Giulio Ciampoltrini, Tiziano in tre colori. Divagazioni su un piatto di ceramica graffita da Lucca,...

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Clio

– Arte –

Progettare le arti

Studi in onore di Clara Baracchini

a cura di Lorenzo Carletti e Cristiano Giometti

Edizioni Mnemosyne

© Copyright 2013 Edizioni Mnemosyne by GNC s.r.l., Pisa [email protected] This work is subject to copyright. All rights are reserved, whether the whole or part of the material is concerned, specifically the rights of translation, reprint-ing, reuse of illustrations, recitation, broadcasting, reproduction on microfilm or in any other way, and storage in data banks. Duplication of this publication or parts thereof is permitted only under the provisions of the Italian Copyright Law in its current version, and permission for use must always be obtained from GNC s.r.l. Violations are liable to prosecution under the Italian Copyright Law. Ogni autore è direttamente responsabile delle immagini pubblicate nel proprio saggio e i crediti fotografici seguono le indicazioni fornite da ciascun ente re-sponsabile. ISBN: 978-88-98148-13-4 In copertina: Matteo Civitali, Annunciata, 1465 ca., legno policromo, Chiesa di San Michele, Mugnano (Lucca)

Indice

Storia e didattica delle arti

Capitelli a “crochets” (cornua) e colonne ofitiche (con nodi) Questioni di lessico e di interpretazione

Adriano Peroni ......................................................................... 3

Il Minotauro di Pisa, un dedalo di congetture Annamaria Ducci .................................................................... 13

La Cruz “pintada” de Bagergue: Cristo, Serpiente, Cordero y León

Manuel Castiñeiras ................................................................. 21

Il monastero pisano di San Frediano nei secoli XIII-XV Mauro Ronzani ....................................................................... 31

Una nota sulla Madonna di Colignola Michele Bacci ......................................................................... 37

Il Giudizio di Salomone: una tarsia marmorea nella Cattedrale di San Martino a Lucca

Antonia d’Aniello ................................................................... 43

Una grande B miniata e l’utilizzo delle stampe nordiche nel tardo Quattrocento toscano

Marco Collareta ...................................................................... 49

VI

Tiziano in tre colori. Divagazioni su un piatto di ceramica graffita da Lucca

Giulio Ciampoltrini ................................................................ 55

Il museo Kircheriano al Collegio Romano: Wunderkammer? Lucia Capitani ........................................................................ 61

Vambré? Antonella Capitanio ............................................................... 69

Un piccolo capolavoro del Settecento nella diocesi fiorentina: la chiesa di San Donato a Torri a Compiobbi

Bruno Santi ............................................................................ 77

Sculture del Museo di Ottavio Gigli da Pisa al Louvre Antonio Milone ...................................................................... 87

“Otto Statuette sculte da Giovanni Pisano” tra Bruno Scorzi e Carlo Lasinio

Donata Levi ........................................................................... 95

Gli antichi maestri salvati dai ragazzini: didattica delle arti nella Chicago degli anni Trenta

Lorenzo Carletti ..................................................................... 99

Mostre, restauri e tutela

Restauro uguale e restauro differente Giorgio Bonsanti .................................................................. 109

La lettrice (Clara) di Federico Faruffini e i marmi di Carlo Lasinio

Claudio Casini ..................................................................... 117

VII

Paolo Alessandro Maffei derestaura Bernini. Nota in margine alla Raccolta di statue antiche e moderne (1704)

Cristiano Giometti ................................................................ 123

Per la storia del restauro a Pisa: Domenico Fiscali e la Croce di Enrico di Tedice in San Martino

Antonella Gioli ..................................................................... 129

Una fotografia per cinque sculture in legno Dora Catalano ....................................................................... 137

Osservazioni tecniche sulla Deposizione del Duomo di Tivoli Simona Rinaldi ..................................................................... 145

La campagna fotografica dal 1900 a oggi: l’esempio del Kunsthistorisches Institut in Florenz

Ute Dercks ............................................................................ 151

Note sulla migrazione di opere d’arte a seguito delle soppressioni leopoldine a Pisa con alcune precisazioni e nuove acquisizioni sul soffitto ligneo e su alcuni dipinti perduti della chiesa di San Vito

Barbara Bertelli .................................................................... 163

Le trasformazioni della cattedrale di San Cerbone a Massa Marittima (GR): soluzioni azzardate o maestria costruttiva?

Nadia Montevecchi e Andrea Sbardellati ............................. 171

Pious Endowments Destiny: Ancient Waqf System and Opera della Primaziale Pisana

Sara Gouda ........................................................................... 177

VIII

Scienze per le arti

L’uso del mezzo virtuale nella musealizzazione di contesti archeologici

Fulvia Donati ....................................................................... 187

Attraversare lo spazio vuoto: qualche riflessione attorno alla divulgazione nell’era 2.0

Chiara Bozzoli ..................................................................... 193

Tecnologie digitali visuali per il Patrimonio Culturale: un percorso di evoluzione ventennale

Roberto Scopigno e Claudio Montani .................................. 197

Informatizzazione della Biblioteca: da Isis-teca al Servizio Bibliotecario Nazionale

Fortunata Maria Pizzi ........................................................... 205

Il Catalogo tra passato e futuro: il contributo del progetto ARTPAST

Caterina Bay ........................................................................ 209

I nomi dei tessuti: il vocabolario per il catalogo informatizzato nel progetto ARTPAST

Domenica Digilio e Giacinto Cambini................................. 215

Il Sistema informativo degli Uffici Esportazione Cinzia Ammannato .............................................................. 221

ARISTOS: nascita, sviluppo e sperimentazione di un sistema informatico per la storia della tutela

Anna Franco, Giusella Laiezza e Andrea Maffei ................. 229

IX

Riflessioni per un bilancio dell’attività svolta in occasione dei primi dieci anni di vita del Sistema Informativo per i Cantieri di Restauro (SICaR)

Francesca Fabiani e Raffaella Grilli ..................................... 233

Appendice: lo sviluppo tecnologico di SICaR Andrea Vecchi ...................................................................... 247

SISMA 2012. L’esperienza del Centro di Raccolta di Sassuolo e del Cantiere di pronto intervento

Marco Mozzo ....................................................................... 249

Trattamenti statistici per l’esaltazione di dettagli nell’imaging multispettrale

Stefano Legnaioli e Vincenzo Palleschi ............................... 255

Chimica e Arte: il fascino della materia Maria Perla Colombini ......................................................... 261

Racchiudere in una pur vasta raccolta di saggi la ricchezza d’interessi e la profondità di sguardo di Clara Baracchini – storica dell’arte e funzionaria del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – è impresa pressoché impossibile. Ancor più ardua se si considerano i tanti progetti da lei concepiti nel campo della tutela e del restauro, della didattica e delle esposizioni, frutto di una pro-fonda conoscenza del territorio, e da ultimo dell’informatizzazione del patri-monio catalografico nazionale. Molti degli amici e dei colleghi che hanno la-vorato e lavorano con lei vogliono con questi contributi festeggiarla e in qual-che modo ringraziarla per il suo impegno tenace e intelligente, per i molti caf-fè consumati assieme e i tanti pasti saltati per risolvere problemi grandi e pic-coli della storia dell’arte. Vanno inoltre ricordati altri amici che, purtroppo, per motivi personali non hanno potuto prendere parte più attivamente al vo-lume: Aliaa Al Sadaty, Lina Bolzoni, Mauro Bueti, Francesco Caglioti, Anto-nino Caleca, Enrico Castelnuovo, Roberto Paolo Ciardi, Massimo Ferretti, Maria Teresa Filieri, Umberto Parrini, Severina Russo, Salvatore Settis, Ettore Spalletti e Bruno Toscano.

I curatori Abbreviazioni:

• ACS Archivio Centrale dello Stato • ADSLu Archivio Storico Diocesano di Lucca • AFSPI Archivio Fotografico della Soprintendenza BAPSAE di Pisa e Livorno • AFSBO Archivio Fotografico della Soprintendenza BAPSAE di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna, Rimini • ARSPi Archivio Restauri della Soprintendenza BAPSAE di Pisa e Livorno • ASCR Archivio Storico Capitolino di Roma • ASFi Archivio di Stato di Firenze • ASLu Archivio di Stato di Lucca • ASPi Archivio di Stato di Pisa • ASSLu Archivio Storico della Soprintendenza BAPSAE di Lucca e Massa Carrara • ASSPi Archivio Storico della Soprintendenza BAPSAE di Pisa e Livorno

TIZIANO IN TRE COLORI.

DIVAGAZIONI SU UN PIATTO DI CERAMICA

GRAFFITA DA LUCCA*

Giulio Ciampoltrini

Il monumentale corpus del “figurato’ di Montelupo, da poco reso di-sponibile dall’impegno di Carmen Ravanelli Guidotti1

Nella Toscana del Cinquecento, tuttavia, la massa delle produzioni

, ha confermato che anche per i ceramografi della Toscana del Cinquecento e del Seicento il vastissimo repertorio di stampe e incisioni circolanti su un mercato af-famato di queste produzioni, capaci di far arrivare nelle case di estese fasce della società le immagini altrimenti riservate ai ceti dominanti, era la fonte iconografica principale o quasi esclusiva. Scene bibliche, mito-logiche, o della vita quotidiana, allestite per xilografie o incisioni ven-gono tradotte nell’“istoriato” di Montelupo, a partire dai decenni centrali del Cinquecento, come già accadeva da Faenza all’Umbria, nella tavo-lozza disponibile al pittore di maioliche, dapprima anche attenendosi al tono stilistico del modello, in seguito adeguandolo progressivamente – fino a giungere alle soluzioni “popolaresche’ del Seicento – alla sensibi-lità di un mercato che ripropone la dicotomia fra “arte colta” e “arte ple-bea” che Ranuccio Bianchi Bandinelli tratteggiò per la Roma imperiale.

* Chi scrive ebbe modo di collaborare con Clara Baracchini, fra 1975 e 1976, appena laurea-

to, nella catalogazione delle ceramiche d’età medievale e moderna emerse da attività di archeolo-gia di emergenza a Castelfranco di Sotto (PI). Sembra doveroso offrirle una pagina che faccia risentire spirito e passioni di quegli anni remoti.

1 C. Ravanelli Guidotti, Maioliche “figurate” di Montelupo, Firenze 2011, pp. 64-155, pas-sim.

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ceramiche provviste di decorazione, in maiolica o in graffita, è appena sfiorata da queste ambizioni. Nella graffita, in particolare, affievolitasi già dai primi del secolo la suggestione dei capi padani “da parata”, con l’elegante repertorio di motivi figurativi talora dispiegati anche su com-posizioni elaborate in funzione dello spazio disponibile2

Le valutazioni, cui aveva portato un decennio fa la rassegna delle produzioni toscane dovuta alla Moore Valeri

, il campionario dei soggetti figurativi si riduce a pochi temi, zoomorfi o vegetali, e di rado si riaffacciano i profili maschili e femminili amati nel primo Rina-scimento.

3, hanno trovato conferme in successive indagini su singoli centri produttivi, come quelle dovute a Anna Wentkowska per Pomarance e Volterra.4

La scarsa propensione del ceramografo a trattare soggetti figurativi, apparentemente estranei al repertorio di bottega o della sua formazione, traspare, in effetti, nella redazione decisamente “popolaresca” del “figu-rato”, anche in officine che, come appunto quelle di Pomarance o di Vol-terra, devono affrontare tipi figurativi se non altro come componenti de-gli schemi araldici per le ceramiche “armeggiate” che formano la fascia qualitativa più elevata della loro attività. In queste manifatture, l’esito del busto umano o della figura di cavaliere, al volgere fra Cinque e Sei-cento

5, ha un “sapore” non dissimile da quello vernacolo del pur com-movente Martirio di San Lorenzo, tracciato a graffio sulla formella inve-triata allestita per la consacrazione del San Lorenzo di Gello di Palaia, nel 1639, da un vasaio avvezzo nella sua bottega alla speditiva decora-zione con stemmi o fiori stilizzati di stoviglie destinate all’uso quotidia-no, in palese difficoltà sia nella resa del santo e del rogo, che dei felini dello stemma gentilizio del priore Bartolomeo Giachi, committente dell’opera.6

2 Si veda, per esempio, il caso lucchese trattato in G. Ciampoltrini, Le ceramiche degli Orti

degli Osservanti, in G. Ciampoltrini (a cura di), Bianco conventuale. I servizi da mensa del San Francesco di Lucca fra XV e XVI secolo, Lucca 2013, pp. 47-48 (52-53).

Sono realizzazioni manifestamente contigue a quelle devo-

3 A. Moore Valeri, Ceramiche rinascimentali di Castelfiorentino. L’ingobbiata e graffita in Toscana, Firenze 2004.

4 A. Wentkowska, Pomarance e Volterra: due centri di produzione della ceramica ingobbia-ta e graffita. Le famiglie committenti, in G. Ciampoltrini (a cura di), Peccioli e la Valdera dal Medioevo all’Ottocento. Itinerari archeologici fra Pisa e Volterra, Atti della giornata di studi del 18 aprile 2009, Pisa 2010, pp. 111-143.

5 Idem, pp. 111-113. 6 G. Ciampoltrini, C. Spataro, I vasai di Gello di Palaia (PI) e la produzione ceramica da

mensa nella Toscana nordoccidentale fra Seicento e Settecento, «Archeologia Postmedievale»,

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zionali che affollano di ex voto i santuari, così come al “figurato” di Montelu-po coevo, almeno nelle redazioni più sciatte e non vivacizzate dalla fluidità del tocco “compendiario” che riesce a renderle affascinanti al gusto contem-poraneo.

Merita, dunque, una particolare attenzione, il raro apparire, nell’evidenza di scavo, di graffite “figurate” dell’avanzato Cinquecento, come accadde a Lucca, nel 2003, nei lavori di recupero di un edificio di Piazza dell’Anfiteatro, quando nel sopralluogo condotto da chi scrive, per segnalazione di Elena Val-diserri7, si vide, appena recuperato dai sedimenti sottostanti alla pavimenta-zione d’età contemporanea, un frammento di forma aperta in graffita che esi-biva un busto loricato (figg. 1-2).8

La tesa è perduta quasi completamente e, comunque, in modo tale da ren-dere illeggibile l’apparato decorativo che avrebbe potuto agevolarne l’inquadramento cronologico, ma è conservato il tondo, con il busto barbato a sinistra che risalta in uno spazio solo ingobbiato chiuso da una fascia che ne segue il profilo con una sequenza continua di linee curve, parallele e campite in verde. Le due aree di risulta – a mo’ di eserghi – sono coperte da un gratic-cio integrato da pennellate in giallo, e nel violaceo che arricchisce la tradizio-nale bicromia in verde di ramina e giallo di ferraccia della tavolozza dei cera-mografi di graffita con uno dei colori “supplementari”, disponibili soprattutto per la restituzione fedele dei tipi araldici.

Il busto e le braccia sono protetti da una corazza in cui sono rese a incisio-ne le lamelle e le borchie, la testa da un elmo decorato da fogliame in verde, mentre sulla tesa è distribuito il giallo, quasi senza soluzione di continuità, con le pennellate che coprono la barba. Una linea in verde segue il graffito di con-torno della corazza, percorsa da fasce in violaceo.

La cura posta nella preparazione del capo è dichiarata anche dalla solida ingobbiatura e invetriatura dell’esterno, fin sotto il piede, ad anello. Lo stato di conservazione, infine, con le diffuse perdite di vetrina e ingobbio all’articolazione tra fondo e tesa, fa supporre un lungo impiego del piatto, mentre il profilo delle linee di frattura sulla tesa sembra compatibile con una

11, 2007, pp. 173-187 (186).

7 Il sopralluogo fu punto d’inizio di un impegnativo percorso di recupero funzionale, con la contestuale documentazione delle strutture di un cuneo dell’anfiteatro romano, condotto con la piena collaborazione della proprietà (sigg. Cagnacci) e della direzione dei lavori (arch. Claudio Nesi), sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e l’attività sul campo dell’archeologo Alessandro Giannoni.

8 Dimensioni massime 21,5 cm.

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frammentazione intenzionale, piuttosto che con rotture casuali, cioè con una voluta asportazione della cornice, dopo qualche perdita occasionale, praticata per conservare comunque l’elemento essenziale della figurazione.

Si direbbe quindi che il piatto con figura loricata, dopo l’uso sulla ta-vola, poteva pur mantenere un ruolo “decorativo” in una dimora in cui il segno e le pennellate del ceramografo avevano fatto giungere – a un li-vello di costo decisamente inferiore a quello delle maioliche “figurate” – un piccolo “oggetto d’arte”.

Nella nostra disponibilità di immagini, il confronto più ovvio con il busto loricato del piatto lucchese è proposto dal ritratto equestre di Carlo V dipinto da Tiziano, oggi al Prado (fig. 3), che con la datazione al 1548 è coerente con l’orizzonte cronologico nel quale questo può essere collo-cato, entro il terzo quarto del Cinquecento. L’elmo, con il sontuoso ap-parato di cimiero, e la corazza, in particolare con le lamelle in cui si arti-cola sulle braccia, sono compatibili con la resa che ne propone, a graffio o con la tricromia di cui dispone, il ceramografo; l’inversione del profi-lo, infine, è coerente con le tecniche di riproduzione da stampe ben do-cumentata anche nell’adattamento di incisioni al “figurato”.

Se la fortunata serie di incisioni da Tiziano9 circolanti intorno alla metà del Cinquecento, dovuta a Giovanni Britto, che replica un ritratto di Carlo V perduto10

9 Essenziali: F. Mauroner, Le incisioni di Tiziano, Venezia 1941; M. Muraro (a cura di), Ti-

ziano e la silografia veneziana del Cinquecento, Vicenza 1976.

, non può essere addotta a fonte iconografica diretta del piatto lucchese – questa versione non ha elmo e mette per contro in evidenza la spada – e non sembrano conosciute stampe derivate dal ri-tratto equestre, la fortuna di Tiziano è tale da imporre l’ipotesi che che contaminando diversi motivi – o replicando incisioni con ritratto di Car-lo V, da individuare nel progresso della ricerca – il vasaio avesse voluto concedere a sé e al suo pubblico un diversivo alla consueta serialità, con un “Carlo V alla maniera di Tiziano” – un “Tiziano in tre colori” – im-mediatamente riconoscibile se non altro per il profilo della barba, che vela ed esalta il prognatismo del mento degli Asburgo.

10 Mauroner 1941 , c i t . , pp . 40 -42 , nn . 13 -14 , t av. 27 ; Mura ro 1976 , c i t . , pp . 204-205 ; s i vedano gl i es empla r i a l B r i t i sh Mus eum: http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=1557132&partId=1&people=131050&peoA=131050-2-60&page=1.

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Fig. 1. Piatto frammentario in ceramica graffita con figura loricata. Da Lucca, Piazza dell’Anfiteatro. Lucca, deposito archeologico comunale (su concessione

del MiBACT, Soprintendenza Archeologica della Toscana, nell’ambito dell’edizione delle attività di scavo condotte dalla Soprintendenza stessa)

Fig. 2. Esterno del piatto di fig. 1 (su concessione del MiBACT, Soprintendenza Archeologica della Toscana, nell’ambito dell’edizione delle attività di scavo con-

dotte dalla Soprintendenza stessa)

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Fig. 3. Tiziano, Ritratto equestre di Carlo V (particolare). Madrid, Museo del Prado (da:http://it.wikipedia.org/wiki/File:Carlos_V_en_Mühlberg,_by_Titian,_from_Prad

o_in_Google_Earth.jpg).