Nuovi scavi nella grotta di Pastena (Frosinone)

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MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI S OPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL LAZIO Lazio e Sabina 6 a cura di GIUSEPPINA GHINI Atti del Convegno Sesto Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina Roma 4-6 marzo 2009 EDIZIONI QUASAR ESTRATTO

Transcript of Nuovi scavi nella grotta di Pastena (Frosinone)

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL LAZIO

Lazio e Sabina6

a cura di

GIUSEPPINA GHINI

Atti del Convegno

Sesto Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina

Roma4-6 marzo 2009

EDIZIONI QUASAR

E S T R A T T O

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL LAZIO

a cura diGiuseppina Ghini

CoordinamentoGiuseppina Ghini

Cura redazionaleZaccaria Mari

© 2010 Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio

© Roma 2010, Edizioni Quasar di Severino Tognon srlvia Ajaccio 43 - 00198 Roma,tel. 0685358444 fax 0685833591e-mail: [email protected]

ISBN 978-88-7140-433-2

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1. Introduzione

Le grotte di Pastena, si aprono nei calcari cretacei del Monte S. Cataldo, la maggiore espressione del Poljie di Pastena, caratterizzato da due depressioni pianeggianti separate dal colle su cui sorge il paese di Pastena. Nei mesi più piovosi, le acque del baci-no carsico confluiscono nel rio Mastro, che penetra nelle grotte con regime torrentizio per tornare alla luce dopo un percorso sotterraneo di circa 2 km alla risorgenza dell’Òbbuco, in comune di Falvaterra, confluendo poi nel fiume Sacco (fig. 1).

Le grotte si aprono con un grandioso portale, at-traverso il quale si accede all’androne, oltre il per-corso si articola su due livelli con andamento plani-metrico discorde: un ramo superiore, fossile, ed uno inferiore, attivo ed attuale sede di scorrimento del rio Mastro.

L’interesse di carattere archeologico delle grotte di Pastena è noto ormai da anni: le prime ricerche, svolte nel 1986 da Italo Biddittu – in accordo con Alessandro Guidi, allora funzionario competente presso la Soprintendenza – permisero di individua-re nell’androne d’ingresso e lungo il percorso fossile aree a riempimento argilloso da cui affioravano fram-menti di ceramica d’impasto e strumenti litici1. In se-guito, tra il 2000 e il 2001, un intervento di recupero programmato nelle zone più a rischio fu effettuato, in accordo con la Soprintendenza, sempre da Italo Biddittu (in qualità di direttore del Museo Preistori-co di Pofi) e da studenti della cattedra di Protostoria Europea dell’Università di Perugia2.

In occasione dei lavori di adeguamento alle nor-me di sicurezza dei due complessi speleologici della provincia di Frosinone predisposti dal Consorzio per la valorizzazione delle grotte di Pastena e Colle-pardo, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, nel 2008 ha intrapreso un programma di ricer-ca multidisciplinare e di indagini geo-archeologiche all’interno di entrambe le grotte. Il progetto è stato finalizzato, da una parte, all’individuazione di quegli indicatori ritenuti fondamentali per la comprensione dell’uso degli spazi in grotta in antico, considerando

i processi di trasformazione geologica e climatica che hanno influenzato le modalità della frequentazione antropica e che possono aver variato la destinazione d’uso (anche in senso diacronico); da un’altra, alla valorizzazione di quello che è uno dei più importanti patrimoni speleologici del Lazio, anche da un punto di vista archeologico.

Tra i mesi di maggio e giugno 2008 si è reso pos-sibile, quindi, effettuare una prima serie di indagini volte alla documentazione ed alla tutela dei depositi archeologici (fig. 2).

1 Biddittu 1987, 237-239; Guidi 1991-92, 427-437. 2 Biddittu et al. 2006a, 273-282; 2006b, 114-140; 2007, 896-899.

Nuovi scavi nella grotta di Pastena (Frosinone)

Micaela Angle – Nicola Bruni – Manuela Cerqua – Anna Riva – Claudio Cavazzuti – Paola Celletti

Fig. 1. Stralcio Carta Tecnica Regionale n° 402100: in grigio loca-lizzazione delle grotte.

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riempie il fondo del cunicolo per un’altezza di circa 2,00 e all’analisi di dettaglio della stratigrafia residua mediante l’esecuzione di carotaggi e prelievi di sedi-menti6: è stata così messa in evidenza una successione di potenti strati argillosi inclinati verso nord – verosi-milmente di formazione alluvionale – alcuni dei quali caratterizzati dalla presenza di concentrazioni di pie-tre associate ad ossa umane ed animali, e frammenti di ceramica, verosimilmente attribuibili ad una fase dell’età del bronzo non meglio precisabile a causa dell’assenza di materiali diagnostici. Al momento non è stato ancora possibile indagare questi livelli, tuttavia le associazioni di ossa umane e animali in corrispon-denza di “strutture” o più semplici zone delimitate da pietre e ciottoli sembrerebbero suggerire confron-ti con quelle rinvenute nel 2001 nell’area W37, oltre che nello scavo della nicchia S nella grotticella W2 (della quale si tratterà oltre).

L’intervento ha interessato, quindi, un lembo dei livelli inferiori del suddetto deposito, compreso tra la sezione e il limite dello scavo del 2001 (fig. 3).

Nel corso dello scavo 2001 era stato risparmia-to, infatti, un testimone alla base del deposito che è risultato poi essere stato ampiamente sconvolto da scavi clandestini. L’indagine, dunque, è iniziata in quest’area, al fine di recuperare il materiale ar-cheologico nella zona rimescolata e individuare un eventuale lembo residuo dello strato già evidenziato e oggetto del precedente scavo.

Asportato il livello di terreno sconvolto (US 1), è stato possibile delimitare alcune zone intatte e appa-rentemente non intaccate dai vari eventi post-depo-sizionali: un piccolo anfratto lungo la parete est del cunicolo conservava un deposito argilloso contenente frustoli di carbone (US 2), una bassa nicchia alla base

La natura di “inghiottitoio” di questa grotta, rende estremamente difficile la lettura dei depositi archeologici conservati, sottoposti a importanti fe-nomeni post-deposizionali: quelli fortemente erosivi o, al contrario, di apporto legati ai fenomeni carsici; quelli dovuti allo “scavenging”, da parte di piccoli e grandi predatori; quelli dovuti ad altre frequentazio-ni, oltre che a continui rimaneggiamenti di carattere antropico per la messa in opera dei percorsi turisti-ci.

2. Il cunicolo E

Il primo intervento ha interessato lo stretto cunicolo che si apre lungo la parete est dell’androne, in prossi-mità dell’ingresso, che nel corso delle prime esplora-zioni si presentava quasi completamente riempito da un deposito argilloso, mentre oggi risulta in buona parte svuotato da scavi clandestini (si veda in fig. 2 “Cunicolo E”).

L’esiguo strato residuo sulla superficie di calpe-stio attuale fu oggetto di indagine già nel 2001, quan-do si individuò un livello con ceramica, ossa e denti umani, pertinenti ad un individuo giovane, altre ossa combuste di un infante3, cuspidi di freccia ed un focolare con resti di fauna4, contenuto tra la pare-te rocciosa ed un allineamento di pietre, databile al Neolitico finale5. Lo scavo si arrestò allora al livello di una crosta stalagmitica che inglobava parzialmen-te numerosi frammenti ceramici (US 5).

In occasione delle più recenti indagini si è reso necessario riprendere lo scavo all’interno dello stesso cunicolo. Si è proceduto, quindi, dapprima alla puli-tura della sezione del deposito argilloso che ancora

6 Le indagini geologiche sono state curate dai dottori Rosa Ma-ria Di Maggio e Leonardo Nuccitelli.7 Si vedano “Aree W1 e W3” in Biddittu et al. 2006a, 115-117.

3 Pantano 2006, 123.4 Celletti 2006, 123-126.5 Biddittu et al. 2006b, 120-122.

Fig. 2. Planimetria dell’andro-ne d’ingresso della grotta con indicazione delle zone d’inte-resse archeologico oggetto del-le indagini.

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Fig. 3. Cunicolo E: planimetrie dei livelli dei archeologici e se-zione stratigrafica del deposito interno.

della parete rocciosa opposta (US 3) ed un livello ar-gilloso di colore rosso e fortemente carbonioso, perti-nente ad uno o più focolari, con ceramica verso la base della sezione (US 4-6-7), corrispondente allo stesso li-vello di ceramica già messo in luce nel 2001 (US 7).

Lo scavo, quindi, si è concentrato in corrispon-denza di quest’area conservante ancora lembi di de-posito intatto. Lo strato era caratterizzato dall’alter-nanza di due sottili livelli (spessi mediamente circa 5 cm) di cenere e terra arrossata dal fuoco, contenenti frustoli di ossa animali combuste (pertinenti a suini

e ovicaprini), e, verso la base, pochi frammenti di ce-ramica relativi a scodelle e ciotole, infine, un picco-lo strumento in osso frammentario, probabilmente un punteruolo (US 4). Verso ovest, alla medesima quota, lo strato si presentano, invece, come argilloso e ricco di carboni, ma non interessato da tracce di esposizione al fuoco (US 6).

Asportati i suddetti due livelli, immediatamente al di sotto del focolare, è stato messo in luce uno strato ricco di frammenti ceramici e di ossa (sia umane che animali) in corrispondenza del quale sembrerebbe

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emerso uno strato argilloso con grumi di concotto e fortemente carbonioso, ma privo di materiali eccetto una scheggia di ossidiana (US 8).

I dati disponibili sembrerebbero riferirsi a più episodi di frequentazione reiterati nel tempo, come desumibile dalla presenza di sottili concrezioni tra i vari livelli, il cui carattere e/o funebre sarebbe indi-ziato dalla presenta di ossa umane appartenenti ad individui giovani commiste ad ossa animali, cerami-ca fine e cuspidi di freccia connotanti probabilmente il sesso maschile della deposizione.

Per quanto riguarda l’inquadramento cronologico del contesto in esame, i materiali ceramici appaiono del tutto coerenti, sia per posizione all’interno dello

possibile rintracciare delimitazioni costituite da alli-neamenti di pietre, purtroppo non meglio definibili a causa della parzialità del contesto (US 7). Tale strato è stato asportato per tagli, dei quali i primi simili per presenza degli stessi materiali (ossa animali ed uma-ne, prevalentemente denti, frammenti di ceramica di piccole dimensioni, carbone e qualche grumo di ocra o di concotto), mentre il terzo era caratterizzato da frammenti di ossa e denti umani (sembrerebbe in prima analisi appartenenti allo stesso individuo gio-vane cui erano stati attribuiti gli incisivi rinvenuti nel corso delle precedenti indagini) ed altre ossa anima-li concrezionate al di sopra di un piano di pietre di piccole e medie dimensioni. Sotto il terzo livello, è

Fig. 4. Cunicolo E: materiali cera-mici.

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La zona della deposizione risultava completamen-te coperta da strati argillosi e priva dei livelli stalag-mitici e dei depositi sabbiosi di colore gialliastro pre-senti intorno (US 11). Questo dato concorderebbe con uno scasso degli strati concrezionati effettuato in antico per ricavare lo spazio necessario alla depo-sizione.

In assenza di materiali direttamente associabili alla sepoltura non appare possibile stabilire il mo-mento della deposizione, ma i pochi frammenti ce-ramici inglobati nelle concrezioni che sigillavano il focolare, costituiti da pareti e da un fondo umbeli-cato, potrebbero essere attribuiti alla media età del bronzo. Questa datazione costituirebbe solo un ter-minus ante quem, date le condizioni di rinvenimento che non hanno permesso di stabilire se i materiali fossero stati deposti sopra una concrezione che già sigillava il focolare o se la crosta stalagmitica possa aver inglobato ceramica relativa al focolare stesso.

4. La grotticella W2

Anche lungo la parete opposta dell’androne, su una sporgenza rocciosa prospiciente la riva sinistra del rio Mastro, sono presenti, in più punti, lembi di de-positi d’interesse archeologico. Alcuni di questi, in-dividuati sin dall’epoca delle prime ricerche, furono già oggetto di indagini nel 20019. Da qui, un esiguo lembo di deposito addossato alla parete rocciosa permette di raggiungere una grotticella (denominata W2), che si apre a strapiombo sul letto del torrente, più alta di circa 8 m (fig. 2).

La grotticella risulta interessata da un potente deposito, eroso superficialmente dalle infiltrazioni di acqua che percolano dall’esterno attraverso la volta e gravemente intaccato alla base da consistenti feno-meni di crollo. Ai medesimi agenti potrebbe verosi-milmente attribuirsi l’apertura dell’ingresso attuale, mentre quello originario, obliterato dalla formazione di più recenti concrezioni, poteva trovarsi verosimil-mente ad una quota diversa (fig. 6).

Qui l’intervento di scavo ha interessato la nic-chia che si apre lungo la parete sud, subito di fronte all’ingresso, contenente un deposito, costituito da una stratificazione di livelli argillosi di chiaro interes-se archeologico (fig. 7).

Asportati i primi due spessi strati argillosi, è sta-to messo in luce un piano realizzato con spezzoni di concrezioni, di stalattiti e pietre giustapposte (US 2), tra le quali affioravano rare ossa umane, animali e più rari frammenti ceramici (US 3).

Presso l’angolo ovest della nicchia, già a partire da questo livello, in uno strato fortemente carbonioso,

2006b, 115-117.8 Guidi 1991-92.9 Si veda “I depositi delle grotte di Pastena” in Biddittu et al.

strato che per tipologia di impasto (fine, sabbioso, molto fragile e mal cotto) e di fogge, con quelli già recuperati nel 2001, quindi riferibili ad una fase di passaggio tra Neolitico finale e Subneolitico, fase non meglio precisabile a causa della genericità delle fogge (fig. 4). Confronti puntuali possono essere sta-biliti con i siti tirrenici di connotazione tardo chas-seana, pur essendo possibili accostamenti generici o isolati con alcuni siti adriatici o interni riferibili alla fase tarda di Ripoli.

3. La nicchia E 10

Oltre il cunicolo, lungo la parete est dell’androne di ingresso, sottoposta a interventi di sistemazione turi-stica, nonché a episodi di piena del torrente, erano sta-ti individuati già in passato lembi di depositi argillosi interessati da presenze archeologiche8, che nel corso degli anni si sono ridotti o, in molti casi, scomparsi.

In occasione del nostro intervento, si è deciso, pertanto, di indagare questi depositi residui addos-sati alla parete rocciosa, all’interno delle nicchie, o protetti dalle stalattiti. In un solo caso – in corri-spondenza della zona denominata E 10 – si è reso necessario procedere ad un complesso intervento di scavo stratigrafico (fig. 2).

Si tratta di una nicchia, che si apre lungo la parete est dell’androne, delimitata da formazioni stalagmi-tiche e da colonne stalattitiche che proteggevano un deposito fortemente inclinato verso il letto del rio Mastro (fig. 5). L’asportazione – effettuata in passato per motivi non meglio precisati – di una concrezione stalagmitica che inglobava un livello carbonioso con materiale ceramico (US 7a), aveva lasciato scoperti i resti di un focolare appoggiato su due grandi pietre, intorno alle quali il deposito era caratterizzato da ce-neri e terra arrossata dal fuoco.

Al di sotto del focolare sono stati individuati una serie di sottili livelli argillosi, contenenti microfauna e frustoli di carbone sempre più frequenti scendendo verso la base del deposito, dove sono state rinvenute ossa di una mano umana completa ed altre pertinenti a tre dita di una seconda, in entrambi i casi ancora in connessione anatomica (US 10b). Altri resti umani (frammenti di costole, un’articolazione prossimale di omero e diversi denti) erano sparsi nello strato. La connessione di parte delle ossa, permetterebbe di at-tribuire a questo contesto un carattere funerario, con resti di una sepoltura ancora in giacitura primaria. La forte erosione esercitata in più riprese dalle acque del torrente e la documentata presenza di microfau-na potrebbero essere tra le cause determinanti della perdita del resto dello scheletro.

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Dal livello sottostante (US 11), meno carbonioso del precedente, caratterizzato ancora dalla presenza di frammenti ceramici e più rare ossa animali, proviene, inoltre, una fusaiola (fig. 8 n. 12).

Nel complesso, i materiali confermano la fre-quentazione della cavità nel corso delle fasi iniziali della media età del bronzo.

L’ultimo livello, contenente ancora abbondanti frammenti ceramici e più rari resti faunistici, si di-stingueva per essere fortemente carbonioso, rube-

si registrava una concentrazione di abbondati cerea-li e legumi semicombusti per essere stati sottoposti ad un processo di tostatura a fini conservativi. Tale concentrazione continuava nel livello sottostante la struttura, dove, i resti faunistici documentano la pre-senza pressoché esclusiva di ovicaprini (US 4).

Tra i frammenti ceramici rinvenuti in questo con-testo, si segnalano vasi di grandi dimensioni (atte-stati dalla presenza di fondi e pareti ansate) ed un frammento di coperchio di bollitoio (fig. 8 n. 14).

Fig. 5. Zona E 10: planimetria del livello con resti di deposizio-ne umana (US 10b) e sezione stratigrafica finale nord.

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con medesime caratteristiche costruttive e funziona-li. Purtroppo la mancata continuità fra i due livel-li, dovuta allo smottamento di parte del deposito, non consente al momento di chiarire il problema, la cui soluzione potrà venire dal proseguimento e dall’estensione dello scavo all’interno di questo am-biente.

Anche i materiali ceramici rinvenuti in sezione e pertinenti a momenti diversi della formazione del potente deposito, si collocano tutti nell’ambito delle

fatto ed in parte concotto, testimoniando la pratica reiterata dell’accensione di fuochi (US 6).

Al fine di verificare l’entità e l’interesse del depo-sito, si è proceduto quindi alla pulitura della sezione ovest, creata dai fenomeni di dilavamento, mettendo in evidenza, alla medesima quota rilevata all’interno della nicchia, un livello analogo con pietre e ciottoli, che suggerirebbe la presenza di una copertura più estesa rispetto a quella individuata nella nicchia, sen-za escludere la possibilità che si tratti di più strutture

Fig. 6. Grotticella W2.

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aree di combustione. In particolare, nei contesti da-tati al Bronzo medio tali evidenze si trovano associa-te a vasi di medie dimensioni (per lo più olle) per il contenimento di prodotti, o – più raramente – legati ad un qualche tipo di elaborazione (ad esempio il coperchio di bollitoio); maggiormente attestati risul-tano i vasi più piccoli, come le tazze e le ciotole (che, quando rinvenute pressoché intere contenevano in genere cereali tostati).

Tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, l’in-sieme delle evidenze non consente di definire una frequentazione della grotta – per entrambe le epoche documentate – di tipo insediativo, sembrando mag-giormente plausibile un utilizzo in senso funerario con attività legate all’espletamento di aspetti rituali. Con questa ipotesi concordano i dati relativi ad altre due importanti grotte del Lazio meridionale nelle quali è attestata – per l’età del bronzo – una frequentazione coeva a quella di Pastena: la grotta Vittorio Vecchi di Sezze14 e la grotta Regina Margherita di Collepardo15.

Nel caso di Pastena, tuttavia, va sottolineato che gli ambiti finora indagati corrispondono solo a lem-

prime fasi della media età del bronzo, con confronti in contesti coevi di ambiente sia tirrenico che adria-tico. In particolare le ben attestate ollette globulari con breve colletto da pressoché verticale a svasato trovano ampi confronti in contesti databili al Bron-zo medio iniziale di area toscana interna, laziale ed abruzzese, tra i quali si possono segnalare gli esem-plari, datati al Protoappenninico B, provenienti dalle grotte dell’Orso10 e del Beato Benincasa11 e dal sito di Paludi di Celano12.

Allo stesso ambito cronologico, ma anche allo stesso contesto, rimandavano i materiali raccolti in superficie o in sezione durante il sopralluogo all’in-terno della grotticella effettuato in occasione delle ricerche del 200113.

5. Conclusioni

In conclusione, è interessante rilevare nei diversi ambiti indagati la concomitante presenza di resti antropici, faunisti e botanici, connessi a focolari o

Fig. 7. Grotticella W2: nicchia sud, livelli I, III, V, VI.

10 Cremonesi 1968.11 Radi 1981.12 D’Ercole 1986, 317-343.13 Biddittu et al. 2006b, 118.

14 Rosini L. 2007, 695-703.15 Guidi 1991-92; si veda inoltre in questo stesso volume, Angle et al., “La grotta Regina Margherita a Collepardo (FR)”.

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quota elevata rispetto il corso del rio Mastro) per l’età del bronzo.

Per una migliore comprensione delle dinamiche e degli aspetti legati alla frequentazione umana, si rende assolutamente necessario un più approfon-dito studio della geo-morfologia della grotta e delle sue trasformazioni legate ad aspetti paleoclimatici e alla presenza dell’acqua, sia di stillicidio (cui si deve la veloce formazione di croste e concrezioni), sia di carattere torrentizio. Durante la fase climatica arida verificatasi nella prima metà del II millennio – pe-riodo al quale si data la gran parte delle attestazioni archeologiche – è probabile, infatti, che il rio Ma-

bi residui – conservatisi all’interno delle nicchie che si aprono lungo le pareti dell’androne o protetti da speroni rocciosi – di un deposito che originariamen-te doveva essere ben più esteso. Alla frammentarie-tà di questi contesti, ed alla conseguente difficile comprensione degli stessi, si aggiunge il notevole disturbo aggiuntivo originato da occasionali ma po-tenti fenomeni idrici, tale da rendere poco certa la giacitura dei contesti individuati; a tale lacuna si po-trà sopperire con la programmazione di uno scavo estensivo dei potenti depositi conservati all’interno del cunicolo E, per il neolitico (e sigillati da plurimi veli calcarei), e della grotticella W2 (posta ad una

Fig. 8. Materiali ceramici dal-la Grotticella W2 (nn. 1-16), dall’area tra W1 e W3 (nn. 18-19) e dalla Zona W3 (n. 17).

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bovide (lunghezza 46 mm, larghezza 8,4 mm, spesso-re 5,2 mm). Su una faccia sono presenti due incisioni parallele con all’interno tratti obliqui irregolarmente distanziati, sull’altra si intravedono due incisioni pa-rallele, sui margini laterali una serie di tagli trasversali subparalleli conseguenti alla lavorazione (fig. 9).Elenco dei resti faunistici provenienti dalle US 2-US7 Ovis vel Capra: i resti attribuiti a Ovis/capra sono i più frequenti tra quelli determinabili, sono stati ri-conosciuti 26 reperti, tra cui 4 riferiti a individui giovani come indicano sia l’assenza dell’epifisi sia la presenza di denti decidui.

Sus sp.: i reperti attribuiti a questo genere sono solo 7 di cui 5 metapodiali e 2 radici di denti.

Bos sp.: i reperti attribuiti a questo genere sono 4, tra questi alcuni mostrano segni di lavorazione sulla superficie (fig. 10).

- 1 frammento di costola di Bos sp. con tracce di uso e superficie e margini lustrati con serie di microstriature;- 2 frammenti di metapodiale di Ovis/capra su cui si nota-no tracce di denti di roditore; - parte medio-distale con articolazione di femore di Ovis/capra con tracce di combustione verso l’estremità prossi-male.- frammento di diafisi con tracce di frattura intenzionale per percussione;- frammento di diafisi con tracce di fratturazione inten-zionale;- frammento prossimale di metacarpo di Ovis/Capra con tracce di combustione; due tagli paralleli lunghi mm 3 po-sti in senso longitudinale alla diafisi sulla faccia anteriore a circa 30 millimetri dall’articolazione;- frammento con tracce di combustione;- frammento distale di metapodiale mancante dell’articola-zione perché individuo giovane con tagli isolati, uno abba-stanza profondo, localizzati nella zona distale dell’osso;- frammento distale di radio di Ovis/Capra con una serie di tagli (almeno 7) sub-paralleli localizzati non lontano

nuti nel 2008 sia quelli rinvenuti nello scavo del 2001.16 Celletti 2006, 123-126.17 I dati qui presentati sono comprensivi sia dei materiali rinve-

stro si presentasse asciutto o con un percorso diverso da quello attuale, favorendo la frequentazione della cavità e la formazione dei depositi, successivamente rimaneggiati ed erosi, dall’ingresso dell’acqua.

M.A., N.B., M.C., A.R.

SCHEDA SULLE FAUNE

Le ricerche fino ad ora effettuate all’interno delle grotte di Pastena hanno attestato la frequentazione umana di queste cavità in due distinte fasi: la più an-tica, risalente al Neolitico finale o Subneolitico, è sta-ta documentata all’interno del cosiddetto Cunicolo E; la seconda, databile all’inizio della media età del bronzo, soprattutto lungo il versante ovest dell’an-drone e nella Grotticella W2 (fig. 2).

Il nucleo più consistente dei resti di fauna proviene dai livelli neolitici del Cunicolo E con circa 80 reperti, mentre dalla Grotticella W2 e dalle limitrofe aree lun-go la parete ovest provengono circa 50 reperti.

I rari reperti faunistici rinvenuti nell’area E10 ri-sultano di difficile attribuzione cronologica per l’as-senza di elementi diagnostici.

Il cunicolo E. In occasione delle indagini condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio nel 2008, è stato possibile ampliare ed appro-fondire lo scavo del livello individuato già nel 2001 ed attribuito al Neolitico finale (US 2-US 7)16. La pulitura della sezione stratigrafica N del deposito ar-gilloso che ancora riempie il fondo del cunicolo ha permesso di mettere in evidenza livelli archeologici verosimilmente attribuibili ad una fase non meglio precisabile dell’età del bronzo17.

Tra i resti faunistici provenienti dall’US 4 si segna-la la presenza di uno strumento, probabilmente un punteruolo, ricavato da una diafisi di metapodiale di

Fig. 9. Punteruolo in osso frammentario (Cunicolo E, US 7).

Fig. 10. Frequenza delle specie animali rinvenute nei livelli neoli-tici del Cunicolo E.

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SCHEDA ANTROPOLOGICA

Il materiale osseo pervenuto in laboratorio proviene dalle aree denominate in fase di scavo “nicchia E10”, “grotticelle W2” e “cunicolo est”.

Si tratta perlopiù di resti in buono stato di conser-vazione, poco frammentari e attribuibili certamente a più di un individuo. L’analisi e la determinazione dell’età alla morte sono state effettuate seguendo le li-nee guida note in letteratura18. Si riassume qui la natu-ra del campione suddivisa per aree di rinvenimento:

Nicchia “E10” (UUSS 10a, 10b)− 16 frammenti di carpali, tarsali e falangi attri-

buibili ad almeno un individuo adulto e ad un individuo subadulto di 4-5 anni;

− una costola;− una epifisi prossimale di tibia non saldata (4-5

anni);− un’ulna di subadulto (4-5 anni);− denti: I1, P3, M1 mascellari di adulto giovane

(20-30 anni) e un M1 mandibolare di adulto (30-40); un canino deciduo (4-6 anni).

I resti umani si trovano dislocati su un piano leg-germente inclinato privi di connessioni anatomiche.

Cunicolo E (US 7)− Vertebra lombare di adulto con becco osteofi-

tico;

dall’articolazione estesi per 6 millimetri sulla superficie anteriore della diafisi; - frammento di apofisi spinale con un taglio trasversale obliquo;- femore sn di giovane di Ovis /Capra con un taglio nella metà distale della diafisi e una depressione tondeggiante posta a circa mm 10 dalla precedente.

Elenco dei resti faunistici provenienti dalla US 1Dal livello superficiale rimaneggiato (US 1), sono stati rinvenuti 10 reperti tra cui:

Bos sp.: frammento di molare:Ovis/Capra: ulna di individuo giovane; falange;

frammento di femore; frammento di metapodiale;Gen. Sp. Indet: 5 reperti tra cui un frammento di

costola che presenta due profondi tagli obliqui e pa-ralleli dovuti a macellazione.

Elenco dei resti faunistici provenienti dai livelli supe-riori del depositoI reperti attribuiti a questa fase sono stati recuperati in occasione dell’operazione di pulitura della sezione N del deposito interno:

Ovis/Capra: radio destro di individuo giovane; probabilmente dello stesso individuo giovane 2 ver-tebre cervicali, tibia sinistra con le articolazione non saldate, frammenti di scapola sinistra con tracce di denti di piccolo roditore;

Sus sp.: ulna e radio destri probabilmente appar-tenenti allo stesso individuo, nel radio ad un centi-metro dall’articolazione prossimale si nota un taglio trasversale poco profondo, più in basso un altro ta-glio meno evidente e parallelo al precedente;

Emys sp: femore;Gen. Sp. Indet: 2 frammenti di costole.

La zona E10. Se si esclude un frammento di radio di giovane di Ovis/capra la quasi totalità dei reperti appartiene a Chirotteri.

La grotticella W2. Nel 2001 era stata recuperata una sola vertebra di gen. sp. indet. mentre gli ultimi scavi hanno portato alla luce reperti da 6 unità statigra-fiche. La loro frammentarietà ha reso complessa la determinazione delle specie. I materiali determinati appartengono alle specie: Ovis/capra, Felis sp., Aves. I reperti attribuiti a Ovis/capra sono riferibili ad indi-vidui giovani (4 su 6) in base all’assenza delle epifisi articolari o per i denti in uso (fig. 11). Un frammen-to di costola presenta 4 evidenti segni di tagli sottili, probabilmente realizzati con lama di selce, subparal-leli e trasversali rispetto ai margini della costola; tutti i segni hanno origine da un unico margine e sono interrotti.

La zona W3. Dalla zona W3 proviene un femore di Ovis/capra. In occasione ricerche del 2001 oltre ad una rotula umana in quest’area erano già stati rinve-

18 Buikstra e Ubelaker 1994, Ferembach et al. 1980, Krogman e Iscan 1986.

nuti resti faunistici di microfauna e rari uccelli, do-vuti ad un apporto naturale.

P.C.

Fig. 11. Frequenza delle specie animali rinvenute nella Grotticella W2.

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MICAELA ANGLE – NICOLA BRUNI – MANUELA CERQUA – ANNA RIVA – CLAUDIO CAVAZZUTI – PAOLA CELLETTI

vo (Pantano 2006, 123-126).19 I frammenti contrassegnati con un asterisco (*) sono stati già identificati da Walter Pantano, in appendice alla relazione di sca-

o lavori più recenti; l’attestazione di almeno tre indivi-dui infantili (di rispettivamente 1-2, 4-5 e 8-9 anni) e uno adulto (forse due, uno dal cunicolo e l’altro dalla struttura 3 nella grotticella W2) che rispecchia la com-posizione delle aree funerarie a cui hanno accesso tutte le classi d’età rappresentate in un naturale campione popolazionistico; infine, la associazione dei resti umani con materiali relativi con tutta probabilità a corredo funebre (fusaiola) e ad offerte ai defunti (resti di fauna, semi, forme ceramiche aperte e chiuse).

* Resti già identificati da Walter Pantano in appendice alla re-lazione di scavo.

C.C.

MICAELA ANGLE

Soprintendenza per i Beni archeologici del [email protected]

NICOLA BRUNI

[email protected]

MANUELA CERQUA

[email protected]

ANNA RIVA

[email protected]

CLAUDIO CAVAZZUTI

Università degli Studi di FerraraDipartimento Di Biologia Evoluzionistica

[email protected]

PAOLA CELLETTI

[email protected]

− I1, I2 mascellari, M2 mandibolari di adulto giovane (20-30 anni), canino deciduo mascel-lare (8-9 anni);

− un omero destro (8-9 anni)*;− una scapola di individuo infantile (1-2 anni)*;I resti umani sono dispersi in un’area di circa un

metro quadro, frammisti a pietrame, ceramica, fauna e carbone.

Grotticella W2 (UUSS 3, 9)19

− Vertebra toracica di adulto;− frammento di parietale;− metacarpale;− denti: I1 e I2 mandibolari;− un carpale di fauna;− (dalla “struttura W1”) una rotula destra di in-

dividuo adulto*. Dalla grotticella W2, rimaneggiata da interven-

ti di risistemazioni dell’illuminazione, provengono diversi frammenti ceramici attribuibili sia a forme chiuse sia a forme aperte, fauna, numerosi semi car-bonizzati e una fusaiola che potrebbe essere perti-nente ad un corredo funebre femminile adulto (cfr. grotta di Collepardo).

La scarsità di elementi ossei recuperati non permet-te di costruire un quadro organico della “topografia funeraria” della grotta, sempre che di uso funerario si tratti. I dati che sostengono questa ipotesi sono: la pre-senza di elementi anatomici differenziati anche se non connessi, che farebbe pensare a vere e proprie sepoltu-re, probabilmente sconvolte da deposizioni successive

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