Appunti sulla lingua dell'Ossian di Cesarotti

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Carlo Enrico Roggia La lingua della poesia nell’età dell’illuminismo Carocci editore

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Carlo Enrico Roggia

La lingua della poesianell’età dell’illuminismo

Carocci editore

1a edizione, agosto 2013© copyright 2013 by Carocci editore S.p.A., Roma

Realizzazione editoriale: Progedit Srl, Bari

Finito di stampare nell’agosto 2013dalla Litografia Varo (Pisa)

ISBN 978-88-430-0000-0

Riproduzione vietata ai sensi di legge(art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633)

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o didattico.

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Appunti sulla linguadell’Ossian di Cesarotti

Nulla potea darsi di più alieno dal genio della lingua e della poesia italiana delle maniere del bardo cel-tico. E pure...

Cesarotti, Saggio sulla filosofia delle lingue

5.1. La prima edizione delle Poesie di Ossian tradotte da Melchiorre Ce-sarotti comparve com’è noto a Padova presso lo stampatore Comino nel1763, lo stesso anno del Mattino di Parini, un anno prima del “Caffè” edel capolavoro di Beccaria: la stagione matura dell’illuminismo italiano.Con gli altri frutti di quella stagione l’Ossian condivide il carattere di rot-tura e un intento di revisione critica dei dati di tradizione, che per quan-to esercitato entro i confini del letterario esprime un’istanza non secon-daria di quel medesimo spirito riformatore che permea il secolo: al cen-tro dell’operazione ossianica vi è infatti l’intento di riaprire il canone let-terario superstiziosamente bloccato nel culto degli autori “classici”, direstituire alla lingua poetica la consapevolezza delle proprie possibilitàespressive mediante un uso criticamente libero delle risorse dello stile,di fornire un esempio di poesia sorgiva e non di imitazione, di sentimentoe non di riflesso. Quanto alla lingua, in particolare, se esiste un caso a cuisi adatta felicemente la formula usata dallo stesso Cesarotti nel Saggiosulla filosofia delle lingue, secondo cui compito del traduttore di genio è«dar la tortura alla sua lingua per far conoscere a lei stessa tutta l’esten-sione delle sue forze», quest’opera sarà certo l’Ossian. L’abate padova-no ne era ben consapevole: «io non avea per instrumento della mia fati-ca – scriverà nel discorso introduttivo alla seconda edizione del 1772 –che una lingua felice a dir vero, armoniosa, pieghevole forse più di qua-lunque altra, ma assai lontana (dica pur altri checchè voglia) dall’aver ri-cevuto tutta la fecondità e tutte le attitudini di cui è capace, e per colpade’ suoi adoratori, eccessivamente pusillanime». Grazie alla mediazionecesarottiana, i poemi ossianici giungevano sulla scena letteraria della pe-nisola per così dire in abiti perfettamente italiani; ma erano abiti che,adattati alle fattezze esorbitanti dell’Omero del Nord, finivano per ap-parire di taglio insolito e audace: proprio questa mescolanza di noto enuovo, l’innestarsi dell’innovazione linguistico-stilistica in un tessuto ri-

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conoscibile, mettevano i poemi di Cesarotti in condizione di agire conforza sulla tradizione italiana. Il successo editoriale (quattordici edizio-ni in vita del traduttore) e la fama europea diedero all’operazione una ri-sonanza inusitata per un’opera in versi.

Le Poesie di Ossian esercitarono insomma, com’ebbe a scrivere Fo-lena (1983b, p. 325), «un peso determinante nella storia della nostra lin-gua poetica»: eppure a tutt’oggi non sono molti i lavori di taglio pro-priamente linguistico ad esse dedicati 1. Questo stupisce, e dipenderà inparte da ragioni contingenti (mancanza di una vera e propria edizionecritica; attrazione in certo senso assorbente esercitata dagli aspetti te-matici e contenutistici a scapito di quelli propriamente linguistico-stili-stici); ma anche o forse soprattutto dalla complessità intrinseca all’og-getto di studio, a tre livelli. a) In primo luogo c’è lo statuto quantomai ambiguo del testo italiano:traduzione di una (pretesa) traduzione, con caratteri di spiccata autono-mia del secondo traduttore dal proprio antecedente diretto, e in ogni ca-so sostanzialmente fruita in Italia e non solo come testo letterario auto-sufficiente. Si intrecciano allora come minimo due prospettive diverse distudio: da un lato l’analisi del processo del tradurre, e quindi della per-sonalità e delle tecniche del Cesarotti traduttore; dall’altro l’analisi delprodotto del tradurre, il testo inserito nella dialettica del sistema lingui-stico-letterario d’arrivo. Si aggiunga che restiamo male informati, nono-stante un recente revival critico anglosassone, sulla costruzione lingui-stico-stilistica delle prose del Macpherson: i contributi recenti sembra-no ignorare il problema e sostanzialmente le cognizioni restano quelleelaborate nei pochi studi degli anni Sessanta-Settanta 2. b) In secondo luogo vi è l’instabilità del testo: tre edizioni d’autore (1763,1772, 1801), con incrementi di testi e varianti redazionali anche cospicue 3.

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1. Oltre al classico saggio di Folena, si possono citare Della Corte (1997), Speranza(2007-09, dedicato al lessico, e in particolare alla formazione delle parole) e Roggia (2007).Per la metrica cfr. invece Zucco (2002). Osservazioni e spunti più occasionali sono natu-ralmente reperibili in vari studi meno specifici, che saranno via via citati nel seguito diquesto e del prossimo saggio.

2. Significativamente nessuna voce linguistica è registrata nella bibliografia dell’am-pio lavoro critico-filologico di Dafydd Moore (Moore, 2004), né le cose mi sembranocambiate negli anni più recenti.

3. Sulle vicende redazionali e testuali dell’Ossian italiano, nonché sul significato e imetodi della traduzione di Cesarotti, è fondamentale Baldassarri (1989-90). Per un con-fronto tra le tre redazioni cfr. invece Costa (1994): riproduzione anastatica dell’edizione del1801 con quadro sinottico delle lezioni divergenti attestate dalle due precedenti edizioni.Per la storia editoriale dell’Ossian inglese, cfr. invece Gaskill (1996). Qui e nel CAP. 6 il te-

Questo non solo porta in primo piano l’aspetto variantistico, ma pone ilproblema di quale sia tra i vari Ossian quello su cui più efficacemente pos-sa appuntarsi l’indagine linguistica: il primo, più controllato dall’autorema incompleto, o l’ultimo, completo e corrispondente all’ultima volontàdell’autore ma ormai lontano dal clima linguistico-culturale del medioSettecento e sospetto di interventi normalizzanti dello stampatore pisanoRosini, con cui Cesarotti ebbe com’è noto rapporti non facili.c) Infine c’è la continuità di testo e apparato critico, a tal punto forteche avrebbe poco senso considerare il primo senza il completamento delsecondo; ciò significa in particolare continuità organica di soluzioni lin-guistico-stilistiche e di riflessione metalinguistica, che fa dell’Ossian unosservatorio davvero privilegiato per verificare le interrelazioni tra teo-ria e scrittura poetica nell’Italia del Settecento.

È evidente come sia difficile trovare una chiave di accesso che tengaconto di tutte queste componenti: da qualunque parte si guardi il testo neltentativo di storicizzarlo qualcosa di non accessorio resta fuori; l’oggettonella sua interezza tende a sfuggire. Rispetto a questa complessità costitu-tiva, ciò che si può tentare nello spazio di un saggio non è più che la rasse-gna di alcune emergenze stilistico-linguistiche utili a situare più esattamen-te il testo cesarottiano sul piano della storia della lingua e dello stile: da quiil titolo dovuto e per nulla retorico di “appunti”. Il punto di vista scelto perquesto lavoro è quello dell’innovazione linguistico-stilistica e dei rapportitra soluzioni cesarottiane e tradizione linguistico-letteraria italiana; il testoscelto come base per l’analisi è quello del 1763, non solo perché quell’edi-zione è «l’unica allo stato attuale delle nostre conoscenze che possa defi-nirsi effettivamente d’autore» (Baldassarri, 1989-90, I, p. 31), e dunque taleda consentire con una certa fondatezza osservazioni anche su aspetti lin-guistici più minuti, ma anche perché interessa qui analizzare proprio l’im-patto linguistico di quella prima edizione degli anni Sessanta, opera di unautore trentatreenne ancora poco noto, in piena temperie riformista.

5.2. Un punto di accesso magari obliquo ma rivelatore alla lingua del-l’Ossian italiano è offerto dalla metrica. È noto che proprio la decisionedi rendere in forma poetica l’originale prosa di Macpherson costituiscela prima e fondamentale infedeltà del traduttore italiano. Si tratta del re-sto di un’infedeltà di tipo tutto particolare: il testo inglese si presentava

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sto inglese sarà citato secondo la lezione delle edizioni del 1762 e del 1763 così come si de-sumono dal lavoro appena citato di Gaskill: le uniche usate da Cesarotti in tutte le fasidella sua traduzione (Baldassarri, 1989-90, I, p. 47 ss.).

già a sua volta come la traduzione in prosa di un originale in versi, il cheera d’altra parte perfettamente in linea con le cognizioni settecentesche,che postulavano la natura necessariamente poetica dei linguaggi primiti-vi secondo l’idea vichiana (ma in realtà molto diffusa: cfr. CAP. 6, nota 8)per cui «i primi popoli della gentilità, per una dimostrata necessità di na-tura, furon poeti, i quali parlavano per caratteri poetici». La scelta deiversi e di uno stile conseguente a discapito della prosa poterono quindiconfigurarsi per Cesarotti come un tentativo di fedeltà allo spirito del-l’originale gaelico, al di là della mediazione di Macpherson: tentativo pa-radossale, visto che l’accesso a quell’originale gli era per ovvi motivi pre-cluso. Fatto sta che la scelta del verso costringe l’abate padovano a farei conti con la tradizione metrica italiana per trasferire in essa il suo inu-sitato e in larga parte congetturato originale. Rodolfo Zucco, che ha stu-diato questi aspetti del testo cesarottiano, ha parlato di un esito marca-tamente sperimentale, «insieme repertoriale e manipolatorio»: al fine direndere quella varietà metrica così insistentemente rivendicata nelle no-te di Macpherson («no poet has adapted the cadence of his verse moreto the temper of the speaker, than Ossian has done»), Cesarotti ricorreliberamente a tutti i versi della tradizione, dal trisillabo ai vari tipi di en-decasillabo, in compaginazioni strofiche edite e inedite, esibendo un«utilizzo “acronico” del repertorio metrico italiano» e un gusto marca-to «per l’apposizione dissonante, scalena, degli elementi» 4.

A colpo d’occhio, l’atteggiamento nei confronti della lingua non èmeno sperimentale: spicca da un lato una marcata inclinazione antipuri-stica a recepire materiali da tradizioni e aree linguistiche disparate, an-che remote dalla koinè poetica settecentesca; dall’altro un analogo gustoper la dissonanza negli accostamenti. L’una e l’altro sono indotti sia dal-la varietà di generi e toni compresi nel testo inglese, sia dal proposito (de-cisivo) di emulare linguisticamente la rozza energia del poeta primitivo:il tutto inserito in una sintassi in gran parte inedita, scaturita dal tra-pianto dello stile conciso e rapido dell’originale nelle strutture continuetipiche dello sciolto italiano.

Partiamo proprio da quest’ultimo aspetto, forse il più rilevante. Noninsisterò sul carattere sintatticamente brachilogico e sostanzialmentenon periodico del testo inglese, né sugli espedienti sintattico-metriciadottati dal traduttore per superare una tale impasse 5; vorrei piuttosto

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4. Zucco (2002: citazioni dalle pp. 293, 299-300, 302); la citazione di Macpherson èinclusa in una nota premessa al V canto del Fingal (pp. 431-2 dell’ed. Gaskill).

5. Cfr. per questo Roggia (2007): da cui sono riprese anche le osservazioni seguentisull’ordine delle parole e sulla marcata tendenza alla dialogicità tipica dell’Ossian.

appuntare qui l’attenzione su alcuni fatti di ordo verborum, un aspettoper cui com’era ben noto ai teorici settecenteschi l’italiano e l’inglesepresentano sostanziali differenze tipologiche. Riprendendo e ampliandoosservazioni svolte in Roggia (2007), sono da osservare innanzitutto l’ab-bondanza di ordini cosiddetti inversi, cioè devianti dall’ordine direttoSVO, come d’altronde si conviene a una lingua immaginativa e non filo-sofica, in cui l’ordine di frase riflette più la priorità emotiva delle ideeche la razionalità di rapporti grammaticali costanti 6. Questa tendenzagenerale si declina in una serie di costrutti il cui denominatore comuneè la mise en relief enfatica di un elemento (in termini più precisi si do-vrebbe parlare di focalizzazione) per lo più anticipato al primo postodella frase secondo lo schema XVS. Spiccano per la frequenza d’uso, chene fa quasi un cliché, le costruzioni in cui X è un complemento predica-tivo e V la copula: «oscure e torve / son le tue ciglia» Fg I 226-227 («darkare thy brows and terrible»); «Forbito tasso è ’l suo timone» Fg I 337 («ofpolished yew is its beam»); «Poche son le tue mani alla battaglia» Dt 89(«few are thy hands, in battle»); «raggio di foco / sembra la spada nelladestra» Fg IV 209-210 («the sword is a beam of fire in his hand») ecc.; af-fine è l’anticipazione del participio in una forma verbale composta, deltipo «Caduto è ’l giovinetto» Cm 40 («the youth of thy love is low»). Al-tro gruppo relativamente compatto è quello delle anteposizioni di unpredicativo libero, che nel confronto con il testo inglese si palesano co-me varianti del tipo precedente: «Gradito a noi / giungi» Fg III 157-158(«welcome art thou to thy friends»); «entro il mio core infondi / la dol-cezza del duol: che [...] dolci all’alma / scendon le note del dolor» Fg I544-548 («lovely are the songs of woe»); «Passa Fingal nella sua nave, estende / la luminosa lancia: orrido intorno / folgoreggia l’acciar» Fg III274-276 («terrible was the gleam of the steel»). Ulteriori varianti sono adesempio le focalizzazioni ottenute per posticipazione del soggetto, conordini cioè del tipo VXS, con X elemento focale: «son molte in guerra / lenostre destre» Fg I 23-24 («many are our hands of war»); «Eran leggiadrie dolci, / Fingallo, i tuoi pensieri» Ct 189-190 («lovely were thy thoughts,O Fingal») ecc. Qualche altro esempio di anteposizione focalizzante inschemi sintattici diversi: «a ragion detto / il possente sei tu» Fg I 24-25(«well art thou named, the Mighty Man»); «di Slisama siam figli» Dt 356(«we are the sons of Slis-sàma»); «forte egli avea la destra» Dt 372 («hishand was strong in battle») ecc.

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6. Cfr. quanto già detto sopra, PAR. 1.8 e PARR. 3.1-3.3 (in particolare per le costruzio-ni enfatiche e focalizzanti).

Non si tratta evidentemente di tipi sintattici nuovi per l’italiano, macerto lo è la loro densità d’uso, che assume i contorni di un vero con-trassegno della sintassi ossianica:

Rigogliosi e verdisono, o Cramoro, di tua stirpe i rami; ma della schiatta sua l’ultimo è Armino. Daura, oscuro è ’l tuo letto, o Daura, forte è ’l sonno tuo dentro la tomba (CdS 261-265).

O Prence d’Ata,fino a quando, diss’ei, vorrai tu ancora rendermi afflitto? a masso del deserto rassomiglia il tuo cor: foschi e di morte son sempre i tuoi pensier (Tm 595-599).

Quanto al rapporto con il testo inglese, invece, risulta chiaramente an-che dai pochissimi esempi proposti che ci troviamo di fronte a un ele-mento di continuità, se non di fedeltà: Macpherson largheggia di ante-posizioni focalizzanti, quasi sempre del tipo XVS elencato per primo, einnesta una tale ricerca di enfasi sul fortissimo tasso di dialogicità, e sipotrebbe dire di oralità simulata, che caratterizza indistintamente tutti isuoi testi, sia drammatici che narrativi. Si tratta nel complesso di una ca-ratteristica di fondo della lingua ossianica, all’insegna di un’animazioneoratoria che vuole tradurre in lingua la condizione mentale di entusia-smo tipica del poeta primitivo: Cesarotti, quindi, si adegua, tutt’al piùcercando di variare la monotonia del cliché inglese con il più ampio ven-taglio di costrutti consentitigli dalla sintassi dell’italiano, notoriamentepiù duttile.

A confronto dei fenomeni enfatici trattati sopra, appare ridotta (s’in-tende: rispetto alla media della poesia coeva, specie in sciolti) l’incidenzadi quelle costruzioni di matrice latineggiante che comportano iperbati oinversioni non pragmaticamente motivate dell’ordine canonico delle pa-role. Il riscontro con il testo inglese può in questo caso essere risparmia-to, trattandosi di fenomeni di esclusiva responsabilità del traduttore7:

Prendendo in considerazione solo i costrutti che comportano un iperbato, laparte del leone spetta alle anteposizioni di un genitivo, estratto dal sintagma no-

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7. Per i criteri di classificazione degli ordini marcati adottati di seguito cfr. Roggia(2003): negli esempi il corsivo marca l’elemento dislocato, le parentesi quadre e il tratti-no ne segnalano l’appartenenza sintattica.

minale di pertinenza (104 ess.): «Or delle mie tribù sorga [la possa _ ]» Fg I 293;«ivi del Duce / pendean disposti [i bellicosi arnesi _ ]» Fg II 443-444; «Caro rag-gio d’amor, te del tuo Nato, / come lampo del ciel, circonda [il braccio _ ]» Dt131-132 ecc. Raro in proporzione (15 esempi in tutto) il modulo appena più mar-cato con anteposizione di un aggettivo eventualmente accompagnato dai deter-minanti: «Ver le muscose ei venne / [ _ torri di Selma]» Fg V 225-226; «tenebrosaera / [ _ gioja] nel volto suo» MdC 319-320; «Chi vien nell’armi, / bella spirando[ _ giovenil baldanza]?» Dt 511-512 ecc. Il modulo speculare, con anteposizionedel nome reggente, offre anch’esso un alto numero di esempi (104): «i duci ioveggo / [ _ della Morvenia stirpe]» GdI 229-230; «Che la voce fuggia [ _ della sualode]» Tm 182; «io toccai l’arpa / e suono uscinne [ _ doloroso e basso] Dt 473-474. Pochi altri esempi interessano infine sintagmi aggettivali (13 ess.: «Dei tra-scorsi tempi / l’anima ho [piena _ ]» CCl 10-11; «e dalla pugna / carchi tornar [ _di gloriose spoglie]» Fg IV 162-163) e avverbiali (5 ess.: «ei dai guerrieri / giace [lon-tan _ ]» Fg II 6-7; «Dacchè tu nel fragor delle battaglie / lungi ti stai [ _ dalla fe-del Bragela]» MdC 17-18.

Si tratta, com’è evidente, di tipi sintattici del tutto comuni in poesia, chepoco o nulla concedono all’oltranza caratteristica di molta poesia del tem-po, Parini su tutti 8: gli esempi citati mostrano infatti come tali costruzio-ni a) siano di estensione limitata (praticamente mai oltre i due versi); b)siano isolate (non cioè sovrapposte e accumulate in una stessa porzionesintattica); c) non valichino confini sintattici salienti (ad esempio di fra-se). Del resto sono le stesse caratteristiche di fondo della sintassi ossiani-ca, brachilogia e linearità, a indirizzare verso soluzioni “leggere” di que-sto tipo. Esiti un po’ più marcati si hanno per i fenomeni d’ordine inter-ni al sintagma nominale, soprattutto nei casi in cui un complemento pre-posizionale è anticipato tra i determinanti e il nome reggente, dando ori-gine a una costruzione meno comune nella tradizione e nella poesia coe-va, che può servire come variante episodica degli onnipresenti aggettivicomposti (cfr. Della Corte, 1997, pp. 297-8): «[la dal ricolmo, / e palpitan-te sen bella tua sposa _ ]» Fg II 171-2 («thy spouse high-bosom’d heavingfair»); «[la dalla bruna chioma / donzella d’Inistona _ ]» GdI 157-158(«Inis-thona’s dark-haired maid»); oppure e più spesso a rendere il geni-tivo di un nome proprio, con una struttura in cui il calco del modello sin-tattico inglese si fonde con quello del genitivo latino: «[Dalla del Lenasanguinosa piaggia _ ]» Fg III 188 («from Lena’s bloody heath»); «Alle diSelma maestose sale» Lt 244 («to Selma’s lofty walls»); «Già la di Crona /zuffa passò» Cr 15-16 («the strife of Crona»). In un caso il genitivo ante-

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8. Cfr. PAR. 1.8 e PAR. 2.5, con relativa bibliografia.

posto compensa la mancanza in italiano di un aggettivo di materia omo-logo all’inglese: «’l suo di tasso / scudo» Lt 51-52 («his bossy shield»)9.

D’altra parte, una volta constatata in generale la relativa rarità e scar-sa marcatezza di tali fenomeni rispetto alla poesia coeva, occorre anchenotare che nel loro insieme essi costituiscono un notevole elemento diinnovazione del testo italiano rispetto a quello inglese in cui simili spez-zature di costituenti non sono ammesse, e che la matrice latineggianteche li caratterizza costituisce uno dei principali filtri della mediazione ce-sarottiana: ci torneremo a più riprese in seguito. A imporsi in questo ca-so è il genio della lingua italiana, che il Settecento vuole eminentementeretorico e incline alle inversioni, ma anche l’idea che gli ordini inversiprecedano ontogeneticamente quelli diretti, e siano quindi più adatti al-la resa di una lingua arcaica quale si presume essere quella del bardo diMorven.

Un ultimo cenno su un aspetto notevole della sintassi del periodo da-to dall’affiorare più che sporadico di sintassi nominale, tratto di energi-ca modernità guadagnato in traduzione, sia per rendere mimeticamentela concitazione del dialogo sia in passaggi descrittivi:

«Soavi note, dilettose istorie, / raddolcitrici de’ leggiadri cori! / Soggiunse Cucul-lin» Fg III 1-3 («Pleasant are the words of the song, said Cuchullin, and lovely arethe tales of other times»); «Su su, diss’egli, alla zuffa, alla morte. / Figli della tem-pesta» Fg IV 164-165 («Come to battle, said the king, ye children of the storm»);«N’andò la gioja della conca in giro; / canti, arpe, applausi: alto sonava il nome /del giovine regal» Fg VI 72-74 («The shell of joy went round with songs in prai-se of the king of Morven»); «amabile, o Dartula, / la voce tua tra ’l susurrar de’venti» Dt 105-106 («Thy voice is lovely, Dar-thula, between the rustling blast»);«Vidi Barcluta anch’io, ma sparsa a terra, / rovine, e polve» Ct 149-150 («I haveseen the walls of Balclutha, but they were desolate»); «Tempestosa notte, / not-te atra: rotolavano le quercie / dalle montagne; il mare [...] mugghiava» CCt 51-54 («The night was stormy»); «sanguinose orrende / le guerre di Fingallo» Cr640-641 («Bloody are the wars of Fingal!») ecc.

5.3. La forte tendenza all’implicito e all’economia enunciativa, cui i feno-meni di sintassi nominale visti da ultimo possono essere ricondotti, è ap-punto un altro di quei caratteri strutturali e strutturanti della lingua os-

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9. Funzionalmente affini, per il valore fondamentalmente epitetico e l’equivalenza adaggettivi composti dell’originale, sono i pochi casi in cui si ha anteposizione di un sintag-ma aggettivale complesso rispetto al nome: «col tuono / [d’un’infranta allo scoglio, e mug-ghiante onda _ ]» Fg I 27-28 («like a wave on a rock»); «[alle dal mar cerchiate / Arvenierocce _ ]» Fg III 38-39 («to Ardven’s sea-surrounded rocks»).

sianica che preesistono a Cesarotti e danno il tono a molte delle sue so-luzioni stilistiche: «Non v’è poeta più rapido né più parco di parole di Os-sian», annota il traduttore, e le osservazioni sul suo stile conciso ed ellit-tico si sprecano lungo tutto l’arco degli apparati critici sia inglese che (so-prattutto) italiano. Si trattava del resto (lo si è già visto abbondantemen-te nel PAR. 2.1) di caratteri in cui il Settecento empirista riconosceva l’im-pronta di un modo arcaico e insieme poetico di esprimersi, proprio diun’umanità che ancora non ha sviluppato i mezzi linguistici e cognitivinecessari a organizzare “filosoficamente” il discorso con un collegamen-to progressivo ed esplicito tra le idee. La sintassi è ovviamente il settoredella lingua più sollecitato in questo senso: tra i modi in cui Cesarotti in-terpreta questa tendenza di fondo vi è l’uso dei participi, e in generale l’at-trazione del verbo e della sintassi verbale nell’area del nome, con esiti diimpronta più o meno marcatamente latineggiante. Si collocano qui i nonrari participi presenti modificati da complemento:

«al par d’antiche / quercie crollanti i noderosi rami» Fg II 115-116 («like oaks withall their branches round them»); «nella pugna entra spirante / baldanza di valor»Fg III 291-292 («he enters the battles of his strenght»); «Oh veder potess’io / ildiletto amor mio dolce pendente / dalla collina sua!» Cm 105-107 («fair-leaningfrom her rock»); «Ambo spiranti fanciullesca gioja / vennero al padre suo» CCl46-47 («they came, in the joy of youth, into their father’s hall»); «Ecco pallidapallida, mostrante / le sue ferite, di Colmarte l’ombra» CCl 201-203 («Pale, andshewing his wounds, the ghost of Colmar came»); «piante / tremanti al vento»CCt 44-45 («bending trees»).

Nonché i frequenti participi congiunti, presenti e passati:

«il fragor dell’affollate / schiere cadenti» Fg II 246-247 («so loud [...] and vast theranks of men are hewn down»); «d’Ocean tempesta / mossa da due cozzanti ae-rei spirti» Fg V 31-32 («the storm of the ocean, when two spirits meet far di-stant»); «il nascente / orgoglio di Lamor» GdC 116-117 («the rising pride of La-mor»); «dolce come l’ora / del Sol cadente» Dt 71-72 («like the hour of the set-ting sun»); «Poichè dall’Armi sue fuggir dispersi / d’Erina i figli» Tm 114-115(«when the sons of Erin fled»); «Sola, dal mar su la percossa rupe / senza soc-corso stava Daura» CdS 336-337 («alone, on the sea-beat rock, my daughter washeard»); «Mentre gli amici dissipati e vinti / lungo il colle fuggian» Ct 320-321(«when my friends fled along the hill»).

Talora il nesso participio + verbo reggente esprime come in latino unaconcatenazione di eventi immediatamente successivi: «Ombra notturnache i turbati flutti / mesce» GdC 28-29 (ossia «li turba e mesce»: «that

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rolls the wave»); «rotte rotolaro addietro / le schiere» Cr 422-423(«broken they rolled back»); «Comanda a lui, che di Svaran la possa /prostrato inchini» Fg II 132-133 («yield to Swaran») ecc. Ancora il model-lo latino affiora in alcune costruzioni cosiddette “a participio dominan-te” (del tipo Ab urbe condita, Post Christum natum): «che ciascun mem-brava / il tremendo Svaran sconfitto e vinto» BdL 45-46 («for the fall ofthe terrible Swaran»); «Comincio [...] la mia gloria antica / mirar caden-te» Tm 663-664 («I dread the fall of my renown») ecc.

Questo affiorare del latino nella traduzione di un antico gaelico divi-nato attraverso l’inglese non dovrebbe stupire troppo: a ben vedere èquasi ovvio che la ricerca all’interno dell’italiano di una patina arcaica eremota spinga la lingua in direzione del latino, al quale del resto lo statu-to di lingua antica garantiva una qualche vicinanza almeno allo spirito (os-sia ai meccanismi profondi di significazione) se non proprio alle struttu-re di quell’altra lingua antica che era il gaelico di Ossian. Il latinismo nel-l’Ossian non è dunque un fattore inerziale, legato all’innato conservato-rismo della lingua poetica italiana, ma un elemento funzionale guada-gnato da una consapevole elaborazione stilistica in direzione arcaizzante.È significativo che strutture simili a quelle descritte sopra, anche se conben altra ampiezza e sottigliezza di stile, si ritrovino nella lingua coeva diun classicista a oltranza quale Parini 10. Il che induce a un’altra riflessio-ne, più generale: è giusto studiando l’Ossian italiano sottolinearne gli ele-menti di rottura che lo distanziano dal classicismo contemporaneo, mauna tale contrapposizione non dovrebbe mettere in ombra i molti puntiin comune, soprattutto a livello linguistico-stilistico. Proprio le grandiopere dell’antichità greco-latina costituiscono anzi l’orizzonte entro cui siinserisce la ricezione europea dell’Ossian; la stessa continua contrapposi-zione Ossian-Omero che domina le note e le osservazioni al testo (e so-stanzia la polemica anticlassicista dell’abate padovano) presuppone unariducibilità di entrambi a istanze condivise sotto il segno di una comuneantichità di sentire ed espressione: è una opposizione nella somiglianza.Così è anche a livello formale, dove il classicismo omerico-virgiliano di-venta in molti casi un filtro inevitabile attraverso cui il traduttore italianoguarda all’Ossian. In questo modo, come ha sottolineato Michele Mari(1994a, p. 157), «l’ossianesimo, pur con tutte le sue valenze preromanti-che, riuscì ad evitare lo scontro frontale col classicismo, e anzi ad armo-nizzarsi con esso»: senza questa ampia condivisione di lingua e stile nonsi spiegherebbe del resto il ruolo che i poemi di Cesarotti rivestirono nel-

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10. Cfr. CAP. 2 (in particolare il par. 2.2).

la formazione del linguaggio iper-classicheggiante di un Alfieri, né si spie-gherebbero giudizi come quello espresso da Foscolo, il quale introdu-cendo il suo Esperimenti di traduzione dell’Iliade (1807) metteva il tradut-tore di Ossian insieme a Parini, ad Alfieri e a Monti tra coloro che ave-vano saputo restituire alla poesia italiana la «magnificenza» del Tasso 11.

Tornando ora alla descrizione linguistica, andranno menzionati qui,per la loro affinità ai participi e per la loro proprietà di attirare la sintas-si verbale nell’area del nome, anche i frequentissimi deverbali d’agentein -tore / -trice, spesso accompagnati da un genitivo, per lo più a con-densare una relativa dell’originale. Si tratta ancora di un tratto innovati-vo rispetto al testo inglese (rara la corrispondenza a nomi inglesi in -er),condiviso dal traduttore con la poesia classicista coeva. Alcuni esempi:

«spirto del cielo / cavalcator di turbini e tempeste» Fg III 147-148 («thou rider ofthe storm»); «Fingal dei forti / disperditor, come minuta arena / disperde il ven-to» Fg I 123-125 («Fingal that scatters the mighty, as stormy winds the heath»);«il tuo can raggiungitor del vento» Fg II 173 («thy dog that overtakes the wind»);«s’attraversa Cucullin, qual monte / di nembi arrestator» Fg II 263-264 («like ahill, that catches the clouds of heaven»); «Come colonna d’improvviso foco / ri-schiaratrice della notte oscura» Fg II 331-332 («like a pillar of fire that giveth lightin the night»); «Non par di Cromla il vento / schiantator di ramose alte foreste?»Fg V 18-19 («His strenght is like [...] the wind of the echoing Cromla; when thebranchy forests of night are overturned»); «’l tenebroso scudo / Pareggiator del-l’oscurata Luna» GdC 54-55 («His shield that is like that darkened moon»);«pino / sfidator di tempeste» Ct 273-274 («fir that defies the storm») ecc.

Sulla presenza e connotazione classicista di simili costrutti nella poesiaitaliana settecentesca è eloquente il giudizio di un corrispondente delCesarotti, Saverio Mattei, che a proposito di sbranator (Tm III 365) os-serva che «di questi epiteti i Lombardi versiscioltisti e martellianisti nehanno inventato a migliaia», aggiungendo poi (da ortodosso metastasia-no) che «molti son riusciti felici, ma ve ne son de’ durissimi» 12.

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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11. «Ma da quelle versioni, e da’ retori e rimatori di quelle età, parmi che senza l’Os-sian del Cesarotti, il Giorno del Parini, l’Alfieri, e Vincenzo Monti la magnificenza dellanostra poesia giacerebbe ancora sepolta con le ceneri di Torquato Tasso»: U. Foscolo,Esperimenti di traduzione dell’Iliade, a cura di G. Barbarisi, in Edizione nazionale delleopere di Ugo Foscolo, vol. III, Le Monnier, Firenze 1961, pp. 9-10. Sul significato di questogiudizio ha attirato l’attenzione Serianni (2002).

12. Il testo delle Osservazioni sopra i pezzi lirici e drammatici di Ossian, allegate auna lettera a Cesarotti del 1779, è riprodotto in Zucco (2002, pp. 308-13), il passo citatoè a p. 310. L’origine sarà da ricercare in epiteti (del resto non specialmente frequenti) deltipo equorum agitator Achillis (Aen II 476).

E si può aggiungere in coda a questa lista anche l’accusativo di rela-zione, che ugualmente rientra fra le strutture linguistiche introdotte sur-rettiziamente dal narratore, e in cui si residua il suo modo di guardareall’Ossian attraverso la classicità greco-latina:

«allor che ’l turbo / sulla piaggia passò carco dei tetri / spirti della notte ambele penne» Fg I 440-442 («the blast [...] laden with the spirits of night»); «Ven-ne la bella / sciolta il crin, molle il ciglio» Fg III 119-120 («she came with the redeye of tears. She came with her loose raven locks»); «Evirallina [...] bruna ilcrin, candida il petto» Fg IV 17-18 («Evirallin with the dark-brown hair, thewhite-bosomed love of Cormac»); «uscii sonante / d’arme il petto e le terga»Fg IV 93-94 («my rattling armour rung»); «o bruno il crin Dermino» Fg IV 346(«Dermid of the dark-brown hair»); «n’andar quai tempestose nubi / trapor-tate dai venti, e gli orli estremi / d’orridi lampi incoronate e tinte» GdI 180-182(«they came over the desart like stormy clouds, when the winds roll them overthe heath: their edges are tinged with lightning»); «Ivi Morlan si stava, / tor-bido il volto» Tm 34-35 («There Morlath stood with darkened face»); «Pianta-to come rugginosa rupe / sparsa di musco le petrose terga» Tm 41-42 («Foldathstands like an oozy rock, that covers its dark sides with foam»); «poscia inpace / tornava asperso di letizia il volto» Tm 329-330 («he returned, in peace,amidst their joy»).

5.4. Spostando l’attenzione verso fenomeni di estensione via via più ri-dotta, ci imbattiamo in una serie di strutture microsintattiche caratte-ristiche direttamente calcate sull’originale inglese, e fatte proprie daCesarotti nell’intento di conservare il colore linguistico originale, so-prattutto se vi riconosceva tratti linguistici di arcaismo giudicati se-condo il metro consueto della filosofia del linguaggio settecentesca.Tra le più ricorrenti e significative vi è il cosiddetto “genitivo descrit-tivo”, riconducibile in sostanza a un uso estensivo della proposizionedi, impiegata per connettere sostantivi legati da rapporti semanticiquantomai disparati: campo del sangue Fg I 580 (field of blood: in cui haappena avuto luogo una sanguinosa battaglia); campi della promessaCm 55-56 (field of his promise: campi di battaglia, da cui Fingal avevapromesso di tornare vincitore); verginelle del canto Lt 462 (the maidsof the song: abili nel canto); fama della tomba BdL 224 (fame of thetomb: che deriva da una morte gloriosa); storia del dolor Dt 155 (tale ofgrief: dolorosa); sposa del tuo amore Ct 399 (the spouse of thy love: date amata); alla battaglia / del caduto Corman Dt 306-307 (to the battlesof fallen Cormac: intraprese per vendicare la caduta di Cormac) ecc.Siamo, com’è chiaro nuovamente, nel solco della propensione all’im-

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plicito e ai collegamenti veloci e polisemici tra le idee che caratterizza-no le lingue primitive 13.

Direttamente calcato dall’inglese (per quanto appoggiato in italianoa costruzioni come in tutto il suo splendore, e simili) è anche il tipo IN +POSSESSIVO + NOME a indicare determinazioni variamente sospese tra ilmodo, il mezzo e la qualità:

«quando Fingallo / nella sua ardente struggitrice fiamma / divorava Loclin» FgIII 369-371 («burning in his wrath»); «Tu nella tua beltà venisti, o cara» Dt 398(«in thy beauty»); «In sua robusta canutezza ei scese / primo sopra la spiaggia»Tm 63-64 («he came first to the shore, strong in the gray hair of age»); «S’avanzòFingallo / nella sua possa» Tm 292-293 («Fingal strode in his strenght»); «Ei pas-sa muto / nella sua oscuritade» Tm 566-567 («he passed on in his darkness»);«egli sorrise / amaramente in suo feroce orgoglio» CCl 163-164 («he smiled in thedarkness of his pride»); «Io piomberò nel mio vigor» Ct 351 («I rush, in my stren-ght»); «Sorgi / nello splendor del tuo possente acciaro» Ct 367-368 («rise, in thelight of thy steel»); «Gaulo parlò nel suo valor» Lt 218 («Gaul spoke, in his va-lour»); «Giunse nella sua nobile dolcezza / Fingallo» Lt 454-455 («Fingal came,in his mildness») ecc.

Caratteristiche di tale cliché sintattico sono di nuovo una certa indeter-minatezza semantica e soprattutto la resa di relazioni astratte per via diuna determinazione spaziale metaforica, dunque per via concreta e “sen-sibile”. Notevole (ma è la norma per Cesarotti) che il traduttore si ap-propri dello schema e lo applichi talvolta anche in autonomia dal testoinglese: «Stiano a mirarci nella nostra possa / simili a rimugghianti onde»MdC 275-276 («let them behold us like roaring waves»).

Vi sono poi le numerose e varie forme perifrastiche, che rimandanoa uno dei tratti più tipicamente riconosciuti della poesia settecentesca 14:sennonché le perifrasi non servono qui né a scopi di eufemismo né pro-priamente di nobilitazione classicizzante, ma rientrano piuttosto nella

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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13. Cfr. per questo costrutto Roggia (2007, pp. 726-7). Fitzgerald (1966, p. 31) lo ri-tiene calcato dal gaelico: in realtà in questo come in altri casi un ruolo importante lo gio-ca il latino della Vulgata, dove questo genitivo “descrittivo”, tipico della sintassi ebraica,è piuttosto frequente (Plater, White, 1926, pp. 19-20 e 93). Probabilmente sulla scorta del-lo stile biblico il costrutto conobbe una certa diffusione anche in italiano antico, conesempi come «rizzami gli occhi de lo su’ disdegno» (“sdegnosi”: Cavalcanti, A me stessodi me pietate vène, 10), «d’umiltà donna» (“umile”: Id., Chi è questa che vèn, 7), «certo locor de’ sospiri mi dice...» (“sospirante”: Dante, Deh peregrini che pensosi andate, 10), «ciòche chiedea la vista del disio» (Purg XIX 87) ecc.

14. Cfr. PAR. 1.10 e CAP. 4, nonché Matarrese (1993, pp. 156 e 159-60) e Coletti (1993,p. 195).

solita strategia di “simulazione di arcaismo”, di cui anzi costituisconouno dei principali ingredienti. Si assume infatti che il mot propre, l’esat-ta corrispondenza di segno e idea, sia una conquista della ragione pro-gredita, e come tale caratterizzi le moderne lingue filosofiche, mentre piùsi risale indietro nel tempo più acquistano peso forme di designazioneindiretta, in cui un limitato progresso delle facoltà analitiche risulta com-pensato da un superiore sviluppo di quelle associative e immaginative. Èesemplare in questo senso il caso delle ricorrenti perifrasi del tipo figliodi + NOME (< son of ...) mediante le quali un elemento viene designatoper via di associazione a un altro con il quale intrattiene i rapporti piùdisparati, di nuovo all’insegna di una fondamentale indeterminatezza se-mantica. Figlio in queste espressioni è di per sé una metafora, ma il sen-so traslato è poi talmente generico che essa diventa quasi una parola fun-zionale, un mero indicatore di relazione, non diversamente da quanto ac-cade alla preposizione di nei genitivi descrittivi visti sopra. Così è facileravvisare la metafora in espressioni di origine quali figlio dell’Ocean FgI 325-326 (son of ocean) detto di Svarano, arrivato appunto attraverso l’o-ceano; figli del Nord Fg VI 209 (children of the north); figli / della pianu-ra CdS 181-182 (sons of the plain); più difficile in un’espressione quale fi-glio de’ canti Fg I 499 (son of songs) riferita a un bardo, a rigore arteficedel canto o forse meglio, omericamente, suo veicolo; o ancora nel note-vole figlio / dei giorni alati Ct 165-166 (son of the winged days) a indicarel’essere umano esposto alla fuga del tempo; e c’è spazio anche per colle-gamenti del tutto occasionali come i figli della tomba Cm 159 (sons of thegrave) con cui Comala apostrofa alcuni guerrieri che stanno scavandouna fossa per Fingal. E l’intrinseca polisemia di questi moduli perifra-stici diventa evidente se si confronta l’apostrofe alla luna di Dartula, do-ve l’astro è detto al v. 7 della notte figlia (daughter of heaven), con altriluoghi in cui compare la medesima formula: ad esempio in Dt 421 figliedella notte (children of the night) sono le tempeste notturne; in CCt 7-8 fi-glio / della notte (son of the night) si riferisce all’ombra di Colanto checompare di notte a Ossian; in Cm 97 figlio dell’atra notte (son of thecloudy night) designa invece Idallano in carne e ossa, che torna di nottedal campo di battaglia. Nelle sue lezioni latine, pronunciate all’Univer-sità di Padova a partire dal 1769, Cesarotti spiega appunto il costrutto intermini di primitivismo:

Inter reciprocos hominum rerumque respectus nullus est neque nomenclationeprior, neque facilior observatu, nec usu frequentior, quam patris cum fìlio. Exin-de receptum, ut e geminis rebus quarum altera alterius naturae esse particeps,aut ab ea quoquo modo profluere, aut eam affinitate aliqua videretur attingere,

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pater illa, haec filius passim audiret. Luculentissimum hujusce consuetudinisexemplum Celtae suppeditant, apud quorum Bardos coeli sobolem dictam prosole, pro bellatore ensis filium, maris progeniem aut montium pro maritimis autmontanis hominibus tertio quoque versu reperias 15.

Si vedano infatti questi altri esempi:

Figli di guerra Fg I 102 (sons of war: “guerrieri”); tempestoso figlio della spada FgI 365 (stormy son of the sword: di un guerriero); figli della valle Fg I 434 (sons ofthe vale: “abitante della valle”); figlio della fornace Fg I 473 (son of the furnace:“ferro rovente”); figlio del carro Fg II 411 (son of the car: Cucullino, che combat-te guidando un carro); figli della morte Fg III 66 (sons of death: sicari appostatiper tendere un agguato), ma poi figlio di morte Cm 224 (son of death) è usato perapostrofare Fingal da Comala, che crede di avere davanti a sé l’ombra di un mor-to, ma proprio l’ambiguità dell’espressione fa sì che questi non comprenda l’e-quivoco, con esito tragico; figlia di beltà Fg III 424 (daughter of beauty, cioè “bel-la”); figli della tempesta Fg IV 165 (children of the storm: “guerrieri”, essendo latempesta diffuso comparante per la battaglia); figlio della fama Fg IV 202 (son offame: famoso, eternato nei canti); rapidi figli della caccia Fg VI 312 (long-boundingsons of the chace: veltri); «cento forti destrier, figli del freno» BdL 174 («an hun-dred steeds, the children of the rein», cioè “domati”); figli / della fatica BdL 181-182 (sons of toil: uomini affaticati); figlio dell’alterezza Ct 404 (son of pride: “al-tero”); figlio del fiacco braccio Cr 410 (son of the feeble hand: di un guerriero im-belle) ecc.

In tutti i casi, come si vede, l’espressione è un calco diretto dal testo in-glese: sebbene il sintagma sia perfettamente italiano, difficilmente Cesa-rotti avrebbe trovato nella tradizione italiana giustificazioni per la suaapplicazione a rapporti semantici così disparati 16. È anche notevole che

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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15. «Fra i rapporti reciproci di uomini e cose, nessuno riceve prima un nome, né è piùfacilmente osservabile, né più frequente nell’uso che quello del padre col figlio. Per questosi accetta generalmente che di due cose delle quali una sembri essere partecipe della natu-ra dell’altra, o da essa in qualche modo derivare, o avere con essa qualche affinità, la primaabbia nome di padre, la seconda di figlio. Un esempio chiarissimo di questa consuetudinelo offrono i Celti, presso i cui bardi si può trovare ogni due versi rampollo del cielo usato alposto di “sole”, al posto di “guerriero” figlio della spada, progenie dei mari o dei monti alposto di “uomini abitanti vicino al mare” o “sui monti”» (De erroribus ex tropico locutionisgenere ortis, in Acroases, p. 120; sulle lezioni, cfr. Roggia, 2011).

16. In realtà l’origine, anche per Macpherson, è biblica (un ebraismo sintattico, se-condo Plater, White, 1926, pp. 19-20): cfr. nella Vulgata, ad esempio, I Sm 20, 31 «itaqueiam nunc mitte et adduc eum ad me, quia filius mortis est» (“persona destinata alla mor-te”, come chiosa lo stesso Cesarotti nel segnalare il passo biblico in un’osservazione a FgIII 65); I Sm 26, 16 «quoniam filii mortis estis»; II Sm 7, 10 «nec addent filii iniquitatis utaffligant eum sicut prius»; II Sm 3, 34 ecc.

Cesarotti assuma in proprio lo stilema introducendolo autonomamenteal posto di altre espressioni dell’originale inglese, come in Fg I 377 figliodi codardia («son of Arno, chief of the little soul»); Fg II 186-187 navi fi-glie / di molti boschi (ships of many groves); Dt 225 di giovinezza i valoro-si figli (youths); Fg III 46 vergine figlia di segreta stanza (daughter of thesecret hall, cioè: abitante una stanza inaccessibile).

Un altro tipo di perifrasi ad alta diffusione è quello più strettamen-te metaforico o metonimico, con esiti vicini (come ha notato Gilardino, 1982, pp. 31-2) alla kenning: ad esempio la tomba è detta angusta magion Fg I 205, Lt 269 ecc.; oscura magion Fg II 67, Fg III 135; angusto soggiorno GdI 120; «l’angusto albergo / del mio riposo» Tm 349-350; angusta casa CdS 144 (ingl. dark and narrow house, dark dwelling, narrow dwelling); e quindi morire sarà detto metaforicamente «ripo[rre] / l’antiche mem-bra nell’angusta casa» CCt 223-224 («lay my aged limbs in the narrow house»), o simili. Ancora: lo stendardo di Fingal è il raggio solar della bat-taglia Fg IV 351, BdL 247 (sun-beam of battle), e quindi «Inalzar il raggio Solare nelle antiche Poesie significa il dar principio alla battaglia» (nota a Fg IV 351); il bardo è poi indicato per sineddoche come la dolce bocca del canto Fg II 219, III 137 (the mouth of the song) ecc. E naturalmente il meccanismo fuoriesce volentieri da questi clichés per produrre perifrasi metaforiche più occasionali: «molti Eroi / giaccion sul letto squallido di morte» Fg III 479-480 («many chiefs of Erin’s race lie here on the dark bed of death»); «qual riflusso oscuro / del sonante Ocean, quando ritorna / dal regno della neve» Fg III 302-304 («returning from the kingdom of snows»), e così via. Ma da questa parte il discorso scivola verso le figure di senso e in particolare verso l’uso della metafora e dell’analogia: una delle caratteristiche più interessanti della lingua ossianica, cui è specificamente dedicato il CAP. 6.

Inserisco in coda a questo paragrafo anche il tipo non propriamenteperifrastico Il senno di Conal per “l’assennato Conal”, altra forma ricor-rente di espressione indiretta (metonimia, o sineddoche) attraverso cuiviene portata in primo piano la qualità rispetto al possessore: con termi-ni d’epoca potremmo dire che l’attributo fisico o morale dell’eroe vienepromosso grammaticalmente a “idea principale”, in omaggio alla ten-denza epica a identificare i personaggi attraverso loro proprietà caratte-rizzanti, ma anche per ottenere energiche mises en relief di singole com-ponenti psicologiche o fisiche specificamente chiamate in causa in deter-minate fasi dell’azione. Anche in questo caso si tratta di un costrutto cheCesarotti trova nel testo inglese, ma che porta l’impronta dei classici, co-me il traduttore non manca di notare: «Questa maniera è frequente ap-

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presso i Poeti Greci, e Latini. Sententia dia Catonis. Βίην ῾Ηρακληείην»(nota a Fg II 87). Alcuni esempi:

«Il sol Fingallo [...] affrontar puote / la possa di Svaran» Fg I 31-33 («none canmeet Swaran in the fight but Fingal»); «Soggiunse / il senno di Conal» Fg II 87(«said Connal’s voice of wisdom»); «Chiaminsi i veltri / rapidi figli della caccia,il fido / brano dal bianco petto, e la ringhiante / forza arcigna di Lua» Fg VI 311-314 («the surly strenght of Luath»); «E fuggi, o vile, / disse lo sdegno di Foldan»Tm 95-96 («said the gloomy wrath of Foldath»); «presso lui sedeva il duce / d’E-ta, d’Usnorre la canuta forza» Tm 424-425 («the gray-hair’d strenght of Usnoth»);«soggiunse / la di Corman rinnovellata gioja» Tm 530-531 («replied the returningjoy of Cormac»); «Diaran sorse, e di Dargo / il giovenil vigor» CCl 231-232 («Dia-ran rose at my side; and the youthful strenght of Dargo») ecc.

In questo caso, diversamente da tanti costrutti precedentemente analiz-zati, il discorso figurato non comporta alcuna indeterminatezza seman-tica, piuttosto al contrario un acquisto di icasticità, che specie in combi-nazione con un participio verbale può tradursi nuovamente in sintesiespressiva: si confronti ad esempio GdC 115-117 «Ma i padri tuoi / solimai non sedean, disse il nascente / orgoglio di Lamor» con la possibileparafrasi “Lamor a cui nasceva in petto l’orgoglio”.

5.5. Arriviamo così al lessico. Lascio da parte uno degli aspetti più ca-ratterizzanti della lingua ossianica a questo livello, cioè l’uso degli ag-gettivi composti del tipo fosco-rotante, occhi-azzurro ecc., per cui riman-do alle osservazioni di Serianni (2002, pp. 243 ss.) e soprattutto allo stu-dio specifico e approfondito di Della Corte (1997): altro notevolissimoesempio di quei cortocircuiti Ossian-Omero all’insegna di un comunearcaismo di cui si è già visto qualche esempio, e che permettono a Cesa-rotti di cercare appoggio per la sua resa all’interno della tradizione clas-sicheggiante italiana. Si tratta peraltro in questo caso di una tradizionerelativamente recente, inaugurata dal classicista Chiabrera, e che pro-prio l’Ossian contribuisce in modo decisivo a consolidare.

Più in generale, a livello di lessico meglio che altrove si misura il gra-do di apertura linguistica dell’Ossian. Tale apertura nasce, come in par-te si è anche detto, sia da ricettività nei confronti di tradizioni e aree lin-guistiche normalmente bandite dall’hortus conclusus della poesia, sia dadisponibilità alla neoformazione e al calco; l’obiettivo, qui e altrove, puòessere indicato in generale nella forzatura della medietà linguistica, allaricerca di un’espressione ugualmente lontana sia dall’ordinaria comuni-cazione referenziale, sia dai moduli poetici di una facile koinè arcadica.

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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Si può partire dall’ultimo punto menzionato sopra. Gli anglismi les-sicali dell’Ossian non sono molti numericamente, ma sono per lo più adalta ricorrenza nel testo, come accade ai tratti linguistici scelti da Cesa-rotti per connotare più fortemente la maniera ossianica; né probabil-mente è del tutto corretto parlare di anglismi: si tratta piuttosto di “os-sianismi” lessicali, che rinviano più all’idioletto del bardo caledone chealla lingua inglese tout court. Generalmente nascono in italiano da tra-duzioni molto letterali, deliberatamente preferite a soluzioni più nor-malizzanti: questo comporta l’effetto straniante che nasce dal trovare pa-role ben note impiegate in contesti e con valori semantici inusitati, ac-centuando il senso della distanza 17. Ecco di seguito i principali tra que-sti ossianismi.

BASSO (low) “morto”: «son bassi i duci / della stirpe d’Erina» Fg III 478-479 («thechildren of the storm are low»); «Bassa, bassa / sei tu di Cola graziosa figlia» Dt575-576 («Daughter of Colla! Thou art low!»), Fg I 451 ecc. In tutto 18 occorren-ze, di cui la responsabilità cade non di rado sul traduttore, che ne estende talo-ra il senso: «ei basso giace» Fg II 219 («he lies forgot on earth»); «digli ch’Erinaè bassa» Fg III 217 («Erin is inthralled»); «è bassa / la fama di Conallo» Fg I 152-153 («small is the fame of Connal»). L’OED attesta la locuzione to be low nel sen-so di «lying dead, or dead and buried» con un esempio datato 1315 e poi conesempi ottocenteschi; to lie low («lie prostrated or dead») dal 1300 al 1879 conmaggiore continuità. L’impiego cesarottiano non ha invece precedenti nei di-zionari italiani (Crusca, GDLI, Tommaseo-Bellini); significativo il giudizio delMattei (nelle Osservazioni citate sopra, cfr. nota 12) che parla di «idiotismo cel-tico», e ne consiglia l’eliminazione da un pezzo lirico di Temora. Il corpus diesempi è arricchito dal deaggettivale ABBASSARE, sempre con riferimento allamorte, introdotto dal traduttore di cui, come vedremo, è notevole l’inclinazio-ne alla derivazione affissale: «il nembo [...] abbassa / le verdi cime» Dt 546-548(«laid their green heads low»: entro una similitudine guerrieri → alberi); «lagri-mosa, egra / s’abbassò nella tomba» BdL 335-336 («sunk into the tomb») ecc.

ROTARE (roll) “ondeggiare” o anche “colpire con le onde” (detto dell’acqua delmare o di lago): «rotante mar» Fg III 440, Dt 353 ecc. («rolling sea»); «Fiedono ifianchi con le bianche spume / l’onde rotanti» Fg III 454-455 («white roll the wa-

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17. Procedimenti analoghi si ritrovano in un predecessore illustre quale il Rolli tra-duttore del Paradise Lost, anch’egli alle prese con il problema di rendere in italiano un su-blime linguistico non privo di asprezza (Milton è del resto uno dei modelli più saccheg-giati da Macpherson): le non poche affinità si inseriscono comunque sullo sfondo di unaprassi traduttoria che nei due autori è di segno opposto, fedele fino al calco in Rolli, li-bera fino all’appropriazione in Cesarotti. Cfr. Bucchi (2004).

ters on either side»); «Come fragor di speco / se di Togorma il mar rotagli in-torno» GdC 41-42 («when the sea of Togorma rolls before it»), Tm 1-2 ecc. Si-gnifica anche “scorrere impetuosamente” (detto di fiumi, torrenti, e simili): «oCarron, perché mai veggio / rotar nel sangue le tue torbid’onde?» Cm 58-59(«why do I behold thy waters rolling in blood»), Fg I 310-311 ecc. Com’è noto iltermine inglese roll ha grosso modo due aree principali di significato, la primacorrisponde a un movimento rotatorio, la seconda a un movimento ondulato-rio/oscillatorio; entro quest’ultima troviamo nell’OED l’accezione pertinente agliesempi di Macpherson («Of seas, rivers, etc.: to flow with an ondulating motion;to move in a full, swelling or impetuous manner», con attestazioni a partire dal1565). Cesarotti aggrega la seconda accezione all’equivalente italiano della pri-ma, con un procedimento di calco semantico sostanzialmente inedito, come ri-vela la consultazione dei dizionari, i cui esempi sono tutti successivi all’Ossian echiaramente derivati da esso. Con la stessa funzione troviamo usati anche RO-TEARE sostantivato «oscuro rotear dell’onde» MdC 44 («dark rolling of waters»)e perfino ROTOLARE «l’azzurre onde rotolano / dentro la luce» Cr 250-251 («theblue waters roll in light»): esempio notevole perché mostra come una formula-zione del tutto neutra del testo di partenza sia spostata dal traduttore verso unesito di gusto quasi espressionistico, complice anche la resa concretizzante in >dentro la. Si ha infine la sostantivazione del participio ROTANTE (“mare, ocea-no”), hapax cesarottiano: «Alzatevi, versatemivi intorno [...] in vorticosi giri /qual rotante profondo» Fg I 383-385 («round me like the echoing main»).

METEORA (meteor): si tratta propriamente di un grecismo (μετέωρος) ben accli-matato nel linguaggio scientifico sulla scorta di Aristotele a indicare in generalei fenomeni atmosferici, tra cui le cosiddette “meteore ignee” (fulmini, lampi,stelle cadenti, comete) e le “meteore luminose” (aurore boreali, aloni, arcobale-ni). Può essere annoverato tra gli ossianismi in virtù della frequenza d’uso (19occorrenze nel testo italiano) e dell’accezione peculiare in cui Cesarotti lo de-sume da Macpherson, ossia quella di manifestazioni ignee o luminose varia-mente associate al mostrarsi degli spiriti, con proprietà talora riconducibili aquelle di stelle cadenti, fulmini, comete, ma più spesso del tutto indeterminate.Si vedano i seguenti esempi: «irata ombra il diresti / che dietro ha negra nube,ed infocate / meteore intorno» Fg II 211-213 («like an angry ghost before a cloud;when meteors inclose him with fire»); «Si ravvisa appena / su la meteora sua Co-mala» GdC 64-65 («Comala is half unseen on her meteor»), MdC 131-132, GdC201. Altrimenti prendono forma di “meteore” le armi degli spiriti, i quali si ma-nifestano attraverso combinazioni di fenomeni atmosferici: «mezzo-spenta lun-ga meteora, / che ’l suo terribile brando somiglia» Dt 488-489 («an half-extin-guished meteor by his side, in the form of the hero’s sword»), Cr 304-305, GdC223-224 ecc. Come fenomeno atmosferico non direttamente associato alla mani-festazione del soprannaturale, il termine mantiene uguale indeterminatezza re-ferenziale: «Brillano i duci / [...] E precedon gli Eroi: seguono questi / [...] sic-come gruppo di piovose nubi / dietro a rosse del Ciel meteore ardenti» Fg I 83-

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88 («like [...] the rainy clouds behind the red meteors of heaven»); «ciascun’a-sta / sia meteora mortal» Fg III 330-331 («meteors of death»: “fulmine”?); «quel-l’arme [...] ch’io veggo / nella nave colà splender a quella / passeggera meteo-ra» Dt 316-318 («that glitter to that passing meteor»: “stella cadente”?, come inOsCa 113-114) ecc.

SPARGERE, in espressioni quali spargere la festa, e simili (spread the feast, nel sen-so di «to lay out (a meal, banquet, etc.)» attestato nell’OED, ad v.): «è sparsa / lafesta sua, sonan le conche» Tm 196-197 («the feast is spread, the shells resound»);«la festa del colle allegra spargesi» BdL 43 («the feast of the hill was spread»),Cr 36-37, 502-503 ecc. Anche al di fuori di precisi riscontri nel testo d’origine:«Nella sala ei sparse / la festa delle conche» Fg III 62-63 («and gave the feast ofshells»); «Digli / che la mia festa io spargo» Fg I 505-506 («that Cuchullin giveshis feast»). La formula piace a Cesarotti, che volentieri la replica autonoma-mente in formule metaforiche quali «spargasi intorno / la gioja della caccia» FgVI 317-318 («blow my horn, that the joy of the chace may arise»); «egli spargea bat-taglia / per tutti i lidi» Fg VI 264-265 («he sought the battle on every coast»).

Simili soluzioni comportano, com’è evidente, un ampliamento forzosodei confini d’uso di parole perfettamente italiane: non bisogna del restocredere che simili torsioni semantiche, in cui non è difficile imbattersi leg-gendo il testo italiano, siano sempre dovute all’influenza dell’inglese;spesso la responsabilità cade tutta sul traduttore, animato da un gusto au-tonomo per la deformazione linguistica. È il caso ad esempio di un verboad alta ricorrenza come pendere (38 esempi), in cui convergono non solol’inglese to hang, ma anche to bend (“curvarsi, piegarsi”) e to lean (“pro-tendersi, sporgersi”): l’esito italiano passa relativamente inosservato in FgIV 327 «Quella [una quercia] pende sul rio» («bends over the stream»), esimili; meno in Tm 497-498 «i Cantor pendono / sulle lor arpe» («bendforward from their harps»). Risulta invece francamente esorbitante ri-spetto alla linearità del testo inglese in Fg VI 392-393 «Vedi Bragela / chepende dalla rupe» («leaning on her rock») e Cm 106-107 «Il diletto amormio dolce pendente / dalla collina sua!» («fair leaning from her rock»),anche per l’uso della preposizione: ma in questo caso va osservato che l’in-glese è puntellato dal latino di Virgilio Buc I, 74-76 «ite, capellae. / Nonego vos posthac [...] / dumosa pendere procul de rupe videbo» 18.

Con la mediazione di quest’ultimo esempio, e in continuità conquanto osservato nella sintassi, possiamo allora accostare ai calchi dal-

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18. Già introdotto in poesia dalla ripresa quasi letterale di Poliziano, Stanze I 18:«Quanto giova a mirar pender da un’erta / le capre», cui fa seguito un esile filo di altriesempi che il GDLI documenta s.v. Pendere 9.

l’inglese i latinismi: altra componente lessicale ragguardevole, la cuiprincipale funzione sembra essere di nuovo la presa di distanza dalla me-dietà linguistica, ma questa volta in direzione di una più riconoscibilenobiltà arcaizzante di stampo classico. Si noterà che spesso il latinismo,privo di puntuali corrispettivi nel Macpherson, è iniziativa in proprio deltraduttore: il che è magari prevedibile nel passaggio da una lingua ger-manica a una lingua romanza, ma è anche significativo del peso di que-sta componente in una ricerca di equilibrio tutta interna alla lingua d’ar-rivo. Alcuni esempi:

ALTERNO, in particolare la iunctura di Fg II 88 «[le ombre] fanno alterni colloquj»(< talk), da confrontare con Orazio alterni sermones, Virgilio alterna loqui (For-cellini, ad v.). ASPERGERE: «le sue vele aspergi / della serena tua candida luce»Fg III 143-144 («light his white sails»), CdS 212, Tm 330, Ca 118 ecc. ATRO: atro san-gue Fg I 406 (< blood), «notturna atra bufera» Fg II 140 (< stormy night), atranotte Cm 97 (< cloudy night), «di morte atre meteore» MdC 131 (< meteors ofdeath) ecc. COMMUOVERE in senso concreto: «Gorgoglia il lago, che commosso èdrento» Cr 184 («the lake is troubled below»). CRESTATO (lat. CRISTATUS) «cre-stato capo» del gallo MdC 26 (< heath-cock’s head). CULTORE (“abitante”, lat.CULTOR): «cultor della romita cella» BdL 28 («son of the secret cell»). FERALE:«letto feral» Fg VI 316 (< bed of death). FIAMMIFERO (“ardente, infuocato”, lat.FLAMMIFER): «rapidi / vapor fiammiferi» Cm 359-360 (< meteors). FORMIDATO:«formidato / signor di Selma» Fg IV 319-320 (< terrible), MdC 296. IMO: «ferri-gne ime radici» Fg I 36. LIBARE (“sfiorare”): «[i destrieri] la piaggia / libano ve-locissimi, qual nebbia / le acquose valli» Fg I 357-359 («like wreaths of mist flyover the streamy vales»), da confrontare con Ovidio Met. 10, 653 «summam ce-leri pede libat harenam». LUCIDO (“splendente”) anima «al par del Sol lucida»Tm 160 (< bright as the sun), Fg II 61, Cm 81 ecc. ONDA (“acqua”): «onda cor-rente» OeD 74 (< running water). PONDO: «Qual balena che ’l mar frange colpondo» Fg II 239 (similitudine introdotta dal traduttore). PREMETTERE (“manda-re avanti”, lat. PRAEMITTO): «Io premisi il Cantor» Ca 83 («I sent the bard befo-re me»). QUERULO: «fioche voci, e querule di morte» Fg I 650 («feeble voices ofdeath»), querula auretta BdL 329 (< breeze). RECIDERE: «Cucullin recide / comecardi gli Eroi» Fg II 247-248 (< cuts off), Fg IV 70, MdC 324-325, Tm 316. SEGUA-CE (“che segue assiduamente”, lat. SEQUAX): «i seguaci cani / gli anelano intor-no» CdS 63 (< his dogs). SUBLIME: «aman su i vanni / salir del vento e spaziar su-blimi» GdI 129-130 (< mount the wind), Fg II 55, III 453, IV 178 ecc.

Un cenno a parte per NEMBO che, sulla scorta del latino NIMBUS, è impiegato perrendere i vocaboli inglesi cloud, storm e blast (“vento, raffica di vento”) diven-tando nel testo italiano un vero ossianismo ad altissima ricorrenza (81 occorren-ze). Nelle due prime accezioni il termine è ben radicato nella lingua letteraria;non nella terza, per cui del resto anche il latino offre scarsi appigli (cfr. Forcel-

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lini, ad v.). Esempi: «il Sol tra i nembi / cela il capo» Fg VI 260-261 («like the sunin a cloud when he hides his face»), Fg I 127, 145 ecc.; «Cessaro i nembi omai»Cm 231 («the storm is over»), GdI 183; «Ma un nembo alfin sorto dal mar la den-sa / nebbia squarciò» Fg II 152-153 («a blast from the troubled ocean removed thesettled mist»), Fg II 41, GdC 186 ecc. Senz’altro più accusato il derivato NEMBO-SO, già adottato come virgilianismo dal Caro, e poi ripreso da Tasso e Chiabre-ra: Fg I 32, II 436 (< stormy); Dt 538 nemboso vento (< blast of wind: nimbosusventus è in Virgilio e Ovidio).

Latinismi e anglismi ossianici convivono spesso fianco a fianco con to-scanismi di Crusca, voci di tradizione prosastica, oppure burlesco-gio-cosa; queste ultime sono spesso assunte per deliberata ricerca dell’inusi-tato, o per motivi fonosimbolici indotti dalla caratteristica passione set-tecentesca e sensista per l’evidenza del segno: comunque al di fuori diqualsiasi intento ironico o burlesco. Può essere istruttivo confrontare ilmodo in cui un medesimo popolarismo di tradizione giocosa (GDLI, LIZ)come gongolare è assunto nell’Ossian e nel Giorno di Parini. Nel secon-do è frutto di una ponderatissima scelta tonale, una pennellata ironica acaratterizzare la dabbenaggine del marito visto attraverso la lente defor-mante del sarcasmo del Giovin Signore: «E qual non suole a forza / inque’ melati seni eccitar bile / quando i calcoli vili del castaldo / le ven-demmie, i ricolti, i pedagoghi / di que’ sì dolci suoi bambini altrui, / gon-golando, ricorda» (Mt I 298-303: notare il contorno di raffinati latinismisintattici). Nell’Ossian il verbo semplicemente coglie la contentezza diFingal in un momento di caccia: «ma tre [scil. cervi] ne afferra / Brano egli addenta, e di Fingallo al piede / palpitanti gli arreca. Egli a tal vista /gongola di piacer. Ma un cervo cadde / sulla tomba di Rino, e risveglios-si / il cordoglio del padre» Fg VI 325-330 («that the joy of the king mightbe great»), dove sembra che la ricerca di espressività ed evidenza facciaaggio sulle ragioni tonali e connotative che avrebbero sconsigliato l’usodel termine per un tal personaggio, soprattutto in contiguità con il mo-mento elegiaco del dolore per la morte del figlio. O ancora, si veda il can-to del bardo in OsCa 88-91: «In tal notte atra e funesta / sopra il turbo ela tempesta, / sopra neri nugoloni / vanno l’ombre a cavalcioni» («gho-sts ride on the storm tonight»), dove lo scatenarsi degli elementi natura-li e soprannaturali stride (complice anche il ritmo facile dell’ottonario)con il colloquialismo di tradizione prosastica e burlesca a cavalcioni,doppiato dall’accrescitivo ugualmente comico nugoloni. Viene in mentequanto scriveva Pietro Verri in un articolo del “Caffè”: «Le bellezze al-loggiano vicine ai difetti, e qualunque volta una cosa insipida ricerchi dianimare, la spingi appunto verso i difetti; e se di più la inoltri, la inzup-

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pi di follia. [...] il sublime in somma in ogni cosa d’immaginazione è sem-pre sull’orlo del ridicolo e della caricatura; un grado che vi si aggiungave lo porta» 19. Non sempre evidentemente Cesarotti seppe astenersi dal-l’aggiungere quel “grado”.

Venendo all’esemplificazione, troviamo così attestati toscanismi di Crusca comeABBROSTITO “abbrustolito”, termine di cucina toscano-dialettale: il sangue «stri-de / sull’abbrostita quercia» Lt 324-325 («on the half-extinguished oak»); BRAN-CICARE “tastare”: «ei non godrassi / di brancicar con le sue mani antiche / i vel-tri miei» GdC 152-154 (< feel); BUFFARE e BUFFO (di vento): «buffava il vento /vario-stridente» Fg IV 80-81 (< blew); «incostanti / buffi del vento» Tm 436-437(< blast), GdC 203; GIÒLITO “esultanza”, probabile catalanismo di mediazionemarinaresca, qui richiamato dal bisogno di sdruccioli a fine verso: «alta letizia egiolito» Ca 195 (< joy); GUAZZARE: «nel sangue guazza / l’unghia di Duronal» FgI 436-437 («Sifadda bathed his hoof in blood»): cfr. Speranza (2007-09, p. 15), an-che per i derivati DIGUAZZARE, DIGUAZZARSI. Colloquialismi espressivi di tradi-zione prosastica o giocosa sono anche gli avverbi in -one / -oni, come ROTOLO-NE «come dall’alto / di rotte rupi rotolon cadendo / due torrenti spumosi ur-tansi in giostra» Fg I 395-397 («as two dark streams from high rocks meet»); SAL-TELLONE «come pietre / van saltellon di balza in balza» Fg IV 263-264 («as sto-nes that bound from rock to rock»), anche Tm 414. RUFOLO (di vento) «Buffa-no spessi rufoli di vento / tra quercia e quercia» GdC 203-204 («unfrequent bla-sts rush through aged oaks»): variante non attestata dai dizionari né dai reper-tori elettronici del venetismo refolo, a sua volta rarissimo in poesia 20. È inveceun arcaismo, con attestazioni letterarie e poetiche fino al Quattrocento, il verboSTRIDIRE per “stridere”: «S’odon l’arme stridir» Fg I 89 («the sounds of crashingarms ascend»); «Solo stridisce – entro una nube ascoso / gufo odioso» OsCa 28-29 (< howling), in rima con ardisce.

Quanto all’evidente coloritura fonoespressiva di alcuni di questi termi-ni, conterà non solo l’invito delle estetiche sensiste all’evidenza del se-gno (oggi si direbbe all’iconismo), il quale è tanto più esteticamente va-lido quanto più in grado di rendere un’immagine sensibile dell’idea adesso associata, ma anche un preciso a priori teorico circa i linguaggi pri-mitivi, che troviamo formulato chiaramente nel Saggio sulla filosofia del-le lingue, dove si legge che «la prima operazione dell’uomo sopra la lin-gua dovea necessariamente esser quella di cogliere e imitar il rapporto

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19. Ai giovani d’ingegno che temono i pedanti, in Caffè, p. 393.20. La LIZ 4.0 ne dà un’unica attestazione poetica nel Caro. Si noti che in Cesarotti

la forma in u è mantenuta nelle redazioni successive: poco probabile quindi che si trattidi semplice refuso.

posto dalla natura fra il suono di certi oggetti e quel della voce, e di daragli stessi oggetti un nome analogo al suono ch’essi tramandano», e chein questo rapporto diretto segno-idea è «la prima origine natural dei vo-caboli» (Saggio II, II, p. 320) 21. Indubbiamente questo tipo di persuasio-ne (non certo originale nel panorama settecentesco) deve aver facilitatola ricerca di termini fonosimbolici o onomatopeici come barcollare, coz-zare (di venti), divincolarsi (struggle) di un moribondo nel sangue, fra-casso, gorgogliare, guizzare, seno ondoleggiante, scoppiare, schiantare, ac-que screpitanti, sollazzarsi, svolazzare ecc.: tutti in qualche modo “termi-ni-figura” che mantengono un rapporto naturale, cioè iconico, con l’i-dea che veicolano.

5.6. L’aspetto che tuttavia, valutato nel suo insieme, appare forse più rag-guardevole del sistema lessicale dell’Ossian concerne la formazione del-le parole: la via principe dell’arricchimento lessicale settecentesco «intutti i settori» (Matarrese, 1993, p. 155) 22. Di nuovo vale la pena di citareil Saggio sulla filosofia delle lingue: «Le parole portano seco i loro germiindestruttibili, atti a propagar la lor famiglia. Qual forza legittima puòimpedirne la fecondità? [...] Del resto le terminazioni sono come le ma-trici dei nuovi vocaboli, e l’analogia può dirsene la levatrice. Altre desi-nenze si prestano a tutte le idee, altre sono consacrate ad alcune classiparticolari: ciascheduna ha un carattere che la distingue nella struttura enell’ordine de’ suoi elementi» (Saggio, III, VIII, pp. 373-4).

Come ha mostrato Lucia Speranza (2007-09), per questa via entranonell’Ossian non pochi latinismi, ma anche termini di tradizione prosa-stica o scientifica, o infine neoformazioni espressive: rinvio al suo lavo-ro per una disamina di queste innovazioni lessicali. L’accento sarà postoqui invece sul meccanismo e sulla sua estensione, con pochi e scelti com-menti riservati a singole voci o affissi.

Un primo settore che risulta particolarmente esposto è quello deglialterati, soprattutto diminutivi e vezzeggiativi, «stigma della melica delsecolo» (Mengaldo). S’intende che al diminutivo italiano corrispondesempre una base non alterata nell’originale: l’alterazione è introdotta au-

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21. Su questo passo e sulle radici europee (De Brosses, Leibniz) di questo aspetto del-la linguistica cesarottiana, cfr. Roggia (2011).

22. Cfr. anche Mengaldo, La lingua poetica del Vittorelli, in Mengaldo (2003, p. 125:«dove l’evasione lessicale del Vittorelli è più intensa e interessante è però nell’ambito del-la formazione delle parole»). Del resto, come osserva Folena (1983c, p. 410), la «duttilitàe libertà derivativa» era una peculiarità dell’italiano, «messa in primo piano con punti afavore o a disfavore in tutte le querelles sei-settecentesche sulle lingue».

tonomamente dal traduttore come colorito linguistico associato in mo-do pressoché sistematico a specifici contenuti, quali le descrizioni idilli-che, le situazioni amorose, la caratterizzazione di personaggi femminili,ed è chiaramente volto a ottenere un’accentuazione emotiva che nel te-sto italiano assume tinte inequivocabilmente arcadiche. Emblematico,anche per accumulo di diminutivi, l’esempio seguente (Cr 188-194):

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23. Qualcosa di analogo accadrà anche nelle versioni dell’Iliade: cfr. Mari (1994b, p.222). Si veda anche Bucchi (2004, p. 55), per il Milton rolliano.

È notevole caratteristica dell’Ossian italiano, e magari dell’animo «me-tastasiano-rousseauiano» di Cesarotti (Mari), il fatto che queste formeleziosamente settecentesche si trovino a convivere spesso a brevissimadistanza con il magniloquente sublime nordico 23. Ecco di seguito un re-gesto completo di questi diminutivi con relativa frequenza, tralasciandodopo questa avvertenza di menzionare l’equivalente inglese:

SOSTANTIVI

-etto: fioretti CdS 252; «verde foglietta tenerella» Dt 592; garzonetti Ct 241; «oc-chietto basso e lagrimoso» Cr 193; parolette Fg II 433; «verghetta di fanciul» Cr351; fanciulletto/a Cm 385 (2 ess.); «amorose lagrimette» Ct 246 (2 ess.); «vaga nu-voletta» Ct 29 (2 ess.); «segreto sospiretto» Fg I 587 (2 ess.); verginetta Cm 14 (3ess.); «donzelletta dal candido seno» CCl 290 (4 ess.); erbetta Fg III 405 (4 ess.);boschetto Fg VI 269 (5 ess.); «fugaci cervetti» Cm 333 (16 ess.); «querula auretta»BdL 329 (17 ess.); giovinetto/a Fg I 255 (42 ess.); -ello: bastoncello Ca 87; praticel-lo Cr 188; «fioriti ramicelli» Ca 35; arbuscello Cr 80 (2 ess.); verginella Ct 239 (11ess.); venticello Fg V 138 (16 ess.); -ino: canzoncin MdC 151 «mormora / un cotalcanzoncin che dolce fiedelo»; fanciullin Lt 339.

AGGETTIVI

-etto: «brunetta il bel crin» OsCa 17; curvetta CCt 105; lunghetta Cr 538; seno mor-bidetto Fg IV 395; pallidetta CCt 198; piccioletta OsCa 123; «placidetta pioggia» diprimavera Fg I 609; sospirosetta Cr 608; umidetta guancia Fg V 232; «vergogno-

S’io ti vedessi errar sul praticello,con quel tuo crin, che giù scende negletto,e nuota sopra l’ale al venticello,col petto candidetto ricolmetto,che sale, e scende, a rimirar sì bello,e con l’occhietto basso, e lagrimosopel tuo Silrico dalla nebbia ascoso.

Didst thou but appear, O mylove, a wanderer on the heath!Thy hair floating on the windbehind thee; thy bosom heavingon the sight; thine eyes full oftears for thy friends, whom themist of the hill had concealed!

setta ella chinò la faccia» CCl 265; «vermiglietta guancia» Fg III 422; deboletto FgIV 142 (2 ess.); «fiochetta voce» CdS 113 (2 ess.); languidetto BdL 91 (2 ess.); «me-schinetta e sola» Cr 117 (2 ess.); «ricolmetto seno» Fg VI 117 (2 ess.); «tepidettapioggia» di primavera Cr 46 (3 ess.); «occhi turgidetti e languidi» CCt 133 (3 ess.);«candidetto braccio» Cm 114 (7 ess.); soletto Fg VI 20 (17 ess.); «giovinetta foglia»Cr 48 (20 ess.); -ello: tenerello Fg III 70-71 («tenerelli petti / palpitanti d’amor»:4 ess.); -ino: «azzurrino sguardo» CCl 68 (2 ess.).

Ma come si è detto la portata della composizione lessicale nell’Ossian ita-liano va ben oltre il settore dei diminutivi: coinvolge ogni tipo di deriva-zione affissale, con esiti spesso rari o neologici. L’esemplificazione inquesto caso sarà necessariamente selettiva, e il raffronto sui dizionari perlo più implicito: un asterisco contrassegnerà comunque almeno le formenon attestate nella Crusca 24, e dunque da ritenersi come minimo rare.

Andando con ordine: nel settore della suffissazione spiccano i suf-fissi aggettivali, soprattutto denominali, che da un lato rispondono albisogno di epiteti che accomuna Macpherson e Cesarotti (ma nel se-condo è più accentuato, e promuove volentieri aggettivi non giustifica-ti dal testo inglese: crestato capo del gallo MdC 26 < head; rupi annoseFg I 478 < rocks ecc.), dall’altro danno al traduttore italiano la possibi-lità di variare costruzioni pervasive nel testo di partenza come il già men-zionato genitivo descrittivo (nebbiosa isola Fg VI 392 < isle of mist; gem-mato carro Fg II 284 < car of many gems), o l’aggettivo composto (le ter-ga di Gormal nevose Fg I 363 < snow-headed Gormal).

AGGETTIVI

Frequenti soprattutto i denominali, in particolare quelli cosiddetti “possessivi”,il cui significato rispetto alla base X è del tipo «“pieno / dotato / munito di X”» 25,ed è quindi il più idoneo alla costruzione di epiteti. Si ha nell’ordine -ato: «benchiomato Eroe» Fg III 48 (< fair-haired); ferrato scudo Dt 207 (< brazen); conche«stellate di raggianti gemme» BdL 183 (< studded with gems); velate antenne FgII 321 (< masts with sails), oltre ai già citati gemmato e crestato. Ricchissima la se-rie in -oso, con valore di abbondanza (acquosa Albione: “ricca di corsi d’acqua”< streamy; erbose colline: “coperte d’erba” < hills of grass), corrispondente al lat.-osus (cfr. AQUOSUS, ARENOSUS, HERBOSUS, SILVOSUS, UNDOSUS ecc.). Esempi:«grigie ed *arborose rupi» Dt 504 («gray rocks, with all their trees»); arenosa val-le Fg III 232 (< sandy); cannoso Lego Fg II 28 (< reedy); cespuglioso colle Fg II 294

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24. Faccio riferimento all’edizione napoletana, lessicalmente arricchita, della quartaimpressione del Vocabolario, consultata nella ristampa veneziana data da Francesco Pit-teri nel 1763 (cfr. Marazzini, 2009b, p. 230).

25. Cfr. Grossmann, Rainer (2004, p. 397).

(< bushy); dolorosi figli Fg III 209 (“addolorati” < sad); noderosi rami Fg II 116(< branches), da una base nodora; ombroso Autunno Dt 449 (< shadowy); Carro-ne ondoso Cm 264 (< streamy) e mare ondoso CdS 302 (< rolling); piovosa nube FgIV 316 (< cloud of rain); «logra e rugginosa spada» Cr 518 (< half-worn), e ancherugginosa rupe Tm 41 (con valore di somiglianza, < oozy rock: lett. ‘fangosa’); on-da del Nord spumosa BdL 61 («the foam of the northern wave»); «Sospirosa, af-fannosa, lagrimosa» CCl 250 (< in tears) ecc. Rientrano in questo insieme alcuniaggettivi ad alta frequenza, quali tenebroso (43 occorrenze, per lo più dall’ingl.dark o gloomy); muscoso (27 occorrenze: ingl. mossy; cfr. le osservazioni di Spe-ranza, 2007-09, p. 12); tempestoso (19 occorrenze: ingl. stormy); sanguinoso (12 oc-correnze: ingl. bloody); focoso (11 occorrenze) ecc. Con il suffisso -igno si istitui-sce piuttosto un rapporto di somiglianza: ferrigno “del colore del ferro” «dalle fer-rigne ime radici» Fg I 36 (< from their place), Cr 660; ma non in sanguigno (9 oc-correnze), usato come variante di sanguinoso: sanguigno scudo Fg I 592 (< shieldof blood), «sanguigna / era la man del padre» Fg III 352-353 (< bloody) ecc. Infine-uto: velluto cardo Cr 274 (< thistle’s beard), Tm 39; nerborute membra Tm 65(< strong). Molto meno rappresentati sono i deverbali, a partire dai composti la-tineggianti in -bile: amabile (10 occorrenze, quasi sempre < lovely); formidabile FgIII 450 (< dreadful), Tm 94 ecc.; memorabil dì MdC 304 (< day); oste variabile CCl165 (< unsettled host); volubile carriera del sole CdS 166 (< inconstant sun); tutteforme appoggiate al latino, mentre non lo è il raro *desiabile Cr 199 (sostantivato:< lovely maid), assente non solo dalla Crusca, ma anche dal GDLI, e attestato nel-la LIZ un’unica volta in Marino. -evole è presente in suon festevole Ca 164 (senzacorrispettivi in inglese); lamentevol voce Tm 500 (< voice), OsCa 8 e 61; lusinghe-vole GdI 254 (< pleasant); piacevole MdC 153 (< pleasant) ecc. Tra i deaggettivali,da segnalare infine -iccio, usato una sola volta a fini di alterazione espressiva: «ilcielo ardea / di tutte quante sue rossicce stelle» Lt 212-213 («with all its stars»).

SOSTANTIVI

Si è già detto sopra (PAR. 5.3) dei deverbali d’agente in -tore/-trice. Notevole an-che la presenza dei rari denominali in -ia con valore di intensificazione: «Avea lapossa / della corsìa del Lora» Fg III 21-22 («strong as the waters of Lora») e Fg IV272; «di Luba / la *correntìa» Fg V 17-18 (< stream); tenebrìa GdC 4 (< night),OsCa 1 («tenebrìa s’aduna» < «night is [...] dark»). Si tratta nel primo caso di unavoce di tradizione burlesca quattro-cinquecentesca (cfr. il GDLI con esempi daBellincioni e Girolamo Leopardi); negli altri due di arcaismi accusati, marcati co-me tali nella Crusca e per cui il GDLI fornisce prima dell’Ossian solo esempi due-trecenteschi. Similmente arcaico è -ore in tenebrore Ct 513 e CCl 99 (< darkness).Altri suffissi di qualche rilievo sono -anza: ricordanza «io ne terrò mai sempre /fresca la ricordanza» Cr 694-695 («I will remember you with tears»), CdS 36, Cr130; rinomanza «pria ch’ei salisse in rinomanza e in fama» Ct 346 («before thenoble Carthon fell»); e inoltre possanza, baldanza, rimembranza ecc.; -ezza: luci-dezza CCl 23 (< brightness), canutezza Tm 63 («gray hair of age») ecc.; -io: calpe-stio BdL 307, Lt 384 (< tread); mormorio CCl 200, Ct 2 ecc. (< sound, murmur).

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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VERBI

Il semplice -are produce *brunare «del suo sangue / spruzza e bruna di Gaulo ilvolto e l’arme» Lt 331-332 («and strew the blue arms of Gaul»), assente anche dalGDLI, oltre ai più comuni battagliare Fg V 230 ecc. (< fight), serenare Fg V 378 (<cheer), raggianti Dt 380 (< beamy) ecc. Il suffisso in assoluto più utilizzato, connon meno di una quarantina di lemmi di cui alcuni ad alta frequenza, è tuttavia-eggiare, già caro agli scrittori barocchi 26, e che finisce per essere uno dei trattipiù caratteristici della lingua ossianica. Un gruppo compatto di queste voci, intutto una cinquantina di occorrenze, è dato dai derivati da aggettivi coloristici,spesso al participio presente e per lo più equivalenti all’aggettivo semplice in-glese: albeggiare (“tendere al bianco”: Crusca) «Ecco il mattino / che sulle rupialbeggia» CCt 88-89 («morning is gray on our rocks»), MdC 101; biancheggiare«biancheggiava il petto, / come spuma» Ct 96-97 («his breasts were like foam»),biancheggianti vele Fg VI 159 (< white); *foscheggiare «Il Sole infetto / rosseggia, /foscheggia» MdC 70-72 («the sun reddens»), attestato per il GDLI solo da Car-ducci, e per la LIZ non prima di Cesarotti; chioma gialleggiante Ct 605 (< yellow);flutti nereggianti Dt 31 (< blue); rosseggiare «rosseggiò la lancia» Fg III 91 (< wasred), Fg I 68 (< red), Fg II 10 (< dark-red); verdeggiare «al suo piè verdeggia / pia-nura angusta» Ct 8-9 («green is the narrow plain»); verdeggiante Erina Tm 240(< green). Valore simile hanno deaggettivali come pareggiare Fg III 290 (“esserepari” < be like), grandeggiare «Sul carro assiso alto grandeggia il Duce» Fg I 364(«within the car is seen the chief»), GdC 219. Altro gruppo relativamente omo-geneo sono i denominali con significato «emettere / mandare / produrre X» evalore iterativo (Grossmann, Rainer, 2004, p. 455): dardeggiare «Van dardeg-giando per la piaggia i sguardi» Fg I 79 («their eyes are like flames of fire, androll in search of the foes of the land»); fiammeggiare Fg IV 44 (< flamed), «Il lam-po fiammeggia» Cm 120 («flies with wings of fire»); folgoreggiare «orrido intor-no / folgoreggia l’acciar» Fg III 275-276 («terrible was the gleam of the steel»),Tm 143; *fumeggiare «fumeggia / il sangue» Fg I 406-407 (< smoaks around), «’lconvito per l’aere alto fumeggia» MdC 48 («is smoaking wide»); lampeggiareMdC 108, Dt 247, detto del bagliore delle armi (< lighten); passeggiare Fg III 526,MdC 238 rende i verbi inglesi walk, stride, stalk, ma è detto anche del trascorre-re di una nuvola «come nube estiva / lento-tonante per lo ciel passeggia» Fg V80-81 («as a cloud of thunder»: da passare); romoreggiare Fg IV 404 (< roared),Cm 119 (< rolls, detto di tuono); mare spumeggiante Dt 414 («with all thyfoams»). Vi sono poi i denominali “di paragone”, come serpeggiare “muoversicome una serpe” (Grossmann, Rainer, 2004, p. 454): ondeggiare Fg I 96, Fg IV 81,e soprattutto il sensuale e raro *ondoleggiare di Fg VI 116-117 «Ondoleggiante eimira / un ricolmetto seno» («he saw the heaving of her breast»); appunto ser-peggiare «nebbia che serpeggia e sale» Fg I 216 (< curls), GdI 224; torreggiare Fg

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26. Cfr. in generale Migliorini (1994, p. 438) e, più in particolare, Bozzola (1996, pp.254-5).

I 379 «dei flutti / Torreggiava la spuma» (< was high), Fg V 35. Altro: *arieggiare«Deh come arieggi maestoso e bello!» Ct 271 (“sembri” < «how stately artthou») 27; *colmeggiare (“elevarsi sopra un piano”) «come / candido-gorgo-gliante onda colmeggia, / e scoglio assale» Fg VI 242-244 («as waves white-bub-bling over the deep come swelling»); e inoltre boccheggiare, campeggiare, galleg-giare, gareggiare, signoreggiare, veleggiare ecc. Da segnalare i diminutivi -ellare,in particolare per saltellare, detto di animali ma anche di barche in navigazione«Nave non sia che saltellare ardisca / sull’onde d’Inistor» Fg V 77-78, Fg III 168(< bound); e -erellare presente in canterellare BdL 234 (< hummed), incastonatoin un contesto bellico-sublime.

Assai più povero di esempi è invece il campo dei prefissati, certo menofunzionali alle esigenze del traduttore in quanto non permettono tran-scategorizzazioni di nuclei semantici, ma servono solo a determinare ilsignificato della base cui si applicano. Si tratta per lo più di suffissi ver-bali il cui apporto semantico tende volentieri a sfumare verso una gene-rica intensificazione; senza contare che spesso i derivati prefissali servo-no semplicemente da comodi doppioni per la metrica:

Tra i prefissi verbali abbiamo di(s)-: disfavillare CdS 17, Cr 529 («Gioja disfavil-lò» < brightened), dantismo usato come variante anisosillabica di sfavillare; di-guazzarsi “rimescolarsi” «l’onde / tremolando diguazzansi» CCt 86-87 («The bil-lows still tremble on deep»), OsCa 98 (< roar); diradicare alberi che i venti«avean con forti crolli / diradicati» Cr 272-273 (< torn); in-: *imbrandire «millespade / s’imbrandiro» («they drew a thousand swords» Ct 215); ri- iterativo-in-tensivo: rimescolato mare «rimescolato dal vento» CCt 54 («darkly-tumbled be-neath the blast»), Fg IV 443; rimugghianti «rimugghianti onde» MdC 276 (< roa-ring); s-: oltre ai composti con valore locativo come svolversi «svolvonsi i rivi»(«are turned by their side» Fg V 64), OsCa 109; svellere Fg V 57 ecc.; sono note-voli i composti in cui la semantica del prefisso è più o meno vuota o meglio ge-nericamente intensivizzante (tratto tipico anche di molte varietà settentrionali),come in sbalzare intrans. «un nembo / spicca dal monte [...] e sbalza / sul mar»(«comes over the wave» CdS 333-335); *screpitare «screpitanti acque di Strumo»Lt 62 (< roaring), assente anche dal GDLI; *scrollare “cadere a terra, crollare” Tm659, «rovinoso scrollo / delle sue mura» Ct 153-154 («fall of the walls»), accezio-ne ignota anche al GDLI; sfallire «gli occhi miei / da gran tempo sfalliro» BdL 13-14 (< have failed), Ct 429, Cr 673 «la man sfallisce»; slanciare «dagli occhi / slan-cia battaglia» MdC 298-299 (< scatters); strascinare Fg II 253, III 172; tra(s)-: tra-balzare «scogli trabalzati e svelti» Fg V 57 (< removed); trasvolare «il vapor tra-svola» Fg IV 364 (< «passing behind»), tralucere, trascorrere ecc.

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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27. La Crusca ha il lemma (aggiunto rispetto all’edizione fiorentina) nell’accezionetransitiva di “rassomigliare, aver qualche somiglianza”.

Più frequenti sono infine i composti parasintetici, soprattutto i verbi de-nominali che (come del resto molti dei derivati già visti finora) si rivela-no spesso di matrice inconfondibilmente dantesca:

AGGETTIVI

in- (negativo) + -bile: infrangibile «catena infrangibile di scogli» Fg II 155 («a rid-ge of rocks»); inconsolabile Fg III 526 (< forlon); ineccitabile «ineccitabil sonno»Ct 19; inamabile «lungo-urlante ed inamabil gufo» OsCa 11 («long-howlingowl»); infaticabile «aquile infaticabili del cielo» CCl 240 («eagles of heaven»);insuperabile Fg VI 65; irreparabile MdC 384; indomabile MdC 385; s- + -ato: sfor-mato «sformato spettro» Cr 347 (< shapeless), GdC 225 (< without form).

VERBI

ad- + -are. Deaggettivali: *addensarsi «S’addensa il bujo dell’orribil zuffa» Fg IV331 («the darkness of battle gathers»); annerarsi «il cor d’atroce orgoglio [...] /gli si gonfiò, gli s’annerò» GdI 150-151 («swelled with the grief of pride»); am-mutarsi «Doglia intorno s’ammuta» Tm 497 («grief saddens around»); ammol-lirsi «Duntalmo s’ammollì» CCl 50 («the soul of Dunthalmo melted»); affoltar-si «s’affoltano / i passi lor» Lt 312-313 («their crowded steps fly over the heath»).Denominali: abbuiarsi «guerra s’abbuja / alla sua lancia intorno» BdL 66 («thewar darkens around his spear») Fg II 334, OsCa 216; abbonacciarsi «mare / chegià già s’abbonaccia» CCt 87-88 («settling sea»), Cr 366; annottare «sulla cimaannotta» Fg I 304 («dark-brown night [is] on half the hill»); atterrare / atterrar-si «innanzi a me s’atterra / il ginocchio del popolo» Cr 311-312 («the people bendbefore me»), Tm 127; e ancora: affollarsi, avvampare, ammassare ecc. Participipassati: ammontato «ammontate tenebrose nubi» Fg I 647 (< gloomy), «sieped’ammontati massi» GdC 25 (< gathered heap); abbrividato Fg I 502; affumato Cr345 (< dark-brown); aggruppato «nembi aggruppati» Fg III 334 (< winds); ad- + -icchiare: ammonticchiato «ammonticchiata terra» Cr 128 di una tomba (< hea-ped-up earth); in- (ingressivo) + -are/-ire: *infiochire CdSt 345 «Infiochì la sua vo-ce» («her voice was weak»); imbiancare «imbiancheranno in volto» Tm 133 («andtheir faces will turn pale»); imbrunare «quando il mondo alta tempesta imbru-na» Ct 599 («the world is dark with tempests»), Cm 15; inselvarsi «fuggi, e t’in-selva / tra’ colli tuoi» Fg I 130-131 («fly, Connal, to thy silent hill»); intenebrarsi«Iscolorossi, intenebrossi, incocca / l’arco» Fg II 460 («his colour changed, anddarkness dimmed his eyes»), Tm 245 (< darken); inarcare «inarca le nodose brac-cia» Tm 20 («tossed the sinewy arms»); anche impennare «ale di vento impen-na» Fg III 216 («with feet of wind, fly over the heath»). Participi: intenebrato «in-tenebrate trasparian le stelle / per la buja sua forma» Dt 152-153 (< looked dim);re-ad- + -are/-ire: rammassarsi «[hai veduto] notte rammassarsi / d’intorno almonte» Fg IV 402-403 (< gathering); raddolcire «raddolcirmi il core» Fg V 235(< sooth); rabbuiarsi «la notte / si rabbuia sul Crona» GdC 58-59 (< grows dim);rassodarsi «[neve che] si rassoda in ghiaccio» CCt 109 (< snow); re-in- + -are/-

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ire: rinverdire Fg VI 408, GdC 136 (< grow); ringorgare «gli occhi mi ringorganodi pianto» Fg V 411 («my eyes must have their tears»); s- + -are: sfiancare nemboche «i monti / sfianca» Tm 126-127, Fg II 262; svenare Fg II 381 (< slay); sfronda-to «bosco sfrondato» Fg V 261 (< leafless), Fg IV 362; sferrarsi «Sferransi i durimassi» Fg V 52 («rocks tumble from their places on high») ecc.

L’esemplificazione, forse fin troppo ampia, era necessaria a rendere l’i-dea della portata del fenomeno, oltre che di alcuni suoi esiti notevoli. Co-me si è in parte visto, la corrente della composizione lessicale trascinacon sé vari arcaismi (tenebore, tenebrìa), termini di tradizione non poe-tica (ringorgare, gialleggiante, fumeggiare), neologismi e formazioni ori-ginali (brunare, foscheggiare, screpitare). Ma al di là delle singole voci, edella semantica dei singoli affissi, merita qualche attenzione il fenomenonel suo insieme, soprattutto perché è lontano dall’avere riscontro nel-l’inglese di Macpherson. Possiamo identificare due direttrici stilisticheentro cui inscrivere questa tendenza, che resta comunque nella sua so-stanza non univocamente interpretabile: la prima è data dalla ricerca divariazione lessicale (in generale una delle direttrici di fondo della tradu-zione del Cesarotti, insofferente della limitatezza lessicale e della conse-guente ripetitività che caratterizza il testo inglese), per cui ad esempiodal diffusissimo darkness è possibile derivare di volta in volta tenebra, te-nebrore, tenebrìa, tenebroso, ottenebrato, intenebrarsi 28; la seconda dallaricerca di condensazione in un unico termine di espressioni complesse(ad esempio «velate antenne» Fg II 321 < «masts with sails»), e insommanuovamente di economia espressiva.

C’è tuttavia ancora una considerazione più generale da fare a pro-posito della composizione lessicale, soprattutto per quei casi in cui untermine derivato sostituisce una base senza apparente giustificazione neltesto inglese: non fuma (smoaks) ma fumeggia; non rosso (red) ma ros-seggiante, o al limite rossiccio; non tenebra (darkness) ma tenebrore o te-nebrìa; non corrente (stream) ma correntìa; non fallisce (fails) ma sfallisce,e via dicendo. L’aggiunta dell’affisso comporta sì un sovraccarico se-mantico-espressivo rispetto al testo di partenza (il che dimostra, se ce nefosse bisogno, che il traduttore Cesarotti non è affatto un semplificato-

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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28. Si noti però che questa fondamentale tendenza alla dissimilazione è poi contrad-detta ad altri livelli. Ad esempio, nel caso visto sopra di pendere, un solo lemma rende trediversi verbi inglesi (hang, bend, lean); così per nembo (blast, storm, cloud): in questi casisi ha riduzione e non ampliamento della ricchezza lessicale nel passaggio dall’inglese al-l’italiano. Sull’esistenza di queste componenti contraddittorie nella prassi traduttoria diCesarotti, cfr. PAR. 6.10.

re a oltranza, come ama dipingersi nelle varie note e osservazioni al te-sto), ma soprattutto significa un’esibita presa di congedo dalla normalitàcomunicativa nel codice d’arrivo, alludendo a un’alterità linguistica ot-tenuta restando assolutamente all’interno del codice 29.

5.7. In quest’ultima direzione, possiamo raccogliere alcuni fatti ulterio-ri da settori linguistici non ancora toccati, sempre nello spirito non si-stematico degli “appunti”. Cominciando dalle costruzioni e reggenzeverbali, è intanto notevole la propensione a forzare il normale usomorfosintattico dei verbi. Abbiamo così verbi intransitivi usati transiti-vamente, talora con esiti di gusto espressionistico: «Sbuffan sangue i de-strier» Fg I 436 (il cui senso forzoso è suggerito dal confronto con il te-sto inglese: «snorted over the bodies of heroes»); «Corri sangue, o Car-ron» Cm 94 («O Carun, roll thy streams of blood»), “fai scorrere, tra-scina con te” 30; «Del suo brando / il vivo lampeggiar morte scintilla»MdC 107-108 («death sits in the lightning of his sword»); «Acuta frec-cia, / come da nuvola / morte ascosa volò» MdC 401-403 («the arrow ca-me, like the sting of death in a blast»). Compare anche il fenomeno op-posto, ovvero l’uso intransitivo o riflessivo di verbi transitivi: «Loclinconquista, e vince» Fg II 275 («Lochlin conquers on the field»); «quan-do alla nostra possa / piegan le vinte nazioni» Fg II 159-160 («when na-tions bow before us»); «gli occhi mi ringorgano di pianto» Fg v 411 («myeyes must have their tears»); «Deh come arieggi maestoso e bello!» Ct271 («how stately art thou») ecc.

Altri fenomeni legati alla sintassi delle preposizioni si allontananougualmente dal normale uso prosastico, ma in direzione più riconosci-bilmente aulico-latineggiante, come i dativi con valore di relazione, ovantaggio: «il sole / più a me non sorgerà» MdC 325-326 («no morningof mine shall arise»); «sarà la gloria sua nascente Sole / al paterno miocor» Lt 134-135 (< to my soul); «e braman tutti / impazienti a sè fama si-mile» GdI 236-237 («long for an equal fame»: cfr. il lat. optare sibi) ecc.

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29. Come osserva Bozzola (1996, p. 244) per Frugoni, «la formazione delle parole rap-presenta un compromesso tra innovazione assoluta […] e tradizione, poiché essa agiscesu radici note, introducendo l’innovazione solo marginalmente. Inoltre, essa è in grado direndere un effetto di deformazione, alterando il dato senza negarlo, con un’operazione,per così dire, di smottamento interno». Si noti che la formazione delle parole, e insiemel’alto tasso metaforico (di cui si darà conto nel CAP. 6), rappresentano le componenti più“barocche” della lingua ossianica.

30. In questo caso non si tratta di un’innovazione cesarottiana, ma di un uso di cor-rere già attestato in scrittori toscani tre-quattrocenteschi, e poi in Marino (GDLI, ad v.).

Oppure i frequenti usi mediali e causali della preposizione di: «lo strin-gono / di mille ceppi» CCl 226-227 («he is bound in the midst»); «rupe[...] / d’antichi alberi ombrosa» CCt 120-121 («with aged trees and mos-sy rocks»); «perché ferisci / l’alma mia d’una lagrima pietosa» Ct 418-419(«why dost thou wound my soul [...] with a tear?»); «l’aperse [il fianco]di mortal ferita» Ct 436 («opened, there, a wound»); «d’arme chiuso» FgVI 64 («in the bright arms of his valour») ecc. Tra i fenomeni microsin-tattici di coloritura aulica andrà menzionato anche l’imperativo cosid-detto “tragico”, che si alterna con le più frequenti forme enclitiche: t’in-selva Fg I 130, t’arresta Fg II 41, mi trapassa Fg II 379 ecc.; ma scagliati FgI 137, vientene Fg III 515, mostrati MdC 197 (in tutto una trentina di esem-pi in proclisi, il 20% del totale) 31. Nella fonomorfologia si segnala ugual-mente la preferenza per la forma analitica di alcune preposizioni artico-late, soprattutto in quelle composte con su (altrove la forma analitica èoccasionale, o assente): da la Lt 202; in la Fg II 104, III 346 ecc.; su la Fg I644, II 115 ecc.; su le Fg IV 112, VI 262 ecc.; su i Fg I 80 e 304 ecc.; su gliGdC 88, Ca 52, Lt 71.

Si tratta di fenomeni non rari nella koinè poetica medio settecente-sca, ma pur sempre indicativi di una consapevole ricerca di elezione for-male. Più marcato e dunque caratterizzante è invece l’uso delle formeaplologiche di verbo + pronome di seconda persona, come vedestù Tm465, cadestù BdL 27 (con verbo all’indicativo perfetto), venistù Fg I 19,fostù Cr 502 (con verbo all’imperfetto congiuntivo), vorrestù MdC 246,sarestù Ct 401 (con verbo al condizionale): forme disusate, il cui recupe-ro si inscrive, come ha notato Serianni (2002, p. 234), nella ricerca «diuna lingua che apparisse specie nei dialoghi piuttosto “primitiva” chenobilmente arcaica» 32. Nella stessa direzione andranno i vari arcaismi fo-nomorfologici che punteggiano il testo, senza tuttavia arrivare ad esseresistematici. Tali ad esempio l’ordine accusativo-dativo dei clitici «La glitrovò» Ca 20933; l’uso dell’articolo in Tm 348 «alli miei colli» e CCt 113«Allo mio core»; l’imperativo di riandare in Fg V 208-209 «rianda le me-morie antiche, / sciogli il tuo canto», che comporta la riattivazione di una

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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31. Il fenomeno si riscontra anche in posizione iniziale, dopo punto fermo (Fg VI 153)o dopo segno di interpunzione intermedio (Dt 243, Ct 116 ecc.), dove la forma procliticaera un’innovazione recente (metastasiana): cfr. Patota (1984), Serianni (2009, p. 178).

32. Cfr. Serianni (2009, pp. 118-9), Zuliani (2007). Di una «patina arcaizzante» parlaanche Bucchi per Rolli (Bucchi, 2004, p. 53).

33. Cfr. Serianni (2009, pp. 178-9): «Piuttosto raro in poesia già nel Cinquecento [...],il tipo lo mi viene rinnovato tra Sette e Ottocento dal Monti – ma è sporadico nell’Alfie-ri lirico e tragico e assente dal Parini – e ha qualche propaggine ottocentesca».

forma di andare scomparsa dopo il Trecento; la preferenza accordata avarianti fonologiche desuete quali dilicata Cm 382 («bianca mano dilica-ta, e morbida»; ma delicato sospiro Cr 440), nissun CdS 93, fenestre Ct 157e OsCa 57, dodeci Fg IV 25 e 34; sete “siete” Tm 125 (ma siete Lt 203, CdS29); o infine il dantesco vestuto MdC 137 («Negro Slimòra di dolor ve-stuto»), preferito alla forma usuale, oltre che per ragioni di rima (: mu-to), anche perché, come ci informa una nota aggiunta nell’edizione del’72, «parve al Traduttore che potesse figurar alquanto meglio nella cupae tetra pittura dell’Originale».

Forme arcaiche e letterarie come quelle viste da ultimo convivonodel resto anche a questo livello con toscanismi quali logra Cr 518, dren-to Cr 184 e 622 (in rima: altrove sempre la forma non metatetica, 24 oc-correnze); e con estensioni disinvolte della norma come l’apocope di -ain Erìn Dt 583 34, il dittongo in niegò Fg IV 20, o il dileguo della spiranteintervocalica in faceam CdS 31, forma quest’ultima significativamenteattestata dalla LIZ solo in Ramusio, e su cui pesa un perentorio divietobembiano: «dicesi Soleano Leggeano Sentiano, ma Soleamo LeggeamoSentiamo non giamai» (Prose della volgar lingua III 30). È invece di nuo-vo un arcaismo l’analogo dileguo in avei Mg 17. Vale insomma più chemai per Cesarotti la diagnosi proposta da Serianni a conclusione del suogià più volte citato Profilo linguistico della poesia neoclassica, laddoveegli osserva che «anche i più cólti e sorvegliati tra i neoclassici [...] mo-strano una certa disinvoltura rispetto alla tradizione grammaticale, nonpiù assunta nella sua interezza. Tutto può cooperare – l’antico, il menoantico, il nuovo – alla codificazione di una lingua poetica marcata dal-la separatezza, nel lessico nelle immagini nella grammatica, rispetto al-la prosa» (2002, pp. 252-3) 35.

Non stupirà troppo, allora, rinvenire nella lingua poetica del nostrotraduttore, sicuramente colto ma non troppo sorvegliato, anche qualchetraccia di settentrionalismo: tali magari due casi di suo per loro (latini-smo-settentrionalismo: Fg I 38 e Dt 64 < their); l’uso di a + infinito con iverbi di percezione: «Veggonsi a comparir le di Fingallo / bianco-velatenavi» Fg III 237-238, Fg I 376, GdI 199 ecc.; «Odo il vento nel bosco a rug-gir forte» OsCa 6; e si aggiunga anche «Se forse adesso / Mi consigli a

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34. Hapax che serve a creare un quinario tronco «Quando sorgerai tu nella tua gra-zia, / o tra le vergini / prima d’Erin?» (vs 55 occorrenze della forma piena Erina): menoprobabile una ripresa con diastole della forma piana inglese Erin.

35. Cfr., in particolare, CAP. 1, note 2 e 21. Cesarotti manterrà un atteggiamento di ana-loga apertura anche nelle sue versioni omeriche: cfr. Mari (1994b, pp. 220-1).

fuggir» MdC 251 36; l’uso esteso di da con valore causale: «molle dagli an-ni / È il braccio mio» Fg VI 109-110, «dalla zuffa io veggo / le spade a ros-seggiar» CdS 95-96, «nè più l’oscuro bosco / risplenderà dal folgoranteacciaro» CdS 233-234, anche «Se mai grato gli fu suono da caccia» Fg I 148.

5.8. Giunti in fondo a questo percorso, magari un po’ desultorio, nellalingua dell’Ossian saremo probabilmente in grado di valutare meglio an-che la portata della frase citata in apertura dal Saggio sulla filosofia dellelingue. Rileggiamo l’intero passo:

Un traduttore di genio prefiggendosi per una parte di gareggiar col suo origi-nale, e sdegnando di restar soccombente; temendo per l’altra di riuscire oscuroe barbaro ai suoi nazionali, è costretto in certo modo a dar la tortura alla sua lin-gua per far conoscere a lei stessa tutta l’estensione delle sue forze, a sedurla ac-cortamente per vincer le sue ritrosie irragionevoli e ravvicinarla alle straniere, ainventar vari modi di conciliazione e d’accordo, a renderla in fine più ricca diflessioni e d’atteggiamenti senza sfigurarla o sconciarla. La lingua d’uno scritto-re mostra l’andatura d’un uomo che cammina equabilmente con una disinvol-tura o compostezza uniforme; quella d’un traduttore rappresenta un atleta ad-destrato a tutti gli esercizi della ginnastica, che sa trar partito da ognun de’ suoimembri, e si presta ad ogni movimento più strano così agevolmente che lo fa pa-rere il più naturale, anzi l’unico (Saggio, III, XVIII, pp. 392-3).

Non si sfugge all’impressione che parlando del “traduttore di genio” Ce-sarotti avesse in mente in primo luogo sé stesso e la propria esperienza(lotta, gara: sono sue metafore ricorrenti) con l’Ossian; né d’altra partesi potrebbe dare commento migliore di questo all’insieme delle osserva-zioni svolte fin qui. Ripercorrendo quanto raccolto in queste pagine, ve-dremo infatti emergere due significative costanti nell’atteggiamento diCesarotti nei confronti del proprio strumento linguistico. La prima èun’ampia tendenza a valorizzare il ricco patrimonio letterario, diacroni-co, diafasico dell’italiano (l’atleta che «sa trar partito da ognuno de’ suoimembri»), adottando aulicismi letterari, modi e forme ammiccanti al la-tino, ma anche voci e forme desuete insieme a falsi arcaismi, voci di tra-fila comico-popolare o prosastica: sempre però in obbedienza a puntua-li ragioni interne, stilistico-espressive, e con un concomitante disinteres-se (che è poi critica in re) per gli a priori grammaticali e lessicografici. Laseconda è appunto un’evidente propensione a forzare i limiti d’uso del-

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36. Cfr. Rohlfs (1966-69, § 710). Il tratto è presente anche nella lirica del bassaneseVittorelli: cfr. Mengaldo (2003, p. 120).

le strutture sintattiche e lessicali dell’italiano (la «tortura alla sua lin-gua»): sia per assimilarle a quelle del testo inglese attraverso i meccani-smi del calco, sia del tutto indipendentemente da quello per ricreare at-traverso la tensione tra realizzazioni e modelli grammaticali un’impres-sione rudemente energica di alterità, di lingua venuta da lontano eppu-re non straniera, inusitata eppure interna al codice. L’immagine plasti-camente corporea dell’atleta in azione rende quindi benissimo l’idea diuna tale “violenza controllata” sulle strutture della lingua; e anche del fi-ne cui tende un tale esercizio, che è al fondo sempre quello schietta-mente illuminista di adeguare la forma al contenuto: di ampliare per co-sì dire la scioltezza articolare e motoria della lingua, per renderla capa-ce di aderire a idee, atmosfere poetiche e contenuti nuovi, diversi daquelli ereditati dal passato 37.

Ciò che può apparire a prima vista spiazzante è che nel caso del-l’Ossian la “novità” abbia un orientamento così programmaticamenteretrospettivo, rivolta com’è non a una forma di comunicazione filosofi-camente moderna, ma al contrario a un’ipotesi di lingua svincolata dalpresente, addirittura arcaica. Ma è un paradosso apparente. In realtà, sesi bada bene, è proprio quella di un consapevole riavvicinamento all’an-tico (un antico più “filosofico” che filologico), e di un’altrettanto pro-grammatica presa di congedo dalla comunicazione ordinaria, la direzio-ne in cui propriamente si attua il rinnovamento del linguaggio poeticoitaliano nel Settecento. Le tendenze generali del gusto artistico e lettera-rio si incontravano in questo senso con le indicazioni ricavabili dalle teo-rie estetiche e filosofico-linguistiche più aggiornate: l’idea emergentedell’irriducibile autonomia del fatto artistico; le teorie sensiste e vichia-ne sull’origine sensibile-immaginativa del linguaggio e sulla conseguen-te intrinseca poeticità dei linguaggi antichi. Il ruolo di queste compo-nenti critiche e filosofiche nell’orientare l’iniziativa linguistica di Cesa-rotti è stato messo in evidenza qui e altrove: ad esse si deve tra l’altro an-che un ritrovato rapporto con il modello linguistico della poesia greco-latina, in particolare omerico-virgiliana, che impronta di sé una parte co-spicua del tessuto linguistico della traduzione cesarottiana, contribuen-do ad agganciarla alla grande corrente classicista settecentesca.

Se poi volessimo cercare un minimo comun denominatore ancorapiù stretto per le osservazioni raccolte in questo lavoro, dovremmo pro-

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37. «Ora la lingua tanto dovrà dirsi migliore e più prossima alla perfezione, quantosarà più pieghevole e più ricca di maniere che servano all’eloquenza, vale a dire a tutti ipossibili bisogni della vita, dell’intelletto e del cuore» (Saggio, III, XVII, p. 390).

babilmente additarlo nella programmatica ricerca di alterità linguistica,costi quel che costi, rispetto alla prosa e all’ordinaria comunicazione re-ferenziale: forse è qui la vera cifra linguistica dell’Ossian. Di fatto i poe-mi di Cesarotti rappresentano la punta più esposta dell’atteggiamentogenerale descritto da Serianni nell’osservazione citata nel paragrafo pre-cedente: un atteggiamento che connota un’epoca della storia della lin-gua poetica italiana in cui veniva maturando una rigenerazione auliciz-zante del linguaggio poetico tradizionale, come il rovescio e il comple-mentare del grande rinnovamento funzionale che traghettava una linguaa vocazione retorica e letteraria verso la modernità.

5. APPUNTI SULLA LINGUA DELL’OSSIAN DI CESAROTTI

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