APPUNTI GESTIONE DELLE IMPRESE

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APPUNTI GESTIONE DELLE IMPRESE 4.1 ANALISI DEI PROCESSI Un processo è una qualsivoglia area di un’azienda che riceve alcuni input e li converte in output che abbiano per l’azienda un valore maggiore degli input originari. Il tempo di ciclo in un processo è il tempo medio intercorrente fra la produzione di unità successive. Talvolta con l’espressione si vuole intendere l’intervallo di tempo tra l’inizio e la conclusione di una singola attività. 4.2 DIAGRAMMA DI FLUSSO DEI PROCESSI Spesso le attività correlate a un processo si influenzano reciprocamente, tanto che bisogna considerare nello stesso tempo le prestazioni di parecchie attività svolte contemporaneamente. Un valido metodo per avviare l’analisi del processo è costruire un diagramma che ne rappresenti gli elementi chiave: operazioni, flussi e aree di immagazzinamento. Gli snodi decisionali del processo sono rappresentati a forma di rombo. 4.3 TIPI DI PROCESSO E’ utile classificare i processi in categorie al fine di descriverne le caratteristiche progettuali. Il primo criterio di classificazione è stabilire se si tratti di un processo multifase o monofase. Un processo multifase può essere dotato di buffer interni. Il concetto di buffering di riferisce all’immagazzinamento tra fasi dove gli input di una fase vengono

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APPUNTI GESTIONE DELLE IMPRESE

4.1 ANALISI DEI PROCESSI

Un processo è una qualsivoglia area di un’azienda che riceve alcuni input e li

converte in output che abbiano per l’azienda un valore maggiore degli input

originari.

Il tempo di ciclo in un processo è il tempo medio intercorrente fra la produzione

di unità successive. Talvolta con l’espressione si vuole intendere l’intervallo di

tempo tra l’inizio e la conclusione di una singola attività.

4.2 DIAGRAMMA DI FLUSSO DEI PROCESSI

Spesso le attività correlate a un processo si influenzano reciprocamente, tanto che

bisogna considerare nello stesso tempo le prestazioni di parecchie attività svolte

contemporaneamente. Un valido metodo per avviare l’analisi del processo è

costruire un diagramma che ne rappresenti gli elementi chiave: operazioni, flussi e

aree di immagazzinamento. Gli snodi decisionali del processo sono rappresentati a

forma di rombo.

4.3 TIPI DI PROCESSO

E’ utile classificare i processi in categorie al fine di descriverne le caratteristiche

progettuali. Il primo criterio di classificazione è stabilire se si tratti di un processo

multifase o monofase.

Un processo multifase può essere dotato di buffer interni. Il concetto di buffering

di riferisce all’immagazzinamento tra fasi dove gli input di una fase vengono

collocati in un’area apposita prima di essere utilizzati nella fase successiva. Ciò

permette alle fasi di svolgersi indipendentemente.

Il blocking si verifica quando le attività di una fase devono interrompersi perché

non vi è luogo dove depositare l’articolo appena completato. Lo starving avviene

quando le attività di una fase devono interrompersi perché non vi è lavoro da compiere.

Per collo di bottiglia si indica una risorsa che limita la capacità o l’output massimo

di un processo.

Un'altra distinzione chiave è quella fra i processi produttivi per il magazzino (

make to stock) e i processi produttivi “su commessa” ( make to order).

Questo processo make to order viene attivato solo in risposta ad un effettivo

ordine. Le scorte ( di beni da lavorare e soprattutto di beni finiti) sono ridotte al

minimo. Teoricamente ci si attende un tipo di risposta relativamente più lungo rispetto al processo make to stock.

Il processo make to stock è finalizzato a produrre beni standard per una pronta

consegna al cliente. In genere la stazione finale di un processo make to stock è il

magazzino. Contenente la scorta di prodotti finiti, dal quale vengono evasi gli

ordini della clientela. Questo processo tuttavia genera prodotti altamente

omogenei.

Inoltre si può sviluppare un processo ibrido che fonda elementi del make to stock

e del make to order. Nel modello ibrido più diffuso viene prodotto un bene

generico e conservato in un certo stadio del processo per poi dopo essere

completato in una fase conclusiva, innescata dagli ordini del cliente.

4.4 MISURARE LE PERFORMANCE DEI PROCESSI

Nella pratica aziendale esistono vari criteri per calcolare analiticamente le

prestazioni dei processi. Gli indicatori avvertono l’impresa se sta registrando dei

miglioramenti o meno. Gli indici di prestazione dei processi danno ai responsabili

di produzione la misura attuale della produttività di un processo e la sua

evoluzione nel tempo.

Tasso di utilizzo: rapporto temporale che esprime l’impiego effettivo di una

risorsa in relazione al suo tempo teoricamente disponibile.

Produttività: rapporto fra input e output. Essa segnala la quantità di output

ottenibile da un assegnato livello di input.

Rendimento: Rapporto tra output effettivo di un processo e alcuni parametri standart. Se ad esempio una macchina è progettata per produrre

30 e produce 36 al minuto avro un rendimento del 120% (

36/30). Se invece il processo richiede 1000 unità e produce

soltanto 800 unità avrà una resa dell’80%.

Tempo di produzione: tempo necessario per produrre un lotto di pezzi. Si calcola il tempo necessario a produrre ciascuna unità

e poi lo si moltiplica per il numero di unità che

compongono il lotto.

Tempo di attrezzaggio: è il tempo necessario per predisporre la macchina

alla produzione di un determinato articolo.

Tempo effettivo di lavorazione: somma del tempo di attrezzaggio con il tempo

di produzione per un lotto di pezzi lavorati da

una macchina.

Tempo di attraversamento: tempo medio necessario a un’unità di prodotto di

attraversare l’intero processo.

Indice di flusso: rapporto fra in tempo di attraversamento totale e il

tempo a valore aggiunto.

Tempo a valore aggiunto: tempo utile dedicato alla reale lavorazione di

un’unità di prodotto.

Rotazione di magazzino: rapporto tra il costo dei beni venduti e il valore

medio delle scorte totali.

Giorni di approvigionamento: numero di giorni in cui un bene sosta in

magazzino. Se un bene non viene rimpiazzato

questa misura rappresenta il numero atteso di

giorni entro i quali l’azienda rimarrà senza quel

bene.

Il tempo di attrezzaggio non viene incluso nel tasso di utilizzo del processo. Non

viene considerato come tempo effettivo di lavorazione ma viene considerato come

perdite di tempo causate da riparazioni o da altri inconvenienti occorsi al processo.

4.7 RIDUZIONE DEL TEMPO DI ATTRAVERSAMENTO DI UN

PROCESSO

il tempo di attraversamento di un processo si può ridurre acquistando nuove

attrezzature per incrementare la capacità produttiva. Andiamo ad osservare alcune

attività che permettono la riduzione del tempo di attraversamento senza l’acquisto

di nuove attrezzature.

Eseguire le attività in parallelo: generalmente i processi sono a fasi sequenziali.

Il tempo di attraversamento consiste nella

somma di queste fasi. Eseguendo le attività in

parallelo si può ridurre notevolmente il tempo

di attraversamento.

Modificare la sequenza delle attività: modificando la sequenza delle attività è

possibile svolgere il processo in modo

più rapido ed efficiente.

Ridurre le interruzioni: ridurre le interruzioni può ridurre

drasticamente la tempistica dei processi.

4.8 CONCLUSIONI

L’analisi dei processi è una competenza fondamentale in azienda. Tracciando un

semplice diagramma di flusso è possibile ottenere utilissime indicazioni. Il

diagramma deve contenere dove si immagazzina il materiale e dove si verificano

code nella lavorazione. La semplice eliminazione dei tempi di attesa può

migliorare in misura significativa le performance del processo.

Quando un processo è alla massima capacità il solo modo di acquisire nuove attività senza aumentare il tempo di attesa è quello di incrementare la capacità.

Ciò richiede di individuare l’attività che vincola l’output del processo e di

aumentare la sua capacità. In pratica bisogna “allargare” la sezione terminale del “

condotto dell’imbuto”.

5.1 SELEZIONE DEL PROCESSO

5.1.1 STRUTTURE DI FLUSSO DEI PROCESSI

La progettazione del processo si riferisce alle attività tattiche di pianificazione

che si verificano continuamente durante la produzione. La selezione dei processi invece si riferisce alla decisione strategica che identifica il tipo di processo

produttivo da realizzare nello stabilimento.

In relazione al diverso tipo di domanda si vanno a definire tre differenti sistemi

produttivi.

1) Produzioni su commesse singole

L’azienda riceve una serie di ordini diversi per singoli prodotti, differenziati anche

in misura notevole, per i quali la progettazione deve elaborare il progetto mentre

altre volte il cliente fornisce già il progetto. In Questo caso la variabilità dei cicli di

produzione è assai elevata, di conseguenza l’attività produttiva è organizzata in

funzione dell’ottenimento della sola quantità richiesta.\

2) Produzioni su commesse ripetitive ( produzioni intermittenti)

La domanda è costituita da una gamma di prodotti ben con caratteristiche definite

( spesso richieste dal cliente). Il gruppo di clienti abbastanza stabile che richiede

forniture scaglionate nel tempo. In questa eventualità i prodotti sono realizzati in

lotti di entità superiore ai fabbisogni immediati, in modo da formare scorte

destinate a essere utilizzate in seguito quando i centri operativi saranno impegnati

in altre attività produttive

3) Produzioni per il magazzino

In questo caso l’impresa realizza volumi elevali di prodotti appartenenti ad una

gamma non molto ampia prima di manifestarsi degli ordini. I prodotti affluiscono

attraverso una rete di distribuzione a gran numero di clienti anonimi. In questo

caso i prodotti sono realizzati con caratteristiche omogenee nel tempo ed a flusso ininterrotto.

In generale il processo di produzione si divide in tre distinte fasi: acquisto delle

parti necessarie, realizzazione concreta del bene e la spedizione al cliente. In ottica di supply chain, questi passaggi possono implicare una serie complessa di attori.

I processi produttivi sono strutturati in modo tale da minimizzare i costi e allo

stesso tempo di soddisfare le priorità competitive necessarie per attrarre gli

ordini dei clienti. ( es: per avere una penna non voglio aspettare e la voglio trovare

subito, per fabbricare una moto custom ci vuole tempo e sono disposto ad

aspettare). Il lead time rappresenta il tempo di risposta all’ordine del cliente.

Il punto di disaccoppiamento rappresenta la posizione nella supply chain dove

devo collocare le scorte. Meno il cliente sarà disposto ad aspettare per ricevere l’ordine più in avanti dovrò spostare le scorte. La velocità di risposta all’ordine

però comporta un alto costo per il mantenimento delle giacenze. Le azienda

dunque utilizzano un buffer per separare il cliente dal processo produttivo

garantendo una risposta rapida a spese di un alto investimento di magazzino.

Le azienda che soddisfano la risposta dei clienti con scorte di prodotti finiti si

definiscono make to stock, quelle che combinano una serie di moduli pre-

assemblati in modo da soddisfare le diverse richieste della clientela si dicono

assemble to order.

5.1.2 L’ORGANIZZAZIONE DEI PROCESSI PRODUTTIVI

Per selezione di processo si intende la decisione strategica relativa alla scelta

della tipologia dei processi produttivi da impiegare nella realizzazione di un

prodotto o nell’erogazione di un servizio. Ad esempio se produco 20 automobili

all’anno le produrrò artigianalmente, se ne produco 10 000 all’anno le produrrò in

catena di montaggio.

5.1.3 MATRICE PRODOTTO-PROCESSO

La matrice prodotto-processo indica la correlazione fra la struttura di processo e le caratteristiche del prodotto in termini di voluti produttivi e varietà di gamma.

Postazione fissa: struttura nella quale il prodotto rimane fisso in una

posizione. L’attrezzatura necessaria viene spostata verso il

prodotto come tutte le parti che lo compongono. Tali

attività sono gestite con le tecniche del product manager.

Job shop: struttura di processo adatta per produzioni in quantitativi ridotti

di una gran varietà di prodotti non standard. Tale struttura è

caratterizzata da attrezzature generiche e da manodopera

polivalente e altamente qualificata. Questa struttura funziona ad

operazioni omogenee sotto il profilo funzionale. I macchinari con

funzioni simili sono raggruppati in un unico luogo.

Produzione a celle: le macchine sono organizzate per omogeneità di prodotti

lavorati e non esistono flussi da cella a cella. Ogni cella è

progettata per occuparsi efficientemente di prodotti che

richiedono lavorazioni simili.

Linea: disposizione di macchinari sequenziata secondo la specificità del

ciclo tecnologico di realizzazione di prodotti. I processi di

lavorazione sono strutturati in base alla sequenza di step

necessari alla realizzazione del prodotto. I prodotti sono costruiti

spostandoli da una postazione di lavoro all’altra a ritmo

controllato.

Processo continuo: la produzione segue una sequenza di fasi predeterminata ma il flusso è continuo. Tale processo è applicato per

prodotti allo stato liquido e richiede una struttura

altamente automatizzata che può lavorare 24 ore su 24

evitando costosi arresti ed avvii.

5.2 ANALISI DEL PUNTO DI INDIFFERENZA

I macchinari si dividono in macchinari generici e specifici. Quelli generici sono

caratterizzati da un minor costo dell’attrezzo e da un utilizzo più ampio. Quelli

specializzati sono più costosi e richiedono un tempo di attrezzaggio elevato e costi

di manutenzione consistenti. Questi garantiscono una minor efficienza solamente a

determinati volumi. Se questi non sono raggiunti ecco che diviene conveniente

utilizzare macchinari generici.

Un approccio standard per decidere fra processi o risorse alternative è l’analisi del punto di indifferenza. Questo illustra i guadagni o le perdite derivanti da una

scelta piuttosto che un’altra.

5.3 PROGETTARE UN SISTEMA DI PRODUZIONE

Per determinare il layout di un processo produttivo sono disponibili differenti

tecniche.

5.3.1 LAYOUT A POSTAZIONE FISSA

Materiali e macchinari sono disposti attorno al punto in cui avviene la produzione

in ordine di utilizzo e difficoltà di spostamento. In un layout a postazione fissa

le mansioni sono svolte solitamente con un ordine ben preciso che andrà a

definire la posizione dei materiali secondo la loro priorità di assemblaggio. Tale

procedura è utilizzata per la costruzione di macchinari di grandi dimensioni in

cui il processo produttivo segue una sequenza rigida.

5.3.2 LAYOUT PER REPARTO

La strategia più comune in questo tipo di layout consiste nel disporre i reparti in

modo da ottimizzare lo spostamento del materiale. Il reparto è specializzato in

un particolare tipo di lavorazione.

5.3.3 LAYOUT A CELLE DI PRODUZIONE

Una cella di produzione viene formata posizionando macchinari diversi in celle progettate per lavorare su prodotti che hanno morfologie simili e richiedono

processi produttivi analoghi.

5.3.4 LAYOUT DI LINEA E PER PROCESSO CONTINUO

Una linea di assemblaggio è pensata per realizzare un prodotto attraverso una

sequenza lineare di step. Gli step di assemblaggio avvengono in aree definite

stazioni collegate tra loro da un sistema di movimentazione del materiale ad un

ritmo imposto.

10.1 STRATEGIA DELLA SUPPLY CHAIN

Il supply chain management consiste in un approccio sistemico alla gestione dell’intero flusso di informazioni, materiali e servizi, dalle materie prime

provenienti dai fornitori via via lungo le fabbriche e i magazzini, fino ai clienti

finali. La supply chain rappresenta tutte le connessioni fra i diversi attori di un

processo dal punto di vista di un’azienda.

Oggi il supply chain management è un tema al centro dell’attenzione perchè molte

azienda conseguono significativi vantaggi competitivi grazie al modo con cui

gestiscono le proprie operations lungo la supply chain.

Dobbiamo tuttavia dire però che un una particolare struttura della supply chain

può essere molto efficiente per un’azienda e allo stesso tempo non esserlo per

un’altra. Scopo di questo capitolo è infatti mostrare come le supply chain dovrebbero essere strutturate per soddisfare i bisogni di idfferenti gruppi di

prodotti e clienti.

10.2 LA MISURA DELLE PERFORMANCE DELLA SUPPLY CHAIN

Due comuni indici per valutare l’efficienza della supply chain sono l’indice di rotazione del magazzino e l’indice di copertura. Tali indici di efficienza sono

matematicamente uno l’inverso dell’altro.

L’indice di rotazione del magazzino si calcola come valore delle merci vendute/

valore medio delle scorte in magazzino.

Il valore delle merci vendute rappresenta il costo annuo sostenuto dall’azienda

per produrre beni o servizi forniti ai clienti finali. Non comprende costi

commerciali connessi alla vendita e costi amministrativi.

Il valore medio delle scorte in magazzino rappresenta il valore totale di tutti gli

articoli mantenuti in magazzino, valorizzati al loro costo.

L’indice di copertura invece misura in numero di settimane il valore delle scorte

immagazzinate nel sistema in un dato istante. Si calcola come valore medio delle

scorte in magazzino/ valore delle merci vendute.

Le imprese considerano le scorte alla stregua di un investimento, in quanto

l’intento è il loro impiego futuro. Le scorte di magazzino immobilizzano fondi altrimenti destinabili a scopi differenti. L’obiettivo di un’azienda è quindi avere il

giusto quantitativo di scorte, opportunamente localizzato nella supply chain.

Definire il quantitativo di scorte per ogni fase esige un’approfondita analisi della

supply chain stessa.

10.3 STRATEGIA DI PROGETTAZIONE DELLA SUPPLY CHAIN

Effetto bullwip: descrive la variabilità della domanda, che aumenta man mano

che ci si muove dal cliente finale al produttore, lungo la supply chain.

Tale effetto segnala la mancanza di sincronizzazione fra i componenti della

filiera. Perfino una lieve variazione degli acquisti da parte del consumatore finale

si ripercuote a ritroso, ampliando le oscillazioni sempre di più man mano che so

procede a monte della supply chain. Poiché il comportamento dell’offerta non è lo

stesso della domanda l’effetto bullwip può generare accumuli di scorte, carenze e

ritardi.

Alcune azienda usano un sistema basato sul continuous replenishment. Attraverso un’efficiente circolazione delle informazioni dal dettagliante a ritroso

verso l’azienda produttrice è possibile prevedere la domanda futura e quali

prodotti reintegrare.

I prodotti si dividono in generale in due diverse categorie: prodotti

prevalentemente funzionali e prodotti prevalentemente innovativi. Ciascuna

categoria richiede di attivare un distinto modello di supply chain .

I prodotti funzionali comprendono gli articoli acquistati dal pubblico in una larga

varietà di punti vendita al dettaglio. Hanno una domanda stabile e un ciclo di vita

prolungato. La loro stabilità genera però concorrenza la quale può portare a

margini di profitto scarsi. Questi sono caratterizzati da supply process stabili, il

processo produttivo e la tecnologia sottostante sono giunti a maturità e il sistema

di offerta è ben delineato.

I prodotti innovativi invece hanno margini di profitto superiori. Sono

caratterizzati però da una domanda imprevedibile e da un ciclo di vita di appena

pochi mesi. In quanto gli imitatori erodono velocemente il vantaggio competitivo costringendo l’azienda a lanciare prodotti sempre più nuovi e avanzati. Questi sono

caratterizzati da supply process in evoluzione. Il processo produttivo e la

tecnologia sottostante sono ancora in fase di sviluppo e in rapido cambiamento.

10.4 OUTSOURCING

L’outsourcing consiste nell’esternalizzazione di attività e delle responsabilità

decisionali connesse, precedentemente svolte all’interno dell’azienda, che vengono

demandate a fornitori esterni.

Le ragioni per cui un’azienda decide di esternalizzare i propri processi possono

essere le più varie. L’outsourcing permette all’impresa di focalizzarsi su quelle

attività che costituiscono le sue competenze core (core competences). In tal modo

l’azienda puù aumentare il suo vantaggio competitivo e allo stesso momento

diminuire i costi.

E’ compito del Management scomporre le attività e decidere quali conferiscono un

vantaggio competitivo all’azienda oppure quali conviene esternalizzare. Fra i lati

negativi dell’outsourcing vi sono però i tagli al personale.

Per valutare se esternalizzare o meno una data attività è necessario considerare le

seguenti caratteristiche:

Coordinamento richiesto si riferisce alla maggiore o minore difficoltà di

integrare una data attività all’interno del processo

complessivo. Le attività ad elevata incertezza e

scambio di informazioni non dovrebbero essere

esternalizzate. Al contrario le attività semplici e

standardizzate possono facilmente essere trasferite a

società partner specializzate.

Controllo strategico: il controllo strategico attiene invece alla gravità della

perdita che la società potrebbe subire se la relazione

con il partner fosse interrotta. L’attività è

esternalizzabile se si tratta di beni durevoli e altri

asset impiegabili da un gran numero di clienti o

fornitori.

Proprietà intellettuale: potenziale rinuncia della proprietà intellettuale

attraverso la relazione con i fornitori

10.5 OUTSOURCING DI SERVIZI LOGISTICI IN EUROPA E ITALIA

L’outsourcing può essere definito come il processo attraverso il quale le aziende assegnano stabilmente a fornitori esterni, per un periodo di tempo

contrattualmente definito, la gestione operativa di una o più funzioni in

precedenza svolte all’interno.

Nel campo dei servizi logistici, ad esempio, ti è assistito alla nascita e

all’affermazione di imprese in grado di sostituire in parte o in toto l’attività

logistica dei propri clienti.

Tali relazioni muovono da partnership contrattuali episodiche, evolvendo e

rendendosi via via più sofisticate sino a configurarsi come alleanze strategiche.

L’outsorcing permette di appropriarsi di parte delle economia dimensionali e di

specializzazione del fornitore, in tal modo si ottiene una riduzione dei costi, della

variabilità e un alleggerimento della struttura organizzativa.

E’ importante dunque instaurare relazioni durature con partner affidabili e

portatori di competenze distintive.

10.6 DESIGN FOR LOGISTICS

Approccio volto a prendere in considerazione i costi di approvigionamento e

distribuzione dei materiali nel processo di progettazione e sviluppo del prodotto.

10.8 GLOBAL SOURCING

Le aziende cui toccano tante diverse decisioni riguardo il sourcing, la produzione e

la distribuzione devono ponderare i costi relativi a materiali, trasporto,

produzione, magazzino e distribuzione per sviluppare una rete infrastrutturale

volta a minimizzare i costi.

Per la produzione di calzature nike ad esempio si acquistano i pellami in sudamerica, manodopera cinese e i prodotti sono venduti in Europa America e

Giappone ( tenendo conto anche delle diverse richieste del mercato).

10.9 MASS CUSTOMIZATION

Il termine Mass customization è stato ideato per rappresentare la capacità di

offrire prodotti o servizi altamente personalizzati a diversi clienti in tutto il mondo,

da parte di un’azienda.

La chiave della personalizzazione di massa risiede nella prassi di postponement,

ovvero nel differire all’ultimo punto utile della supply chain il compito di

differenziare un prodotto per uno specifico cliente.

Adottando un simile approccio ecco che le aziende possono agire con la massima

efficienza e soddisfare velocemente gli ordini particolari della clientela,

mantenendo un quantitativo minimo di giacenze. Tre sono i principi progettuali per realizzare un efficace programma di mass

customization.

1) Un prodotto dovrebbe essere progettato in modo tale da consistere di

moduli indipendenti i quali possono essere assemblati facilmente ed

economicamente in forme diverse. Di fondamentale importanza dunque è la

progettazione di prodotto modulare.

2) I processi produttivi o di erogazione del servizio dovrebbero essere

progettati in modo da consistere di moduli indipendenti i quali

possano essere spostati o riconfigurati facilmente. Postponement process

indica il rinvio all’ultimo punto utile della supply chain di quelle fasi che differenziano il prodotto. ( ex vernici miscelate al momento in negozio)

3) Il supply network deve essere in grado di fornire il prodotto base alle

strutture adibite alla personalizzazione in maniera economica ed

efficiente inoltre la supply chain deve avere la flessibilità e la reattività

necessarie per acquisire gli ordini di ogni singolo cliente e consegnare il

prodotto finito personalizzato rapidamente.

L’azienda può quindi concentrare le produzioni delle parti critiche in poche località

nel pianeta, cosi da conseguire economie di scala. Inoltre, attraverso la mass

customization, può mantenere una presenza locale.

10.10 CONCLUSIONI

L’espressione supply chain deriva dalla rappresentazione dei collegamenti fra i diversi attori dal punto di vista di una determinata azienda. Essa è una

componente importante della moderna attività d’impresa. Tuttavia è importante

specificare che un modello di supply chain valido per un’azienda può non

funzionare in un’altra.

Questo capitolo illustra come dovrebbe essere strutturata una supply chain in

relazione ai diversi prodotti e alle diverse richieste dei clienti. Indicatori quali l’indice di rotazione del magazzino e l’indice di copertura

danno indicazioni riguardo all’efficienza della supply chain.

La coerenza tra la struttura della supply chain e le caratterstiche del prodotto è

entremamente importante per il successo operativo di un’azienda.

Le aziende, inoltre, devono progettare una supply chain che vada a minimizzare il

costo globale del prodotto.

11.2.1 ECONOMIE E DISECONOMIE DI SCALA

La nozione di base di economie di scala insegna che all’aumentare delle

dimensioni dello stabilimento il costo medio per unità di output diminuisce.

Tuttavia quando lo stabilimento si sviluppa oltremisura può insorgere il problema

inverso delle diseconomie di scala.

Ad esempio dover raggiungere il livello di domanda necessario per mantenere

operativo uno stabilimento enorme potrebbe portare a dover concedere

consistenti sconti.

11.2.2 LA CURVA D’ESPERIENZA

Un concetto ben noto è la curva d’esperienza. Più producono più gli stabilimenti

acquisiscono esperienza circa i metodi di produzione migliori, riducendo cosi in

misura stimabile i costi di produzione.

Ogni volta che la produzione raddoppia i costi di produzione si riducono di una

percentuale ( tasso di apprendimento).

Il tasso di apprendimento varia da un settore all’altro. Si noti inoltre che il volume

delle vendite gioca un ruolo fondamentale nella riduzione dei costi.

11.2.3 QUANDO LE ECONOMIE DI SCALA INCONTRANO LA

CURVA D’ESPERIENZA Non solo uno stabilimento più grande beneficerà di economie di scala ma produrrà

anche di più, il che si traduce in ulteriori vantaggi in termini di curva d’esperienza.

Alcune aziende utilizzano le economie di scala unite a quelle di esperienza in

modo tale da applicare un’aggressiva politica dei prezzi e incrementare il volume

delle vendite, consentendo di ridurre ancora i prezzi grazie ad una maggiore

esperienza accumulata. Tuttavia la domanda deve sempre essere abbastanza vasta

da giustificare le dimensioni dell’impianto.

11.2.5 CAPACITA’ PRODUTTIVA FLESSIBILE

Per capacità produttiva flessibile si intende invece la possibilità di aumentare o

diminuire rapidamente i livelli di produzione, o di trasferire la capacità produttiva

da un prodotto o servizio all’altro. Questa flessibilità si raggiunge grazie a

stabilimenti, processi e manodopera flessibili e subfornitura.

Stabilimenti flessibili l’idea chiave dello stabilimento flessibile è la

riconfigurazione in tempo zero. Uno stabilimento di

questo tipo, grazie ad una organizzazione particolarmente flessibile, potrebbe essere

immediatamente riconvertito.

Procedure flessibili i processi flessibili sono caratterizzati dal ricorso a

macchinari a riattrezzaggio rapido. Tale approccio

consente spostamenti rapidi e veloci, aspetto

peculiare delle economie di scopo.

Forza lavoro flessibile La forza lavoro flessibile possiede competenze

plurime e la capacità di muoversi fra una mansione e

l’altra. Richiede una formazione più estesa e ha

bisogno di manager e staff che agevolino la pronta riassegnazione ad altri incarichi.

11.3 PIANIFICAZIONI DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA

11.3.1 CONSIDERAZIONI SULL’AUMENTO DI CAPACITA’ PRODUTTIVA

Al momento di incrementare la capacità produttiva bisogna considerare tre

diversi aspetti: mantenimento dell’equilibrio di sistema, frequenza dell’incremento

di capacità e il ricorso a capacità esterna.

1) Mantenimento dell’equilibrio di sistema

In un azienda dobbiamo considerare che il livello operativo ottimale varia in

genere da fase a fase. Un altro motivo è che la variabilità della domanda di

prodotto generalmente provoca squilibri tra i processi ( a eccezione delle linee di

produzione automatizzate che lavorano come se fossero una macchina sola).

Vi sono diversi metodi per governare lo squilibrio.

- Aggiunta di capacità alle fasi che sono collo di bottiglia.

- Predisposizione di scorte polmone presso il collo di bottiglia in modo che in

quella fase non avvengano mai interruzioni di lavoro.

- Raddoppiare le strutture di un reparto dal quale dipende un altro reparto.

2) Frequenza dell’incremento di capacità

Bisogna considerare che adeguamenti di capacità troppo ravvicinati sono

dispendiosi. Si considera infatti il costo per la rimozione e la sostituzione dei

macchinari, la formazione dei nuovi addetti e il costo di acquisto delle nuove

attrezzature. Vi è inoltre il costo opportunità del mancato utilizzo dell’impianto o

della struttura erogante il servizio durante il periodo di conversione. Per converso aggiornamenti troppo poco frequenti sono anche questi

dispendiosi in quanto gli incrementi sono sporadici e la capacità in esubero deve

integralmente mantenuta insatura fino al suo normale utilizzo.

4) Fonti di capacità esterne

In alcune circostanze puo’ essere piu’ vantaggioso non aggiungere affatto capacità,

bensi usare qualche fonte di capacità esterna già esistente. Due strategia

comunemente utilizzate sono l’outsourcing e la condivisione delle capacità.

11.3.2 DETERMINARE IL FABBISOGNO DI CAPACITA’ PRODUTTIVA

Per determinare il fabbisogno di capacità dobbiamo interrogarci circa la

domanda che impatta sulla singola linea di prodotto, la capacità del singolo

stabilimento e l’allocazione della produzione entro la rete produttiva dello

stabilimento.

Questo viene fatto compiendo alcuni passi:

- prevedere le vendite dei singoli prodotti di ogni linea di prodotti

- calcolare il fabbisogno di attrezzature e manodopera per rispettare le

previsioni di produzione della linea di prodotto.

- Proiettare la disponibilità di manodopera e attrezzature lungo l’orizzonte

di pianificazione

A questo punto l’azienda decide di mantenere una cerca capacità di cuscinetto

intermedia fra le proiezioni del fabbisogno e la capacità reale. Una capacità

cuscinetto è un ammontare di capacità eccedente la domanda attesa.

11.4 PIANIFICARE LA CAPACITA’ PRODUTTIVA NEI SERVIZI

11.4.1 PIANIFICAZIONE DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA NEI SERVIZI E

NELLA PRODUZIONE MANIFATTURIERA

La capacità nei servizi dipende maggiormente dai fattori tempo e luogo, presenta

maggiore volatilità nelle fluttuazioni della domanda e la qualità nei servizi è

direttamente influenzata dal suo tasso di utilizzo.

Tempo: diversamente dai beni i servizi non possono essere conservati per un uso futuro. La capacità deve essere immediatamente disponibile

per produrre un servizio quando occorre.

Luogo la capacità nei servizi deve essere localizzata presso il cliente. Nel

processo manifatturiero invece alla produzione segue la distribuzione

delle merci al cliente. I servizi devono trovarsi invece nel punto in cui

servono al cliente quando gli occorrono.

Volatilità della domanda I servizi sono caratterizzati da una maggiore

volatilità della domanda poiché non possono essere

conservati, sono richieste maggiori personalizzazioni

dal cliente e risentono di maggiori difficoltà nello

stimare la capacità minima occorrente

11.5 CONCLUSIONI

La pianificazione strategica delle capacità richiese decisioni di investimento che

alienino la capacità delle risorse impiegate alla domanda prevista sul lungo

periodo. La decisione di incrementare le capacità produttive deve tenere conto dei seguenti fattori:

- economie di scala

- effetto delle curve di esperienza

- bilanciamento tra le fasi della produzione

- grado di flessibilità delle strutture produttive e della forza lavoro

12.1 LA LOGICA LEAN PRODUCTION

La lean production è un insieme integrato di attività progettato per ottenere

elevati volumi produttivi, usando scorte minime di materie prime, work in

process e prodotti finiti.

Le parti giungono alla stazione di lavoro successiva just in time.

La lean production si basa sulla prescrizione di non produrre nulla finchè non serve, il bisogno è creato dall’effettiva domanda di prodotto. Quando un addetto

necessita di qualcosa esso manifesta la necessita e il prodotto viene “tirato” dalla

posizione a monte.

Per consentire uno svolgimento fluido di questo “processo pull” la lean

production necessita di elevati livelli di qualità ad ogni stadio del processo,

solide relazioni con i fornitori e una domanda di prodotto sufficientemente

prevedibile.

12.2 IL SISTEMA DI PRODUZIONE TOYOTA

Il sistema di produzione Toyota, ideato per migliorare la qualità e la produttività, si

innesta su due filosofie cardine: eliminazione degli sprechi e rispetto per le persone.

12.2.1 ELIMINAZIONE DEGLI SPRECHI

Per Toyota lo spreco è qualsiasi cosa diversa dal quantitativo minimo richiesto di

attrezzature, materiali, parti e addetti che sono assolutamente necessari alla

produzione. Sono individuati sette principali tipi di spreco che occorre eliminare:

sovraproduzione, tempi d’attesa, trasporti, scorte, processi, movimentazioni e

prodotti difettosi.

Secondo il modello Toyota nessuna scorta di sicurezza è consentita perché se

non è possibile utilizzare il materiale ora, non occorre produrlo ora, in quanto

sarebbe uno spreco. E’ si notevole importanza dunque ridurre le giacenze che si

annidano nelle aree di immagazzinamento, nei sistemi di movimentazione e nei sistemi di trasferimento.

NETWORK DI FABBRICHE FOCALIZATE

Rispetto ad ampie strutture industriali i Giapponesi prediligono piccoli impianti specializzati. Toyota ritiene che sia piu’ conveniente dirigere impianti progettati

per un unico scopo.

GROUP TECHNOLOGY

La filosofia della tecnologia di gruppo prevede di raggruppare in famiglie

omogenee le parti simili e di organizzare i processi produttivi di tutte le parti in

celle di lavoro specializzate.

Raggruppando tutti i macchinari per produrre una parte in un’unica cella vengono

eliminati i tempi di movimentazione e di attesa tra due operazioni. Tali operai,

per poter governare piu’ macchine e processi diversi, devono essere polivalenti.

QUALITA’ ALLA FONTE

Qualità alla fonte significa realizzare il prodotto correttamente sin dalla prima volta e in caso di problemi bloccare tutto il processo o la catena di montaggio. Gli

operai di fabbrica sono ispettori di se’ stessi, personalmente responsabili della

qualità del proprio output.

Se ad esempio si scopre un problema di sicurezza o viene riscontrata una non

conformità viene fermata la catena di montaggio in modo tale che la manodopera

diretta possa autonomamente provvedere alla manutenzione o analizzare il

problema fino alla sua risoluzione.

PRODUZIONE JUST IN TIME

Il JIT prescrive di produrre esclusivamente quanto occorre, quando occorre e nulla

piu’. Tale indicazione si contrappone alla prassi di dotarsi di materiali extra per

prevenire ( just in case) eventuali problemi.

Tipicamente il JIT si applica a produzioni ripetitive, cioè alla fabbricazione in

rapida successione di articoli identici o simili. I Giapponesi minimizzano in tempo

di transito e contengono al minimo le quantità da trasferire.

I fornitori possono effettuare consegne ai propri clienti anche piu’ volte al giorno, per mantenere ridotte le dimensioni dei lotti e delle scorte. Lo scopo è portare a

zero tutte le scorte in coda, minimizzando in tal modo gli investimenti in giacenze e

accorciando i lead time.

Mantenendo un basso livello di scorte è possibile evidenziare e correggere le imperfezioni del sistema ( fermo macchina, scarti, inaffidabilità fornitore,

pratiche cartacee inevase…) prima che esse ne provochino di piu’ gravi.

La produzione JIT rivela problemi che altrimenti occultati dall’eccesso di scorte e

personale.

CONTROLLO DI PRODUZIONE ATTUATO CON SISTEMI KANBAN Un sistema di controllo Kanban utilizza un dispositivo segnaletico per regolare i flussi JIT.

Kanban significa segnale o cartellino in giapponese. I cartellini consentono il

funzionamento del sistema kanban pull system. Un’autorizzazione a produrre o a

fornire altri pezzi proviene dalle operazioni a valle.

MINIMIZZAZIONE DEI TEMPI DI RIATTREZZAGGIO

Poiché i lotti di piccole dimensioni sono la norma le macchine devono essere

riattrezzate frequentemente e velocemente per produrre in modalità mixed

model. Per conseguire queste riduzioni nei tempi di set-up, gli attrezzaggi vengono

divisi in attività interne ( compiute a macchina ferma) ed attività esterne (

compiute a macchina in marcia).

12.2.2 RISPETTO PER LE PERSONE

La politica di Toyota è di assumere un dipendente “ a vita” e a mantenere un

livello dei salari anche in caso di congiunture sfavorevoli. I dipendenti, con la

sicurezza del posto fisso, tendono a rimanere fedeli alla stessa azienda e a

supportarla nel conseguimento dei suoi obiettivi.

Nelle annate buone tutti i dipendenti ricevono due premi annuali.

Le mansioni alienanti sono affidate a macchine i robot.

Le imprese instaurano partnership di lungo periodo con i fornitori e clienti.

12.3 LAYOUT E PROGETTAZIONE DEI FLUSSI NELLA LEAN PRODUCTION

La manutenzione preventiva deve garantire che i flussi non siano interrotti da

fermi-macchina o da malfunzionamenti degli impianti produttivi. Essa si fonda su

ispezioni e riparazioni periodiche, progettate per mantenere elevata

l’affidabilità dei macchinari. Sono gli stessi operatori a svolgere gran parte della

manutenzione dato che conoscono molto bene le macchine utilizzate e perché queste, in un ambiente di lean production, sono piu’ semplici e risultano piu’ facili

da riparare.

12.3.4 TOTAL QUALITY CONTROL ( TQC )

Il TQC si basa sulla costruzione della qualità lungo il processo e non identifica la

qualità con prassi ispettive. Il TQC teorizza che gli addetti siano responsabili del

proprio lavoro. Quando tutti i prodotti sono conformi ecco che non occorrono

scorte just in case. Mantenendo un livello di qualità costante ecco che i controlli

ispettivi sono ridotti solo alla prima e all’ultima unità prodotte. Se queste sono

perfette di puo’ ritenere che anche le altre lo siano.

12.3.5 PROGRAMMAZIONE STABILE

Uno scheduling livellato richiede che i materiali vengano “tirati” nelle fasi finali di assemblaggio con una cadenza sufficientemente uniforme da consentire alle varie

risorse produttive di rispondere ai segnali pull.

Il termine orizzonte congelato identifica il periodo di tempo durante il quale la

programmazione è confermata e ulteriori variazioni non sono ammesse.

In ottica lean production un eventuale eccesso di domanda è coperta da surplus

di manodopera e macchinari e da lavoro straordinario. La sovra capacità

produttiva di manodopera e attrezzature è di gran lunga piu’ economica del

mantenimento di sovra scorte.

12.3.6 LAVORARE CON I FORNITORI

I fornitori sono partner cruciali per la gestione del processo. Se un’azienda

rende i fornitori partecipi del proprio processo e gli fornisce una accurata

previsione della domanda ecco che l’azienda puo’ ridurre le scorte buffer.

Confidando nell’impegno del fornitore e sull’affidabilità delle consegne.

15.1 DEFINIZIONE DI SCORTA

Una scorta è costituita da qualsiasi articolo o risorsa in giacenza impiegati in un’azienda.

Un sistema di gestione delle scorte è l’insieme delle politiche e dei controlli che

monitorano le quantità a magazzino e stabiliscono quale livello mantenere, quando

reintegrarle e quale dimensione debbano avere gli ordini.

Per scorta di produzione si intende quegli articoli che concorrono a produrre o

formare l’output di prodotto dell’azienda. Queste sono caratterizzate in materie

prime, prodotti finiti, componenti, semilavorati.

L’analisi delle scorte serve essenzialmente a specificare quando ordinare gli articoli e quante unità inserire.

15.2 SCOPI DELLE SCORTE

Tutte le azienda ( anche chi lavora JIT ) mantengono giacenze in magazzino ai

seguenti scopi:

- Garantire indipendenza tra le fasi. Esse danno flessibilità alle operazioni

svolte.

- Far fronte a variazioni nella domanda di prodotto. Attraverso una scorta

buffer o di sicurezza si assorbono le variazioni della domanda.

- Per garantire la flessibilità sul piano di produzione.

- Per cautelarsi contro le variazioni nei tempi di consegna delle materie

prima.

- Per sfruttare la dimensione ottimale dell’ordine di acquisto. L’emissione

di un ordine ha dei costi quindi maggiore sarà l’entità dell’ordine e minori saranno gli ordini e conseguentemente i costi per emetterli.

Tuttavia dobbiamo tenere sempre conto che ogni scorta ha un costo e che quantità

elevate di magazzino sono in genere sconsigliabili.

15.3 COSTI DI GESTIONE DELLE SCORTE

Nel prendere qualsiasi decisione riguardo alle scorte dobbiamo considerare i

seguenti costi:

Costi di giacenza ( o di mantenimento) questa categorie comprende i costi

di magazzino e il costo opportunità del capitale. Costi di

giacenza elevati indicono a ridurre

le scorte e a reintegrarle spesso.

Costi di set-up Per fabbricare un diverso prodotto si

vengono a manifestare una serie di costi.

Se questi fossero piu’ ridotti ecco che si

produrrebbero lotti sempre piu’ piccoli.

Costi di emissione dell’ordine Rappresentano i costi per le attività

gestionali e amministrative che

presiedono alla preparazione dell’ordine.

Costi di mancanza Quando una scorta di articoli viene esaurita, un ordine che richieda tale

articolo deve attendere fino al reintegro

dello stock, oppure essere annullato.

15.5 SISTEMI DI GESTIONE DELLE SCORTE

Un sistema di gestione delle scorte abbraccia le soluzioni organizzative e le politiche per gestire e controllare i beni stoccati. Il sistema regola l’emissione degli ordini, il ricevimento delle merci, i tempi di

emissione degli ordini, registrando cosa è stato ordinato, in che quantità e a chi.

I sistemi di gestione si dividono in sistemi a periodo singolo e in sistemi a

periodo multiplo.

Nel primo caso si intende coprire il fabbisogno di un determinato articolo, nel

secondo caso si intende acquistare un articolo che poi verrà periodicamente

riassortito.

15.5.2 SISTEMI DI GESTIONE DELLE SCORTE A PERIODO

MULTIPLO

Esistono due tipi di sistemi di gestione delle scorte a periodo multiplo:

- Modelli a quantità d’ordine fissa

Modello di controllo delle scorte in cui la quantità richiesta è fissa e il rilascio

dell’ordine è innescato dal raggiungimento di uno specificato livello di

giacenza.

Il livello delle scorte deve essere monitorato assiduamente, una volta che scende

sotto il livello di riordino predefinito R ecco che si effettua l’ordine.

Tale modello prevede una quantità media di scorte piu’ bassa. Essendo un

modello con un controllo continuo sulle scorte si addice maggiormente ad articoli costosi o critici.

- Modello a tempo fisso

Modello di controllo delle scorte che prevede il riordino a intervalli di tempo predefiniti. L’intervallo di tempo fra due ordini è fisso e la quantità dell’ordine variabile.

In questo modello il calcolo delle giacenze avviene solo al momento di reintegro.

Tale modello prevede una quantità media di scorta piu’ alta.

15.6 MODELLI A QUANTITA’ FISSA

I modelli di riordino a quantità fissa mirano a stabilire lo specifico punto R in coincidenza del quale emettere un ordine e le dimensioni dell’ordine Q.

Le giacenze disponibili sono definite come le quantità in giacenza fisica, piu’ le

quantità ordinate, meno le quantità in back-order.

Q= LOTTO ECONOMICO D’ACQUISTO

15.7 MODELLI A TEMPI FISSI

In un sistema a tempi fissi in controllo delle scorte avviene solo a intervalli predefiniti. I modelli a periodo fisso generano quantità da ordinare diverse da

periodo a periodo, in funzione del tasso di consumo.

Questi richiedono in genere scorte di sicurezza maggiori rispetto a modelli a

quantità fissa in quanto i modelli a tempi fissi presuppongono un controllo delle

scorte solo all’atto della revisione periodica. Puo’ accadere infatti che una domanda particolarmente elevata azzeri le giacenze.

In questo caso per tutta la durata del periodo ci si troverebbe in stockout.

La scorta di sicurezza, pertanto, deve proteggere dallo stockout sia durante il

periodo di revisione sia durante il lead time.

15.8 CONTROLLO DELLE SCORTE E GESTIONE DELLA SUPPLY CHAIN

15.9 MODELLO PRICE-BREAK ( LOTTO IN PRESENZA DI SCONTI PER

QUANTITA’)

Di norma il prezzo di vendita di un articolo varia in base alle dimensioni

dell’ordine. Per trovare la quantità d’ordine a costo minimo, dobbiamo calcolare il

lotto economico d’acquisto per ciascun possibile livello di prezzo, e valutare se la quantità sia ammissibile.

15.10.2 ANALISI ABC DELLE SCORTE

La classificazione ABC divide i beni stoccati in tre gruppi:

A Elevato valore d’impiego

B Medio valore d’impiego

C Basso valore d’impiego

Il valore d’impiego è un indicatore di importanza di una risorsa. Un articolo

puo’ essere a valore unitario ridotto ma se usato in volumi consistenti puo’ essere

piu’ importante di un articolo a valore unitario piu’ elevato ma utilizzato di rado.

La classificazione ABC dunque va a separare cio’ che è rilevante da cio’ che lo è

meno. La classificazione degli articoli ha lo scopo di stabilire un appropriato grado di controllo su ogni articolo.

15.10.3 AFFIDABILITA’ DEI DATI DI MAGAZZINO E INVENTARIO

CICLICO

Di norma il magazzino contabile diverge da quello reale e fisico, l’affidabilità dei

dati di inventario esprime il livello di aderenza tra i due.

Qual è il margine di tolleranza tra le divergente tra il magazzino contabile e

quello fisico?

Per mantenere un magazzino accurato e preciso è necessario che questo sia

accessibile solo dal personale addetto che avrà determinati bonus in relazione

all’affidabilità delle registrazioni.

Per verificare la precisione delle registrazioni viene effettuato un inventario ciclico. Questo è una tecnica per facilitare la verifica delle giacenze, per cui gli

articoli vengono contati con notevole frequenza e non una due volte all’anno.

15.11 CONCLUSIONI

In questo capitolo è stata presentata la domanda indipendente ( la domanda di

un prodotto finito) e la domanda dipendente, generata dal bisogno di articoli piu’

complessi dei quali questi beni ne fanno parte.

E’ stato illustrato il concetto di punto di riordino e delle scorte di sicurezza

secondo il modello a tempo fisso e a quantità fissa.

E’ stato trattato il modello price-break. E’ stata poi evidenziata la diversa

importanza dei componenti in un’azienda attraverso il modello ABC.

Si è poi parlato dell’importanza di una gestione del magazzino affidabile e si è

descritto il metodo dell’inventario ciclico.

La riduzione delle scorte richiede l’utilizzo di un modello compatibile con

l’azienda in questione. La sua scelta richiede una buona conoscenza del sistema

operativo aziendale.

Per stabilire invece la quantità ottimale dell’ordine si pone un problema di trade-off. Bisogna trovare un equilibrio tra i costi di mantenimento e i costi di set-up.

Bisogna tenere a mente che le scorte sono estremamente costose per l’azienda e

questa cercherà di ridurle tuttavia bisogna ricordare che lo scopo primario dell’azienda è “fare denaro”. E’ necessario assicurarsi che la riduzione delle scorte

sia realmente funzionale a tal fine.

CALCOLO LOTTO ECONOMICO D’ACQUISTO

CALCOLO COSTO TOTALE

TIME BETWEEN ORDERS

16 MATERIAL REQUIREMENTS PLANNING ( pianificazione dei bisogni e

dei materiali)

Per MRP si intende la logica in base alla quale viene stabilito il numero di parti,

componenti e materiali necessari a produrre un bene.

L’ MRP genera anche un piano che specifica quanto e quando ordinare o produrre, con riferimento a materiali, parti e componenti a domanda dipendente.

Ben presto l’MRP si estese con una nuova versione che integra finanza,

contabilità, fornitori e altri processi aziendali.

Fondamentale per L’MRP è la distinta base, un file contenente la descrizione del

prodotto includendo i materiali, le parti, i componenti e la sua sequenza di

produzione.

Le aziende hanno poi anche un master item data file, un database contenente le

specifiche di ogni articolo quali luogo fi acquisto, produzione, lead time.

L’MRP si basa sulla domanda dipendente la quale deriva dalla domanda di un

articolo di livello superiore.

16.1 DOVE E’ IMPIEGABILE L’MRP

L’MRP è soprattutto efficace nei sistemi industriali in cui differenti prodotti

vengono prodotti per lotti, utilizzando le stesse risorse di produzione. L’MRP raggiunge i migliori risultati nell’ambito dell’assemblaggio.

Per le aziende che producono pochi beni complessi l’approccio MRP è

sconsigliabile, si preferiscono metodi di project manager.

16.3 PIANO PRINCIPALE DI PRODUZIONE

Per garantire che il software MRP risponda adeguatamente e stenda un corretto piano di produzione il programmatore deve assicurarsi che:

- considerare tutte le fonti della domanda

- non perdere mai di vista il piano aggregato ( volumi complessivi) - tenere conto degli impegni assunti verso i clienti

- essere in contatto con tutte le funzioni gestionali

- valutare i diversi trade-off tra la soddisfazione dei diversi obiettivi aziendali

- individuare e comunicare ogni problema.

Il software elabora i programmi di dettaglio, tenendo conto del lead time di

approvigionamento e di produzione necessari a produrre i beni.

Il piano principale di produzione ( MPS) specifica quanti prodotti finiti debba realizzare l’azienda e quando.

16.3.1 ORIZZONTI TEMPORALI

Il grado di flessibilità di un MPS dipende da vari fattori: lead time di produzione,

coefficiente di utilizzo delle parti e dei componenti rispetto a uno specifico

prodotto finito, tipologia di relazione cliente-fornitore, ammontare di capacità

produttiva disponibile in eccesso, dimensione dei lotti ecc.

Gli orizzonti temporali sono quei periodi di tempo entro i quali il cliente puo’ o

non puo’ introdurre una determinata variazione.

16.4.1 SCOPI DELL’MRP

Gli scopi primari di un sistema MRP sono:

- controllare i livelli di scorte

- definire le priorità operative per gli articoli

- pianificare la capacità di carico del sistema di produzione

- migliorare il custumer service

- minimizzare l’investimento in scorte

- massimizzare l’efficacia operativa della produzione

16.5.1 DOMANDA DI PRODOTTO

La domanda di prodotto è costituita da ordini di clienti noti e dalla domanda

prevista. Queste due fonti principali vanno a costituire un input per l’MPS.

FUNZIONAMENTO SISTEMA MRP

7.1 TOTAL QUALITY MANAGEMENT

Il total quality management puo’ essere definito come la “ gestione dell’intera

organizzazione in modo che essa eccelga in tutti quegli attributi del prodotto e del

servizio importanti per il cliente”.

Gli obiettivi del TQM sono due:

- accurata progettazione del prodotto o del servizio

- assicurazione che l’azienda possa coerentemente trasformare in un

prodotto tali specifiche di progettazione -

7.2 SPECIFICHE E COSTI DELLA QUALITA’ Per qualsiasi programma di qualità e fondamentale determinare le specifiche

della qualità e i costi per il conseguimento di tali specifiche.

7.2.1 SVILUPPO DELLE SPECIFICHE DI QUALITA’

La qualità di progetto definisce il valore intrinseco che il prodotto ha sul mercato.

Il progetto deve possedere determinate dimensioni della qualità richieste dal

consumatore. Queste sono prestazioni, opzioni, affidabilità, durata, riparabilità,

risposta, estetica e credibilità.

La qualità di conformità indica il livello di aderenza alle specifiche di progetto del

prodotto o servizio.

Per qualità alla fonte si intende che la persone che esegue il lavoro ha la

restonsabilità di garantire il rispetto delle specifiche.

7.2.2 COSTO DELLA QUALITA’

Per costo della qualità si intende tutti quei costi relativi al conseguimento della

qualità di prodotto o servizio, come i costi di prevenzione, di valutazione e di

insuccessi esterni ed interni.

7.2.3 FUNZIONI DEL QC

Il reparto del tipico QC produttore manifatturiero deve svolgere svariate funzioni.

Esse includono test di affidabilità dei progetti, in laboratorio e sul campo;

raccolta dati circa la performance dei prodotti sul campo e la risoluzione dei

problemi di qualità.

7.3 QUALITA’ SIX SIGMA

Il six sigma identifica la filosofia e i modelli adottati da aziende per eliminare i difetti dai loro prodotti e processi. Un difetto è un qualsiasi componente che non

rientri nelle specifiche del cliente.

La filosofia six sigma si impegna a ridurre le varianze interne ai processi che

causano i difetti.

Per verificare l’efficacia della filosofia six sigma si calcola il numero di difetti per

milione di opportunità.

7.3.1 METODOLOGIA SIX SIGMA

Un azienda che adotti la filosofia six sigma tende al miglioramento continuo, in

riferimento ai macchinari, alla manodopera e ai processi. Tale miglioramento, noto

anche come kaizen, è conseguito anche attraverso l’applicazione di suggerimenti e

idee provenienti dai gruppi di lavoro dell’azienda.

7.3.2 STRUMENTI ANALITICI PER IL SIX SIGMA E IL

MIGLIORAMENTO CONTINUO

L’analisi delle modalità di guasto e degli effetti ha inizio con l’individuare,

stimare, attribuire le priorità e valutare i rischi di possibile insuccesso in ogni fase.

Si considera ogni elemento e componente del processo e si elencano i possibili

guasti, cause ed effetti di ciascun errore.

Per ogni possibile guasto si calcola un indice di priorità di rischio. Tali condizioni

indicano la probabilità che abbia luogo l’errore, il danno derivante e la probabilità

di individuare l’errore.

Bisognerà cercare di migliorare con maggior urgenza quelle attività la cui

tendenza all’errore e gli effetti sono piu’ critici. Se necessario si avrà una

riprogettazione del processo.

7.4 SISTEMA SHINGO: PROGETTAZIONE FAIL-SAFE

Il sistema Shingo si è sviluppato parallelamente al sistema di controllo della

qualità basato sulla statistica. I due elementi piu’ importanti del sistema shingo

sono il ridimensionamento dei tempi di attrezzaggio a meno di dieci minuti,

l’impiego delle ispezioni alla fonte e dei sistemi poka-yoke per ottenere zero

difetti.

Anche se gli errori sono inevitabili è possibile prevenire i difetti se, subito dopo che

l’errore è stato commesso, si manifestano feedback che inducono a in intervento

correttivo.

Le ispezioni si dividono in tre tipi:

- Ispezione a valle, effettuata dall’addetto successivo

- Autocontrollo, si cercano tutti quei difetti che richiedono l’esercizio del

giudizio critico (graffi, corretto accostamento di diverse tinte…) - Ispezione alla fonte, l’addetto anziché cercare difetti cerca gli errori che

possono generare difetti.

Nel sistema shingo, inoltre, si fa largo uso di procedure fail-safe (poka-yoke).

Queste consistono in semplici pratiche che impediscono l’insorgere di errori o

forniscono un feedback in tempo utile perché l’addetto possa correggerli.

7.7 MISURARE LA QUALITA’ DEL SERVIZIO: IL SERVQUAL

Un approccio canonico per misurare la qualità del servizio consiste nel misurare

il divario fra cio’ che il cliente si attende e la sua percezione del servizio.

Le dimensioni del divario indicano dove si rende necessario il miglioramento. Per

misurarlo si usa far compilare al cliente il questionario SERVQUAL.