Emozioni e osservazioni davanti alla “Madonna del parto” di Piero della Francesca

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Emozioni e osservazioni davanti alla “Madonna del parto” di Piero della Francesca Bruna Rossi (bruna@montecatinit.) dicembre 2013 Mi sono ormai resa conto che l’arte, in qualsiasi modo si esprima, sia il mezzo sublime attraverso il quale si riesce a far vibrare le corde più profonde del nostro essere, guidandoci a ripercorrere e a ritrovare quei passi e quei 1

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Emozioni e osservazioni davanti alla “Madonna del parto” di Piero della Francesca

Bruna Rossi (bruna@montecatinit.)dicembre 2013

Mi sono ormai resa conto che l’arte, in qualsiasi modo si esprima, sia il mezzo sublime attraverso il quale si riesce a far vibrare le corde più profonde del nostro essere, guidandoci a ripercorrere e a ritrovare quei passi e quei

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sentieri dell’anima che strati e strati di pregiudizi e falsità sono riusciti ad ottundere. L’arte ci fa “tornare a casa”, facendo gradualmente riemergere e restituendoci le conoscenze che un tempo, forse a diversi livelli, erano prerogativa di tutti, e che adesso non possediamo più. E’ una perdita gravissima, perché parallelamente è venuta a mancare anche la consapevolezza di quel legame che ci unisce indissolubilmente al tutto. Da questo concetto potrebbero diramarsi infinite questioni circa il rapporto fra l’uomo e il mondo e la responsabilità che noi abbiamo nella sua salvaguardia, che alla fine si trasforma in salvaguardia della stessa specie umana e della sua civiltà. Tralascio però queste pur importanti questioni, per concentrarmi sul valore dell’opera d’arte nella comunicazione di messaggi. In questo gli artisti rinascimentali sono stati insuperabili!Alcuni giorni fa, ad esempio, ho avuto l’opportunità di poter ammirare da vicino la splendida Madonna del Parto di Piero della Francesca, che si trova attualmente collocata in una vecchia piccola scuola di campagna nel comune di Monterchi. L’ambiente, che dall’esterno pare un po’ trascurato e poco interessante, si trasforma però in un luogo magico e affascinante appena se ne varca la soglia, grazie alla forza sprigionata da quel capolavoro e al sapiente allestimento museale.

E’ la realtà dell’universo che si svela agli occhi umani, il mistero della vita che con naturalezza si offre alla suggestione di chi lo sa interpretare, o perlomeno, come me, ci prova. C’è infatti la rivelazione, in quel gesto angelico che apre il sipario, esponendo al mondo la verità, ma senza enfasi, senza tripudio, con la fiera semplicità, umiltà direi, di un evento che si ripete dal principio dei tempi, che è il principio stesso dell’infinito divenire. Non è solo un parto. E’ la Terra rappresentata nel suo essere parte di qualcosa di molto più grande, ma che risponde alle identiche leggi.Sto cercando di spiegare le mie sensazioni attraverso le parole, anche se mi riesce difficile: esse infatti mi paiono molto riduttive rispetto al messaggio che l’immagine ci dona, ed io sento di non possedere le competenze necessarie per esporre concetti e conoscenze che è invece molto più facile percepire emozionalmente, osservando il dipinto. Proverò comunque a dare una mia interpretazione.Il richiamo dei colori mi riporta immediatamente ai quattro elementi.Sullo sfondo abbiamo il mondo: è infatti il colore della terra che domina, ma non è una terra liscia, o sassosa, o rotonda, come qualcuno potrebbe aspettarsi. E’ invece un regolare reticolato, determinato da chiari e scuri, e se vogliamo osservare con una certa pedanteria, direi quasi che i rettangoli tendono a stringersi verso l’alto, come si trattasse di meridiani e paralleli su di

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una carta geografica, o meglio su quel planisfero che la forma stessa richiama... Ma non stiamo osservando solo come geografi, bensì come filosofi o, meglio ancora, come alchimisti, o piuttosto come radiestesisti. Sì, perché ci troviamo di fronte ad una rete di energia, quell’energia sottile, impercettibile, che si sprigiona naturalmente dalla Terra, andando ad interagire con l’energia cosmica che avvolge, penetra, unisce e regola tutto il Creato, dal più piccolo atomo al più gigantesco dei sistemi galattici: “amor che move il sole e l’altre stelle”, in un eterno moto circolare. A chi quindi potrebbe trasmettersi l’energia profonda della Terra, se non agli esseri angelici che rappresentano lo spirito, l’energia stessa, il soffio divino, in quanto messaggeri di Dio? Ma osserviamo bene questi angeli: i loro colori sono il rosso, che potremmo associare al calore, alla passione, al fuoco, al sole, al maschile, alla forza vitale; e il verde, suo complementare, colore del silenzio, nel quale potrei identificare l’acqua, o la luna, o il femminile, ma anche la mancanza di calore e di forza. Fuoco e acqua: gli eterni antagonisti.Eppure non abbiamo di fronte un angelo verde ed uno rosso, ma questi colori si invertono simmetricamente nelle due figure, rimbalzando quasi da una all’altra, creando una sorta di corrente alternata, un confronto continuo di positivo e negativo, un equilibrio non solo cromatico. Ma che cosa sono in fondo il mondo e la vita, se non un armonico contrapporsi di contrari che si cercano e si respingono, ricavando da questo infinito movimento l’energia che si fa materia? Non è forse questa la musica delle sfere, non è questo il coro angelico che tutti i pittori e i poeti rappresentano nelle loro opere per spiegare la forza dell’universo?Dunque il rosso e il verde non si incontrano mai? Sono destinati a rincorrersi senza sosta per l’eternità? No, la loro complementarietà crea un invisibile legame che ricostituisce l’intero e si trasforma in energia cosmica! E’ qui che entra in gioco l’ultimo elemento: l’aria! Un’aria, se così vogliamo definirla, che avvolge e unifica tutto, è il Cielo in cui Sole e Luna si rincorrono senza sosta fino ad incontrarsi nelle loro nozze alchemiche, un alito divino che tutto pervade. E’ l’aria che alimenta la fiamma e accende il sacro fuoco, lo spazio in cui il Sole diffonde la sua luce e il suo calore... E’ l’aria in cui l’acqua si innalza e si perde in bianche nubi, da cui la Luna muove le maree...L’acqua misteriosa e magica, l’acqua delle metamorfosi, che scorre come linfa, che attraverso il fuoco si trasforma e sale, per ritornare goccia o ghiaccio che penetra nel terreno, lo modifica, lo modella e lo vivifica, rinnovandosi in vita che germoglia, in materia che racchiude in sé la forza e l’energia di tutti e quattro gli elementi. E’ vestita d’azzurro, anzi, di lapislazzulo, la donna: donna di Cielo, Madonna o Dea, ma sempre portatrice di vita, di quella vita che il calore dell’amore ha creato e che adesso nel suo ventre liquido si forma e cresce e nasce. La sua

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figura domina la scena e tutto, intorno a lei, sembra creato e organizzato per esaltarne il ruolo ed il valore!Eppure è una donna terrena e i suoi colori si confondono con lo sfondo, come dalla rotondità del suo ventre rigonfio, quasi seme pronto a schiudersi, ad esplodere in germoglio, emerge ancora il colore del suolo. Sì, perché è attraverso di lei che finalmente la Terra può ricongiungersi al Cielo! E’ una nascita terrena perciò, già destinata alla morte, ma è anche qualcosa di divino che non potrà mai morire, perché ritornerà alla vita più glorioso di prima, attraverso quel processo di trasmutazione che solo l’acqua riesce a compiere naturalmente, facendosi conduttrice di energia vitale, non più antagonista del fuoco, ma sua complementare. E’ l’atto creativo, è il Dio che si fa materia, materia che si fa sangue. E’ la materia che ritornerà Dio attraverso la morte. Energia.Nel mio immaginario, le creature alate del dipinto assumono le sembianze di Lase, le divinità etrusche, simili ad angeli, che presiedevano alla vita e al parto, ma anche al destino, alla morte, all’anima immortale.Ecco che quel tendaggio vividamente rosso, in cui riconosciamo ricamati i simboli della fecondità e della vita, ma anche della morte e della resurrezione, altro non è che un sipario che si apre alla divinità che finalmente si palesa, mostrando agli uomini quello che gli uomini hanno sempre saputo ma hanno voluto dimenticare: la loro essenza divina. Ma è alla nostra sfera più intima e ancestrale che questo dipinto parla, e quella profonda emozione che proviamo nel guardarlo altro non è se non un riconoscere e riconoscersi, attraverso i simboli che forse non comprendiamo più coscientemente, ma che dialogano con il nostro io più profondo. Ciascuno di noi ha in sé ogni elemento, ma soprattutto ognuno di noi ha in sé quell’energia, quella scintilla divina, che gli ha consentito la vita e lo trasforma, l’energia che vibra e risuona dentro ognuno di noi, tenendo unita ogni nostra cellula e dalla cui armonia dipendono il nostro benessere e la nostra serenità, la nostra stessa esistenza. Tornando alla storia della Madonna del parto, ci si potrebbe chiedere per quali meriti il pur bel paese di Monterchi possa aver guadagnato il privilegio di godere di un’opera tanto pregiata, che ha rappresentato anche la sua fortuna, continuando ad attirare un gran numero di turisti desiderosi di poterla ammirare da vicino. Si parla di un omaggio alla madre dell’artista, che ne ritrarrebbe le sembianze, o ad una fanciulla del luogo di cui Piero sarebbe stato innamorato. Ma si parla anche di un ex-voto, commissionato al pittore per una grazia ricevuta proprio in quel luogo di antico culto.Originariamente il dipinto era stato realizzato nella chiesa di S. Maria in Momentana, edificata su un poggetto poco distante dall’attuale museo, appena fuori dall’abitato. Sul colle sorge adesso un cimitero, per la cui costruzione nel 1785 venne demolita la chiesa; l’affresco di Piero della

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Francesca fortunatamente venne staccato e inserito in una nuova cappella, dove rimase nell’indifferenza generale fino agli ultimi anni del 1800.Durante le operazioni di restauro effettuate nel 1910, venne scoperto sotto il primo intonaco un altro affresco, più antico, raffigurante la Madonna del Latte.Non ci si deve stupire dell’attinenza dei due soggetti, in quanto pare infatti che la collina su cui sorgeva la chiesa di Momentana rappresentasse fin dall’antichità un luogo sacro, dedicato ai riti di devozione verso divinità femminili legate alla fertilità. Vi si recavano le donne per chiedere un aiuto per la loro gravidanza o nel parto. Non occorre dire, perché lo avrete già intuito, che il sottosuolo del sito era ricco di acque preziose. Un altro omphalos? Mi incuriosisco e osservo il paesaggio intorno, scoprendo, senza troppo stupirmi, in perfetto allineamento est-ovest, due rilievi poco distanti che gli fanno ala, quasi come i due angeli posti ai lati della Madonna.

A questo punto rimpiango di non saper usare la bacchetta da rabdomante: credo però che potremmo trovare solo delle conferme.E non mi stupisco neppure, entrando nel paese, di trovare nella chiesa principale, dedicata a San Simeone, quei segni dell’energia, come il drago

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(per l’esattezza l’idra) vinto da un Ercole vestito della pelle del leone (la cui immagine risulta poi essere lo stemma della città), o il disco solare, ed altri simili. Ad una ricerca appena più approfondita scopro che leggenda attribuisce proprio ad Ercole la fondazione della città di Monterchi, il cui toponimo significa appunto “Monte di Ercole”.

All’uscita, un cartello mi indica la vicina presenza di due chiese dedicate all’Arcangelo Michele. Mi fermo a parlare con un anziano maestro ormai in pensione (che mi dava comunque un bel distacco, salendo le ripide viuzze lastricate del paese). Mi racconta che anche sua madre aveva insegnato lì per 46 anni, meritandosi la medaglia d’oro per il servizio prestato... ma soprattutto mi spiega che le chiese di San Michele venivano costruite nei punti di confine; ovviamente corro subito con il pensiero al dio Giano, signore dei passaggi e delle porte, ma anche alla potente linea sincronica di San Michele, che secondo un veloce e approssimativo calcolo, mi pare passi proprio da queste parti, confortando la mia convinzione di trovarmi in un luogo di grande energia e forza spirituale.

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Un luogo sacro che avrebbe fatto la sua bella figura sul fegato/mappa di un aruspice etrusco, quindi. Il maestro pare leggermi nel pensiero e mi informa che il torrente che scorre alle porte della cittadina si chiama Cerfone, dal nome di un’antica divinità etrusca. Si trattava di Cerfia, uno degli appellativi attribuiti alla Grande Madre, protettrice della campagna e dea della fertilità. Salendo verso il centro storico del paese si trova un altro piccolo museo, che offre un’originale mostra di antiche bilance. Strano, come strumenti legati ad un mondo semplice e rurale, richiamino però immediatamente i concetti di armonia e di equilibrio, gli stessi che Piero della Francesca ha saputo esprimere bilanciando con estrema maestria tutti gli elementi della sua Madonna del parto!

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