Messaggi sulla pietra. Censimento e studio delle incisioni rupestri del Parco Nazionale Val Grande

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Parco Nazionale Val GrandeCollana DOCUMENTA

1. SilVANO CArNESECChi, Il tempo della buzza, 20112. GiUSEPPiNA SPAGNOlO GArzOli a cura di, Viridis lapis. Archeologia della pietra ollare, 20123. FABiO COPiATTi, ElENA POlETTi ECClESiA a cura di, Messaggi sulla pietra. Censimento e

studio delle incisioni rupestri del Parco Nazionale Val Grande, 2014

Messaggi sulla pietraCensimento e studio delle incisioni rupestri

del Parco Nazionale Val Grande

a cura di Fabio CopiattiElena Poletti Ecclesia

Parco Nazionale Val Grande

Collana DOCUMENTA

Edito da Ente Parco Nazionale Val Grande

Progetto scientifico e coordinamento:Fabio Copiatti, Elena Poletti Ecclesia

Fotografie:Archivio Parco Nazionale Val Grande,Archivio Progetto interreg Sitinet,Tullio Bagnati, lorenzo Camocardi, Elena Clerici, Fabio Copiatti, Giacomo Gallarate, Giancarlo Martini, Cristina Movalli, Giancarlo Parazzoli, Elena Poletti, Ferruccio rossi, Tim Shaw, Sonia Vella, Claudio Venturini Delsolaro

rilievi:Elena Clerici, Fabio Copiatti, Elena Poletti Ecclesia

Progetto grafico della collana Documenta:Dario Martinelli

impaginazione:Aligraphis - Gravellona Toce (VB)

Stampa:Press Grafica (VB)

Questo libro non avrebbe potuto essere realizzato senza il prezioso contributo di Ferruccio rossi, che ha condiviso fotografie e risultati delle sue ricerche.

inoltre si ringraziano:la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie, il Corpo Forestale dello Stato - CTA del Parco Nazionale della Val Grande,la Comunità Montana Valli dell’Ossola,l’Archivio Borromeo isola Bella,le Guide Ufficiali del Parco,il Gruppo Archeologico Mergozzo,Claudio Albertini, Alberto De Giuli,Edgardo Fusi, Tiziano Maioli, Carlo Alessandro Pisoni, Enrico zanoletti e tutti coloro che hanno segnalato incisioni inedite.

Copyright © 2014Tutti i diritti riservati

iSBN 9788897068051

Indice

Presentazioni ..........................................................................................................................................................................................................................................................6Introduzione ............................................................................................................................................................................................................................................................9I. Contesto e metodologia ....................................................................................................................................................................................................................11 La Val Grande: wilderness di ritorno ........................................................................................................................................................13 Paolo Crosa Lenz Le incisioni rupestri della Val Grande: dalle prime segnalazioni all’attuale censimento sistematico ..............................................................................................................................................................21 Fabio Copiatti, Elena Poletti Ecclesia “Scrivere” sulla pietra. Archeologia rupestre nel Verbano Cusio Ossola dalla preistoria all’età moderna. Spunti di riflessione ........................................................................................................25 Francesca Garanzini, Francesco Rubat Borrel Scopi e metodi della ricerca ................................................................................................................................................................................31 Elena Clerici Archeologia nel Parco Val Grande: siti antichi e rapporti con le incisioni rupestri ....................43 Elena Poletti Ecclesia Le rocce incise: brevi note geologiche e dati statistici ....................................................................................................55 Elena ClericiII. Iconografia .................................................................................................................................................................................................................................................59 Enigmatici segni non figurativi: coppelle, canaletti, vaschette, affilatoi...................................................61 Elena Clerici «Adoriamo i boschi sacri e, in questi boschi, il silenzio» Le incisioni alberiformi e ramiformi............................................................................................................................................................75 Fabio Copiatti Cruciformi e altri simboli a simmetria centrale ...........................................................................................................................81 Elena Poletti Ecclesia «Cruces pichatae in sasso»: le croci di confine .............................................................................................................................92 Fabio Copiatti Uomini e animali sulle rocce della Val Grande .............................................................................................................................99 Elena Poletti Ecclesia Manufatti: rappresentazioni di oggetti quotidiani ............................................................................................................ 109 Elena Poletti Ecclesia I podiformi ................................................................................................................................................................................................................................ 112 Fabio Copiatti Filetti e trie ................................................................................................................................................................................................................................ 115 Fabio Copiatti I graffiti alfabetici e numerici: una particolare fonte storica ................................................................................. 117 Elena Poletti EcclesiaIII. Catalogo area ossolana ............................................................................................................................................................................................................... 125IV. Catalogo area verbanese ............................................................................................................................................................................................................ 169V. Conclusioni ............................................................................................................................................................................................................................................ 229 Dalla ricognizione alla gestione e promozione ...................................................................................................................... 231 Tullio BagnatiBibliografia ......................................................................................................................................................................................................................................................... 235

Presentazioni

Sono particolarmente felice di presentare questo terzo volume della collana Documenta perché mi permette di ricordare

una ricorrenza particolare per l’ente parco: l’insediamento del suo Consiglio Direttivo avvenuto proprio vent’anni fa, il 15

maggio del 1994.

Fu allora che l’attività di Educazione Ambientale venne individuata come scelta programmatica prioritaria per la valorizza-

zione del Parco. Dopo breve tempo si decise di indire un concorso rivolto alle scuole medie inferiori per individuare il logo

del Parco. L’immaginazione degli studenti offrì interessanti indicazioni all’Ente Parco, come nel caso delle incisioni rupestri

rinvenute sui massi coppellati della valle diventate nella fantasia dei ragazzi le stelle dell’Orsa Maggiore.

Fu poi un grafico lombardo, Fabio Bellato, a realizzare il logo del Parco, sintesi delle indicazioni fornite dal concorso. Rap-

presenta in forma stilizzata l’uomo-albero la cui immagine è tratta dalle incisioni ritrovate all’alpe Sassoledo di Trontano,

lungo una delle vie di accesso all’alta Val Grande e su architravi medioevali del Verbano Cusio Ossola. La figura antropo-

morfa è inserita in un quadrato perfetto, non chiuso, a significare l’apertura e la disponibilità ad un nuovo sviluppo e a

nuove idee. La linea retta del quadrato e quella frastagliata della figura sono in contrapposizione e identificano, rispettiva-

mente, l’epoca moderna e quella antica.

«Un’area wilderness com’è attualmente la Val Grande, dove la vegetazione domina nella libertà più assoluta e dove l’am-

biente è caratterizzato dalla presenza di grandi foreste, vede nell’albero l’espressione più vera della sua identità», scriveva

Franca Olmi, storico presidente del Parco. E se si pensa che per oltre cinque secoli i pastori che hanno “caricato” gli alpeggi

sono vissuti a stretto contatto con la natura e sono stati essi stessi a incidere nella roccia l’immagine dell’uomo-albero

identificando la loro vita con quella degli alberi, l’idea di dare alla Val Grande questo simbolo è risultata essere densa di

significato.

Non si può non restare affascinati, sfogliando questo volume, dalla quantità e varietà di segni presenti sulle rocce del Par-

co. Messaggi sulla pietra che raccontano storie e tradizioni antiche, testimonianze preziose che custodiscono parte della

memoria locale e che consentono di approfondire la conoscenza del nostro passato.

Per questa ragione l’ente parco ha dato avvio al loro censimento, documentandolo con fotografie e rilievi, con l’intento

di garantirne la tutela e con la speranza che questa ricerca vada a costituire un’ulteriore occasione di valorizzazione del

territorio.

Pierleonardo Zaccheo

Presidente Parco Nazionale Val Grande

Messaggi sulla pietra. Destinati a perdurare nel tempo, continuando a parlare, ancora oggi, per i lori autori. La roccia, e per

esteso la montagna, ha sempre rappresentato per le popolazioni delle valli alpine l’elemento massimo di immutabilità,

capace di superare il trascorrere del tempo. Lasciare il proprio segno sulla pietra permette all’uomo di condividere con la

roccia questa caratteristica di far sopravvivere così la propria cultura, arte o religione.

Non a caso le rocce oggetto di incisioni sono il più delle volte caratterizzate da particolari litologie o evidenze morfo-

logiche uniche, che le rendono rocce eccezionali, ancor prima che l’uomo vi si avvicinasse rendendole ancora più speciali.

Nel testo questo aspetto a volte trascurato è ben evidenziato, analizzando attentamente, non solo l’incisione in sè, ma

anche l’ambiente ed il paesaggio in cui si colloca e la roccia su cui si trova.

Il fatto che quest’opera, che evidenzia in maniera perfetta il profondo legame tra pietra e cultura, veda la luce nel primo

anno di riconoscimento del territorio di Valsesia e Val Grande da parte della rete mondiale dei geoparchi UNESCO, sot-

tolinea che il percorso intrapreso è quello giusto e le potenzialità di sviluppo sono promettenti, visto che il legame tra

territorio e cultura è alla base del concetto stesso di geoparco.

Inoltre l’opera propone e dettaglia chiaramente un metodo di analisi e catalogazione completo e funzionale, che può

essere esteso a tutto il territorio del Sesia Val Grande Geopark. In questo modo sarà possibile confrontare e studiare con

sempre maggior dettaglio i legami tra ambiente naturale e incisioni rupestri, già ben illustrate nel presente testo.

Dall’analisi di somiglianze e differenze tra glifi e siti rupestri delle varie vallate del geoparco, e perchè no anche di altri

geoparchi, come l’area del Monte Beigua o le Alpi Apuane, si potranno meglio comprendere l’evoluzione e la differen-

ziazione dell’arte e dei culti rupestri. Aspetto, questo, ancora molto dibattuto e che solo opere come quella qui presentata

possono contribuire a spiegare, raccogliendo, condividendo e analizzando con metodo condivisibile i dati e le evidenze di

un territorio unico e peculiare come quello della Val Grande.

Edoardo Dellarole

Coordinatore Sesia Val Grande Geopark

Introduzione

Sono trascorsi molti anni da quando con l’amico Alberto De Giuli si vagava per i boschi per vedere le prime coppelle che

venivano segnalate e che permettevano finalmente di parlare di incisioni rupestri anche nell’Alto novarese; poi, nel 1977

la mostra di arte rupestre europea organizzata dal Gruppo Archeologico di Mergozzo, con rilievi d’archivio di chi scrive, ha

destato molto interesse e un forte stimolo alla ricerca di manifestazioni paleoiconografiche.

L’anno successivo, il volume “Ossola di pietra nei secoli”, attraverso un approfondito escursus storico, come recitava il titolo

della bella edizione dell’Antiquarium Mergozzo, pose l’accento sull’importanza culturale, economica e sociale della pietra

nel tempo in un territorio dominato dalla stessa, principiando fin dalla preistoria.

Anni di impegno, di passione, di fervore della ricerca, di esplorazioni e rilevamenti, di approfondimenti ai quali credo di

aver potuto dare anche solo un piccolo contributo, ma che hanno arricchito anche me soprattutto per l’amicizia condivisa

con tanta gente, sono culminati nel volume del 2003 edito da Grossi: “Incisioni rupestri e megalitismo nel Verbano Cusio

Ossola”, del quale è stato coautore anche l’amico Fabio, corpus dei ritrovamenti effettuati fino a quel momento e pietra

miliare per proseguimento del lavoro di ricerca e di analisi delle incisioni rupestri di quei territori... e i semi deposti hanno

portato frutti, i lavori sono proseguiti, ottimizzando con tanta intelligenza le esperienze condivise.

Oggi vede la luce questo prezioso volume che tiene conto dei lavori precedenti, che fa frutto delle molteplici arricchenti

esperienze di ricerca e analisi, ma che al contempo, restringendo il campo di azione al territorio della splendida Val Grande,

ha modo di censire in maniera organica e ragionata tutti i ritrovamenti che nel tempo sono stati fatti, a partire dal primo e

più famoso dell’alpe Prà e di allargare le considerazioni al fenomeno più generale delle manifestazioni paleoiconografiche.

Degno di nota e contributo importante è il metodo adottato e la funzione didattica dell’illustrazione dello stesso, per tutti quelli

che si avvicinano alla ricerca e studio delle incisioni rupestri, per molti che se ne occupano da tempo e per i neofiti che, grazie

anche a questo lavoro, si possono accostare alla disciplina, trascinati dalla curiosità e dall’interesse che l’opera ha suscitato.

Impeccabili ed esaurienti, anche se essenziali per venire incontro all’economia dell’opera, sono le considerazioni e inter-

pretazioni delle manifestazioni incise in quanto, pur nella limitatezza categoriale e tipologica delle opere rinvenute, in

rapporto ai siti con grandi concentrazioni di incisioni rupestri come Monte Bego, Valtellina e soprattutto Valle Camonica,

valorizzano un patrimonio di inestimabile valore, testimone di antiche e prolungate frequentazioni e dell’esigenza da

parte dell’uomo di instaurare e mantenere un buon rapporto con l’ambiente, con le risorse dello stesso, con le forze che lo

governano e con il sacro che vi dimora.

Con questo lavoro gli amici Elena e Fabio, coscienti che senza lavori analitici circoscritti a temi e in microcosmi come

quello preso in esame non si può costruire la grande storia e nemmeno si possono fare opere di sintesi, hanno prodotto

un importante tassello che contribuisce a completare in maniera organica il grande mosaico della paleoiconografia alpina,

rimarcando che una coppella, una croce, un alberiforme o un qualsiasi altro segno inciso sulla roccia, anche se iconografi-

camente meno pregnante di quelli figurativi della Valle Camonica, sono altrettanto carichi di contenuti, sono pagine della

nostra storia, sono segni testimoni di una umanità che dobbiamo riscoprire, salvaguardare e valorizzare.

Ausilio Priuli

Archeologo preistorico ed etnoarcheologoFig. 1. Veduta del lago Maggiore dalle cime della Val Grande

Capitolo I

Contesto e metodologia

12 Messaggi sulla pietra. Censimento e studio delle incisioni rupestri del Parco Nazionale Val Grande Contesto e metodologia 13

Fig. 2. l’alpe Straolgio e sullo sfondo il monte Pedum

La Val Grande: wilderness di ritorno

Paolo Crosa lenz

La Val Grande, Parco Nazionale dal 1992, è l’area selvaggia più grande d’Italia e

delle Alpi. Una wilderness di ritorno: dopo secoli di sfruttamento intenso (alpi-

coltura e disboscamenti), dal secondo dopoguerra l’uomo ha cessato di essere

presente e la natura ha ripreso libera il suo corso. Ora tutto è silenzio ed è forse

questo il bene più prezioso della Val Grande. Come, in silenzio, ci parlano le incisioni

rupestri.

Il comprensorio montuoso della Val Grande si estende alle spalle del Lago Maggiore,

nel Piemonte settentrionale, racchiuso da altre valli: la Val d’Ossola a ovest, la Val

Vigezzo a nord, la Val Cannobina a nord-est, la Valle Intrasca a est e l’entroterra ver-

banese a sud. Tra il Lago Maggiore (riviere mediterranee tra monti coperti di boschi)

e il Monte Rosa (i ghiacciai della seconda montagna d’Europa), è cinta da monti non

alti, ma aspri e severi: il “tetto” di queste montagne è il Monte Togano (2301 m), dalle

cui falde meridionali nasce un torrente che, assumendo via via nomi diversi, diven-

terà poi il San Bernardino e finirà a calmare le sue acque tumultuose nell’estuario

del Lago Maggiore a Intra. Fino ai 900 m l’orizzonte vegetazionale è dominato dal

castagno e dal bosco misto di latifoglie. Alle quote superiori prevalgono il faggio e

poche conifere. Il camoscio, la popolazione è stimabile in quasi un migliaio di esem-

plari, è l’ungulato maggiormente presente in Val Grande: un po’ il simbolo di queste

montagne. è diffuso uniformemente in tutto il territorio del Parco, dalle creste ai greti

di fondovalle. Nei boschi della bassa Val Grande è diffuso il capriolo, che fugge all’ar-

rivo dell’uomo riparandosi nella fitta boscaglia. L’aquila reale, in dialetto èula (nome

condiviso con la poiana) è la regina dei cieli di Val Grande. La si può vedere veleg-

giare, radente le pareti per sfruttare le correnti ascensionali quando il sole scalda le

rocce, da sola, in coppia o con il giovane. Questo maestoso rapace evoca la natura

selvaggia dei luoghi più impervi delle Alpi: la Val Grande.

La Val Pogallo costituisce il ventricolo destro, più piccolo ma altrettanto aspro e sel-

vaggio, del grande cuore del parco nazionale. Incassata e precipite nella parte in-

feriore, la valle si apre in alto in un ampio ventaglio di costoni assolati e fittamente

coperti da faggete e impervi dirupi. Pogallo è il centro della valle: un ampio terrazzo

pianeggiante ed esposto al sole; l’unico luogo dove la ripidità dei versanti si addol-

230 Messaggi sulla pietra. Censimento e studio delle incisioni rupestri del Parco Nazionale Val Grande Conclusioni 231

Dalla ricognizione alla gestione e promozioneTullio Bagnati Direttore Parco Nazionale Val Grande

Nel gesto di un uomo che marca una roccia e “fa luogo”, c’è l’essenza di ogni comportamento umano impegnato a trasformare un sito in un segno.

Matteo Meschiari1

Un presente remoto, ed un futuro all’oggi: così, nel doppio registro dell’atti-

vità di ricerca promossa dal parco con due finalità essenziali, legate rispet-

tivamente al conoscere e all’agire, al documentare e al valorizzare, si può

compendiare l’esito di questo volume della collana Documenta. Il volume continua

nell’ideale percorso di dare forma alle diverse “geografie della memoria” dell’ambito

territoriale valgrandino, che possiamo leggere nel paesaggio come palinsesto, adot-

tando quel metodo diacronico che si è arricchito, nello specifico del lavoro sui massi

incisi, degli strumenti messi in campo dall’archeologo e dallo storico.

Perché se, come richiama Marc Bloch, «la conoscenza di tutti i fatti umani del passato

ha come sua prima caratteristica quella di essere una conoscenza per via di tracce»2,

questi messaggi incisi sulla pietra che ci arrivano da un passato remoto (sovente

non meglio precisato), attraverso vestigia immobili, quali le rocce in posto, qui di

litotipi a grana grossa (come gli gneiss o i graniti), e sotto forma di oggetti e/o reperti

mobili (lastre, cippi, architravi, ecc.), ci narrano sicuramente della affascinante storia

insediativa non solo delle nostre montagne, ma per quantità e copertura territoriale,

tipologia degli artefatti e dei modelli insediativi, di tutto l’arco alpino. Ma ci narrano

anche, come documentato dalla ricca e approfondita indagine e, soprattutto, dal

Catalogo sistematico della seconda parte del volume, che la consuetudine a “scrivere

sulla pietra” rimase in uso, senza soluzione di continuità, dalla preistoria sino alle

soglie dell’età contemporanea, offrendo così allo sguardo “lo spettacolo del tempo

nelle sue diverse profondità [aggiungendo] al tempo geologico immemorabile

i tempi molteplici delle vicende umane”3. Il fatto che questi tempi storici e tempi

geologici siano indagati e documentati in un territorio da poco riconosciuto anche

come “geoparco” dalla rete europea e mondiale dei geoparchi (EGN-GGN) sotto il

patrocinio UNESCO non fa che rafforzare i caratteri ed i valori materiali ed immateriali

1 meschiaRi 2010, p. 81.2 bLoch 1969, p. 63.3 augé 2004, p. 71.

Trontano, alpe Sassoledo, roccia incisa con alberiformi che hanno ispirato il logo del Parco

232 Messaggi sulla pietra. Censimento e studio delle incisioni rupestri del Parco Nazionale Val Grande Conclusioni 233

va colta nella sua prospettiva ed i saggi della prima parte del volume, seppur ripartiti

per ambiti e uniformità tipologica degli artefatti, offrono uno sguardo di medio e

lungo termine che può spiegare alcuni aspetti delle dinamiche insediative e delle

interazioni uomo-ambiente. Sono, ad esempio, quegli elementi di continuità che

attraversano ere e periodi storici che improntano l’organizzazione del territorio, i

sistemi di insediamento e la loro gerarchia, parte della topografia; delle costanti quali

quelle del rapporto naturale-soprannaturale che ritroviamo in alcuni esempi eclatanti

come gli «ancestrali riti di fertilità collegati alla roccia, espressione di una sacralità

della pietra e della montagna cui si aggancia anche il fenomeno delle coppelle e

delle incisioni» (infra, p. 23).

Lo stesso approccio diacronico ci riporta alla dimensione temporale del fenomeno,

quel “presente remoto” insito negli artefatti e nei residui materiali oggetto del

censimento (e posti concretamente nel paesaggio), che a un “tempo percepito

irregolare, a ritmi multipli, condiviso da individui di una stessa società o di uno stesso

gruppo sociale, un tempo in cui fanno riferimento singole azioni umane, compiti

e operazioni pratiche effettuate da uno o più individui, in uno specifico ambiente

naturale e sociale”4, contrappongono un tempo regolare e misurato su periodizzazioni

storiche. Da questo punto di vista, come è stato richiamato da E. Poletti Ecclesia (infra,

p. 53), se rimane «arduo precisare la cronologia delle incisioni rupestri, tracciate

dall’uomo per migliaia di anni e fin nella piena età storica, sembra tuttavia possibile

collocare l’inizio del fenomeno nell’età del Ferro in concomitanza con il fiorire degli

insediamenti montani evidenziato dall’archeologia».

In questo cercare di avvicinare tempi storici e tempi vissuti e percepiti negli artefatti

del paesaggio sta tutta la suggestione della materia e del patrimonio indagato,

laddove all’approccio diacronico, ossia storico, si accompagnano gli interrogativi

dell’approccio funzionale, cioè sincronico, alla conoscenza.

Infine, tra le pluralità di risultati della ricerca, va richiamata la restituzione attraverso un

sistema informativo in formato GIS dei dati raccolti. La catalogazione informatica dei

dati relativi alle incisioni rupestri da realizzare in linea con i moderni metodi di rilievo

e classificazione archeologica era infatti uno degli obiettivi della ricerca del Parco. Il

collegamento oggetto-dato (sia esso descrittivo, ma anche grafico e iconografico,

comprendendo quindi fotografie e rilievi in campo, schede di catalogazione,

cartografia di riferimento, georeferenziazione, ecc.) assume la duplice finalità di

supporto alle capacità analitiche della raccolta dati effettuata, e di “potenzialità” delle

stesse capacità analitiche in chiave multidisciplinare ed olistica. La georeferenziazione

dei dati e delle informazioni relative ai rilievi in campo consente infatti non solo di

4 faRinetti 2012.

della dimensione antropico-culturale sottesa a tale patrimonio. Gli abitanti delle

vallate alpine sono sempre stati depositari e narratori non solo della presenza di

alcune delle rocce incise nelle vicinanze di paesi, sentieri e alpeggi, ma anche delle

storie e delle leggende che ne attribuivano l’esecuzione ai loro avi oppure a diavoli e

streghe, ai pagani, o più semplicemente, ai passatempi dei pastori.

Anche nel territorio della Val Grande, a fronte del crescente interesse per l’arte

rupestre che ha portato a numerose scoperte su tutto l’arco alpino e sull’ambito

locale riferibile al Verbano, all’Ossola e al Cusio, intorno alla metà degli anni ottanta

ci furono le prime segnalazioni di incisioni rupestri quali il masso coppellato dell’alpe

Prà e il masso con coppelle, alberiformi e altri segni dell’alpe Sassoledo. Da allora ad

oggi il rinvenimento di altri numerosi massi incisi nell’ambito territoriale dei tredici

comuni del Parco Nazionale Val Grande si è via via accresciuto, per lo più con reperti

appartenenti alla categoria delle incisioni con valenza simbolica: coppelle, cruciformi,

alberiformi e altri segni di difficile interpretazione e datazione avendo una continuità

tale da arrivare, come s’è detto, ai primi decenni del secolo appena trascorso.

In questo quadro si è collocata la prospezione del territorio della Val Grande volta

alla rilocalizzazione di quanto già segnalato, alla ricerca di nuove incisioni e al loro

censimento effettuata, anche con nuove modalità e approccio integrati, per iniziativa

dell’ente parco, nel corso degli anni 2012 e 2013, e del quale si è dato riscontro nei

capitoli precedenti e nel Catalogo sistematico dei ritrovamenti . Una prospezione ed

una restituzione che, s’è detto, concorre a disegnare una ‘geografia della memoria’ atta

a ricostruire nel suo divenire temporale, la storia della “Val Grande” in senso lato, ossia

come ambito spaziale contenente un insieme di siti, una distribuzione di artefatti

leggibile come continuum spazio-temporale (si direbbe di archeologia dello spazio

e/o di un ‘modello territoriale’) che lascia sicuramente aperte nuove prospettive di

studio e di analisi.

Una prospezione che ha coniugato il momento analitico della ricerca insieme

alla globalità dell’approccio che le diverse fonti, archeologiche e non, offrono per

rispondere, ciascuna per la propria prerogativa, alle domande non solo del ricercatore,

ma anche di una comunità, di un escursionista o di un appassionato.

Gli esiti sono plurimi e di sicuro interesse e prospettiva non solo per la ricerca

disciplinare, ma anche per il ruolo del parco che, emblematicamente, ha visto la

genesi del suo logo proprio in un alberiforme inciso all’alpe Sassoledo.

Il primo risultato attiene al già citato approccio globale, un approccio integrato fra

vecchie e nuove modalità di ricerca, ove nel lavoro sono confluiti dati di ricognizione

diretta e di rilievo sul campo, dati di scavo, conoscenze provenienti da studi epigrafici

e storici, riferimenti comparati con altri ambiti regionali alpini e prealpini.

Il secondo risultato è implicito nell’approccio diacronico: la dinamicità del paesaggio

234 Messaggi sulla pietra. Censimento e studio delle incisioni rupestri del Parco Nazionale Val Grande

accedere al posizionamento degli oggetti e dei siti rilevati, ma anche di mettere a

punto lo stesso sistema di relazione tra gli oggetti ed il loro contesto. Si veda a questo

proposito (infra, pp. 55-57) come il software GIS ha consentito la creazione di differenti

tipologie di mappe dalle quali sono state ricavate le immagini utilizzate nella parte

del catalogo per visualizzare i siti, i loro contesti o il posizionamento nell’intera valle,

oppure come dall’elaborazione automatica si siano prodotte osservazioni relative alle

tipologie di incisioni censite, alla loro distribuzione geografica, nonché osservazioni

quantitative sulla giacitura delle rocce (orizzontali/verticali), sulle litologie interessate,

sull’orientamento della visuale, vale a dire aspetti di interazione e contestualizzazioni

utili a meglio comprendere il fenomeno stesso e/o i suoi aspetti realizzativi.

In conclusione, in quanto artefice del processo di conoscenza il parco non può che

interrogarsi sulle prospettive aperte con questo censimento e analisi del patrimonio,

sia in termini di nuove attività di studio, sia di sua tutela e valorizzazione.

L’indagine, già sviluppata lungo gli assi dello spazio e del tempo, lascia ancora aperta

una molteplicità di interessi della ricerca non ancora, o solo parzialmente, esplorati: in

particolare sugli interrogativi che nascono dall’approccio diacronico e sincronico alla

conoscenza, una dialettica che richiama al ruolo di altre discipline che integrino in

modo interdisciplinare le forme complesse di questi paesaggi. In questa prospettiva

molto si può ancora indagare. Ad esempio con apposite campagne di scavo; oppure,

considerando le potenzialità della banca dati GIS predisposta con questo lavoro,

partire dalla “posizione” degli oggetti e dei siti per indagarne le molteplicità di

relazioni e di contesti (geomorfologici, orografici, di risorse naturali, paesaggistici,

archeologici, cosmologici, ecc.), le loro interazioni alla scala territoriale più ampia e/o

di relazione con matrici antropologiche e bioculturali riconoscibili.

In un’ottica, infine, di gestione, le conoscenze acquisite costituiscono un indispensabile

punto di partenza per la tutela e la valorizzazione e fruizione di questo patrimonio.

Salvaguardia e manutenzione dei siti implicano necessariamente da una parte una

convergenza di ruoli non solo del parco, ma anche delle amministrazioni locali e

statali preposte alla tutela stante la localizzazione dei beni non solo dentro i confini

amministrativi del parco; dall’altra un processo di sensibilizzazione ed educazione

presso le comunità locali volta alla prevenzione e all’acculturazione sul valore

patrimoniale del bene e sulla sua vulnerabilità stante la dispersione e la localizzazione

remota dei siti e degli artefatti. A tal fine si dovrà operare con un combinato di

norme e vincoli – da aggiornare rispetto agli strumenti di pianificazione vigenti –,

per una gestione unitaria sull’insieme dei beni e degli ambienti coinvolti (in termini

di manutenzione e conservazione) e, rispetto la fruizione, con apposite norme di

comportamento.

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Finito di stampare nel mese di maggio 2014su carta certificata FSC