Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul...
Transcript of Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul...
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 1/10
di Damiano Palano
maelstrom
martedì 17 settembre 2013
Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine deldialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapportotra partiti, società e Stato.
di Damiano Palano
Nell’aprile del 2013, mentre il governo Monti – dopo una lunga
agonia – tramontava definitivamente, uno dei ministri
dell’esecutivo, Fabrizio Barca, diffondeva una sorta di manifesto
dall’ambizioso titolo Un partito nuovo per un nuovo governo. Con
quel documento Barca abbandonava i panni del ‘tecnico’ per
indossare quelli del politico, o, meglio, dell’intellettuale-militante
che cerca di mettere le proprie competenze e la propria
esperienza al servizio di una parte politica. Come esplicitava il
suo sottotitolo, Memoria politica dopo 16 mesi di governo, la
riflessione di Barca nasceva dall’esperienza proprio
dell’esecutivo Monti, ma, a differenza di quanto avviene di solito
nelle analisi degli osservatori, il focus non era tanto sulle riforme
da fare e sulle scadenze da rispettare per ‘salvare il Paese’,
quanto sul ‘metodo’ con cui perseguire ogni progetto di riforma. E
il ‘metodo’ finiva col coinvolgere proprio i partiti, sovente
raffigurati come l’origine di molti mali, e invece rappresentati da
Barca come l’anello debole da rafforzare e ripensare. In questo
senso, la Memoria costituisce un’autentica eccezione nel dibattito
pubblico italiano, perché era probabilmente dagli anni Settanta
Seleziona lingua
Pow ered by Traduttore
Translate
Home page
Libri
Scritti recenti
Contatti
La democrazia senza qualità.Appunti sulle «promesse nonmantenute» della teoriademocratica
Fino alla fine del mondo. Saggisul 'politico' nella 'rivoluzionespaziale' contemporanea
Volti della paura. Figure deldisordine all'alba dell'erabiopolitica
La soglia biopolitica. Materiali suuna discussione contemporanea
La democrazia e il nemico. Saggiper una teoria realistica
Partito
Pagine
"La democraziasenza partiti". Unvolume nellacollana "Le nuovebussole" di Vita ePensiero. Dal 17
settembre in libreria!
Damiano Palano La democraziasenza partiti Vita e PensieroCollana "Le nuove bussole" (pp.140, euro 12.00) ...
L’ordine difficile inun mondo senzasaggezza. "Ordinemondiale" diHenry Kissinger
di DamianoPalano Nel 1954 l’alloraventisettenne Henry Kissingerdiscusse all’Università di Harvardla propria tesi di laurea, dal t...
L’ambivalenzadello straniero. Aproposito di unlibro di UmbertoCuri
Per illustrarel’ipotesi sulla crucialecontrapposizione fra amico enemico, Carl Schmitt, nel suocelebre Begriff des Politischen ,ricorre...
11 settembre2001, fu veracesura? Chedifferenza fa ungiorno. Su"Undicisettembre"
di Luigi Bonanate
Post più popolari
0 Altro Blog successivo» Crea blog Entra
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 2/10
che la forma-partito non veniva collocata al centro della
discussione delle élite dirigenti (o quantomeno al centro di una
discussione non coincidente con la liquidazione del modello
novecentesco del partito di massa e con la generica e
semplicistica esaltazione di un partito ‘leggero’ e aperto alle
istanze della società civile).
La riflessione di Barca
non era dedicata
genericamente ai
partiti, ma si
concentrava piuttosto
sulla forma di un
nuovo partito di
sinistra,
inevitabilmente
identificato con il
Partito Democratico (o con ciò che il Pd dovrebbe diventare in un
prossimo futuro). Ciònonostante, la Memoria sviluppava temi e
argomentazioni molto lontani dalla più classica tradizione della
sinistra italiana, che pure – da Gramsci a Togliatti, fino a
Berlinguer – ha dedicato una parte consistente della propria
riflessione alla forma del «Partito». In effetti il discorso di Barca –
che, vale la pena ricordarlo, era il discorso di un ‘tecnico’,
impegnato per anni ai vertici della macchina amministrativa dello
Stato – si proponeva come un tentativo di mettere a frutto la
lezione dell’esperienza di governo e di superare alcuni degli
ostacoli contro cui l’azione dell’esecutivo Monti si era scontrata.
In altre parole, il manifesto di Barca coinvolgeva i partiti, ma
proprio in quanto i partiti si erano rivelati uno strumento inefficace
dal punto di vista dell’azione di governo. E la causa principale era
così individuata in un rapporto viziato tra i partiti «Stato-centrici»
e la macchina arcaica dello Stato. «In Italia», scriveva per
esempio, «partiti Stato-centrici, macchina dello Stato arcaica ed
élites che li governano vanno d’accordo, sostenendosi
reciprocamente e producendo un equilibrio perverso, di
sottosviluppo: una ‘fratellanza siamese… che porta al
catoblepismo» (F. Barca, Un partito nuovo per un buon governo.
Memoria politica dopo 16 mesi di governo, p. 13). Una delle
conseguenze della «fratellanza siamese» erano sia la diffidenza
dei cittadini nei confronti dei partiti sia l’«insensato conflitto
generazionale» (p. 14), ma l’aspetto per molti versi più
significativo che scaturiva da quell’intreccio – come sottolineava
Barca in uno dei passaggi chiave – era l’inefficienza dell’azione
pubblica: «Il combinato di Partiti Stato-centrici e macchina dello
Stato arcaica tende a impedire politiche pubbliche efficaci e
dunque buon governo, bloccando tutte le fasi del processo
ricorsivo di costruzione dell’azione pubblica. La carenza di partiti
con carattere e missione propri rende inadeguata e
assolutamente opaca la fase iniziale di determinazione degli
indirizzi delle politiche pubbliche, che dovrebbe fondarsi su una
visione e su esperienze condivise attraverso un profondo, aperto
e acceso confronto pubblico, sia la fase successiva del loro
continuo adeguamento innovativo, che richiede la pressione e la
voce robusta e ben indirizzata dei cittadini. La carenza della
di Luigi Bonanate
di Damiano Palano Chedifferenza può fare un giorno?Dopo l’11 settembre 2001, ladomanda cui rispondeva neglianni Settanta Esthe...
Il tempo sospesodi Boccalone.Rileggere il primoromanzo di EnricoPalandri
di DamianoPalano Quando uscì nel 1979 perla piccola casa editrice milaneseL’Erbavoglio, Boccalone. Storiavera piena di bugie di ...
La tragediarimossa.L’immaginariodella rivoluzioneitaliana in«Vogliamo tutto!»
di Angelo Ventrone
di Damiano Palano «Ne abbiamovisti davvero tanti / di manganellie scudi romani / però s’è vistoanche tante mani / che a cercarpie...
«Dobbiamoprendere atto cheil ‘post-Tangentopoli’ èfallito».Un'intervista a
Damiano Palano su "il Piccolo" diCremona
Questa intervista di DanieleTamburini a Damiano Palanoappare sul numero in uscita delperiodico "il Piccolo di Cremona"....
Reinhold Niebuhre l'Ironia dellastoria americana.La visione di unrealista cristiano
di DamianoPalano Nel 1961, in occasione diun convegno organizzato a NewYork, presso la cattedrale di St.John the Divine, Hans Morg...
Cosa resta della«meritocrazia»?L’analisi di unmitocontemporaneosulle pagine di
«Paradoxa»
di Damiano Palano La storiadella parola «meritocrazia» èsenz’altro piuttosto singolare. Lasua nascita può essere collocatacon prec...
Una foto in Via DeAmicis.L'immagine iconadegli «anni dipiombo»
di DamianoPalano Nel corso dei decenni,l’espressione «anni di piombo» -entrata nel nostro lessico dopo ilfilm omonimo di Marga...
► 2015 (47)
► 2014 (48)
▼ 2013 (80)
► dicembre (5)
► novembre (7)
► ottobre (7)
▼ settembre (8)
Archivio blog
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 3/10
macchina statale ne sabota le altre tre fasi: la definizione delle
azioni con cui attuare gli indirizzi; la loro attuazione concreta nei
diversi luoghi del territorio; l’esame dei risultati ottenuti,
propedeutico all’adeguamento delle azioni e alla eventuale
maturazione di nuovi indirizzi. Partiti Stato-centrici e macchina
dello Stato arcaica sabotano la circolazione di idee e
l’interferenza cognitiva fra centro nazionale livelli locali. Da un
lato, infatti, creano una barriera alla circolazione e al confronto
pubblico delle soluzioni prospettate e sperimentate nei territori,
impedendo a queste di concorrere a formare le preferenze e le
scelte nazionali. Dall’altro, tolgono al centro la cultura, gli
strumenti e l’autorevolezza per intervenire nelle situazioni dove lo
sviluppo e le possibilità di partecipazione effettiva sono ora
bloccati, esercitando una funzione decisiva di riparazione,
promozione e indirizzo nazionale. Piuttosto, partiti e Stato
tendono ad agire nei territori spesso semplicemente per
conservare gli assetti dati, vuoi con decisioni autoritarie,
disattente alle specificità delle persone e dei contesti, vuoi con
complice lassismo» (pp. 14-15).
Per rompere il legame perverso fra partiti e Stato, e per
scongiurare la prosecuzione della pratica di ‘cattivo governo’,
Barca non si limitava a evocare una riforma dei partiti, ma
riprendeva l’idea di uno «sperimentalismo democratico»,
proposta da Charles Sabel. In sostanza, si trattava di evitare le
due distorsioni speculari della visione ‘socialdemocratica’, che
riconosce le competenze per realizzare le politiche di riforma solo
al personale tecnico dell’amministrazione pubblica, e del
‘minimalismo’ liberista, che ritiene invece che le competenze
siano detenute esclusivamente dai grandi soggetti privati. Al
contrario, per Barca «la conoscenza necessaria per assumere
decisioni pubbliche che siano davvero di interesse generale non
è concentrata nelle mani di pochi», ma «è dispersa fra una
moltitudine di soggetti, privati e pubblici, ognuno dei quali
possiede frammenti di ciò che è necessario sapere» (p. 20).
Così, per prendere decisioni efficaci, la macchina pubblica «deve
costruire un percorso, che, convincendo i molteplici detentori di
conoscenza e esperienza a partecipare, promuova il confronto fra
le loro parziali conoscenze, consenta innovazione, e lo traduca in
decisioni assunte secondo le regole di responsabilità
costituzionalmente previste» (p. 21). Ma, per raggiungere un
simile obiettivo, il mutamento della macchina amministrativa dello
Stato non è sufficiente. Ciò che serve sono proprio i partiti,
capaci di articolare conoscenze ma anche di aggregarle in grandi
visioni: «Per poter dare un buon governo al paese, ossia per
migliorare la qualità, la giustizia e l’efficacia delle sue decisioni,
servono, in conclusione, corpi sociali intermedi che non siano
specializzati nella tutela di uno solo degli interessi o valori in
gioco, che abbiano una visione, che permettano un confronto
pubblico acceso e aperto, che consentano flussi di idee (nelle
due direzioni) tra centro e periferia, che alla fine portino queste
idee all’attenzione delle persone che il metodo democratico fa
eleggere o nominare negli organi costituzionali. Insomma,
servono i partiti. Al plurale, perché molteplici ed escludenti sono i
convincimenti generali – soprattutto lungo un’asse sinistra-destra
Dalle fazioni allo Stato deipartiti. Una recensio...
Il lungo tramonto dell’Europanella riflessione de...
"Il partito politico: storia, realtà,prospettive"...
Il triangolo si è rotto?Annotazioni a margine del...
Povera politica, se è in mano aquesti partiti. Un...
A "Partito" il Premio Capri - S.Michele 2013 (Pre...
Mann, Freud e i veri'sonnambuli'. Trent'annidopo...
La storia di muro in muro. Unlibro di Claude Quét...
► agosto (1)
► luglio (6)
► giugno (4)
► maggio (9)
► aprile (13)
► marzo (9)
► febbraio (4)
► gennaio (7)
► 2012 (57)
► 2011 (81)
«Dobbiamoprendere atto cheil ‘post-Tangentopoli’ èfallito».Un'intervista a
Damiano Palano su "il Piccolo" diCremona
Questa intervista di DanieleTamburini a Damiano Palanoappare sul numero in uscita delperiodico "il Piccolo di Cremona"....
Call for paper - "Una democraziapost-secolare? La teoriademocratica oltre lasecolarizzazione"
Call for paper - Convegno Sisp -Firenze, 12-14 settembre 2013Scadenza proposte: 15 maggio2013 Inviare le proposte a:damiano.palano@u...
11 settembre, fuvera cesura? Oggisu "Avvenire"
11 settembre, fuvera cesura? Unarecensione del
recente volume di LuigiBonanate, Undicisettembre .Dieci anni dopo , BrunoMondadori. ...
Una foto in Via DeAmicis.L'immagine iconadegli «anni dipiombo»
di DamianoPalano Nel corso dei decenni,l’espressione «anni di piombo» -entrata nel nostro lessico dopo ilfilm omonimo di Marga...
La vocazionenichilista delcapitalismopostmoderno.Intorno a un librodi Mauro Magatti
di Damiano Palano Recensione
Post più popolari
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 4/10
– di cui i partiti hanno bisogno per esercitare una carica simbolica
che incentivi la partecipazione, per disporre di un linguaggio con
cui realizzare il confronto, per avere un metro con cui dire i ‘si’ e i
‘no’ alle diverse ipotesi di azione pubblica» (p. 29).
Era da questa specifica prospettiva – top-down più che bottom-
up, si potrebbe dire – che Barca giungeva a delineare il proprio
Che fare?, ossia a descrivere la forma del «partito nuovo». Un
partito di cui certo non era descritta in modo puntiglioso la
struttura, ma che, in ogni caso, mostrava due carattere salienti. In
primo luogo, il partito auspicato da Barca nella Memoria era
infatti «un partito di sinistra saldamente radicato nel territorio che,
essendo animato dalla partecipazione e dal volontariato di chi ha
altrove il proprio lavoro e traendo da ciò la propria legittimazione
e dagli iscritti parte rilevante del proprio finanziamento, torni,
come nei partiti di massa del passato, a essere non solo
strumento di selezione dei componenti degli organi costituzionali
dello Stato, ma anche ‘sfidante dello Stato stesso’ attraverso
l’elaborazione e la rivendicazione di soluzioni per l’azione
pubblica» (p. 30). In secondo luogo, il partito che emergeva dal
documento era un «partito palestra», capace di svolgere una
funzione di «mobilitazione cognitiva», consistente prima di tutto
nel «raccogliere, confrontare, selezionare, aggregare e talora
produrre conoscenza sul ‘che fare’ dell’azione di governo
attraverso un confronto pubblico, informato, acceso, aperto e
ragionevole, nei luoghi del territorio, fra iscritti, simpatizzanti e
‘altri’ singoli o membri di associazioni, genuinamente
indipendenti» e, inoltre, nel «trasferire questa conoscenza
attraverso tutti i possibili strumenti della ‘voce’» (p. 32) agli
amministratori locali e alla classe dirigente eletta agli incarichi di
governo. Così, il partito evocato da Barca assumeva una
conformazione piuttosto chiara, caratterizzata da quatto elementi:
a) «Partito che mobilita, produce e pratica conoscenze sulle
azioni pubbliche necessarie per soddisfare i bisogni e le
aspirazioni dei cittadini»; b) «Partito del confronto pubblico
informato, acceso e ragionevole»; c) Partito aperto, «sia a
individui sia ad associazioni» (p. 37); d) «Partito separato dallo
Stato», «sia in termini finanziari, sia in termini di relazione fra i
funzionari del partito, locali, regionali e nazionali, da un lato, e le
persone che il partito stesso concorre a fare eleggere o nominare
negli organi di governo – locali, regionali e nazionali – o che
vengono selezionate con criteri di merito (e non su proposta o
pressione dei partiti) nell’amministrazione, nelle agenzie e
autorità, negli enti di pubblica proprietà, dall’altro» (p. 38).
Apparso in un momento in cui il Partito Democratico, dopo la
delusione delle elezioni di febbraio, pareva a un passo dalla
dissoluzione, il manifesto di Barca sollecitò una serie di critiche e
commenti, oltre che il sospetto di una sorta di ‘scalata’ dei vertici
del partito da parte di un ‘ex-tecnico’. Ora quei sospetti sono
ormai piuttosto lontani, e la partita per la successione di Epifani
al vertice del Pd non sembra coinvolgere – se non indirettamente
– Fabrizio Barca. Ciò nondimeno, la Memoria rimane ancora
oggi un documento interessante per discutere del futuro della
forma-partito evitando le più facili scorciatoie dell’anti-politica, o,
meglio, di quella retorica ‘anti-partito’ di cui Salvatore Lupo ha
di Damiano Palano Recensionea Mauro Magatti, Libertàimmaginaria. Le illusioni delcapitalismo tecno-nichilista ,Feltrinelli, Milan...
Il nuovo odio per lademocrazia.Uguaglianza,politica ebiopolitica (aproposito di
Jacques Rancière) 2/4
di Damiano Palano segue da: Ilnuovo odio per la democrazia.Uguaglianza, politica e biopolitica(a proposito di JacquesRancière) 1/4 ...
L’amico delgiaguaro.Leggendo"Bersani", unabiografia di EttoreMaria Colombo
di Damiano Palano Capitaqualche volta che un destinoingeneroso inchiodi un leaderpolitico a un episodio infelice, auna f...
L’ambivalenzadello straniero. Aproposito di unlibro di UmbertoCuri
Per illustrarel’ipotesi sulla crucialecontrapposizione fra amico enemico, Carl Schmitt, nel suocelebre Begriff des Politischen ,ricorre...
Unisciti a questo sitocon Google Friend Connect
Membri (10)
Sei già un membro? Accedi
Lettori fissi
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 5/10
descritto recentemente le
mille declinazioni, oltre che
l’inesauribile forza, lungo il
corso di tutta la storia
repubblicana (cfr. S. Lupo,
Anti-partiti. Il mito
della nuova politica
nella storia della
Repubblica (prima,
seconda e terza),Donzelli, Roma, 2013). Ed è
anche per questo che è molto
utile la lettura del volumetto Il
triangolo rotto. Partiti,
società e Stato,
pubblicato proprio in questi giorni da Laterza (pp. 105, euro
10.00), in cui vengono riprodotte le relazioni tenute da Piero
Ignazi e dallo stesso Barca nel corso di un seminario organizzato
dall’editore nel maggio scorso, insieme agli interventi dei
partecipanti al fitto dibattito (Nando Pagnoncelli, Walter Tocci,
Laura Pennacchi, Carlo Borgomeo, Concita De Gregorio, Luca
Telese, Sandra Bonsanti, Stefano Rodotà, Goffredo Bettini,
Salvatore Biasco, Marco d’Eramo, Piero Bevilacqua, Andrea
Ranieri, Claudia Mancina, Erica Jozsef).
Non è certo fortuito che a
introdurre la discussione sia
Ignazi. In effetti, gran parte
del ragionamento sviluppato
da Barca nella memoria
procedeva dall’immagine dei
partiti «Stato-centrici»,
un’immagine proposta proprio
da Ignazi nel suo recente
Forza senza legittimità. Il
vicolo cieco dei partiti
(Laterza, Roma - Bari, 2013),
un saggio in cui i partiti
vengono descritti
impietosamente come
«creature gigantesche che si
muovono impacciate e
ingorde come dei Leviatani sgraziati». Nel saggio che introduce Il
triangolo rotto, Ignazi torna naturalmente proprio su quella
immagine, ma tiene anche a chiarire come il deterioramento del
lato del triangolo che unisce i partiti alla società non caratterizzi
esclusivamente l’Italia. In linea generale, scrive comunque Ignazi,
le ragioni del deterioramento possono essere ricondotte a una
principale: «la discrasia tra l’idea, l’immagine ricevuta che ancora
alligna nell’immaginario collettivo di ciò che ‘deve’ essere un
partito, e le trasformazioni socioeconomiche e culturali della
società negli ultimi decenni» (p. 3). In altre parole, a dare
sostanza effettiva alla crisi del rapporto fra società e partiti è il
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 6/10
tramonto del partito di massa novecentesco, un partito che per
molti versi – a dispetto della sua crisi – continua a costituire una
sorta di «mito fondatore». «Le difficoltà per la tenuta di quel tipo
di partito», scrive Ignazi, «sono sorte quando alla società
industriale è subentrata la società dei servizi, della
comunicazione e dei consumi in cui non c’erano più divisioni di
classe o di appartenenza confessionale rigide e ben definite,
dove gli elettorati erano tendenzialmente più mobili e le
appartenenze plurime e cangianti», «un mondo completamente
diverso rispetto a quello che aveva dato origine ai partiti di
massa» (p. 5). Dinanzi all’irrompere del nuovo mondo post-
industriale, i partiti hanno cercato strade differenti: per un verso,
hanno imboccato il sentiero della Basisdemokratie, ossia di una
struttura in cui il peso della leadership è bilanciato dal ruolo della
base di iscritti e militanti; per un altro, molti dei partiti tradizionali
hanno invece scelto una strada differente e hanno così rinforzato
il loro legame con lo Stato, ritrovando cioè nello Stato (mediante
il finanziamento pubblico, il patronage e le rendite connesse
all’occupazione delle istituzioni) quelle risorse che non erano più
in grado di estrarre dalla società. Ed è proprio questa la via che
conduce i partiti a diventare «Stato-centrici» e a rafforzare i
vertici rispetto alla base: «Dato questo rapporto simbiotico, quasi
saprofitico, con lo Stato, e l’espletamento ormai di una sola
funzione, quella elettorale, il partito radicato nel territorio, stile
vecchio partito di massa, serve a poco: è molto più funzionale
una struttura centralizzata che sovrintenda e provveda, dal
centro, a tutte le necessità» (p. 9). Ma, se si rafforza fino
all’esasperazione il rapporto con lo Stato, il legame dei partiti con
la società diventa tanto sottile da risultare quasi evanescente: «I
partiti, e in particolare gli iscritti ai partiti, sono stati giustamente
definiti gli ambasciatori della società. Essi dovrebbero
rappresentare l’anello di congiunzione con la cittadinanza, quello
che mette in collegamento i cittadini con i decisori. Ebbene,
questo rapporto si è deteriorato, è andato sfilacciandosi nel
tempo, e in molti casi è proprio saltato. Il problema attuale dei
partiti – e possiamo dire anche dei partiti del nostro Paese – è la
loro autoreferenzialità, l’incapacità e la difficoltà di rispondere a
quanto viene richiesto dalla società» (p. 10). Per garantire che la
relazione con la società torni a irrobustirsi, è necessario che i
partiti ricomincino a essere «rispondenti al loro interno e
all’esterno», e cioè che siano «aperti e democratici» (p. 10). Ma,
nonostante ogni sforzo di democratizzarsi e di dare più spazio
agli iscritti e ai simpatizzanti (come nel caso delle primarie), è
evidente come l’immagine dei partiti rimanga piuttosto logora: «Lo
stigma di organizzazioni chiuse e lontane rimane. Per il semplice
fatto che, nonostante tali aperture, i partiti hanno perso appeal:
non incarnano più quegli antichi ideali di passione e dedizione, di
impegno e convinzioni. Hanno perso quell’alone eroico di
difensori disinteressati delle volontà collettive, evidenziando
invece il diffondersi di piccoli interessi materiali e personali. Si
dimostrano tuttora incapaci di suscitare adesioni entusiastiche e
disinteressate nel processo di raccolta e aggregazione delle
domande; e altrettanto carenti nel connettere tali domande con le
decisioni dei governanti. Il lato società-Stato non è più
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 7/10
efficientemente collegato dai partiti. Perché i partiti hanno
‘mollato’ la società per rifugiarsi nello Stato» (p. 11).
Nel proprio intervento,
Barca non può che
partire proprio da
questo punto, ma –
articolando il
medesimo discorso già
sviluppato nella
Memoria – non
procede tanto dalla
crisi interna dei partiti,
quanto dalla crisi dei
due modelli di governo
della cosa pubblica
che hanno dominato la
scena negli settant’anni, ossia il modello ‘socialdemocratico’ e il
modello ‘minimalista’. In sostanza, il presupposto di tutta l’analisi
è la convinzione che per un ‘buon governo’ sia oggi necessario
attingere al patrimonio di conoscenze che sono diffuse nella
società, e che non possono essere in alcun modo monopolizzate
né dai soggetti pubblici, né da quelli privati. I partiti sono dunque
considerati da Barca come i canali in grado di svolgere un nuovo
ruolo, che non è tanto quello di trasmettere le domande dalla
società verso lo Stato, quanto quello di mettere a disposizione
dell’intervento pubblico quelle competenze e quelle informazioni
di cui lo Stato non dispone e che pure sono indispensabili per
produrre buone politiche. E proprio una prospettiva di questo tipo
potrebbe indurre i militanti e i dirigenti di un partito specifico – il
Partito Democratico – a cambiare direzione, sostenuti magari
anche da ex-disillusi o da associazioni che non hanno rinunciato
definitivamente a incidere sulla cosa pubblica.
Per quanto sia ricca di suggestioni, è abbastanza chiaro che –
per la stessa prospettiva top-down da cui viene concepita – la
riflessione di Barca tralascia di considerare un problema non da
poco. In effetti, ci sono vari modi di guardare il triangolo Partiti-
Stato-società, quantomeno perché non è chiaro se si tratti di un
triangolo equilatero o isoscele, né – per rimanere nella metafora
geometrica – quale sia la base del triangolo. Per molti versi
Barca sembra infatti considerare lo Stato e la sua azione come il
vertice da cui partire, mentre il partito diventa uno strumento per
‘afferrare’ qualcosa che si trova disperso nella società e che
diventa cruciale per governare. Ma, se si può concordare con
questa idea, e se cioè si può riconoscere che il «partito nuovo»
immaginato da Barca potrebbe avere degli esiti positivi
sull’azione di governo, rimane comunque da capire per quale
motivo i singoli individui dovrebbero aderire e sostenere un simile
partito. Ed è invece proprio questo il punto che Barca tende, se
non a sottovalutare, quantomeno a dare per scontato, perché
pare che si tratti soltanto di dare nuove motivazioni a iscritti e
dirigenti, e cioè a qualcosa che esiste già e non a qualcosa che
deve essere sostanzialmente ricostruito.
Non è dunque sorprendente che Ignazi sottolinei l’importanza
degli incentivi alla partecipazione. Perché gli incentivi non
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 8/10
possono certo essere rappresentati – per lo meno
esclusivamente – dalla convinzione di fare qualcosa di ‘utile’ per
il Paese. Fra gli incentivi a partecipare con una certa continuità
alla vita di un partiti ci possono essere infatti tante componenti,
anche utilitaristiche, ma in ogni caso non può essere
sottovalutato il peso di quelle simboliche, tra cui naturalmente
anche quelle legate alla personalizzazione. E se Ignazi sottolinea
per questo la necessità di una leadership simbolicamente
efficace, non dimentica neppure il ruolo dell’identità e del
sentimento di appartenenza, soprattutto per gli elettori di sinistra:
«Questo sentimento di appartenenza, pur logorato, consente
ancora di attivare momenti di socialità, di tempo trascorso
insieme, estranei al ‘lavoro politico’. Agire su questa sfera è
fondamentale. Si tratta di riattivare e modernizzare l’intuizione
novecentesca delle case del popolo: luoghi di incontro che si
possono sovrapporre ai circoli – o trasformando questi ultimi –
ma che esaltano la dimensione del leisure, del tempo libero. La
vecchia distinzione tra la sezione, luogo serio di lavoro politico, e
la casa del popolo o il circolo ricreativo, luogo frivolo e
‘irrilevante’, non ha più senso. La partecipazione
dell’organizzazione di attività di leisure, tra l’altro, fornisce un
ulteriore cemento identitario (come hanno fatto per decenni le
feste dell’Unità)» (p. 20).
È d’altronde proprio su
questo lato del
triangolo che si
concentrano alcune
delle osservazioni, più
o meno critiche,
indirizzate alla
proposta di Barca,
come per esempio il
ragionamento di
Marco d’Eramo sulla
necessità di una narrazione. Ma fra i molti interventi è forse
quello di Walter Tocci a porre la questioni in termini più radicali, e
forse per questo efficaci. L’idea della «mobilitazione cognitiva»
proposta da Barca, osserva Tocci, è senza dubbio suggestiva,
ma rientra nell’ambito delle «repubbliche immaginarie», e tende
cioè a collocarsi su un terreno molto lontano dalla machiavelliana
«realtà effettuale». In questo senso, Tocci allude esplicitamente
alla disgregazione della cultura della sinistra italiana, diventata
una «sinistra senza popolo»: «Come militante» – scrive Tocci –
«sono cresciuto nella periferia romana e da giovane facevo un
esercizio mentale per mettermi di buon umore. La sera partivo
dalla sede del Partito e andavo sempre in borgata. Lungo la
strada, al succedersi dei palazzi collegavo la crescita dei voti a
sinistra. Adesso per avere la stessa piacevole sensazione devo
fare un’inversione di marcia dalla periferia verso il centro. Da
trent’anni perdiamo i voti popolari e conquistiamo consensi tra i
ceti agiati. Oggi Parioli è un quartiere rosso di Roma» (p. 51). Ma
questa sorta di malinconico viaggio nella memoria è soprattutto la
premessa per una riabilitazione del bistrattato concetto di
populismo. Seguendo (implicitamente) la proposta del filosofo
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 9/10
Pubblicato da Damiano Palano a 9/17/2013
Reazioni: divertente (0) interessante (0) eccezionale (0)
argentino Ernesto Laclau, Tocci ritiene infatti che il ‘populismo’
non sia un modo per solleticare le masse e carpirne il consenso,
ma un modo di ‘produrre’ il popolo in cui si nasconde il nucleo
stesso del ‘politico’. Come sostiene in questo senso Tocci: «Il
popolo non esiste in natura. Non è un aggregato sociale e tanto
meno una classe. È prima di tutto una costruzione politica. Nasce
un popolo quando il politico decide una linea di frattura sulla
quale attesta la ricomposizione dell’eterogeneità sociale» (p. 52).
Nell’ottica di Tocci, la riabilitazione concettuale del populismo
costituisce la premessa per riconoscere il fallimento della sinistra
italiana (e in particolare del Partito Democratico) dinanzi al
compito della «costruzione politica» di un popolo. Più in generale,
quelle stesse intuizioni possono essere estese anche allo stesso
triangolo Stato-partiti-società. Forse dovremmo infatti chiederci
se non sia già fuorviante intendere quella relazione come un
triangolo, i cui vertici risultano più o meno saldamente legati gli
uni agli altri. Perché dovremmo chiederci se sia davvero corretto
considerare la ‘società’ come una realtà distinta dallo Stato e dai
partiti. Non solo perché, nel corso del XX secolo, i partiti si sono
insediati capillarmente nella società o perché lo Stato sociale ha
invaso la società, ridefinendone i tratti e forse persino
riducendone l’autonomia. Il punto è piuttosto che dovremmo
iniziare a concepire la società, i suoi bisogni e i suoi ‘interessi’
come un prodotto politico, e cioè come il risultato di una
determinata ‘rappresentazione’ della società e delle sue diverse
componenti. Ciò è piuttosto evidente in quelle visioni del pensiero
liberale che raffigurano l’individuo come un consumatore che
agisce spinto in modo esclusivo dal proprio interesse economico,
mentre tutti gli altri soggetti collettivo non sono altro che
alterazioni di questa dinamica ‘naturale’. Ma questo è evidente
che anche in quelle visioni che ritrovano nella società il corpo
sano della nazione, da preservare e rafforzare, o la realtà della
classe operaia, con i suoi interessi e la sua storica missione di
emancipazione.
Naturalmente non sono solo i partiti a produrre le
rappresentazioni della società. Ma forse possiamo riconoscere
che i partiti del XX secolo – proprio i vecchi partiti di massa che
sono ormai tramontati – hanno avuto la capacità di assolvere,
insieme alle altre, la funzione della «costruzione politica» di un
popolo, di rappresentazione della società e di definizione delle
fratture politiche. Se è evidente che oggi quella funzione non
viene più svolta dai partiti contemporanei, non è detto che il
modo migliore per pensare al partito ‘oltre il Novecento’ – e oltre
la realtà dei «partiti Stato-centrici» – non passi proprio da questa
strada. E dunque non è affatto escluso che la vera funzione dei
partiti debba essere ricercata non nella (perduta) ‘mediazione’ fra
Stato e società, ma proprio nella ‘costruzione’ politica del popolo
e della società.
Damiano Palano
Consiglialo su Google
14/9/2015 maelstrom: Il triangolo si è rotto? Annotazioni a margine del dialogo tra Fabrizio Barca e Piero Ignazi sul rapporto tra partiti, società e Stato.
http://www.damianopalano.com/2013/09/il-triangolo-no-non-lavevo-considerato.html 10/10
Post più recente Post più vecchioHome page
Iscriviti a: Commenti sul post (Atom)
Inserisci il tuo commento...
Commenta come: Account Google
Pubblica Anteprima
Crea un link
Nessun commento:
Posta un commento
Link a questo post
Damiano Palano
Segui 30
Visualizza il mio profilo completo
Informazioni personali
Iscriviti a
Post
Commenti
Follow by Email
Email address... Submit
Cerca
Cerca nel blog
3 Visualizzazioni totali
1 2 2 5 5 4
Damiano Palano. Modello Simple. Powered by Blogger.