Enigma saeculi. Della costruzione dello Stato e della sua distruzione in Spagna

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BEHEMOTH Sped. in abb. póstale 50 % - Roma Anno XXIII - Fase. 1-2 - Gennaio-Giugno 2008 - Euro 7,00 43 TRIMESTRALE DI CULTURA POLITICA Direzione: Teodoro Klitsche de la Grange. Reda/Jone: Mauro Antonctti, Antonio Areddu, Antonio Bianco, Riccardo Caruso, Maurizio Cecconi, Franeeseo Coppcllotti, Luca di Felice, Damiano Gianandrea, Biagio di lasio, Domenico di lasio, Lucia Frascarelli, Carmelo Geraci, Marco llardi, Gian Franco Lamí, Giinter Maschke, Claudio Murero, Paolo Pastori, Franco Rizzo, Angelo Sagnelli, Riccardo Scarpa, Sandro Staccioli. Comitato Scientifco: Bernard Dumont, Francesco Gentile, Giacomo Marramao, Francesco Mercadante, Helmut Quaritsch, Heiurich Scholler, Pict Tommissen. Segreteria di direzione: Silvia Filadelfia, Barbara Massoli, Claudio Matarese. Direttore responsabile: Benedetto Maturani. A

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BEHEMOTH Sped. in abb. póstale 50 % - Roma Anno X X I I I - Fase. 1-2 - Gennaio-Giugno 2008 - Euro 7,00

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TRIMESTRALE DI CULTURA POLITICA Direzione: Teodoro Klitsche de la Grange. Reda/Jone: Mauro Antonctti, Antonio Areddu, Antonio Bianco, Riccardo Caruso, Maurizio Cecconi, Franeeseo Coppcllotti, Luca di Felice, Damiano Gianandrea, Biagio di lasio, Domenico di lasio, Lucia Frascarelli, Carmelo Geraci, Marco llardi, Gian Franco Lamí, Giinter Maschke, Claudio Murero, Paolo Pastori, Franco Rizzo, Angelo Sagnelli, Riccardo Scarpa, Sandro Staccioli. Comitato Scientifco: Bernard Dumont, Francesco Gentile, Giacomo Marramao, Francesco Mercadante, Helmut Quaritsch, Heiurich Scholler, Pict Tommissen. Segreteria di direzione: Silvia Filadelfia, Barbara Massoli, Claudio Matarese. Direttore responsabile: Benedetto Maturani. A

DOTTRINA DELLO STATO DOTTRINA DELLO STATO

ENIGMA SAECULI D E L L A COSTRUZIONE D E L L O STATO

E D E L L A SUA DISTRUZIONE IN SPAGNA

Lo Stato moderno, enigma storico, é i l massimo problema politico spagnolo. Contrasta con la sua grandezza la superfícia-litá con la quale da alcuni decenni a questa parte é attaccato dalla scienza politica e dal diritto costituzionale spagnoli, "corpi astrali" (cuerpos astrales) del diritto costituzionale, come sole­va ricordare il fine ingegno asturiano Rodrigo Fernández-Carvajal. Quest'ultima disciplina, che per i l suo poggiarsi su "assiomi sociali" (postrema socialia) puó considerarsi architet-tonica, é quella propria dei "giuristi di Stato", dei quali fu pro­diga in altre epoche la nazione spagnola, dotata di un affinato senso del giuridico,a tal punto da alimentare e daré la sua legge al Nuovo mondo. Forse ci siamo dimenticati che i l "Derecho político hispánico ", denominazione classica tra di noi (spagno­li n.d.r.) e mai del tutto sostituita dalla traslitterazione della ter­minología di origine italiana "Diritto costituzionale", compren­de totalmente l'enciclopedia delle discipline politico-giuridiche: Teoría deH'organizzazione politica, Teoría della societá e Diritto pubblico: del quale é solo una parte, la piú mutevole, l'ordina-mento costituzionale.

L'attuale disorientamento politico nazionale- prodotto di una narrazione fantasiosa delle origini del Regime del consenso del 1978 che si é complicato per una ideologizzazione crescen-te delle relazioni politiche naturali (goverao demagógico, rim-bambimento dei cittadini) e delle vicende storiche (veritá uffí-ciale, "ley de la memoria")- ha lasciato alio scoperto i l fallimen-to della classe politica spagnola e dei suoi aulici consiglieri, i dilettanti (facultativos) della politica.

II distacco, a volte spavaldo, espresso da certa magistratura di Stato dalla nazione spagnola, le cui sofferenze (guerra civile e dopoguerra), non tanto lontane nel tempo come per convenien-za si presume, cultura, sentimenti o credenze sonó state disprez -zate, non é paragonabile con altri paesi e governi in periodi di normalitá politica. L'unica comparazione possibile, per restare nell'ámbito della politica spagnola, sonó i successivi governi del fronte popolare dove furono inclusi ministri del partito comuni­sta spagnolo (PCE), di fedele sudditanza soviética. II governo attuale non arriva, ovviamente, alie altezze stratosferiche del cinismo comunista, anche se forse lo supera in ipocrisia. Quando mai si é visto in Spagna, se non in giorni recenti, un presidente del consiglio ripudiare la nazione, fonte della sua propria legitti-mitá democrática, o la bandiera o l'inno nazionale?

Eppure, non é questa la cosa piú grave. Ci sonó, in termini di salute degli affari pubblici, due circostanze molto piú negati-ve per un regime politico che la contingenza di un politico com-plessato, accidéntale o inadatto alie responsabilitá della carica: in primo luogo, 1'incapacita delle istituzioni costituzionali di dominare i l titolare incompetente di una magistratura o istanza decisoria, limitando la sua capacita di esecuzione, in secondo luogo, l'involgarirsi dei giuristi costituzionali, oggi chiamati "cosituzionalisti" e "politologi".

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Delle istituzioni di contrallo politico sane, meritevoli del rispetto dell'opinione, sulla quale devono esercitare, in virtú della loro autoritá, una sana pedagogía civile, e refrattarie del clientelismo della partitocrazia, costituiscono l'onore e la sicu-rezza dei cittadini sotto qualsiasi ordinamento politico, sia esso costituzionale o meno. Intendo diré che il costituzionalismo non é / 'ottima politica predicata dalla dottrina politica uffíciale dal 1945, ma una ideología giuridica che si é giustificata polémica­mente, come spiegó giá da tempo Javier Conde in pagine memorabili, diffondendo una interpretazione abusiva dei con-cetti di rappresentanza e governo rappresentativo.

Non bisogna attribuire meno importanza ad un sistema giu-diziario indipendente, i l cui spirito intimi ai giudici e magistrati di serviré la causa del diritto, che é la causa della societá civile, e a disprezzare coloro, tra i suoi membri, che si lascino sedurre dal potere, dal denaro o dall'ideología. II vincolo alia legge é la loro competenza, della quale dovrebbero rispondere ordinaria­mente davanti i l giudice naturale e disciplinamente davanti a collegi come il "Consejo General del poder judicial". Inoltre i giudici, essendo una magistratura non politica, hanno l'obbligo di far osservare la legge, anche se la legislazione o produzione del diritto sia da due secoli un monopolio statale. In questo con­testo i problemi di uno Stato di diritto non possono, non devo­no riguardare un giudice di camera, né le sue esigenze vincular­lo, per questo i l giudice si trova su un altro piano. Anche se si tratta di un argomento che merita un ragionamento piú diffuso, é da considerare almeno che la sottomissione del giudice alio Stato di diritto, oltre le formule retoriche che sonó state riprese

BEHEMOTH, N. 43 - Gennaio - Giugno 2008

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da tutte le costituzioni europee del secondo dopoguerra, signifi-cherebbe, prendendo la formula alia lettera, che i l magistrato é un órgano dello stato e la giurisdizione una funzione statale in piú. A rigore, lo stato di diritto, massima espressione del positi­vismo giuridico, é i l concetto sul quale si basano le funzioni del pubblico ministero (difesa della legge e delFordine pubblico statale) e dei funzionari civili (amministrazione del patrimonio e dei servizi dello stato), meri dipendenti del governo nei paesi di configurazione politica di tipo francese o continentale.

I difetti della parte orgánica della costituzione spagnola del 1978, aggravati a volte da sviluppi legislativi insensati (espres­sione di ció che Herrero de Minon chiamó, anni prima del suo raptus nazionalista, "false vie del consenso costituzionale") hanno impedito che esistano oggi in Spagna i l cui prestigio e influenza sugli affari pubbblici non possa essere messo da alcu-no, in particolare da partiti di cosi poca storia e minima rappre-sentanza elettorale nazionale come il partito nazionalista basco (PNV), Esquerra republicana de Catalunya (ER) o i micropartiti relitti del marxismo- leninismo e del totalitarismo rosso (IU).

I vizi della nostra partitocrazia, elencati giá ante litteram in un famoso saggio di Fernández de la Mora sull'oligarchia come forma di governo; gli effetti bloccanti del Regime delle Autonomie, le cui conseguenze piú note sonó la progressiva perdita di potere dello stato céntrale e i conflitti tra comunitá, ostinate a legiferare su ció che tutti gli spagnoli possiedono in comune (bacini fluviali; lingue peninsulari); o le difficoltá che la costituzione e leggi di rango quasi costituzionale come la legge elettorale creano alia formazione di un governo stabile (che potrebbe risultare drammatico in situazioni di emergenza nazionale), costituiscono buoni esempi dei limiti tecnici e di concetto della carta concessa nel 1978. Debbo precisare, a scanso di equivoci, che la charte octroyée é la forma trascenden­t a l di costituzione. Non ci sonó differenze nella natura, ma nel grado, tra quelle volute dai generali De Gaulle e Franco nel 1958 e nel 1967, o l'altra sanzionata dal re Juan Carlos nel 1978, la novena delle leggi fondamentali se ci atteniamo ad una rigo­rosa e obbiettiva defmizione politica della stessa. A differenza dell leggi fondamentali anteriori, quella del 78 ha la peculiaritá che il potere costituente del re portó i partiti, per la prima volta dal 1936, a negoziare la mutazione costituzionale.

Altro esempio delle deficienze della costituzione del 6 dicembre é il Tribunale costituzionale, istituzione volontaristica di censura politica- della quale si poteva fare a meno nella nostra meccanica giuridica e politica, poiché esistono un "Tribunale Supremo" (cassazione) ed un Capo dello Stato moderatore- che é stata concessa ai partiti che sostengono i l regime. Si direbbe, a giudicare dai magheggi dei "entretelones", che la fonte della sua legittimitá non é la costituzione che lo ha istituito ne la legge orgánica che lo regola, ma la circostanza che tra i suoi magistrati si riproduca i l rapporto di forze del parla­

mento, includendo oltretutto, obbligatoriamente, qualcuno di sensibilitá catalana o basca. Che un tribunale dalle caratteristi-che dello spagnolo non rappresenti, come succede in Germania con la istanza politica di Karlsruhe (Bundesverfassungsgericht), i l culmine del cursus honorum di un docente di diritto pubblico, non sembra i l piú adatto per un istituzione le cui sentenze, nel caso in cui questa istanza politica appaia come potere costituen­te costituito, possono riguardare le materie piú gravi e avere un enorme imparto sull'opinione pubblica. Nel dicembre del 1998 1 due grandi partiti offrirono un posto da giudice costituzionale a Juan Antonio Carillo Salcedo, internazionalista dell'universi-tá di Siviglia, e Angel Garrorena, costituzionalista di quella di Murcia. Entrambi declinarono l'offerta, in ció si puó apprezza re la differenza che c'é tra i l magistrato del tribunale costituziona­le spagnolo

e i l Karlsruher Richter, per non parlare dei giudici del tribu­nale supremo degli Stati Uniti. Pero a giudicare da quanto acca-duto nel 2007,quell'episodio di disaffezione non fu tanto grave quanto le ricusazioni politiche attualmente sottoposte per altera­re la composizione del coligió che deve decidere sulla costitu-zionalitá della Legge Orgánica 6/2006, del 19 luglio, di Riforma dello statuto di Autonomia della Catalogna.

Se non ritorna i l buon senso, prendendo possesso nel prossi-mo aprile un governo non sottomesso al ricatto dei poteri indi-retti, ció che non sembra probabile data la natura del nostro par­lamentarismo e la confusione che regna nell'opinione pubblica. dovrá ancora vedere la nazione al giudizio del Tribunale costi­tuzionale dando per buona la sowersione delFordine costituzio­nale eseguita dal menzionato statuto catalano. L'alto Tribunale sembra per il momento impantanato nelle formalitá, come gua-dagnando tempo, pero viste le circostanze i suoi membri devo-no essere coscienti che una decisione favorevole alio Statuto supporrebbe una riforma costituzionale implícita. I costituzio-nalisti dell'establishment non hanno i l valore per affrontare chiaramente una riforma costituzionale: istruiti negli usi del nostro periodo pseudocostituente (1977-1978), gli sembrerá molto piú facile e meno rischioso a breve termine che il tribuna­le politico costituzionalizzi per via interpretativa ció che convie­ne alia maggioranza parlamentare. Pero i l crédito politico di questo forse non potra sopportare un altra sentenza nello stile della 111/1983, del due dicembre, che dichiaró, con i l voto di qualitá del presidente, la costituzionalitá del Real Decreto-legge 2 /1983, del ventitre febbraio (pegno della holding di imprese "Rumasa S.A.").

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L"'omologazione" del regime spagnolo ai sistemi politic; istituiti in Europa dopo la vittoria angloamericana della seconda guerra mondiale é stato uno dei luoghi comuni del nostro pec-siero costituzionale. La Spagna, come ripetuto molte volte ús

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una generazíone giá provetta di giuristi e storici politici, manca-va di costituzione sotto i l regime delle leggi fondamentali. Parlo di un tempo, i decenni di Franco - titolo di un libro del maestro Zafra Valverde (2004) - , nel quale la commissione internaziona-le dei giuristi (ICJ) proclamava la sua ostilitá al regime spagno­lo affermando che la Spagna non era uno stato di diritto. Certamente anche se la Spagna non aveva tra i l 1938 e i l 1976 una Carta costituzionale, la nazione spagnola era politicamente ben costituita.. Lo scrisse nel 1965, con la prosa orgogliosa della sua "nota liminare per ispanici" da " I I crepuscolo delle ideolo-gie", Fernández de La Mora: "La Spagna é in buona forma físi­ca. Si disanchilosano las urbes e cresce la corteccia peninsula-re. Muscoli tiranti e mete concrete. Un mare di giovani innesti verdeggia sopra al nodoso ceppo"

Anche lo Stato franchista era uno "Stato di diritto", anche se non per i motivi addotti in: "Spagna, Stato di diritto", la rispo-sta del servizio d'informazione spagnolo all'"Informe della ICJ", ma perché, come una volta disse Cari Schmitt, ogni stato é uno stato di diritto..

L'orientamento politico- spirituale del costituzionalismo spagnolo attuale, sulla linea di quello che si é sviluppato nel continente mano mano che si tornavano a istituire (in tre grandi tappe: 1945-1949; 1975-1980; 1992-1998) i regimi demolibera-li che, secondo Carlos Ollero, giá si ostacolarono neWInterbellum, é determinato da due falsi presupposti: quello della assenza di costituzione e quello della inesistenza di uno stato di diritto. A ció si attribuisce i l fatto che nel nostro paese non si é sviluppato, fino agli anni 70, un vero diritto costituzio­nale. Sicuramente fino al cambio politico di quegli anni non fu possibile in Spagna l'esegesi costituzionalista, poiché non c'era una costituzione di tipo demoliberale. Tuttavia, questa é solo una delle possibili specie regístrate in una morfologia costituzio­nale genérale. In realtá, con poche eccezioni, la dottrina politi-co-giuridico dello Stato delle leggi fondamentali fu voluntaria­mente lasciata da parte dalle cattedre di diritto politico (pubbli­co). I loro titolari dimostrarono un insólita disaffezione deonto-logica nei confronti dei loro obblighi di giuristi: commentare, dirigere e sviluppare dottrinalmente i l diritto pubblico vigente. Sia per interesse che per calcólo strategico. Si giustifica cosi la paradossale assenza di grandi monografie sulla costituzione politica del franchismo. Appena si possono menzionare quelle di Ignacio María de Lojendi, "Régimen politico del Estado español (1942), e Rodrigo Fernández - Carvajal, "La Constitución espa­ñola" (1969). "La teoría dello Stato e della politica é lo voglia-mo o no, una occupazione pericolosa", diceva Schmitt a Conde in una lettera del 1954. Per questo é strano che tanti giuristi poli­tici, alcuni di essi con piú di vent anni di attivitá nel 1975, attra-versarono le acque procellose del pubblico e imperioso compro-messo con la Dittatura (giuramento politico di fedeltá) come Mosé per i l Mar rosso. A piede fermo e con tutte le sicurezze.

La scienza costituzionalista introdotta in Spagna dal grup-po di Nicolás Pérez Serrano negli anni 30 (Protoscuola spagno­la di diritto costituzionale), ha potuto configurarsi solamente negli ultimi trent'anni. Pero l'ha fatto, tra qualche sviluppo scientifico origínale, sulle falsificazioni o pregiudizi menziona-ti: quello del paese senza costituzione e senza Stato di diritto. Senza vedere neanche la corretta integrazione della Dittatura e della sua opera politica nella storia della Spagna contemporá­nea. Perché i l topos del ritorno alia normalitá é sintomo di un pensiero immaturo. Turto ció suppone sicuramente una regres-sione intellettuale rispetto ai maestri della "Scuola spagnola di diritto politico" (1935-1969). Mi sembra che la distanza tra quest'ultimi e gli scrittori e giuristi politici contemporanei si é giá fatta siderale. Ció puó spiegare in parte la povertá delle scienze politiche che oggi si coltivano in Spagna. Per me non si puó fare molto caso a un eccelso filosofo del diritto che mai ha coito in pieno il problema della resistenza alia tirannia, pren­dendo Grozio per suo difensore. Lo raccontava 1'ineffabile Eustaquio Galán in un denso articolo dell'ottobre del 1986, ristampato per piú diffusa illustrazione in Empresas políticas (n. 8, 2007).

IV

II disorientamento dei giuristi affezionati alio status quo, che ha una certa parentela con i l tradimento intellettuale, e i difetti della costituzione sonó circostanze inquietanti per una societá sana e ben ordinata, nella quale fino a relativamente poco tempo fa predominava un'ampia classe media timorosa della politicizzazione ed ideologizzazione della vita collettiva. Combínate con un governo imprudente e invadente si potenzia-no i rischi politici. Si parla últimamente dei pericoli che questa situazione politica comporta non solo per istituzioni particolari come la famiglia e i l matrimonio, la scuola, la chiesa cattolica, l'universitá o la milizia, ma anche per la prosperitá económica, il bene comune o la convivenza tra gli spagnoli. Per alcuni, peraltro, la istanza directamente minacciata é la stessa nazione spagnola, non come idea o concetto astratto, ma come struttura storica operante hic et nunc.

Pero la Spagna come nazione é irrevocabile, indisponibile. "Non puó essere patrimonio di nessuna famiglia né persona", come si diceva nel 1812. "Le nazioni non sonó contratti rescin-dibili, ma fondazioni, con soggettivitá propria, non dipendenti dalla volontá di pochi né di molti", affermazione famosa del 1934. La mala politica di un governo puó danneggiarla, ferire i suoi sentimenti, anche "discuterla" come concetto, pero la distruzione di una nazione é un processo che necessita del lavo-ro dei secoli, non é a portata di nessun uomo singólo, serta, conorteria, partito o generazione. D'altro canto ogni nazione é una realtá storica viva. Considerata da alcuni come unitá di destino, come forma valorosa e universalizzabile di essere

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uomo. Alia stessa maniera, l'esistenza di una nazione costituisce un inesorabile processo di derealizzazione. Cosi, discutere se don Julián o Rodríguez Zapatero distruggeranno la nazione non smette di essere un abuso della ragione politica, occupazione per menestrelli dell'"analisi politica".

Ció che é veramente grave nella situazione spagnola attuale é che la preoccupazione per la nazione, essendo comprensibile e molto giustificata, termini coprendo i l grande problema nazio­nale: quello delPattuabilitá dello Stato, fondato sotto la dittatura del Genérale Franco e posto in questione da anni. L'antifranchismo, professato spontaneamente da tanti, non smet-terebbe di essere una attitudine superficiale, inoffensiva, incluso pittoresca, se non servisse come espediente per demolire impu­nemente Topera di una generazione spagnola: la statalitá.

V

II riflesso spagnolo della "Disputa degli storici" si muove ancora, a mió giudizio, in un campo intellettualmente epidérmi­co. II dibattito sulle cause del collasso della seconda repubblica e la guerra civile si é perso nuovamente in una crociata di posi-zioni inamovibili, per tutti giá raggiunta negli anni '50. Anche se ci sonó puntualmente novitá in riferimento alie opere classi-che sul periodo, risultato di una depurazione e del miglior stu-dio delle fonti, non si puó diré che si sia altérate nei suoi ele-menti nucleari la narrazione della storiografia piú seria e obbiet-tiva su questi anni decisivi, decisivi per la fondazione, della Spagna contemporánea. Cosi, la abbondante bibliografía del-l'ultima decade si muove ancora tra i poli del franchismo e del-l'antifranchismo. Nemmeno uno di questi saggi ha percepito l'importanza che ha la questione statale, costante del ventesimo secólo spagnolo. Con maggiore o minore coscienza della stessa é affrontata nelle opere di Adolfo González Posada, Nicolás Pérez Serrano, Javier Conde o Rodrigo Fernández - Carvajal, per menzionare únicamente quattro dei giuristi politici spagnoli piú rappresentativi del ventesimo secólo.

La statalitá é un tema estremamente grave, si sovrappone, come ricordava negli anni '60 Jesús Fueyo, con quello della decadenza secolare della Spagna. Pero adesso non é necessario risalire alia pace di Westfalia, dove si posero in modo manifestó per prima volta le divergenze tra gli stati (particolaristi) e la monarchia spagnola. Nella prospettiva del 1648, come seppe cogliere Saavedra Fajardo, la sconfitta di questa e di altre forme politiche prestatali era solo questione di tempo.

Lo Stato spagnolo o Nuovo Stato, instauratore di una situa­zione nórmale, neutralizzatore delle discordie civili e garante della indipendenza nazionale, cosi come la dittatura, espediente straordinario e "altra faccia" dello statale, sonó presenze costan-ti nel realismo politico spagnolo del ventesimo secólo. Ma anco­ra manca uno studio dettagliato. Difficilmente si puó compren­

dere la natura della crisi politica del 1978 se non si tiene in con-siderazione, oltre i suoi anacronismi tecnici, le forze (cosciente-mente o incoscientemente) destatalizzatrici, alie quali é risulta­to di grande aiuto l'assenza, nella costituzione vigente, di una risoluta decisione politica sulle questioni ultime che riguardano la comunitá nazionale.

L'antifranchismo costituzionale a sinistra e avventizio a destra, é la tragedia dell'intelligenza politica spagnola nella seconda meta delXXsecólo perché, occulta o disprezza l'essen-ziale: l'impegnativa impresa di edificare e mantenere in forma uno Stato.

La statificazione incoata per la Repubblica- continuatrice dell'opera di Primo de Rivera-, ha patito una smisurata dipen-denza dell'aggettivo (la forma di governo) e ha fallito. I giuristi di Stato o di centro - lo stato moderno é il centro, come ha sug-gerito Dalmacio Negro - non ebbero occasione di rettificare gli errori di una costituzione con gravi difetti, troppo artificiale e settaria nonostante 1'entusiasmo con cui fu salutata da Boris Mirkine- Guetzévitch. Penetró molto a fondo nei suoi vizi poli­tici e nelle sue carenze tecniche Pérez Serrano, occupandosi minuziosamente di essi nel suo libro "La costituzione spagnola, antecedenti, testo, commenti (1932)", sospettosamente purgato dagli editori dei suoi "Scritti di diritto politico( 1984)".

II fallimento della seconda repubblica, come quello della dittatura commissariale del 1923, fu dovuto alia sua incapacita statificatrice, impresa ineludibile dopo la liquidazione delle pro-vince ultramarine. La guerra civile, impregnata di un decisivo senso religioso, portó inevitabilmente alia fondazione dello Stato. Edificarlo e renderlo attuabile fu mérito del governo del genérale Franco. In ogni caso, una volta scatenata la guerra non c'era alternativa alia configurazione statale della nazione. Anche una ipotetica vittoria dei repubblicani avrebbe dovuto sboccare inevitabilmente, escluse altre alternative, in una forma di Stato. Per questa ragione, la data del 18 luglio costituisce una divisione storica.

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II Genérale Franco, dittatore sovrano o, con precisa espres-sione di Fueyo, moderator hispaniae, approvó la serie di leggi fondamentali che servirono per daré forma aH'abitudine dello Stato della nazione spagnola. Le fondazioni politiche, né ai tempi di Isabella di Castiglia né oggi hanno conosciuto procedi-menti democratici. L'influenza di Franco, scrisse Conde in un discorso lungimirante e molto poco conosciuto del 1953, "é stato i l fattore della istituzionalizzazione dello Stato nazionale spagnolo". Ecco qui che la dottrina antifranchista dell'attuale governo, lungi dal proscrivere innocentemente un regime finito, non ha altro obbiettivo che demolire i l genuino legato politico di Franco: lo Stato.

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Che nessuno venga tratto in inganno: un volta disarticolato lo Stato non sarebbe improbabile che la Spagna ritornasse, tra vive a Cartagena, al secólo XIX, a incontrarsi di nuovo con i demoni politici familiari del separatismo e la disgregazione peninsolare (Stato di taifas), le perdite territoriali (sradicamento della nostra presenza secolare nell'Africa settentrionale) e le

discordie civili (laicismo anticattolico), convertita nuovamente la nazione in oggetto della politica internazionale.

Jerónimo Molina Cano (traduzione di Guglielmo Klitsche de la Grange)

empR.esasT , poLiticas

Sociedad de

Estudios Políticos de [a Región de

Murcia

Numero 8. Volume VI. I o semestre 2007.

ARTICOLI

La situación excepcional como justificación de la Razón de Estado en Gabriel Naudé. Julien Freund. Las situaciones políticas. Dalmacio Negro Pavón.

Ortega y Gasset: conservadurismo y heterodoxia. Pedro C. González Cuevas. Del caso de urgencia al estado de excepción permanente. Alain de Benoist.

Nótulas sobre la dictadura. (De Bodino a Lenin). Teodoro Klitsche de la Grange. Sobre la infecundidad técnica del golpe de Estado. Jesús Fueyo.

Franco: ¿Urania o dictadura? (1986). Eustaquio Galán. La Dictadura (1926). Cari Schmitt. Saavedra Fajardo en Viena. El «Tacitus emblematicus» de Christian Romanoski. Jerónimo

Molina. Saavedra Fajardo y la Escuela de la Salamanca. Eduardo Fernández Luiña.

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