LE SANZIONI IMPROPRIE NEL SISTEMA TRIBUTARIO

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NOMELAV: 2014_41266 PAG: 17 SESS: 15 USCITA: Thu Dec 18 09:44:44 2014 Le sanzioni improprie nel sistema tributario (*) (**) Nel sistema tributario si rinvengono situazioni in cui il contribuente che viola determinati obblighi subisce l’applicazione di conseguenze sfavorevoli, in aggiunta alle vere e proprie sanzioni amministrative e penali. La dottrina ha inizialmente usato l’accezione negativa di “sanzioni improprie”, criticando l’alterazione della disciplina tributaria sostanziale, mentre la Corte Costitu- zionale si è sempre orientata nella giustificazione del fenomeno proprio in ottica sanzionatoria, ritenendo legittimi i trattamenti differenziati fra contribuenti che osser- vano il precetto e contribuenti che viceversa lo violano. L’atipicità delle sanzioni improprie e l’inesistenza di uno specifico criterio costi- tuzionale di riferimento, hanno quindi suggellato la diffusione e la legittimità del fenomeno. Negli ultimi anni un nuovo approccio sostanzialistico al tema ha aperto un nuovo percorso di indagine proiettato verso l’applicabilità delle garanzie della CEDU e dei principi generali del sistema sanzionatorio (imputabilità e colpevolezza, favor rei, abolitio criminis, lex mitior, ecc.). In the tax system there are many situations where the taxpayer that violates certain rules undergoes the application of adverse consequences, in addition to the actual administrative and criminal sanctions. The doctrine has initially used the negative connotation of “improper sanctions”, criticizing the alteration of the substantive tax rules, while the Constitutional Court has always been oriented to justify the phenomenon, considering the difference in treatment between taxpayers who observe the rule and taxpayers who violate it. The atypical nature of the improper sanctions and the non-existence of a specific legal base, have given success to the phenomenon; its implementation is widespread. In recent years a new substantive approach to the topic has opened a new path of investigation projected towards the applicability of the guarantees of the ECHR and the general principles of the system of sanctions (imputability and guilt, favor rei, abolitioc- riminis, lexmitior etc.). (*) Lavoro sottoposto a revisione esterna. (**) Il presente contributo è destinato al Trattato di diritto sanzionatorio tribu- tario, doganale e valutario, di futura pubblicazione per i tipi della Giuffrè, diretto da A. Giovannini e curato da E. Marzaduri ed A. di Martino.

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Le sanzioni improprie nel sistema tributario (*) (**)

Nel sistema tributario si rinvengono situazioni in cui il contribuente che violadeterminati obblighi subisce l’applicazione di conseguenze sfavorevoli, in aggiunta allevere e proprie sanzioni amministrative e penali.

La dottrina ha inizialmente usato l’accezione negativa di “sanzioni improprie”,criticando l’alterazione della disciplina tributaria sostanziale, mentre la Corte Costitu-zionale si è sempre orientata nella giustificazione del fenomeno proprio in otticasanzionatoria, ritenendo legittimi i trattamenti differenziati fra contribuenti che osser-vano il precetto e contribuenti che viceversa lo violano.

L’atipicità delle sanzioni improprie e l’inesistenza di uno specifico criterio costi-tuzionale di riferimento, hanno quindi suggellato la diffusione e la legittimità delfenomeno.

Negli ultimi anni un nuovo approccio sostanzialistico al tema ha aperto un nuovopercorso di indagine proiettato verso l’applicabilità delle garanzie della CEDU e deiprincipi generali del sistema sanzionatorio (imputabilità e colpevolezza, favor rei,

abolitio criminis, lex mitior, ecc.).

In the tax system there are many situations where the taxpayer that violates certain

rules undergoes the application of adverse consequences, in addition to the actual

administrative and criminal sanctions.

The doctrine has initially used the negative connotation of “improper sanctions”,

criticizing the alteration of the substantive tax rules, while the Constitutional Court has

always been oriented to justify the phenomenon, considering the difference in treatment

between taxpayers who observe the rule and taxpayers who violate it. The atypical nature

of the improper sanctions and the non-existence of a specific legal base, have given

success to the phenomenon; its implementation is widespread.

In recent years a new substantive approach to the topic has opened a new path of

investigation projected towards the applicability of the guarantees of the ECHR and the

general principles of the system of sanctions (imputability and guilt, favor rei, abolitioc-

riminis, lexmitior etc.).

(*) Lavoro sottoposto a revisione esterna.(**) Il presente contributo è destinato al Trattato di diritto sanzionatorio tribu-

tario, doganale e valutario, di futura pubblicazione per i tipi della Giuffrè, diretto da A.Giovannini e curato da E. Marzaduri ed A. di Martino.

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SOMMARIO: Premessa 1. La giurisprudenza costituzionale legittima le sanzioni im-proprie. - 2. La tipologia delle sanzioni e le sanzioni improprie nel sistematributario. - 3. La casistica. - 4. Le sanzioni improprie nel quadro dei valoricostituzionali. - 5. L’applicabilità dei principi generali del D.Lgs. n. 472/1997 e deldiritto punitivo comune - 6. Conclusioni.

Premessa. - Negli ultimi anni il tema delle sanzioni improprie haassunto una notevole rilevanza applicativa, come si desume dallenumerose e variegate sentenze rese dalla Corte di cassazione in me-rito (1) ed addirittura da una specifico studio dell’Ufficio del Massi-mario (2).

Questi profili saranno ripresi e specificamente trattati in prosie-guo. Qui è necessario evidenziare subito che nel passaggio dal pianoteorico a quello applicativo risulta essenziale delimitare l’ambito dellesanzioni improprie da quelle proprie ed identificare i percorsi inter-pretativi che hanno dato corpo a questa nuova categoria, piuttostovaga ed ambigua, in una logica funzionale e sostanzialistica, alquantoestranea alla tradizione del nostro sistema sanzionatorio.

Come è noto il sistema dell’illecito tributario è caratterizzato dauna concezione punitiva delle sanzioni amministrative tributarie, purpresentando ancora molteplici profili di ibridazione civilistica o diradicale particolarismo settoriale (si pensi alle ipotesi di responsabilitàsolidale, alla punibilità delle persone giuridiche ecc.).

Nonostante le profonde innovazioni degli ultimi anni la potestàsanzionatoria amministrativa ha conservato la sua tradizionale naturastrumentale rispetto alla tutela della potestà impositiva sostanziale.

Nel sistema del D.Lgs. n. 472/1997 la sanzione amministrativaprevista per la violazione delle norme tributarie è la “sanzione pecu-niaria, consistente nel pagamento di una somma di denaro” (art. 2,comma 1); non sono previste altre sanzioni principali, anzi l’art. 26dispone che “il riferimento alla sopratassa e alla pena pecuniaria,

(1) V. per tutte Cass., sez. un, 27 dicembre 2010, n. 26126, secondo cui “l’obbligodel cessionario o committente di pagare l’Iva in caso di mancata trasmissione dellafattura e omesso pagamento da parte del cedente o fornitore del servizio ha natura disanzione e, quindi, secondo il principio di legalità espresso dall’art. 3 D.Lgs. n. 472/1997,si applica la nuova disciplina sanzionatoria più favorevole...”, in Riv. giur. trib., 2011,193, con nota critica di CENTORE, La (strana) mutazione dell’Iva in sanzione.

(2) Corte di cassazione, Ufficio del Massimario, Relazione su contrasto - R.G. n.19436/2006.

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nonché ad ogni altra sanzione amministrativa, ancorché diversamentedenominata, contenuto nelle leggi vigenti è sostituito con il riferimentoalla sanzione pecuniaria, di eguale importo”.

Questa prospettiva di tipizzazione della sanzione è confermataanche sul versante delle sanzioni accessorie.

Le sanzioni accessorie, indicate nell’art. 21, possono essere irro-gate solo nei casi espressamente previsti, ed in linea di principio non nesarebbero ammesse altre, ma è ovvio che ampie deroghe possonoessere apportate mediante normali interventi di legge ordinaria.

Ai sensi dell’art. 21 le sanzioni amministrative accessorie sono: - a)l’interdizione dalle cariche di amministratore, sindaco o revisore; - b)l’interdizione dalla partecipazione a gare per l’affidamento di appaltipubblici e forniture; - c) l’interdizione dal conseguimento di licenze,concessioni, o autorizzazioni per l’esercizio di imprese o di attività dilavoro autonomo, e la loro sospensione; - d) la sospensione dall’attivitàd’impresa o di lavoro autonomo, che non necessitino dei provvedi-menti amministrativi di cui alla lett. c.

Risulta quindi evidente la scelta di delimitare ed omogeneizzare latipologia delle sanzioni amministrative tributarie.

Tuttavia nell’ordinamento tributario si rinvengono numerose si-tuazioni in cui il contribuente che viola determinati obblighi subiscel’applicazione di conseguenze sfavorevoli, in aggiunta alle vere eproprie sanzioni amministrative, e talvolta anche penali.

Si tratta di meccanismi che operano sia sul piano procedimentale- ad es. laddove vengano preclusi al contribuente quei mezzi di difesa,cui egli avrebbe avuto diritto qualora avesse osservato il precettoviolato, o, a causa della violazione, vengano rafforzati i normali poteridi controllo ed accertamento dell’ufficio - sia sul piano sostanziale - ades. quando, sempre a causa di una violazione, venga negata l’applica-zione di deduzioni e/o di detrazioni, o venga comunque incrementatol’imponibile sottoponendo a tassazione fatti che altrimenti sarebberostati in tutto o in parte irrilevanti.

La tematica risulta di notevole delicatezza in quanto coinvolgefondamentali valori costituzionali, ed in particolare per i profili pro-cedimentali il diritto di difesa (art. 24), e per i profili sostanziali ilprincipio di capacità contributiva (art. 53), oltre alla immanente pro-blematica delle sanzioni punitive (artt. 25 e 27).

La dottrina ha inizialmente usato l’accezione negativa di “sanzioni

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improprie” (3), criticando aspramente soprattutto l’alterazione delladisciplina sostanziale, mentre la Corte Costituzionale si è sempreorientata nella giustificazione del fenomeno proprio in ottica sanzio-natoria, ritenendo legittimi i trattamenti differenziati fra contribuentiche osservano il precetto e contribuenti che viceversa lo violano (4).

In molte occasioni la connotazione latu sensu sanzionatoria di talimeccanismi ha consentito alla Corte di superare le contestazionibasate sugli artt. 24 e 53, senza incappare nei vincoli peculiari delsistema delle sanzioni punitive, ciò in quanto l’orientamento preva-lente circoscrive l’applicabilità degli artt. 25 e 27 alle sole sanzionipenali (5).

L’atipicità delle sanzioni improprie e l’inesistenza di uno specificocriterio costituzionale di riferimento, hanno quindi suggellato la diffu-sione e la legittimità del fenomeno, salvi, ovviamente, i profili dirazionalità.

Del resto, a prescindere dal livello costituzionale, per risalentetradizione, nel nostro ordinamento la disciplina delle sanzioni punitiveè sempre stata incentrata sul principio di tipicità ed ancorata a requisitiformali: nel sistema penale, così come nel sistema sanzionatorio finan-ziario di cui alla legge 7 gennaio 1929, n. 4, la tipologia delle sanzioni

(3) RASTELLO, Sanzioni tributarie (Contributo alla teoria generale), in Noviss. Dig.It., 1970 645; PUOTI, Appunti sulla pretesa incostituzionalità dell’art. 109 lett. c) T.U.

imposte dirette, in Riv. dir. fin., 1970, II, 200; BOSELLO, II fallimento fiscale, in Giur.comm., 1974, I, 452, DE MITA, L’influsso della giurisprudenza della Corte Costituzionale

sul diritto tributario, in Riv. dir. fin., 1981, I, 608; ID., Il diritto tributario nella giurispru-

denza costituzionale, in Fisco e Costituzione, vol. I, 1984, 13; ID., Interesse fiscale e tutela

del contribuente, Milano, 2000, 37; TINELLI, Rilievi sulla tutela giuridica della contabilità

fiscale degli ammortamenti, in Riv. dir. fin., 1981, I, 278; LUPI, Sulla legittimità costitu-

zionale del secondo e del terzo comma dell’art. 74 del DPR 29 settembre 1973, n. 597, inRiv. dir. fin., 1983, II, 108; LAROSA, La indeducibilità dei costi ed oneri non registrati,

avanti la Corte Costituzionale, in Dir. prat. trib., 1983, II, 3; ID., Le norme “generali” sui

rapporti tra bilancio e dichiarazione, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo Testounico, Padova, 1988, 585; BAFILE, Considerazioni sui requisiti e sugli effetti del bilancio

nella determinazione del reddito d’impresa, in Rass. trib., 1984, I, 185.(4) V. le fondamentali pronunce: 12 luglio 1967, n. 103, in G.U. 17 luglio 1967; 28

dicembre 1970, n. 201, ibidem 30 dicembre 1970; 8 luglio 1982, n. 121, ibidem 14 luglio1982; 17 novembre 1982, n. 186, ibidem 24 novembre 1982; e per un quadro completola rassegna elaborata da DEL FEDERICO, Sanzioni improprie ed imposizione tributaria, inAA.VV., Diritto tributario e Corte costituzionale, a cura di L. Perrone e C. Berliri,Napoli, 2006, 519 ss.

(5) V. per tutti PALIERO - TRAVI, La sanzione amministrativa: Profili sistematici,Milano 1988, 139.

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era ben delineata, e soltanto laddove risultavano irrogabili le sanzionispecificamente previste era conseguentemente applicabile il regimegiuridico dell’illecito.

Tuttavia il diffondersi della depenalizzazione e l’avvento dellalegge 24 novembre 1981, n. 689, contenente una compiuta disciplina inmateria di sanzioni amministrative generali (ancorché di dubbia appli-cabilità in materia tributaria), ha dato impulso ad analisi volte adindividuare sul piano ontologico e sostanziale i criteri di differenzia-zione tra illecito penale ed illecito amministrativo, nonché l’ambito delconcetto di sanzione punitiva (6). Il dibattito ha poi seguito la scia dellagiurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo cuianche le sanzioni amministrative sono riconducibili alla “materia pe-nale” in senso sostanziale (rectius al diritto punitivo) (7).

Per quanto riguarda specificamente la materia tributaria l’atten-zione per lo studio del sistema sanzionatorio, era venuta meno con lariforma del 1971-73, in quanto il Legislatore aveva marginalizzato ilruolo della legge del 29, rinunciando altresì a concepire una nuovalegge generale; dalla riforma degli anni settanta era quindi scaturitauna disciplina delle violazioni e sanzioni caotica e frammentaria,dispersa nella variegata legislazione tributaria che andava man manostratificandosi.

In tale contesto è maturata la riforma del sistema sanzionatorioamministrativo tributario di cui ai D.Lgs. 18 dicembre 1997, nn. 471,472 e 473, dalla quale emergono: - l’opzione di fondo per la concezionepunitiva; - la decisa scelta di delimitare ed omogeneizzare la tipologiadelle sanzioni amministrative tributarie; - l’elaborazione di principigenerali di natura sostanziale e procedimentale atti a conformare ilD.Lgs. n. 472/1997 come legge organica di settore.

Tuttavia da diversi anni nel diritto tributario - così come ingenerale in molti altri settori dell’ordinamento - ha preso piede unaforte reazione antiformalistica che tende a valorizzare gli assetti so-

(6) In argomento v. i fondamentali contributi di: M.A. SANDULLI, Le sanzioni

amministrative pecuniarie. Principi sostanziali e procedimentali, Napoli 1983; VIGNERI,La sanzione amministrativa: Origine e nozione, Padova 1984; BARATTI, Contributo allo

studio della sanzione amministrativa, Milano 1984; PALIERO - TRAVI, La sanzione

amministrativa, cit.; PAGLIARI, Profili teorici della sanzione amministrativa, Padova 1988;ROSINI, Le sanzioni amministrative, Milano 1991.

(7) V. per tutti PALIERO, “Materia penale” e illecito amministrativo secondo la

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: una questione “classica” ad una svolta radicale, inRiv. it. dir. proc. pen., 1985, 894.

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stanziali e la funzione degli istituti giuridici a scapito del loro regimeformale e della loro struttura (8).

Orbene proprio tale evoluzione ha reso attuale, e gravido diimplicazioni applicative, il dibattito sulle sanzioni improprie, che sinoad oggi aveva destato l’attenzione degli studiosi e della giurisprudenzasoltanto per i delicatissimi problemi di legittimità costituzionale.

1. La giurisprudenza costituzionale legittima le sanzioni impro-

prie. - La Corte Costituzionale è stata chiamata ad intervenire inmolteplici occasioni, ma ha sempre giustificato il fenomeno dellesanzioni improprie.

Non è questa la sede per ripercorre le varie tappe dell’evoluzionegiurisprudenziale (9), qui sembra sufficiente soffermarsi sulle pro-nunce più significative, che per un verso esprimono in modo chiaroratio decidendi e principi di riferimento, e per altro verso possonooffrire ancora oggi spunti apprezzabili sul piano applicativo.

Spicca tra tutte la pronuncia 28 dicembre 1970, n. 201, in cui laCorte ha affrontato la questione di legittimità dell’art. 109 lett. c) delTuid 29 gennaio 1958, n. 645, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. (10).

Nell’ordinanza di rimessione si assumeva che la norma dava luogoad una irrazionale disparità di trattamento nella parte in cui prevedeval’indeducibilità dal reddito di determinate spese non risultanti daapposita registrazione cronologica, in quanto l’imposta finiva per es-sere applicata in misura diversa a seconda che i contribuenti avessero,o meno, adempiuto alla prescritta registrazione, sebbene in presenza diuno stesso reddito sostanzialmente determinabile secondo criteri dieffettività.

Rispetto al principio di uguaglianza la Corte ha ritenuto ragione-

(8) L’argomento emblematico è certamente quello dell’abuso del diritto, vivifi-cato dalle note sentt. 23 dicembre 2008, nn. 30055 e 30057, sulle quali v. per tuttiAA.VV., Elusione ed abuso del diritto tributario, a cura di G. MAISTO, in Quaderni dellaRiv. dir. trib., Milano 2009; ma, come evidenziato, questo trend antiformalistico emergesotto diversi profili: DEL FEDERICO, Statuto del contribuente, illecito tributario e viola-

zioni formali, in Rass. trib., 2003, 855; ID., Tutela del contribuente ed integrazione

giuridica europea, Milano, 2010; ID., L’evoluzione del procedimento nell’azione impo-

sitiva: verso l’amministrazione di risultato, in Riv. trim. dir. trib., 2013, 851 ss.(9) Per un quadro completo v. DEL FEDERICO, Sanzioni improprie ed imposizione

tributaria cit.(10) In Foro It., 1971, I, 329; in dottrina v. PUOTI, Appunti sulla pretesa incostitu-

zionalità cit.

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vole che la norma, ispirata dalla necessità di tutelare l’interesse fiscale,subordini la deducibilità di determinate spese alla condizione che esserisultino cronologicamente registrate; invero tutti i soggetti tassabili inbase al bilancio si trovano in posizione identica, essendo loro ricono-sciuto uguale diritto alla detraibilità dal reddito delle somme pagate aterzi; “vi è pertanto nella norma una identità di effetti per tutti idestinatari che ne osservino il precetto”, ma “non possono ... invocareidentico trattamento, proprio in virtù del principio di uguaglianza,coloro i quali tale precetto non intendono osservare”; “l’indeducibilitàdelle spese ... come conseguenza dell’inadempimento dell’obbligo im-posto non può ritenersi perciò in contrasto col principio di ugua-glianza”.

Rispetto al principio di capacità contributiva la Corte ha chiaritopoi che “la determinazione della quantità del tributo che il contri-buente è tenuto a corrispondere può ben essere dalla legge subordi-nata alla osservanza di un dato obbligo”.

Il punto saliente è quello della rilevanza del comportamentoillecito del contribuente, cui si affianca la giustificazione di una diversaentità del tributo, proprio come conseguenza della violazione.

Merita poi grande attenzione la sentenza 8 luglio 1982, n. 121, incui, agevolata dalla linearità della fattispecie, la Corte utilizza il con-cetto dell’onere, senza dover giustificare l’effetto sfavorevole per ilcontribuente come conseguenza della violazione di un obbligo: “ildiverso pregiudizio in fatto derivante al contribuente dalla mancatatempestiva documentazione delle spese incrementative (con conse-guenze che si assumono più gravi) ovvero dalla tardiva denunzia deltrasferimento accompagnata dalla documentazione non assume rilievocostituzionale, stante anche la considerazione che nella prima ipotesi sitratterebbe del mancato perseguimento di un utile derivante dall’a-dempimento di un onere, mentre nella seconda ipotesi si tratterebbe disanzioni conseguenti alla violazione di obblighi del contribuente e delnotaio” (arg. ex art. 18, DPR 26 ottobre 1972 n. 643, in tema diInvim) (11).

Nonostante la marginalità della sentenza n. 121/1982 rispetto allaproblematica delle sanzioni improprie, il riferimento all’onere è signi-ficativo, per cui si avrà modo di tornare sull’argomento.

(11) V. criticamente DE MITA, Fisco e Costituzione, cit., I, 667, il quale ritiene chel’indeducibilità derivante dal mancato assolvimento dell’onere possa essere successiva-mente sanata mediante adeguata dimostrazione in sede contenziosa.

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L’evoluzione giurisprudenziale giunge poi nota sentenza 17 no-vembre 1982, n. 186, nella quale la Corte ribadisce fermamente iprincipi già affermati nella precedente pronuncia n. 201/1970. Questavolta la Corte è chiamata a pronunciarsi sul più maturo e sperimentatoart. 74, DPR 29 settembre 1973, n. 597, in tema di Irpef, omologoall’art. 109 del Tuid n. 645/1958; il contesto è quello di una fortevalorizzazione della contabilità ai fini dell’applicazione delle impostesui redditi (12), ma la posizione della Corte sulla indeducibilità deicosti non registrati resta invariata (13).

La fattispecie merita attenzione in quanto su di essa si sonoincentrate talune significative aperture garantiste della Corte di cassa-zione in materia di sanzioni improprie.

Come è noto l’art. 74 stabiliva che nella determinazione delreddito d’impresa doveva tenersi conto dei costi, delle spese e deglialtri componenti negativi, ma poneva le condizioni in presenza dellequali tali componenti negativi erano deducibili: essi, infatti, dovevanorisultare registrati nelle scritture contabili appositamente prescritte aifini fiscali (comma 3) ed imputati al conto profitti e perdite (comma 2);ciò sia per comprovarne l’effettività, sia per consentire all’Ufficioadeguati controlli sulla coerenza dell’impianto contabile e sulle suerisultanze.

Stante l’identità di ratio tra art. 74 DPR n. 597/1973 ed art. 109Tuid n. 645/1958 le motivazioni della Corte si collocano nel solco delprecedente, ed è significativo che, nonostante dalla coeva sentenza n.121/1982, non emerga nessuna argomentazione basata sulla figuradell’onere. Ancora una volta viene puntualizzato che “che la determi-nazione del quantum del tributo che il contribuente è tenuto a corri-spondere ben può essere dalla legge subordinata alla osservanza ditaluni obblighi, come appunto avviene nella fattispecie ...”.

Infine, a più riprese, e sotto diversi profili, la Corte è statachiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 55, comma 1, DPR 26ottobre 1972, n. 633, secondo cui quando il contribuente non hapresentato la dichiarazione l’Ufficio può procedere ad accertamento

(12) Tale norma è stata ripetutamente modificata, l’art. 74 DPR n. 597 è statosostituito dall’art. 75 Tuir 22 dicembre 1986, n. 917, poi a sua volta sostituito dall’art. 109dello stesso Tuir, così come modificato dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344.

(13) LUPI, Sulla legittimità costituzionale, cit.; LA ROSA, La indeducibilità dei costi,cit.; ID., Le norme “generali”, cit.; BAFILE, Considerazioni sui requisiti e sugli effetti del

bilancio, cit.

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induttivo ed in tal caso sono computati in detrazione soltanto i versa-menti eventualmente eseguiti e le imposte regolarmente risultanti dalleliquidazioni prescritte.

Nelle ordinanze 26 gennaio 1988, n. 108, 14 luglio 1988, n. 817, 15novembre 1988, n. 1038, 6 luglio 1989, n. 385, e 19 maggio 1993, n.246 (14), la Corte ha dichiarato infondate le questioni di legittimitàprospettate in riferimento agli artt. 3 e 53, comma 1, rilevando chel’ordinamento tributario, per sua natura, si fonda anche su doveri dilealtà e correttezza da parte del contribuente; pertanto, il Legislatorepuò, nella sua discrezionalità, dettare misure atte a prevenire l’inos-servanza di tali doveri purché non risultino superati i limiti dellaragionevolezza; secondo la Corte ciò non accade per la disposizioneche, in materia di Iva, impedisce di tener conto di quella parte diimposta risultante da fatture regolari ma non inserite in dichiarazione,in quanto omessa (quand’anche trattasi di fatture portate a conoscenzadell’ufficio e da questi utilizzate per la ricostruzione del volume diaffari).

Dalla giurisprudenza costituzionale emerge la ferma giustifica-zione dei trattamenti di sfavore per il contribuente che non abbiaadempiuto un determinato obbligo impostogli dalla legge, e ciò sia nelcaso di effetti sfavorevoli sul piano procedimentale, sia nel caso dieffetti sfavorevoli sul piano sostanziale, ritenendosi pertanto compri-mibile anche il principio di capacità contributiva.

Tuttavia la Corte non ha mai parlato al riguardo di sanzioniimproprie, essendosi sempre mostrata piuttosto restia a qualificare lafenomenologia esaminata.

Si può quindi dire che la categoria delle sanzioni improprie sia perlo più di elaborazione dogmatica, ancorché la stessa dottrina che ne hapercepito l’esistenza ne neghi poi l’utilità, collocando ogni questione inmerito sul piano della legittimità costituzionale (15). Tuttavia negliultimi anni parte della dottrina e molteplici pronunce della Corte dicassazione hanno iniziato a valorizzare in positivo la categoria delle

(14) Edite in G.U. 10 febbraio 1988, 20 luglio 1988, 23 novembre 1988, 12 luglio1989 e 26 maggio 1993.

(15) È questo l’orientamento tradizionale e prevalente, riferibile in primo luogoa De Mita, ma più in generale agli autori retro citati alla nota 3.

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sanzioni improprie, riconoscendole rilievo applicativo e sviluppandonele potenzialità anche in prospettiva garantistica (16).

2. La tipologia delle sanzioni e le sanzioni improprie nel sistema

tributario. - Come si è avuto modo di anticipare anche la più risalentedottrina tributaria fa riferimento alle sanzioni improprie o atipiche(rispetto alla tradizionale pena pecuniaria o alla sopratassa), in rela-zione ad istituti che in un modo o nell’altro, più o meno indiretta-mente, sono utilizzati dal legislatore come strumenti di reazione ad uncomportamento non conforme al precetto (17).

Tuttavia è necessario fare chiarezza, sia per il notevole impattoprodotto dal processo di depenalizzazione ed in particolare dalla leggen. 689/1981 sulla elaborazione del cd. diritto punitivo, sia per glievidenti condizionamenti subiti dal diritto nazionale a seguito dellaconcezione sostanzialistica della materia penale fatta propria dallaCorte Europea dei Diritti dell’Uomo, sia, infine, in ragione dell’evo-luzione del sistema sanzionatorio amministrativo tributario.

Come è noto il concetto di sanzione è tanto ampio da ricompren-dere tutti i meccanismi di reazione all’illecito (alla violazione delprecetto). Sul piano della politica del diritto il legislatore (salvi ifondamentali limiti di ordine costituzionale) è libero di scegliere le piùadeguate tecniche di reazione: possono essere utilizzate sanzioni dinatura penale, civile o amministrativa, di tipo afflittivo (o punitivo chedir si voglia), riparatorio, interdittivo o preclusivo (18). Si tratta ditecniche di reazione all’illecito accomunate dalla finalità di conserva-

(16) V. ad es.: DEL FEDERICO, Sanzioni improprie ed imposizione tributaria, cit.;Corte di cassazione, Ufficio del Massimario, Relazione cit.

(17) A volte si è parlato anche di sanzioni in senso lato, sanzioni indirette ogenericamente di sanzioni civili; sul fenomeno: A. BERLIRI, Le leggi del registro, Milano1952, 394; A. UCKMAR, La legge di registro, III, Padova, 1958, 161; MICHELI, Profili critici

in tema di potestà d’imposizione, in Riv. dir. fin. 1964, I, 15; in senso particolarmentecritico RASTELLO, Sanzioni tributarie, cit., 645; PUOTI, Appunti sulla pretesa incostituzio-

nalità, cit., 200; BOSELLO, Il fallimento, cit., 452, DE MITA, L’influsso della giurispru-

denza, cit., 608; ID., Il diritto tributano, cit., 13; ID., Interesse fiscale, cit., 37; TINELLI,Rilievi sulla tutela giuridica, cit., 278, LUPI, Sulla legittimità costituzionale cit., 108; LA

ROSA, La indeducibilità dei costi, cit., 3; ID., Le norme “generali”, cit., 585; F. TESAURO,Conseguenze sostanziali delle irregolarità contabili, in Rass. mens. imp. dir., 1987, 951;PREZIOSI, Il condono fiscale, Milano 1987, 44-45.XXX

(18) Un tentativo, coraggioso quanto utopistico, di razionalizzazione della sceltatra sanzioni penali e sanzioni amministrative si rinviene nella Circolare della Presidenzadel Consiglio dei Ministri 19 dicembre 1983 (in Gazz..Uff. suppl. ord. 23 gennaio 1984).

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zione dell’ordinamento. In una prospettiva funzionalistica sono statequalificate sanzioni anche le misure premiali, concepite non comereazione alla violazione, ma come stimolo all’osservanza dell’ordina-mento (19); in tale prospettiva è stata inoltre individuata anche lasanzione premiale negativa, che si concreta in un particolare tipo dipremio, consistente nell’esclusione della sanzione negativa applicabileper la violazione commessa (20).

Già in altra sede si è avuta cura di motivare ampiamente l’oppor-tunità di delimitare rigorosamente la categoria delle sanzioni afflittive-punitive, anche nell’ambito del diritto tributario (21), si tratta ora diverificare la consistenza delle così dette sanzioni improprie, di tentarel’identificazione della categoria e di vagliarne le implicazioni sistema-tiche e le ricadute applicative, valorizzando gli spunti emersi - sino adora in modo alquanto frammentario - nei vari ambiti.

Si intende quindi focalizzare il tema delle sanzioni improprie noncome contenitore di misure funzionali all’osservanza dell’ordina-mento, quali nel nostro settore anche i benefici fiscali o i condonipremiali - laddove il termine “improprie” sarebbe diretto a distingueretali tecniche premiali dalle sanzioni afflittive - quanto piuttosto comevera e propria categoria ricomprendente strumenti di reazione allaviolazione del precetto, caratterizzati da un apprezzabile grado diafflittività. Riguardo a questo più ristretto, ma sempre troppo ampio,gruppo di fattispecie, debbono compiersi comunque ulteriori delimi-tazioni.

In primo luogo va sgombrato il campo, per evitare sovrapposizionicon la categoria delle sanzioni civili (riparatorie o reintegratorie chedir si voglia), di cui è agevole rilevare l’estraneità con la problematicain esame; invero il dato peculiare, presente in tutte le fattispecietrattate dalla giurisprudenza costituzionale, e dalla dottrina qualificatecome sanzioni improprie, è costituito da una pur minima afflittività,

(19) BOBBIO, Verso una teoria funzionalistica del diritto, 80 e seg., e La funzione-promozionale del diritto, 25 e seg., entrambi in Dalla struttura alla funzione, Milano1977; per una rassegna delle vane posizioni dottrinali v. PAGLIARI, Profili teorici della

sanzione amministrativa cit., 33 e seg.(20) Si tratta di complessa tematica di teoria generale approfonditamente esami-

natada PREZIOSI, Il condono cit., passim, il quale nell’ambito del diritto tributarioriconduce allafunzione premiale negativa i tipi di condono condizionati dal comporta-mento meritorio delcontribuente, ed alla mera clemenza fiscale, le fattispecie caratte-rizzate dall’automatismo del beneficio.

(21) Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, Milano 1993, 19 e seg.

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non esplicitata sul piano giuridico formale, ma pur sempre rilevante intermini funzionali, tanto da indurre l’interprete ad evocare il fenomenosanzionatorio, in senso punitivo.

Vi sono poi strumenti di stampo palesemente sanzionatorio-puni-tivo, atipici rispetto alle sanzioni disciplinate in passato dalla legge del‘29, e poi riprese nelle varie leggi di settore (pena pecuniaria, sopra-tassa, chiusura di un pubblico esercizio, di un negozio ecc.), ed ora dalD.Lgs. n. 472/1997 (sanzione pecuniaria, sanzioni accessorie); si pensiin tale ottica alla penale per il mancato o tardivo versamento all’Erarioda parte delle aziende di credito delegate dal contribuente, o a vecchieipotesi di sanzioni interdittive, quali la sospensione dall’iscrizionenell’albo professionale, lo scioglimento degli organi amministrativi diun’azienda di credito, il ritiro della carta di circolazione ecc. (22). Taliistituti possono senz’altro inquadrarsi, di volta in volta, tra le sanzioniprincipali o tra le sanzioni accessorie; per essi è palese la struttura e laqualificazione giuridico formale di sanzioni in senso stretto.

A questo punto è necessaria una puntualizzazione metodologica econcettuale: ai fini della qualificazione della sanzione amministrativa(strictu sensu), è decisiva la struttura normativa della fattispecie: a)precetto, b) antigiuridicità formale (significazione normativa del disva-lore etico-sociale), c) sanzione, d) procedimento.

È bene ricordare che nel vivo della stagione della grande riformatributaria degli anni settanta fra i tributaristi vi era la tendenza aparlare distintamente di sanzioni indirette e di sanzioni improprie,apparendo la prima categoria tipizzata dall’espressa previsione fattanedall’art. 10, comma 2, punto 12 della legge delega 9 ottobre 1970, n.825, che prevedeva “la comminazione, per ipotesi tassativamente de-terminate, di sanzioni indirette nella sfera delle cariche, degli incarichi,degli appalti pubblici, delle licenze, delle concessioni amministrative,delle abilitazioni professionali e simili...” (23). Viceversa sia la dottrina

(22) Gran parte di tali istituti è stata abrogata dal D.Lgs. n. 472/1997, v. BORSARI,sub art. 21, in Commentario alle disposizioni generali sulle sanzioni amministrative inmateria tributaria, a cura di F. MOSCHETTI e L. TOSI, Padova 2000, 629 e seg.

(23) Era diffuso l’accostamento, in termini meramente descrittivi, tra le sanzioniindirette a quelle accessorie. Si discostano da tale tendenza COPPA - SAMMARTINO,Sanzioni tributarie, in Enc. Dir., Milano, 1990; 426, e FANTOZZI, Diritto tributario, Torino1991, 444, 451-452, che individuano un concetto originale di sanzioni indirette e sidichiarano assolutamente contrari alla distinzione tra sanzioni proprie ed improprie,negando a queste ultime ogni utilità e fondamento; per tali Autori le sanzioni indiretteconsistono in vere e proprie sanzioni, qualificate e disciplinate come tali, che producono

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più risalente, sia la dottrina attuale utilizzano scambievolmente leformule sanzioni indirette (24) e sanzioni improprie, pur tendendo apreferire, in chiave fortemente critica, la seconda.

Tanto premesso, per sanzioni improprie deve, quindi, intendersiquel coacervo di strumenti di reazione alla violazione del precetto, nonqualificati né disciplinati dal legislatore come sanzioni, e purtuttaviaaventi funzione affittiva (punitiva), concorrente con altre funzioni (25),non prevalente, ma comunque significativa (26).

Al riguardo si rende necessario qualche chiarimento, che tuttaviadovrà essere necessariamente contenuto. Invero i temi della funzionetipica delle sanzioni, della funzione tipica del tributo, ed ancor più ilproblema della polifunzionalità della sanzione e del tributo, richiede-rebbero un’ampiezza di analisi certamente incompatibile con il tagliodel presente lavoro. Qui sembra sufficiente evidenziare che la sanzioneha per fine tipico la repressione dell’illecito, mentre il tributo ha perfine tipico la contribuzione alle pubbliche spese; le stesse sanzionipecuniarie pur arrecando un vantaggio patrimoniale all’ente imposi-tore, non sono preordinate a questo fine, avendo la funzione diinfliggere un sacrificio al trasgressore; peraltro il discrimine tra san-zione e tributo non è dato semplicemente dalla funzione tipica, chepuò essere non esclusiva, ma piuttosto dalla funzione prevalente, che inquanto tale risulta assorbente e qualificante; per le sanzioni punitive siparla di pluridimensionalità, nel senso di polifunzionalità, concor-rendo, quali diverse modalità espressive tipiche della funzione afflittiva

effetti giuridici, riconducibili alla violazione di una norma tributaria, ma apprezzabili inaltri settori del diritto.

(24) GALGANO, Alla ricerca delle sanzioni civili indirette: premesse generali, inContr. e impr., 1987, 533, parla di sanzioni indirette in “riferimento a misure che dellasanzione hanno soltanto la funzione: mirano a garantire l’effettività dell’ordinamentogiuridico, a prevenire la trasgressione di precetti posti a salvaguardia di interessigenerali”.

(25) Il fenomeno oltre che nel diritto tributario (ove in termini generali v.MICHELI, Corso di diritto tributario, Torino 1981, 64) si rinviene anche in altri settori deldiritto pubblico, si vedano ad es. le stimolanti considerazioni di GUARINO, Sul regime

costituzionale delle leggi di incentivazione e di indirizzo, in Scritti di diritto pubblicodell’economia, Milano 1962, 125 e seg.; più di recente BASSI, Sanzioni amministrative

edilizie e interesse pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 1981, I, 480 e seg.(26) Premessa la situazione base della reazione dell’ordinamento alla commis-

sione diun illecito, ove la funzione afflittiva dello strumento di reazione fosse preva-lente, e perciòqualificante, si avrebbe una vera e propria sanzione punitiva camuffata (v.infra).

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(o punitiva), la funzione retributiva, la funzione di prevenzione gene-rale e la funzione di prevenzione speciale; in contrapposizione altributo per l’individuazione della sanzione e della funzione afflittiva sidovrà tener conto della natura giuridico-formale della fattispecie, delpresupposto, della compresenza di sanzioni penali, amministrative e/ocivili, del parametro di quantificazione, dell’entità ed infine delladestinazione del prelievo (27).

La notevole complessità del suindicato schema di indagine po-trebbe indurre prima facie a condividere le perplessità di fondo avan-zate in ordine alla distinzione tra sanzioni proprie ed improprie (28);tuttavia, ove si riesca ad individuare nella categoria in esame elementicomuni con il fenomeno sanzionatorio, sembrerebbero possibili rifles-sioni costruttive, riprendendo e valorizzando gli spunti garantisticiofferti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione; deve poi pre-starsi comunque attenzione all’ambigua tecnica legislativa di sanzio-nare in modo occulto (29), senza le garanzie indefettibili del diritto

(27) . Per gli approfondimenti v. DELFEDERICO, Le sanzioni cit., 23 e seg., 147 eseg., 167 e seg., e sopratuttoMARCHESELLI, Le attività illecite tra Fisco e sanzione, Padova,2001, 17 e seg.

(28) Osservano COPPA - SAMMARTINO, Sanzioni cit., 425, che “se le cosiddettesanzioni improprie non sono sanzioni, la distinzione rispetto a quelle proprie perdequalsiasi rilevanza sotto il profilo scientifico ed anzi ostacola la corretta comprensionedel fenomeno”; analoghe riserve sono espresse dalla maggior parte della dottrina, cheevidenzia l’inconsistenza e l’inutilità della categoria.

(29) II fenomeno è stato acutamente percepito da PALAZZO, Il principio di

determinatezza nel diritto penale, Padova 1979, 191, il quale rileva che “è indispensabiletentare di delimitare con la massima precisione possibile l’ambito di applicazione dellenorme costituzionali che impongono obblighi al legislatore al fine di evitare chequest’ultimo si sottragga a quegli obblighi ricorrendo all’espediente di qualificareformalmente una determinata disciplina come estranea all’ambito di applicazione dellanorma costituzionale, come ad esempio potrebbe avvenire nel caso in cui il legislatoretentasse di “aggirare l’osservanza...” dei principi costituzionali in materia penale“qualificando come extrapenale la disciplina di una materia che invece presenta tutti icaratteri propriamente penalistici”.

Ovviamente a proposito delle sanzioni improprie nel diritto tributario il fenomenosi presenta in modo più confuso ed ambiguo, in quanto la sanzione impropria nonpresenta “tutti i caratteri” propriamente penalistici o comunque in senso ampiopunitivi. Particolarmente acute risultano le considerazioni di MICHELI, Profili critici, cit.,16, a proposito del camuffamento delle misure sanzionatone in prestazioni impostetributarie, al fine di eludere il divieto di retroattività posto dall’art. 25, 2 co., Cost. (dellostesso Autore: Corso cit., 64); il problema si è posto in passato con particolare vivacitàa proposito delle vane forme di avocazione dei profitti di contingenza, dei profitti di

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punitivo (30), comportamenti illeciti che dovrebbero essere più corret-tamente puniti con strumenti naturalmente e tipicamente preordinatialla repressione dell’illecito.

Il percorso da seguire sembra essere quello già tracciato dalla CorteEuropea dei Diritti dell’Uomo, nella cui giurisprudenza la reazione al-l’illecito e la funzione afflittiva costituiscono elementi di identificazionedella sanzione in senso ampio, tali da consentire di estendere all’illecitoamministrativo - ed anche all’illecito amministrativo tributario - le ga-ranzie fondamentali dalla Convenzione Europea genericamente previ-ste per la “materia penale” (intesa quindi in senso materiale) (31).

Tuttavia per le sanzioni improprie si presentano difficoltà ulteriorie rischi di gravi equivoci, condizionati da opzioni arbitrarie e valoriali.

Invero l’identificazione di una sanzione impropria non può basarsi

guerra e dei profitti di regime (in argomento v. A. BERLIRI, Sulla natura giuridica e sulla

disciplina dell’avocazione dei profitti di regime, in Foro it., 1951, I, 426; ID., Ancora sulla

natura giuridica e sulla disciplina dell’avocazione dei profitti di regime, ibidem, stessaannata, I, 543; POTITO, Profitti di contingenza (Avocazione dei), in Noviss. Dig. It., 38 eseg.; ID., Profitti di guerra (Imposta straordinaria e avocazione allo Stato), ibidem, 44 eseg.).

(30) In vari settori dell’ordinamento si assiste al diffondersi di meccanismi giuri-diciche assolvono una data funzione, pur senza essere formalmente riconducibili,secondo iconsueti canoni sistematici, agli istituti cui ordinariamente e tradizionalmenteviene assegnataquella funzione. Per la materia tributaria la vicenda, di pregnanteattualità, è stata acutamente evidenziata da MANZONI, Imposizione fiscale, diritti dilibertà e garanzie costituzionali, in Studi in onore di E. Allorio, Milano 1989, II, 2014,il quale di fronte a “forme più o meno occulte di imposizione, attuate dall’ordinamentoal di fuori del sistema giuridico tributario” propone una reazione antiformalistica equindi una concezione dell’art. 53, 1 co., come norma che pone “delle garanzie di ordinesostanziale, delle vere e proprie garanzie “di risultato”, destinate come tali ad operarecon diretto riferimento ai dati della realtà effettuale, di là dagli schemi giuridico-formalidella previsione normativa... un’effettiva sostanziale attuazione delle garanzie espressedal 1 co. dell’art. 53 Cost. postula necessariamente l’estensione di tali garanzie ad ogniforma di prelievo a carattere sostanzialmente impositivo, quale che sia lo strumento ol’istituto giuridico utilizzato dal legislatore per realizzarlo” (2016-2017); merita inoltreparticolare menzione il pregevole lavoro di INGROSSO, Diritto sistema e giustizia tributari,in Rass. Trib., 1990, I, 183 e seg., che si pone in ottica analoga prospettando un vagliodi legittimità della norma tributaria “rispetto alla sua efficienza a garantire astratta-mente il perseguimento delle finalità legislative che a loro volta devono essere positi-vamente rispondenti alle finalità costituzionalmente consentite” (203).

(31) Tali temi sono ormai ampiamente indagati dalla dottrina tributaria europeaed italiana, v. per tutti AA.VV. Convenzione europea dei diritti dell’uomo e giustizia

tributaria italiana, a cura di F. Bilancia, C. Califano, L. Del Federico e P. Puoti, Torino2014..

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in modo chiaro e netto né sul regime formale, né sul dato strutturale,né sul criterio funzionale (data la polifunzionalità e la non prevalenzadella funzione afflittiva). Come si desume dalla casistica giurispruden-ziale, della Corte Costituzionale e della Corte di cassazione, si do-vranno coordinare i tre diversi profili.

Su tali basi, per potersi configurare una sanzione impropria si devequindi affiancare all’analisi del regime formale, quella della strutturadella fattispecie e delle relative funzioni, cercando di identificare itratti essenziali del dato strutturale, quand’anche la reazione ordina-mentale alla violazione del precetto risulti articolata in modo impro-prio, non tramite una sanzione strictu sensu, ma mediante una diversaconseguenza sfavorevole.

È evidente il notevole disagio che tale nebuloso contesto creaall’interprete ed all’operatore del diritto, ma se il Legislatore utilizzaimpropriamente categorie ed istituti non ci si può certo limitare aformulare aspirazioni improntate al recupero della sistematicità e dellacoerenza normativa, ma si deve privilegiare un approccio sostanziali-stico volto a salvaguardare un ragionevole assetto, equilibrato e prag-matico, dei rapporti giuridici.

Del resto è innegabile che le sanzioni improprie in materia tribu-taria godono di ampia casistica e notevole diffusione.

Basti considerare che il moderno diritto tributario, privilegiando ilmeccanismo dell’autoliquidazione, pone a carico del contribuenteadempimenti che tradizionalmente vedevano il soggetto passivo comemero destinatario della pretesa impositiva; da una lunga esperienza, incui la tipica espressione dei poteri impositivi era essenzialmente l’at-tività di liquidazione e l’emanazione di provvedimenti di applicazionee di riscossione dei tributi, si è giunti ormai ad una realtà in cui talipoteri sono orientati essenzialmente all’attività di controllo ed all’e-manazione di provvedimenti volti a reprimere le violazioni in cui siaincorso il contribuente nell’attuazione degli adempimenti e nell’auto-liquidazione dei tributi.

Necessariamente quindi l’osservanza dei doveri posti a carico delcontribuente, e dei terzi a vario titolo coinvolti nell’attuazione delprelievo, deve essere tutelata attraverso la capillare previsione disanzioni penali, amministrative, civili, indirette, improprie (32). Ed è

(32) Meritano particolare attenzione le riflessioni di FANTOZZI, Diritto tributario,cit., 444, 446, il quale ha criticato l’abuso delle sanzioni tradizionali, penali ed ammi-

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appena il caso di evidenziare che ogniqualvolta, per scelte politiche, siassiste ad un ridimensionamento dello strumento penale, o ad unaattenuazione del sistema sanzionatorio amministrativo, il rischio èquello di una abnorme utilizzazione delle sanzioni improprie (stante laneutralità delle sanzioni civili, per loro natura scarsamente inidoneesul piano general preventivo).

3. La casistica. - Sulla base del quadro sistematico sin qui deli-neato è ora opportuno evidenziare le più significative fattispecie per lequali assume rilievo attuale la problematica delle sanzioni impro-prie (33):

- a) l’obbligo del pagamento dell’imposta di registro, previstodall’art. 61 del T.U. del Registro (DPR 26 aprile 1986, n. 131) a caricodei rappresentanti delle amministrazioni dello Stato, dei cancellieri,dei procuratori e delle parti, qualora, in caso di registrazione a debito,non siano state rispettate le disposizioni previste dal precedente art. 60,ovvero sia fatto dell’atto un uso diverso da quello per cui è stataconcessa tale modalità di registrazione;

- b) i divieti che gli artt. 65 e 66 del T.U. del Registro pongono aipubblici ufficiali e ad alcuni impiegati pubblici, di menzione, utilizzo,ricezione e rilascio di copie relative ad atti soggetti a registrazione intermine fisso e non registrati;

- c) la perdita, ai sensi degli artt. 25, comma 1, DPR n. 633/1972,del diritto alla detrazione dell’Iva per il contribuente che registri lefatture fuori termine (34);

nistrative, auspicando un maggior utilizzo di quelle sanzioni che “ponendo vincoli allacircolazione ed al commercio dei beni ... appaiono ... più rispondenti alle esigenze di unsistema in cui il rispetto della norma tributaria è piuttosto da affidare all’interesse delcontribuente, che non al controllo di un’amministrazione palesemente inadeguata”.

(33) Invero gran parte della giurisprudenza della Corte di cassazione e della CorteCostituzionale è relativa a casistica risalente, ormai superata; v. comunque la miarassegna in Sanzioni improprie ed imposizione tributaria, cit., ed ALBANO, Illecito

tributario e sanzioni improprie in materia di prezzi di trasferimento, in questa Rivista,2013, I, 86-86.

(34) La Commissione Tributaria Centrale nella decisione 28 settembre 1985, n.7791, ha qualificato espressamente tale fenomeno come “sanzione” (in Riv. dir. fin.,1987, II, 150 ss., con nota di BASILAVECCHIA); il meccanismo è stato parzialmentemodificato dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313; successivamente la giurisprudenza haoptato per un’interpretazione della norma volta a salvaguardare il diritto alla detra-zione pur in presenza della registrazione fuori termine (v. Cass., sez. trib., 25 giugno2001, n. 8656, in Dir. prat. trib., 2002, II, 1038, con nota adesiva di SALA, La registrazione

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- d) l’indetraibilità dell’Iva sugli acquisti, pagata dai contribuentisottoposti ad accertamento induttivo, non risultante dalle liquidazionie dai versamenti periodici, prevista dall’art. 55, comma 1, DPR n.633/1972 (v. par. 52.2);

- e) la perdita del diritto alla rivalsa, prevista dall’art. 60, comma 6,DPR n. 633/1972, per l’imposta pagata in conseguenza dell’accerta-mento o della rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o deicommittenti dei servizi; il rigore della preclusione è stato attenuato daun intervento legislativo del 2012, ma persistono molteplici profili dicriticità (35);

- f) il divieto di prova contemplato dall’art. 52, comma 5, DPR n.633/1972, nel caso di rifiuto dell’esibizione di libri, registri, scritture odocumenti, da parte del contribuente, cui viene poi precluso l’utilizzodi tali mezzi di prova in sede amministrativa e contenziosa (36);

tardiva delle fatture non fa perdere il diritto alla detrazione; e da ultimo Cassazione, sez.V., 25 novembre 2011, n. 24912).

(35) Sino al 2012 l’ultimo comma dell’art. 60 cit, disponeva rigidamente che “ilcontribuente non ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta pagata inconseguenza dell’accertamento o della rettifica nei confronti dei cessionari dei beni odei committenti dei servizi”. I gravi (e fondati) dubbi di incompatibilità con i principieuropei in materia di Iva hanno indotto il Legislatore ad introdurre modifiche tali daripristinare la neutralità dell’Iva ed il diritto alla rivalsa; il nuovo testo, in vigore dal 24gennaio 2012 (DL 24 gennaio 2012 n. 1, art. 93), prevede ora che “il contribuente hadiritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accerta-mento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizisoltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzionie degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alladetrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo aquello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsaed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.

Ovviamente rimangono aperte diverse questioni, alcune di rilievo europeo (bastipensare all’ipotesi della persistente disapplicabilità della vecchia norma), altre dirilievo interno (in merito v. ad es. STEVANATO, La rivalsa dell’Iva accertata, tra ripristino

della neutralità del tributo e problematiche applicative, in Dialoghi trib., 2012, 67;BASILAVECCHIA, Leggi interpretative e divieto di restituzione dell’Iva già pagata tra

rimborso e detrazione, in Corr. trib., 2007, 2925 ss.; per la prassi Agenzia delle Entrate,Circolare 17 dicembre 2013, n. 35/E); in questa sede interessa evidenziare checonfigurandosi le preclusioni del diritto di rivalsa quale sanzioni improprie risultanoapplicabili i principi generali del diritto punitivo e soprattutto il favor libertatis ex art.3 D.Lgs. n. 472/1997.

(36) Per quanto riguarda la natura sanzionatoria di questa fattispecie è opportunoevidenziare che l’art. 9 del D.Lgs. n. 471/1997, nell’ambito delle disposizioni comuni alleimposte dirette e all’imposta sul valore aggiunto, tratta unitariamente delle violazioni

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analogo divieto è poi previsto dallo stesso art. 52, omma 10, per il casoin cui il contribuente dichiari che le scritture si trovano presso altrisoggetti, senza esibire l’apposita attestazione, o per il caso in cui ildepositario si opponga all’accesso o non esibisca le dette scritture;

- g) il divieto di prova contemplato dall’art. 32, comma 4, DPR 29settembre 1973, n. 600, nel caso di rifiuto dell’esibizione di libri,registri, scritture o documenti, da parte del contribuente, cui viene poiprecluso l’utilizzo di tali mezzi di prova in sede amministrativa econtenziosa (37);

- h) il divieto di prova contemplato dall’art. 61, comma 3, DPR n.600/1073, concernente le circostanze omesse nelle scritture contabiliobbligatorie o in contrasto con le risultanze di queste;

- i) l’imputazione ai ricavi, ex art. 32, comma 1, n. 2, DPR n. 600,dei prelevamenti annotati nei conti bancari e non risultanti dallescritture contabili, nel caso in cui il contribuente non ne indichi ilsoggetto beneficiario (38).

degli obblighi relativi alla contabilità, prevedendo per il “rifiuto” apposita sanzioneamministrativa.

TOSI, Riflessi amministrativi e penali del “rifiuto di esibizione” di cui all’art. 52 del

DPR n. 633 del 1972, in questa Rivista, 1991, II, 477-479, individua esattamente neldivieto in questione “un contenuto indirettamente sanzionatorio”, anche mediante larilevanza soggettiva della causa della omessa esibizione (v. altresì VOGLINO, La rilevanza

dell’elemento psicologico nel rifiuto di esibizione di documenti previsto dalla disciplina

dell’Iva, in Boll. trib., 1991, 1603).(37) In questo caso la natura sanzionatoria emerge inequivocabilmente anche

dalla formulazione letterale della norma, e segnatamente dalla disciplina dell’esimente:“le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti onon trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considera-zione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa econtenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richie-sta. Le cause di inutilizzabilità ... non operano nei confronti del contribuente chedepositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosale notizie, i dati, i documenti, i libri e i registri, dichiarando comunque contestualmentedi non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.

(38) Per la natura sanzionatoria v.: TOSI, Riflessi amministrativi e penali, cit., 480;ID., Segreto bancario: irretroattività e portata dell’art. 18 della legge n. 413 del 1991, inRass. trib., 1995, 1396, nota 29; MULEO, “Dati”, “dabili” ed “acquisibili” nelle indagini

bancarie tra prove ed indizi (e cenni minimi sull’abrogazione delle c.d. sanzioni impro-

prie), in questa Rivista, 1999, II, 609 ss.; ID., Contributo allo studio del sistema

probatorio nel procedimento di accertamento, Torino, 2000, 299 ss.; FIORENTINO, La Corte

di Cassazione e gli “accertamenti bancari”: questioni vecchie e nuove tra retroattività,

obbligo di preventivo contraddittorio e valenza “probatoria” delle movimentazioni

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Si tratta di fattispecie ragionevolmente qualificabili come sanzioniimproprie, benché non sia affatto possibile enucleare orientamentiadeguatamente delineati in proposito, in quanto sino ad oggi il temaveniva affrontato in ottica critica e la categoria assumeva connotazioniesclusivamente negative. Ovviamente a fronte di queste fattispecie perle quali la funzione sanzionatoria è piuttosto evidente, il sistematributario ne presenta numerose altre di dubbia e complessa qualifi-cazione, sulle quali non è possibile soffermarsi, in quanto, a secondadei casi, prevalgono orientamenti tendenti ad escluderne la naturasanzionatoria, si riscontrano recenti interventi di atti a ridimensio-narne gli effetti, ma, soprattutto, sarebbe necessaria una approfonditaanalisi specifica centrata sui profili sostanziali e sui meccanismi appli-cativi (39).

Sono invece certamente privi di qualsivoglia connotazione sanzio-

bancarie, in questa Rivista, 2002, II, 330. Per ulteriori rilievi critici v. SAMMARTINO, La

rilevanza fiscale delle operazioni bancarie di prelevamento, in AA.VV., Diritto tributarioe Corte Costituzionale, a cura di L. Perrone e C. Berliri, Napoli, 2006, 445 ss..

A conforto della natura sanzionatoria della norma si evidenzia che la fattispecieposta a base dell’effetto sfavorevole non è configurabile come presunzione, giacchél’imputazione dei prelevamenti bancari ai ricavi è palesemente contraria all’essenzaeconomica delle operazioni (al prelevamento corrisponde una spesa, giammai unricavo), donde l’assoluta mancanza del nucleo concettuale della presunzione; l’impu-tazione ai ricavi dei prelevamenti bancari è la sanzione che il contribuente subisce ovesi rifiuti di indicare il beneficiario, senza che regole tecniche o massime di esperienzapossano in alcun modo giustificare, sul piano sostanziale o probatorio, tale imputa-zione.

(39) Si pensi ad es.: alla decadenza dalle agevolazioni tributarie per la proprietàcontadina (Cass., sez. un, 28 marzo 2006, n. 7033; MONTESANO, Proprietà coltivatrice. Le

Sezioni Unite della Cassazione compongono il contrasto sul divieto di rivendita quin-

quennale, in Fisco, 2006, 4042); alla decadenza dalle agevolazioni prima casa (MASTRO-IACOVO, L’Agenzia chiarisce la decadenza dall’agevolazione prima casa per successioni e

donazioni, in Corr. trib., 2011, 1516); alla indeducibilità delle minusvalenze su parteci-pazioni extra PEX, collocate nel circolante (nel 2012 sostituita da una sanzionepecuniaria - MOLINARO, Cambia la disciplina sanzionatoria delle omesse comunicazioni

delle minusvalenze su titoli, in Corr. trib., 2012, 981); alla perdita della cd. penalty

protection in materia di prezzi di trasferimento (ALBANO, Illecito tributario e sanzioni

improprie in materia di prezzi di trasferimento, cit., 73 ss.); alla sostituzione della duratadel contratto di locazione ad uso abitativo e della entità del canone, e per talune ipotesialla nullità, di cui all’art. 3, commi 8 e 9, D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, in caso diviolazioni relative alla registrazione dei contratti (Corte Cost. 12 febbraio 2014, n. 50,ha affermato la natura sanzionatoria di tali meccanismi, ma è giunta a dichiararliillegittimi ex art. 76 Cost., in quanto introdotti dal Governo esorbitando dalla LeggeDelega 5 maggio 2009, n. 42).

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natoria gli accertamenti indiretti e presuntivi, nelle loro variegateforme induttive e sintetiche (40).

La prospettiva potrebbe risultare ben diversa nel caso in cui lamodalità di accertamento debordi sul piano sostanziale: laddove afronte di un comportamento antigiuridico scattasse un meccanismopresuntivo che non ammettesse prova contraria, ci si troverebbe inpresenza di una sanzione impropria (41).

Tuttavia, in genere, si tratta di presunzioni juris tantum, o diparticolari regimi probatori, per cui la funzione sanzionatoria non èconfigurabile, risolvendosi il meccanismo nell’attribuzione di un merovantaggio, procedimentale e/o processuale, all’amministrazione finan-ziaria (42).

4. Le sanzioni improprie nel quadro dei valori costituzionali. -Come si è visto le sanzioni improprie presentano molteplici problemi:- la dottrina classica le ha sempre evocate in senso negativo, comefenomeno distorsivo rispetto ai valori costituzionali; - risulta estrema-mente difficile identificare la categoria ed attribuirle un proprio regimegiuridico; - risulta ancor più difficile identificare una specifica fattispe-cie, stante la scarsa significatività del dato positivo e la polifunzionalitàlatente nel fenomeno.

Tuttavia, una volta preso atto della legittimazione costituzionaledelle sanzioni improprie, da parte della Consulta, e della loro valoriz-zazione in chiave garantistica, da parte della Cassazione, sembraopportuno proiettarsi in un’ottica costruttiva.

Diventa quindi essenziale delineare fondamenta e caratteri dellacategoria, cercando di differenziare i meri fenomeni distorsivi, rispettoai valori costituzionali, dalle sanzioni improprie, latu sensu afflittive

(40) II problema si pone in termini analoghi per tutti gli accertamenti indiretti epresuntivi; la dottrina è divisa, per un quadro delle variegate posizioni v. LUPI, Metodi

induttivi e presunzioni nell’accertamento tributario, Milano 1988, 254 ss., in particolarenota 4, il quale ritiene esattamente che tali accertamenti siano privi di afflittività, inquanto diretti ad accertare il reddito effettivo.

(41) È stato evidenziato che “l’incontrovertibilità dell’induzione finalizzata allaprevenzione ed alla repressione di comportamenti antigiuridici ne attesta il carattereindirettamente sanzionatorio” (TOSI, Riflessi amministrativi e penali, cit., 479).

(42) In tal senso v. ampiamente LUPI, Metodi induttivi e presunzioni, cit., 259; iltema dei rapporti tra presunzioni e sanzioni improprie nel diritto tributario è stato daultimo ripreso ed approfondito da MARCHESELLI, Le Presunzioni nel diritto tributario:

dalle stime agli studi di settore, Torino, 2008, 283 ss..

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(nelle quali la funzione afflittiva è presente unitamente ad altre fun-zioni concorrenti, ma - seppure significativa - non è prevalente);ulteriore distinzione va fatta rispetto alle sanzioni improprie cheoccultano una punizione in senso stretto (nelle quali la funzioneafflittiva, seppure concorrente con altre, risulta essere prevalente equindi qualificante); queste ultime si configurano in sostanza comevere sanzioni atipiche, nelle quali tuttavia la struttura e la qualifica-zione giuridico formale non sono quelle proprie delle sanzioni in sensostretto.

Costituisce base per ogni riflessione sull’argomento l’opinione diquella parte della dottrina che tende ad evidenziare l’illegittimitàcostituzionale delle sanzioni improprie consistenti in maggiorazioni,dirette o indirette, dell’imposta, ingiustificate rispetto all’effettiva ca-pacità contributiva del soggetto passivo (43), ritenendo viceversa com-patibili con i principi le sole sanzioni improprie che incidono negati-vamente nei confronti del contribuente sul piano procedimentale,avvantaggiando l’amministrazione (44).

Come si è avuto modo di evidenziare trattasi di aspirazioneapprezzabile sul piano dell’equità e della ottimale coerenza del si-stema, ma disattesa dalla giurisprudenza costituzionale, che viceversaper salvaguardare l’interesse fiscale ritiene più ragionevolmente com-primibile il principio di capacità contributiva che non il principio dellainviolabilità della difesa. Nelle rare occasioni in cui la Corte hadichiarato l’illegittimità costituzionale di norme che prevedevano san-zioni improprie si è basata essenzialmente sull’art. 24 Cost. (45).

(43) POTITO, Natura e limiti di applicazione della maggiorazione del 10% del

reddito iscritto per l’anno precedente in caso di omessa dichiarazione, in Riv. dir. fin.,1964, II, 347; DE MITA, L’influsso della giurisprudenza, cit., 608; ID., Il diritto tributario,cit., 13-15; MOSCHETTI, Il principio della capacità contributiva, Padova, 1973, 311; COPPA

- SAMMARTINO, Sanzioni tributarie, cit., 426; più sfumate le critiche di PERRONE, Una

sentenza di accoglimento parziale in tema di capacità contributiva, in Riv. dir. fin., 1968,II, 123; PUOTI, Appunti sulla pretesa incostituzionalità, cit., 225-226; FALSITTA, Appunti in

tema di legittimità costituzionale delle presunzioni fiscali, in Riv. dir. fin., 1968, II, 13,34-35; MICHELI, Profili critici, cit., 15; TINELLI, Rilievi sulla tutela giuridica, cit., 288-289(il quale peraltro, pur non invocando direttamente il principio di capacità contributiva,evidenzia l’inopportunità di meccanismi sanzionatori che incidano sulla determinazionedel reddito imponibile).

(44) Per tutti i fondamentali contributi di DE MITA, L’influsso della giurispru-

denza, cit., 608; ID., Il diritto tributario, cit., 13-15.(45) Come è avvenuto ad es. per il fallimento fiscale, Corte Cost., 9 marzo 1992,

n. 89, in G.U. 18 marzo 1992.

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È orientamento consolidato quello secondo cui “la determina-zione della quantità del tributo che il contribuente è tenuto a corri-spondere può ben essere dalla legge subordinata alla osservanza di undato obbligo”, senza che ciò possa, di per sé, confliggere con ilprincipio di capacità contributiva (46).

Anche laddove la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegit-tima la automatica reiscrizione a ruolo con maggiorazione del 10%,ritenendo violato l’art. 53, comma 1, ha dato rilievo alla irrazionalelimitazione del diritto di difesa, sotto il profilo della preclusione dellaprova contraria (47).

Si segnala poi la sentenza 10 novembre 2001, n. 333 (48), con laquale la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 7 dellalegge 9 dicembre 1998, n. 431, che poneva quale condizione perl’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato, adi-bito ad uso abitativo, la dimostrazione, da parte del locatore, dellaregolarità della propria posizione fiscale quanto al pagamento dell’im-posta di registro sul contratto di locazione, dell’Ici e dell’imposta suiredditi relativa ai canoni. Secondo la Consulta, tale “onere”, impostoal locatore a pena di improcedibilità dell’azione esecutiva, ha finiesclusivamente fiscali e risulta privo di qualsivoglia connessione con ilprocesso esecutivo e con gli interessi che lo stesso è diretto a realizzare,configurandosi come una preclusione, o un ostacolo, all’esercizio dellatutela giurisdizionale, in violazione dell’art. 24.

La sentenza parla di “onere” e la circostanza è significativa, inquanto la fattispecie dell’onere risulta alternativa a quella dell’obbligo,ed antitetica allo schema precetto-violazione-sanzione (v. pure la sen-tenza n. 121/1982, retro), per cui potrebbero risultare per tale viaridimensionate alcune delle problematiche in tema di sanzioni impro-prie.

Tuttavia la stessa Corte aggiunge che “l’onere suddetto, avendo adoggetto la dimostrazione da parte del locatore di aver assolto taluniobblighi fiscali (e precisamente: la registrazione del contratto di loca-zione dell’immobile, la denuncia dell’immobile locato ai fini dell’ap-plicazione dell’Ici ed il pagamento della relativa imposta nell’annoprecedente, la dichiarazione del reddito dell’immobile locato ai fini

(46) Così, fra le tante Corte Cost. n. 201/1970, cit.(47) Corte Cost. n. 103/1967, cit.(48) In Corr. trib., 2002, 57, con nota di DE MITA.

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dell’imposta sui redditi)” è “imposto esclusivamente a fini di controllofiscale ...”.

Sul piano sistematico è poi chiaro che le norme che prescrivonol’osservanza di un onere si disinteressano del comportamento ad essocontrario, il quale non viene quindi vietato né in modo esplicito, né inmodo implicito, né direttamente, né indirettamente; l’inosservanzadell’onere non può mai configurarsi come comportamento antigiuri-dico (49).

Risulta quindi evidente che ben di rado è ravvisabile l’utilizzodell’onere, emergendo significativamente la sostanziale rilevanza del-l’illecito come causa di giustificazione delle conseguenze sfavorevoli.

In tale contesto si ritiene che - stante l’orientamento rigoristaormai consolidatosi nella giurisprudenza costituzionale - le più ade-guate forme di garanzia del contribuente nei confronti delle sanzioniimproprie debbano essere ricercate nella prospettiva sanzionatoria enon in quella impositiva (centrata sull’art. 53, comma 1).

Anche per le sanzioni improprie (omnicomprensivamente intese)il legislatore dovrà rispettare i limiti di ordine razionale e costituzio-nale (pure in termini di equilibrio tra i diversi valori) inerenti l’intro-duzione di misure sanzionatorie, quali la proporzionalità tra sanzionee violazione, e la coerenza del sistema nel suo insieme (50).

Si tratta di principi generali che dovrebbero ispirare da un lato lapolitica del diritto, e dall’altro il lavoro della giurisprudenza, costan-temente proposti in relazione alle sanzioni penali; tali principi vengonofrequentemente invocati anche a proposito delle sanzioni amministra-tive e tributarie, ma risultano poi trascurati quando si passa ad inda-gare su fenomeni impropriamente (indirettamente) sanzionatori.

Né si potrebbe affermare che le sanzioni improprie latu sensu

afflittive, non essendo sanzioni (giacché in esse la funzione punitivanon è qualificante) sono per natura estranee ai suddetti principi,giacché anche in tali fattispecie illiceità ed afflittività hanno pur sempre

(49) CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, Roma, 1951, 174; BETTI, Teoria

generale del negozio giuridico, Torino, 1955, 109; MICHELI, L’onere della prova, Padova,1966, 60 ss.

(50) Per acuti cenni alla problematica LA ROSA, La indeducibilità dei costi, cit., 5,ove, in relazione alla questione di legittimità dell’art. 74 del DPR n. 597/1973, leggesi“in tanto può conseguirsi l’obbiettivo di una sempre maggiore osservanza degli obblighicontabili, in quanto alle singole omissioni ed irregolarità non siano collegate conse-guenze più onerose di quelle riguardanti la totale inosservanza di quegli obblighi”.

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un grado apprezzabile, che assume un certo rilievo, come risultadall’articolato percorso della giurisprudenza costituzionale.

Ma ciò che più conta è che in termini gnoseologici lo studio dellesanzioni improprie consente di smascherare i denunciati ambigui fe-nomeni di punizioni occulte (51).

Del resto dovrebbe essere ormai chiaro che in termini generali,anche secondo un inderogabile principio di civiltà giuridica, ove illegislatore utilizzi in funzione punitiva un istituto cui a priori talenatura è estranea, deve dotarlo dell’apparato minimale proprio deglistrumenti sanzionatori in senso stretto: in sostanza deve essere semprerispettato il rapporto illecito-accertamento della responsabilità-puni-zione.

Sembrano invece emergenti segnali in senso opposto: ciò che sideve temere è proprio la sostituzione delle sanzioni amministrative,assistite in genere da garanzie sostanziali e procedimentali, con misureche pur non appalesandosi come sanzioni sul piano formale, hannofunzione punitiva e sono prive di garanzie, risultando altresì sottratte,per l’ambigua veste formale ad esse attribuita, al regime costituzionaledella sanzione punitiva (già di per sé di incerta collocazione, tra l’art.23 e l’art. 25, comma 2).

Si tratta peraltro di una problematica tutt’altro che originale, già inpassato molto diffusa, che ha avuto rilevanza anche nella legislazionemoderna, pur se in costante recessione (52); il dato nuovo sembracostituito proprio dall’inversione di tendenza, assistendosi, nella poli-tica del diritto degli ultimi anni, alla riesumazione ed alla valorizza-zione di tali meccanismi sanzionatori (basti pensare al cit. art. 7, legge

(51) Due attenti studiosi del fenomeno sanzionatorio pur propugnando (conmetodologia ed intento sistematico del tutto condivisi) un concetto rigorosamentedelimitato di sanzione amministrativa, hanno evidenziato che “la preferenza accordataa una nozione molto ampia di sanzione amministrativa per certi profili è stata all’originedi progressi sostanziali ... si pensi, ad esempio, al tentativo di una parte della giurispru-denza amministrativa di utilizzare la nozione più estesa per affermare il cosiddettoprincipio del giusto procedimento rispetto ad ogni ipotesi di applicazione di unasanzione amministrativa così ampiamente intesa” PALIERO - TRAVI, La sanzione ammi-

nistrativa, cit., 351, vengono indicate: Cons. St. sez. VI, 11 giugno 1968, n. 348, in Foroamm., 1968, I, 2, 914; Cons. St., sez. V, 13 dicembre 1974, n. 617, in Cons. di Stato, 1974,I, 1670; Cons. St., sez. VI, 23/ 2/1983, n. 105, in Foro amm., 1983, I, 98).

(52) Per un quadro della tematica v.: CALAMANDREI, Il processo civile sotto l’incubo

fiscale, in Riv. dir. proc. civ., 1931, I, 70; VANONI, Irregolarità fiscali e processo, in Riv. dir.fin., 1938, I, 222; MICHELI, Limitazioni all’azione in giudizio ed oneri fiscali, in Giur.cost., 1965, 1048..

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n. 431/1998, v. retro). Si registra l’arretramento del diritto punitivo,essendo politicamente e socialmente meno impegnativo parlare diindeducibilità, preclusioni, limiti, inversioni dell’onere della prova ecc.,piuttosto che di reclusione, arresto, multa, contravvenzione, sanzioneamministrativa ecc.; a prescindere poi dai vantaggi sul piano tecnicogiuridico, di economia dell’azione impositiva ecc.

Comunque, una volta percepita l’importanza del fenomeno, esgombrato il campo dagli eccessivi condizionamenti formali e qualifi-catori, è opportuno ribadire che le sanzioni improprie (latu sensu

afflittive) sono qui concepite come strumenti di reazione alla viola-zione del precetto, non qualificati né disciplinati dal legislatore comesanzioni, e purtuttavia aventi un’apprezzabile funzione affittiva (puni-tiva), ancorché concorrente con altre funzioni e non prevalente.

Certo non è agevole superare le obiezioni di quella autorevoledottrina che rileva l’“inidoneità per fini sistematici della categoria dellesanzioni improprie”, evidenziando che “esse sarebbero numerosissimee come tali difficilmente riconducibili ad una realtà omogenea ...manca loro una specifica disciplina desumibile dal dettato normativo ...per talune di esse si assisterebbe allo strano fenomeno della sanzionesulla sanzione” (53).

Ciononostante l’interprete non può sottrarsi all’arduo compitodell’indagine giuridica della problematica, sopratutto ove si consideriche questa, per sua natura, sfugge al tradizionale approccio sistematicoed alla concezione strutturalistica e formalistica del diritto; non a casol’indagine sulle sanzioni improprie assume concretezza e rilievo appli-cativo nella nuova prospettiva sostanzialistica che va affermandosinegli ultimi anni nella giurisprudenza e nella dottrina del dirittotributario (e più in generale nell’intero ordinamento giuridico).

La Costituzione sembra offrire due limiti all’utilizzo delle sanzioniimproprie da parte del legislatore (54): l’art. 23, che contempla lariserva di legge per le prestazioni personali o patrimoniali imposte; el’art. 97, comma 1, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati

(53) Così COPPA - SAMMARTINO, Sanzioni tributarie, cit., 425; in senso analogoRASTELLO, Sanzioni tributarie, cit., 645; FANTOZZI, Diritto tributario, cit., 451.

(54) Si assume come ipotesi di lavoro l’inapplicabilità degli artt. 25 e 27 Cost., inquanto l’orientamento dominante ritiene che tali norme facciano esclusivo riferimentoalla materia penale in senso stretto (Corte Cost. 25 maggio 1961, n. 29, in Giust. cost.,1961, 551; Corte Cost. 4 giugno 1964, n. 46, ibidem, 1964, 581; PALIERO - TRAVI, La

sanzione amministrativa, cit., 139).

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secondo disposizioni di legge, in modo tale da assicurare il buonandamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Si può discutere dell’art. 23, sotto il profilo del tipo di riserva dilegge in esso contenuta, del rapporto con le altre norme costituzio-nali (55), del tipo di prestazioni personali o patrimoniali cui la normafa riferimento ecc. Certo è che tale riserva di legge pone un apprez-zabile limite alla tecnica normativa utilizzabile per disciplinare leprestazioni personali o patrimoniali, anche nel caso in cui questeavessero funzione sanzionatoria, ed a prescindere dai connotati strut-turali e formali delle stesse (sempre che la sanzione impropria siconfiguri come prestazione imposta) (56). Infatti dovranno essereprevisti dalla legge: il soggetto passivo della prestazione coattiva; ilfatto illecito dal quale deve conseguire la prestazione; il tipo e l’entitàdella prestazione coattiva (57).

Si ritiene poi che corollario dell’art. 23 sia il divieto di analogia in

malam partem (58).Ai principi di imparzialità e buon andamento dell’azione ammini-

strativa, enunciati dall’art. 97, comma 1, Cost., potrebbe ricondursi ilprincipio del “giusto procedimento”, anche nei casi di applicazione disanzioni improprie. Pertanto ove il principio risulti aggirato dalletecniche sanzionatorie che non richiedono un procedimento applica-tivo, potrebbero emergere dubbi in termini di legittimità costituzio-nale; è però necessario prendere atto che il giusto procedimentorisponde ad una aspirazione garantista, mentre la dottrina e la giuri-sprudenza assolutamente prevalenti sono molto prudenti nel delinearele forme di espressione dei principi di imparzialità e buon andamento

(55) Per tutti v. FEDELE, Art. 23, in Commentario della Costituzione, a cura di G.Branca, Rapporti civili, Artt. 22 e 23, Bologna-Roma, 1978, rispettivamente 97 ss., 138ss.

(56) Per qualche spunto nel senso del testo, con specifico riferimento alle sanzioniimproprie, v. BASSI, Sanzioni amministrative edilizie, cit., 487. Sulla concezione funzio-nale delle prestazioni imposte, che alla luce dell’art. 23 Cost. sembra essere la solasoddisfacente, v. FEDELE, Art. 23, cit., 50 ss.; ID., Prestazioni imposte, in Enc. giur.,passim.

(57) In termini generali FEDELE, Art. 23, cit., 100-101.(58) In tal senso CAPACCIOLI, Principi in tema di sanzioni amministrative: conside-

razioni introduttive, in Atti del Convegno di Sanremo, 21-22 ottobre 1978, Le sanzioniin materia tributaria, Milano 1979, 134; scettico FEDELE, Art. 23, cit., 92, nota 23, il qualea proposito del fenomeno impositivo fa discendere l’inapplicabilità dell’analogia dallanatura della norma tributaria, a fattispecie esclusiva, e non dalla riserva di legge.

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dell’azione amministrativa. Comunque per le suddette fattispecie, cosìcome in genere per le sanzioni di tipo preclusivo, la questione dilegittimità potrebbe prospettarsi solo laddove la sanzione fosse conse-guenza diretta di un illecito, e non anche nel caso in cui l’operativitàdella stessa risulti condizionata da un peculiare comportamento del-l’agente, ulteriore rispetto all’illecito base.

Ciò avviene ad esempio per il divieto di prova contemplato dal-l’art. 52, comma 5, DPR n. 633/1972, nel caso di rifiuto dell’esibizionedi libri, registri, scritture o documenti, da parte del contribuente. Èchiaro che tale divieto non scatta in base alla mera omessa esibizione,necessitando dello specifico rifiuto o della dichiarazione di non posse-dere tale documentazione, o della sottrazione di essa all’ispezione;pertanto l’atteggiamento complessivo del contribuente (che non solonon offre spontaneamente per l’ispezione tale documentazione, maaddirittura si rifiuta di esibirla a specifica richiesta) evidenzia unelevato grado di probabilità di sussistenza dell’illecito.

In casi del genere non è assicurata la garanzia del giusto procedi-mento, tuttavia, si utilizzano meccanismi che soddisfano adeguatamentei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa,e più in generale (ove manchi l’azione amministrativa) l’esigenza di unminima verosimiglianza dell’illecito, giacché il doppio grado di illiceità,o se si vuole il complessivo quadro fenomenologico, fanno ritenere al-tamente probabile la sussistenza della violazione base. Quello che contaè che il presupposto necessario per l’operatività della sanzione, esprimaex se un apprezzabile probabilità circa la sussistenza dell’illecito base.

Ben diverso risulterebbe il quadro delle garanzie costituzionaliaderendo alla tesi ancora minoritaria, ma sempre più diffusa, secondocui per le sanzioni amministrative, e quindi anche per le sanzioniamministrative tributarie, dovrebbe operare non l’art. 23 Cost., ma ilben più pregnante art. 25 comma 2 Cost. (59)

Per tale via anche per le sanzioni improprie dovrebbero trovareapplicazione il divieto di retroattività ed il principio di tassatività (macon qualche distinguo, sul quale v. infra).

5. L’applicabilità dei principi generali del D.Lgs. n. 472/1997 e del

diritto punitivo comune. - Negli ultimi anni il dibattito sulle sanzioni

(59) V. per tutti il noto contributo di CORDEIRO GUERRA, Illecito tributario e

sanzioni amministrative, Milano 1996, 150 ss., in cui il principio di legalità in tema disanzioni amministrative tributarie è ampiamente trattato.

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improprie ha registrato un significativo ampliamento: dai classici profilidi legittimità costituzionale si è passati all’applicabilità del favor rei, omeglio favor libertatis, ex art. 3, D.Lgs. n. 472/1997 (60).

Prima la prassi (61) e poi la giurisprudenza hanno ritenuto che ilprincipio del favor rei, o meglio del favor libertatis, possa operareanche per le sanzioni improprie (62).

Particolarmente significativa risulta una prima sentenza del 2000 incui la Corte di cassazione ha ritenuto che l’abrogazione ad operadell’art. 5, DPR 9 dicembre 1996, n. 695, del comma 6 dell’art. 75, Tuirn. 917/1986 - che precludeva la possibilità di provare l’esistenza di costi,altrimenti deducibili, che non fossero stati regolarmente registrati -eliminando tale limite probatorio “costituente un effetto sanzionato-rio, aggiuntivo, dell’obbligo di registrazione”, ha determinato per unverso un ampliamento della facoltà di prova del contribuente, e perl’altro “una riduzione del carico sanzionatorio connesso alla violazionedegli obblighi di registrazione”; inoltre, secondo la Corte, “sia inmateria processuale che in materia sanzionatoria, è consentita l’appli-cazione “retroattiva” dello jus superveniens. In materia processuale,come è noto, vige il principio tempus regit actum, che prescinde dallalegge regolatrice del rapporto sostanziale ... Quanto al profilo sanzio-natorio, anche in materia tributaria è stato codificato il principio delfavor rei, in forza del quale la eliminazione delle sanzioni opera anchein relazione ai fatti pregressi (art. 3 D.Lgs. n. 472/1997). Conseguen-

(60) Come è noto, andando ben oltre il principio di legalità, l’art. 3, in conformitàdell’art. 2 c.p., nell’ambito del favor rei contempla prima la cd. abolitio criminis,prevedendo che “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato asanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore non costituisce violazionepunibile”, e “se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debitoresiduo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato” (comma 2); vienepoi la regola della cd. lex mitior, secondo cui “se la legge in vigore al momento in cuiè stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entitàdiversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione siadivenuto definitivo” (comma 3).

(61) L’apertura inizia con la Nota Min. Fin. 24 luglio 1998, n. 6/1998/91003, in Dir.prat. trib., 1999, I, 278, relativa all’art. 41, comma 4, DPR n. 633/1972, ma il contributodecisivo proviene dalla Corte di cassazione.

(62) Su tale evoluzione giurisprudenziale v. MASTROIACOVO, I limiti alla retroattività

nel diritto tributario, Milano 2005, 102-107.

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temente, la nuova disciplina può trovare applicazione nei procedimentipendenti ...” (63).

Scontata la connotazione sanzionatoria della fattispecie (64), ilprofilo fortemente innovativo è costituito dalla riconosciuta applicabi-lità del favor libertatis ex art. 3 D.Lgs. n. 472/1997 anche alle sanzioniimproprie.

Tale principio è stato ribadito da numerose altre sentenze dellaCorte di cassazione in tema di indeducibilità per costi non regi-strati (65), ed infine applicato anche in materia di Iva (66), in relazioneall’imposta dovuta per l’omessa auto fatturazione ex art. 41, DPR n.633/1972 (67).

Nel solco di questo consolidato orientamento si colloca anche unasentenza della Corte di cassazione (68) secondo cui alla indeducibilitàdei costi ed oneri non registrati ex art. 74, DPR n. 597/1973 (omologodell’art. 75 Tuir), sempre in ragione della sua natura sanzionatoria,

(63) Cass, sez. trib. 22 novembre 2000, n. 15088, in questa Rivista, 2001, II, 313,con nota di ZIZZO, Sulla natura dell’art. 75, comma 6, Tuir e sugli effetti della sua

abrogazione.(64) Sulla quale v. Corte Cost. n. 201/1970 cit. e Corte Cost. n. 186/1982 cit.(65) Sez. trib., 25 gennaio 2002, n. 889, in Giust. civ. Mass. 2002, 133; sez. trib., 5

febbraio 2002, n. 1528, in Vita not. 2002, 444; sez. trib., 11 luglio 2002, 10090, in Corr.Trib 2002, 4113, con nota di SANTI, Il favor rei applicabile anche alle sanzioni improprie.

(66) Un primo gruppo di sentenze ha fatto applicazione del favor rei per l’obbligodel cessionario di pagare l’Iva in caso di omessa fatturazione, senza qualificare espli-citamente tale fattispecie come sanzionatoria: Cass., sez. trib., 20 aprile 2001, n. 5868, inGiur, trib., 2001, 1401, con nota di CENTORE, Al capolinea della Cassazione la “super-

solidarietà” del cessionario Iva; Cass., 25 giugno 2001, n. 8656; si è poi giunti progres-sivamente anche alla espressa qualificazione in termini di sanzione: Comm. Trib. Prov.di Macerata, sez. III, 2 ottobre 2001, n. 112, in Riv. giur. trib., 2002, 275, con nota adesivadi MONTANARI, Brevi note in tema di sanzioni improprie e diritto transitorio; Cass., sez.trib. 14 aprile 2004, n. 15509, in Corr. trib. 2004, 3389, con nota di FANELLI, L’imposta

dovuta per l’omessa autofatturazione ha natura di sanzione; Cass., sez. trib., 10 marzo2005, n. 5268, in Dir. prat. trib., 2006, II, 541, con nota adesiva di PEIROLO, Effetti dello

“ius superveniens” sull’omessa autofatturazione del cessionario; Cass., 13 giugno 2005, n.12678; Cass., sez. trib., 2 luglio 2009, n. 15538. Per la prassi di recepimento v. Agenziadelle Entrate, Circolare 22 dicembre 2011, n. 52/E.

(67) Per l’orientamento inizialmente contrario alla qualificazione sanzionatoriaed all’applicabilità del favor rei v. per tutte Cass., sez. trib., 29 agosto 2000, n. 11313, inRiv. giur. trib., 2001, 499; per i primi spunti favorevoli della dottrina v. PORCARO, Il

cessionario Iva tra soggettività passiva e responsabilità sanzionatoria, in Corr. Trib., 1998,3531.

(68) Sez. trib., 16 febbraio 2001, n. 2315, in Giur. imp. 2001, 589.

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torna applicabile la sanatoria delle irregolarità formali ex art. 21, DL 2marzo 1989, n. 69, conv. con legge 27 aprile 1989, n. 154.

Orbene, in sintonia con tale significativo orientamento giurispru-denziale, si può affermare che la “codificazione” di cui al D.Lgs. n.472/1997 per un verso, ed il diffondersi di approcci sostanzialistici perl’altro, hanno dato corpo alla categoria delle sanzioni improprie,rendendone utile l’inquadramento sistematico al di là dei profili costi-tuzionali.

Pertanto, in prospettiva evolutiva, oltre al favor libertatis, potreb-bero essere individuati altri principi generali di rilievo, estrapolabilinon solo dal D.Lgs. n. 472/1997, ma anche dal diritto punitivo comunee dalle garanzie salvaguardate dalla Convenzione Europea dei Dirittidell’Uomo.

Si tratta comunque di spunti che allo stato non trovano esplicitoavallo né dalla giurisprudenza, né, tantomeno, dalla prassi; ed anzi ladottrina ha accolto con qualche riserva anche le aperture garantistichein tema di favor libertatis (69).

Del resto anche i contributi più proiettati in chiave evolutiva sierano sino ad oggi limitati ad evocare soltanto l’applicabilità del favor

libertatis e, problematicamente, l’abrogazione ex artt. 21 e 29 D.Lgs. n.472/1997 (70), tralasciando gli altri principi generali.

In tale contesto, considerando l’eterogeneità e la vaghezza delfenomeno delle sanzioni improprie, emerge la necessità di applicare ilfavor libertatis - ed a maggior ragione gli eventuali altri principigenerali - con particolare prudenza, indagando attentamente la fatti-specie; “dovrà comunque trattarsi di una disciplina riconducibile aduna “sanzione” e non già all’aggravamento tout court dell’onere im-positivo, inteso sia come diretta conseguenza di modificazioni sostan-

(69) Nonostante il consenso per la tensione garantista che ha ispirato la Corte, v.per tutti le riflessioni critiche di ZIZZO, Sulla natura dell’art. 75, cit.

(70) Come già evidenziato l’art. 21 del D.Lgs. n. 472/1997 ha tipizzato e raziona-lizzato la multiforme fenomenologia delle sanzioni accessorie, mentre il seguente art.29, comma 2, ha abrogato ogni norma in materia di sanzioni amministrative tributarienon compatibile con le disposizioni del Decreto; si pone così la questione dell’abroga-zione delle sanzioni improprie, già dubitativamente prospettata in Introduzione alla

riforma delle sanzioni amministrative tributarie: i principi sostanziali del D.Lgs. n.

472/1997, in questa Rivista, 1999, I, 115; e poi ripresa da MULEO, “Dati”, “dabili” ed

“acquisibili”, cit., 619-622; ID., Contributo allo studio, cit., 299 e seg.

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ziali, sia come effetto indiretto di variazioni della disciplina procedi-mentale” (71).

6. Conclusioni. - In questa sede non è possibile entrare nel meritodelle diverse fattispecie, segnalate a titolo meramente esemplificativo.

Si può tuttavia concludere con una ipotesi di lavoro, riassuntivadelle considerazioni sin qui esposte, proponendosi la suddivisione dellesanzioni improprie in due specie:

- a) strumenti non qualificati né disciplinati dal legislatore comesanzioni, e purtuttavia aventi certamente una apprezzabile funzionepunitiva, seppure concorrente con altre funzioni e non prevalente;

- b) strumenti non qualificati né disciplinati dal legislatore comesanzioni, ma aventi prioritariamente funzione punitiva, per i quali leeventuali funzioni concorrenti risultano secondarie ed inidonee acaratterizzare e giustificare l’istituto.

Le fattispecie sub a) sembrerebbero mere sanzioni improprie,risolvendosi in meccanismi latamente sanzionatori (sfavorevoli); lefattispecie sub b) sembrerebbero invece costituire “sanzioni camuf-fate” dal legislatore, tali da articolarsi essenzialmente quali sanzionipunitive atipiche.

L’inquadramento delle varie fattispecie presenti nell’ordinamentotributario, tra le sanzioni improprie latu sensu afflittive o tra le “san-zioni camuffate”, rectius sanzioni punitive atipiche, richiederebbeun’ampia ed approfondita trattazione, improntata alla verifica delrapporto tra meccanismo normativo, finalità perseguite ed interessitutelati (secondo lo schema di analisi indicato retro); qui apparesufficiente aver segnalato la prospettiva d’indagine.

In via di prima approssimazione, limitatamente alla ristretta casi-stica prospettata nel testo, sembrerebbero riconducibili al gruppo dellesanzioni improprie, latu sensu afflittive, i divieti di prova contemplatidall’art. 52, comma 5 e comma 10, DPR n. 633/1972, e dagli artt. 32,comma 4, e 61, comma 3, DPR n. 600/1973; viceversa sembrerebberoinquadrabili tra le sanzioni punitive atipiche: - l’obbligo del pagamentodell’imposta, previsto dall’art. 61 del T.U. del Registro; - i divieticontemplati dagli artt. 65 e 66 del T.U. del Registro; - la perdita deldiritto alla detrazione dell’Iva, ai sensi dell’art. 25, comma 1, DPR n.633/1972; - l’indetraibilità dell’Iva prevista dall’art. 55, comma 1, del

(71) Così MASTROIACOVO, I limiti, cit., 107.

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DPR n. 633/1972; - la perdita del diritto alla rivalsa, prevista dall’art.60, comma 6, DPR n. 633/1972, per l’imposta pagata in conseguenzadell’accertamento; - l’imputazione ai ricavi, ex art. 32, comma 1, n. 2,DPR n. 600, dei prelevamenti annotati nei conti bancari.

Per le sanzioni improprie - latu sensu afflittive - potranno porsiproblemi di legittimità sotto il profilo degli artt. 3, 23, 24, 53 e 97 Cost.,secondo gli schemi argomentativi già sviluppatisi nella giurisprudenzacostituzionale, ma sopratutto potranno trovare applicazione alcuniprincipi generali contemplati dal D.Lgs. n. 472/1997, quali il favor

libertatis ed il divieto di retroattività (art. 3), l’imputabilità e la colpe-volezza (artt. 4 e 5), le cause di non punibilità (art. 6).

Per le “sanzioni camuffate”, che nella sostanza si configuranocome sanzioni punitive atipiche, dovranno applicarsi per intero iprincipi costituzionali che interessano il fenomeno punitivo, nonché,per quanto compatibili, le norme del D.Lgs. n. 472/1997 in tema diviolazioni e sanzioni amministrative tributarie.

È evidente che l’impianto del sistema sanzionatorio amministra-tivo tributario è centrato sulla sanzione pecuniaria per cui soltantoalcune norme possono essere riferibili anche alle sanzioni punitiveatipiche, ma tutto sommato la problematica si pone in termini analoghirispetto alle sanzioni accessorie ex art. 21 D.Lgs. n. 472/1997, per cui sipuò ritenere che queste due categorie di sanzioni abbiano un identicoregime.

LORENZO DEL FEDERICO

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