Le relazioni familiari nell’adolescenza dei figli: processi d’influenza intergenerazionali e di...

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29 PSICOLOGIA SOCIALE n. 1, gennaio-aprile 2012 Le nuove generazioni sono nor- malmente accompagnate alla vita adulta da quelle che le precedono e che consegnano loro il patri- monio di conoscenza sulla realtà, accumulato nello scambio inter- generazionale. Su tale conoscenza si fonda ogni azione innovativa o conservativa che le giovani gene- razioni mettono in atto per conti- nuare ad adattarsi alla realtà in cui vivono. Uno degli ambiti princi- pali in cui tale interazione avvie- ne è costituito dalla famiglia. Du- rante l’adolescenza dei figli, poi, lo scambio intergenerazionale di conoscenze, pratiche comportamentali, norme e valori diventa particolarmente saliente nelle relazioni con i genitori. Ciò è dovuto al fatto che nel periodo adolescenziale i figli raggiungono la maturazione del pensiero formale, acquisiscono livelli più elevati di ragionamento morale guadagnando una crescente autonomia dai genitori nelle scelte che compiono. Pertanto l’attenzione alle relazioni familiari tra genitori ed adolescenti assume un valore particolare data la fase evolutiva attraversata dai figli/e alle prese con il processo di individuazione e differenziazione dalla propria famiglia. In questa rassegna intendiamo adottare una prospettiva genuinamente psicoso- ciale fondata sulla nozione di influenza sociale per analizzare i processi di socializza- zione alla vita adulta che caratterizzano le relazioni familiari con figli adolescenti. Assumiamo la prospettiva delineata da Allport (1954) e ripresa da Fiske (2010) in base a cui la psicologia sociale riguarda l’influenza sociale delle persone su altre Le relazioni familiari nell’adolescenza dei figli: processi d’influenza intergenerazionali e di gruppo Francesca Prati e Monica Rubini Questa rassegna considera le relazioni familiari durante l’adolescenza dei figli secondo la nozione di influenza sociale. Dapprima si considerano gli studi che pongono enfasi sull’influenza uni- direzionale sia dei genitori sui figli sia dei figli adolescenti sui genitori. Vengono poi considerati gli studi sull’influenza bidirezionale, mettendo in rilievo i processi sia espliciti che impliciti della trasmissione e rielaborazione della conoscenza da una generazione all’altra. Infine, si esaminano gli studi sulla famiglia quale piccolo gruppo, in cui il processo di influenza tra le parti è reciproco e costante. Parole chiave: adolescenza, famiglia, processi d’in- fluenza intergenerazionale.

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29PSICOLOGIA SOCIALE n. 1, gennaio-aprile 2012

Le nuove generazioni sono nor-malmente accompagnate alla vita adulta da quelle che le precedono e che consegnano loro il patri-monio di conoscenza sulla realtà, accumulato nello scambio inter-generazionale. Su tale conoscenza si fonda ogni azione innovativa o conservativa che le giovani gene-razioni mettono in atto per conti-nuare ad adattarsi alla realtà in cui vivono. Uno degli ambiti princi-pali in cui tale interazione avvie-ne è costituito dalla famiglia. Du-rante l’adolescenza dei figli, poi,

lo scambio intergenerazionale di conoscenze, pratiche comportamentali, norme e valori diventa particolarmente saliente nelle relazioni con i genitori. Ciò è dovuto al fatto che nel periodo adolescenziale i figli raggiungono la maturazione del pensiero formale, acquisiscono livelli più elevati di ragionamento morale guadagnando una crescente autonomia dai genitori nelle scelte che compiono. Pertanto l’attenzione alle relazioni familiari tra genitori ed adolescenti assume un valore particolare data la fase evolutiva attraversata dai figli/e alle prese con il processo di individuazione e differenziazione dalla propria famiglia.

In questa rassegna intendiamo adottare una prospettiva genuinamente psicoso-ciale fondata sulla nozione di influenza sociale per analizzare i processi di socializza-zione alla vita adulta che caratterizzano le relazioni familiari con figli adolescenti.

Assumiamo la prospettiva delineata da Allport (1954) e ripresa da Fiske (2010) in base a cui la psicologia sociale riguarda l’influenza sociale delle persone su altre

Le relazioni familiari nell’adolescenza dei figli: processi d’influenza intergenerazionalie di gruppo

Francesca Prati e Monica Rubini

Questa rassegna considera le relazioni familiari durante l’adolescenza dei figli secondo la nozione di influenza sociale. Dapprima si considerano gli studi che pongono enfasi sull’influenza uni-direzionale sia dei genitori sui figli sia dei figli adolescenti sui genitori. Vengono poi considerati gli studi sull’influenza bidirezionale, mettendo in rilievo i processi sia espliciti che impliciti della trasmissione e rielaborazione della conoscenza da una generazione all’altra. Infine, si esaminano gli studi sulla famiglia quale piccolo gruppo, in cui il processo di influenza tra le parti è reciproco e costante.Parole chiave: adolescenza, famiglia, processi d’in-fluenza intergenerazionale.

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persone ed in termini più specifici il modo in cui conoscenze, pensieri, emozioni e comportamenti sono influenzati dalla presenza reale o immaginata di altre persone1. Riteniamo, infatti, che il passaggio, la ricostruzione e il rifiuto del patrimonio di conoscenze che viene scambiato nelle famiglie possa essere compreso nei termini delle diverse modalità di influenza sociale: maggioritaria, minoritaria, unidireziona-le, reciproca tra parti in gioco, di gruppo. Il concetto d’influenza sociale, dunque, può essere particolarmente informativo per comprendere le dinamiche intergene-razionali tra genitori e adolescenti: così come la generazione adulta, genitoriale, influenza i figli attraverso i propri modelli, norme e stili comportamentali, a loro volta i figli, da una parte ricostruiscono i significati trasmessi dai genitori, dall’altra agiscono essi stessi come fonti di influenza proponendo nuovi modelli normativi, valoriali e comportamentali con cui la generazione precedente si confronta. Le re-lazioni familiari, poi, sono definite da processi di influenza circolare tra i propri membri come quelli che caratterizzano i piccoli gruppi. Già Kurt Lewin (1948) ave-va sottolineato l’importanza di studiare relazioni significative come quelle familiari, ponendo l’attenzione sull’interdipendenza tra le caratteristiche delle persone che la compongono. La famiglia rappresenta il primo gruppo sociale a cui le persone appartengono, ove i membri si condizionano a vicenda, e sperimentano un destino comune, ovvero, ciò che succede ad uno di essi provoca conseguenze su tutti gli altri a livello cognitivo, affettivo e comportamentale. Dunque, i processi d’influenza tra gli attori del gruppo familiare possono spiegare cambiamenti ed esiti di questa re-lazione fondamentale per i genitori così come per i figli. Levine e Moreland (1990) nel loro modello sulla socializzazione di gruppo hanno argomentato che sia i singoli membri di un gruppo, indipendentemente dal ruolo che ricoprono, sia il gruppo stesso funzionano come agenti d’influenza reciproca. In tal senso, le relazioni intra-gruppo cambiano in modo sistematico e nel tempo grazie alle continue interdipen-denze vicendevoli tra membri (Speltini e Palmonari, 2007).

1. Dai genitori ai figli adolescenti: influenza sociale e processi impliciti

I processi sottesi alla socializzazione familiare costituiscono un tema che unisce gli interessi di diverse discipline sociali come la psicologia, la sociologia, la demografia e l’antropologia culturale. Inizialmente in ambito sociologico la relazione familiare è stata indagata privilegiando quasi esclusivamente la trasmissione di atteggiamen-ti, norme e valori dai genitori ai figli, ovvero in termini d’influenza unidirezionale «maggioritaria». Successivamente, nonostante tale concezione funzionalista (Par-

1 Non adotteremo gli approcci classici all’influenza sociale in cui vengono isolati ad esempio i rapporti fonte-bersaglio manipolando le caratteristiche della fonte e controllando quelle relative al bersaglio.

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sons e Bales, 1955) fosse ancora dominante, numerose ricerche ne hanno eviden-ziato i limiti (Garelli, Palmonari e Sciolla, 2006). Tale approccio infatti non aveva considerato che il processo di trasmissione culturale da una generazione all’altra avviene attraverso la co-costruzione e la ricostruzione della conoscenza da entram-be le parti. L’importanza di analizzare anche il ruolo attivo dei figli ha sicuramente ricevuto impulso dalle evidenze degli studi di Piaget (1976) sullo sviluppo cogniti-vo dei bambini. Tali ricerche, in termini di sviluppo e assestamento delle strutture cognitive, hanno infatti mostrato che i bambini da un’età molto precoce sono ela-boratori attivi di informazioni capaci di influenzare le persone con cui entrano in relazione. Nella psicologia sociale, il modello genetico di Moscovici (1976) sull’in-fluenza sociale che ha costituito una punto di rivoluzione epistemologica su tale fenomeno, mostra che tutte le persone possono generare un cambiamento negli altri, al di là del fatto che si trovino in una posizione superiore per status o potere. Alla luce di tale assunto è possibile sostenere che genitori e figli si influenzano vi-cendevolmente scambiandosi conoscenze e valori che modificano le concezioni di entrambe le parti. Tuttavia fino all’inizio degli anni ’80 gli studi sulle relazioni tra genitori e adolescenti si sono concentrati sul ruolo dei genitori, quali responsabili degli esiti di sviluppo dei figli (Collins, 2002). Sebbene siano pochi i sostenitori di questa posizione concettuale, persistono disegni di ricerca improntati su una visio-ne quasi deterministica dell’influenza genitoriale, come quelli sugli stili genitoriali (Steinberg, 2001).

1.1. L’infl uenza dei genitori verso i fi gli: gli stili genitoriali

Per gran parte del secolo scorso, le ricerche sulle relazioni familiari si sono concen-trate sul ruolo dei genitori intesi come leaders che determinano il clima familiare (Baldwin, 1955). Un ampio corpus di ricerche sugli stili genitoriali ha individuato nei genitori il veicolo primario d’influenza nella relazione familiare. Tale approccio ha tentato di delineare i processi attraverso cui i genitori condizionano gli esiti dello sviluppo dei figli, adottando una prospettiva d’influenza unidirezionale. Baumrind (1968; Baumrind e Black, 1967) per prima ha messo in evidenza che si possono distinguere quattro stili genitoriali ossia «autorevole», «autoritario», «indulgente» e «indifferente» che sembrano derivare sia dai tratti di personalità dei genitori che dalla stessa socializzazione ed educazione ricevuta dalla famiglia d’origine. Suc-cessivamente Steinberg e colleghi (Steinberg, Elmen e Mounts, 1989; Steinberg, Lamborn, Darling, Mounts e Dornbusch, 1994) hanno argomentato che tali stili possono essere definiti sulla base di due dimensioni psicologiche: le richieste (de-mandingness), ossia la tendenza dei genitori a esigere comportamenti responsabili e maturi da parte dei figli, e la disponibilità (responsiveness) ossia l’adozione, da parte dei genitori, di atteggiamenti e comportamenti di apertura, ascolto, accettazione e sostegno verso i figli. Lo stile genitoriale autorevole è proprio dei genitori che

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presentano alti livelli di entrambe le dimensioni, lo stile autoritario è caratterizzato da alta demandingness e bassa responsiveness, quello indulgente è definito da alta responsiveness e bassa demandingness, lo stile indifferente riguarda i genitori con bassi livelli di entrambe le dimensioni.

A livello teorico, gli stili genitoriali si differenziano dalle pratiche genitoriali, in quanto riguardano non solo ciò che i genitori fanno, ma il clima emotivo che contribuiscono a creare nella relazione con i figli. Tuttavia, tali stili sono stati opera-zionalizzati come l’insieme di atteggiamenti, modalità comportamentali, espressioni verbali e non verbali espresse dai genitori che influenzano lo sviluppo dei rapporti con i figli e gli esiti evolutivi di questi ultimi (Darling e Steinberg, 1993). Poiché tali stili fanno riferimento a determinati principi e valori diffusi nelle società moderne, come uguaglianza sociale e libertà individuale, lo stile genitoriale autorevole è stato identificato come il più appropriato ad influenzare lo sviluppo positivo degli adole-scenti. Maccoby e Martin (1983) hanno rilevato tra le caratteristiche distintive dello stile autorevole interazioni reciproche e frequenti, motivate dalla ricerca di scambi comunicativi tra genitori e figli. Gli altri stili descrivono, infatti, relazioni in cui reci-procità e comunicazione sono ostacolate dalla dominanza dei genitori (autoritario) o dei figli (indulgente) o dalla mancanza di interesse vicendevole (indifferente).

È stato rilevato che gli adolescenti che crescono in famiglie in cui i genitori adottano uno stile autorevole mostrano vantaggi nello sviluppo psico-sociale e nel-la salute mentale rispetto ai pari che sono cresciuti in famiglie caratterizzate da altri stili genitoriali (Steinberg, 2001; Steinberg, Lamborn, Dornbusch e Darling, 1992; Steinberg, Blatt-Eisengart e Cauffman, 2006). Adolescenti che provengono da famiglie autorevoli raggiungono migliori risultati a scuola e hanno punteggi più alti in riferimento all’autostima e fiducia nelle proprie capacità, rispetto ai coetanei cresciuti secondo altri stili genitoriali. Inoltre, i figli di genitori autorevoli riportano minore stato di depressione e ansia e sono meno facilmente coinvolti in comporta-menti antisociali, rispetto ad adolescenti cresciuti in famiglie con stile autoritario, indulgente o indifferente (Moscatelli e Rubini, 2009).

Gli studi sugli effetti degli stili genitoriali hanno impiegato misure auto-riportate relativamente alla percezione degli adolescenti sui comportamenti dei genitori, evi-denziando risultati replicati in diverse parti del mondo. Tuttavia, se Steinberg e col-leghi (Steinberg et al., 1989; Steinberg et al., 1994) a livello teorico hanno argomenta-to, l’importanza della reciprocità nell’analisi delle dinamiche familiari, nelle ricerche hanno misurato soltanto gli esiti degli stili genitoriali, utilizzando un paradigma basa-to sull’influenza unidirezionale dei genitori sui figli (Collins e Madsen, 2003).

Critiche rilevanti (Harris, 1995) sono state rivolte alle evidenze citate, in quanto gli autori hanno tratto conclusioni probabilmente troppo affrettate sul ruolo d’in-fluenza dei genitori sui figli. Pertanto, tale effetto di causalità diretta non è stato dimostrato in maniera univoca ed è possibile ipotizzare che anche i figli contribu-iscano ad influenzare l’assunzione degli stili educativi da parte dei genitori, con le conseguenti implicazioni sullo sviluppo della relazione intergenerazionale.

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1.2. Critiche agli stili genitoriali

Tra gli autori che hanno indagato l’evoluzione delle dinamiche relazionali familiari alla luce del ruolo d’influenza dei figli, Harris (1995) ha proposto una re-interpre-tazione dei risultati degli studi sugli stili genitoriali. L’autrice ha suggerito che gli effetti del comportamento dei genitori sui figli possono essere spiegati utilizzando la direzione opposta di causalità. Secondo l’autrice potrebbero essere gli adolescenti adattati positivamente al proprio contesto a suscitare un clima familiare più calo-roso. Un assunto centrale della sua teoria, denominata teoria della socializzazione di gruppo (Group Socialization Theory), è che la socializzazione è una forma di ap-prendimento che dipende dal contesto. In questo senso, i figli imparano, da un lato, come comportarsi a casa in presenza dei genitori e, dall’altro, come agire al di fuori dell’ambiente domestico senza la presenza dei genitori.

Secondo l’autrice, hanno maggiore importanza le relazioni con i gruppi dei pari sulla trasmissione della cultura e sulle modificazioni delle caratteristiche di persona-lità degli adolescenti, rispetto alle relazioni diadiche con i genitori.

In questo senso, norme e comportamenti approvati dal gruppo dei pari co-stituiscono la parte fondamentale e permanente di quella che sarà la personalità adulta degli adolescenti. Se, da un lato, Harris evidenzia i processi di gruppo che influenzano gli individui nelle dinamiche fra pari, dall’altro non considera il ruolo e l’importanza delle stesse dinamiche nel piccolo gruppo familiare. In breve, l’autrice sottolinea l’importanza delle relazioni amicali, sottostimando il ruolo delle relazioni familiari nei processi di socializzazione e di assunzione di valori. In seguito, Persson, Stattin e Kerr (2004) hanno raccolto la «sfida» di Harris sull’importanza del ruolo dei figli adolescenti, non solo criticando la prospettiva univoca e limitata degli studi sugli stili genitoriali, ma evidenziando anche la mancanza di ricerche sull’influen-za dei figli nelle dinamiche familiari. In particolare, le analisi correlazionali su cui si basano gli studi sugli stili genitoriali hanno portato Persson e colleghi (2004) a sostenere l’ipotesi altrettanto plausibile che gli stili genitoriali dipendano anche dall’adattamento dei genitori al comportamento dei figli. Dunque, lo stile autore-vole sarebbe definito dalle modalità assunte dai genitori in funzione dei successi in ambito sociale ed accademico dei figli. In altre parole, i genitori si comportano in maniera più calorosa nei confronti dei figli, prestano più attenzione ai loro bisogni e concedono loro maggiore autonomia sulla base dei loro risultati sociali.

1.3. Processi d’infl uenza implicita dei genitori sui fi gli

I processi d’influenza da parte dei protagonisti delle relazioni familiari non sono soltanto espliciti o intenzionali, ma una parte considerevole delle conoscenze è tra-smessa a livello implicito, senza la necessaria consapevolezza di chi trasmette o ri-ceve le informazioni.

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Gli studi di Castelli, Zogmaister e Tomelleri (2009) hanno mostrato che gli at-teggiamenti dei figli verso persone di differenti gruppi etnici non risultano correlati con quelli dei genitori in forma esplicita. Al contrario, sia le preferenze mostrate dai figli verso i compagni di gioco, sia l’attribuzione di caratteristiche positive e negati-ve a coetanei neri, risultano significativamente influenzate dal pregiudizio implicito delle madri. Studi più recenti di Carraro, Castelli, Matteoli, Pascoletti e Gawronski (2011), mostrano una relazione significativa tra gli atteggiamenti impliciti dei padri e quelli impliciti ed espliciti dei figli sugli stereotipi di genere. Altrettanto interes-sante è il fatto che gli atteggiamenti materni non abbiano relazioni significative con gli atteggiamenti dei figli. Si potrebbe pensare che le madri siano meno coerenti e sistematiche dei padri nell’esprimere a livello implicito ed esplicito i loro atteg-giamenti basati sulle aspettative comportamentali legate al genere? Tale evidenza sembra confortante e nel corso degli anni potrà essere uno dei fattori di propulsione del cambiamento degli stereotipi sui ruoli di genere. È inoltre possibile che padri e madri possano offrire contributi differenziali, sia a livello implicito che esplicito, sulle diverse aree di sviluppo degli atteggiamenti di genere. Nel complesso, queste evidenze mostrano sia la necessità di considerare i processi impliciti che regolano le dinamiche tra genitori e figli, sia i limiti delle ricerche basate su misure auto-riportate, soggette a desiderabilità sociale e alla capacità di controllo dei parteci-panti. Studi futuri potranno esaminare la funzione dell’influenza implicita non solo sullo sviluppo del pregiudizio, ma anche su altri aspetti cruciali della vita come le modalità relazionali, i valori, l’autostima e le prospettive di realizzazione personale dei figli.

2. L’influenza dei figli sui genitori

Sono ancora molto scarsi gli studi che hanno indagato il ruolo d’influenza dei figli adolescenti nelle dinamiche familiari. Per colmare questo vuoto, Kerr, Stattin e Pa-kalniskiene (2008) hanno dimostrato che il controllo esercitato dai genitori sui figli risulta largamente influenzato da quanto i secondi sono disponibili alla comunica-zione e al dialogo con i genitori. Pertanto le reazioni dei genitori che influenzano gli adolescenti sono determinate a loro volta da valutazioni e comportamenti che i figli mettono in atto verso i genitori.

Sulla stessa linea, Persson, Kerr e Stattin (2007) hanno messo in luce il ruolo de-gli adolescenti nella costruzione del clima familiare, esaminando il grado di apertura alla comunicazione in famiglia ed il rispetto per le regole familiari. I partecipanti adolescenti dovevano immaginare la loro famiglia come una nazione e attribuire a questa un tipo di governo, scelto fra quattro diverse possibilità: democratico, dit-tatoriale, anarchico, post-rivoluzione. Se studi precedenti (Steinberg et al., 1992; 2006) avevano considerato che lo stile autorevole dei genitori facilita un miglior adattamento dei figli e un minor numero di problemi comportamentali, questo

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studio evidenzia che non è lo stile educativo dei genitori, ma la percezione degli adolescenti del clima familiare democratico in cui sono inseriti, ad influenzare gli esiti dei loro comportamenti e del loro sviluppo. In aggiunta, Schermerhorn, Cum-mings, DeCarlo e Davies (2007) attraverso uno studio longitudinale con un cam-pione di coppie conviventi hanno mostrato l’influenza dei figli nella relazione tra i genitori. I risultati hanno evidenziato che i disaccordi tra i genitori erano influenzati dalle reazioni emotive dei figli, che potevano risultare propositive o disfunzionali alimentando il conflitto genitoriale. In particolare questi autori hanno mostrato che comportamenti positivi dei figli diminuivano il disaccordo tra i genitori, mentre comportamenti negativi accrescevano sia la discordia tra i genitori che lo stress dei figli. In base a queste evidenze gli autori hanno concluso che i figli svolgono un ruolo attivo ed influente sulle dinamiche familiari. In particolare l’aumento della consapevolezza e della condivisione da parte dei figli delle problematiche familiari risulta una modalità d’influenza efficace e positiva sui genitori in quanto contribui-sce a ridurre il conflitto tra essi.

2.1. Infl uenza dei fi gli adolescenti sulle decisioni familiari

Teorie e ricerche in ambito evolutivo (Collins, 1990) mettono in evidenza che i cam-biamenti tipici degli adolescenti influenzano i genitori contribuendo a modificare il rapporto familiare. Alcune evidenze (Grey e Steinberg, 1999) hanno sottolineato la funzione dei cambiamenti fisici e cognitivi dei figli nel promuovere modificazio-ni del rapporto con i genitori, sia in termini di potere decisionale, che di vicinanza affettiva. È possibile dunque rileggere le dinamiche dello sviluppo adolescenziale in termini d’influenza diretta dei figli sui genitori. Infatti sono i rapidi cambiamenti adolescenziali che determinano nuove esigenze e richieste differenti nello scambio intergenerazionale. Tali modificazioni a loro volta causano cambiamenti negli at-teggiamenti reciproci, tra i quali in particolare la riduzione del potere d’influenza e di decisione dei genitori in favore dell’acquisizione di una propria autonomia da parte dei figli. Al riguardo, Steinberg e Silk (2002) hanno mostrato che è il ruolo at-tivo dei figli a stimolare il cambiamento nelle dinamiche di presa di decisione; essi infatti tendono ad acquistare gradualmente sempre maggiore potere decisionale. Allo stesso tempo, i genitori si rendono conto che i figli iniziano a valutare e mette-re in discussione le convenzioni sociali e le regole morali insegnate loro, arrivando a definire i problemi da una nuova angolazione, diversa da quella dei genitori. Nel-la maggior parte delle famiglie tale conflittualità si risolve gradualmente quando gli adolescenti, diventando più maturi, iniziano ad apprezzare maggiormente il valore delle convenzioni sociali e i genitori, da parte loro, iniziano a rispettare la maturità acquisita dai figli. Gli studi sulla ri-definizione di sé degli adolescenti evidenziano che l’affermazione dell’identità e autonomia sono «compiti di sviluppo» tipici del periodo adolescenziale che condizionano fortemente l’evoluzione del rapporto con

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i genitori. La ricostruzione del sé e dell’identità è caratterizzata sia dall’esigenza di differenziazione dai genitori, sia dal riconoscimento del loro ruolo importante per la necessità del continuo confronto e condivisione con gli stessi (Palmonari, Kirchler e Pombeni, 1991). In particolare, nel periodo adolescenziale si verifica un cambiamento da condizioni di influenza primariamente unidirezionale da parte dei genitori, verso situazioni in cui genitori e figli sono maggiormente alla pari. Nella preadolescenza, quando inizia questo passaggio verso rapporti più eguali-tari, insorgono disagi temporanei nel sistema familiare. Infatti, mentre i ragazzi/e iniziano ad assumere un ruolo sempre più attivo nel contesto familiare, i genitori non hanno ancora sufficiente consapevolezza e motivazione per giudicare positiva-mente tali tentativi. La motivazione degli adolescenti a costruire la propria identità ed autonomia può scontrarsi con l’intento dei genitori di mantenere, da un lato, il controllo nei loro confronti, dall’altro di impartire e trasmettere i propri valori. Pertanto, i genitori possono non essere pronti a concedere ai figli l’autonomia e l’indipendenza che essi chiedono, facendo insorgere conflitti riguardo a regole e diritti. Per adattarsi con successo ai cambiamenti scatenati dall’entrata dei figli nell’adolescenza, i membri della famiglia hanno bisogno di dialogare e condivi-dere il senso di ciò che stanno sperimentando. Al riguardo, Maccoby (1984) ha argomentato che lo sviluppo dell’autonomia dei figli è stimolato dalla definizione di regole da parte dei genitori nei primi anni di vita, per poi passare ad una fase di ragionamento e spiegazione condivisa delle decisioni tra genitori e figli che va dall’infanzia all’adolescenza, fino all’autoregolazione nello stadio adulto. I geni-tori devono sia stimolare che abituarsi loro stessi ad un aumento progressivo di reciprocità (Maccoby, 1992) per permettere che i figli acquisiscano autonomia. Tale dinamica di regolazione reciproca risulta essenziale per sviluppare, non solo l’indipendenza dei figli, ma anche l’interdipendenza tra le due parti come base fondamentale delle relazioni familiari.

2.2. L’infl uenza dei cambiamenti dei fi gli adolescenti sui cambiamenti dei genitori

Alcuni studi cominciano a considerare l’influenza della transizione adolescenziale dei figli sui genitori. Nelle società occidentali moderne, quando i figli attraversano tale fase, i genitori in media hanno raggiunto i quarant’anni. In tale stadio della vita, i genitori esperiscono una sovrapposizione conflittuale tra i bisogni psicologici degli adolescenti e i loro stessi. Se i figli si trovano in un periodo caratterizzato da orizzonti ampi e da un numero elevato di ipotesi identitarie da poter perseguire, i genitori devono gestire le conseguenze delle scelte effettuate quando erano più gio-vani. Diversi studi (Gecas e Seff, 1990; Gottman e Levenson, 2000) hanno mostrato che questo passaggio del ciclo di vita della famiglia è quello che presenta il punto più basso di soddisfazione coniugale, così come quello in cui è più alto il rischio di separazioni.

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Esistono inoltre differenze specifiche relative all’influenza delle due figure ge-nitoriali di padre e di madre rispetto all’adolescenza dei figli. Bonini e Zani (1991) hanno riscontrato un sentimento di delusione soprattutto nelle madri, in quanto maggiormente in difficoltà a riconoscere i segnali di cambiamento nei figli e la con-seguente modificazione della loro funzione in famiglia. Diversi studi condotti in Italia (Carrà e Marta, 1995; Malagoli,Togliatti e Ardone, 1993) hanno evidenziato che le madri svolgono una funzione centrale nella socializzazione e trasmissione di norme e valori, diventando il fulcro della famiglia, mentre il padre assume una posizione relativamente più periferica. Altri autori hanno dimostrato che le madri ricoprono un ruolo predominante nei processi di elaborazione delle aspirazioni for-mative e lavorative dei figli, in particolare delle femmine (Manganelli e Capozza, 1993; Rosnati, 1996). Dunque, le madri, avendo investito molto sui figli, possono rischiare, più dei padri, di vivere questa fase come un attacco all’identità e alla cen-tralità del loro ruolo nella famiglia.

Nel complesso, queste evidenze mostrano che il confronto con lo stadio di sviluppo dei figli esercita un’influenza indiretta sulle riflessioni e sui conseguenti atteggiamenti dei genitori. In particolare, i dati relativi alle famiglie italiane nello scorso decennio hanno mostrato che le madri svolgono un ruolo predominante nei confronti dei figli, assumendo anche i compiti educativi tradizionalmente assegnati ai padri. Tuttavia, questi ultimi, continuano ad essere un punto di riferimento im-portante nel motivare i figli alla realizzazione personale e sociale. Ricerche future potranno evidenziare se tale differenza tra le due figure genitoriali durante gli anni dell’adolescenza è mutata o persiste. Al riguardo infatti la crescita dei figli implica una loro maggiore responsabilità e dunque una «ri-distribuzione» dei poteri deci-sionali e delle dinamiche d’influenza.

3. L’influenza bidirezionale tra genitori e adolescenti

Se nei modelli d’influenza diretta si immagina che i genitori determinino gli esiti dello sviluppo dei figli, nei modelli d’influenza bidirezionale il comportamento dei genitori è visto sia come causa che come conseguenza dello sviluppo degli adole-scenti. Questi modelli partono dall’assunto che sia genitori che figli sono agenti di influenza, in quanto attuano strategie comportamentali finalizzate alla trasmissione reciproca (Kuczynski e Parkin, 2006). Dunque per spiegare le dinamiche familiari vengono considerati processi d’influenza reciproci tra genitori e adolescenti. Mac-coby (1984) è stata una dei primi autori a sottolineare che per processo d’influenza bidirezionale in famiglia si intende un processo transazionale in cui genitori e figli si influenzano a vicenda in modo mutuale e continuativo sia in termini di dinamiche relazionali che di trasmissione di conoscenza. Inoltre, attraverso questi processi di mutua influenza, genitori e figli condizionano reciprocamente sia il loro sviluppo personale che quello della loro relazione.

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Tra i diversi ambiti in cui è stata indagata l’influenza bidirezionale tra genito-ri e figli, si possono distinguere due approcci (Kuczynski e Parkin, 2006; Lollis e Kuczynski, 1997). Da un lato la prospettiva comportamentale (Patterson e Fisher, 2002) evidenzia che genitori e figli contribuiscono reciprocamente a modificare risposte e atteggiamenti gli uni degli altri attraverso i rispettivi comportamenti. Dall’altro, la prospettiva cognitivista considera l’influenza bidirezionale in fami-glia in termini di costruzione reciproca di significati tra le due generazioni, le quali definiscono nuovi significati condivisi attraverso la negoziazione delle opinioni ri-spettive (Holden e Hawk, 2003; Smetana, 1995). Nella prospettiva cognitivista è centrale la nozione di essere umano come agente di influenza (Kuczynski, 2003). Sia i genitori che i figli possono essere considerati agenti d’influenza in quanto possie-dono la capacità umana di programmare comportamenti tesi a influenzare gli altri, così come l’abilità di elaborare le loro esperienze relazionali e di modificare i loro comportamenti futuri in base alla costruzione di nuovi significati. Kuczynski (2003) oltre ad affermare che la socializzazione è un processo bidirezionale, evidenzia tale dinamica in cinque aspetti principali della relazione familiare: protezione, reciproci-tà, controllo, partecipazione e apprendimento. Le caratteristiche dei figli condiziona-no l’assunzione di atteggiamenti di rassicurazione e conforto da parte dei genitori nei loro confronti (protezione). Inoltre, il grado di apertura e reciprocità tra i mem-bri delle diadi è definito dalla ricerca di attenzione da parte dei figli. Così come i genitori esercitano controllo sui figli, i gruppi a cui aderiscono i figli influenzano gli atteggiamenti dei genitori (partecipazione). Infine, le modalità d’insegnamento dei genitori sono influenzate dalla capacità e velocità di apprendimento dei figli (apprendimento). Dunque la socializzazione risulta un processo d’interazione com-plesso che regola i comportamenti di genitori e figli. In ogni aspetto della relazione illustrato, le caratteristiche dei figli modificano significativamente i comportamenti dei genitori nei loro confronti (Grusec e Goodnow, 1994; Grusec e Hastings, 2007). Tale argomentazione risulta particolarmente plausibile nel periodo dell’adolescenza dei figli, quando l’asimmetria in termini di potere e competenze tra genitori e figli comincia a ridursi. Infatti gli adolescenti possono ricorrere alle loro risorse cogniti-ve e sociali per partecipare allo scambio di opinioni e atteggiamenti all’interno del gruppo familiare, arricchiti anche dalla partecipazione ad altri contesti sociali, come la scuola e il gruppo dei pari. Grusec e Goodnow (1994) hanno sviluppato il Two-step model of value acquisition, in base a cui i processi sottesi alla trasmissione dei valori familiari riguardano sia genitori che figli. Secondo questi autori, l’accuratezza con cui i figli riconoscono i valori che i genitori vorrebbero trasmetter loro (socia-lization values) e l’accettazione dei valori stessi costituiscono pre-condizioni per la riuscita del processo di trasmissione. Dunque se il compito dei genitori è quello di trasmettere conoscenza e valori ai figli, allo stesso tempo è necessario il ruolo attivo dei figli nell’acquisire tali messaggi e farli propri.

Studi recenti sulla trasmissione familiare dei valori nel contesto italiano (Rosnati e Barni, 2004; Barni, Ranieri, e Rosnati, 2011a; Barni, Ranieri e Rosnati, 2011b)

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hanno confermato che il successo educativo dei genitori nella trasmissione valoriale ai figli, si basa sulla coerenza tra padre e madre, i quali devono essere in grado di co-struire e condividere un patrimonio di valori comune da consegnare ai figli. Quanto più i genitori sono percepiti in accordo dai figli tanto più i secondi sono in grado di riconoscere accuratamente i socialization values genitoriali. Inoltre, quanto più padre e madre sono percepiti simili tra loro in ciò che desiderano trasmettere, tanto più i figli si mostrano disponibili ad accettare i loro valori (Barni, 2009).

Inoltre, le stesse autrici suggeriscono che se la discussione stimolata dai geni-tori aumenta la disponibilità all’accettazione dei valori da parte dei figli, allo stesso tempo l’accettazione da parte dei figli dei valori rende gli scambi verbali meno con-flittuali e quindi più piacevoli, aumentandone la frequenza.

3.1. Azioni e reazioni reciproche tra genitori e fi gli.

Kerr, Stattin, Biesecker, e Ferrer-Wreder (2003) hanno sviluppato un modello i processi d’interazione e influenza bidirezionale tra genitori e figli. Tale modello è ispirato dall’evidenza che i genitori non risultano completamente informati sulle attività e i pensieri dei figli adolescenti, per cui non possono avere ampio controllo e influenza su di essi (Kerr, Stattin,e Trost,1999).Gli autori sostengono che, da un lato i comportamenti dei genitori influenzano i sentimenti dei figli condizionando il loro livello di apertura nella comunicazione familiare, dall’altro lato, l’apertura al dialogo dei figli facilita la raccolta di informazioni sugli stessi da parte dei genitori, regolando così il grado di fiducia e controllo esercitato sui figli. Pertanto, questo modello rappresenta un tentativo di spiegare l’influenza esercitata sia dai genitori che dai figli mostrando in modo innovativo che le informazioni dei genitori sui figli dipendono dalla motivazione all’apertura dei figli più che dal controllo esercitato dai primi.

Sommario

In una sezione precedente della rassegna abbiamo considerato le teorie che riguar-dano processi d’influenza unidirezionale, in particolare l’effetto degli stili genito-riali sullo sviluppo dei figli (Baumrind, 1968) e il ruolo attivo di questi ultimi nella costruzione del clima familiare. Risultati e critiche dei due filoni di ricerche hanno portato a considerare i processi d’influenza bidirezionale che genitori e figli eserci-tano gli uni sugli altri, evidenziando la continuità del rapporto tra le due generazioni nello sviluppo dei singoli attori familiari.

Dopo aver discusso una tale prospettiva relativa alle influenze bidirezionali, di seguito illustreremo gli studi che hanno concettualizzato la famiglia come piccolo gruppo, caratterizzato da una specifica storia passata e da aspettative di vita futura,

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capace di cambiamento e adattamento attivo in relazione a stimoli provenienti sia dal contesto sociale che dai propri membri in termini olistici.

4. La famiglia come gruppo

Considerare la famiglia come gruppo che influenza ciascuno dei propri membri significa andare oltre l’idea dell’influenza bidirezionale in cui un componente eser-cita influenza su un altro e questo a sua volta influisce sul primo. Essere parte di un gruppo come quello familiare implica che chi ne fa parte riceva un’influenza dagli altri membri, senza necessariamente essere l’attore o il ricevente principale. Come vedremo in questo paragrafo, se un membro della famiglia sperimenta risul-tati positivi o negativi a scuola, sul lavoro o in altri contesti è molto probabile che gli effetti si estenderanno a tutti i membri della famiglia anche se in maniera indiretta. In tal senso, genitori molto restrittivi nel concedere autonomia ai figli/e maggiori, si comporteranno in modo differente con i secondogeniti in virtù delle reazioni dei primi, e, se presenti, concederanno ancor maggiore libertà ai terzogeniti. Pertanto, l’influenza di gruppo può essere particolarmente potente poiché trascende i con-fini interpersonali, situazionali e temporali in cui i comportamenti dei membri del gruppo sono messi in atto.

Risulta particolarmente interessante analizzare il funzionamento del gruppo famiglia durante l’adolescenza dei figli, in quanto in questo periodo le relazioni familiari si modificano verso una crescente reciprocità (Laursen e Collins, 2004). La qualità dei cambiamenti familiari è funzione degli scambi affettivi reciproci, dell’uguaglianza e giustizia nelle relazioni tra i membri del gruppo famiglia. Nei rapporti familiari di bassa qualità, infatti, il grado di conflittualità e la mancanza di comunicazione e comprensione aumentano, poiché gli adolescenti esprimono un malcontento crescente per il trattamento iniquo da parte degli adulti, mentre i genitori percepiscono violazioni delle loro aspettative. Dialogo e sentimenti di vi-cinanza tra genitori e figli rivelano alta qualità delle relazioni, poiché i componenti della famiglia si basano su modelli di scambio che generano benefici. Di conseguen-za, la giustizia relazionale percepita, la qualità della distanza intergenerazionale, le dinamiche della comunicazione di gruppo, l’interpretazione della conflittualità da entrambe le parti approfondiscono aspetti diversi delle dinamiche del gruppo fami-glia rivelando la forza dell’influenza tra membri di un gruppo caratterizzato da ruoli complementari in evoluzione.

4.1. Evidenze sulle dinamiche d’infl uenza nel «gruppo» famiglia

Alcuni effetti dell’influenza di gruppo sono riscontrabili negli studi che considerano le dinamiche tra genitori e figli primogeniti e secondogeniti (Whiteman e Bucha-

Le relazioni familiari nell’adolescenza dei fi gli: processi d’infl uenza intergenerazionali e di gruppo 41

nan, 2002). Ogni figlio cambia non solo la struttura familiare ma anche le dinami-che del gruppo. È stato mostrato che le esperienze delle madri con i figli maggiori influenzano in modo consistente le valutazioni sui figli minori. Allo stesso modo, i genitori che stabiliscono relazioni insoddisfacenti con i figli maggiori tendono ad avere relazioni insoddisfacenti anche con i figli minori (Whiteman e Buchanan, 2002). Tali effetti possono essere spiegati non tanto a partire dai singoli individui quanto dall’interdipendenza che caratterizza e condiziona i diversi rapporti tra i membri del gruppo famiglia. L’importanza di considerare le dinamiche familiari in termini di processi d’influenza di gruppo è sostenuta dell’evidenza che se da una parte i genitori risultano più preparati al periodo di cambiamenti dei secondogeniti rispetti ai primogeniti, dall’altra i secondogeniti imparano a gestire le relazioni con i genitori dai fratelli maggiori. Ricerche mostrano che i figli minori hanno mino-ri conflitti familiari nella pre-adolescenza rispetto ai fratelli maggiori (Whiteman, McHale e Crouter, 2003). Inoltre sia i padri che le madri tendono a discutere meno di disciplina con i figli minori adolescenti rispetto a quanto era avvenuto con figli i maggiori (Tucker, McHale e Crouter, 2003). La percezione delle differenze di com-portamento verso i primi e i secondogeniti non ha effetti negativi sugli adolescenti, infatti non solo i genitori ma anche i figli comprendono l’evoluzione del gruppo basata sul patrimonio di esperienze apprese e condivise. Al contrario, le percezioni di disparità di trattamento da parte dei genitori influenzano negativamente le di-namiche familiari, non tanto per il confronto tra primogeniti e secondogeniti ma poiché indeboliscono in modo consistente il loro senso di appartenenza al gruppo (Kowal, Krull e Kramer, 2004).

4.2. I cambiamenti del gruppo famiglia durante l’adolescenza dei fi gli

I modelli di causalità circolare considerano il gruppo famiglia come un sistema in cui cause ed effetti dei comportamenti di genitori ed adolescenti non sono da con-siderarsi come fattori isolati ma causalmente reciproci ed interconnessi (Patterson, 1982). I modelli di co-evoluzione e adattamento reciproco suggeriscono, inoltre, che la causalità non è da ricercare nella relazione tra genitori e adolescenti, come singoli individui ma nel gruppo famiglia da essi composto e nel modo in cui si intersecano bisogni e caratteristiche che lo rappresentano (Thomas, Chess e Birch, 1977).

Secondo l’approccio relazionale-simbolico alla famiglia (Scabini, 1995), questo gruppo può essere concettualizzato come un micro-sistema sociale in evoluzione, con caratteristiche proprie non ricavabili dalla somma delle sue componenti. Tale approccio, infatti, propone un’interpretazione dei legami familiari in base ad una prospettiva multi-generazionale, con effetti di complessa reciprocità. Il gruppo fa-miglia ha in sé le risorse e le capacità per adattarsi in modo attivo e organizzato ai cambiamenti dei suoi membri. In particolare, durante l’adolescenza dei figli la fami-glia rielabora i significati dei cambiamenti nelle relazioni tra i suoi membri e mette

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in atto processi di riorganizzazione dei legami, in termini di aumento dell’interdi-pendenza tra i componenti del gruppo (Scabini e Cigoli, 2000). Inoltre, l’influenza reciproca sperimentata tra i membri della famiglia genera un aumento dell’identifi-cazione con il gruppo, quindi risulta una risorsa importante per la percezione di sé e per l’autostima.

Per Vignoles, Regalia, Manzi, Golledge e Scabini (2006), non solo l’incremento dell’autostima e della conoscenza di sé, ma soprattutto l’identificazione e al tempo stesso la distinzione dalle figure genitoriali sono elementi centrali nello sviluppo dell’identità personale e sociale. La relazione tra genitori e figli nel gruppo familiare ha quindi un ruolo centrale, specialmente durante l’adolescenza, perché influenza l’acquisizione dell’identità e dell’autonomia dei figli. In altre parole, caratteristica centrale del passaggio dall’adolescenza all’età adulta è la ri-negoziazione dei rappor-ti familiari. Processi sottesi a tale riorganizzazione del gruppo sono quelli di diffe-renziazione e adattamento tra i suoi componenti, che sottolineano sia la vicinanza che caratterizza i membri di un gruppo, sia il bisogno di autonomia e distinzione che caratterizzano le persone in una fase evolutiva cruciale come quella adolescen-ziale. Allo stesso tempo, la motivazione degli adolescenti a costruire la propria iden-tità ed autonomia può scontrarsi con l’intento dei genitori di mantenere, da un lato il controllo nei loro confronti, dall’altro di impartire e trasmettere i propri valori. Pertanto, i genitori possono non essere pronti a concedere ai figli l’autonomia e l’indipendenza che essi chiedono, facendo insorgere conflitti riguardo a regole e diritti.

4.3. I processi sottesi alla confl ittualità nel gruppo familiare

Più di ogni altra forma d’interazione sociale i conflitti offrono a genitori e figli l’opportunità di riconsiderare le aspettative reciproche, di rinegoziare ruoli e re-sponsabilità nel gruppo. Dunque il disaccordo tra genitori e adolescenti può essere compreso in base ai processi di influenza e negoziazione reciproca tra i membri del gruppo.

In generale, le evidenze disponibili mostrano che i disaccordi familiari non mi-nano i legami tra i componenti del gruppo. Anzi, i conflitti nel periodo dell’adole-scenza dei figli rafforzano le relazioni, segnalando l’importanza della comunicazio-ne e la richiesta di attenzioni in merito a particolari tematiche (Smetana, 2006). Il modello della «violazione-riallineamento» delle aspettative di Collins (1995) illustra le dinamiche del gruppo famiglia, offrendo una chiave di lettura delle origini del-le incomprensioni tra i membri e del contenuto della discussione tra le parti. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’autore parte dal presupposto che le interazioni fra genitori e figli siano mediate da processi socio-cognitivi e motivazionali che for-mano le aspettative degli uni sul comportamento degli altri. Nei periodi di rapido sviluppo individuale, come nell’adolescenza, le aspettative dei genitori sui figli ven-

Le relazioni familiari nell’adolescenza dei fi gli: processi d’infl uenza intergenerazionali e di gruppo 43

gono disconfermate frequentemente. Tali «violazioni» delle attese possono generare turbamento emotivo e incomprensione tra i membri del gruppo, ma possono anche stimolare i componenti della famiglia a modificare idee e opinioni gli uni degli altri. Se in altri periodi della vita, i cambiamenti fisici e psicologici sono più graduali e meno salienti, le modificazioni repentine che si osservano in adolescenza rendono più difficili e problematiche le relazioni dando origine a possibili incomprensioni, disagi e scontri. Così, gli atteggiamenti ed i comportamenti dei figli influenzano non solo le azioni dei genitori nei loro confronti, ma anche le aspettative che questi si costruiscono rispetto alle interazioni con i figli. In particolare, i comportamenti dei figli non in linea con le aspettative dei genitori scatenano reazioni d’incomprensio-ne, che si scontrano con la crescita e le nuove esigenze dei figli, i quali a loro volta spesso non capiscono la difficoltà dei genitori. Molti dei conflitti tra genitori e ado-lescenti riflettono l’emergere di divergenze di opinioni, derivanti dal modo diverso in cui le due parti interpretano le questioni (Smetana, 1988). Le ragioni di disaccor-do e litigio tra genitori e adolescenti riguardano infatti, per i primi, norme morali e convenzioni sociali che definiscono cosa è giusto e cosa è sbagliato, per gli adole-scenti, questioni di carattere privato. Per esempio, se per i genitori mantenere una stanza ordinata può essere una giusta norma da ottemperare, per un figlio la pulizia della stanza è più probabile che sia una decisione personale. Dunque, le differenze di opinioni tra le generazioni della stessa famiglia riguardano prevalentemente que-stioni della quotidianità e non stili o filosofie di vita molto spesso riconciliabili entro processi di negoziazione nel gruppo famiglia.

4.4. Il valore attribuito al gruppo famiglia

La percezione della famiglia come gruppo di appartenenza, l’orgoglio che deriva da tale appartenenza e il valore attribuito sono stati analizzati in modo innovativo attraverso l’applicazione del modello del valore di gruppo (Group Value Model), elaborato da Tyler e colleghi (Tyler e Lind, 1992; Tyler, Degoey e Smith, 1996), alla famiglia con adolescenti (Moscatelli e Roncarati, 2006; Moscatelli e Rubini, 2011; Rubini, 2003; Rubini e Moscatelli, 2011; Rubini, Moscatelli e Prati, 2010). L’aspet-to originale di questi studi è quello di spiegare i cambiamenti e l’equilibrio delle relazioni tra genitori e adolescenti, in termini di esercizio e tutela della giustizia reciprocamente percepita all’interno del gruppo familiare.

Poiché il modo in cui si è trattati dall’autorità in termini di giustizia percepita costituisce l’esperienza principale dalla quale le persone inferiscono valore e senso di appartenenza al gruppo (Tyler e Lind, 1992), la giustizia esercitata dai genitori e percepita dai figli spiega la qualità delle relazioni familiari. Da una parte, i geni-tori possono agire secondo criteri di giustizia relazionale e procedurale, ponendo attenzione su aspetti di uguaglianza, onestà e fiducia nella presa di decisioni, rico-noscendo e rispettando opinioni ed esigenze dei figli e mostrandosi affidabili ed

44 Francesca Prati e Monica Rubini

offrendo spiegazioni delle decisioni che li riguardano. Dall’altra, la giustizia distri-butiva comprende i criteri seguiti per ricompensare i figli dei loro successi e nel pu-nirli per le loro mancanze. Moscatelli e Roncarati (2006) hanno indagato l’influenza della percezione di giustizia in famiglia, considerando in particolare gli esiti dello sviluppo dell’identità sociale dei figli nella preadolescenza e adolescenza. I risultati hanno evidenziato che all’aumentare della percezione di giustizia esercitata dai ge-nitori aumenta la percezione dei figli di essere trattati con rispetto nella famiglia. La percezione del rispetto ricevuto a sua volta media l’identificazione con la propria fa-miglia. Tali studi evidenziano che i comportamenti dei singoli membri sono dettati dalla percezione del trattamento ricevuto gli uni dagli altri in un processo circolare continuo che si modifica in base allo sviluppo e maturazione degli stessi. Rubini e Moscatelli (2011) hanno verificato inoltre che l’orgoglio per l’appartenenza alla famiglia e il rispetto ricevuto da essa, quali fattori sottesi alla percezione di giusti-zia, spiegano l’aumento della cooperazione tra genitori e figli, della condivisione di decisioni, di atteggiamenti di disponibilità reciproca. In altre parole, la percezione della giustizia nelle relazioni familiari alimenta atteggiamenti e comportamenti di collaborazione e condivisione. Moscatelli e Rubini (2011) hanno poi evidenziato che la giustizia percepita dai figli nella relazione con i genitori promuove il dialogo all’interno della famiglia. Tale apertura nella comunicazione tra i membri del grup-po attiva un ciclo positivo di influenze reciproche. Le implicazioni di tali studi sono in linea con quanto illustrato da Kerr e colleghi (2006), ovvero la necessità di tenere in considerazione percezioni e interpretazioni dei figli sulla famiglia, specialmente in fase adolescenziale, per comprendere le dinamiche comunicative, insieme ad altri aspetti della relazione tra genitori e figli. Rubini, Moscatelli e Prati (2010) dal canto loro hanno messo in luce che non è la percezione dei comportamenti dei genitori, ma la valutazione di equità e correttezza delle dinamiche familiari che influenzano la costruzione dell’identità dei figli e la loro identificazione col gruppo d’apparte-nenza. In generale, questi risultati evidenziano il ruolo cruciale in termini di identità e benessere del gruppo famiglia svolto dalla reciproca interpretazione di atteggia-menti e comportamenti gli uni degli altri, tesi alla costruzione di un equilibrio rela-zionale sempre nuovo e in linea con lo sviluppo dei singoli attori sociali. Allo stes-so modo, la percezione della giustizia all’interno del gruppo famiglia e l’entità del gruppo stesso costruiscono e spiegano il comportamento reciproco dei membri.

Sommario

In questa parte, abbiamo esaminato le relazioni intergenerazionali nella famiglia come dinamiche psicosociali di gruppo. Abbiamo evidenziato che gli stili educativi, la comunicazione intergenerazionale, la giustizia esercitata nella famiglia e l’identi-ficazione con essa scaturiscono non semplicemente da relazioni diadiche tra i mem-bri, ma da un complesso e fitto scambio di cognizioni, emozioni e comportamenti

Le relazioni familiari nell’adolescenza dei fi gli: processi d’infl uenza intergenerazionali e di gruppo 45

di cui sono sicuramente responsabili i singoli membri, ma al tempo stesso anche il gruppo familiare nella sua interezza. In altre parole abbiamo argomentato che i pro-cessi d’influenza sociale familiare non sono soltanto generati e diretti verso i singoli attori sociali ma coinvolgono il gruppo nella sua interezza ove ciò che accade ad uno o più membri della stesso genera conseguenze su tutti gli altri.

5. Considerazioni conclusive

Questa rassegna ha considerato processi ed esiti della socializzazione familiare nella fase adolescenziale dei figli, alla luce della nozione di influenza sociale. Sono state illustrate prima le teorie che hanno posto maggiore enfasi sul ruolo dei genitori nell’influenzare la relazione con i figli, poi i modelli e gli studi empirici che hanno considerato l’influenza bidirezionale tra generazioni, anche in termini di reciprocità simultanea tra le diadi genitore-figlio/a. Infine sono stati esaminati alcuni studi che considerano l’evoluzione delle dinamiche relazionali nel gruppo famiglia. Tale per-corso ha messo in evidenza che, per meglio comprendere il processo di trasmissione di conoscenze, stili comportamentali, valori, esperienze emozionali tra genitori e figli adolescenti, è necessario adottare una prospettiva familiare, che tenga conto non solo del ruolo dei singoli membri ma anche delle influenze reciproche e dell’in-fluenza del gruppo nella sua interezza sui membri. Parafrasando un’espressione di Collins (1990), è necessario passare dallo studio delle relazioni allo studio delle re-lazioni tra le relazioni, sia per comprendere le dinamiche familiari sia per pianificare interventi adeguati. Per lungo tempo gli studiosi hanno adottato una prospettiva d’influenza unidirezionale, entro la quale i figli adolescenti erano visti come ricet-tori passivi di modelli ed informazioni da parte dei genitori. In questi termini la relazione intergenerazionale era unicamente volta a promuovere una continuità di conoscenze e valori tra passato e futuro.

Tuttavia la prospettiva unidirezionale ha mostrato tutti i suoi limiti, poiché la considerazione dell’influenza dai genitori ai figli prevede una corrispondenza piena di conoscenze e valori che è stata costantemente disillusa dai risultati delle ricerche (Collins, Maccoby, Steinberg, Hetherington e Bornstein, 2000). Al contrario, le evi-denze disponibili mostrano che i ruoli ed i compiti degli attori della famiglia sono profondamente differenti, ma in tale diversità, contribuiscono allo sviluppo dei le-gami fondamentali e profondi tra i membri. Inoltre, non solo la direzione, ma anche la modalità d’influenza, esplicita o implicita, tra genitori e adolescenti permette di differenziare l’evolversi delle interazioni e delle implicazioni reciproche. In altre parole, gli eventi espliciti così come gli atteggiamenti impliciti che si comunicano in questa dinamica relazionale primaria, mettono in moto un processo circolare, che modifica tutte le parti, facendo evolvere la relazione tra gli appartenenti al gruppo.

In conclusione, ci sembra di poter proporre che i processi simbolici ed affettivi veicolati dalle dinamiche d’influenza concorrono a modellare la relazione fonda-

46 Francesca Prati e Monica Rubini

mentale degli esseri umani con la propria famiglia. Ci sembra, inoltre, che se da una parte l’influenza familiare possa talvolta restringere i confini e le potenzialità di esperienza delle giovani generazioni, dall’altra, l’influenza dei figli sui genitori e sui fratelli può aprire scenari di novità che permettono a tutti i membri di formulare nuove ipotesi di identità personale e collettiva.

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Parents and adolescents: intergenerational and group processes of influence

This review addresses familiar relations during adolescence on the basis of the concept of social influence. First, we examine studies which emphasize the role of one-way influence both from parents to children and from children to parents. Then we consider studies on two-ways influence considering both explicit and implicit processes of transmission of knowledge between generations. Finally we analyse studies on the family as a social group characterized by a constant and reciprocal influence between generations.

Keywords: adolescence, family, influence between generations [???-???].

Francesca Prati, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna, Via Filip-po Re 6, 40126, Bologna, [email protected]

Monica Rubini, Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università di Bologna, Via Filip-po Re 6, 40126, Bologna, [email protected]