Misure cautelari e reati familiari

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CAPITOLO UNICO

PASQUALE BRONZO

Misure cautelari penali e reati familiari

Sommario: 1. Abusi familiari e tutela d'urgenza. - 2. L' «allontanamento dalla casa familiare» (art. 282-bis c.p.p.). - 2.1. Contenuti. 2.2. Ambito oggettivo di applicazione: in relazione alle pene edittali. - 2.3 (segue) in relazione ai tipi di reato. - 2.4. Ambito soggettivo d'applicazione. - 2.5. Esigenze cautelari. - 2.6. L'assegno provvisorio a favore dei conviventi. - 3. Il «divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa». - 4. L' «ammonimento del questore». - 5. Gli strumenti civilistici e i rapporti con le cautele penali. - 5.1. Gli ordini emessi dal Tribunale dei minori. - 5.2. La violazione degli ordini di protezione.

1. - Col progressivo affermarsi di una concezione giuridica delle relazioni familiari basata sull'effettivo riconoscimento della sogget­tività di ciascun componente della famiglia piuttosto che sulla tradi­zionale tutela del. gruppo, il legislatore italiano degli ultimi anni ha scelto con sempre maggior chiarezza di intenti di fornire alle vit­time delle violenze domestiche una tutela giuridica di tipo preven­tivo, ulteriore e diversa da quella garantita dalla condanna penale del familiare abusante, in grado di interrompere il ciclo delle vessazioni nell'immediatezza dei fattil.

I La concezione della famiglia quale formazione sociale i cui singoli componenti sono soggetti e portatori di diritti è stata fatta propria anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, approvata a Nizza nel 2000 (ANDRINI, La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 551 ss), e l'art. 8 C.e.d.u., - che riconosce ad ogni persona il diritto al rispetto della sua vita privata e familiare - è stato sempre interpretato dalla Corte di Strasburgo non solo in senso negativo, per impedire interferenze dello Stato non giustificate da esigenze di sicurezza nazionale, pubblica sicurezza, ordine e prevenzione dei reati, ma anche in senso positivo, nel segno del sostegno ad interventi statali a protezione della famiglia da ingerenze e condotte (oltre che dello Stato) di altri individui. In particolare, la Corte europea afferma da tempo che viola l'art. 8 della Convenzione europea lo Stato che non consenta ad un membro della famiglia di ottenere in via giudiziale una tutela effettiva dai comportamenti violenti di altro soggetto del gruppo familiare. In particolare, nel caso Arey c. Irlanda 9 ottobre 1979 essa ha chiarito come sia compito dello Stato predisporre mezzi efficaci per consentire ai familiari di tutelarsi

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La 1. 4 aprile 2001 n. 154 .,.,... che già nell'emblematica epigrafe «Misure contro la violenza nelle relazioni familiari» rappresenta il primo riconoscimento normativo del fenomeno sociale - ha inaugu­rato un sistema integrato di misure d'urgenza, civili e penali, sinora sconosciuto al nostro ordinamento: una nuova azione civile a tutela delle vittime (gli «ordini di protezione contro gli abusi familiari»2) nonché una specifica misura cautelare penale coercitiva, l' «allontanamento dalla casa familiare», il cui contenuto è modellato in funzione delle particolari esigenze dei procedimenti relativi a reati commessi in famiglia]. Lo strumentario cautelare penale è stato ulteriormente arricchito ad opera del decreto legge contro lo stalking - fenomeno contiguo a quello della violenza domestica - il quale, per potenziare la tutela delle vittime di 'atti persecutori' ha previsto una nuova misura coercitiva, il «divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa»\ che ben si presta ad essere impie­gata anche in relazione ai reati consumati in contesti familiari. Ne risulta, all'interno del codice di procedura penale, un vero e proprio micro-sistema di misure modellate sulle esigenze dei reati 'familiari', pur se non ad essi riservato in via esclusiva, e più in generale un inedito modello di misura cautelare funzionali alla protezione delle vittime del reatoS•

rispetto ai comportamenti aggressivi di uno dei membri (a livello minimo, pre­vedendo la cessazione dell'obbligo di vivere in comune): cfr. DE STEFANI, Riflessi penalistici della tutela della famiglia nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da P. Zatti, rv, Diritto penale della famiglia, a cura di S. Riondato, Milano 2002, p. 128.

2 Artt. 342-bis e 342-ter c.c.; la medesima novella ne ha regolato la procedura applicativa nel codice di procedura civile all'art. 736-bis, v. infra, par. 5.

3 Art. 282-bis c.p.p .. Protezione e assistenza delle vittime sono fondamentali nella prevenzione dei reati ad evento cd. 'predatorio', in relazione ai quali è essenziale, oltre ad un 'aggressore motivato' e l'assenza di un 'guardiano capace', la presenza di una 'vittima designata' (WILLIAMS - Mc SHANE, Criminological theory, Prentice hall, 1999 (trad. it. Devianza e criminalità, Bologna, 2002, 199)

4 Art. 282-ter c.p.p., interpolato dal d.l. 23 febbraio 2009, n. Il, convertito nella l. 23 aprile 2009, n. 38, al quale si deve pure la creazione di una nuova fattispecie di reato per la specifica e differenziata repressione delle condotte ossessive e indesiderate di controllo della vita altrui (art. 612-bis c.p.), comportamenti noti da tempo alla psicologia giuridica ed alla criminologia ma finora penalmente irrilevanti o blandamente puniti.

5 La finalità specialpreventiva, già singolare per le cautele processuali, qui si esprime in modo singolare rispetto a quanto in generale prevede l'art. 274 comma 1 letto c) c.p.p. , poiché perché più che proteggere la collettività genericamente intesa viene disposta essenzialmente a protezione di soggetti ben determinati e delle loro specifiche esigenze (PISTORELLI, Misure contro la 'violenza nelle relazioni familiari:

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Più in generale, si può dire che la nuova tutela giudiziaria contro le violenze m famiglia ruoti intorno all'allontanamento dall'ambiente domestico della persona che attenta all'integrità fisica o morale o alla libertà personale di un altro componente del nucleo familiare: tale misura può essere adottata con un provvedimento urgente ad opera del giudice civile, anche appositamente investito, a prescindere dalla rilevanza penale del comportamento dell'abusante, ovvero ad opera del giudice penale ove a carico di quest'ultimo sia· stato aperto un procedimento penale (a prescindere dal titolo di reato per il quale si procede). Contestualmente o successivamente all'allontanamento, il giudice può vietare all' abusante di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'offeso, al suo luogo di lavoro, al domicilio di con­giunti o di altre persone, e con gli ordini di protezione civilistici possono essere tutelati anche i luoghi di istruzione dei figli. Infine, per proteggere i familiari dalle gravi conseguenze derivanti dalla denuncia dell'abusante, è possibile imporre allo stesso il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone che restino prive di sostegno economico, e persino ordinare al datore di lavoro di de­trame l'importo dalla retribuzione e versarlo direttamente al bene­ficiario designato.

Nell'impianto originario della legge del 2001 questo doppio bi­nario, civile e penale, non era 'perfetto', per una certa sussidiarietà delle tutele civilistiche, precluse in presenza di reati perseguibili d'uffici0 6: siccome gli ordini protettivi si caratterizzano per una procedura rapida ed informale7 e sono fondati su presupposti tipiz­zati solo vagamente, con ampi spazi di discrezionalità giudizialeS,

allontanamento dalla casa familiare; pagamento di un assegno, in Zatti (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, Milano 2002, IV, p. 89). E' un segno evidente della crescente attenzione per la vittima del reato all'interno delle dinamiche del processo penale, sollecitata anche dalle fonti internazionali, prima fra tutte l'importante decisione quadro 2001/220 GAI sulla tutela delle vittime nel procedim<;nto penale. Sulla prospettiva di una 'carta europea dei diritti delle vittime', v. AIMONETTO, La valorizzazione del ruolo della vittima in sede internazionale, in Giur. it., 2005, p. 1327 S5., e più di recente, MORGANTE-SPAGNOLO, Le regole della «legge comu­nitaria 2009», in Leg. pen., 2010, p. 407 ss.

6 V. il testo originario dell'art. 342-bis c.c .. Per i reati perseguibili a querela la 'doppia possibilità di tutela rimetteva alla disponibilità della persona offesa la scelta della specie di via era dunque

7 La rapidità è consentita dal contraddittorio deformalizzato tipico dei proce­dimenti camer<lli, e dalla possibilità di provvedere d'urgenza inaudita altera parte, rinviando l'audizione delle parti ad un'udienza successiva (art. 736-bis c.p.c.).

8 PITTARO, Limitata ma incisiva modifica alla legge sulle misure contro la violenza nelle relazioni familiari, in Fam. e dir., 2004, p.S. Si tratta peraltro di

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era sembrato inopportuno consentire simili interventi, privi delle· garanzie del procedimento penale, nelle situazioni più drammatiche in quanto maggiormente pregiudizievoli per l'offeso9

E tuttavia, tale ridotto spazio operativo dell'istituto civile, com­binato alla generale riluttanza delle vittime a denunciare alla magi­stratura penale il familiare violento, indeboliva molto l'efficacia com­plessiva del sistema di tutela 10: nelle iniziali applicazioni della nuova disciplina accadeva infatti che il giudice civile adito dalla vittima, ravvisando un reato perseguibile d'ufficio, dovesse dichiarare inam­missibile il ricorso e trasmettere gli atti alla Procura!! per l'attiva­zione del procedimento penale e l'eventuale 'allontanamento' del­l'abusante ai sensi dell'art. 282-bis c.p.p .. Questa misura però pre­suppone condizioni più rigorose e, soprattutto, interviene con tem­pi più dilatati rispetto all' omologo civilistico, proprio per la neces­saria apertura di un procedimento penale e il coinvolgimento del p.m. 12

Per giunta, gli ordini di protezione di cui all'art. 342 c.c. risultavano irragionevolmente preclusi in presenza di condotte integranti reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p., perseguibile d'ufficio, che sono tra le più ricorrenti nella fenomenologia degli abusi familiari 13 •

una soluzione introdotta soltanto in extremis nel pecorso che ha condotto alla novella, nell'ultima stesura del testo approvato alla Camera e poi ratificato dal Senato.

9 Questi timori avevano prevalso sulla considerazione dei vantaggi offerti dagli 'ordini di protezione' in termini di prontezza d'intervento e di impatto sulla famiglia. Va rilevato, quanto al primo aspetto, come il rimedio sia accessibile all' offeso senza dover attendere l'iniziativa del pubblico ministero e anche senza il patrocinio di un legale; quanto al secondo profilo, l'intervento del giudice civile, grazie alla sua flessibilità, consente e talvolta finanche favorisce la ricostituzione delle relazioni compromesse.

lO La scarsa propensione alla denuncia è connessa evidentemente all'impatto del procedimento penale sui legami familiari, spesso condotti alla rottura o alla crisi definitiva (cfr. ABRAM-AcIERNO, Le violenze domestiche che trovano una risposta normativa, in Quest. Giust., 2001, p. 225).

Il Ai sensi dell'art. 331 comma 4 c.p.p., pena la configurazione del delitto di omessa denuncia, ex art. 361 c.p ..

12 ABRAM-ACIERNO, Le violenze, cit., p. 225, notavano come questa sussidia­rietà, tra l'altro, stridesse con il principio di tendenziale autonomia tra le giurisdizioni che ha ispirato i compilatori del vigente codice di rito penale. A fronte di tale incomprensibile deficit di tutela i giudici di merito erano giunti a ritenere attivabile il rimedio civile a prescindere dal regime di procedibilità del reato (Trib. Taranto, 25 febbraio 2002, in Fam. e dir., 2002, p. 625).

13 Non meno frequenti le condotte integranti gli estremi della minaccia aggravata e della lesione grave, reati pure essi perseguibili ex officio. Esemplare il caso di Trib. Trani, decr. 12 ottobre 2001, Preso Delcuratolo, Fam. e dir.,

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E, ancora, in ipotesi di condotte astrattamente riconducibili a reati procedi bili d'ufficio ma puniti con meno di tre anni di rec1u­sione e diversi da quelli per i quali l'art. 282-bis c.p.p .. opera fuori dei limiti di pena ordinari, non era praticabile alcun intervento giu­diziario preventivo: la misura civile risultava infatti prec1usa dal regime di procedibilità, e quella penale dal trattamento sanzionatorio non abbastanza severol4

• Analoghi vuoti di tutela erano poi concre­tamente possibili qualora, di fronte ad un abuso familiare, il giudice civile si ritenesse incompetente ravvisando un reato procedibile d'ufficio e quello penale, configurando un reato perseguibile a que­rela, si astenesse dal provvedere in via cautelare, in assenza, della condizione di procedibilità 15.

Assai provvidamente, dunque, il legislatore ha presto ripensato la disciplina introdotta nel 2001 e, superando i timori circa l'adegua­tezza dell'intervento civilistico rispetto a situazioni di forte critici­tàl6

, ha eliminato la prec1usione all'operatività dell'art. 342-bis C.C.17

,

cosicchè oggi la tutela delle vittime di reati familiari si avvale di un sistema integrato, composto da strumenti penali e civili sempre con­giuntamente attivabilil8 •

2. - La creazione della nuova misura mira a fornire una risposta adatta alle specificità delle esigenze cautelari poste dai procedimenti per reati familiari, nel rispetto del criterio dell'adeguatezza e del­l'estrema residualità della custodia carceraria. L'unica misura penale 'specifica' per i reati familiari, prima della novella, era costituita dalla

2002, p. 395, con nota di PETIl'TI, Le misure contro al violenza nelle relazioni familiari: modalità applicative e problemi procedurali.

14 PITTARO, Limitata ma incisiva modifica, cit., 6. 15 DE MARTINO, Honestanda domus, cit., p. 270. 16 Si tratta della l. 6 novembre 2003, n. 154; nella Relazione che accompagna

la proposta di legge (n. 1495 presentata alla Camera il 2 agosto 2001, «Modifica all'art. 342-bis del codice civile, in materia di ordini di protezione contro gli abusi familiari») si rilevava che le garanzie del contraddittorio necessario all' azione civile non sono inferiori a quelle previste per il giudizio cautelare penale, visto che per l'adozione di entrambe le tipologie di misure è previsto il doppio grado di giudizio; in più, il controllo collegiale sul provvedimento adottato inaudita altera parte è sufficiente garanzia di contraddittorio per il destinatario (art. 736-bis c.p.c.), giustificato dalla provvisorietà della misura, prorogabile una tantum e per il tempo strettamente necessario (ma v. infra, 6).

17 V. la I. 6 novembre 2003, n. 304. 18 In argomento, v. ERAMO, La l. 6 novembre 2003 n. 304: Riforma delle nuove

misure contro la violenza familiare, in Dir. fam. e pers., 2005, p. 699. Sulle possibili sovrapposizioni, v. infra, 6.

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«sospensione dell'esercizio della potestà dei genitori» (art. 288 c.p.p.), scarsamente efficace in situazioni di grave degrado, quando l'unico accorgimento adeguato consiste nell'allontanamento fisico dell'inda­gato19

• Più efficace, e non a caso maggiormente impiegata era la misura del diviet%bbligo di dimora (art. 283 c.p.p.), ma pure que­st'ultima si rivelava spesso ancora insufficiente alla protezione del­l'incolumità dei familiari-vittima, mentre altre volte risultava disfun­zionale, comportando essa necessariamente il totale eradicamento del prevenuto dal contesto familiare, un inutile esilio dal proprio ambito sociale, spesso anche la perdita del lavoro, con conseguenze negative anche per i congiunti.

D'altra parte, adattare i contenuti delle misure del codice alle concrete esigenze preventive era complicato, dato il principio di stretta legalità delle restrizioni personali: solo forzando il dettato dell'art. 283 c.p.p. i giudici di merito hanno potuto in passato appli­care all'indagato per maltrattamenti o abusi familiari il divieto di dimorare nella casa familiare e di non accedervi senza l'autorizza­zione del giudice, o l'obbligo di dimorare in luoghi che non fossero abitualmente frequentati dalla persona offesa o dai congiunti20

La nuova tipologia cautelare consente al giudice di limitare la restrizione allo stretto necessario senza forzare la legge, circoscri­vendo l'obbligo di distanza ad alcuni specifici luoghi e autorizzando accessi ai luoghi interdetti, per ridurre i traumi, ad esempio, su eventuali figli minori.

L' «allontanamento dalla casa familiare» (art. 282-bis c.p.p.) è in­serito tra le cautele coercitive21 e ne condivide le regole del sistema codicistico, salvo espresse deroghe. Nella sequenza delle misure, ordinate secondo la crescente intensità afflittiva, essa è collocata tra l'obbligo di presentazione periodica alla polizia ed il divieto od obbligo di dimora, quindi tra i provvedimenti più miti22

• Ed in

19 Esprimeva perplessità in ordine alle potenzialità preventive di questa misura CESARIS, voce Sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, in Dig. Pen., Torino 1997, voI. XIII, p. 472.

20 PISTORELLI, Misure contro la violenza nelle relazioni familiari, cit., p. 89. 21 Appartiene a quelle chiamate «prescrittive» da chi (CORDERO, Procedura

penale, VIII ediz, Milano 2006, p. 487) nota come nel genus codicistico delle «misure coercitive» alcune si limitino ad imporre comandi o divieti senza giungere ad una coercizione fisica (se non, eventualmente, a seguito di una avvenuta tra­sgressione delle prescrizioni).

22 Disciplinati rispettivamente negli art t. 282 e 283 c.p.p .. PERONI, La nuova tutela cautelare penale nei fenomeni di violenza intrafamiliare in Dii: peno e proc., 2003, p. 867 osserva che la misura avrebbe dovuto essere collocata dopo l'art. 283

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effetti, essendo priva dei connotati della coercizione fisica diretta propri della custodia carceraria o domestica, va assoggettata alle regole proprie delle cautele coercitive 'minori', quanto a termini massimi di durata (ex art. 308 c.p.p.), inoperatività del meccanismo di scomputo della restrizione 'presofferta', riparazione per ingiusta detenzione23

Quanto al profilo procedimentale, si applicano ovviamente le re­gole generali del procedimento de libertate: il titolare esclusivo dell'iniziativa è il p.m., il giudice procedente ha una altrettanto esclu­siva potestà decisoria. Il primo seleziona gli atti sui quali fondare le richieste, nonché gli elementi a favore dell'imputato, e li esibisce al giudice, che emette ordinanza motivata e entro dieci giorni dall' es e­cuzione24 procede ad interrogatorio, pena l'automatica caducazio­ne25

; in caso di violazione delle prescrizioni imposte nell' ordinanza, la misura può essere sostituita o cumulata sia con altri mezzi coer­citivi, sia con una misura interdittiva26

; contro il provvedimento

c.p.p., «non foss'altro in quanto manifestazione speciale del divieto di dimora». D'altra parte, si è notato che, le due misure assolvono a finalità di prevenzione del tutto diverse, ed il contesto della casa familiare ha una specificità che lo rende non assimilabile al territorio, oggetto del divieto di dimora (cfr. CIANCI, Gli ordini di protezione familiare, in Patti S. (a cura di), Familia, 2003, p. 235).

2) V. PERONI, La nuova tutela cautelare, cit., p. 868. 24 Dal momento della notificazione all'indagato/imputato, la misura -

ormai esecutiva - deve trovare attuazione, pena la totale vanificazione della tutela apprestata alla vittima, che potrebbe trovarsi a convivere con un aggres­sore ancor più violento. A tal fine non è infrequente che la domanda contenga la specifica richiesta al giudice adito di emanare i provvedimenti più oppor­tuni, ivi compreso l'ausilio della forza pubblica, se del caso, dell'ufficiale sanitario. Particolarmente attenti al tema dei maltrattamenti in famiglia, i magistrati del Tribunale di Milano facenti parte del «pool famiglia» hanno messo a punto un protocollo per l'esecuzione della misura in questione, avvalendosi della Polizia giudiziaria -Sezione famiglia: in concreto, un ufficiale di P.G., delegato per la notificazione dell'ordirianza, si reca presso l'abitazione della persona offesa e dell'indagato ed aspetta che questi recuperi i propri effetti personali, consegni le chiavi e si allontani, eleggendo domicilio altrove (cfr. ORTOLAN, op. cit., p. 234).

25 Questa sanzione era prevista solo per le misure detentive, finché Corte Costo 21 marzo 2001, n. 95, in Giur. cost., 2001, p. 599 ne ha esteso l'appli­cazione alle cautele non custodiali, in considerazione del fatto che tutte le misure cautelari personali comportano una compressione di beni fondamentali della persona ..

26 Ove il genitore abbia posto in essere condotte di violenza familiare ai danni di un minorenne, potrebbe rivelarsi particolarmente utile il cumulo con la sospensione dalla potestà genitoriale, risultando così inibiti non solo la prosecuzione delle violenze rivolte al minore, ma altresì il compimento di atti

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applicativò all'imputato è possibile proporre riesame o ricorso im­mediato in cassazione per violazione di legge (art. 311, comma 2, C.p.p.)27. Questa nuova tipologia cautelare presenta, tuttavia, non poche singolarità rispetto agli altri tipi già noti all' originario sistema codicistico, e qualche profilo critico.

2.1. - Rispetto alle cautele tradizionali, è assai particolare il con­tenuto del provvedimento di cui all'art. 282-bis c.p.p., in larga misura 'aperto'. Se infatti le misure cautelari penali hanno in genere conte­nuti normativamente predeterminati e solo in minima parte neces­sitano di integrazioni prescrittive da parte del giudice nel caso con­creto, qui28 il legislatore ha affidato al giudice non solo il compito di verificare la ricorrenza dei presupposti applicativi ma anche quel­lo ancor più impegnativo di 'costruire' la misura cautelare, accom­pagnando la restrizione - legalmente prevista solo nei contenuti minimi, e spesso di per sé insufficienti - con una serie di prescri­zioni necessarie per raggiungere lo scopo preventiv029

Il contenuto minimo è quello tipico degli ordini di protezione30:

allontanarsi immediatamente dalla casa familiare3!, oppure non farvi rientro (nel caso in cui l'indagato si trovi in stato di arresto o de­tenzione o comunque in luogo diverso dal domicilio domestico) e non accedervi senza l'autorizzazione del giudice procedente (com­ma 1)32.

Tale prescrizione può essere arricchita con una più incisiva limi­tazione della libertà: quando occorre soddisfare concrete esigenze

giuridici per il medesimo pregiudizievoli, da parte del prevenuto (cfr. PERONI,

La nuova tutela cautelare, cit., p. 869). 27 Quanto alla sindacabilità della prescrizione patrimoniale, v. infra, 2.6. 28 Ma il discorso vale anche per quella introdotta dal successivo art. 282-ter,

«divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa». 29 V. FIDELBO, Lo stalking e le nuove misure cautelari di protezione dalle

violenze familiari, in Minori e giustizia, 2009, f. 3, 70. 30 Il riferimento è agli ordini civilistici previsti dagli artt. 342-bis e ter c.c.,

nonché ai provvedimenti emessi ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c.. . 31 Non è prevista la fissazione di un termine per organizzare il trasferimento

(CIANCI, op. cit., p. 237). 32 Il rientro può essere autorizzato con modalità e limiti rispondenti alle

esigenze del caso: per il tempo necessario al recupero degli effetti personali o piuttosto ad intervalli più o meno ravvicinati, ove emergano indizi di una sensibile attenuazione delle esigenze di protezione ed in vista di un possibile recupero delle relazioni familiari; oppure ancora il periodico rientro della persona allontanata può essere autorizzato in considerazione delle esigenze dei figli minorenni.

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di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi congiunti33, il raggio di efficacia del vincolo può essere allargato imponendo un divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, per ragioni affettive o lavorative. Il legislatore ha preso atto del dato empirico, risultante dalle statistiche dei centri antiviolenza, secondo cui la violenza familiare ha spesso scenari diversi da quelli domestici: la configurazione rinforzata mira ad esdudere il familiare violento dalI'ambito in cui si svolge la vita quotidiana del soggetto passivo, di talché qualora il primo, pur lasciata l'abitazione familiare, resti poi nei pressi di questa, o nei luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa (magari aspettandola per molestarla, ingiuriarla o aggredirla fisicamente) possono integrarsi gli estremi della viola­zione della misura cautelare, con conseguente possibile inasprimen­to della stessa ex art. 276 c.p.p. fino alla custodia in carcere34

• I luoghi interdetti debbono essere specificati, pena la censurabilità del provvedimento per difetto di determinatezza. L'esatta definizione dei vincoli imposti è importante, da una parte, per la controllabilità del provvedimento da parte dell'autorità e dell'altra, nella prospet­tiva delle conseguenze derivabili a carico del prevenuto in seguito alla trasgressione degli obblighi imposti, ai sensi del citato art. 276.

33 La locuzione «incolumità» ha indotto a ritenere (BARTOLINI-CORSO, Il codice di procedura penale dopo le riforme, Piacenza 2001, p. 420) che in sede penale si sia inteso tutelare la - sola - integrità fisica, giacché l'omologa misura civilistica dell'ordine di protezione (art. 342-bis c.c.) contiene un più ampio rife­rimento all' «integrità fisica, morale ovvero alla libertà ... », ma tale interpretazione restrittiva non sembra condivisibile, intanto perché solo dove il legislatore pone la diversa ed ulteriore cautela del divieto di avvicinamento ex art. 282-bis comma 2 usa la parola «incolumità»; inoltre, la giurisprudenza ritiene integrato il reato di 'maltrattamenti' anche quanto la condotta attenti l'integrità morale, quale libertà di autodeterminazione, del familiare (problema diverso è quello della prova delle violenze psicologiche); infine, l'integrità psichica del familiare può risultare com­promessa anche 'indirettamente', per i sentimenti di angoscia e paura suscitati da violenze fisiche subite da altri membri della famiglia.

34 Casso peno sez. VI, 7 aprile 2011, n. 26819, Colucci in Dir. peno proc., 2011, p. 1081, ha annullato un'ordinanza che vietava - ai sensi dell'art. 282-ter c.p.p., ma il rilievo vale anche per i provvedimenti emessi ex art. 282-bis - l'avvicinamento «a tutti i luoghi frequentati» dall'offeso, senza specificarli. Due i rilievi suggeriti dalla previsione normativa: la lettera poco chiara si presta ad essere interpretata nel senso che la protezione dei congiunti (individuabili attingendo alle categorie elen­cate all'art. 307 U.C. c.p.) sia condizionata alla loro abituale frequentazione della vittima; in secondo luogo, la misura non può essere posta a protezione di persone diverse dall'offeso e dai congiunti, come i colleghi di lavoro e amici, sebbene proprio questi ultimi vengano spesso molestati dall'aggressore (cfr. ZANASI, Vio-. lenza in famiglia e stalking, Mil,\no 2006, p. 368).

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L'imposizione di un divieto di comunicazione con la vtttzma, contemplato dall'art. 282-bis c.p.p., è stato poi previsto opportuna­mente dall'art. 282-ter c.p.p., che permette al giudice di vietare, quando occorre, il contatto con la persona offesa «attraverso qual­siasi mezzo», compresi il telefono e la posta anche elettronica, in­cludendo così nel divieto tutti i potenziali veicoli di disturbo e minaccia in grado di compromettere la libertà e la tranquillità psichi­ca del ricevente, nonché le esigenze probatorie (soprattutto il peri­colo per la genuinità della prova) sottese all'ordinanza di allontana­mento (v, infra, 3)35.

Altro possibile contenuto del provvedimento è rappresentato dalla ingiunzione di pagamento di un assegno periodico a beneficio delle persone conviventi che per effetto della misura disposta rimangano prive di mezzi adeguati, ad impedire che la persona allontanata si sottragga agli obblighi di mantenimento dei familiari (art. 282-bis comma 3 c.p.p.). Si tratta di una tutela patrimoniale d'urgenza,pre­vista per quelle situazioni di dipendenza economica nelle quali la vittima spesso rinuncia a denunciare il reato, per timore di perdere la fonte del sostentamento proprio e delle altre persone conviventi. Sia la prescrizione accessoria personale delineata nel comma 2 che 1'altra patrimoniale del comma successivo rispondono alla logica di massima protezione dei soggetti deboli della famiglia, ai quali il legislatore ha inteso apprestare uno schermo in grado di sottrarli alle varie forme di aggressione, in vista di un' ordinata ripresa della vita familiareJ6

Grazie all'articolata disciplina sin qui descritta, l'intervento pre­ventivo può essere arricchito, nelle sue diverse modulazioni, di particolari contenuti afflittivi che ne graduino diversamente la gra­vità, secondo l'entità dei fatti e il bisogno cautelare. Di talché siano sempre bilanciati - in applicazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità (art. 275 c.p.p.) - il sacrificio di libertà personale, da un lato, ed il soddisfacimento delle esigenze cautelari, dall'altro, ed

35 Ovvi~mente, il mezzo vietato dovrà essere specificatamente indicato nel provvedimento restrittivo. MINNELLA, L'allontanamento dalla casa familiare ex­art. 282-bis c.p.p. : problemi e prospettive, in Dir. fam. e pers., 2006, p. 393, 'fa notare come a protezione delle violenze familiari legislazioni straniere più avanzate della nostra, come quella tedesca da tempo prevedono che il giudice civile possa vietare di avere qualunque contatto con l'offeso, in particolare chiamarlo al telefono e spedirgli messaggi per posta o per e-mail.

36 Trib. Palermo, 25 gjugno 2001, Lo Coca, in Giur. merito, 2002, p. 1047. Per quanto riguarda l'ordine di corresponsione dell'assegno, la funzione di protezione delle vittime si esprime in modo del tutto particolare: v. infra, 2.6.

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i vincoli cui è assoggettato l'imputato siano solo quelli strettamente necessari a contenere i pericoli generati dal suo comportamento.

La particolare conformazione dell'istituto cautelare mira ad offri­re una tutela immediata ed efficace alla vittima senza sradicare del tutto ed irreparabilmente - o comunque più di quanto le circostanze del caso suggeriscano - il prevenuto dal. suo contesto di vita lavo­rativa, sociale, familiare, e senza pregiudicare definitivamente gli stessi rapporti familiari.

Essendo l'efficacia della misura e la sua adeguatezza, intesa come minor sacrificio della libertà personale, fortemente condizionate dal modo in cui il giudice nel caso concreto la 'costruisce', è partico­larmente importante l'esatta comprensione, da parte dell'autorità giu­diziaria, delle dinamiche alla base del fatto-reato oggetto d'indagine, sulle quali il provvedimento va modellato.

Ciò impone all'organo inquirente il particolare sforzo di registra­re, per rappresentarli al giudice, oltre agli elementi fattuali rilevanti per la verifica dei presupposti applicativi della cautela, informazioni che solitamente sono ininfluenti in questa sede: situazioni locali e abitudini di vita riguardanti indagato, familiari, persone in qualche modo collaterali; dati rispetto alle quali la persona offesa dal reato è peraltro una fonte privilegiata.

Alla luce di ciò s'è notato, condivisibilmerite, come alla corretta applicazione della misura in parola (e di quella affine prevista dal­l'art. 282-ter c.p.p.) avrebbe assai giovato un sistema di contraddit­torio preventivo, secondo il quale il giudice delibera solo dopo aver ascoltato, tutte gli interessati (qui l'indagato, il p.m., le persone offese) messi a confront037

• Un simile schema procedimentale, che del resto lo stesso legislatore ha adottato per l'ordine protettivo civilistic038

, non è stato invece previsto per l'omologo rimedio penale, nonostante fosse qui è assente l'unica seria controindicazione del contraddittorio preventivo in sede cautelare, costituita dal rischio di fuga e dalla conseguente necessità di coercizioni precautelari39

37 Cfr. ALLEGREZZA, La nuova misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, in Familia, 2003, p. 110; FIDELBO, Lo stalking e le nuove misure cautelari, cit., p. 70.

38 L'art. 736-bis c.p.c. prevede che l'ordine di protezione sia adottato dal giudice civile «sentite le parti», salvo che nei casi urgenti (v. infra, 5).

39 Nel settore penale un contraddittorio preventivo è stato sinora sperimentato soltanto per la sospensione dall'esercizio di uffici pubblici (art. 289 c.p.p.) e per le misure interdittive applicate a carico degli enti nel corso di procedimenti ove debba accertarsi una responsabilità amministrativa da reato (art. 47 d.lgs 8 giugno

738 Pasquale Bronzo

Un'apposita udienza preliminare all'adozione della misura avrebbe costituito anche una preziosa occasione di ricomposizione del conflit­to tra indagato e persona abusata, i quali, sussistendone le condizioni, potrebbero essere avviati dal giudice verso organi di mediazione, così rispondendo alle sollecitazioni, anche internazionali, alla valorizzazio­ne degli spazi della mediazione nell'ambito della giustizia penale40

Una procedura applicativa così partecipata attenuerebbe gli aspetti di problematicità di queste nuove misure cautelare funzionali alla tutela della persona offesa: in primo luogo, il deficit di determina­tezza dei contenuti afflittivi, la cui definizione è sostanzialmente affidata, sulla scorta delle informazioni raccolte dal p.m., all' opera del giudice procedente, ai limiti della compatibilità col canone di legalità di cui all'art. 13 Cost.; in secondo luogo, la circostanza che il provvedimento restrittivo può esser forgiato, di fatto, sulla base delle sole indicazioni della persona offesa41

2.2. - Un altro elemento di specialità della misura in discorso è rappresentato dal presupposto edittale: ferma la soglia generale, in­dividuata per tutte le misure coercitive dall'art. 280 c.p.p. nei delitti puniti con la pena dell' ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, l'art. 282-bis comma 6 c.p.p. eccettua alcune fattispecie delittuose che - pur se sanzionate con pene inferiori al suddetto limite - legittimano ugualmente l'applicazione di questa misura cautelare ove commesse in danno di prossimi congiunti o conviventi42

• Il legislatore ha cioè perimentrato gli ,spazi applicativi

2001, n, 231), Nel primo caso serve a minimizzare il danno che l'intet-vento restrittivo può comportare alla pubblica funzione esercitata dal prevenuto (Corte cost. n, 229 del 2000, in Giur. cost, 2000, p, 1794); nel secondo, a ridurre l'impatto dell'intervento penale sulla vita dell'impresa, Nell'applicazione di queste nuove tipologie cautelari a tutela della persona offesa, la partecipazione degli interessati alla definizione dei contenuti concreti della misura avrebbe agevolato il raggiungimcnto del miglior effetto preventivo col minor sacrificio alla libertà personale e con la minor compromissione della vita familiare. Sull'idea del contraddittorio 'anticipato' nei procedimenti cautelari vedi, nell'ambito di una ormai vasta letteratura, la messa a punto di GIOSTRA, Indagini e prova: dalla non dispersione ai nuovi scenari cognitivi, in A-a, V. v" Verso la riscoperta di un modello processuale, Atti del convegno di Caserta, 12/14 ottobre 2001, Milano 2003, p. 45.

40 FIDELBO, Lo stalking e le nuove misure cautelari, cit., 70 .. La tempistica sarebbe peraltro favorevole, poiché l'iniziativa interverrebbe in un momento pros­simo al fatto, quando la rapporti familiari potrebbero essere ancora non eccessi­vamente degradati e i conflitti interpersonali non ancora radicalizzati.

41 Cfr. MORELLI, Art. 9 D.L. 23.2.2009, cit~, p. 506. 42 La deroga concerne i reati in cui sono o possono essere coinvolti come

vittime persone minorenni. Le prime due fattispecie sono collocate nel capo del

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di questa misura in particolare, giustapponendo al criterio quantita­tivo incentrato sul dato edittale, il criterio qualitativo, fondato su tipologie di condotte per le quali ha ritenuto comunque funzionale l'intervento cautelare, a prescindere dalla sanzione irrogabile.

Lo scopo di tale previsione, assai apprezzabile, è quello di non lasciare sfornite di tutela le vittime dei reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare e abuso di mezzi di correzione, puniti con editti inferiori alla soglia di cui all'art. 280, ovvero di crimini sessuali a danno di minori, perpetrati nei confronti di con­giunti o conviventi (nelle ipotesi più lievi, giacché per le altre sono previsti pene e strumenti severi). In proposito può solo rilevarsi la delicatezza della disposizione, con la quale il legislatore ha derogato ad un istituto - quello dei limiti edittali di cui all'art. 280 c.p.p. - che ha un'importante funzione di garanzia in quanto, sulla scorta di un giudizio di proporzionalità tra offesa e sacrificio di libertà della persona, delinea uno «spazio di tutela incondizionata della libertà personale» 43. Il limite edittale dei tre anni di pena era già derogabile per le misure interdittive, visto che l'art. 287 c.p.p. fa salve le «di­sposizioni particolari», ma non lo era per quelle coercitive, in ragio­ne della loro maggiore afflittività. Ora la disposizione in parola re­stringe, solo per alcune ipotesi delittuose44, queWambito che non ammette sacrificio di libertà45

Per altro verso si è segnalato che il catalogo di reati, poco co~­prensibilmente, non comprenda figure come la sottrazione consen-

codice penale dedicato ai «delitti contro l'assistenza familiare», mentre molteplici altre sono state introdotte da leggi più recenti (anche) a tutela dei minori: la 1. n. 269 del 1998 tra i «delitti contro la personalità individuale» ha posto «prostituzione minorile», «pornografia minorile» e «detenzione di materiale pornografico»; la l. n. 66 del 1996, fra i «delitti contro la libertà personale», «violenza sessuale», «atti sessuali con minorenne», «corruzione di minorenne»», «violenza sessuale di grup­po». Poiché le misure cautelari previste dalla l. n. 15412001 trovano applicazione in tutte le ipotesi di violenza sessuale, si è colmata la lacuna normativa conseguente alla l. n. 66/1996, che non prevede la possibilità di disporre l'allontanamento del colpevole in caso di violenze consumate in famiglia (cfr. MINNELLA, op. cit,., 388).

43 ILLUMINATI, Presupposti delle misure cautelari e procedimento applicativo, in AA.VV., Misure cautelari e diritto di difesa, Milano 1996, p. 69.

44 ALLEGREZZA, op. cit., 13, sospetta la norma di illegittimità costituzionale rispetto all' art. 3 Cost ..

45 La tecnica legislativa è infelice, perché s'è richiamata l'intera disposizione incriminatrice anziché i soli commi pertinenti, col risultato di attrarre nella deroga anche fattispecie già passibili di trattamento cautelare ex art. 280 c.p.p. (così PE­RONI, La nuova tutela cautelare, cit., p. 869).

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suale di minorenni (art. 573 c.p.) e la sottrazione di incapaci (art .. 574 C.p.)46.

Infine, va rilevato che, mentre per le fattispecie cautelabili quoad poenam la misura in esame concorre nella scelta del giudice con tutte le altre misure coercitive, per i reati inclusi nell'elenco in parola l'allontanamento rappresenta l'unico provvedimento coerciti­vo applicabile: se pure occorresse sostituire tale misura non sarebbe dunque possibile alcun inasprimento, perché soltanto per essa il legislatore deroga ai limiti dell'art. 280 c.p.p .. Solo in relazione al reato di 'maltrattamenti' (art. 571 c.p.) l'allontanamento dalla casa familiare potrebbe essere rafforzato dalla sospensione della potestà genitoriale47

2.3. - Nel coniare la misura, il legislatore ha avuto quale ideale ambito di riferimento situazioni di relazioni familiari violente, e ciò ha indubbiamente influenzato la disciplina normativa, ma l'allontana­mento dalla casa familiare non è testualmente ancorato né al ricor­rere della «violenza» in senso tecnico-giuridico o almeno giuridico­penale - giacché il riferimento alla violenza compare espressamente solo nell'intitolazione della legge 154/2001 e non ve ne è menzione quale presupposto oggettivo della misura - né alla commissione del reato in ambito familiare48 •

N on essendovi un campo riservato d'applicazione, non si posso­no a priori escludere spazi d'operatività fuori dell'ambito naturale di destinazione evocato dal titolo della legge istitutiva (violenza dome­stica o, altrimenti detto, reati endofamiliari)49. Si pensi per esempio a reati commessi in ambito familiare ma non connotati da modalità. violente o abusive (ossia con indebito esercizio pressioni fisiche o morali), come l'incesto (art. 564 c.p.) non caratterizzato da violenza che è anzi espressamente esclusa dal fatto tipico, o le condotte di

46 GARUTI, voce Misure coercitive (dir. proc. pen.), in Enc. Dir., Agg., voI. VI, Milano 2002, p. 743.

47 Ciò in quanto l'art. 288 comma 2 c.p.p. consente che in relazione ai «mal­trattamenti in famiglia» la misura della sospensione della potestà genitoriale sia applicata anche fuori dai consueti limiti di pena previsti per le misure interdittive.

48 Nella Relazione al disegno di legge n. 2675 del 18 luglio 1997 si legge: «Non è sembrato opportuno indicare la tipologia dei delitti per i quali la misura può essere disposta, perché si tratterebbe dell'unico caso di misura cautelare ad hoc» (sul punto v. SPANGHER, sub art. 282-bis, in Codice di procedura penale, a cura di Giarda-Spangher, Milano 2010, p. 2996).

49 DI MARTINO A., Honestanda Domus, cit., p. 258 ss.

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soppressione/alterazione/occultamento di stato (artt. 566, 567 e 568 c.p.) come una falsa dichiarazione di paternità naturale resa da per­sona dichiarata inidonea all'adozione proprio allo scopo di riuscire ad adottare. E, ancora, si pensi all'abbandono di minori o incapaci (art. 591 c.p.), alla bigamia in caso di induzione in errore sullo stato libero (art. 556 c.p.), allo sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione con coinvolgimento di congiunti, non già quali desti­natari delle condotte illecite e senza vera e propria violenza finaliz­zata ad indurre alla prostituzione, ma solo come spettatori di quanto accade, ad esempio, nel caso in cui il titolare di un albergo a gestione familiare nel quale lavorino anche minori, tolleri abitualmente la presenza di persone che vi esercitino la prostituzione. Infine, si consideri l'ipotesi - non infrequente in situazioni di crisi coniugale - di interferenze illecite da parte di un coniuge nella vita privata dell'altro (art. 617-bis c.p.).

Lo stesso è a dirsi, sebbene in termini opposti, ove siano inte­grate fattispecie di reato connotate da condotte violente, ma non necessariamente realizzate in ambito familiare, come quando le cir­costanze concrete rendano opportuno l'allontanamento a tutela della prole o della vita familiare compromessi dalla frequentazione abitua­le da parte dell'indagato di luoghi di consumazione di alcolici, con conseguente coinvolgimento dello stesso in risse e nei conseguenti eventi di lesione od omicidio colposo.

Infine, non può escludersi a priori l'adozione della misura in relazione a reati non violenti, né commessi in ambito familiare né direttamente ai danni di alcun membro della famiglia, laddove sia opportuno allontanare l'indagato dalla propria abitazione per evitare interferenze nella genuina assunzione di informazioni relative ad una qualsiasi fattispecie delittuosaso .

2.4. - Sull'ambito soggettivo di applicazione la disposizione nor­mativa non contiene indicazioni, facendo riferimento solo al­l' «imputato», ma tale ambito risulta indirettamente individuato dal­l'art. 5 1. n. 154/2001 quando esso - con una previsione che sembra dettata per lo più per le misure civilistiche, ma che fa luce pure sull'ambito applicativo della cautela penale - precisa che la legge si applica anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da o nei confronti di altro componente del nucleo familiare,

50 PISTORELLI, Misure contro la violenza nelle relazioni familiari, cit., p. 87 55.

742 Pasquale Bronzo

diverso dal coniuge o dal convivente. Le concrete applicazioni dell'istituto si sono avute, sino ad ora, in ipotesi nelle quali autore della condotta pregiudizievole e offeso erano coniugi, anche in costanza di separazione o di sopravvenuta interruzione della con­vivenza51, conviventi more uxorio, ma anche genitori e figli o ni­poti52

• Peraltro la misura in discorso, destinata ad operare in un contesto di relazioni interpersonali a base familiare o parentale, fuori da quest'ambito richiede un' accurata motivazione della scelta, ed espone requirente e giudice ad un ancor più rigido sindacato di idoneità e proporzionalità.

Un limite applicativo è rappresentato dalla minore età dell'inda­gato, poiché la misura non fa parte del catalogo delle cautele mino­rili, le uniche applicabili a questo tipo di imputati, né secondo la giurisprudenza l'allontanamento dalla residenza familiare rientra tra le «prescrizioni» che possono essere impartite al minorenne in fun­zione cautelare 53. Quando, invece, figli minori siano vittime di ge­nitori violenti, si pongono problemi di coordinamento sistematico con il disposto degli artt. 330 e 333 c.c. (sul punto v. infra, 5.1.).

51 È prinClplO consolidato nella giurisprudenza di legittimità: ex plurimis v. Casso pen., sez. VI, 4 febbraio 2008, n. 25607, Bigliardi, in C.E.D. Cass., n. 240773 che, in particolare, ha statuito che il presupposto della misura cautelare di cui all'art. 282-bis c.p.p. è non già la condizione di coabitazione attuale dei coniugi, quanto piuttosto l'esistenza di una situazione - che non deve necessariamente verificarsi all' interno della c;tsa coniugale - per la quale in una relazione familiare si mani­festino condotte in grado di minacciare l'incolumità della persona.

52 Hanno dato luogo all'allontanamento dalla casa parentale fatti di estorsione commessi in ambito familiare da figli o nipoti tossicodipendenti, soliti vessare genitori o nonni onde ottenere il danaro necessario per procurarsi lo stupefacente, con grave turbamento della serenità familiare (cfr. ord. GIP Trib. La Spezia, 26 febbraio 2002; Id. 3 ottobre 2002; GIP Trib. Campobasso, 12 novembre 2002; GIP Trib. Taranto, J4 gennaio 2002).

53 Ai sensi dell'art. 20 D.P.R. 448 del 1988; cfr. Casso pen., sez. V, 23 gennaio 2007, n. 20496, Tedde, in Arch. n. prac. pen., 2007, p. 740, che nota come le prescrizioni che possono essere impartite ai minori attengono necessariamente ad attività di studio e lavoro o altre attività utili all'educazione (in argomento V.

CARACENI, sub art. 20, in Il processo penale minorile, a cura di G. Giostra, III ed., Milano 2009, p. 225). La diversa finalità impedirebbe la sussunzione dell'allonta­namento dalla famiglia tra le prescrizione di cui all'art. 19 citato. L'argomento tuttavia prova forse troppo: il fine ultimo delle prescrizioni minorili è pur sempre preventivo-cautelare, e la differenza rispetto alle cautele applicabili agli adulti sta solo nel fatto che nell'istituto minorile la neutralizzazione del periculum libertatis passa attraverso una stimolazione positiva del minore, anziché attraverso una restrizione. Deve piuttosto osservarsi come nell'ipotesi del minore che maltratta il genitore (parental abuse) il giudice ha a disposizione la più adeguata misura del collocamento in comunità (art. 22 D.P.R. n. 448 del 1988).

Misure cautelari penali e reati familiari 743

2.5. - Per la specificità dei contenuti e per la loro necessaria puntualizzazione in sede applicativa, anche l'efficacia preventiva della misura in discorso è particolarmente connotata, rispetto alla tipizzazione delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 c.p.p .. Quan­to al pericolo di fuga, essa è addirittura controindicata, visto che può risultare d'ostacolo al controllo sugli spostamenti dell'indaga­to. Una sua qualche utilità può riconoscersi rispetto al rischio di inquinamento probatorio, quando l'accesso all'abitazione favorisca pressioni psicologiche sulla vittima o attentati alla genuinità di tracce delittuose54

: l'abusante può esercitare pressioni sulla persona offe­sa o su terzi per impedire la denuncia, o per inquinare le fonti probatorie, spesso uniche, costituite dalle dichiarazioni dei con­giunti55

• Non sfugge tuttavia che, in presenza di rischi simili, una tutela delle fonti istruttorie troverebbe migliore strumento nell'in­cidente probatorio, il cui ambito applicativo non a caso è stato adeguatamente ampliato dalla stessa novella del 2001. Al più, la misura cautelare potrebbe fornire uno schermo temporaneo al sog­getto esposto alle pressioni, nelle more dell'acquisizione anticipata della prova pericolante.

In realtà il fronte sul quale la misura può dispiegare maggiore efficacia è rappresentato dal rischio di reiterazione del reato: l'allon­tanamento dalla casa familiare interrompe situazioni di violenza in atto56

, o impedisce che riprenda contro la volontà della persona offesa una convivenza già temporaneamente cessata57

, per scongiu­rare il pericolo della commissione di un reato della stessa indole rispetto a quello sub iudice58

, e questa funzione specialpreventiva è

54 PERONI, La nuova tutela cautelare, cit., p. 868. 55 In queste ipotesi, oltre all'abuso fisico o psicologico, la condotta può inte­

grare, a seconda dei casi, gli estremi dei reati di violenza privata o di violcnza o minaccia per costringere a commettere un reato (artt. 610 e 611 c.p.).

56 In modo non dissimile dall' ordine protettivo la cui adozione è consentita al giudice civile.

57 Trib. Roma 25 giugno 2002, in Giur. merito, 2002, p. 1290. 58 Nei fenomeni di abuso familiare, il pericolo di reiterazione degli cpisodi di

violenza si fa spesso concreto «in considerazione della pendenza di un procedi­mento di separazione personale che ha acuito la tensione familiare» (Vff. indagini prelim. Pavia, ord. 20 marzo 2003, in Foro Ambr., 2003, p. 180). Il rischio di reiterazione rientra addirittura tra i presupposti applicativi della prescrizione acces­soria del 'divieto di avvicinamento', che postula un pericolo per l'incolumità dell'offeso (ALLEGREZZA, La nuova misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, in Familia, 2003, p. 109).

744 Pasquale Bronzo

qui tanto spiccata da rendere la misura coercitiva m parola quasI «complementare alla norma incriminatrice»59.

Ciò costituisce un aspetto delicato della misura cautelare in esa­me che è rispetto al canone costituzionale di cui all'art. 27 Cost.: tra i pericula libertatis contemplati in generale dall'art. 274 c.p.p. il rischio della futura commissione di reati è infatti quello meno in sintonia con la presunzione di innocenza, «acquistando senso prin­cipalmente alla luce del reato ancora da accertare»60, e le perplessità suscitate da questa finalità 'extraprocessuale' delle misure cautelari 61 si acuiscono proprio in relazione alla prevenzione di illeciti che non appartengono alle fenomenologie criminose del c.d. "doppio bina­rio" (eversione, mafia e simili) ma sono (soltanto) «della stessa spe­cie di quello per cui si procede»62. Tra l'altro, mentre ai fini dell'ap­plicazione della custodia cautelare il rischio di recidiva, per così dire, 'specifica' rileva solo in relazione ai reati punti con almeno quattro anni di reclusione, nessun limite legato alla gravità del reato viene stabilito per tutte le altre misure, che sono dunque astratta­mente applicabili per la prevenzione di qualsiasi delitto. E se questo diverso regime è giustificato dalla differente intensità del sacrificio imposto, in genere, dalla custodia (carceraria o domiciliare) rispetto alle misure non custodiali, occorre pure tener presente la particolare

59 In tal senso, in riferimento alle previsioni di cui agli artt. 282-bis e 282-ter c.p.p., MORELLI, Art. 9 D.L. 23.2.2009, in Leg. Pen., 2009, p. 499; in senso conforme RIONDATO, «Famiglia» nel diritto penale italiano, in S. Riondato, (a cura di) Diritto penale della famiglia, Milano 2002, p. 33.

60 Così MARZADURI, voce Misure cautelari personali (principi generali e disciplina), in Dig. disc. pen., voI. VIII, Torino 1994, p. 72; nello stesso senso MORELLI, Art. 9 D.L. 23.2.2009, cit., p. 504. In argomento, v. i rilevi critici di ILLUMINATI, Presupposti delle misure cautelari, cit., p. 86.

61 «L'intervento cautelare diventa misura di sicurezza» (CORDERO, Procedura, cit., p. 480). Proprio perché estraneo al processo, questo particolare scopo cautelare dovrebbe caratterizzarsi in termini di assoluta marginalità: non a caso il suo ingresso nel nostro ordinamento è avvenuto in relazione a delitti che minacciano la sicurezza pubblica: senza ripercorrere la tormentata storia normativa (v. GREVI, Custodia preventiva e difesa sociale negli itinerari politico legislativi dell'emergen­za, in Disfunzioni del processo penale e difesa della società: i provvedimenti provvisori, Atti del XIV Convegno di studio E. De Nicola, Milano 1983, p. 61 ss.) basti ricordare che le «esigenze di tutela della collettività» furono legittimate come finalità cautelare dalla prima legislazione emergenziale antiterrorismo (I. 22 maggio 1975, n. 152), così penetrando - dopo un successivo avallo della Corte costituzionale (sent. n. 1 del 1980) - tra le indicazioni della legge delega per il vigente codice di rito.

62 Cfr. MARZADURI, voce Misure cautelari, cit., p. 72.

Misure cautelari penali e reati familiari 745

afflittività di un provvedimento, come quello in discorso, che com­porta l'emarginazione del prevenuto dal proprio ambito familiare.

Per giunta, il rischio di applicazioni pressoché automatiche della misura cautelare si fa ancor più concreto nei procedimenti relativi a reati abituali (la gran parte dei reati familiari risponde a questo sche­ma) per i quali la reiterazione delle condotte è spesso elemento fondante dell' addebito penale già elevata63 •

L'antidoto non può che essere una adeguata valorizzazione delle «specifiche modalità e circostanze del fatto» e dei pregressi «com­portamenti o atti concreti» indicativi della personalità dell'imputato (oltre che ovviamente dei suoi precedenti penali), elementi la cui valutazione il citato art. 274 comma 1 lettera c) c.p.p. esige proprio in funzione di una prognosi di recidività accurata e, per ciò stesso, rispettosa della garanzia di cui all'art. 27 Cost., in quanto il più possibile indipendente dall'ipotesi della colpevolezza dell'imputata64

2.6. - L'espulsione del familiare può essere accompagnata da una prescrizione accessoria a carattere patrimoniale (art. 282 -bis comma 3 c.p.p.): una assoluta novità - questa si - nel sistema delle cautele penali, consistente nell'imposizione al prevenuto dell'obbligo di corrispondere un assegno provvisorio a favore dei conviventi che per effetto dell' allon­tanamento coattivo restino privi di fonti di sostentamento economico65

63 Lo rileva MORELLI, Art. 9 D.L. 23.2.2009, cit., p. 505, a proposito della misura cautelare anti-stalking (art. 282-ter c.p.p., sul quale v. infra, 3) notando che quando il pericolo temuto sia rappresentato dalla mera reiterazione della condotta, esso potrebbe essere meccanicamente desunto dall'imputazione formulata (mentre di fronte al pericolo di una progressione criminosa diventerebbe subito indispen­sabile una misura custodiale). Nelle pur rare fattispecie portate all'attenzione della giurisprudenza di legittimità non mancano i segnali di uno scarso impegno nella ponderazione degli interessi coinvolti: esemplare Cass., sez. VI, Il febbraio 2010, n. 13897, S.S., in Riv. pen., 2010, p. 604.

64 Il richiamo a tali dati oggettivi, presente già nel testo originario dell'art. 274 e successivamente integrato dalla novella di cui alla l. 8 agosto 1995, n. 332, mette a frutto la riflessione di chi, fin dal primo apparire nel nostro ordinamento della finalità specialpreventiuva delle misure cautelari, segnalava, per sostenere l'astratta compatibilità di una tale finalizzazione con l'art. 27 Cost., come la consistenza del rischio della futura commissione di reati sia «normalmente legata non già ad un globale giudizio (in questo caso, anticipato) di responsabilità penale» dell'imputato ma «ad un obbiettivo riscontro» di alcuni dati che, pur essendo destinati a confluire successivamente in un giudizio del genere, possono avere in concreto una autonoma rilevanza (CHIAVARio, Processo e garanzie della persona, II ediz., voI. II, Le singole garanzie, Milano 1982, p. 269).

65 Quanto ai beneficiari della misura economica, si segnala l'innovatività della previsione del convivente more uxorio anche in mancanza di figli, figura finora mai

746 Pasquale Bronzo

La prescrizione patrimoniale non partecipa della funzione della misura cautelare cui accede: benchè sia stato sostenuto che l'assegno di mantenimento assicurando autonomia alla vittima, concorrerebbe al contenimento del pericolo di recidiva, ed assolverebbe cosÌ alla tipica finalità cautelare di cui all'art. 274 comma 1 letto c) C.p.p.66, la funzione della prescrizione sembra in realtà del tutto eccentrica rispetto alla logica cautelare.

Il legislatore si è fatto carico delle situazioni di dipendenza eco­nomica delle vittime dal familiare abusante, che spesso rappresenta l'unica o principale fonte del reddito familiare, nella consapevolezza che tali condizioni costituiscono frequentemente un forte disincen­tivo alla denuncia del reato.

Allo stesso tempo, la previsione risponde alle istanze degli ope­ratori sociali e alle sollecitazioni delle fonti sovranazionali che se­gnalano la necessità di fornire alle vittime di abusi familiari misure di sostegno, non soltanto ma anche di tipo finanziario, con la mas­sima rapidità possibile. L'obbligo di pagamento dell'assegno anticipa la tutela economica assicurata dal giudice civile nelle situazioni di crisi dei rapporti familiari, come del resto si evince chiaramente dalla cedevolezza dell'ordine di pagamento emesso dal giudice pe­nale rispetto all' ordinanza di cui all' art. 708 c.p.c., ovvero qualunque altro provvedimento del giudice civile in materia di rapporti patri­moniali tra coniugi o di mantenimento dei figli67.

La misura patrimoniale è modificabile al mutare delle condizioni economiche dell' obbligato o del beneficiario, e viene revocata in caso di ripristino della convivenza (ipotesi sòlo teorica, giacché la convivenza può riprendere solo ove sia revocato l'allontanamento ed in tal caso la disposizione patrimoniale perde efficacia).

considerata a fini analoghi (ABRAM-AcIERNO, Le violenze domestiche, cit, p. 223). Il giudice può disporre che l'assegno venga versato dal datore di lavoro del prevenuto, detratto il relativo imporro dalla retribuzione spettategli, o da un terzo debitore dell'obbligato. Nella giurisprudenza di merito si è ritenuto, in analogia con quanto previsto dalle leggi civili in tema di separazione e divorzio, che l'ob­bligo possa essere imposto anche a carico dell'ente erogatore della pensione (Gip Milano, ord. 18 novembre 2003, in ZANASI, Violenza in famiglia e stalking, Milano 2006, p. 536), ma l'interpretazione non pare affatto scontata, giusto il principio di stretta legalità delle restrizioni cautelari: qui sarebbe considerato 'da­tore di lavoro' l'ente pensionistico; sul punto, V. DI MARTINO, Honestanda Domus. Appunti sull"allontanamento dalla casa familiare' come misura cautelare personale, in M. Paladini (a cura di), Gli abusi familiari, Padova 2009, p. 255.

66 PERONI, La nuova tutela cautelare. cit., p. 870. 67 Cfr. art. 282-bis comma 4 ultimo periodo c.p.p.: quello civile è evidentemen­

te il giudice 'naturale' della materia.

Misure cautelari penali e reati familiari 747

Delineata in termini di provvisorietà e di accessorietà alla tutela apprestata dalla misura de libertate, l'ingiunzione può aggiungersi all'ordine di allontanamento e lo presuppone. Mai alternativa a que­sto, ne segue sempre le sorti: può essere disposta in un momento successivo, ma solo ove la misura principale sia ancora in essere, e non sopravvive al venir meno dell' altra, per revoca o perdita di efficacia (art. 282-bis comma 4 c.p.p.)68.

L'art. 291 comma 2-bis c.p.p., interpolato dalla stessa novella del 2001, prevede poi che il p.m. «in caso di necessità ed urgenza» possa chiedere al giudice procedente, nell'interesse delle persone offese, la misura patrimoniale «di cui all'articolo 282-bis»69. Va re­gistato un dissidio interpretativo circa la possibilità che, proprio in virtù di questa previsione, la prescrizione dell'assegno di manteni­mento si aggiunga a qualunque cautela personale, coercitiva o inter­dittiva, anche differente dall'allontanamento. Una tale conclusione, cui era pervenuta parte della dottrina70

, è stata invece rifiutata dalla giurisprudenza di legittimità che ha, in primis, reputato ostativo il principio di legalità in materia cautelare e, inoltre, ha ritenuto che la ratio della misura economica sussista solo in presenza di un prov­vedimento di 'allontanamento', mirando essa ad evitare che quest'ul­timo abbia un paradossale «effetto penalizzante per i familiari, che sono i soggetti che la misura personale tende a tutelare»; effetto che si verificherebbe se l'espulsione dalla famiglia consentisse al preve­nuto di sottrarsi ai doveri di mantenimentd1•

68 Casso pen., sez. VI, 7 febbraio 2003, n. 11361, Costantino, in Dir. peno proc. 2003, p. 820, ha dovuto precisare che la condanna a pena detentiva condizional­mente sospesa, che determina la perdita d'efficacia della misura de libertate even­tualmente disposta (art. 300 comma 3 c.p.p.) fa venir meno pure la misura patrimoniale. La prescrizione patrimoniale de qua perde efficacia, inoltre, non appena sopraggiunga l'ordinanza di cui all'art. 708 c.p.c., ovvero qualunque altro provvedimento del giudice civile in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi o di mantenimento dei figli: quello civile è evidentemente il giudice 'naturale' della materia.

69 Art. 291 comma 2-bis c.p.p. (aggiunto dalla 1. n. 154 del 2001). 70 CosÌ PERONI, La nuova tutela cautelare, cit., 868, nt. 5; ALLEGREZZA, La

nuova misura, cit., p. 113; PRESUTTI, Ordine di protezione e ricorso ex art. 111 comma 7 Cost.: una preclusione davvero giustificata?, in Fam. e dir., 2007, p. 573; DE MARZO, La legge sulla violenza familiare: uno studio interdisciplinare, in Fam. e dir., 2002, p. 544.

71 Casso pen., sez. VI, 12 maggio 2009, n. 30736, De Simone, in Casso pen., 2010, p. 2777, con nota di MINNELLA, Non condivisibile l'esclusione della prescri­zione patrimoniale ex art. 282-bis comma 3 c.p.p. alle misure cautelari diverse dall'allontanamento dalla casa familiare.

748 Pasquale Bronzo

L'assunto giurisprudenziale esclude implicitamente che una tale previsione sia ravvisabile nel citato art. 291 comma 2-bis, mentre -al contrario - quest'ultima disposizione, inserita com'è nella disci­plina generale del procedimento cautelare, sembrerebbe non aver altro plausibile significato se non quello di generalizzare la prescri­zione accessoria di cui si parla. Difficile rintracciare una diversa funzione. E' stato ipotizzato che la disposizione valga (soltanto) a consentire l'ingiunzione patrimoniale anche nelle ipotesi in cui l'al­lontanamento sia stato disposto da un giudice che si sia dichiarato incompetente: mentre in genere il giudice privo di competenza può provvedere solo quando vi sia urgenza di soddisfare «taluna delle esigenze cautelari» contemplate dal codice (art. 291 comma 2 c.p.p.) - esigenze alle quali la prescrizione patrimoniale è estranea - il comma 2-bis legittimerebbe un potere d'urgenza 'speciale'72. In tal caSo tuttavia, la norma sarebbe assai poco utile, visto che l'assegno potrebbe in ogni casO essere stabilito, entro i venti giorni succes­sivi, dal giudice competente in sede di 'ratifica' del provvedimento cautelare; né si spiegherebbe perché lo stesso comma 2-bis precisa che la prescrizione patrimoniale perde efficacia in CasO di reVOCa della misura personale73

• E' stato pure sostenuto che con la dispo­sizione ora citata il legislatore abbia soltanto voluto condizionare la prescrizione patrimoniale ad una particolare situazione di 'urgenza', ma tale esegesi non spiega, evidentemente, perchè mai tale presup­posto non sia stato specificato all'interno dell'art. 282-bis C.p.p.74

In realtà, il valore precettivo dell'interpolazione dell'art. 291 c.p.p. sta proprio nella generalizzazione dell'ordine di versamento dell'as­segno, in tal modo applicabile anche nei casi in cui l'esigenza cau­telare venga fronteggiata attraverso misure diverse dall'allontana­mento dalla caSa familiare, e il requisito della «necessità od urgenza» posto dal comma 2-bis non è altro che il presupposto giustificativo generale del provvedimento ingiuntivo, che ricorre tutte le volte in

72 Il giudice incompetente può provvedere infatti solo quando vi sia urgenza di soddisfare «taluna delle esigenze cautelari» contemplate dalll'art. 274 c.p.p., alle quali la prescrizione patrimoniale è tuttavia estranea (MONTELEONE, Il ruolo dei familiari-persone offese nel processo penale, in Giur. merito, 2009, p. 1162).

73 Se la logica del disposto di cui al comma 2-bis fosse quella del provvedimen­to d'urgenza, sarebbe stato naturale prevedere una perdita d'efficacia in caso di mancata rinnovazione della misura cautelare ex art. 27 c.p.p (in tal senso MINNEL­

LA, Non consivisibile l'esclusione della prescrizione patrimoniale, cit., p. 2780). 74 MORANI, La nuova duplice tutela giurisdizionale in favore del familiare più

debole e bisognoso di protezione, contro la condotta pregiudizievole, la violenza e gli abusi nelle relazioni domestiche, in Dir. fam. pers., 2004, p. 222.

Misure cautelari penali e reati familiari 749

cui il p.m. abbia ragione di temere che la persona sottoposta ad intervento cautelare - a prescindere dal tipo della misura, ed anche non come diretta conseguenza della sua applicazione - si sottragga all'obbligo di mantenimento dei familiari.

E, quel che più conta, un tale ambito applicativo generalizzato appare assolutamente coerente alla ratio della prescrizione, che ser­ve - come s'è detto - a garantire una protezione seppur temporanea alla vittime del familiare violento, perché queste non abbiano remo­re a sporgere denuncia.

Rispetto a tale funzione, un' applicabilità necessariamente con­nessa all'allontanamento dalla casa familiare sarebbe incongruamente limitata: nessuna tutela economica sarebbe assicurabile nei casi in cui il giudice decida di applicare misure diverse dalla misura di cui all'art. 282-bis c.p.p. e, soprattutto, quel sostegno sarebbe negato proprio nei casi più drammatici di abuso, nei quali la pericolosità del familiare violento dovesse nmdere inevitabile la misura carceraria.

L'accessorietà della prescrizione (a qualsiasi misura cautelare, se­condo la lettura che s'è ora reputata preferibile) ha notevoli risvolti pratici. Anzitutto, al momento in cui viene imposta, se essa è og­getto di un provvedimento disgiunto, va esclusa la necessità di rei­terare l'interrogatorio di garanzia, già compiuto in seguito all'appli­cazione della misura principale. Inoltre, a differenza delle misure concernenti la persona - le quali, quanto a controlli successivi ed impugnative, seguono il regime ordinario delle cautele personali -la misura patrimoniale non sembra autonomamente impugnabile, giac­ché esula dalla cognizione del giudice del riesame, ai sensi degli artt. 309 e 310 c.p.p., né può soccorrere la disciplina di cui all' art. 324 c.p.p. in tema di sequestro. Il problema venne avvertito durante la gestazione della disposizione normativa, tanto più che anche la cau­tela viene adottata inaudita altera parte, ma in sede di approvazione è stata soppressa quell'ultima parte del comma in cui si prevedeva un reclamo non sospensivo ex art. 739 c.p.C.75

• L'ingiunzione potrà dunque essere impugnata soltanto insieme con la cautela personale cui accede, secondo la disciplina generale.

Facendo leva (anche) sul dato dell'accessorietà, e comunque sulla collocazione sistematica nell' alveo delle cautele penali, in dottrina si è ritenuto che la trasgressione della prescrizione patrimoniale vada compresa nel raggio d'azione dell'art 276 c.p.p., che in caso di

7S ALLEGREZZA, La nuova misura cautelare, cit., p. 110.

750 Pasquale Bronzo

elusione delle prescrizioni cautelari, consente l'applicazione di mi­sure più gravose, anche in aggiunta a quella originariamente dispo­sta: dall'inottemperanza all'obbligazione economica potrebbe perciò derivare - fuori da automatismi, ovviamente - la medesima conse­guenza prevista per la violazione del provvedimento restrittivo76

• A conforto di questa soluzione è stato addotta la considerazione che la misura patrimoniale non sarebbe estranea alla logica della cautela penale e quindi ne potrebbe condividere in toto la disciplina77

• Non manca tuttavia una lettura diversa che, valorizzando il dato dell' ef­ficacia esecutiva del provvedimento patrimoniale, ritiene che la ri­sposta più adeguata alla trasgressione dell'ingiunzione sarebbe quella dell' esecuzione forzata civilistica78

Quest'ultima ricostruzione sembra da preferire. La regola di cui all'art. 276 c.p.p., che consente eccezionalmente il cumulo di misure restrittive si fonda su una valutazione legislativa di sopravvenuta inadeguatezza della misura originariamente disposta a fronte del comportamento trasgressivo del soggetto in vinculis, mentre la pre­scrizione a contenuto economico - proprio perché estranea, come s'è detto, allo scopo perseguito attraverso la misura restrittiva, ossia la neutralizzazione del pericolo di reiterazione del reato - non dovrebbe neppure rientrare nelle valutazioni di adeguatezza effet­tuate dal giudice· in sede di applicazione della misura o nel corso della sua esecuzione.

L'assegno periodico ha natura assistenziale: questo ne consente l'attribuzione a tutti i membri della famiglia che a seguito dell'ese­cuzione della misura cautelare si trovino a versare in precarie con­dizioni economiche. Ciò differenzia 1'assegno in discorso dalle for­me di risarcimento del danno, che compete solamente alla vittima della violenza, a prescindere dal suo status economico, mentre la peculiare relazione parentale rileva piuttosto ai fini dell'accresci­mento dell'entità del danno morale (la qualità di marito o padre aggrava il sentimento di dolore arrecato alla persona, traducendosi in una 'parte' di danno non riscontrabile quando gli atti illeciti sono commessi da altre personey9.

76 Tanto più che l'art. 276 c.p.p. 'sanziona' indistintamente tutte le trasgressioni, senza distinguere tra contenuti prescrittivi.

77 PERONI, La nuova tutela cautelare. cit., p. 870. 78 RANZATTO, Commento alla l. 4/412001 n. 154 - Misure contro la violenza

nelle relazioni familiari, in Dir. peno proc., 2001, p. 1338. 79 CIANCI, Gli ordini di protezione, cit., p. 244.

Misure cautelari penali e reati familiari 751

Sia il dato testuale della norma, sia soprattutto il fatto che con l'allontanamento dalla casa familiare si realizza in pratica una sepa­razione pur se temporanea, inducono a mutuare proprio dall'elabo­razione giurisprudenziale in tema di assegno di mantenimento e di divorzio il significato da attribuire alla locuzione «mezzi adeguati» usata dal legislatore: questi non sarebbero i mezzi di 'sussistenza' (ciò che è strettamente necessario per la sopravvivenza dei familiari) ma piuttosto tutto quanto integri il tenore ed il tipo di vita goduti prima dell' allontanamento del familiare violento.

3. - Un ulteriore istituto di tutela delle vittime di reato utile anche nei procedimenti riguardanti abusi endo familiari è costituito dal divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall'offeso (art. 282-ter c.p.p.) che dell'allontanamento dalla casa familiare si pone immediatamente come fattispecie speciale80

, e del quale richiama finalità e modalità di intervento. La misura, introdotta anch' essa di recente dalla legge contro lo stalking (v. infra, 1), si sostanzia nel­l'imporre al prevenuto di evitare il contatto personale con l'offeso, rimanendo ad una certa distanza da lui - nella misura determinata dal giudice - e dai luoghi che quest'ultimo abitualmente frequenta. L'ob­bligo di distanza, che nell'art. 282-bis è un contenuto accessorio dell' espulsione dal domicilio, qui diventa, per garantire determinate e peculiari esigenze, contenuto di un'autonoma misura cautelare coercitiva.

Con la medesima tecnica legislativa adottata nella redazione del­l'art. 282-bis c.p.p., sono previsti contenuti prescrittivi ulteriori ed eventuali, per l'ipotesi che in concreto questi si rendano necessari ed opportuni: la misura contempla l'eventualità che ricorrano ulte­riori esigenze di tutela, tali da vietare all'imputato di avvicinarsi a determinati luoghi abitualmente frequentati da congiunti dell'offeso o da persone con questo conviventi o comunque legati al medesimo da relazione affettiva, ovvero obbligare il prevenuto a mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.

In confronto al divieto di avvicinamento di cui all'art. 282-bis c.p.p., qui risulta ampliata la 'fascia di rispetto' della vittima, sia sul piano spaziale che su quello delle relazioni interpersonali, venendosi a delineare uno spazio vitale intangibile della persona offesa, rappre-

80 PARODI, Stalking e tutela penale, Milano 2009, p. 176.

752 Pasquale Bronzo

sentato dalla realtà di fatto nella quale questa VIVe ed opera, con l'unico doveroso limite della determinatezza.

Anzitutto, con evidenze funzionalità alle specifiche esigenze de­rivanti dalla figura criminosa di riferimento (art. 612-bis c.p.), viene ampliata la cerchia dei soggetti assimilati, nella tutela, alla persona offesa perché al pari di questa destinatari di molestie e minacce: non più soltanto i prossimi congiunti, ma anche le persone conviventi con la vittima e quelle alla medesima legate da relazione affettiva. Nel silenzio della disposizione sul punto della attualità di tali situa­zioni fattuali, si pone il problema della transitorietà di questi legami, che possono venire a cessare repentinamente, ma non sembra op­portuno ritenere automaticamente cessate le esigenze di tutela al mutare della condizione in fattoSI, sia perché in concreto lo stalker potrebbe non essere a conoscenza del cambiamento, sia perché, ove pure ne fosse consapevole, potrebbe ciononostante persistere nella persecuzIOne.

Inoltre, rispetto ai divieti accessori all' allontanamento, manca qui il riferimento alla necessità di tutelare l'incolumità della vittima: questa misura è diretta alla protezione dell' offeso non già (o non solo) da aggressioni fisiche o minacce, ma dal turbamento della serenità del vivere.

E ancora, l'art. 282-ter c.p.p. giustappone al divieto generico di avvicinarsi, applicabile pure al soggetto allontanato ex art. 282-bis c.p.p., un inedito obbligo specifico - che assorbe il primo - di restare ad una determinata distanza da certi luoghi o da certe per­sone. Al riguardo si è rilevato che se l'obbligo di mantenere una distanza da determinati luoghi al più estende quantitativamente il divieto di avvicinamento, diversamente osservare una certa distan­za dalla persona offesa o dalle persone ad essa legate - che inevi­tabilmente è in movimento - richiede da parte dell' obbligato un attivarsi qualitativamente diverso, dovendo evitare di frequentare luoghi dove solo eventualmente esse potrebbero trovarsi s2 • In realtà, anche i divieti di avvicinamento e gli obblighi di distanza da per­sone devono essere sufficientemente determinati, e riferiti a situa­zioni - ad esempio, lavorative - nelle quali esista un concreto pericolo di contatto tra vittima ed aggressore, correttamente la giurisprudenza di legittimità (v. infra, 1, nota 34) ha censurato

81 PARODI, Stalking, cit., p. 181. 82 PARODI, Stalhng, cit., p. 179.

Misure cautelari penali e reati familiari 753

l'intimazione a mantenere la distanza «in caso di incontro occasio­naIe».

Infine, al soggetto sottoposto a dette restrizioni può essere ini­bito di comunicare attraverso qualunque mezzo con le persone alle quali non si può avvicinare (comma 3): il disposto è stato concepito nei termini più ampi, quegli stessi che la dottrina aveva indicato come da preferire già a proposito delle prescrizioni dell'art. 282-bis c.p.p., di talché ora ben possono ritenersi incluse nel divieto di avvicinamento - oltre tutte le comunicazioni, anche per via telema­tica - le più varie condotte con le quali il prevenuto possa entrare in contatto con l'offeso, comprese scritte murarie, annunci su quo­tidiani, invio di regali, messaggi lasciati sul parabrezza dell' autoB3

La limitazione può dunque essere svincolata da qualsiasi profilo tecnico, ma anche dalla specifica condotta che abbia dato luogo alla disposizione della misura: il divieto di comunicazione non necessa­riamente sarà irrogato perché il reato è stato realizzato attraverso comunicazioni, anche se nella maggioranza dei casi sarà pure così; piuttosto, proprio l'applicazione delle cautele spesso in genera nel­l'imputato sentimenti di rabbia e frustrazione nei confronti della vittima, destinati a sfociare in atteggiamenti di ricerca di contatti con questa, in modo preSS<l.nte ed aggressivo, se non prevenuti attraver­so la prescrizione di cui al terzo comma84 • Nel silenzio della dispo­sizione, non sembra che il giudice debba specificare in che modo vada data attuazione al divieto di comunicazioni.

Il fatto che il divieto sia «mirato» su uno o più soggetti indivi­duati fa si che il vincolo sia calibrato sul punto di destinazione della comunicazione, ma ove questo non sia in uso esclusivo della perso­na offesa - pensiamo ad utenze e/o account - potrebbero venire a subire limitazioni anche soggetti del tutto estranei.

L'ultimo comma della disposizione prevede che qualora il preve­nuto abbia necessità, per motivi di lavoro o esigenze abitative, di frequentare i luoghi oggetto del divieto di avvicinamento, il giudice prescriva le modalità della presenza dell'indagato in tali luoghi e ne fissi condizioni e limiti. Alle esigenze lavorative già considerate dall'art. 282-bis c.p.p., l'ultima disposizione aggiunge quelle abitati­ve, al fine di non gravare la situazione personale e patrimoniale dell'imputato, in applicazione del principio generale, enunciato dal-

83 MARANDOLA, I profili processuali delle nuove norme in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale e stalking, in Dir. peno proc., 2009, p. 968.

84 PARODI, Stalking, cit., p. 181.

754 Pasquale Bronzo

l'art. 277 c.p.p., del necessario contemperamento, nell'esecuzione delle misure, tra esigenze preventive e diritti della persona sottopo­sta alla cautela.

Siamo di fronte, insomma, ad una misura restrittiva 'temperata', che assicura un controllo efficace e tempestivo della condotta del­l'indagato ed al contempo non è particolarmente afflittiva: diversa­mente modulabile e graduabile sulle peculiari connotazioni dell'ipo­tesi delittuosa, non determina neppure temporaneamente lo sradica­mento del prevenuto dall'ambiente lavorativo e/o familiare, che ri­sulterebbe inutilmente pregiudizievoli. Per tali caratteristiche, po­trebbe non esserne inopportuna l'estensione agli indagati minorenni, previa modifica della normativa vigente, visto anche che le condotte persecutorie di cui all'art. 612-bis c.p. sono frequenti anche tra soggetti d'età minore85

L'istituto nasce in occasione della riformulazione della disciplina della violenza sessuale, contestualmente ed in funzione - quantome­no sul piano strutturale e teleologico - dell'introduzione nel sistema penale del reato di «atti persecutori», ma la sua previsione non presenta alcun riferimento alla nuova figura penale e quindi - ancor­ché questo reato ne rappresenti l'ambito privilegiato d'adozione -può trovare applicazione anche ove ricorrano altri delitti, simili o anche ben più gravi di quello previsto all'art. 612-bis c.p.

Anche per questa ragione, i contenuti della nuova tutela si sovrap­pongono in parte a quanto previsto dalla misura dell'allontanamento dalla casa familiare, che parimenti ha estrinsecazione generale pur trovando terreno d'elezione nei reati connessi alle relazioni familiari, intese in senso ampio. Peraltro, se talora tra la violenza domestica e lo stalking vi può essere (anche spiccata) contiguità, almeno laddove le molestie si sviluppano in situazioni di convivenza o nell'ambito di relazioni affettive e sentimentali86

, al contrario quando lo stalking si manifesta tra sconosciuti, fuori da vincoli e legami predeterminati, emergono esigenze cautelari completamente diverse, non fronteggia­bili con la misura di cui all'art. 282-bis c.p.p: di qui la scelta per certi aspetti obbligata di introdurre la specifica cautela in discors087

85 Lo nota MARANDoLA, I profili processuali, cit., p. 969. 86 Molto spesso lo stalker non accetta la fine di un legame con la vittima da

questa interrotto. 87 Prima dell'introduzione della nuova cautela, l'autorità giudiziaria - per fron­

teggiare le specifiche esigenze di tutela delle vittime nascenti da condotte oggi certamente riconducibili alla fattispecie di cui all'art. 612-bis c.p. ed espressive di

Misure cautelari penali e reati familiari 755

L'inserimento del nuovo istituto nel quadro delle misure caute­lari personali rende lo stesso applicabile laddove sussistano le con­dizioni di applicabilità previste dagli artt. 273, 274 e 275 c.p.p. e nel rispetto dei limiti edittali di cui all'art. 280 c.p.p.

U n primo profilo di criticità si pone rispetto all' applicazione della misura nei procedimenti ove si persegua il reato di riferimento di cui all'art. 612-bis c.p.p., dovendo coordinare la previsione della procedibilità a querela prevista per tale fattispecie penale con il det­tato dell'art. 273 c.p.p. quanto alla sussistenza delle condizioni ge­nerali di applicabilità delle misure cautelari, in particolare nella parte in cui esso dispone che nessuna misura può essere applicata «se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estin­zione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata». Poiché non è prevista la irrevocabilità della querela per il reato di nuovo conio (che pure consente l'ado­zione di misure cautelari coercitive, persino di quelle custodiali) ben può verificarsi che, dopo che l'indagato abbia sofferto una limitazio­ne della libertà personale, il giudice non possa ulteriormente proce­dere per intervenuta remissione di querela88

• Situazione presumibil­mente destinata a verificarsi con maggiore frequenza in relazione all'applicazione della misura di cui all'art. 282-ter c.p.p., rispetto ai casi in cui sia disposta la custodia cautelare.

Altro aspetto problematico è rappresentato dalla valutazione che inevitabilmente pubblico ministero e giudice sono chiamati a fare in ordine alla prospettazione difensiva del presunto consenso - o alme­no del 'mancato dissenso' - della vittima a fronte delle attenzioni dello stalker, onde escludere la configurabilità del reato e/o l'appli­cabilità della misura cautelare de qua, sempre che non si tratti di condotte violente o di inequivoca minaccia o del tutto anomale ri­spetto ai canoni comportamentali socialmente riconosciuti o accet­tati. Indagine non semplice, da condursi alla stregua di canoni emi-

una particolare attitudine lesiva - è ricorsa alla misura degli arresti domiciliari corroborata da divieti, specie quello di comunicazione con le persone offese esteso a tutti i mezzi conosciuti: cfr. ord. GIP c/o Trib. Torino 23 ottobre 2007, inedita.

88 CSM, Parere sul decreto legge 23 febbraio 2009, n.ll in www.csm.it. dove in particolare si osserva che è stato attribuito alla persona offesa un potere che non trova riscontro nell'ordinamento penale - giacché le fattispecie in tema di violenza sessuale non procedibili d'ufficio prevedono sempre l'irrevocabilità della querela, salvo il caso della violazione dell'art. 570 c.p. rapportata alla possibilità di applicare la misura coercitiva di cui all'art. 282-bis c.p.p.

756 Pasquale Bronzo

nentemente sociali piuttosto che giuridici, ed incentrata in definiti­va, sulla 'percezione' del rapporto tra presunto aggressore e presun­ta vittima, quanto ad intensità, modalità e frequenza.

N on diversamente dall' allontanamento della casa familiare, l'esi­genza cautelare sottesa alla misura in esame è eminentemente quella del pericolo di reiterazione criminosa (art. 274 letto c) c.p.p.). Al riguardo, quanto alla fattispecie penale di cui all'art. 612-bis c.p., va considerato che lo stalker generalmente è persona estranea agli am­bienti delinquenziali ed incensurato, ciò che peraltro non necessaria­mente costituisce un indicatore di minore pericolosità; piuttosto e per altro verso, le sue condotte illecite non sono destinate a manifestarsi indistintamente verso la generalità dei consociati, ma si appuntano specificamente - non per questo con minore intensità - su coloro che il medesimo ha scelto come destinatari delle sue attenzioni.

Queste considerazioni assumono rilevanza, oltre che ai fini della valutazione di sussistenza delle esigenze preventive di cui all' art. 274 letto c) c.p.p., soprattutto nella scelta dello strumento di tutela, a mente dei noti canoni di idoneità e di proporzionalità sanciti dal­l'art. 275 c.p.p ..

Peraltro, a tenore dell'art. 275 comma 2-bis c.p.p., non può es­sere disposta la misura custodiale carceraria laddove il giudice riten­ga che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condi­zionale della pena. Pertanto, il divieto di avvicinamento - opportu­namente modellato sui peculiari caratteri della fattispecie concreta -può essere ritenuto funzionale ed adeguato ad interrompere con­dotte reiterate di molestia poste in essere da un soggetto incensu­rato o per il quale possa ipotizzarsi la sospensione condizionale della pena, ove l'attività criminosa non esprima una progressione elo un mutamento qualitativo dell'aggressione alla vittima; al contrario, l'au­mento della frequenza dei comportamenti indesiderati o la crescente invasività degli stessi, posti in essere da soggetti per i quali si può escludere la sospensione condizionale, possono indirizzare la scelta cautelare verso la misura custodiale89

In applicazione dei principi generali, anche in caso di trasgressio­ne alle prescrizioni imposte con il divieto di avvicinamento il giu­dice potrà disporre la sostituzione o il cumulo con altra misura cautelare più grave (art. 276 c.p.p.).

89 PARODI, Stalking, cit., pp. 175-176.

Misure cautelari penali e reati familiari 757

A completamento delle disposizioni sul nuovo mezzo di cautela, il legislatore ha prescritto che le ordinanze emesse ai sensi degli artt. 282-bis e 282-ter c.p.p. vadano comunicate all'autorità di pub­blica sicurezza competente, affinché valuti l'opportunità di adottare provvedimenti in materia di armi e munizioni, alla persona offesa ed ai servizi socio-assistenziali del territorio: ben tre soggetti destina­tari di un medesimo atto per differenti funzioni e finalità (art. 282-quater c.p.p.).

La segnalazione all'àutorità di pubblica sicurezza è finalizzata al compimento, da parte di quest'ultima, di una rivalutazione in con­creto dell' opportunità che il soggetto colpito dalla misura cautelare venga o continui ad essere autorizzato a detenere armi, giacché la contestazione specifica di un reato nel procedimento nel quale è stata disposta la misura (o anche quella dell'art. 282-bis c.p.p.) rap­presenta un indicatore della potenzialità di abuso dell'arma, nei con­fronti della persona offesa e dei soggetti a questa legati (pensiamo in particolare al reato di stalking) o verso la collettività. Dal riferi­mento testuale all'autorità di pubblica sicurezza «competente», si inferisce che vada rispettato il consueto riparto di attribuzioni tra prefetto e questore per il rilascio e la revoca di licenze di polizia in materia di armi ed esplosivi.90

La comunicazione alla persona offesa non solo assume per que­st'ultima una valenza simbolica, manifestando la presenza e l'atten­zione dell' autorità giudiziaria, ma consente anche la conoscenza nel dettaglio della misura disposta, così che eventuali violazioni delle prescrizioni stabilite potranno essere segnalate, ai fini di un possi­bile inaspriment091 • La norma non indica quali destinatari dell'infor­mativa anche i soggetti che sono stati assimilati alla persona offesa nella tutela, in ragione della convivenza o della relazione affettiva

90 Del resto, una volta che nell'ambito del procedimento penale sono state espletate indagini, l'autorità giudiziaria ha valutato gli elementi di prova ed è stata disposta la misura cautelare, non sussiste più una stringente urgenza di provvedere in ordine alla disponibilità di armi da parte del prevenuto (diversamente dalla fase stragiudiziale, nella quale il questore, dopo aver ammonito il molestatore, prov­vede altresì in ordine all'eventuale possesso di armi da parte dell'autore delle molestie, onde scongiurare ulteriori atti violenti, che potrebbero sfociare anche nell'uccisione della vittima, come sopra detto) e quindi ben possono e debbono essere rispettate le diverse sfere di competenza delle due autorità di pubblica sicurezza (VICARI, op. cit., p. 502).

91 A tal fine occorre, più che la mera «comunicazione» prevista dalla dispo­sizione normativa, una partecipazione accompagnata dalla consegna di una copia dell'atto

758 Pasquale Bronzo

con la stessa, sebbene anche costoro potrebbero percepire e segna­lare violazioni delle prescrizioni impartite92

• La disposizione non prescrive una comunicazione della revoca della misura o della ces­sazione della sua efficacia, che tuttavia sembra non inopportuna.

La comunicazione ai servizi socio-assistenziali del territorio è finalizzata a realizzare il coordinamento tra le varie forme di inter­vento della pubblica amministrazione; specie ove la vittima non abbia voluto o potuto rivolgersi a tali strutture prima dell'instaurazione del procedimento penale, proprio con l'informativa in questione i servizi hanno modo di conoscere e valutare la gravità della situazio­ne personale della persona offesa e possono predisporre la rete di protezione evidentemente necessaria nonché adeguate forme di as­sistenza, specie sul piano psicologico. Ricordiamo che a sostegno delle vittime di abusi familiari e di atti persecutori il legislatore ha previsto l'obbligo per le pubbliche autorità di fornire le informazio­ni necessarie per l'accesso ai centri antiviolenza presenti sul terri­torio e mettere in contatto con i medesimi quanti lo richiedano. Inoltre, è stato istituito presso il Dipartimento delle pari opportu­nità della Presidenza del Consiglio dei Ministri un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica in favore delle vittime di atti per­secutori.

4. - Il decreto legge anti-stalking93 ha apprestato a favore delle vittime di questo reato anche un nuovo strumento preventivo di tipo amministrativo, che può essere utilmente impiegato in presenza di condotte offensive, anche non ancora penalmente rilevanti, per­petrate in contesti familiari: l' «ammonimento» da parte del questo­re. La vittima di tali comportamenti può richiedere all'autorità am­ministrativa, prima dell'inizio del procedimento penale, di ammonire oralmente ed invitare l'autore della condotta invasiva ad osservare un comportamento conforme alla legge - dunque alieno da quegli atti di pesante interferenza che gli vengono attribuiti: il destinatario dei comportamenti persecutori che non intenda provocare l'instau­razione di un procedimento penale, in considerazione delle implica­zioni di ordine personale e psicologico che quest'ultimo comporta,

92 Ovviamente l'informazione potrebbe giungere loro dalla stessa vittima, ma difficilmente ciò potrà avvenire ove il rapporto di fatto sia nel frattempo cessato, con possibili gravi ripercussioni sulle esigenze di tutela che, come detto, ben potrebbero ciò nonostante continuare a sussistere

93 V. la nota 4.

Misure cautelari penali e reati familiari 759

può trovare in questa misura monitoria demandata all' autorità di pubblica sicurezza una prima forma di attenzione alle proprie esi­genze di tutela, ottenendo un intervento «pubblico» preventivo, più snello e rapido di quello giudiziario94 •

La persona ammonita incontra cosÌ una prima manifestazione di disapprovazione della pubblica autorità nei confronti dei propri comportamenti, ciò che può essere sufficiente ad indurlo a desistere dal compimento di nuovi atti - specie in caso di forme «modeste» ed occasionali di disturbo, quando magari il molestatore non sia neppure consapevole del fatto che le proprie condotte siano per il destinatario offensive ed assolutamente indesiderate.

L'emissione del provvedimento di ammonimento ha un duplice tipo di ripercussioni sul procedimento penale che, ciò nonostante, in seguito si apra: in primo luogo, è procedibile d'ufficio e non più a querela il delitto previsto dall'art. 612-bis c.p. commesso dal sog­getto già ammonito, il quale evidentemente non avrà ritenuto di adeguare il proprio comportamento ai richiami formali dell' autorità; in secondo luogo, la sanzione penale applicabile al delitto commesso 'nonostante' l'ammonimento viene aggravata fino ad un terzo del­l'editto ordinario.95

Naturale che il giudice penale possa sindacare il provvedimento amministrativo, verificando, ai fini della determinazione del tratta­mentro sanzionatorio, la ricorrenza delle condizioni che hanno giu­stificato l'ammonimento96

Ma è ancora sul fronte della protezione della vittima che la nuova misura, siccome prevista, può dimostrarsi efficace, giacché il questore con ratto di ammonimento è chiamato altresÌ a valutare l'eventuale ado­zione nei confronti della persona in questione di provvedimenti in ma­teria di armi e munizioni: la lettera della disposizione ed in particolare il mancato riferimento alla specifica competenza dell' autorità procedente, consentono di ritenere che il legislatore abbia inteso ampliare la potestà

94 Al richiedente viene rilasciata copia del processo verbale redatto dall'autorità, come segno tangibile del monito, del quale avvalersi - anche esibendolo alle forze dell'ordine - ogniqualvolta l'autore degli atti inopportuni e fastidiosi non ottem­peri alla prescrizione disposta.

95 L'autorità di polizia che riceve la richiesta di ammonimento non ha alcun obbligo di trasmettere la notizia delle molestie all'autorità giudiziaria, tanto che non è configurabile il delitto di calunnia in relazione all'accusa di atti persecutori con­tenuta nell'atto di sollecitazione della procedura di ammonimento (Cass. pen., sez. VI, 24 febbraio 2011, n. 10221, inedita).

96 AGNINO, Il delitto di atti persecutori e lo stato dell'arte giurisprudenziale e dottrinale, in Giur. merito, 2001, p. 2603.

760 Pasquale Bronzo

di intervento del questore, assegnando a quest'ultimo anche la legittima­zione alla revoca delle licenze di polizia - in materia di armi ed esplosivi - di competenza del prefetto, laddove sussista concreto ed imminente pericolo che l'ammonito abusi di armi ed esplosivi in suo possesso, nei confronti della vittima, della collettività o anche di se stess097

N on sono assenti controindicazioni sul fronte dell' effetto pre­ventivo: l'intervento dell'autorità, specie nei casi più complessi, lungi dal far cessare l'attività persecutoria può sortire l'effetto contrario di rendere il molestatore più resistente, recidivante ed aggressiv098

5. - Nella prevenzione degli abusi domestici le cautele penali sin qui descritte concorrono con strumenti di diritto civile, e principal­mente con gli «ordini di protezione» previsti dall'art. 342-bis c.c., autentico novum della legge del 2001 99

• Anche se di esse si segnala, ancora a distanza di un decennio, un'applicazione piuttosto ridotta, le misure civili rivestono un ruolo centrale nel sistema di quella legge, per la loro rapidità e la loro ridotta invasività.

Questi 'ordini' se da un lato presentano molti tratti di disciplina propri del processo cautelare lOO

, hanno dall' altro una funzione simile a quella degli istituti della volontaria giurisdizione. In particolare, la possibilità di adozione urgente inaudita altera parte lOI

, la necessaria provvisorietà e l'assenza di definitività, che consente la reiterazione dell'istanza in caso di diniego, sono tutte caratteristiche tipo che della schema cautelare. E tuttavia, manca il tratto caratteristico delle cautele processuali, visto che il provvedimento non mira alla tutela

97 VICARI, Stalking: ampliata la competenza del questore per la revoca delle autorizzazioni in materia di ami ed esplosivi, in Riv. polizia, 2009, p. 498 ss.

98 V. il parere espresso dal C.S.M. (Espressione di un parere sul d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, in www.csm.it; cfr. MAUGERI, Lo stalking tra necessità politico­criminale e promozione mediatica, Torino 20to, p. 20l.

99 In precedenza mancava uno strumento giuridico che consentisse l'allonta­namento del familiare violento da parte del giudice civile anche nell'ambito di una procedura di separazione, né era considerato applicabile il rimedio atipico di cui all'art. 700 c.p.p., in presenza dello strumento tipico dell'ordinanza presidenziale. La scelta operata dal legislatore di arricchire la tutela cautelare ordinaria piuttosto che creare una disciplina di settore, consente all'interprete di colmare le lacune normative beneficiando del complesso regime giuridico di riferimento, ove com­patibile (ABRAM-AcIERNO, Le violenze, cit., p. 224).

100 Ravvisa una natura cautelare Casso civ., sez I, 5 gennaio 2005, n. 208, in Foro it., 2006, I, p. 224.

101 In particolare quando gli abusi trovano facili riscontri documentali. Sono sempre possibili ovviamente modifica o revoca in udienza, come avviene nella procedura di cui all'art. 700 c.p.c..

Misure cautelari penali e reati familiari 761

interinale di un diritto nelle more di una pronuncia giurisdizionale dichiarativa: l'art. 736-bis c.p.c. prevede la temporaneità di tali mi­sure, ma non la strumentalità ad un giudizio di merito, destinato a sfociare in un ulteriore provvedimento del quale occorra anticipare gli effetti. Quanto all'aspetto funzionale, la logica è quella della vo­lontaria giurisdizione102

: la crisi della famiglia, nella sua interezza, può essere indotta dinanzi al giudice civile, al quale è assegnata una funzione di cura di interessi superindividuali, come nei tradizionali istituti di volontaria giurisdizione; qui rileva un interesse sociale alla tranquillità familiare 103.

La procedura applicativa, agile e non onerosa10\ inizia con la

proposizione della domanda al tribunale del luogo di residenza o domicilio dell'instante105

, che può essere uno qualsiasi dei membri

102 Nella maggior parte dei casi, la persona offesa entro il termine di scadenza del provvedimento adotterà le cautele opportune per evitare di ricadere nella violenza (ricorso per separazione o divorzio, azione di nullità matrimoniale; se si tratta di conviventi, richiesta di rilascio dell'immobile familiare o sua assegnazione) ma non può forzarsi il dato normativo, come fa Trib. Roma 28 giugno 2001, in Dir. giust., 2001, n. 39, p. 61, che nell'adottare l'ordine di protezione dispone che la ricorrente inizi il giudizio di merito entro trenta giorni (in senso critico CAR­RERA, Violenza domestica e ordini di protezione contro gli abusi familiari, in Fam. e dir., n. 4/2004, p. 398). D'altro canto, quando dopo l'emanazione del decreto venga proposto ricorso per separazione personale o divorzio, il presidente del tribunale a seguito dell'udienza di comparizione nell'adottare i provvedimenti di cui all'art. 708 c.p.c. ben potrà delineare una situazione sostanzialmente coincidente con quella derivata dall'ordine di protezione, ma ciò non implica alcun nesso di consequenzialità (AULETTA, L'azione civile contro la violenza nelle relazioni fa­miliari, in Riv. dir. proc., 2001, p. 1046).

103 D'ALESSANDRO, Gli ordini civili di protezione contro gli abusi familiari: profili processuali, Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, p. 225, secondo cui la peculiarità rispetto ai tradizionali provvedimenti di volontaria giurisdizione sta nei contenuti: mentre questi ultimi sono solitamente auto-esecutivi, limitandosi a rimuovere un limite all'esercizio di un potere da parte dei privati, i provvedimenti protettivi invece, pur non decidendo in ordine a diritti controversi risolvono siwazioni conflittuali comprimendo diritti soggettivi (del familiare abusante).

104 E' regolata dall'art. 736-bis c.p.p., «provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari». Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento sono esenti da imposte e tasse.

105 Anche personale, senza il patrocinio di un legale. Alla luce dei principi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale sull'art. 707 c.p.c., solo la presentazione del ricorso può prescindere dall'assistenza di un difensore; questa è invece richiesta in tutte le fasi successive. Non vi è norma che consenta alle parti di stare in giudizio personalmente, né la possibilità data all'attore di non avvalersi del patrocinio legale per la redazione dell'atto può riguardare anche il convenuto, soggetto invece alla regola generale dell'art. 82 c.p.c., che impone l'assistenza di un difensore; del resto, l'incidenza sulle libertà personali esige la garanzia del diritto alla difesa tecnica in

762 Pasquale Bronzo

del nucleo familiare, e beneficia in termini di celerità della cognizio­ne sommaria, della trattazione anche durante i termini feriali, della competenza di un organo monocratico 106

• Il decreto motivato -immediatamente esecutivo - è reclamabile al collegio, senza effetti sospenSlVl.

L'ambito delle possibili prescrizioni va ben oltre il semplice 'or­dine di allontanamento', tanto che è difficile individuare un rigido schema unitario precostituito: accanto a meri divieti di fare ('cessa­re' la condotta pregiudizievole, 'non avvicinarsi' a determinati luo­ghi, non frequentarli) sono previsti obblighi positivi di agire (allon­tanarsi dalla casa familiare) o di dare (assegno periodico), fino a prescrizioni tutte rimesse alla discrezionalità del giudice, quanto a modalità attuative, durata (non superiore ad un anno), eventuale richiesta d'intervento dei servizi sociali, di un centro di mediazione familiare o di associazioni di sostegno. Inoltre il provvedimento può essere sempre modificato, revocato od integrato dal giudice, anche per specificarne le modalità esecutive107

Unica condizione di applicabilità è che la condotta del coniuge o del convivente causi grave pregiudizio108 all'integrità fisica o morale (cioè al patrimonio di valori) o psichica, ovvero alle libertà (cioè alle possibili manifestazioni della individualità) di un altro familiare: non vigendo gli stringenti presupposti applicativi - prognosi di condan­na, periculum in libertate, specialmente - e i vincoli procedurali che

ogni fase del procedimento, in particolare in quella del colloquio col giudice (CIANCI, Gli obblighi di protezione, cit., p. 217).

106 Diversamente da quanto previsto in materia di separazione e divorzio; il coinvolgimento di un organo monocratico contribuisce alla celerità della proce­dura. Il provvedimento interviene, in media, da due a quaranta giorni dall'istanza (SORGATO, Stalking, cit., p. 84)

107 Rappresenta un altro elemento di semplificazione l'attribuzione, singolare nel processo civile, della competenza a decidere sulle questioni esecutive allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento (art. 342-ter quarto comma c.c.).

108 La gravità dell' offesa, secondo i principi generali in materia di violenza, è desumibile dalle concrete modalità del singolo comportamento o dalla sua rei te­razione; anche un solo episodio, per la sua entità, può fare temere la ripetizione della condotta, con ciò giustificando l'applicazione dell'art. 342-bis c.c. (RANZATTO, op. cit., p. 1337). Merita di essere rilevata l'equiparazione al coniuge del convivente (a prescindere dall'esistenza di figli minori), il quale finora era privo di strumenti di tutela conservativi della residenza familiare e che ora può ottenere l'assegnazione,' ancorchè temporanea, del domicilio familiare, oltre alla liquidazione di un assegno di mantenimento, anche in mancanza dei presupposti di cui all'art. 155 c.c .. CosÌ pure va segnalata la applicabilità dell'istituto a qualsiasi tipo di convivenza, a prescindere dal carattere eterosessuale od omosessuale della coppia.

Misure cautelari penali e reati familiari 763

caratterizzano le cautele penali, la tutela preventiva può essere più ampia e celere.

Il legislatore ha privilegiato l'effettività della tutela a scapito di un maggiore rigore garantistico che, a parere di alcuni, le limitazioni anche consistenti comportate dagli ordini de quibus alle libertà in­dividuali avrebbero richiesto!09.

Del resto, quello della 'violenza' è un concetto graduabile e po­limorfo: talora integra figure criminose ma più spesso è penalmente lecita, anche se non priva di disvalore giuridico l lO. Si pensi a forme subdole quali la continua offesa al nome, alla reputazione, all' onore, alla privacy, al diritto di lavorare, di manifestare la propria persona­lità nei· rapporti sociali: un versante vasto, anche secondo le più recenti ricerche criminologi che, sul quale la giurisprudenza sarà chiamata a pronunciarsi. Una lettura restrittiva dell'ambito operativo della misura, che riservi la stessa alle situazioni estreme e assoluta­mente degradate, lascerebbe impuniti molti casi nei quali questi prov­vedimenti potrebbero opportunamente spezzare, pur con la neces­saria attenzione e prudenza, una lunga scia di abusi!l!.

Non vi è perciò alternatività tra tutela in sede penale e tutela civile, ma possibile concorrenza, e la presentazione della querela non preclude l'azione civile ll2

• Vi è invece la possibilità, per la vittima, di attivare in ogni caso uno strumento protettivo come

109 SILVANI, op. cit., p. 630. D'altro canto, è stato rilevato che se il diritto di famiglia è sempre più attento all'autonomia dei coniugi nel momento della crisi coniugale, la violenza fa venir meno la condizione di parità formale e sostanziale tra i coniugi e giustifica l'intervento, pure assai incisivo, del giudice (FIGONE, Commento alla legge sulla violenza in famiglia, in Fam. e dir., 2001, p. 356).

110 Tanto più che il codice penale risente di una impostazione culturale in cui la famiglia si identificava con uno strumento importante di realizzazione dei fini dello Stato, da proteggere anche talora a scapito dell'interesse dei singoli membri. Oggi i principi anche costituzionali sulla tutela giuridica della persona non con­sentono il sacrificio di diritti dei singoli in nome di un superiore interesse familiare: di qui, la minore ampiezza della nozione di 'reato familiare' rispetto a quella di 'abuso' e la specifica valenza degli odierni ordini di protezione civilistici in difesa della persona, che contrastano la crisi dei rapporti personali nella famiglia agendo sullo stesso piano delle relazioni intersoggettive, senza invocare interessi pubblici o comunque superindividuali.

III DI MARTINO, Ordini di protezione: profili penali e civili, in I diritti della persona. Tutela civile, penale, amministrativa, a cura di Paolo Cendon, Torino III, p. 230, nota come attraverso quest'istituto la violenza domestica può trovare il 'proprio' processo, pur con i presidi necessari alla piena attuazione dci diritti fondamentali (cfr. CIANCI, Gli ordini di protezione familiare, cit., p. 219).

112 MINNELLA, op. cit., p. 396.

764 Pasquale Bronzo

quello civilistico, meno traumatico, a prescindere dalla sussistenza di comportamenti configurabili come reato, dal relativo regime di procedibilità, dall'apertura di un procedimento penale.

Rispetto alla protezione che la vittima di violenze familiari può ricevere in seno ad un procedimento penale, gli 'ordini di protezio­ne' si caratterizzano infatti per i più ampi vantaggi: la misura civile è, da un lato, immediatamente (senza la mediazione del pubblico ministero) e facilmente disponibile; dall' altro, consente di contenere la conflittualità, quando ciò sia possibile ed opportuno, favorendo il superamento della crisi relazionale ed evitando la separazione tra i comugI.

Il nostro attuale sistema normativo fa in modo - insomma - che nei casi non particolarmente drammatici l'intervento del giudice sia in ogni caso rimesso alle valutazioni della vittima: all'allontanamento in sede penale non può mai giungersi senza una specifica volontà dell' offeso, espressa attraverso la querela, e anche in caso di viola­zioni dell' ordine protettivo civile da parte del familiare allontanato, la possibilità di aprire un procedimento penale è parimenti legata alle valutazioni della vittima, costituendo reato perseguibile solo a que­rela.

Dal raffronto tra la disciplina della misura penale con quella della gemella civilistica emerge una asimmetria poco giustificabile. La giurispriudenza di legittimità esclude che l'ordine porotettivo emes­so ex art. 736-bis c.p.c. sia suscettibile di ricorso straordinario ex art. 111 comma 7 Cast., essendo inidoneo ad acquisire autorità di cosa giudicata, in difetto dei caratteri di decisorietà e definitività; l'unico rimedio è dunque il reclamo: marcata la differenza rispetto al vincolo penale, rispetto al quale è consentito ricorrere per cassazione ex art. 311 c.p.p.

E' stato notato come il differente standard di garanzia avesse una sua plausibilità nel sistema originario dei rapporti tra i due strumen­ti l13, in cui quello civilistico poteva essere attivato solo in presenza degli abusi meno gravi ed era assolutamente improbabile una ipotesi di concorrente attivazione di entrambe le tutele, mentre nell'attuale regime in cui lo spazio applicativo del rimedio civilistico coincide del tutto rispetto a quello della misura penale, risulta strano che la sinda­cabilità di un provvedimento (ugualmente) restrittivo risulti più o meno ampia aseconda della scelta (casuale, nella prospettiva di chi

113 V. supra,

Misure cautelari penali e reati familiari 765

patisce la restrizione) del familiare che ritiene di aver subito maltrat­tamento l14

La possibilità di adire il giudice civile sussiste persino nelle ipo­tesi in cui sia già in corso la misura cautelare penale. Si è ritenuto che qualora nelle more del procedimento civile venga adottata, in sede penale, un'ordinanza ex art. 282-bis c.p.p. e la circostanza sia allegata nel giudizio civile, il giudice debba declinare la pronuncia richiesta per sopravvenuta carenza di interesse ad agire dell'instante, giacché la cura dell'interesse alla tranquillità della vita familiare ha trovato realizzazione in seno al procedimento penale ll5

In realtà, non sembra ipotizzabile un automatico effetto di im­procedibilità della tutela civile, che non è previsto dalle norme po­sitive né sarebbe giustificato: se nella maggior parte dei casi l'appli­cazione della cautela penale verosimilmente realizzerà per intero le esigenze di protezione del soggetto passivo e del nucleo familiare coinvolto nel reato, non si può escludere un'autonoma e residuale utilità dell'intervento del giudice civile, non fosse altro che nella prospettiva di un coinvolgimento dei servizi sociali territoriali o delle associazioni di sostegno ll6• Inoltre, la misura penale può per­dere efficacia senza che venga meno l'esigenza di proteggere gli altri componenti del nucleo familiare. Eventuali problemi di con­traddittorietà tra i comandi contenuti nei due provvedimenti con­correnti sarebbero agevolmente superabili attraverso un adeguamento delI'ordine civilistico, sempre possibile velocemente e senza parti­colari incombenti, visto che per questo tipo di provvedimenti la soluzione delle questioni esecutive è assegnata, come detto, allo stesso giudice della cognizione l !7.

114 PRESUTTI, Ordine di protezione e ricorso, cit., p. 573, che - osservando come la sindacabilità in Cassazione compenserebbe l'ampia discrezionalità consen­tita al giudice civile - ipotizza de iure condendo la ricorribilità in cassazione anche del provvedimento civile, con l'esclusione di effetti sospensivi del ricorso per evitare impugnazioni strumentali da parte del familiare abusante.

115 PALADINI, Gli abusi familiari, Padova 2009, p. 245. Contra GRANATA, Commento all'art. 736-bis c.p.c., in Codice della famiglia, a cura di M. Sesta, voI. I, Milano 2007, p. 2187 secondo la quale è corretto optare per una totale indipen­denza dei due procedimenti e quindi degli ordini che in questi vengano assunti, giacché «gli ordini civile e le misure penali hanno, a fronte di contenuti sostanzial­mente omologhi, finalità e presupposti applicativi differenti».

116 D'ALESSANDRO, Gli ordini civili di protezione contro gli abusi familiari: profili processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, p. 225.

117 v., in argomento, la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in ma-

766 Pasquale Bronzo

5.1. - Un altro strumento astrattamente concorrente rispetto alle cautele penali in esame è rappresentato dai provvedimenti de pote­state del tribunale per i minorenni, introdotti da un'altra novella del 2001 118

, e segnatamente dall'allontanamento dalla residenza familiare che sia disposto contestualmente ad una pronuncia di decadenza dalla potestà sui figli (art. 330, comma secondo, c.c.) o in caso di condotte comunque pregiudizievoli per questi ultimi (art. 333 C.C.)119.

Questa misura infatti, può oggi riguardare non più, come in passato, soltanto i figli minorenni ma anche il genitore o il convivente 120.

Perciò è buona prassi la comunicazione, da parte della procura della repubblica 'ordinaria' alla procura minorile della misura cautelare penale applicata a carico del familiare abusante, affinchè quest'ultima possa tenerne conto nelle eventuali richieste civili o amministrative a tutela del minore, anche per evitare l'emanazione di provvedimen­ti tra loro confliggenti121

. I provvedimenti del tribunale minorile presentano problemi di coordinamento anche con l'art 342-bis c.c., che offre tutela a tutti i soggetti deboli del nucleo familiare122

, per la possibile sovrapposizio­ne di competenze tra il tribunale ordinario ed il tribunale per i mino-

teria civile (COM (2011) 276 deL, del 18 maggio 2011, che tende ad un sistema europeo che garantisca alle vittime di violenza (per esempio, di violenza domestica) di continuare a contare, anche in caso di viaggio o trasferimento in un altro paese DE, sugli ordini di restrizione o di protezione emessi nei confronti dell'abusante.

118 Si tratta della l. 28 marzo 2001, n. 149. 119 Talvolta si tratta di 'violenze assistite' (Trib. min. Aquila, 17 luglio 2002, Fam.

e dir., 2003, p. 482). Nel caso di condotte pregiudizievoli che non giungano a motivare una privazione della potestà genitoriale, il giudice è comunque legittimato a disporre, insieme all'allontanamento gli eventuali altri «provvedimenti convenienti.

120 La nozione di condotta pregiudizievole, non specificata dalle norme civili, viene desunta dalla sua elaborazione del diritto penale, cosicchè il giudice civile sarà chiamato valutare incidentalmente la sussistenza del reato di cui all'art. 572 c.p. e verificare l'abitualità della condotta CIARONI, Le forme di tutela contro la violenza domestica, in Ciur. merito, 2006, p. 1851.

121 Ad es., uno di allontanamento del genitore e l'altro di allontanamento del minore (MAINA, Il pubblico ministero minorile nel processo di abuso, in Min. giustizia, 2009, p. 309).

122 Vi è compreso il convivente more uxorio, nei confronti del quale la violenza domestica ed il conseguente provvedimento di allontanamento - che impone di cessare la convivenza - rendono coercibile la contribuzione economica, determi­nando la nascita dell'obbligo giuridico, di natura assistenziale, di provvedere all'in­tegrità psicofisica del convivente, garantendo a questi sia un ambiente libero dalla violenza, sia un sostegno economico commisurato ai mezzi di cui gode. Ciò peraltro senza implicare il sorgere di alcuna obbligazione di natura alimentare per il caso di definitiva rottura dell'unione di fatto (CIANCI, op. cit., p. 187).

Misure cautelari penali e reati familiari 767

renni123 • La dottrina è ricorsa al criterio di specialità astratta, sancito dall'art. 15 c.p. ma di portata generale, in base al quale la legge speciale prevale su quella generale, di talché trovano applicazione, anche officiosa, le disposizioni che tutelano specificamente il mino­re: la violenza sui figli minori - quale comportamento pregiudizie­voI e o grave abuso della potestà dei genitori che potrebbe dare luogo alla decadenza dalla potestà stessa o ai provvedimenti adotta­bili dal tribunale per i minorenni - andrebbe dunque esclusa dall'am­bito applicativo della 1. n. 154/2001. Ciò sia quando il minore sia oggetto di violenza diretta da parte del genitore, in palese abuso della potestà, sia ove questi assista a violenze perpetrate sulla per­sona di stretti congiunti a lui cari, comportamento che integra co­munque un maltrattamento dello stesso minore124

• Trova invece applicazione, su iniziativa della persona offesa, l'art. 342-bis c.c. quando la violenza (diretta o indiretta) sul minore sia imputabile a persona diversa dai genitori e con lui convivente, poiché non po­trebbe aprirsi un procedimento de potestate125

, sempreché il com­portamento prevaricatorio non sia causalmente collegato a condotte dello stesso genitore, legittimanti l'adozione di provvedimenti abla­tivi o limitativi della potestà parentale 126. In assenza di una chiara opzione del legislatore, non è mancato chi ha preferito leggere questo difetto di sistematicità come una risorsa, anziché come un limite, nella prospettiva della tutela delle vittime127

: due successivi provve­dimenti di allontanamento del familiare violento, emessi l'uno dal giudice civile, l'altro dal Tribunale per i minorenni potrebbero 'pro-

123 Il conflitto di competenza apparentemente non sussiste quanto al divieto di frequentare determinati luoghi, ma il tribunale per i minori nell'assumere i provvedimenti atipici di cui all'art. 333 c.c. potrebbe fare riferimento proprio al contenuto di quell'ordine di protezione.

124 Perché «gravemente pregiudizievole [ ... ] ed idoneo a comprometter(n)e irreversibilmente l'armonica ed equilibrata crescita psico-fisica [ ... ] ed a distrugger­ne la personalità»: Trib. min. L'Aquila 19 luglio 2002, in Fam. e dir., n. 512003, p. 484.

125 DOLCINI L'allontanamento del genitore violento dalla casa familiare, in Fam. e dir., 2003, p. 485.

126 SACCHETTI, Allontanamento dell'autore della violenza dalla casa familiare: un problema aperto, in Fam. e dir., n. 6/2001, p. 664. A parte il diverso regime di iniziativa, l'applicazione dell'una o dell'altra disciplina, pur nell'identità di con­tenuto prescrittivo, non è irrilevante: in particolare, solo il provvedimento ex art. 342-bis c.c. ha il termine prede terminato di un anno, e solo di questo è inibita l'adozione durante i procedimenti di separazione tra coniugi ed eventualmente, se in corso, resta assorbito dalle statuizioni della relativa ordinanza presidenziale.

127 SILVANI, op. cit., p. 134.

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rogare' l'effetto protettivo, il tutto con urgenza, e dunque inaudita altera parte, senza l'intervallo che sarebbe altrimenti necessario per lo slittamento della competenza.

5.2. - A rafforzare gli scopi di tutela perseguiti e a chiusura del sistema dei rimedi civilistici, 1'art. 6 della 1. n. 154/2001 stabilisce che l'elusione delle prescrizioni imposte dal giudice nell' ordine di protezione - comportamento che si registra frequentemente - in­tegra un reato, che come si è già detto è procedi bile a querela, e determina l'applicazione delle pene128 previste per la «mancata ese­cuzione dolosa di un provvedimento del giudice» ed il relativo regime di procedibilità (art. 388 c.p.). Il concreto comportamento penalmente vietato è definito soltanto nel provvedimento del giudi­ce civile, e anche se la norma rinvia genericamente all'intero con­tenuto della disposizione di cui all'art. 342-ter c.c. 129, la peculiare tipizzazione della condotta come elusiva richiede che si selezionino - in via interpretativa - dal vasto ambito di tutti i possibili inadem­pimenti civilistici, le prescrizioni e condizioni rispetto alle quali possa configurarsi un fatto penalmente punibile. L'elusione rilevante sarà quella che riguarda il nucleo essenziale del provvedimento di protezione di quei beni sostanziali facenti capo ai soggetti deboli, non già qualunque, anche marginale, violazione di prescrizioni e modalità esecutive130

• Nè dovrebbe rilevare, per esigenze di stretta interpretazione della norma penale, la violazione dell' obbligo di cor­responsione dell'assegno periodico o il ritardo nel relativo adempi­mento.

Se la legge del 2001 ha inteso tutelare la persona ed i suoi diritti fondamentali nelle relazioni familiari, in conformità con l'ordina­mento costituzionale, in seno ad essa la sanzione penale rafforza sussidiariamente la tutela di tali valori quando l'intervento in prima battuta del giudice civile non sia risultato efficace. Solo ove sia frustrata tale funzione di cautela e si sia realizzata l'offesa di uno dei beni suddetti - quella lesione o messa in pericolo che il giudice civile aveva inteso prevenire o far cessare - trova giustificazione la reazione massima della sanzione penale.

128 Reclusione fino a tre anni ovvero multa da 103 a 1032 euro. 129 «Chiunque eluda l'ordine di protezione previsto dall'art. 342-ter c.c .... ».

1)0 PICOTTI, Profili penali della legge contro la violenza nelle relazioni fami-liari, in Casso pen., 2004, p. 1786.

Misure cautelari penali e reati familiari 769

Quanto alla plurima violazione dell' ordine di protezione, saremo di fronte ad un concorso materiale di reati, eventualmente uniti da vincolo di continuazione, in caso di reiterata violazione del mede­simo provvedimento (qualora questo preveda l'esecuzione fraziona­ta di un fare - come ad esempio il pagamento periodico dell' assegno - o un non fare - come il divieto di avvicinarsi alla casa familiare ); mentre si avrà un unico reato ove il soggetto abbia violato conte­stualmente più prescrizioni del medesimo provvedimento - pure di natura diversa - perché unica sarà stata l'azione!3!.

131 RANZATTO, op. cit, p. 1337, fa rilevare il difetto di sistcmaticità della legge in commento e l'irrazionalità della previsione di conseguenze diverse a fronte della violazione di un provvedimento giudiziario avente il medesimo contenuto e det­tato dalla medesima ratio, quale quello che prescrive la misura patrimoniale, secondo che l'autorità emittente sia il giudice civile (art. 6 l. n. 15412001) o quello penale. Proprio al riguardo emerge tutta la rilevanza di una lettura accorta del delitto di elusione dell'ordine di protezione, come sopra indicato; v. L. PICOTTI op. cit., 1793 : «in caso di obbligo di dare, concernente il pagamento periodico di una somma - anche direttamente prelevabile presso il datore di lavoro o suscet­tibile altrimenti di esecuzione forzata - per considerare «eluso» - e non sempli­cemente inadempiuto - il corrispondente ordine occorrono atti ulteriori da parte dell'agente, che frustrino irreparabilmente o quantomeno rendano più difficile l'esecuzione coattiva (come spogliarsi dei propri beni o dare dimissioni strumentali alla cessazione di un rapporto lavorativo produttivo di reddito fiscalmente accer­tabile)>>.