembre 1970.6 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 83, 26

novembre 1970.7 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 84, 12

gennaio 1971.

Il proseguimento di una intensa attività di assistenza agliemigrati è testimoniata dal convegno organizzato dall’INAS suquesto tema a Bruxelles nell’aprile 1971 con la collaborazio-ne degli altri patronati di emanazione sindacale.8

Il 13 febbraio 1971 viene organizzata in collaborazionecon gli altri patronati sindacali la giornata unitaria sul tema «Lasalute dei lavoratori», a cui seguono, nel biennio seguente,analoghe iniziative dedicate alla «lotta alle evasioni contribu-tive» (24 marzo 1972) e alla «presenza del patronato in fabbri-ca» (16 aprile 1973).9

Il 23 giugno 1971 viene decisa l’istituzione di un Centroelettronico dell’INAS e la meccanizzazione dei servizi centralie periferici.10

Nel giugno 1971, in collaborazione con la FISBA, viene or-ganizzato a Roma un convegno sulla presenza dei sindacalistinei Comitati provinciali INPS. Un altro convegno viene orga-nizzato pochi mesi dopo, in ottobre, con la collaborazione de-gli altri patronati sindacali e del patronato ACLI sui temi del-l’invalidità pensionabile.11

Nei giorni 16 e 17 dicembre 1971 l’INAS organizza a Romail primo convegno nazionale sul tema «Problemi organizzativie unitari»12 e questi stessi argomenti vengono ripresi al Consi-glio di amministrazione dell’11 settembre 1972 in occasionedella discussione di un ordine del giorno sul Patto federativo13

ed alla riunione seguente viene approvata la costituzione del«Comitato unitario di collegamento dei patronati di emanazio-ne sindacale» e vengono eletti i rappresentanti dell’INAS.14 Il

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8 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 107.9 Ivi, p. 76.10 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 86, 23

giugno 1971.11 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 107.12 Ivi, p. 76.13 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 94, 11

settembre 1972.14 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 95, 5 ot-

tobre 1972.

30 novembre viene approvato il documento definitivo sullacostituzione del Centro unitario.15 Nel frattempo, nel marzo1972, il Comitato esecutivo dell’INAS approva la creazione diun «Centro unitario di documentazione contro la nocività del-l’ambiente di lavoro».16

Dal 21 al 24 gennaio 1973 si tiene a Roma un importanteconvegno nazionale «Patronato-Sindacato-Obbiettivi comuniper il progresso dei lavoratori» che diviene una significativaoccasione di confronto sul ruolo ed il futuro dell’INAS.17

In occasione della «Giornata Nazionale Unitaria dei Patro-nati» che si tiene il 16 aprile 1973, la Federazione unitariaCGIL-CISL–UIL invia una lettera aperta alle organizzazionisindacali ed ai patronati provinciali sottolineando come

il tema proposto per quest’anno è l’ingresso e la presenza del patro-nato in azienda, secondo quanto previsto dallo Statuto dei diritti deilavoratori […] la presenza del patronato nelle aziende deve trovarepratica applicazione con appositi accordi, per realizzare il controlloe la gestione del salario differito e per costruire uno strumento disaldatura tra i problemi della valutazione, indennizzo e risarcimentodel danno e quelli della prevenzione, in stretta collaborazione con lestrutture sindacali aziendali. Gli obiettivi da realizzare sono quellidell’attuazione dinamica degli articoli 5-9-11 dello Statuto dei dirit-ti dei lavoratori e la costruzione, assieme ai lavoratori stessi dellevertenze relative ai problemi della salute.18

Nel corso del VII Congresso nazionale della CISL, che si tienea Roma nel giugno 1973, vengono presentati alcuni dati rela-tivi al radicamento organizzativo dell’INAS a quella data:19

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15 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 97, 30novembre 1972.

16 Comitato esecutivo dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 188, 1° marzo 1972.17 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 76.18 Federazione CGIL-CISL-UIL, Lettera inviata alle organizzazioni sindacali

ed ai patronati provinciali in occasione della giornata nazionale unitaria deipatronat del 16 aprile 1973i, 22 marzo 1973, in CISL, Documenti ufficiali dal1969 al 1973, Roma 1973, p. 164.

19 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 78.

▫ 17 Comitati regionali INAS-CISL;▫ 93 Comitati provinciali INAS-CISL;▫ 97 Uffici provinciali INAS;▫ 294 Uffici zonali INAS;▫ 85 Uffici mobili INAS.

Nella stessa occasione vengono anche forniti i dati relativial personale INAS:▫ 807 operatori a tempo pieno;▫ 2.201 operatori a tempo parziale;▫ 5.576 operatori di fabbrica.

Il 16 giugno 1973 il Consiglio di amministrazione dell’INAS

delibera la costituzione del «Centro unitario elaborazione da-ti» insieme all’INCA-CGIL.20 Tale Centro viene attivato nel gen-naio 1974 e, oltre all’intento generale di razionalizzare l’orga-nizzazione del lavoro dei patronati, vengono individuati, co-me spiega un volantino propagandistico del patronato, dueobiettivi fondamentali per questa nuova iniziativa:1. sviluppare un’attività permanente di informazione di massadei lavoratori sui loro diritti previdenziali ed orientarli perl’assistenza verso i patronati sindacali;2. ricavare dalla presenza operativa del patronato nelle aziendesignificative correlazioni fra richieste di assistenza ed ambientedi lavoro, al fine di contribuire all’azione sindacale di difesa del-la salute e di controllo del salario anche nella parte previdenziale.

L’esperienza di automazione INAS-INCA di questi anni èservita inoltre per:▫ stabilire con l’INPS il principio di una utilizzazione comunedei mezzi automatici per semplificare ed agevolare la defini-zione delle richieste di massa delle prestazioni previdenziali eper evitare la speculazione dei faccendieri;▫ proporre al ministero del Lavoro, tramite la FederazioneCGIL-CISL-UIL, nuove e più corrette modalità di rilevazione edi finanziamento dell’attività dei patronati.21

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20 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 3, verbale n. 106, 16giugno 1973.

21 Uno strumento al servizio dei lavoratori e del movimento sindacale. IlCentro elettronico INAS-INCA, volantino distribuito da INAS e INCA, s.d.

Una importante iniziativa viene promossa nel dicembre1973 dal Centro unitario di collegamento dei patronati sinda-cali: il 14 e 15 dicembre si tiene a Roma il primo convegnonazionale sulla riforma del processo di lavoro.22

Il ruolo del patronato sindacale, la presenza nei luoghi dilavoro, gli impegni derivanti dall’applicazione della legge sulprocesso di lavoro, l’efficienza delle strutture per i nuoviobiettivi del patronato stesso sono i principali argomenti di-battuti nel corso dei convegni interregionali INAS-CISL che sisvolgono nel gennaio 1974. In particolare il 18 e 19 gennaio aRoma si ritrovano i rappresentanti delle regioni del Centro-Italia, il 22 e 23 a Napoli i rappresentanti del Sud-Italia, men-tre quelli del Nord-Italia si incontrano a Milano il 25 e 26gennaio.23

Il 19 aprile 1974 viene celebrata la «Giornata unitaria na-zionale dei patronati sindacali» sul tema «Patronato-Sindaca-to: obbiettivi comuni per la difesa della salute dei lavorato-ri».24

Il Consiglio di amministrazione dell’INAS del 15 luglio1974 è l’occasione per una riflessione sull’applicazione delloStatuto dei lavoratori. Il presidente Rocchi nota come lo Sta-tuto dei lavoratori oltre ai tradizionali compiti del patronatoindicati nel decreto del 1947 affida alle rappresentanze dei la-voratori nuovi compiti di controllo delle norme per la preven-zione dei rischi sul lavoro e di promozione di misure idoneealla tutela della salute e sottolinea la necessità di farsi caricodi queste nuove funzioni. Nel corso della stessa riunione vie-ne data notizia della costituzione dell’IFOLM, l’Istituto forma-zione lavoratori migranti, in collaborazione con gli altri pa-tronati, con compiti di natura socio-educativa per i lavoratoriemigrati in altri paesi della CEE.25

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22 Consuntivo INAS di un quadriennio: dal VII all’VIII Congresso, in «Il Pa-tronato dei lavoratori», 1977, n. 74-75-76, pp. 28-29.

23 Ivi, p. 27.24 Ivi, p. 29.25 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 114, 15

luglio 1974.

Come ha notato Adolfo Supino nel luglio 1974 si assisteanche ad una trasformazione a livello di organizzazione diret-tiva dell’Istituto: infatti con la nomina di Giancarlo Baldini asecondo vicepresidente la presidenza dell’INAS diviene effet-tivamente un organo collegiale.26

Tra l’1 ed il 5 ottobre 1974 si svolge a Bari il X Seminarioper responsabili INAS sui temi dell’emigrazione. In tale occa-sione viene sottolineata la vivacità di questo particolare setto-re tradizionale di attività dell’INAS.27

Il 1975 si apre con una preoccupata riunione del Consigliodi amministrazione nel corso della quale emergono le diffi-coltà finanziarie dell’Istituto. Il segretario confederale IdoloMarcone conferma che la CISL si è fatta carico con preoccu-pazione della difficile situazione finanziaria dell’INAS e si èimpegnata ad intervenire presso il ministero del Lavoro per-ché le rimesse a favore del patronato non vengano troppo dif-ferite.28

Dal 10 al 14 febbraio 1975 si svolge ad Ariccia un semina-rio sui problemi dell’ambiente e della tutela della salute neiluoghi di lavoro, organizzato dal Centro unitario INAS-INCA-ITAL in collaborazione con la Federazione CGIL-CISL-UIL. Ilseminario si articola sui temi fondamentali dell’azione del pa-tronato in quella fase storica:29

▫ ambiente ed organizzazione del lavoro: strumenti di inter-vento e forme di lotta;▫ significati e contenuti politici della presenza del patronatonelle strutture sindacali;▫ la gestione delle forze di lavoro in base al giudizio di ido-neità.

Nel 1975 viene celebrato il venticinquesimo anno di vita

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26 A. Supino, L’INAS negli anni (1950-1999), breve cronologia dattiloscritta. 27 INAS Settore emigrazione, Il sindacato, il patronato, l’emigrazione nei

paesi della CEE e in Svizzera. Atti del X Seminario per responsabili INAS in Ita-lia ed all’estero. Bari 1-5 ottobre 1974, Roma 1974.

28 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 116, 14gennaio 1975.

29 Consuntivo INAS di un quadriennio: dal VII all’VIII Congresso…, cit., p. 29.

dell’INAS come patronato della CISL. Tale evento viene ricor-dato con un editoriale del presidente Appio Claudio Rocchiche compare sul mensile dell’Istituto «Il Patronato dei lavora-tori» con il significativo titolo Il Patronato, domani diverso,ma sempre al servizio dei lavoratori, e che rappresenta unainteressante occasione per proporre una riflessione sulle nuo-ve funzioni e sul nuovo ruolo del patronato:

La strada percorsa, dai primi vagiti organizzativi all’attuale impo-nente struttura, è alle nostre spalle e non ci pare né di buon gusto néutile volgerci all’indietro per celebrare trionfalisticamente i succes-si ed i progressi conseguiti. La ricorrenza del venticinquennio ci of-fre allora un’altra occasione: quella di puntare lo sguardo in avantie meditare sulle prospettive che si profilano per l’attività e il ruolodel patronato. L’evoluzione del ruolo del Patronato discende da varifattori: la progressiva attuazione delle riforme previdenziale e sani-taria, la prospettiva di una sia pur lenta ma ricercata migliore fun-zionalità degli Enti previdenziali a gestione sempre più diretta daparte del movimento sindacale, la progressiva e prioritaria impor-tanza della difesa della salute del lavoratore con tutto ciò che questoindeclinabile obbiettivo comporta per il movimento sindacale e peril patronato, che ne è uno strumento operativo tecnico, la crescenteconsapevolezza del lavoratore che la prevenzione è prioritaria ri-spetto al risarcimento del danno, la necessità, infine, di creare lecondizioni per una bonifica moralizzatrice che faccia giustizia diquello sconcertante fenomeno che va sotto il nome di proliferazionedei patronati. […] Una cosa ci pare ormai certa: la prospettiva di unnuovo ruolo e di nuove funzioni del patronato è ineludibile.30

Nell’aprile 1975 viene organizzato a Montesilvano di Pescaraun convegno nazionale, promosso dal Centro di collegamentopatronati sindacali in collaborazione con la Federazione uni-taria, sul tema del ruolo del patronato sindacale nei luoghi dilavoro.31

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30 A. C. Rocchi, Il Patronato, domani diverso, ma sempre al servizio dei la-voratori, in «Il Patronato dei lavoratori», 1975, n. 50-51, cit. in Le tappe dellacrescita, in INAS-CISL, Cogliere la sfida del futuro forti dell’esperienza del pas-sato, Roma 1990, p. 28.

31 Consuntivo INAS di un quadriennio: dal VII all’VIII Congresso…, cit., p. 29.

L’11 febbraio 1976 il Comitato esecutivo dell’INAS individuacome punti fondamentali per il programma annuale del Centrounitario:32

▫ la presenza sui luoghi di lavoro e l’attuazione dell’articolo12 dello Statuto;▫ il potenziamento delle strutture unitarie.

Nel corso del Consiglio di amministrazione del 12 feb-braio 1976 viene proposto una ipotesi per un vasto piano didecentramento dell’Istituto fondato sui seguenti princìpi:

Rimanendo immutato il principio che la formulazione degli indiriz-zi politici, nel quadro delle indicazioni espresse dagli organi centra-li dell’Istituto, deve essere assunto dai Comitati Regionali INAS-CI-SL, la gestione amministrativa e funzionale delle strutture per l’at-tuazione degli indirizzi politici deve essere affidata alla responsabi-lità di un organismo regionale proprio dell’Istituto con la sostanzia-le corresponsabilizzazione dei responsabili provinciali INAS. Il de-centramento deve, infatti, realizzare, tra l’altro, una più ampia par-tecipazione degli operatori e dei responsabili periferici alla vita del-l’Istituto e, pertanto, non può essere un semplice e burocratico tra-sferimento di poteri dal centro alla regione: la corresponsabilizza-zione alla formulazione e all’attuazione delle politiche ed alla ge-stione dell’Istituto deve essere costantemente allargata e deve inve-stire strati sempre più ampi di operatori e dirigenti sindacali.33

Nel mese di luglio del 1976 vengono organizzati una serie diincontri interregionali sui problemi e gli aspetti operativi deldecentramento e sulla delibera approvata su questa materiadal Consiglio di amministrazione.34

Nel luglio 1977 Giancarlo Baldini assume la carica di pre-sidente dell’Istituto. A completare la presidenza vengonochiamati: Bruno Mazzi, Eugenio Nasoni e Giuseppe Ulivi.35

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32 Comitato esecutivo dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 231, 11 febbraio1976.

33 Consiglio di amministrazione dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 120, 12febbraio 1976, documento allegato.

34 Consuntivo INAS di un quadriennio: dal VII all’VIII Congresso…, cit., p. 28.35 Le tappe della crescita…, cit., p. 31.

Il Consiglio di amministrazione dell’Istituto assume la nuovadizione di Consiglio direttivo.

Alla riunione del Consiglio direttivo del 19 dicembre 1977il presidente Giancarlo Baldini, presentando una relazione sulprocedere della riforma strutturale dell’Istituto in particolarein tema di decentramento, segnala la necessità che la CISL de-finisca meglio identità e ruolo dell’INAS.36

Alla riunione del Comitato esecutivo dell’INAS del 13 lu-glio 1978, Baldini annuncia una nuova iniziativa editorialeconcordata con la Confederazione: l’uscita, prevista per il no-vembre 1978 e in sostituzione della «Rivista Italiana di Sicu-rezza Sociale», della rivista bimestrale «Sicurezza SocialeOggi». Nelle intenzioni della presidenza, tale rivista «dovràcostituire […] un più razionale, concreto e moderno strumen-to formativo ed informativo per gli operatori di patronato eper le strutture provinciali».37

Il presidente Baldini, nel corso della riunione del Comitatoesecutivo del 25 ottobre 1978, sottolinea l’emergere di alcunedifficoltà nei rapporti unitari con gli altri patronati sindacali.In particolare segnala il sussistere di problemi nella omoge-neizzazione dei metodi per la trattazione e statisticazione del-le pratiche di assistenza, sulla base dei quali vengono definitii risultati dei singoli patronati ed i conseguenti finanziamenti.L’importanza di tale tema è fortemente sottolineato dal presi-dente: «mancando tale condizione le attività unitarie si ridur-rebbero ad una pura ipotesi di facciata. Le resistenze, soprat-tutto dell’INCA, non possono essere tollerate ed esigono quin-di una netta presa di posizione da parte nostra».38

Proprio il tema della omogeneizzazione dei metodi di va-lutazione delle pratiche sarà una della questioni che anime-ranno numerosi dibattiti anche degli anni seguenti.

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36 Consiglio direttivo dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 124, 19 dicembre1977.

37 Comitato esecutivo dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 238, 13 luglio1978.

38 Comitato esecutivo dell’INAS, registro n. 4, verbale n. 239, 25 ottobre1978.

Lo Statuto dei lavoratori, la CISL, l’INASe le nuove funzioni del patronato

Con il 1970 l’attività del patronato deve confrontarsi con lafondamentale novità legislativa rappresentata dall’introduzio-ne della legge 20 maggio 1970, n. 300, comunemente cono-sciuta come «Statuto dei diritti dei lavoratori». Tale innova-zione normativa è stata preceduta da un decennale e comples-so dibattito fra le diverse forze sindacali, politiche e culturali,nel corso del quale in particolare è emersa la posizione stori-camente e consapevolmente scettica della CISL rispetto all’ef-ficacia dell’iniziativa legislativa nel campo dei rapporti di la-voro in alternativa al ruolo fondamentale della contrattazionecollettiva. È significativo richiamare brevemente la vicendadello Statuto dei lavoratori in quanto sembra segnalare unmodificarsi della cultura confederale, in particolare su temati-che fortemente rilevanti per l’attività di patronato.

Il tema della garanzia dei diritti dei lavoratori sul luogo dilavoro è già presente nella Costituzione, con l’articolo 39 sulriconoscimento giuridico del sindacato, che secondo autore-voli interpretazioni dovrebbe implicare l’emanazione di prov-vedimenti a salvaguardia della sua operatività.

Nel 1952 viene proposto un progetto organico di «Statutodei diritti, della libertà e della dignità dei lavoratori nell’azien-da» da parte di Di Vittorio al III Congresso della CGIL. Taleipotesi mira, negli intenti dei proponenti, alla conquista di unostrumento giuridico a presidio dei diritti civili del lavoratore,della sua libertà di «sviluppare la propria personalità morale,intellettuale e politica», e soprattutto a salvaguardia delle pre-rogative delle commissioni interne. La proposta della CGIL

non ha successo, ma ottiene il risultato che il tema dei rappor-ti di lavoro è ormai divenuto oggetto di dibattito politico.39

Di Statuto non si parla più nella seconda legislatura (1953-58), né nella terza (1958-63). Dopo le elezioni del 1963 qual-cosa inizia a muoversi. Nelle dichiarazioni programmatiche

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39 E. Stolfi, Da una parte sola. Storia politica dello Statuto dei Lavoratori,Milano 1976, pp. 18-21.

che Aldo Moro illustra alle Camere il 13 dicembre ’63 si af-ferma espressamente che il governo intende «definire, sentitele organizzazioni sindacali, uno statuto dei diritti dei lavorato-ri al fine di garantire dignità, libertà e sicurezza nei luoghi dilavoro».

Immediatamente viene esplicitata l’opposizione della CISL.In una conferenza stampa di pochi giorni dopo, Bruno Stortiribadisce in maniera assai chiara la tradizionale ostilità dellasua Confederazione per qualsiasi intervento legislativo. «Laconfederazione», afferma senza mezzi termini, «conosce ununico tipo di statuto che regoli la posizione del lavoratore nelsuo luogo di lavoro: il contratto». Ne discende che la tutela deidiritti dei lavoratori e degli attivisti sindacali va perseguita at-traverso un accordo-quadro interconfederale che abbia comeobiettivo la «necessaria normalizzazione del quadro istituzio-nale della contrattazione collettiva sulla base dell’autonomiadelle parti e nell’ambito dei principi del diritto privato».40

Con il secondo governo Moro del luglio 1964 lo Statuto deilavoratori fa qualche timido progresso. Il nuovo ministro delLavoro, Delle Fave, consegna infatti il 13 novembre di quel -l’anno ai rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori undettagliato questionario in merito ai principali argomenti cheavrebbero dovuto essere assunti nello Statuto. Si trattava inparticolare di tre ordini di problemi: la disciplina dei licenzia-menti individuali, il regolamento delle Commissioni interne ela tutela dell’esercizio dei diritti sindacali nell’azienda. LaCGIL, coerente con la sua tradizionale impostazione «costitu-zionalista», è l’unica a non porre pregiudiziali negative alloStatuto. Considera infatti non solo «opportuno, ma indilazio-nabile l’intervento del legislatore rivolto a garantire l’eserci-zio dei diritti dei lavoratori nei luoghi di lavoro».

La risposta della CISL è fortemente negativa, dal momentoche muove da una posizione di assoluto rifiuto di

ogni soluzione meramente formalistica dei problemi inerenti alladisciplina del rapporto di lavoro e, in particolare, alla presenza dei

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40 Ivi, pp. 25-34.

lavoratori nell’impresa per una ragionata e convinta adesione almetodo contrattuale, l’unico effettivamente capace di risolvere, conpiena aderenza alla mutevole realtà del sistema economico-sociale,le tensioni che in esso inevitabilmente si producono. La CISL nonpuò che ribadire pertanto le sue più ampie riserve sull’iniziativadello Statuto, fermamente convinta che diversa da quella prospetta-ta debba e possa essere la via per realizzare la tutela della libertà edella sicurezza dei lavoratori, entro e fuori dell’impresa. Tale via èil contratto collettivo.

La posizione della UIL si colloca fra questi due estremi. Infattimentre ribadisce da un lato la propria volontà di affidare al me-todo contrattuale la regolamentazione del rapporto di lavoro,riconosce dall’altro che per alcune materie l’azione del legisla-tore, «preventivamente preparata da libere discussioni tra im-prenditori e sindacati dei lavoratori», può realizzare adeguateforme di garanzia e di tutela. La Confindustria non rispondeneppure al ministro del lavoro, facendogli solo presente

di ritenere superfluo entrare nel merito della casistica del questiona-rio in quanto un intervento legislativo in materia di rapporti di lavo-ro contrasterebbe con la funzione normativa delle organizzazionisindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, funzione che trae lasua specifica garanzia nella Costituzione e radici nella fecondaesperienza sviluppatasi in tutti questi anni.41

Nel 1966 vi è un importante avvenimento: l’approvazionedella legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla giusta causa nei licen-ziamenti. Significativamente questa legge è un obiettivo per-seguito unitariamente dalle tre confederazioni, compresa laCISL. Dopo le elezioni del 18 giugno 1968, con la nuova legi-slatura, lo Statuto entra definitivamente nell’agenda politica.Nel presentare il programma del proprio governo, Rumor af-ferma a proposito dello Statuto:

Prioritario il governo considera l’impegno a definire in via legisla-tiva, indipendentemente e nella garanzia della libera attività con-

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41 Ivi, pp. 34-39.

trattuale delle organizzazioni sindacali, e con la loro consultazione,una compiuta tutela dei lavoratori nelle aziende produttive di beni eservizi che assicuri dignità, libertà e sicurezza nei luoghi di lavoro,con particolare riferimento ai problemi della libertà di espressionedi pensiero, della salvaguardia dei lavoratori singoli e della lororappresentanza nelle aziende e delle riunioni sindacali nell’impre-sa.42

Ministro del Lavoro di questo governo è il socialista Brodoli-ni che accompagna al prestigio politico una lunga esperienzasindacale nella CGIL. Il 24 gennaio 1969 Brodolini intervienealla Commissione lavoro del Senato per annunciare ufficial-mente l’intenzione del governo di presentare un proprio dise-gno di legge sullo Statuto, e l’istituzione a tal fine di una com-missione di studio. Il 5 e 6 marzo il ministro convoca i sinda-cati ed i rappresentanti dei datori di lavoro per comunicare lo-ro il documento finale della commissione, intitolato «Tuteladella libertà, sicurezza e dignità dei lavoratori sui luoghi di la-voro».43 Nel rispondere a tale documento la CGIL si mostratendenzialmente favorevole, riaffermando il valore di garan-zie legislative specifiche per la libera esplicazione dell’atti-vità sindacale nei luoghi di lavoro. Più diffidente, ma nonaprioristicamente contraria, appare la risposta della CISL.Questa confederazione mostra di aver abbandonato il netto ri-fiuto di ogni intervento legislativo, sebbene continui a sottoli-neare la centralità del metodo contrattuale.44 Il 10 giugno1969 il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge ri-guardante lo Statuto.

Dopo la morte di Brodolini, il 12 luglio 1969 nuovo mini-stro del Lavoro diviene il democristiano Donat-Cattin, il qua-le mostra subito di voler continuare con il lavoro del suo pre-decessore. Il nuovo ministro, con l’ausilio di Gino Giugni(che era già stato collaboratore di Brodolini) affronta il dibat-tito parlamentare sul disegno di legge governativo che inizia

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42 Ivi, p. 49.43 Ivi, pp. 65-66.44 Ivi, pp. 76-85.

il 2 dicembre 1969 al Senato. La discussione generale confer-ma che intorno al provvedimento legislativo esiste una vastaarea di consenso. Alla Camera il dibattito ha inizio il 13 mag-gio ed il 14 maggio 1970 lo Statuto diviene legge dello Sta-to.45

La breve ricostruzione del percorso storico che ha condottoall’emanazione dello Statuto dei lavoratori fa emergere chiara-mente l’evoluzione della posizione della CISL.46 Rispetto altradizionale scetticismo sul’efficacia di un intervento norma-tivo, l’accettazione dello Statuto dei lavoratori sembra rappre-sentare una chiara discontinuità, anche se la centralità dellapratica contrattuale ritorna ad essere rivendicata proprio comestrumento per l’applicazione piena della normativa stessa. Inquesta direzione appaiono significative le numerose fonti do-cumentarie di provenienza INAS che testimoniano l’impegnoper una effettiva applicazione delle norme statutarie. Emble-matica sono le note introduttive di un manualetto INAS distri-buito nel febbraio 1973:

La presenza del Sindacato e del Patronato in fabbrica è un fattomolto importante per la difesa dei diritti dei lavoratori ed è unostrumento molto valido, perciò i padroni cercano di scantonare, manoi dobbiamo insistere perché siano realizzati gli accordi sindacalistabiliti dall’art. 12 dello Statuto dei diritti dei lavoratori perché so-lo attraverso quella strada sarà possibile tenere sempre d’occhio la

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45 Ivi, pp. 128-162.46 Secondo Gino Giugni all’origine del mutamento di posizione della CISL

vi sono anche motivazioni legate alla congiuntura congressuale ed al dibattitointerno alla Confederazione: «Infatti, la CISL andava verso un congresso im-portante, e quindi anche la posizione sullo Statuto divenne argomento di pole-mica fra i due schieramenti. E così, mentre Storti si era arroccato sul no alloStatuto, il gruppo Carniti si spostò sulla linea opposta. Non mancarono le sor-prese neanche nell’altro schieramento. Infatti, quando la proposta di legge sul-lo Statuto venne pubblicata, Scalia uscì clamorosamente con un giudizio posi-tivo: è una buona proposta, disse, perché è rispettosa dei diritti del sindacato; èuna legge di sostegno che non comprime l’autonomia del sindacato. Era certa-mente una mossa tattica per sottrarre spazio agli avversari interni, comunqueanche questa contribuì a fare in modo che tutta la CISL accettasse lo Statuto»(A. Forbice, Le relazioni industriali nel ‘69 e lo Statuto dei lavoratori. Intervi-sta con Gino Giugni, in L’autunno caldo dieci anni dopo, Roma 1979, p. 156).

realtà della fabbrica e sollecitare gli interventi necessari ad elimina-re i fatti negativi per gli interessi dei lavoratori.47

Al secondo Convegno nazionale dell’INAS che si tiene a Ro-ma nel gennaio 1973, il presidente del patronato, Appio Clau-dio Rocchi, nel sottolineare fortemente l’importanza delloStatuto dei lavoratori, fa emergere la piena introiezione ed ac-cettazione in ambiente CISL di questo strumento normativocome mezzo fondamentale per l’azione sindacale ed in parti-colare per l’attività di patronato:

se, al momento in cui fu emanata la legge n. 300 scivolò quasi inav-vertita […] a due anni di distanza è indiscussa la funzione di spintache essa sta realizzando sia nei riguardi dell’autonomia e della con-trattazione sindacale sia nell’ambito della stessa tutela giurisdizio-nale. Il fenomeno del potenziamento del sindacato nell’impresa enella società forse si sarebbe prodotto egualmente sulla cresta del-l’azione conflittuale: sta di fatto che lo Statuto dei lavoratori ha fa-cilitato questo ruolo stimolandone l’espansione soprattutto nelle re-gioni più depresse e sottosviluppate, nell’altra Italia dove le condi-zioni di oppressione e di inferiorità creano per i lavoratori un dannoinsopportabile. Egualmente una serie di strumenti legislativi […]sono stati, per così dire, ritrovati e si sono offerte ai lavoratori, me-diante il loro utilizzo, nuove possibilità per far valere i loro diritti[…] Lo Statuto ha sortito, dunque, una serie di effetti diretti e me-diati, qualunque sia stata la interpretazione estensiva o restrittivadata ai singoli articoli.48

L’applicazione dello strumento legislativo dello Statuto deilavoratori comporta un significativo allargamento delle com-petenze del patronato ed un rinnovamento delle sue modalitàdi agire. Un aspetto importante della legge si riferisce alla tu-tela della salute e dell’integrità psicofisica dei lavoratori nel-l’ambiente di lavoro. Gli articoli 5, 9 e 12 dello Statuto, con-

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47 INAS, Assistenza sociale in azienda, Roma 1973, p. 5.48 Relazione generale del Presidente dell’INAS al II Convegno nazionale

INAS-CISL, in Patronato-Sindacato: obiettivi comuni per il progresso dei lavo-ratori, VII Congresso confederale CISL, Roma 1973, p. 13.

siderati unitariamente, sanciscono che la salute dei lavoratorideve essere tutelata, nel quadro di una nuova rete di sanitàpubblica, dagli stessi lavoratori mediante il controllo rigorosodelle norme vigenti e mediante un’opera di informazione-for-mazione costante. Significativamente l’articolo 12 chiama aquesti impegni anche il patronato, nel quadro del riconosci-mento del diritto a svolgere la propria attività all’interno del-l’azienda.49 Nel documento conclusivo del II Convegno na-zionale dell’INAS del gennaio 1973, viene espressamente ri-chiamato questo nuovo ruolo del patronato:

Compito del patronato sul posto di lavoro deve essere quello di rea-lizzare l’assistenza e tutela dei lavoratori mediante l’informazionecostante […] la costruzione assieme ai lavoratori stessi delle ver-tenze relative ai problemi della salute […]. Occorre conseguente-mente prevedere negli accordi nazionali ed aziendali per l’ambientedi lavoro che il patronato sia inserito tra gli strumenti di interven-to.50

Nella relazione sull’attività dell’INAS nel quadriennio 1969-1973 l’azione di tutela della salute del lavoratore e più in ge-nerale la necessità di svolgere una funzione attiva nel campodel controllo dell’ambiente di lavoro è esplicitamente ricono-sciuto come un compito specifico del patronato:

L’esperienza più recente fatta dal sindacato in tema di contrattazio-ne dell’ambiente di lavoro, sia a livello nazionale che aziendale,con la conquista di strumenti di conoscenza e di controllo (libretti,registri, commissioni ambiente ecc.), ha imposto ai patronati sinda-cali di svolgere anche la funzione di informazione e formazione e distimolo sui problemi degli infortuni e delle malattie professionali ela opportunità di dare un concreto contributo agli organismi sinda-cali di fabbrica tanto in ordine all’applicazione delle norme esisten-

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49 Ivi, p. 13.50 INAS, Patronato-Sindacato: obiettivi comuni per il progresso dei lavora-

tori. Proposte di evoluzioni organizzative e strutturali dell’INAS per una semprepiù operante integrazione della politica del Patronato in quella del sindacato,documento conclusivo del II Convegno nazionale INAS-CISL, copia a stampa,Roma 1973, p. 4.

ti (anche se carenti), che alla ricerca di una legislazione e di normecontrattuali più idonee. L’accento posto dal sindacato sulla preven-zione delle malattie e degli infortuni ha posto l’esigenza di utilizza-re anche i dati relativi al risarcimento ai fini di una ricerca dellecause della nocività, ricerca che è essenziale per una reale tutela.L’azione di elaborazione e di denuncia, di informazione e genera-lizzazione di conoscenze assunta dal Patronato, esalta la propria na-tura sindacale che deriva dalla saldatura tra servizio di patronato edorganismi del sindacato a tutti i livelli, a partire dai luoghi di lavo-ro.51

Un manuale informativo diretto ai lavoratori, edito dall’INAS

in quegli stessi anni, delinea chiaramente la nuova funzionestrategica dell’azione di patronato:

Quando si sente parlare di Patronati dei lavoratori, ancora qualcunopensa ad uno di quei tanti uffici cui affidare pratiche di pensione perinvalidità, vecchiaia, assegni familiari ecc. […] Tuttavia la loro atti-vità non si limita all’acquisizione delle pratiche dei singoli lavora-tori ma si estende alla difesa del nostro salario previdenziale e alpotenziamento della nostra azione rivendicativa per un ambiente dilavoro più sano. Infatti oltre ad impegnarsi nel discorso generaledella sensibilizzazione dei lavoratori in merito ai problemi della sa-lute sul luogo di lavoro, mettono a disposizione di tutte le categorieun servizio di studio e documentazione che segue attentamente ogniaspetto della prevenzione sia sul piano giuridico che tecnico ed or-ganizzano corsi di formazione e incontri di studio a tutti i livelli.52

L’ampliarsi delle competenze riconosciute al patronato segna-la una modificazione strutturale del modo di pensare la suafunzione. Nei primi anni Settanta il patronato viene semprepiù rappresentato come espressione di un sindacato di massae non come strumento di assistenza al singolo lavoratore.Questa impostazione emerge esplicitamente anche nella do-cumentazione di provenienza dei patronati stessi come testi-

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51 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 64.52 INAS, Per una azione di autotutela della salute nell’ambiente di lavoro,

Roma s.d., pp. 26-27.

moniano le seguenti affermazioni contenute in un «quadernoper l’attività formativa» del 1975:

È ben chiaro che il compito fondamentale del patronato sindacale èoggi quello di realizzare l’assistenza dei lavoratori su basi di massa,superare la casualità individuale per fornire alle organizzazioni del-la classe lavoratrice gli elementi politici che da questa attività sca-turiscono.53

Il diversificarsi delle funzioni riconosciute al patronato, anchein conseguenza dell’applicazione dello Statuto dei Lavoratori,si connette con un altro principio fondamentale che divieneuno dei temi centrali del dibattito negli anni Settanta: la pre-senza degli istituti di patronato nel luogo di lavoro. L’idea diun patronato sindacale che svolge non solo funzioni di assi-stenza personale, ma che ricopre anche un ruolo più generaledi azione, formazione e denuncia rispetto ai temi della salute,dell’ambiente di lavoro e della previdenza, fa emergere la ne-cessità di una presenza diretta nelle realtà aziendali, integratacon le strutture sindacali. L’articolo 12 dello Statuto dei lavo-ratori riconosce espressamente questa necessità, ed è interes-sante analizzare le modalità con cui questa presenza viene in-terpretata nei primi anni Settanta. Nella documentazione diorigine sindacale o prodotta dagli stessi patronati, la presenzasul luogo di lavoro è interpretata come un momento della pre-senza del sindacato stesso, oppure, con una impostazione cheappare ancora più di rottura rispetto a quella tradizionale, co-me una delle espressioni del movimento dei lavoratori, men-tre appare chiaramente superata l’idea dell’ente di patronatocome soggetto distaccato di pura assistenza. In questa pro-spettiva anche nei documenti dell’INAS viene rigettata

una interpretazione riduttiva, tendenzialmente portata a vedere nelmomento della presenza del patronato sindacale in fabbrica un tipodi presenza distaccato dai momenti di lotta dei lavoratori, quasicontrapponendo alla carica rivendicativa che da essi si sprigiona un

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53 Centro unitario patronati sindacali INAS-CISL INCA-CGIL ITAL-UIL, Il pa-tronato sindacale oggi, Roma 1975, p. 41.

momento di quiete burocratica […]. È la contrattazione aziendaleche affida ai patronati sindacali compiti più vasti oltre il semplicecontenzioso e gli obblighi al controllo, collegando vitalmente talepresenza all’azione che i lavoratori stanno conducendo per umaniz-zare l’ambiente in cui vivono e dalla cui organizzazione sono anco-ra esclusi.54

La consapevolezza che la presenza in fabbrica del patronatocontribuisce ad una trasformazione strutturale delle funzioni edel ruolo dell’Istituto viene riaffermata anche nella documen-tazione a circolazione interna dell’INAS, come ad esempionella circolare dell’11 aprile 1972:

La presenza in fabbrica contribuisce a modificare la stessa funzionedi assistenza al singolo lavoratore a cui non si risponde più soltantocon la soluzione tecnica e giuridica dei suoi problemi previdenziali,ma rendendolo partecipe al superamento di condizioni sociali ina-deguate che all’interno delle aziende risultano facilmente tangibi-li.55

La natura sindacale della presenza del patronato in azienda èespressamente ribadita nei documenti dell’INAS, come ad esem-pio nella relazione relativa all’attività dell’INAS stesso nelquadriennio 1969-1973:

Sono questi i principi ai quali si è ispirato l’INAS nell’attuazionedell’art. 12:– Nelle aziende il sindacato è il solo strumento di rappresentanza edi autotutela dei lavoratori e utilizza per la propria azione svariatimezzi;– Nel campo dell’assistenza e della previdenza, il sindacato si servedel patronato di propria emanazione, cui può affidare, per questasua natura, ulteriori compiti: ad esempio in materia di prevenzionedei rischi e delle malattie da lavoro.

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54 Relazione generale del Presidente dell’INAS al II Convegno nazionaleINAS-CISL…, cit., p. 13.

55 Circolare INAS dell’11-4-1972 sulla presenza in azienda, riportata in Pa-tronato-Sindacato: obiettivi comuni per il progresso dei lavoratori. VII Con-gresso confederale CISL, Roma 18-21 luglio 1973, Roma 1973, p. 197.

Da questa impostazione sono derivate queste precise scelte:– L’ingresso e le garanzie per l’azione dei patronati in azienda van-no realizzati con accordi sindacali; perciò è stata respinta ogni pre-tesa padronale a fare accordi direttamente con i patronati.– La presenza va attuata attraverso le realtà sindacali presenti edoperanti nell’azienda, dotate di possibilità di movimento per la at-tuazione dei propri compiti, dell’uso di adeguate sedi e di permessi[…].Assodato che negli accordi si deve stabilire che le attività di patro-nato nei luoghi di lavoro sono svolte dagli attivisti sindacali, va pre-vista la presenza nelle aziende di operatori di patronato. Ad essispetta il coordinamento e l’integrazione fra l’azione sindacale equella di patronato, nel campo dell’assistenza e in quello della tute-la della salute.56

L’integrazione patronato-sindacato come risultato della pre-senza diretta sul luogo di lavoro diviene l’obiettivo strategicoespressamente indicato dalla dirigenza dell’INAS. Il patronatoviene allora interpretato come lo strumento «del potere sinda-cale in fabbrica», e la sua presenza sul luogo di lavoro «non èconcepita come una pura forma di assistenza ai singoli lavo-ratori, ma è stata caratterizzata come presenza politica sinda-cale per una efficace azione di tutela delle integrità psicofisi-che e dei diritti previdenziali».57

La compenetrazione tra attività sindacale ed attività di pa-trocinio in azienda come prospettiva strategica dell’INAS sirealizza anche tramite la scelta dei delegati unici e lo strettorapporto con le strutture sindacali e consiliari:

L’attività di patronato deve essere svolta da membri del Consigliodei delegati operanti nei luoghi di lavoro, al fine di rendere concre-ta la compenetrazione che deve esistere tra iniziativa e presenza delpatronato e iniziativa e presenza sindacale. La scelta di delegati uni-ci rappresenta un momento coerente per realizzare tale presenzaunitaria, ottenendo per l’espletamento di tali compiti permessi sin-dacali retribuiti, diritto di affissione e distribuzione di materiale re-

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56 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73 …, cit., p. 63.57 A. C. Rocchi, Fare del patronato uno strumento del potere sindacale in

fabbrica, in «Conquiste del lavoro», 30 giugno 1974, p. 27.

lativo alla attività di patronato, prevedendo inoltre l’accesso inazienda e nelle assemblee dei dirigenti sindacali e dei quadri di pa-tronato responsabili del servizio sociale unitario, come anche, senecessario, dei medici e dei tecnici del patronato.58

Nella documentazione coeva lo stretto rapporto tra strutturesindacali e di patronato viene interpretata come una conse-guenza di un cambiamento strategico più ampio che può esse-re riassunto con la formula del superamento della delega alpatronato:

Il Sindacato dopo la liberazione […] per garantire la difesa dei di-ritti previdenziali ed assistenziali dei lavoratori ha costituito il pro-prio patronato […]. Ad esso ha delegato, proprio come servizio spe-cifico, compiti parziali e limitati, quali l’azione per l’applicazionedelle leggi sociali, degli accordi e contratti, contro le inadempienzeed il fiscalismo degli istituti previdenziali. […] Le lotte dal 1968 adoggi, con le loro conquiste, hanno determinato una mutazione so-stanziale nella strategia del sindacato, attraverso la assunzione deiproblemi prima non pienamente valutati o delegati al patronato.Hanno maturato anche la presa di coscienza che il superamento delfiscalismo degli enti previdenziali, ed il conseguimento di presta-zioni corrispondenti alle esigenze di vita reale dei lavoratori, sonopossibili solo attraverso l’impegno costante dei medesimi, che partaquotidianamente dalle esigenze e dalle richieste individuali per di-ventare un fatto rivendicativo di massa, nei confronti delle contro-parti pubbliche e private. In questo processo, con l’assunzione di-retta da parte del sindacato delle problematiche assistenziali e pre-videnziali, con la conquista sia pure graduale della gestione demo-cratica degli enti erogatori, con la lotta per la difesa della salute, chesi inquadra nella globale politica rivendicativa di un sistema di si-curezza sociale, si colloca l’evoluzione del ruolo del patronato econseguentemente il mutamento dei rapporti tra quest’ultimo ed ilsindacato. Oggi il patronato è chiamato a coprire un’area particola-

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58 INAS, Relazione critica delle esperienze; significato e limiti dell’azionesindacale e di patronato per l’applicazione degli artt. 5-9-12 dello Statuto deidiritti dei lavoratori, relazione della presidenza INAS al seminario «Ambientedi lavoro e tutela della salute», organizzato dal Centro unitario di collegamen-to patronati INAS INCA ITAL, Ariccia 10-14 febbraio 1975, copia dattiloscritta,p. 11.

re, specifica dell’impegno del movimento sindacale, nell’ambitodella politica generale promossa dal sindacato.59

La prospettiva unitaria

La storia dell’INAS negli anni Settanta è contrassegnata dallavicenda del tentativo unitario che segna profondamente l’e-sperienza del sindacato confederale italiano. Il crescente inse-rimento dell’esperienza di patronato all’interno di una pro-spettiva più strettamente sindacale e confederale ha comeconseguenza il fatto che anche la vicenda dell’INAS si trova adoversi confrontare con i successi, i fallimenti e le contraddi-zioni del tentativo unitario.

La vicenda dell’unità dei patronati sindacali si muove pa-rallelamente alle accelerazioni e decelerazioni dell’esperienzaconfederale che a partire dal 1970 segna alcuni passaggi fon-damentali. Dal 26 al 29 ottobre si riuniscono al palazzo deicongressi di Firenze i consigli generali delle tre confederazio-ni per discutere sulla prospettiva sindacale unitaria. L’assem-blea, poi ricordata come Firenze 1, si conclude con una pro-posta appello ai lavoratori affinché costruiscano «un sindaca-to nuovo, autonomo e democratico, che non sia la semplice ri-sultante delle tre confederazioni, ma soprattutto l’espressioneorganizzata di azione e di lotta di tutta la classe lavoratriceitaliana».60

Nel febbraio 1971 nella riunione poi denominata Firenze2, le segreterie di CGIL, CISL e UIL decidono la strategia deitempi brevi per il raggiungimento dell’unità organica.61 Il 22novembre 1971 si apre, ancora a Firenze, l’assemblea dei Con-sigli generali unitari nel corso della quale la strada verso l’u-nità organica sembra spianata. Questo incontro, il cosiddetto

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59 Centro unitario patronati sindacali INAS-CISL INCA-CGIL ITAL-UIL, Il pa-tronato sindacale oggi… cit. pp. 11-12.

60 G. Bianchi, Storia dei sindacati in Italia dal ’44 ad oggi, Roma 1984,pp.180-181.

61 S. Turone, Storia del sindacato in Italia, Bari 1973, p. 510.

Firenze 3, si conclude con la convocazione dei congressi perlo scioglimento delle tre confederazioni nel settembre 1972 efissando il primo congresso confederale unitario entro cinquemesi.62

Questa fase di accelerazione del progetto unitario si river-bera anche nella realtà dei patronati. L’impegno unitario deipatronati trova il suo stimolo e punto di riferimento nell’ap-plicazione dello Statuto dei lavoratori e, a partire dalle pro-blematiche connesse alla sua applicazione, si possono indivi-duare alcuni capisaldi intorno ai quali si costruisce l’azionecomune dei tre patronati di origine sindacale INAS, INCA eITAL:63

▫ la formulazione e la sottoscrizione unitaria degli accordiaziendali per la presenza dei patronati sindacali sui luoghi dilavoro in applicazione dell’articolo 12 dello Statuto;▫ i temi della salute e degli accertamenti sanitari nei luoghi dilavoro nonché la prevenzione dei rischi e danni professionali;▫ l’ispirazione unitaria dell’interpretazione legislativa comepreludio alla omogeneizzazione degli interventi e dei com-portamenti nella pratica esplicazione del compito istituziona-le di tutela e di promozione dei diritti sociali dei lavoratori, insintonia con le politiche e le iniziative delle confederazioni;▫ l’introduzione dell’informatica nei sistemi operativi istitu-zionali;▫ l’iniziativa nel campo dello studio e della ricerca sui proble-mi dei rischi e dei danni da lavoro.

A partire da questi capisaldi il progetto unitario conducenei primissimi anni Settanta alla costruzione di strutture orga-nizzative comuni dei tre patronati di origine sindacale. Vienecosì costituito un unico centro di elaborazione dati, a partireda una iniziativa di INAS e INCA, che prende la denominazionedi «Centro elaborazione dati-CED». Viene poi prestata parti-colare attenzione al progetto di omogeneizzare il più possibilela gestione delle pratiche e dei moduli di lavoro specifici deitre patronati sindacali. Alla fine del 1972 viene così costituito

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62 G. Bianchi, Storia dei sindacati in Italia…, cit., p. 184.63 Come si era 50 anni fa…, cit., p. 59.

in sede centrale una struttura unitaria operativa, il «Centrooperativo unitario dei patronati sindacali-COPUS», con il com-pito di diramare direttive sostanziali e procedurali omogeneea tutte le sedi periferiche. In seguito viene costituito il «Cen-tro unitario dei patronati-CUP» che progressivamente assorbeaspetti particolari dell’attività tipica dei singoli patronati:▫ in materia organizzativa, in relazione agli interventi relativialla presenza unitaria nel territorio e sul luogo di lavoro;▫ in materia formativa, su tutte le iniziative di divulgazione eapprofondimento delle tecniche di assistenza sia nel settoredelle previdenze sociali, sia in relazione al più recente impe-gno nel campo della tutela della salute in fabbrica;▫ sul piano operativo, nell’uso sempre più avanzato deglistrumenti e delle tecniche informatiche.64

Il senso della costituzione di una struttura operativa unita-ria, il cosiddetto «Centro unitario di collegamento dei patro-nati sindacali», viene spiegato su «Conquiste del lavoro» daun lungo articolo di Ravizza pubblicato nel dicembre 1972:

I patronati sindacali INAS-CISL, INCA-CGIL, ITAL-UIL stanno per co-stituire un organismo di collegamento che faciliti, mediante la per-manenza dei rapporti, l’elaborazione delle politiche sociali e l’at-tuazione di alcune iniziative generali di tutela dei lavoratori, che giàsono patrimonio comune ai tre istituti. Il Centro Unitario di collega-mento, così si chiama tale organismo operativo, nasce all’internodel più vasto cammino verso l’unità di tutti i lavoratori la quale, seriguarda in primis le associazioni sindacali, […] tocca egualmente ipatronati di emanazione sindacale in quanto strutture di servizio edi assistenza, finalizzate alla tutela di quella parte vitale del salarioche è detto comunemente differito o previdenziale. […] E la vali-dità di tale scelta si è dimostrata proprio nell’attuale collegamentoche è insieme un fatto politico e un fatto funzionale. Politico perchéintegra ancor più l’azione sindacale con l’attività del patronato, sen-za permettere commistioni di funzioni o surrogazioni reciproche,dannose proprio alla nuova funzione del sindacato che ha semprepiù bisogno di specializzazione. Funzionale perché esperienze an-cora diverse e molteplici, che i patronati hanno alle spalle, serviran-

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64 Ivi, p. 60.

no alla definizione di un’uniforme e qualificata attività di patroci-nio che, ne siamo certi, avrà la capacità di porsi al centro di unachiarificazione dello stato dell’assistenza del Paese.65

Il procedere del processo di integrazione tra i tre patronati diorigine sindacale si inserisce in un evolvere della vicenda uni-taria confederale che, dopo le accelerazioni dei tre incontri fio-rentini, deve confrontarsi con le alterne vicende che conduco-no alla costituzione della Federazione unitaria ed al fallimentodella prospettiva dell’unità organica. Nel corso del 1972 laprospettiva indicata nel cosiddetto incontro Firenze 3 entra incrisi a seguito del pronunciamento della segreteria della UIL

che si esprime per l’impossibilità dell’unità sindacale. In que-sta nuova situazione la CGIL, che come la CISL ha già fissato ladata per il proprio congresso di scioglimento, corre ai ripariproponendo una mediazione. Il 30 maggio 1972 infatti la CGIL

propone a CISL e UIL di stipulare un patto federativo, propostache viene accettata dalle altre due confederazioni così da giun-gere il 24 luglio all’incontro della Domus Mariae a Roma conla nascita della Federazione unitaria.66

La strutturazione delle relazioni tra i tre patronati sindacaliall’interno del Centro unitario di fatto ricalca il modello dellaFederazione delle confederazioni, con l’integrazione delle strut-ture, ma non lo scioglimento dei singoli istituti. In particolare lalinea unitaria di sviluppo del patrocinio, oltre al servizio tecnicoed istituzionale prestato direttamente ai lavoratori, si esplicita inuna intensa attività di studio e di divulgazione delle conoscenzenel campo della medicina legale, della medicina del lavoro, deldiritto previdenziale ed in generale della dottrina sociale:

Tra il 1970 ed il 1980 si registra una sequenza nutritissima di inizia-tive unitarie di studio sui principali argomenti che la vita politica,anche sulla spinta della notevole sollecitazione sindacale, propone-va all’attenzione ed all’interesse delle forze comunque coinvoltenell’impegno verso il progresso sociale del Paese. Tavole rotonde,

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65 A. Ravizza, Patronati: costituito il centro di collegamento, in «Conqui-ste del lavoro», 31 dicembre 1972, p. 39.

66 G. Bianchi, Storia dei sindacati in Italia…, cit., pp. 184-191.

seminari, convegni sui vari problemi che, di volta in volta, si impo-nevano sorgendo dalla quotidiana esperienza dell’attività assisten-ziale nelle realtà di vita e di lavoro e dalle spinte che salivano dallesollecitazioni di tutela della condizione di lavoro, si susseguivanoad un ritmo incalzante.67

Tra le tantissime iniziative che vengono organizzate si posso-no ricordare quelle che più si definiscono per il loro carattereunitario, anche per la valenza politica che in questa fase assu-me questa scelta. Il primo convegno unitario si tiene a Romanel 1971 nei giorni 8 e 9 ottobre ed affronta il tema della valu-tazione dell’invalidità pensionabile. Un altro incontro unitariosignificativo si tiene dal 27 al 30 marzo 1972 a Rimini quandoviene organizzata la Conferenza nazionale unitaria sul temadella tutela della salute in fabbrica e sui problemi connessi al-l’applicazione dello Statuto dei lavoratori. Nel 1975 si segna-lano il convegno romano che si tiene dal 20 al 22 marzo sul-l’attuazione delle norme di procedura per le vertenze giudizia-rie, previdenziali e di lavoro introdotte dalla legge 11 agosto1973 n. 533, e il seminario unitario tenutosi a Montesilvanonei giorni 3, 4 e 5 aprile sul ruolo del patronato e sul suo rap-porto con il sindacato. Nel 1976, dal 26 al 28 aprile, si segnalaa Roma un convegno sulla revisione della tutela assicurativadelle malattie professionali. Particolarmente significativo è l’in-contro del 20 aprile 1979 a Roma sulla riforma sanitaria intro-dotta con la legge 26 dicembre 1978 n. 833. L’ultima iniziativaunitaria è il convegno sulla tutela del salario previdenziale chesi tiene a Bologna il 4 e 5 novembre 1980.68

Questa vivace attività unitaria seminariale e di studio checaratterizza l’intero arco del decennio Settanta, viene affiancatadalla costituzione di alcune strutture stabili, tra le quali si se-gnala in particolare l’esperienza, in origine solo INCA, in mate-ria di ricerca analitica sui temi dei rischi da lavoro e sulla noci-vità delle lavorazioni, dei materiali e dei processi lavorativi,rappresentata dal «Centro unitario di ricerca e documentazione

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67 Come si era 50 anni fa…, cit., p. 61.68 Ivi, pp.61-63.

sui rischi e danni da lavoro». Nel dicembre 1973 Appio Clau-dio Rocchi, presentando questa nuova struttura sulle pagine di«Conquiste del lavoro», fa emergere la nuova sensibilità delpatronato per una azione non solo assistenziale in campi comequelli dell’ambiente di lavoro e della salute dei lavoratori:

I Patronati di estrazione sindacale […] hanno promosso un’iniziati-va unitaria […] che si inserisce nel quadro dell’azione che il movi-mento sindacale sta portando avanti per la tutela della salute del la-voratore nell’ambiente di lavoro. È stato creato, utilizzando unaprecedente esperienza dell’INCA, il Centro Unitario di ricerca e do-cumentazione sui rischi e sui danni di lavoro. Non v’è dubbio che[…] il tema della salute del lavoratore è sempre più destinato ad es-sere il tema dominante e prioritario nell’azione del movimento sin-dacale. Il costituito Centro di documentazione si innesta in questaineludibile prospettiva della politica del sindacato. Il Centro intendecontribuire […] a soddisfare l’esigenza del sindacato e del patrona-to di conoscere tutti i rischi e tutti i danni alla salute presenti nelleattività lavorative. Contribuire inoltre alla definizione dei metodi diindagine, dei sistemi di controllo […], dei metodi di misurazionedei fattori di nocività ambientale e degli effetti sull’uomo dei siste-mi di protezione individuali e collettivi. Contribuire infine alla dif-fusione delle esperienze riguardanti nuove forme di organizzazionedel lavoro che riducano e eliminino la nocività. È evidente che unaattività di questa natura esclude ogni tentazione meramente docu-mentaristica ed ogni indirizzo puramente scientifico ed esige piut-tosto una destinazione ben precisa ed operativa: porre in condizionei sindacati ed i lavoratori, ai livelli dei loro organismi rappresentati-vi nei luoghi di lavoro, di gestire i contratti di lavoro e gli accordiche investono i problemi dell’ambiente.69

Fino alla fine del decennio la principale difficoltà operativa cheincontra il progetto unitario è rappresentata dalle diverse moda-lità di gestione delle pratiche che caratterizzano i tre patronatidi origine sindacale. Tale questione è di cruciale importanza acausa della correlazione tra l’operatività degli interventi assi-stenziali e la loro valutazione allo scopo di suddividere i finan-

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69 A. C. Rocchi, Iniziativa unitaria dei padronati per la tutela della salutein fabbrica, in «Conquiste del lavoro», 9 dicembre 1973, p. 25.

ziamenti pubblici tra i diversi Istituti. Nel corso del decennio laspinta unitaria convive con la sopravvivenza di un senso di ap-partenenza proprio di ogni Istituto che rende difficoltoso l’im-porsi di una identità comune anche sul piano operativo. Il sussi-stere di tale difficoltà è ancora presente nel 1979 quando vieneannunciata l’uniformazione della pratica assistenziale:

L’attività dei patronati sindacali sarà uniformata sia per quanto ri-guarda l’acquisizione e la trattazione degli interventi assistenziali,sia per l’elaborazione dei dati. A questa conclusione è giunto il Di-rettivo del centro Unitario INAS INCA ITAL dopo aver ascoltato la re-lazione del presidente del patronato della CISL Giancarlo Baldini(…). Omogeneizzazione, ha detto Baldini, vuol dire conoscenza re-ciproca delle procedure adottate, garanzie reciproche di correttezza,assunzione unitaria di responsabilità, rapporti strutturali e personaliimprontati non più a concorrenze spesso infruttuose, utilizzo distrumentazione, anche tecniche, che facilitino l’acquisizione disempre maggiore e più qualificata attività di tutela da parte del pa-tronato sindacale. Omogeneizzazione vuol dire coinvolgimentoglobale di tutte le strutture e di tutti gli operatori dei nostri tre patro-nati in un processo di identificazione unitaria a tutto vantaggio del-la qualità, ma anche della quantità dell’assistenza prestata.70

Come già evidenziato, proprio il tema della omogeneizzazio-ne dei metodi di valutazione delle pratiche, lungi dall’essererisolto, sarà uno della questioni che anche nei primi anni Ot-tanta animerà il dibattito tra i patronati sindacali.

Il rinnovamento organizzativo dell’INASe la «sindacalizzazione» del patronato: i Comitatiprovinciali INAS-CISL, il decentramento e la regionalizzazione

Al principio degli anni Settanta la scelta strategica di integra-re pienamente l’attività di patronato all’interno della più am-pia azione confederale è complementare alla necessità di esten-

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70 E. Ziantoni, Più uniti ed efficienti i patronati sindacali, in «Conquistedel lavoro», 5 febbraio 1979, p. 12.

dere la sfera dell’iniziativa dell’INAS ai nuovi temi oggetto del-la rivendicazione e dell’azione del movimento sindacale.Questa impostazione si esplicita in una riscoperta della naturasindacale del patronato che nel caso dell’INAS significa com-pletare quel percorso di avvicinamento e integrazione con laConfederazione iniziato al principio degli anni Cinquanta esviluppatosi in maniera discontinua e contraddittoria. Nelgennaio 1970 il presidente Appio Claudio Rocchi scrive unlungo articolo su «Conquiste del lavoro» che rappresenta unavera e propria «carta degli intenti» per i rapporti INAS-CISL

nel nuovo decennio:

Che i patronati di emanazione sindacale siano strutture integrativedelle rispettive Confederazioni sindacali che li hanno promossi è undato di fatto inconfutabile, poiché la legge istitutiva conferisce unica-mente alle associazioni di lavoratori la facoltà di promuovere organi-smi di patrocinio di assistenza sociale, di gestirli, di nominarne gli or-gani collegiali di amministrazione, di formularne gli statuti e fissarnele norme di comportamento. Questa complementarità risponde all’e-sigenza di offrire al movimento sindacale uno strumento collateraleper la tutela globale del lavoratore, uno strumento cioè che realizzi ilservizio sociale a complemento del servizio sindacale. Ora tale com-plementarità dei due servizi risulta oggi esaltata dal progetto di leggesullo statuto dei lavoratori per la nuova sfera d’azione che si offre al-l’attività dei Patronati all’interno delle aziende. È chiaro che il nuovoe importante compito esige nuove e più impegnate forme di collabo-razione fra le strutture del Patronato e quelle del Sindacato […] Il Pa-tronato deve così sempre di più integrarsi nella logica dell’azione edella strategia sindacale e nelle strutture organizzative del sindacato.Tali prospettive, che rispondono ad una effettiva esigenza operativaoltreché ad una precisa volontà degli organi direttivi dell’INAS e dellaCISL, seppelliscono definitivamente qualsiasi velleitarismo autono-mistico e burocratizzante del Patronato che dovesse ancora permane-re in qualche settore dei quadri e del tessuto del nostro Istituto. […]Da tutte queste prospettive emerge chiaramente la necessità di un rin-novato ed operante impegno di reciproca collaborazione tra INAS eCISL, tra quadri del Patronato e quadri del Sindacato, ad ogni livellodirigenziale e territoriale; emerge anche l’esigenza di porre allo stu-dio nuove iniziative volte a realizzare organismi di permanente colle-gamento tra le due strutture, per favorire una presenza sempre più ca-

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pillare e qualificata del Patronato armonicamente programmata conle varie istanze dell’organizzazione sindacale.71

La necessità di una maggiore sinergia tra Confederazione epatronato trova espressione in alcuni esperimenti organizzati-vi che conducono inizialmente alla costituzione dei Comitatiprovinciali INAS-CISL. Secondo la nuova formulazione delloStatuto INAS, in particolare all’articolo 14, i compiti ricono-sciuti ai Comitati provinciali INAS-CISL sono i seguenti:

1. Elaborare e disporre gli indirizzi programmatici ed operativi del-l’azione di tutela previdenziale mediante il più razionale utilizzo

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71 A. C. Rocchi, Sindacato e Patronato, in «Conquiste del lavoro», 25 gen-naio 1970, p. 8. La maturazione di una nuova interpretazione del ruolo sindaca-le del patronato non è una esclusiva dell’INAS e della CISL, ma è una prospetti-va che al principio degli anni Settanta diviene patrimonio comune di tutto ilmondo confederale. Alla Conferenza nazionale «Fabbrica e salute» organizzatadalle tre Confederazioni a Rimini nei giorni 27-30 marzo 1972, nella relazioneintroduttiva si afferma che deve essere affrontata «la battaglia per l’effettivaapplicazione dell’art. 12 dello Statuto dei Lavoratori relativo alla presenza deiPatronati (INCA, INAS, ITAL) all’interno dell’azienda, non come burocratica per-manenza di funzionari sul luogo di lavoro, ma riconoscendo al patronato lafunzione di strumento qualificato della presenza sindacale» (Relazione intro-duttiva alla Conferenza nazionale «fabbrica e salute». Confederazioni CGIL,CISL, UIL, Rimini, 27-30 marzo 1972, in CISL, Documenti ufficiali dal 1969 al1973, Roma 1973, p.119).Anche a livello locale nel corso degli anni Settanta il principio della sindacaliz-zazione dell’azione di patronato diviene patrimonio comune e consolidato. Sipuò citare a titolo di esempio un documento del Centro unitario dei patronatisindacali di Bologna sottoscritto nel 1977 in occasione dei congressi provincia-li delle tre confederazioni, nel quale emerge la interpretazione di una comple-mentarietà strategica tra l’azione di patronato e l’attività sindacale: «È ormaidiventato comune alle tre Confederazioni Sindacali l’orientamento che consi-dera l’attività di patronato come un aspetto dell’iniziativa politica del Sindaca-to. Ciò non è dovuto soltanto al fatto che in Italia e all’estero i tre PatronatiSindacali hanno effettuato interventi in difesa dei diritti previdenziali dei lavo-ratori e dei cittadini che annualmente si aggirano sui dieci milioni, ma perchécon la ampia, anche se specifica, esperienza maturata hanno dato la possibilitàdi ricavare indicazioni utili alle lotte sindacali per le riforme sociali in una vi-sione organica indirizzata verso un sistema di sicurezza sociale». (Centro uni-tario dei patronati sindacali INAS, INCA, ITAL della provincia di Bologna, Il Pa-tronato sindacale. Documento dei patronati in occasione dei congessi provin-ciali CGIL, CISL, UIL, copia dattiloscritta, Bologna 1977, p. 1).

delle strutture organizzative esistenti alla luce delle esigenze dei la-voratori e delle strutture sindacali, in armonia con la necessità delfunzionamento del Patronato. Valutare annualmente le risultanzedella attività svolta dal Patronato alla luce degli investimenti effet-tuati e dei risultati ottenuti onde eliminare gli eventuali inconve-nienti verificatisi e modificare le linee operative dell’azione del Pa-tronato […].2. Proporre agli Organi collegiali del Patronato l’attuazione dieventuali piani straordinari di sviluppo delle strutture del Patronatosulla base di concrete prospettive di sviluppo dell’azione di tutelaprevidenziale.3. Promuovere l’armonizzazione dell’azione di tutela previdenzialecon l’azione sindacale e presiedere all’attuazione di più efficacirapporti del Patronato con gli Istituti assicuratori.4. Proporre l’assunzione del personale agli Organi centrali del Pa-tronato, esprimere parere sulla interruzione del rapporto di lavoroed esercitare il controllo funzionale sul personale stesso.72

La costituzione dei Comitati provinciali congiunti INAS-CISL

porta a risultati differenziati territorialmente:

I Comitati erano composti dal Responsabile Provinciale INAS, dalSegretario Generale dell’Unione Sindacale Provinciale (USP), chelo presiedeva, e dai rappresentanti delle categorie sindacali provin-cialmente più significative. L’esperimento, durato sei anni (1970-1975), ebbe esiti variegati: dove le USP-CISL erano solide e l’INAS

aveva un proprio prestigio professionale l’attività dei Comitati pro-vinciali fu costruttiva e fruttifera e per il Patronato e per il Sindaca-to; dove invece ci si trovò con USP deboli organizzativamente edeconomicamente la partecipazione alla funzione dei Comitati Pro-vinciali venne male interpretata e fu vissuta da molte Unioni e Ca-tegorie sindacali come una occasione per ricercare ed ottenere aiuti,tramite collaborazioni, aperture di zone spesso inutili al patronato,assegnazioni di operatori, ecc. In questi casi l’autorevolezza e spes-so anche il prestigio del Responsabile provinciale INAS venivanomessi a dura prova. Gli argomenti base delle riunioni di questi Co-mitati si concentravano su problemi organizzativi e trascuravano lepolitiche sociali, previdenziali e infortunistiche, che sarebbero state

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72 Il testo integrale delle principali modifiche statutarie è riportato in Rela-zione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., p. 152.

di presa più diretta tra i lavoratori. Un dato positivo comunque emer-se: dal contatto diretto tra dirigenti CISL e operatori di patronato ini-ziò, anche se lentamente, una nuova e diversa considerazione. Que-sti non furono più bollati in blocco come burocrati ma valutati co-me elementi non trascurabili per il raggiungimento dei fini socialidel Sindacato. Anzi i sindacalisti più avveduti vedevano ormai nel-l’operatore INAS un valido aiuto anche per l’espansione organizzati-va del Sindacato. […] Un’ampia e lunga operazione di reale e con-creta assimilazione, nella e con l’organizzazione sindacale, median-te l’inserimento nei quadri dirigenti ed operativi del patronato cosìristrutturato di numerosi dirigenti sindacali che portavano all’INAS

la loro diversa e spesso elevata esperienza, di lotta di contestazione,assumendo nel loro nuovo impegno il senso giuridico di una formaparticolare di tutela dei diritti degli stessi lavoratori. Così lavorandofianco a fianco, sulla stessa realtà ambientale, le due anime del mo-vimento sindacale (quella genuina del sindacato e quella burocrati-ca del suo patronato) che da sempre, in passato, si erano trattate conreciproco sospetto, cominciarono a capire l’inconsistenza e la futi-lità della diatriba. Si può dunque affermare che l’operazione, anchese non ebbe in tutte le parti aspetti ugualmente positivi, riuscì a farcadere il muro di incomprensioni che fino ad allora, in molte realtà,aveva impedito una piena e continuativa collaborazione tra INAS eCISL locali.73

Sebbene con risultati territorialmente diversificati, si può af-fermare che i Comitati provinciali INAS-CISL, affiancati dallaorganizzazione di similari Comitati regionali, descrivonoquindi il tentativo, attuato nei primi anni del decennio Settan-ta, di rendere effettiva la prospettiva della piena integrazionedell’INAS nella Confederazione e più in generale di qualificarele strutture patronali, come si afferma nella relazione sull’atti-vità 1969-1973 dell’Istituto, in senso «politico-sindacale»:

I Comitati Provinciali e Regionali […] con la loro vitalità dimostra-no che essi sono effettivamente la struttura periferica permanentenella quale la politica generale, quella organizzativa e la conduzio-ne amministrativa del patronato si confrontano sul piano degli indi-rizzi programmatici ed operativi, con le esigenze dei lavoratori e

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73 Come si era 50 anni fa…, cit., pp. 65-67.

dell’Organizzazione sindacale. La stessa istituzione dei ComitatiRegionali ha consentito di dare un più ampio respiro alla compene-trazione patronato-sindacato, affrontando i problemi da una panora-mica territorialmente e socialmente più ampia, con la possibilità diaffermare, al livello della Regione, anche alcune politiche specifi-che riferite alla formazione, al coordinamento dell’attività unitaria,a quella della presenza nei luoghi di lavoro e della prevenzione.74

La priorità della scelta della sindacalizzazione dell’attivitàdell’Istituto nel quadro dell’azione confederale che ha carat-terizzato i primi anni Settanta, nella seconda metà del decen-nio si indirizza verso una maggiore attenzione per il tema deldecentramento delle strutture dell’INAS:

nell’ormai avviato processo del decentramento territoriale e nellasempre più convinta identificazione del patronato nel sindacato, lasoluzione organizzativa dell’Istituto che sembrò ovvia fu quella diaffrontare senza ripensamenti il non piccolo problema di proporsistrutturalmente su dimensione regionale. […] Già da qualche tempol’INAS si era posto il problema di un adeguamento anche organizza-tivo riguardo ad uno scenario sociale che, per effetto del progressi-vo affermarsi del decentramento regionale istituzionale, andavamodificandosi vistosamente: povertà nuove, bisogni nuovi ed unasempre più corposa normativa regionale ad affrontarli, costituivanouna circostanza operativa prima sconosciuta al campo d’azione ere-ditato dai successori degli avvocati dei poveri sul piano previden-ziale ed assicurativo. Per rispondere a questa esigenza, ed anche incollimanza con la incipiente ristrutturazione della CISL su base re-gionale, si allargò la panoramica organizzativa realizzando la costi-tuzione dei Comitati di Attuazione Regionali. […] La nuova formaorganizzativa implicava, anche in periferia, in contatto stretto e di-retto tra i vertici delle strutture e rivelò l’immediata esigenza dioperatori in grado di gestire tutti i rapporti a livello dirigenziale. Ilrisultato fu, quasi generalmente, di piena intesa, collaborazione edaiuto; la CISL poté, così, constatare nei quadri INAS una preparazio-ne ed una maturità per i problemi sociali che ovviamente primaignorava. Artefice di questa evoluzione, culturale e non solo orga-nizzativa, fu essenzialmente, oltre che la saggezza istintiva dei diri-

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74 Relazione dell’INAS-CISL nel quadriennio 1969-73…, cit., pp. 71-72.

genti e degli operatori più anziani e la lodevole disponibilità dei so-praggiunti nei quadri dell’INAS, la politica accorta della Presidenzadell’INAS.75

La scelta del decentramento e della regionalizzazione dellestrutture dell’INAS diviene un elemento necessario in una fasedi consolidamento dell’ente regionale come il soggetto pubbli-co fulcro di numerose funzioni in ambiti che, in una nuova vi-sione dell’azione di patronato, rappresentano oggetto di parti-colare interesse per l’Istituto stesso. Si fa riferimento alle no-vità normative che nel corso degli anni Settanta, a partire dallaistituzione delle regioni a statuto ordinario, hanno riconosciutoall’ente regionale specifiche competenze in ambito assisten-ziale e sanitario creando le premesse per l’emergere, nei dibat-titi di quel periodo storico, della necessità che si avviasse

un processo di inserimento dei Patronati nell’ordinamento regiona-le in modo che l’assistenza sanitaria e sociale trovi conforto e sti-molo nella elaborazione di programmi diretti ad assicurare l’effetti-va integrazione dei servizi sanitari e sociali nel rispetto della perso-na e dignità umana.76

I «vivaci» anni Settanta nelle parole di alcuni testimoni

Il tema dell’unità sindacale ha un ruolo centrale nelle testimo-nianze dei protagonisti del decennio Settanta, e spesso emer-gono le difficoltà ed i grandi contrasti che accompagnanoquesta vicenda. Come ricorda Ciro Adinolfi:

ci fu un momento della storia della CISL e dell’INAS in cui si parlòcon molta intensità dell’unità sindacale, all’epoca di Carniti […].C’era la preoccupazione di tanti che non vedevano l’unità sindacalecome fatto positivo, fra questi c’erano Scalia e Storti e c’era la FISBA

di Sartori e molti iniziarono a girare l’Italia per vedere nell’ambitodegli operatori INAS chi seguisse la linea e invece chi fosse in dissen-

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75 Come si era 50 anni fa…, cit., pp. 67-68.76 V. Bellini, Gli enti di Patronato…, cit., p. 182.

so […] così spesso si crearono attriti nell’INAS e tra INAS nazionale estrutture territoriali sulla valutazione dell’unità sindacale.77

Anche Antonio Bodini ricorda l’emergere di «momenti difficiliquando le organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL, attraverso ipropri organismi puntavano all’unità sindacale. La CISL con alsuo interno favorevoli e contrari ha creato anche all’INAS divi-sione e schieramenti con riflessi sui quadri operativi».78

I contrasti relativi all’ipotesi unitaria che si manifestanoall’interno dell’INAS sono anche conseguenza dell’impattonegativo che questa vicenda ha sulla struttura organizzativadell’Istituto. Bruno Tertulliani afferma che la scelta di fare unCentro unitario «per me fu una mezza sciagura perché o si fa-ceva veramente l’unità sindacale, ma invece l’unico risultatofu che ognuno dismise i propri servizi tecnici, essi furono por-tati a questo Centro unitario, per cui tutta l’attività di supportotecnico pesava su questo ufficio».79

Il processo di decentramento e di ristrutturazione dell’Isti-tuto è un altro argomento che i testimoni del decennio Settan-ta ricordano come un dato caratterizzante della vicenda dell’I-NAS. Bruno Tertulliani ricorda come per riuscire a consolidarela presenza sindacale in alcune zone di difficile insediamentotradizionalmente il punto di riferimento diviene il patronato,

ma non gli si voleva dare quel riconoscimento, quel peso che meri-tava. Allora furono inventati i Comitati provinciali, composti dal di-rettore dell’INAS e poi dai rappresentanti delle maggiori categoriesindacali ed era presieduto dal segretario generale della CISL. Fuun’esperienza che durò tre o quattro anni ed il risultato fu una mi-riade di richieste fatte all’INAS, richieste di contributi, di assunzionied in generale di cose che non poteva fare il sindacato. […] Ad uncerto punto ci si rese conto che questi Comitati provinciali non ren-devano più e allora furono inventati i Comitati regionali dove parte-

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77 Testimonianza raccolta alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia astampa).

78 Come si era 50 anni fa…, cit., p. 59.79 Testimonianza raccolta alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia a

stampa).

cipavano tutti i responsabili e i direttori della regione, alcune im-portanti categorie ed anche il segretario regionale della CISL. Furo-no anche introdotti i segretari regionali dell’INAS. Questo livello re-gionale iniziò a portare un maggiore equilibrio perché si riuscì aduscire dalla stretta dei bisogni spiccioli delle unioni. […] A proposi-to del livello regionale bisogna poi notare un’altra conseguenzamolto importante: fino a quel momento non c’era stata la possibilitàdi scambiarsi le esperienze, tranne che attraverso le circolari, men-tre con l’introduzione del livello regionale sono stati avviati mo-menti di scambio e di confronto anche interregionale. Da qui in poiè entrata la democrazia all’INAS, nel senso che la presidenza ha do-vuto tener conto degli umori degli operatori, non poteva ignorare irisultati e le esperienze che emergevano da questa comunicazionetra le varie realtà INAS.80

Anche Ciro Adinolfi sottolinea le conseguenze in termini didemocratizzazione della vita interna connesse al processo didecentramento e regionalizzazione dell’INAS. Infatti così de-scrive la realtà precedente: «noi come responsabili INAS era-vamo esclusi dagli organismi di gestione politica dell’orga-nizzazione, ci chiamavano solo come consulenti, tranne quel-li di noi che avevano fatto la scelta di entrare nelle categorie edi farsi eleggere nei diversi organismi».81

Una vicenda particolare, riguardante un’esperienza di sin-dacalizzazzione degli operatori dell’INAS negli anni Settanta,contribuisce a dare una rappresentazione più completa dellacomplessità dei rapporti tra Confederazione e patronato. Rac-conta Adolfo Supino come al principio del decennio emergetra gli operatori del centro nazionale dell’INAS la consapevo-lezza che l’Istituto privilegia maggiormente la valorizzazionedei rapporti con la CISL rispetto all’attenzione prestata al mi-glioramento delle condizioni professionali e retributive deglioperatori stessi:

Nacque l’idea di dare vita ad un sindacato degli operatori di patro-nato all’interno della CISL tenendo conto che la CISL stessa organiz-

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80 Ibid.81 Ibid.

zava fra gli altri gli operatori del settore pubblico impiego e l’INAS

era un ente di diritto pubblico […] Nacque così una organismo del-la CISL, la Federpubblici, che era malvisto nella Confederazione[…] Comunque per gli operatori del patronato fu un momento dicrescita sindacale, politica ed economica […] e si riuscì a contratta-re un po’ di più le condizioni di lavoro e economiche. Questa espe-rienza finì quando l’intolleranza da parte della Confederazione di-venne radicale, se non erro sotto la segreteria generale di Macario.82

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82 Ibid.

Capitolo sestoGli anni Ottanta: l’INAS come parte integrante della Confederazione

L’integrazione patronato-sindacato come scelta strategica

Al principio degli anni Ottanta l’azione degli enti di patronatosi confronta con l’innovazione legislativa. Nel tentativo diporre termine all’annosa questione della qualificazione insenso pubblicistico o privatistico dei patronati, il legislatoreinterviene con una norma autodefinentesi di interpretazioneautentica della decreto del 1947, e con la legge n. 112 del 1980qualifica come privati gli istituti di patronato.1 Tale legge vie-ne accolta favorevolmente negli ambienti INAS in quanto stru-mento efficace per il rilancio del ruolo del patronato comeutile servizio sociale per i lavoratori. Scrive, a tal proposito,Giancarlo Baldini su «Sicurezza Sociale Oggi»:

La legge 27 marzo 1980, n. 112 non ha abrogato ma integrato laprecedente normativa riguardante l’attività del patronato di assi-

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1 S. Frego, G. Pastori, Evoluzione istituzionale e prospettive degli enti dipatronato, in INAS-CISL, Cogliere la sfida del futuro forti dell’esperienza delpassato, Roma 1990, p.101. Si tratta della legge intitolata «Interpretazione au-tentica delle norme concernenti la personalità giuridica ed il finanziamento de-gli Istituti di Patronato e di assistenza sociale di cui al decreto del Capo provvi-sorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, nonché integrazioni dello stesso decre-to».

stenza sociale ai lavoratori: tale integrazione […] implica ancheuna revisione aggiornata dei contenuti del patrocinio dei lavoratori.A partire dal DLCPS n. 804/1947, ma più esattamente dalla successi-va entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana,l’ambito dell’azione di patronato è stato individuato nell’area deidiritti costituzionali nei quali la elaborazione degli anni successiviha ravvisato gli elementi fondamentali della sicurezza sociale: sa-nità, previdenza, assistenza sociale. […] La legge n. 112/1980 conla delega normativa prevista dall’art. 3 ha voluto e può realizzare loscopo della più aggiornata e costituzionalmente corretta definizionedell’area di intervento del patronato, subordinandone il finanzia-mento dell’attività a criteri di valutazione idonei a stabilire in so-stanza la reale e significativa risposta che il patronato stesso sa darealla domanda di servizio che i lavoratori […] sollecitano in dimen-sioni crescenti per quantità e specifica qualità professionale.2

Nello stesso articolo Baldini sottolinea come l’innovazionelegislativa rafforza l’idea di un patronato parte integrante delmovimento sindacale:

In questo quadro l’idea di un patronato svincolato dalla realtà orga-nizzativa che l’ha promosso sarebbe l’espressione più efficace diun’astrattezza assoluta. Di questo non è difficile rendersi conto solose si esamini con qualche attenzione quel movimento di interessa-mento, non occasionale né immotivato, che si sta sviluppando nelsenso dell’impegno diretto del sindacato sui problemi sociali e dellaconnessione dell’azione del suo patronato con i problemi della con-trattazione e dell’organizzazione del lavoro. La tutela dei diritti in-dividuali del lavoratore rimane l’attività specifica del patronato sin-dacale ma è nell’organizzare la sintesi delle situazioni di bisognosociale emergenti dall’esperienza, nei luoghi di lavoro e nel territo-rio, che si realizza il vero patrocinio sociale, quello che, ricercandoe trovando sbocchi di pressione politica nell’organizzazione sinda-cale, assurge veramente a livelli significativi, per qualità e dimen-sione, dell’interesse pubblico. […] La consapevolezza delle essen-zialità di questa integrazione di interessi e di azione si fa sempre piùconvinta nel patronato e nelle organizzazioni dei lavoratori che de-

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2 Citato in Le tappe della crescita…, cit., p. 29. Tale articolo è comparsooriginariamente sul fascicolo speciale di «Sicurezza Sociale Oggi» pubblicatoin occasione del IX Congresso nazionale della CISL (Roma, 7-12 ottobre 1981).

dicano importanti occasioni di analisi e di dibattito alla ricerca dellastrada più interessante per le prospettive non certo scarse od oscureche l’avvenire lascia prevedere.3

L’assemblea dei quadri CISL del 1980 è una ulteriore occasio-ne per confermare la scelta strategica dell’integrazione patro-nato-sindacato. L’opuscolo dell’Istituto distribuito in tale oc-casione, a partire dalla sottolineatura del pieno inserimentodella propria azione all’interno della diversificata iniziativaconfederale, individua nell’ampliamento della prospettiva del-le proprie funzioni il fulcro ed il senso vero della collabora-zione con la Confederazione. Si indica non solo nel supera-mento definitivo della logica ristretta della tutela individualee nella scelta ormai consolidata per la presenza attiva sul luo-go di lavoro, ma anche nell’impegno da protagonista nell’a-zione per le grandi riforme sociali, in campo innanzitutto sa-nitario e previdenziale, il nuovo orizzonte dell’impegno del-l’INAS:

L’INAS, inserito da tempo organicamente, sia sul piano concettualeche operativo, nella più ampia iniziativa sindacale, si è mosso insintonia con le scelte della CISL, superando una visione ristretta del-l’attività di tutela individuale […] per recuperare sempre in ogniiniziativa propria di patronato una dimensione politico-sindacale.Ciò ha significato un impegno preciso per l’avanzamento e la co-struzione di un sistema previdenziale realmente equo ed efficiente eper l’attuazione di una Riforma Sanitaria, che, assicurando il mo-mento della cura e della riabilitazione, privilegi la prevenzione.4

Nella strategia confederale l’azione a favore delle riforme,dopo aver caratterizzato significativamente gli anni Settantaquando sono stati posti come obiettivi di rivendicazione legrandi questioni sociali come il diritto alla casa, lo sviluppodel Mezzogiorno o la riforma fiscale, rimane un elementocentrale anche nei primi anni Ottanta e si esplicita nell’obiet-

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3 Citato in Le tappe della crescita…, cit., pp. 29-30.4 INAS-CISL, Un patronato più attivo in un sindacato più forte. IV Assem-

blea dei quadri CISL 1980, Roma 1980, p. 3.

tivo generale di uno sviluppo più equilibrato della società ita-liana. Il patronato si inserisce strutturalmente in questa pro-spettiva, come struttura specializzata del sindacato che poneal centro della propria azione la necessità di una azione che ri-salga dalla tutela degli interessi individuali al perseguimentodi obiettivi generali.

Il documento del Consiglio direttivo dell’INAS approvato il6 febbraio 1981 e concernente la strategia dell’Istituto per glianni Ottanta rappresenta una sorta di «manifesto programma-tico» di un patronato parte integrante della Confederazione eche pone tra i suoi compiti istituzionali prioritari il concorrerealla definizione della linea sindacale sui temi della sicurezzasociale e delle riforme. In particolare il documento del Consi-glio direttivo afferma che:5

▫ L’INAS è, e deve essere sempre di più, un pezzo che opera nel so-ciale e che svolge un ruolo non limitato alla semplice mediazioneburocratica fra lavoratori e istituzioni, ma di interpretazione attivadei bisogni e delle aspettative della gente rappresentandoli e tute-landoli tanto in via diretta (diritti individuali), quanto in via media-ta, cioè attraverso il sindacato (diritti collettivi). La difesa e la pro-mozione dei diritti sociali, in particolare dei diritti alla salute, allaprevidenza, all’assistenza, dai quali dipende in larga misura la qua-lità del lavoro e della vita, è parte integrante del progetto politicodella CISL per una diversa distribuzione del potere fra le classi nelnostro paese e per un avanzamento effettivo della condizione dei la-voratori.▫ È necessario superare con determinazione, ove esista, la logicadella separazione fra azione sindacale ed azione di patronato perdar luogo, invece ad un intreccio di ruoli e di competenze nel qua-dro di una nuova confederalità. […]▫ L’azione dell’INAS deve sempre più svilupparsi come contributopermanente all’evoluzione della linea politica del sindacato, negliaspetti sistematici che attengono al completamento ed all’evoluzio-

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5 L’INAS con la CISL per fare avanzare i diritti dei lavoratori alla salute, al-la previdenza, all’assistenza: la strategia per gli anni ’80. Documento finaleapprovato dal Consiglio Direttivo Nazionale INAS, 6 febbraio 1981, riportato inINAS-CISL, I risultati del periodo 1976-1980. La strategia per gli anni ’80, Ro-ma 1981, pp. 25-26.

ne delle riforme e come rappresentazione costante della domanda ditutela dal bisogno sociale.

Il 6 aprile 1981 «Conquiste del lavoro» inizia la pubblicazio-ne dell’inserto speciale «Sicurezza sociale» a cura dell’INAS.Nell’articolo di presentazione viene ribadita la necessità diuna piena integrazione tra sindacato e patronato:

Se è vero che elementi di rilievo dell’azione sindacale sono i livelli ela qualità delle prestazioni sociali, il patronato preposto alla tutela deidiritti di tali prestazioni è destinato a diventare concretamente sogget-to della politica sociale del sindacato. Questo significa che bisogna:aumentare la capacità di interpretazione dei fenomeni che si avverto-no ogni giorno nel contatto al bancone con i lavoratori che vengono alpatronato, crescere in sensibilità rispetto ai contenuti delle domandedi erogazione, avere una visione critica delle pratiche perché da esseemergano tutti gli spazi di intervento per una tutela più complessiva.Questo significa crescere nella capacità di proposta e di confronto conl’insieme dei soggetti sociali per diminuire gli spazi non tutelati maanche per garantire una maggiore efficacia di intervento, una più altaqualificazione, l’urgente rilancio della efficienza nella erogazione del-le prestazioni. L’Assemblea dei Quadri dell’INAS e della CISL del gen-naio scorso ha colto questo aspetto sancendo compiutamente l’esi-genza del coinvolgimento del patronato nell’azione sindacale.6

Nei primi anni Ottanta la consapevolezza della necessità diconnettere la risposta a bisogni collettivi con l’assistenza indi-viduale si traduce in un ampio lavoro di raccordo e di collega-mento con diverse categorie della CISL. Ad esempio nel corsodel solo 1984 si susseguono numerosi incontri INAS-categorieCISL. Il 14 febbraio 1984 si tiene un seminario con il settorepubblico impiego, per definire un programma di azione di tu-tela individuale e sociale. Il 5, 6 e 7 giugno un altro seminarioviene organizzato in collaborazione con la Federazione nazio-nale pensionati finalizzato allo sviluppo e alla qualificazionedegli agenti sociali nel territorio. In luglio si tiene la giornatadi studio INAS-FIM sui problemi previdenziali ed assistenziali.

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6 Citato in Le tappe della crescita…, cit., p. 31.

Dall’8 al 12 ottobre viene organizzato ad Amelia un corso na-zionale con la collaborazione di FIM, FNP e INAS, sul prepen-sionamento in siderurgia e la riforma pensionistica dell’interosettore. Due settimane dopo, dal 23 al 26 ottobre, si tiene a Vi-co Equense il primo corso formativo organizzato da Feder-scuola-CISL e INAS, sul tema dell’introduzione anche in questocomparto della figura del delegato alla sicurezza. In collabora-zione con la FIOS il 7 novembre si tiene a Pradleves un corso diformazione per delegati che operano nel settore sanitario.

Sempre nel corso del 1984 vengono sottoscritti numerosiprotocolli di intesa tra l’INAS e le e federazioni della CISL. Il21 maggio 1984 viene sottoscritto un protocollo tra INAS eFAT, seguito da analoghi accordi sottoscritti il 5 giugno con laFedercoltivatori, il 20 giugno con la FILCA, il 7 agosto con laFIT e il 17 settembre con la FISBA.7

L’oggetto principale di questa intensa collaborazione tral’INAS e le categorie CISL riguarda la formazione di operatoriche nella fabbrica e nel territorio sappiano svolgere un nuovoruolo, quello di delegato alla sicurezza sociale nei luoghi dilavoro, o di agente sociale nel territorio, ed in generale rap-presentano la fattiva testimonianza della scelta strategica diuna forte integrazione tra l’azione del patronato e le struttureconfederali.

La scelta dei protocolli di intesa tra l’INAS e le varie cate-gorie confederali e la diffusione della figura del delegato allasicurezza rappresenta una scelta strategica di collaborazione elavoro comune:

La scelta fatta pone il delegato INAS-CISL al centro della nostra azio-ne, attrezzandolo per essere un sicuro riferimento per tutti i lavorato-

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7 Cronologia 1984, in INAS-CISL, Fatti e avvenimenti di quattro anni di at-tività. 1985-1989. Almanacco INAS, Roma 1989, pp. 49-50. Anche negli anniseguenti si registrano numerosi momenti di collaborazione tra l’INAS e diversecategorie della CISL come ad esempio testimoniano i primi mesi del 1985: il 12gennaio si tiene il seminario di formazione dedicato ai delegati alla sicurezzadella FISBA, il 19 febbraio viene sottoscritto un protocollo di intesa con la FIM,il 20 maggio è la volta del protocollo con la FLERICA, dal 5 al 7 luglio si tienead Amelia un corso di formazione per delegati alla sicurezza della FIM (Crono-logia 1985, ivi, pp. 51-56).

ri sui grandi problemi della previdenza, dell’assistenza, per la tuteladella salute e per essere uno stimolo costante, sui problemi della si-curezza sociale, per la struttura sindacale ai vari livelli. […] Questastrategia ha trovato ampio consenso nelle federazioni di categoriache hanno realizzato, in stretto contatto con le strutture nazionali eterritoriali dell’INAS, progetti specifici di intervento sia nei luoghi dilavoro che nel territorio permettendo l’individuazione e l’attivazionedi circa 3500 delegati INAS-CISL […]. I protocolli di intesa che l’I-NAS ha realizzato con molte categorie della CISL, permettono un’e-stensione della rete dei delegati alla sicurezza sociale e comportanol’attivazione di rapporti permanenti di integrazione operativa a livel-lo nazionale e territoriale, per favorire, con l’attività di tutela, il pro-selitismo, attraverso la presenza capillare e strutturale delle catego-rie e dell’INAS nei luoghi di lavoro e nel territorio.8

Il senso dell’integrazione tra l’INAS e la CISL è chiaramenteevidenziato in una intervista rilasciata a «Conquiste del Lavo-ro» nell’aprile 1984 dal presidente dell’Istituto Melino Pillitte-ri che rivendica la comune appartenenza ideale ed identitaria:

L’INAS svolge un compito ben preciso nel campo della previdenza edella assistenza regolato da leggi altrettanto precise. […] Svolgequindi un’azione un po’ diversa da quella del sindacato, tuttavianon è un’altra cosa: è parte integrante e coerente dell’esperienza so-lidaristica della CISL; nei suoi valori si riconosce, alla definizionedella sua linea politica contribuisce e pertanto su tutto ciò regola ilsuo modo di essere e di fare sindacato.9

Gli sviluppi organizzativi e i nuovi temi dell’azionedell’INAS: la politica dei servizi

La forza dell’INAS all’inizio del nuovo decennio è testimonia-ta dai dati relativi al suo radicamento nel 1980:10

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8 S. Diociaiuti, Una ragione di più, in «Conquiste del lavoro», 15 aprile1985, inserto «Sicurezza Sociale».

9 Rapporto INAS CISL. Intervista a Melino Pillitteri, a cura di P. Carofei, in«Conquiste del lavoro», 9 aprile 1984, inserto «Sicurezza Sociale».

10 INAS-CISL, Un patronato più attivo…, cit., pp. 7-8.

INAS in Italia:▫ 19 sedi regionali;▫ 97 sedi provinciali;▫ 430 sedi zonali;▫ 904 operatori.INAS all’estero:▫ 11 sedi nazionali;▫ 42 sedi provinciali;▫ 102 sedi zonali;▫ 183 operatori.

Nel documento del Consiglio direttivo dell’Istituto appro-vato il 6 febbraio 1981 e relativo alla «strategia per gli anni’80» viene ipotizzato un piano di rinnovamento delle strutturedell’INAS, coerente con l’organizzazione confederale e con iprocessi di regionalizzazione avviati negli anni Settanta, fina-lizzato ad una migliore integrazione tra le strutture del patro-nato e quelle sindacali:

Il Consiglio Direttivo […] delibera la costituzione di strutture neglistessi livelli previsti dalla CISL. Pertanto il processo di revisione,già in atto, dovrà concludersi con l’INAS strutturato su tre livelli, or-ganicamente collegati fra loro e diretti, con metodo di lavoro colle-giale, da quadri dotati delle necessarie professionalità e capacità didirezione politica.1 livello centrale con preminenti funzioni di direzione, indirizzo,verifica, supporto delle strutture operative;2 livello regionale con preminenti funzioni di ottimale allocazione,organizzazione e gestione delle risorse a disposizione nel quadrodegli indirizzi definiti nazionalmente;3 livello comprensoriale con preminenti funzioni di organizzazionee produzione dell’attività di tutela e, con essa, di consolidamento edespansione del proselitismo e delle strutture di base.Per quanto riguarda l’articolazione zonale dell’INAS, all’internodelle singole aree comprensoriali, necessita conciliare l’esigenza digarantire l’obiettivo di un’azione integrata fra Patronato e Sindaca-to e di cogliere la specificità dell’azione di patrocinio nei confrontidegli assistiti. La presenza nei luoghi di lavoro […] corrisponde allivello delle strutture di base dell’organizzazione sindacale. Questapresenza è indispensabile per l’INAS e deve essere sviluppata congrande impegno e determinazione. […] Poiché il decentramento

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dell’INAS sul territorio è stato ampiamente realizzato, anticipandoper molti versi quello della CISL, la presenza del patronato nei luo-ghi di lavoro diventa la vera innovazione ed il punto di autenticasvolta di tutta la riforma organizzativa. […] L’attività di patronatonei luoghi di lavoro deve essere svolta da militanti delle strutture dibase del sindacato. Questi devono essere impegnati prevalentemen-te in questa attività specifica che si qualifica anche nella partecipa-zione diretta alla contrattazione per la difesa della salute, alla lottaper modificare l’organizzazione del lavoro ed alle iniziative per ilcontrollo del salario, a cominciare da quello previdenziale.11

Nel corso del IX Congresso nazionale della CISL, nell’ottobre1981, viene distribuito il primo numero del nuovo notiziariodell’INAS «Corrispondenza INAS» che si presenta come un agi-le strumento informativo sulle novità normative, fiscali e pre-videnziali.12 Sempre nell’ottobre 1981 Alberto Gavioli, già no-minato vicepresidente nel settembre 1980, diventa il nuovopresidente dell’INAS, mentre vicepresidenti sono GiuseppeUlivi e Primo Antonini. Nel 1982 la vicepresidenza collegialeviene completata con la nomina di Castrezzati e Coscia.13

Nel 1983 emergono significative difficoltà finanziariedell’INAS correlate sia al processo di ristrutturazione territo-riale in atto, con l’aumento delle relative spese di gestione,sia al ridursi dei finanziamenti a causa del taglio degli inve-stimenti ministeriali totali e del ridursi della percentuale dicompetenza INAS a favore degli altri patronati. Questa situa-zione porta il segretario generale della CISL Carniti a sotto-scrivere, il 6 maggio 1983, un messaggio indirizzato a tuttele strutture confederali, in cui descrive le concause che han-no condotto a una situazione di grave disequilibrio finanzia-rio dell’INAS e al contempo esplicita l’impegno della Confe-derazione per un’azione mirata al risanamento dell’Istituto:

Quello che qui preme sottolineare è che l’INAS attraversa un mo-mento difficile che richiede il massimo di collaborazione da parte

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11 L’INAS con la CISL…, cit., pp. 29-30.12 «Corrispondenza INAS», 1981, n. 1, 1-5 ottobre 1981.13 A. Supino, L’INAS negli anni…, cit.

delle strutture della CISL per portare positivamente a compimentol’opera di risanamento e di riorganizzazione.14

L’esperienza di coordinamento unitario dei patronati sindaca-li avviata negli anni Settanta, se viene confermata come sceltastrategica, deve però affrontare l’emergere di dissapori e diffi-coltà. In particolare si esplicitano le critiche dell’INAS agli al-tri due patronati sindacali per ciò che attiene la contabilizza-zione delle pratiche e la distribuzione dei finanziamenti mini-steriali, che è una delle cause che hanno condotto alla situa-zione di significativo disequilibrio finanziario dell’Istitutosottolineato anche dal messaggio di Carniti. Durante la sedutadel Comitato esecutivo dell’INAS del 18 maggio 1983, INCA eITAL vengono esplicitamente accusati di falsificare i propridati al fine di ottenere maggiori finanziamenti a scapito del-l’INAS: il presidente Gavioli sottolinea come a partire dal1980 INCA ed ITAL abbiano rotto gli equilibri nella distribu-zione dei finanziamenti ministeriali e, dopo un acceso dibatti-to, il Comitato esecutivo vota un ordine del giorno che damandato alla presidenza di avviare un confronto all’internodel CUPS, il coordinamento unitario dei patronati sindacali, alfine di ripristinare l’assegnazione di fondi in base alla effetti-va rappresentatività.15

Il 9 luglio 1983 muore Alberto Gavioli. Il 22 luglio 1983Melino Pillitteri viene nominato presidente dell’INAS.16

La seduta del Consiglio direttivo del 25 ottobre 1983 vienededicata alla commemorazione di Alberto Gavioli e divieneoccasione per una riflessione generale sulla storia dell’INAS.Dopo la commemorazione della figura dell’ex-presidente fat-ta da Giuseppe Ulivi, nel suo lungo intervento Melino Pillitte-ri individua, coerentemente con l’eredità di Alberto Gavioli,gli obiettivi dell’azione dell’INAS:

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14 Il testo integrale del messaggio di Pierre Carniti è riportato in INAS-CISL,Fatti e avvenimenti…, cit., p. 11.

15 Comitato esecutivo dell’INAS, registro n. 5, verbale n. 260, 18 maggio1983.

16 A. Supino, L’INAS negli anni…, cit.

1. Realizzare una presenza capillare e qualificata sul territorio ren-dendo adeguate le strutture permanenti anche attraverso il volonta-riato, capace di rispondere alle crescenti esigenze dei lavoratori. Inostri uffici territoriali, zonali, comunali devono essere in grado didare risposte precise, tempestive, qualificate. I nostri servizi medicoe legale devono essere all’altezza di queste esigenze, capaci di svi-luppare il giusto contenzioso. Per realizzare questo occorre coinvol-gere rilevantemente le UST e tutte le categorie della CISL, particolar-mente quelle presenti sul territorio: pensionati, FISBA, FILCA, Feder-coltivatori.2. Sviluppare attraverso delegati INAS la presenza nei luoghi di la-voro per ambiente, lotta evasione contributiva, con le categorie in-teressate sia nell’impostazione a livello regionale che nell’attuazio-ne a livello comprensoriale.3.Potenziare il COPI […]4. Presenza all’estero: è estremamente significativa ed importante;bisogna sviluppare i rapporti con i Sindacati locali, con la CES, conla CEE.17

A metà degli anni Ottanta viene individuato un nuovo tema diinteresse fondamentale per l’azione dell’INAS: la qualità ed ilfunzionamento dei servizi in una società terziarizzata. I servi-zi vengono individuati come l’elemento che può condiziona-re, nel bene e nel male,

lo sviluppo equilibrato, egualitario ed efficace. Sono essi che pos-sono determinare gravi squilibri non garantendo pari opportunità efornendo erogazioni insufficienti. […] L’efficienza dei servizi rap-presenta dunque un passaggio cruciale per lo sviluppo, un impegnoal quale l’INAS non vuole far mancare il suo contributo, anche perpoterne marcare, positivamente, le caratteristiche.18

Il tema di una moderna politica dei servizi emerge come unodei punti di maggiore interesse per l’azione dell’INAS tra quel-li indicati nel documento prodotto dall’Istituto in occasione

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17 Consiglio direttivo dell’INAS, registro n. 5, verbale n. 139, 25 ottobre1983.

18 Le tappe della crescita… cit. p. 32.

del X Congresso della CISL nel 1985, che espressamente fa ri-ferimento alla necessità di un rinnovamento ed innovazionedel cosiddetto «sistema dei servizi della CISL.19

Il convegno Tutelare di più innovando i servizi che si svol-ge a Roma il 27 giugno 1985 rappresenta un passaggio cru-ciale nell’opera di costruzione e sviluppo del «Sistema servizidella CISL». In tale occasione viene anche presentato il rinno-vato sistema informatico dell’INAS ed insieme anche la nuovaINAS-CARD descritta come «un mezzo per stabilire un rappor-to sistematico con il patronato; per contribuire a risolvere me-glio e più agevolmente i propri problemi di tutela, per garan-tirsi un servizio personalizzato efficace e per disporre di unavera e propria chiave di accesso per il più generale sistemaservizi della CISL».20

La prospettiva di un sistema di servizi confederali nelquale l’INAS svolge un ruolo fondamentale significa un cam-biamento strutturale del ruolo del patronato: non si limita piùal compito tradizionale di realizzare al meglio il rapporto tracittadino, lavoratore ed ente erogatore delle prestazioni, masi propone come soggetto pronto ad affrontare nuove esigen-ze e a gestirle. Ad esempio una valenza particolare per il lorocarattere di stimolo innovativo assumono le scelte operatecon le convenzioni realizzate con numerosi istituti di creditoper erogare ai pensionati, in attesa della liquidazione delleloro spettanze, anticipi di pensione o per garantire agli emi-granti l’accredito diretto delle pensioni in conti correnti spe-ciali che consentono di mantenere in deposito somme di de-naro in lire o in valute estere.21 In questa prospettiva si inse-risce il convegno organizzato in collaborazione con l’IstitutoSan Paolo di Torino il 18 febbraio 1986 sul tema: «Rispar-mio e previdenza: una formula di fiducia nel lavoro e nelleistituzioni» nel corso del quale viene presentata la conven-

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19 Il testo integrale del documento INAS con la CISL verso il X Congresso èriportato in INAS-CISL, Fatti e avvenimenti di quattro anni di attività. 1985-1989. Almanacco INAS, Roma 1989, pp. 52-55.

20 INAS-CISL, Fatti e avvenimenti…, cit., p. 20.21 Le tappe della crescita…, cit., p. 32.

zione tra l’Istituto torinese e l’INAS per il nuovo servizio Pen-sione contante.22

La diversificazione degli ambiti di azione dell’INAS è testi-moniata anche dalla nascita dell’INAS Immobiliare srl nel1986.23 Nel luglio dello stesso anno inizia ad essere utilizzatala nuova sede sociale in viale Regina Margherita 83/D, inau-gurata ufficialmente nel marzo 1987.24 Nel 1987 è anche co-stituita la società INAServizi a cui è affidata la gestione di va-rie iniziative in campo turistico, attraverso la «Poker viaggi»,editoriale ed informatico.25

Nel corso del 1986 si assiste ad un nuovo intervento nor-mativo con il DPR n. 1017 del 1986, relativo ai criteri per lacostituzione dei patronati che, confermando la loro caratteri-stica di persone giuridiche private, riconosce però le funzionidi pubblica utilità svolte da questi istituti.26 Il 5 febbraio 1987viene approvato dall’esecutivo della CISL il nuovo statuto del-l’INAS presentato dalla presidenza con quest’introduzione:

Per una società che cambia ed un Patronato che studia di assecon-darne il progresso, uno Statuto che registra i toni e ritma i tempi de-gli interventi di tutela e di promozione del diritto sociale. Conside-razione attenta ai problemi ed ai bisogni del presente e del futuro,adeguamento organico e funzionale delle strutture e dei percorsioperativi, coinvolgimento sostanziale degli operatori nel vivo dellefasi di analisi e di progetto; qualificazione sindacale e professiona-le, agilità e chiare responsabilità della gestione. Tutto questo com-pendia il nuovo Statuto dell’INAS-CISL che, sulle tracce immutabilidell’esperienza storica del movimento e della più volte decennaleattività di patrocinio dei diritti e degli interessi previdenziali e so-

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22 Cronologia 1986, in INAS-CISL, Fatti e avvenimenti di quattro anni di at-tività. 1985-1989. Almanacco INAS, Roma 1989, p. 61.

23 A. Supino, L’INAS negli anni…, cit. Questa società ha il compito di ac-quistare ed amministrare le sedi del patronato.

24 Ibid.25 INAS-CISL, Fatti e avvenimenti…, cit., p. 32.26 S. Frego, G. Pastori, Evoluzione istituzionale e prospettive degli enti di

patronato, in INAS-CISL, Cogliere la sfida del futuro forti dell’esperienza delpassato, Roma 1990, p. 102.

ciali, guida e stimola verso una prospettiva più serena per i lavora-tori e per la società.27

Adolfo Supino, nel descrivere l’attività del decennio Ottanta,sottolinea l’importanza delle trasformazioni istituzionali chehanno interessato l’Istituto e individua in particolare nel nuo-vo Statuto un segnale del completarsi del processo di sindaca-lizzazione dell’INAS e di innovazione dei processi decisionali:

A mio avviso una cosa molto importante è stata la riforma statutariaalla fine degli anni ’80, che poi, per lungaggini ministeriali, fu rico-nosciuta solo nel 1991. […] In particolare ricordo che lo statuto al-l’art. 1 prevede che l’INAS opera tramite operatori iscritti alla CISL,questo in passato non c’era […] perché si parlava di ente di dirittopubblico. […] Con il nuovo Statuto si innovano anche gli organicollegiali: la Presidenza ha il modo di prendere tutte le decisioni ra-pidamente, mentre rimangono nei compiti del Consiglio di Ammi-nistrazione gli indirizzi politici e l’approvazione dei bilanci preven-tivi e consuntivi. […] Organo consultivo di grande importanza è ilComitato Nazionale di Attuazione composto da tutti i responsabiliregionali e dalla dirigenza centrale.28

La prima conferenza dell’INAS che si tiene, secondo le indica-zioni del nuovo Statuto, il 20 luglio 1988 a Roma, diviene unaoccasione per rilanciare la centralità dell’intreccio tra l’atti-vità del patronato e l’azione confederale, e per confermare lapriorità della prospettiva del rafforzamento del cosiddetto «si-stema servizi CISL». Inoltre emerge la crescente attenzioneper quella che è definita «l’area delle vecchie e nuove emargi-nazioni».29

Alla fine del decennio Ottanta l’INAS si presenta come unpatronato moderno che è chiamato a svolgere un ruolo più

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27 Il testo integrale dello Statuto con la presentazione della presidenza del-l’INAS è riportato in INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, Roma 1993.

28 Testimonianza raccolta alla tavola rotonda del 7 luglio 1999 (copia astampa).

29 P. Antonini, Tanti impegni operativi per un’adeguata tutela. Le indica-zioni emerse dalla prima conferenza dell’INAS-CISL, in «Conquiste del lavoro»,28 luglio 1988, p. 2.

ampio del passato con competenza e professionalità. Il conve-gno organizzato presso il CNEL il 16 marzo 1989, sul tema «Cri-si dei servizi ed imprenditorialità sociale: ruolo del patronato»,disegna il nuovo contesto entro cui si trova ad agire l’INAS,esempio di quel privato-sociale che deve svolgere una fun-zione insostituibile nel fornire servizi e prestazioni «di pub-blica utilità». L’editoriale del numero di «Tutela» del marzo1989, nel presentare i contributi del convegno organizzato alCNEL, sintetizza efficacemente la nuova prospettiva del patro-nato per gli anni Novanta:

L’azione svolta dal Patronato rappresenta un contributo importantesul versante della tutela e dell’assistenza anche per un corretto rap-porto fra cittadino e stato. Non c’è dubbio infatti, che con la suaazione, il suo impegno, con le sue denunce il patronato mette inmoto una sorta di circolo virtuoso che, se da un lato incalza e con-trasta l’azione a volte troppo lenta e burocratica dello stato, dall’al-tro fa sentire meno lontane ed impenetrabili le istituzioni che ero-gano i servizi per i cittadini. La spinta crescente a trovare soluzioniprivatistiche e personalizzate trova in questa funzione un freno e,soprattutto, un’alternativa assolutamente importante e decisiva, daapprezzare e da valorizzare adeguatamente. Si deve oggi fronteg-giare, infatti, un problema che rischia di assumere aspetti preoccu-panti: una sorta di fuga per la tangente rappresentata dalle soluzioniprivate e alternative. Quando un servizio pubblico che non funzio-na si risponde con un servizio supplente […] non è detto che si por-ti un contributo senz’altro positivo al sistema nel suo insieme. […]I principi ed i valori della nostra Costituzione in tema di sicurezzasociale vanno, quindi, ribaditi e difesi dai corporativismi miopi,pronti a mobilitarsi a difesa dei propri privilegi, e dagli arrembaggispregiudicati di lobbies potenti ed agguerrite anche politicamente.Lo stato e le istituzioni pubbliche devono garantire adeguati ed ef-ficienti servizi in linea con una moderna politica di stato sociale.La società civile, nelle sue forme organizzate, può e deve contri-buire a questo sforzo contribuendo così ad affermare e a praticarequei principi fondamentali. L’esperienza condotta in ormai qua-rant’anni di tutela e di consulenza personalizzata, ci ha mostratocon chiarezza l’esistenza di un privato-sociale che non può esseresempre e comunque ridotto allo stato. Da qui l’esistenza di una au-tonomia del sociale per autoorganizzarsi e per soddisfare bisogni

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ed attese. […] il patronato è per questo impegnato, in uno con ilSindacato, di cui è espressione fondativa, affinché emarginazione,equità, democrazia non restino vocaboli per esercitazioni sociolo-giche e politiche.30

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30 Citato in Le tappe della crescita…, cit., pp. 34-35.

Capitolo settimoGli anni Novanta: gli sviluppi recenti

Il patronato della CISL nel decennio Novanta

Il nuovo decennio si apre con i festeggiamenti per il quaran-tennale del patronato della CISL che viene solennemente cele-brato il 19 luglio 1990 presso l’Auletta di Montecitorio, conla partecipazione del ministro del Lavoro Carlo Donat-Cattin,del presidente del CNEL Giuseppe De Rita e del presidentedell’INPS Mario Colombo, alla presenza della Segreteria con-federale.1

L’anniversario dei quarant’anni diviene occasione perun’ampia riflessione sul ruolo ed i compiti del patronato. Adesempio sulle pagine di «Conquiste del lavoro» la celebrazio-ne della storia passata si intreccia con la sottolineatura dellafunzione dell’INAS come componente fondamentale di un sin-dacato confederale degli anni Novanta:

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1 INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, cit., p. 43. In tale occasione particolar-mente stimolante appare l’intervento di De Rita che evidenzia «il ritorno aduna società dei diritti in senso nuovo, che vede l’individuo come centro di bi-sogni legati al proprio modo di vivere» che richiedono al patronato una riquali-ficazione «sia attuando un patrocinio sempre più personalizzato legato alla di-versità e specificità dei bisogni, sia operando a favore dei meno abbienti perchéanch’essi possano usufruire delle varie opportunità date dalle provvidenze edagli interventi pubblici» (ivi. p. 8).

L’INAS, il nostro patronato, celebra oggi […] il quarantennale dellafondazione. Un cammino comune, segnato dall’impegno e dalla de-dizione di tanti amici che sul fronte della tutela individuale hannorappresentato, affermato e praticato i principi e i valori della CISL. Mac’è di più. L’intreccio ed il rapporto patronato-organizzazione sinda-cale non si può considerare, analizzare e giudicare come se si trattas-se di entità distinte, o comunque separate da rigidi e burocratici ruoli,competenze e divisioni del lavoro. Quando ciò si è verificato, quandoa volte e, con sussiego, così si è inteso, si è trattato di un visibile erro-re, di una evidente forzatura che non ha tenuto conto della esperienzareale. Può, infatti, essere che in tanti anni di storia attenzione e inte-resse si siano spostati ciclicamente sui diversi protagonisti, ma nonsaremmo la CISL di oggi se non avessimo potuto contare sul rapportounitario e sinergico di tutte le nostre articolazioni categoriali, territo-riali organizzative e funzionali, tra le quali il nostro patronato occupacertamente un posto significativo ed essenziale.2

Analogamente, sulle stesse pagine di «Conquiste del lavoro»,anche Modesto Giannetta sintetizza efficacemente la paraboladell’esperienza dell’INAS:

va dato atto del grande ruolo che ha svolto l’INAS, che ha saputo su-perare i confini angusti di una funzione tradizionalmente assisten-ziale adeguando la struttura operativa e le strumentazioni tecnicheper tutelare, a più vasto raggio, gli associati della CISL, cogliendotempestivamente bisogni ed esigenze ed adottando le soluzioni piùefficaci per rispondere con immediatezza ed efficienza. Non vi èdubbio, peraltro, che i lavoratori abbiano bisogno di uno strumentocome l’INAS, espressione diretta e braccio operativo della CISL.3

Nell’ottobre 1990 viene inaugurata sulle pagine di «Conqui-ste del lavoro» la rubrica quindicinale «INAS Risponde» conl’obiettivo di affrontare, a partire dai casi concreti, le questio-ni più attuali in materia socio-assistenziale.4

144

2 Un comune cammino tra CISL e Patronato, in «Conquiste del lavoro»,speciale L’INAS compie quarant’anni, 19 luglio 1990, p. 4.

3 M. Giannetta, Una grande obiettivo: tutelare i lavoratori, in «Conquistedel lavoro», speciale L’INAS compie quarant’anni, 19 luglio 1990, p. 4.

4 INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, cit., p. 43.

Il convegno, organizzato dall’INAS a Roma il 31 gennaio eil 1° febbraio 1991 in collaborazione con la CISL, su «Preven-zione: difesa della salute dei lavoratori, innovazioni contrat-tuali, modifiche legislative e qualificazione della tutela», rap-presenta un importante momento di riflessione su una temati-ca che rimane di interesse strategico per l’azione del patrona-to, ma che al contempo richiede la necessità di svilupparenuove riflessioni per potersi confrontare efficacemente con ilmodificarsi del contesto tecnologico, organizzativo e norma-tivo. In particolare, nel corso del convegno, viene affrontatala problematica del rapporto tra sicurezza del lavoro e accele-razione dell’innovazione tecnologica e su questo tema appaio-no significative le riflessioni proposte dal segretario generaledella CISL Franco Marini: «Occorre andare contro l’esaltazio-ne acritica delle nuove tecnologie e la svalutazione della sicu-rezza sul lavoro, quasi che questa sia l’automatico risultatodell’innovazione tecnologica».5

Il 3 aprile 1991 si tiene a Roma, presso la sede nazionaledell’INAS, un convegno di studio sulla legge 241, relativa aidiritti di accesso dei cittadini agli atti della pubblica ammini-strazione, intitolato «Il diritto di accesso ai documenti ammi-nistrativi e intervento dei terzi: il ruolo del patronato».6 L’at-tenzione dell’INAS verso questa innovazione normativa si giu-stifica nella prospettiva di un patronato che individua la pro-pria funzione come rappresentante e patrocinatore dei dirittidei cittadini.7

Ai lavori del Comitato nazionale di attuazione dell’INAS,che si tengono l’8 maggio 1991, partecipa il nuovo segretariodella CISL Sergio D’Antoni, che, nel ribadire l’importanzadell’azione del patronato, sottolinea «come sia stata acquisitain questi anni dalla CISL una vera cultura di servizio che gli haconsentito di prefigurare una sorta di vero e proprio segmentodi stato moderno, nel quale sanno trovare sintesi esigenze in-

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5 I. Nuboloni, La tutela della salute passa per la prevenzione, in «Conqui-ste del lavoro», 2-3 febbraio 1991, p. 1.

6 Il ruolo dei patronati, in «Conquiste del lavoro», 26 aprile 1991, p. 1.7 INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, cit., p. 9.

dividuali e collettive, valenze private e pubbliche, il tutto ar-monizzato da un grande afflato sociale».8

Il 23 e 24 ottobre 1991 si tiene a Saint Vincent un impor-tante convegno dell’INAS su «Patrocinio medico-legale: bilan-cio e prospettive», che diviene una occasione per rilanciare ilruolo di tutela del patronato: «la direttrice che ne viene fuori èquella di un ruolo sempre più rilevante del Patronato in quel-l’intrico normativo che allontana il cittadino dalle istituzioni elo rende sempre più (giustamente) diffidente e insoddisfattonei confronti dei servizi».9

La strategia di una politica dei servizi e di tutela capace diinnovarsi si esplicita nell’attenzione prestata dall’INAS all’evo-luzione della realtà sociale e alla necessità di proporsi come unsoggetto capace di rispondere all’emergere di nuovi bisogni.Tale strategia viene ad esempio confermata dall’attività che ilpatronato della CISL svolge in favore degli immigrati extraco-munitari. All’interno di questa prospettiva si inquadra la pub-blicazione, nel novembre 1991, della «Guida ai diritti dei citta-dini extracomunitari in Italia», che si inserisce nella tradizionedi formazione/innovazione del patronato della CISL.10

Il 9 e 10 dicembre 1991 viene sottoscritto a Roma il protocol-lo d’intesa tra la Direzione generale degli Istituti di previdenzaed i patronati. Con questo protocollo, per la prima volta, la pub-blica amministrazione sancisce il ruolo di tutela che gli enti dipatronato svolgono per i pubblici dipendenti, analogamente a ciòche avviene nelle imprese private.11 Un ulteriore riconoscimentodel ruolo sociale e professionale dei patronati, in particolare peril settore del pubblico impiego, deriva dal protocollo firmato trail ministero del Tesoro e i patronati sindacali il 10 marzo 1992.12

146

8 L’INAS CISL per costruire tutele, in «Conquiste del lavoro», 10 maggio1991, p. 5.

9 Patronati. L’INAS rilancia le tutele, in «Conquiste del lavoro», 24 ottobre1991, p. 1.

10 O. Ciucci, Extracomunitari. Tutelarne i diritti, in «Conquiste del lavo-ro», 27 novembre 1991, p. 8.

11 INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, cit., p. 49. 12 Lavoratori più tutelati, patronati più operativi, in «Conquiste del lavo-

ro», 21-22 marzo 1992, p. 5.

Il seminario che si svolge a Roma il 2 e 3 dicembre 1992organizzato dalla Associazione Zancan e dalla Caritas italianasul tema «Ruolo dei patronati e della solidarietà», vede la par-tecipazione dei rappresentanti dell’INAS, segnale di una atten-zione non estemporanea del patronato della CISL verso ilmondo del volontariato. In questi anni tale attenzione si èesplicitata attraverso la sottoscrizione di intese di collabora-zione con diverse realtà di volontariato come ad esempio ilMOVI, la Caritas di Roma e Federsolidarietà: «Quella tra sin-dacato, patronato e volontariato è una sorta di alleanza che sifonda sul rapporto umano e sul sostegno alla persona conside-rata nella sua globalità di cittadino portatore di diritti costitu-zionali e di bisogni di tipo relazionale».13

Il 7 giugno 1993 il Consiglio generale della CISL eleggepresidente dell’INAS Carlo Biffi in sostituzione di Melino Pil-litteri che diviene segretario generale della FNP-CISL. Vengo-no confermati vicepresidenti Erminio Chioffi, Giuseppe Ca-valli, e Cirino Brancato che sostituisce Franco Coscia.14 Il 19luglio 1994 Diego Peli subentra a Giuseppe Cavalli come vi-cepresidente dell’INAS.15

Il nuovo presidente dell’INAS, nel descrivere gli intenti del-la nuova gestione, individua tre obiettivi prioritari:

Il primo è quello di non disperdere i grandi risultati finora realizzatidall’INAS. Oggi l’INAS è una struttura che va guardata con grande ri-spetto, per come è organizzata, per come affronta i problemi, percome si coordina con la confederazione, per i rapporti che ha allaperiferia con le strutture del sindacato. […] Vi è poi un obiettivo inqualche modo sollecitato dagli eventi esterni. Vedo un certo vizioricorrente teso a far ritenere l’azione di patronato un po’ marginalee superata dai tempi. Non vi è nulla di più sbagliato e superficiale.Oggi il patronato di parte, la consulenza, la tutela, l’affermazionedel diritto sono più necessari di ieri ed il loro perseguimento è piùcomplicato e difficile. Per questo sarà indispensabile un’azione ver-so il governo e gli enti erogatori delle prestazioni perché ciascuno

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13 INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, cit., p. 16.14 A. Supino, L’INAS negli anni…, cit.15 INAS-CISL, Almanacco INAS 1993/1997, Roma 1997, p. 28.

faccia la sua parte, secondo le proprie competenze e responsabilitàsenza mistificazioni e tentare di scaricare debolezze e limiti proprisugli altri. […] Infine intendo realizzare i progetti specifici avviatinel Mezzogiorno, nel campo infortuni e malattie professionali e nelpubblico impiego, senza trascurare il nostro impegno all’estero do-ve siamo il patronato di riferimento per moltissime comunità italia-ne […] Inoltre occorre rivedere il rapporto ministero-patronati, inquesta opera di ridisegnazione della mappa di tutti i patronati cheoperano in Italia, per cercare di stare sul terreno dell’efficienza, del-la produttività con il massimo di trasparenza. Tutto questo non lofaremo da soli, ma in stretta sintonia con la federazione dei pensio-nati e con la confederazione.16

Gli anni della presidenza di Carlo Biffi sono segnati da unasignificativa innovazione legislativa che modifica il contestonormativo entro cui si trova ad agire l’INAS. Si segnalano inparticolare il DLGS 626/94 sulla tutela della salute dei lavora-tori, il decreto interministeriale n. 764 del 13 dicembre 1994inerente la riduzione delle prestazioni finanziate, la legge335/95 sulla riforma previdenziale e la legge 425 art. 6 dell’8agosto 1996 che riduce il finanziamento ai patronati.17

In questo quadro in rapida evoluzione la priorità dell’atti-vità dell’INAS è individuata nella strutturazione di un solidoimpegno formativo che, coerentemente con la decennale tra-dizione dell’Istituto, è finalizzato a consolidare la professio-nalità e la competenza degli operatori. Si susseguono numero-se iniziative formative con le diverse categorie confederali acui si affianca l’organizzazione di vari convegni su temi spe-cifici. Si ricordano ad esempio i seguenti convegni INAS: «Ilfuturo dei diritti previdenziali: la nuova disciplina della soc-combenza» (Roma 11 novembre 1993), «Invalidità e handi-cap» (Bologna, 28-29 aprile 1994), «INAIL e danno biologico»(Roma, 6-7 maggio 1994), «Previdenza, settore assicurazionegenerale obbligatoria e forme sostitutive» (Roma, 27-28 mag-gio 1994), «Il decreto ministeriale di riforma dei patronati»

148

16 L. Delfini, Un patronato per i lavoratori. A colloquio con il nuovo presi-dente dell’INAS-CISL, Carlo Biffi, in «Conquiste del lavoro», 8 giugno 1993, p. 5.

17 INAS-CISL, Almanacco INAS 1993/1997, cit., pp. 28-29.

(Roma, 28 settembre 1994), «Legge finanziaria 13.12.1994.Nuovi criteri per l’erogazione dei contributi di finanziamentoai patronati» (Padenghe del Garda, 2-3 febbraio 1995; Frasca-ti, 9-10 febbraio 1995), «Handicap ed invalidità: riconosci-mento, valutazione e reinserimento sociale» (Bologna, 4-5maggio 1995), «La riforma del contenzioso pensionistico e ildecentramento della Corte dei Conti» (Roma, 12 ottobre 1995),«Infortuni e malattie professionali: sviluppo della tutela se-condo giustizia ed equità» (Roma, 18 ottobre 1996).18

Nel dicembre 1997 il Consiglio generale della CISL eleggeil nuovo Collegio di Presidenza che viene insediato il 2 feb-braio 1998. Il nuovo presidente è Giovanni Carlo Panero, i vi-cepresidenti sono Enzo Giase e Gianfranco Patuanelli, mentreElia Bettuzzi diviene in seguito amministratore delegato, in-carico che lascia il 31 dicembre 1998.19

I primi due anni della presidenza Panero rappresentano unmomento di forte impegno a tutti i livelli nella direzione di unaprofonda ristrutturazione dell’Istituto. Tale impegno si inqua-dra nella prospettiva di attrezzare l’INAS per affrontare efficace-mente il nuovo contesto che si viene a delineare come risultatodei processi di revisione strutturale del modello italiano di Wel-fare State. Inoltre si evidenzia la necessità di impostare unastruttura associativa compatibile con la nuova realtà normativarappresentata dalla auspicata legge di riforma dei patronati.

L’INAS verso il terzo millennio

Al principio degli anni Novanta la riflessione sull’attività edil ruolo dell’INAS deve confrontarsi con l’emergere di un pa-radigma culturale dominante fortemente segnato da una im-postazione economicistica:

Si assiste […] in questi anni ad una sorta di eccesso di revisionismoculturale, da parte dei gestori degli enti, che, forse, per evitare super-

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18 Ivi, pp. 28-34.19 A. Supino, L’INAS negli anni…, cit.

ficialità e disattenzioni che nel passato hanno avuto gli aspetti econo-mici e le ragioni gestionali, assumono questi ultimi come paradigmiassoluti per la verifica di efficacia e di efficienza del proprio operato.Ne consegue che spesso bisogni e diritti vengono guardati e giudica-ti non in quanto tutelati e sanciti dalle leggi, ma in funzione dei costiche il loro soddisfacimento potrebbe e dovrebbe comportare.20

Rispetto a questo paradosso economicistico i cardini dell’ini-ziativa dell’INAS vengono così riassunti:

1. Affermare senza titubanze e mediazioni la cultura del diritto,battendo le logiche della subordinazione e del favore;2. estendere l’azione di patrocinio oltre i tradizionali confini dellaprevidenza, privata/pubblica e degli infortuni, sollecitando anchel’istituzionalizzazione della tutela in campo sanitario;3. riaffermare l’autonomia del patronato di parte senza confondereruolo e funzioni con quanti a vario titolo rivestono responsabilitàgestionali in enti ed amministrazioni.21

Nonostante le difficoltà di un contesto culturale non favore-vole, che spesso si combina con l’esplicitarsi di congiunturepolitiche difficili ed avverse, l’esperienza dell’INAS riesceperò ad affrontare gli anni Novanta mostrando di possedererisorse capaci di produrre innovazione e di sviluppare un po-sitivo confronto con la realtà circostante. Nel 1997 Carlo Bif-fi sottolinea la capacità dell’INAS di essere ancora essenzialeanche nel nuovo contesto di fine millennio:

Oggi la solidarietà non è più solo semplicemente assistenza, ma di-viene consulenza personalizzata. Oggi la tutela, che è sinonimo digiustizia, deve sapersi coniugare con professionalità ed efficienza.Alla vigilia del nuovo millennio, dunque, l’INAS eredita dal secolodella sua fondazione i principi ed i valori di riferimento che costi-tuiscono la ragione storica della sua esistenza, e li adegua ai cam-biamenti in atto, confermando così il suo ruolo essenziale, ancheper gli anni a venire.22

150

20 INAS-CISL, Almanacco 1989-1993, cit., p. 7.21 Ibid.22 INAS-CISL, Almanacco INAS 1993/1997, cit., p. 8.

La capacità di essere un patronato al passo coi tempi è la pro-spettiva per il futuro che viene indicata alla fine del decenniodal presidente Panero:

Consapevole del proprio ruolo, proprio per non tradire la nostramissione, oggi che il contesto è profondamente mutato, l’INAS deveinterrogarsi sul futuro per rispondere in modo adeguato ai nuovi bi-sogni ed al cambiamento del Welfare State. In vista della Conferen-za dei Servizi della CISL, l’INAS vuole arrivare mantenendo la suaspecializzazione su previdenza, infortuni ed assistenza ma aprendo-si anche a nuovi campi e preparandosi a lavorare in modo semprepiù integrato con i servizi della CISL sul territorio e nei luoghi di la-voro, per fornire consulenza e tutela in modo efficace ed efficiente.Il futuro del patronato dipende dalla capacità che avremo di creareil patronato del futuro, ovvero un soggetto rinnovato […], efficiente[…], legato ai valori ed alla tradizione della CISL […], che sa fareproselitismo […] coniugando capacità professionale e missione sin-dacale.23

151

23 Panero: un nuovo patronato al passo coi tempi, in «Conquiste del lavo-ro», 14 settembre 1999, p. 6.

152

Appendice

DLCPS 29 luglio 1947, n. 804*

Riconoscimento giuridico degli istituti di patronatoe di assistenza sociale

Art. 1

L’esercizio dell’assistenza e tutela dei lavoratori e dei loro aventicausa per il conseguimento in sede amministrativa delle prestazionidi qualsiasi genere previste da leggi, statuti e contratti regolanti laprevidenza e la quiescenza, nonché la rappresentanza dei lavoratoridavanti agli organi di liquidazione di dette prestazioni o a collegi diconciliazione, spetta agli Istituti di patronato e di assistenza sociale.

La facoltà degli Istituti di patronato e di assistenza sociale diconciliare o transigere deve risultare da esplicito mandato del lavo-ratore assistito.

Il patrocinio dei lavoratori in sede giudiziaria è regolato dallenorme del Codice di procedura civile e da quelle sulla disciplinadelle professioni di avvocato e procuratore.

È fatto divieto ad agenzie private ed a singoli procaccianti diesplicare qualsiasi opera di mediazione per l’assistenza ai lavorato-ri e loro aventi causa. I contravventori sono puniti con l’ammendafino a 5.000 e, in caso di recidiva, con l’arresto sino ad un mese.

Art. 2

Gli Istituti di patronato e di assistenza sociale possono essere costi-tuiti e gestiti soltanto da associazioni nazionali di lavoratori, che an-

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* Ratificato, a norma dell’art. 6 del decreto luogotenenziale 16 marzo 1946 n.98, con legge 17 aprile 1956 n. 561 (G.U. 25 giugno 1956, n. 156).

noverino nei propri statuti finalità assistenziali e diano affidamentodi provvedervi con mezzi adeguati.

La costituzione di Istituti di patronato e di assistenza sociale de-ve essere approvata con decreto del Ministro per il lavoro e la pre-videnza sociale.

La relativa domanda deve essere corredata da un esemplare del-l’atto costitutivo e da tre esemplari dello statuto e deve, altresì, specifi-care la natura, i compiti e l’ordinamento dell’associazione promotricee i mezzi inizialmente destinati per il funzionamento dell’Istituto.

Le successive modificazioni all’atto costitutivo e allo statuto di-vengono esecutive dopo l’approvazione del Ministro per il lavoro ela previdenza sociale.

Art. 3

Negli statuti degli Istituti di patronato e di assistenza sociale devo-no essere indicati:1) le associazioni nazionali dei lavoratori che ne promuovono la co-stituzione;2) la denominazione dell’istituto, che deve essere diversa da quelladi ogni altro già esistente;3) le sede legale e la competenza territoriale;4) l’ordinamento dei servizi assistenziali;5) gli organi amministrativi;6) l’obbligo dell’Istituto di apportare allo statuto le modificazioni e leaggiunte che saranno ritenute necessarie dal Ministro per il lavoro ela previdenza sociale, sentite le associazioni nazionali dei lavoratori.

Nello statuto deve essere espressamente stabilito che l’attivitàassistenziale dell’Istituto è svolta gratuitamente nei confronti di tut-ti i lavoratori, senza alcuna limitazione.

Art. 4

Al finanziamento degli Istituti di patronato e di assistenza sociale,regolarmente costituiti a norma del presente decreto, si provvedecon il prelevamento di un’aliquota percentuale sul gettito dei con-tributi incassati, a termine di legge o di contratto collettivo, dagliIstituti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale.

L’aliquota prevista nel comma precedente è determinata ogni

156

anno con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza socialedo concerto con il Ministro per il tesoro, in misura non superiore al-lo 0,50 per cento dei contributi versati agli Istituti di previdenza.

I fondi raccolti con il prelevamento della predetta aliquota nonpossono avere destinazione diversa da quella indicata nel primocomma del presente articolo.

Art. 5

I fondi di cui al precedente articolo devono essere versati dagli Isti-tuti che gestiscono le varie forme di previdenza sociale in un contointestato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, pressola Tesoreria centrale dello Stato.

La ripartizione dei fondi tra gli Istituti di patronato e di assisten-za sociale è effettuata con decreto del Ministro per il lavoro e laprevidenza sociale di concerto con il Ministro per il tesoro, sentitele associazioni nazionali dei lavoratori interessati in relazione all’e-stensione o all’efficienza di servizi degli Istituti stessi.

Agli effetti della ripartizione dei fondi, gli Istituti di patronato edi assistenza sociale sono tenuti a fornire al Ministero del lavoro edella previdenza sociale, nei modi e termini da questo indicati, ladocumentazione della loro organizzazione e delle attività assisten-ziali, svolte nei singoli esercizi.

Art. 6

Gli Istituti di patronato e di assistenza sociale sono sottoposti allavigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e sonoobbligati a mettere a disposizione dei funzionari incaricati alle ispe-zioni tutti i libri, i registri e gli incartamenti riguardanti le rispettiveamministrazioni e gli affari in cui essi siano comunque interessati.

In caso di gravi irregolarità amministrative, il Ministro per il la-voro e la previdenza sociale, sentite le associazioni nazionali pro-motrici, può sciogliere i normali organi di amministrazione e nomi-nare un commissario per la gestione straordinaria dell’Istituto. Ildecreto del Ministro stabilisce i poteri del commissario e la duratadell’incarico.

Nei casi in cui l’Istituto non sia più, per qualsiasi motivo, incondizioni di funzionare o siano venuti meno i requisiti previsti dal

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primo comma art. 2 del presente decreto, il Ministro per il lavoro ela previdenza sociale può disporre lo scioglimento dell’Istituto stes-so e nominare un liquidatore.

Art. 7

Gli Istituti di patronato e di assistenza sociale debbono:1) tenere regolare registrazione di tutti i proventi e di tutte le spese,corredata dalla documentazione contabile, secondo i modelli even-tualmente predisposti dal Ministero del lavoro e della previdenzasociale.2) rendere di pubblica ragione l’attività assistenziale da essi svoltain base alle norme statutarie;3) comunicare al Ministero del lavoro e della previdenza sociale,entro tre mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, il resocontodell’esercizio stesso e i nominativi dei componenti degli organi diamministrazione e di controllo;4) fornire al Ministero del lavoro e della previdenza sociale i datiriassuntivi e statistici dell’attività assistenziale da essi svolta.

Art. 8

Agli effetti di qualsiasi imposta e tassa gli Istituti di patronato edassistenza sociale sono parificati alle Amministrazione dello Stato.

Art. 9

Sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli: 12 del decreto leggeluogotenenziale 23 agosto 1917, n. 1450; dal n. 119 al 122 incluso deldecreto luogotenenziale 21 novembre 1918, n. 1889; 108 del regio de-creto legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito in legge, con modifica-zioni, con la legge 6 aprile 1936, n. 1155; 66 del regio decreto 17 ago-sto 1935, n. 1765, e 89 del regio decreto 25 gennaio 1937, n. 200.

Sono altresì abrogate le disposizioni contenute nel regio decre-to-legge 8 luglio 1937, n. 1735, convertito nella legge 13 gennaio1938, n. 128 nel decreto ministeriale 27 gennaio 1938, nonché ognialtra disposizione contraria e incompatibile con quelle contenutenel presente decreto.

158

Decreto ministeriale 8 marzo 1950

Approvazione della costituzione del nuovo patronato INAS

Il Ministro Segretario di Statoper il Lavoro e la Previdenza Sociale

visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 lu-glio 1947, n. 804;

vista la domanda per l’approvazione della costituzionedell’«ISTITUTO NAZIONALE DI ASSISTENZA SOCIALE» aisensi dell’art. 2 del predetto decreto legislativo;

considerato che lo statuto risponde ai requisiti richiesti e sussi-stono altresì le condizioni stabilite dal predetto decreto legislativoper l’approvazione:

decreta:

È approvata, ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo del Ca-po provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, la costituzionedell’«ISTITUTO NAZIONALE DI ASSISTENZA SOCIALE»,retto dallo Statuto allegato al presente decreto, composto di n. 20articoli.

Roma, 8 marzo 1950

Il MinistroMarazza

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Statuto dell’Istituto nazionale di assistenza sociale (INAS-FIL)

approvato con Dm 8 marzo 1950*

Art. 1

È costituito l’Istituto Nazionale di Assistenza Sociale, a cura dellaConfederazione Italiana Sindacati Lavoratori, per l’assistenza e latutela completamente gratuita a tutti indistintamente i lavoratori eloro aventi causa, nei limiti e secondo le modalità stabiliti dalle di-sposizioni di legge in vigore.

L’Istituto ha la propria sede legale in Roma e svolge la sua atti-vità in tutto il territorio della Repubblica Italiana per tramite deipropri uffici centrali e periferici.

Art. 2

Sono finalità dell’Istituto:1) assistere i lavoratori in applicazione delle norme relative al-

l’assicurazione degli infortuni sul lavoro nell’industria, nell’agri-coltura e nelle altre attività produttive;

2) assistere i lavoratori in applicazione delle norme relative al-l’assicurazione delle malattie professionali;

3) assistere i lavoratori in applicazione delle norme relative al-l’assicurazione invalidità e vecchiaia, tubercolosi, disoccupazioneinvolontaria, nuzialità e natalità, per la gente di mare e per le cate-

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* Il presente Statuto è stato aggiornato dal Consiglio d’Amministrazione dell’Istitu-to nelle riunioni del 1° e 28 febbraio 1952.

gorie di lavoratori per le quali vigono speciali norme di previdenzae di quiescenza e per ogni altra assicurazione affidata ai diversi isti-tuti, organismi o enti che gestiscono le varie forme di previdenzasociale;

4) di assistere i lavoratori per l’applicazione alle norme vigentiper l’assicurazione contro le malattie;

5) assistere i lavoratori nelle pratiche di emigrazione sia internache all’estero ed in quelle relative alle prestazioni previdenziali edassistenziali cui hanno diritto in dipendenza della loro permanenzaall’estero;

6) svolgere e attuare ogni altro incarico che si ad esso conferitonell’ambito della previdenza sociale, dal Ministero del Lavoro edella Previdenza Sociale, dalla Confederazione Italiana SindacatiLavoratori, da Organizzazioni statali e parastatali, da Enti di dirittopubblico, da Enti aventi finalità sociali ed assistenziali in genere eda disposizioni di Legge.

Art. 3

Sono organi dell’Istituto:Il PresidenteIl Consiglio d’Amministrazione Il Consiglio EsecutivoIl Collegio dei Sindacati

Art. 4

Il Presidente è nominato in conformità del successivo art. 6 ed ha larappresentanza legale dell’Istituto.

Spetta al Presidente:a) convocare e presiedere il Consiglio d’Amministrazione ed il

Comitato Esecutivo;b) determinare le materie da portare alla discussione degli orga-

ni predetti e vigilare sull’esecuzione delle loro deliberazioni;c) firmare gli atti e i documenti che importano impegni per l’I-

stituto.Il Presidente deve, in caso di assenza o d’impedimento, delegare

la rappresentanza legale e le altre funzioni inerenti al suo ufficio alVice Presidente.

161

Il Presidente, sentito il Consiglio d’Amministrazione, può dele-gare, per l’esercizio di particolari attribuzioni, la legale rappresen-tanza dell’Istituto al Direttore Generale, e, per quanto concerne l’at-tività dell’Istituto nell’ambito delle singole circoscrizioni delle sediperiferiche, ai Direttori delle sedi stesse o ai funzionari che in casodi assenza sono designati a farne le veci.

Art. 5

Il Consiglio di Amministrazione è nominato dal Consiglio Generaledella C.I.S.L. ed è composto come segue: da undici rappresentantidei lavoratori aventi diritto all’assistenza di cui: tre per ciascuno deisettori dell’industria e dell’agricoltura; due per ciascuno dei settoridel commercio e del credito e dell’assicurazione; uno per il settoredel pubblico impiego.

Il Direttore Generale dell’Istituto interviene alle sedute con votoconsultivo.

Nella prima seduta successiva alla nomina, il Consiglio d’Am-ministrazione, presieduto dal Consigliere più anziano, nomina nelsuo seno il Presidente e il Vice Presidente.

Art. 6

Spetta al Consiglio di Amministrazione:1) nominare il Presidente e il Vice Presidente dell’Istituto in

conformità a quanto disposto dall’art. 4 e i membri del ComitatoEsecutivo scegliendoli tra i Consiglieri in carica;

2) stabilire il regolamento interno per lo svolgimento delle atti-vità ad esso demandate dal presente statuto;

3) approvare il bilancio preventivo e consuntivo dell’Istituto,nonché le operazioni di storno tra i vari capitoli di bilancio;

4) deliberare l’acquisto, l’alienazione e la permuta dei beni im-mobili urbani e rustici, nonché l’eventuale trasformazione di dettibeni;

5) fissare le direttive di ordine generale per il raggiungimentodelle finalità dell’Istituto, per l’attuazione dei rapporti con gli orga-ni dello Stato, le organizzazioni sindacali e gli Istituti assicuratori;

6) deliberare sull’organizzazione degli uffici centrali e periferici;7) deliberare sulla nomina del Direttore Generale;

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8) approvare il regolamento organico del personale, ivi compre-so il Direttore Generale, nel quale saranno stabilite le norme perl’assunzione, il trattamento economico e di carriera e quello di previ-denza;

9) deliberare sull’accettazione delle donazioni e dei legati a fa-vore dell’Istituto;

10) deliberare sulle modifiche del presente Statuto.

Art. 7

Il Comitato Esecutivo è composto dai seguenti membri:a) dal Presidente;b) dal Vice Presidente;c) da tre Consiglieri.Il Direttore Generale partecipa alle riunioni del Comitato Esecu-

tivo con un voto consultivo.

Art. 8

Spetta al Comitato Esecutivo:a) esaminare le risultanze dei bilanci preventivo e consuntivo e

la relazione del Direttore Generale da sottoporre all’approvazionedel Consiglio di Amministrazione;

b) attuare le norme organiche degli Uffici e del personale;c) deliberare, sulla proposta del Direttore Generale, le nomine,

le rimozioni e gli avanzamenti del personale impiegatizio e del per-sonale tecnico (medici, legali) sia per gli uffici centrali che perquelli periferici e determinare il trattamento economico in relazionealle tabelle approvate dal Consiglio;

d) esaminare le risultanze delle ispezioni e degli accertamentidisposti dal Presidente e dal Direttore Generale e deliberare suiprovvedimenti da adottare;

e) promuovere l’esame dei problemi di carattere generale e par-ticolare relativi alla previdenza sociale;

f) vigilare sull’organizzazione e il funzionamento degli uffici;g) seguire gli sviluppi della previdenza e assistenza, sottoporre

alle decisioni del Consiglio di Amministrazione le proposte del ca-so e dare proprio parere su tutte le questioni sulle quali il Presidenteritenga interpellarlo.

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Art. 9

Il Collegio dei Sindaci è nominato da Consiglio Generale dellaConfederazione Sindacati Lavoratori ed è composto da tre sindacieffettivi e da due supplenti.

Art. 10

Spetta ai Sindaci:1) Rivedere e controllare le scritture contabili;2) Fare ispezioni e riscontri di cassa;3) Esaminare i bilanci preventivo e consuntivo, riferendone al

Consiglio d’Amministrazione.I Sindaci intervengono alle riunioni del Consiglio d’Ammini-

strazione e del Comitato Esecutivo ed esercitano le loro funzionisecondo le norme contenute negli artt. 1403 e seguenti del CodiceCivile, in quanto applicabili.

Art. 11

I componenti del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Ese-cutivo, del Collegio Sindacale, durano in carica tre anni e possonoessere riconfermati.

Essi allo scadere del termine stabilito cessano dalle funzioni an-che se sono stati nominati nel corso del triennio della data di nomi-na del Consiglio d’Amministrazione e del Comitato Esecutivo.

Le cariche di Presidente, di Vice Presidente e di Consigliere diAmministrazione dell’Istituto sono gratuite.

Il Consiglio di Amministrazione determina la misura della me-daglia di presenza spettante ai componenti del Consiglio stesso edel Comitato Esecutivo per la partecipazione a ciascuna seduta ed ilcompenso fisso da attribuire ai componenti il Collegio sindacale.

Le relative deliberazioni devono essere approvate dal Ministroper il Lavoro e la previdenza sociale.

Per la validità delle sedute del Consiglio d’Amministrazione edel Comitato Esecutivo occorre la presenza di almeno la metà piùuno dei rispettivi componenti in carica.

Per la validità delle deliberazioni occorre il voto favorevole del-la maggioranza dei presenti. In caso di parità di voti prevale quellodel Presidente.

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Il Consiglio di Amministrazione si riunisce di regola ogni quat-tro mesi o in termini più brevi se il Presidente lo ritenga necessario.

Il Comitato Esecutivo si riunisce di regola una volta al mese.

Art. 12

L’Istituto esplica la propria azione assistenziale attraverso gli UfficiCentrali e Provinciali.

Art. 13

Il Direttore Generale è a capo di tutti i servizi centrali e perifericidell’istituto ed esercita tutte le attribuzioni conferitegli dal presenteStatuto, dal regolamento per il personale, dal Presidente, dal Consi-glio di Amministrazione, dal Comitato Esecutivo.

Art. 14

Il Direttore dell’Ufficio Provinciale è coadiuvato da una Giuntaconsultiva presieduta da un rappresentante locale della Unione Sin-dacale Provinciale e composta di tre Organizzatori sindacali nomi-nati dalla Segreteria Generale dell’U.S.P. Allo scopo di regolare inmodo uniforme il funzionamento e le attribuzioni della Giunta con-sultiva sarà provveduto con apposito regolamento interno approva-to dal Consiglio di Amministrazione.

La Giunta consultiva si riunisce ordinariamente ogni tre mesi estraordinariamente tutte le volte che il Presidente lo ritenga neces-sario.

Il Direttore dell’Ufficio riferisce alla Giunta sull’assistenza pre-stata, sui problemi previdenziali ed assistenziali di maggiore rilie-vo, sulle pratiche in corso, sui rapporti con le organizzazioni sinda-cali dei lavoratori e con gli istituti di assicurazioni e di assistenzadella circoscrizione.

Spetta alla Giunta consultiva:a) suggerire, in relazione alle esigenze locali, le direttive gene-

rali atte a realizzare la più efficace azione assistenziale nell’ambitodella circoscrizione;

b) promuovere le più strette collaborazioni tra l’Ufficio e le or-

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ganizzazioni sindacali dei lavoratori ed i più efficaci rapporti tral’Ufficio e gli Istituti assicuratori ed assistenziali della circoscri-zione;

c) proporre alla Sede Centrale dell’Istituto i mezzi idonei allapiù larga divulgazione ed applicazione delle diverse previdenze afavore dei lavoratori ed al migliore funzionamento dei servizi assi-stenziali.

Di ciascuna seduta sarà compilato un apposito verbale da fir-marsi dal Presidente della Giunta e dal Direttore dell’Ufficio pro-vinciale e da rimettersi alla Sede Centrale dell’Istituto.

Art. 15

In ogni regione potrà essere delegato un Direttore Provinciale dellaregione stessa con incarichi tecnici ed ispettivi verso le altre sediprovinciali della medesime regione.

Art. 16

L’ordinamento degli Uffici e il regolamento del personale sarannoportati a conoscenza del Ministero del Lavoro e delle PrevidenzaSociale entro tre mesi dal riconoscimento dell’Istituto.

Art. 17

Il rapporto di impiego con l’Istituto è incompatibile con qualunquealtro rapporto di impiego pubblico e privato e con l’esercizio diqualsiasi professione, di industria o di commercio.

L’Istituto non può assumere in rapporto di impiego medici e av-vocati incaricati di prestare la loro opera professionale negli Ufficicentrali e periferici, il Consiglio di Amministrazione può tuttavia indeterminati casi, fare stipulare con essi dei contratti a termine conlimitazione nell’esercizio della professione.

I medici ed i legali aventi incarichi professionali nell’Istitutonon possono ricevere incarichi di qualunque genere dagli istituti as-sicuratori né assistere i datori di lavoro nelle vertenze coi lavoratoriper inadempienza agli obblighi assicuratori.

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Art. 18

Alle spese occorrenti per il proprio funzionamento l’Istituto prov-vede:

a) con i contributi assegnati dal Ministero del Lavoro e dellaPrevidenza Sociale ai sensi degli articoli 4 e 5 del D.L. del CapoProvvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804;

b) con i contributi della Confederazione Italiana Sindacati Lavo-ratori;

c) con eventuali contributi delle regioni, delle provincie, dei co-muni e di altri Istituti;

d) con eventuali lasciti e donazioni.Il 3% dei contributi di cui alle lettere a), b) e c) dovranno essere

accantonati e per gli eventuali prelevamenti deve decidere il Consi-glio di Amministrazione.

Art. 19

L’esercizio finanziario dell’Istituto si apre il 1° gennaio e si chiudeil 31 dicembre di ciascun anno.

Entro il 30 novembre sarà compilato ed approvato il bilanciopreventivo dell’esercizio finanziario annuale seguente; entro il 15marzo sarà compilato ed approvato il bilancio consuntivo dell’eser-cizio precedente.

Art. 20

Entro tre mesi dall’approvazione del presente Statuto, gli Organicompetenti dell’Istituto emaneranno le norme per il funzionamentodegli Uffici centrali e periferici e per la disciplina dei relativi ser -vizi.

Entro tale periodo dovrà essere anche emanato il regolamentoorganico del personale dell’Istituto.

Art. 21

In caso di scioglimento dell’Istituto, il patrimonio netto eventual-mente risultante sarà amministrato dalla CISL, secondo modalità da

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stabilirsi dal Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, e saràdestinato esclusivamente a scopo di assistenza sociale a favore deilavoratori in base a disposizioni da emanarsi con decreto del Mini-stro predetto.

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Statuto dell’Istituto nazionale di assistenza sociale(INAS-CISL)

Delibera del Consiglio di amministrazione dell’INAS

28 febbraio 1952 - Verbale n. 9

Riunione del «Consiglio di Amministrazione» del giorno 28 feb-braio 1952. Ordine del Giorno: 1°) Comunicazioni della Presidenzauscente; 2°) Nomina del Presidente; 3°) Nomina del Vice-Presiden-te; 4°) Nomina dei Componenti l’Esecutivo; 5°) Insediamento degliOrgani Direttivi e del Collegio Sindacale; 6°) Varie. – La seduta siapre alle ore 10.30 - 1) Comunicazioni della Presidenza uscente: IlPresidente Canini dà lettura dell’elenco, secondo l’ordine alfabeti-co, dei nuovi Membri del Consiglio di Amministrazione dell’INAS:Baldini Giancarlo - Ballanti Giovanni - Binotti On.le Clodoaldo -Canini Giovanni - Consoni dott. Paolo - Cuzzaniti On.le Roberto -Giuffré Ing. Giuseppe - Maglione G. Battista - Patarnello dott. Lui-gi - Zini Antonio - Zino Ugo - e dei Componenti il Collegio Sinda-cale: Cajelli rag. Alberto - Parini Luigi - Ravizza Rag. Arcilio -Brandini Merli Pietro (supplente). (Il Dott. Eleuterio Pescosolidonon ha accettato la nomina a Membro del Collegio dei Sindaci permancanza di tempo). Assenti: L’On.le Cuzzaniti e il Sig. Maglione(ammalato). Il Presidente porge il benvenuto ai nuovi Membri delConsiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale e ringraziavivamente tutti i vecchi componenti che hanno dato la loro collabo-razione con i loro consigli e suggerimenti. Comunica altresì che ilMinistero del Lavoro ha recentemente dimostrato di compenetrarsinelle necessità dell’Istituto, assegnando ad esso 50 milioni in contodell’esercizio 1950, il che lascia supporre che sarà data ancora qual-che altra cosa a saldo del 1950. Il Vice-Presidente Cajelli - fa pre-sente che praticamente oltre che con la CISL, non esiste più alcundebito neppure con terzi: gli stipendi, i compensi e i fitti sono stati

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liquidati fino al 29 febbraio, i rimborsi spese e onorari sanitari finoal 31 gennaio ed alcuni fondi spese negli Uffici Provinciali sonostati leggermente aumentati. I pagamenti diversi (fornitori ecc.) so-no stati saldati. La situazione in sospeso degli Uffici e del personaleè la seguente: Gli uffici di Modena, Ragusa e Ascoli Piceno sono incorso di trasformazione da Uffici Provinciali ad Uffici Corrispon-denti Provinciali. Tra il personale dipendente: Esonero del dott.Gazzilli Ignazio, direttore dell’Ufficio di Terni. Dimissioni della Si-gnora Luigia Fortunato, dell’Ufficio di Genova. Licenziamento del-l’Avvocato Del Bono, Direttore dell’Ufficio di Milano. (La relazio-ne ispettiva fu negativa). Assunzioni: Dott. Giovanni Moretti, diret-tore di 3° a Terni. Sig. Giuseppe Scaffa, impiegato presso l’Ufficiodi Roma in sostituzione del Sig. Lo Bianco. Una unità impiegatiziaper L’Ufficio di Genova in sostituzione della Signora Fortunato.Una unità impiegatizia per l’Ufficio di Bari per maggiore necessitàdi lavoro. I provvedimenti presi dalla Direzione Generale vengonotutti approvati dal Consiglio d’Amministrazione. Il Rag. Cajelliinforma infine che a oggi vi sono le seguenti pendenze e vertenze.1°) Vedova del Dott. Renato Burali - ricorso al Consiglio di Statoavverso alla liquidazione del marito; 2°) Dott. Enzo D’Andrea diPotenza - ricorso al Consiglio di Stato per richiedere il riconosci-mento del suo servizio prestato presso l’Istituto; 3°) Sig. CaputoVincenzo da Cosenza - Richiesta rimborso somme anticipate a Piz-zonia. Il Vice-Presidente Rag. Cajelli dà anche egli il benvenuto ainuovi Consiglieri ed augura un maggior potenziamento dell’INAS el’attuazione di tutti i fini che si era prefisso di raggiungere nell’as-sumere il compito della direzione dell’Istituto. Al termine della re-lazione del rag. Cajelli, il Consigliere dott. Consoni prende la paro-la per leggere il testo di alcune aggiunte e soppressioni da portarsiall’art. 2 e art. 11 dello Statuto, essendo stato invitato da alcuniConsiglieri ad effettuarne una nuova stesura più confacente alle esi-genze dell’Istituto. Il nuovo testo integrale degli articoli 2 e 11 del-lo Statuto sono i seguenti: Articolo 2 = Sono finalità dell’Istituto: 1)assistere i lavoratori in applicazione alle norme relative all’assicu-razione degli infortuni sul lavoro nell’industria, nell’agricoltura enelle altre attività produttive. 2) Assistere i lavoratori in applicazio-ne delle norme relative all’assicurazioni delle malattie professiona-li. 3) Assistere i lavoratori in applicazione delle norme relative al-l’assicurazione invalidità e vecchiaia, tubercolosi, disoccupazioneinvolontaria, nuzialità e natalità, per la gente di mare e per le cate-gorie di lavoratori per le quali vigono speciali norme di previdenza

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e di quiescenza e per ogni altra assicurazione affidata ai diversi isti-tuti, organismi o enti che gestiscono le varie forme di previdenzasociale. 4) di assistere i lavoratori per l’applicazione alle norme vi-genti per l’assicurazione contro le malattie. 5) assistere i lavoratorinelle pratiche di emigrazione sia interna che all’estero ed in quellerelative alle prestazioni previdenziali ed assistenziali cui hanno di-ritto in dipendenza della loro permanenza all’estero. 6) svolgere eattuare ogni altro incarico che sia ad esso conferito nell’ambito del-la previdenza sociale, dal Ministero del Lavoro e della PrevidenzaSociale, dalla Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori, da Or-ganizzazioni statali e parastatali, da Enti di Diritto Pubblico, da En-ti aventi finalità sociali ed assistenziali in genere, e da disposizionidi legge. Articolo 11= I Componenti del Consiglio d’Amministra-zione, del Comitato Esecutivo, del Collegio Sindacale durano in ca-rica tre anni e possono essere riconfermati. Essi, allo scadere deltermine stabilito, cessano dalle funzioni anche se sono stati nomina-ti nel corso del triennio della data di nomina del Consiglio di Am-ministrazione e del Comitato Esecutivo. Le cariche di Presidente, diVice-Presidente e di Consigliere dell’Istituto sono gratuite. Il Con-siglio di Amministrazione determina la misura della medaglia dipresenza spettante ai componenti del Consiglio stesso e del Comita-to Esecutivo per la partecipazione a ciascuna seduta ed il compensofisso da attribuire ai componenti il Collegio Sindacale. Le relativedeliberazioni devono essere approvate dal Ministro per il Lavoro ela Previdenza Sociale. Per la validità delle sedute del Consiglid’Amministrazione e del Comitato Esecutivo occorre la presenza dialmeno la metà più uno dei rispettivi componenti in carica. Per lavalidità delle deliberazioni occorre il voto favorevole della maggio-ranza dei presenti. In caso di parità di voti prevale quello del Presi-dente. Il Consiglio di Amministrazione si riunisce di regola ogniquattro mesi o in termini più brevi se il Presidente lo ritenga neces-sario. Il Comitato Esecutivo si riunisce di regola una volta al mese.Il nuovo testo degli articoli 2 e 11 viene approvata all’unanimità datutti i componenti il Consiglio d’Amministrazione.

Giuffré: A nome di tutti i Consiglieri formula ringraziamenti vi-vissimi al Sig. Canini ed al rag. Cajelli, ed esprime la sua ammira-zione per avere essi guidato l’Istituto con grande fede e con po-chissimi fondi. Conferma la necessità di richiedere un aiuto econo-mico alla CISL, ritenendo che il Patronato INAS costituisce un effet-tivo aiuto al lavoro sindacale. II) Nomina del Presidente; III) Nomi-na del Vice Presidente; IV) Nomina dei Componenti l’Esecutivo.

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Canini: Propone di nominare il nuovo Presidente nella persona delDott. Consoni, mentre per il Vice-Presidente accenna alle qualitàdel Sig. Ugo Zino. Per quanto riguarda il Comitato Esecutivo eglifa presente la opportunità di assicurare la continuità nella carica deivecchi Membri del Comitato stesso. Zini: si preoccupa che le se-gnalazioni del Sig. Canini sulla designazione non tanto del Presi-dente, quanto del Vice Presidente e dei Membri del Comitato Ese-cutivo, possano influenzare ed indurre il Consiglio ad accettare del-le semplici proposte. Per questi motivi, e per un profondo scrupolodi coscienza egli desidera che le varie nomine avvengano attraversouna votazione che rifletta le reali intenzioni dei singoli. Consoni:Ritenendo che il Presidente debba riscuotere la massima fiducia daparte del Consiglio d’Amministrazione, dato il diretto rapporto fraloro esistente, desidera che per l’analoga nomina si proceda a scru-tinio segreto. Tutti concordano ed in seguito a regolare votazione ri-sultano eletti: Presidente: dott. Paolo Consoni; Vice-Presidente: Sig.Ugo Zino; Membri del Comitato Esecutivo: Sig. Giovan BattistaMaglione; On.le Clodoaldo Binotti; Sig. Zini Antonio. Il PresidenteConsoni ringrazia i presenti dell’avvenuta nomina in suo favore. V)Insediamento degli Organi Direttivi e del Collegio Sindacale - Avve-nute le nomine del Presidente, Vice Presidente e dei Membri del Co-mitato Esecutivo, il rag. Cajelli prende la parola per dichiarare espli-citamente la sua impossibilità di continuare nella sua carica di fa-cente funzione Direttore Generale, sia per mancanza di tempo de-terminata dagli incarichi confederali, sia per la sua nuova designa-zione a membro del Collegio Sindacale dell’INAS. Poiché egli infor-ma di non aver nessun nome da segnalare, propone di demandarealla Presidenza la nomina, in tempo utile e provvisoriamente, di unnuovo facente funzioni di Direttore Generale, ciò che permettereb-be all’Istituto di non subire una diminuzione dell’attività assisten-ziale. Tale immediata necessità è ravvisata anche da tutti i Consi-glieri ed in particolar modo da Zini che conferma l’urgenza di undirigente, specie ora che l’INAS sta raggiungendo un maggiore svi-luppo del suo complesso organismo. Canini - precisa che una ragio-ne per cui non si è provveduto finora alla nomina del nuovo diretto-re, è stata la delicatezza da parte dell’ex Presidenza di fare in modoche i nuovi rappresentanti dell’Ente non si trovassero di fronte alfatto compiuto. Anch’egli però ritiene che la nomina debba avveni-re subito, e a tale proposito propone che al più presto venga banditoun concorso e che, attraverso un’accurata cernita, si giunga allascelta di un direttore con perfetta competenza tecnica, che abbia pu-

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gno duro e la massima dirittura morale. Zini: dichiara di non esserefavorevole ai concorsi, perché questi, spesso, sollecitano gli appeti-ti e non le aspirazioni. Giuffré - ritiene che il Direttore Generale de-ve essere persona di fiducia della Presidenza che ne deve valutare lecapacità tecniche e le virtù morali, mentre attraverso un concorso sigiungerebbe alla scelta di una persona di altrui fiducia. Binotti - puraccettando la tesi di Zini, è favorevole a concorso. Tuttavia, in con-siderazione del fatto che per il concorso occorrerebbero una certaelencazione di norme, un determinato regolamento ecc., ed in con-siderazione della necessità che il Direttore Generale sia persona difiducia della Presidenza, anch’egli si dichiara favorevole al «nonconcorso». Canini - ritira la sua proposta, ma insiste perché la no-mina avvenga con urgenza ed il nuovo direttore entri subito in fun-zione. Il Presidente Consoni - fa notare l’importanza della discus-sione che si va svolgendo circa le modalità di scelta del DirettoreGenerale. Egli mette in rilievo che per essere il Direttore colui chemette in atto soprattutto gli indirizzi programmatici della Presiden-za e del Consiglio di Amministrazione, deve avere, oltre che la ne-cessaria competenza tecnica, doti specifiche e particolari nella fun-zione della dirigenza dell’Istituto. Ciò implica che il Direttore Ge-nerale non debba considerare la Presidenza soltanto come un orga-no meramente rappresentativo. Comunque, in attesa che si provve-da a tale nomina, Egli dà assicurazione che la Presidenza provve-derà anche alle funzioni di direzione generale dell’Istituto con lamassima solerzia e la massima attività diretta ad un maggior svilup-po dell’Ente. In riferimento alla scelta del nuovo Direttore – dice ilPresidente – anch’io ritengo debba essere fatta tenendo presenti treprincipali e fondamentali presupposti, e cioè; 1°- fattore tempo - IlDirettore Generale deve poter dedicare all’Istituto tutta la sua atti-vità giornaliera; 2°- Il Direttore Generale deve orientare tutta la suaopera conformemente a determinati indirizzi di cui il potere deciso-rio compete al Consiglio di Amministrazione; 3°- In virtù di quantosopra asserito il Direttore Generale deve tenere nel massimo conto,e quindi uniformarvisi, le Direttive del Presidente il quale è coluiche impersona la volontà del Consiglio di Amministrazione; 4°- Perragioni suesposte dev’essere demandata al Presidente la nomina delDirettore Generale dell’Istituto. Si delibera quindi, da parte delConsiglio di Amministrazione di demandare al Presidente e al Vice-Presidente la nomina in tempo utile del Direttore Generale. Si affi-da intanto alla Presidenza la direzione provvisoria dell’Istituto.

VI) Il rag. Cajelli propone un aumento degli stipendi per alcuni

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gradi del personale dell’INAS, secondo la tabella qui sotto riportata,facendo notare che, pur trattandosi di un aumento minimo, essodarà al personale la sensazione che l’Amministrazione dell’Istitutonon dimentica i suoi collaboratori. Si assicura anche che non appe-na possibile l’Istituto provvederà al personale dipendente in modopiù completo. L’aumento complessivo è di appena lire 200 mila cir-ca al mese: Grado 3°- Direttore Provinciale di 1a - da £ 43.000 a £45.000; Grado 4° - Capo Ufficio di 2a e Direttore Provinciale di 2a

da £ 35.000 a £ 38.000; Grado 5° - Direttore Provinciale di 3a da £30.000 a £ 33.000; Grado 6° - Impiegato scelto da £ 29.000 a £30.000. Il Vice-Presidente Zino, dopo aver preso atto del notevolis-simo miglioramento dell’attività dell’Istituto, per il quale ringrazial’ex Presidenza, la Direzione e tutti gli impiegati dell’INAS, ritienegiusto l’aumento degli stipendi, quale riconoscimento della grandeattività svolta da tutto il personale. Ringrazia anche gli amici delleUnioni che si sono prodigati per aiutare lo sviluppo dell’Istituto. Zi-ni - ritiene che la questione di aumentare leggermente gli stipendiabbia pochissima importanza. Fa notare che il poco funzionamentodi vari uffici molto spesso riflette la scarsa attività degli impiegati eche questo è dovuta all’esiguità della retribuzione. A questo propo-sito cita gli uffici di Lecce e Brindisi. Per questi motivi egli defini-sce non sufficiente l’aumento proposto. Giuffré - riconosce l’oppor-tunità di aumentare gli stipendi agli impiegati, e fa osservare che, sesarà possibile ottenere una nuova assegnazione di fondi da parte delMinistero, nulla dovrebbe impedire di apportare ulteriori aumenti.In tal modo l’INAS avrà nel numero dei suoi dipendenti degli ele-menti più tecnicamente preparati. In questa forma – conclude l’Ing.Giuffré – si potrà svolgere anche maggiore attività nel meridione,nel campo assistenziale. Ballanti - riconosce l’efficacia dell’imme-diato riconoscimento al personale, data la grande esperienza acqui-sita svolgendo la sua attività in provincia. Fa presente l’opportunitàda parte della Direzione di tenere maggiori contatti con gli Ufficiperiferici sia perché gli impiegati non si abbattano, sia perché questiabbiano la maniera di completare la loro preparazione tecnica. Pa-tarnello - propone di predisporre uno schema organico di aumenti.Canini - pone l’accento sul carattere simbolico della decisione pre-sa a favore del personale dipendente. Ravizza - fa notare infine chele disponibilità di cassa non sono poi molto forti. La proposta pre-scutata dal rag. Cajelli circa gli aumenti degli stipendi viene quindiaccettata, e si dà mandato alla Presidenza di predisporre altri even-tuali miglioramenti degli stipendi stessi, non appena possibile. Ulti-

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mata la discussione di cui all’odierno Ordine del Giorno, il Consi-glio di Amministrazione passa a prendere la seguenti deliberazioni:Visti gli articoli 6 e 8 della Statuto; Visti gli articoli 2-4-9-13 delRegolamento e Trattamento Economico del Personale: Delibera - diapprovare i seguenti provvedimenti: 1°) Aumento degli stipendi peri sotto elencati gradi del personale dell’Istituto e nella misura quisotto indicate: Grado 3°- Direttore Provinciale di 1a da £ 43.000 a £45.000; Grado 4° - Capo Ufficio di 2a e Direttore Provinciale di 2a

da £ 35.000 a £ 38.000; Grado 5° - Direttore Provinciale di 3a da £30.000 a £ 33.000; Grado 6° - Impiegato scelto da £ 29.000 a £30.000. 2°) Ratifica dei seguenti provvedimenti presi dalla Presi-denza per ragioni di urgenza e di opportunità: a) esonero dal servi-zio del Sig. Ignazio Gazzilli direttore dell’Ufficio di Terni a dataredal 15 marzo 1952; b) assunzione del dott. Giovanni Moretti qualedirettore di 3a per l’Ufficio di Terni; c) assunzione del Sig. Giusep-pe Scaffa, impiegato scelto presso l’Ufficio di Roma in sostituzionedel Sig. Lo Bianco Renato esonerato in data 15 febbraio 1952. 3°)Autorizza la Presidenza ad adottare i seguenti provvedimenti: a) ac-cettare le dimissioni della Signora Fortunato Luigia, impiegatad’ordine dell’Ufficio di Genova. b) Esonerare dal servizio l’avv.Enrico Del Bono di Milano, in quanto lo stesso non ha effettuato iltrasferimento presso la sede di Modena; c) Assumere una unità im-piegatizia per l’Ufficio di Genova in sostituzione della Signora For-tunato Luigia, dimissionaria. d) Assumere una unità impiegatiziaper l’Ufficio di Bari per le accresciute necessità di detto Ufficio. Laseduta termina alle ore 13.

Il Presidente(Dott. Paolo Consoni)

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Legge 27 marzo 1980, n. 112

Interpretazione autentica delle norme concernentila personalità giuridica ed il finanziamento degli istitutidi patronato e di assistenza sociale di cui al DLCPS 29 luglio1947, n. 804, nonché integrazioni allo stesso decreto

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno appro-vato:

Il Presidente della Repubblicapromulga

la seguente legge:

Art. 1

Gli istituti di patronato e di assistenza sociale costituiti ai sensidell’articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio delloStato 29 luglio 1947, n. 804, hanno personalità giuridica di dirittoprivato.

Art. 2

Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare entro no-vanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge su propostadel Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con ilMinistro del tesoro, si provvede alla determinazione di criteri con-creti e puntuali ai fini della valutazione dei requisiti di cui all’arti-colo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29luglio 1947, n. 804.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale provvede, entrosei mesi dall’entrata in vigore del decreto di cui al comma prece-

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dente, al controllo della sussistenza dei requisiti nei confronti degliistituti di patronato già costituiti.

Il Ministro dispone la revoca del decreto di approvazione di cuiall’articolo 2, secondo comma, del decreto legislativo del Capoprovvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, nei confronti degliistituti di patronato ove risultasse la mancanza dei requisiti neces-sari.

Art. 3

Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale diconcerto con il Ministro del tesoro da emanare entro tre mesi dal-l’entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazionipromotrici maggiormente rappresentative sul piano nazionale, sonodeterminati i criteri per la corresponsione dei finanziamenti e per ladocumentazione necessaria che dimostri l’attività svolta.

Art. 4

La vigilanza sugli istituti di patronato e di assistenza sociale vienesvolta secondo le modalità previste dall’articolo 6 del decreto legi-slativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, e at-tiene esclusivamente alle attività in base alle quali vengono ripartitii fondi di cui all’articolo 5 del decreto legislativo medesimo.

Art. 5

Sono fatte salve le posizioni giuridiche ed economiche acquisite dalpersonale dipendente dagli istituti di patronato e di assistenza socia-le in riferimento ai benefici maturati in base a norme vigenti per ilpersonale degli enti pubblici, nonché le anticipazioni erogate dalMinistero del lavoro e della previdenza sociale agli istituti suddettiin conto dei contributi al finanziamento che, ai sensi del decreto le-gislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, ri-sultino spettanti agli istituti medesimi in sede di ripartizione defini-tiva dei fondi disponibili nei vari esercizi.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inseritanella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica

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italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla os-servare come legge dello Stato.

Data a Roma, addì 27 marzo 1980

Pertini Cossiga - Scotti

Visto, il Guardasigilli: Morlino

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DPR 22 dicembre 1986, n. 1017

Norme di attuazione dell’art. 2 della legge 27 marzo 1980,n. 112, relativa agli istituti di patronato e di assistenza sociale

Il Presidente della Repubblica

Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 lu-glio 1947, n. 804, sul riconoscimento giuridico degli istituti di pa-tronato e di assistenza sociale;

Visto, in particolare, l’art. 2 del citato decreto legislativo, riguar-dante la costituzione dei suddetti istituti;

Vista la legge 27 marzo 1980, n. 112, avente ad oggetto: «Inter-pretazione autentica delle norme concernenti la personalità giuridi-ca ed il finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza so-ciale di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato29 luglio 1947, n. 804, nonché integrazione allo stesso decreto».

Visto, in particolare, l’art. 2 della legge summenzionata, il qualeha demandato ad un successivo decreto del Presidente della Repub-blica la determinazione di criteri concreti e puntuali ai fini della va-lutazione dei requisiti di cui all’art. 2 del già menzionato decreto le-gislativo n. 804/1947;

Ritenuto di dare attuazione alla predetta disposizione legislati-va;

Sulla proposta del Ministro del lavoro e della previdenza socia-le, di concerto con il Ministro del tesoro;

Decreta:

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Art. 1

Gli istituti di patronato e di assistenza sociale sono costituiti qualipersone giuridiche di diritto privato e svolgono, quale servizio dipubblica utilità, le funzioni di patrocinio e tutela dei lavoratori e deiloro aventi causa previste dall’art. 1 del decreto legislativo del Capoprovvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804.

Art. 2

Le confederazioni nazionali dei lavoratori o le associazioni nazio-nali dei lavoratori non confederate possono promuovere, singolar-mente od in forma associata, la costituzione degli istituti di patrona-to e di assistenza sociale, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativodel Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, purché ri-corrano le seguenti condizioni:

1) siano costituite ed operanti da almeno cinque anni;2) abbiano sedi proprie operanti, sul territorio nazionale, in al-

meno due terzi delle regioni ed in almeno la metà delle province;3) annoverino tra i propri iscritti, in misura prevalente, lavorato-

ri, dipendenti e/o autonomi, in attività di servizio;4) siano previste nei loro statuti finalità assistenziali;5) dimostrino di essere in grado di provvedere continuativamen-

te e con mezzi adeguati alla gestione degli istituti di patronato e diassistenza sociale.

Per le confederazioni o le associazioni operanti nella provinciaautonoma di Bolzano si prescinde dalla condizione di cui al n. 2)del comma precedente.

Art. 3

Gli istituti di patronato e di assistenza sociale possono essere rico-nosciuti solo ove in possesso dei seguenti requisiti:

1) la richiesta di costituzione sia avanzata da una confederazio-ne o da un’associazione di lavoratori per la quale ricorrano le con-dizioni di cui all’art. 2;

2) dimostrino di essere in grado, entro un anno dalla data di pub-blicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di rico-noscimento, di istituire sul territorio nazionale sedi proprie o di av-

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valersi di sedi del soggetto o dei soggetti promotori stabilmente fi-nalizzate all’attività di patronato in almeno due terzi delle regioni ela metà delle provincie;

3) dimostrino di possedere i mezzi finanziari necessari per la co-stituzione ed il normale funzionamento.

Art. 4

È fatto obbligo ai legali rappresentanti degli istituti di patronato e diassistenza sociale già costituiti di far pervenire, entro sessanta gior-ni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella GazzettaUfficiale, la documentazione comprovante il possesso dei requisitidi cui all’art. 3.

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decre-to il Ministro del lavoro e della previdenza sociale provvederà alcontrollo, nei confronti degli istituti di patronato e di assistenza so-ciale di cui al comma precedente, della sussistenza dei requisiti ri-chiesti.

Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale provvederà, en-tro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto, alla re-voca del provvedimento di riconoscimento degli istituti di patrona-to e di assistenza sociale che risultino non avere tutti i requisiti dicui all’art.3.

Entro lo stesso termine di cui al comma precedente il Ministrodel lavoro e della previdenza sociale provvederà, altresì, nei con-fronti di quegli istituti che risultino avere tali requisiti, all’esamedegli statuti e delle loro eventuali modifiche ed all’emanazione deiconseguenti provvedimenti.

Art. 5

Nell’ipotesi in cui l’istituto di patronato e di assistenza sociale pre-senti, per due esercizi consecutivi, un disavanzo economico e lostesso non sia ripianato dal soggetto o dai soggetti promotori entroe non oltre il biennio successivo, si applicano le disposizioni di cuiall’art. 6, terzo comma, del decreto legislativo del Capo provvisoriodello Stato 29 luglio 1947, n. 804.

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Art. 6

Le convenzioni con cui le confederazioni nazionali dei lavoratori ole associazioni nazionali dei lavoratori non confederate si avvalgo-no, su tutto il territorio nazionale o per parte di esso, dei servizi diistituti di patronato e di assistenza sociale già costituiti sono inviatea mezzo di raccomandate, a cura degli istituti stessi ed entro e nonoltre trenta giorni dalla data della loro stipulazione, al Ministero dellavoro e della previdenza sociale.

Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale può formularele proprie eventuali osservazioni entro sessanta giorni dalla data dientrata in cui le predette convenzioni risultano pervenute.

Alla stessa procedura sono soggette le modifiche o integrazionialle predette convenzioni.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inseritonella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblicaitaliana.

È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osserva-re.

Dato a Roma, addì 22 dicembre 1986

Cossiga - De MichelisGoria

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Statuto dell’INAS

approvato con DM 4 febbraio 1991

Art. 1Costituzione e Sede

Promosso dalla CISL (Confederazione Italiana Sindacati lavoratori)è costituito l’INAS (Istituto Nazionale di Assistenza Sociale) per latutela previdenziale, la prevenzione e la difesa della salute e l’attua-zione dei servizi di assistenza sociale.

L’INAS, nell’ambito delle politiche e dell’azione generale dellaCISL per la sicurezza sociale e mediante operatori e dirigenti iscrittialla Confederazione stessa, assolve i compiti indicati negli articoliseguenti.

L’INAS ha la propria sede legale a Roma e svolge la sua attivitànel territorio nazionale tramite le proprie strutture centrali e perife-riche. All’estero svolge la sua attività con apposite strutture.

Art. 2Compiti dell’istituto

L’INAS provvede a tutelare indistintamente tutti i lavoratori dipen-denti ed autonomi ed i loro familiari ed aventi causa, per la realizza-zione dei loro diritti ed interessi previsti da leggi nazionali e regio-nali in materia previdenziale ed assistenziale e con particolare ri-guardo alle nuove categorie di bisogno emergenti dalla realtà socia-le, nell’ambito della iniziativa sindacale della CISL. Tutela i dirittiespressi e derivanti dai contratti e accordi di lavoro dalle conven-

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zioni internazionali, da regolamenti e statuti concernenti la previ-denza, l’assistenza sociale e sanitaria, la prevenzione degli infortunie delle malattie, nel territorio e nei luoghi di lavoro.

Nell’attività di tutela dell’INAS vanno specificamente compresi:a) il compito di assicurare il pieno rispetto e l’applicazione della

legislazione sociale vigente per quanto attiene al puntuale ed esattoadempimento da parte delle imprese e degli altri enti, dei versamen-ti di contributi assicurativi;

b) il controllo nell’applicazione delle norme per la prevenzionedegli infortuni e delle malattie professionali e la promozione dellaricerca dell’elaborazione e dell’attuazione – in collaborazione colSindacato – di tutte le misure idonee a tutelare la salute e l’integritàfisica nei luoghi di lavoro.

Art. 3Finalità dell’istitito

Sono finalità specifiche dell’istituto: a) tutelare i diritti e gli interessi dei lavoratori e dei loro aventi

causa in sede amministrativa nei confronti degli istituti di previden-za e degli organi ed uffici delle unità locali dei servizi socio-sanitari;

b) predisporre, in collaborazione col Sindacato, ogni attività ne-cessaria per evitare eventuali inadempienze all’obbligo assicurativoed alle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro da parte di im-prenditori e di enti, nonché per accertarne le correlative responsabi-lità civili e penali;

c) garantire, in collaborazione col Sindacato, il rispetto e l’appli-cazione degli articoli 5 (accertamenti sanitari per il controllo dellasalute dei lavoratori), 9 (tutela della salute e della integrità fisicanei luoghi di lavoro) e 12 (presenza del Patronato nei luoghi di la-voro) della Legge 14.5.1970, n. 300;

d) tutelare i lavoratori ed i loro aventi causa emigrati o in servi-zio presso sedi italiane all’estero, per il conseguimento dei loro di-ritti assistenziali, assicurativi e previdenziali, acquisiti anche fuoridal territorio nazionale, con particolare riguardo al rispetto dei re-golamenti comunitari, convenzioni internazionali ed accordi bilate-rali:

e) curare la preparazione professionale degli operatori;f) effettuare indagini, studi, convegni, per promuovere l’ap-

profondimento ed il perfezionamento di tutta la legislazione sociale

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ed il miglioramento della condizione dei lavoratori nei luoghi di la-voro.

L’attività dell’INAS, in qualunque forma o sede, è svolta gratuita-mente.

Art. 4Strutture dell’INAS

L’Istituto esplica la propria azione assistenziale mediante l’organiz-zazione di proprie strutture operanti a livello:

- Nazionale (Sede Centrale)- Regionale (Strutture Regionali: SR/INAS)- Sub-regionale (Strutture Territoriali: ST/INAS)- e nei Paesi esteri di emigrazione.La Sede Centrale ha la responsabilità della definizione dell’indi-

rizzo dell’azione di patronato e della gestione politica, amministra-tiva ed operativa dell’istituto, con compiti specifici di direzione,controllo e sostegno dell’attività delle strutture dipendenti.

La Struttura Regionale coordina e realizza – nella propria auto-nomia funzionale e nel quadro dei piani di sviluppo dell’istituto –l’attuazione del programma regionale specificamente fissato.

La Struttura Territoriale opera secondo le direttive e gli orienta-menti generali dell’Istituto, contribuendo all’attuazione coordinatadel programma regionale. La Struttura Territoriale può articolarsi inUffici Zonali (UZ/INAS).

Per svolgere la propria azione assistenziale in favore dei lavora-tori emigrati - nel rispetto della normativa specifica – l’istituto rea-lizza all’estero le forme di presenze organizzate consentite dagli or-dinamenti legislativi dei singoli Paesi ospitanti e con organismi digestione presieduti dal Presidente dell’Istituto o da un suo rappre-sentante delegato a garanzia della generale uniformità di indirizzoed espressione della unicità istituzionale.

Art. 5Organi dell’INAS

Sono Organi dell’INAS:- il Presidente- il Collegio di Presidenza

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- il Consiglio di Amministrazione- il Collegio dei Sindaci

Art. 6Il Presidente

Il Presidente è eletto dal Consiglio Generale della CISL:a) ha ed esercita la legale rappresentanza dell’INAS, con possibi-

lità di delega;b) convoca e presiede il Collegio di Presidenza ed il Consiglio

di Amministrazione;c) cura il raccordo operativo con la Segreteria Confederale della

CISL; d) firma gli atti ed i documenti che comportano impegni per l’I-

stituto, e) cura i rapporti con le strutture sindacali nazionali ed estere,

con i Patronati, i Ministeri, gli Enti pubblici ed altre istituzioni.Il Presidente, in caso di assenza o di impedimento, delega la rap-

presentanza legale ad uno dei Vice Presidenti.

Art. 7Il Collegio di Presidenza

Il Collegio di Presidenza è composto dal Presidente e da Vice Presi-denti eletti dal Consiglio Generale della CISL.

La Presidenza, al suo interno, procede alla ripartizione dei com-piti secondo esigenze funzionali.

Spetta al Collegio di Presidenza: a) determinare le materie da portare in discussione al Consiglio

di Amministrazione e vigilare sulla esecuzione delle relative delibe-razioni;

b) proporre le direttive di ordine generale per il raggiungimentodelle finalità dell’INAS e per l’attuazione dei rapporti con gli organidello Stato e delle Regioni, le Organizzazioni sindacali e gli Istitutiassicuratori;

c) disporre gli eventuali accertamenti sulle strutture centrali eperiferiche e promuovere i necessari interventi;

d) predisporre il piano annuale di sviluppo dell’Istituto, com-prensivo dei programmi regionali di massima;

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e) definire le linee per la predisposizione dei bilanci consuntivoe preventivo;

f) governare lo sviluppo dei programmi di attività e le risultanzedei bilanci disponendo, salvo ratifica del Consiglio di Amministra-zione o richiedendo al Consiglio stesso – con il parere del Collegiodei Sindaci – anche eventuali operazioni di storno dei capitoli di bi-lancio;

g) predisporre la relazione annuale per la CISL;h) istruire e sottoporre all’approvazione del Consiglio di Ammi-

nistrazione le proposte del Regolamento di attuazione dello Statutoe delle rispettive eventuali modifiche;

i) istruire e sottoporre all’approvazione del Consiglio di Ammini-strazione le proposte di nomina dei Responsabili dei Servizi Centra-li e di designazione dei Responsabili dei Coordinamenti Regionali;

l) nominare i Responsabili delle Strutture Territoriali, previaconsultazione con l’organizzazione sindacale;

m) istruire e sottoporre all’approvazione del Consiglio di Ammi-nistrazione il Regolamento del Personale e le eventuali proposte dimodifica;

n) istruire e decidere in primo grado i provvedimenti disciplina-ri e le controversie individuali relative all’applicazione del Regola-mento stesso.

Ai lavori del Collegio di Presidenza, in rapporto a specifiche e -si genze, possono essere chiamati a partecipare i responsabili deiServizi Centrali.

Art. 8Il Consiglio di Amministrazione

È composto dal Collegio di Presidenza e da undici membri, di cuidue in rappresentanza delle strutture INAS, nominati dal ConsiglioGenerale della CISL. È convocato dal Presidente almeno cinque vol-te l’anno.

Art. 9Compiti del Consiglio di Amministrazione

Delibera le linee generali dell’attività dell’istituto nel quadro dellepolitiche sociali della CISL e, tenendo conto delle conclusioni dei

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lavori della Conferenza Nazionale INAS-CISL e della Consulta Na-zionale INAS, ne determina annualmente il piano di sviluppo su pro-posta del Collegio di Presidenza.

Approva i bilanci preventivo e consuntivo.Autorizza e ratifica eventuali operazioni di storno richieste o di-

sposte dal Collegio di Presidenza previo parere del Collegio deiSindaci.

Approva la relazione annuale per la CISL.Ratifica le direttive di ordine generale emanate dal Collegio di

Presidenza.Definisce le proposte di modifica allo Statuto da sottoporre al-

l’approvazione del competente organo della CISL.Approva il Regolamento di attuazione dello Statuto.Delibera il Regolamento del Personale e le sue eventuali modifi-

che ed integrazioni su proposta del Collegio di Presidenza.Nomina i responsabili dei Servizi Centrali.Nomina i responsabili dei Coordinamenti Regionali previa con-

sultazione dell’organizzazione sindacale e ratifica le nomine deiResponsabili delle Strutture Territoriali disposte dal Collegio diPresidenza.

Delibera in via definitiva in materia disciplinare e su controver-sie relative all’applicazione del Regolamento del Personale.

Delibera l’individuazione e la scelta degli strumenti operativiidonei a consentire anche indirettamente il miglioramento, la razio-nalizzazione ed il potenziamento dei servizi prestati dall’Istituto.

Art. 10Il Collegio dei Sindaci

Il Collegio dei Sindaci è composto da tre membri effettivi e duesupplenti nominati dalla CISL.

I Sindaci intervengono alle riunioni del Consiglio di Ammini-strazione. Esercitano le loro funzioni secondo le norme contenutenegli artt. 2397 e seguenti del Codice Civile in quanto applicabili.

Una diversa composizione del Collegio può essere prevista inquanto richiesta da disposizioni di legge o amministrative.

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Art. 11Istanze consultive dell’istituto

A sostegno ed orientamento delle scelte di linea e programmaticheda parte degli Organi di gestione, vengono istituite le istanze con-sultive, a livello centrale e regionale, previste dagli articoli seguen-ti.

Modalità, termini, formalizzazione e pratica utilizzazione delleconclusioni di dette istanze consultive saranno fissati nel regola-mento di attuazione dello Statuto di cui all’art. 21.

Art. 12Conferenza Nazionale INAS-CISL

È composta: - dai Segretari Generali delle USR, della CISL

- dai Segretari Generati delle Federazioni di categoria o dai Segre-tari Responsabili del dipartimento delle politiche sociali - dal Consiglio di Amministrazione - dai Responsabili dei Coordinamenti Regionali INAS.

Viene convocata ordinariamente una volta all’anno dal Presi-dente dell’INAS d’intesa con la Segreteria della CISL.

Alla Conferenza Nazionale partecipano i Responsabili dei Ser-vizi Centrali dell’istituto.

Art. 13Compiti

La Conferenza Nazionale INAS-CISL ha la funzione essenziale:a) di verificare l’aderenza dell’azione dell’INAS alla domanda di

assistenza emergente dalle realtà territoriali ed aziendali ed alle esi-genze di tutela sociale nel mondo del lavoro;

b) di prevedere i successivi punti di proiezione dell’attività dipatronato;

c) di garantirne la continuità coerente e progressiva nel contestodella iniziativa sindacale. soprattutto mediante la più efficace parte-cipazione collaborativa delle strutture territoriali e di categoria del-la CISL.

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Art. 14Consulta Nazionale INAS per l’azione di Patronato

La Consulta Nazionale è l’espressione massima della partecipazio-ne delle Strutture INAS alla elaborazione delle linee di indirizzo edoperative del patronato.

Si articola in:- una sessione plenaria alla quale partecipano i Responsabili del-

le Strutture Territoriali, dei Coordinamenti Regionali e dei ServiziCentrali dell’INAS, nominati dai competenti Organi dell’istituto.

Essa viene convocata ordinariamente una volta all’anno dal Pre-sidente dell’istituto, per la elaborazione degli indirizzi di interventodel patrocinio nel quadro delle linee di politica sociale della CISL econ riferimento agli aspetti emergenti dalla Conferenza NazionaleINAS-CISL.

- un Comitato Nazionale di Attuazione del quale fanno parte isoli Responsabili dei Coordinamenti Regionali e dei Servizi Cen-trali, con il compito di rendere operativi gli indirizzi emersi dallasessione plenaria. Il Comitato viene convocato ogni quattro mesidal Presidente dell’istituto che ne presiede i lavori, intesi a:

- contribuire all’impostazione del piano annuale di sviluppo del-l’Istituto.

- predisporre, per l’esame di competenza del Collegio di Presi-denza, i programmi regionali.

- verificare il processo attuativo dei piani programmatici edeventualmente indicare obiettivi intermedi.

Art. 15Conferenza Regionale INAS-CISL

In ogni Regione viene convocata una volta all’anno la ConferenzaRegionale INAS-CISL:

a) ai fini della determinazione degli indirizzi operativi; b) in funzione della formazione del programma regionale e del

piano di sviluppo nazionale.Essa viene convocata dal Responsabile del Coordinamento Re-

gionale d’intesa con la Presidenza Centrale e con la Segreteria USR.Alla Conferenza Regionale partecipano: - il Comitato Regionale INAS

- i Responsabili degli UU.ZZ/INAS

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- gli operatori INAS della Regione - i Segretari Generali delle UST

- i Segretari Generali delle Federazioni Regionali di categoria oi rispettivi Segretari delegati alle politiche sociali.

Art. 16Comitato Regionale INAS

In ogni Regione è costituito il Comitato Regionale composto:- dal Presidente, eletto dal Consiglio Generale dell’USR/CISL

- dal Responsabile del Coordinamento Regionale INAS

- dal Segretari Generali delle UST della regione o da Segretaridelegati

- dai responsabili delle ST/INAS della regione.Il Comitato è convocato dal Presidente d’intesa con il Responsa-

bile del Coordinamento regionale INAS. In via straordinaria può es-sere convocato dalla Presidenza centrale INAS.

Il Comitato ha il compito di:a) delineare il programma regionale sulla base degli indirizzi

generali dell’istituto e delle conclusioni delle Conferenze Naziona-le e Regionale, in funzione della definizione del piano annuale disviluppo dell’Istituto di cui al punto d) dell’art. 7;

b) verificare e perseguire l’adeguatezza delle strutture e l’impie-go delle risorse in relazione all’attuazione del programma;

c) definire modalità e strumenti per il costante e costruttivo rac-cordo tra le strutture dell’INAS e della CISL nell’ambito regionale.

Art. 17Il Coordinamento Regionale

L’incarico del Coordinamento Regionale è di norma affidato ad unresponsabile di ST con delibera del Consiglio di Amministrazioneprevia consultazione con la Segreteria USR.

Il Coordinamento Regionale ha il compito di:- curare l’attuazione dei rapporti con le strutture CISL a livello

regionale;- garantire, mediante le opportune e necessarie iniziative di

coinvolgimento dei responsabili delle Strutture Territoriali INAS:- l’attuazione delle direttive e delle linee di intervento definite

dagli Organi dell’istituto;

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- il trasferimento agli stessi delle istanze funzionali e delle pro-poste operative espresse dalle strutture INAS;

- il coordinamento dell’attività e la verifica dell’efficienza delleST della regione.

Art. 18Raccordo Territoriale

Il Responsabile della ST/INAS ed un membro delegato dalla Segrete-ria dell’UST sono incaricati della attuazione del raccordo tra lestrutture INAS e CISL nei termini definiti dal Comitato Regionale esecondo le peculiari esigenze di ciascun Comprensorio.

Qualora se ne ravvisi l’opportunità può essere costituito, per glistessi fini, un comitato territoriale a composizione mista.

Art. 19Durate delle cariche

I componenti degli Organi dell’Istituto ed il Responsabile del Coor-dinamento Regionale, di cui agli artt. 5 e 17 del presente Statuto,decadono con la cessazione degli Organi dai quali sono stati eletti onominati. Non possono durare in carica più di quattro anni e posso-no essere riconfermati.

Art. 20Decadenza

Nel corso del mandato la decadenza dalla carica di componente diuno degli Organi di cui all’art. 5, dal titolo di partecipazione alleistanze consultive di cui agli artt. 12-14-15 e dall’incarico di cui al-l’art. 17 del presente Statuto, è decisa dal Consiglio di Amministra-zione dell’Istituto per:

a) incompatibilità con l’esercizio di attività virtualmente conflig-gente con le finalità dell’istituto;

b) indegnità morale.La decisione del Consiglio di Amministrazione esplica efficacia

anche ai fini delle incompatibilità con gli incarichi sindacali.Le necessarie designazioni sostitutive vengono effettuate dagli

stessi organi competenti per la nomina.

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Per i soggetti al provvedimento che siano anche responsabili distrutture INAS la decisione di decadenza dalla carica non comportaautomatiche conseguenze sul piano del rapporto di lavoro tranneche non ricorrano ipotesi previste nel Regolamento del Personale.

Art. 21Regolamenti - Modifiche Statutarie

a) il Regolamento di attuazione dello Statuto deve prevedere:- composizione, compiti e garanzie istituzionali degli organi di

gestione delle strutture INAS operanti all’estero;- modalità e termini relativi alla convocazione ed allo svolgi-

mento dei lavori delle istanze consultive di cui agli artt. 12-14-15;- procedure per la formulazione delle conclusioni dei lavori dei

predetti organismi;- natura obbligatoria di queste ai fini della validità degli atti di

bilancio e della definizione del piano di sviluppo;- norme transitorie per l’adeguamento graduale delle situazioni

in atto alle previsioni dell’art. 17.b) Il Regolamento del personale deve prevedere:- definizione dei casi di incompatibilità funzionale tra attività

sindacale, politica ed amministrativa e rapporto di dipendenza conl’INAS.

I Regolamenti e le modifiche allo Statuto sono deliberati – perquanto di competenza – dal Consiglio di Amministrazione, su pro-posta del Collegio di Presidenza.

Per i lavori preparatori delle proposte il Collegio di Presidenzasi avvale di appositi gruppi di studio espressi dal Comitato Nazio-nale di Attuazione di cui all’art. 14.

I gruppi di studio interessati partecipano alle sedute del Consi-glio di Amministrazione dedicate all’approvazione dei Regolamentie delle proposte di modifica statutaria.

Verranno apportate allo Statuto le modificazioni ed aggiunte ri-tenute necessarie dal Ministero per il lavoro e la previdenza sociale.

Per il Regolamento del Personale dovrà essere prevista la con-vocazione di una specifica sessione delle Conferenze Regionali –limitatamente ai Responsabili ed operatori delle strutture INAS – lecui conclusioni dovranno essere allegate alla proposta definitiva evalutate dal Consiglio di Amministrazione in sede di approvazione.

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Art. 22Validità delle riunioni e deliberazioni degli organi

Le riunioni degli Organi sono valide se è presente la maggioranzaassoluta dei componenti in carica.

Le deliberazioni sono valide se prese dalla maggioranza relativadei presenti aventi diritto al voto. In caso di parità prevale il votodel Presidente.

Per le proposte di modifica statutaria, per i regolamenti e perl’approvazione dei bilanci occorre il voto favorevole della maggio-ranza assoluta dei consiglieri in carica.

Art. 23Finanziamento dell’Istituto

Alle spese occorrenti per il proprio finanziamento l’Istituto provvede:a) con contributi assegnati dal Ministero del Lavoro e della Pre-

videnza Sociale ai sensi del DLCPS del 29.7.1947, n. 804. b) con eventuali contributi delle Regioni, delle Provincie, dei

Comuni e di altri Istituti;c) con eventuali lasciti e donazioni;d) con i contributi della CISL.

Art. 24Esercizio Finanziario

L’Esercizio Finanziario dell’Istituto si apre il 1° gennaio e si chiudeil 31 dicembre di ciascun anno.

Il rendiconto dell’esercizio stesso verrà predisposto ed approva-to nelle forme e nei termini previsti dalla vigente normativa e co-municato al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in unacon i nominativi dei componenti degli Organi di Amministrazione edi controllo.

Art. 25Destinazione del patrimonio

In caso di scioglimento dell’Istituto il patrimonio netto eventual-mente risultante sarà devoluto alla CISL per l’assistenza sociale a fa-vore dei lavoratori.

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Verbali degli organi direttivi dell’INAS citati nel testo

Consiglio di amministrazione

Verbale n. 6, 22 maggio 1951Verbale n. 8, 1° febbraio 1952Verbale n. 9, 28 febbraio 1952Verbale n. 10, 24 aprile 1952Verbale n. 11, 19 settembre 1952Verbale n. 12, 16 gennaio 1953Verbale n. 13, 21 luglio 1953

202

Verbale n. 14, 21dicembre 1953Verbale n. 15, 24 aprile 1954Verbale n. 17, 16 maggio 1955Verbale n. 27, 29 marzo 1958Verbale n. 33, 17 giugno 1959Verbale n. 40, 20-21-22 settembre 1960Verbale n. 42, 25-26 novembre 1960Verbale n. 46, 20-21-22 settembre 1961Verbale n. 51, 19 luglio 1962Verbale n. 53, 26 marzo 1963Verbale n. 57, 29 luglio 1964Verbale n. 60, 16 febbraio 1965Verbale n. 63, 12 maggio 1965Verbale n. 71, 12 maggio 1967Verbale n. 80, 5 maggio 1970Verbale n. 81, 3 luglio 1970Verbale n. 83, 26 novembre 1970Verbale n. 84, 12 gennaio 1971Verbale n. 86, 23 giugno 1971Verbale n. 94, 11 settembre 1972Verbale n. 95, 5 ottobre 1972Verbale n. 97, 30 novembre 1972Verbale n. 106, 16 giugno 1973Verbale n. 114, 15 luglio 1974Verbale n. 116, 14 gennaio 1975Verbale n. 120, 12 febbraio 1976

Consiglio direttivo

Verbale n. 124, 19 dicembre 1977Verbale n. 139, 25 ottobre 1983

Comitato esecutivo

Verbale n. 68, 3-4 febbraio 1961Verbale n. 168, 25 settembre 1970Verbale n. 188, 1° marzo 1972Verbale n. 231, 11 febbraio 1976Verbale n. 238, 13 luglio 1978Verbale n. 239, 25 ottobre 1978Verbale n. 260, 18 maggio 1983

203

Nota archivistica

La documentazione impiegata nel corso della ricerca è stata raccol-ta presso le seguenti sedi istituzionali ed archivistiche:

INAS-CISL nazionale, Roma;Fondazione Giulio Pastore, Roma;FISBA-CISL nazionale, Roma;Istituto di Storia economica e sociale «Mario Romani», UniversitàCattolica del Sacro Cuore, Milano;Archivio per la Storia del Movimento sociale cattolico in Italia, Mi-lano;Fondazione regionale Pietro Seveso, Milano;Biblioteca nazionale Braidense, Milano;Società umanitaria, Milano;Biblioteca civica Palazzo Sormani, Milano.

204

Ladispoli 1951. Corso di agenti sociali INAS-CISL

Ladispoli 1954. Corso di formazione INAS-CISL

Palermo 1960. Corso delegati sociali INAS-CISL

Pievepelago 1966. Gruppo di studio per la razionalizzazione dei metodi di lavoro

Civitanova Marche 1967. Convegno su «Rischio professionale e malattie da benzolo»

Taranto 1972. Corso di formazione INAS-CISL

Tropea 1973. Corso di formazione INAS-CISL

Napoli 1974. Convegno INAS Sud

Roma 1994. Incontro di ex dirigenti INAS