L’arte del dire e del tacere. Un censimento dei manoscritti del De doctrina loquendi et tacendi...

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1 L’ARTE DEL DIRE E DEL TACERE. UN CENSIMENTO DEI MANOSCRITTI DEL D E DOCTRINA LOQUENDI ET TACENDI NEI VOLGARI ITALIANI * 1. LA TRADIZIONE MANOSCRITTA Albertano da Brescia è autore, in latino, di tre trattati: il De amore et dilectione Dei et proximi et aliarum rerum de forma vitae (di qui in poi: ADD); 1 il De doctrina loquendi et tacendi (di qui in poi: DLT); 2 il Liber consolationis et consilii (di qui in poi: LCC). 3 Questi trattati, in realtà delle erudite raccolte di sentenze, godettero d’immensa fortuna: 4 Brunetto Latini inserì parti della DLT nel Tresor (II, LXI- LXVII); 5 Chaucer s’ispirò al LCC per il Tale of Melibeus; 6 Matteo dei Libri, pur non citandone mai il nome, sfruttò ampiamente la DLT nelle sue Arringhe, 7 e ampi passi del LCC sono anche nel Fiore di virtù. 8 Numerosissimi furono i volgarizzamenti: in francese, 9 in catalano, 10 in spagnolo, 11 in danese, in tedesco, 12 in ceco 13 e in olandese. 14 Questa fortuna viene confermata anche dalle versioni di area italiana, numerose, e di pochi decenni posteriori all’originale: al 1268 risale la redazione di Andrea da Grosseto, compilata a Parigi; e nel ventennio successivo devono collocarsi anche le versioni di Soffredi del Grazia (Provins, entro il 1278) e quella tràdita da diversi manoscritti, tra cui anche il codice Bargiacchi, che data entro il 1288. Quante e quali siano però le versioni dei volgarizzamenti integrali delle opere di Albertano è questione irrisolta. Vale ancora, in proposito, ciò che affermava Cesare Segre nel 1953: «i rapporti tra queste versioni non sono stati ancora studiati in modo soddisfacente; ed è materia delicata, perché spesso i copisti si servivano, quando un testo era mutilo, di un altro con una differente traduzione» (Segre 1953, pp. 133-34). La ricostruzione più accurata della storia delle redazioni dei trattati di Albertano è quella fatta da Francesca Faleri (2000, pp. 5-10), che individua dieci versioni differenti: 1. quella di Andrea da Grosseto; 2. quella di Soffredi del Grazia; * Per la cit. dei mss. si è seguito il cosiddetto “sistema Ciociola”, spiegato nella nota all’Indice delle biblioteche citate, in Ciociola 2001, p. LXIII. Nel siglare i manoscritti si è mantenuta — ove esistente — la sigla data da Castellani 2000, p. 363. Questo contributo è parte del progetto PRIN 2007 SALVIt (Studio, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani), che ha coinvolto le Università del Salento (responsabile e coordinatore centrale R. Coluccia), di Catania (responsabile M. Spampinato), di Napoli “L’Orientale” (responsabile R. Librandi), di Pisa - Scuola Normale Superiore (responsabile C. Ciociola) e di Salerno (responsabile S. Lubello). I risultati del progetto sono consultabili alla pagina web http://www.salvit.org/. 1 Il testo fu composto nel 1238; per l’edizione cfr. Hiltz Romino 1981. 2 Il trattato fu composto nel 1245; per l’edizione cfr. Navone 1998. 3 L’opera fu scritta nel 1246; per l’edizione cfr. Sundby 1873. 4 Sulla fortuna di Albertano, cfr. Graham 1996, Powell 1996, Benini 2010, pp. 131-40. Per un censimento dei manoscritti latini si veda Graham 2000a. 5 Cfr. Torri 1994. 6 Per un’analisi del riuso di Albertano in Chaucer, cfr. Köppel 1891 e Askins 2002. 7 Cfr. la voce Albertano nell’Indice delle sentenze per autori di Vincenti 1974. 8 Cfr. Corti 1989, p. 47. 9 Per l’elenco dei manoscritti francesi, cfr. Graham 2000b, pp. 900-907 e Cigni 2007. 10 Per l’edizione dei volgarizzamenti catalani della DLT, cfr. Barca 1995. Per una recensio dei testimoni, cfr. Valero Moreno 2007. 11 Per un regesto dei manoscritti in spagnolo, cfr. Graham 2000b, pp. 918-920. 12 Per un regesto dei manoscritti in tedesco, cfr. Graham 2000b, pp. 907-915. 13 Per un regesto dei manoscritti in ceco, cfr. Graham 2000b, pp. 916-918. 14 Per un regesto dei manoscritti in olandese, cfr. Graham 2000b, pp. 915-916.

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L’ARTE DEL DIRE E DEL TACERE. UN CENSIMENTO DEI MANOSCRITTI DEL DE DOCTRINA LOQUENDI ET TACENDI NEI VOLGARI

ITALIANI*

1. LA TRADIZIONE MANOSCRITTA Albertano da Brescia è autore, in latino, di tre trattati: il De amore et dilectione Dei et proximi et

aliarum rerum de forma vitae (di qui in poi: ADD);1 il De doctrina loquendi et tacendi (di qui in poi: DLT);2 il Liber consolationis et consilii (di qui in poi: LCC).3 Questi trattati, in realtà delle erudite raccolte di sentenze, godettero d’immensa fortuna:4 Brunetto Latini inserì parti della DLT nel Tresor (II, LXI-LXVII);5 Chaucer s’ispirò al LCC per il Tale of Melibeus;6 Matteo dei Libri, pur non citandone mai il nome, sfruttò ampiamente la DLT nelle sue Arringhe,7 e ampi passi del LCC sono anche nel Fiore di virtù.8 Numerosissimi furono i volgarizzamenti: in francese,9 in catalano,10 in spagnolo,11 in danese, in tedesco,12 in ceco13 e in olandese.14

Questa fortuna viene confermata anche dalle versioni di area italiana, numerose, e di pochi decenni posteriori all’originale: al 1268 risale la redazione di Andrea da Grosseto, compilata a Parigi; e nel ventennio successivo devono collocarsi anche le versioni di Soffredi del Grazia (Provins, entro il 1278) e quella tràdita da diversi manoscritti, tra cui anche il codice Bargiacchi, che data entro il 1288.

Quante e quali siano però le versioni dei volgarizzamenti integrali delle opere di Albertano è questione irrisolta. Vale ancora, in proposito, ciò che affermava Cesare Segre nel 1953: «i rapporti tra queste versioni non sono stati ancora studiati in modo soddisfacente; ed è materia delicata, perché spesso i copisti si servivano, quando un testo era mutilo, di un altro con una differente traduzione» (Segre 1953, pp. 133-34).

La ricostruzione più accurata della storia delle redazioni dei trattati di Albertano è quella fatta da Francesca Faleri (2000, pp. 5-10), che individua dieci versioni differenti:

1. quella di Andrea da Grosseto; 2. quella di Soffredi del Grazia;

* Per la cit. dei mss. si è seguito il cosiddetto “sistema Ciociola”, spiegato nella nota all’Indice delle biblioteche citate, in Ciociola 2001, p. LXIII. Nel siglare i manoscritti si è mantenuta — ove esistente — la sigla data da Castellani 2000, p. 363. Questo contributo è parte del progetto PRIN 2007 SALVIt (Studio, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani), che ha coinvolto le Università del Salento (responsabile e coordinatore centrale R. Coluccia), di Catania (responsabile M. Spampinato), di Napoli “L’Orientale” (responsabile R. Librandi), di Pisa - Scuola Normale Superiore (responsabile C. Ciociola) e di Salerno (responsabile S. Lubello). I risultati del progetto sono consultabili alla pagina web http://www.salvit.org/. 1 Il testo fu composto nel 1238; per l’edizione cfr. Hiltz Romino 1981. 2 Il trattato fu composto nel 1245; per l’edizione cfr. Navone 1998. 3 L’opera fu scritta nel 1246; per l’edizione cfr. Sundby 1873. 4 Sulla fortuna di Albertano, cfr. Graham 1996, Powell 1996, Benini 2010, pp. 131-40. Per un censimento dei manoscritti latini si veda Graham 2000a. 5 Cfr. Torri 1994. 6 Per un’analisi del riuso di Albertano in Chaucer, cfr. Köppel 1891 e Askins 2002.

7 Cfr. la voce Albertano nell’Indice delle sentenze per autori di Vincenti 1974. 8 Cfr. Corti 1989, p. 47. 9 Per l’elenco dei manoscritti francesi, cfr. Graham 2000b, pp. 900-907 e Cigni 2007. 10 Per l’edizione dei volgarizzamenti catalani della DLT, cfr. Barca 1995. Per una recensio dei testimoni, cfr. Valero Moreno 2007. 11 Per un regesto dei manoscritti in spagnolo, cfr. Graham 2000b, pp. 918-920. 12 Per un regesto dei manoscritti in tedesco, cfr. Graham 2000b, pp. 907-915. 13 Per un regesto dei manoscritti in ceco, cfr. Graham 2000b, pp. 916-918. 14 Per un regesto dei manoscritti in olandese, cfr. Graham 2000b, pp. 915-916.

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3. una nota da quattro mss., tra cui il Bargiacchi (Fi BNC II.II.23; Fi BNC II.III.272; Rm BANLC Rossi 69; Pr BP Palat. 75);

4. quella edita dall’Inferrigno nel 1610; 5. quella contenuta nel cosiddetto “codice Barbi” (Fi BNC II.VIII.49), che contiene «una copia

del De doctrina dipendente dal volgarizzamento di Andrea da Grosseto, ma la parte finale del testo, di mano certamente posteriore, testimonia una versione non altrimenti nota; non si può escludere che si tratti del volgarizzamento di Soffredi del Grazia, dato che l’unico testimone è, come già detto, mutilo della parte finale» (Faleri 2000, p. 10);15

6. una versione dell’ADD, tràdita nel solo Si BCI I.IV.6, la cui parte finale verrebbe a coincidere (cfr. anche Castellani 2000, p. 363) con la versione di Andrea da Grosseto;

7. un volgarizzamento toscano anonimo della DLT, databile alla prima metà del XIV sec., tràdito da Fi BR 1338 e Ve BNM It. II 3;

8. la versione di Giovanni Lusia; 9. e 10. due versioni anonime, testimoniate rispettivamente da due e cinque manoscritti. Alfonso D’Agostino (2001, pp. 111-13) dà invece conto di otto versioni distinte : 1. quella di Andrea da Grosseto; 2. quella di Soffredi del Grazia; 3. quella contenuta nel codice Bargiacchi; 4. quella edita dall’Inferrigno; 5. una anonima di patina lucchese (ovvero quella contenuta nel cosiddetto “codice Barbi”); 6. una versione anonima fiorentina della metà del Trecento (si veda il n. 7 tra le versione

indicate dalla Faleri); 7. una veneta della metà del Trecento (da identificarsi probabilmente con quella analizzata da

Zingarelli 1901, tradita in Fi BNC II.III.131); 8. una veneziana più tarda, opera di Giovanni Lusia.

Barca (1995, p. 51) segnala che «un rimaneggiamento di area toscana del Liber de arte loquendi et

tacendi è attestato all’interno di un manoscritto del Fiore di virtù (Firenze, Biblioteca Nazionale, Laur. Gadd. 9)».

Le versioni edite sono solamente quattro: quella di Andrea da Grosseto, quella di Soffredi del Grazia, quella conservata nel codice Bargiacchi e quella edita da Bastiano de’ Rossi (l’Inferrigno).

La versione di Andrea da Grosseto16 fu scritta a Parigi nel 1268. La prima edizione dell’opera è stata edita da Francesco Selmi (1873),17 seguendo il solo Fi BNC Conv.soppr. F.IV.776 (G), contenente i tre trattati, ma lacunoso in fine; mancano infatti i capitoli XXXI-XXXIV dell’ADD, che furono suppliti da due manoscritti: Fi BNC Pal. 643 e, soprattutto, II.IV.111 (il cosiddetto “codice di Fantino”).18 Estratti da questi due manoscritti sono, nell’edizione Selmi, anche i capitoli XVIII, parte del XIX, XX, XXIII e XXIX. Solo al compimento dell’edizione Enrico Calvi comunicò al Selmi l’esistenza di un secondo manoscritto, Fi BML Gadd. rel. 143 (Gad; contenente solo l’ALT). Sicché il Selmi riporta in un’appendice (intitolata – evidentemente per un lapsus – Varianti del codice Palatino) le varianti Laurenziane. Dal testo del Selmi deriva la lezione di Santagata 1875, che è una semplice antologia delle sentenze. Un’edizione fondata su entrambi i manoscritti è in Segre 1953, pp. 139-56; anche Segre ha «preso a base il Magliab[echiano], in complesso migliore, correggendone gli errori di

15 Faleri 2000, p. 10. A. CASTELLANI, Pisano e lucchese, p. 97, riconduce questo ms.all’area pisana. 16 Scarsissime sono le notizie biografiche su Andrea da Grosseto. Per il Selmi (1873, p. XVII) l’unico dato certo è «che appartenne ad una famiglia di nome Bento, e sembra fosse frato francescano». Diversamente per Cingolani (1990, s.v.) egli fu «giudice e avvocato». Una ricerca archivistica (i cui risultati, presentati al momento solo in forma divulgativa, si possono leggere in Luzzetti Amerini 2009) ha definitivamente smentito l’identificazione proposta dal Selmi. 17 Sull’edizione cfr. anche Spongano 2000, pp. 342-343. 18 Per l’ed. dell’ADD del codice di Fantino, cfr. Castellani i.c.s.

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scrittura» (Segre 1953, p. 135). A questi due codici, che derivano per via indipendente da un archetipo comune, va aggiunto Genève BP Comites latentes 112 (Gen; contenente la DLT e il LCC). Secondo Degli Innocenti (1979, p. 255) — seguito da Graham 2000, §9 —il volgarizzamento di Andrea da Grosseto sarebbe tràdito anche da Fi BMo Palagi 104 (Mo); tuttavia D'Agostino (2001, p. 112 n. 75) scrive che, secondo Nardone 1995, tale volgarizzamento non si trova in Mo.

La lingua dei testimoni è essenzialmente fiorentina, anche se secondo Castellani (2000, pp. 363-64) il codice G «conserva, sia pur filtrato attraverso intermediari fiorentini o fiorentini-pistoiesi, quello che sembra essere un resto del colorito linguistico originario» dell’antico grossetano.

Il volgarizzamento dei tre trattati di Albertano del pistoiese Soffredi del Grazia19 va collocato anch’esso in area francese, a Provins, nel 1275, come dichiarato nel prologo. Secondo il Ciampi (1832, p. 105), il Rolin (1898, p. IV) e il Monaci (1912, p. 329), i trattati furono tradotti nella pievania di Sant’Aiuolo nei dintorni di Pistoia. Il Torraca (1905, pp. 127-28), viceversa, propose di correggere Provano con Provino20, italianizzazione del francese Provins21, località in cui ogni anno si tenevano due fiere molto frequentate da mercanti toscani, una delle quali era detta per l'appunto di Sant’Aiuolo. La bontà dell’ipotesi del Torraca venne dimostrata prima dal Gabotto (1910, p. 16), che scoprì un documento «in cui è ricordato Soffredi [e che] mette addirittura in relazione diretta il notaio pistoiese colla fiera di Saint Ayoul di Provins», e poi dallo Zaccagnini (1907, p. XXVI) il quale constatò che la pievania di Aiolo, tra Pistoia e Prato, fosse posta sotto la protezione di san Pietro. Un chiarimento definitivo sulla questione è in Zaccagnini 1916.22

L’unico testimone di questa versione, il manoscritto Pt BC A.53, prodotto di area linguistica pistoiese, in quanto copiato dal notaio pistoiese Lanfranco di Ser Jacopo Del Bene, venne scoperto dall'abate Sebastiano Ciampi, che ne fornì una sommaria notizia nell'appendice alla sua opera su Cino da Pistoia, pubblicandone anche il capitolo finale della DLT (Ciampi 1808, pp. 122-35), e contiene il volgarizzamento di tutti e tre i trattati (anche se il volgarizzamento dell’ADD è mutilo). Inoltre, non pare inutile ricordare che nel codice pistoiese, oltre alla mano del già citato notaio Lanfranco che esempla il testo, ci sono dei titoli a margine di altra mano, ormai sbiaditi o erasi, che originariamente servirono come guida per i titoli riportati dalle rubriche. Il Ciampi, suffragato dai periti Gaetano e Brunone Giarrè, identifica questa mano con quella di Soffredi stesso, attraverso il confronto con la firma di quest’ultimo in un rogito notarile riportato alle pp. 48-49 dell’edizione da lui curata (in fondo alla quale è inoltre pubblicato un fac-simile di tale firma). La prima edizione integrale del volgarizzamento è in Ciampi 1832. I volgarizzamenti vengono riediti alla fine dell’Ottocento da Rolin 1898, ma questa seconda edizione peggiora in molti passi la lezione (le divergenze sono comunque segnalate alle pp. LXX-XCIII) proposta dal Ciampi: quest’ultima, pur difettando talvolta nella lettura e nell’interpunzione, e adottando talvolta semplificazioni grafiche e fonetiche discutibili, ma di ampio uso nella prassi ecdotica dell’epoca, è latrice, nel complesso, di una buona lezione sotto il profilo testuale, meno sotto il profilo linguistico, pur compattamente pistoiese (per una disamina dei tratti linguistici cfr. Rolin 1898, pp. IX-LXIII).

Il volgarizzamento più antico prodotto in Italia è, con ogni probabilità, quello impropriamente noto come “versione Bargiacchi”. Il manoscritto da cui esso prende il nome (Fi BNC II.III.272, Ba) — appartenuto all’abate Niccolò Bargiacchi — è databile al 1288 e contiene tutti e tre i trattati di Albertano. Ba tramanda una versione in volgare pisano, recentemente edita da Faleri

19 Vale la pena di ricordare l’opinione del Rolin (1898, p. VI) — accolta da Zingarelli (1901, p. 154) e da Fatini (1933, p. 63) —, secondo il quale solo il volgarizzamento della DLT sarebbe opera di Soffredi, mentre sia ignoto quello del LCC. Come nota Pagano 1988, tuttavia, «se la traduzione dei trattati seguenti fosse dovuta ad altri, questi probabilmente non avrebbe trascurato di attribuirsene la paternità» 20 Come nota Pagano 1988 la correzione in realtà non è del tutto necessaria se si considera Provano una resa della pronuncia e non un’adesione alla grafia. 21 La forma è abbondantemente attestata in italiano antico (cfr. CorpusOVI). 22 Su Soffredi cfr. anche Piattoli 1974.

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2009,23 con l'esplicito intento non di dare un’edizione critica basata su tutta la tradizione, bensì di pubblicare un testo utile dal punto di vista linguistico e lessicografico.24 Secondo Faleri (2000, p. 6) sono da ricondurre a questa versione altri tre manoscritti, oltre al citato Bargiacchi: Fi BNC II.II.23 (N2), Pr BP Palat. 75 (Pr2), Rm BANLC Rossi 69 (Cor).25

Nella ricostruzione della tradizione di questa versione, come ha dimostrato Castellani (1996, p. 100), «il codice di Parma è indipendente dal codice Bargiacchi». Tale indipendenza sarebbe dimostrata dalla divergenza delle lezioni in alcuni passi come questi:

Lat. Ba Pr2 stultum enim est ut aliis velit quis imperare cum sibi ipsi imperare non possit (XXXIII, 8)

stolta cosa è che chi non può comandare a ssei medesmo como può comandare altrui

che stolta cosa è che chi non può comandare a sse medesimo voglia comandare ad altrui

cum cotidie se punit conscientia (XXXIII, 15)

unde continuamente lo pulisce la coscientia

onde cotidianamente lo puliscie la coscientia

Lo stesso Castellani (1996, p. 101) parla di una «redazione Bargiacchi-Parma», partendo dal

dato che «un certo nemero d’errori era già nell’antenato dei due manoscritti» (ibidem). È dunque plausibile che il volgarizzamento di partenza (innovato, in alcune porzioni testuali da N2 e Pr2) fosse pisano: pisana è, come detto, la lingua del codice Bargiacchi,26 ma tracce d’un’origine pisana sono anche negli altri due manoscritti, come afferma lo stesso Castellani, portando esempi dal codice parmense: Marsiale come forma grafica per Marziale (100r.20); pudisia (96r.1) per ‘pudicizia’; la forma prettamente pisana suore (94r.8). Inoltre Pr2 «reca almeno un esempio dell’imperativo in -e, sconosciuto a Firenze ma d’uso normale a Pisa e a Lucca: richiede (che si può pensare fosse originariamente richiere) a c. 33(2).1» (Castellani 1996, p. 102).

L’edizione curata da Bastiano de’ Rossi, detto lo ‘Nferigno, fu pubblicata una prima volta a Firenze nel 1610 (cfr. B. de’ Rossi 1); l’edizione fu poi più volte ristampata, nel 1732 (cfr. B. de’ Rossi 2); nel 1824 (cfr. B. de’ Rossi 3); e nel 1830 (cfr. B. de’ Rossi 4). Rimonta a questa edizione anche il volume contenente solo la DLT pubblicato sempre nel 1830 (cfr. B. de’ Rossi 5).

Una porzione della versione veneta trecentesca trasmessa dal ms. Fi BNC II.III.131 (N3) è stata pubblicata in Zingarelli 1901, pp. 152-53. La prima segnalazione di questa traduzione di deve ancora al Ciampi (1832, p. 72), che individuava nel citato manoscritto un «trattato della dottrina del parlare tradotto in lingua Veneziana», a lo poneva sua volta in relazione con una seconda versione veneta, contenuta in un codice Riccardiano (Fi BR 1737, R4), che tramanda in realtà una versione più tarda, di Giovanni Lusia. Il testo tràdito da N3 è mutilo: termina infatti a c. 61v, alle prime righe del III capitolo, in corrispondenza della fine di uno degli originari componenti del manoscritto. Va precisato che lo Zingarelli riteneva volgarizzatore del trattato di Albertano il pavese Arpino Broda (cui va in realtà attribuita la sola ultima parte del manoscritto, cfr. infra) e arrivava a concludere che «probabilmente quel zibaldone contiene appena i ruderi della sua attività, per dir così, di studioso e amator di cose patrie» (Zingarelli 1901, p. 163).

Ancora lo Zingarelli (1901, pp. 167-69) pubblica una parte del testo veneto volgarizzato da Giovanni Lusia, traendola — tuttavia — non dal manoscritto riccardiano R4 appena menzionato, bensì da un manoscritto posseduto, all’epoca, dal libraio napoletano Riccardo Marghieri, oggi conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia (Ve BNM It. II 1173, M2). Questa versione «è affatto indipendente da tutte le conosciute sinora, ed è opera nuova, individuale» (Zingarelli 1901, p.

23 L’edizione del 2009 contiene la sola edizione del testo, con alcune varianti rispetto alle versioni proposte in Faleri 2000 (che contiene anche un ampio lavoro di introduzione sui volgarizzamenti di Albertano) e Faleri 2001. 24 Sulle ragioni di una simile scelta, cfr. anche Beltrami 2011, p. 347. 25 Diversamente Petrucci 1977, p. 36 associa Cor alla versione di Soffredi del Grazia. 26 Non sembrano riscontrarsi i «sia pur sporadici tratti dialettali d’area bolognese» segnalati da Panunzio 1971, p. 381.

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169) e insatura col testo latino un rapporto dinamico: lascia, per esempio, intatto l’esametro latino da cui parte l’esposizione di Albertano «quis, quid, cui dicas, cur, quomodo, quando, requiras», omette alcune citazioni difficilmente traducibili e ne aggiunge altre. Per queste omissioni e aggiunte Zingarelli (1901, p. 189) esclude una derivazione da un antigrafo latino.

Lo Zingarelli (1901, pp. 154-55) edita anche una porzione di un volgarizzamento toscano, conservato nel ms. Ve BNM It. II 3 (M1), usando una trascrizione effettuata dal sottobibliotecario della Marciana A. Romualdi.27 Il testo viene collegato dallo Zingarelli a quello conservato nel ms. Fi BR 1338 (R1) e collocato in un’area genericamente toscana: «si potrà osservare che il codice fu scritto certamente da un amanuense piuttosto ignorante, ma non cade dubbio che nella lezione genuina sia l’opera di un nuovo traduttore, toscano anche lui» (Zingarelli 1901, p. 155).

Un’analisi dei rapporti tra le quattro versioni duecentesche era stata già tentata dal Barbi (1938, p. 251):

Le prime tre [i.e.: Andrea da Grosseto, Soffredi del Grazia e “Bargiacchi”] comprendono tutti e tre i trattati d’Albertano [...]; per l’ultima [i.e.: la stampa di Bastiano de’ Rossi] considero solamente il trattato della Dilezione, poiché l’Inferrigno non trasse i tre trattati da un unico codice, e fu sua ipotesi che fossero opera d’uno stesso volgarizzatore [...]. Avvertirò anche, contro l’opinione del Ciampi, che se il trattato del Consiglio secondo il codice Bargiacchi corrisponde alla stampa dell’Inferrigno, non così quello del Dire e del tacere, e che per il trattato della Dilezione nonostante la coincidenza di alcuni capitoli, si manifesta nel resto tanta diversità, da doversi pensare necessariamente a due diverse traduzioni o a una riforma ardita d’una delle due. I rapporti tra la redazione Bargiacchi e le altre versioni del volgarizzamento, sono stati indagati

anche dal Panunzio, il quale ha sottolineato come mentre dal testo di Andrea da Grosseto «risulta palese la reciproca indipendenza» (1971, p. 385), più complessi appaiono i rapporti con la versione di Soffredi del Grazia: «è innegabile che esistano [...] un numero cospicuo e significativo di sorprendenti analogie» (Panunzio 1971, p. 387). Tale vicinanza era stata già notata dal Ciampi, secondo cui «sembrerebbe poter dedursi che l’autore d’un volgarizzamento abbia veduto quello dell’altro» (Ciampi 1832, p. 57).

Sulla stessa linea, D’Agostino sostiene che la verione Bargiacchi «mostra rapporti di parentela con quella di Soffredi e sembra che, con quella dell’Inferrigno, derivi da un ascendente comune»28.

La comune ascendenza Bargiacchi + Stampa è evidente per il LCC:

27 Alcuni lacerti di questa versione si trovano anche in B. de’ Rossi 5. 28 D’AGOSTINO, Prosa, cit., p. 112.

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Bargiacchi Stampa Lo ’ncuminciamento del mio tractato sia in del nome di Dio, dal quale tucti li beni procedono, dal quale è ongna dato octimo et ongna dono perfecto, discendente dal Padre dei lumi. Di quanto amore et di quanta dilessione la mia paternale carità ami la tua soctoposta filiasione a pena te lo potrei dire u co· lingua manifestare. Volendo io, Albertano, tei, Vincente figliuolo mio, di buoni costumi informare et del’amore et dela dilesione di Dio et del proximo et dell’altre cose et dela formula dela vita, inprimamente due cose credo che ti siano bisogno, cioè doctrina et loquela. (Faleri 2009, p. 270)

Lo cominciamento del mio trattato sia nel nome di Dio, dal quale vengono tutti li beni, e dal quale è ogni dato ottimo, e ogni dono perfetto, che discende dal padre de' lumi. Di quanto amore, e di quanta dilezione la mia carità di padre, ami la tua subbiezione di figliuolo, appena lo ti potrei dire, o con la mia lingua, in alcuna guisa, manifestare. Volendo dunque io Albertano te, Vincenzio mio figliuolo, informare di buon custumi, e dell'amore e della dilezion d'Iddio, e del prossimo, e d'altre cose, e della forma dell'onesta vita ammaestrarti; primieramente credo che due cose specialmente ti siano mestiere: cioè dottrina, e parlamento. (B. de’ Rossi 1, p. 5)

Viceversa, questo rapporto di dipendenza da un «ascendente comune» non pare affatto evidente

per la DLT. Il testo Bargiacchi, infatti, è tra i quattro volgarizzamenti duecenteschi quello maggiormente legato al dettato dell’originale latino. La stampa, invece, presenta una versione molto più sintetica e poco legata all’originale:

Andrea da Grosseto Soffredi del Grazia Bargiacchi Stampa Anche dei guardare se la cosa che tu vuo' dire è aspra o soave o dolce, perciò che le dolce parole son da dire e l'aspre sono a pustuto da tacere. Onde disse Gesù Sirac: «viole e cennamelle fanno dolce sono e delettevole canto, ma sopra tutte è la lingua che dice soave parole». Ed anche disse: «la parola dulce multiplica gli amici ed adumilia gli nimici». Ed anche si suol dire che la selva tiene la lepre, ma la lingua del savio uomo tiene sapienzia e dolcezza. E Panfilo disse: «dolce parlare acquista e conserva amore». (Segre 1953, p. 147).

Ne la quarta parte richiedi da te e dentro da te chi�sse’ e che volli dire, o se�l sai, o se (2ra) no�l sai bene no�l puoi dire; ed un savio fue adimandato: «Chome potrei io bene sapere dire?». Rispose: «Se tu solamente di’ quello che tu sai bene». E Gesù Seracha dise: «Se lo ’ntendimento è a te, risponde al prosimo, e se no, sì sia la tua mano sopra la bocca tua, a ciò che non sie ripreso ne la parola non savia».

[22] Quarto, richiere se tu dici cosa aspra u dolce et soave. Le dolce paraule senpre sono da mectere innansi et le contrarie da tacere et da postuto da rimuovere. [23] Disse Iesù Siràc: le tronbe et salteri fanno dolce suono et sopra tucte quelle la lingua soave; et ancho disse: la paraula dolce moltiplica amici et ahumilia li nimici. [24] Et simigliantemente si suole dire: la selva tiene la lievra et la lingua del savio lo dolcie parlare; et Panfilo dice: lo dolce parlare isvellia et notrica amore.

La quarta cosa si è, che tu dei usare dolci parole, e soavi, e non aspre, che Giesù Sirac dice. La parola dolce moltiplica gli amici, e dimentica i nemici. E lo proverbio dice. La selva tiene le bestie, e la lingua del savio tien lo savere. (B. de’ Rossi 1, p. 194)

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La ricostruzione della genesi dell’edizione di Bastiano de’ Rossi è complessa. Innanzitutto, l’editore non trasse i tre trattati da un unico manoscritto. Come si legge nella prefazione A’ lettori, mentre egli cercava alti codici per emendare e migliorare la lezione della propria edizione dell’ADD, s’imbatté nel volgarizzamento di altri due trattati di Albertano, «per quello che ce ne paia volgarizzati dal medesimo volgarizzatore» (B. de’ Rossi 1, p. 2). Pertanto oltre al primo manoscritto, «tre n’abbiamo giudicati di miglior lega»: uno di Bernardo Davanzati, copiato nel 1272, oggi Fi BNF II.IV.111 (il cosiddetto “codice di Fantino”); il secondo della famiglia Riccardi, «di pari antichità», identificabile con Fi BR 2280 (copiato nel 1274); il terzo appartenuto allo stesso Bastiano de’ Rossi, forse identificabile con il Fi BML LXXXIX 64 sup.

Barbi (1901, p. 249) considerava — come detto — questa versione come autonoma rispetto alle altre. Naturalmente la comunanza nel manoscritto di base (Fi BNF II.IV.111) porta, almeno nella parte finale, all’identità tra l’edizione di Bastiano de’ Rossi e quella del Selmi.

Andrea da Grosseto Inferrigno Incipit: Lo 'ncominciamento del mio Trattato sia nel nome di Dio, del quale vengono tutti beni, et del quale viene ognie dato optimo, e ognie dono perfetto, venente dal padre dei lumi. Con quanto amore e quanto desiderio la mia paternal carità ami la tua filiale suggezione, ad pena tel potrei mostrare co la lingua. Volendo addunque io Albertano, te figliuolo mio Vincienzio informare di buon custumi, e admaiestra'ti di buoni costumi, e amaiestra'ti de l'amore e de la dilezione di Dio e del proximo, e de la forma de la vita, credo enprimamente che due cose ti sono maximamente bisognio, cioè; amaiestramento e parlare. (Selmi 1873, p. 175)

Lo cominciamento del mio trattato sia nel nome di Dio, dal quale vengono tutti li beni, e dal quale è ogni dato ottimo, e ogni dono perfetto, che discende dal padre de' lumi. Di quanto amore, e di quanta dilezione la mia carità di padre, ami la tua subbiezione di figliuolo, appena lo ti potrei dire, o con la mia lingua, in alcuna guisa, manifestare. Volendo dunque io Albertano te, Vincenzio mio figliuolo, informare di buon custumi, e dell'amore e della dilezion d'Iddio, e del prossimo, e d'altre cose, e della forma dell'onesta vita ammaestrarti; primieramente credo che due cose specialmente ti siano mestiere: cioè dottrina, e parlamento. (B. de’ Rossi 1, p. 5)

Explicit: Tu kiamando lo nome de lo ’nnipotente Dio con lo ’ngegno ke t’à prestato, amenderai questa opericciuola e studierati d’acrescerla, e quando Domine Dio te ne darà la gratia muterai la vita e vincerai sì li vizi e li peccati e caccierai, kè tu per ragione posse essere kiamato Vincenzo. Fae adunque vigorosamente e conforta lo cuor tuo e sostieni e soffera

Tu, chiamando il nome dell'onnipotente Iddio, con lo ’ngegno ch'e' t’ha prestato, ammenderai questa opericciuola, e studierati d’accrescerla: e quando Domeneddio te ne darà la grazia, muterai la vita, e vincerai sì i vizj, e i peccati caccerai, che tu, per ragione, possi esser chiamato Vincenzio. Fa adunque vigorosamente, e conforta il cuor tuo, e sostieni, e soffera

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Domine Dio, e studiati e sforzati di venire ad lo rengno del cielo et a la gloria di paradiso, a la quale ne conduca Colui ke vive e rengna sanza fine Amen. (Selmi 1873, pp. 374-375)

Domeneddio, e studiati, e sforzati, di vivere alllo regno del Cielo, e alla gloria del Paradiso, alla quale ne conduca colui, che vive, e regna senza fine. (B. de’ Rossi 1, p. 126)

Per quanto riguarda il LCC, invece, la lezione seguita dall’Inferrigno sembra essere molto

vicina a quella del codice Bargiacchi (cfr. anche Barbi 1901, p. 249), anche se l’aspetto linguistico è fiorentino e non pisano. Tuttavia, l’assenza nell’edizione di Crusca delle lacune di Fi BNC II.III.272 consente di escludere un rapporto di filiazione diretta. La lezione della stampa è poi in molti punti migliore di quella di tutti i manoscritti pertinenti alla “versione Bargiacchi” oggi noti. In assenza di indicazioni più precise sui manoscritti usati, non è però possibile pronunciarsi sulla genuinità di tali lezioni, che potrebbero anche, con buone probabilità, essere attribuibili all’attività critica dello studioso. Per la DLT, invece, come detto, la versione dell’edizione a stampa sembra discostarsi da quella di tutti gli altri manoscritti a noi noti.

Tra il 2007 e il 2009 nell’ambito del progetto SALVIt (Studio, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani) ho condotto un censimento, limitato ai soli volgarizzamenti della DLT, che ha portato a individuare 44 testimoni (due dei quali perduti). Un primo catalogo dei manoscritti contenenti volgarizzamenti di Albertano era stato già allestito da Angus Graham (2000b). Per l’area italiana (censita alle pp. 893-900), egli individuava, nel complesso, 45 manoscritti, 36 dei quali contenenti la DLT.

Vanno, tuttavia, espunti — preliminarmente — dall’elenco del Graham i manoscritti

Fi BML «64 pluteus superiore (olim 645)» (i.e.: Plut. LXXXIX sup., 64),29 che secondo Ciampi (1832, p. 72) «contiene tutti i trattati morali di Albertano» (la medesima descrizione si ha anche in Rolin 1898, p. VI) ma che tramanda in realtà solo un volgarizzamento dell’ADD (cfr. Bandini 1778, vol. V, col. 325);

Fi BML LXXXIX sup. 119 (si tratta probabilmente di un’errata interpretazione per il Med. Pal. 119, dovuta all’indicazione di Ciampi 1832, p. 71);

Fi BML XC inf. 47 (cfr. Graham 2000b, §4; Rolin 1898, p. VI; Ciampi 1832, p. 72);30

Fi BR 1317, che conterrebbe — secondo Morpurgo 1900, pp. 382-384; De Robertis / Miriello 1999, pp. 32-33; Graham 2000b, §26; Bertolini 2004, p. 358 — un volgarizzamento frammentario della DLT, tramanda in realtà alcuni brani dell’ADD (cfr. Divizia 2007b, pp. 11-13);31

Si BCI J.II.7 (cfr. Kristeller, vol. II, p. 167).

Non contiene la DLT nemmeno il ms. Fi BNC II.II.16 (come invece si legge in IMBI, vol. VIII,

pp. 138-39 e Bolton Holloway 1993, p. 524). Una prima ricognizione sulla tradizione manoscritta ha consentito di individuare tre diverse

“forme” testuali (collegate tra loro come in fig. 1): volgarizzamenti integrali, versioni in compendio, e la cosiddetta Piccola dottrina del parlare e del tacere (i cui testimoni sono stati esclusi dal censimento).

29 Graham 2000b, §5 30 Per la descrizione del codice cfr. invece Mostra, pp. 18-19 e De Robertis 2002, vol. I, pp. 126-28. 31 Già Ciampi 1832, p. 71 aveva invece segnalato che il codice «contiene il libro della Dottrina cristiana che è lo stesso dell’Amore di Dio e della dilezione del prossimo ec. Combina affatto col Cod. Bargiacchi, ma non ha lo scambio della z colla s»; segue la descrizione del Ciampi Rolin 1898, p. VI.

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La Piccola dottrina del parlare e del tacere è, infatti, un fortunato estratto di argomento retorico,

corrispondente non a una parte dell’opera di Albertano (intera o in compendio), bensì alla sezione del Tresor di Brunetto Latini che si fonda a sua volta sulla DLT di Albertano (II LXI 3 - LXVII 2 = Tesoro volg., VII XII - XVIII). Di questo estratto sono noti 16 manoscritti.32 La diffusione geografica di questo testo sembra essere una piuttosto limitata: 15 testimoni, infatti, hanno una veste linguistica fiorentina e solo uno (Si BCI I II 7) proviene dall’area settentrionale, probabilmente dal veneto. Spesso l’incipit di queste versioni dichiara chiaramente la derivazione dal Tresor: «Queste parole sono tratte dal gran Thesoro che fece il maestro Brunetto Latino. In fra l’altre cose dice: ‘guardatevi da tutte stremitade’»33. È probabile che vi siano altri testimoni latori di quest’opera, poiché nei cataloghi questo testo è identificato nei modi più disparati: come Piccola dottrina, come Del parlare e del tacere volgarizzato, come estratto del Tesoro senza ulteriori specificazioni.34

La discendenza genealogica delle versioni in compendio (testimoniate dai manoscritti Fi BML XC inf. 47,35 Fi BNC II.II.40,36 Fi BR 115937 e Fi BR 146738) non è chiara. Resta in particolare dubbio

32 Già censiti in Divizia 2008, pp. 380-382. 33 Cito l’incipit dal ms. Fi BNC II.II.116. 34 È un caso a sé quello di Bolton Holloway 1986, pp. 32-33, che segnala il ms. CV BAV Chig. L.VII.249 come testimone del volgarizzamento brunettiano del De inventione. 35 Leopoldi V 457 (55r-55v). LIS X 73n, 76n, 457; SFI XVII 242; XX 75, 76, 79-80, 83-84.; XXI 212; XXII 469, 490. 498, 532, 549. 551-52. 36 Il manoscritto — trascritto da un tal Agnolo (che esemplò anche il ms. Fi BNC II.II.83 negli anni 1455-1456) per Carlo di Tommaso Strozzi nella seconda metà del XV secolo — è una raccolta antologica di poesie di autori trecenteschi, tra cui Dante, Petrarca, Cino Ruccini, Nicolò Soldanieri e il Finiguerri (per l’elenco completo dei componimenti, cfr. Bartoli 1889, pp. 345-383. Il volgarizzamento di Albertano si trova alle cc. 83r-84v, come segnalato dapprima dal Ciampi (1832, p. 72), in seguito ripreso da Rolin (1898, p. V) e da Graham (2000b, §12). Oltre che nel citato repertorio del Bartoli, descrizioni si leggono in IMBI, vol. VIII, pp. 151-162 e in Mostra, p. 85. Il manoscritto compare in diversi censimenti di testi tre e quattrocenteschi: Balbi 1995, p. 49; Bertolini 1982-1988, pp. 419-455 e 1993, p. 15; Decaria 2005, p. 60; De Robertis 2002, vol. I, pp. 202-5; Frati 1884, pp. LXX-LXXII; Ruini 2001, pp. 53-54; Stoppelli 1977, pp. 4-5; Trolli 1981, pp. 26-27. 37 Cartaceo, sec. XV, mm 213×150, cc. 73. Autografo di Michele di Noferi del Gigante. Descrizioni in Morpurgo 1900, pp. 195-96; Speroni 1970, pp. 8, 9, 25-26, 29, 30, 32; Speroni 1994, p. LXXXIII. Anche in Branca 1958, p. 49; Yates 1972, p. 83 e Graham 2000b, §25. Contiene: a. cc. 2r-11v. CICERONE (ps.), Trattato della memoria artificiale, per cui cfr. infra, nota 134. b. cc. 13r-30r. GIOVANNI BOCCACCIO, Lettera a Pino de’ Rossi, per cui cfr. infra nota 104.

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se il rapporto sia di filiazione diretta dal latino oppure se vi sia provenienza da un testo già volgare. Il testo, comunque, tende a mantenere la struttura e la sequenza dei capitoli del latino, come appare dal sunto del prologo (qui trascritto dal ms. Fi BNC II.II.40):

Al nome sia d’Iddio e de la sua santa madre Madonna, santa Maria, e di tutta la chorte del paradiso. Amen. Nel principio e ’l mezzo del mio dire, al nome del Santo Ispirito, inperò che molti errano nel parlare e pochi sono quegli che ssanno donare la lingua loro, Santo Iachopo disse «le bestie e gl’uccegli si ghovernano alla natura umana», e pperò io, Albertano filosafo, voglio a tte Istefano, figliuolo mio, insengniare dottrina di parlare e ddi tacere. 2. Un censimento Per quanto riguarda le fonti manoscritte, è stato possibile individuare dai cataloghi e dalle

edizioni 49 codici latori, di cui due perduti. A premessa del lavoro di censimento va detto che la ricerca di manoscritti contenenti la DLT è resa complessa dalla forma stessa dell’opera: una raccolta di sentenze che veniva spesso, poi, rimaneggiata, rielaborata o posta all’interno d’opere più ampie: che frammenti o redazioni intere della DLT siano sfuggite alle ricerche è, purtroppo, inevitabile. In tal senso, valgano le considerazioni di Segre (1993, p. 307): «sembra una condanna (per chi, come me, si sente obbligato a darne notizia): continuano a venir fuori codici del Libro de’ Vizi e delle Virtudi di Bono Giamboni, da fondi non ancora classificati o catalogati e da biblioteche straniere».

1. Cambridge (Mass.) HC Ms. Typ. 479 (Ca)

Cartaceo, 1380 circa, mm 270×190, cc. 112. Descrizioni in Wieck 1983, p. 135; Kristeller, V, p. 237; Bond 1962, pp. 280-81; Hoepli 1954, pp. 20-22, ms. n. 26. Già in Graham 2000b, §2.

Contiene: a. cc. 1-6v. MARTINO DI BRAGA, De IV virtutibus moralibus volg.39 b. cc. 7r-61r. Esopo volg., con 64 disegni a penna aggiunti in margine durante il XV sec.40 c. cc. 61v-70r. Disticha Catonis volg.41 d. cc. 70v-78r. BERNARDO DI CHIARAVALLE (ps.), Cartula volg.42 e. cc. 78r-80v. BERNARDO SILVESTRE, Epistula ad Raimundum de re familiari gubernanda volg.43

c. cc. 30v-62v. Rosaio della vita (per l’ed. e un censimento dei manoscritti latori dell’opera, cfr. Polidori 1845). d. cc. 63r-64v e 73r. ALBERTANO DA BRESCIA, estratti dalla DLT volg. e. cc. 65r-72r. LUIGI MARSILI, Formulario di saluti (cfr. Giambonini 1991, vol. I, p. 84). 38 Descritto in Morpurgo 1900, pp. 484-85. 39 Per il testo, volgarizzato più volte nel corso del Trecento, cfr. Lampredi 1820 e Olivieri 1825 (che edita una diversa versione, attribuita a Giovanni dalle Celle). Sulla diffusione manoscritta dell’opera, cfr. anche Brambilla 2002, p. 78. Deve riferirsi a questo testo, attribuito anche a Seneca nel medioevo, l’indicazione «Seneca Philosophy and Tragedies» che compare in Herold 2003, p. 121. 40 Cfr. Branca 1989, p. 51. 41 Per l’ed. di questa versione dei Disticha, cfr. Fontana 1979. La studiosa individua quattro codici latori di queta versione: oltre a questo di Cambridge, Fi BR 1645 (per cui cfr. anche infra); New York CUL Lodge 7; Ud BA Bartolini 34. Il ms. di Cambridge viene scelto come testimone base dell’ed., in quanto ritenuto «il più antico ed anche il più corretto e completo» (p. 48). Sull’uso dell’op. nelle scuole grammaticali e, nel contempo, come testo didattico-moraleggiante si diffonde, con abbondanza di particolari, Roos 1984, che esamina dapprima le questioni relative al testo latino (pp. 187-228; di particolare importanza la ricostruzione della struttura dell’op. alla p. 198), quindi la fortuna nel medioevo (pp. 228-31) e — in particolare — i volgarizzamenti italiani (pp. 232-44). Sulla fortuna (in area italiana e non) dell’op. cfr. Sambin / Belloni 2004; Segre 1968, p. 103; Segre / Marti 1959, pp. 187-88. 42 Per l’ed. del testo, cfr. Venerati 1851. 43 Per l’ed. del testo, cfr. da ultimo De Luca 1954, pp. 818-24. Molteplici sono, comunque, le edizioni ottocentesche, tratte da diversi manoscritti: Sorio 1846, pp. 214-23; Zanderigo 1846; Razzolini 1848, pp. 9-18 (che pubblica nella parte bassa della pagina anche il testo latino); Palermo 1849, pp. 49-59; Bresciani 1851 («pubblicazione poco lodevole per ogni conto» — la definisce Zambrini 1884, col. 66 — in cui «il testo è sconciamente guasto e rimodernato»); Bini 1852, pp. 119-26; Milanesi 1853 (il Milanesi attribuì, giustamente, l’epistola a Bernardo Silvestre; il testo è tratto da un ms. di Si BCI);

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f. cc. 81r-88v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. g. cc. 89r-97v. Legenda Sancti Eustachii volg.44

2. CV BAV Rossiano 517 (V) Membranaceo, sec. XIV m., mm 261×193, cc. I, 37. Mutilo in principio. Il codice è un descriptus di N4. Descrizione in Divizia 2005, p. 51.45 Contiene: a. cc. 1r-32r. LOTARIO DIACONO (INNOCENZO III), De miseria humanae conditionis, volg. da

BONO GIAMBONI. 46 b. cc. 32r-36v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. c. cc. 37r-37v. Frammenti dei Vangeli in latino.

3. <Fe BCA Cl. II 217> (Fe)

Pergamenaceo, 1447, cc. 108, scritto da Baldassarre de Montilio. Secondo Graham 2000b, §3 contiene i tre trattati. Cfr. anche Zingarelli 1901, p. 157. Manca il

manoscritto in Bonazza 2002.

4. Fi BML Gadd. 143 (L1) Membranaceo, sec. XIII ex.-XIV in.,47 mm 200×150, cc. 56. Descrizione in Mostra, pp. 21-22 e,

con particolare attenzione all’Elucidarium, in Degli Innocenti 1979, pp. 49-250 e 1982, pp. 194-95, 197-99 e 202 . Già in Graham 2000b, §7. La prima individuazione del manoscritto si deve al Ciampi (1832, p. 71; indicazione ripresa da Rolin 1898, p. V). In Mostra, p. 21 l’estensore della scheda (Gianfranco Folena) propone una provenienza «più lucchese che pistoiese» e a Lucca rinvia anche Zinelli (1998, p. 53), mentre Donadello (2003, p. XXIX) lo definisce «pisano-lucchese». Secondo Castellani (2000, p. 363), invece, «i caratteri linguistici sembrano quelli propri del pistoiese (per esempio, uccelli accanto a ucelli, imperativo della 2° e 3° classe in -i e non in -e, nessuna traccia del passaggio di z a s); del resto la nota di cronaca aggiunta nel verso della prima carta di guardia posteriore sull’entrata a Pistoia il 5 maggio 1325 di Castruccio, “che fue in concordia con messer Filippo di messer Fortebraccio de’ Tedici”, si giustifica bene solo se chi l’ha scritta era un pistoiese».

Contiene: a. cc. 1r-46v. ONORIO D’AUTUN, Elucidarium volg.48 b. cc. 47r-56v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. da ANDREA DA GROSSETO.49

5. Fi BML Gadd. 183 (Gad) Cartaceo, 1370 ca., mm 212×145-135, cc. II, 33, II. Altre collocazioni: Magliabechiano VII.723;50 Gaddi 927. Numerazione moderna a penna, e

una anteriore (del secolo XVIII) saltuaria, a partire da c. 6 e diminuita di 3 (sicché la numerazione è 3-

Stocco 1856; Amico 1866 (da due codici conservati presso Bo BA). Mancano, comunque, sia un’ed. critica dell’opera sia un’indagine sistematica sulla tradizione, laddove si eccettuino le pionieristiche indicazioni date da Razzolini 1848. 44 Manca il ms. in BAI. 45 Cfr. anche Divizia 2009, p. 41. 46 Per l’ed. integrale del testo, cfr. Tassi 1836, pp. 3-158. Una collazione effettuata da G. Frosini, in preparazione dell’inserimento del testo nel corpus TLIO, sul ms. Fi BR 1775 ha rivelato non soltanto le tradizionali normalizzazioni grafiche e fonetiche, ma anche numerose modificazioni e alterazioni lessicali. Un’ed. parizale — fondata sul ms. Fi BR 1775, corretta con il ms. Fi BR 1317 — è in Segre / Marti 1959, pp. 227-54. 47 Secondo Graham 2000b, §7, il ms. risale al 1325. 48 Sul ruolo del manoscritto nella tradizione dell’Elucidarium, cfr. anche Degli Innocenti 1982, p. 199. Il testo è inoltre usato «per la costituzione del testo della versione veronsese» da Donadello (2003, p. XXVIII). 49 Le varianti di questo manoscritto confluiscono, come detto, nell’ed. Selmi 1873. 50 Cfr. IMBI, vol. XIII, p. 158.

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30). Bianche le cc. 2r-3r, 14v-15r, 29r. Le filigrane delle cc. 1 e 4-6 (basilisco e monte) non trovano un’esatta corrispondenza nei repertori disponibili. Per quanto riguarda il monte il tipo che più gli si avvicina è Briquet 2625 (Siena, 1369-70); per il basilisco i tipi più vicini sono Mosin-Traljic 6255, 6269 e 6272, tutti risalenti agli anni Sessanta del Trecento. Descrizioni in De Robertis 1970, pp. 74-75; IMBI, XIII, p. 158; Bandini 1778, II, pp. 178-179. Già in Graham 2000b, §8. La prima individuazione del manoscritto si deve al Ciampi (1832, p. 71; indicazione ripresa da Rolin 1898, p. VI). Il manoscritto riveste una notevole importanza nella storia della tradizione dei cantari, essendo — insieme a Fi BNC Magl. VIII 1272 e n.a. 333 (il cosiddetto “apografo Kirkupiano”) — uno dei tre mss. trecenteschi latori di una silloge di cantari (Brugnolo 2001, p. 252).

Contiene: a. 1r. Prove di penna. Capovolta, una litania alla Vergine in volgare. b. 1v-2r. Registrazione di crediti di un Andrea, sotto la data 1369. c. 3v. Una mano seriore ha riscritto la prima sestina del Cantare del corpo di Cristo. d. 4r-6r. Cantare del Corpo di Cristo.51 e. 6v Dottrina dello schiavo di Bari.52 f. 7r-12r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. g. 15v-17v + 20r-21v. Profeçia di frate Istoppa, frammentaria (20 ottave complessive).53 h. 18r-19v. Cantare del Calonaco da Siena, mutilo in fine (36 ottave; di una mano diversa le

ultime 5).54 i. cc. 26r-31r. Cantare di Piramo e Tisbe.55 j. 31v-33r. Novelletta del mercante fiorentino.56 k. 33v. Cantare III della Guerra di Troia (un’ottava).

6. Fi BML med. Pal. 119 (L2)

Cartaceo (membranacei i fogli di guarda), sec. XV pm. e XVI, mm 294×215, cc. I, 189, I. Secondo le indicazioni di Masaro (1992, p. 45), il manoscritto proviene dal famoso

“armadiaccio” di Giovanni Mazzuoli (lo Stradino). Bianche le cc. 5v, 49r e v, 52v- 89v, 91r, 183-189. Una mano più tarda ha eliminato dalla

numerazione la c. bianca posta dopo il Fioravante (numerata prima come 49). Il conto delle carte torna in paro alla c. 54, giacché il primo numeratore non aveva numerato l’attuale c. 53.

La prima segnalazione del volgarizzamento albertaniano si deve al Ciampi (1832, p. 71; poi ripreso da Rolin 1898, p. VI).

Contiene: a. cc. 1r-4r. GUIDO DELLE COLONNE, Storia della distruzione di Troia volg. da FILIPPO

CEFFI (incompleta).57 b. cc. 5r. Canzone morale del conte di Pop[p]i («Omè omè omè omè dolente / o mila volte

omè o centomila»). c. cc. 6r-6v. Risposta. 58

51 Cfr. De Robertis 1970, pp. 68, 69, 74-75 e, per il testo, le pp. 139-42. 52 Per l’ed. cfr. Zambrini 1862, che trae il testo dai manoscritti Bo Biblioteca di San Salvatore 396; Bo BU 158 e Fi BML XLIII 27. Cfr. anche Gambatesa 1939. 53 Per l’ed. del testo, cfr. Rime antiche, vol. III, pp. 411-21. 54 Per l’ed. cfr. Boccaccio 1863, il cui testo Zambrini (1884, col. 971) ritiene tratto «da un cod. Laurenziano», ma potrebbe anche trattarsi del ms. Fi BR 1582. 55 Per l’ed. del testo, cfr. Ugolini 1934. V. anche Rabboni 2003, p. 553. 56 Cfr. Ciociola 1979, 43, il quale pone in relazione questo ms. con i codd. Na BN IX.C.24 (per l’edizione del testo, cfr. Accorsi 2010) e Fi BNC Magl. VII.375 (edito da Zambrini 1864). 57 Per un censimento dei mss. della Storia del Ceffi, cfr. Zaggia 2009, pp. 28-29 e Lorenzi 2011, p. 69. Per un panorama sulle versioni italiane, cfr. Mussafia 1871 e Gorra 1887; un panorama sui volgarizzamenti italiani tre e quattrocenteschi è in Peláez Benítez 1998, pp. 36-42.

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d. cc. 7r-48v. Fioravante.59 e. cc. 50r-52r. Su delle cc. rimaste bianche nella prima compilazione del codice una

mano pienamente cinquecentesca ha copiato le prime tredici ottave della Rotta di Ravenna cantata in San Martino allo improviso dallo Altissimo, poeta fiorentino poeta laureato, copiata dalla viva voce, da varie persone mentre cantava («Giove, se ’l tuo arbitrio allenta et serra / dal basso centro alle superne spere»).60

f. cc. 88v-89v. Raccolta di sentenze morali. g. cc. 90v-91v. ANTONIO DA FERRARA (?), Il Credo di Dante (inc.: «Io scrissi già d’amor

più volte rime»).61 h. c. 92r. ANTONIO DA FERRARA (?), O padre nostro quanto sè mirabile. i. c. 92v. Lauda Reina potentissima sopra lo cielo esaltata.62 j. c. 93r. Scongiuro (la cosiddetta Orazione di san Cipriano). k. cc. 93v-94r. Scongiuro (inc.: «O Signore Iddio, siccome tu ponesti Adamo nel

Paradiso»). l. cc. 94v-95v. Lauda (inc.: «Nuovo lamento è d’un pechatore»).63 m. c. 96r. Questa apresso qui scripta è una messa la quale fue trovata et ordinata per papa

Clemente quinto (scongiuro contro la peste). n. cc. 96v-99r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. o. cc. 99r-100v. Raccolta di sentenze morali (estratto dal De regimine principum). p. cc. 101r-101v. Elenco di nomi della Vergine Maria. q. cc. 102r-116r. Raccolta di exempla letterari. r. cc. 116v-118r. Lauda Piangete gente con dolore.64 s. cc. 118v-129r. Leggenda di sant’Eustachio (inc.: «Nel tempo che Traiano imperatore

regnava nell’impero di Roma, si cresceva molto la crudelitade de’ romani e de’ pagani e degli loro idoli, i quali eglino adoravano»).65

t. cc. 129v-136r. Raccolta di testi edificanti. u. cc. 136v-147v. Novella della figlia del re di Dacia.66 v. cc. 148r-151r. Canzone Divina maestà, siede superna. w. cc. 151v-157v. Gibello (inc. «O gloriosa Vergine pulcella»).67 x. cc. 157v-159r. Canzone dell’Indovinello (inc.: «Al nome sia di Cristo benedetto»).68 y. cc. 159r-160v. Narrazione della storia di Ercole. z. cc. 161r-183v. Canzoniere.

7. Fi BMo Palagi 104 (Pa)

58 Per l’ed. della cosiddetta “canzone del conte di Poppi” e della “Risposta” cfr. Medin 1883, pp. 30 e 36. 59 Il testo del Fioravante è stato spesso attribuito all’Altissimo (come la successiva Rotta di Ravenna), prima da Melzi / Tosi 1865, pp. 151-52, poi da Renier 1886, p. XV e infine da MacArthur 1960. Più prudente, invece, il giudizio del Rajna (1872, p. 328). Tale attribuzione veine destituita di ogni fondamento da Degl’Innocenti 2008, p. 75. 60 L’individuazione del frammento si deve a Levi 1914, p. 81. Sulla datazione (intorno al 1516) e le edizioni antiche dell’opera informa Degl’Innocenti 2008, pp. 38-42. Ed. moderna in Schizzerotto 1968. Sul rapporto tra le stampe e il testo contenuto nel ms. L2, Degl’Innocenti (2008, p. 37) sostiene che «è probabile che l’antigrafo del frammento fosse anch’esso un’edizione a stampa», il che indurrebbe a datare la scrittura della c. agli anni successivi al 1516. 61 Per l’attribuzione tradizionale a Dante, cfr. da ultimo ED s.v. Credo; si veda tuttavia anche Lamma 1886, p. 184. Per l’attribuzione ad Antonio da Ferrara, cfr. invece Levi 1917. 62 Per l’ed. del testo, in tre diverse versioni, cfr. Monaci 1912, pp. 451-56. 63 Un’ed. delle prime due strofe si legge in Morpurgo 1929, § 489. 64 Cfr. anche infra il ms. N7. 65 Il testo appartiene alla versione toscana segnalata in BAI, pp. 242-43, num. 6. Manca in BAI il ms. 66 Per l’ed. del testo, da questo ms., cfr. Wesselofsky 1866. 67 Per l’ed. e una nota al testo, cfr. Zabagli 2002. Cfr. anche Selmi 1863. 68 Per l’ed. del testo, cfr. Varanini 1972, riproposto con pochi aggiornamenti in Varanini 1994, pp. 116-47.

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Cartaceco, sec. XV ex., mm 285×218, cc. 128. Filigrana simile a Briquet n° 11725. Bianchi i fogli 19r, 42, 50v, 74v, 76v-77r, 80v-81v, 91r-93v, 95r-96v, 104v-120v, 121v-122v, 128v. Descritto in Degli Innocenti 1979, 254-256. Già in Graham 2000b, §9.

Contiene: a. 2r-21v. Copia di chronica sotto brevità. Sommario di cronaca fiorentina, tratto in buona

parte dalla Cronaca di Giovanni Villani. b. 22r-34r. Sententia data per lo imperadore contro a molti. Volg. della sentenza di condanna

pronunciata il 23 febbraio del 1313 da Enrico VII contro i fiorentini.69 c. 34r-35v. Condanna dei ghibellini al confino del 1311.70 d. 36r-41v. Catalogo dei ghibellini che furono con Enrico VII contro il comune di Firenze.71 e. 43r-46v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. f. 47r-50r. Disticha Catonis volg.72 g. 51r-73r. ONORIO D’AUTUN, Elucidarium volg.73 h. 75r-80r. Vangeli volg.74 i. 81r-86v. Lodo del cardinale Latino, del 18 gennaio 1280, seguito dall’elenco dei

mallevadori.75 j. 87r-90v. Graveza del popolo di Sancto Stefano a Ponte posta l’anno 1288. k. 94r-v. Nota di più cittadini che servirono el comune lo anno 1390. l. 97r-104r. Quartiere di S. Spirito . . . Nota di più poste di cittadini che si trovarono creditori in su

el monte del comune di Firenze lo anno 1426. m. 121r. 1419. Ricordo di libri posto questo dì X di genaio. n. 123r-v. Iudicio di Giorgio Maonio a’ Signori d’Italia. o. 124r-126r. GIROLAMO MANFREDI, Pronostico dell’anno 1470.76 p. 126v-128r. Profezia di santa Brigida.

8. Fi BNC Conv. Soppr. F.IV.776 (G)

Membranaceo, sec. XIII ex. (post 1276);77 mm 307×208; cc. II, 75, I.78 Manoscritto composto di due sezioni, corrispondenti la prima alle cc.1-59 (con una lacuna di

almeno un foglio tra le cc. 49 e 50; bianche le cc. 57v, 58 e 59) e la seconda alle cc. 60-76 (bianche le cc. 74 e 75: la prima parte si deve a una mano a (certamente toscana occidentale),79 la seconda francese, probabilmente linguadocina (cfr., da ultimo, Pulsoni 2004, p. 364). Il codice è stato scritto nella sua interezza in Francia, probabilmente nel Languedoc e forse a Nîmes, come comprovato da un’analisi della scrittura e dallo stile delle miniature (D’Agostino 1979, p. 10). Dal punto di vista

69 Cfr. MGH, Leges sectio IV, II, col. 933-951. 70 Cfr. Davidsohn 1957-1969, vol. III, p. 622. 71 Per l’ed. del testo, cfr. Ildefonso di San Luigi 1770-1789, vol. XI, pp. 75-89. 72 Cfr. supra n. 32. 73 Sul ruolo del manoscritto nella tradizione dell’Elucidarium, cfr. anche Degli Innocenti 1982, p. 201. 74 Cfr. GRLMA vol. VI/2, p. 75 n° 1604. 75 Documento edito parzialmente in Salvemini 1899, pp. 320-33 e in Ildefonso di San Luigi 1770-1789, vol. IX, pp. 74-86. 76 Cfr. Serra-Zanetti 1952. 77 La sezione italiana deve essere datata tenendo conto della composizione dei Fiori e vita di filosafi, la cui composizione data agli anni 1271-1275; quanto al canzoniere provenzale è particolarmente utile per la datazione la presenza di una raccolta di sirventesi di Peire Cardenal, «che rimonta, anche se non in via diretta, al Liederbuch allestito a Nîmes da Miquel de la Tor, probabilmente tra il 1272, anno della morte di Peire Cardenal, e il 1276, anno in cui morì il re Giacomo I d’Aragona, che sembra essere nominato come ancora in vita nella notizia preposto dal suddetto Miquel de la Tor alla raccolta cardenaliana» (Zimei 2006, p. 22). Giovanni di Iacopo di Primerano, indicato come copista del manoscritto in Albanese / Bessi 2000, p. 302, fu solamente possessore del manoscritto nel Quattrocento. 78 Innocenti 1977, p. 129 esclude che si tratti del ms. 23 della Biblioteca Berti. 79 Petrucci 1988, p. 1216 parla di «più mani». Come osserva, tuttavia, giustamente Bertelli 2002a, p. 119 dovrà intendersi la mano che ha vergato le glosse e le note interlineari.

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linguistico il manoscritto «conserva, sia pur filtrato attraverso intermediari fiorentini o fiorentini-pistoiesi, quello che sembra essere un resto del colorito originario [grossetano]» (Castellani 2000, pp. 363-64). Più complessa la ricostruzione fatta da D’Agostino 1979, pp. 87-88, il quale, dopo aver individuato una componente «indubbia [...] toscano occidentale, [...] più lucchese che pisana», nota come «accanto alla componente occidentale (non è improbabile l’intervento di un copista nativo della Garfagnana), troviamo una cospicua presenza di tratti fiorentini».

Per una descrizione analitica del codice e della sua storia esterna si rimanda a Zimei 2006, pp. 19-40; descrizioni più brevi in Varnhagen 1893, pp. VII-IX e in Mostra, pp. 158-59; cfr. anche Stengel 1872; Savj-Lopez 1903, pp. 490-98; Brunel 1935, p. 88 ; Avalle 1993, pp. 85-86. Il manoscritto è quello di base dell’ed. Selmi (1873). Già in Rolin 1898, p. V e Graham 2000b, §23.

Contiene: a. cc. 3r-8r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. da ANDREA DA GROSSETO. b. cc. 9r-26v. ALBERTANO DA BRESCIA, LCC volg. da ANDREA DA GROSSETO. c. cc. 26v-49v. ALBERTANO DA BRESCIA, ADD volg. da ANDREA DA GROSSETO (mutilo per la

caduta di un quinterno). d. cc. 50r-57r. Fiori e vita di filosafi e d’altri savi e d’imperatori.80 e. cc. 60r-73v. Silloge provenzale (per i singoli componimenti, cfr. Zimei 2006, pp. 49-59). f. c. 76r-v. Scongiuri latini.

9. Fi BNC II.II.23 (N1)

Cartaceo; 1389 (cfr. la sottoscrizione a c. 32v); mm 295×217; cc. XI, 193, I. Altre segnature: Magliabechiano Cl. VI, n.21. La numerazione è doppia: a partire da 5 (per la caduta delle prime 4 cc.), al centro nel margine superiore; a partire da 1, nel margine superiore destro (anche se questa numerazione si sovrappone a una più antica, coincidente con quella centrale). Nella descrizione del ms. si segue la numerazione antica. La prima individuazione del manoscritto si deve al Ciampi 1832, p. 72 (ripreso da Rolin 1898, p. VI). Sulla provenienza fiorentina del ms., sia pur con persistenza di caratteri pisani, cfr. Castellani 1996, pp. 101-102. Descritto in Favero 2006, pp. 71-74; IMBI, vol. VIII, pp. 141-142 e Bartoli 1889, pp. 277-82 (in particolare per la tavola dei componimenti poetici contenuti alle cc. 147-192). Indicazioni anche in Faleri 2000, p. 6; Milanesi 1864, pp. LXXXI-LXXXII; Speroni 1994, pp. LXXVI-LXXVII. Già in Graham 2000b: §11.

Contiene: a. cc. 5r-27r. Fiore di virtù.81 b. cc. 27r-32v. Motti de’ filosofi.82 c. cc. 33r-39v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. d. cc. 40r-60r. ALBERTANO DA BRESCIA, ADD volg. e. cc. 60r-63v. Disticha Catonis volg.83 f. cc. 64r-66v. Proverbi di Salomone volg.84 g. cc. 67r-70r. Precetti morali dedotti da vari autori. h. cc. 72v-124v. BONO GIAMBONI, Fiore di Rettorica.85 i. cc. 124v-131r. CICERONE, Prima Catilinaria volg.86

80 Cfr. D’Agostino 1979 e D’Agostino 1998. Il ms. viene giudicato decisivo da Bolton Holloway 1993, pp. 256-57 per l’attribuzione dei Fiori a Brunetto Latini; attribuzione che, come rileva D’Agostino (2009, p. 109) «non è da scartare, ma non ci sono elementi positivi per sostenerla». 81 Per l’ed. dell’op. cfr. Fiore 1740 e Gelli 1855. Sulla ricchissima tradizione, manoscritta e a stampa del Fiore, cfr. Corti 1959; Corti 1960 e Cornagliotti 1975, p. 51. 82 Per l’ed. del testo, di estensione ridotta rispetto a quella presente in questo manoscritto, cfr. Manni 1735, pp. 153-61 e Dello Russo 1856, pp. 193-204. 83 Cfr. supra n. 32. 84 Per l’ed. cfr. Fanfani 1865, ma da non trascurare è anche l’ed. Bini 1847. 85 Cfr. Speroni 1994, p. LXXVII e Speroni 1970, pp. 8, 9, 26, 29, 30, 53.

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j. cc. 131r-136v. CICERONE, Pro Ligario volg. da BRUNETTO LATINI. k. cc. 136v-140r. CICERONE, Pro Marcello volg. da BRUNETTO LATINI. l. cc. 140r-146v. CICERONE, Pro rege Deiotaro volg. da BRUNETTO LATINI.87 m. cc. 147r-192v. SEVERINO BOEZIO, De consolatione philosophiae volg. da ALBERTO DELLA

PIAGENTINA.88

10. Fi BNC II.II.146 (N2) Membranaceo; sec. XIV p.q.; mm 338×239; cc. XV, 53, IV. Altre segnature: Strozzi, in folio n. 876; Magliabechiano Cl. XXI, n. 141.89 La datazione (per cui

cfr. Bertelli 2002a, pp. 86) è fatta in base all’assetto grafico e all’impaginazione del codice. Rimane invece problematico datare la parte illustrativa, che sembrerebbe indicare una datazione più tarda, almeno alla metà del secolo: «il codice appare come un prodotto di lusso destinato ad una lettura cortese più che di studio» (p. 86). Il modulo di mise en page è piuttosto tradizionale e arcaico: le miniature appaiono come la riproposizione del modello bolognese del tardo XIII sec. e le canzoni hanno i versi trascritti di seguito, come la prosa. Secondo Brambilla Ageno (1978, p. 109), il codice è della «fine del XIV secolo e di area toscana meridionale». Già descritto in Bertelli 2002a, pp. 85-87; IMBI, vol. VIII, pp. 30-33; Bartoli 1889, pp. 183-86.90 La prima individuazione del testo si deve al Ciampi (1832, p. 72). Già in Graham 2000b, §14.

Contiene: a. cc. 1r-18r. [E]xpositione sopra le quatro virtudi extracte del Maximo Valerio.91 b. cc. 18v-22r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. c. cc. 22v-26r. Disticha Catonis volg.92 d. cc. 26r-28v. TADDEO DEGLI ALDEROTTI, Libello per conservare la sanità del corpo.93 e. cc. 28v-37v. BINDO BONICHI, Canzoni morali.94 f. cc. 37v-38v. DANTE ALIGHIERI (ps.), Patria degna di triunfal fama, con commento

marginale in volgare.95 g. cc. 38v-42v. Serie alfabetica di proverbi rimati.96 h. cc. 42v-44r. Sentenze e detti di più filosofi e altri savi.97

86 Per l’ed. cfr. Rezzi 1832, pp. 92-111; si veda anche Zambrini / Lanzoni 1850, pp. 431-61. 87 Per l’ed. delle tre orazioni cesariane di Cicerone, cfr. Zambrini / Lanzoni 1850 (per la Pro Ligario pp. 360-96; per la Pro Marcello pp. 335-60; per la Pro rege Deiotaro pp. 397-429). Limitatamente alla Pro Ligario, disponiamo anche dell’ed. in Segre 1953, pp. 381-98 e in Segre / Marti 1959, pp. 171-84. Per l’attribuzione delle tre orazioni a Brunetto, cfr. Maggini 1952, pp. 16-40; Ricciardi 1981 (sulla Pro Ligario) e Cura Curà 2002 (in particolare sulla Pro Marcello). Della fortuna delle orazioni ciceroniane nel Quattrocento, si è occupata Bianco 2008, che ha stilato anche un elenco di manoscritti quattrocenteschi. 88 Del testo manca un’edizione critica (Battaglia 1929 è una ricognizione delle edizioni precedenti ricontrollate su alcuni testimoni). Sulla tradizione manoscritta di Alberto della Piagentina, cfr. Favero 2002 e Favero 2006, indicazioni sul volgarizzamento anche in Albesano 2006. Per un censimento delle versioni italiane, cfr. Brunetti 2002, pp. 179-80. Indicazioni sui manoscritti latori anche in Black / Pomaro 2000. 89 Innocenti 1977, pp. 129 e 142 esclude si tratti del ms. 23 o del ms. 71 della Biblioteca Berti. 90 Il ms. compare anche nel censimento di codici biblici Chopin / Dinale / Pelosini 1993, p. 871, § 28, ma si tratta di un mero refuso (cfr. Cornagliotti 2002, p. 202). 91 Cfr. anche Branca 1991, p. 47. 92 Cfr. supra n. 32. 93 Per l’ed. del testo, cfr. Zambrini 1852, che trae il testo da «un codice Magliabechiano, membr. del sec. XIV, segn. Pal. II, num. 146» (p. 17). 94 Una nuova ed., curata da Fabio Zinelli, è consultabile in LirIO; cfr. anche Ferrari-Bilancioni 1867. 95 Cfr. Lamma 1885, p. 223 e 377-79. Secondo lo stesso Lamma (1886, p. 182) l’autore di questa canzone sarebbe Alberto della Piagentina. 96 Cfr. Novati 1890, in partic. pp. 363-64 97 Per l’ed. del testo cfr. Moschini 1827, pp. 3-29.

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i. cc. 44r-45v. ARISTOTELE (ps.), Secretum secretorum (frammento con il titolo De regimine regum).98

j. cc. 45v-50v. GUIDO DA PISA, Fiore d’Italia.99 k. cc. 51r-53r. Insegnamenti di virtù tratti da scrittori antichi. Inc.: Questi sono alquanti

insegnamenti de vertudi tracti de libri de li antichi savi. l. c. 53r. Ventiquattro endecasillabi sulle virtù della prudenza e della giustizia, e sulle

lusinghe. Inc. Non tennero questo luogo mai alcuni. m. c. 53v (di mano del XV sec.). Parole che papa Giovanni XXIII disse a papa Martino V a

Firenze.

11. Fi BNC II.III.131 (N3) Cartaceo; sec. XIV-XV; dimensioni massime 310×220; cc. X, 81, III. Si tratta di due o, più

probabilmente, tre100 codici distinti, legati in uno dopo il 1786, data d’ingresso del ms. strozziano nella biblioteca. Altre segnature: Gaddi, n. 108; Strozzi, in folio n. 561; Magliabechiano, Cl. XXV, 282; Magliabechiano, Cl. XXI, 132. Il primo componente, corrispondente alle cc. 1-58, è sottoscritto da Roberto Gentiluzzi di San Gimignano il 24 agosto 1470, come si legge alla c. 53v, e proviene dalla Biblioteca Gaddi, dove fu conservato col n. 108 fino al 1755, anno in cui fu donato alla Bibl. Magliabechiana.101 La seconda parte (cc. 60-73), databile alla metà del XIV secolo (Bertelli 2002a, p. 89) corrispondente alle cc. 59-80, con filigrana simila a Briquet n° 3165, si compone di due frammenti, di una stessa anonima mano, provenienti dall’area veneta. La terza parte (cc. 73-81) di mano del notaio pavese Arpino Broda, proviene, per l’appunto, da Pavia. Sulla provenienza dei frammenti veneti si è espresso lo Zingarelli (1901, pp. 161-62), con un breve spoglio linguistico (limitato alla porzione edita di Albertano): in base ai dati estraibili dal testo «alcuni fenomeni paiono negare» un’origine veneziana (Zingarelli 1901, p. 161).

Descrizioni in BAI, vol. II, pp. 481-82; Bertelli 2002a, pp. 88-89; Mostra, pp. 144-146; IMBI, vol. VII, pp. 175-76; Bartoli, 1889, vol. III, pp. 12-13. La prima individuazione del volgarizzamento di Albertano si deve a Ciampi 1832, p. 72; indicazioni anche in Zingarelli 1901, pp. 151-52 (per cui cfr. supra). Già in Graham 2000b, §15.

Contiene: a. cc. 1-58. GORO DATI, Storia fiorentina.102 b. cc. 59-61v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. c. cc. 62r-72v. SEVERINO BOEZIO, De consolatione philosophiae, volg. veneto.103 d. cc. 73r-80r. Vita versificata di Santa Maria Egiziaca, datata al 1384.104

98 Il primo studio complessivo sul Secretum è stato Cecioni 1889, il quale individuava essenzialmente due versioni dell’opera: una nella quale la Fisionomia segue sempre al Secretum; l’altra in cui la Fisionomia è innestata nel Secretum. Varie sono state le edd. di singoli mss. dell’op., molte delle quali tuttavia non vanno al di là di opuscoli di “curiosità per nozze” che — come nota giustamente Rapisarda 2001, p. 84 — «se da un lato ebbero il meritorio uffizio di contribuire alla conoscenza dell’opera, dall’altro ebbero anche l’effetto di corroborare l’idea che il Secretum fosse un testo segmentabile, pubblicabile per parti, capitoli e sezioni, non un trattato sì strutturalmente caotico ma pure dotato di una logica interna». Un elenco, provvisorio, di 24 mss. è stato approntato Rapisarda 2001, pp. 85-86 (con una prima lista che, come precisa il Rapisarda, non è il frutto di una recensio sistematica, ma una semplice base d’un programma di ricerca), da Milani 2001 e da Zamuner 2005. 99 Cfr. Bellomo 1990, pp. 61-63. Per l’ed. del testo cfr. Muzzi 1824 100 Cfr. Bertelli 2002a, p. 88. 101 Innocenti 1977, p. 129 esclude si tratti del ms. 23 della Biblioteca Berti. 102 Cfr. McCormick 1981, p. 926. Per l’ed., cfr. Pratesi 1904. 103 Cfr. Ricklin 1997, p. 276. Per un panorama sulla tradizione del testo cfr. Brunetti 2002, Favero 2002 e Favero 2006 104 Il testo fu edito dapprima da Casini 1880, il quale propose una collocazione veneta, concorde con i volgarizzamenti di Albertano e Boezio. Salvioni 1902, p. 200 assegnò, invece, il testo all’area pavese. La medesima localizzazione fu proposta da Bertoni 1908, che ascrive però il testo alla letteratura franco-italiana. Per l’edizione del testo e una definitiva attribzione alla letteratura volgare pavese, cfr. Isella Brusamolino 1992 (ma sull’edizione si vedano le pesanti riserve espresse in

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e. c. 80v. Brevi estratti dal Vangeli di Giovanni e dalle Epistole di san Pietro e san Paolo.

12. Fi BNC II.III.272 (Ba) Membranaceo, 1288 (o 1287, se si considera la datazione secondo lo stile pisano), mm

280×190, cc. I, 103. Il manoscritto, legato insieme al ms. II.III.273 (datato al XV sec. e contenente il Trattato delle

volgari sentenze sulle virtù morali di Graziolo Bambagioli) fu acquistato dalla biblioteca Magliabechiana nel 1836. Per la storia del manufatto e della circolazione del manoscritto, si veda l’accuratissima ricostruzione fatta da Faleri 2000, pp. 16-21. Una descrizione si ha anche in Castellani 1996, p. 104; Bertelli 2002a, pp. 89-90; IMBI, vol. IX, pp. 26-27; Bartoli 1889, vol. III, pp. 93-108. La prima segnalazione del manoscritto si deve al Ciampi (1832, pp. 66-70), che fu il primo a riconoscere la pisanità del copista del codice Bargiacchi: «che il Codice Bargiacchi non sia stato scritto da calligrafo fiorentino è manifesto per ciò che il dialetto comparisce essere pisano dallo scambio costante della lettera z in s» (Ciampi 1832, p. 67); la provenienza pisana è stata in seguito confermata da Castellani (1996, p. 104) e da Faleri 2000. La descrizione del Ciampi è ripresa dal Rolin (1898, p. VI). Per l’edizione del testo contenuto nel mansocritto, si veda supra, pp. €€-€€.

Contiene: a. cc. 1r-9v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. b. cc. 10r-41r. ALBERTANO DA BRESCIA, LCC volg. c. cc. 41r-103r. ALBERTANO DA BRESCIA, ADD volg.

13. Fi BNC II.IV.678 (N4)

Cartaceo, sec. XV ex.-XVI in., 225×160, 51 cc. non numerate. Descritto in Kristeller, vol. I, p. 114; IMBI, vol. XI, p. 109. Già in Graham 2000b, §18. Contiene:

a. 1-11r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. b. 11r- FALARIDE (ps.), Epistole volg. da BARTOLOMEO FONZIO (dalla vers. lat. di Francesco

Accolti).105 c. Aristotele, Etica volg. d. 26v- MATTEO RIDOLFI, Capitoli in lode di Lorenzo il Magnifico.106 e. CASTELLANO CASTELLANI, Meditazione della morte.107 f. Due sonetti di Niccolò de’ Rossi. (?) g. c. 51. LUIGI PULCI, Confessione.108

14. Fi BNC II.VIII.10 (N5)

Cartaceo, 1437, mm 205×150, 84 cc.

Romano 1994; positivo, invece, il parere espresso in Serianni 1992). Sull’importanza dell’opera di Arpino Broda nella cultura lombarda nella cultura lombarda a cavallo tra XIV e XV secolo, cfr. Zaggia 2010, p. 71. Sulle fonti della versione di Arpino, cfr. anche Ciociola 1990, pp. 431-33. 105 Mancano edizioni moderne dell’op., che ebbe un notevole successo a stampa tra Quattro e Cinquecento: al 1471 risale la princeps (Epistole di Falaride tradotte in volgare da Bartolomeo Fonzio fiorentino), edita senza indicazioni tipografiche. La medesima versione fu ristampata in Firenze nel 1488, nel 1491 e nel 1496. Per un panorama delle edizioni antiche di Falaride, cfr. Federici 1828, p. 53 e Morabito 2001, p. 48. Amplissima, e mai indagata, la tradizione manoscritta del volgarizzamento, ove si eccettuino le indicazioni sparse in Tudeer 1931 e in Muratore 2001. 106 Il terzo e il quarto capitolo dell’opera sono editi in Carducci 1912, pp. 765-77. Per un inquadramento sulla genesi e la tradizione dell’opera, cfr. Leuker 2007, pp. 448-49. 107 Un’ed. di quest’opera fu stampata da Piero Pacini, in Firenze, nel 1510. Sull’autore, cfr. Ponte 1969. 108 Cfr. Volpi 1893. Si veda però anche Carrai 1985, p. 174.

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Proveniente dall’Accademia della Crusca. Copiato da Filippo Cristofani Ragnalani (c. 66v), possessore anche del manoscritto N6. Risulta essere appartenuto allo Stritolato (Pier Francesco Cambi).109

Altre collocazioni: Magliabechiano, Cl. XXI, 181. Secondo Bertelli 2002a, p. 103 «un esame sommario del ms. [...] sembrerebbe far propendere all’ipotesi che questo codice sia stato esemplato sul Nazionale II.VIII.11». Descrizione in IMBI, vol. XI, pp. 223-22, Divizia 2005, p. 50. Già in Graham 2000b, §19

Contiene: d. cc. 1r-58v. LOTARIO DIACONO (INNOCENZO III), De miseria humanae conditionis, volg. da

BONO GIAMBONI.110 e. cc. 59r-66v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. f. cc. 66v-68r. Frammenti dei Vangeli in latino. g. cc. 68r-72v. Sette salmi penitenziali volg. h. cc. 73r-80r. Altri salmi penitenziali. i. cc. 80r-84v. Varie litanie e preghiere.

15. Fi BNC II.VIII.11 (N6) Cartaceo, sec. XIV s.q., mm 215×162, VIII, 55 cc. Proveniente dall’Accademia della Crusca. Risulta essere appartenuto a Filippo Cristofani

Ragnalani e a Francesco Venturi. Altre collocazioni: Magliabechiano, Cl. XXI, 187. Descrizione in Bertelli 2002a, pp. 102-3; IMBI, vol. XI, p. 224, Divizia 2005, p. 50. Già in

Graham 2000b, §20. Contiene: a. cc. 3r-47r. LOTARIO DIACONO (INNOCENZO III), De miseria humanae conditionis volg. da

BONO GIAMBONI.111 b. cc. 47r-54r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. c. cc. 54v-55v. Frammenti dei Vangeli in latino.

16. Fi BNC Magl. XXXVIII.127 (M) Membranaceo, sec. XIV s.q., mm 155×115, I + 100 + I cc. Secondo Bertelli 1998, pp. 34-37 (ripreso poi in Bertelli 2002a, p. 143) il copista del ms. è da

identificare con quello del Novellino tràdito dal ms. Fi BNC Panciat. 32; non concorda, tuttavia, con tale identificazione Divizia 2007b, p. 7, ma valganop le considerazioni di Barbato 2010, p. 312: «l’ipotesi che il copista di Magl [ossia: M] sia lo stesso di P1 [ossia: Fi BNC Panciat. 32] è confermato da numerose corrispondenze, che ovviamente in sé non sono probanti ma insieme costituiscono un dossier consistente». Descrizioni in Bertelli 2002a, pp. 142-43; Mostra, p. 108. Il codice presenta miniature ad illustrazione del testo (forse di mano recenziore) alle cc. 1r, 1v, 2r, 2v, 3r, 3v, 4r, 4v, 5r, 5v, 6r e 6v; spazi riservati alle illustrazioni si incontrano fino alla c. 31r. Secondo Zinelli 2000, p. 542 e Zamuner 2005, p. 115 il manoscritto ha provenienza lucchese.

Contiene: a. cc. 1r-7r. Visione di san Paolo Apostolo.112 b. cc. 7r-15r. Vita di santa Caterina d’Alessandria volg.113

109 Stando alle indicazioni presenti nella Tavola delle Abbreviature di Crusca (4) «d’un altro testo d’Albertano fa menzione ne’ suoi scritti, che si conservano nell’Accademia, Pierfrancesco Cambi nostro Accademico detto lo Stritolato, il qual dice, che vi si leggeva, che questo libro era stato traslatato da Andrea da Grosseto in Parigi l’anno 1296». 110 Cfr. supra nota 38. 111 Cfr. supra nota 38. 112 Cfr. BAI, vol. II, p. 560. Per l’ed. del ms. cfr. P. VILLARI, Antiche leggende, pp. 77-81.

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c. cc. 15r-31r. Vita di sant’Eustachio.114 d. cc. 32r-38r. Libro di Cato. e. cc. 38r-44v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg.115 f. c. 45r. Lauda Madonna sancta Maria | in Belleem stava e dormia.116 g. cc. 45r-54r. ARISTOTELE (ps.), Secretum secretorum volg.117 h. cc. 54r-55v. Sentenze di filosofi e d’altri grandi savi.118 i. cc. 56v-76v. ONORIO D’AUTUN, Imago mundi volg.119 j. cc. 76v-84v. Antica cronica d’imperatori e d’altri signori.120 k. cc. 84v-89v. MARTINO DI BRAGA, De IV virtutibus moralibus volg.121 l. cc. 89v-94v. PIETRO ALFONSO, Disciplina clericalis volg.122 m. cc. 95r-100r. Leggenda di Gianni da Procida volg.123

17. Fi BNC Magl. XL.41 (N7) Cartaceo, 1360 ca., mm 217×144, cc. IV, 125, III. Due tipologie di filigrane, la prima simile a Briquet n° 3287 (varie provenienze toscane: Firenze,

a. 1359-1367; Pisa, a. 1366-1369; Pistoia, a. 1367), la seconda simile a Briquet n° 67 (Firenze, a. 1365). Nel manoscritto si incontrano due mani: la prima che ha trascritto le cc. 1-115, la seconda le restanti.

Descrizione in Bertelli 2002a, p. 145. Contiene:

a. cc. 1r-8v e 12r-13v. Vangelo di Matteo, acefalo e per estratti. b. cc. 8v-12r. Vangelo di Matteo, attr. a Luca, per estratti. c. cc. 14r-31v. Passio Domini nostri Gesù Cristi. d. cc. 37r-43r. Trattato morale (frammento). e. cc. 43v-48r. Lauda Plangete gente con dolore.124 f. cc. 48v-59r. Vendetta di Cristo.125 g. cc. 59v-61v. Esposizione del Pater Noster. h. cc. 62r-62v. Annunciazione della Vergine Maria. i. cc. 62v-63v. BEDA (ps.), Sulle sette parole che Cristo disse sulla Croce. j. cc. 65r-99r. Fiore di virtù, acefalo.126

113 Cfr. BAI, vol. II, p. 139. Per l’ed., su un altro ms., cfr. F. ZAMBRINI, S. Caterina. 114 Cfr. BAI, vol. II, p. 246 (tra gli «altri testimoni»). Cfr. Monteverdi 1909. 115 Secondo Mostra, p. 108 «contiene lo stesso volgarizzamento pubblicato su altri codici dall’Inferrigno». 116 Cfr. Toschi 1966, p. 126. 117 Cfr. supra n. 72. Per l’edizione di questa parte di testo, cfr. Targioni Tozzetti 1876. 118 Alcune delle sentenze contenute in questo passo dipendono dai Fiori e vita di filosafi e d’altri savi e d’imperatori (cfr. D’Agostino 1979, p. 44, che edita anche le sei sentenze derivate dai Fiori). 119 Mancano sia un censimento sia uno studio complessivo delle versioni volgari del testo, se si eccettua il primo (e dichiaratamente parziale) elenco dei codici presentato da Chiovaro 1977. 120 Il testo è segnalato come inedito in D’Agostino 2001, p. 135. 121 Cfr. supra, n. 30. 122 La tradizione dei volgarizzamenti della Disciplina clericalis è stata recentemente indagata da Divizia 2007b. A lungo sono stati considerati solamente tre i manoscritti latori dell’opera: questo, Fi BNC Panciat. 67 e Fi BR 1317. Un quarto testimone (Fi BNC Magl. VIII.1416) è stato identificato da Bertelli 2002a, pp. 127-29 (ma si veda anche Beretelli 2002b). Ulteriori due manoscritti sono stati individuati Divizia 2007b: Fi BNC II.II.16 e Fi BML Ashburnham 539. La prima ed. dell’op. (Papa 1891) si fondava sui manoscritti magliabechiano e panciatichiano. Schiaffini si occupò in due occasioni del volgarizzamento: nel primo caso (Schiaffini 1924) pubblicò il testo riccardiano; il manoscritto magliabechiano fornì invece il testo stampato da Schiaffini 1926, pp. 73-81. Segre (in Segre / Marti 1959, pp. 255-63) pubblica il ms. magliabechiano, correggendolo con la lezione del riccardiano. 123 Per l’edizione del testo, cfr. Barbato 2010. 124 Cfr. supra il ms. L2. 125 Cfr. Carrai 1978 e Catalano Tirrito 1905.

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k. cc. 109r-115r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. l. cc. 109r-115r. Vita di San Panuccio. m. cc. 116r-123v. Brevi testi di natura catechistica e devozionale.

18. Fi BNC Palat. 30 (Pal1)

Cartaceo, 1456,127 mm 283×210, cc. VII + 140 + VII. Altre collocazioni: Libreria Guadagni, n. 54; già 168; già E, 5, 1, 24. Già descritto in Gentile 1890-1967, vol. I, pp. 28-31 e — parzialmente — in Bianchi 2003, p. 15.

Contiene: a. c. Ir. Ricordo di due miracoli. b. c. Iv. Alcune notizie sulla vita di San Francesco. c. cc. 1r-41v. AGOSTINO (ps.), Sermones ad fratres in eremo volg. da AGOSTINO DA SCARPERIA.128 d. cc. 42r-43r. Lettera della diversità e rebellione che nasce e consiste tra la volonta e l’opere. e. cc. 44r-71v. GIROLAMO (ps.), Ammonizione a Santa Paola volg.129 f. cc. 72r-78r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. g. cc. 78r-83v, Disticha Catonis volg.130 h. cc. 86r-103r. Giovanni di Gherardo da Prato, Trattato d’una angelica cosa mostrata per una

divotissima visione.131 i. cc. 103v-107v. Regole del favellare. j. cc. 108r-127v. GIROLAMO, Gradi volg.132 k. cc. 127v-129r. Genealogia di Maria. l. cc. 129v-130v. BERNARDO DI CHIARAVALLE, Sermone volg. m. cc. 131r-133r. AGOSTINO, Sermone sulla morte volg. da AGOSTINO DA SCARPERIA.133 n. cc. 133v-135r. LOTARIO DIACONO (INNOCENZO III), De miseria humanae conditionis volg.

(attribuito nel ms. ad Agostino).134 o. cc. 135r e v. Gli otto desideri del mondo e gli otto veraci desideri. p. cc. 136r e v. Della resurrezione di Gesù Cristo (di mano più tarda; datata al 1536); q. c. 137v. Discorso sopra la febbre. r. c. 138r. Discorso sopra i parti difficili. s. c. 139r. ANTONIO D’AREZZO, Orazione fatta la notte del venerdì santo. t. cc. 139v-140r. Cantico dei cantici volg.

19. Fi BNC Palat. 181 (Pal2) Cartaceo, sec. XV, mm 289×218, cc. III, 178, III. Altre segnature: già 248; già E, 5, 2, 53.

Bianche, oltre alle tre di guardia anteriori e posteriori, le cc. 152v, 170v, 172v e 173-178. Già descritto

126 Cfr. supra n. 59. 127 Il ms. è sottoscritto alla c. 71v: «Compiuto a dì XIIII° d’aghosto 1456 in Monte Verdi per me Francesco di Lucha de Rosso speziale». 128 Per l’ed. dell’opera, cfr. Manni 1731, Muzzi 1818 e Dello Russo 1851. Per una ricognizione sui manoscritti cfr. Doveri 2001, p. 110; per le edizioni volgari dei Sermones, cfr. invece Cherubelli 1940, p. 14. Su Agostino da Scarperia, cfr. Perini 1925-1926. 129 Sull’opera cfr. Vaccari 1948 e Brugnoli 1955. Sulle versioni volgari si vedano le note in Artale / Guadagnini / Vaccaro 2011, pp. 314, 324 e 325. 130 Cfr. supra n. 32. 131 Per l’ed. del testo, cfr. Wesselofsky 1867, vol. I, to. II, pp. 385-435. Sui manoscritti latori dell’opera, cfr. Garilli 1972, p. 47 e Guerrieri 2004, p. 9. 132 Cfr. Tavoni 1976 e Corbellini 1985. Per l’ed. del testo, cfr. Bottari 1729. 133 Cfr. Doveri 2001, p. 110. Cfr. supra n. 103. 134 Cfr. supra n. 38.

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in Decaria 2008, p. XXXVI-XXXVII; De Robertis 2002, pp. 297-98, in Speroni 1994, pp. LXXXVI-LXXXVII e in Gentile 1860-1897, vol. I, pp. 187-89.

Contiene: a. cc. 2r-34r. BONO GIAMBONI, Fiore di rettorica.135 b. cc. 34r-35r. BRUNETTO LATINI, Tesoro volg. (estratto corrispondente al libro VIII, cap. LII).136 c. cc. 35r-39v. Compilazione retorica.137 d. cc. 40r-51v. GIOVANNI BOCCACCIO, Lettera a Pino de’ Rossi.138 e. cc. 52r-57v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. f. cc. 58r-63r. Disticha Catonis volg.139 g. cc. 63r-152r. DANTE ALIGHIERI, Convivio.140 h. cc. 153r-169v. FRANCESCO PETRARCA, Rime.141 i. c. 169v. Quattro sonetti adespoti e anepigrafi. j. c. 170r. GIANNOZZO MANETTI, Pistola.142 k. cc. 171v-172r. Capitolo adespoto e anepigrafo.

20. Fi BNC Palat. 387 (Pal3) Membranaceo, sec. XIV p.q., mm 272×198, cc. III + 66 + III. Altre collocazioni: già 188; già E,

5, 5. 49. Descrizione in Bertelli 2002a, pp. 159-60; Gentile 1890-1967, vol. I, pp. 574-576. Cfr. anche Bertelli 2008, p. 243; Squillacioti 2007, p. LIII, Bolton Holloway 1993, p. 515 e Bolton Holloway 1986, p. 17.

Contiene: a. cc. 1r-2r. Sentenze morali. b. cc. 2r-4r e 6r-8r. Esordi. c. cc. 4r-6r. Proverbi di Salomone volg.143 d. cc. 8v-13r. CATONE, Discticha volg.144 e. cc. 13v-16v. MARTINO DI BRAGA, De IV virtutibus moralibus volg.145 f. cc. 17r-32r. GUGLIELMO DI CONCHES, Moralium dogma volg. 146 g. cc. 32r-37v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. h. cc. 39r-65r. BRUNETTO LATINI, Tesoretto.147

135 Cfr. Speroni 1970, pp. 8, 13, 30, 47, 48, 49, 50. 136 Per l’ed,. cfr. Gaiter 1883, vol. IV, pp. 176-79. Per un panorama sulla tradizione toscana del Tresor, cfr. Squillacioti 2008 e Giola 2010. 137 La versione è la medesima del ms. Fi BNC II.II.90, assai affine anche sotto gli aspetti contenutistici: cfr. Speroni 1994, pp. LXXXIII-LXXXV. 138 Per l’ed. del testo cfr. Ricci 1965, pp. 1112-41. V. anche Branca 1958, p. 48. 139 Cfr. supra n. 32. 140 Cfr. Brambilla Ageno 1995, vol. I, p. 14 e Azzetta 2007, pp. 9 e 10. 141 Cfr. Pulsoni 1998, p. 83. Per componimenti pseudo-petrarcheschi attribuibili invece al Boccaccio, cfr. De Robertis 1984, pp. 111, 122 e 145. 142 Cfr. Dröge 1987, p. 174; e Wittschier 1968, p. 207. L’attribuzione a Giannozzo Manetti, che compare nel manoscritto, è stata definitivamente smentita da Decaria 2002, p. 280; cfr. anche Decaria 2005, p. 62 e Decaria 2008, pp. XXXVI-XXXVII. 143 Cfr. supra n. 65. 144 Cfr. supra n. 32. 145 Cfr. supra n. 30. 146 Per l’ed. dell’op. cfr. ancora l’ed. De Visiani 1865. Bernardini 1991 ha stabilito che esistono almeno cinque versioni differenti: la prima (α) tradita da nove mss.; le altre note da un manoscritto ciascuna. Il ms. Fi BR 1317 (siglato E) viene a porsi, nella ricostruzione stemmatica al solito bipartita, nella famiglia ricca β. Per un panorama della tradizione dell’op. cfr. D’Agostino 2001, pp. 113-14. 147 Per l’ed., cfr. Contini 1960, vol. II, pp. 175-277, e la nota al testo, vol. II, pp. 869-73. Il testo edito da Contini è sostanzialmente quello del cod. Fi BR 2908, che è «non solo il manoscritto più antico, ma quello la cui testimonianza vale quanto il resto della tradizione messo insieme» (p. 870), giacché tutti gli altri manoscritti sembrerebbero radunarsi assieme

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i. cc. 65v-66v. BRUNETTO LATINI, Favolello.148

21. Fi BNC Panciat. 67 (Pa) Cartaceo, sec. XIV in., mm 290×205, cc. III, 56, III. Altre segnature: 50; IV, 15. Descritto in

Bertelli 2002a, pp. 171-72 e in Bartoli 1887, pp. 121-22. Si vedano anche Speroni 1970, pp. 8, 9 e 15; Speroni 1994, p. XCVIII; Divizia 2007b, p. 24; Squillacioti 2007, p. LII; Bertelli 2008, p. 220; Roux

2009, p. 327. Contiene: a. cc. 1r-3v. MARTINO DI BRAGA, De IV virtutibus moralibus volg. (mutilo).149 b. cc. 3v-6r. PIETRO ALFONSO, Disciplina clericalis volg. (frammento).150 c. cc. 6r-13v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. d. 13v-17r. GIANDINO DA CARMIGNANO, Sillogismi.151 e. 17v-21v. BRUNETTO LATINI, Piccola dottrina del parlare e del tacere volg. (estratto dal Tesoro

volg. corrispondente al libro II, capp. LVI.3-LXII.2).152 f. 22r-55v. BONO GIAMBONI, Fiore di rettorica.153

22. Fi BR 1338 (R1) Cartaceo, sec. XV, mm 290×205, cc. V, 109, VI. Descritto in Morpurgo 1900, pp. 397-99, Mostra, pp. 192-193 e Del Corno 1964, pp. 93-94. Già

in Graham 2000b, §27. Per una storia del manufatto cfr. anche Miriello 2007, pp. 148-49. Contiene: a. cc. 1r-4r. AGOSTINO (ps.), Sermones ad fratres in eremo volg. da AGOSTINO DA SCARPERIA

(frammentario).154 b. cc. 4v-19r. Detti di Frate Egidio.155 c. cc. 19r e v. LENTULUS (ps.), Epistula volg. d. cc. 19v-24v. ALBERTANO DA BRESCIA, ALT volg. e. cc. 25r-48r. Fiore dei filosofi, volg. da anonimo. f. c. 48v. Ternario dei sette vizi. g. cc. 49r-61v. Esopo volg.156 h. cc. 63r-68v. MATTEO RONTO, Sette Salmi penitenziali.157 i. cc. 68v-69r. ANSELMO DI CANTERBURY, Ammonizione al frate morente volg. j. cc. 69r-72r. GIORDANO DA PISA, Predica del 13 ottobre 1303.158

per errori comuni. V. anche Ciccuto 1985, p. 41. Per un’analisi tipologica dei manoscritti contenenti il Tesoretto, cfr. Bertelli 2008, pp. 215-18. 148 Per l’ed. cfr. Contini 1960, vol.. II, pp. 278-84, e la nota al testo, vol. II, pp. 873-74. Se, rispetto al Tesoretto, «molto meno solida appare la riunione in famiglia dei codici diversi da R (i.e.: Fi BR 2908)» (p. 874), non mancano indizi in proposito. Per un’analisi tipologica dei manoscritti contenenti il Favolello, cfr. Bertelli 2008, pp. 215-18. 149 Cfr. supra n. 30. Secondo Divizia 2007b, p. 24 si tratta di una redaz. del cosiddetto volg. A. 150 151 Su Giandino da Carmignano, cfr. anche Brunetti 2002 e Brunetti 2005. 152 Per il volgarizzamento della medesima porzione di testo, cfr. anche i mss. Fi BNC II.I.71, Fi BR 1126, Fi BR 1270, Fi BR 1317, Mi BNB AF.XIV.18. 153 Il testo riflette diverse redazioni dell’op., secondo quest’ordine: d’ I-VI, g III-LII.38 (=46.38), b da 46.39 alla fine (cfr. Speroni 1994, p. XCVIII). 154 Cfr. supra n. 103. 155 Per l’ed. del testo, cfr., da ultimo, Morini 1996, che riproduce — con pochi interventi — Petrocchi 1972. L’amplissima tradizione manoscritta dell’op. è stata indagata da Petrocchi 1967. 156 Per l’ed. cfr. Ghivizzani 1866. Cfr. anche Branca 1989, p. 51, che segnala però trattarsi di una «redazione diversa» rispetto a quella tràdita negli altri manoscritti, e Spongano 1992, pp. 301-3. 157 Si tratta dell’unico manoscritto noto di quest’opera, cfr. Zaggia 2000, pp. 208-10. 158 Cfr. Serventi 2006, p. 25; si veda anche Del Corno 1964, p. 137.

24

k. cc. 72r-74r. GIORDANO DA PISA, Predica del 30 novembre1304.159 l. cc. 74v-81r. De vindicta Christi volg. m. cc. 83r-96r. ARRIGO DA SETTIMELLO, De adversitate fortunae volg.160 n. cc. 100r-102v. DOMENICO CAVALCA, Serventesi dell’ira e della pazienza. o. cc. 102v-103v. Raccolta di detti di Santi e dottori della Chiesa. p. cc. 104r-105v. BERNARDO DA CHIARAVALLE, Sermone della miseria umana.

23. Fi BR 1645 (R2) Cartaceo, sec. XIV ex.-XV in., mm 290×220, cc. 67. Altre collocazioni: R.IV.35. Descrizioni in Morpurgo 1900, pp. 604-5; Branca 1989, pp. 56-57. La prima individuazione dle

volgarizzamento di Albertano si deve al Ciampi (1832, p. 71), ripreso da Rolin 1898, p. VI. Già in Graham 2000b, §29.

Contiene: a. cc. 1r-5v. Disticha Catonis volg.161 b. cc. 6r-10v. BERNARDO DI CHIARAVALLE (ps.), Cartula.162 c. cc. 10v-11v. BERNARDO SILVESTRE, Epistula ad Raimundum de re familiari gubernanda volg.163 d. cc. 12r-17v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. Una piccolissima porzione della carta 17v è

edita in Black 1991, p. 162. e. cc. 18r-22r. MARTINO DI BRAGA, De IV virtutibus moralibus volg.164 f. cc. 23r-67v. Esopo volg.165

24. Fi BR 1737 (R3) Cartaceo, sec. XIV, mm 280×210, cc. 24. La prima individuazione del volgarizzamento di Albertano si deve al Ciampi (1832, pp. 70-71),

ripreso da Rolin 1898, p. VI. Cfr. anche Zingarelli 1901. Già in Graham 2000b, §30. a. cc. 1r-17r. GUGLIELMO DI CONCHES, Moralium dogma volg.166 b. cc. 18v-24v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg.

25. <Genève BG Comites latentes 112> (Gen) Sec. XIV. Descritto in Kristeller, vol. V, p. 637 e in Graham 2000b, §32.

26. Lonato FUC 144 (L).

Cartaceo, sec. XV, mm 280×200, cc. 100. Descrizione in Kristeller, vol. I, p. 252 e Andreis 2004, pp. 98-103. Contiene: a. cc. 1r-25v. Aristotele, Ethica volg. da TADDEO DEGLI ALDEROTTI.167

159 Cfr. Del Corno 1964, p. 140. 160 Per l’ed. cfr. Milanesi 1874; solo qualche emendamento è portato da Battaglia 1929 (il cui testo è poi stampato anche in Segre 1953, pp. 287-313. La versione tràdita dal nostro ms. è stata edita da Bonaventura 1912-1913, pp. 178-92. Non è presente nel testo il volgarizzamento di Boezio, come parrebbe da Gualdo / Palermo 2001, p. 365. 161 Cfr. supra n. 32. 162 Cfr. supra n. 33. 163 Cfr. supra n. 34. 164 Cfr. supra n. 30. 165 Il testo tradito da questo manoscritto è quello stampato in Branca 1989 e, rappresenta «la più vivace e felice [redazione] tra i volgarizzamenti delle favole fedriane redatte in distici elegiaci da Walter d’Inghilterra» (p. 51), oltre a essere «l’unico che trasmetta [...] il distico didattico-morale che conclude ogni favola di Walther» (p. 57). 166 Cfr. supra n. ??. 167 Cfr. Frati 1916.

25

b. cc. 25v-42r. GUGLIELMO DI CONCHES, Moralium dogma volg. c. cc. 42v-48r. Proverbi e sentenze volgari. d. cc. 48r-53r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. e. cc. 53r-67v. GIROLAMO, Gradi volg.168 f. cc. 67v-76r. LOTARIO DIACONO (INNOCENZO III), De miseria humanae conditionis volg. da

BONO GIAMBONI.169 g. cc. 76v-91r. Libro di sentenze.170 h. cc. 91r-94r. Vita di San Francesco. i. cc. 94r-96r. NICCOLÒ DA POGGIBONSI, Libro d'oltramare (frammento).171 j. cc. 96v-99r. Esposizione della Messa. k. cc. 99v-100v. Regola come debbono le donne vedove vivere spiritualmente.

27. *Lu, Biblioteca dell’ab. Piero Pera (Lu1)

«Il codice è in foglio, in pergamena, scritto a due colonne per faccia, in carattere grande che inclina un poco al gotico con belle iniziali messe a oro, ed un’assai gentile miniatura in principio rappresentante, io credo, Albertano in abito di giudice. È scritto tutto ad una mano, ed in fine si legge: Finito è lo libro de l’Amore e de la dilectione di Dio e del proximo etc. (come nel cod. Bargiacchi, e precisamente a lettera).

“Questo libro si è di Baronciello Aldobrandi de Firenze, e fu scritto sotto anni domini MCCCXXXVII.”

Tutto il testo corrisponde al cod. Bargiacchi, anche nel dialetto pisano, od altro che sia; ha la data del 1337 con alcune diversità di scrittura, che non fanno alterazione considerabile» (cfr. Ciampi 1832, p. 73).

28. *Lu, Biblioteca Ducale (Lu2) Il manoscritto, in seguito alla dispersione della biblioteca nel 1847, è oggi irreperibile, ma se ne

ha una sommaria descrizione in Ciampi 1832, p. 73: «Il medesimo Sig. Pera mi ha dato nostizia d’un altro codice della biblioteca privata di S. A. R. il Duca di Lucca ecc. Anche questo nella lezione si accosta molto al posseduto da lui, e per conseguenza a quella pure del Cod. Bargiacchi, e degli altri Laurenziani e Magliabechiani».

Cfr. anche Graham 2000b, § 33.

29. Mi BT 768 (T) Membranaceo, sec. XIV p.q., mm 203×148, cc. I + 69. Altre segnature: 299. Già descritto in Santoro 1965, pp. 190-191; Graham 2000b, §36. Contiene: a. cc. 1r-11r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. b. cc. 11v-20v. Disticha Catonis volg.172 c. cc. 20v-23r. Detti di Seneca e di altri savi. d. cc. 23r-29v. Proverbi di Salomone volg.173

168 Cfr. supra n. ??. 169 Cfr. supra n. 38. 170 Per l’ed. del testo, cfr. Manuzzi 1863. 171 Per l’ed. del testo cfr. Lanza / Troncarelli 1990, pp. 31-158. 172 Manoscritto di base dell’ed. Vannucci 1829, pp. 21-56. Versione tratta dal ms. Milano, Biblioteca Trivulziana, 768, saltuariamente corretta con il ms. Fi BNC II.VIII.49 (il cosiddetto “codice Barbi”). Le parti mancanti sono integrate con la lezione di Manni 1734a e «con quello di un raro incunabolo impresso in Roma senza data dal Fritag di Argentina [ma 1495?]» (Sambin-Belloni 2004, pp. 71-72). 173 Cfr. supra n. 65.

26

e. cc. 29v-42r. Libro di ammaestramnento che si chiama Savio Romano. f. cc. 42v-48r. Libro di santo Paulo apostolo. g. cc. 48r-53v. Libro del pianto che fece Cristo sulla croce. h. cc. 53v-69v. Quinque claves sapientiae volg.

30. München BS Ital. 241 (Mu) Membranaceo, sec. XIV ex., mm 220×180, cc. Descrizione in Kristeller, vol. III, p. 241. Già in Graham 2000b, §37. SFI XVIII 244 Contiene: a. cc. 1r-37v. Trenta gradi della santa scala. b. cc. 38r-46v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. c. cc. 47r-48r. Pistola del Nostro Signore Iesu Cristo.

31. Na BN XIII.H.44 (N)

Cartaceo, sec. XV, mm 215×145, cc. I + 89 + I. Sono bianche le cc. 53-58, 71-74, 84v-89. Il codice è scritto da almeno tre mani diverse.

Descrizione in Speroni 1994, pp. LXVIII-LX. Cfr. anche Kristeller, vol. I, p. 408. a. cc. 1r-48v. BONO GIAMBONI, Fiore di rettorica.174 b. cc. 49r-50v e 75r-84r. GIOVANNI BOCCACCIO, Lettera a Pino de’ Rossi. Le cc. 49-50 sono poste qui per un mero errore nella legatura del codice.175

c. cc. 51r-52v. Trattato della memoria artificiale.176 d. cc. 59r-61v. BERNARDO SILVESTRE, Epistula ad Raimundum de re familiari gubernanda volg.177

e. cc. 62r-70v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg.

32. Oxford BL Montagu e.4 (Ox) Cartaceo, post 1433, mm 221×145, cc. 1 + 60 + 1. Altre collocazioni: Montagu 10; Bodleian 24506. Già descritto in Mann 1975, p. 468; Madan 1905, p. 115; Graham 2000b, §38. Contiene:

a. 2r-11r. FRANCESCO PETRARCA, Epistola ad Nicolaum Azarolum (Famil. rer. XII.2), volg.178 b. 11r-15v. LEONARDO BRUNI, Orazione detta a Nicolò da Tolentino (1433).179 c. 15v-74v. Proverbi di Salomone volg.180 d. 47v-61v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg.

33. Paris BN Lat. 7239. (Par)

174 Cfr. Speroni 1994, pp. LXVIII-LXX. 175 Cfr. supra n. 105. V. anche Branca 1958, p. 49. 176 Il Trattato della memoria artificiale è un volgarizzamento dal terzo libro della Rethorica ad Herennium: per l’edizione cfr. Nannucci 1840, pp. 644-56. L’opera fu aggiunta ai Documenta e agli Ammaestramenti fin dall'ed. Manni 1734b, come opera di possibile attribuzione a Bartolomeo da San Concordio, «assieme ad una Lettera dall'Università di Parigi, dove sappiamo che fu Bartolomeo, forse nel 1287, in occasione del Capitolo generale dell'Ordine» (Morino 1993, pp. 41-42; cfr. anche Segre 1953p. 402). Già il Nannucci (1840, pp. 12-14) escludeva che il Trattato fosse opera di Bartolomeo da San Concordio, ed anzi riconosceva nel proemio, completamente avulso dal tema della memoria artificiale, un passo della Rettorica di Tullio trasmessa dal Riccardiano 2338 (cfr. anche Speroni 1994, p. LXXXIX). Il testo è, come ga dimostrato Speroni (1994, p. XIX) una parte della redazione α del Fiore di rettorica, che ha poi goduto di una vita propria insieme ad altri testi che potevano ben prestarsi a esercizi e applicazioni di mnemotecnica. Cfr. anche Rossi 1960, pp. 272-75. 177 Cfr. supra n. 36. 178 Cfr. E.H. WILKINS, Letters, in partic. pp. 273-74. 179 Per l’ed., cfr. Gamurrini 1877. 180 Cfr. supra n. 65.

27

Cfr. Graham 2000b: §39.

34. Pg BCA 36 (Pg) Cartaceo, sec. XV, mm 237×170, cc. 120. La numerazione procede da 12 a 130, per la caduta delle prime 11 cc. Descrizione in IMBI, V,

pp. 68-69. Contiene: a. cc. 12r-44r. AGOSTINO, Sermones ad fratres in eremo volg. da AGOSTINO DA SCARPERIA.181 b. cc. 44v-63v. RAMON LULL, Libro della contemplazione di Dio. c. cc. 64v-66r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. d. cc. 66v-68v. BERNARDO DI CHIARAVALLE, Meditazioni volg.182 e. cc. 69r-130r. Collazione dell’Abate Isaac volg.183

35. Pr BP Palat. 28 (Pr1) Cartaceo, XIV ex., mm. 223×175, cc. 46. Contiene: a. cc. 1r-8v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. b. cc. 9r-41v. Fiore di virtù.184 c. cc. 42r-46v. Leggenda della cintola di Maria.185

36. Pr BP Palat. 75 (Pr2) Cartaceo, 1477,186 mm 284×210, cc. VI, 101, VII. Descrizione in Faleri 2000, p. 6; già in Graham 2000b, §40. Cfr. anche Castellani 1996, p. 102. Contiene: a. cc. 1r-10r. ALBERTANO DA BRESCIA, ALT volg. b. cc. 10r-41v. ALBERTANO DA BRESCIA, LCC volg. c. cc. 41v-101v. ALBERTANO DA BRESCIA, ADD volg.

37. Pt BCF A.53 (Pt) Membranaceo, 1278, mm 262×180, cc. I, 40, 1. Altre collocazioni: 46-bis. Descrizioni in Boschi Rotiroti 2007, pp. 65-66; Murano / Savino / Zamponi 1998, pp. 93-94;

Savino 1968, p. 17; Kristeller, Iter Italicum, vol. VI, p. 145; IMBI, vol. I, p. 245. Già in Graham 2000b, §41.

Contiene: a. cc. 1r-7r. ALBERTANO DA BRESCIA, ALT volg. da SOFFREDI DEL GRAZIA. b. cc. 7r-40r. ALBERTANO DA BRESCIA, LCC volg. da SOFFREDI DEL GRAZIA. c. cc. 40r-v. ALBERTANO DA BRESCIA, ADD volg. da SOFFREDI DEL GRAZIA (mutilo).

38. Ra BC 123

181 Cfr. supra n. 103. 182 Per l’ed. del testo, cfr. Razzolini 1850. 183 Per l’ed. del testo cfr. Buonaventuri 1720 — fondata su sette mss. fiorentini — e Sorio 1845, fondata su un ms. veneziano. 184 Cfr. supra n. 59. 185 Per l’ed. del testo, cfr. Guasti 1861. 186 La data è ricavabile da una sottoscrizione alle c. 101v: «A. V. adi iiij° di settenbre 1477 aore xja incircha | finito illibro dalbertano giudicie della citta di brescia p(er) me».

28

39. Rm BANLC Rossi 69 (Cor) Cartaceo, sec. XV in., mm 285×210, cc. 108. Antiche segnature 44.D.9. Descritto in Petrucci 1977, p. 36; Faleri 2000, p. IV. Già in Graham 2000b, §42 Contiene:

a. cc. 2v-10v. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. b. cc. 10v-41r. ALBERTANO DA BRESCIA, LCC volg. c. cc. 41r-106v. ALBERTANO DA BRESCIA, ADD volg. d. cc. 107r-108v. ANTONIO DA FERRARA (?), Il Credo di Dante.187

40. Rm BPFTM Alexianus 56 (Al)

Cartaceo, sec. XV pm., mm 292 × 219, cc. 58. Precedenti segnature: I,3 La torre raffigurata in filigrana corrisponde esattamente al modello indicato in Briquet n°

15864 e 9954, che riconduce a modelli in uso a cavaliere del secondo e terzo decennio del secolo.188 Il manoscritto proviene dalla Biblioteca della Chiesa di San Marcello al Corso; fu trasportato nella sede attuale nella prima metà del Novecento, ma non si sa quando sia giunto nella Biblioteca di San Marcello (Besutti 1956, p. 12). Probabilmente, esso vi giunse dopo il 1870, poiché in quell’anno il Convento fu soppresso e i volumi furono incamerati dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma. Per quanto riguarda l’origine del manoscritto, il Besutti lo considera «indubbiamente fiorentino, probabilmente qualcche convento che non mi meraviglierei fosse quello della SS.ma Annunziata» (Besutti 1956, p. 30). Già descrtitto in Kristeller (vol. VI, p. 194) e in Graham 2000b, §43 e in Sacchi 2009, pp. 56-60. Sul manoscritto si veda anche Auciello 2001.

Contiene: a. cc. 1r-12v. MARCO POLO, Il Milione volg. (frammento).189 b. cc. 13r-17v. Storia di Apollonio di Tiro (volg. C, acefalo e mutilo al fondo).190 c. cc. 18r-19r. Estratto da MARCO POLO, Il Milione volg. (Storia di Maometto e della sua gente). d. cc. 19r-22v. Vindicta Salvatoris volg. (adespoto e mutilo al fondo).191 e. cc. 23r-39r. FRANCESCO DA BARBERINO, Reggimento e costume di donna (prima redaz.).192 f. cc. 39r-41r. Doppia serie alfabetica di proverbi, a sinistra quella di Garzo, a destra quella di

Mastro Guidotto.193 g. cc. 41r-42v. ALDOBRANDINO DA SIENA, Régime du corps volg. da Zucchero Bencivenni. h. cc. 42v-45r. Contrasto tra Cristo e Satana.194 i. cc. 45r-48r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. j. c. 48v. FRANCESCO DA BARBERINO, Reggimento e costume di donna (seconda redaz.). k. cc. 48v-49v, 50r-53v. Compilazione di quesiti sulle virtù, comprendenti (c. 49r) un estratto

da una redazione inedita dei Moralium dogma philosophorum di Guglielmo da Conches. l. cc. 49v-50r. Fiori e vita di filosafi e d’altri savi (detti di Secondo).195 m. cc. 53v-58v. Vite e detti di filosofi, derivati probabilmente da un’epitome volgare di una

versione latina delle Vite di Diogene Laerzio.196

187 Cfr. supra n. 61. 188 Gli esempi addotti sono di Pistoia (1415), Lucca (1419), Udine (1419-1420), Anversa (1422), Palermo (1422), Firenze (1422-1427), Provenza (1436). 189 Il testo è ancora inedito, cfr. Bertolucci Pizzorusso 1975, pp. 325-26. 190 Cfr. Sacchi 2009, pp. 56-60. Edizione del testo in Robins 2004. 191 Cfr. Carrai 1978. 192 Per l’ed. cfr. Sansone 1995, pp.271-387. 193 Cfr. Sansone 1983. Per Guidotto, cfr. Novati 1890; per Garzo, cfr. Brambilla Ageno 1984. 194 Cfr. Roediger 1887. 195 Manca il manoscritto in D’Agostino 1979.

29

41. Ve, BNM, It. II 3 (4984) Graham 2000b: §44 42. Ve BNM It. II 1173 (M2)

Cartaceo, 1431, mm 210×130, cc. III, 97. Acquistato da Riccardo Marghieri, presso cui si trovava nel 1901, quando fu studiato dallo

Zingarelli. Già descritto in Graham 2000b, §45. Il manoscritto è sottoscritto a c. 97v: «traslatato de gramadega in volgar per lo circunspecto homo s. Çuan de Lusa, honorevel castelan del castelo de Cataro, e copiado per mi, Çorçi Vallaresso, MCCCCXXXI a dì XV çener».

Contiene: a. cc. 1r-22r. ALBERTANO DA BRESCIA, DLT volg. da GIOVANNI LUSIA. b. cc. 22v-97r. ALBERTANO DA BRESCIA, LCC volg. da GIOVANNI LUSIA.

43. Ve MC Fondo Cicogna 1333 (cfr. Kristeller, II 282)

196 Cfr. Dorandi 1999.

30

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B. DE’ ROSSI 1 = Albertano giudice da Brescia, Trattati scritti in lingua latina dall’anno 1235 all’anno 1246, e traslatati nei medesimi tempi nel volgar fiorentino, editi da BASTIANO DE’ ROSSI, Firenze, Giunti, 1610

B. DE’ ROSSI 2 = Albertano giudice da Brescia, Trattati scritti in lingua latina dall’anno 1235 all’anno 1246, e traslatati nei medesimi tempi nel volgar fiorentino, editi da BASTIANO DE’ ROSSI, Firenze-Mantova, Pazzoni, 1732

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