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LA NATURA DELLE EMOZIONI a cura di Giovanni Matteucci e Mariagrazia Porterà MIMESIS Estetica I Mente I Linguaggi

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L A NATURA D E L L E EMOZIONI

a cura di Giovanni Matteucci e Mariagrazia Porterà

MIMESIS Estetica I Mente I Linguaggi

Questo volume è realizzato con il contributo dei Dipartimenti di Lettere e Filosofia del­le Università degli Studi di Bergamoedi Firenze, e rientra nell'attività svolta dall'Unità di ricerca locale "Estetica e naturalismo. Genesi dell'atteggiamento estetico e origini antropologiche dell'arte -Aesthetics and naturalism. Genesis of the aesthetic attitude and anthropological origins of art" (Responsabile: Fabrizio Desideri) del Prin naziona­le 2009 " A l di là dell'arte. Crisi del concetto di arte e nuovi modelli di esperienza este­tica - Beyond the art. The crisis of the concept of art and the new models of aesthetic experience" (Responsabile: Luigi Russo).

© 2014- Mimesis Edizioni (Milano - Udine) Collana Estetica I Mente I Linguaggi, n. 3 Isbn: 97888.57521411 www.mimesisedizioni.it Via Risorgimento, 33 - 20099 Sesto San Giovanni (MI) Telefono +7,9 02 24861657 / 02 24416383 Fax: +39 02 89403935 E-mail: [email protected]

INDICE

Giovanni Matteucci

EMOZIONI E FORME DI VITA. PRESENTAZIONE

Mariagrazia Porterà A CHE COSA SERVONO LE EMOZIONI? LETTURE DARWINIANE A CONFRONTO

Cristina Meini, Alfredo Paternoster SENTIMENTI... CONFUSI: NATURA DELLE EMOZIONI E TEORIE DELLA COSCIENZA IN ANTONIO DAMASIO

Massimo Marraffa EMOZIONI , RAZIONALITÀ , DIFESE

Mario De Caro, Andrea Lavazza SENTIMENTI STRAWSONIANI: RESPONSABILITÀ, NATURALISMO E MORALE

Fabrizio Desideri

EMOTICON. GRANA E FORMA DELLE EMOZIONI

Roberta Lanfredini

L A STRUTTURA FENOMENOLOGICA DELL'EMOZIONE

Vincenzo Costa

VERSO UNA FENOMENOLOGIA DELLE TONALITÀ EMOTIVE

Tonino Griffero L'AUTORITÀ (ATMOSFERICA) DI SENTIMENTI ED EMOZIONI: OBIEZIONI E REPLICHE Filippo Fimiani I L PUBBLICO TRASFIGURATO. RETORICHE DELLE FORME DI VITA ORDINARIA

Faber
Highlight

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FABRIZIO DESIDERI

EMOTICON. GRANA E FORMA D E L L E EMOZIONI

1. Del metodo

1.1. In avanti e all'indietro. È il doppio passo di un discorso analitico sulla questione delle emozioni capace di contemperare la fedeltà al proprio oggetto e la riflessività del procedere. I l doppio passo di un discorso metodi­camente avvertito, che non procede a vanvera né indugia narcisisticamente nella propria autoconsistenza formale. In avanti e all'indietro è il doppio passo del metodo. Nell'esigenza di contenere in un'unica prospettiva la via e la misura, ogni (discorso sul) metodo è sempre tanto proletticamente progressivo quanto riflessivamente regressivo. Nel metodo - nella neces­saria abbreviazione che lo delinea - si fondono con difficile equilibrio sia il disegno della mappa del territorio da esplorare (nella costruttività della sua figura) sia il ritmo del passo da tenere (nell'effettività del suo progre­dire). Se non vuole fissarsi in un puro apriori o disperdersi in un rapsodico impressionismo, il passo doppio del metodo si traduce sempre, pertanto, in uno sguardo duplice: uno sguardo in avanti, in anticipo sul lavoro da fare (sul cammino da percorrere) e uno sguardo all'indietro, in ritardo riflessivo sul lavoro già fatto (sul percorso compiuto).

1.2. Già da questa breve premessa si può intuire che il metodo di ap­proccio al tema delle emozioni sarà ibrido. Quanto lo definisce è la com­binazione tra l'esigenza quasi trascendentale di definire le emozioni nella loro specificità e quella di non perdere di vista il focus della loro intrinse­ca instabilità, del loro'sfuggire a perimetrazioni concettuali rigide e nette. "Ibrido" dice, dunque, più che semplicemente "impuro". Proprio dal punto di vista dell'oggetto (il tema delle emozioni) il carattere ibrido del metodo, con il nucleo di espressività che la sua semantica implica, può rappresenta­re un buon compromesso. E talvolta può anche funzionare meglio.

1-3. Nel caso delle emozioni, un metodo ibrido significa sostanzial-"lente un mix di chiarimento concettuale e di analisi fenomenologica.

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L'analisi fenomenologica potrebbe, magari, segnare il discorso in usci­ta, mentre il chiarimento concettuale rappresenterebbe il suo input. Ma potrebbe anche darsi il caso inverso. L'importante sta, in ogni caso, nell'acquisire un metodo filosofico caratterizzato da una sintesi continua e sempre inconclusa tra apriori e aposteriori, traendo vantaggio dalla sua flessibilità, dal suo carattere intrinsecamente elastico («dai fenomeni ai principi e all ' inverso»), per usare i termini impiegati da Friedrich von Hardenberg detto Novalis nei suoi Quaderni scientifico-filosofici (Nova-lis 1993. p. 49).

1.4. Da evitare è. dunque, quel metodo illusoriamente meta-filosofico della rassegna, dove il discorso si estenua e talvolta si esaurisce nell'elen-care posizioni concettuali e prospettive teoriche. Piuttosto, si tratta di mi­surarsi teoricamente con le costellazioni problematiche che si delineano a partire dalla dimensione emozionale e dai campi della vita psichica e men­tale che questa dimensione attraversa o lambisce. Proprio perché si tratta di un tema classico che riguarda da sempre la riflessione filosofica, la quesfio-ne dell'emozione esige di essere affrontata con il timbro della propria voce e quasi in un corpo a corpo. Nello stesso tempo, però, tale questione - per la natura stessa del suo "'oggetto" - richiede distanza e ascesi: l'esercizio di una riflessione filosofica al limite dell'impersonale.

1.5. in quanto segue non mi preoccuperò, pertanto, del fatto che altri abbiano detto meglio di me quanto cercherò di dire. Se qualcuno me lo farà notare tanto meglio. L'originalità, dopotutto, non dovrebbe essere la prima preoccupazione di un filosofo. Cercherò, di conseguenza, anche di ridurre al minimo il gioco delle etichette in cui indulgono talvolta alcuni filosofi che si dicono analitici e lo fanno quando risulta sempre meno chiaro pro­prio ciò che questo (l'essere "analitici") possa significare.

2. Definizioni negative

2.1 . Dallo sfondo di una serie di negazioni (dove si dice cosa, certamen­te, un'emozione non è) potrà risaltare con minore fatica e con maggiore perspicuità in cosa e di cosa le emozioni consistano. A taluni le seguenti precisazioni in negativo potranno sembrare ovvie. Non sempre e perlopiù lo sono. E questo basta. Procedere con metodo richiede, in ogni caso, la pazienza dei piccoli passi, capaci di saggiare il terreno concettuale del pro­prio oggetto.

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2.2. Anzitutto, dunque, le emozioni non sono pensieri (non fanno parte della classe delle cogitationes, come si potrebbe pensare assumendo una prospettiva cartesiana). Accompagnano, favoriscono, impediscono, colora­no i pensieri più diversi, ma non si lasciano ridurre-ao identificare con essi. Detto sbrigativamente: le emozioni non pensano o almeno non hanno bi­sogno di pensare per fare quello che fanno (naturalmente, in senso proprio ovvero nel senso di m'agency che incorpori intenzionalità, le emozioni non fanno un bel niente). Considerando le emozioni, possiamo misurare la differenza tra la vita psichica in senso ampio e la vita della mente in senso stretto. Dal punto di vista emozionale, la vita psichica aderisce all'essere del corpo e ne dipende tanto sotto il profilo della genesi quanto da quello degli effetfi dei fenomeni emofivi (nella loro insorgenza e nel loro durare). Con le emozioni si manifesta uno strato dello psichico antecedente all'au­tonomia cogitativa del mentale.

2.3. In secondo luogo, le emozioni non sono intenzioni. Sembra la distinzione più facile da capire e insieme è anche quella più difficile da tracciare. L a distinzione qui è logica ancor prima che fenomenologica. Le emozioni non si lasciano ridurre o ricondurre alla sfera dell'inten­zionalità (al suo campo concettuale) per la ragione che, con esse, non si configurano atteggiamenti e di conseguenza nemmeno atteggiamenti proposizionali (del genere, ad esempio, della credenza). Per di più lo stato di un'emozione è intrinsecamente eventuale, a differenza di quello di un'intenzione. Non ha la stabilità di uno stato o di una condizione, ma la contingenza dell'evento: l'emozione è qualcosa che ci accade. Ma le emozioni non rientrano nel campo concettuale dell ' intenzionalità anche perché non sono di per sé caratterizzate da un "dirigersi verso" o dall'es­sere «a proposito di qualcosa» (per ricordare i due valori del senso ampio di intenzionalità definiti da Searle). Questo non esclude, ovviamente, che un'emozione possa intendere un oggetto determinato o avere per così dire un argomento definito (un tema intorno a cui vertere). In entrambi i casi non siamo, però, di fronte a condizioni necessarie e sufficienti dell'e­mozione. Anche in virtù della sua possibile indeterminatezza intrinseca, un'emozione si manifesta al confine logico, se non anche addirittura fe­nomenologico, del campo dell'intenzione.

2.4. In terzo luogo, le emozioni non sono necessariamente cognizioni né funzionano come tali. Insistere sul valore intrinsecamente cognitivo delle etnozioni significa ostinarsi a volerle ridurre ad altro, semplificandone l'o­riginaria complessità, al limite tra senso e non senso, con la quale esse si

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presentano nella vita di un organismo intelligente e caratterizzato da una qualche forma di consapevolezza e coscienza, seppur non necessariamente di un'autocoscienza. Conoscere l'oggetto della propria paura fino a neu­tralizzarne consapevolmente il significato di una minaccia o di un pericolo talvolta non estingue il ripresentarsi di un sussulto emotivo, caratterizzato da un provare paura per qualcosa. Né vale obiettare, in proposito, che si­curamente le emozioni veicolano informazioni circa la condizione psicofi­siologica di cui cosfituiscono per così dire un evento rivelatore e un moni­toraggio interno. Il fatto per certi versi ovvio che stati emotivi informino o possano, a certe condizioni di governo, informare su di sé non equivale ad assegnare a esse una funzione cognitiva. Appunto in quanto non riconduci­bili ad atteggiamenti intenzionali, le emozioni non si lasciano identificare rigidamente con delle funzioni. Usare a questo proposito l'argomento del residuo evolutivo (le emozioni come memoria dell'acquisizione di adatta­menti comportamentali) non pare offrire un grande vantaggio esplicativo, se non altro dal punto di vista di una fenomenologia ordinaria dei processi emozionali..

2.5. In quarto luogo, le emozioni non possono nemmeno identificarsi con dei sentimenti. Anche se questi ultimi, spesso, nascono-da e. certamen­te, si nutrono di esperienze o fenomeni di tipo emozionale. Perché una serie di eventi emozionali analoghi per qualche aspetto possa stabilizzarsi in un sentimento è necessaria l'integrazione di essi con elementi e fattori sia di natura cogniùva o para-cognitiva sia di natura intenzionale o quasi-inten-zionale (vedi infra, § 5.1.). Dopotutto un sentimento, seppur caratterizza-bile come una sintesi passiva, può comunque essere alimentato, governato e indirizzato.

Rispetto alla quasi intenzionalità dei sentimenti, al loro prefigurare e anticipare la direzionalità di atteggiamenti e azioni vere e proprie, le emo­zioni oppongono un carattere acefalo e tendenzialmente anarchico. I senti­menti si nutrono, si coluvano. si accrescono, si indirizzano e talvolta anche si governano. Le emozioni ci accadono, insorgendo per così dire prima di ogni intenzione e prima di ogni istanza di governo e di controllo da parte di funzioni superiori. Naturalmente, in virtij di queste istanze, le emozioni possono essere filtrate, selezionate, modulate, moderate e talvolta represse. Ma questo non fa che confermare la loro origine anarchica.

2.6. Nel passaggio-trasformazione delle emozioni in sentimenti si profila l'effettiva possibilità dell'estetico (vedi Desideri 2011. pp- 74-81). Nell'emergenza di un'attitudine estetica e nel suo ricorrente, con-

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seguente e distribuito esercizio, l'emozione (l'impatto emozionale) gio­ca indubbiamente un ruolo decisivo e per così dire strutturale. Ciò che varia è . semmai, il suo peso e lo spettro della sua azione. A d esempio, col passare da una maggiore ampiezza e pervasività iniziali , rispetto ad aspetti ed elementi di natura cognitiva e riflessiva (così accade nei nei primi mesi di vita del bambino), ad una sua "intelligente" e progressiva decantazione. Nell'esperienza estetica, insomma, il tenore emozionale è filtrato e modulato. Esso costituisce soltanto un elemento o fattore di una sintesi densa, dove si compensano o contrastano fattori disposizio­nali e fattori per così dire ambientali (convenzioni ereditate, preferenze consolidate, schemi culturali). Senza però che il valore dell'iniziale in­sorgenza emozionale possa estinguersi. In ogni fatto estetico, in breve, risuona l'eco di un'emozione: dell'input emozionale del suo innesco e del carattere vibrante e mosso della sua stessa fattualità. Nella stessa misura, cioè, in base alla quale la catarsi aristotelica non può significare l'estinzione di passioni e/o dispositivi emozionali come i l terrore e la compassione.

3. / sistemi emozionali come sintesi espressive

3.1. Prima ancora che si addensino e si stabilizzino in sentimenti e senza alcuna necessità che questo passaggio vi sia, le emozioni sono di per sé espressive. L'espressività (l'essere disposizionalmente correlate a manifestazioni sensibili e a segni di qualche tipo) riguarda l'aspetto pri­mario delle emozioni: quel tratto di psichismo e di vita mentale elemen­tare che noi umani condividiamo con molte altre specie animali. In base a questa intrinseca caratteristica le emozioni non posso essere ridotte o spiegate in termini di comportamenti o di puri e semplici meccanismi di adattamento comportamentale. I l carattere espressivo delle emozioni implica, infatti, una qualche sfasatura e differenza, spesso misurabile in termini temporali, tra dei modi di comportamento, come reazione a sfi­de e sollecitazioni ambientali, le cognizioni presupposte da questi stessi modi e le percezioni che li attivano o li inibiscono. Da questa sfasatura o asintonia si origina una qualche forma di differenza tra interno ed ester­no, tra la vita interna dell'organismo e quella esterna, senza di cui non s' potrebbe parlare di espressività. L'aspetto espressivo dell'emozione appare connesso, così, con la dilatazione del tempo della risposta com­portamentale e con le risonanze affettive che si riverberano da input di ordine sensoriale e percettivo.

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Rimanendo nel paradigma delle emozioni come risposta, si dovrebbe perciò precisare che la natura disposizionalmente espressiva delle emozio­ni è correlata alle ridondanze e risonanze che accompagnano le informa­zioni sensoriali e percettive. H questa correlazione sarebbe resa possibile proprio dalle asintonie o differenze di fase tra la coerenza sistemica di un organismo e le fluttuazioni e le frange ambientali in cui è immerso. Da questa differenza o difficoltà di sintonia si origina la stessa differenza tra interno ed esterno quanto alla vita di organismi caratterizzati da una certa complessità sistemica. Coerentemente con questa visione potremo assume­re - in accordo con la magistrale sintesi teorica di Jaak Panksepp (cfr. in parficolare Panksepp 1998 e Panksepp e Biven 2012) - che "sistemi emo­zionali di processi primari'" caratterizzano in diversa misura e complessità la vita cerebrale dei mammiferi. Panksepp identifica tali sistemi emoziona­li di base con il seeking (l'euforia connessa con una persistente atfitudine esplorativa), la rabbia {rage) . la paura (fear), il piacere orgasmico {lust), la cura (care) per la prole e non solo per la propria, il panico e l'afflizione {panicigrief), il gioco {play) e la serie di movimenti ritmici e simulafivi che esso implica (Panksepp e Bive, 2012, pp. 32-38). Riprendendo un'intuizio­ne darwiniana e in accordo con altri scienziati (vedi ad esempio Damasio et al . 2010 e Ledoux 1996) Panksepp sostiene, nel quadro della propria «tas­sonomia affettiva» (i sette sistemi emozionali di base cui abbiamo prima accennato), la tesi di una sostanziale continuità cross-specifica nella natura emozionale dei processi primari. I meccanismi basici di apprendimento emozionale, in altri termini, sarebbero sostanzialmente analoghi in tutti i mammiferi dal momento che derivano dagli stessi «sistemi del cervello inferiore», dall'attivazione di circuiti sub-corficali «rimarcabilmente simili attraverso tutto il regno animale» (Panksepp e Biven 2012, p. 49).

3.2. Accettare questa caratterizzazione genericamente animale dei di­spositivi emozionali primari non implica di per sé accettare la tesi della precisa localizzazione cerebrale di emozioni tipologicamente diverse (qua­li quelle relafive alla paura o all'aggressività o all'attaccamento o alla sfera riprodutfivo-sessuale). Una posizione, quest'ukima, spesso favorita dalla convinzione che a un determinato tipo di emozione (come la paura) corri­sponda una precisa funzione o scopo, solitamente di natura adattiva.

Come suggeriscono recenti analisi e meta-analisi di tipo neuro-scientifi­co (vedi Lindquist et al . 2012), questo passo non solo non è necessario, ma è divenuto anche controverso quanto alle sue evidenze sperimentali. L ' in ­dagine relativa alle basi cerebrali delle emozioni, in altri termini, non con­duce unicamente verso una localizzazione funzionali sta. A un approccio

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"locazionista" (secondo il quale, ad esempio, l'emozione della paura sa­rebbe localizzata nell'amigdala, il disgusto nell'insula, la collera nell 'OFC ecc.) sarebbe così da preferire un approccio di Upo "costruzionista". Se­condo questo approccio, differenti categorie di emozioni non hanno le loro radici in meccanismi cerebrali e corporei specifici, ma implicano piuttosto una molteplicità di reti neurali e di operazioni psichiche non specifiche per quella determinata emozione. 11 carattere elementare e irriducibile delle emozioni basiche che condividiamo con tutti i mammiferi sarebbe, per­tanto, elementare e irriducibile solo in apparenza. Le emozioni - secondo la prospettiva difesa in Lindquist et al. 2012 - devono essere pensate, in­fatti, come «costruzioni» ovvero come una sintesi che integra e amalgama informazioni sensoriali, tracce mnestiche, micro-comportamenti, routine gestuali, aspettative.

Potremmo così ipotizzare che tra i caratteri dell'amalgama vi siano an­che (se non principalmente) quelli del ùmbro, del tono e della coloritura capaci di unificare in un unico sistema emozionale contenuti percettivi, sensazioni corporee, operazioni psichiche e comportamenti solitamente di-sfinti. Dall'alone d'indeterminatezza che connota l'unificazione in sistema dei vari dispositivi emozionali deriverebbe, pertanto, il loro carattere ten­denzialmente espressivo.

3.3. L a tesi che il modello "costruzionista" (o d'integrazione in una sin­tesi indeterminata, come preferirei dire) di approccio alle emozioni possa trovare un'ulteriore definizione in un «modello di atto concettuale», tale per cui le emozioni sarebbero "situated conceptualizations" nel senso di Barsalou (Barsalou 2003), trascura il senso d'indeterminatezza che ineri­sce ai fatti emozionali e, di conseguenza, il loro carattere originariamente espressivo. In quanto "concettualizzazioni situate" le emozioni perdereb­bero, in altri termini, la loro specificità e irriducibilità all'orizzonte co­gnitivo. Connessa con questa strategia cognitivista di categorizzazione delle emozioni è. del resto, l'idea che l'atto emozionale consista anzitut­to - in quanto concettualizzazione - nel rendere significadve informazio­ni sensoriali correlate, spesso in termini causali, con oggetti o eventi che hanno luogo nell'ambiente esterno o nello spazio del proprio corpo (vedi Lindquist et al. 2012. pp. 124-125). L a concettualizzazione, così, consi­sterebbe essenzialmente in un'attribuzione causale, nella predizione che 'ndividua un oggetto o una determinata situazione come causa di uno stato

'ettivo ovvero del cosiddetto core ajfect (solitamente caratterizzato dalla ppresentazione mentale di mutamenti corporei quali fluttuazioni somato-

iscerali. cinestetiche, propriocettive e neurochimiche) attorno il quale si

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addensa il complesso emozionale. I l costruttivismo dell'emozione si ca­ratterizzerebbe, così, per la natura articolata e discreta delle operazioni di cui si compone la sintesi che la definisce. Analizzando e scomponendo un tipo di emozione categorialmente definita si arriverebbe, perciò, ad indivi­duare dei «primiUvi psicologici»: fattori non ulteriormente scomponibili dal momento che, in ultima istanza, descriverebbero meccanismi di ordine biologico. In questa ottica, le singole operazioni psichiche, mentali e cor­poree rappresenterebbero quasi degli elementi di una di sintassi emotiva che funzionerebbe in virtù di un meccanismo inferenziale, quello della connessione tra una percezione corporea "interna" (un aggregato di input sensoriali) e la percezione di un oggetto o di una situazione all'esterno (ad esempio il brivido caratteristico della paura con la presenza, o la pura e semplice rappresentazione, di un rettile).

3.4. Rispetto al cognitivismo del modello costruzionista credo sia neces­sario insistere sul carattere non concettuali zzante o inferenziale della sinte­si emozionale. Questo permette, anzitutto, d'intendere la natura dell'emo­zione nella forma di una sintesi strutturalmente densa tra eventi sensoriali e risonanze psico-somatiche. Una sintesi dove l'urgenza espressiva si pre­senta perlopiù fusa con elementi di valutazione. Anche per questo l'evento emozionale assume nello stesso tempo sia una valenza pre-operativa sia una dimensione meta-operafiva. Il suo senso per la vita dell'organismo, in altri termini, non si consuma nella risposta all'oggetto o alla situazio­ne che l'occasiona. Il carattere della predizione cognitiva (ad esempio di una minaccia o di un pericolo imminente) risulta, infatfi. solo un aspetto (spesso riconoscibile a posteriori) dell'evento emozionale. Se non altro, per il motivo che a tale proposito la stessa distinzione tra un core ajfect e l'oggetto cui è connesso risulta successiva, assumendo in taluni casi il valore di una ricognizione post-emotiva. Quel che conta ed è significativo di un'emozione è. in conclusione, il grado di densità di una sintesi dove la linea di confine tra stati interni e correlati oggettuali-eventuali esterni ap­pare difficilmente tracciabile. Anzi , questo confine è tanto più labile quanto più il gradiente emotivo, il suo impatto psichico-corporeo, risulta intenso.

3.5. Se l'evento emozionale avesse solo la valenza predittiva di una con­cettualizzazione non si capirebbe il suo ricorrere in contesti dove si presen­ta quasi priva di correlati oggettuali. 11 prezzo di una funzionalizzazione operafiva in senso cognitivista sarebbe, così, di rendere incomprensibile l'effettivo funzionamento dell'emozione e il valore che assume per la vita dell'organismo. L'emozione, in altri termini, può avere una valenza tunzio-

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naie (ad esempio quella del monitoraggio omeostafico tra Sé e ambiente, secondo quanto sostiene Damasio) soltanto in virtù della sua ridondanza meta-funzionale e meta-operativa. E in ciò, ovvero nel rapporto tra ridon­danza meta-funzionale e funzionalità biopsichica, starebbe il vero parados­so dell'emozione, piuttosto che nel rapporto tra l'evidenza tipica del vis­suto emozionale negli individui e la varietà e variabilità di correlati neurali e fisiologici di queste istanze emotive. Questo fipo di paradosso, sul quale insiste molta letteratura in ambito neuroscientifico e psicobiologico (per una proposta di soluzione cognitivista del paradosso vedi Barrett 2006), scompare se si guarda all'intrinseco rapporto tra l'indeterminatezza sin­tomatica (nel senso dei sintomi dell'estetico definiti da Nelson Goodman) della sintesi che definisce un'emozione nella sua differenziale basicità e le modalità gestaltiche della sua articolazione espressiva. Qui. indeterminato e sintomatico è sia il versante dell'esperienza vissuta (dello stato emofivo esperito) sia quello della sua manifestazione. Di tale indeterminatezza, il correlato neurale e/o fisiologico non rappresenteranno mai un meccanismo o un circuito specializzato capace di ridurne esplicativamente la comples­sità. Questa complessità, questo carattere di sintesi indeterminata, è infatd definito dal rapporto tra elementi e aspetti d'invarianza (forme di eccitazio­ne sensomotoria. gesti e mimica facciale, emissioni di suoni e vocalizza­zioni, alterazioni del sistema neurovegetativo) e le risonanze globali di cui •ono espressione. L'espressivismo originario delle emozioni si conferma csì come una risultante, una sorta di vettore quasi-operativo, della inde--rminatezza e non rigidità funzionale che caratterizzano la sintesi emo-'onale nei suoi tratti categorialmente differenziali. L a stessa dinamica di 'conoscimento e categorizzazione delle emozioni avrebbe di conseguenza .senso wittgensteiniano del cogliere somiglianze di famiglia (vedi al ri-

Io Jablonka. Ginsburg 2012).

4. Espressìvismo emozionale: le emozioni come mimesi inibita

,. 4 .1 . Il grado di tendenziale espressìvismo della sfera primaria delle emo­zioni si manifesta anzitutto nel coinvolgimento corporeo. È come se l'at­tivazione delle diversi reti neurali che caratterizza l'insorgenza e la feno­menologia delle emozioni coinvolgesse, quasi nella forma di un selettivo riverbero, zone, posture e gesti del corpo. L'attività di rappresentazione esercitata nel sistema nervoso centrale in concomitanza e come risposta a determinati input sensoriali (a segnali che provengono dalla periferia del corpo o direttamente dall'esterno) si dimostra, pertanto, solo una compo-

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nente della serie di operazioni che caratterizzano ii fenomeno emozionale. C'è un coinvolgimento corporeo che parte dai muscoli facciali (dalla di­latazione o chiusura delle pupille al serrarsi o distendersi delle labbra) per giungere agli arti superiori e inferiori (il tremore delle mani o delle gambe) o per estendersi su tutta la superficie corporea (ad esempio nella forma del brivido) fino a coinvolgere movimenti somato-viscerali. Anche a questo riguardo le emozioni si presentano, dunque, come un amalgama (un impa­sto) tra dinamiche rappresentative (l'avvertire una minaccia nel percepire un sibilo caratteristico) e forme di micro-azione e micro-reazione che si traducono in gesti e movimenti corporei a carattere espressivo. Come se. nel tempo in cui perdura il processo emozionale, il corpo si trasformasse in una scena dove si disegnano una pluralità di micro-atteggiamenti mime­tici che trovano la loro coerenza nell'unità differenziale di una specifica emozione. Secondo questo aspetto ogni sistema emozionale potrebbe così definirsi come un impulso mimetico bloccato in se stesso: una risposta mi­metica a eventi percettivi reali o illusori che si esercita anzitutto nei confini del proprio corpo.

Mediante l'essere coinvolto parzialmente o globalmente in una messa in scena mimetica che non ha bisogno di spettatore, il corpo dell'animale (na­turalmente, anche dell'animale che noi siamo) di viene espressivo. Inquanto espressive. le emozioni non si configurano unicamente come una risposta. Possono anche esprimere e configurare una spasmodica anticipazione, una trepida attesa o il rilassato sollievo per un pericolo scampato. Nel presente delle emozioni, nel loro carattere intrinsecamente manifestativo. sono così implicati tutti i modi temporali. In virtij di questa plasficità temporale delle emozioni, nient'affatto riducibili in un rigido schema sfimolo/risposta o nella forma piij raffinata di un puro e semplice feedback, esse attestano un primo livello di soggettività del vivente. È quanto avviene, ad esempio, con l'emissione di suoni universalmente percepiti come emozionalmente espressivi: urla stridule, gemiu, mugolìi di dolore o di piacere, ululali, la minacciosità del ringhiare o l'affettuosa modulazione della voce.

Già per il motivo che a questo proposito non vi sono differenze radicali e sostanziali tra i suoni emozionalmente espressivi prodotti dalla nostra spe­cie e. ad esempio, quelli di altri primati o - più in generale (con le dovute differenze) - di altre specie animali, l'espressivismo delle emozioni nella sua primarietà e tipicità ha un carattere sub-simbolico, se il termine ••sim­bolico" continuiamo a riferirlo alla nostra capacità di esprimerci e di comu­nicare socialmente mediante segni convenzionalmente codificati ovvero di segni significanti grazie al loro carattere astratto e arbitrario (nel senso ui De Saussure) e ad una qualche struttura grammaficale che ne regola I u ^ ''

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nei contesfi più diversi. Se il carattere espressivo delle emozioni è sub-sim­bolico, e comunque al di qua di un'articolazione sintattico-semantica. non per questo può dirsi, però, totalmente asemanfico. C 'è . infatti, uno strato di espressività pre-linguistica e sub-simbolica, tipico delle emozioni nella loro forma primaria, che ha evidenti effetti dentro il significare proprio del linguaggio verbale.

4.2. In quanto originariamente espressiva la dinamica delle emozioni influenza, modula e talvolta capovolge o interrompe con la forza di una cesura la trama linguistica dei significafi. Com'è , ad esempio, attestato da proposizioni quali: «dall 'emozione non riuscì a parlare»: «seppur visibil­mente emozionato, riuscì comunque a tenere la sua conferenza»; «il tre­more della voce esprimeva tutta la sua titubanza»: «un improvviso rossore rivelò il suo turbamento e conferì un diverso significato alle sue parole»; «la vista di quelle colline lo emozionò fino a farlo piangere»; «il tono gio­ioso della sua voce rendeva accettabili le verità più amare». Questa serie di esempi, che potrebbe continuare ad libitum, conferma l'intreccio continuo tra l'espressività pre-simbolica dei sistemi emozionali primari e la media­zione simbolica del linguaggio verbale. Ciò sottrae quest'ultimo al piano di un'assoluta convenzionalità che troverebbe il suo suggello nelTideadi una forma logica capace di definire per così dire puramente l'essenza forma proposizionale, governandola dall'interno come fosse uno scheletro ideale capace di sostenere qualsiasi corpo, qualsiasi compagine segnica, senza va­riazioni logicamente sostanziali nella sua articolazione. Come mostra tutta la riflessione filosofica del cosiddetto secondo Wittgenstein, il linguaggio è, però, tanto convenzionale nella sua forma segnica quanto espressivo nei suoi effetti (nel respiro del segno determinato dall'effettività dell'uso).

• Rafforzandosi, così, la tesi che una proposizione è in ordine così com'è e Hphe «l'ordine perfetto deve dunque essere presente anche nella proposizio-Hpe più vaga» (Wittgenstein 1999. p. 63). anche - aggiungo - nelle inflessio-

emofive che per così dire ne modellano il senso dall'interno.

4.3. Considerare questo aspetto del rapporto tra emozione e linguaggio H f i libera certamente dalla retorica dell'ineffabilità dei fatti emozionali e ^ P e i vissuti emotivi. Le emozioni sono certamente effabili. Non solo per il ^ P o l i v o che lambiscono, attraversano, permeano e intonano il discorso, ma

^^he e soprattutto in quanto di per sé espressive. Sarebbe, però, un errore ritenere il rapporto tra emozione e linguaggio

orientato in un'unica direzione, caratterizzandolo solo come un mo-"lento bottom up: dal carattere sub-simbolico delle emozioni primarie

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verso il livello superiore e più complesso dell'articolazione linguistica del­la vita psichica e mentale.

Come è stato sottolineato in studi recenti (vedi Jablonka, Ginsburg. Dor 2012). per capire la dinamica co-evolutiva del rapporto tra emozione e lin­guaggio, bisogna considerare anche la direzione top down che assume que­sto rapporto. Si tratta, in altri termini, di considerare l'effetto di controllo - sia nel senso dell'inibizione sia in quello della dilatazione e del potenzia­mento - che il linguaggio esercita sulla sfera emozionale. Da un lato, «cer­te precondizioni emozionali» devono sussistere perché il linguaggio possa evolvere socialmente con tutte le sue caratteristiche di astrazione, flessibilità e potenza comunicativa (il riferimento qui va a emozioni tipicamente so­cializzanti, come quelle relative alla cura alloparentale della prole o quelle inerenti al piacere di escogitare nuovi strumenti). Dall'altro lato, il linguag­gio - evolvendosi - espande il mondo (esterno e interno) degli individui e di conseguenza espande anche il loro mondo emozionale {ivi, p. 2152).

Attraverso il filtro inibente, discriminante, modulante e seletdvo del lin­guaggio, come vettore potente di interattività sociale e di costruzione cultu­rale, la sfera delle emozioni è delimitata ed espansa nel medesimo tempo. E proprio in ciò potrebbe essere individuata la radice stessa di una distinzione tra pensiero e sentimenfi, tra emozione e razionalità {ivi, p. 2157). D'altra parte, però, è attraverso la comunicazione linguisfica che la sfera emozio­nale si espande e si diversifica al suo interno. A questo livello, infatti, le emozioni agiscono con effetfi simbolici tanto in un ambito genericamente socio-culturale quanto in un ambito polifico e religioso. Esse, in altri ter­mini, si fanno agenfi di mediazione simbolica, veicolando, facilitando e rafforzando determinati comportamenti e inibendone altri. Nuovi tipi di emozioni (ad esempio quella per la bandiera della propria nazione o per i colori della propria squadra), a carattere per così dire secondario, sorgono attraverso il linguaggio, evolvendo in qualche modo con esso. Questo non toglie, però, l'origine pre-linguistica e sub-simbolica del dispositivo emo­zionale e della sua prima espressività. Come è testimoniato, del resto, dal persistente ricorso, nella pradca linguisdca di ogni livello, al complesso di metafore che fanno riferimento alla scena corporea in cui si disegna, per così dire mimedcamente, il disposifivo emozionale (con espressioni come «mi si gelò il sangue nelle vene», «avevo il cuore gonfio», «mi batteva forte il cuore», «mi si drizzarono i capelli»).

Il significato di questi usi metaforici non sta, però, unicamente nel «cre­are empatia e una comunità di sentimento tra gli individui» (cfr. ibidem) appellandosi a strati ancestrali della vita psichico-mentale: a esperienze emotive sensoriali proveniend «strettamente da profonde regioni subne-

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ocorticali del cervello» (Panksepp, Biven 2012, p. 91). Certamente nei corso dello sviluppo individuale queste prime sintesi affettivo-emozionali sono rielaborate e filtrate da istanze di livello superiore (neocordcali). ivi compresa la capacità di elaborare simbolicamente le informazioni median­te il linguaggio. Così - secondo quanto sosdene, in pardcolare, Edmund T. Rolls (2005 e 2011) - certi stimoli sensoriali e certi processi affetd-vi primari sarebbero trasformati in esperienze fenomeniche (ad esempio quelle legate al gusto) solo attraverso una elaborazione e reinterpretazio­ne cognitiva di ordine superiore. Le emozioni primarie, in altri termini, si trasformerebbero in "sentimenti emozionali" e acquisirebbero il valore di «valutazioni non affettive» soltanto in quanto mediate dalla capacità di verbalizzare e di concettualizzare.

Pur consentendo con questa tesi, si tratta però di capire se, nel conte­sto umano dello sviluppo individuale e sociale, le emozioni caratterizzate da una sintesi di secondo livello, inclusiva di mediazioni cognidve e arti­colazioni linguisdco-simboliche, sostituiscano la sintesi caratterisdca dei sistemi emozionali primari o se. tutt'al più, la lascino persistere in forma residuale e frammentaria. L a mia tesi al riguardo è che anche i sistemi emozionali di secondo livello, che incorporano disposidvi simbolici e me­diazioni linguistico-cognidve, sono sistemi altamente instabili e aperd, sia sul versante delle dinamiche di basso livello (grezze) sia su quello delle dinamiche di livello superiore (cognitivamente e simbolicamente orien­tate). Da un lato, inclinano per così dire verso la traduzione simbolica e l'assimilazione di input di carattere cognitivo ed edco: dall'altro, possono addensarsi in pulsioni osdii a qualsiasi istanza di governo. Anche per que­sto modvo le emozioni, nel doppio livello della sintesi che le definisce, non possono mai tradursi senza resti nell'orizzonte cognitivo. Ciò ha a che fare, naturalmente, con il tipo di espressività sub-intenzionale (al di qua di ogni esplicita o implicita intenzionalità) che le caratterizza.

5. Indicalità e proto-dialettica emozionale

5.1. Ricorrendo alla dìsdnzione di Peirce. l'espressività delle emozio­ni ha il valore dell'indice piuttosto che quello del simbolo. Quest'aspetto contribuisce in maniera decisiva a disdnguerle dai sendmend. Mentre la densità di quest'uldmi è simbolica e suscettibile di un'ardcolazione e di una gerarchizzazione nell'ambito del sentire affettivo, quella delle emozio­ni ha un carattere pre-simbolico e poco incline ad una regolazione. Con il

ro modo di presentarsi spesso erraticamente inatteso o anche episodico

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e ricorrente, le emozioni possono contrastare il carattere coito ed educato dei sentimenti. Naturalmente possono anche coesistere con essi, rafforzarli o stabilizzarsi in attitudini sentimentali di vari tipo. Il passaggio dal livello di espressività anzitutto corporea e amodale delle emozioni (anche qualora il dispositivo emozionale si innervi in gesti e atteggiamenti tipici) a una stabilizzazione pur embrionale di complessi simbolicamente significativi è per lo pili un passaggio di tipo estetico. Per «passaggio estetico» intendo, in senso quasi «tecnico» (cfr. Desideri 2011 e, in una prospetfiva kantia­na, 2003), un significativo accordo o un motivato contrasto tra elementi emotivo-affettivi e aspetfi cognitivo-valutativi in occasione di un qualsiasi oggetto. A l confine di questo passaggio, prima di esso, le emozioni man­tengono una peculiare densità espressiva e proto-semantica che si diffe­renzia e spesso sta in tensione tanto con la spontaneità espressivamente simbolica dei sentimenti quanto con l'articolazione grammaticale (con l'insieme di regole e reiterati usi) dei linguaggi simbolici convenzionali. L a tensione differenziale non corre qui, unicamente, sul filo del rapporto tra il tenore espressivamente indicale delle emozioni e quello convenzio­nalmente simbolico del linguaggio o, in via complementare, su quello della sempre possibile divergenza tra la direzionalità del sentire e l'eccentricità o pluriversità emozionale. Questa tensione, questa differenza di fase nella trama della vita psichica, riguarda anche la primitiva dialetfica tra esterno ed interno che nel dispositivo emozionale in ogni caso si esprime e, con essa, l'affiorare di un interno nelle pieghe della corporeità che non neces­sariamente si accorda con quello dei sentimenti e delle intenzioni.

5.2. Prima ancora che nella distinzione embrionale offerta da questa pro-to-dialetfica inerente alla loro peculiare espressività indicale e sintomatica, le emozioni sono (come si è già accennato) autonomamente e anarchica­mente significative nella confingenza del loro carattere eventuale. In quanto evenfi, delimitai da un inizio e da una fine (non importa se sfumad o netti), le singole emozioni manifestano stati qualitafivi di perturbamento e di re­golazione omeodinamica dei processi vitali. Al la dialettica protosemantica dell'intrinseca espressività delle emozioni fa dunque da pendant biopsichi­co quella tra turbolenza (rottura di equilibri psicofisiologici) e assestamento (autoregolazione) del sistema. Da questa duplice dialetfica si alimenta in buona parte la dinamica stessa della vita psichica e mentale. Si tratta, infat­ti, di una dialettica corporeo-psichica che riguarda anche sfasature e disai-monie tra gli elementi marcatamente somatici e quelli puramente affetti\della dimensione emozionale. Una dialettica che, per usare i termini defi­niti nella «neuroscienza affetfiva» di Jaak Panksepp. riguarda il complesso

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BrainMind, espressione di un punto di vista bottoni np da integrare con quel­lo top down del MindBrain. se si vuol cogliere le "causalità circolari" - nei termini di Kant: la dinamica di Wechselwirkitng - che intercorrono tra gli «strati evolufivi del cervello» (Panksepp. Biven 2012. p. 7).

Nella cornice teorica quasi spinoziana di una concezione monistica ed evolutiva del rapporto tra mente e cervello, le emozioni - emergendo da refi neurali subcorticali e dunque dagli strafi più antichi dello sviluppo ce­rebrale - confermano il carattere non lineare o finalistico di questo stesso sviluppo. Soprattutto nella loro forma primaria o basica, in quelle sintesi di primo livello che si annidano anche nelle forme emozionali più complesse e mediate, i disposifivi dell'emozione significano l'attualità dell'archeolo­gico: la permanente possibilità che questi reperti di una vita ancestrale del­la nostra mente riaffiorino come tali, bucando per così dire la crosta delle mediazioni e delle convenzioni. Dal punto di vista della loro archeologica anarchia, anteriore non solo alla rappresentazione di un Sé ma anche al sentimento che tale rappresentazione può generare, i processi emozionali richiedono di essere moderati, educati e riflessivamente governati da altre istanze della vita psichica e mentale. Non soltanto le emozioni sono inca­paci - da sé: con le proprie forze pre-simboliche - di dire o significare la verità, ma sono anche costitutivamente inadatte a quel governo di sé che Platone indica con il termine di sophrosyne (vedi Desideri 1998).

5.3. Quelle posizioni (vedi ad esempio De Sousa 2011) che insistono su un accesso diretto dei dispositivi emozionali alla disfinzione tra vero e falso devono, in ogni caso, differenziare le emozioni non razionali da quelle razionali, appunto in quanto capaci di cogliere proprietà focali del proprio oggetto. Ed è naturalmente a partire da tale distinzione che Ronald De Sousa definisce la nozione di «emotional truth». Il fatto è, però, che in senso proprio e pieno non tutte le emozioni hanno un oggetto e che assai probabilmente perché siano capaci di verità devono intervenire altri fattori, almeno dal lato della memoria e della codeterminazione della genesi di un qualsiasi impatto emozionale.

6. Grana e forma delle emozioni: dimensioni gestaltiche e differenze categoriali

6.1. Il carattere eventuale di uno stato emotivo conosce l'intensità del o. Perciò l'onda perturbati va è spesso scandita, nel suo decorso, da

este e da ventri di intensità emozionale. Insieme all'intrinseca instabilità

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dell'onda emotiva (aperta ad una regolarità di flusso o a variazioni repenti­ne) il quantum del grado di intensità, da cui è generata e costituita, cattura e sintetizza frammenti e riflessi di realtà nella forma di risonanze, dissonanze e consonanze, solitamente con la valenza di risposte ad input di natura sen­soriale (esterna ed interna). 1 minima realia catturati e sintetizzati nel grado intensivo che distingue uno stato emozionale sono quindi trasformati nella grana di unità qualitative.

6.2. Le unità qualitative di cui si compone la grana delle emozioni per­mettono di articolarle in stati discreti, anziché in un continuum senza in­terne distinzioni. Ognuna di queste unità potrebbe esser pensata come una fusione densa tra un aspetto amodale, relativo al loro instanziarsi (senza vincoli di necessità) in differenti atteggiamenti intenzionali, e un aspetto multimodale, relativo al loro prevedere una gamma finita di espressioni (vedi Scherer, Ellgring 2007). Seppur amodali, quanto al non riuscire da sé a configurare atteggiamenti, gli stati emozionali (anche in virtij dell'espres-sivismo multimodale che li caratterizza) non sono affatto senza qualità. Anzi , il quantum nel loro caso è, direttamente, sempre un quale. Proprio in virtiJ di un trapasso continuo, seppur segnato da maggiore o minore forza, tra il quantum e il quale della loro variabilità intensiva le emozioni, nella singolarità dell'esser provate da qualcuno (anche da un soggetto multiplo), sono contraddistinte da una grana.

6.3. Così come le infinite sfumature cromatiche senza unità di campo di riferimento, tanto percettivo quanto linguistico, non sarebbero nemmeno ar-ticolabili, lo stesso vale per la grana degli stati emozionali. L a misura del­la loro percepibilità e della stessa differenziabilità nel provarle implica la possibilità di delimitarle e caratterizzarle secondo forme di riconoscimento. Da questa possibilità deriva anche quella della loro misurazione (vedi Sche­rer 2005), S'innesca, qui. una dialettica ancor più sottile ed apparentemente evanescente tra la latenza espressiva della grana emozionale e la forma con­venzionale della sua(ri-)conoscibilità. Si può anche parlare, a tale proposito, dell'instaurarsi di un doppio legame tra la grana dei qualia emozionali e la Gestalt che li accoglie e raccoglie in un unico stato qualitativo di turbamento emotivo: Tesser mosso e commosso del sistema nel senso della paura, del terrore, dell'ansietà, dello stupore, del piacere, della gioia. Doppio legame, anche nel senso di un movimento in due direzioni: dal basso del singolo gra­do emozionale e dall'alto della sua unità di forma o figura ovvero di Gestalt. Da quest'ultimo punto di vista (quello dell'unità quasi convenzionale della forma) l'emozione si configura già come un'esperienza.

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6.4. Un doppio legame, un doublé bind è anche quello che si palesa tra la forma dell'emozione e la sua funzione. Senza la prima, non c'è la se­conda. L'indice di ri conoscibilità di uno stato emozionale, il suo demarcar­si all'interno di un sistema emozionale, è condizione perché questo stato, nella sua specificità differenziale e nella gamma della sua fenomenologia, svolga una funzione all'interno di un sistema vivente. C 'è però una sfasa­tura ovvero una non perfetta congruenza tra la forma (la Gestalt espressiva) e la funzionalità delle emozioni rispetto al ciclo di vita di un organismo. Il lato espressivo della Gestalt, nella sua evenienza meta-funzionale, tra­scende sempre la determinatezza delle funzioni. Nell'originario e sintoma-fico espressìvismo possiamo cogliere, allora, il grado di libertà interno ai sistemi emozionali: lo spazio del loro gioco. In questo gioco, dovuto alla non coincidenza tra Gestalt e funzione, sta la potenzialità di senso delle emozioni e la "profondità" della loro "corporea'" dimensione (quella pro­fondità della superficie o «grande ragione del corpo» perfettamente intuita da Nietzsche, ammirato per questo riguardo da Damasio e da Dennett). Anche per questo motivo, la forma o Gestalt espressiva, può essere detta il primum dell'emozione. Non soltanto in quanto ratio cognoscendi, ma an­che in quanto ratio essendi.A livelli differenti, differenziati e differenzia­bili, l'emozione rappresenta ed esprime uno stato qualitafivo del sistema. Rappresenta ed esprime: forma e informa.

6.5. Una citazione da Wittgenstein offre un punto d'appoggio significa-fivo alla tesi della rilevanza della forma sia nell'intelligenza delle emozioni sia nella definizione di ciò che effettivamente sono:

L'esperienza (il concetto di esperienza) pare (a noi) delimitata da un'oscuri­tà assoluta. Ma anche il nero è /sarebbe/ un colore; e se un colore è delimitato dal nero, è delimitato da un confine colorato come qualsiasi altro confine. ]...] L'esperienza immediata (il dato di senso) o è un concetto di demarcazione ba­nale, oppure è una forma. (Wittgenstein 2002, p. 509)

Come. però, l'intelligenza delle emozioni sfugga a una demarcazione puramente concettuale o. meramente linguistica, lo attesta un'altra osser­vazione del Wittgenstein degli ulfimi scritfi sulla filosofia della psicologia:

«Che cos'è la paura?. Che cosa significa "aver paura"? Se io dovessi definirla con una sola indicazione - io dovrei recitare la paura». (Wittgen­stein 1998, p. 11)

L a messa in scena della paura, come di ogni altra emozione, è un'espo­sizione (una rappresentazione) della sua natura primariamente mimetica. «Recitare la paura» significa, perciò, rappresentare la natura di mimesi ini-

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bita che caratterizza l'origine stessa dell'emozione come Gestalt affettivo-espressiva. L a rappresentazione mimetica diretta al core ajfect dei sistemi emozionali espone sensibilmente la sfasatura e l'elementare dialettica tra interno ed esterno propria dei sistemi emozionali primari. Con tale dia­lettica è connessa la stessa difficoltà di definire la forma delle emozioni primarie con la loro dimensione pre-linguistica e pre-categoriale e soprat­tutto la difficoltà di definirne la natura specifica in un sistema coerente. Di questa difficoltà si può forse venire a capo mettendo a frutto la tensione tra la dimensione puramente differenziale dei differenti campi emozionali e la loro delimitazione linguistico-categoriale. In tal modo potremo finalmente considerare le emozioni nel loro carattere di forme differenziali: disposi­dvi 0 sistemi psico-corporei che integrano, in una sintesi densa, variabili di differente natura: informazioni sensoriali, micro-valutazioni, risonanze affettive, eccitazioni senso-motorie e fluttuazioni somatico-viscerali. L a Gestalt espressiva di tali disposidvi e la curvatura di senso (il vettore) della stessa forma emotiva dipenderanno, dunque, dal peso specifico e dal livello d'interazione tra queste variabili. In conclusione, la forma dell'emozione non può essere disgiunta dal grado d'intensità (dalla grana) delle sue varia­bili. Sono infatd mutamenti infinitesimi nel continuum della vita sensorial-percettiva e psichica a caratterizzare la Gestalt espressiva di un'emozione e il suo valore di risposta. «Provare la paura» può significare irrigidirsi e rimanere bloccad o ricevere una spinta decisiva a fuggire.

In quanto differenziale, la forma dell'emozione acquista riconoscibilità e specificità solo per via oppositiva ovvero in rapporto ad altre forme o Gestalt emozionali. L'aria di famiglia tra i dispostivi emozionali precede, però, la loro disposizione in un sistema coerente. Anche per questo mod­vo, la categorizzazione delle emozioni non può che situarsi al confine tra natura e convenzione.

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