L'ospedale di S. Maria dela Scala di S. Gimignano nel Quattrocento. Contributo alla storia...

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BIBLIOTECADELLA«MISCELLANEASTORICADELLAVALDELSA» DIRETTA DA SÉRGIO GENSINI N.4 LUCIA SANDRI L'OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO NEL OUATTROCENTO CONTRIBUTO ALLA STORIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA SOCIETÀ, STORICA DELLA VALDELSA L982 1171,o*n*run*,>t i{a.}"!{., i'1J"L-

Transcript of L'ospedale di S. Maria dela Scala di S. Gimignano nel Quattrocento. Contributo alla storia...

BIBLIOTECADELLA«MISCELLANEASTORICADELLAVALDELSA»DIRETTA DA SÉRGIO GENSINI

N.4

LUCIA SANDRI

L'OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA

DI S. GIMIGNANO NEL OUATTROCENTO

CONTRIBUTO ALLA STORIA DELL'INFANZIA ABBANDONATA

SOCIETÀ, STORICA DELLA VALDELSAL982

1171,o*n*run*,>t

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I.

PREFAZIONE

Questo uolume di Lacia Sandri costi.tuisce un contributo originale

per la storia dell'infanzia abbasdonata alla f.ne del Medioeuo ed è lruttodi u.na larga ed attenta uti.lizzazione di lonti inedite. Nell'opera cortaer-

gono, ben fuse, suggestioni di ricerca di ttaria n7tara: di storia d.ella derno'

grafi.a in senso lato, e piìt particolarm.ertte, corn'è ooaio, di storia del-

l'infanzia; di storia dell'assister.za e della carità; d.i storia della rnedicina

e della salute; di storia del rnondo dei poueri; d.i storia della società

rarale e proui.nciale toscafia; di storia della rnentalità e della sensibilità.

Cioè di una serie di tematiche attualmente assai uiae nella rnedieuistica

più aggiorruata, italiana e non itali.ana.

L'oggetto specifico dell'irtdagi.ne, l'assistenza all'infanzia abband'o-

ria.ta. in ufta piccola città della Toicana ruel corso del W secolo, etru.er'

ge perciò, nella ricostrazione d.ell'autrice, in rnodo poliedri'co e tale d'a

costitaire ano spaccoto dell'i.ntera società coi.aoolta, se pure attrduerso

un punto di aista particolyre, tanto, cioè, della circostarute contpggrua

qaanto dell'angusto rnondo sangirnignanese entro le rtura, pallid,o ricordo

dell,attiaa società rnercantile dell'età di. Dante. Il fatto cbe I'oggetto del-

la ricerca sia. costituito da wp modesto ospedale, diretto da an oblato e

cofi quattro-cinque dipertdenti tra « farni.gli >> e << donne di casa »>, ba in

effetti consentito *n occorto dosaggio tra ualutazioni << qaarttitatitte »> dei

lenarneni (nurnero dei bambini abbandonati, percentuÀ.le di rnortahtA,

ra.pporto quantitatiuo tra maschi e fettzmine, salari alle balie...) e inda'

gi.ne « qaalitatiua »> sa persafte, atteggiarnenti, perfiao setttimenti. La lar'ghezza e la aarietà detle lonti utilizzate, oltre cbe la predisposizione della'sandri a leggerne tiltte le suggestiofti e finanche i si.Ienzi, hanno consen-

tito, cofi atterxdibile approssi.mazione, di indì.ui.duare I'origine socìale de-

gli esposti, di. aalutare quando, negti. abbandoni, si tra.tta.ad. di barnbi.ni

illegittirfii (aittime, per lo piìr., detle condizioni sociali e di status della

rnadre) o di bantbini legittimi (oittime della poaertà della farniglia), oltre

che di ricosTuire biograf.e di bambini dalla consegTa all'ospedale finoalla rnaturi.tà, figare dl bat;e e ruonografie delle loro farniglie. Ma lorse

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l PREFAZIONE

le pagine p,iù ruuooe di qaesto lauoro, e nelle quali oibra più apertarnentela partecipazione umana dell'autrice, sono quelle in cui, sollecitand.a alrnassinoo le scbeletricbe rna perspicaci annotazioni: del rettore dell'ospe'dale sui. tibri dei bambini, si. teuta, a mia. aaoi.so con risultati. noteaoli,d,i indoairuare lo stato d,'animo, le aatogiastificazioni morali, Ie speranze,

le credenze di chi si aedeoa costretto a ricorrere ad un atto così traurna-tico conte l'abband.oruo di. un f.glio.

Lontana dall'essere una pur,a elencazione di << nurneri »> e un << cofi-teggio »» dei fenomeni, questa ricerca, che par fa, gi.ustarnente, dell'accer-tanzefito quantitatiuo delle cose e delle persone la indisperusabile base

di partenza, riesce ad. offrire d.el mondo d.egli urnili, dei lauoratori, d.ella

disgraziata inlanzia destinata all'abbandono, delle donne e degli uorninicaritateaoli che si aotaaano al lenirnento @i questa piaga sociale, d.elle

contadine clte traeaano dal lenorneno un qualche guadagno e, talaolta,un naouo legarne afettiao, un quadro ricco d,i particolari e sfurnature,e insierne carnpatto e sttettartente collegato can le corudizioni e l'eao-luzione della società nel suo cornplesso. Seruza inutili sentimentalisrni e

anacronistiche trasposizioni, si riuendica, mi pare, per qaesta. aia, ancbe

agli arnili i;l d.iùtto di aoere una storia indiailuale, oltre cbe und storiacollettiua, una storia di sentirnenti, oltre che una storia di condizionirnateri.ali di oita, noru diaersarnente da qaanto aoaiene, di..regola, per gliappartenenti. ai ceti saperiori.

Non cred,o d.i sbagliare se ritenga perciò cbe questa ricerca rapp)re-

senti, aorne d,iceao all'inizio, un contributo d.i noteaole ori.ginali.tà nellastoria d.el'intanzia abbandonata, cui ricorrere certo per attingere dati rela-tiaamente ad un'area proainciale e cnrnpagfiola della Toscana qaattro-centescd, rna dalla quale anche dedurre più di una suggestione e di unsuggerimenta di ricerca. Se la storia di San Girnignano e della Vald.elsa

wedieoali si arricchisce perciò di. t!.n fluoao contributo, dopo quelli delFiami, del De La Roncière, della M*zzi, di altri ancora, l'insierne d.el

laaoro ne aalica arnpidflxefite l'arnbito, corne è necessaria per agni ind.a-

gine locale che non scada nel localisrno, ma si collegbi alle tematicbegeuerali dibattute e affrontate nella ricerca storica.

Grovmwr CuunusrNr

INTRODUZIONE

Oggetto della ricerca è un piccolo ospedale della Valdelsa sorto nel

XIV secolo per il ricovero dei bambini abbandonati: l'ospedale di Santa

Maria della Scala di San Gimignano. Di esso, principalmente, ci ha inte-

ressato l'attività assistenziale e, in particolare, quella rivolta at7'infanzia,

che costituì, come vedremo, il più ampio ma non l'unico scopo carita-

tivo di questa istituzione. 11 periodo esaminato coincide con il XV secolo,

per la ricchezza e Ia varietà delle testimonianze pervenuteci, specie diquelle riguardanti i bambini, rappresentate da una serie di registri non

sempre cronologicamente consecutivi ma, tuttavia, costituenti un corpo

pressoché completo a partire dal 1413.Le modeste dimensioni dell'ospedale hanno reso possibile un'inda-

gine globale che, fermo restando f interesse principa[g, centrato sul ri-covero dei bambini, ha esaminato anche la consistenza patrimoniale,

l'organiz,zazione interna dell'ospedale e le sue attività assistenziali minori,senza tralasciare la ricosffuzione di alcune pagine di vita quotidiana,

attraverso la rilevazione di minuziose annotazioni, in particolar modo ri-cotrenti nei libri contabili, come causali di pagamenti e riscossioni. Per

i bambini ci ha più di tutto interessato la conoscenza delle motivazioni

sociali, che inducevano le famiglie al7'abbandono dei figli, e la sorte lororiservata una volta accolti nell'ospedale. Largo spazio è stato destinato

anche allo studio delle balie, per le quali, olre alf indicazione del ceto

sociale e alla ricostruzione dal catasto di alcune biografie familiari, è stata

sottolineata la treqaenza del loro ricorso all'alTattamento degli esposti

come attività più di alte economicamente adatta ad integrare le entfate

della famiglia.Lontano quindi da una sola quantificazione di dati, il lavoro si è

andato pian piano arricchendo. Sono state messe in risalto problemati-

che più o meno note della storia economica, sociale ma più che altro

della storia della mentalità, per il desiderio continuo di scavare, pet

quanto le fonti hanno permesso, nell'animo degli uomini del tempo. Ed

ecco i gesti, le parole, il pensiero di quanti apparvero, come immagini

L'OSPEDAI-E DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

riflesse, nell'occhio dell'ospedale, aperto su un mondo contadino, sco-nosciuto, spesso, alla nostra comprensione, bisognosa di riannodare con-tinuamente fili più volte spezzati.

Variamente indicati ora come <( trovatelli », ora come << gettatelli »>

e più spesso come << esposti >>, denominazioni queste che anticamentefacevano capo a situazioni giuridiche diverse, ma le nostre fonti indicano sempre ed esclusivamente dei « fanciulli >>, i bambini abbandonatida tempo hanno attirato f interesse degli studiosi r.

Nell'Ottocento, 1'aumento impressionante del numero dei piccoliassistiti negli ospedali istituiti pet 1oro, pose il problema all'artenzionegenerale, costringendo uomini di cultura di vario indirizzo, ma in granparte medici, ad occuparsene. Numerose furono le pubblicazioni sull'ar-gomento in Italia e nel resto d'Europa a testimonianza de7la difiusionedi questa nuova sensibilità.

È in questo contesto europeo che si possono collocare gli scritti dialcuni studiosi toscani, 1e cui opere, benché scaturite da motivi reali edimmediati, seguono un gusto erudito e r:noralistico proprio dell'epoca. Ibambini abbandonati vi compaiono come un fenomeno scomodo, scan-

daloso, nuovo per le dimensioni e ofiensivo nei riguardi dell'amore ma-terno, al quaie inutilmente ci si appella. Fra queste, sfrondata da tuttociò che è frutto di pura erudizione, come ad esempio la ricerca, comuneanche ad alti di questi autori, di una naturaie disposizione italiana,quando non addirittura toscana e fiorentina, a77a caùtà,l'opera di Fran-cesco Bruni, apparsa nel 1819, con 10 scopo di tracciare la storia del-l'ospedale fiorentino degli Innocenti, di cui allora era << infermiere >>, rap-presenta un importante documento sulla condizione di questi istituti inpieno XIX secolo 2. 11 quadro che ne vien fuori non è certamente idealee i suggerimenti igienici del Bruni, come quello di aprire ogni tanto le

1 Secondo L. Zoaxtunx, I primordi della casa clei gettatelli in Siena, <<Br7-lettino senese di Storia Patrta>>,, (1898), pp. 452-466, diversa era 1a prorezioneaccordata dal1a chiesa agli << expositi ante ecclesias », dal1'« ammissione regolare exofficio dei gittatelli in una casa, a ciò esplicitamente destinata e mantenuta con da-nari suoi propri ». 11 bambino << abiecius ad hospitale, anziché abbandonato » è,intatti, << gettato ad un ente che è in grado di proteggerlo e di tutelarlo >> e non sitratta più né di « derelictio » né di << expositio » per cui, mentre chi accoglieva un<< esposito >>, acquistava i diritti propri dell'occupante di cosa derelitta, ora, con ilsuo affidamento ad una istituzione, < i rapporti di sangue e soptarturto di patiapotestà non si estinguono, sono soltanto sospesi, e rivivono a1 rlomento, in cui igenitori si manifestano >>. A conferma di ciò si ha dall'altra parte il diritto del-l'ospedale a chiedere ai parenti il rimborso degli alimenti.

z F. BnuNr, Stoyid dell'l. e R. spedale di S. hlaria degl'Innocenti e Ci moltialtri pii stabiliruenti, r,,o11. 2, Firenze, 1819.

INTRODUZIONE

finestre, per via del fetore emanato dai bambini, ammassati nelle sale,

sono così primitivi nella loro semplicità, da bastare a datct un'idea su

quella che doveva essere la reale situazione alf interno di queste isti-tuzioni 3.

Di carattere diverso, seppure anch'essa non esente da note storiche

celebrative, inneggianti alla patria beneficenza, è da considerarsi l'opera

dell'economista Attilio Zaccagni-Orlandini del L853, che, nell'ambito di

una serie di ricerche statistiche di vario genere, condotte a termine nel

territorio del Granducato, inserì anche quella vasta ed esauriente sugli

ospedali per esposti presenti all'epoca tn ltalia, dedicandosi, particolar-

frrente, a quelli toscania. Ne risulta una Toscana granducale ben orga-

nazata e divisa, per quanto riguatda l'assistenza all'inlanzia, in sedici

circondari, dotati ciascuno di un ospedale centale più altri ospedaletti

ed ospizi. La novità degli scitti dello Zsccagni-Orlandini, tuttavia, si

atterrtta quando, nel tentativo di dare una spiegazione aIle cause del|ab-

bandono dei bambini, l'autote ne indica quella principale nella « debo-

lezza>> di tante « fanciulle perfi.damente sedotte >>, << accecate poi dal

sentimento della vergogna e del disonore »> s.

A portare nuova {.reschezza alie considerazioni dell'epoca sugli espo-

sti contibuì, dopo la metà dell'Ottocento la discussione a livello euro-

peo intorno al mantenimento o meno dei cosiddetti << torni »> o <{ ruote )>

che, a detta di alcuni, servivano solo ad aumentare la vergogna delle

esposizioni, a detta di altri, salvavano invece, con la sicurezza dell'ano-

nimato, la vita di molti bambini 6. Fra i toscani emerge per chiarezza

di concetti il medico Ottavio Andreucci, sostenitore delle ruote, che

vede come espressione di una carità antica, che niente vuol sapere e niente

chiede, contrapposta all'altra, più moderna, scrutattice e indiscreta 7.

L'Andreucci, ottimo conoscitore della situazione europea del tempo nei

3 Continui richiami alla necessità di cambiare aria nelle stanze delle balie e

dei bambini ricortono, infatti, ne1la parte dell'opera dedicata alle cure da prestarsiai piccoli ricoverati, le cui condizioni il Bruni avèva avuto modo di constatate'moltoda'vicino essendo

-stato nominato << in{ermiere >>, carica che veniva afrdata ad tn

medico con l'obbligo di risiedere all'interno dell'ospedale, sino dal -1-805,

d-rr -!.BxvNr, Staria detl'Il e R. spedale di S. Maria degl'lnnocenti-cit.,-vo1. II,.pp.26-3).

+ A. Zucc,lcNr-Onr.arforNr, Ricerche statistiche tJel Graad.ucato di Toscana,

voll. 4. Firenze. 185,3.s'4. ZuccacNr-Onr.aN»rNr, Ricerche statistiche cit,, vol. III, p. 548.6 Per I'ampio dibattito sull'abolizione o meno delle ruote negli ospizi -deqli

esposti, che ori§inò in Francia nel1a seconda metà dell'Ottocento, si -veda M. G.Gòmrr'- L. Psir,BenrNry IJn problema di storia sociale. L'infanzia abbandonata inItalia nel secolo XlX, Firenze, 1974, pp' 85-90.

7 Cfr. O. Anorcuccr, Delle ruoiiò d.ei torni negli ospizi degli esposti,.Firerae,1868, pp. 14-31.

L,OSPEDALE DI s. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANo

riguardi del problema dei bambini abbandonari, con Ia quale fa con-tinui ra$ronti, ha il merito di scorgervi motivi economici olme che mo-rali e quello di indagare sull'alta mortalità risconrrata negli ospizi, indicandone come rimedio principale L'allattamento umano e, se possibile,materno 8. Quello dell'allattamento materno, ad ogni modo, è un invitoche ritorna comunemente in più di un autore del tempo, quasi a volerrecuperare i secoli di silenzio durante i quali, nella generale approvazione,avevano trionfato le balie e I'allattamento mercenario e.

Nel XIX secolo l'interesse per gli esposti si identifica, quindi, conquello per 1e istituzioni preposte al loro ricovero e il problema non è

tanto quello di capire il perché del fenomeno dell'abbandono, quanto diricondurlo il più possibile in un certo ordine sociale e, in questo senso,si raggiunse lo scopo sensibilizzando i vari governi che, specie i piùilluminati, gareggiarono in provvedimenti, tesi a tealizzare, però, un'as-sistenza sempre più discriminatrice.

Completamente accantonato e trasformato come problema socialedal XX secolo, mediante gli aiuti domiciliari, i sussidi alle rugazze madrie un nuovo tipo di assistenza, tendente, in genere, a relegare nelle formepiù discrete possibile tutto ciò che può essere motivo di disturbo alnostro frenetico e felice ritmo di vita, finfanzia abbandonata attira,tuttavia, oggi più che mai f interesse degli studiosi e degii storici inpafticolare. È in questa luce e senza nessuna pretesa di completezza, chevorremmo dare alcuni ragguagli sulie più recenti pubblicazioni che sonostate utili nel corso del nostro lavoro e che rappresentano la varietàdelle angolature attraverso le quali il problema può essere considerato.

La necessità di applicarsi allo studio dei bambini abbandonati avevagià dato i suoi frutti in Francia a cavallo ma iI XIX e il XX secolo, dove

8 Cfr. O. ANonruccr, La ruortalità dei barubini in relazione alla soppressionedelle ntote,-Firenze, 1,870, pp._45-67. Dello stesso aurore su ana.logiri àigomend,si. veda anche Gli orfanotrofi, Firenze, 1855 e Della caùtà ospitalìe;a in Toscana',Frenze, 1.864.

e Sull'abitudine di dare fr,gb a balia presenre, per owi motivi economici, più{requentemente nelle classi agiate che in que11e pove-re, si veda L. SroNa, Il initrttnonio_ aristocratico, in Faxziglia e ntatrimonio nel capitalìsnzo europeo, a cura diAgapik_ Manoukian, Bologna, L974, pp. 164-165 e J-. L. FraNnnrN, La famiglia,parentela, casa, sessualità nella -società preindustriale-, À4i1ano, 1979, pp.'250-15i,che indica nell'uso generale di dare frgb a balia oltre al tacito acconséntimento ditttta la società, il chiaro invito della chiesa che, desiderosa di salvare 1'unione coniu-gale messa in crisi da11a nascita di un nuovo f,g1io (bisognava infatti evitare con ognimezzo ,nna nuova gravidanza che avrebbe <( corrotto » i1 latte de11a madre), trovònel baliatico una comoda soluzione e ancora nel XVIII secolo s'invitava esplicita-mente 1e donne a mettere a balta i propri figli « onde poter così compiere il pro-prio dovere prowedendo aIle necessità del marito, per iema che questi non a6biaa cadere in qualche peccato conffario alla ptrezza coniugale ».

TNTRODUZIONE

erano apparse due opele genelali tendenti a dimostfare storicamente la

preserza del fenomeno sino dall'antichità e riconducibili, per questo,

a quell'atmosfera di viva curiosità sull'argomento, cui abbiamo preceden-

temente accennato e alla quale, in questo modo, gli autori del1e due

opere davano, probabilmente, risposta e soddisfazione i0.

Ma la storia dei trovatelli traffà vantaggi molto più tardi dalle ri-

cerche portate direttamente negli archivi ospedalieri come aveva antici-

pato, già nel 1898, Lodovico Zdekauer in un suo interessante articolo

sui gettatelli dell'ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, nel quale

auspicava la futura esplofazione degli archivi degli ospedali, ricchi dimateriale di grande impoftanza << per vari riguatdi >> tna' a suo awiso,

in particolare, per la storia ospeda7rcralr. Oggi sappiamo quanta vedtà

vi fosse in guesta sua afrermazione e si deve proprio alla ricerca, por-

tata nei vari archivi parrocchiali ed ospedalieri, l'approfondimento di

tematiche già conosciute e la scoperta di nuove.

Significativa, a questo proposito, l'opera di ricerca sistematica com-

piuta in questi ultimi anni dai demografr' fua i quali, per I'argomento

che c,interessa, ricofdiamo la sollecitazione di nuove problematiche di

Carlo Corsini che, partito da stu& sulla famiglia in Toscana 6a i[ XVIIe il XIX secolo, ha finito con l'occuparsi anche degli esposti e, in par-

ticolare, di quelli dell'ospedale fiorentino degll Innocenti. Da questo

incontro da lui stesso definito << occasionale >>, il Corsini trae risultati

inediti, che illuminano l'atteggiamento delle famiglie toscane nei con-

fronti dell'abbandono dei figli legittimi nonché I'interessante ipotesi del

ricorso al7'allattamento dei tfovatelli come pfatica conffaccettiva più che

come ricerca di un'integrazione al reddito f.amilntel2.

Ad ogni modo se è alla demografia storica che, nel particolare,

si debbono i primi approcci pef uno studio dei ffovatelli, è ai primi

grandi nuovi indirizzi storiogtafici, specie a quello che s'interessa ai

mutamenti del comportamento e della mentalità che ci pare si debbano,

10 Si tratta delle opere di E. SaNIrcuoN, Histoire des enlants -abandonnésdeouk l;intiaui;iré iusqu'A-nos iours, Parigi, 1880 e di L' Lenruexo, Histoite des

iiiiiir- iU;àriirné| ei délaissei, e2r1g, r-AÉ:, _che non abbiamo però potuto consul-

triè di..ttr*"nre come i"ué.. e rtatÉ'p.r l;aftra di L. Lalr,nrvreNp, Histoire de lachailté. voll. 5. Paris,i, L902.

1i L. Zorxtvsi,' I primordi della casa dei gettatelli cit., p. 452'rz a. A. ConsiNr,

'Ncerche di denograf.a stoùca nel territorio di Firenze,

«Quaderni storici>>, ti G97L), pp.37l-398 dpubblicato in Dernografia stotica,-ao.,i;di E Sori, n,itog"r, Lg75', pp. L67'L94.-ie1 medesimo autore, si veda anche

ti"tecondité niturclte- di la le'nile mariée. Le cas de nourrires, «Genus,»,,{XX,i. i.-i t-ti1C\ e Materiati pei lo stadio delta larniglia in Toscana nei secoli XVII-XIX: glì esposti, « Quaderni storici >>, 33 {L976), pp. 998-1052.

T,oSPEDALE DI s. MARIA DETLA SCALA DI s. GIMIGNANO

infine, i più recenti riferimenti all'infanzia abbandonata quali, ad esem-pio, i vari articoli comparsi sull'infanticidio, che vedono nell'abbandonodei bambini la stessa volontà di eriminazione anche se difierita neltempo 13. Quasi unanime è l'osservazione su una diversità di compor-tamento nei confronti dei due sessi, neil'uccisione di un maggior numerodi femmine e nel più frequente ricorso all'abbandono di

*figlie, cause

queste, secondo molti studiosi, dell'alto tasso di mascolinità carutte.r.-stico di tutto il Medioevo 14. rnteressante, a questo proposito, l,ipotesidi Emily coleman che, per r'a1to Medio"uo, not, ,r.tlu ."gion. di Éarigi,l'esistenza di una sorta di maltusianesimo, dipendente laila maggioreo minore estensione del << manso >> e consistente ne1la eliminazione, me-diante infanticidio, dei nuovi nati e specialmente delle bambine; più pic-colo era iI << manso » infatti, maggiore era il tasso di mascolinità, men-tre nei grandi « mansi >>, dove era possibile l'arlevamento di un mag-gior numero di bambini, si nota un maggior equilibrio rra i sessi rs.

È in questo ambito di ricerche che ci pare di poter collocare anchel'articolo di Richard Trexler sui bambini abbandonàti nella Firenze delQuat*ocento, dove il numero delle femmine supera di gran lunga quelrodei maschi e la cui diversità di rattamento nell'ambiro ,r.rro dÀgu ospe-dali (i maschi venivano dati a balie più fidate e tenuti in casa mentre Iefemmine venivano inviate più spesso fuori per essere allattate), fa pen-sare ad un vero e proprio infanticidio messo in atto nei confronti dellebambine 16. con I'apertura del grande complesso ospedariero degli In-nocenti, verso Ia fine della primà metà der xv secolo, tLTttavia, quarcosacambiò nel comportamento delle famiglie che abbandonavano i propri figri.Secondo il Trexler, infatti, g1i Innocenti superarono di gran 1unga, per7a capacità, numerica dei ricoveri offerti, ogni aspettativa assisten ziale eindussero le famiglie ad abbandonare anche o più -u..hi rispetto al

i3 sulf infanticidio in generale rimandiamo al saggio di \y/. LaNcB x, Infantrgdig; qya rdssesna storicai in L'o*àenii-iiitr*p"i'"iiit"il iitrlà-iiiderua diT. Mc KrowN. Milnn.,. T9.7.9!_pp: zz>_a3iu;.-r;;-r, sua repressione nel XIV e nei XVsecolo, si veda l'arriccio dì v:-É. B;r.*u'oj't;irrnrtirifi' ) ù-ii-'ai'ttrroy* Agr,:ft

^?":,::::i.?r:nps)tcolozi4ues et^sa répressio;, . R;u;;'hiri..iq,ié'"ar""aià;i frr^iìijer erranger >> >U llL)/2), pp. 229_256.

. ra Cfr. G' Dar-rr-ie,'(Jn probrema di tlemografia storica: uomini e donne dil-o^n^t1/la »uorte, in Demografia storica cit., pp.-'Z>l_Zt< e D. Hrnrruy _ C. Kre_prscH-zuBER, Les toscans er leurs lamiLles. uià étude du catasti-floiriìi, ai li1i,Parigi, 1978, pp. j26-350

ls Cfr. E. R. Cor.rrau, L,infanticide d.ans le Haut Moyen Age, .rAnnalesE.S.C..»,^marzo-aprile (1974), pp. ii>,-lii-.'- "- -'

16 cfr. R. c. Tnexrrn, inianticide in Frorence: fleb sources and first resurts,<< History of childhood quartérlyi th. jà"rnal ìi p;;;j;"Éi;d;;' \" i#i\ l," ni. ga-fl;.

passato 17. Si trattò in questo caso di un mutamento di ordine psicolo-

gico seguito ad una modificazione dell'assistenza, che da questo momen-

to non fu più privata e saltuaria bensì continaata, ampia, sostenuta e

giu;stifrcata pubblicamente.

Su questo tema, dei rapporti intercorrenti ffa assistenza e povertà,

intese come prodotto e causa insieme di una evoluzione della menta-

lità sociale e strettamente collegate aTle vatiazioni della congiuntura eco-

nomica, sono comparsi da tempo numetosi studi per merito, in gran

parte, dei seguaci della scuola di Michel Mollat, che si è occupato parti-

colarmente, della storia dei poveri e degli emarginati 18. Ne sono un

esempio gli articoli di Richard Gascon sulla povertà a Lione nel XVIsecolo, dove l'assistenza è vista adattarsi alle fluttuazioni del mondo dei

poveri con una evoluzione ad esso parallelale; di Charles Marie De La

Roncière, che nota come nella Firenze del XIV secolo, negli anni im-

mediatamente precedenti e seguenti 1a peste del 1348,1a mendicità spet-

tacolare avesse fatto posto ad una povertà nuova, ad una << indigenza >>,

che si era estesa anche alla classe dei salariati20. Queste problematiche

le ffoviamo riunite e svolte nell'opera di Jean Pierre Gutton, che ha

avuto come oggetto specifico sia la ricerca delle testimonianze della

povertà nella società dai XVI al XVIII secolo che il relativo sviluppo

degli atteggiamenti e dei prowedimenti sociali verso i poveri 21.

Se agli studi sulla povertà dobbiamo il collocamento dell'abban-

dono dei bambini tra gli efietti più appariscenti << dell'assillo del pane

quotidiano )>, numerose ricerche sulla famiglia, cui dette i1 via Philippe

Ariès, che per primo sosteflne.la generale indifierenza materna vetso ineonati sino al XVI-XUI secolo, ci hanno dato l'opportunità di con-

siderare il posto occupato dai figli nell'ambito familme dal punto divista economico e afiettivo 2. A Edward Shorter e Jean Louis Flandrin,

17 Cfr. R. C. Trcxren, Tbe loundlings of Florence, 1395-1455, «History ofchildhood quarterly: the journal of psychohistory >>, 1" (L973), Pp: 259'284.

18 NbI particolare ci'ri{eriamo aSi Etudes sur l'histoire de la pauareté (moyenàpe - XVl" iiècle), sotto la direzione di Michel Mollat, voll. 2, Patigi, L974.- le Cfr. R. éescox, Econonzie et pauureté au XVI" e XVII" siècle: Lyon,aille exernplaire et propbeti.que, in EMàes sur l'histoire d.e la pauuretl cit', vol.II, pp. 746-760.' "20

Cft. C. M. pB ra RowcrÈnr, Pauares et pailareté à Florence au XIV' siècle,in Etudes sur l'histoire de la pauareté at., vol. Il' pp.714-745.

zt' J. P, Guttou, l,a società e i poaeri, Mllarro, L977.22 -<L'abbartdono dei bambini è dovuto in primo luogo all'assillo del pane

quotidiano " (J. P. GuttoN, La società e i poaeri cit., p. 71). Ci riferiamo all'opera& P. AnrÈs,-Pafui e f.gli nell'Earopa ruedieaale e rnoderna, Bari, 1968, che-pe1quanto riguaida l'amore materno aveva già anticipato quelli che saranno i risultatidi E. Bao'rNreÈ, L'arnore in più, Milano, 1981, che ha recentemente sostenuto 1'ac-

quisizione cultuiale e non istintiva dell'amote della madre nei con-{ronti dei figIi.

10 L'ospEDALE Dr s. MARrA DEI,L.A, sc.{LÀ DI s. GTMIGNANo

operanti in questo campo di ricerche, dobbiamo precisi riferimenti alcomplesso fenomeno dell'abbandono dei figli da parte delle famiglie dalXVI al XIX secolo. Il primo ha notato l'aumenro del numero dei trova-telli in coincidenza di quello del prezzo del grano e l'influenza sulla mor-talità infantile dell'abbandono psicologico oltre che fisico, come sta-rebbe a testimoniare, a parità, di condizioni igieniche, |'alta mortalitàriscontrata tra gli esposti e specie se illegittimi ts. Il Flandrin analizzaattentamente olte che l'incidenza del baliatico sulla mortalità dei bam-bini, la diversità dell'atteggiamento nei confronti dell'allattamento delledonne di campagna e di quelle di città, dipendente, in parte, a suo av-viso, dalla diversità della strutturu fam17iarc, in genere allargata e conmaggiori possibilità per le donne di dedicarsi a7l'alTattamento in uncaso, coniugale e quindi meno adatta all'allevamento dei figli, per mo-tivi economici e psicologici, nell'altro 2a.

Al tema dell'allattamento, che Edward Shorter e Jean Louis Flan-drin vedono orientarsi, frutto di un'evoluzione culturale delle famiglie,da quello mercenario a quello marerno, via via che ci si awicina at XIXsecolo, si ricollega anche George Sussman, che vede la frne di quellomercenario, in Francia, tra il L874, data della comparsa delle prime leggisull'infanzia e i7 L914, anno dello scoppio del1a prima guerra mondiale.La guerta infatti interruppe i contatti tra città e campagna, zona diresidenza, quest'ultima, di gran parte delie balie, finendo col determi-narne così piano piano il superamento, che fu dovuto quindi oltre chead un'evoluzione culturale anche ad un cambiamento economico, datoche le donne lavoratrici, sempre più numerose, consideravano ormai unlusso superfluo f invio di bambini a baTu in campagna s.

In un'ottica diversa e per epoche più recenti, si sono occupati del-f infanzia abbandonata anche, nel contesto dei problemi sociali deli'Ita-lia dal XVIII al XIX secolo, Franco Della Peruta, che la considera olmeche efietto di un << generico pauperismo >> anche delf ingresso in fabbricadelle donne, e Gabriele De Rosa che, occuparosi in particolare dei mo-vatelli calabresi, la identifica con uno dei tanti aspetti del1'emargina-zione sociale del Sud ft.

zz Cfu. E. Snonrnn, Fanziglia e ciuiltà, Milano, 1978, pp. 164-174.,1 I. t. FreNonrx, La famiglia cit., pp. 197-278:2s Cfr. G. D. Sus_snaarv, Tbe eni-ol tbe aet-nursing business en France,

1874-1^914,. «Journal of family history», vol. II, n.2 (1977), pp.237-257.26 Cfu. F. Dpr.r.e Ppnurt, Aspetti d.ella società italiana'nTll,Italia della resrau-

raziole-,-« Studi ltgtlcl1»> 0976), pp. 27-68 e G. Dr Rosa, L'eruarginazione socialeiru Calabria nel XVIII secolo: il problema degli esposti,.«RicercÉe di storia so-ciale e religiosa>>, 13, VII (1978), pp. 5-29.

INTRODIJZIONE

Interamente dedicati allo studio dei govatelli, considerati ancora

una volta come problema sociale, ricordiamo, in ultimo, gli scritti diMaria Gruzia Gorni e Laura Peliegrini, tendenti ad illusmate la situa-

zione dei vari ospedali per esposti dell'Italia de| XIX secolo, nel1o s{on-

do della legislazione del momento in materia, che hanno il pregio, pur

nella staticità delf insieme, di fornire interessanti ragguagli tra Nord e

Sud u.

Per la storia ospedaliera, infine, mi preme ticotdare, a conclusione

di questa breve rassegna, 1o studio utilissimo per i continui e proficui

raffronti, di Giuliano Pinto sui salatiati e le balie dell'ospedale fioren-

tino di San Gallo, prezioso spaccato della vita interna di un ospedale

per esposti del XIV secolo u.

11

z7 M. G, Gonrvr - L. Prr-r.EcnrNr,IJn problema di storia sociale crt.a G. PrNro, Personale, balie e iaLariati dell'ospedale d'i San Gallo, esttatto da

<< Ricerche storiche >>, 2 (1974), pp. LL3-L66.

LE FONTI

Lo studio è stato condotto sui libri di Santa Maria della Scala di

San Gimignano, depositati nel1'Archivio dell'Ospedale degli Innocenti

di Firenze in seguito alla sua riunione con l'ospedale fiorentino, awe-

n:uta nel L554.

Quelle dell'ospedale della Scala di San Gimignano non sono le uni-

che memorie, olffe alle proptie naturalmente, conservate presso l'archi-

vio:degli Innocenti. Già nel 79L1, grazie ad un inventario che si era

venuto formando pian piano, Gaetano Bruscoli aveva potuto indicare,

a grandi linee, il prezioso contenuto dei fondi esistenti, quali quelli di

due ospedali anch'essi preposti all'assistenza dei tovatelli e cioè di San

Gallo e di Santa Maria della Scala di Firenze, quest'ultimo pure sog-

gettò: a Siena, riuniti agli Innocenti, tispettivamente, nel L463 e ne1,

L536t; della Badia di Fiesole, il cui fondo pervenne sino dall'epoca della

sua soppressione insieme a quello del convento della Nunziatina e della

chiesa di Santa Maria dell'Impruneta 2. Notevole è poi la presenza nel-

l'archivio di un migliaio, circa, di libri appartenuti a mercanti e a pri-

vati, giunti in possesso dell'ospedale per via delle numerose eredità.

La riunione deIl'ospedale della Scala di San Girnignano a quello

degli Innocenti di Fitenze contribuì, forse, col riunirli in un luogo si-

1 Per i fondi contenuti nell'Archivio dell'Ospedale degli Innocenti è ancoravalida l'opera di G. BnuscoLr, Ilarchiaio

-d'el regio 1\ed.a!e d'i S. Maria degl.'Inno-centi di Firrozr, Firenze, 1911. Giuliana Cantucci e Ubaido Mo-Iandi, -curatod dellapubblicazione dell'Ancnivro »r s:raro or_ SreNe, Arcbiaio dell'ospedale di santa^Maria della Scala, inuentario, a cuta di G. Cantucci e U. Mor4ndi,, Roma,- 1960,vol. I, pp. XXVI, XLViII, 'sostengono

invece a t9l!o l? presenz€ del {ondo del-

l'ospedalè- della Scala di San Gimignaoo, presso l'Archivio di Stato di Firenze,uniio a quello di Santa Maria Nuova a1 qua1e, seco:rdo.loro, sarebbe.stato riunitonel 1436. Del medesimo parere sulla queitione della riunione a quello f,orentinodi santa Maria Nuova anziché a quello degli Innocenti è anche G. coccuiNr, Legrance dell,ospedale d,i Santa Maiia della Scala di Siena, << Economia e storia >>

(1959), p. 407.' ', it fondo di Santa Maria dell'Impruneta fu riunito per motivi amministrativi,infatti, secondo quanto ci dferisce il Bruscoli, i1 comrlislario- degli .Inrrocenti era

anche'« presidenté nato del Corpo d'ope,ra del1a chiesa di S. Maria dell'Impruneta »

(G. Bnuscorr, L'archiuio d,el regio spedale cit., p. 20).

74 L,oSPEDALE DI S. MA.RIA DELLA SCATA DI S. GIMIGNANo

curo, a salvaguardare buona parte di quegli antichi libri, tanto da per-mettere la soprawiv enza di intere serie, specie di quelle relative allaparte contabile e amministrativa3.

Di tale fondo, che comprende libri dell'ospedale appartenenti adepoche diverse, dal XIV al XIX secolo, sono stati esaminati per il XVsecolo, sul quale in particolare abbiamo fermato la nosffa attenzione, iMernoriali, i Giornali, i libri dei Debitori e creditori e quelli dr Entratae uscita perché utilissimi non solo per la conoscenza della conduzionedel pamimonio fondiario ma anche per quella di tutte Ie alte attivitàdell'istituzione. Sono stati attentamente considerati, inoltre, anche quellirelativi alla vita interna dell'ospedale, quali i regisri dei Legati, defl.eLimosine, dei Perpetui, dei Contratti, delle Finigioni, il Libro deileallogagioni, ir Libro delle possessioni e i Libro di dioerse materie, que-st'ultimo particolarmente interessante perché oltre ai legati testamen-tari, a77e elemosine, alle commissioni e alle assunzioni del personale,conserva la memoria di alcuni dei matrimoni delle fanciulle accolte dalloospedale in quegli anni ed è, insieme al Libro d.elle allogagioni, l,unico,tra tutti gli almi presenti nel fondo, a contenere anche delle testimo-nianze sulla vita dell'ospedale nel XIV secolo.

Dei libri relativi al XV secolo, una cinquantina in tutto, partico-lare attenzione è stata rivolta, dato 1o scopo della nostra ricerca, ai treregistri contenenti le testimonianze degli abbandoni e del baliatico deibambini accolti dall'ospedale. I tre libri, scritti, come del resto tutti glialtri, per mano dei vari rettori, che si awicendarono nella carica nelcorso del secolo, rappresentano una fonte preziosa per tutti i dati riguardanti i bambini e le balie, per I'accuratezza con,la quale, speciei primi due, furono redatti.

Il primo libro, Balie e barztbini segn. B, abbraccja un periodo dicirca trent'anni, dal I4l3 al 1,454; il, secondo, Libro di bali segn. L, vadal L456 al 1465; i. teruo, i\ Libro dei banzbini e balie segn. E, prose-gue dal L487 al 1-512, con un intervallo di ventidue anni rispetto al se-condo che, certamente, doveva essere colmato da un altro registro andatoprobabilmente perduto.

3 AlIa 6ne deI XVI serolo, dopo 7a caduta della repubblica senese, il governomediceo, nel prowedere ad una rilorma generale dell'arnministazione' dell"o statodi siena, mandò al macero una parte grandissima di antiche carte relative all'ammi-nistazione delle grance dell'ospèdale del1a scala di siena e forse tale sorre toccòanche. ad. alcune_ di quelle dei ianti ospedaletti ad esso soggetti, costituenti in molticasi l'antico nucleo delle gr-aoce stesse (cfr. G. crccurm, Là grince cit., pp. 406-4L0e Ancsrvro or Srero or SreNe, Arcbiaio dell'ospedale 'cit., iol. l, p.'tLV1.

- -

L5LÉ FONTI

Per le proprietà dell'ospedale e per la parte riguardante le balie'

in particolare per quell a xelativa alla composizione delle famiglie e al

-"*i.r. .sercitato dai martti, i « bali »>, sono stati utiluzati, infine' i rc-

gistri del catasto pfesenti neil,Archivio di stato di Firenze e cioè quelli

Io' l" portate e i Carnpionl degli enti religiosi, comptesi-nel vescovado

di volr".r, e con le pirtate e i cartploni. dei laici del dis*etto fioren-

tino di cui San Gimignano faceva parte'

CAPrroLo I

ORIGINI, PROPRIETÀ. E REDDITI DELL'OSPEDALE

LàL Storin d.i. S. Gintignano del canonico Luigi Pecori del L853,

rappresenta un costante e autorevole punto di riferimento per Ia sto-

rià:d.l nostro ospedale poiché vi si trovano riunite ed è l'autore stesso

ad informarcene, le indicazioni derivategli dalla lettura delle antiche

cronache e degli antichi annali sangimignanesi e quelle ttatte ditetta-mente da alcune delle carte e dei testamenti, riguardanti l'ospedale edepositati presso l'Archivio Capitolare della città

Le notizie del Pecori sull'ospedale, definite << ampie »> dallo stesso

Matio Battistini, che vi si riferì a proposito del suo lavoro sugli ospedali

dell'antica diocesi volterrana, non sono, tuttavia, le sole a disposizione,

poiché dell'ospedale della Scala di San Gimignano s'intetessatono anche

alcuni studiosi fiorentini dell'Ottocento, partiti da studi sulla benefi-

cenza in generale ed approdati a quella fiorentina e dell'ospedale degli

Innocenti in particolare, cui quello sangimignanese fu pet qualche se-

colo riunito 2.

' Pochi e frammentari riferimenti storici sull'ospedale, li ritroviamo,quinli, nell'opera del medico Ftancesco Bruni del 1819 menre notiziepiù abbondanti ed organiche, compaiono nelle opere coeve a quella del

Pecoti, edite anch'esse proprio nel 1853, di Luigi Passerini e di AttilioZuccagni-Orlandini, quando certamente doveva già essere a disposizione

f inventario :dell'archivio degli Innocenti, contenente, come sappiamo,

aache le memorie di quello di San Gimignano e della cai mancanza iera lalmentato, a suo tempo, i1 Bruni 3. Poche note, infine, sono aggiunte

1 Per le fonti cui particolarmente attinse, cfr. L. Pncont, Storia d'i S. Gini-grrs?ro,: Firenze, 1853, ristampa atastatica, Roma, L975, pp' 3!2-376. -- 2 Cfu. M. BertrsrrNr, Gli spedali. dell'antica diocesi di Volterra, Pesaa, t932,pp. 8345.

3 Cfr. F. Br.NI, Storia dell'L e R. spedale di S. Maria de.gl'Innocenti cit.,y'ol II, pB. 19-20; L. PesstnrNr, Storia degli stabilimenti d.i benefic.enry e di istru-zlooe &ànln della città di Firènze, Firenze, L853, pp. 687-698; A. Zuccaeur-On-Larlo{r, Ncercbe statistiche cit., pp. 327-329.

18 L,oSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S' GIMIGNANO

alla storia dell,ospedale sangimignanese da Gaetano Bruscoli, in un'opera

anch'essa dedicata all'ospedale fiotentino degli Innocenti e apparsa nel

1900 4.

L'ospedale della Scala di San Gimignano, fu fondato nel 1315 da

ser chiaro di ubaldo Palmieri, che lasciò le sue case, poste fuori della

porta di San Giovanni, ptesso la fonte di Pietra Tonda, affinché vi fosse

istituito un ospedale per i bambini abbandonati, dedicato a San Nic-

colò per ricordare l'omonima chiesa che pafe solgesse anticamente in

quel luogos.L'amministr azione dei beni della nuova istituzione, secondo i de-

sideri del {ondatote, fu atribuita all'ospedale di Santa Mada della Scala

di siena. Questa della soggezione all'ospedale di siena, pare fosse

un'usanza allora molto comune anche al di fuori dello stato senese e

dovuta alla sicurezza che quell'ospedale offriva, con la sua ormai con-

solidata struttufa economica e la sua complessa organizz zione, agli

ospedali minori, che venivano a godere così dei suoi stessi privilegi giu-

ridici. A questo proposito ricordiamo che I'ospedale della Scala di Siena

aveva diviso |e sue proprietà in tante << gfance »>, sorta di fattorie con

annesso talvolta un ospizio per pellegrini il cui << granciere )> era tenuto

a rilevare i fatti amministtativi che venivano, poi, raccolti e riveduti da

un'amministrazione cenfiale. Una semplice funzione di contollo della

gestione era esercitata, invece, nei confronti dei piccoli ospedali sotto-

messi come era il nostro di San Gimignano, guidati da un frate rettofe,

nominato da Siena 6.

Ormai sottoposto a quello senese, l'ospedale finì con l'assumeme

anche il nome e lo stemma 7.

santa Maria della scala di San Gimignano restò così sotto le diret-

dve senesi sino alla metà del XVI secolo quando, per volere di Cosimo I,

a cft. G. Bnuscor-r, Lo spedale di santa Maria degl'lnnocenti d.i Firenze

dalla sua londazione ai giiorni no,stri, Fi!en2e..1900, P' 61'.5 paie che I'antica chiesa di San Niccolò non tosse altro che la <( pleve vec-

chia, di-§n Gimignano,-nei .ui pressi fu costruita nel 1251, la fonte detta diPieqra Tonda, cfr. L. Pecont, Storia cit., -p. 386..-**. S;ùGigi".ì t;"igi*irii",". deli'ospedale di Santa Maria della Scala diSi.rrr,

'l--.,r.lu'-1i §uiiti-arUi spedate -di_'Santa Maria d.i Siena (1318-1372), -n

il-int; ir"ntl suitti in ioWi, ni' secoli Xll e XIV, a cura di Luciano Banchi,

Bologna, 1877, vol. III."*"'ilt-q".lto- pr"p*ito ricordiamo che 1o stemma dell'ospedale senese era ed

e .rpp.o.ritàto- a"- "i, rirt, iot61ontrt, da uoa crocg -quale si vede rafflgurata più

ioii"'-lniiéÀà-; gdl" ir;,r*^ a.uttp.a+ d! -Lan G.alto)-e al putto. (stemma del-

iù;;;à; d;st- Ii.,no..àtij- *i pri-o cortile dell'ospedal. fiorentino di Santa Maria

aÀÀii i"on..iti, a significare la-loro riunione coo quest'ultimo'

ORIGINI, PROPRIETìT E REDDITI DELL,OSPEDALE

fu unito all'ospedale degli Innocenti di Firenze, divenendone una fatto-

ria con l'obbligo di ricevere gli esposti, darli a balia e inviarli, a conclu-

sione del baliatico, alla sede fiorentina, ogni anno in occasione della festa

di San Giovanni. Fu in questa citcostaoza che Cosimo I diede l'ordinedi far demolire I'antico fabbricato, costituito dal nucleo delle antiche

case lasciate da ser Chiaro di Ubaldo Palmieri. L'ospedale che era stato

corredato sin dal 1322 di un bel portico e comprendeva nel XVI secolo

più di ventiquatro stanze oltre ad una sala e ad una cappella, frutto dinumerosi rifacimenti ed ampliamenti, ebbe come nuova sede un'altracasa, appartenente un tempo alla famiglia Braccieri e situata sulla piazza

della Cisterna, dentro le mura 8.

La riunione con gli Innocenti, approvata da Giulio III il 3 gen-

naio 1554 e durata sino al 5 febbraio 1809, pare venisse attuata, oltre

che per favorire le dissestate frnanze dell'ospedale fiorentino, per uno

scopo politico, teso a danneggiare la rivale Siena e. Ad ogni modo, nel

1809, il nosro ospedale riottenne la sua autonomia, che perdette però

nuovamente nel 1816, per deoeto di Ferdinando III, che lo unì all'altosangimignanese di Santa Fina, imponendo ad entrambi il nome di Spe-

dali Riuniti e destinando, come ultima e definitiva sede, a quello della

Scala, la fotesteria del soppresso convento della Vergine Maria, contiguo

all'ospedale di Santa Fina ro.

La presenza di due dichiarazioni catastali a dista,nza di cinquanta

anni l'una dall'altra e quella eccezionale, perché l'unica di cui siamo a

conoscenza, di una revisione dei conti cioè operata nel 1453 da Siena,

avvenuta proprio nella metà precisa dell'intervallo fra i due catasti del

8 C{r. L. Pnconr, Storia cit., p. 376. Non confermata dal Pecori né dalle no-stre fonti pare, invece, I'afiermazionè di Sandro De' 9o1li, g.h. ySd: sorgere e per-

manere l'dspedd. d"li, Scala nello stesso edificio d!- ouello.di. Santa Fina, cfr.S. Ds Corir, L'archiuio degli Spedali Riuniti, in Notizie degli__arcbiui toscani,- Archivio Storico ltaliano ,,1olume pubblicato in occasione del III congresso in-rernazionale degli archivi, Firenze, 1956, pp. 597-598.

e Sui motivi della riunione dell'ospedale della Scala di San Gimignano a

quello degli Innocenti di Firenze, si vedà F' BnuNr, Storia dell'L e R. spedale diS. MariaTegl'Innocentl cit., pp. 19-20, che la attribuisce alla scontentezza dei san-

gimignanesi 1rei confronti déll'amministrazione senese, tanto da^ preferirgli -quell.a

Éoreitinu, L. PessrnrNr, Storia degli stabilirnenti cit., pp. 697'698, che ci vede piùuna ragione politica che non economico-amministrativa e A. ZUccecNr-OnraNorNr,Ncercb"e stati-stiche cit., vol. III, pp. )27J29, che la ritiene anche lui frutto dellacattiva amministrazione senese e voluta dagli stessi sangimignanesi.

l0 Le vicende dell'ospedale nei secoli sono state tratte oltre che da T: Prconr,Storia cit., pp. 372-376, dall'A.S.F., Reggenza, cc. 19'21, da E. R-enrrrr, Dizionariopeoprafi.co,' fisico storico della Toscana, Firenze, 1831, vol. V, p' 48 e da PrernoLroioioo,

'Relazioni sul gooerno della Toscana, a flrra di A. Salvestrini, Firenze,1974, vol. III, p. 4li.

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20 L'oSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

1.428 e del 1478, ci dà Ia possibilità di conoscere Ia consistenza patri-moniale dell'ospedale e di seguire, in particolare, le vicende della sua

proprietà fondiaria. La sua solidità pamimoniale, inf.atti, nel secolo inquestione, il XV, {u scossa spesso da eventi politici, flagelli naturali e,

talvolta, dall'avidità degli stessi amminisffatori senesi, pur continuando

I'ospedale ad incamerare nuovi beni, provenienti dalle eredità dei bene-

fattori e dalle donazioni degli oblati 11.

Nel catasto del 1428 riservato ai beni degli enti ecclesiastici del

vescovado di Volterta, l'ospedale che ha ancora come sede l'antica casa

posta fuori delle mura, vicino al convento di San Francesco, possiede

alffe ffe case << grandi con orto di dietro >> in San Gimignano situate,

una, tenuta per <( suo bisogno »>, nel quartiere di San Giovanni, una

<< alla stufa >>, probabilmente nel quartiere di San Matteo, e una sulla

piazza de7la Cisterna, le ultime due entambe affittate « a più persone »> 12.

I poderi, quattordici in tutto, più « colti >>, vigne, << pezuogii >> di terra

ed orti, posti a Barbiano, Ce1lo1e, Ulignano, Casale, Riomaggiore, Monte-

morli, Monteacuto e alla Croce sono, tranne due poderi, un << colto >> e

un << orticello >> dati ad affitto, coltivati da mezzadti mentre il personale

deli'ospedale coltiva <( a sue mani >> I'orto, ricco di ulivi, alberi da fruttoe << pergole di greco >>, annesso all'abitazione e una vigna posta vicino

alle mura. I poderi a mezzadria tutti << a uno tenere con un paio di buoi »>

di proprietà de1l'ospedale, rendono l'anno di mezzo 874 staia di grano,

90 d'orzo,5S di fave, 111 di spelta, t1,2barili di vino, 34 orci e rnezzo

d'olio e bestie, polli ed uova per un valote di 17 fiorini; alme 32 staia

di grano, 10 barili di vino e un paio d'orci d'olio, sono tutto quello che

perviene invece dai terreni afrttali13.

11 A.S.F., Catasto,7B3, cc.567-577; A.S.F., Catasto,997, cc. L36-14l; Entratae uscita segn. A (1448-14»), 7L, cc. 145-147.

12 A.S-.F., Ca,tasto, L83, c. 567, dove troviamo conferma alie indicazioni forni-teci da L. Paòonr, Storia cit., pp. 408-414, che c'informa de1la costruzione de1 con-vento di San Ftancesco fuori del1a porta di San Giovanni nel 7242 e delia sua

distruzione, insieme all'ospedale del1a Scala, nel 15fi, edilicato,- cioè, molto '"icinoal luogo dore sorgerunno o forse già sorgevano i 1oca1i qoi destinati alla nostraistituzione. Per quànto riguarda la località detia << alla stufa >>, semple L' Prconr,Storia cit., p, 346, patla di una << stu{a >> che venne efiettivamente costtuita per lasalute e La^rnrJizia àei sangirnignanesi ne1 1327 e che pare_-si trovasse proprio .nelquartiere di-San Matteo, néi piessi della Rocca e vicino all'olmai scomparsa chiesa

di San Galgano.13 Il Tatto che per uno solo dei poderi, fra l'alffo abbandonato, venga detto

<< non ha né casa né èapanna >>, fa pensàre che, a1 contrario, queste esistessero suglialtri poderi anche se nìn speciEcaie. Riguardo poi ale _misu:g per gli atidi, sonoquelle in uso a San Gimignàno. Lo « staio piccolo » di San Gimignano era di 75,2

litri contro i 24,36 di quéflo fiorentino e duoi multipli erano il-rasiere dt 2 staia,1o scafio di 1.2'staia e-i1 moggio di 24 staia, cfr. E. Fru1lrr, Storia economica e

sociale di San Girnignano, Firenze, 1961, p. 728.

ORIGINI, PROPRIETÀ, E REDDITI DELL'OSPEDALE

Pare questo il periodo più prospero per l,ospedale, governato dafrate checco d'Agostino da san Donato in poggio del contado di Fi-renze, nominato da siena sino dal t41l e che rimarrà in carica sino alL448, anno della venuta del suo successore, certo frate Mariano. È sottoil rettorato di frate checco, infatti, che la proprietà fondiaria dell,ospe-daie si arricchisce attraverso l'acquisto di vari << pezzi di tema », << colti >>

e persino un podere comprato nel 1,427 per ben 450 fiorini dall'ospedaledi Santa Maria Nuova di Firenze la. 11 patrimonio netto dell'ospedale,quale risulta dal catasto ammonta, dedotti gli « incarichi >>, a quasi 3000fiorini, secondo fua gli ospedali di San Gimignano, solo a quello diSanta Fina, il cui patrimonio raggiunge circa 5000 fiorini ts. La <<fami-glia >> conta quell'anno venti <( bocche >> fra in casa e fuori e cioè, oltreal rettore, un cappellano, tre fanti, tre donne e dodici bambini di cuicinque a balial6.

La situazione patimoniale, quale ci appare nel 1453 dal Libro d.ellepossessiorci, dove si trovano descritte, probabilmente su sollecitazioneo per mano degli stessi amministratori di Siena, tutte le proprietà fon-diarie possedute dall'ospedale in quelI'anno, e dal libro di Entrata euscita segn. A, dove compaiono, invece, tutte le entrate e Ie uscite indenaro e in natura, redatte questa volta personalmente dagli inviati se-

la Libro di diuerse naterie (L394-L49o),_10, c. LXXXXVII. Fra gli alri pro-prietari teirieri che vendono terreni all'ospedale, iroviamo ne1 1415 l. -"rona.À.'dàlconvento di Santa caterina di colie per un pezzo di << sodo >> del valore di duelire,. posto a Terrazzano, Banchello di messer èherardo Buondermonti, citiaaino nò-rentino, per terreni e case posti alla ctoce, _per un totale di 125 fro.,ni, Fiiipfoìimesser Andrea dei Bardi. per otto staiora-di << sodo e boschi », posti aila Cro.e aBibbiano, nella. corte di Poggibonsi, per 40 lire e Michele di Lioncino da Bibbianòper due pezzi di terra di sei staiora <i nel piano dei Fosci >> (Libro di diuerse materie(1394-1490), 10,_cc. LXXXXVILXXXXVII); ne1 1416 compare certa monna Onestàdi Lorenzo di Francesco, citt-adino^fiorentino, dei popolo^di san Felice in più)i,per_-gg?,--v_e_!dita del valore. di.55 fi^orini (Libro di-diuerse materie djiq-lCgqt, lO',c. LXXXXVI); nel 1418_Michele e stefano, «fratelli e figliuoli» di Andrea di'Ter:-tzzar,o, nel popolo- di san Michele a -Padule,-«

per tr,tta loro case e casolari, terrelavorate e sodi e boschi»>^per 100_fiorini (Libro di diaerse nzaterie (Bg4:1490),10, c.. LXXXXVTT); nel L420 ancora le monache di santa caterina di coile per <( unpo'.di terra,soda>>, nel 1431, Antonio de'Rossi, per un pezzo di terra venduto a 2gfiorini e, nel 7434, Riccio da Colle per w pezio di soào per 3 fiorini e Meio diL.gryld,q__qSt. 40 6orini di tema vignata (Libro di diuerse tnaterie (L394-1490), 10,c. LXXXXVII).

Is Cfr. E. F:rlr,r, Storia economica cit., p. 187.

. ,u SrIo da questo- ca_tasto. possiamo cogliere dal1a sfida che segue, lanciataàt.frate Checco agli ufficiali del carasro, la iluttanza di questi enti réligiosi a di-chiarare -pubblicamente le proprie entrate e uscite: << Non è possibile poter darealle.eccellenzevostre appieno-né entrata né uscita, logoro di casà, mantenére Ie pos-sess.ioni, .fare.le prestanze a' Iavoratori, ché di sei ienari perdia-one quattol ledecime alle chiese, la_ nostra parte del seme. se piacesse allà vostra signòria, avreimolto caro che mandasse vostri confidati alle spèse dello spedale e vàdrebbero lepossessioni e le mie enuate e uscite >> (A.S.F., Catasto, 753, c, 57L),

21

i-l-=l1:3

:

1'' L,oSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNA.NO

nesi, se non è notevolmente modificata nella sostanza e nel numero dei

beni posseduti, rispetto a que11a del 1'428,1o è tuttavia nel diverso indi-

rizzo dato all'amministtazione dei beni immobili 17'

L'ospedale che in questi anni a causa della guerra efa stato costfet-

ao , .r.rrbiure sede, rifugiandosi all'interno della città' nella casa posta

nella contrada di San G"iovanni, che sappiamo ora essere nella via di

Berignano, provvista di << terreni, celle e cantine e cisterne e sale e ca-

mere e altri abituri >>, possiede infatd ancora dodici poderi e dodici

« pezzi di terra ,, lavorati << al modo fiorentino )>' « con vigne' ulivi'

aliri alberi e più boschi e sodi >> (questa volta si specifica anche l'esi-

stenza sui poderi di <'( case da lavoratori » e di <( capanne >>), ma alcuni

terreni ,o.ro indi.uri come venduti e ffoppi appaiono come, concessi in

usufrutto a nuovi oblati. Sono questi, però, gli anni che vedono rettore

dell'ospedale frate Mariano, la cui temerarietà, giunta sino all'alienazione

di pu.ì. dei beni immobili dell,istituzione, indusse il comune stesso di

San Gimignano a spedire due ambasciatori a Siena per evitate il peggio

edèdunquelecitopensarechesitrattassediunsistemadaluiadottatop., .oprir., con false concessioni a vita appunto, la vendita-di.alcuni dei

i....rri,t. Nel libro di Entrata e uscita segn. A troviamo infatti memoria

dell,invio da siena & frate Baroncello di Leonardo Baroncelli per rive-

d.r., ,, preciso ordine del rettore dell'ospedale senese' messer Bolghe-

rini,,l,operato di frate Mariano, sotto il controllo legale del notaio san.

gi-ig.,rr.r. ser Girolamo di Niccolò di Bindo, più volte nominato nelle

ior,i p., i suoi servizi resi all'ospedale 1e. Dal con*ollo delle entrate e

delle uscite, relative al periodo compreso tra il 10 gennaio 1448 e il 23

agosto 1453, per compiessivi quattro anni e sette mesi' tanto durò i[

,Jrroruro di frate Mariano, risultò ai << ragionieri >> un disavanzo di 131'18

17 si trafta del Libro delle possessioni segn. D (1,45J'1602), --1, cc' 1-14 e

del libro di Entrata ,'irirr'tiio.'A t4cs-tc5;i' 71' cì' .r4' 141 ' Per quanro ri-

;;;.à;'i iia*|'il Liu,o-"àitir"iìi,r,,ìoii 'ie, D non'ne riporta le super6ci tranne

òhe per i primi r.. a; 'S6,';O';"4i";,;i";;'; si limita a dèscrivere la sola natura

dei torreni e i loro.orrf,ii, ;r;.;"d"i^ir,,o l" rendite ma vi compaiono i nomi

dei mezzadri.lsAncheinquesrianni,tutravia,comparel'accuistodiuncoltodaAndrea

di Paolo di Francesco ii silr.ii-b"1 gi;É""Ìg, $er 4221i',' ' ]B-:'ldi (Libro

di diuerse materie OlSi'-ti9of'tO.-.ròVii. -Éer l'intervenro del comune nelle que-

ft#i;;lt';;;.àrù'.-r^-er.,ri tìà't-e.i.*;ni . it resno di Napoli, che aveva visto

Ì";#siiù;ui;;i',.r,i.iriiià[ro'pui,.'ài Firenze, cf"r. L. Peconr. storia cit., pp.

373,225-229.le ., Frare Baroncello di Leonardo Baroncelli et ragionieri. predetti, al servigio

noi ser Girolamo di Nì;.# di -Éi;d.

'ffi.io. à...ttun"do e la ragione del detto

frate rivedendo . .ut.oUàài"r;;-;";;r;r.-r11" t,r. mani esser peivenuto pecunia

det detto spedale, g*.;,';i;";:;iil; ,^fi;;;" ; altre cose tacte >> (Entrata e uscita

iri". A O448'14fit, 11, c. 145).

E-,.=..-'..rsitrtp4' - r'te;é';'- rr:' -'!'

2)oRrGrNr, PROPRIETÀ "

*u'o'"t ol'," '''=13

fiorini che il frate ammise di aver coperto con la vendita di alcune delle

proprietà della casa' Ai;; dt-f*it M^'i"no' fatto partire immediata-

mente per Siena, tu tn'"ai^'o al governo dell'o'pedale frate Bartolomeo

di Gherardino 20'

..,1:^^*i^ .lot^ che le fonti non

Questa circostanza di carattere straor<linario' dato che le fo

oarlano mai di to"ttJUl'a"ttti t""it"i au Sitnu sulla gestione del-

ì'.,rrr.dale .h" godtuu:"i";;ti;o' a differenza delle <( grance >>' che

.i.eì.ua.o la visita ati'*"""ti-l"nesi o dei notai per loro' almeno una

volta all'anno, ai l'o:"-ii"-iiUttta "-mittistrativa' ci dà la possibilità

di conoscere "'uttu*tìttl'it"*"'ao'i- di onu scrittura privata- non vi-

ziata dafrodi, come ;;;i"*" che 1o fo"t'o' invece' " 1:-l

dichiarazioni

fiscali oggetto del "§tt.'Jo"nt;to. r:-t-"tt'i^ media annua in- fiorini e

I"-,n".iI." d"rl. .";';': ; ;;l' Y:lf::-:::i Uiffi-*:,'":";i3: ffiJ:'il"J:;',x.""."':#;';il1"''^i'7 ,so norini d'oro e che

aveva dovuto to"tntt-"' tli-tot"to bt" 278t;;;i"i ii uscita 2' Le entrate

in natura ,i"'l'u'ono iJi»' staia di gr-ano' 113 d'orzo' 152 di spelta'

46 di fave, z di ttti, ; i-;:i;"' 'z"ai "tce'

10 <li saggina e legumi'

)6 di panico, 6 di' "9 t' 1i .|i ':tT"

di lino' 887 libbre di « lino

sodo,,, 5 di zafrera";:';; barili di 'ino' zg orci d'olio' 5O'libbre di

lana e quattro . n";:;'*ì^*tl ','nno di media' Tali quantità avevano

quasi, interaT,:: _.:^r,[*:*:n"r:ll,'"'#:hJTi["'T..T:qualche mogglo ot gruL"l."' ^']"^^"^,-]--,,,.- not.ro essere persino ven'

lo zafretano, il uino' l'olio e i ceci avevano potuto essere pe

m « Ricordo come oggi, questo,.dì 21-t:.q::to 145)' ftate Andrea' frate deua

s." ^ ai' siài^-;"" r:1:::yrit:#i{iJ.:'i.,,:i !,::[*[ tlr3;gil;t=ll+

andone L:,à'T"t''Toti"f'tì"""#;; ot H1^-l:"',.rnortò, secondo t comandamenti

n..., ui";io ài pi""' 'li'"ofi:ll?,",,t'i:i:i:,'T.'il:;";i't;^i';,t-t#l'l;; ;;l*H :

" ::9?f 03fl?,ìl li.'il',? .'i,l *r.ii *ìj"*' e' I b n t r a ! a

: tt rr no,,no, cui si ra.rirerimenro.n.li. ,rl:,1',1^l; i)o,uìi'ii",t,2'sd',r|o *on,,o,

r * --ì".'iii;,i3,;. l:,!^,,;;i:i:#i;ìi:,,Jlr:;#:I'i$'

;i'lliìi::,7#:,:z*I: I mouimenù det camot'.l r'li,i'i",,lI)^"-,1;-'ircrcitazirtni presso l.d ldcottd':it;i,,ti,ii:t!:r,:3!*'k#:fi

i:q}""Ex"i{a'Ìl,tffi ,ru:':^::rix;;;;ti rcsto'.da1 fi^u"i'

;,.,6i.;no anche I'uso t"quànt" di. fiorini {i "^ptlo prsano»'

;ii;;il;t" lc fonti, ll" ..,r.,,i ,> e snche q".iil^;i . bol.gnini>l !.^«genovtn1 "'.. vencziano '>,

<{ nuovl »'

i";;t[:r*ll,iiil;i,*liiiili,;#i:*"hiq:i,',',8#;:l,ll',',"1';i:/r:ticotare, si ..uedano ) \^,irlr;à"

"iii'."

i $qcs 4qr0 ), 70).del libro di Entrata e

24 I,OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

duti a. Non sappiamo con precisione quanti componenti comprendesse

la f.amiglia di casa ma i bambini contati da bate Bartolomeo di Gherar-

dino, al momento della sua entrata in carica come successore di {rate

Mariano, erang tredici in casa e quattlo a balia per cui, fermo festando,

come supponiamo, il numero delle donne e dei famigli in servizio, si

provvedeva, allora, al mantenimento, compresi i bambini tenuti dalle

ba1ie, di circa venticinque persone, cinque in più rispetto al numero

delle « bocche >> del t428 2a ,

vediamo, ora, documentandoci sul catasto relativo alle portate dei

religiosi del 1478, la situazione patrimoniale dell'ospedale verso la fine

del secolo. 11 patrimonio fondiario appare subito quasi dimezzato rispet-

to a quello di cinquant'anni addietro e a quello del 1453. L'ospedale

possiede, ora, infatti, solo due case tenute <( per suo bisogno )> e una

botrega di spezieria afrttata per sedici lire l'anno, nella contrada di San

Giovanni; sette poderi, tre campi a mezzadria e un << poderetto >>, afrt-

tato pef sessantaquattro lire annue, costituiscono tutto ciò che è rima-

sto dell'antica proprietà 2s. Se scogiamo però con attenzione i dati del

catasto, notiamo che alla diminuzione numerica dei poderi cotrisponde,

equilibrandola in parte, un aumento delle loro dimensioni. Di sette po-

deri,,infatti, due superano di gran lunga, con 200 e L20 staion a77a

misufa sangimignanese, la superficie di quelli indicati fra le possessioni

del L453 dove, in ordine decrescente, la loro estensione (benché non

indicata per tutti i poderi) a1,dava dalle 80 a|le 40 staiora %. Rispetto

al L428, poi, notiamo f indicazione di più mezzadti, padri e frgli, ù la-

voro su un medesimo podere e f impiego su alcuni (e anche questo po-

trebbe essere indicativo di un loro ingrandimento) di due paia di buoi

anziché di uno. Ciò nonostante le quantità dei beni prodotte a mezzo

sono inferiori a quelle del catasto del 1,428 e ancola di più a quelle se-

gnate nel libro di Entrata e uscita segn. A del L453 e pari a 518 staia

di grano, 98 barili di vino, 2l orci d'olio e un valore di lL fiorini tra

pecofe e porci. A parte la minore attendibilità delle scrittute fiscali in

genere, specie degli ultimi catasti e particolafmente di quelli relativi ai

I L'uscita di grano era risultata maggiore dell'entrata_ per complessive 20

moggia, q"at, a.U. iu,r. p.. 1 moggio e 26-itaia e il seme di lino_ per 15 staia ed

.rri6 boi mancate 2L2 bruccia di panno di lino, Al con6ario, le entrate erano

.iut. rip.ri*i per 40 libbre d'olio e por 12 staia e 2 quintali d'otzo (Enttata e

uscita segn. A (1'448-1'453), 7L, c. L47).2c Libro di bali seen. L (1456-7465), c. t.e5 A.S.F., Catasto, 99L, cc. 736'740.ze Lo staioro sangimignanese corispondeva a 603 meffi quadrati, cfr. E. FrUrnlr,

Storia economica cit., p. 192.

ORIGINI, PROPRIETÀ E REDDITI DELL,OSPEDALE

beni dei religiosi, sempre più sospettosi e restii all'obbligo della dichia-

razione, l'impressione è che vi avessero influito i danni provocati dagli

ultimi avvenimenti politici, che avevano scosso tutta 1'economia sangimi-

gnanese 27. Molti poderi, infatti, non erano stati seminati e molti rac-

colti erano andati perduti a causa delle scorrerie nemiche nella campa-

gna, tanto che il rettore si lamentò con gli ufficiali del catasto di essete

<< a pericolo del pane )> per i fanciulli affidati all'ospedale che, in quel'

l'anno, avevano superato il numeto di trenta, di cui sedici in casa, men-

tre il personale di servizio era ridotto ad un garuone e ad una sola

donna u.

11 parimonio fondiario di cui abbiamo seguito, in parte, Ie alterne

vicende nel corso del XV secolo, costituiva la base economica dalla quale

l'ospedale raeva i mezzi necessari alla sua sussistenza. L'ospedale era

autosufficiente, come abbiamo visto, per il consumo del grano, del vino,

dell'olio, della carne, specie per quella ovina e suina nonché per il linoe la lana, che faceva filare e tessere per i propri bisogni, Anche l'otzo,la saggioa, la spelta, le fave, i ceci, le cicetchie bastavano alle sue neces-

sità, per non parlare dei fichi, de11e noci, delle uova, dei formaggi, dei

polli, che costituivano scorte alimentari sempre presenti. Le entrate innatura, difatti, prodotti del suolo e bestiame, parte delle quali venivano

vendute, erano la principale voce attiva cui si aggiungevano, poche per

la verità, alcune entrate in denaro, provenienti dai pochi fitti e dalle ele-

mosine. Per quest'ultime le fonti c'informano, e solo per il XiV secolo,

di un'elemosina annuale corrisposta ail'ospedale dal comune di San Gi-

mignano e della presenza in queli'epoca di un << accaltatote della casa >>,

certo Buonsignore, al quale non si concedeva << altro che Ie spese »>, riser-

27 Per \a minore attendibilità dei catasti successivi al 7427 e per 1a « negli-gerz >> che, in particolare, caratterizzò quelli dei religjosi {opo lt primo,- redattonel 1428, cfr. E. CoNtI , I catasti agrari della Repubblica Fiorentina e -il catastopa*icellare toscdno (secoli XIV-XIX), Roma, 1966, pp. 102-106.. ler la guerra,èonnessa ai disordini politici che seguirono la congiura fiorentina dei Pazzi,-si veda,L. Prconr, Storia cit., pp. 246-248. NIa può darsi anche che già si manifestasserole prime awisaglie dellà grave crisi epidemica che colpirà violentemente

- San Gimi-

gnaìo nel 1480, anno in cui la peste uccise ben duemila abitanti,,cfr. L. DelPtNre., Cronologia e diffusione delle crisi di mortalità in Toscatta dalla fine delXIV secolo agli inizi del XIX secolo, << Ricerche storiche », 2 (1977), pp. 291'3$.

28 o In àuesto affio no' s'è seminato e non abbiamo ricolto né vino né olioe perdemo tra noi e lavoratoti moggia otto di grano; perdemo tutto il vino e olioe iroci; guaste le case e molti altri-danni >> e ancora: o grano ?bbiamo a fattca ab'bastanza*per questo anno, no'sappiamo questo altro anno. Siam,o a pericolo delpane pe'- nostii fanciulli » infine:

- « signoii ufficiali considerate. bene questi fan-

òi"[i àbbrndonati da padri e madri loro, le loro sustanzie e incarichi e abbiate loroquella misericordia e pietà vorressi fosse fatta » (A.S.F., Catasto, 991, c. 138).

25

26 L-OS?EDAI.E DI S. MARIA DEI,LA SCALA DI S. GIMIGNANO

vandosi di pagargli un regolare salario nel caso avesse reso un buonservizio'.

Poca cosa erano, come è facile immaginarsi, anche le elemosineprovenienti dalla cassetta posta sull'altare della chiesa e da quella dellecandele mentre senz'altro più rilevanti erano le ofierte devolute all'ospe-dale per la salvezza della propria anima e per quella dei propri cari de-

funti 30. Nel 1424, per esempio, ftate Checco ricevette da persona << di-vota di Dio fiorini dieci d'oro nuovi, per l'amore di Dio e per l'animasua e de' suoi >>, che << non volle {acesse menzione chi si fosse » 31.

Enuate cospicue, parte in denari ma principalmente in beni immo-bili, sono da considerarsi, invece, le varie eredità che davano come con-

tropafiita la sicurezza de71,a salvezza etetna ai testatori. Per entrare in pos-

sesso, a volte di piccoli lasciti, che venivano, in genere, << promessi >>

quando i benefattori erano ancora in vita, l'ospedale doveva far {rontea tutte le loro quotidiane necessità, assistendoli nei tanti bisogni dellavecchiaia, 1à dove deficitava la cura dei parenti stretti, ma si trattavaspesso di persone rimaste sole al mondo, che intendevano proprio così

assicurarsi un'adeguata protezione per sé e i loro beni. Nel 1421, frateChecco acquistò un paio di pollaste per <( monna Antonia, pinzocheta »>,

che aveva promesso di lasciargli << la sua massatizia dopo la sua vita » 321

nel t424, mandò Chelino, uno dei famigli, a comperare un << pane di zuc-

chero >> dallo speziale per donarlo ad un certo Bartolomeo Palmieri, dettoBambella, da parte dello stesso rettore di Siena, messer Carlo, petchéaveva manifestato f intenzione di lasciare all'ospedale una casa << grandee bella >> nella contrada di San Giovanni ". Nel 1425 non si esitò a pa-

29 << Memoria che dovemo avere l'anno per limosina dal comune e debbonsidomandare a1 camarlingo della gabella in calende agosto, lire dieci» (Libro di d.i-oerse ruaterie (L394-1490), 10, cc. 3, 9); « Buonsignore, cominciò a servire per ac-cattatote della casa a dì 5 di novembre, arno 1,355; non è mia opinione di dargliper questo anno altto che Ie spese; se fa bene aveva intendimento che a uno altroanno di darli salario che se ne potesse passare ed àgli dato 1 gonnella et iscarpetteet volsegli dare camicie, se fa bene » (Libro di diverse materie (1394-1490), 10,c. 4').

30 <.< Dalla cassetta dell'altare e da quella delle candele a dì 27 di marzo, soldi

36, denai 4>> (Entrata e uscita segn. I e K (L420-1422),69, c.4).3r Entrata e ascita segn. I e K (7420-1,422), 69, c. 4.s2 I «pinzocheri>>, terziari francescani, erano presenti in San Gimignano dal

XIII secolo, cfr. L. Ptcony Storia cit., p. 95. << A uno contadino, martedì a Poggibonsi, a dì 15 di luglio, per due paia di pollastre, che comperai per monna Antonia,pinzochera, che ci lascia la sua masserizia Copo la sua vita >> (Entrata e uscita segn:I e K (1420-1.422), 68, c. r8).3 << A Niccolò, speziale dello spedale nostro di Siena, detto dì, per uno panemandai a comperare, el quale donai a Bambella, per parte di messer Car1o, perchéci lascia una casa nella'contrada di San Giovanni (Entrata e uscita segn. I e K(L420-1422), 69, c. 21). Nel 1426, l'ospedale doveva infatti aver già ereditato la

ORIGINI, PROPRIETìT E REDDITI DELL,OSPEDALE

gare un <( maestro di pietra )>, certo Domenico di Bartolo, soprannomi-

nato Beccaio, per I'aiuto dato a Bambella a coplire la casa promessa da

tempo e, probabilmente, come ci sembra di capire, già donata all'ospe-

dale ma con |a fiserva dell'usufrutto da parte del proptietario e. Qualche

volta, però, nonostante le attenzioni personali risefvate ai benefattori

finché erano in vita, si dovevano sopportare cocenti delusioni proprio

a causa di quella concorfenza che si faceva certamente serrata all'awi-

cinarsi della fine. Malgrado l'esistenza di una carta notafile, precauzione

questa indispensabile pet entrambe le parti, fatta redigere sino dal 1J90,

per Antonia, la pinzochera che voleva lasciare all',ospedale tutte Ie sue

massefizie, nel 1426, all'epoca della sua morte, si dovette annotale:

« morì la sopraddetta Antonia, martedì sefa, a dì due di settembre anno

L426 ed è seppellita a' piè dell'altare del Crocifisso nella nostla chiesa.

Avemone poche cose e cattive, le buone le diede altrui »> 35' Non è da

escludere che anche il desiderio della sepoltura nella chiesa dell'ospedale

giuocasse un ruolo importante nelle decisioni prese dalla volontà dei

restatori.Ad ogni modo, fu il XIV secolo, quello della sua fondazione, che

vide confluire al nosuo ospedale il maggior numefo di lasciti te§tamen-

rari, come ci confermano le memorie dei testamenti rinvenuti nel Libro

Ji diuerse materie, molti dei quali pervennero, come 6oviamo specifica-

ramente indicato, <, al tempo della mortalità dell'anno 1348 >>. È a que-

sto periodo che risalgono difatti i testamenti di monna Checca di Pe-

:ruccio, di Francesco Ducci e di Buzzichino di Lotterio, lanaioli, di ser

Gano di Berto Galgani, notaio, del <, grande amico della casa »> chelino

Scotti, ricco esponente di una famiglia mercantile e forse melcante egli

siesso, mentre quelli di Antonio cetti, di Filippo di Dando di Tura,

rrobabilmente anch'essi mercanti, come molti degli appartenenti alle

loro .rru," e di Niccolò di Muzzo Buonfiglioli, notaio, risalgono alla frne

Jel XiV e alla prima metà del XV secolo 36.

,:sa dato che troviamo la memoria di un « oficio >, per i'importo di 1 .fiorino da

.:endere in << frati, preti e cera » per i1 medesimo Bambella, che aveva _donato una

.-r;'-.. n;r"d. " b.ttà, lLibro tti diuerse mdtetie (1194-1490)' 10. c CIIt'--- 3i;Ài;..;É ài pi..o, chiamaro Beccaio per soprannome. maestro. di .pie-:::. derto-dì, per due opre aitò a bambella a-.ricoprire la sua casa' la quale ci ri-

=-. ìopo la'sua vita' Ebbe per duc dì' soldi ventinove " lEnttata e uscila segn'

- : ( (1.120-1422), 69' c. 25).' -'35'-Libro di'diueise *otrri, (1394-1490), 10, c' LXXXXVIIII'

s Ùno- dei primi testamenti pervenuti all'ospedal: è, secondo le indicazioni

_.-1. noJ.. fÀù,i".tio di Giunta-Dietiguardi, def quale^troviamo memoria già nel'-:22 tLibro di diulrse materie (1394-1490), 10, c. 1). Giunla era Ìntattr un noto

_-r* sangimignanese, che aveva ac..rm,rlato un',ingente fortuna commetciando

27

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28 I,OSPEDALE DI s. MARIA DELLA scALA DI S. GIMIGNANo

Per rimanere in possesso delle eredità peffenutegli, l'ospedale s'im-pegnava, però, alla risoluzione negli anni di un certo numero di opere dipietà religiosa fra cui, quella più richiesta correntemente, era l'elemo-sina di << pane cotto » ai poveri che si fossero presentati, a seguito di unpubblico bando, come volevano alcuni dei benefattori, o perché si erafatta semplicemente loro << eco >>, alla porta dell'ospedale 37. Più tara etainvece la distribuzione del pane fatta << per Ia tera di San Gimignano >>,

da persone appositamente incaricate, sino all'esaurimenro de1la quantitàstabilita nei testamenti. Nel L405, un'elemosina di « pane cotto, belloet bene stagionato »> fu eseguita << per 7a terta di San Gimignano >>, dallostesso rettore che, << pet chiarczza »> si portò dietro, e forse I'aiutò anchea porgerlo ai << bisognosi >>, ser Niccolò di ser Giraldo, il notaio incari-cato della rogatura delle elemosine s. 11 pane veniva dismibuito otto,nove volte l'anno, in occasione di varie festività religiose, sempre spe-

con l'Oriente (E. Fruvr, Storia econontica cit., p. 253) e, probabilmente, avevainteso così rimediare agli illeciti guadagni. Anche per tutti gli altri testatori chelasciarono parte delle loro proprietà all'ospedale e, in particolare, per Filippo diDando di Tura che 1o lasciò erede di tutti i suoi beni, si veda E.- Frumr,- Storiaecononzica cit., pp. 21.8, 231-280. Per le possessioni pervenutegli nel 1348, i'ospe-dale dovette pagare nel L)5L, beo 125 frorini d'oro: << Io frate Salvi di GiacoÀo,pagai et feci composizione col comune di San Gimignano, d'ogni e ciascuna gabellala quale si fusse dovuta pagare per le possessioni pervenute allo spedale nel tempodella mortalità>> (Libro di diuerse rfldterie (1394-1490), 10, c.26). Tale «compo-sizione >> s'inseriva, probabilmente, nel particolare clima sangimignanese di queglianni, che vedeva il comune pome ogni genere di ostacoli alle esecuzioni testamen-tarie a favore degli enti religiosi (E. Fruur, Storia econornica cit., p. 218).

37 Nella memoria del testamento del notaio ser Niccolò di Muzzo Buonfi-f,Iioli, leggiamo: << E' tenuto lo spedale di Santa Maria della Scala di San Gimigeanoin perpetuo di fare ie infrascritte cose per vigore di testamento di ser Niccolò diMuzzo Buonfiglioli da San Gimignano. In prima due elemosine di due moggia digrano alla misura di San Gimignano in pane cotto, da dare a' poveri di San Gimi-gnano e della corte alla porta del nostro spedale e farla bandire e farne carta >>

(Libro d.i diuerse materie ($94-1.490), 10, c. LXX§VIIII), Nella memoria di Buz-zichino di Lotterio roviamo invece scritto: <( e non dice che si bandisca >> (Librodi diaerse nzaterie (7394-1490), 10, c. CIII); il bando cioè era richiesto a discre-zione del testatore.s << A1 nome di Dio, amen. A dì 7 di maggio, 1405, io, frate Checco d'Ago-stino da San Donato in Poggio, contado di Fi,renze, frate dell'ospedale di SantaMaria della Scala di Siena e oggi sindaco e procuratore dell'ospedale di Santa Mariadella Scala di San Gimignano, ho fatto l'elemosina e carità a tutti i poveri di SanGimignano e de1 distretto, d'uno moggio di grano in pane cotto, be1lo et benestagionato, per l'anima di monna Tora sopraddetta, andato per la terra di SanGimignano, dandolo ad ogni bisognoso e di fuore mandandolo, cioè per 1o distret-to, tanto che la detta quantità fu distribuita e, per pirì chia,rezza di questo, serNicola di ser Giraldo, notaio di San Gimignano e procuratore del sopraddetto spe-dale, venne per la terra col sopraddetto frate, dando e disuibuendo ai poveri lasopraddetta quantità di grano in pane cotto, come di sopra si contiene, e più dan-done ad ogni religioso denffo detta terra e di fare nel suo distretto eco a monachee romite » (Libro di diuerse naterie (L394-L490), 10, c. LX)Q(XVI).

ORIGINI, PROPRIETìI E REDDITI DELI,OSPEDALE

cificate dai testatori secondo Ie loro prefetenze, per un totale di otto, ma

talvolta anche dieci o dodici, moggia di grano 3e. Fatto in casa con l'aiuto

di quaiche donna di fuori, chiamata a << stacciare 7a {arina per Ie elemo-

sine >> ma che è probabile, data f ingente quantità, aiutasse anche nella

lavorazione, il pane era destinato a << tutti i poveri della città e della

corte >>, comprese le « romite »>, i << prigioni >> e << i poveri vergognosi >>,

come qualche volta si voleva precisare ma, più in generale, si diceva

dato << ai poveri di Cristo »> 4. Solo raramente, pef una diversa sensibi-

lità del benefattore, alle elemosine di pane venivano sostituite ofierte di

<lenaro o di capi di vestiario. Nel testamento di ser Gano di Berto Gal-

gani del 1348, troviamo la disposizione telativa al dono di dieci <( gon-

nelle >> da dare in perpetuo ai poveri di San Gimignano 41.

Al pari delle elemosine di pane anche gli << incarichi ,> da soddisfare

nei con,fronti dei vari ordini religiosi sangimignanesi, francescani e dome-

niczrni principalmente, ricorrevano largamente nei testamenti per il bene'

39 Le elemosine di pane si succedevano otto, nove volte I'anno per una, nia

talvolta anche due, moggia di grano <( da farne fare pane cotto »), gcneralmente, per

Natalc. la prima domeiica di gennaio, il L7 gennaio (festa di Sant'Antonio abate),

la prima dàmenica di febbraio, 11 25 matzo ({esta dell'Annunziata), Pasqua., .Pente-.o.t. ",

qualche voka, anche il 5 luglio, festa di Santa Margl.rsrita, probabilmentea seconda-di .o1n. .ud.ru la Pentecosle. La magg.iore quantità di grano da destinare

alle elenrosine di pane, la ttoviamo ne1, 1,453 con ben 12. moggia (Perpetui (145)-

t6O2),2. c. 1), mentre'nel 1428 era stata di B moggia (A.!,I,, C:x.tdsto, 183,.c' 570)

.-""i't,i-z8 t rà, di g,Z5 moggia (A.S.F., Catasto,99L, c. 136). L'elemosina di pa-ne

.oità. i"nn.- nàn è cla .o.rfòid.r. con 'quella d[ « pane rouo )>, cioè avanzato dalla

"i"rrà " iipitr, invece, dell'omonimo ospedale senese, ifr. Ancrtrvio nt Stero or Str'Na'

Archioio dell'ospedale cit., p. LII'ffi « A monna Simone, che ci aiuta a fare il pane) a dì 7 di dicembre, per ot'

tanta staia di farina, che ci stacciò per la limosina della prima dgmegic-a del detto

-ere,.1-r" fu a dì j, d.tto mese, pàgola per moggia tre' soldi -12>>.(Ncmoriale di";;;; ;i;rj; ;ri;. G e H 11ri-i4Iot, 4+, c. il1. tueuardo alla. destinazione 'lel

p'n"", B"rrl.hino di Lotterio,' ad esempio, volle .< ggni a_nno una iimosina _a' poveri

ài Òi.ro, d;.rno moggio di grano el di di Santa Maria di marzo » (Libro di diuerse

iaiole ('1J94-l4g»:iO, c. ?) mentre da una memoria del 1402, relativa anch'essa

ad un testamento, éome il precedente del 1348, troviamo indicato: « {acemmo limo-

]i].;-; ;;;t"-; ati z ai gennaio 1'102 a tutti i poveri di Santo Geminiano e del1a

..rr.,- *l piegioni e moàche eremite e _poveri vergognosi,_ per l'anima. cii Francesco

D;;;i ; it"tln" Scotti, di moggia due di pane cotto e staia due >> (Libro di Ciaerse

materie (1394-1490), 10, c' LXX)'- - ir ìÉ terruto'lo ipedale di Santa Maria di Sa, Gimignano, dare ogni anno

h perperuo t; trati di San Francesco sei lire e a'frati di Sa.to Agostino, sei^lire

"-flr'*i-ai"San-'ijomenico, sei lire e a1la pieve di San Gimignano, sei lire. Sono

Lr"ti-.5i Iroiittl ai sopra, 'come si contiend per 1o testamento del detto ser Gano,

ai-air.-.À"i anno in p.rp.t.ro p9r SÉ, alla-sua chiesa, di dire solej]ne officio per

fàri*, *ià . d.' s.,oi -moiti. VÀti fure quietanza ad ognuno per_ sé e s6ivere nel

à"ra.rrù..i" i.tt. tiÀnrit " i denari che -si

danno. Pei uno poder^e posto a Rio-

;;;i;;;, É t.nuto lo spedale, in perpetuo ogni anno a' po'eri di San Gimignano,ài-?;;. iieci gonnelle, èome si coitiène nel ìetto testamenro. Avcmolo nel temp<r

a"Uà- À"riàÉa' a.t tf+a, debbonsi pagare denari et gonnelle nel mese d'agosto >>

(Libro di diuerse materie (L394-1490), 10, c. 5).

29

30 L,oSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

Écio spirituale, rappresentato dalle messe da dire in sufiragio della pro'piLa anima, che veniva loro costantemente chiesto in cambio. Gli inca-

richi, a volte veramente gravosi, consistevano in una serie di coffespon-

sioni in grano, olio, vino, cera e anche in offerte di denaro da spendere,

sotto il controllo dell'ospedale, nell'allestimento di feste, quali quella diSan Benedetto, della Santissima Annunziata e quella di « mezzo ago-

sto »> a2. Meno frequentemente si chiedeva, invece, la destinazione di

parte delle eredità all'erezione di altari e cappelle. Nel 1152, un membro

della famiglia Useppi, mercanti e banchieri sangimignanesi tra i più ric-chi, lasciò ben cento fiotini d'oro per la costruzione di una cappella nelia

chiesa dei frati di Sant'Agostino a3; nel 1426, Batolomeo Palmieri, dettoBambella, già benefattore dell'ospedale per una casa lasciatagli in San

Giovanni, non volle i quindici fiorini che doveva avere per la venditadi un paio di buoi, chiedendo al rettore che provvedesse con quelli a

far decorare a un certo Lippo, pittore fiorentino, il tabernacolo diPiscille 4.

I1 timore di perdere il diritto alle eredità, per via della mancata

esecuzione degli incarichi, rendeva i rettori abbastanza scrupolosi nel-

I'osservare le disposizioni testamentarie e nel documentare, con una se-

rie di « quietanze »>, rilasciate dai fuati guardiani dei diversi conventi,alla presenza di un notaio, il loro avvenuto adempimento as. Nel 1424,

a2 Gli incarichi erano pesanti (fra elemosine, incarichi e decime, ogni anncruscivano dalle 16 alle 20 moggia di grano). Nel 1451, leggiamo che il convento diSan Francesco, doveva averc 6) lire,

-5 moggia di grano, 8 libbre d'olio, 13 batili

di vino, J0 some di legna, uno staio di pane e 25 libbre di carne di porco all'anno;il convento di San Domenico, riceveva 1 moggio di grano, 2 barili di vino, 5 lib-bre d'olio, 7 lire e 16 soldi ogni anno; i fiati di Monte Uliveto, avevano 5 lireannualmente; un moggio di grano era dato alla pieve e 20 soldi alla confraternitadella stessa pieve. Aniora ogni anno era da sostenere Ia spesa di 4 Eorini per lafesta di San Benedetto, alleitita nella chiesa di San Ftancesco, più un << oficio »,della spesa di altri 4 fiorini, per le anime dei benefattoti (Perpetui (7453-1509),2, cc. 1-10). Nbn tutte le festè venivano soddisfatte annualmente, quella di SantaMaria d'agosto, ad esempio, secondo i desideri del testatore, che aveva lasciato, nel1348, un podere a Villa Castello, doveva essere fatta ogni tre anni (Libro di dioersematerie (1394-1490), 10, c. XLII).

43 << Memoria che io frate Salvi di Giacomo, feci fare una cappella nel luogodi Santo Agostino di San Gimignano, la quale lassò che si {acesse ser ForcioreUseppi per zuo testamento e che vi si spendesse cento fiorini in fare la detta cap-pella. Fecila fare, costò facitura detta cappella quaranta fiorini d'oro e l'avanzo deidenari detti a' frati del detto luogo, per murare loro refettorio (Libro di diuerse,Ttaterie (L394-1490), 70, c. 26).4 << E per lui a Lippo, dipintore, cittadino fiorentino, fiorini dieci, lire tre,soldi diciannove. Questi furono per pagamento della pittura del tabetnacolo che milassò ch'io {acessi dipingere a Piscille, valsono per tutto, lire sessantadue, soldi diecie denari sei e rinne una scrittura di mano del detto Lippo del pagamento de' dettidenari »> (Entrata e uscita segn. I e K (1420-1422), 69, c. 28).

as Le quietanze, relative all'esecuzione degli incarichi e delle elemosine, com-paiono numerose nel libro delle Finigioni (1404), 8, nel libro dei Legati segn. A

ORIGINI, PROPRIETiI, E REDDITI DELL,OSPEDALE

ad esempio, Niccolò di Muzzo Buonfiglioli dispose che, nell'eventualità

del mancato pagamento delle elemosine da lui desiderate, tutto ciò che

aveva lasciato passasse all'ospedale di Santa Fina 6. Ma nonostante icontrolli dei notai e le precauzioni prese dai benefattori niente impediva

che le elemosine fossero sospese per qualche tempo. una memoria del

1364 c'informa delf interruzione, durata quasi dieci anni, delI'elemosina

delle dieci gonnelle voluta da ser Gano, che vide il rettofe costfetto a

rimediare quell'anno con la dis6ibuzione, in una sola volta, di ben no-

vanta capi di vestiario e trarne, come beneficio, « solamente la fatica >>

e un paio di « gonnellucce »>, fatte con del panno avanzato, per Cia e

Simone, <, {anciulli di casa >> a7. Nel l4l9 fu 10 stesso rettore senese a

dare il permesso di sospendere un incarico divenuto 6oppo gravoso e,

nel 14J0, fu con grande rammarico che frate Checco, accortosi della or-

mai prolungata rfla1cata esecuzione di una elemosina di pane, voluta per

7a salvezza dell'anima da Buzzichino di Lotterio, si afirettò a scrivere:

<( nota ch,è lungo tempo non s'è fatta. Dessi fare il dì dell'Annunziata

di marzo >> €.

È chiaro che dopo la soddisfazione di questi tanti e vari impegni,

poco rimaneva all'iniziativa individuale che esulasse dalla normale atti-

vità assistenziale, dhetta ai bambini abbandonati e, in misura minore,

all'assistenza dei poveri viandanti e dei pellegrini. Del tutto straofdina-

rie sono da considerarsi anche le elemosine che l'ospedale veniva chia-

mato ad elargire su preciso ordine dell'autorità comunale, come quella

ordinata dai priori nel L426, per otto staia di grano da dare ad un

<< giudeio che si fece cristiano >>, e quella, che lo vide obbligato a met-

tere a disposizione di << messer 1o podestà >>, nel 1440, quarantadue staia

(1479-1»9), J olffe che nel soliro Libro di diuerse materie (1394'1490), 10. 11 te-

;;;. ;; fiìr-o n-',.no quesro: o Io frate Francesco, di. Antonio da Gambassi, guar-

Ji"".-a.f i""vento di §""i" F ""..rco

da Santo Geminiano,. contesso e-faccio fede

..À., frrt. d'Agostino, ràttore dell'ospedale di Santa Maria del1a Scala, fece la festa

di'§;.;'il.a?iio, É.". .i rol.nrrJ-.nte, siccome si contiene nel testamento dir.r Ni...fJ. a Jl zi ai marzo 1424 e nel1a quale festa ispese in messe, fiorini due,

i" ..ru fiòrini due e in altre cose. come s'appàrtiene alla festa, in tutto fiorini quat-

tro» (Finigioni \1404),8, c. 66)'ù L;Ero di' dit.teiise nxaterie (D94-L490), 10, c. LXXXXVIIII'o, Il-.u..Jto del podere, posto a RioÀaggiore, col fru.tto del .qu_ale

si doveva

prouu.de.e ìil.tà-ori"^, volutà àa ser Gano, avèva dato quell'anno, i.l)64,2) staia

ài;.;;;;i;ui - rtriu'p". uno erano state date ai frati dei vari ordini (quattro. in

*ri;i;-i'.runo s.ruit. pà. prgu.. i_lavori alla casa del.podere, 2 se.n'erano andate

oer la decima, 1.0 erano state vendute per comprare il panno per tare le novanta

Iài,rat.^à"àrr"" r.iai a'tanzati erano-stati dati, infine, ad una poveta (Libro ditriaerse natirie (1l394't490), 10, c. LXXX).---- -48

Litro aì dioerse n'aterie (1394-t490\, 10, cc. LXXXIV, CIII'

)l

32 L,oSPEDA],E DI S. MARIA DELLA scALA DI s. GIMIGNANo

di grano, per via della presenza delle truppe di Niccolò Piccinino nelMugello ae.

Un'altra voce attiva di primaria importanza nella situazione patri-moniale dell'ospedale erano poi le oblazioni che, insieme alle fonda-zioni, costituite dai lasciti testamentari, ci pare stiano a testimoniare ilgrande credito amministrativo riscosso presso i sangimignanesi dallanostra istituzione che, forse, lo doveva all'essere sotto la diretta tuteladell'altro famoso e sempre più prospero ospedale senese che, proprio dalleoblazioni maeva cospicue risorse.

A Siena, infatti, la presenza degli oblati datava ormai da tempo inquella dei frati serventi, l'ordine ospedaliero che seguiva la regola diSant'Agostino e che era stato istituito poco dopo il sorgere dell'ospedalestesso, per garanrire Ia buona conduzione dell'attività assistenziale e glioblati si erano ben presto resi necessari per la continuità e la sponta-neità dell'opera caritativa, svolta a var-rtaggio dei ricoverati 50. Uomini edonne, non di rado coppie di sposi, spinti da fervore cristiano e, data 7a

natura dell'oblazione, da desiderio di sicurezza e protezione, decidevanodi servire Dio, senza dover pronunciare voti soienni ma sottoponendosisemplicemente alla volontà del rettore e ofirendo se sressi e i propribeni alla casa. In cambio gli oblati, che potevano scegliere di abitaredentro o fuori l'ospedale (quest'ultimo modo era comunque I'unico con-sentito alle coppie sposate) e potevano riservarsi l'usufrurto di tutti odi parte dei beni donati, si assicuravano oltre aIla protezione, che venivaloro dall'essere al servizio di una tale istituzione, il godimento, una voltadonati i propri beni all'ospedale, dei suoi sressi privilegi ed esenzioni 5r.

una rnaggiore libertà di recedere da quello cl-re è stato definito un vero

4e « A. uno vecio giudeio che si fece cristiano, a dì l0 d'apriie, otto staia digrang per limosina, a priego dei priori di san Gimignano e a priego di Giovannidel _Bellaccio, cirtadino fiorentino e oggi podcstà di san Gimignano é, per ro dettogiudeio,_ ebbe il d-etto podesrà, che riòeveva tutte le clemosinc-date al'd'etto giudeiofatto crisriano >> (Entrata e uscita segn. I e K (1120-1422), 69, c.89); «Allui dettoa dì 18 d'aprile, anno 1440, quattro some di grano, furono iraia qiiarantadue, percomandamcnto di messer 1o podestà. Fue quandò Niccolò Piccinino éra in mugéflò ,(Quadernuccio di spese (1,439-L444), 137, ;. 9).

50 Cfr. Ancrrir,ro or -S:rero lr SmNe, Arcbiuio dell,ospedale cit., pp. XV_XVIIe G. SaNesr, L'_origine dello spedale di Siena cit., p. 6).

Sulla. obiazione, in generale, si veda E. Nasarlr-Rocct, Il diritto ospeda-liero nei suoi linearnenti sto.rici, «Rivista_di storia del diritto italiano>>, l9)5', pp.3)-1'.68;_p,.BoNorr.s, l a condizione degli oblati secondo un consiglio inedi'to di Éaiiodegli ubaldi, in studi_ s-t_orici e giuridici dedicati ed. o/Jerti a Tcderico ciccaglionenella ricorrenza del XXV anniaeisario tJel suo insegxaàento, Catania, 1909, v;1. I,pp. ?f]-?19 e A. Sorur, Contributo alla storia del diritto conxune', Ror,a, t937',pp. )27-fi8.

ORIGINI, PROPRIETÀ E REDDITI DELL'OSPEDALE

e proprio contratto di rendita vitalizia carutterizzava, però, coloro chevivevano fuori dall'ospedale mentre, per quelli che vi abitavano, f ini-ziativa spettava solo ed esclusivamente al rettore s2.

Vitto, alloggio gratuito, un modesto salario, corrisposto per farfronte alle necessità personali più urgenti, unito alla percezione di unarendita, nel caso ci si fosse riservati il godimento dell'usufrutto, difie-renziavano l'oblato che viveva alf interno del luogo pio e poteva dedi-carsi, libero da preoccupazioni economiche, al solo bene dei poveri. Se

si sceglieva o si doveva vivere, invece, fuori dalf istituzione, e a San

Gimignano sono i più, trattandosi di una quasi totalità di coppie di co-

niugi, desiderosi di << commettersi ,>, l'oblazione aveva iI carattere diuna donazione tra vivi con riserva di usufrutto, dalla quale si difieren-ziava, però, per l'ofierta incondizionata di sé, delle proprie persone, senza

limite alcuno. Se conosciamo, inoltre, il tipo di servizio svolto daglioblati che vivevano all'interno dell'ospedale, non ci è altettanto noto,invece, quello reso da chi, pur legato da vincoli di obbedienza, ne vivevaall'esterno. Tuttavia, a meno che non ricoprissero speciali incarichi, qualefu quello afrdato nel 7393 a Guido di Bernardo da Linari e a monnaGiovanna, sua donna, messi al governo dell'ospedale di Barberino, cipare che ai << commessi » dell'ospedale, che vivevano fuori, spettasse uni-camente la buona conduzione e manutenzione dei beni donati s3. Nel 1449,dfi.atti, Giacomo Cortese da Pogna e Marsilia degli Atavanti, divenutioblati dell'ospedale e ottenuta Ia concessione a vita di un podere, pro-misero << di mantenere il detto podere di bene in meglio, la casa, 7a

vigna, terre, alberi fruttaroli e fossati, come fa di bisogno » s.

Se è vero poi che potevano coesistere vari tipi di oblazione e le

52 Giuliana Cantucci e Ubaldo Morandi non ritengono si trattasse, specie peril periodo medievale, di un vero e proprio contratto di rendita vitalizia, cfr. Ancur-vro or Stero oI SteNa, Archiaio dell'ospedale cit., p. XVI, non è di quesro parere,invece, E. Drrenurrre, La piété populaire au Moyen Age, Toino, 1975, p. 99, chedefinisce l'oblazione un vero e proprio contratto di rendita vitalizia, mentre perE- Nesar,r,r-Rocct, Il diritto ospedaliero cit., p. 99, essa raggiunge con i vanraggieconomici che le sono propri « quasi r> un carattere di contratto vitalizio, G. BoNorrs,La condizione degli oblati cit., p. 284, infine, ve 1o ravvisa in quegli atti che hannoesplicitamente uno scopo prevalentemente economico, <( ovveto con 1a specificazionedi quello che si dà da una parte e di quello che si promette dall'alra ».

53 << Frate Guido di Bernardo da Linari e monna Giovanna, sua donna, deb-bono avere ogni anno per 1o governo dello spedale da Barberino, ,no -oggio digrano e uno barile di vino e cento libbre di carne di porco fresca e un orcio d'olioe un fiorino per la legna, a beneplacito di messer Giovanni, llostro rettore e del suocapitolo, cominciando in calende di dicembre e per queste cose scritte di sopra, deveavete secondo che le s'incolgano, cominciando il r,ino per 1a vendemmia che vienee così consegna Ie alre cose di tempo in tempo >> (Libro di diuerse materie (1394-1490),10, c. 62).

5a Libro di dioerse rnateile (1394-1490), 10, c. CIIII.

33

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)4 L,oSPEDALE DI S. I,{ARIA DELLA SCALA DI S, GIMIGN,{NO

fonti ce 1o dimostrano con l'uso di formule e f inserimento di clausole

via via sempre diverse, tuttavia si nota un suo progressivo sviluppo ver-

so fotme interessate pir) alla nuova condizione economica che non a

1".U, spirituale di chì si accingeva ad entrare a far pafie della comu-

,iri ..p.aAiera ss. In un primo momento' infatti' come ci confermano

lememorierelativealXlVsecolo,l,accentoerapostosuldonoassolutoche gli oblati facevano di se stessi ancor prima che dei loro beni' mente

,oro'qrr.rr'.r-r1timi, che acquistano poi u1 posto preminente' divenendone

iL req,ri.ito essenziale. Il 29 agosto del 1356' Giacomo di Giovenni e

monna Giovanna, sua donna, <( commisero le loro persone con ciò che

per f innanzi avevano », stabilendo, fta,1'a1mo' come sappiamo' anche

il pr*u-".tro annuale di di.iotto staia di grano da darc -alla

donna nel

caso fosse rimasta vedova, a meno che non avesse preferito entrare a

farpartedellafamigliuint"'nudell'ospedaleefareincasa<tquellobene >> che avesse poi.rro s' Nel 1392, Giovanni di Giacomo' detto Zuc-

ca e monna Dina, la moglie, << commisero e ofiersero le loro persone e

loro beni >> a {rate Piero di ser Neri, l'allora « sindaco e procufatore a

riceverli ,r 5'; nel t)93 anche Guido di Bernardo da Linari << commise

sé e la sua donna >> e insieme << ofiersero le loro persone' diero-e donaro

ogni loro bene >>, ricevendone << carta )> per mano di ser Cristofano Gani

5s Di un'evoluzione nei conuatti di -oblazione' verso forme che conternplano

più I'aspetro ..ono-rni.o'.ÉJ'"àt^i"trL-'sligioso e di una grande varietà nei con'

tratti sressi, ci parta ,".t."i'".soiaiit._'Là..'roraiziotte de2li'oblari cit., p.284.s6 <<Nell'anno r:jir,'-"-ai"xxillÙt a'rgorro, ciacomo di cìovanni e lnonna

Giovanna, sua donna. i;;;ìt#'"ai. ,p.3,1. di §nta Marja della Scala di San

Gimienano, con quesre'.;;;;;i;;i". prt,i''.n. si commeriono ie loro persone con

ciò cite hanno e .h. p.r"'iìil;"ri iti.*'. i^ pr;.u iu.u. rrenta fiorini d'o'o. al

presenre venLi fiorini a:Jr. .'pài'lr'1.r,^-a'ocri*anri debbono dare i dieci frorini

d.oro. Anche danno e X:;;"'ìì,#.rir-a""ri.'^ài-.rtt"llo di San Gimignano. nel

borso di San Giovannil";i'i;"'i 't

ditt'o^ 'ia coÀtlnt' da r'rn laro è fuor'ì di San

è:"ìi#;.;-;,rI;r,;;'il;.."i[" jolaìr.- àì s^;;; M;;i, àerla Scare di San cirrignano

e debbola, .rru . *,,i!ti'io''u'oft'rture tutLo -ir

itÀpt della vita loro c' se la

detra monna ciournnu'ìlii;,à àì"i:;;:-;itli, a"uur-r;re dallo spedale nostro di-

ciotto staia di grano p.l: f^" r"à- viia 'ogni ^rrrol"M..rrt.

ch'eila r-lve- o che 1a sia

morta, s'ella vrole. rorn-erin'ii"'ttt à dìcrltrare nti n*trc spedale e fare quello be-

ne ch,ella prò . d.bbr"'rr[..'ii'rrà i*ùri" ai .o*r.rtr. ctuando ella ista<se in casa

il';;; ,;i#; o- d.i- ai,ri',-'i'it'i;i (rtg+tqeo)' 1 0' c' VIl )'

57 .< Giovanni di Giacomo, detto Zucca, . Àon,'u Dina, sua donna e figiiuola

che {u di Giunta ca vi#"ii";";i* a.i-àÀi.ràaà ai Fi..,.,r., si commisero e ofier-

sero costoro le loro per'sàt ;-i;;; beni a fia.te Piero Li ser Neri' til:":o e ptocu-

ratore a riceverli, .r,,"'"pài ;;;; di';J Ò'i'tofuno Gani' nosffo notaio ailo spe-

dale di Santa Maria air,tit'r' ài S;; t li ';;;^ cle1la detta commissione {ece ser

Giovanni di Lippo a^-Vitt"Éi"t";ti";; p"-'' i' torno di due anni' il detto Gio-

vanni aveva ar,o " ao,]"r'r'o'"g;t'il; "b;Jui

aà,io ser Pierro, rtevente oer lo spe-

dale. carta per mano'ài'r.ttiitr.fano d-i .ser-'ù"it";'Jt-al -tt'.

Dancia da Colle di

Valdelsa e monna Di";: ;; aànnn'-Ào'in'ò "-s;i';;'; J è ln-'u'"--pubblica allo

#iii.'^"si., i,, tliu'fà ài^ aii:iii' *iit,ii- |rigq.t+g0 r, 10, c. LxxxvIIr.

ORIGINI, PROPRIETÀ E REDDITI DELL,OSPEDALE

di Siena s. Ma nel 1403, nella << commissione » di Michele di Ciano da

San Gimignano e monna Chiaru, sua donna, scompare I'ofierta di sé,

tipica delle precedenti, e si ha solo quella dei beni e del .< frutto >> di

un colto acquistato << a vita »> da1l'ospedale: << e commisse tutte le sue

masserizie e frutto di uno colto, comprarono dalla casa a loro vita »> 5e.

In seguito scomparirà anche qualsiasi accenno alla donazione dei beni,

per lasciare il posto al solo passaggio di grosse cifre in fiorini d'oro dagli

oblati all'ospeCale, in cambio di pezzi di terra, orti, colti, poded e case

venduti << a loro vita >> @. Nel 1433, per Taddeo di Nlichele di Ghese

e monna Elisabetta, compare difattt \a sola registtazione di un credito

de1la casa per f importo di 45 fiorini, dovuti per un << colto, vignato,

alberato »>, << venduto a sua vita e di chi pi,i sopravvivesse di loro due

deiti >> e che <. dopo la morte d'amendue detti >>, si precisò, << de' ritor-

nare allo spedale di Santa Maria deila Scala di San Gimignano >, 6r. Nel

1434, atche per ser Matteo di ser Guasparre, toviamo segnati 180 fio-

rini d'oro « per lo podere da Ce1lo1e >>, <, vend'.rto a1 Cetto sef Matteo

e a monna Fina, oggi sua donna, cioè a loro vita e di chi più soprawi-

vesse di loro due nominati»62. Nel 1435, Ftancesco Anetini e monna

s8 « Guido di Bernardo da Linari, contado di Firenze, si commise sé e la sua

donna, cioè monna Giovanna, figliuola che fu di Pietro Neri del comune rli Linarie ofieisero Ie loro persone, diero e donaro ogni loro bene, carta per.mano di ser

Cristofano Gani di Siena, cioè dello spedale ai Santa Nlaria deila Scala di Siena »

(Libro di dioerse materie (1394-1190), 10, c. LXXXVII).se << Frate Michele di ciano da San Gimignano, dei frati di Santa Maria de1la

Scala di Siena. deve avere ogni anno per suo ialario 6orini sei, cominciando I'annoa d\ 26 di maggio 1403 e iriquesto di fu rice\.uto e vestito e commise rutte le sue

Àasserizie . fiùito di uno coiro, comptarono da1la casa a loro vita egli e monna

ÒÀir.u rru donna. I1 detto colto è in luogo detto Sovestre con questi confini: primo

il Àonrtr"ro di Sanra Chiara, seconclo e rerzo i frati di l\lonte Ulivero. qua_rto- via

"i.i"rt.. Le ]oro masserizie appariscono per f inventario fatto pel mano di frate

CÀ;;; d,Agostino da San Donato in Poggio, grancere de11o spedale-di _Santa lvlaria

Jéiia S.alu ?i Sr. Gimignano >> (Libro di-diueise il2dteùe (1194-1490), 10, c' 65)'o Anche G. BoNoiIs, La condizione degli oblati cit., pp. 284-285, conferma

I'esistenza di vari contratti di oblazione nei quali le persone << nemmeno olTronotutti i loro beni, ma danno una certa somma, pattuendo_ la_presiazione-.coirispon-dente. senza abitàre neI convento né usare 1a solita forlnula di offetta de11a propriapersona >>.' ot « Taddeo di Michele di Ghese, lanaiolo da San Gimiglano, deve dare per

uno colto vignato, alberato che gli vende' a sua vita e di mcnna Elisabetta, oggi

sua donna, e"di chi piir soprawivisse di loro due detti, cioè di Taddeo e di monnagiiruÈ.iir'detta e dopo ù morte d'amendle detti de' ritornare a1lo spedale di§""i, Urri" del1a Scaia di San Gimignano. Deve dare lorini q.,:alantacinque. _11

a.iìo -n,.r,a si fece infino a dì 20 d] marzo, anno l4)), conceduto il detto coltopà.

"ig.il d'uno sindacato, latto e rogato per ser Galgano di Cerbonio, notaio del1o

ip.a"iE di Santa NIaria della Scair ài Siena. Rogato_ _4g-1__:l-"-t"__di settembre, anno

i433 " (Libro di dioerse materie (11947490), 10,-c. LXXXXVIII)..-'-- 62'o §.. Mutt"o di ser Gua.sparre da San Gimignano, deve dar,e de1 mese di

dicembre, anno detto di sopra, fiorini cent'.ortanta d'oro, a _-ragiole di lire quat6o,

;;ldi;;; p"i fio.i"o e queito'è per 1o podere da Cello1e, il quale {u di ser Anto-

35

36 L,oSPEDALE DI s. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

Checca, sono anch'essi debitori di 95 fiorini, <( per un poderetto concesso

a vita a lui e la sua donna ,, *. Nel L439, itrtne, Bartolomeo di Dome-

nico, chiamato Baccio, << de' dare » anche lui 100 fiorini d'oro, << perché

gli fu conceduto il colto della Tomba, appresso alTa potta a Cellolese,con suoi confini, a sua vita e di monna Checca e di chi più sopravvi-

vesse di loro due >> s.

Può darsi che, il ritrovare nelle fonti ormai solo questo tipo dioblazione, fosse la conseguenza del giro di vite dato, propdo in questi

anni, dai comune di San Gimignano per limitare l'accrescimento dellaproprietà dei luoghi pii. In questo modo, infatti, l'ospedale veniva ad

incamerare, è vero, grosse somme di denaro ma non aumentava i1 già

esteso pauimonio fondiario a spese di quello dei privati 6s. Pochi anni

nio Cetti da San Gimignano, venduto al detto ser Matteo e a monna Fina, oggi suadonna, cioè a loro vita e di chi più sopravvivesse di loro due nominati e dopo lavita d'amendue, de' ritornare allo spedale deila Scala da San Gimignano e più è dipatto col detto ser Matteo, con consentimento della detta monna Fina, che se 1o

spedale o chi fosse al governo d'esso spedale el volesse ricogliere fra quattro anni,che i sopraddetti, set Matteo e monna Fina detta, siano tenuti e debbano rendereel detto podere con queste intese: dando loro fiorini duecento a lire quatto soldidue per fiorino, come detto di sopra e pir) dando 1o seminato di grano, ché l'ebbonocosì èssi stessi>> (Libro di dioerse rnaterie (t394-1,490), 10, c. LXXXXVIII).

6 << A Lorenzo di Berto Aneffini è stato conceduto a sua vita e di monnaChecca, oggi sua donna, uno poderetto el quaie fu di Filippo di Dando da SanGimignano, come appare sindacato di ser Galgano di Cerbonio, notaio senese eoggi notaio dello spédale di Siena e, per rigore detto sindacato, n'è rogato ser Gio-vàÀni ai Gamuccio da San Gimignanò dei mese di gennaio, anco è posto al librodare ed avere, segnato B, a catta 102 e, mi pare, il pre?o d'esso poderetto sonofiorini novantacin{ue, messi d'enmata detto frate, libto O, a carta 2 >> (Libro didiuerse materie (1394-1490), 10, c. LXXXXVIII).

d << Bartolomeo di Domenico, chiamato Baccio per soprannome, da San Gimignano, de' dare a dì 22 di novemble, anno detto, fiorini cento d'oro, a ragione

_ di

[re quatuo, soldi due per fiorino, perché gli fu conceduto i1 colto deila Tomba,appreiso alla porta a Cellolese, con suoi confini, a sua vita e di monna Checca, oggis.rà donnr, e di chi più soprawivesse di loro due e più devono dare della loro so-

stanza dopo la loro vita, fiorini cinquanta 1e sue eredi. Rogato ser Ambrogio diFrancesco- di Brogio di San Gimignano »> (Libro di diuerse rnateile (1394-1490),10, c. LXXXXVIII).

6s Per i prowedimenti presi dal comune di San Gimignano per limitare l'ac-crescimento della proprietà ecclesiastica in quest'epoca, cfr, L. Prconr, Storia crt.,p. 219 e E. Fruur, Storia economica crt., p. 219. A San Gimignano, infrtti, la pro-prietà terriera andava concenffandosi, tramite donazioni e lasciti testamentari, nellemani dei religiosi e mentre a Siena il comune, già dalf inizio de1 XV secolo, avevaalmeno ottenùto Ia tassazione dei beni goduti a titolo personale dagli oblati (cfr.Ancsrvro or Srato »r SrnNa, Arcbiaio dell'ospedale cit., p. XXII), a San Gimignano, invece, da una memoria del 1'116, sappiamo che il comune aveva dovutoèedere, dopo una << composizione » con l'ospedale, su questo punto: « Sia noto e

manifesto èome il coml..nè di San Gimignanò. liberò 1o spedale di Santa Maria del-la Scala di San Gimignano deila posta e stimi, detto dì 20 d'ottobre., anno 1436,di tutti terreni e case che 1o spedale possiede a1 presente da questo dì addietro e

simile quelle fosseno date a vita o case o terreni. E di-questa ri{ormagione-.è.rogatoil veneiabile uomo ser Donato di ser Marco di ser Ranuccio da San Miniato alTedesco, al presente cancelliere del sopraddetto comune e àviane ta catta pubblica

ORIGINI, PROPRIETÀ E REDDITI DELL'OS?EDALE

bastavano, poi, per rientrare in possesso dei teffeni concessi a vita, per

via dell'età molto arranzata della maggior parte deile coppie. Etano ledonne, se mai, che, in genere più giovani dei mariti, rimaste vedove

ed usufruttuarie, potevano creare ritardi e complicazioni, sfocianti, tal-

volta, nella rivendicazione di tutti o di parte dei beni donati, creando

così molti << impacci )>, <( ora per una cosa, ora per un'altra » 6' È del

L348 la lite mossa all'ospedale da monna Vegnente, << donna che fu di

frate Antonio Useppi )>, per ritornare in possesso di una casa che, nono-

stante tutti i consigli chiesti a notai ed avvocati di Firenze e San Gimi-

gnano, le dovette essere resa 67. Malgrado le clausole, inoltre, che preve-

devano l'assistenza dell'ospedale alle mogli, dopo la morte dei mariti,

queste preferivano di gran lunga andarvi a vivere e finire i propri giorni

al servizio dei bambini, dei poveri e dei malati' È nell'ospedale che andò

a morire, nel 1423, Ghita, .< donna che rimase di frate Giovanni da

Vico Fiorentino >> e fu nella sua casa, a Vico, che, dopo la sua morte'

Chelino, uno dei famigli, che il rettole aveva portato con sé, quando

vi andò <, per quelle pocl-re masserizie che v'erano >>, trovò tre grossi

d'argento e otto soldi, gelosamente conservati in una << borsella ,> s.

di mano del detto ser Donaio e, per detta cagione, ebbe il sopraddetto corìune,6òrini ..rrto d'oro, a ragione di lird quatffo, solài due per fi,orino, pagati per..Ago-trino ai ser Niccolaio d"a san Girnignano e messi a uscita di frate checco d'Ago'iiino du San Donato in Poggio, coniado di Firenze, oggi sindaco e_p_rocuratore del

deito spedale >> (Libro di'-iiuerse materie (13-94 1490-),.10, c. CIII)'..Nel 1'151,

*it. li comune 'di

Firenze, cercò d'imporre all'ospedale il pagamento di 25 fiorini

;;-; ;;";ir*i" » sugli acquisti di nuovi terreni. Ne sorse unà controveisia che fuvinta dalla nostia istituzione, che riuscì a dirno,ctrate di pagare di già << come seco-

lare >>, << le gtavezze » a quel1o di San Gimignano -(Giornale segn. B (1451-145))'56, é. 42\."Nel 1454, tòviamo la registrazione di una cefta somma di denari* siesi al'banco del podestà per._difendere ie. ragioni dello.sp_eda1e..conlo_ quellep.iron" ci vogliono iorre la

-robba _ di questi nostri poveri fanciulli >> (Giotnale

segn. B (74rL:1453), 56, c. 73), a dimostiazione del clima ormai teso che si era

venuto ad instaurare tra Ie due parti.- - « f contratti di oblazione-prer,edevano difatti la corresponsione di allcggioe alimenti al coniuge soprawissutì e, in genere, solo se ayesse lxantenuto la sua

r edovanza.67 « Ricordo de1le spese fatte per la lite per monna Vegnente,-.donl:r {u di

iraie Antonio Useppi da San Gimignano e nostrò frate, tratte-da rn libricci'.rolo diricordanze . port.- qui a dì 24 di-giugno, anno suddetto >> (Qu-adernuccio tli- spese

tt+lS;,4qq, ill , ,.' Zq. La lite u.ìrrà , costa.re alla casa 1) lire e 17 soldi e si

,...io "..Éirnr-i'i consigli di ser Francesco_S_alucci,.lotaio.sangin-rignanese, di ser

ii..olt, <1i Berro di M"rrtino, procurarore dell'ospede.le e di mcsser Ciovanrri da

Gubbio, << avvocato in Firenze »>.

68'<< Dalla nostra casa da Vico Fiorentino, a dì 26 d'aptile, grossi tre d'argentoe soldi otà-'e quali erano di Ghita, schiava, che morì in casa nostra, e quali tlovòLfrJro,--n.ri."'ir*igtiò, in una |orsella. presente Datino da Vico e più eltri.;;il;'r;d;i-;.; À;lle poche masserizie ..h. .''"',no' (E'lttdtd e -uscito seglt' Iì-k IMZO-UZù. eS', ,. 2i: o A piir spese fatte detto dì per la sepoltura ,li Ghita.donna rimase di frate Giovanni da Vico Fiorentino. che fu nostro fratc, co.me appare

,i a"tr" memoriale >> (Entrata e uscita segn. I e K (1420-1422), 69' c' l8)'

,7

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.,:l?

LbspsDALE Dr s. MARrA DELLA scALA Dr s. crMrcNANo

j Ìli:i,tr.

In conclusione, il desidedo di assicurarsi una vecchiaia economica-mente tranquilla, unito a quello di saperpi in pace mn Dio e la cettuzache dopo Ia mofte qualcuno avrebbe pregaro per ra sarvezza dele loroTl", n9!"hé il sapersi destinata di diritto ra sepoltura nella chiesadelllospedale, beneficio anche questo ambito in un,epoca in cui il luogodel seppellimento veniva a lungo pensato e accuratamerite scelto, certocontribuivano a f.at sì cLe fossero molti, specie gli anziani, a desideraredi « donarsi » all'ospedale @. Ma l'oblazione assolveva, ota, a compitidiversi e soddisfaceva non più, come nel passato, ad un desiderio di ca-rità, inteso come dedizione assoruta al prossimo, bensì a una necessitàdi ripensamento interiore, che ,u.o, pè, oggetto quasi escrusiv4mentela propda vita e il proprio operato.

o Per santio d'Asnolo e moÀna D1ana, -a{ esempio, ner L434, atroo della Ioro:S::t ": all'ospedàte, trovi,mo ira l" ,i"h[rt ;"# :i,l.Ur'af iiii. air" ogri:*31nt"rl*-.3.rrjl t suelo dì che si lrcssono avere,.per'_l,anima ai §Àtio *p.i-+detto e dei suoi morti pelinfino in vénticinqu, *"t"-tLlo*-2i alà)|, naterie(139+1490),10. c. IJoao(Vlitl. b. Éo*".J,"t-rr,dizirr;7iit;Zotr:,7"ii., p. 278,c'informa che « per privilegio...pontin.ià, ìéir"" irate od oblato poteva essere se-polto tuori datl'ospedàe,. "Silji-p;;"ìJl;é;"à.1È,#;Èril;;"l,iomo

detMedioevo, si vedal p. ew*, tiSio eir;r;;;";rfrt;;;;;;';"rff;, àà,, rgeo,pp. 8&94.

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ii§-jre

Ceprroro II

IL PERSONALE FISSO

Le oblazioni concorrevano quindi, in maniera considerevole, come

abbiamo visto, alla {ormazione del pattimonio ospedaliero e quella della

commissione di coppie di coniugi, abitanti fuori dall'istituzione, en la

forma di gran lunga preferita se non la sola possibile, data la modesta

attività assistenziale dell'ospedale, che richiedeva, nei periodi di mag-

gior attività e prosperj.tà, un impiego in casa di non più di sètte, otto

persone, rappresentate, oltre al rettore, da due a ffe famigli, da due a

tre donne, da un pellegriniere e da un cappellano. Agli oblati spetta-

vano, jnfatti, poche ma preminenti cariche, quaii quella di rettote, tal-

volta, ma non necessariamente, quella di pellegriniere, mentre oblata

era, di pteferenza, almeno una delle donne, che sovrintendeva a tutto

ciò che efa necessario per il buon andamento della casa. I1 rettore e, nel

caso, anche il pellegriniere ma non sempre le obiate, che potevano es-

sere, come spesso capitava, vedove di commessi del posto, fecatesi a vi-

vere, dopo 1a morte del marito, nell'ospedale, erano nominati da Siena

e, come tali, soggetti a 6asferimenti da un ospedale all'altro fra quelli

ad esso sottoposti; il rimanente personale veniva assunto, invece, sul

posto) via via, secondo le necessità.

Secondo \'usanza di Siena, dove erano addirittura scelti fra gli ap-

partenenti alle famiglie più ricche della città, i rettori avrebbero dovuto,

al momento dell'accettazione della loro carica, donare tutte le loro pro-

prietà all,ospedale, ma tale usanza, che vide il passaggio di interi patri-

moni familiari nelle mani dei frati serventi, parve avel fine, tfanne spon-

ranee eccezioni, vefso la fine del XIV secolo 1. tTna di queste eccezioni

a San Gimignano è rappresentata, nel 1457, da frate &latteo di Nanni

da Poggibonsi che, nominato rettore, donò all'ospedale tutte le sue pos-

I Ancnrvro or Sreto »r Srrua, Archiuio dell'ospedale cit', p' XIII'

40 L,oSPEDATE DI S. MARIA DELLA SCALA DI s. GIMIGNANo

sessloni, rappresentate da due casette e da quattro pezzi dt terra << lavo-rata, alberuta e vignata»2. Anche al rettore, cui spettava un compitodirettivo-amministrativo, non esente però da mansioni quotid.iane piùumili, quali i lavori stagionali nell'orto o i frequenti vìaggi in città(Firenze e siena), per I'acquisto di beni necessari alla famiglta ospeda-liera, veniva corrisposto, al pari di tutti gii altri oblati, un- salario an-nuale che, unito, nel caso si fosse riservato l,usufrutto dei beni donati,ad una piccola rendita, lo rendeva economicamente autonomo nei con-fronti dei propri bisogni s*ettamente personali, come sappiamo dalleminuziose scritture giustificanti di volta in voita le sue richeste di de-naro cui, d'altta parte, prowedeva personarmente, dato che |ammini-strazione dei beni e del denaro, compresa la compilazione dei registri,spettava unicamente a lui.

Frate Checco d'Agostinc da San Donato in poggio, rettore, comeabbiamo già avuto modo di dire, dar 1,4fi ar laagl percepì in questianni, oltre ai salario, che passò dagli g ai 12 frodni ull,unrro nel corsodel suo rettorato, una rendita anch'essa annuale di 7 fiorini, provenientedal fitto di un colto concessogli a vita 3. Dar primo giugno tqqo ul zl

2 «,Possessioli pervenute a.r_ tempo cri frare MarLeo di Nanni da poegibonsi,

f119.-..q.-l]. ,spedale di santa Maria'deila siala di san bio.,Le;à"oì-.àmincionrro-t anno 14)/ da dÌ l di gennaio. in qua, con Je possessioni di àerto'fr,rte Jlrrtc<_r,rettore derto, cioè Ie poisessio-ni, Èoggiuonri. È rr"" qu"ri"*piJr.rrlàni

".nr.sono commesse per me frate Matteo di Nanni da poggibonsi, qoi. a qresro spedaree furono commesse a dì i di .gennaio, anno derto r,li;", nÀi ;oli- .rà;;i; di SenraMaria della scala di si.na;,f.cirr,.à--irsi;,.;;;r qui, in questo di san Gimignano:

" ""-Yf^:?:_.lru^p-o,ìlr_nel castello di poggibonsi appresso alla piazznola e alprcsso

,1,^"T,-1^99_rr,no e alla porta a San. Lor9.nz9, con suòi vocaboli^e conEni: a'primc,vla maestra' secondo monna Carerina di siniano- (è riurasra a' frari di sÈ,ìiA;;;stino), ,terzo e quarto l'erede di Loienzo ai Anaràa ir;;ii

una mezza casetta posta lel detto castello di poggibonsi, con suoi vocaholie..confini: a primo via, a^secondo st.iàro-a;Ànàd ahC-;';;;ro". q.ià.ìo r,...a.di Lorenzo di Arrdrea Barroii;un pezzo di te*a lavorata e..vignata di staiora dodici o ciica, posta in rLrogodetto ,Giunchero, ,con suoi. vocaboli .' ."ra"i,

"a* p.imo via cri pisa, a sec,:ndr: .,,ia

vicinale, a tetzo l'erede di rommaso_ p§;;;i; .i*r'J-i"aàrà.;*i;1;# er fir:nedel1e Prove, posto in detto contado ai-È.!giU"..ri;,,.-_^U:^_1lro-,p::?-di rerra posro in detìo luogo, conrr:rda, luogo detto Crnrpo.Iungo, parte albo.raro e palje- lavorcto. con suoi-r-ocaboii e'confiii: 1 Dri:rr.r viavicinale,-a secondo I'erede_dLNrnni deila.;n;;i.u ài-Liràri. r";;;;;" r. lpcdar",liSanta Maria delta Scala di poggibonii;; q;il;-.i-fi;;;-;.j1.'5ràì,f.unt,uto aiPoggibonsi, di staiora tre o cir"à;

^,-^ ,Y1-l::o-,1t !:rr1 ,i*nara,- posra_in detto luo.go, luogo detto al À{acchicne,c,l]e"d1 .prr1r.,o v1a, da secondo Matteo di puccio di Toio, da" terzo l,erede di Na;;idl òatvr, dr staiora uno o-circa, contado di poggibonsi » (Libro deile possessiorti

segn. D (1453-1602t. l, c. j).3 Nel 1422, infatri. ha le enrrare reqisrrare nel libro di Entrata e uscira segtt.I e K (1420-1422\.6e. c.2, troviamo, ..D; i;;;; ah;.;; à,À;";ii"o,'rà,. àar".p._dale di santa Maria della siala, oggi sindaio .-pro.riut*. d;x,?;;;;aà1;-;;jÌà scara di

f

IL PERSONALE FISSO

maruo 1447, sappiamo da un Quadernuccio di spese, che frate Checco

prcse per i suoi bisogni di panno, calze, << pianelle )>, <( scarpette >> e per

cucitura di una << cioppa »>, solo L24 lire in quasi sette anni mentre lasua disponibilità annuale erz', allota (in questi anni il frate percepivagià" 12 fiorini di salario), di ben L9 fiorini a. Tuttavia, {rate Checco

d'Agostino, come sappiamo anche per alffi oblati, trovava ugualmentemodo d'impiegare il proprio denaro col prestarlo, nei momenti di mag-

giore necessità di liquido, in piccole somme allo stesso ospedale, dive-nendone così uno dei tanti creditori 5. Il lungo rettorato di frate Checco

d'Agostino, che morì, munito di tutti i conforti nel 1452, è ad ognimodo da considerarsi eccezionale e frutto senza dubbio di una partico-

lare e ben riposta stima di Siena nella persona del frate che, veramente,a giudicare dall'accuratezza con la quale tenne tutte le scritture del-

l'ospedale, l'aveva giustamente meritata. A dimosrazione della consi-

derazione in cui era tenuto vi sono le spese sostenute per 1ui dal rcdicembre al 24 gennaia 1452, giorno della sua morte, quando si prov-vedette ad acquistargli a Firenze un paio di << pianelle per il suo piede >>,

forse sofierente, un paio di capponi per la sua dieta di ammalato e an-

cora altre leccornie il 6 di gennaio, il giorno dopo aver ricevuto 1'olio

santo ed essersi confessato 6. Ma dopo di lui e, in particolare dopo la

cattiva riuscita di frate Mariano, che fu costretto ad abbandonare 7a ca-

rica per la sua incapacità ma più che alffo, come fu accertato, per la sua

malafede, i rettorati furono molto più frequenti e brevi tanto che dal1452 al 1496, le nostre fonti ne indicano alri sei7.

San Gimignano, a d\ 2l di maruo, fiorini 6, i quali ebbi da Polo di Michi, fornaciaio,per lo fitto del colto che mi fu conceduto a mia vita, posto che debbo avere allibro dare ed avete segn. B a catta L6, valsono lire 24, soldi 12. Nota che sonofrorini 7, posi per erore fiorini 6. Valsono e' detti fiorini 7, lire 28, soldi 14».

a Quadernuccio di spese (1439-1444), 137, c. 23.5 << Da {rate Checco d'Agostino, frate de1lo spedale di Santa Maria della

Scala di San Gimignano, a dì 5 di dicembre, fiorini 7, prestai a1lo spedale », comeleggiamo, nel 1421, nel libro di Entrata e uscita segn. I e K (L420-1422), 68, c. 4.Anòora nel 1424 (ma si tratta di alcune delle tante volte) << da fuate Checco d'Ago-stino, detto dì, lire 35, pet bisogno della casa, posto debba avere a1 libro segn. B,c. L6>> (Entratd e uscita segn. I e K (L420-7422),69, c.5).

6 Le spese per la malattia e Ia morte di frate Checco, compaiono nel Giornalesegn. B (L451-145)), 56, c. 89.

7 Ecco i rettori che si succedettefo al governo del nostro ospedale così comeIi abbiamo potuti determinare sulla base de1le testimonianze presenti nel1e nosuefonti, opportunamente confrontate con quelle forniteci da M. Barrisrrm, Gli spe-dali cit., pp. 84-85. Frate Checco compare sino dal 1401: «Frate Checco d'Ago-stiflo da San Donato in Poggio, frate dello spedale di Santa Maria della Scaia diSiena, venne a servire lo spedale di Santa Maria de1la Scala di San Gimignano,per queilo tempo che pamà al flostto rettore, messer Giovanni e al suo savio consi--glio, ìominciando a servire nel sopraddetto tempo a ragione di fiorini 8 l'anno per

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IlL,OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

Dopo il rettore la carica più importante, riservandoci di fare undiscorso a pafie sul pellegriniere al momento in cui tratteremo dell'as-sistenza ai pellegrini e ai poveri viandanti, era senz'altro quella dellaoblata, che presiedeva, svolgendo il ruolo di attiva ed economa massaia,

alf intero andamento della casa. Nell'adempimento delle sue molteplicimansioni, che andavano dalla sorveglianza ai fanciulli ricoverati, all'oc-cuparsi di tutto ciò che fosse « masserizia >> di casa fino, e principal-mente, a|la sorveglianza delle altre donne a lei sottomesse, alle relazionicon le lavandaie, le filatrici, le tessirici, le contadine, che sempre veni-vano all'ospedale, chiamate a porgere i loro servigi, l'oblata veniva aiu-tata da altre presenze femminili, che abitavano con lei in una parte a

sé dell'ospedale, come ci è costantemente indicato da1 continuo riferi-mento ad un << uscio delle donne )>, attfavefso il quale si doveva acce-

dere alle stanze loro riservate.Una de1le oblate da noi trovate alla direzione de1la casa è monna

Chiaru, moglie di quel Michele di Ciano che abbiamo visto << commet-tersi >> con 1ei nel 1401 e che dopo la di lui morte, avvenuta nel 1.407,decise di andare ad abitare neli'ospedale 8. Negli anni che Ia videro in-tenta al suo ruolo di massaia, Chiara ebbe I'aiuto di monna Piera diBiancalana, « servigiale >>, e, negli ultimi tempi, quando era ormai vecchiae inferma, quel1o di monna Maddalena, anche lei commessa, per la

suo salario >> (Libro di diuerse materie (1394-1490), 1,0, c. 63). Partito nel 1405,perché chiamato a Firenze a svolgere, presso l'ospedale della Scala della città, lafunzione di camarlingo: <r partissi a di 27 di maggio 1405 e andai allo spedale diFirenze per camarlingo »> (Libro di diuerse mdtelie (L39,1-1490), 10, c. 63), {rateChecco ritornò a servire quello di San Gimignano ne1 1411 ed è da questa data,ma solo sino al 1,4L2, che viene indicato fra i rettori de1 nostro ospedale anche daNtlario Battistini. Secondo le nostre testimonianze, invece, {rate Checco, dopo frateFrancesco di Lenzino e ftate Sozzo, che troviamo a governa.re in sua assenza, reg-gerà la direzione della casa ininterrottamente dal 741I al 1,:1,48. Frate Checco moriràsolo nel 1452 qtando l'ospedale è ormai guidato da ftate Mariano. Nei quattroanni che precedono 1a sua morte frate Checco conserverà, però, ancora della suaautorità, come intendiamo da questa scrittura del L449: << Ser Francesco di France-sco Salucci, notaio da San Gimignano, eletto per {rate Checco d'Agostino da SanDonato in Poggio e per me frate Mariano di ser Giovanni da Barbischio, al pre-sente governatori in questo luogo >> (Libro di diuerse xzaterie (1391-149A), 10, c.CIIII). A Mario Battistini, che pone invece in questi anni i rettorati di un certo frateOttaviano di ser Neri e di frate Checco di Agostino Sozzi, mancano poi tutte leindicazioni relative ai successivi che furono per noi, dopo frate l,,lariano (1448-14fi)(Entrata e uscitd segn. A (1448-145)), 7L, c. 145), frate Bartolomeo di Gherardinodal 1453 al 1456 (Perpetui (1"4fi 1509), 2, c. 16), {r'ate Cerbone dal 1456 al 1,{58(Libro delle possessioni segn. D (14fi-1.602), 1., c. 3), Adolfo di Filippo Pulci dal1.460 al 7468 (Giornale segn. A (7466-L470),57, c.1), nel 1487, frate Arcangelodi Francesco Moreschini da Montalcino (Libro di barnbini e balie segn. E (1487-151.2), L6, c. 2) e, infine, ma per questi ultimi anni i dati sono meno precisi, frateGuglielmo Boscarelli (Contratti (1496-151.1),9, c. 1).

8 Libro di diuerse mdterie (L394 L490), 10, cc. 65, 68.

IL PERSONALE FISSO 43

)

2

quale si precisò che << venne a servire lo spedale, a governare la famigliadal lato delle donne e monna Chiaru a guardalTa ch'è ammalata » oltre,naturalmente, a << governare e' fanciulli e {arc l'altra masserizia dicasa »>

e. Quello di monna Chiara è un altro esempio di vita, dopo quella

di frate Checco d'Agostino, interamente dedicata al bene de1l'ospedale

e reso ancor più significativo dall'essere Chiara una ex fanciulla di quelle

allevate nell'ospedale di Siena, andata sposa nel L371 a Michele diCiano, calzolaio sangimignagnese, che niente di meglio, forse, seppe tro-vare per lei, che gli soprawisse vent'anni, che riportarla sotto la pro-

tezione di un ospedale, put concedendosi di cambiare Siena con San

Gimignano, suo paese d'origine 10. Anche monna Chiara, come già frateChecco, fu ampiamente contraccambiata dall'afiezione e dalle cure degli

altri componenti della << famigls.a ài .rru » e nel 1427, già in 1à con glianti, la troviamo premurosamente inviata al << bagno )>, accompagnata

da << una donna che la servisse »> 11. Ma la sua non pare essere un'ecce-

zione poiché Ie donne, più degli uomini, pare avesse.ro veramente l'op-portunità di << vivere e morite >> nell'ospedale, dato che così sarà, nel1.445, anche per monna Maddalena, già a riposo dal 1441 e sostituita,da ailora, da monna Caterina « delle fanciulle dello spedale della Scala

di Firenze )>, e per monna Antonia, presente in casa come <( nostra fan-

ciulla grande »> dal t4Li e deceduta nei 1451, quando a sbrigare <( tuttequelle cose fosse di bisogno allato della masserizia e, massimamente, a

governare fanciulli e infermi >>, si trovava in servizio da tempo monna

Luciat2.

e << A{onna Maddalena, figliuola che fu di Luigi da San Gimignano, venne a

servire 1o spedale a governare 7a famiglia da1 lato delle donne e monna Chiata a

guardalta ch'è ammalata e così governare e' fanciugli e fare I'altra masserizia diòasa e cominciò il suo salario in lino al primo di gir-rgno anno 1426 ché finì i1 dettoanno al primo di giagno L427. Essi penato a scrivere per dimentic-anza e deve averel'anno fiòrini 4 l'anno d'oro, a ragione di lire 4, soldi 2 per fiorino >> (Libro didiaerse rnaterie (L394-L490), 10, c. 73).

10 « A dì XV di maggio 1371,, io frate Piero di ser Neri. maritai di volenzae comandamento di messer Galgano di Lo1o, rettore de11o spedale di Santa N{ariadella Scaia, una fanciulla di que11e da Siena, 1a quale aveva nome Chiara. Demolaper moglie a Michele di Ciano, detto Capretta, calzolaio da San Gimignano e demolidi dote fiorini 20 d'oro e detti la dote in CXV lire e XV iire per donamenta, intutto CXXX 1ire, carta per mano di ser Michele di Bottaccio >> (Libro di diuersematerie (D94-1490), 10, c. X).

t1 « A più spese fatte per l'andata al bagno per monna Chiara, nostra com-messa di casa, nell'andate e stare al bagno con una <ionna che la servisse e tornarePer tutto lire 27, soldi 7, fatta questa ragione con la predetta e presente Chelinod'Andrea, oggi nostro famiglio, Iaita La detta ragione a dl L2 d'aprile, anno detto r>

(Entrata e uscita segn. I e K (1420-1422), 68, c. 1B).12 << L4orì la detta monna Chiara, nosta commessa a d\ 24 di gennaio 1428

ed è seppellità a' piè dell'altare maggiore, martedì mattina a dl 25 di gennaio, annodetto, a1- tempo di me frate Checco d'Agostino da San Donato in Poggio, contado

L OSPEDALE DI S. MARIA DEILA SCALA DI S. GIMIGNINO

, Un'ampia esperienza era richiesta, dunodere il po.ro delì'obtxu ,I.-;,;;';,"':1",a chi si accingeva a pren-tarsi a lungo a fianco .l"ll^ *^ ^---: sa erano costtette ad eserci-tatsi a lungo a fianco .1"n. :rT"]:::1'' tu:1 erano costrette ad eserci-pevolezza di.r, i*oJ-*u.t o'o anziane, svÌluppando, così, nelia consa-

1.1" i;;à# :il:%' iilffi ..};, ",:t:. m,,t;:;";kt:TJ:::.fi-,i?;-1il: :j:

i"; iii;*. o' n, *"',ìrì, 1" ioliu,ro,.,chi fossero poi Ie arffe donne ar servizio dera casa è dificire dfuIo

! #;-:ffir[,T',il:iJf .T,Tr:.. r..q,,.n,;;; ;J. ronti per

1.llu rr.l. ,i-p:r.ra.uu atto della ,or"rllrrt, le artre, dopo Ia ,.rir,r*

cresciute rr, .rru ,""'".-^)'",::"i^l:to assunzione, ma per re fanciu_lrenulla. Tuttauiu, aT

compariva neppure questa, paiono inghiottite nela,.*.*i,'"#J::,ILrffi ,,."r..'::;ff ;::j,.:{ilLiii.:",,ffi ;,

i'ffi:ltr',ì":lff ; :'"'fl,fl,:Tl::,,,*, . aì'.,'.",,.,',,r" »>, checi assicura sul ricorso ;;';:j:':

t:**:t:l >>' che già conosciamo'reperibile, .urd.rrro"o

ad un personale,femminile ar irri" ì

,#;r:::##xi j,:',*#.{t:'i,':,,'ilt;;:;"::gere, però, .or,. ubtirroo ;;r'oJ'ii H J::,ff ,:Tj,|,"T#Trff"ffi:iln::;'i"lffti:: liversl 9, *' ,.,.f più alte, .,,no dut" arre artrecalzolaio senese pu5lll,'"o,.1'abjto religioro.-uonrru'a.ir'rran'redova

dell'ospedale di san

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th:'?'- per esempio, ,..rru.ì'-Jr..,rizi, .t.l-annue,sivide**#ffi i^iilì!;,i:T.iT!tlf;l**Ji*;j<< commessa » e venne pagaia' si disse, ., .o-a Ie artre donne di casa » 13.

ii# l,i^i tfi ;"' Wi: ;.:!!!;,W 1;l "" :'ii:' : {:'1 i i s:, r, c,i s an c i m is n an. .a s e r G iacJmi.iù#:i,i. .o "o#Jl* È f ,q,

"..f 3i:;:? 1T,rfi , il. : :ùi[:.Jcomunicarla e non si msanro e. al prere . .rri.r.Tln'^T, p*tÀE-"ir'n-,oliotl' " dt maggio' Quanclrl. vL'nnc a

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Il, PERSONAIE FISSO 45

Monna Piera di Biancalana, invece, anche lei vedova, come del re_sto sappiamo per tutte le donne che si recavano a servire in casa e chelavorò per I'ospedale dal 1,415 ar 1426, dapprima sartuariamente comelavandaia, stacciatrice di faina, raccoglitice Ji u[u., << scapecchiatrice >>

e << curatrice >> di lino e poi, dal 1419, come << servigiale in casa »>, rice-vette di paga << quattro fiorini, più una camicia di tinl e un paio di scar-pette » il primo anno, 5 fiorini il secondo e, infine, 6 per i rimanenti ra.

Diversa era la situazione del personale maschile, dei « fanti >>, dei<< ganoni »>, dei « famigli »> (ma è con quest,ultimo nome che vengonogeneralmente indicati), anch'essi in numero di due o ffe, assunti <( peffare ciò che bisogna intorno ai fuati della scala ,> e da questi impiegati,olme che nella cura dell'orto e della vigna, in qualsiasi ruuoro di mano-valanza diretto alla manutenzione della casa e, principalmente, inviatinei giorni di fiera e di mercato, per vendite ed acquisii, a poggibonsi,Colle, Castelfiorentino, Certaldo e Volterra 1s.

Le vendite avevano per oggetto i prodotti provenienti dai poderidell'ospedale, Ia cui quantità soptavanzava queilà normalmente consu-mata da77a casa. Grano, orzo, segale, miglio, panico, vecce, saggin a, {aye,lupini, noci, fichi secchi, mandorle, zafr.erano, lana, lino,'polilrtr", .up_poni, capretti e porci venivano così venduti dai tamigli neì diversi mer_cati della vatrdelsa mentre le donne in casa pro,rv.devrno a quella deipolli, delle uova e dei formaggi continuamente richiesti, anche in consi-derevoli partite, nonché a quella dell'orio, del vino e dell,aceto. Fra gliacquirenti abituali toviamo il convento di san Francesco per i << caci dicapra )> anche a cinquanta << coppie »> per volta, lo speziale di San Gimi-gnano per il vin greco e le mandorle e, sempre per il vino greco, Ie mo_

DOStra Commessa e donna conventuale, deve avere per vestire e calzate, lite 12l'an!o, come le alt.e donne^.{i .urr, .o,',i*iu"ao-" ai-lo-ai--rrgii"-frià >> (Librodi diu.e.rse _naterie (1394-1490), 10, '.. oil. ------

14 .,Monna Piera di Biaicalana, v_enne a servire lo_spedale per servigiale perun anno, cominciando I'anno a dl 1i di marzo 1419 . d.ue auerà ,r"i-doto urr.ro,fiorini 4 e una camicia a suo,.dosso di panno ig9 nrrovo e un paio di scarpettenuove a suo. piede >> lLibro di diuerse ìnaterie (1394-1.490), to, i. irJ, u Mbnnavrera sopradderta si raffermò per lo quarto anno L42i c derle avere in questo annoiìorini 6..per. suo. salario.a ralione. di.lir.e 4, sordi i. prrrì.ri ,"'""r"pì..à soprad-detta, -all'uscita di febbraio., aÉno 1,426. È siata a questo ruÉio

-ar.- aili'e undici

mesi, fatto conto con lei giwedì a dì 5 d'agosto, anno 142g e deve avere {iorini 179-P9279'--come appare a-t libro segn. B a cafia L}r>> (Libro di diuerse n aterie(1394-1.490), 10, c. 73).

ls volterra è l'unica ad essere nominata p,er una !9ra, querla << dene bestie »,come sapp.iamo anche da una scritura del t.+i9: .,A v;lteri;, i ii-à"ài ,.,,.,,,-bre, quando andai alJa fiera che si fa Ià, per v.ndere it-ì"riià lriio"nJro . p.,compefare porci»> (Meruoriale di spese minite segn. G e H Gal5-laio\- qa, ,. àsl.

t46 L,oSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANo

nache del convento di Santa Chiara, r fuati del convento di San Dome-nico, il <( preposto della pieve », e il podestà di San Gimignano 16

Gli acquisti pur essendo ugualmente compito dei famigli, esige-vano, petò, maggiormente, la presenza del rettore al loro fianco, speciequando bisognava recarsi lontano a Fitenze o a Siena, ma più frequen-temente a Fitenze, per compierli. I viaggi venivano, di regola, afirontatiin due: il rettore sul ronzino e il famiglio a piedi o a dorso d'asino(l'ospedale non possedeva più di due o tre bestie da soma, rappresen-tate da muli, asini e ronzini) e contemplava almeno una sosta con ri-storo in una delle locande poste lungo la via de7l'andata e del ritorno 17.

A Firenze e a Siena i pernottamenti awenivano, invece, di regola, pressogli ospedali omonimi ma, per Firenze, sappiamo che frate e famiglio,e in un caso (ma era la festa de11'8 settembre) anche alcuni dei fanciullidi casa, albergarono una volta, quella della festa, a Peretola e un'altra<< allo spedale calzaiuolo >>, con tutta probabilità quello di Orsanmichele 18.

16 I conventi di San Francesco, di Sant'Agostino, di Santa Chiara, di Santacaterina e di san Domenicg, ricorrono sp.sro c6m. compratori di alcuni clei pro-dotti dei poderi dell'ospedale. Nel 1,420,-ad esempio, troìriamo: « Da' frati e èon-vento di Santo Francesco da San Gimignano, a rt ZO di settembre per cinquanta-quattro caci

^ch'io gli vende_i loro, come appate al memoriale di frate Checco à'Ago

stino segn. G a carta 18, lire 2, soldi 14, portò Giovanni, loro famiglio »; (Entratue uscita s,egn_. I e K (1420-1,422), 68, c. 2); quelIo sresso anno compare tra gli acquigenf g$e.lo speziale: << Da Stefano di Giovanni, speziale da San Gimignano, a dì5 di febbraio, pe1 dr1-e rasieri di mandorle ch'io gli-vendei, per soldi 24 tl msrere,99n9 gu?lIro.staia a1lo staio di San Gimignanot> (Entrata-e ascita segn. I e R(1420 7422), 68, c. 2); nel L424: << Dalle mònache e convento di Sa.nta Òaterina daSan Gimignano a_ dì 11 di giugno, fiorini nove per compiemento di pagamento{'uno paio 4i bq% comperarono da noi, come apparè al librò B, a carta TZ,"vaisonolire trentasei, soldi,diciotto >> ,(E_ntrata e ascita-segn. I e K (1420-1422), 69, c. 4),ma si ttatta solo di alcune delle tante vendite ed era il vino, se mai, ad esseréil più rìchiesto. Nel 1445, << vino greco >> e << vino bianco spuntato », iu vendutoin gr.ande qqantità alle monache di Santa Chiata, ai frati di Sàn Domenico, al pode-stà di San Gimignano, aI proposto della pieve e a molti dei mezzadrt deilo jtessoqspedale per un totale di 86 lire e 86 soldi nel solo mese di mauo (Quadernucciodi spese (L439-1444), 737, c. 86).

* .. "..u4 pQ spese fatte a.dì 2 di novembre, quando andai all'abare No{rio, allaBadia dr San Baronto in quello di Pistoia, per'ria carta da sanzione, fatta per locomune d-i San Gimignano. Spesi neil'andata per lo ronzino, per lo famiglio'e perme, in più volte a mangiare e a albergo, albergammo a Granàiolo, di là -da Casiel-forentino, spes,esi per tutto, soldi ventisei >> (Entrata e uscita segn. i e K (1,420-L422),69,.c.20ì1; \el 1440: «Ail'albergo de1la Corona da San Casclano, a dì 5 d'aprile,andamrno a Firenze ser Francesco ed io, frate Checco, per avere consiglio sopra ladimanda di monna Vegnente, spendemmo a1 detto albeigo, soldi sei >>-(Quaiernuc-cio di spese (1439-1444), L37, c.24) e al ritorno: <rA Vico, spendemmò e1 dettos,et Francesco ed io, frate Checco, a ritornare a casa, soldi re, denari otto >> (Qua-d.ernuccio di spese (L439-L444),1,37, c. 25).

18 << La sera del1a festa » de11'8 settembre 141,2, il frate per sé, « il mulo ei fanciulli )>, spese 19 soldi per albergare a Peretola (Memoriale iegn. D (L417-I4t4),4L, c. 70); nel L424: << Al passeggiere alla porta a Spugna, a Co11e, a dì 10 di feb-braio, per due somelle di mele e fichi e uva secche, portai allo spedale a Siena,

I

I

IL PERSONALE FISSO

Pailil, stoviglie, libri di scuola per i fanciulli, pettini e << sapone da

capo )> per le fanciulle, << carta pecorina >>, briglie, some, <( pettorali »per le bestie ma più che altro funi, canapi, chiodi, arpioni, tilci frenaie,serrature e ogni altro genere d'atnese necessario per i lavori in casa enell'orto, costituivano la ragione dei tanti viaggi non di rado dovuti an-

che, per Firenze in special modo, aila necessità di rivolgersi ad awo-cati e notai di prestigio, consigliati all'ospedale per Ia buona risoluzionedelle continue vertenze col comune e con i privati e, per Siena, per icontinui e obbligatori rapporti con l'ospedale di 1à, come ci testimonianoi tanti invii di starne, lepri, caprioli, piccioni, tortore, uva e fichi secchi,mandorle, vino greco, mele, forme di raveggiolo e marzolino al rettoredi Siena, che era spesso « di mala voglia >> nei confronti di quello diSan Gimignano 1e.

ebbe soldi cinque e alla porta a Siena, detto dì, per la gabella delle dette cose,soldi dodici e all'oste da Spugna, cioè ad Albere1lo, detto dì, tornammo ad albergoda lui, el famiglio ed io con tre bestie, ebbe soldi quindici >> (Entruta e uscita segn.I e K (1420-1422),69, c.21.); nel 1442: <<Detto dì mi partii da Firenze il fami-glio ed io. Spesi allo spedale calzaiuolo in albergo per 1o ronzino, per 1o famiglio,in biada e bere e mangiare, soldi cinque >> (Quadernuccio di spese (1439-L444),137, c. 56).

19 <<.A uno cartolaio, che sta sotto 1e volte della Badia a Firenze )>, vengonodati, nel L411, 30 soldi per l'acquisto di un libro di scuola (Memoriale segn. D(14L1-1414), 41, c. 8); da << uno speziale in Mercato Vecchio a Firenze )>, vengonoacquistate, nel 1415, sei once e rnezzo di « bambagia frlata per lucignoli >>, per 8soldi (Memoriale di spese minute segn. G e H (1.415-1420), $, c. 18); cento« chiodi da asino )>, sono acquistati, ne1 1415, da Zanobi di Michele, << merciaio insul Ponte Vecchio >> (Memoriale di spese ??zinilte segn. G e H (1.475-1420), 43, c.65); ne1 1421, <<A Fitenze, a uno brigliaio nel corso degli Adimari, owero corsodei Brigliai, a dì 13 di settembre, per una briglia e molso e per asole e pettoralenuovo aLla ronzina, costò lire quattro >> (Entrata e uscita segn. I e K (L420-1.422),68, c. 20); nel 1,424, « A Paolo e compagni correggiai in Firenze, a dì 3 di gen-naio, per un paio di bisacce ch'io comperai, presente frate Alessandro, costaronolire tre, soldi sei >> (Entrata e wscita segn. I e K (1420-1,422), 69, c. 21); quellostesso anno << A uno lastraiolo, che sta alla piazza Tornaquinci, a di 23 di febbraio,per due pietre sagrate di marmo, da tenere in sulI'altare, costarono lire quatffo,soldi quindici >> (Entrata e uscita segn. I e K (1,420-L422), 69, c. 22); ancoru nel7424, <<A uno stagnaio, che sta presso all'arcivescovado di Firenze, detto dì, perdue bicchieri di stagno e per due napicci da bete ovvero tazze, costatoto in tuttosoldi ventitre r>, ne1la medesima cattat << A Firenze, a dì 18 di dicembre, pel trecappucci comperati ad uno calzaiuolo, che sta in Firenze in Chiasso di Fero, pe'nosmi fanciulli, cioè Checco, Caterino e Giacomo, costarono lire cinque, soldi quat-tordici e per la gabella, soldi uno in tutto >> e << A Giacomo d'Agostino, linaiuolo inFiret'ne, detto dì per dieci canne di canovaccio per fare sacconi da letto, per solditredici la canna, montò lire sei, soldi dieci >> (Entrata e uscita segn. I e K (7420-7422),69, c. 27); nel 1458: « A Batista, speziale al Canto della Paglia, a dl 25 di gen-naio, per spezie e pepe per 7a casa, soldi dieci >> e quello stesso anno: « A11o spe-

ziale delf insegna della Scala, in Mercato Vecchio, per argento vivo e per agora perin casa, soldi undici >> (Memoriale di spese rninute segn. A (1,458), cc. )6, 58); nel1459: <<A Lorenzo d'Antonio di Polito, pizzicagnolo sul Ponte Vecchio, a dì primodi maggio, soldi dieci, sono per tonnina tolsi da 7ui>> (Mernoriale di spese minute

47

Dome-

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48 L,OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI s. GIMIGNANo

Gli uomini, a difretenza delle donne, che erano quasi tutte del po-sto, tranne 1e fanciulle allevate nei diversi ospedali dipendenti da Siena,che venivano spostate ora qua ora 1à (ma si trattava solo di quelle chenon avevano potuto o voluto maritarsi), secondo le necessità, proveni-vano dalle diverse località della valdelsa ma alcuni anche da Prato, chiusi,Siena, Volterra, Empoli e Firenze, altri ancora da più lontano, persinoda Bologna, da Parma e da Perugia. L'ospedale, inoltre, pare non disde-gnasse neppure i servigi di alcuni dei forestieri di passaggio, che rima-nevano giusto il tempo per mettere insieme un po' di soldi ma, più chealtro, per rifornirsi di un paio di scarpe nuove, necessarie a riprendereil cammino. Nel 1401, Battista da Chiusi, servì l'ospedale dal primo aldiciassette giugno di quell'anno e <( partissi el dì detto >> dopo aver avutoun paio di << scarpette » e 5 soldi << contanti >>

20. Nel 141I, ad aiutarei fuati nell'orto << a cavàte gruogo >> cioè zafretano, troviamo un certoNiccolò << forestiere >>, che si trattenne appena un giorno e mezzo per18 soldi 21; nel 1418 è nominato Giacomo, << soldato che stette con essonoi a fare nell'orto e in casa quello s'appartiene alia masserizia, <<perl'amore di otto dì >>, che ebbe, << alla patita sua, cinque soldi per l'amo-re di Dio »22; nel 1420, Antonio da << Cafa>>, per un mese e sette giorniche stette « a servire 7a casar>, ebbe 2lttets; ne7 1422, Antonio di Fi-lippo, bastiere, << disse era da Empoli >> ma che abitava a Monticiano,

sg.Sq.. B (14_59-1460), 57, c. 70). Numerosi e vari erano i doni inviati all'ospedaledi siena. Nell'agosto e nel setembre der L425, rroviamo: « A Nanni di Pasiinaca,per cinqqg_ Éaschi di greco, comperai da lui, el mandò a messer Carlo per esso eportollo Giovanni Puro, loro famiglio in casa, costò in rutto lire ,rna, soidi sedici »e << A uno contadino a d\ 73 di settembre, per sette starne ch'io comperai, per man-dare a Siena al nostro ragioniere, cioè messere Car,lo d'Agnolo, iostarono solditrentuno in tutto )>, ancora sempre in settembre: « A Vicarello, che sta alla pievea Santo Appiano, presso a Linati, a di 27 di settembre, per dieci paia di tortorecomperai da lui per_soldi quattro, denari otto il paio, montalono lire due, soidi sei,denati otto,_mandolle_ a Siena, a messer Carlo e il passeggiere da San Gimignano,ebbe soldi.dieci per l'uscita e all,a pofia a Siena, di gabella, soldi tre, denariquat-tro, so-no in tutto lire tre >> (Entrata e uscita segn. I e K (1420-1422), 69, c.-24).

20 « Battista da Chiusi, chiamato Chiusi, stàtte con fraie Bartoloécio, venne aservite.l.a casa, per iare ciò che gli sarà comandato. Venne a dì primo éi giugno,per soldi quaranta il mese>>; «Anne avuto a dì 17 di giugno,-per "n p1iò aiscarpette_.e cinque soldi contanti, in tutto soldi ventitre, a usèita ifoglio j7. pal-tissi ef dì detto >> (Libro di diuerse materie (1,394-7490), LO, c. 63). -

21 Memoriale segn. D (1417-1414), 41, c. 2.2 « A Giacomo, soldato, che stette con esso noi in casa a fare nell'orto e incasa, _que11o s'appartiene alla masserizia, detto dì, stette a servire per l'amore diotto dì, dégli alla partita sua, cinque soldi per l'amore di Dio » (Metnoriale di speseminute segn. G e H (1415-1420), 44, c. 50).

23 « Ad Antonio da Cafa, a di 29 di luglio, per uno mese e sette dì che stettecon esso noi a servire la casa, ebbe lire due>> (Entrata e uscita segn. I e K(1"420-1422), 69, c. t5).

IL PERSONAI,E FISSO 49

forse sulla via del ritorno verso casa, si fermò un mese a servire per 3lire e 3 soldi di compenso 24. Nel t425 Giacomo da Bologna << o del con-tado »>, per diciassette giorni che si fermò << al servizio della casa »>, ebbe

34 lt:e e per re mesi che si trattenne, quello stesso anno, Antonio diPiero di Vallurino da Belforte del contado di Siena, riscosse 9 lire e 5soldi r. Nel 1419, anche Domenico « da Castel della Pieve di quello diPerugia »>, partì dopo un mese con 40 soldi in tasca e nel. 1.446, infine,25 soldi furono dati ad un frate eremita perugino, per aver zappato, perquindici giorni, I'orto 26. Fra i tanti, chiamati per aiuti saltuari ma, tal-volta, assunti anche come famigli, non è raro, poi, trovare degli schiavicome quel << Giovanni schiavo di Schiavonia » che, nel 74L3, servì lacasa per fante per diciotto giorni, ricevendo di paga 46 soldi, più 8

denali avuti per << farsi tondere » dal barbiere e come quell'altro, uncerto <( Pietro, schiavo, che è nosro famiglio »> che, nel l4!9,Ia vigi-lia di Natale, troviamo in casa a ricevere la mancia per la festa 27. Infine un-\ntonio, << chiamato Turco »>, è presente nel luglio del L424, << a fare sec-

;ione r> nell'orto con Ia falce fienaia 28.

La maggior parte, però, dei famigii e degli aiutanti occasionali, cuisi rivolgeva l'ospedale per i lavori stagionali nella vigna e nell'orto, ap-larreneva al mondo conradino. Contratti annuali, che spesso si conclu-;.evano con pochi mesi di lavoro nel periodo invernale, caratterizzaflo,::rtatti, molte delle memorie di assunzione. I1 14 dicembre del 1400,:.er esempio, Ristoro di Giovanni cla Colle, venuto << a stare per fami-g',o » cioè << a fare ciò che bisogna intorno ai frati della Scala >> e, più

:r « Ad Antonio di Filippo, bastiere, disse ch'era da Errpoli, oggi abitava a-"1:riiciano, a dì 16 di novembre, lire tre, soldi tre, per un mese che srette con

=-.o noi a servire 1a casa>> (Efitrdta e uscita segn. I e K (1.420-1,422),69, c. D).:i « A Giacomo da Bologna o del contado, a dì primo di febbraio, per dicias-

';::: dì, che stette con esso noi al servigio del1a casa, ebbe soldi trentaquattro a:,::::e di lire me al mese»; «Ad Antonio di Piero di Vallurino da Belforte, con---:- ii Siena, a dÌ 10 d'aprile, lire nove, soldi cinque, per suo salario di tre mesirr: siÉlre con esso nor aI servigio della casa>> lEntrata e uscita segn. I e K-----i122), 69, cc. 22,26).:.

" A Domenico, da Castel del1a Pieve di queÌlo di Perugia, per uno mese,::: i:.iie al servigio dello spedale, ebbe soldi quatanta >> (Quadernuccio di spese----i'i++-l), 137, cc, 11, 100).::

" Giovanni, schiavo di Schiavonia, venne a servire la casa per fante, a dì'- '' giugno, anno detto, el dì della festa del corpo di Cristo in glovedì e deve: r-: - nese » (Libro di diuerse materie (1,391-1490), 10, c. 70); « A Pietro, schiavo,::::: .r. per 1a mancia, ch'è nostro famiglio, soldi cinque >> (Memoriale r)i spese

- 1r:. t:En. G e H (1415-1420), 44, c. 71,).r .. Ad Antonio, chiamato Turco, a dì 9 detto mese, per due dì che ci aiutò::: --:. i'llce frenata a fare seccione, ebbe lire una, soldi dieci>> (Entrata e uscita::: I : K (1420-1422), 69, c. 19).

50 L,OSPEDALE DI S. NIARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

precisamente, << tutte quelle cose che gli saranno comandate in ben

fare >>, << partissi » il 14 di maggio perché, << disse, voleva tornare a c^sa

sua a Colle )>, proprio quando la buona stagione etr- ritoffiata ed etano

ripresi i lavori nei campi'e. Non a caso, quindi, il frate amrn,:niva che

<< per nessuna ragione >> doveva accadere che non si << servisse l'estate

come f inverno )>, pena la rid,"rzione del salatio nei mesi estivi 30,

Veri e propri rcferenziati si possono considerare, infine, fra quelliche aspiravano ad entrare al servizio dell'ospedale, colofo i quali con-

tavano già esperienze di lavoro presso altri luoghi pii. È il caso di Fierod'Antonio, « il quale stette con le monache di Santa Chiam di San Gimignano >> e che ottenne nel l4L3 ben 15 fiorini l'anno di salario, senz'al-

tro superiore a quello cordsposto ai famigTi in quest'epoca e pari, diregola, ai 10,72 frotini annui3i. Eccezionale è da consideta::si, invece,la presenza, del resto molto breve (solo quindici giorni), di Stefano,

<< cuoco, che stette con i fratt di Santo Agostino da Colle >>, in cambiodel modesto compenso di una lira 32.

Tenuti a servire << con sollecitudine iI dì e di notte », i famiglidovevano vivere nell'ospedale il che comportava l'allontanamento dallaf.amiglia, quando \a si aveva, per lungo tempo e forse anche questa, come

il lavoro nei campi, era urTa delie ragioni della breve durata del loroservizio 33. A conferma di ciò, riportiamo due spezzoni biografici relativi

2e << Ristoro di Giovanni da Col1e, venne a stare pet {amiglio, a dì 14 di di-cembre e de' fare ciò che bisogna intorno ai f.tati della Scala e de' fare tutte quellecose che gli saranno comandate in ben fare e deve avere per suo salario ogni mese,fiorini uno >>; « Partissi da noi ii dì detto, disse voleva tornate a casa sua a Col1e »(Libro di diaerse tnaterie (I394-t490), L0, c. 62).

s Nelle memorie di assunzioni del XIV secolo, si awertono i nuovi famiglidi non sospendere il lavoro durante l'estate, pena la riduzione de1 salario. Così èper Giacomo di Berto da Colle, per il quale, ne1 1368, si precisa che « se awenisseper nessuna cagione che non servisse l'estate come f invetno, si 4e' scontate, perògni mese d'estate denari due >> e nel 1lB5 anche per Guido di Ristoro da Scor-giano, si accenna al medesimo prowedimento (.Libro di dioerse materie {1394-1490),I0, cc. 32, 40]r.

31 « Piero d'Antonio, il quale stette con le monache di Santa Chiara di §anGimignano, venne a servire il nostro spedale del1a Scala di San Gimignano, a dì2 di novembre, anno sopraddetto, per uno anno, cominciando l'anno a dl detto edeve avere i'anno fiorini quindici. I1 detto Piero è tenuto a fare tutte quelle cosegli saranno comandate, necessarie e bisognevoli alla masserizia del detto speciale e

degli altri, cioè Poggibonsi e Colle e in qualunque luogo bisognasse >> (Libro didiuerse nzaterie (1.394-t490), 10, c. 70).

32 << A Stefano, cuoco, che stette con i frati di Santo Agostino da Colle, perquindici dì che stette con esso noi, ebbe lire una >> (Entruta e uscila segn" I e K(1420-1422\, 69, c. 1.6).

33 Nel 1383, per Michele di Bertino da Poggibonsi, assunto come famiglio, silegge: << ed esso, Michel., debba servire e fare ciò che gli sarà comandato, con sol-leòitudine e dì e di notte»> (Libro di diuerse ruateùe (1394'L490), 10, c' l1).

IL PERSONALE FISSO ,L

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Sanedlloe6Seile eodì

a due famigli -che servirono l'ospedale à distaflza di pochi anni l'uno

dall'altro..I1 primo è quello di Lorenzo, figliolo di Mignano del Gesso, un

mezzadr; defi'ospedale di Santa Fina di San Gimignano, proprietatio di

drle pezzi di teffa << vignata e albetata »>, entrambi affittatl a Cellole e

iscritio nel catasto del. L427 per 5L fiorini di sovrabbondante 34. Ne1

1411, all'etìt di ventiquattro anni, Lorenzo diviene uno dei famigli del-

l,ospedale della Scala per i-L fiorini 1'anno « più quello paresse )> a frate

Checco, l'a\7ora rettore, << secondo ch'esso Lorenzo si portasse >> 3s' Nel

1426, monna Pieru, sua madre, compare tta le balie asciutte dell'ospe-

dale ma, a quest'epoc a, Lorenzo non era già più in servizio probabil-

mente perché, come sappiamo da1 catasto, ormai quarantenne, si era

sposato e viveva, con la moglie e un figlio di un anno, ancota nella casa

patefna 36. Abbandonato il lavoro per motivi f.amilia1j, come crediamo, ild.rtino di Lorenzo si compì tragicamente nel 1433, per via di una mor-

tale caduta da una quercia e la miseria si abbatté sulla sua tamiglia, tanto

v << Sustanze di Mignano di Piero del Gesso:U"ò-p.rr.

-ai t iii iie"uiu e alberuta, posta nella villa di Cellole, che da

ori-o-rlr,'s.condo tr.ti.ru-ai San Biagio'e^lo spedale di Santa Fina, tetzo leil"?.f.. 3r

"§;; C;;.rì;; an* Ji gtt" fà',no, àIla'Lippo di Peciolino della detta

,riUà. tir. sei al sette p". i"rrto, vale f. 2l e s.9 t' 2L s' 9',"'' Uo' ;;; Aft;; JÉ;;;ir; ;9'* nella detta vllla, che .da,primg vi4 seconio

l^fu^t"rnftà a.U, pi.u.,*a, t.rIo'Su" Biagio ànne di 6tto da Nanni di Berto lirea".-a i.it" per cento, val,e f.. 7 e s. 3 l' 7 s' 3:- -b;É[; 'ai*, d/ò[*à ai Giuliano di lvlartino fiorini venticinque, i quali

AriniÀr-i" àelosito per cagione,di_un obbligo di una dote di una mia cognata,

Jfrotto se ne Éae si àette òpra la detta dote, t. 25 t' 25

Creditori:--'--'O.fm dare allo spedale di Santa Fina, per cagione di prestanze e per perdita

di bestie in tutto fiorini cinquanta* -"A U;;;; irtb.q -per f.rri avuti da- Iui lire dieci' Lavoro un podere a Lib-

ti*o, iott" Ji'Sàn Ciirrisnuno, dello spedale di Santa Fina t' 2'.10

Bocche:Mignano sopraddetto, d'età d'anni 65Moina Pierà, sua donna, d'età d'anni 50lorenzo, mio .6glio1o, d'età d'anni 40

-^Monna BartoloÀea, t,ra donna, d'età d'anat 25Checco di Lorenzo d'anni L

Piera, Egliuola di Mignano, d'anni 20

SotÉ, i" ,rrrt^*., i6-" upput. di sopra l' 53 s' 12

iÙttrclt ?i *'ir*. ,ltàttuti,gli iqc.ar^i{i f' 51 s' 2

il; É;.h" sei, entrovi teste dùe » (A.S.F., ,Catasto, 266, c' 440)'li oE oiù o"é[o ;À;-a-;e frate Checco'd'Agostino paresse, secondo ch'esso

Iotenzo .ipàitr.J. >> (Memoriale sqg-n- D (L41L-1414), 4L, c' 22)' ,. ^-"-* i.;ìuf"n"; Pi.ri, ào"nu di lfrignano del Gessò, portò a-.balia.Andrea detto,

domenica i-i{i a, ^irrò, inno 1426-e deve avere il

.mèse soldi venticinque-e- slaia

;;di;t;r;,11;-#6-dl S"" ci-ignuno>> (Balie e barnbini segn' B (L413-L454)'

L4, c.20).

pefe(

o, sisol-

,2

II

L,oSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI s. GIMIGNANo

da indurre la moglie a portare allo stesso ospedale della Scala, piera, laloro ultima nata3? -

L'altro famiglio, di cui conosciamo, in parte, i dati biografici, èchelino d'Andrea di Paolo, figliolo di un ex mezzadro della casa, assuntonel luglio del 1417 per 12 fiorini d'oro l,anno, quando era appena sedi-cenne $. Chelino, data la giovane età, servirà l'ospedale a lungo, per Lrnadiecina d'anni circa, instaurando un rapporto che ci parc vada al di 1à

di quello normalmente richiesto ed ofierto ai famigli. Nel 1419, lo tro-viamo inviato, per suo desiderio, a Firenze ad assistere alla festa di sanGiovanni del 24 giugno e innumerevoli sono, negli anni che seguono,i compiti di assoluta fiducia affi.datigli dall'ospedale, cui egli risponderàcon una continua disponibilità 3e. Anche chelino, con tutta probabilità,lasciò il servizio alla fine del L425, anno in cui ritirò tutti i suoi risparmi(38 fiorini in tutto), depositati presso il rettore, che gli comispondevat7 5,25Vo, pari a due fiorini d'interesse annui, per il matrimonio{. Nel1'427, difatti, chelino, che compare nel catasto con un sovrabbondantedi 37 froini, risulta abitare in san Gimignano, con la moglie verdiana

37 « Piera ha nome la. fanciulla, figliuola di Nencio di Mignano del Gesso tlaSan Gimign-ano, Ia_ q.uale ci fu raccomàndata a dì 18 d'aprile"anno àetto .h. ladovessimo .d.ge _a balia, peshé il padre cadde in tet:ta dà, .,ru q,r.r.ì" e morissie I'avolo della detta {anciulla è povera persona >> (Balie e bambiii segn. B (1,413-1451), L4, c. 27).s « Chelino d'Andrea di Paolo, che furono nosui lavoratori, venne a servireIo spedale per- famiglio, martedì sera a dì 22 di luglio 1417, per uno anno e deveavere l'anno fiorini dodici. dlgro, a ragione di lire -quattro, ,otai due per fiorino »(Libro di diuerse materie (7j94-1490),-10, c. 70).

.3e Chelino, in{atti, i1 22 di giugno del 1419 ebbe il permesso di parrire conuna lira e due soldi in tasca per andare a vedere la festa àe1 24 giugno a Firenze(Mernoriale. di_spese minute segn. G e H (t415-1420), 44, c. 59). "

a0 « A Chelino d'Andrea di Paolo, oggi nosuo famiglio, detto dì, 5 cii novem-bre, Iì-otini trentotto d'oro, aveva avere come uppnr. ,f rbro B a éarta 65. yar-sono-Iire centocinqu_antacinque, soldi sedici, a iagione di lire quattro, soldi dueper fiorino-»; «A chelino, derto dì, per provvigiòne di nor.e mési di detti fiorinitrentotto, lire sei, soldi tre, a ragione di Eorini-due l'anno, per jire quattro, soldidue. per fiorino, -posti a sua ragi,one al detto libro a derrà iarta 65 i> (Enirata euscita segn.-.l e K (142a-1422), 69, c. 25). Chelino, a giudicare dai versamenri regi-strati nei libri di entrata e uscita, ar.eva risparmiato-circa quattro fiorini l'anni.Infatti, nel. 1,4.21, compare un suo primo u.rrari,.r-rto pari a 26^fiotini, probabilmentetutti i suoi rispa-rmi fino a quel momento: «Da CÈelino d'Andrea-di paolo, ogginostro famiglig, lire centosei, soldi dodici, per Ia valuta di fiorini ventisei d'oIà,a ragione di lire quattro, soldi due per_ fiorino. ebbi a dì primo di febbraio, annodetto, in deposito da lui_detto, posto che debba avere a libro B a carta 65i> (En-tra.ta e.uscita. segn,-l g_K (1,420-1422), 68, c. 4). Un a,no dopo e precisamente ilprimo f:bbraio 1422, Chelino depositò airri quarLro fiorini: «da cherino d'Andrea,nostro famiglio, detto-dì, fiorini quatrro in dèposiro, ebbi in6no a dì primo di feb-braio, anno detto, valsono lire sedici, soldi otto, posto ch'el detto ihelino debbaavere al libro dare ed avere segnato B, a catta 65->> (Entrata e ascita segn. I e K(1420-t422), 69, c. 2).

IL PERSONALE FISSO

di sedici anni, in una casa afrttata per 3 lire e 6 soldi l'anno ar. Non

conosciamo la sua nuova attività ma lra i suoi crediti ne compare uno di

40 fiorini nei confronti di un celto sel Francesco di Bartolomeo, cancel-

liete del comune di San Gimignano ed è probabile che, ora, il nostro

Chelino lavorasse per lui. Nel 1415, la giovane moglie, Vetdiana, la si

trova a riscuotere 50 soldi il mese << per la poppa )> da dare a Santia,

una delle trovatelle deIl'ospedale della Scala 42.

In conclusione, conciliare il lavoro nell'ospedale con il desidetio divivere in ftamigTia, nonostante i vantaggi economici che se ne potevano

ttarre, quali, olffe al salario, il vitto e l'alloggio gratuiti, non pare fosse

molto facile, tanto più che ogni assenza doveva essere motivata e richie-

sta prima al rettore a3. Nel L416, per esempio, Nanni di Maffio, sopran-

nominato Corsaccio, dovette chiedere al frate, insieme a dodici soldi

necessari per il viaggio, il permesso per andare << a vedere »> con suo fra-

tello, Antonio, << la madre e il padre »>4.

Il richiedere parte della paga via via, secondo i bisogni, era, però,

comune a tutti i componenti della famiglia ospedaliera e se pare, da

una parte, rispondere al modo di vivere dei religiosi che anche i famiglidovevano, probabilmente, seguire e che vedeva il rettore quale attento

41 << Sostanze di Chelino d'Andrea di Paolo, sta in San Gimignano:Debitori:

Da ser Ftancesco di Bartolomeo di Fkenze, cancelliere al comune di SanGimienano. ouaranta fiorini f- 40- 'D" Éariolo di Pino di Dtea da Colle, dieci fiorini f' 10 f. 50Iocarichi:

A Michele di Donato per una casa tiene da Pierone da lui in San Gimignano,per ciascuno anno lire ue, sòldi sei, al sette per cento, vale f. 12 s. 10

Bocche:Chelino d'Andrea, d'età d'anni 26Monna Verdiana d'Andrea, d'età d'anni 16Somma le sue sostanze f. 50Abbatti per suoi incarichi f.. 12 s' l0Restagii ài tottan ., abbattuti gii incarichi t. 17 s' 1O

Ha bòcche due entrovi teste una » (A.S'F., Catlsto, 266, c. 176).ii u Motn, Verdiana, donna di Chelino

'd'Andrea di Paolo, portò a baliaSantia, fanciulla sopraddetta, mezzo di una sera, a dì 2 di novembre, .1nn9 d91t9,p.i-iiirq"r"tu soldi il mese per la poppa >> (Balie e barnbini segn. B (L4L3-14r4),

14, c. 30).-'-'+i Éaramente accadeva che i famigli abitassero fuod da11'ospedale,-l'unico caso

tircorr6ato è quello di un certo Paolo-di -Meio, al quale..si- rimbotsò la spesa per

i,afitto di ,rrri .u-.ru' « Paolo di Meio da Petrognano di Valdelsa, venne a stare

i;;;;;;*l;igiio i"".dt sera-a dì 11 di gennaio,-per uno anno' Cominciò a lavorare maitedì maitina a d\ L2 detto mese, anno 1433 e deve avere 1n questo anno,

fiorini nove e mezzo e, pe1 una camera, soldi venti, in tutto fiorini nove, lire 6e,soldi uno >> (Libro di d'iierse naterie (1394 1490), 10r.9..7Q)..*-- A-; p J"u. dare sabato, a dì 5 di settembre, soldi dodici, quando andò a casa

sua con a"ronio, iu" fiut.tt6, disse vole_va andayé a vedere la madre e il padre »>

(lvlràirute di siese minate ségn. G e H (14L5-L420), 43, c. 35\'

51

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)- L OSPE'.iii X] S. .\1N.R1.{ DELLA SCALA DI S. GIMIGNANo

regolatore dei bisogni di ognuno, da11'a7tra, ci sembra dovuto anche ai-l'effettiva impossibirità detlbspedare cii co*ispondere, tutti in una vortacioè' i salari ai dipendenti, per ra sua mancanza cronica di denaro riquido,quale intendiamo dalle frequenti lichieste cri prestiti fatte ai vari ban-chieri sangimignanesi e fiorentini noncrré daila sr-ia modesra atti.",ità dibanca tli deposiro .:.

I denari, dati ai famigli su roro espressa richiesta e detratti darconto finale.lel sarario-che, in genere, veniva fatto ar momento derlaloro paitenza dall,ospedul. o, ,." ,,i .i-rr"*,uno a lungo, di tanto intanto a scadenze morto iade, servivano, di regola, p"r'ii vestiario, respese del barbiere e i viaggi per andare e rrovare la famigjia.Nel libro di Entrar.a e uscita segn. G e H, compaiorro l. motiva_zioni delle richieste di denaro fatte da quel Nanni ,li Mrd;, detro cor-saccio, dal sambuco ir-r va1 di pesa, che ,bb;r-o *ovato , ,"rri.. l,ospe-dale nel 1176 e rerative a1 periodo tta ir 7 giugno e , 17 novembre diquell'anno. Proprio il 7 giugno Nanni, che percepiva 9 fiorini annui disalario, incaricò il rettore di dare a « Giannin o, caTzoraio, abitatore aSan Gimignano >>, 76 soldi; il 2r, dello stesso mese, ebbe un fiorinonuovo, << per parte di suo salario >>, in occasione di una sua and,ata aPoggibonsi, dove andò a vedere I

jarino del|ospedare ; ir i- di rugrio,

<< disse che voreva andare dal barbiere , e chiese ; .oidr;- il 25 di quelmese il frate diede ancora << per lui » a Giannino, 11 calzoTaro, 11 soldi;il 5 settembre gli furono dati quei 12 soldi, che .uffiurr- gti furononecessari per andare a trovare i genitori; iI 4 d,ottob*, p., sr"" France-sco' fece sapere <r che voÌeva pngur. il carniere e mandare per 1o cap-puccio a Colle >>, il tutto per 16 solcli e, queilo stesso giorno, <( per un

as Numerosi sono j prestiti contratti con i banchieri sangimignanesi e piùspesso Éorentini' Ner l-lrz"i-uì.,,À"it;#o"i""'; pagare a..monna Biagia. hgriora <Jif111c;sco Chiarenti, banchicre ,-s.;risn;n;1,'1.1r,....r" di un prcsriro di ben 400norrnr' contratro anni nrima, con..-] iaÉ.g". ìi' .or,,nurr. a pagar. i Irutti ara ii_i!:i' i;1, T:i'ìi,!:' 'o"'''nto a; S,",1à"òii-^ irioii.-iìrÈ [rrì[,)iol,i't\'r$ H;;,.1, a; z i ; ;dà.i.: i;àj " ::::Ji? ;; l i 1,,,s1"3t ",r;,,

n131.;:, m_ :i j:"il § Tj.rrnr accariai da rui " (lvrenoritre ,ti :piie-ii,iir, segn. c , il ti\ll_r_lzo;, +;,c. 8)r sempre nel l4l>- ecco ,"

^fti. pi"rtiro'"rotr r^rro.< oet vigore de1 testamento ,,di Antonio cetti e oari a. 100 nòii.i'".'",ìià"Ana.., cii Buo:ravcntuia, « cirtadinofiorcnrino . ,"..rnr.. ,Àit;;; r,j É"Ii.'atj,,iìrrrn,i ". ,t. JJr. .r-,iin"a",r.,

ngÌiuola di monna ToÉm^r,-.,.rr-.-r""nììii"?"ser Anto',io cetti ». 1 100 fiorinivennero resi dopo cinque mesi ud.,AnàrÈàìùrd.l6';;,"."r.i:'irir, li .uuo.uc1r Sruno Ardinqhelli e compagni, .iitoai"i ""n'u.!r_,rr",

,,, compresi sei grossi d,ar_gento per il << seasare,, " ,"i i*ini ai-,,-p.àì:tìg;* "' .Io"?;;; àn".'.rà, i,"ito*

:"ti:i,"',1?'à,;tTJà="[':T:".stati segnati 1i lq1à..a.i .,r,i... .';".-;i;'n,osriare1z','l ),rti"""

"ì,",:.';,..j;:,"0,;ìi:H :J#i',2",!l'ii?rl,!!i;i!,,';,2É:,;:::,,1,::i*ii

!r,1r11.Èjì-?T.'1::.r:rrt!:'

,5IL PERSONALE }-ISSO

paio ii scarpette grosse a suo piè »> e <( per due paia di scarpette pic-

ioi. o, ebbe altri 20 e poi altri 11 soldi; il 31 ottobre si fece dare un

soldo per andare di nuovo dal balbiere e 11 2 novembte' « il dì dei

morri ;. Z àenati; aTtti 23 soldi Ii ricevette Giannino per un altro paio

di « scarpette » 11 9 di novembre e a l'lanni di Fastinaca, il merciaio' quel

giorrrc, iL r.ttor. dieCe, « per lui >>,2lite e 10 soldi per un paio di calze;il

17 ,rou"*bre, infine, si trattenne 1ui stesso 7 1ire, 3 soldi e 6 denati'

che aveva riscosso a Poggibonsi, dove era stato irlandato a vendere del

grano".

r]i Leonardo degli Strozzi, per l'importo di 100 ,liorini a\ |2Vo per,.sei-nresi (Llàro

Jcllc allopapictni (1'189'l$il,- tZ,"['-q9l nel -1420 "cia Continò di Maiteo Cavai-

Ij"ir ]r,,l.f;""'nàr"rii"",-r'a, ia di settembrr. fiorjni novantrqua-ttro a peso pi-

Ilil;'. i:;l;iìjil,",,;"à;'ì;;; p.,ìi,oeno delto spedale. come,.appare al.litro lls.:,..-9;a carta 59, valsono lire quatrrocento,per lire qu.altro soldl clnque luno>> \Lrttratu",;;;;,-;;n;."i-'i x-1t4zo't4221, oB, c' 2) 9 il biiogno <le!t'9^s^qeai§ era dovuto

;,;ù:;;;.';r* .rppià."""i^i-Tìoii'arli alosap.ioni" rr 38q-l4lj), 72. c. )e. alta

necessità di * comperar"''iruio,r. lr-piouuigioneì *quesia

,olra, fu di - di.-:i".f_:lrll

;;;:;;;". ; trgi"i" ai q",,uttto lire pèr fio1i19 " e' in caso di mancata. restltuzlone

ili nì..iiì"1 i,",i^u;rii" ù*;;;;l';';iÉ'ni'a'it'o'p'lale sino lJ ".c.^slyelfl'nto dclra

Ilfr". -N.i'i+z,2,

fru i p..lt^.tl 'atrt'ospedale'

totpn'". anche il ",v,ecio-^Biudco »' Per

i'i:-,.ràir" Ji 'tr* scdici accatrai 4r iui, rennile mc.i qultrro, eb-bc so-tdr. rrenruno'

;.si'H"ì.;: i"ìtià-ilriÀii.o" \Entrara e uscita .s1r'1^ | e K (1420'.1422)' 6e'

c. l.i). prcstiro e non atpà1i'à'pi*.OUÉ- r.-pr" nel tj22 la somma Ci..100 fiorini,

,"",r'ari 'ràilio lr.u ,1àpi,'p.l f, quale_vèclremo pagrare

'el, lihro di Entrata e

usc:{a sezn. I e K |,a2o-ihz.zi. os, c. 15. dove .ornprr. come deposito. nove Eorini

,cr cenr.:*rio. ,.uri,. CilJi-ì, rp-"irf.-li-Éun-Cin-,'ignuno. mentre secondo le ìndi-

.'.ìii""'i lii,*,)i"""ìi tiiiiiàr:it'r'ituiiii";i rl,ras-:.+t3t,12, c. r;6. è u.n.rero e pro-

;;;. 'p':;;i;;. -ii.i--i+-li.'",;' ;i',.o ':;Ì dgs.' conrpare' a prestarc :oldi alla casa:

. a Saiomone, g,ua.o' Àe ,'u*'ìn S'fr Ginrignano' Jetto àì pcr I'interesse di lire

venti accattai da t.,i per'ìo"H;;";;"',"',o-tà;i"; tenni un à"n9. t,"11 alcuni dì'

ebbe lire quatrro, ,olai ài.i"urJ.ìÉ'', tfiioq. ài de,rari cinque per ìira iI mese' Portò

:J,""F;;#""r:'rré-"- t\ii;;'"; ;';;i; fi- grasce sesn' o \i$4'74Je)' 135' c' L7)

,ì'rli .r.ìÀ ì*riii" a.f . j;"d.o , l'ospedale.- dor'"ua ìicorrervi abbasranza spesso se

ancora ;.,el 1456, troviaÀ3'iià*-C.iÉ-"ir.l-t"i..*ot. di frate Bartolomeo di Ghe-

i;.il; ;;;."òri.- ii"'.i,;rrr.-a.t- òr"ro darogti in pesno da1 suo predecessore:

* a d-t 2t di serrembre f-,,. i^ir. ,ugli"r. ,nn .'Ànu il "tranno. lo quàle par-rno. 1o

riscossi dal gird.o' I'uu.ul ì;;tg;;ì;-i''t suttolo"o'di Gheratdino" (Quader-

,.,,"":r, ìì ,ni,o ccon. i"i14;ò;:-il8, -..

f o . Pcr quanro riguar'.!a. i.depositi'- mezzo

3!r''ii',"iLjàil"|';;.-#."i1 ii a*,,."ìiq,iio. Jr'. ai eià nòminari deposiri di che-

lino, il fa;niglio' ''ouinl'oì''1ì'iizz" "à"iro -r'lt' ton'ltttntt di Fil;ppo di Dando:

« da Filippo di Dando d.à §- Ci-lgi.,uno, i di 15 rii marzo annì detto, f,orini

cinquanta in deposito, a ragione di lfue quattro' toiai due pq1 fiorino posto ch'el

i[iìJ" Èìiron. "à[ÈÉ;";;,;-r1- ribro ]t. e_' carrr r,6. r'rtsono lirc duecentocinque '

(Entr,tta e uscita ,rg,r.'-i',"i<'1l-izo-il+ùl,.es' i'- zt' S.'li1l f111:t"^di banca di

deposito, tipica di qu.,," i"iti'ion'i 'ln"l'.)à.i"o' per Iorizie gcneraìi aJle opere di

L.-L,rrr5r,lnl, Hl:/olle cit.. rol lIi' p t7ì " dì i- JNasLnr' Lts hoTilat'* ct Jroit

t'anoitioue. Paris, 19'17, P l01''"""''";À-;' ; fr^'""i ai Mafiìo, cl.riamaro pef soprannome. corsarcio. .de Srmbuca.

nostro iamiglio, a dì ? ;i;i.,,sr;;- r;ili 'àii.i, di.ai per 1ui a Gi,r,nino, calzola'io,

abitatcie a San Gimignano'E ileve dnr" ,o.r.J"ài, a dì 2'1 di giugno' quando andò a Pcggibonsi a '''edere

e1 ncstro asino, ebbe {ìorini uno nuovo, per pottt di suo salaro' valse lire quattro'

soldi sej, Portò Nanni detto'

I

I

56 L OSPEDàLE DI S. IIARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

À{a Nanni di Mafio .fu un famiglio particolarmente sbadato e nel1418, allorché ir rettore si accinse a ionteggiure ra parte di sarario cheancora gli spettava, in previsione di una sua alquanto prossima paftenzadall'ospedale, oltre ai denari gia dr.orrr, dovette scarargli queili rerativial tempo da iui trascorso ammalato e <(perduto in.uài {attio,pari aun intero mese di paga, più 2 lfte e 4 soldi per << due sacchi grandinuovi ch'esso perdé, l'uno sacco, alr,olmo i, ;J aii.rr,''i, casa diPippo del Toso, suo parente >> e << l,altro, perdé ,ro *"rr.É quando fumandato a vendere fave a poggibonsi ,-or.' Àrtri- r6,"r]i--iì?rono scon-tati per altre << due sacchetru-logor. che perdé >>, di cui, uno gli erastato prestato dal frate, « ché lo tenesse inàorro ,, , l,uk o o perdé ne,Fosci, quando andava a farc legna, .t. gti cadde in terra dall,asino »>€.

E iff i r: : ii # : I 1#.+ :",,,"% :' t::?, : ff:ji',:.,,:lT: t*ffi ,,*j .HH r .E deve dare sabato,., ar'l-,ai"rir,àà;;., soldi dodici, quando andò a casasua con Antonio. suo fraielio,-diir.-i,"ì.i,'i"iiirr. , u.d.i. l; ;;à; . it prd...-. E deve ar.. do.o.nì.rìri"ii's.ì"rlx,T..r.o, , ar + a,"i.rri, sordi serrici,drsse che voleva oasare il carniere e mandare Der Jo cappuccio a Colle.n., uf f;:'.1'::,:r3,l.t-f"ii:"?;;,:;rliì:il'i ar.aii;ij,ìi"Gi#;;;", carzoraio

c",,,ilJ?lì,j::..,#::"0:J,:i j;:,#ì^ di scarpette piccore, ch,io pagai per tui a

rt $!}: fff ;5i ;1,, :l;;isoldi uno, disse. voleva andare dal barbiere.E ;;;; i,i. i àlr6 Xl,xil:#,Ti;,$:i.l#,:,;,,".à,.,:,#iif:, ]oo. o, .,unn,no, foyi_ :.ntitre, diedi per lui n-òiuÀnino',o.,..

.bb. a'u j:Y:,"?::'.iilfl1[,:,T:.,:,,.1 iliji:,l:,i-u,ti,u.,, per uno paio di carzeE deve dare a di rz ài-ràr.ài..,"'ìiL"11,,.,. sotdi tre, denari sei, ebbe delfif,T.\\\lu a Poggibonsi ,, (M;;;",';;i;'ài';;,;; ffitnutc sesn. G e H (141j.1420),a7 * Nanni di Mafio,

-chiamato per soprannome Corsaccio, dal Sambuco di valdi Pesa, de' dare Der risroro quando'ri"*.-.iÀ'".rro noi, ,i .ìL*rg;"'à.ì1" spedare,per lo primo anno di ,"-p" É.Jrìà .'-ii"rrài Iatti e quando .bb. ;;i;, sono dacrnque sertimane, io Ie fo .uri n.,.i., ri." ,rJ-" a., irè-lrì #.Ià g,r:;al nrou.,ch'esso perdé I'uno sacco, .art'ormo ln';;t ài pì..u in-.r., Jr-

",ppà i.i.toro, ,roparente, quando el mandai,a Fiienze'rì".-'Giàurrni d,Andrea àà u,ari e l,artroperde uno marredì' ch'io el mandai a i.na.à'iur. a poggihonsi, ch,..rno in casadi ser Berna, valeva I'uno q:rarrro grorri, ,ono iire. due. soldi quatrro -,-itl4emoriate

dt spese minute sesn. G ,,-4 tt+t1_U)òli"ài,'r..1;t [n realtà non-furono solo isacchr a sparire ma anchg ls.f2yg; . N",^',.f,. i" 6no a dì z< -al

,àr.àUi., in ,rr_tedì' portammo a poggibonr,^ ài-rpp.ràà.,,o'.ilà'"ri ed.io frate Checcà,'staia tren_tadue dr tave allo staio di Sun Gimijn_o pìi'*na.rte. Non le vendemmo e Ia_sciamole nello spedale norrrà-', ;;;;à#'à, 1l', o.rnr_ euando vi mandai l,altromartedì e ne tròvò meno uno.rui.hetto .À.-.ì ru tor,olDoJàro ,o.iìrì. pit aiventuno staia al fiorenrino, p.ra.n-,,,o-Ì. fìu". i ar..rrcca nuove. Dorsimi con serfilii:r#lììl.lli. ?!,.',o."à

ni.nte,-(tii*"o,iot, di spese minute ssn. G e H.- 48 E de' dare oi' gT-^.r::\ette logore che perdé, .l,uno fu uno sacco ch,iogrr aveva presraro. ché renesse indosso. e"l'aitrà-'p..aé ne, Fosci, quando andava afare legna, che gli cadde .in terra àrfl,rriro"rrf.ni,,r19 .9y.r," due, soldi otto l,unao circa >> (Memoriale di spese *iooti'iii)'"è'Z*n l4t5-1420), $, c. :i5\.

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IL PERSONALE FISSO 57

Infine, ma ne ffranca 1a stima dei denari da levare dal conto di Nanni,l'asino, e questa fu la versione dei fatti raccontata dal famiglio, che,però, non << volle mai mostrare i pezzi »>, gli aveva rotto << uno barilettod'uno pezzo, molto bello » ae. Nanni, dopo tutte queste disawenture,il cui risarcimento toccò aI fratello di lui, Antonio, << povera persona )>,

decise di andarsene per non essere più << ripreso >> dal rettore.In altre occasioni il frate era stato molto meno tollerante e nel

L402, pet un certo Paolo di Biagio da Cortina, che aveva servito dal 7agosto al L8 novembre di quell'anno registò senza tanti ripensamenti:<< non volli tenere più, perché non faceva per la casa »>

$.

Regolare era, invece, le detazione dal conto del salario dei giornidt malattia e di quelli richiesti dai famigli per sbrigare i propri afiaripersonali. Lotto d'Antonio del 1402, assunto per 10 fiorini, I lira e t9soldi l'anno, dopo aver lavorato quasi un intero anno, il primo, << perricogliere un suo parente, era in prigione a Vico Fiorentino >> (per la li-bertà del quale dovette pagare ben 9 fiorini e L7 soldi), si vide << isbat-tere quattro mesi, perché stette infermo )>, il secondo anno e, ciò nono-stante, alTa partenza, << chiamossi contento e pagato d'ogni cosa »>

sl, An-che Guido di Mattarello, da San Gimignano, andato a servire per 13fi.orini, 25 soldi e <( anco un paio di scarpette >>, il 2 giugno del 1411 epartito iL 1,2 aplile del 1412, di sua volontà, « i detti dodici dì lasciòa77a casa, per ristoramento quando ebbe male e per isciopero in suoif.atti >>

s2.

4e << E de' dare uno bariletto d'uno pezzo molto bello, che disse che l'asinol'aveva- r9_t!9i non mi volle mai mostrare i'pezzi »> (Menorialé di spese ninute segn.G, A 0.415-1420), 43, c. 35).s << Paolo di Biagio da Cortina, venne a servire la casa e fare quello che glifosse comandato . ,.rri" questi di àÉtti di sop* e deve avere di salar'io fiorini dlo-

!-ici I'aqgo »>; << È stato con la casa il detto Paolo per infino a dì 18 di novembre.Non -volli tenere più perché non faceva per la ca{a. Anne auto il detto Paolo daTre,,frate Checco d'Agostino, fiorini tre d'òro, a uscita di frate Checco detto >> (Librodi dioerse materie (1394-1490),10, c. 64).sl << Lotto d'Antonio venne a servire la casa cioè lo spedale di Santa Mariadella Scala di San Gimignano per tempo d'uno anno, cominòiando a dì sei di no-vembre 1402 e deve avere in questo anno, fiorini dieci, lire una, soldi diciannove »>,

il-primo anno Lotto ebbe come detrazione <<fiorini nove, soldi diciassette, per ricogliere uno suo parente era prigione a Vico Fiorentino » e iI secondo anno <( stettecon la casa » solo nove mesi e si dovettero << isbattere quattro mesi, perché stetteinfermo e percfé non compié il tempo, resta essere stato uno anno e'cirque mesi»>,ma Lotto, <r chiamossi contento e pagato d'ogni cosa >> (Libro di d.ioerie tuateri;(lJ94-1490), 10, c. 64).

s2 « Guido di Mattarello da San Gimignano, venne a servire la casa per fami-glio, a dì 11 di giugno 1411, per tempo d'uno anno e deve avere l'anno fiorinitredici e soldi venticinque, anco un paio di scarpette che valgono soldi venticinque.

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x

{I

lL,OSPEDAI-E DI S, MARIÀ DELLA SCALA DI S, GIMIGNANO

I1 salario dei r.amigli, infine, nonostante la diversità delle man-

sioni, poco si diflerenziava da quello corrisposto agli oblati (rappresen-

',ati, qui a San Gimignano, per quanto ri.guarda gli uomini, quasi uni-

camente da1 rettore) a dimostrarci, una voita di più, il valore più che

aitro simbolico dei salari corrisi:osti ai religiosi, Llomini e donne s3. Frati

e famigli percepirono, difatti, negli anni considerati, ma non oltre il1450, per via delle memorie di assunzioni che arrivano soio sino a que-

sta {}ata, dagli 8 ai !2 fiofirri ali'anno e i pochi salari che andarono oltre,

sino ai 13, 14, 15 fiorini, riguardano esclusivamente il personale laico,

essendo i compensi dei religiosi, per la loro natura, pressoché invariati

ne1 tempo.Se le innumerevoii necessità della casa erano largamente soddisfatte,

di solito, da1 personale plesente nell'ospedaie non era esclusa, tuttavia,

di tanto in tanto, la richiesta di una mano d'opeta specializzata, non di

rado chiamara a stare, per qualche tempo, con gli altri della famiglia.

Nei 14C2, Stefano di Corsello da Rencine, si fermò quasi tre mesi, a 4

lire e 10 soidi a1 mese, <( a ricoprire i tetti dello spedale e delle case dei

lavoratori >> e a lare <, quello fosse in bene della casa >>v; nel 7424,

Francesco, chiamato Berliga da1la Nlarmoraia, contado di Siena, rimase

un mese « al servigio de1lo spedale a fondare botti e tioa e a fare del-

l'altre cose alla masserizia di casa )>, per 5 liress; nel 1478' infine, fra ilpersonale presente neil'ospedale, sappiamo esserci un certo Bartolomeo,

Esso debba fare tutte quelle cose che siano necessatie alia masserizia de1la casa

e andare a srai.e nelle nor,r..ur. a Colle e Poggibonsi, ranre volte ft'sse di bisogno

; ;'il;"ù*"o a.f ttut", ,l p,r.,to fosse al gdrlt,',o d'essi luoghi' Partissi a dì 12

d,;p;rl, iii ; ia.* à6aiii dì lasciò alla ,cisa per ristoramento quando.ebbe male

. É.. lr.iop.ro in suoi fatti. Rimanemmo d.'accordo che avesse servito dieci mesi e

.oJi ,ppurÉ al memoria ài i.ut. Checco d'Agostino, segn. C a carta 2) (Libro didiuersi materie ('IJ94-1-{90t. 10. c.68).*"-"'"\t 'N.fi;àtpàa"G a.*nti"o ,11 S"t Ga11o, invece,^come ci è dato di vedere

dallo studio al G. PrNro,-1-i irriorot, ciL., pp. 119 120,.esisteta r-rna,maggiorc.d.if-

t.rànr;rrion. {re il salarlà d.i laici . qu.ito Jci religicsi e anche all'inrerno delle

due categorie, secondo i diversi incarichi.* 51 ,iCoriello di Stefano da Rencine, venne a servire 1a casa di Santa Maria

de1la Scala ài Sa" Ci-ig""no, per un mese, a largli ricoprire i tetti deilo spe-dale

. àètl. iur" dei lavoratoii . q"èl1o Iossc in be,e de11a caia c deve avere di salatio

;J;; ;ì;;", it. q"uttto, solài dieci, cot,inciando clue-s-to dì, detto di .sopra' Anne

;;;"-ii a"1. Òo,.rifo p". i" n"o a dì 3 d'apriie iqOJ, pei.due mesi e 'enti dì

,,.tt. u servire 1a casa,'in più \',o1te, lire dieci, soidi dieci ed è contento e pagato

à;1il ;r". A uscita di' fiarà Checco' d'Agostino a1 suo librlcciuoio di Poggibonsi »

(Libro di diuevse ruaterie (I391'L490)' 10,. c- 65)'' s5 .< A Francesco, .hiu-uto Beriiga dalla À,{arrnoraia, contacio <ii -Siena, a dì

18 d,ottobre, pet uno mese che stetre.- a1 serr,lgio dello spedale a {oi-rdare hotti e

tnu-" u fn é àell'altr.e ccse a1la masserizia di cisa, ebbe in uno mese, lire cinque "(Entrata e trscita segn. I e K (1420-1422),69, c' 2A')'

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TL PERSONALE FISSO ,9

<( per necessità ad usare 1o legno ed a16e cose necessarie alla casa )>, pet

50 lire l'anno << alle sPese >> s.

Nonostante l'abito e iI modo di vivere feligioso, gli oblati erano dei

laici e la presenza di una cappella nell',ospedale, richiedeva f intervento

di un prete da fuori per la celebrazione della rnessa e degli altri ofici

nonché per l'assistenza spirituale da prestare, all'occorrenza, agli infermi

di casa e del pellegrinaio s7. Per quanto riguarda la sua pfesenza nel-

l'ospedale, nel quale, però, non risiedeva, non sappiamo se {u sempre

.orru*r" negli anni e se, col tempo, si dovette rinunciare ad oficiare re-

golarmente nella propria chiesa a carTsa di quei contrasti che, pare, sot-

g.rr.rr, abbastanza frequenternente, {ra ospedali, monasteti e chiese pat-

iocchiaii, dopo che quest'ultime si vedevano disertare a vantaggio anche

economico di quelle ospedaliere ss. Ad ogni modo, quando c'eta, anche

il cappellano laceva parte del personale alle ditette dipendenze del ret-

tore. Nel 1426, troviamo una memoria rclativa al servizio di << ser Gia-

como di cristofano dei vecchi da san Gimignano, che venne a servire

l,ospedale )> per un anno, cioè << a dire messa ogni mattina o falla dire

e cantarla e basta. come parrà aI trate che per quel tempo safà al go-

verno d'esso spedale »>. << Nel detto anno >>, il cappellano doveva avete

<< fiorini dieci d,oro a lire quattro, soldi due per fiorino e moggia una

di granc alla misura sangimignanese e barili undici di vino e libbre cento

cli larne di porco maschio e libbre quattro d'olio » e << detta 1a messa ,,

non doveva << essefe obbligato a1 detto spedale pirì ch'esso si voglia » se.

Ancora rÉl 1428 sappiamo dal catasto di quell'anno della sua presenza

giornaliera in casa: << in più il cappellano, che offi.cia la nostra casa. Ha

iannc fiorini dodici per suo salario. Dice messa ogni mattina »> m'

s <<Teniamo uno garzone di nome Bartolomeo, per--necessità u+.":qt 1o legno

ed aXtre còse necessari;;ll;;*;, àagfi lke cinquantà ale spese» (A.S'F., Catasto,

991, c. L40).s7 Sullo staro laico degti oblati, si veda i già nominari G. Bor'iorrs, La condi-

zlon, aieli--oùtiti cit., pp.'ise'no,' A.. Sor*r,^-Contributo cit', pp' )fi'317 ed E'

Nasar,rr-Rocc t', It diritto ospedalieto cit., pp 98-99'sa Cfr. J. Ir,rnrnr, Le{ hopitaux 9i!.,-!p.. 145-747 'se u§.r"Giacomo'di Cristòfano de'Vecchi da San Gimignano, venne a ser-

,ir" to òJaut.;;-;ffi;iu,.1, "ort., chiesa p_et_uno anno, a.dire messa ogni mattina

;?;ri; ;1;;-Luiturlu. tritr, come parrà àl frat , cbe per il rempo sarà al governo

a'.rro ,o.dni., ir-rco-inciando'l'unto à dì ptimo di lug]jo,. anno 1426.e deve avcre

nel deLio anno, Eorini dieci d'oro a [ire quattro, .,soldi ,due ,Ptt. hortn9, e moggla

;;; di""À.; àllu *trurà ii Sr,, Girisnano e.barili undìci di vino e iihhre cento

Ji--.uin.'di porco *rr.Àio e Iibbre,qùu,tro. d'olio a misura di San Girnignano e'

;;;'i; ;;tir;-;;;-d;;. -essere

obbligato al detto spedale >> (Libro di diuetse ma-

terie (1394'L490), 10, c 7/\'""" §';ril ;iJ'ii topp.tiJ"o, che oficia 1a. nosta-casa, ha i'anno_fiorini riodici

per suo .lià.io.'a;.. ,àt* ognl mattina " (A'S'F ' Calasto, 131' c 170)'

Caprtor.o III

I.IN,ATTIV]TÀ MINORE DELL,OSPEDALE: IL PELLEGRINAIO

Sorto nei primi anni de1 XIV secolo per volontà di un laico, conuna sua ben precisa destinazione, quale era quella dell'assistenza ofr.efiaai bambini abbandonati, l'ospedale di Santa Maria della Scala di San

Gimignano, s'inserisce in quel fiorire d'iniziative del tutto staccate dal-l'autorità religiosa, con la quale s'intrattengono ormai solo dei rapportidi carattere puramente formaleL. Tuttavia, se netta e decisa fu la vo-lontà di quel Chiaro di Ubaldo Palmieri, che lo volle unicamente desti-nato al soccorso dell'infanzia, successivi sviluppi, quali la sua sogge-zione all'ospedale senese, che da sempre operava in molteplici attività

1 I1 disporre di un patrimonio del tutto distinto da quello della chiesa, davaagli ospedali di questo tipo, fondati da laici, una propria personalità giuridica an-che se, alrneno qui a San Gimignano, dei rapporti, se pur essenzialmente formalinella consistenza, venivano ripetutamente intrattenuti con l'autorità vescovile che,forse, aveva arcota alTa fin f,ne 1a sua ingerenza, a gi,tdicate dagli innumerevoli doniinviati negli anni al vescovo di Voltema, che pare esercitasse un'unica ma continuasorveglianza sulla esecuzione degli incarichi testamentari che l'ospedale era chia-mato a soddisfare per volontà dei suoi benefattori. Da una testimonianza del 1425,sappiamo che i testamenti petvenuti all'ospedale venivano registrati nel « regisuodel vescovado » dal notaio del vieario del vescovo: « Al vicario di messer 1o ve-scovo di Volterra, a d\ 23 di lugli6, che volse vedere il testamento di Luigi di Fran-cesco e quello di monna Giacoma e feciolo regisuare a ser Piero, suo notaio, nelregistro del vescovado e volse sedici grossi d'argento e così ebbe lire quattro,soldi otto >> (Entrata e uscita segn. I e K (L420-1,422), 69, c. 24). Se non si erasoddisfatti di come venivano eseguiti i legati era al vescovo che ci si poteva rivol-gere e così fu fatto nel L439 per due moggia di grano non date, secondo le dispo-siziortt, ai frati di San Francesco tanto che per la tisoluzione del caso fu necessarioun accordo con l'allora vicario del vescovo di Volterra, certo ser Cino da Pisa(Quadernuccio di spese (7439-1444), L37, c. 20). Nel 1456, ancora, troviamo l'ospe-dale costretto a far fede al vescovo dell'awenuta esecuzione di tutti gli incarichi:« A dl 6 detto spendemmo per una richiesta ci fece il vescovo di Volterra di farfede e mosttare se Ia casa avesse fatti tutti suoi incarichi dei testamenti, che appar-tengono a77a casa, montò la spesa che facemmo a Volterra lire una, soldi tre,denari quattfo, pef mano di ser Francesco Saluccio (Quad.ernuccio di spese segn. C(t456), L38, c. 6.3). Per le relazioni tra ospedali e vescovo, si veda, infine J. Ivmrnt,Les hopitaax cit., pp. 27-28, 43-44, che attribuisce al vescovo un ruolo di conuolloe di tutela.

62 LOSPE}ALE Di S, MARIA DELIA SCALA DI S. GIMIGNANO

o i1 suo sorgere al di fuori della porta e lungo una srrada di accesso allacittà e, infine, f influenza delT'epoca stessa, acerba ancora ad esg-:erienze

e ad esigenze di ricovert speciaTizzati, diretti cioè a solievare un'uoicacategoria di bisognosi, specie in una piccola città come San Girnignano,fecero sì che f istituzione assumesse anche l'incarico dell'assistenza aipoveri viandanti e particolarmente ai pellegrini, diretti o di ritolno cla

Roma 2.

Nonostante che la via Francigena ayesse orrnai abL,andonato da1

XII secolo le colline della Valdelsa per seguire il fondovalle, ., {ran-ciosi >> e << romei )> continlravano ancolra a peicorere, in parte, i'ai-lticoitinerario, specie quando bisognava evitare le piene dell'Elsa o si r,.oleva

un cammino più sicuro d:rlle comr:ni insrdie della strada, come ci testi-monia anche, in aggiunta alie nosre fonti, la presenza in San Gimignanodi un ospedale per pellegrini, istituito appena nel 1348, probabilmentein seguito al rifluire dei pellegrinaggi verso Roma all'indomani dell'isti-tuzione, éa parte di papa Bonifacio \IIII, clell'anno giubilare 3.

San Gimignano è dunque, ancora, ne1 periodo che c'inteicssa se

non proprio una tappa d'obbligo sulla via che conduceva a Rorna, cer-tamente Llna sosta importante e non dimenticata e notevole doveve es-

sere i1 fascino, che la città con le sue torri svettanti, offriva al viaadante,che ia pregustava a lungo da lontano. Per questo I'attività del pe11e-

grinaio. se pur modesta, pare rispondere ad una vivace realtà e non solo

2 Le ,pre4se intenzioni dei fondatori non vennero rispettate nella platicap-er tutto il xIV secolo e, buona parte de1 XV, specie nei pi-coli centri nei riualigli ospedali assolsero, simultaneamente al ricovero dei poveri,-dei pellegrini, dei 'ma-

lati e dei bambini, cfr. J. Iurrnr, Les hopitcux cit., pp. L24 126.-Solo.verso la llredel XV secolo infatti iniziò un'assistenza-soecializzata-che vide sorgere. per esem-pio, a Firenze, nell'ospedale degli Innocenti, il primo centro cittadiio di'as.;rr.r,ruunicamente destinato alfinfanzia abbandonata, grazte a7 Énanziamento dei mercantide11'arte de11a seta. Per il conributo portato dài mercanti e per la stcria dell'ospe-dale forentino, rimandiamo a L. P,r,ssBnrNt, Storia degli stabilitnenti cit., p. 63I.

_, Pp. il percorso de1la via Francigena nei secoli, ci siamo documeGriti sugliatticoli di E. MerroNl-Vrzzr, Il tratto oaldelsano delle uia Rontea o I1r,trrc:il,« Bullettino senese di storia patria », XXX (1921), pp. 156-762, di G. \ruxenosr-PrscrorrNi,_L,a strad(t Fr.tncigena nel contado di Siena nei secoli XilI, XIV, <rLaDiana »>, VIII ( 1931 ), pp. 118-154, del rnedesimo autore, anche Traice tie jla uiaFrattcigena sulle pendici arientali del Monte Ma.ggio, « Bullettino senese di st,:riapatria>>, I (1910), pp.43l-44L e, infine, su1 recentè arricolo di I. Ivlonsrrt, Lt t;ttFrancigena in Tosco.ra, << Ricerche storiche », 2 (1977), pp. 383-406. Suil'esistrnzain San Gimignano de1l'Ospedale dei Pellegrini, istituito. r,el tl,1g e afidalo ai {ratidi San Francesco, in aggiunta al peregrinario di Santa Croce già esistente ncllacittà, cfr. L. Prconi, Storia ci.r., p.379. Per 1a r.ipresa dei pellegrinaggi verso Roma,meta la più frequenqata per tutto l'alto Medioevò ma, in ieguiio, iÀ-parte eclissata4a Ger,r,salemme e Compostela e per il suo riconquistato favor-e ne1 6ucle ciei pel-legrini dopo la decisione di Bonifacio VIII di istituire l'anno giubilare, clapprimaogni cento e, infine, ogni venticinque anni, cfr. R. Ounssr, Pellegrini nel ],ieiioet,o.Milano, 1979, pp. 32-36.

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ne11atoma,issatai gel-Dnmaoeoo,

uN'AtrrvtrÀ IurNoRE npl.t-'osPr'oers: 63

al permanere dell'antico piacere per una carità intesa principalmente

come riparo e ristofo ofierto al viandante, chiunque esso fosse. Detto

questo, resta il fatto che il carico maggiore di tale assistenza doveva es-

sefe senz,altro sostenuto dagli ospedaii del fondovalle e sappiamo con

cettezza che un pellegrinaio fitnzionava a colle, a Poggibonsi e a Bar-

berino, pfesso altri ospedaletti anch'essi omonimi di quello senese sui

quali, quello di San Gimignano, esercitava un'azione rawicinata di con-

rollo e di direzione a.

a Dall'ospedale della Scala di San Gimign4go,. sqcggdo_le. nostre {orrti, dipen-

devano ammfuistlativamente gli omonimi ospedali di Colle, Batberino e Poggibonsi,

detti appunto << le nostte caé tt. Nel L%5 1o << spedaliere » di Barberino venne ri-ÀÀio '.irU'i".arico per I'intervento del nostro rettore: << Donato detto Bandecca,

n"rÉ" rpeduliere a'Barberino, deve avery_ ogni a-nno da11'ospedale.di, suo salario,

À.i rroitto famiglio, stai §X di grano, X some di vino, due orci.d'o]io, due some

di È-"r, libbre c"ento di carne di porco fresca e lino che si, ricoglie in su1 podere

*r-t]ì"'t *""1a per 1o detto spedàle per i poveri e debba-ben guardare e salvare

I"r. t. Àu.r.rlii. del detto rpèdri. e-ritenere poveri e infermi bene e abilmente,

;;; ;i *fri.J" àa "g"i b"o"b spedale ., ,e n6r, {acesse qu_este cose, sia lecito a1

;ig";-. ai- i.ati di liettetvi altr6 spedaliere e questo fece frate Giacomo Silvestri

À?-i"i .J è irrt".r-.nte pagato pei infino a dì X di {ebbraio l)97 >> (Libro did.iiierse naterie nttol)o d'altbgagioni di possessioni di case e affi.t1i (D7.4-L472), L7,,.- tiil. Nel 1399 sempre a

-Bàrberino iroviamo frate Guido di Bernardo da Linari.'À""irr-Gio"à.nu, rrrà moglie, enilambi commessi di quello sangimignanese (Libro

};ZiiÀ, iatterie'(L394-l4ro\, 10, c.62 e nel 1414 è governaLo da,un Serto {rate

Gabriello (Memoriale di spese minute segn A (1413-1.415), 4.2, c, 25J. Per qt,anro

;;;iA iivece 1'ospedale'della Scala di Colle, ricordato anche da n'{' B'q'tr:isrwr,èil-riiarti' cit., pp. 56-57, sappiamo che possedeva :una casa_nel borgo di Santa

C"t;{;|-";.on '"àtìi letti 'per^ àlb"rgr." i -poveri )>,, un <( podere-tt-o » a Quartaia,

;.-;ii, "iUu

ai Sano, uno «in luogo detto Sp-ertolo)>-e..uno a Montoro, qiù una

u'rn ^

u Fabriciano, un « molinetto poito nei confini di Colle >> e :ulfla casa nel borgo

dì"'§; i*opo Àéntr" il serv2io ài poveri era assicurato dal rettore di 1ì e una

a.onu ta.S.É., Catd.sto, 183, c. 448). I suoi rapporti con San Gimiguano si concre-

;;;;"*;i" à"ii u""1irti di grano,'orzo, speltà-e fave, diretti,da que1lo. di Co1le e

presenti nel Libro di dioetse mateile niouo d'allogoslof:^!:.possessioni case e'afriti OllC-t+12), 11., c. 93, nel Libro delle allogagioni (L389 1433), L2, c. 105 e

ii Mànoriate ségn. b G41l-1,414), 4L, cc. 85-88. Per Poggibonsi .le scritture rela-

rir. ,ll,orp.daletò che vi sorgeva sono più numerose e varle, rifereldosi spesso

all'attività del pellegrinaio e rilevabili anche in questo caso dal Libro di dioetse ruate'

*- irow d'attoga*gioni di possessioni cay e afrtti (L374-1412), -!1, cc' .147, 756,t'ig, ial Memoriàle" segn. D'(L4ll-141!),.4\, ,9. -19, 50, .64 e dal Men'toriale di spese

flinute segn. A (14L3-1415),2, c.,6_., Nel 1416, -l',ospedaie era govelflato da un certo

i., g..rrrl ., preì. ,r, ..-É.r.o _dell'ospedale .($e.àoriale d-i spese^ninute segn.^ GL--n OqtS-t+21), 43, c. 43\. I tamigli assunti dal rettore di San G.imignano, infine,,tr""à p.r gli i?,ni

'dal 141L d, 141-3, per i.quali siamo sicuri che l'amministrazione

forse riunita"nelle mali del governatore sangimignanese, erano tenuri a servire, come

ri rp..ig.r", nelle scritture éi assunzione, in tutti e re g1i ospedali nel caso se ne

;.J;;;;r; ia necessità. NeI 1411, in{atti, Piero d'Antonio, entrato a servire quel-

I"orro .r, <( tenuto di fare tutte quelle cose che gli saranno comandate necessarie e

ÈiroÀor. alle masserizie del detto spedale e degli altri, cioè Poggibonsi e Colle e

in q"ualunque luogo bisognasse »> e anche Guido di Mattarello, nel 1411, e1a stato

"r"i'rri" .É" ,*.6b" doriuto fare << tutte quelle cose che siano necessarie alla mas-

r"rlii.--a"U càsa e andare a stare nelle nosìre case a Colle e Poggibons-i, tante volteG;; di bi."g"" e al beneplacito del frate al pqnto fosse al governo d'essi luoghi »

(Libro dì diaerse materìe (L394-I490), 10, cc. 68, 70).

64 L,OSPEDALE DI S, MARIA DETLA SCALA DI S. GIMIGNANo

L'assistenza ai pellegrini dovette essere, ad ogni modo, oggetto dipreoccupazione per il nostro ospedale, sino dai primi anni seguenti lasua fondazione se, nel 1335, troviamo già indicato, nel Libro di diaersematerie, un certo frate Michele, andato a servire come pellegriniere 5.

Mancando, però, per i pellegrini, regisrri sul tipo di quelli tenuti dal-l'ospedale per i bambini, con scritture dedicate cioè agli ingressi, allepartenze e alle morti, viene a mancare tutta una serie di notizie che sa-rebbero state, invece, molto utili alla determinazione del volume diquesta attività, le cui caratteristiche, al contrario, ci appaiono pianpiano, atraverso sporadiche registrazioni, rinvenute nei libri di entratae uscita e nei memoriali. Queste scritture avvenivano solo se si verifica-vano dei movimenti di cassa e, tale opportunità, la si aveva, in genere,in occasione di lunghe permanenze o meglio sarebbe dire degenze, datoche Ie lunghe soste le riscontriamo solo in caso di malattia dei viandantiec1 era a7loru, in{atti, che si rendevano necessarie delle spese e si pote-vaoo tealizzare de1le entrate, costituite da denari o oggetti personaliofierti'dai pellegrini partiti risanati o, come più spesso accadeva, rimastida quelli deceduti.

Niente possiamo sapere, invece, purtroppo, di quelli che vi trova-vano riparo per la sola notte, ma sappiamo che l'ospedale poteva, ve-nendo incontro alle loro necessità, ospitarli anche per più giorni, spe-cie se Ia loro presenza tornava utile in casa, come ci pare di poter de-durre dalle frequenti presenze di forestieri in servizio per brevi, brevis-simi periodi di tempo e che abbiamo già avuto modo di segnalare a pro-posito del personaie ospedaliero. La duata delle permanenze qui a SanGimignano sembra, infatti, quella comunemente osservata negli altriospedali del tempo e che prevedeva, tranne i casi d'infermità, che con-templavano, in genere, più giorni e anche setrimane di riposo, il soloricoveto notturno ma, e 1o abbiamo già visto, l'ospedale trovava mododi esercitare questa attività con una certa elasticità nei tempi, che sap-piamo, invece, altrove, per evitare abusi, rigidamente osservati.

se ci pare ragionevole pensare che il nosro pellegrinaio non dovessefar fronte giornalmente ad un numero considerevole di viandanti daristorare ed alloggiare, tuttavia le presenze certamente dipendevano dallasituazione del momento, che poteva richiedere urgenti e lunghi ricoveri,

5 << A frate Michele. che venne a {are per nosro peilegriniere, a dì 20 dimaggio M. trecento XXXV e non deve avere

^alro che 1è spése, coÉvenevolmenie

come p1!ta la casa e,deve fare- ciò che bisogna nel pellegrinàio, 'siccome appare al

libro del1e memorie, foglio X. È contenro d'àvere [ré X I,anno ,, lLibro di -diaerse

fttaterie (7394-1490), 10, c. 2).

IE.

UN,ATTIVIT}\ MINoRE DELL,oSPEDALE: IL PELLEGRINAIo

con notevole disagio di tutto il personale, senz'altro distolto dalle curedella terra, della casa e dai mercati e degli ammalati stessi, costretti aduna maggiore promiscuità. Nel L420,l'<< anno della moria »>, furono mes-si a punro tutta una serie di lavori che ebbero per oggetto proprio i1

miglioramento dei locali del pellegrinaio, che fu dotato di una finesrae di un camino, resisi necessari per areare e riscaldare ambienti che sisuppone precedentemente in condizioni inadeguate 6. Ad ogni modo, sap-

piamo che il pellegrinaio deII'ospedale della Scala di San Gimignano, icui locali ci immaginiamo de1 tutto divisi da quelli adibiti al ricoverodei bambini, a difierenza dei piccoli e numerosi ospizi, che sorgevanoa riparo dei viandanti sulle vie piìr frequentate e che altri ci testimo-niano essere fetidi tuguri, con un po' cii paglia e raramente un letto che,nel caso, accoglieva più persone insieme, constava, ed è questa una carat-teristica ospedaliera, di due parti: i1 pellegrinaio per gli uomini e quelloper Ie donne ?.

Non conosciamo il numero dei letti a disposizione ma dato che lefonti parlano sempre di « infermi del pellegrinaio >>, al plurale, dovevanopur essere almeno in numero di due o fte per gli uomini e, {orse, altret-tanti per le donne e può darsi accogliessero essi pure, nei mornenti dimaggior afrluenza, più ammalati insieme, ma pare che ciò fosse comuneun po' ovunque e dipendesse più da una scarsa attenzione al problema(non si rimaneva scioccati a dormire più estranei in un letto), che dauna reale impossibilità ad avere più letti singoli anche se f impianto e ilmantenimento di un letto in più, doveva pur pesare sui bilanci di allora,

6 << A Domenico, chiamato Beccaio per soprannome, maestro di pietra e dilegname, che sta a Poggibonsi, a dì 4 di giugno, per ventisei opre, che ci aiutò a{are Ia finesra e il camino del pellegrinaio e usci e finestre di legname, per soldisedici el dì, montano lire venti, soldi sei »> (Entrata e uscita segn. I e K (1420-1,422),68, c. 15). Che il 1420 fosse stato un << anno di moria », ce Io con{erma una scrit-tura a proposito di un pellegrinaggio di ringraziamento compiuto da alcuni dei fan-ciulli superstiti: << A Santo Michele delle Formiche di 1à da Ripamoronci, contadodi Voltera, a dì primo di maggio, anno detto, quando andonno alla chiesa deldetto Santo Michele, due dei nosri fanciulli cioè Checco e Caterino che si votaronod'andare alla detta chiesa infino, per la moria dell'anno 1420. Albergammo a Ripa-morronci e' detti fanciulli el fante ed io, frate Checco d'Agostino, con due bestie,cioè Ia ronzina e l'asino. Avemo di scotto soldi sei>> (Entrata e uscita segn. I e K(1420-1422), 69, c. 72). Di questa chiesa ne abbiarno nottzia da E. Rlpp.rrr, Dizio-nario geografico cit., vol. IV, p. 504, che c'informa come <( i1 diruto locale di SanÀIichele delle Fotmiche, compreso nel popolo di Monte Cerboli e nel1a comunitàdi Pomarance, era in origine uno spedale sotto il titolo di San Michele a Spartac-ciano. Vi fu eretto un convento di monaci celestini ad istanza del pievano di Morba,presentata al comune di Voltera, Ia quale richiesta fu graziata con prowisione del3l maggio 7377 >>.

7 Per la presenza e 1o stato degli ospizi suile vie più battute dai pellegrini,si r.eda P. RaNa, Strade, pellegrinaggi ed ospizi nell'Itdlia del Medioeuo, Roma,1912 e rl già noto M. BarrrsrrNt, Gli spedali cit., pp. 1-10.

65

.a

.e

l

66 L,OSPEDALE DI s. MARIA DELLA scALA DI s. GIMIGNANo

specie su quelli dei piccoli ospedali 8. I letti, infatti, erano srati spessooggetto di donazione al nosmo ospedale sino dai primi anoi det XIVsecolo, quello della sua fondazione, come si legge, ad esempio, nella me-moria relativa al testamento di Muzzo di Millo da Collemuccioli che,nel 1333, 1o lasciò erede di <( uno suo letto con saccone, colftice, piumac-cio e uno paio di lenzuola »>

e; << un letto con la colffice e uno capez-

zale >> fu donato, nel L)44, anche da monna Piera di Guiduccio per lasalvezza della sua anima e nel 7345 si ricevette da monna Lilia << unoletto vergato e uno copertoio adogato e uno paio di lenzuoli e uno sac-cone )>, senza contare i cuscini. di penna, i lenzuoli e le colffi che per-venivano via via singolarmente 10. In mancanza di letti, poi, si potevasempre chiederli in prestito, senza remore, come accadde durante il ret-torato di ftate Checco d'Agostino, al quale fu chiesto un letto dal cano-nico della pieve per un suo chierico 11. Sempre per quanto riguarda ladisponibilità dei letti, della famiglia, questa volta, sappiamo, infine, cheil frate rettore dormiva in un letto singolo in una propria camera e chele donne di casa avevano per dormire dei « letti grandi » nei quali,forse, ma ormai ci siamo abituati alf idea, tfovavano posto più d,una 12.

. t_ fg [mitata disponibilità dei letti era infatti comune a tutti gli ospedali, siveda J. Irrnnnr, Les hopitaux cit., p. 134.

e <<M:uzzo di Millo da Collemuccioli, ci lasciò per suo testamento, fatto permano di ser Giovanni di ser Lapo Fazziri, nell'anno-133f, uno suo letio con sac-cone,_ coltrice, piumaccio,_ uno paio di lenzuola, una coltrice di penne con questecondizioni: che monna Gemma, sua moglie, el de' tenere in suà vita e doio lasua vita de' tornare a1lo spedale di Santa Maria della Scala di San Gimignano. Il{rate che slè, ne sia inteso >> (Libro d.i diuerse rnaterie (D94-1490), 10, c: 28).

,9 « Ebbi per l'anima di monna Piera di Guiduccio, a dì )fiXI di marzo, unoletto di X soldi el quale letto ebbe frate Andrea, con Ia sua coltrice ed uno capez-zale ed io ebbe l'avanzo e diedemelo il Pofia, lanaiolo »; « Ebbi da monna Lilia,figliuola di Cagnazzo, nipote ed erede del1a detta monna Nuccia, uno letto vergatoed uno copertoio adogato e uno paio di lenzuoli e uno saccone, a dì XX di aprile,a1n9 7341 »; <<Eò-ti per l'anima di Minuccio, dalla zia di ser Forciore, uno paiodi lenzuola a dì XVIII di maggio, anno 1345 >> e nel 7347, ancora «Ebbi io, frateAmbrogio, pet l'anima di monna Cotradina, figliuola che fu di Bargiano, una col-trice--di panno e uno paio di lenzuola >> (Libro di diuerse materie (É94-1490), L0,cc. III, IIII).

, _ ,, 1, Uno letto di penna, con fodera bianca di panno lino nostrale, grossetto,saldo e buono e uno capezzale di penna con fodera bianca usato e una éoltre dadosso rossa, tappezzata e un paio di lenzuola usate, tutte queste cose segnate dalsegno della Scala nei pellicini del detto letto e capezzale e colre di dosso e così lelenzuola >>, fu prestato ne1 1414 al canonico della pieve (Libro delle allogagioni(1,389-L433), 72, c. 2L).

12 « A dì 1J di settembre, tagliammo di panno iino, braccia quarantadue, perfare uno paio di lenzuola per il letto de1la camera del frate »; <( A dì 26 d'agostotagliammo braccia cento di panno lino per fare lenzuola per la casa, fu 1o pannoche teneva Donato di Lupo da Santa Maia a Impruneta in pegno dalla càsa altempo di frate Bartolomeo di Gherardino, 1o quale panno avemo fatte tre lenzuolagrandi di tre pezzi per 10 letto grande del1e donne, che se ne andarono braccia cin-quantasei (Quadernuccio di spese segn. C (1456), 138, cc. 21-22).

UN,ATTIVITÀ MINoRE DELtr,osPEDALE: IL PELLEGRINAIo

La c.rra del pellegrinaio eru affi.data ad un << pellegriniere »>, a volteun laico, a volte un oblato, tenuto << a governare gli infermi e a riceveread albergo i romei che vanno e vengono »>, ma è probabile, ed è questa

l'impressione che si riceve spesso, che anche i famigli contribuissero aldisbrigo delle faccende del pellegrinaio che, fra l'altro, nei periodi dinormale attività, serviva da alloggio per gli ospiti dell'ospedale, oblati e

altri religiosi in visita, che vi trovavano sistemazione per sé e le bestie,quest'ultime riparate in quella che sembra essere l'unica stalla a disposi-zione 13. Ma era alle donne di casa che spettavano gran pate delle cureda prestare aglt ammalati ed esclusivamente a loro se si ffattava di in-ferme, come abbiamo già notato nelle memorie di assunzioni che le ri-guardano dove, olte all'obbligo delle faccende casalinghe, troviamo quellodell'assistenza ai fanciulli e agli infermi. In una delle memorie più an-

tiche, infatti, relativa a monna Gemma, giunta nel 1341, si legge: << sipose per tante a servire ai poveri nel pellegrinaio delle donne )> e permonna Lucia, nel 7445, sappiamo che venne << a governare fanciulli e

infermi >> 14. Tuttavia, se il servizio prestato dalle donne nel pellegri-

naio era saltuario, perché legato all'eventualità che vi fossero infermida guardare, quella del pellegriniere, pare fosse una presenza continua,che non ammetteva, se non raramente, assenze. Nel 1422, di tre uominiche sono in quel momento al servizio dell'ospedale e cioè Giovanni daParma, l'allora pellegriniere, Chelino, il famiglio e un certo Piero, dettoBercischi, << che al momento sta con esso noi »>, solo Chelino e Pierocompaiono ai mercati della Valdelsa, di Certaldo e di Poggibonsi 4 veo,

67

BPe§so

XIVI me-

. che,rrmac-

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uno.pez-;t1ia,gato,riLe,

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t3 « In più uno fante che sta al pellegrinaio a governare gli infermi e a rice-vete ad albergg i romei che vanno e vengono, ha l'anno fiorini otto per suo sala-rio » (4.S.F., Catasto, 183, c. 30). Diverse sono le testimonianze sull'ospitalità dellaeurr vdyrr4l

casa: _ nel 1411, Berto, pellegriniere, viene mandato a comprare << erba e cacio »> per

due frati di passaggio, diretti a Firenze (Mernoriale di sDese minute sepn. D 0471-due frati di passaggio, diretti a Fi Meruoriale di spese mi?rate segn. D (L471-L4L4), 41, c. 52); nel 7413 si prowedette a comprare piccioni e pollastre per tredonne di Prato particolarmente raccomandate dal rettore di Siena (Mernoriale dispese nzinate segn. A (L413-I415), 42, c. 55); nel L4L5: « A Nanni di Maschio,sabato a dì 30 di maggio per uno capretto comperai da lui, per la festa di SanBartolo, ché abbiamo forestieri in casa, costò una lira, soldi tte >> (Meruoriale d.ispese minute segn. G e H (L415-t420), $, c. 30); « spelta data alle nostre bestieda soma e a chi va e viene e forestieri ,>, comparsa ra le spese del, 1449 ci faintendere, infine, corne alla cura dei viandanti si aggiungesse anche quella per leloro cavalcature (Entrata e uscita segn. A (1,449-1450), 70, c. 87).

14 << Monna Gemma, moglie che fu del Fogiia, si pose con noi per fante, perservire ai poveri nel pellegrinaio delle donne e per fare ciò che bisognasse in casae fuori. Venne a servire in calende agosto delI'anno L341, deve avere l'anno ottolire» (Libro di d.iterse ruaterie (L394-1,490), 10, c. 1l); <<Monna Lucia, venne aservire in casa a tutte quelle cose {osse di bisogno allato della masserizia di casae massimamente a governare fanciulli e infermi, venne lunedì a dì 14 di febbraioarno L445 »> (Libro di dioerse flzaterie (L394-L490), 10, c. 81).

68 L,0SPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

dere. grano, uova e caci mentre Giovanni, come richiedeva i1 suo com-

pito, pare rimanere a casals. Per i pellegrinieri la soggezione al1'ospe-

dale ci sembra insomma maggiore che pet i famigli. Francesco di Gio-vanni Lombardo da Sciano, pellegriniere, nel 74Ll all'ospedale di Pog-

gibonsi, amministrato in questo periodo dal medesimo rettore di San

Gimignano, per esempio, ottenne una prima volta tre lire per andare a

trovare la tamiglia ma, successivamente, fu Ia moglie che dovette venitesino a Poggibonsi dalla iontana Sciano per riscuotere parte del salario e,

forse, fu per questo che Francesco rimase in servizio solo cinque mesi 16.

I1 salario del pellegriniere, inoltre, era inferiore a quello general'

mente corrisposto agli alti dipendenti dell'ospedale e pari, negli anni trail l4tL e i\ 1428, nei quali più numerose sono le memorie relative ai

pellegrinieri, a 7, 8 fiorini l'anno, mentre in quella epoca frati e famiglipercepivano sui 12 fiorini annui. Tale diversità dr paga ci pate comun-que da atffibuire proprio alla particolare natura del suo lavoro, a strettocontatto cioè con i forestieri di passaggio e quindi alla possibilità che

senz'alffo si aveva di amotondare le magre entrate con mance e oggettivari, ricevuti a titolo personale da chi stava per partire ma, più che al-

tro, con alcuni degli abiti usati dei pellegrini defunti che il rettore, dopo

aver proceduto, come di regola, minuziosamente, all'inventario di ciòche il morto aveva lasciato, talvolta, ma doveva trattarsi di panni quasi

logori, gli concedeva a titolo gratuitolT. Nel 14L1 sempre a Ftancesco,

il pellegriniere di Poggibonsi, il rettore diede n per l'amore di Dio »,

<< una cioppa usata bigia »>, del valore di I lite, appartenuta ad un << ro'meio che morì in casa )> mentre a Iacopo di Matteo, chiamato Indugia,pellegriniere dopo di lui, nel 1412, una << cioppa >> del valore questa

volta di 5 lire, gli venne regolarmente scaTata dal salario 18.

Gli « ospiti » del pellegrinaio sono per noi in gran parte una folla

rs Si veda iI Memoriale di spese minute segn. K (7422-L425),45.16 Nel Meruoriale segn. D (L411-7414), 4L, dove compaiono alcune delle scrit-

ture relative al pellegrinaib del1'ospedale di Poggibonsi, troviamo indicate a c. 65,alcune delle richieste di denaro di Francesco, durante i cinque mesi che servì lacasa e cioè: tre lire per andare a Sciano a trovare la {amiglia, dieci soldi da ren-dere a Barone, suo fiatello, tre lire date a1la << sua donna quando venne a Poggi-bonsi » e, infine, prima di partire, una lira e dodici soldi per un paio di scarpe.

17 Nei libri di entrata e uscita e nei memoriali, compaiono spesso intestazionide1 tipo: << Denari avuti da pellegrinaio, da11e persone .morte o stati lassati-.perl'amoi di Dio dall'obo1o di più persone >> che, nel particolare, compare ne1 librodi Entrata e uscita segn. A (L449-7450), 70, c. 50.

18 << Anne auto a-dì 24 di novembre, una cioppa usata bigia, fu di uno romeioche morì in casa, valeva lire tte, daglila per l'amor di Dio » (d[emoriale secf. p(14LL-1414), 47, é. 65), sempre nel midesin.ro memoriale a c. 68, compare anche la<< cioppa >> datà a Iacopo di Matteo.

UN,ATTIVITà, MINoRE DEIL'oSPEDALE: IL PELLEGRINAIo

anonima, che sciama alla spicciolata e la cui presenza indoviniamo daivaghi accenni di acquisti, per lo più di generi alimentari, fatti per << chiva e viene )> o, più specificatamente, per i << forestieri »>. Talvolta, comesi è ormai detto in più riprese, sono i nomi stessi di alcuni degli uominiche servono l'ospedale ad evocarci provenienze remote e a darci la pia-cevole sensazione di una impensata familiatità con dialetti e lingue di-verse,: glffe a quella, più stupefacente ancora, di una capacità dt adat-tameRto singolare, unita ad una- sorta di atemporalità che questi << fore-stieri >> sembrano possedere in quel loro apparentemente ozioso vagare,in quei loro viaggi di ritorno o di andata, più volte interrotti e ripresi.Ci pare questo il caso,, per I'appunto, di chi si guadagna qualche soldolavorando qualche giomo in casa ed è detto provenire da Chiusi, BorgoSansepolcro, Perugia, Bologna; Empoli, Siena, Prato e Voltera e an-chp di chi, per citare gli ultimi inconrri, relativi ai.pellegrinieri, è chia-u-ato con l'appellativo di << francioso >>, dato a quel Giovanni che ab-biamo trovato in servizio a Poggibonsi nel 1411 o di chi, nonostante lalunga durata della sua permanenza (quattro anni), viene ancora indicatocol nome della località di provenienza, come Giovanni da Parma, pelle.grifùefe dal 1.422 aL 1,426 a San Gimignano le. L'anonimato copre;,inrer-tompendosi solo a tratti, anche i viandanti ammalati, genericamente in-dicati come << in{ermi de1 pellegrinaio >> e che usufruiscono di lunghi ri-coveri che durano dai << parecchi dì » alle << tre semane >>. È fra.questiche troviamo nel 1416 un certo Martino da Corneto e, ne1 L450, Bene-detto di Giovanni da Fivizzano della Lunigianaa.

Del tutto assenti individualmente dalle scrirture dei libri di entratae uscita e da quelle dei memoriali, ma che ci immaginiamo in essi ugual-mente presenti, in quelle partite cumulativamente intestate agli << infer-mi del pellegrinaio >>, i' ricoveri femminili compaiono, invece, in unasede a loro più consona quale è quella dei registri relativi alle baliè e aibambini. Nel 1455, tu rccata dall'ospedale di Poggibonsi a quello di San

.. ls Giovanni, detto <,francioso)>, compare più volte nel Mernoriale segn. D(1.4L1.-1414), 41, e, in particolarè, con questo appellativo a c. 55, allorché venneinviato a comprare una pollasta per un ammalato del pellegrinaio. Giovanni daParma, indicato ora come « pellegriniere », ora come « farniglio del pellegrinàio >>

e in servizio dal 1422 al 1,426 è più volte nominato nei registi di Entrata e uscitasegn. I e K (1,420-1422), 69, cc. L3, L7, 2L, 29; Entrata e uscita segn. I e K (1420-L422), 68, c. 24 e nel Memoriale segn. K (1.422-1425), 45, c. 11,. l

20 Nel Memoriale segn. G e H (14L5-L420), 43, c; 51, è registrata la visiradi un medico al capezzale di un certo Martino da Corneto, « infermo ne1 pellegri-naio >> e nel libro di Entrata e uscita segn. A (1449-1450ì1, 70, c. 50, tròviamo:<( A dl 6 di luglio L450; ci morì Benedetto di Giovanni, disse era da Fivlgzarto di

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70 I,oSPEDALE DI S. MARIA DELLÀ SCALA DI S. GIMIGNANO

Gimignano, Tommasa, una neonata che fu detta << figliuola d'una povera,

che andava accattando per 1o mondo e ch'era fotestiere ,> 2l; sempte da

Poggibonsi, ma Ia cosa ci sembra naturale, trattandosi di partorienti, che

certamente non erano in condizioni di afirontare i disagi di una salita né

di allungare ulteriormente il cammino, fu inviato e accolto nel nostroospedale un neonato, figliolo di << una donna che andava a Roma ed era

romea )> 2. Le donne, quindi, certamente presenti, specie quelle gravide,

oggetto da sempre di ospitalità in queste istituzioni, ma forse apparte-

nenti tra i viandanti alle frange più misere, non davano mai occasione a

scritture a loro singolarmente intestate, riservate, in ogni caso, come

vedremo, molto più ffequentemente a chi aveva del denaro da spendere

per cutarsi e da lasciare dopo la morte.Se frequenti sono, infatti, a di.r la verità, gli acquisti di zucchero,

confetti, medicine, « polli stillati )> per tutti gli « infermi del pellegti-naio >>, secondo l'usanza del tempo, che tispettava il ptincipio di date

agli ammalati tutto ciò che desideravano, senza ossetvare alcuna dietaparticolare, più adatta al loro stato di salute, tuttavia alcuni di loro ne

usufruivano con maggiote abbondanza, come dimosttano taluni acquisti

di questo tipo, fatti in più riprese per un solo infermo 8. Nel 1425, Che-

lino, famiglio in quel tempo, fu inviato addirittura a Fitenze per com-

perare un <( pane di zucchero »> del peso di quatuo libbre, << per Lorenzo,

infermo in pellegrinaio >> ma Lorenzo un <( romeio tornato da Roma >>,

lasciò l'ospedale erede, dopo solo otto giorni di malattia, di ben 50fiorini << di più coni e una corona >> che, {atti vedere al banco di << San

Martellini in Mercato Nuovo in Fitenze »>, si seppe che valevano 220lire, 11 soldi e 4 denari2a. In questa occasione il cappellano venne inca-

2l << Tommasa à nome 1a fanciulla ci {u arecata oggi, questo dì 8 d'agosto, aore 22 con una scritta che diceva che aveva nome Tommasa ed era figliuola d'unapovera che andava accattando per 1o mondo e ch'era forestiere >> (Libro di balisegn. L (1156-1465), 75, c. 4).z « A dì 8 d'ottobre anno detto, si fu posto nella pila uno fanciullo a ora didesinare, arecollo Nanni di Lorenzo di Borgognone da Poggibonsi, mandollo frateMariano nostro da Poggibonsi, disse era di una donna che andava a Roma ed eraromea )> (Libro di bali segn. L (1456L465), 15, c. 10).3 << A Stefano di Giovanni, speziale da San Gimignano, a dì 30 d'aprile, perzucchero e confetti e medicine e cera e po11i stillati per gli in{ermi di casa e delpellegrinaio, lire rentaquattro, soldi sedici, denari sei, come appare per 1o suo libroa carta 273>> (Entrata e uscita segn. I e K (7420-1422),69, c.28). Per I'usanza didare agli ammalati i cibi desidetati anche se contrari al loro stato di salute, si vedaJ. Iurnnr, Les bopitaux cit., pp. 136-737.

2a « A Chelino, nosuo famiglio, per uno pane di zucchero, comperò a Firenzeper Lorenzo, infermo in pellegrinaio, pesò libbre quattro, once otto. Costò per tuttocon la gabella, lire cinque, soldi due, denari quattro >> (Entrata e uscita segn. I e K(L420-L422),69, c.25); <<Da Lotenzo, romeo tornato da Roma, a dì 3 di dicembre,

>.

uN'arrrvrri\ MrNoR.E DEIL'oSPEDALE: IL PELLEGRTNATo

ricato di fate un << officio >> per l'anima di I-orcnzo e ricevette a parte

del salario, trattandosi di una prestazione straordinaria, 2 hte e 12

soldi 5. Nel 1450 dopo la morte di Benedetto di Fivizzano nella Luni-

giana, un altro dei nosmi infermi, oggetto di particolari attenzioni, Matco

di Meo da 'fewazzano, << garzone di casa >>, gli contò 19 lire, 2 soldi e8 denari in << due fiorini d'oro e grossi d'argento di più coni »>, lasciati

alla casa per << l'anima sua » ma che, in ogni caso, come tutto ciò che

di personale restava dei defunti, sarebbero spettati di diritto allo

ospedaie 26.

Guariti ma iI più delle volte privi di denaro e forse nelf impossibi.

lità di lavorare per Ia recente infermità, si poteva sempre sperare in un

ulteriore aiuto come ebbe, nel 1424, un << forestiere »>, che stette tre set-

timane ammalato nel pellegrinaio e che << quando si partì, ebbe soldi

quattro »> che, certamente, gli permisero di riprendere con più agio ilcammino'. Fu forse, infine, per riconoscenza che furono inviate da Firenze nel 1450, tramite Girolamo di Niccolò di Piero, prete di San Gi-

mignano, 4 lire e 2 soldi, che disse di avede avute da una <( certa per-

sona per l'amore di Dio » e che il rettore senza esitazione segnò fra leentrate del pellegrinaio, riferendole, probabilmente, a qualcuno dei suoi

ultimi assistiti, finalmente giunto a destinazione a'

Niente sappiamo, purtroppo, sulla natura delle malattie che aflig'gevano i viandanti accolti nel pellegrinaio né le cure loto risetvate pos-

sono dirci molto, dato che rientravano nella norma di quelle comune-

mente prescritte dai medici del tempo e cioè generiche << medicature » e

fiorini cinquanta di più coni e una corona, morì nel _nostro. pellegrinaio a dì 11 didicembre ànno detto, valsono lire duegentoventi, soldi undici, denari quattfo, {ece-gJr vedere al banco'di San Martellini in Mercato Nuovo in Firenze » (Entrata e

ascita segn. I e K (L42O-1422), 69, -c. 6).2s «"4 ser Giacomo di Cristofano, no§tro cappellano, a dì 15 di dicembre,

lire due soldi dodici, diedi a' preti e frati per i'oficio l-.qq !q.q per l'anima diIor.rrro. morì in pelégrinaio » (Entrata e uscita segn. I e K (1420-t422), 69, c.25).

%'«A dì A ai tugllo 145A, cL morì Benedetto di Giovanni, disse.eta da Fiviz-zano di Lunigiana, lassò alla casa per l'anima- sua, lire diciannove, soldi due, denatiotto. in due -fiorini d'oro e grossi i'argento di più coni e bolognini e al6a monetas|i éontò Marco di Meo da lerazzano, al presente nostto garzone di casa, per tuttoiire diciannove, soldi due, denari otto (Entiata e uscita segn. A (L449-L450),70, ,0).

n Entrata e uscita segx. I e K (1420'L422)' 69, c. 20.a << Da set Girolamo-di Niccolò di Piero di Pogna, prete di San Gimignano,

abitante oggi a Firenze, a d\ 28 d'ottobre 1450, mi dette contanti.life- quattro, soldi4ue, disse*Éli dava unà certa persona per I'amor di Dio e per lui,gli diede e pagò

io ori" -uio Agnolo dei Becdi da San Gimignano in questo modo: pagò pgr rloisoldi ventidue a'Giovanni e Antonio, cimatoii, perché avevano avere da noi, si_ è

.i uu.urrro cimato panno lano bianco per vestilè questi {anciulli di.casa. Non ho

iàtto ..rittoru, *.rìi a uscita al6imenti e lire trè mi diè contanti »> (Enttata e

ascita segn. A (L449-L450)' 70, c. 50)'

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72 I,OSPEDALE DI S. MARIA DELLÀ SCALA DI S. GIMIGNANo

<< cavature » di sangue. Solo a proposito di quel forestiero che stette inpellegrinaio nel L424, sappiamo che ebbe 1'<< anguinaia >> ed è probabileche si trattasse di un caso di peste che, ci è noto, poteva urani{èstarsianche con ingrossamenti a carico delle ghiandole inguinali 2e. Ad ognimodo i barbieri del posto, raramente dei medici (ma anche in questocaso chi più aveva da spendere più poteva pretendere), venivano chia-mati al loro capezzale e non sappiamo se anche a San Gimignano comein altri ospedali del tempo, fosse severamente proibito ai medici di pro-digarsi nella cuta di quegli infermi che avessero rifiutato la confessionealla loro ;seconda visita, tuttavia è certo che il cappellano compariva spes-

sÒ a confessare, a comunicare e ad impartire I'estrema unzione ai moribondi'3o. Anche la sepoltura dei morti del pellegrinaio, in ultimo, ci,im-maginiamo che awenisse, com?era per i bambini e per gli oblati e coflledi regola aweniva in tutti gli altri ospedali, nella chiesa di cui il nostroera dotato 31.

, ,- 2e Per le varie maniJestazioni della peste, fra le quali anche quelia a caricodelle ghiandoli inguinali, cfr. L. Larrnwixo, Histoire iit., vol. III, p. 21 e F.Bnaumr, Capitalisrno e ciuiltà materiale,,Torino, 1,977, pp. 51-55.. $ « A ser Francesco, prete e cappellano nel1a pieve di Poggibonsi, a dì I0 digiugno, soldi tre per l'amore di Dio e perché venne a confessare un amrllalaio th'eranel .nostro pellegrinaio >> (Meruoriale segn. D (7417-1414), 41,, c. 52). Su1la regolaseguita per la visita dei medici, che dovevano aspettare che i1 malato avesse adèm-piuto agli obblighi religiosi, si veda A. Cnrapperrr, Studi sull'esercizio tlelLa xteJi-cina in ltalia negli ultinnzi tre secoli del Medioeoo, Milano, 1885, pp. 4-70 e i!I.Bettrstrur, I ruedici e Ia nedicina in Valterra, Castelfiorentino, L923, p. 10" Perquanto riguarda, invece, l'opera svolta nell'ospedale dai medici e dai barbileri, ri-mandiamb all'appendice n. 3. l

. 31 Cfr. J. Iurrnr, Les hopitaux cit., pp. 146-747. All'ospedale di Poggibonsi,invece, per le modestissime dimensioni dell'ospedale che ceitamente manÉva diuna_chiesa, le sepoiture erano farte nella pieve. Nel 1459 leggiamo: «,{. Giarrpierodi Giuliano di L.orenzo, speziale a Poggibonsi, soldi dodici,-Iurono per una litrbradi candela si tolse da lui per uno fanciullo ci morì a Poggibonsi, si seppellì nellapieve>> (Mernoriale di spese ruinute segn. B (1,459-1,460),5L, c.71). \ì', ..

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GLI ESPOSTI

a) Legittirni e illegittimi: prouenienza e cause dell'abbandono

, , 'San Gimignano può a buon diritto vantarsi di avere avuto con moltoanticipo su numerose città italiane un suo ospedale esclusivamente dedi-cato 'all'assistenza dei bambini abbandonati. Poca cosa era, intatti, al

confionto, quella riservata ai poveri e ai pelleglini, cui, del resto, tr'ospe-

dale pare si fosse rivolto, come abbiamo visto, in un secondo momento,dato che la sua destinazione iniziale, voluta dal fondatore, era stata uni-camente quella della carità da esercitarsi nei confronti dei uovatelii 1.

r Benché gli storici tendano a far risalire molto avanti nei tempo l'istitu-zione di ospedali destinati aI ricovero dei bambini abbandonati, a lungo essi furonoaccolti insieme ai pellegrini e tgh, ammalati nei vari ricoveri. Solo ne1 XIV secolosi,darà più spazio in alcuni ospedali a questa attività assistenziale e solo nel XVne sorgeranno di nuovi a loro esclusivamente destinati. Ad ogni modo le primeistituzioni che si fecero obbligo di ricoverare anche i bambini, in Italia, furonoquella dell'arciprete Dateo, sorta nel 787 a Milano, queila di Santa Maria del1aScala di Siena, la cui origine risale secondo la leggenda all'B98 rna che, stando aidocumenti riuovati, pare ormai deciso sia, invece, de1 1186, quella fiorentina diSan Galio, già esistente nel LL92 e quella del Santo Spirito in Sassia di Roma, risa-lente al 1198. Numerosa fu poi in Toscana e nel Lazio la.creazione di nuovi ospe-dali o la sottomissione di antichi ricoveri a quello della Scala di Siena e a que1lodello Spirito Santo di Roma, a partire dal XIV secolo. È in questo movimento diespansione che s'inserisce, per quanto ci riguarda, anche il sorgere del nostro diSan Giadgnano e Ia dedizione a Siena di quello deila Scala di Firenze, già ospedale diSan Martino. L'assistenza dei bambini abbandonati a Firenze, in particolare, dopo SanGallo e Santa Maria della Scala, era portata avanti con le altre attività anche dallaCompagnia della Misericordia almeno dal 1,329, anno de1la,.sua fondazione, assi-stenza.che, a partire dal 1,425, la compagnia affidò ,ai Capitani del Bigallo e dal1445, la cura dei bambini venne defaitivamente affidata al nuovo ospedale degliInnocenti, cui quelio della Scala e di San Galio furono .poi riuniti, verso la metà,circa,, del XVI secolo. Sulfistituzione degli ospedali per esposti in Italia e per laToscana e Firenze, nel particolare, si vedano le opere più volte citate di F. Bnuwr,Stoiia dell'l. e R. spedale di S. Maria d.egflnnocenti cit., vol. I, pp. 1-20, di L.PassnirNr, Storia degli stabilinzenti cit., pp. VI-XXil, di A, ZuccIcNI-ORLANDINT,Ncerche statistiche cit,, vol. III, pp. 276-296; di O. ANnnrucct, Delle raote odei torni cit., pp. L-3L e L. Lar-r.nuexo, Histoire cit., vol. III, pp. LL5-t51,

74 L,OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

Tale particolare determinazione dello scopo assistenziale dell'ospedale,

dovette essefe ffutto di una sperimentata necessità, specie se conside-

tiamo che in San Gimignano funzionava già dal 1255 l'ospedale di Santa

Fina, dedito al ricovero dei poveri infermi, più vari altri ospizi per pel-

legrini che, cettamente, data la caratteristica assistenziale del tempo,

dovevano aver proweduto ad accogliere sino a quel momento anche

i bambini 2. Certo è che il numero dei fanciulli abbandonati non do-

vette essere più così esiguo da venire ignorato né tale da poter essere

sopportato, per l'alto costo del mantenimento dei fanciulli, specie du-

rante il periodo dell'allattamento, dagli alti luoghi pii esistenti in città.

Difficile poi, pur intuendolo, capite quanto a ciò concorresse un mutato

spirito caritativo, avviato verso un desiderio di assistenza sempre più

intenzionale e meno occasionale rispetto al passato, unito ad un inte-

resse più attento, per quanto ancora primitivo e lento nel suo sviluppo,

nei confronti delle sofletenze delf infanzia 3. Non ultima la posizione

stessa di San Gimignano, dominante su una campagna umanizzata e dis-

seminata di pievi, sedi esse pure di ricoveri, che mal dovevano far frontealle lunghe ed estenuanti spese necessarie a mantenere a balia i bam-

bini, senza contare I'assoluta mancanza di locali che, insieme ai mezzi,

2 Sull'esistenza e per le notizie storiche degli alri osqedali sangimignanesi,rimandiamo a L. Prcotì, Storia cit., pp.366485-e ancora al1? preziosa opera diM. BattrstrNy Gli spedali cit., pp. 7i'86 dal quale, io particolare, sappiamo come

l,ospedale di Santa Fina nel 142ti, all'epoca de1 catasto_, accogiiesse .rn tagazzo .diiZ . a". bambine di 9 e 10 anni, che sono dette « date a1lo spedale », dal cheMario Battistini conclude che anche per Santa Fina « a1 servizio degli ammalati si

era aggiunto quello dei bambini abbaÀdonati ». In realtà è probabile.che santa Finanon avesse <( agglunto )> ma continuato questa sua attività, lcc-anto 111e. altre dirette

"i pou.ri e aglf"ammalati, che ne rappreientavano il fine principale-. Nel regis6o dei

ia.r,pioni del"distretto dél L427,l'àppellativo più che esplicito di «gettatelio» è

uttribuito a Goro, il ragazzo di 12- anni, già indicato dal Battistini ma non allebambine (A.S.F., Catasto-, 266, c. 696). Ad ogni modo è probabile che i ffe bam-bini fossero semplicemente st;ti accettati come pelsonale da impiegare-al serviziodella casa, data là loro età e la mancanz di altri bambini più piccoli. Ma per noti-zie ancori più specifiche sull'ospedale di Santa Fina, si veda G. Pry1o, Lo--sge.dgle

di Santa Fina nel cofitesto cittadino, in [Jna latruacia preindustriale in Valdelsa,Città di San Gimignano, 1981, pp. 19'26.

3 Una maggiole atienzione-àl bambino in generale, la si ha, infatti, a partiredal XV secolo,"in virtù di un corrispondente e semple cfescente. sentimento dellafamiglia, cfr. P. Drrooz, Per uno studio sociologico della satltità, in_Agjografia alto'meilleoale, Bologna, 1976, p. 2)5 e dello stesso parere è anche .F. Dnrenurrrr,La piété'populiire' cit., Ép. 440-460. Sull'argomento in generale,.si -ve.{a anche P.A*tis, Pidri e f.gli cit.'. È. Sgontrn, Faniglia cit',.pp' L64-165, che è.d'accordo conla tesi sostenuta-da Philippe Atiès e cioe di un deciso mutamento del precedente

atteggiamento d'indifierenza nei confronti dei bambini _fra il Cinquecento- e il Sei-

...rÉ] *r solo nell'alta botghesia e nobiltà, perché tra 1a gente comune,.che^è quel-

h c(e g[ interessa, tale ioncuranza persistette, a suo avviso, sino alla fine delXVIII secolo.

GLI ESPOSTI 75

avrebbe 1ì vietato in ogni modo, Ia prosecuzione di questo tipo di assi-

stenza oltre il baliatico a.

Fu fotse questo il motivo principale, della posizione cioè quasi

cen*ale della città, fra le valli longitudinali dell'Era e della Pesa, Ia val-lata dell'Arno a nord e le prime avvisaglie della Matemma a sud, che

fece del nostro ospedale un cenffo di raccolta impensato, non tanto perla quantità dei bambini ricoverati, sempre modesta se pur crescente ne-

gli anni, quanto per l'esttema varietà de1la loro provenienza, interes-sante un'area geografica molto ampia che comprendeva, grosso modo, a

nord le città e parte dei contadi di Pisa e Firenze e a sud s'infilttava,oltre Volterra, verso la Matemma, per arrivare fino nel cuore di essa,

a Massa, in zone cioè totalmente disservite, e ciò sino in epoca mo-

derna, di istituzioni assistenziali, specie di questo tipo, e che certamentegravitavano, allota, anche sulla più vicina Volterra, sede essa pure diantichi e notevoli ospedali, nessuno dei quali, però, almeno nell'epocache c'interessa, ad uso esclusivo dei trovatelli 5.

La provenienza dei bambini, tuttavia, non è sempre individuabileper via del ftequente verificarsi del loro passaggio da una persona al-

l'altra, che li vedeva tecati all'ospedale da chi li aveva avuti in consegnaper ultimo e che niente sapeva, credibilmente, sulla loro origine. Nel7457, un caso del genere toccò a Geri Francesco, un bambino di pochi

dì, tecato all'ospedale da una certa Margherita, donna di Frediano delcontado di Firenze e da Neri di Tonino da Casciano del « detto contado »>,

che << dissero che lo detto fanciullo era andato di mano in mano e non

4 Per avere un'idea del numero dei piccoli ospedali che sorgevano intorno aSan Gimignano, è sempre da consultate l'opera di M. BerrisrrNr, Gli spedali cit.e per un'idea generale sulI'argomento, specie sulla loro dislocazione e condizione,può essere utile quella di P. RerNa, Strade, pellegrinaggi ed ospizi cit.

5 Per quanto riguarda la situazione della Toscana e delle zone della Marem-ma, in particolare, nei confronti degli ospedali per trovatelli, è utile la relazionedi Attilio ZuccagniOrlandini pubblicata nel 1851, nella quale si esamina tutta laToscana, circondario per circondario, per ognuno dei quali si nominano e si descri-vono i nuovi e gli antichi ospedali esistenti all'epoca. Il « circondario grossetano »che lo Zuccagni-Orlandini indica di << recentissima formazione » ci è presentato comequasi del tutto sprowisto di istituzioni adatte ad accogliere i bambini, che l'autoredice un tempo essere costretti ad << un lungo e disastroso viaggio, specialmente nel-le stagioni in cui la cattiva arta danneggia tanto le maremme ,>, diretti all'ospedaledi Siena, cui a lungo questa zona fece capo (4. ZuccacNr-OnraNorNr, Ricerchestatisticbe cit., vol. III, pp. 310-3Il). Per la situazione ospedaliera della vicinaVolterra, nel Medioevo, si consulti sempte M. BetrrsrrNr, Gli spedali cit., pp.11-18, sul ritardo della quale nei confronti dell'asssitenza ai trovatelli, concordaanche A. ZuccacNr-OnraNnrmr, Rlcerche statisticbe cit., vol. III, pp. )25-326,quando parla del « circondario voltetrano ». Il « circondario sangimignanese ,,, siestendeva, invece, all'epoca, a nord di San Gimignano, sino a comprendere Monta-ione e Certaldo, ripetendo solo una piccola parte cioè de11a sua antica zona d'in-fluenza, ér. A. Zucct'cNr-OnraxorNr, Ricerche statisticbe cit., vol. III, pp. 327-329.

76 L,oS?EDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

sapevano di chi era figliuolo >> 6. Spesse volte poi erano recati da per-

sone, in genere coppie o più donne e più uomini insieme, testimonianti

I'uno per l'altro, che dicevano di averli ffovati in questo o in quel tal

posto, senza indicazione alcuna. In questi frangenti il rettore annt)tava

ugualmente le generalità e Ia provenienza di chi li aveva recati e che

erano pur sempre indicative, ma il più delle volte, veniva a rnancare

anche qlresto tipo di informazione perché o i bambini venivano lasciati

soli neila pila o sia che fossero inviati per qualche gatzofie o portati

personalmente da quelli che supponiamo parenti o vicini, si verificava

un netto rifiuto di fornire qualsiasi notizi^, che potesse in qualche modo

far ltrce sulla loro nascita e, anzi, per evitare qualsiasi indiscrezione, ci

si dava ad una fuga precipitosa, che troncava ogni possibile indagine.

Al frate non restava, a7loru, che scrivere << non si sa da dove viene »,

<( non sappiamo chi 1o recò >>, << bussò e tirò via >,, << bussò e andÒssi con

Dio, non si lasciò vedere »>, << picchiò e andò via di trata rotto >>, « bussò

la porta nosla e andò ,ia, non volle essere conosciuto » e altre frasi

di questo tipo. Se visti, si poteva ostentafe ugualmente un silenzio ostinato, come fu per una bambina chiamata poi, in un secondo momento,

per la sua origine, Francesca Pisana, pet la quale ii 3 ottobre del 1458,

giorno del suo abbandono, si scrisse: « fu messa nella pila una fanciulla

femmina, non sappiamo il nome, perché chi 1a recò non ce 1o volle clire >>

e peggio ancora fu per Nicola, un'altra bambina portata nel 1496, che,

chi la portò, r,istosi scoperto, ne urlò da lontano il nome, poi, ot misela

in terra e dessi u f.rggir. >> 7" Tutto, insomma, si consumava con pochi

gesti e in p6chi istanti, come per Gilio Francesco, lascia-to nel 1451 « in

una pezzllola lina trista e colpi l'arecò non disse mai nulla, lasciò il fan-

6 * A dì 28 di ottobre, ci fu posto nella pila ulo fanciullo n'ìirschio. r\'(vrpochi dì .h. "., nato, arecoilo lvlar§herita, donna di Friano, contado.di.Fiorenzai Neri di Tonino <Ja

'Casciano, dett6 contado. Dissero che Io detto fanr:iirllc ela

andato di mano in -u"o;-no"'.rp.uurro di chi era fig1iuoio. Recò s9-c.o una Dez:a

lana trista squarciata " unu p.rri lina trista _e una fascia vecchia. Dis-tetc''ch'er.r,irto .o.-"rso che si tr..rd- frrt.rir.. . .h. gli si r'oncsse nome Ceti c pirì

;r:'à ;;;;;-po.o ai tri" i, ,r, poca di pe=,a lÀa. A <iì derro lo facctr :ri' '-artcz-;;;;,;;,;;gii no-" Geri Franiesco>> (I-ibvo di bali segtt' L (1456 146')' 1'c.11).-' --'i

.rMartedì a dì ] d'ottcbre 1458, fu messa ne11a pila una fanciulla {eì:rrninà.

non sappiamo il nome perché chi la recò non ce lo vol1e clire. che tirò. i,ia. seppian:rr

fi v.n.r-tà da Pisa e lra- due mesi. Recò seco una l'.,ezz,:ro7a trista e d.olotosa e ttt:,rfascia di sacco trista, fatta in ffe pezzi e una cuflìo1ina-da portare $.!aP9- g,ry.rsesno recò uno mezzo qrtattrino pisano al co1lo» (Libro di bali sLgtt L.(1416'146r\.i,: ;.

-irj; . Ni.ol, aveva nome la fcnciulle ci fu arecata e missa nclla oi6 a rlì

i- ài ai..iilt." 1496 e quello che la recò disse i1 nome suo e che era nata al' ca'

,tràlr, Àir.tr-in ierra e'dessi a fuggire» (Libro di bambini e balie segt. il (1'+87

t5l2\. 16, c. 72).

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GLI ESPOSTI

ciullo e tirò via )> e come per Bartola Antonia che, trovata nuda nellapi!a, ,sulla fine di mav-o del L465, lasciò il rettore sgomento per l'asso-

luro silenzio nel quale era venuta: << non sappiamo come ha nome e non

sappiamo chi la recò, perocché la mise La detta fanciulla nella pila e none

buEq§ e none fece motto, tirò via >> 8.

, . , Nonostante questa genetale e comprensibile reticenza nel dare noti-zie che potessero in qualche modo indicare l'origine dei bambini, qual-

cle.volta il luogo di provenienza e, come vedremo, non solo quello, ve-

niiva accennato per iscritto o riferito, magai molto frettolosamente, da

clri li recava: << intessi che I'era di quello di Voltera >>, << intessi che

l'era.nata a Certaldo », scriveva il rettore ormai esercitato a captare levoci che gli provenivano di là dall'uscio, ancor prima che avesse avuto

il ,tempo di aprire e.

, Dati di questo genere e altri ancora più precisi, permettono di co-

nosgere Ia provenienza di circa un centocinquanta esposti, pari ad un buon15Va: del loro totale e ci fanno senz'altfo concludere che l'ospedale della

Scala di San Gimignano, venisse a svolgere questa sua principale attivitàassisterziale su un'area molto maggiore di quella che gli faceva capo

naturalmente. Infatti, anche se efa certamente la Valdelsa, che più ditutte contribuiva all'invio di bambini all'ospedale, non pochi venivano

xecali anche dalle vicine valli delltEra, della Pesa, della Cecina e da al-

cuqe .delle località poste lungo il corso dell'Arno. Particolarrnente, oltreche dalla stessa San Gimignano, che da sola copre un terzo del1e prove-

4ienze conosciute, i bambini giungevano numerosi da Castelfiotentino,Poggibonsi, Colle e Voltema. SigniÉcativa era anche Ia loro ptovenienza

da <.c quel di Gambassi »>, di Certaldo, di Montecatini val di Cecina e di

.d « Gilio Francesco, ponemo nome a uno fanciullo ci Iu arecato mercoledìtrytuvi dì in una pezzluola lina trista e colui l'arecò non disse mai nulla, lasciò ilfanciullo e tirò via (Balie e bambini segn. B (1413-1454|, 14, c. 64); « Lunedì a

d\ 27 di mavo a77e otto o citca, fu messa una fanciulla di tempo di due mesi opiù, nqn sappiamo come ha nome e non sappiamo chi la recò, però la mise 1a dettafaniiulla nelia pila e none bussò e none fece motto, tirò via e la detta {anciul1avenae quasi nuda, con due sracciuoli (Libro di bali segn. L (1456-L465),15,.c. L9).

9 << Pollonia e Lacrezia ponemo nome alia fanciulla, ta arecata e missa nellapila a dì 8 di febbraio 1496. Non era battezzata, ponemoli il sopraddetto nome.Ai'ecò seco uta pezz lana rossa e trista e :una pezza lina e una fascia trista. Erasecondo il nosro vedere di fie o quattro dì. Nota: intessi che I'eru nata a Certaldo >>

(Libro d.i bambini e balie segn. E (L487-1'5L2), L6, c. 73); <<Marla Nanna, ha nomelarfanbiulla ci fu arccata e missa nelia pila a dì 3 d'aprile 1497, aveva una polizzaal collo che diceva il ditto nome. Intessi che l'era di quello di Volterra, portò seco

ùna pezza lana trista e ufla pezza lina rista >> (Libro d.i bambini e balie segn. E{1487-L5I2), 1,6, c. 75); << Lucrezia Nastasia, ha nome 1a farrciulla ci fu arecata e

pissa nella'pila a dì 13 d'aprlle L497 a ore tre di notte. Aveva una polizza alcollo, che diieva il ditto nome. Intessi che L'era tata a Colle di Valdelsa >> (Librodi barnbini. e balie segn. E (1487-L51'2), L6, c. 76).

77

78 L,OSPEDALE DI S. MARIA DELL.{ SCALA DI S. GIÀTIGNANo

Castelnuovo val di Cecina. Unità disseminate giungevano, poi, da Ca-sole, Pomarance, Casaglia, Ulignano, Vico, Montaione, per ricordaresolo alcuni dei tanti nomi di luogo rinvenuti e da Firenze, Pisa, Em-poli, Siena, Massa di Maremma e Montescudaio, che rappresen-tano le punte estreme di que1la stella, che si potrebbe disegnareunendo tutti i luoghi d'origine ritrovati col loro centro, rappresentatoappunto da San Gimignano, città sede del nostro ospedale.

Questa confluenza di bambini, provenienti anche da molto lontano,ci pare dovuta, riassumendo, a ragioni in parte propriamente geografiche(talvolta ci piace pensare anche solo << paesaggistiche » per quell'aspettosvettante da fraba e nello stesso tempo rassicurante, che la città avevae che, allora come oggi, doveva colpire, attraendo, l'immaginazione dimolti); in parte economiche, per l'ormai chiarita necessità dei vari ospiziper pellegrini, numerosissimi intorno a San Gimignano, di delegare ilricovero dei bambini abbandonati ad apposite istituzioni, fornite di benitali da poter sostenere le spese di baliatico ma, pir) che altro, awiate adun tipo di assistenza del tutto diverso dall'antico, perché diretto nonpiù ad un sollievo temporaneo (una, due notti o pochi giorni al mas-simo), ma prolungato nel tempo per anni e, talvolta, per sempre. Sa-

ranno proprio le ragioni economiche, che indurranno i nuovi ospedaliper trovatelli, che ormai sorgeranno numerosi alla fine del XV e ancorpiù nel XVI secolo, ad adottare norme e mezzi, diretti a ridurre I'accet-tazione dei bambini abbandonati, il cui numero aumenterà ovunque inmaniera considerevole col passare degli anni, vietandola, infine, nel modopiù assoluto, in quelle istituzioni non specificatamente predisposte adaccoglierli e ciò per non recare grave danno alle altre attività assisten-ziali. Motivi sociali, in ultimo, dovevano essere, invece, la causa di qtreitanti invii che, nonostante tutto, ci meravigliano per l'eccessiva lonta-nanza dal nostro ospedale, adatto, proprio per questo, a far scompatirescomode conseguenze e di altri, che vedono bambini recati nottetempo,sicuramente da mani prezzolate, da grandi città come Firenze, Pisa e

Siena, sedi esse pure, all'epoca, di numerosi ospedali 10.

L'ospedale della Scala di San Gimignano accoglieva, come era fe-gola comune a tutte le istituzioni del tempo di questo tipo, sia i fan-ciulli abbandonati legittimi che gli illegittimi e non compaiono, certa-

10 << Sappiamo da varie fonti che la gente che voleva disfarsi dei neonativeniva sovente di lontano ad abbandonare in città f indesiderata creatura » (C. M.CIrorr,{, Storia econottica pre-industriale, Bologna, 1975, p. 102).

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GLI ESPOSTI 79

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80 L,OSPEDALE DI S. MARIA DELIA SCALA DI S. GIMIGNAN0

mente anche per via della modesta entità del suo volume assistenziale,nel corso degli anni considerati, corrispondenti, per quanto riguarda ibambini, a tutto l'arco dei XV secolo, norme tendenti a limitarne f in-gresso, insieme all'uso di << ruote » o <( buche >>, quest'ultime adottate,in particolare, verso la fine del XV secolo da diversi ospedali, per impe-dire I'entrata ai legittimi, ovunque molto numerosi e che, essendo, ingenere, abbandonati già grandi, potevano essere così almeno selezionatiper età e respinti in gran numeror,.

Anche a san Gimignano, nonostante che la percentuale dei legit-timi dichiarati come tali al momenro del loro abbandono all'ospedalesia bassa (inferiore al 15%), la loro presenza pare in reartà molto piùconsistente. A consolidare questa impressione, sino farla divenire unacertezza, concorrono non solo diverse restituzioni di bambini, che eranostati lasciati totalmente privi di qualsiasi indicazione di maternità o pa-ternità, ai ioro genitori ma, più che altro, l,alto numero, più del 2lVo,di fanciulli abbandonati in età tale da non comportare più l,esistenzadi quei motivi sociali che agivano, invece, subito dopo ra nascita ederano alla base, costituendone il motivo principale, dell'abbandono degli

11 Le << ruote » o << tolni r> o << buche » entrate in uso per invogliare, con .ilrisperto dell'anonim.ato, .l'abbandono dei bambini agti ospedali anziZhé nei luo-gtu_pru_drsparati, divennero.col tempo un tnezzo di selezione specie nei confron-ti-dei legittimi, ah_bandonati in nuÀero sempre maggiore e si^ concretizzava ne1rifiutare tutti quei bambini che per età non purravuò- attraverso le aperture delle<1.r!9t9 », dei <( torni » o delle « buche ». I-Jospedale di Santa l\,Iarià Maddai;;;di volterra,.per esempio,.nel.XVl secolo, delibeiò «non potersi né d"".rci dr-quìin avanti pigliar nessun fanciuìlo_o fanciulla, fuori che quelli che entano fer'iabuca della ferrara solita, e se Ii levino i contassegni, polizzino o altro che aves-sero addosso con tenersene.puntuale registro. Quando si scoprisse fossero figli legit-timi,

-siano resLiruiti, Iacend.o pagare l'a-limento e pena parrf propria ai malisrraii ,(M. -BArrrsrrvt, Gl_i-^spedali cit., p. 22). semprJ a vblterra^, l;ospedale ài santo

Sretano, sorto nel 1125, inserì nell'atto di fondazione, su disposiziòne vescovile 1aclausola << non debeat recipere nec nutrire, nec nutriri facere aliquos infantes ibi-lem expositos,.sive gettateìlos_» (M. BaruÉrrnr, Gli spedali cit., p. ZO;- ar,.t. ughInnocenti di Firenze, verso i1 15;-0, si cominciò a nòn vorer frii, ri.éu"r. i t.fii-timi e vi erano ricevuti .sono quelli che passavano <( per una tàl ferruta » (L. p'as-senrnr. .l/orla ,degli stabilimen]i cir.,. pi. _loc-lol l.'Abbiamo già parlaro. in6ne,del dlbattiro che sorse nel xIX secolo su11a questione de11a soppressione o menodelIe.«ruote>>, di_cui ne_sono un esempio g1i icritti di o. ANoriiuccr, Delle ruoteo dei- tor-ni cit., che, quale sostenitore, ie approfondì 1a problen'ratica in Lo nòrti-lità dei bambini cit.,_ dove esamina 1e conse!ùenze sui bambini (più infanticiài) diuna loro e'entuale eliminazione; di questa polemica ne par.la ancie F. DBna pr-*vtA, Aspetti clella società italidnd cit., ma ecco in cosi consisteva il meccanismode1la ruota: <( La ruota eia un congegno prr iI quale il bambino ,,."i* aèporioin una picco1a..culla girante su peinò, coilocata èsternamente a1la porta cleù,isti-tuto. Qu.ando il personale internò veniva avvisato che un piccino si trovava ne1letticciuolo, faceva, girare su1 perno. 1a cu1la e veniva così iniroclotto nell,ospizio iibambino, senza. che gi po,telsè vedere chi 1o aveva deposto » (À,1. G. Coi,Ni, ilproblema degl ìesposti in ltalia dal 1861 al 190a, in [Jn problenld di stotia so;idlecit., p. 7).

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GLI ESPOSTI

iilegittimi 12. La legittimità di molti degli esposti, infine, ci pare mani-

festata anche dalle asserzioni di povertà portate a giustificazione del

loro gesto dai parenti nonché dai tanti << contrassegni >> e << polizze >>,

ritrovati addosso ai bambini se non proprio dal modo stesso col quale

erano lasciati, << più ponderato »> cioè e meno violento di quanto, in ge-

nere, sembra essere quello riservato agli illegittimi 13.

L'ospedale svolgeva infatti 7a sua assistenza in un ambito che pos-

siamo, senza incertezze, defrnite << contadino »> ed era sicuramente uncostante punto di riferimento per le famiglie dei mezzadri, che sappiamo

numerosi particolarmente in questa zona de)la Toscana 14. Contadine era-

no quinc{i, come supponiamo, le origini della stragrande maggioranza deibambini ricoverati e solo in pochi casi, riguardanti tutti dei bambiniprovenienti dalf interno di San Gimignano, vi ttoviamo rappresentata

la categoria dei piccoli altigiani e bottegai sangimignanesi nelle figure diun tessitore, di un << corbellaro »> e di un fornaio che, in epoche diverse,

abbandonarono i loro figli all'ospedale 15. Chi li reca, in ogni modo, si

muove con disinvoltura in luoghi conosciuti, porta gli abiti di tutti, ge-

stisce e parla con la tozza risewatezza dei semplici, fugge, talvolta, come

si è visto, per essere stato sorpreso nelia necessità che non è abituato ad

ostentare. I pochi forestieri, sono subito notati per la non consueta fog-

gia degli abiti, per ii diverso accento: << arecolla un forestiere, mosffava

di essere còrso >>, si scriverà per Vermiglia, recata i1 7 luglio del 1430,

ma più che almo colpiscono l'attenzione per la confidente loquacità,

ricca di promesse e la spavalda sicurezza che li rende particolarmente

1l .< Quale fosse esattamente 1a percentuale dei fig1i legittimi sul1a stragrandemassa tlei trovatelli, non è chiaro », << ogni rovatello sopra i1 mese di età eta su-scettibile di essere figlio legittimo (si presume infatti che le ragazze mairi si sba-razz?sseto det figlio il piìr in fretta possibile) » (E. SuonrEn, Famiglia ctt.,p. 168).- t3 << È chiaro cioè che chi ha intenzione di iiberarsi di un fardeilo indesiderato1o fa quanto prima. Per questo, al contario, l'abbandono dei legittimi.appare pir)poncieràto » (e. A. Consrur, Materiali per lo stadio della lamiglia in Toscana cit.,p.101i).-

14 'È

noto infatti che \a mezzadria era moito estesa intorno a San Gimignanonel XV secolo, cfr. E. Frunar, Storia econotnica cit., pp. 127-733 e D. HsarrHv - C.

Ki,eprscu-Zusrn, Les toscails et leurs faruilles cit., p. 287. C. A. ConsrNr, Materialiper lo sluJio dello laniglia in Toscana cit., p. 1022, nola pcr i'ospedale fiorentino,Jegli Innocenti, XVI[,|-XIX secolo. che . sono ìe farniSlie mczzadri'li che mostranosii'una elevata proporzione di fig1i abbandonati, sia i1 maggior numero -di .tpql1-zioni, rispet,;ivamìntè .on .rna m.-dia di 1,5 {ig1i esposti e con un peso del 42,9Vosul totale delie famiglie con due e più esposizioni ».

is Si tratta di À'Iaddalena, figlia del tessitore Guglielmo del À'{angia, abbando-nata nei 14i2 (Balie e batnbini sign. B (1413-L454), t4, c. 59); di Elisabetta, figl?di Neri, i1 corbellaro, del 1456 (Libro di bali segn. L (1456-1,465), L5, c.- 10) e diGiovanbattista Lodovico, Églio di Meino, fornaio, del 1)06 (Libto di bambini e

balie segn. E (1.487-1512), 16, c. l2B).

81

82 I,oSPEDALE DI s, T4i.RIA DELLA SCALA DI s. GIMIGNANo

desiderati a chi, come il rettore, era abituato ad indovinare gesti e

sguardi 16. Per Giovanna, di due mes.i, portata da Pisa il 30 maggio delL455, alle undici di sera, Matteo di Cecco, che I'aveva appositamenterccata da Ià, ne volle dire il nome, l'età, che era figliuola di un certoTommaso Genovese e che la bambina aveva con sé, per << segno )>, unrnezzo quattrino di Lione 17.

Scontrosità e selvatichezza imperanti, tuttavia, scompaiono allorchési ha piena coscienza di fat patte di quei poveri cia sempre amati e pre-diletti, raccomandati dalla chiesa per I'esercizio quotidiano della carità.È questo iI caso degli orfani che cerro dei legittimi, accolti come talidall'ospedale, rappresentano la parte più cospicua. Madri e padri vedovio, in caso di morte di enrambi, i nonni e gli zii ma più spesso i vicini,giungevano all'ospedale con i bambini e ve li abbandonavano, dichia-randosi nelf impossibilità di curarsene.

Diversa em la ragione dell'abbandono a seconda che si trattassedella vedovanza del padre o della madre.

I vedovi, molti dei quali dovevano il loro stato al decesso dellamoglie avvenuto durante il parto, come essi stessi affermavano o comes'intende dalla tenerissima età dei figli da afrdare, portavano a giusti-ficazione del loro gesto proprio la mancanza di una Conna, che si pren-desse cura del bambino. La figu;ra del vedovo, più rara nelle nostrefonti oltre che più tarda cronologicamente, rispetto a quelIa della ve-dova, riveste, però, un aspetto particolare per la deTicatezza con laquale viene presentata e verace pare l'attaccamento che viene dimostratoa quell'ultimo nato che, costretto a lasciare, l'uomo si propone, quasisempre, di voler riprendere appena possibile, Nel 1449, Santi di Cioneda Castelfiorentino, << rimasto solo >>, dopo che << la donna sua era mor-ta »>, venne all'ospedale con Maria Agostina, 1a sua figliola di tre set-timane, dicendo << era sì povero >> che << non la poteva allevare >> mache voleva <( stare con la casa per fante >>, per aver modo di pagare« la balitura della fanciulla col suo salario >>

18. La maggiore possibilità

16 « Vermiglia, ponemo nome alla fanciulla che Iu posta nel1a pi1a, venerdì

^ tetz^ a dì 7 di luglio. Arecolla un forestiere, mostrava di essere còrsò. Àrecò due

fasce _nuove, due pezze line, uno mezzo sciugatoio cattivo, En pezzo di guarnello.Era di tempo di due dì o citca>> (Balie e batabini segn. B (1411-1454), L4, c.24).

17 <<Giovanna, ci fu arccata oggi, questo dì ,0 di maggio L155, a ore venri-tre. Arecolla Matteo di Cecco da Pisa e dice 1a recò da Pisa e disse ch'ella erafigliuola di Tommaso Genovese e che aveva due mesi. Arecò per segno un mezzoquattrino di Lione >> (Libro di bali segn. L (1456-7465), 15, é. 4).

18 « Maria Agostina, ha nome la fanciulla ci fu arecata mercoledì all'ora divespro, a dì I di settembre, anno detto di sopra e Ia detta {anciu11a la recò Santidi Cione da Castelfiorentino, suo padre. Dissè la donna sua era morta, esso era

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GLI ESPOSTI ò,

poi che i vedol,i avevano di risposai:si, nonostante 1a prole, faceva sì

che questi abbarrdoni non fossero, veramente) sempre definitivi. Nel1488, Giovanni d'Antonio di San Gimignano, detto Pillucchino, recò

all'ospedale il figlio, la cui madre, disse, era morta <( in parto t>, ma,dopo quindici mesi, poiché aveva << ripreso donne >>, il bambino fu reso

al paCre e alla nuova tamiglia che si era creatale. Ferma determinazionedi non perdere il figlio, leggiamo anche nel messaggio lasciato addosso a

Pierangelo, in cui il padre, un certo Iacopo di Lodovico Bandetta, che

lo depose nella pila alle quattro di notte del sette novembre del 1507,scrisse: << I'ho portato all'ospedale di San Gimignano perché è rimastosenza madre >> e vi aggiunse: << il quale mio figliolo voglio ritrovare>>20.

Le vedove, più frequenti e seguite spesso dall'intera figliolanza al

completo, raramente da sole e sovente accompagnate da qualche parenteo vicino, che sottolineava la necessità della decisione o che addiritturale sostituiva se, comprensibilmente, rimaste a casa, dimostrandoci unavolta di piir f importanza deTla parentela e in misura maggiore quelladel vicinato, si dicevano costrette a ciò per la grande miseria che le aveva

colpite dopo la morte del marito che, in non pochi casi, sappiamo dece-

duto di morte accidentale: a caccia, sul lavoro o sul campo di battaglia.11 28 maggio del 1418, Antonia, di circa due anni di età, di Caggio della<( corte » di Col1e, fu << posta allo spedale per povertà grande ché le fumorto il padre »>

21, Tre donne, nel 1427 , assicurarono al rettore che

Simone Domenico era legittimo e che anche a lui « gli fu morto ilpadre >>2. Piera, figliola di Lorenzo di lr,tignano de1 Gesso, un ex fami-

rimasio solo ed era sì povero non la poteva allevare, però Ia recò allo spedale edisse la detta {anciulla aveva tre settimane e recò con seco tre pezze Unc, unapezza lana vecchia, una fascia assai buona. Notate come Santi detto di sopra, suopadre, disse verebbe a stare con la casa per fante e pagherebbe la balitura dellafanciuila del suo salario >> (Balie e barubini segn. B (7413-1454), 14, c. 47).

le << Rendessi il detto Mariotto al padre Giovanni, detto Pillucchino, a dì 2di mano 1490, perché ha ripreso donne e puollo tenere lui>> (Libro di barubini ebalie sege. E (1487 7512), 76, c. 4).

20 « A dì detto fu posto nella pila a ore quattro in circa di notte. Aveva unapoli.zza al col1o che diceva così: io, Iacopo di Lodovico Bandetta, 6ve portato il mio6g1io1o, che ha nome Pieragnolo di un mese e due dì di tempo. L'ho portato allospedale di San Gimignano, perché è rimasto senza madre, el quale mio figliolo elvoglio ritrovare e dt4gli una pezz4 una fascia e :un^ pezza lina>> (Libro di bambinie belie segn. E (1487-151.2), 16, c. 131,).

2l << Antonia ha nome la fanciulla, che fu posta nella pila sabato sull'ora dellatetza, a dì 28 di maggio, la vigilia di San Bartolo. Era di tempo di due anni o circa,figliola di Antonio del Conte e nacque al Caggio, nella corte di Colle ed è legit-tima, posta allo spedale per povertà grande, ché 1e fu morto il padre >> (Balie ebambini segn. B (1413-L454), 14, c. 9).

22 << Simone Domenico ha nome e1 fanciullo, che fu posto nella pila mercoledìmattina, a dl 24 di marzo e così dissono tre donne che 1o recarono e dissono ch'eralegittimo e che gli fu morto il padre »> (Balie e bambini segn. B (14t3-1454),1.4, c. 22).

84 L,oSPEDALE DI s. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

glio dell'ospedale, vi fu recata nel 1,433, come sappiamo, in seguito

alf incidente capitato al genitore che « cadde in terra da una quercia e

morissi »> ts. Uguale motivazione ma resa più significativa questa volta

dal numero dei {anciulli, tre in tutto, di sei, cinque e due anni, e dalla

evidente necessità della madre di abbandonarli in vista di una sua nuova

sistemazione, cui senz'altro tutti quei fig1i erano d'impaccio, venne pot-tata da Agnola, vedova di un certo Cinquantasei, abitante a Pomarance

e che, a detta della donna, << le fu morto in su le mura del detto castel-

lo »>. Agnola, che ormai abitava a Colle con un certo Nanni, << chiamato

il Ghibellino >>, che l'accompagnò sino all'ospedale, recò dapprima solo

due figli l'11 di febbraio, Tommasino e Meia e poi, incotaggiata, unterzo Taddea, il 27 di quello stesso mese2a. Nel 1450, l'anno della pe-

ste, da Mensano, contado di Siena, fu recata da Menico di Francesco e

da Meio di Cecchino, Lorenza, di te settimane , figlia di Pasquino, un<( povero uomo )>, che, dissero, <( era morto » s. Da Certaldo, nel 1451,

venne portata dalla madre, vedova di Piero da Castelfiorentino, Gio-vanna Domenica, di nove mesi, con <( tre gonnellucci vecchi, rotti e cat-

tivi >> e alcune pezze, << vecchio e rotto ogni cosa »>%. Nel L456, è lavolta di due fratelli di due e tre anni, Silvestro e Lucia, che furonoinviati per un certo Pasquino di Andrea da Salvi da Montescudaio dallamadre, monna Chiaru, per povertà, perché il padre era morto, <( che

l'ammazzò 1o porco selvatico ,> ". Nel 1496, Benedetto, un bambino di

B Balie e bambini segn. B (1413-1454), 14, c. 2t-.24 << Tommè ovvero Tommasino e Meia, sua siroccchia, e1 maschio disse era

di tempo di sei anni e più, Ia {emmina anni due, cioè Meia detta. Furono recatidomenica, a dì 11 di febbraio, detto anno e piìr a dì 27 detto mese, ci menò lamadte una fanciulla, disse aveva nome Taddea, di tcmpo tli cinque anni, vennecon uno, ha nome Nanni, è uno è chiamato ghibellino, atnendue stanno a Colle.La madre di questi te fanciuili ha nome monna Agnoia, e1 padre, dlsse, era chia-mato Cinquantasei e stavano a Ripomomanci e 1e {u molto in su le mura dettocastello. La madre sta a Co11e col sopraddetto Nanni >> (Balie e bantbini segn. B(141.J 1454.\, 1.4, c. 44).

2s <r Recolla Menico di Francesco e Meio di Cecchino, amendui da Mensauo,contarlo di Siena, dissono 1a fanciulia eta legittima, figliuola di Pasquino Ca ÀIen-sano, essi dissero era morto ed era poveto uomo, essi dissero la fanciulla aveva tresettimane » (Balie e banzbini segn. B (L413-1454), 11, c. 43).

26 « Giovanna Dotnenica, ha nome 1a fanciulla, ci fu recata dal1a madre sua,la quale ha nome monna Caterina di Pielo da Castelfiorentino, abitante oggi a- Ca-

stello a Certaldo o nel suo contado, la quale è 'redova, morl i1 marito. La dettafanciulla sia di tempo di nove mesi o circa, arecò seco re gonnellucci vecchi, rottie cattivi e ,tna pezza lana rossa e una fascia, r,ecchio e rotto ogtti cosa, e si fudomenica a seta a ora di vespro,

^ àì 12 di settenbre, anno 1451 >> (Balie e bambini

segn. B (L4L3-L454), 14, c. 55).- 27 << A dì 12 di matzo, furono messi ne11a pila due fauciulli, uno maschio e

una {emmina, di anni due o circa il maschio e di anni. ffe o circa la fer:rmina' Are-colli Pasquino di Andrea da Salvi, disse che erano figlioli di Ettore da Montescudaio

GLI ESPO§TI

tre mesi, proveniente da Gambassi, secondo quello che c'era scritto suuna polizza che portava al co1lo, era stato messo nella pila dell'ospedaleperché il padre << era morto in campo >>, probabilmente quello di bat-tagliax.

La morte del padre comportava quindi per i bambini un rischiodi abbandono in misura molto maggiore che non quella della madre,sia per la grande miseria delle vedove che per il prospettarsi di nuovesistemazioni, forse incoraggiate dai parenti e più facili senza frgli a carico.Meno frequenti, ma ugualmente presenti, erano poi gli orfani di entrambii genitori, che i parenti si affrettavano ad inviare per povertà o che veni-vano recati dai soliti conoscenti e vicini pietosi. Nel 1432, essendo<< morti il padre e la madre )>, monna Biagia, che stava con papi degliAtavanti a Castelfiorentino, portò con sé per fatla ricoverare, petra, unabambina di tre anni rimasta sola al mondo R. Nel 1,456, fu ra volta didue fratelli, Francesco di sei anni e Giovanni di quatmo, figli di << unopadre e una madre »> morti entrambi e che << erano rimasti in governodi certi loro parenti >>, che Ii mandavano là << per povertà »>

30. per que-sti fanciulli non era raro il caso, a difrercnza degli orfani di solo padre,quasi mai richiesti dalle famiglie, di vederli riprendere, dopo qualcheanno, dai parenti più prossimi; sarà così per Petra, resa nel 1,435 ad unozio e sarà così anche per Francesco e Giovanni, ripresi nel 1,459 da unpadre che, nel frattempo, pare non fosse morto 31.

85

e di mo_nna- Cliaru, sua donna, e che 1o loro pa re era morto, che l,ammazzò lopgrco ;elvatico e la loro madre l'aveva mandati- per povertà qri. Ha nome lo ma-schio Silvestro e Ia femmina ha nome Lucia >> (Libr; di bali- segn. L (14i6-L46ii,L5, c. 52).

,.4 «Benedetto,-ha _nome il fanciullo di mesi tre, fu messo in nella pila a dì12 di novembrc L496. Intessi come era di Gambassi e ch'el padre era morto ingqmpo 9 aveva una_polizza al collo, che diceva il sopraddetto nome ,, (Libro d.i ban-bini e balie segn. E (L487-1512), L6, c. 72).

«Perl .ha nome Ia fanciulla che ci fu recata martedì innanzi vespro, a dì17 di marzo. Disse ch'era dj tre anni passati. Arecolla una donna, disse òhe'stavacon Papi Atavanti a Castelfiorentino. I1 padre, disse, aveva nome Luigi di Matteoe Ia madre ha nome monna Giovanna e quindi disse che il padre era da Varna emorti-il padre e la,madre »> (Balie e banbini segn. B (L4b-1454), L4, c. 25).

30 << A dì 21 di novembre,. ci fu posto nella pila due fanciulli maschi, 1o mag-giore_ 6ve- nome Francesco, era di tempo d'anni cinque o circa, l,altro rive nome Gié,vanrli.e-6ve quattr_o an]]i o circa. sono rutti e due Églioli di uno padre e una madre,recolli Niccolaio di Piero da volterra, disse che eiano figliuoli-di uno che avevanome At-taccabrighe da canneto, pertinenze di voltema ed-era morto 1o padre e lamadre ed erano rimasti q.governo_ di certi loro parenti e loro l'hanno rnandati quiper povertà (Libro di bali segn. L (1456-1465), 15, c. 10).

31 << Rendemmo Petra sopraddetta a dì 2 d'ottobre anno 1.435 a Meio di Bondida -Gavignalla, suo zio,_ presente Mignano di Razza, che fu nostro lavoratore »>

(Balie e banbini segn. B (1413-1454), L4, c.26); La'restituzione dei due bambinidi Volterra è documentata da una entrata di 8 6orini, pagata per loro dai parentie presente nel Meruoriale d,i spese rninute segn. B (L459-1,460),- 51, c. 28.

86 L,oSPEDALE Di S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIaMIG\.!\O

Ma gli orfani non erano i soli legittimi suscettibili di vedersi afi-

dare senza alcuna remora alf istituzione e molti erano anche quelli che

le famiglie, spontaneamente, confessavano di voler abbandonare unica-

mente per la grande miseria che le afliggeva. Tuttavia quesle inuodu-

zioni di legittimi, accompagnate da ammissioni di povertà, sono in realtà

un breve campionario in confronto a1la mesta e nutfita schiera di bam-

bini che, registrati come ignoti, indoviniamo, invece, ragionevolmente,

lasciati per il medesimo motivo. Ad ogni modo, il ricorrere a queste

precisazioni, ci pare fosse dovuto anche al desiderio stesso di fat cono-

scere la legittimità dei figli, come avvenne nel 1420 per Pollonia che,

in una <( scrittolina >> fece sapere il suo nome e che << non efa bastarda »

ma che << per povertà eta mandata>>32. << Per povertà >>, fu detto inviato

nel 7456 da Agnolo di Giovanni da Cortona anche Matteo Bernardino,

un bambino appena nato'3.Se è vero, in{.atti, che i legittimi sono facilmente riconoscibili gra-

zie all'età, dato che, in genere, non erano abbandonati subito dopo la

nascita, è vero però che neppure per 1oro, a volte, si aspettava gran che.

MaCdalena, figlia legittima di Guglielmo del Mangia, tessitore sangimi-

gnanese, per esempio, fu abbandonata al << levar del sole » del 23 luglio

del 1452, quando <( non aveva più che uno dì »> 34. Detto questo, però,

niente da dire sul fatto che, efiettivamente, la maggior parte dei legit-

timi fosse abbandonata con un po' più di respiro, almeno dopo parecchi

giorni e settimane dalla nascita e che ne annoverasse molti già alTevati

e svezzati, altrettanti in grado di parlare e camminare, quando proprio

non si trattàya, e anche questi sono più che tanti, di ragazzetti di quat-

tro, cinque e sei anni di età. Frequente era poi fra di loro l'abbandono

di fratelli e sorelle a coppie, nel1e quali uno dei due, il più gtande, natu-

ralmente, veniva sottoposto regolarmente ad un incalzante quanto poco

concludente interrogatorio, come fu il 9 marzo del 1497 , per Catetina

di quattordici mesi, e Sandra, di cinque anni, di cui ci è rimasta impressa

' << Pollonia, ha nome la fanciulia, che fu posta nella pila venerdì notte, a

dì 23 d'agosto, anno detto. Arecò una scrittoiina, diceva che cosa e1a i1 nome suo

. no., .ra- bastarda, ché per povertà era mandata. Arecò uno foderuccio stracciatonero e altri cenci di pezie liie>> (Balie e bambini -segn.,,B (-1411-1'454), -14, c. 11).

33 « A dì LB di -settembre. ci fu recato uno fanciullo, 1a. maltina a1lo spuntar

del sole. Arecollo Andrea Bonanni, che l'ebbe dallo spedale de11a Croce, arecò seco

una scritta con fnezzo quattrino dentro, diceva la sciitta: Agnolo di Giovanni da

Cortona, per povertà r, (Libro d.i bali segn.- L (1456L465)',75,-c. 9)..--- :i'.,'Madàa1ena ha'nome la fanciulà fu posta ne1la pila domenica mattina al

levar del sole e si era legirtima figliuola di Pietro di filippo de1 Mangia. tessitore,

àtii^no a San Cimignano'e si fu à di 23 cli luglio, arr.ro derro di sop;'a...si era bat-

i.irilu, ar.cò s..o i1 rro-.; non aveva più chJ uno dì » \Balie e b.rmbini segn. B(1,413-L454), t4, c. 5ot).

.#

GLI ESPOSTI 87

f istruita parlantina, che petmise , tùttavia, al fuate di ricostruirne l'età,

il nome e che << erano di Montecatini di Volterra >> 3s.

Per i legittimi, inoltre, un ruolo principale nella decisione di abban-

donadi, era giuocato dal ioro stato di salute o dall'essere o no portatoridi difetti fisici, che li rendevano economicamente inutili nell'ambitofamiliare, senza necessariamente dover arrivare alla gravità di Andrea,

un L,ambino di tre anni, << cieco, muiolo, attatto e pazzo,>, che fu abban-

clonato nel 1,426 36. Per non parlare poi de1le liti familiati anch'esse va-

iide per {are appello alla carità del1a casa. I1 9 settembre del 1455, ser

Neri, corbellaro di San Gimignano, tecò Bartolomea, una bambina didue anni, con preghlera che gliela tenessero << patecchi dì » poiché Ia

madre, disse, << s'era pattita da lui ed avevagli lasciato questa fanciul-

larrt'. Ma il giorno stesso, la donna, ,torse preoccupata dall'attdacia del

rnarito, venne a riprendersi la bambina e tutto sarebbe finito lì se, il 21

novembie Cel1'anno dopo, ii corbellaro non vi avesse mandato un'alttadelle sue figlie, Elisabetta, di sei anni, che, data l'età, fece sapere che era

stata inviata dal padre che, fotse ormai definitivamente abbandonato

dalla moglie, mandava a dire, questa volta, che 1o faceva per povertà 38.

35 <, Caterina aveva nome 1a fanciulla ci {u recata e messa nella pila a dì 9 dimarzts i197, a ore una di notte, è di mesi quattordici o circa e con lei ela unasorella, d'anni cinque o circa, la quale ha nome Sandra e disse il nome delia dettaCaterioa e che erano di Montecatini di Volterra. I{a indosso una camicia, una gon-

nelluccia, un paio di scarpe di romagnolo e un paio di scarpette >> (Libto di bam'bini e balie segn. E (1481-1512), 16, c. 84).

ft « Andrèa, disse aveva nome il fanciullo, che {u posto ne11a pila, venetdìmattina a dì 3 di gennaio, anoo 1426 e nosttava di tempo piìr di tre anni, ciecoe mrrtolo e atratto e pazzo, arecollo uno, ch'è chiamato Pistacchio » (Balie e bam-

bini segn. B (14fi-1454), 14, c. 20). -3?-<.Bartoiomea di Neri da San Gimignano, ci recò ser Neri, suo padre, a dì9 di settembre, d'età d'anni due o circa, 1a quale ci lasciò, perché dice 1a madres'era partita da lui ed avevagli lasciato questa _fanciulla e che noi. g1iela tenessimop^r.c.ii dì. A Cì 9 di settembte ci venne 1a madre e per 1ei rendemogiieia »

(Libro di bali sesn. L (1456\465), 1,5, c. 5).33 « A dì 2i di nor.*bre, ci fu posta ne11a piia una Ianciulia, era d'età

d'anni sei o circa, chiamase Eiisabetta, dice ch'è ligliuola di set Neti, corbellato da

San Gimignano. Mandolla qui per povertà >> (Libro di,bali- -segn. L (L456 1165)' 75,c. i0). Ui caso di abbandono molto simile a questo 1o abbiamo ilovato anche per

l'cspeCale di San Gallo a Firenze per il L397: « Giovedì a dì cietto, fu recato e

.lasc-iato a1lo spedale dl San Ga11o, ur-ro fanciullo e recollo Guccio <li Martino,. popolocii Santa Lucia d',ognissanti, e disse iI detto fanciulio essefe suo figliolo_ e disse che

aveva norne RistorJed era di età di due mesi e disse che pel poveltà ii recava a1lo

spedale e anche perché 1a sua donna ela p_altita da lui e disse che 1a sua donna

u-u.",u nu-. monÀa Nicolosa. Vera cosa è che 1a detta monna Nicolosa, \Ienne peI1o detto fanciullo a dì primo di felcbtaio 1397, disse volerlo tenere, tene11o. petIìno a clì 2 del detto Àese di {ebbraio e rirornollo a1 detto spedale e lasciollostare. lvlonna Nicolosa predetta ritornò per lo detto fanciullo a dì I di febbraio1397 e portosenelo comì suo fig1iuo1o » (.Balie ,,e bambini (1191'1401',), 6, c'^17.1

'l;indicaziòne si ri{erisce ad uno iei registri dell',ospedale Iìorentino di San Gal1o,

il cui {ondo è anche presente nell'Archivio de11'Ospedale degli Innocenti)'

,rl

triili

ffia

88 L,OSPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

Orfani, dunque, figli di povera gente, bambini già grandi e talvoltaafrltti da infermità, sono, con tutte le varianti e le sfumature possibilie non di rado più d'una di queste insieme, dei legittimi palesementericonoscibili o in più modi resi tali per volontà delle famiglie. Facile èin questi casi per l'ospedale, stabilire collegamenti e rapporti con i pa-renti ai quali, certe volte, dopo qualche tempo, come si è visto per al-cuni degli orfani, i bambini sono rinviati. Santa e Domenica, due sorellee << legittime figliuole » di due e quattro anni, recate nel 1,427, vennerorimandate per Angelo di Ravenna, loro parente, ai genitori, nel 1429 eanche Andrea, il bambino Ie cui condizioni fisiche ne erano state I'evi-dente causa di esposizione, fu rinviato, dopo pochi mesi, ftamite unozio accondiscendente, ai genitori 3e.

Anche i gemelli, con la loro straordinarietà, paiono rappresentareun motivo più che sufficiente per indurre i genitori ad un immediatoabbandono e sappiamo che in alcuni ospedali sino al XIX secolo, il par-to gemellare di per sé, costituiva una ragione ufficialmente valida perl'abbandono di uno dei bambini e che, furtivamente, venivano abban-donati anche entambi €. A1 nostro ospedale di San Gimignano, nonsi ha notizia di parti gemellari prima della seconda metà de1 XV secoloe, per l'esattezza, sino al L459, quando una certa Cateina d'Antonio diCastelfiorentino, mise nella pila a mezzogiorno de11'11 maggio, due ma-schi, di nome uno Simone e l'almo Vivaldo che, disse, erano stati battez-zati41 . Il 22 settembre del 1498, un fanciullo e una fanciulla << binati »>,

Giovanni e Domenica, furono messi nella pila del1'ospedale alle sei del

3e « Rendemmo il detto Andrea, fanciuilo, al padre e a1la madre, domenica? di.8 di giugno, portollo Monrorsaio, suo zio.>> @àtle e barubini srgn. B 1t4$-1454), L4, c. 20).{ Secondo Laura Pellegrini, che ha studiato l'esposizione a Milano dat 1860al 1901, nel1'ospedale di Santa Caterina alla ruota, uì ex convento destinato adaccogliere i bambini dalf imperatrice Maria Teresa nel 1780, la percentuale di legit-timi era altissima anche se, « ulficialmente », i legittimi che avevano diritto al riio-vero erano solo i flgli di madre impossibilitata ad allattare, g1i orfani di madre e igemel1i, di cui uno poteva essere esposto (L. Ptr.rrcnrNr, L'esposizione dei fan-ciulli a htilano dal 1860 al 1901, in Un problema di storia soiiale cit., p. 123).Ancàe agli Innocenti di Firenze, fra gli esposti abbandonati per i secoli XVII eXIX, numerosi sono i gemelli, abbandonati anche a coppie, cfr. C. A. CorsrNr,Materiali per ,lo studic della lamiglia in Toscana cit., p. 1017.al « A dì 11 di maggio, anno detto di sopra, fir messo nella pila a ore didodici ore, due fanciulli maschi ed erano batteizati, l'uno aveva noire Simbne el'alro Vivaldo, vennero da Castelfiorentino, recò li detti una donna, la quale hacome monna Caterina d'Antonio di detto luogo e recarono due pezze line tristee cattive e due pezze lane, triste e dolorose »> (Libro dì bali segn. L (1456-1465),L5, c, L4).

GLI ESPOSTI 89

mattino <( e avevano le polizze al col1o che era scritto il nome ,t o'' Nel

1501, il primo di settembre, ii rettore trovò in una paniera ancora due

rnaschi per i quali scrisse: << stimo siano binati >> e che chiamò uno An-

tonio e l'alto Ottavianoa3. I1 giorno di Pasqua del 1504, all'una di

notte, fu lasciata Domenica, « fig1ia di due povere persone >>, la cui ma-

dre <, n'ebbe due a un corpo femmine >> e che « di poi qualche dì si

morì >> e che, stando a quanto diceva la polizza lasciata addosso alla

ban-rbina, il padre le << prese e portò entrambe a quel luogo pio )>, <( per

povertà >> ma, in realtà, solo una atrivò a-ll'ospedale e niente sappiamo

sul destino dell'a1tra che, come ci sembra più probabile, può darsi fosse

morta prima di giungervi 4. Nel 1505, infine, i1 18 ottobre, il giorno

di San Luca, a1le undici di notte, vennero lasciati « due bambini nati a

un corpo in San Gimignano in Piandornella, in casa di Giovannino >>

e che si dissero figliuoii di un certo ser Michelangelo di ser Torello Ca-

ciotti, appartenente ad un'antica casata sangimignanese as.

DifEcile è dire, volendo analizzare i1 comportamento delle fami-

glie, quanto il parto gemellare incidesse sulla decisione di abbandonare

i propri figli, tuttavia distingueremmo con Carlo A. Corsini, che 1o fa

a proposito dei gemelli abbandonati all'ospedale fiorentino degli Inno-

centi fra il XVII e il XIX secolo, due tipi di comportamento, di chi cioè

ricorreva all'esposizione di un solo gemello e di chi, invece, li abban-

12 << Giovanni e Domenica, avevano nome il fanciullo e la fanciulla binati, cifurono arecati e messi ne1la pila a di 22, ore sei di notte, i1 sabato seta, vegnendola domenica, a dì 22 di settémbre 1498, avvohi in pezze line e lane tristt>> (Librodi bambini e balie segn. E (1487'7512), 16, c. B8).

43 « Antonio e Òttaviano, ponemo nome al fanciullo ci fu posto ne1la pila a

dì primo di settembre a ore cinque di norte, in una paniera con una .pezza risLalina e un pezzo di calza nera da uomo, :una p-ezza lana e con una camicia {a u99o,6ista e dolorosa, con un poco di sale al co1lo e con es,so il sopraddetto fanciullo'stimo siano binati, Dio li- laccia buoni >> (Libro di bambini e balie segn. E (L487-

l5l2), 1.6, c. 105).'s << Domenica seta a dì 7 d'aprile, la sera de1la Pasqua di Resurtezione, a ore

una di notte, ci {u posta la sopraddetta bambina nella pila, _atecò- seco_ lu'nà pezza

lana trista e due line dolorose é una trista {ascia con una polizza la collo e diceva.àrì, ou.sta bambina è Geliuola di due povere persone e Ia madre n'ebbe due a

,n .o.bo femmine, di pol qualche dì si - morì., lasciò Ie dette figliole e stando il

ordre àisero e infermo -di

una malattia incurabile ma non contagiosa, prese e porròànrrr-b. qui le sue figliuole, a quesro luogo ,pio -e ciò per povertà e .la bambina

è battezzata e d nome"Domenica, (Libro di bambini e balie segn. E (1487-1512),

16, c. 114).--' - +i u Srbuto a dì 18 d'ottobre el dì di San Luca, a ore ventitre. ci fu posto

nella pila due bambini, nati a un corpo, in San Gimignano in Piandornella. in casa

ài-èiàuÀ"i"o e dicesi sono figliuoli- di ser Torello-Caciotti. Arecatono con loro;;r;;;;-t;iri tiiu tista e :oiu *rrru fascia dolorosa e non erano battezzati, .face-Ààli b^tt à,ure e ponemo nome al primo, Luca, Francesco,- a1 secondo, I)omenico e

iùi;tJ;;;;b laàià ii faccia buoni i (rtOio di bambini e balie segn. E (t487-1512\,

16, c. L20).

90 I-,OSPEDALE DI S. MARIA DÉLLA SCALA DI S. GIMIGNANO

donava enftambi 6. Pur senza volet trarre delle conclusioni, ci pare petò

che solo i'abbandono di uno dei gemelli indicasse un efiettivo improv-

viso aggravio del bilancio familiare, determinato dal1'eccezionalità delparto, menre il ricorso ali'esposizione di entambi i bambini, come èil caso cli quel1i ritrovati nelle nostre fonti, ci pare dovuto, come per

i due gemelli sospetti di illegittimità e le gemelle orfane, a ragioni deter-

minatesi ptima de1lo loro nascita e già di per sé valide, a meno che non

si voglia atttibuire al parto gernellare, e anche questa è un'ipotesi, la

possibilità di scatenare rcazioni psicologiche di vatia intensità e difi-cilmente misurabiii dal di fuori caso per caso.

L'abbandono dei legittimi era poi considerevole in corrispondenza

di situazioni catastrofiche. Tra il luglio del 1431 e l'aprile del 1432, glianni del1a guerra contro Lucca prima e contto Siena poi, che videro laValdelsa incendiata e saccheggiata dal1e truppe di ambedue Ie parti, tanto

che 1o stesso tettore ebbe a lamentarsi per i danni recati alle case e ai

poderi dai << nemici >> ma anche per quelli prodotti dai fiotentini, di cuii sangimignanesi erano alTeati, vennetr'o lasciati all'ospedale, che in questo

periodo per maggiore sicurezza, aveva scelto come ptopria sede \a casa

da sempre tenuta per suo << bisogno » e posta nella contrada di San Gio-vanni, in via di Berignano, cinque bambini, tutti legittimi 47. I1 5

luglio de1 J.431, Nanni di Geri da Campotbiano e monna Caterina, sua

donna, nonni paterni di Checca e Piera, due fanciulle di quattro e unanno, afrdarono Ie bambine, presente anche la madte, monna Antonia,moglie del fig1io Giacomo, a1 rettore, che annotò di averle ricevute nella

casa << dentro San Gimignano >>, dove << al presente >> abitavano << per lacausa del1a guerra, la quale >>, aggiunse, << ci levi Iddio per sua pietà e

misericordia >> €. Quattro giorni dopo, il 9 luglio, << innanzi 1'avemaria>>,

ft « In definitlva, mentre non si può sostenete che un parto gen:ellare costituisse di pet sé motivo per 1'esposizione (per 1'aumento dei iìg1i derivantene aiiafamifria), tuttavia va rilevato i1 diverso atteggiamento {ra i due tipi di {amiglia »(C. A. Consrxr, ùIateriali per lo studio della fanziglia iit Toscana cit., p. 1017).

47 << Anco a dì 9 d'agosto, anno detto, {urono atse le nostte case de1 poderedelia Croce, tutti posti ne11a corte di Poggibonsi e questo furono i nemici, quandocavalcarono infino a Barberino, ne1 ritornate indiero. Ricevemmo gran danno dellecase e capanne e tegoie e arsono le vigne e g1i ulivi per la molta erba ch'era pe'campi e Ào1to secca. Iddio sia lodato sempre. Anco a dì 4 di settembre, anno detto,L432, ci fu atso i1 nostro frantoio del nosto podere da Cel1ole, posto ne1la cortedi San Gimignano, luogo detto a Cellole e questi furono soldati del comune diFirenze >> (Libro di diuerse ?ndterie (1394-1490), 10, c. III). Per le guerre che scos-

sero in questi anni la tranquiliità dei sangimignanesi e del1a Val<ie1sa tutta, cfr.L. Peconr, Storia cit., pp. 2L3-219.

a8 « Checca e Piera, hanno nome queste due fanciulle, checca ha nome la mag-giore, è di tempo di quatto anni o circa e Piera è di tempo d'uno anno o circa.Arecolle Nanni di Geri da Camporbiano e monna Caterina, sua donna, e monna

GLI ESPOSTI91

fu lasciato « suila soglia deri'uscio <ieria casa )>, sempre quera << dentronel castello di San Gimignano >>, Niccolò, un bambino di ,rn u.rro, ,r.-stito di una <( camiciuola )>, un <( guarnenuccio ,, " ,nu- i.gon.r.tt,r..iu

vecchia )> 4e. Il L7 maruo del l$2 f,, la volta di petra, l,orfana, che ab_biamo già indicata come recata da castelfiorentino, p".'ru;;;;, vorontàdi una sua vicina e. il 9 aprile di quello stesso anno, << fu posto sullapanca della casa >>, la medesima, doì" ancora si abitava << per cagioneclella gue*a >>, un al*o bambino, cui fu messo ir nome di Agostino urivoe che venne reso ner 1$g ar paclre, un certo Niccolò c,i Lazzato di sanGimignaao, come iesi furono anche petra ne' 1435, Checca, l,uri., ,oprawissuta delre due sorene, ripresa dai nonni ne! 7$3 e Niccolò, resonel 1432, al padre, Domenico àa À{ontignoso, abitanre a Mumiaila s0.

Tuttavia, se Ia gueira aveva fta re sue conseguenze anche queradeil'abbandono di un gran, numero di legittimi, come si è visto e comeci pare di capire aflcora dalr'alto n.,-..à di bambini dichiuroti presentinell'ospeciale e presso Ie balie nel 1.17g, un a,*o anno di guerre, di pe-stilenza e di carestia, in cui raggiunsero, come si è altrove accennato, iInumero di *enra, eccezionale per il nostro ospedale, abituato a pochepresenze' è anche vero, però, che pur rimanendo arto ir numero dei legit-timi, è durante ie epidernie .r.. ,i ve<leva crescere, singolarmente, quenodegli illegittimisl. Negli anni compresi tra il r44B e ii r+jò, ìr,eressari

Antonia, madre delle dette. {anci,llle. Il padre delle..de]te_ fanciulle ha norne Gia_con:.' figliuoto <ier sopradder," trlr"^i.'a'rJài. ; ;i-,"'i;'l,isù.: #io' d.,,", incasa noslra dentro San -Gimignano, Jor-.--ri"oì..r"nre abirjamo per la causa dcìla,È",Tì i r, i ol\1]., ;: f :r llr*,"p;;

-;,;;à,i'. ?i,.,i.o.. dia, ( ts a ii i e L a ìu b i n i s

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" Niccorò' ha nome..e[ fanciur]o. che fu posro sura soglia deir,u.cio ceracasa nosrra denLro ner czsterlo a; sr" c;;g"nio, n"-ltn conrra.ri di sl;i-Gio'crrnr,dove al preseDte abitiamo per cagione a.lu'gì.ìru. Fu posto lunedì mutLina a dì9 di iuglio, innanzi I'avem^;ia eJ1"-ài ,.rp"?ì'rr.arno o circa e areco una carnr-ciuola e 'no guarne"ccio e una gorrneruccia vecchia, aveva ir busro vcrnrigrio,,(Balie. e banbini segn- B t r+rl_f+:-+"r,^"ii,"..'"2i,.s .. Agosrino ùtiuo- pon.,,-,à ii"fÀ.;rli,., in" _i, posro irr sutie pa,16, 6.11"casa nosrra dentro san Gimlgnano, conrrada ai'su,ii;"ilì; ioì"'"ii'p'iJr.rr,. ,uitrxmo per cagione della guerra, fu a dì s ,ii-;prl,.. tnnrnzi cli nrezz.,ìorre. Arecrjfll::ii ::.c-11i. un poco Jiirre JÉgaro lr-;n, ;;,;; rina. e dire p.ir. ii[.1,,,r.c, rrnarescra csttrva. una pczza lena rutta ,upp"rriro e cucira .." ,ar.'irirr"i'.) 1s.,:i, ,bambini segn. B (14L3_14r4), 14. c. 2rr'r.'----'" 'sr il numero dr; bambini 'p[r",rii in casa e a b_a]:a neI r47s. è sriìro ri.r'oJalla dichiarazione fatra ,sli ,m.Tuiiì;i .;,J;;o. qr.it,rì,no'rÀ §.É...Cii)sro. »st,cc. 116-l'10r. Sappiamo. infatri, da i.-pr;;;.'stìria cit.. p. 2-{8. che ,. ai rrrrnbusridt gucrra. altri depiorahi]l,irri ,igg;rnr"ro. !_.^arf luglio Jct l-17b, srarasi in:^f]:,i: T:pelfo dì conragior. anchè >e * a S. Ginri3nano, la pcs,c risrrl,r arsr'rnnerito maggrormenre nei r^490, anno ner qunre sembr-a-;r';.Jr;''"t1.. ar.n]ir,ab;ianri» rL. Dcr ,o*ro:^,r-r-?.!oi;iji i."a;ilr)ànc.,ÌetÌe ,ìir-i )i'i",ili,r,; .ir., p.307). Per E. R*eru, Dizoinario giosrafico...ir,

"àr."v,"p:,"i;,1,"^;;:,";1fr,1.._.n.lo

92 L,oSPEDALE DI S. N4ARIA DELLA SCÀLA DI S. GIMIGNANO

da una grave epidemia di peste, che imperversò su tutta la Toscana e

che vide San Gimignano generosamente aprir le porte a chi vi accorreva

da ogni parte per trovare rifugio, fra i bambini ricoverati, quattordici intutto, troviamo sempre dei legittimi naturaimente, come ci attestano

l'età e 1o stato di orfani di alcuni, ma ben sette, quale espressione diquel caratteristico attaccamento a71a vita, che pare esplodesse proprionel pieno di queste crisi, sono figli di schiave, setve e fanti, alcune delle

quali, probabilmente, riparate 1à con i padroni da più parti s2. È propriodel gennaio del L450, infatti, l'arrivo all'ospedale di Bartolomea, una

bambina di quindici giorni, recata dalla schiava di un certo ser Niccolòdi San Gimignano, che disse << l'aveva fatta la fante di Pieto del Ga-

gliano, cittadino fiorentino »> e che << era figliuola di uno di quelli deiBardi » s3; pochi mesi dopo, il 18 aprile del 1,451, per limitarci a quei

casi, che ci paiono l'immediata conseguenza dello straordinario afflusso

di forestieri, convenuti da fuori per via della peste, venne accolta Ulivetta Benedetta, figliola di un certo Alfonsino di Francia, che si definì

in un biglietto che la bambina aveva con sé, cucito alTa fascia, << famiglioche è libero di Firenze »>

5a.

L'origine degli illegittimi, comprensibilmente, per i noti motivi so-

ciali, tenuta segreta, veniva difatti esplicitamente dichiarata quando i1

fu il 1479: << la peste del 1479 non fu meno de1le altre spaventevole, perché visi aggiunsero le iÀcursioni del1e soldatesche di Alfonso re di Napoli, di papa SistoIV e dei sanesi allora in guerra con i fiorentini ».

s2 « Né la peste cessava dal travagliare la Toscana; laonde dappertutto accot-revano genti in gran numero a San Gimignano, dove concedendolo Iddio, è saluber-rimo 1'aire » e, continua L. Prconr, Stòria ctt., p. 221, i sangimignanesi « fermine11a pia credenza che Dio, volendolo, raggiunge i popoli ancota a porte chiuse,ed animati da carità de' vicini, a voti unanimi deliberarono a dì 5 settembre 12150

d'accordare nella loto terra asilo a chicchessia, senza restrizione alcuna ». Per le crisidi peste che aflissero San Gimignano nel XlV, XV e XVII secolo, si veda ancheil rècente lavoro di F. CenorNr, San Gimignano e la peste, in Una farmacia preindu'striale in Valdelsa, cit., pp. L7-185; I. Der.uureu, La paura in Occidente (secoliXIV-XVilI), Torino, 1979, p. 181., ci assicura che << tutte le uonache di epidemieparlano in{aiti, come una coitante, de1 comportamento di ge,nte che, in periodo dièontagio, si butta freneticamente negli eccessi e nelle sregolatezze >>.

J3 ..,

Bartolomea, ha nome la fanciulla ci fu recata venerdì all'ora di vespro,a d\ 29 di gennaio 1450, eta di tempo di quindici dì circa, atecò se-co dye pe?ze

lane rosse, vécchie e cattive e ce la reòò Ia schiava d'Agostino di ser Niccolò da San

Gimignano, disse l'aveva fatta la fante di Piero del Gagliano, cittadino.. fiorentinoe ci "disse,'la

detta schiava, era figliuola d'uno di quelii dei Bardi, cittadino fioren-tino (Balie e bambini segn. B (1413-1454), 14, c. 52).

5a « Ulivetta Benedètta, ha nome owero ponemo nome a1la fanciulla ci fuposta nel1a pila domenica notte, la domenica d'olivo alle sette ore o circa, con un

ioliziolo cuÉito a1la fascia, presso alla gola e diceva; signor prete, poni. alla bam-tina Ulivetra, figliola di Ai{onsino di Francia, famiglio che è libero di Firenze >>

(Balie e bambini segn. B (1'413-1'454), L4, c. 54).

GLI ESPOSTI 9t

bambino era figlio di una schiava, di una serva o di una {ante, messa

incinta dal padrone di casa o dal figlio di lui. Illegittimi di questo tipo,una quarantina in tutto, compaiono nelle nostre fonti a partire dal 14)4,con una certa precedenza cronologica però di quelli nati dalle unioni conle schiave, perché i nati da serve e fanti si rilevano, in genere, solo versola fine del secolo 55.

Numerosi sono i figli partoriti dalle schiave tenute in casa dalle ric-che famiglie sangimignanesi, che, regolarmente, se ne sbarazzano por-tandoli al vicino ospedale. Tutto avviene con la massima tranquillità e

facilità, in un clima che potemmo definire di estrema generale tolle-ranza. << Giovedì mattina per tempo, a d\ L3 di maggio 1434 >>, Menicac-cio, il cui nome, per la verità, ci evoca situazioni da corte dei miracoli,recò Vittoria, che una <( scrittolina », << disse ch'era battezzata »> e che ilfrate seppe, come indica quel << fucci detto >>, << ch'era figiiuola dellaschiava di Stefano di Papi Moronti »>

s6. Sempre da casa Moronti, iI 18giugno 1442, recato da monna Vittoria di Biagio di Botte e da monnaNanna, donna del solito Menicaccio, fu portato Giovanni, anche lui« figliolo della schiava di Papi Moronti da San Gimignano >> e nel 1445,anche per Benedetta Bernarda, posta nella pila venerdì mattina, ,, a dì11 di giugno, arÌrìo suddetto >>, all'una, si scrisse subito, senza i solito << si

dice »>, che era figliuola della schiava de1 medesimo Stefano di Papi Mo-

5s 11 numero dei 6gli delle schiave, pare fosse rnolto alto anche in aitre cittàtoscane, come Firenze, Fisa, Lucca e Prato, specie dal1a seconda metà del XIVsecolo in poi, epoca che vide un fiorente comrrerclo di schiavi in Toscan;r, parti-colatmente ne1le città vicine a1 mare, come Livorno, dove continuò a lungo, oltre ilXV secolo, che segnò, invece, per tutte, una generale decadenza de1la schiavitù eso-tica, cti. R. Lrvt, La scbiaoitìt doruestica nei tempi di rnezzo e nei moderni, Pa-dow, 1928, pp.54-59. Dopo Ie schiave, dice A. ZeNerrr, Le schiaoe orientali aFirenze nei secoli XIV e XV, Firenze, 1885, p. (r1, << furono prese di mira le fan-tesche >> e ciò verso ia fine del XV secolo. Fra le cause del maÌcostume, che con-tribuì a riempire, a detta di questi storici, g1i Innocenti di Firenze (ma anche a SanGallo Ia petcentuale dei figli di schiava era stata alta), ci fu il vuoro creato da-l1apeste nel1a setvitù e f inportazione di razze più fini, quali 1e russe che andaronoa sostituire le tartare, commerciate sino ad allora dai fiorentini a Caffa e al\a Tana.Ma gli schiavi erano anche simbolo di ùcchezza e <( una prima dilleienziazione so-ciale », la si aveva coi possederli e « infinitamente » pre{erite eiano le schiave,perché aiibite ai lavori domestici, << ai piaceri dei padroni >> e <( tenute a voite comebalie », cfr. G. CurnusrNr, Signori, contadini, borghesi. Ricerche sulla società ita-liana del Basso lvledioeuo, Fkenze, L9]7, pp. 433435, che ne parla a proposito diPisa per il secolo XV.

56 << Vittoria, ha nome questa fanciulla, che ci recò uno ch'è chian:ato Menicaccio, giovedì matrina per tempo, a d\ 13 di maggio, anno detto. Arecò ula scrit-tolina, disse ch'eru battezzata e ha nome Vittoria. Arecò due pezze iine e due Iascelogore e ùfia pezza lana vermiglia. Fucci detto ch'era figliuola de11a schiava di Ste-fano di Papi lvloronti » (Balie e bambini segn. B (741"3-1"454), L4, c. 28).

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94 L,OSI,EDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

ronti 57. Ne1 1446, fu la volta di Fiore, <( posta nella pila sabato sera areventiquattr'ore, a dì 10 di settembre >> e che, solo nel 1.464, quando erasul punto di << andare a maùto >>, i7 frate seppe, <( secondo che si dica »,esseie << figliola )>, per cambiare, di un Roberto dei Moronti <, e d,unasua schiava tiene in casa )>, aggiungendor.,i, quasi a volersi scagionare perl'azzardo: << così dice la detta schiava >>

ss. Diversi alffi ne inviarono iGamucci. I1 2 agosto del 1500, Giovanni Gamucci mandò Damiano, mala paternità del bambino fu conosciuta solo nel 1505, allorché fu resoal padre se. Tra il luglio e il dicembre del 1506, sempre dalla stessa fami-glia, Giuliano, Meantonio e il medesimo Giovanni, ne inviarono ancoratre, due femmine, Maria Gi,lietta e Caledonia Mafia, e un maschio,Matteo Giovanni, avuti dalle serve di casa m. Ma i Moronti e i Gamuccisegtiivano, forse con un po' troppa diligenza, semplicemente il costumedei tempi e ccn loro compaiono i Braccieri, gli Abbracciabeni, i Brogi,i Ridolfi, i da Picchena, i Baroncetti, i Cortesi, i Chiarenti, i Lupi e icaciotti. le cui famiglie saopiamo essere stare, se pur con mutevole for-

.. " ,... §]ov.inry, ponemo nome al fanciullo fu recato alJo speciaie luneriì mat-trna, a dl 18 d.i giugno., arecoiio monna vittoria di Bia.qio di Botie e monna Nanr.a,donna di l\lenicaccio da san- Gimignano, figliolo della- schiava di papi r\Ioronri <iasan Gimignano. Arecò 1e. infrascritie cor., iioè unu lrrri iuiiuì.ffirir'-e rai-ìp..z-zata e.due_pev2sljne cattive e una fascia cartiva e.,nò po.o di salina,"legata irr unapezzuola. Iddio el benedica >> (Balie e bambini segn.

-B (1413-14i4'), ii, c. 161;

...Bcnedetra Bernard-a,._poncmo nome alla fanciulla §osra neìia pll"-r"i1.rdì merrjpadr IJ ore o circa,_figliuo1a della schiava di ste{anoii papi À,Ioionti. Fu a dì 1i digiugno, anno suddetto,.arecò questi segni: uno poco di^sale ar col1o e una pezzalana dl due- pezzi, cucita in mezzo e uno poco di pezza lina htrono c rriìn lirscìtìbuona_» (Balie e banbini segn. B (L413-14541, t+, i. fS1.

" Fiore, nostra fanciùlla di casa, figriiiora 'di Roberio dei Àloronri cù san

urmlgna-no, secoldo che si dica, e d'una sua schia'a tiene in casa e così dice radetta schiava >> (Libro di diuersé materie (fi94 1490), tO, i. jll.-"-' - -""

. Damiano... aveva nome .il lanci.urro. ci frr recaio e messo neria piia, a dì2, a ore,.venritre d'agosto. È figìirlolo di monna Dionora. sta in san GiLignano,( Libro di bttnbini e balic segry. E (1187-1512r. 1o. c, IQQ r; nel 1505 vr,niemo ,rconoscenza anche^deIla patfrnità del bambino, dato'che « a'dì 1.7 dl

"ov"Àbr., ,lrendé a messer Giovanni Gamucci, perché suo figliuolo >> {Libro dl iaàbiil e b:nti,segn. E ll497-1i12), 16, c. to2).

60 * ciovedì martina. .a dì _16 di lugiio. r ore 9 i: circa, ci recò Lorcnz. tliPier:o lallastini, Ia. sopraddetta barnbina

"da 'san piero, figliuoià, -àir*,

di-ser Giu-hano Gamucci c d'una sua.lerlla, disse che g1i ponesse no,ae Àl[aria >> (Libra ci b*n-bini e balie segn. E (7487-1512),. 16, c. L23)i pér ÀIatteo Giou*i.,i, l"neio,rl, u

^un-dollo ser Meantonio Gamucci» (Libro di bn*biri e bdtie seii. È ti'cll i512), 16.c. 124); <<.Nlercoledì, a di 2 di dicembre e a ore diciannove,"ci f., o"*a nelli'piliIa sopraddetta bambina con_ una polizza in seno, diceva: q,r.rta buÀbir",a non èbattezzata, ponerfle nome Caledonia. Recò seco una pezza'liia t.i".io,--"., lunodolorosa e una fascia. Recol]a Iacopino di Nardino, cal)olaio, disse

".a'delta sei:vadi ser Giovanni Gamucci. Iddio aiuti lei e 1a cisa, (Libio a; un):biii e baliesegn. E (1487-1512), 16, c. 125).

GLI ESPOSTI 95

tuna, le più in vista di San Gimignano, proprietade terriere o esercitanti

il prestito e la mercanzia61.

Meno frequenti, forse per Ia minore difiusione della schiavitù neipiccoli centri, i figli di schiava provenienti da {uori di San Gimignano.L'unico caso incontato è quello di Bastiano Domeaico, un bambino disette giorni recato da Santa Maria Nove1la, <{ presso a Lucardo » in valdi Pesa, ne! L463, che si << disse era figlio di una schiava di Lorenzo

Orlandini >>, casata, che sappiarno fiorentina e che, forse proprietana ter-riera in quella pieve, vi aveva pofiato anche i1 modo di vivere citta-dino @- Vari sono, invece, gli invii dai dintorni di San Gimignano deifigli del1e serve e delle fanti, che compaiono, come abbiamo già accen-

nato e come pare caratteristico un po' ovunque in Toscana, più avantinel tempo rispetto a quelli delle schiave. È del 1491, infatti, l'arrivodi Giovacchino, venuto da Certaldo aile tre di notte, che si << disse figliodi una serva di ser Vincenzo >>

a; l'8 aprile del L501, <( a ore venti )>,

<< venne da Poggibonsi >>, Pasquino, << figliolo della serva di sef Bene--

detto Galgani >> e nel 1502, il 9 aprile, sempre da Poggibonsi, venne'tnviata Tommasa Simona, « figliuola di una serva )> di un alto Galgani:Simone a.

' Facilmente riconoscibili, fra gli illegittimi, sono anche i nati all'in-terno di alcuni dei conventi della Valdelsa. Per loro, naturalmente, nes-

suna precisa indicazione di maternità o paternità bensì quella del mona-

stero di provenienza. Ii 14 ottobre del 1,449, rccata da un certo Capar-

61 Per le attività e le origini de11e più notabili famiglie sangimignanesi, dr.E. Frulrr, Storia econonica cit., pp. 23t-280.

62 << Venerdì a d\ 27 di gennaio, fu messo uno fanciullo maschio nel1a pi1a,a ota di vespro, era battezzato e ha nome Bastiano Domenico, arecollo uno cheha nome Antonio di Marco da Santa Maria Novella, ptesso a Lucardo. Disse erafiglio di una schiava di Lorenzo Orlaodini e 6ve con sé una letteruzza. pet segmo,ch'è qui da piè e due stracci di pezze lane tisti, una pezza lina e una fascia vec-chia, nacque detto fanciullo a dl 20 del mese detto di sopra»> (Libro d,i bali segn.L (1456-1465), 15, c. 18).6 « Giovacchino, ha nome un bambino, {u posto al nostro spedale di sera,a fte ore di notte, venne da Certaldo, disse era figlio di una serva di ser Vin-cenzo, né puole tenere. Era battezzato>> (Libro di barubini e balie segn. E (1.487-l5L2), L6" c. 8).4 << Pasquino, ha nome il fanciullo ci fu messo nella pila a dì 8 d'aprile a oreventi, venne da Poggibonsi e tecò seco lur,a pezza lana, un pezzo di gonnellaccia tri-sta e una fascia trisia e uno sciugatoio. Iddio gli dia grazia e 1o faccia buono. Èfigliuolo della sewa di ser Beoedetto Galgani >> (Libro di bambini e balie segn. E(1487-L5t2), L6, c, 703); << Tommasa, ponemo nome a1la fanciulla ci fu posta nellapila sabato rotte a ore sei di notte a dì 9 d'aprile 1502; ha con sé un poco di saleal collo e vna firczza gonnelluccia di romagniuolo e ufia pezza lina rista e unafascia usata e uno sciugatoio. Ha giorni tre circa, venne da Poggibonsi, figliuola diuna serva di Simone Galgani >> (Libro di barnbini e balie segn. E (1487-L5L2),16, c. 107).

96 L,OSPIIDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

rino, fu lasciata all'ospeclale Agata Apollonia, per 1a quale si scrisse:

o dissesi era venuta dri *onr.t..o di Santa Chiara di Castelfiorentino >> 6;

nel 1457, fu messo nella pila un fanciullo, di nome Giovanni Andrea'

recato da un certo Giovanni di Vanni da Volterra, che disse tt che lo

fanciullo era di una serviziale di un monastero di volterra >> e che, di-

fatti, fu richiesto, nel 1459, dal canonico del duomo di quella città' che

1o mandò a chiedere per un ceto Guglielmo di Giovanni da Perugia 6.

Nel 1461, furono ben due i figli delle religiose pervenuti al nostro ospe-

clale: Costanza Agnola, inviata il 20 gennaio da un certo Giovanni di

Cristofano, che « disse era del monastero di San Giovanni di Volterra »>

e chiara Girolama, che fu pofiata la notte della domenica del 7 febbraio

e chi Ia recò << bussò la porta nostra e andò via »>, scrisse il frate per

proseguire: << sentimmo .1ir" ..u venuta dal rnonastero di santa chiara

<li San Gimignano »>, precisando che l'uomo che I'aveva recata senza

farsi riconoscere, era stato visto proprio mentre << la ricavava di detto

monastero »> 67. Ma Ie monache non erano le uniche vittin-re di queste più

che indiscrete fughe di notizie e preti e pievar-ri concorrono - con loro,

con l'in",iare dei bambini all'ospedale, a far patlare a volte il vicinato'

vigile e sospettoso, specie nelle ore più scure e sempre pronto a farsi

,r!iorl. .li trrtte 1. ,.ror.. e a dar corpo a tutte le ombre' Nel 1439 e nel

ti44, un certo don Agnolo degli Squarcialupi di Poggibonsi' mandò su

a San Gimignano due Lambine. Maffia e Nlela, la paternità di una delle

65 ., Aqata Pollonia, ponemo nome alla fanciulla ci [u rccata e posta nella

pilu ai;:iil':n.i.È'ài'ri".i,.rrte<lì a..ora di nona, a dì 1-1 orrobre il4e. Iìecò

scco clue pezze linc.u,riu.*I'un'."n.io ai-fut.i, c:rtti'.o e uIIà pezT.a.lana di verdc

il;,;;.i,i;-. i^r,iur. birr.ri.r"-u"nurà aut.monasrero di Sania (lhiata di Castel-

fi;;,i;;.-A...oilu ,r'o,-.-hi-^-,,.,.utotrpriiino » (Bulie e banbini segn. B (l4l)-1454),

f .i, c. 48).65 « A dì 19 di dicembre, anno .letto di sopra. fu nresso nclla pile rrno fan'

ciullo a ora di terza " r.*ii. èlàirÀti-al Vanni .1a \/olterm '' chc lo fanciu1lo era

:ttu"na'**irl"f. ai "n'"io*rt.--di Volt..., e che 1o fanciullo era battezzato e

.ì;.*;;;":;;;ui-l "o-..-ir"ioÀ-ir.-r..iu.t.,r. lo.nome di detto {anciu11o >> (l'ibro di

iàii 'iii'r.-i

\1156r4;.;5;', ii.;: ni.-ia r"rritrrione del fancìr-rllo è iìnnotar'a' invccc'

;:;;ir"i.ll'"'n.;,^ .t.: '.l.nnt'ir""'rff'"rp"àui" p., .u.rlo aliev:tLo ntl ,''l,ttt'iriaLr di'iiise ruir:t,te segn. B (1459-i+b0), >1, c'- 2S""""

"'",,ii".iài " aì^zs'ài #"*ià, fu messa una fai.rciuila nella pila a ore di

vend ore. Non eta AuttJ,,,u,lu, ?t"--aì-ìt-p() cli tre dì'-poneirole'nome Cn-stanza e

ail,"r^^à;;;;;.-a;i",;;;;'.111;.: duà pe'ze lane buone e due fasce buone e

arecolla uno ha rro-" éià*-ni di Cristofano de Volterra' tlisse ch'cra dcl mona-

stero <li San Giovanni diÌ;l;;;" t a'"cò sec() una polizza.ieg,ta uua, volta' dentrovi

un lrezzo quatrrino " i; ;;;;;-;"1irza-a nela..,rtèr,* di qr-resto llbro" (Libro di

i:ai"''ii. i-ti+jo-ueji, ì;,"-..-j;l;-oDoÀ.inica'notte' rr 'ti z ai [ebbraio' anno

i.,,."a"i'.op.r,-iu À.rJr"u"u'tu".iutià nelta pila a or.,i'otto ore,.ci bussì> la portit

nostrzr e anclò via, torrìoiiJt*àit tànottiutò e f"'ò sentimmo Stt:.-:l:.-"t'"to d"l

monxsrero 4i Santa Crri#'ài"§ri-CiÉil*.à. l'uionc' visti chc la ricavava di detto

;;;;;;; i diur:o di baLi segn L (r156-t46'), 15, c t7)'

GLI ESPOSTI 97

quali gli fu attibuita dal solito << mi fu detto », G; nel 1506, la serva

<< del pievano del Barba da Colle >>, portò, per vedersela rinviare dopo

soli venti giorni, sua figlia, Maria Ginevra, che le fu rimandat^, trn Dor,

ne sappiarno la ragione, per Piero, famiglio dell'ospedale, ai Bosconi,

dove abitava 6e. Ma non è l'unico caso, anche quel Giovacchino, che era

stato mandato da Certaldo nel 1491, e che era stato detto figlio di una

serva di ser Vincenzo, fu rimandato indietro dal rettore spazientito che

annotò: <( come venne così 1o rimanadai, allevilo lui, la casa ha toppiinfanti >>

70.

La quasi assoluta assenza, nelle classi superiori, di accenni ad ab'bandoni di figli naturali, nati da telazioni che non fossero le solite d'ob-bligo, esistenti tra padrone e schiava, corrisponde, fotse, come pare {osse

facilmente, al loro essere allevati in casa con gli altri, menffe nelle classi

più povere, dove più ampio, per la verità, è il vuoto delle informazioni,tale assenza è da atribuire o all'usanza delle giovani contadine, che sap-

piamo non di rado recarsi a partorire in segreto in città, o, come è piùprobabile, ad un loro più frequente ricorso all'infanticidio 71. Tuttaviaanche per i ceti inferiori qualche accenno traspare qua e là nelle fonti,

s « Mafia, disse che aveva nome la fanciuila, fu posta nella pila domenicamattina a tetza o citca, a dì 28 di febbraio, anno 1439. Arecolla una donna e unouomo, dissono che la mandava don Agnolo di Macherone degli Squarcialupi. Areòquesti segni, cioè uno straccio dr pezza-lina e nfla, pezz^ lana di t1e p9ni,.una fasciadi g,rarnòllo di tre pezzi logora >> (Balie e banbini segn. B (148-1'454), 14, c. )));" Una fanciulla fu posta nella pila mezzo di una mattina a dì 2L d'ottobre, annodetto ed era di teripo d'uno arino o più, secondo el dire del1e nosffe donne. Nonrecò segno né scritta come avesse nomt, da poi a dì 28- d'ottobre, mi fu detto eraiigliuoli di don Agoolo da Poggibonsi e chè la detta fanciulia aveva nome Mela.A"recò più stracci -di pezze line e lane » (Balie e banbini segn. B (1413-1454\,

14, c. 37).' 6e ;A dì 8 di febbraio 1506, portò seco, Piero nostro, la detta bambina, ailamadre a' Bosconi, che è setva al pi,ovano del Barba da Col1e »> (Libro d'i banbinie balie segn. E (1487'1512)' 16, c. L27).

70 « À, dì 11 d'aprile iu recato, questa mattina rimandai el detto bambino a

dì 12 d'aprile a cenalào, a casa di detto ser vincenzo >> (Libro di banbini e balieses.n. E (1487-151,2), 16, c' 8)." z, .ì I figli naturaii crerce.,ano accanto a quelli legittimir>, dice G. Iasor.r,La uita auatiàiana nel Medioeuo italiano, it Naooe questioni di storia medioeaale,Miluno, igOq, p. 474, rifetendosi, evidentemente, ad una << vita quotidiana »> che nonè quelli della

-povera'gente. D. Hsnrruy - C. Kleprscn-Zvzen, Les.toscafls et leurs

1aàitles cit., p. )39, iotuno p.r Firenze che il figlio. naturale, facilmente tolleratooelle case dei'ricchi, è assente o comunque non.ù dichiarato in quelle povere, daqui, secondo loro, un diverso senso daio aila illegittimità delle classi povere nei

àn'frorrti di quelle ricche. Ma, come pretendere cÈe mantenessero in casa I'illqSit-timo quando ii ricorr.va largamente, per motivi economici, all'abbandono e alf in-fanticiàio degli stessi legittimi? J. L. FraNnnrN,

't'a.lamiglia cit., .p. 230,. dice che

.i i moralisti'de| Medioeio ritenevano che gli uomini avessero il dovere di allevareed educare i propri bastardi quasi come ì figli legittimi ». ma g1i esempi da luiriportati si rifèrisèono ancora una volta alle classi più abbienti.

98 L'OSPEDAÌ-E DI S. I{ARIA DETLA SC,A.LA DI S. GIMIGNANO

come ci indica, talvolta, la sola indicazione delle generalità materne,come intendiamo per Gimignano Aberto, recato i1 30 gennaio del 1458

da due uomini, che « dissono era deila figlir-rola di lacopo di Lenzo da

Co1le » o come ci pare per Caterina , tecata nel 1465, che fu detta << fi-gliuola di Lisa di Faustino, sta a Casaglia ,r, ., dirimpetto alla chiesa diSanta Maria >>

72. I1 diverso ceto sociale dei genitori e del1a madre inparticolare, in ultirno, sernbra alla base di ancor meno larvate dichiara-zioni di illegittimità, che vedono, questa volta, come di consueto in que-

sti casi, anche f indicazione del nome del padre. Ci pare così per Gio-vanni Francesco, lasciato nella pila nel 1460 e con una lettera che con-

teneva il nome del1a madre > certa monna Piera, << figliuola di A4atteo

di Signotino da Pontorme » e quello del padre, che era « fig1iuolo diBernardo da Lucca », mentre non esiste alcun dubbio per Matteo Ro-

molo, tecato nel 1507 e indicato come <( figiiolo di ser Matteo di Pietroda Montecatini e della figliola di monna Costanza di Giovanni da Calcinaia da Poggibonsi >>, p€r la quale si volle aggiungere un << che a{ìcora

non ha altro marito »> 73.

Conti da regolare con la giustizra o particolari situazioni personali,che non lasciavano posto all'allevamento di un fanciullo, sono poi allabase di forzati abbandoni, che ravalicano ogni indagine sulia legittimità o meno dei bambini. I1 30 gennaio del 1417, Chiaro, << messo delcomune di San Gimignano », portò all'ospedale Mariano, un bambinoche << secondo che mandò a dire il padre suo, che allora em in pri-gione >>, aveva tre anni e mezzo di età 74. Ma Mariano sarà reso il trO ago-

2 « A dì 30 di gennaio 1458, lu messo ne1la pila uno fanciullo a ora d'ottoofe, non era battezzato, venne da Co11e di Valdelsa. Arecollo uno, che ha nomeIacopo e uno che ha nome Caterino, dissono era figlio de1Ia figliuola di Lenzo daCo1le e <ti Nigi. Detto dì recò seco ufia pezza. di canovaccio e una fascia trista »(Libro di bali segn. L (1456-i465), 15, c. 13); << A d\ 23 di novembre 7465, fumessa nella pila una fanciulla a ore quindici, era battezzata, ha nome Catetina, fr-gliuola di Lisa di Faustino, sta a Casagiia ed è in una casa dirimpetto alla chiesa diSanta Maria a Casaglia. Recolla lacopo di Mannino >> (Libro di bali segn. L(14561465), L5, c. 20).

73 << Domenica, a dì 8 di marzo, anno detto, a1le quindici ore, fu messo ne1lapila uno fanciullo maschio, disse monna Pulisena e monna Lionarda cI'r'era di tempodi dodici dì o più e ch'era battezzato e ha nome corne di sopta dico il suo nomee arecò seco uno straccio di pezza lina e uno staccio di pezzoola di gonnella e unafasciuola ffista. Con esso una lettera, che dice dentro che Ia madre ha nome monnaPiera, figliuola di Matteo di Signorino da Pontorme, il padre de1 fanciullo era fi-gliuolo di Bernardo da Lucca >> (Libro di bali segn. L (1456-1.465), 15, c. 16);« È 6g1io1o di ser Matteo di Piero da À4ontecatini e della figliola di monna Costanzadi Giovanni da Calcinaia da Poggibonsi, sì che ancora non ha alro marito. Iddiograzia»> (Libro di bambini e balie segn. E (1487-15L2), 16, c. 130).

74 << Mariano, ha nome e1 fanciullo, che fu posto ne1la pila domenica sera, adì 30 di gennaio, anno detto. Recollo Chiaro, messo del comune di San Gimignano.

99GLI ESPOSTI

sto dell,anno successivo al padre, Gherardo, che lo porterà con sé a vol-

terra. Il 13 settembre del 1425, alle sette di sera, << fu posta nella pila >>,

Margherita veronica, che in una << scrittolina >>, diceva che << eta d'uno

ch,era in ga\eia e altre parole »>7s. Nel L455, ma l',abbiamo già indicata,

fu recata Tommasa, la figlia della mendicante forestiera e nel 1456,

Giovanni, i1 figlio della pellegrina romea, che abbiamo già detto avevano

forse partorito nel pellegrinaio di Poggibonsi 76. <( A dì 13 maggio L496 >>,

infine, << fu messa nella pila >>, Pietra, per la quale si annotò: << dicesi che

la sia figliuola di una donna che le fu mozzo il capo a Colle » 77'

Ulteriormente sottolineata ci pate, ora, 1a funzione sociale dello

ospedale, diretta cioè principalmente al sollievo dei ceti inferioti, dei

cÀtadini, degli emarginati, che ne ricevevano un beneficio economico

e psicologico ancorché morale.

b) Le ntod.alità d.ell'abbandono

I1 rettore dell,ospedale annotava il maggior numero possibile di

particolari inerenti al modo in cui era awenuta l'esposizione dei bambini,

in vista dell,importanza che essi potevano assumere nel caso che i pa-

renti li richiedessero.

La data del giorno e l'orario di affivo dei bambini o quanto meno

quello in cui erano stati rinvenuti erano, e in genere si stava molto

attenti ed era difficile che in nessun modo si awertisse, per quanto silen-

ziosa fosse, la loro presenza fuori dell'uscio, le pfime cose segnate dal

fettore sul suo regisffo.

Dai daù relativi all'orariodel tempo, nell'ospedale,

riusciamo a comprendere come i1 pas-

fosse scandito dal suono della carnpana,sare

che

dettirichiamava gli oblati alla preghiera. spesso, infatti, i bambini sono

recati <( a mattutino »>, << all'alba del dì innanzi la campana »>, << al-

Il detto fanciullo era di tempo di fte anni e mezzo o circa, secorrdo che ci mandò

" iitÀ'-it-iràii* t""-.t.,-ulo-ru,.r, in prigiong,.gella prigione del comune di San

éi*ignuno, (Balie e bambini iegn. B (1413-L45.4»,,14,.c' 9)',--*%-,; fu!Éàritu Voon.q, pi""-o' nome alla fanciulla, che fu posta nella pila

eiovedì notte,"alle ..tt. oi. ài àott. a d\ L) di settembre, anno detto, arecò gqesti

;ilì;^;;';tritiàfi*-in. aic.rra _che questa. {anciulla era d'uno ch'era in gal.eia- 9ffi.;'p;;t;;Uu-pò't, qui nel libro» (Balie e bambini segn' B (1413'L454)' 14'

c. 18).-'--'io Librc di bali segn. L (1456-1465),15, cc'.10, 15'.

77 <<Pietta, uu.ru ,ro-J t" iu"a"tiu'di mesi sejte, fu,messa.nella pila a dìt3 di massic t4pO. Oi..riit" 1à sia figliuola di una donna, che-li fu mozzo il capo

i-Cttt"rr'(i-lUio'di banbini e balie segrt' E (1487-L512)' 16, c' 68)'

100 I'0SPEDALE DI S. MARIA DELLA SCALA DI S. GIMIGNANO

l'avematia )>, <( a tetza>>, <( a nona ), (( I vespro )> e <( a compieta » 78.

Alre volte, invece, ci si limitava ad indicare, in maniera approssima-

tiva, la parte del giotno, variante secondo le stagioni e si diceva che ilbambino era stato recato << innanzi dì >> o proprio « all'alba del giorno »>,

,r 7a mattina per tempo »>, << al levar de1 sole >>, << sull'alba >>, << mezzo di

una mattina »>, << in su la sera »>, <( a sera, vegnendo la domenica )> e an-

che <, all'ora di desinare »> o <( mentre che cenavamo )>. Non di rado, in-

fine, si segnava con maggior precisione, << a ore sei di notte >>, << alle treore della sera »>, <( a ore una di notte >>, « alle tredici »>, << alle venti-

quattrore »> e via di seguito.La maggior parte dei bambini erano abbandonati dopo il tramonto

del sole. Particolarmente preferite erano le ore immediatamente succes-

sive al tramonto e quelle subito precedenti o seguenti la mezz Dotte.

Anche l'alba e le prime ore della mattina pare che fossero abbastanza

indicate per lasciare i bambini. Pochi, invece, erano quelli portati inpieno giorno e, se mai, 1o erano nella tarda mattinata o nelle prime ore

del pomeriggio.Tale orario che non subiva variazioni nel corso delle stagioni, in-

dica chiaramente come si preferisse lasciarli nelle ore più solitarie, al

calar della notte cioè o alle prime luci dell'alba e come, se costretti amanifestarsi in pieno giorno, si cetcasse almeno di eludere il più possi-

bile sguardi indisceti, con lo scegliere quelle ore che vedevano la famiglia dell'ospedale riunita intorno a71a tavola per i pasti o in chiesa per

la preghiera.

Riguardo ai giorni, poi, non si conoscevano soste né interruzioni,

andavano tutti bene e neppure le più solenni ricorrenze del calendario

religioso, signi.ficavano granché, anzi proprio in queste occasiorri, l'ospe-

dale vedeva aumentare di qualche unità i bambini ricoverati. Ognis-

santi, la festa dell'Immacolata dell'8 dicembre, Santa Lucia, I1 Natale,

L'Eplfania, Sant'Antonio abate, ricordato il 17 gennaio, San Paolo, festeg-

giato il 25, 1l matedì grasso, quella di San Benedetto e della Santissima

Annunziata in matzo, la Pasqua, Sant'Antonio da Padova e la Pente-

coste in giugno, la festa di << mezzo agosto » e di San Bartolo il 24 dello

78 << A1 levar del sole si sonava 'prima'; a metà mattina sonava ' terza', a

mezzogiorno - il vero mezzogiorno solare - sonava ' sesta '' A metà de1 pome-

riggio-cadeva'nona'; al calat del sole si sonava'vespro-'; ffa.il vespro e mezza-

ròil. - la vera mezzanotte astronomica - uovava posto 'compieta'. A mezzanotte,frati e monache si levavano per recitare 'mattutino ' ed a metà tra mezz^nottee l'alba, si levavano ancora unà volta per cantare 1e laudi, mentre.i laici conrinua-vano tranquillamente a dormire » (G. Fasolr, La uita quotidiana cit., pp. 477-478).

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GLI ES?OSTI

stesso mese, erano giorni propizi per abbandonare i bambini, forse perquel po' di confusione che Ia festa portava in città e ci immaginiamoanche nello stesso ospedale, certamente aperto e disponibile a tutti edimpegnato, come sappiamo, in molti di quei giorni, nelle ofierte del pane

ai poveri 7e. Tuttavia, oltre alla facilità dell'abbandono, favorito dal viavai della festa, queste coincidenze ci fanno pensafe a motivi più pro-fondi, quali il pore il bambino sotto la tutela di un determinato santo,invece che di un almo, come ci pare di scorgere per quelli recati perSant'Antonio abate, protettore degli animali e per San Benedetto, annun-ciatore della buona stagione, certamente venerati in queste campagne,come anche la devozione mariana ci sembra alla base della scelta deigiorni ad essa dedicati. Motivi più remoti, dove, forse, sacro e paganosi confondono insieme, potevano essere, invece, alla radice di quegli ab-bandoni voluti, per esempio, proprio il giorno d'Ognissanti o dei mortio la notte dell'Epifania e di San Giovanni, che le credenze popolari face-vano dense di ombre e fantasmi m. Del resto era 1o stesso frate che viponeva particolare attenzione, annotando: << era il sabato vegnendo Iadomenica, che la domenica fu il dì dell'Epifania »>, << a dì 20 di marzo,la vigilia di San Benedetto »>, << a dì 2 di giugno, a ore quamo di notte,che fu el sabato a notte, la vigilia della Pasqua rosata »>, « a dì 23 digiugno, a ore quattro di notte, la notte di San Giovanni >>, << martedìmattina, a ore quattordici, a dì 16 di febbraio, el dì di Carnevale »>, « a

dì 17 gennaio, anno detto, la mattina della festa di Sant'Antonio >>, << a

dì 25 di gennaio, anno detto, la mattina della conversione di San Paolo >>,

« a dì 9 d'aprile, anno detro, la mattina della Santa Pasqua della Resur-rezione di Nostro Signore Gesù »>, <( a vespro, a dì primo di novembre,

?e L'abitudine di abbandonare i bambini nei giorni di festa, resi più propiziper la folla, la ritroviamo anche a Firenze per l'oipedale di San Gallo-, dove nel1395, ne troviamo alcuni recati da1la «gente, che veniano per 1o perclono>>, laprima domenica di maggio e di giugno e che dicevano di averli trovaii « si:l pontefuori alla porta a San Gallo >> o all.a porta stessa (Balie e bambini (1394-1401),6, cc. 91, 94). Ad ogni modo per quanto riguarda il nostro ospedale, anche iadomenica era suficientemente movimentata e adatta; « Domenica, ponemo nomealla fanciulTa, ci fu arccata qui per la festa, a1la nostra fonte, in mezzo de11a via,a ore dieci di febbraio, la dorrenica mattina a di 25. Ha due anni o circa, era ve-stita d'una gonnnella di romagnolo trista e un paio di scarpette triste »> (Libro dibanbini e balie segn. E (L487-L5L2), 16, c.89).

m << La notte di San Giovanni era notoriamente consacrata a1le piir svariatesuperstizioni popolari >> (C. GiNzruno, I benandanti. Stregoneria e culti agrari traCinqaecento e Seicento, Torino, 7966, p. 100). Altre superstizioni, pare gravas-sero poi sulla notte di Santa Lucia, della Pentecoste, sul 2 novembre, mentre pro-prio il giorno dell'Epifania, questa volta però l'autore si riferisce aTIa sola zonadel Friuli, si benedivano i campi (cfr. C. Gruznunc, I Benandanti cit., pp. 38,48, 64).

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