Elementi di tradizione egizia nella documentazione di Locri, in “Rivista di Studi Fenici” 36,...

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FENICI E ITALICI, CARTAGINE E LA MAGNA GRECIA POPOLI A CONTATTO, CULTURE A CONFRONTO atti del convegno internazionale cosenza, 27-28 maggio 2008 a cura di maria intrieri e sergio ribichini I. PISA · ROMA FABRIZIO SERRA EDITORE MMXI

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FENICI E ITALICI,CARTAGINE

E LA MAGNA GRECIAPOPOLI A C ONTATTO,

CULTURE A C ONFRONTO

atti del convegno internazionalecosenza, 27 -28 maggio 2008

a cura dimaria intrieri e sergio r ib ichini

I.

PISA · ROMAFABRIZIO SERRA EDITORE

MMXI

Rivista semestrale

*Direttore responsabileFederico Mazza

*Redazione

Laura Attisani · Massimo BottoLorenza-Ilia Manfredi · Federico Mazza · Ida OggianoGesualdo Petruccioli · Sergio Ribichini · Paolo Xella

con la collaborazione diGiuseppina Capriotti Vittozzi e Andrea Ercolani

*Sede

Area della Ricerca di Roma 1, Via Salaria, km 29,300,Casella postale 10, I 00016 Monterotondo Stazione (RM)

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In copertinaSarcofago di Ahiram. Elaborazione grafica di un particolare del bassorilievo laterale.

Beirut, Musée National.

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE

ISTITUTO DI STUDI SULLE CIVILTÀ ITALICHEE DEL MEDITERRANEO ANTICO

RIVISTADI

STUDI FENICIFONDATA DA SABATINO MOSCATI

XXXVI, 1-2 · 2008

PISA · ROMAFABRIZIO SERRA EDITORE

MMXI

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e n. 218/2005 in data 31 maggio 2005

*issn 0390-3877

issn elettronico 1724-1855isbn 978-88-6227-446-3

*Proprietà riservata

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ATTI DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE«FENICI E ITALICI , CARTAGINE E LA MAGNA GRECIA.

POPOLI A CONTATTO, CULTURE A CONFRONTO»

cosenza, 27-28 maggio 2008

SOMMARIO, I · II

Rivista di Studi Fenici, XXXVI, 1-2 · 2008

Maria Intrieri – Sergio Ribichini, PresentazioneElenco delle abbreviazioniM’hamed Hassine Fantar, La présence phénicienne et la fondation de Carthage en Méditerranée

occidentale : des faits et des conséquencesGiovanna De Sensi Sestito, Cartagine e la Magna Grecia in età dionisiana. Il ruolo di IpponioAnnunziata Rositani, Pitagora e l’OrienteGiuseppe Squillace, Pitagora in Fenicia? Osservazioni su Giamblico, Vita Pyth., II, 5 – III, 17Rossella Pace, Orientalia a Francavilla MarittimaGiuseppina Capriotti Vittozzi, Elementi di tradizione egizia nella documentazione di LocriJan Kindberg Jacobsen – Maria D’Andrea – Gloria Paola Mittica, Frequentazione

fenicia ed euboica durante la prima Età del Ferro nella Sibaritide. Con un’Appendice di Anna MariaDe Francesco ed Eliana Andaloro

Giovanni Di Stefano, Eubei a Cartagine? Indicatori archeologiciMassimo Botto, Le più antiche presenze fenicie nell’Italia meridionalePaolo Carafa, Fenici a PitecusaMarianna Castiglione – Ida Oggiano Anfore fenicie e puniche in Calabria e Lucania: i dati e i

problemiFabrizio Mollo, La circolazione di ceramiche fini e di anfore tra i centri italici del Tirreno calabrese

e la Sicilia punica tra IV e III sec. a.C.: rotte commerciali e ateliers produttiviRoberto Spadea – Stefania Mancuso, Le rotte commerciali nell’istmo lametino

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Rivista di Studi Fenici, XXXVII, 1-2 · 2009

Lorenza-Ilia Manfredi, Il commercio e le monete nel Bruzio prima e dopo AnnibaleBenedetto Carroccio, Spunti e modi della propaganda annibalica nelle monetazioni della II guer-

ra punicaMaria Intrieri, Fra dialogo e conflitto: Annibale e i Greci d’OccidenteGian Piero Givigliano, Bruttii e Romani: inizio e dinamiche di una difficile convivenzaAlessandro Cristofori, I motivi della colonizzazione romana in Magna Grecia agli inizi del II sec.

a.C.

Emanuela Calcaterra – Sergio Ribichini, L’esilio di Anna fenicia, sulle rive di fiumi italiciLuciana De Rose, Tecniche di pesca tra Magna Grecia e CartagineIda Infusino – Francesco Grano, Il mito di Europa: dalla Fenicia all’Occidente grecoCarla Elisa Ilia Sollazzo, Qualche considerazione sulle divinità nel “giuramento di Annibale”Paolo Brocato – Francesca Caruso, Elementi dell’ideologia religiosa delle necropoli dell’Età del

Ferro in Calabria e contatti con l’OrientePaolo Brocato – Carlo Regoli, Iconografie orientali nei calici a sostegni in bucchero etruschiFrancesco Scornaienchi, Il trattato di Filino e la questione della responsabilità

8 sommario i, i i

a Rivista di Studi Fenici ha ritenuto di riservare i volumi XXXVI (2008) e XXXVII (2009) alla pubblicazione degli Atti del Convegno Internazionale “Fenici e Italici, Cartagine e la Magna Grecia.

Popoli a contatto, culture a confronto”, organizzato in collaborazione tra l’Istituto di Studi sulle CiviltàItaliche e del Mediterraneo Antico del CNR e il Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi dellaCalabria e svoltosi nella sede di quest’ultima nei giorni 27 e 28 maggio 2008.

In tal modo, si è confidato di fare cosa gradita ai nostri abbonati e a tutti gli altri lettori offrendo lorol’esito particolarmente significativo di una manifestazione scientifica che ha affrontato un tema fonda-mentale per la tradizione di studi che si riconosce e si esprime nella Rivista fondata da Sabatino Moscati,quello cioè dei rapporti tra la civiltà fenicia e punica e le altre civiltà protagoniste dell’antica storia mediterranea.

Accanto all’interesse e all’attualità insiti nel tema stesso del Convegno, un particolare valore aggiuntoè costituito dall’impegno a superare gli ambiti dei singoli settori specialistici per dar vita a un fecondo ereciproco confronto di metodi e di discipline, al fine di riconsiderare fonti letterarie e dati archeologici vecchi e nuovi con diverse angolazioni e nuove prospettive d’indagine.

La cospicua articolazione degli argomenti trattati e la ricchezza dei dati presentati, che coinvolgonoanche altri ambiti di studi oltre a quello più specificamente fenicio-punico, ha indotto inoltre a prevede-re – in accordo con l’Editore Fabrizio Serra – anche un’autonoma edizione monografica in due tomi, nell’auspicato intento di raggiungere un pubblico di lettori ancora più ampio.

Federico Mazza

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SOMMARIO, I

Maria Intrieri – Sergio Ribichini, Presentazione 13

Elenco delle abbreviazioni 17

M’hamed Hassine Fantar, La présence phénicienne et la fondation de Carthage en Méditerra-née occidentale: des faits et des conséquences 21

Giovanna De Sensi Sestito, Cartagine e la Magna Grecia in età dionisiana. Il ruolo diIpponio 29

Annunziata Rositani, Pitagora e l’Oriente 51

Giuseppe Squillace, Pitagora in Fenicia? Osservazioni su Giamblico, Vita Pyth., II, 5 – III, 17 73

Rossella Pace, Orientalia a Francavilla Marittima 81

Giuseppina Capriotti Vittozzi, Elementi di tradizione egizia nella documentazione diLocri 109

Jan Kindberg Jacobsen – Maria D’Andrea – Gloria Paola Mittica, Frequenta-zione fenicia ed euboica durante la prima Età del Ferro nella Sibaritide. Con un’Appendicedi Anna Maria De Francesco ed Eliana Andaloro 129

Giovanni Di Stefano, Eubei a Cartagine? Indicatori archeologici 149

Massimo Botto, Le più antiche presenze fenicie nell’Italia meridionale 157

Paolo Carafa, Fenici a Pitecusa 181

Marianna Castiglione – Ida Oggiano, Anfore fenicie e puniche in Calabria e Lucania:i dati e i problemi 205

Fabrizio Mollo, La circolazione di ceramiche fini e di anfore tra i centri italici del Tirrenocalabrese e la Sicilia punica tra IV e III sec. a.C.: rotte commerciali e ateliers produttivi 233

Roberto Spadea – Stefania Mancuso, Le rotte commerciali nell’istmo lametino 247

1. Aegyptiaca nel Mediterraneotra IX e VI secolo a.C.

a presenza di aegyptiaca, generalmenteamuleti o piccola suppellettile in faïence o

pasta vitrea, in siti archeologici italiani, puòcostituire un buon indicatore dei contatti, diretti o mediati, che una determinata area in-trattenne nell’antichità con le sponde orienta-li o nordafricane del Mediterraneo. La consi-derazione di tali piccoli manufatti, tanto alungo giudicati insignificante paccottiglia, de-ve moltissimo agli studi di G. Hölbl, che ne haprodotto ampi repertori a base geografica of-frendo notevoli indicazioni per distinguere imanufatti egizi da quelli fenicio-punici o egei,e al lavoro di F. De Salvia, che ripetutamenteha affrontato gli aspetti magico-religiosi con-nessi con questi oggetti e il problema dei pro-duttori e dei mediatori.

Lo studio degli aegyptiaca pone vari inter-rogativi in merito a:– il valore originario dell’oggetto;– la sua recezione e comprensione;– i luoghi di produzione e i vettori o media-

tori, solitamente ritenuti fenici o greci.È evidente che la risposta, anche parziale, a

questi interrogativi, risulta di grande impor-

tanza sia per gli studiosi dei rapporti intercul-turali nel Mediterraneo antico che per quelliche si occupano della storia e dell’archeologiadi quella determinata area geografica che ac-colse gli aegyptiaca.

Particolarmente interessante risulta la pos-sibilità che gli aegyptiaca offrono di ricostrui-re luoghi di produzione, rotte commerciali erelazioni sia economiche che culturali. Neglianni recenti, agli studi pionieristici di G.Hölbl si sono andate aggiungendo altre ri-cerche che di volta in volta hanno sottolinea-to il ruolo dei Fenici, dei Greci o dei Ciprio-ti, quali vettori degli aegyptiaca, rilevandocomunque sempre più una fluidità dei rap-porti che lasciano intuire in molti casi unaconvivenza e una cooperazione tra agenticommerciali di origine diversa. In particola-re, M. Botto1 ha recentemente posto l’accen-to sulla difficoltà di distinguere drasticamen-te l’apporto di Fenici, Eubei e Ciprioti e in talsenso si ricordi il ruolo del sito di Al-Minasulla costa siriana, utilizzato da Eubei tra IXe VIII secolo a.C.2 Lo sviluppo e l’intreccio diquesti contatti tra genti greche ed orientaliva poi cercato in ambienti insulari come Ci-pro3 e Rodi,4 dove proprio la ricca presenzadi aegyptiaca esprime i contatti interculturali:

* Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Medi-terraneo Antico, CNR – Roma.

Ringrazio l’amico prof. F. De Salvia per le prezio-si indicazioni, le interessanti conversazioni su que-sto argomento e per avermi dato la possibilità di leg-gere il manoscritto del suo intervento al recenteconvegno La cultura egizia ed i suoi rapporti con i po-poli del Mediterraneo durante il I millennio a. C. (Viter-bo, 6-7 novembre 2008), tenutosi nelle more dellastampa di questo mio contributo. Ringrazio inoltreil prof. G. Hölbl per la gentile disponibilità ad aiu-tarmi nelle mie ricerche.

1 Botto 2008, particolarmente p. 124. Lo studiopresenta un’accurata ricostruzione delle rotte com-merciali del tempo e ampia bibliografia precedente.

2 Su questo sito si veda recentemente Tabita2007, con bibliografia precedente.

3 Sull’importanza di questa isola nella diffusionemediterranea degli aegyptiaca, si veda in particolareDe Salvia 1989, 2000, 2008; Hölbl 2000; Botto2008.

4 Hölbl 2000, 2005, 2006 con bibliografia prece-dente; Caubet – Fontan – Le Meaux 2007; Redis-si 2007. Si veda inoltre, per l’ambiente microasiatico,Hölbl 2007 e 2008.

RStFen, xxxvi, 1-2 · 2008

ELEMENTI DI TRADIZIONE EGIZIANELLA DOCUMENTAZIONE DI LOCRI

Giuseppina Capriotti Vittozzi*Roma

L

110 giuseppina capriotti vittozziin ambedue le isole è evidente la presenza dicomunità fenicie.5

Al commercio degli oggetti egizi, si ag-giunse, da parte di alcuni tradizionali vettori,la produzione di aegyptiaca di imitazione, at-tività nella quale si distinsero i Fenici, e cheritroviamo a Cipro e in area egea.6 Un casoparticolare è costituito da Naucrati, emporiogreco nel Delta egiziano, dove è stata rinve-nuta una fabbrica di scarabei: la sua gestioneviene attribuita generalmente a Greci, manon mancano ipotesi su una partecipazionefenicia.7 Esiste una chiara relazione tra alcu-ni tipi di piccoli oggetti in faïence ritrovati aNaucrati ed altri da Rodi o che sembrano farriferimento all’ambiente rodio:8 per questi,De Salvia ha riconosciuto una dipendenza datipi ciprioti, supponendo un ruolo chiave deiCiprioti nella produzione di Naucrati, cosìcome anche per le imitazioni forse prodottein ambito egeo, lo studioso suppone un im-pegno di Fenici o Ciprioti.9 In questo com-plesso panorama, in cui i ruoli dei Fenici edei Greci si intersecano e si sovrappongono,va ricordata tuttavia l’osservazione di G.Hölbl:10 al contrario dei Greci, i Fenici veico-lavano gli aegyptiaca non in quanto exotica,ma come elementi appartenenti alla propriacultura.

2. Aegyptiaca in Calabria

Possiamo dire, dunque, che gli aegyptiaca ca-labresi raccontano un’altra storia, o megliooffrono sfaccettature per una storia ancora daraccontare, nell’elaborazione della quale èutile la collaborazione di competenze diverse.Questo contributo, che parte da una visione

egittologica, è volto prima di tutto a com-prendere gli oggetti in sé ma anche al tentati-vo di considerarli in relazione al contesto del-la Calabria antica.11 Sul territorio calabresesono stati rinvenuti aegyptiaca abbastanza nu-merosi:12 tra essi abbiamo i trovamenti daicontesti più antichi conosciuti in Italia per ta-li oggetti. Il sito di Torre Galli (Vibo Valentia)ha restituito infatti scarabei dalla fase 1A, da-tabile alla fine del X sec. a.C. Gli amuleti si trovavano in tombe femminili molto ricche evicine tra loro, appartenenti probabilmentead un unico nucleo famigliare.

In questo ambiente “precoloniale”, gli ae-gyptiaca testimoniano la presenza di una navi-gazione vicino-orientale:13 essi non sono af-fiancati da ceramica euboica, ma invece dauna suppellettile dai tratti ciprioti. Torre Gal-li indica dunque la frequentazione da parte dinaviganti provenienti dall’Oriente mediterra-neo lungo quella rotta tirrenica che conduce-va alle risorse minerarie della Sardegna e del-l’Etruria, lungo la quale successivamente iGreci dell’Eubea stabilirono l’insediamentodi Pithekoussai. Già in un periodo così antico,a Torre Galli, notiamo che gli amuleti dellamagia egizia non venivano veicolati come ge-nerici beni esotici ma con specifiche indica-zioni profilattiche e terapeutiche, come ci vie-ne rivelato dal ritrovamento esclusivo intombe femminili: la specificità di queste indi-cazioni relative alla sfera della riproduzione,della nascita e dell’infanzia, divennero semprepiù chiare nel corso di tutta la storia di questeacquisizioni orientali.

Un sito di particolare interesse per lo studiodegli aegyptiaca in Calabria sembra essere Lo-cri con la sua posizione geografica: A Locris

5 Su Cipro, si veda tra l’altro Karageorghis1988; per quanto riguarda Rodi, la presenza fenicia viè stata riconosciuta ma in maniera più problemati-ca: Bisi 1987 con bibliografia precedente.

6 Su questi argomenti si veda in particolareHölbl 2000, 2005.

7 De Salvia 1989, p. 87.8 Si vedano le figurine di suonatore di “doppio

flauto”: infra. Sull’argomento, si veda, oltre alla bi-bliografia di De Salvia, Caubet – Fontan – Le Me-aux 2007, pp. 200-201.

9 De Salvia 1993, pp. 68-69; De Salvia 2006a, p.26. 10 Hölbl 2000, p. 122.

11 Quest’ultimo sarà certamente, da parte mia,un approccio limitato e imperfetto, aperto a un con-fronto con gli studiosi del settore, che possa arric-chire o correggere il mio punto di vista.

12 Sugli aegyptiaca della Calabria, si veda, oltre allavoro fondamentale di Hölbl 1979, De Salvia –Murgano 2006 e in particolare De Salvia 2006b eHölbl 2006.

13 Hölbl 2006, pp. 32-34; Botto 2008, pp. 129-130.

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 111Italiae frons incipit, Magna Graecia appellata(Plin., Nat. Hist., III, 95). La città greca ha re-stituito un piccolo lotto di aegyptiaca14 digrande interesse e al contempo offre un con-testo cultuale che ci può aprire qualche op-portunità di comprensione. La maggior partedegli aegyptiaca di Locri è stata rinvenuta in undeposito votivo del tempio di Persefone allaMannella. L’ambiente locrese del Persephone-ion ha restituito un frammento di fiaschettaegizia del nuovo anno, un suonatore di “dop-pio flauto”, un piccolo cavaliere, uno scara-beo probabilmente non egizio, un piccolo divolatile, forse una colomba, un aryballos in fa-ïence; di alcuni altri oggetti locresi non è co-nosciuto il contesto di provenienza: uno sca-rabeo, egizio in questo caso, e una figurinastante che ha caratteristiche simili a quella delcosiddetto suonatore di flauto.

3. La dedica di aegyptiacain templi greci

La presenza di oggetti allogeni nei depositivotivi di un tempio greco è un dato interes-sante e soggetto a discussione. F. De Salvia haosservato che, in ambiente greco, va operatauna distinzione fondamentale tra la deposi-zione di un aegyptiacum in un contesto priva-to come una tomba e quello in ambito tem-plare: se le donne greche potevano acquisiree utilizzare privatamente oggetti tipici di unamagia profilattica allogena, sembra difficileche Greci potessero dedicare oggetti estraneialla propria tradizione in un luogo di cultopubblico. Lo studioso propone dunque che adedicare questi oggetti (peraltro abbastanzarari rispetto a quelli tipicamente greci) fosse-ro dei meteci, stranieri che avevano il per-messo di frequentare il santuario, stranieri diprobabile provenienza orientale.15 Lo stesso

De Salvia riconosce, d’altra parte, atteggia-menti diversi nell’ambiente greco.16

Su questo complesso argomento, è interve-nuto recentemente il convegno internaziona-le Stranieri e non cittadini nei santuari greci:17 inquesta occasione, F. Mora ha sottolineato unacerta flessibilità del mondo greco riguardo al-la presenza di stranieri nei templi ellenici, inun ambiente che guardava con sospetto so-prattutto i culti stranieri, più che le persone.18L’acquisizione di aegyptiaca ad uso cultuale inambiente greco è dunque un problema com-plesso, che trova il suo punto focale in ambienti come Samo e Rodi, dove sono statitrovati numerosi oggetti egizi o egittizzantidedicati nei templi, che in epoca arcaica furo-no luoghi di incontro di gruppi eterogenei.Lo Heraion di Samo ha restituito una grandequantità di oggetti votivi di importazione chehanno posto fortemente l’interrogativo sul-l’identità dei dedicanti e proprio il convegnoappena citato ha rimesso in discussione l’ar-gomento: G. Camassa, ad esempio, ha avan-zato l’ipotesi che fossero Eubei i dedicanti dibardature bronzee siriane nei templi di Ere-tria e di Samo,19 dedica che, secondo lo stu-dioso, rileverebbe una certa capacità di porrein relazione divinità vicino-orientali con divi-nità greche.20

Su una riconosciuta relazione tra divinitàeterogenee e divinità greche, è tornata S. Eb-binghaus a proposito dei numerosi doni bron-zei egizi trovati a Samo:21 di tali oggetti nonconosciamo con precisione gli offerenti, masembra possibile che siano stati Greci a ripor-tarli dall’Egitto, dove le fonti attestano un for-te impegno di mercenariato durante la XXVIdinastia (ad es. Hdt., II, 152).22 Particolare in-teresse suscita la dedica di uno specchio conimmagine di culto dell’egizia Mut, che lasce-rebbe intravedere il riconoscimento di una re-

14 Per un catalogo di questi oggetti, si vedaHölbl 1979, II, pp. 254-259.

15 De Salvia 1993.16 De Salvia 2006b, pp. 20-21.17 Naso 2006.18 Mora 2006, particolarmente p. 20.

19 Camassa 2006, p. 30 e ancora nella discussionea p. 125.

20 In particolare Astarte con Hera di Samo e Re-shef con Apollo di Eretria.

21 Sull’argomento, si veda recentemente ancheWeitz 2006.

22 Ebbinghaus 2006, pp. 194-196.

112 giuseppina capriotti vittozzi

lazione tra Hera e la dea tebana e coinciden-ze tra i relativi rituali.23 La ricca presenza dimateriali egizi a Samo corrisponde al periodonel quale i Greci stabilirono stretti rapporticon l’Egitto e iniziarono un processo di incul-turazione profondo, capace di comprendere eanche di acquisire credenze egizie.24

Alle dediche di bronzi egizi a Samo, corri-sponde d’altra parte la dedica di bronzi ugual-mente egizi con iscrizioni in greco in templidella Valle del Nilo, databili tra metà del VI eIV secolo a. C.25 Questa inculturazione è evi-dente ormai al tempo di Erodoto, quando lostorico greco stabilisce equivalenze certe trale divinità nilotiche e quelle greche. A megliodefinire la possibilità che dei Greci di ritornodall’Egitto avessero dedicato oggetti egizi nei

propri santuari, va sottolineato il ritrovamen-to di alcune statuette lapidee egizie con iscri-zioni greche: si veda in particolare una statuacubo ritrovata a Priene con la dedica di Pe-don, mercenario in Egitto per il faraonePsammetico (probabilmente il I),26 o un altroframmento da Camiro (Rodi).27

In occasione dello stesso convegno, H. Ky-rieleis ha analizzato la presenza di doni certa-mente offerti, secondo le fonti, da stranieri,come nel caso del faraone Amasi (Hdt., II,182), rilevando che i “doni di Stato” nei templigreci rispondevano ad esigenze politiche e al-l’opportunità di riconoscere l’importanza diluoghi simbolici dell’identità greca; lo studio-so osserva anche la necessità, in ambito com-merciale, di ossequiare i templi delle cittàospitanti in una rete di relazioni e protezionireciproche.28 Sembra dunque di poter rileva-re, almeno in alcuni santuari, una certa fluidi-tà e probabilmente il superamento di antichitabù. Tra VII e VI secolo a.C., in un’epoca digrande dinamismo commerciale e politico, inparticolare i santuari delle isole egee furonoun luogo di incontro fecondo tra Greci e gen-ti vicino-orientali,29 tale fenomeno dovette ri-flettersi in qualche modo nei maggiori centriportuali del Mediterraneo.

4. Gli aegyptiaca di Locri

Degli aegyptiaca di Locri, prenderemo qui inparticolare considerazione alcuni esemplariche sembrano significativi per ricostruire i si-gnificati da essi veicolati.

4. 1. La fiaschetta del nuovo anno

La fiaschetta del nuovo anno (Fig. 1) appar-tiene ad un genere che ebbe una certa diffu-sione fuori dall’Egitto e che era importantenella Terra del Nilo.30 Il particolarissimo regi-me del fiume riportava annualmente la piena

23 Ebbinghaus 2006, pp. 196-198.24 Ebbinghaus 2006, pp. 197-200.25 Masson 1977.26 Masson – Yoyotte 1988; Ampolo – Brescia-

ni 1988; Kyrieleis 2006, p. 131; Ebbinghaus 2006,p. 195.

27 Recentemente Ebbinghaus 2006, pp. 195-196con bibliografia precedente.

28 Kyrieleis 2006, pp. 134-136.29 Camassa 2006.30 Hölbl 1979, I, pp. 34-41; Seif el-Din 2006, pp.

15-19, con bibliografia precedente. Per una sintesi

Fig. 1. Frammento di fiaschetta per l’acquadel nuovo anno da Locri.

Museo Nazionale di Reggio Calabria (7.296)(da Hölbl 1979, II, tav. II, 1).

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 113dalle terre del profondo sud, essa giungeva interritorio egiziano intorno al 19 di luglio eproprio il suo arrivo segnava l’inizio del nuo-vo anno: tutta la cultura egizia ruotava intor-no a questo evento dal quale scaturivano mi-ti e culti. L’acqua del nuovo anno giungevalungo l’asse sud-nord, caratterizzante la rige-nerazione annuale della natura; essa portavasignificati mitici importanti: si riteneva scatu-risse dalla tomba stessa di Osiri, che del diorappresentasse gli umori cadaverici e che co-stituisse il dirompere dello stesso oceano pri-mordiale, dunque la piena era il ricorrere del-la Prima Volta nell’attualità. D’altra partel’acqua rigenerante che irrompeva nel deser-to e sommergeva l’Egitto portava in sé unacontraddizione, coniugava due opposti, in undualismo tipico della mentalità egizia: la pie-na veniva infatti dal cuore dell’Africa, da terreinfuocate, pericolose e mortifere e giungevain Egitto proprio nel periodo della canicola.Nel mito egizio,31 in questi territori assolatidel sud, vagava la figlia di Ra, la Dea Lontanao Terribile, leonessa furiosa e inselvatichita,una Sekhmet pericolosa al genere umano, cheil padre cercò di ricondurre in Egitto con ibuoni uffici di Thot, dio della sapienza in for-ma di babbuino. Finalmente tornata in Egit-to, la dea si cambiò in gatta amorevole, Ba-stet-Hathor dea della gioia, dell’ebbrezza edell’erotismo, divinità benefica assimilata allapiena. Al suo corteggio appartengono nani escimmie danzanti, muniti di strumenti musi-cali; in particolare troviamo Bes, nano par-

zialmente teriomorfo protettore del concepi-mento e della nascita.32

Il bel frammento di fiaschetta del nuovo an-no rinvenuto a Locri,33 appartiene ad un con-tenitore destinato a raccogliere e conservarereligiosamente l’acqua della piena; esso pre-senta alla base del collo due scimmiette acco-vacciate:34 si tratta del cercopithecus aethiops,ben conosciuto da altri esemplari e dall’ico-nografia egizia, una scimmia dal manto ver-dognolo che qui vediamo ai lati del collo del-la fiaschetta modellato a forma di papiro: inEgitto la figura del papiro stesso può essereun amuleto, poiché il suo nome, wadj, signifi-ca verde, fresco, vitale. La scimmia verde, inEgitto indubbiamente connessa con la ses-sualità, rinvia a ciò che il papiro esprime an-che nella scrittura: il colore verde, la vitalità,la rigenerazione. Questo genere di contenito-ri venne diffuso nel Mediterraneo e se ne tro-vano diversi esemplari in Etruria.35

4. 2. Il suonatore di “doppio flauto”

Il suonatore del cosiddetto doppio flauto(Fig. 2)36 appartiene ad un immaginario ana-logo. La figurina di Locri trova numerosi con-fronti tra i piccoli oggetti in faïence diffusi nelMediterraneo e riferibili, secondo G. Hölbl,all’ambiente rodio e naucratita;37 un’immagi-netta analoga è stata trovata a Taranto.38Un’altra faïence da Locri, la cui provenienzanon è però conosciuta, appartiene ad un ge-nere affine: una figurina stante, con tratti sti-

sull’argomento, si può vedere Desroches-Noble-court 1995, particolarmente p. 177.

31 F. Daumas: LÄ, II, 1024-1033, s. v. Hathor; Bre-sciani 1992; Brunner-Traut 1999, pp. 123-126 e 246.

32 Daumas 1968.33 Museo Nazionale di Reggio Calabria, inv.

7.296; Hölbl 1979, II, pp. 256-257, n. 1296; Hölbl2005, p. 126,

34 Su queste scimmie e il loro significato si vedaCapriotti Vittozzi 2003. Il legame con il Capo-danno di questo genere di contenitori è attestatodall’iscrizione spesso presente sulla superficie (Seifel-Din 2006, p. 16). Recentemente, in occasione diuna mostra sui profumi nell’antichità, J. Gran-Ay-merich è tornato sull’argomento accettando un uso

delle fiaschette in Occidente quali porta unguenti eriportando il ritrovamento di una integra in Spagna,di un tipo simile all’oggetto di Locri, con cercopi-thechi sulla spalla del contenitore: Gran-Aymerich2008, p. 103-104. Sembra probabile che queste fia-schette, fuori dall’Egitto, mantenessero la loro fun-zione originaria, vista la circolazione della stessa ac-qua del Nilo nel Mediterraneo: Meeks 2001.

35 Hölbl 1979, I, p. 36.36 Museo Nazionale di Reggio Calabria, inv. 5.817;

Hölbl 1979, II, p. 257, n. 1299.37 Hölbl 1979, I, p. 283; Hölbl 2000, p. 135;

Hölbl 2005, p. 117. Sul genere a Naucrati, si veda DeSalvia 1989.

38 Hölbl 1979, II, p. 213, n. 1046.

114 giuseppina capriotti vittozzi

listici e iconografici simili, probabilmentefemminile;39 anche Taranto ha restituito unoggetto simile.40 Non è facile identificarechiaramente il sesso di queste figurine, tutta-via la linea accentuata dei fianchi e del seno diquelle prive di strumento musicale potrebbe-ro lasciar immaginare che anche quelle condoppio flauto siano donne.

Va anche chiarito di quale strumento si tratta in realtà: solitamente definito “doppioflauto” nella letteratura archeologica, si trat-terebbe probabilmente di un doppio oboe,41caratterizzato dunque da un’ancia, come an-che il greco aulos. In Egitto, questo strumen-to compare alla metà del secondo millennioa.C., lo si trova in mano a giovani donne (Fig.3) che talvolta portano una piccola figura diBes tatuata su una coscia,42 particolarmentein contesti connessi con la sessualità e la rige-nerazione. In Egitto, anche la scimmia puòsuonare il doppio oboe (Fig. 4).43

La giovane suonatrice di doppio oboe (Fig.5) è ricorrente tra le figurine in faïence studia-te da J. Bulté e definite “talismani di felice ma-ternità”,44 esse ebbero diffusione nel Delta

egiziano e nel Mediterraneo intorno all’VIII-VI sec. a. C.: i soggetti ricorrenti sono soprat-tutto Bes e donne nubiane mostrati nell’attodi nutrire l’infante, spesso accompagnati dascimmie. Questi oggetti sono caratterizzatida pennellate e macchie in vernice scura. I ta-lismani di felice maternità, il cui ruolo magi-co nella protezione della donna e dell’infanziaè stato ben ricostruito dalla Bulté, sono chia-ramente legati alla sfera hathorica ed ebberoampia diffusione nel Mediterraneo e un suc-cesso tale da richiederne delle imitazioni. Traquesti, alcuni mostrano figurine nell’atto disuonare il doppio oboe, talvolta in compagniadi scimmie.45 Dai dati raccolti da J. Bulté, no-

39 Museo Nazionale di Taranto, inv. 8.395. Hölbl1979, II, p. 257, n. 1298.

40 Hölbl 1979, II, p. 213, n. 1047.41 Manniche 1991, pp. 48-49. Da qui in poi

chiameremo doppio oboe questo strumento, anche se è difficile riconoscere la presenza o menodi un’ancia.

42 Manniche 1991, p. 110.43 Ad esempio su un ostracon: Parigi, Musée du

Louvre, E 25309; Andreu – Donadoni Roveri2003, p. 167, n. 120. 44 Bulté 1991.

45 Bulté 1991, p. 56, nn. 146 e 147bis, p. 57, n. 150,p. 59, nn. 159-162; S. Ducaté-Paarmann: Bickel2004, pp. 70-73.

Fig. 2. Suonatore di oboe in faïence da Locri(da Hölbl 1979, II, tav. 155).

Fig. 3. Pittura muraria a Deir el-Medina(da Manniche 1991, p. 109, fig. 65).

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 115

tiamo che questi oggetti erano particolar-mente presenti a Bubasti, e tra quelli prove-nienti dal sito troviamo anche il tipo con dop-pio oboe.46 Sull’uso dell’aulos durante le festedi Bubasti, Erodoto (II, 60) ci ha lasciato si-gnificativa testimonianza. Tra i bronzi di Sa-mo, spicca una figura di giovane suonatore didoppio oboe portante sulle spalle Bes.47

Sembra possibile avanzare l’ipotesi che le fi-gurine del tipo trovato a Locri derivino dal ge-nere studiato da J. Bulté: esse appaiono sem-plificate nei soggetti e nel modellato, tuttaviafanno riferimento allo stesso ambito mitico;anch’esse presentano alcuni tratti sottolineati

da vernice scura e, particolare significativo, al-cune di esse presentano tratti negroidi:48 ap-pare chiaro, dunque, il riferimento a quel-l’immaginario africano, legato al ritorno dellapiena dal sud, ben espresso dalla figura di Bese dalle immaginette studiate dalla Bulté, chedovette essere particolarmente vivo nel Deltae segnatamente a Bubasti, in luoghi frequen-tati da Fenici e Greci che ne conobbero e ac-quisirono le credenze.

Il tipo iconografico del suonatore di doppiooboe è dunque ben noto in vari siti del Medi-terraneo e in particolare Rodi e Naucrati nehanno restituito diversi esemplari:49 da Rodi

46 Bulté 1991, p. 112.47 Anche l’acconciatura dei capelli del giovane

suonatore, divisi in due grandi ciocche ai lati del ca-po, è simile a quelle di alcune figurine in faïence: V.Dasen: Bickel 2004, p. 68, fig. 17k; Ägypten Grie-chenland Rom, pp. 510-511, n. 67.

48 Hölbl 1979, I, p. 283.49 Su questo, si veda anche De Salvia 1989, p. 90

e nota 49. Sui reperti di Rodi, in particolare: Blin-kenberg 1931, col. 351, nn. 1259, 1270 e 1279; pls. 55-56; Hölbl 2005, p. 122, fig. 18.

Fig. 4. Ostracon egizio con scimmia musicante(da Andreu – Donadoni Roveri 2003,

p. 167, n. 120).Fig. 5. Suonatrice di doppio oboe in faïence

(da Bulté 1991, pl. 30d).

116 giuseppina capriotti vittozzi

provengono anche alcune figurine in calcareritenute cipriote.50 Inoltre, tra le faïences diRodi (Fig. 6), vediamo anche una scimmiettache suona il doppio oboe, a segnalarci comel’immaginario egizio fosse stato compreso.51Infine, va notato che l’immagine del perso-naggio che suona il doppio oboe ebbe a Locriuna continuità, se consideriamo una terracot-ta di IV-III sec. a. C.52 (Fig. 7).

4. 3. Il cavaliere

Tra gli aegyptiaca di Locri abbia-mo infine la figurina di un cava-liere (Fig. 8):53 si tratta di un ti-po veramente raro che – a miaconoscenza – trova confrontopreciso solo in un frammento daRodi.54 L’oggetto è abbozzato inpochi tratti efficaci: la cavalcatu-ra è modellata in maniera chepotremmo dire vivacementebozzettistica mentre il cavaliereè piuttosto minuto, le proporzio-ni tipiche di un bambino piccoloo meglio di un nano, la testagrande, il corpo tozzo e gli artibrevi. F. De Salvia ha pensato,certo coerentemente, di metterein relazione questo piccolo cava-liere con quelli numerosissimi diambiente cipriota,55 tra i quali,peraltro, può capitare di osserva-re delle proporzioni analoghe,anche se non è facile dire quantoqueste siano dettate dalla tecnicasommaria. Un’altra possibilità,restando nell’ambito delle ipote-si, è presentata da una altrettan-to rara figurina in faïence, in questo caso egizia (Fig. 9): pub-blicata da Ch. Desroches-Noble-court, essa mostra un bambino,

o forse un nano, a cavallo di un asino.56A ben guardare, anche la cavalcatura di Lo-

cri ha un che di asinino, nelle proporzioni,nelle orecchie grandi, nella linea accentuatadella mandibola. La Desroches-Noblecourtha rilevato l’ambiguità tra il nano e il fanciul-lo, ambiguità peraltro ben conosciuta.57 Èben comprensibile, in Egitto, il senso del

50 Blinkenberg 1931, coll. 426-427, nn. 1703-1710;pls. 69-70.

51 Blinkenberg 1931, col. 347, n. 1252; pl. 55.52 Costamagna – Sabbione 1990, p. 139, fig. 190;

De Salvia 2006b, p. 25.53 Museo Nazionale di Reggio Calabria, inv. 5.815.

Hölbl 1979, II, pp. 257-258, n. 1300; Hölbl 2005, pp.126-127, fig. 27.

54 Blinkenberg 1931, col. 354, n. 1296; pl. 56.55 De Salvia 1989, p. 88.56 Desroches-Noblecourt 1997.57 Capriotti Vittozzi 2003.

Fig. 6. Scimmia musicantein faïence da Rodi

(da Blinkenberg 1931, pl. 55).

Fig. 7. Terracotta raffiguranteuna suonatrice di doppio oboeda Locri (da Costamagna –Sabbione 1990, p. 139, fig. 190).

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 117

nano come immagine perenne della fanciul-lezza: nel nano restano, come fossilizzate, leforme dell’infanzia pur raggiungendo egli lamaturità sessuale; le proporzioni del capo e ladeformità degli arti sembrano mantenere lecaratteristiche tipiche del neonato, che dun-que si caricano di significati augurali riguardoalla rigenerazione. Anche iconograficamentenano e bambino possono sovrapporsi, soprat-tutto negli oggetti di ambiente popolare, qua-li ad esempio alcune immagini di Pateco o leterrecotte di epoca greco-romana, assumen-do il nano il ricciolo tipico dell’infanzia.58

Tornando alla figurina a cavallo di un asinostudiata dalla Desroches-Noblecourt, notia-mo anche che mostra un’acconciatura forma-ta da due grandi ciocche ai lati del capo, similea quella che si ritrova nei già citati “talismanidi felice maternità” e che sembra fare riferi-mento alle popolazioni africane.59 Alla stessacategoria di oggetti, definita “à pois foncés”,questo piccolo cavaliere si avvicina per lemacchie in superficie che lo caratterizzano.La Desroches-Noblecourt ha visto nel picco-

58 Si veda ad esempio una terracotta da Alessan-dria: Breccia 1934, p. 39, n. 209, tav. LXXXVII, 454.Per altri casi: Capriotti Vittozzi 2003, p. 148, no-ta 65.

59 Si veda, ad esempio, la bella statuetta di Nubia-na al Museo del Louvre (E 11169): Bulté 1991, tav. 21.

Fig. 8. Cavaliere in faïence da Locri(da Hölbl 2005, p. 127, fig. 27).

Fig. 9a-b. Cavaliere in faïence(da Desroches-Noblecourt 1997, tav. I).

a

b

118 giuseppina capriotti vittozzi

lo personaggio una figura del fanciullo solare,Horo, ma forse anche il grande nano nel qua-le Ra può essere identificato. La studiosa,inoltre, ha acutamente intuito la funzioneteofora dell’asino anche sulla base di alcunefonti letterarie: esso avrebbe trasportato ilcorpo di Osiri, così come il grano.60

Tale funzione è stata recentemente confer-mata dalla pubblicazione di un papiro conser-vato a Brooklyn, il quale rappresenta una sor-ta di atlante mitologico del Delta: nell’areadell’attuale Cairo, a Kher-Aha, un sito moltoimportante da un punto di vista religioso finoall’epoca romana, si attuavano dei riti nei qua-li l’asino trasportava la reliquia di Osiri.61 Iltrasporto di Osiri/grano può darci una spie-gazione del trasportare Horo bambino, im-magine della rinascita:62 l’asino, fortementeconnotato in Egitto da caratteristiche caoti-che e sessualmente sfrenate,63 insieme albambino/nano crea dunque una nuova allu-

sione all’ambito della rigenerazione. Non vadimenticato, infine, il ruolo del mulo o del-l’asino in ambito dionisiaco, dove trasportaappunto Dioniso:64 la sovrapposizione traOsiri e Dioniso è ben conosciuta sia in ambi-to greco che romano.65 D’altra parte, succes-sivamente, nell’Egitto greco-romano, si diffu-se l’immagine del bambino Horo a cavallo eci si può chiedere se questo genere sia in rela-zione con quello che abbiamo descritto: co-me l’asino possa essere diventato un cavallopuò essere facilmente immaginabile, vistal’importanza di questo animale nel mondogreco.

In questo ambito, appare interessante il fat-to che la missione archeologica a Bakchias(Fayyum) diretta da S. Pernigotti, abbia rinve-nuto terrecotte di Arpocrate a cavallo neigrandi granai che caratterizzano la città e laqualificano come luogo di deposito cerealico-lo.66 Il tipo sull’asino, tuttavia, dovette avereuna sua continuità che al momento possiamosolo intuire, se un gruppo di epoca romana daOstia (Fig. 10), certamente da originale ales-sandrino, ci mostra un asino – o mulo? – sulquale c’è un fanciullo, che per il nebride sem-bra un piccolo Dioniso o Arpocrate-Dioniso,accompagnato da un personaggio che fisica-mente ricorda i nani delle terrecotte di epocagreca e romana.67

Procedendo ancora un po’ in questo excur-sus riguardante il bambino/nano sull’asino,possiamo ricordare anche delle altre figurinein terracotta, da Rodi e da Tanagra (Fig. 11),che ci mostrano addirittura una scimmiettasu una cavalcatura che sembrerebbe proprioun asino;68 una terracotta dal modellato som-mario ritrovata a Rodi mostra un cavaliere dal

60 Desroches-Noblecourt 1997, pp. 173-174.61 Meeks 2006, pp. 12-13, 73-77, 207-214, particolar-

mente pp. 209-212.62 Desroches-Noblecourt 1997, pp. 173-174.63 Donadoni 1981.64 Per Dioniso trasportato da un asino o da un

mulo: C. Gasparri: LIMC, s. v. Dionysos, III.1, pp.457-460, nn. 384-407; III.2, pp. 341-345; III.1, pp. 458-459, nn. 402-403; III.2, p. 344.

65 Hdt., II, 42; Plu., De Iside et Osiride, 28 e 35.66 I dati sono stati resi noti nel corso della giorna-

ta di studi Neg/Otia nostra. Le Conferenze del Diparti-mento di Studi Storico-Religiosi: Il Fayyum dall’Elleni-smo al Tardoantico. Documentazione archeologica e testuale (Roma, 15 dicembre 2008), dalle relazioni diS. Pernigotti, Per la storia di un villaggio di età greco-romana: Bakchias e di A. Morini, Vita quotidiana aBakchias: la cultura materiale (Morini – Vinci 2009).

67 Moreno 1994, II, p. 720, fig. 891; CapriottiVittozzi 2003, p. 149.

68 Winter 1903, p. 223, n. 1 e 4: almeno il n. 4 hauna scimmietta come cavaliere.

Fig. 10. Gruppo scultoreo da Ostia(da Moreno 1994, II, p. 720, fig. 891).

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 119muso piuttosto scimmiesco.69 Abbiamo giàaccennato all’immagine della scimmia: essa sitrova ad esempio nei talismani di felice ma-ternità mentre viene nutrita come fosse unbambino;70 se la sua vicinanza alla figura delnano è chiara nella cultura egizia, essa si ri-trova anche nel mondo greco, testimoniataad esempio da Diodoro Siculo (III, 35, 5) e dalmito di Eracle e i Cercopi, tramutati poi inscimmie e portati a Ischia e Procida, chiama-te dunque Pithekoussai.71 Lo stesso atteggia-mento scimmiesco attribuito in Egitto al na-no Bes, si ritrova anche fuori dall’Egitto, adesempio in un vaso configurato da Agrigen-to.72 Il legame della scimmia con l’ambito del-la rigenerazione è evidente nel Mediterraneo,dove si trovano piccole figure di scimmie dif-fuse in ambito funerario, particolarmentenell’ambiente fenicio, ma anche in quello ita-lico.73

L’asino cavalcato da un nano o da una scim-mia, come pure quest’ultima occupata in atti-vità musicali, può indurci a definire queste come immagini grottesche, riferibili ad unambito caricaturale e buffonesco spesso rin-tracciabile nella plastica di piccole dimensionidell’Egitto tardo. In realtà, è stato ampiamen-te dimostrato il legame di questo “mondo –per così dire – alla rovescia” con un certo ambito mitologico e segnatamente con quel-lo riguardante la piena e la rigenerazione,74passato poi nel Mediterraneo soprattutto at-traverso gli amuleti.

4. 4. I nani

A questa stessa cerchia appartiene anche unultimo genere di oggetti locresi che qui ana-lizziamo: figurine di nani, a partire da quelle

del cosiddetto demone kourotrophos o demo-ne panciuto;75 questo tipo comprende ogget-ti diffusi nel Mediterraneo durante il VI sec. a.C. raffiguranti un nano che spesso porta sullaspalla un infante, per qualcuno una scimmia.Il genere si trova particolarmente nel mondogreco76 ma anche altrove, come si può vede-re da statuette trovate a Cartagine77 o a Satri-cum.78 Viene generalmente riconosciuta unadipendenza di questo genere dal cosiddettoPateco egizio, una figura di nano in relazionecon il dio Ptah di Menfi ampiamente diffusanel Mediterraneo: secondo Erodoto, Ptah,dio protettore degli artigiani interpretato daiGreci come Efesto, era rappresentato comenano nel suo tempio di Menfi; lo stesso Ero-doto parla della somiglianza di questo nanocon i Cabiri (III, 37).79 Per V. Dasen, il generedel “demone panciuto” fu forse creato a Samo80 che, nel periodo arcaico, aveva strettilegami con l’Egitto: il grande santuario grecoebbe infatti un’importante funzione di inter-faccia tra Oriente e Occidente. F. De Salviatrova a Cipro un probabile luogo di acquisi-zione e interpretatio dell’immaginario egiziodel nano:81 in effetti nell’isola, che da lungotempo aveva stretti legami con l’Egitto, eranoben conosciuti sia Bes che il nano cosiddetto

69 Blinkenberg 1931, p. 475, n. 1941; pl. 86.70 Bulté 1991, passim.71 Dasen 1993, pp. 190-191.72 Moscati 1988, pp. 335 e 662, n. 465; Moscati

1990, p. 145: l’oggetto è stato datato al IV-III secoloa.C.

73 Bonacelli 1932; Capriotti Vittozzi 1999,pp. 28-31 con bibliografia precedente; CapriottiVittozzi 2003.

74 Capriotti Vittozzi 2003.75 Dasen 1993, pp. 200-204, tavv. 77-80.

76 Si veda ad esempio Blinkenberg 1931, nn.2314-2318: nani panciuti (2318 con bambino sulle spal-le): coll. 559-561; pl. 108; Winter 1903, p. 213; De Sal-via 1991, p. 140, fig. 12 e De Caro 2006, p. 33, n. I.10(Cuma); Ägypten Griechenland Rom, pp. 523-526, nn.82-85.

77 Wilson 1975, p. 94, tav. XV B (Carthage 895.12).78 Si veda ad esempio De Salvia 1991, p. 140, fig.

13 (Satricum). 79 Koenig 1992.80 Dasen 1993, p. 202.81 De Salvia 1993.

Fig. 11. Cavaliere daTanagra (da Winter1903, p. 223, n. 4).

120 giuseppina capriotti vittozzi

Pateco, e ambedue riprodotti in terracotta oin calcare.82

Sembra effettivamente verosimile che questa elaborazione sia avvenuta in ambientifrequentati da genti che avevano una lungaconsuetudine con l’Egitto e che avevano ac-quisito come proprio l’immaginario niloticotipico della magia popolare, dove, dunque, i

Greci entravano in stretto contatto con popo-lazioni orientali e più precisamente fenicie,oppure nei luoghi nei quali confluivano og-getti e memorie dell’Egitto. In un lavoro re-cente, U. Mandel,83 riprendendo anche studiprecedenti,84 ripropone un legame tra questinani derivanti da figure di origine egizia egruppi mitici quali i Cabiri, i Cureti o altri, inrelazione con grandi dee madri di ambienteorientale. Recentemente, D. Musti ha analiz-zato la figura dei Cabiri riproponendo la pro-babile radice semitica del loro nome (kabir,grande) e la loro caratterizzazione orientale,confermata dalla loro affermazione nell’am-bito egeo-settentrionale ed anatolico, corri-doio di penetrazione e diffusione dall’Asia allaGrecia.85 D. Musti, inoltre, sottolinea l’appar-tenenza dei Cabiri alla sfera della genitalità, illegame con la figura del fanciullo, forseespressione del rapporto padre-figlio, l’assi-milazione ad altre immagini vitalistiche comeCureti, Coribanti e Priapo; infine, Cabiro èpadre di Dioniso. Queste osservazioni metto-no in rilievo l’attinenza della sfera dei Cabiririspetto a quella delle divinità nane diffusedall’Egitto, legate comunque alla rigenera-zione; si ricordi l’appartenenza di Bes al cor-teo di Hathor.

Da un punto di vista iconografico, le figuredei cosiddetti demoni dipendono probabil-mente dal nano Ptah, del quale si riconosceanche l’atteggiamento delle mani sull’addo-me, ma forse con delle contaminazioni dovu-te a Bes, in particolare per la possibilità di essere messo in relazione con un infante.86D’altra parte, numerose figurine fittili di ambiente cipriota o rodio, trovate anche inOccidente, testimoniano la diffusione non solo di questi nani dipendenti dal Pateco maanche di nani-sileni più simili a Bes.87 Non mi

82 Sophocleous 1985, pp. 149-154, tav. XXXVI, 3-7 (Ptah-Pateco); pp. 162-171, tavv. IXL,5-LXI,4 (Bes).De Salvia 1989, p. 86. Si veda ad esempio: Karage-orghis 2001, pp. 72-74, n. 136; Karageorghis 2003a,p. 225, n. 261; Karageorghis 2003b, p. 100, n. 175;Brehme 2001, pp. 101-102, n. 104; Karageorghis2004, p. 98, n. 184.

83 Mandel 2005.

84 Si aggiunga De Salvia 1993, p. 70, che parla diCabiri e Telchini rodi.

85 Musti 2001.86 Capriotti Vittozzi 2003, p. 145. Si veda su

questo anche De Salvia 1993, p. 70.87 Si veda ad esempio una serie di figurine da

Rodi: Blinkenberg 1931, coll. 562-564; pls. 108-109;nn. 2319-2324.

Fig. 12. Vaso configuratoda S. Antonio di Gioiosa Jonica

(da Costamagna – Sabbione 1990, p. 173, fig. 247).

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 121

dilungo su questo aspetto, sul quale esiste unacerta bibliografia, che ha sottolineato ripetu-tamente l’analogo ruolo di pedagogo rispetti-vamente esercitato da Bes nei confronti diHoro bambino e dal sileno rispetto al piccoloDioniso.88

A Locri sono state rinvenute diverse figuri-ne di nani, a partire dai cosiddetti demoni curotrofi o panciuti, cui si affiancano anchedelle scimmiette89 e in particolare un vasoconfigurato di forma scimmiesca con un pic-colo nano su una spalla, a confermare questogiuoco dei ruoli, quest’ultimo da una tombadi S. Antonio di Gioiosa Jonica90 (Fig. 12). Unnano è attestato in una stipe votiva della Man-nella,91 altri provengono dall’area riconosciu-ta come dedicata a Demetra in contrada Pa-rapezza,92 altri da contesti funerari.93 Unacontinuità di questo genere si riconosce nellamatrice per produrre figure di nani accovac-ciati a mo’ di scimmia (Fig. 13), ritrovata aCentocamere, datata al IV sec. a. C.94

Infine, la comprensione locale del genere civiene testimoniata da una particolare catego-ria di oggetti: si tratta di sostegni per focolarerinvenuti a Centocamere (Fig. 14) e studiati

da M. Barra Bagnasco.95 Su di essi si trova ri-prodotta un’immagine identificata come Bes-Sileno accovacciato, l’addome segnato damolteplici pieghe come nei “demoni panciu-ti”. Secondo la studiosa, questi oggetti sono diproduzione locale e sono stati modellati at-traverso diverse generazioni. Essi trovano unriscontro in una produzione ampia di figureanaloghe anche in oggetti diversi, come de-corazioni architettoniche o piccole immaginifittili.96

Sostegni simili sono stati trovati anche aCrotone, Caulonia, Siracusa e Trapani; co-munque a Locri l’uso di questi oggetti sembraessere stato più esteso e si può supporre che sitratti di un tipo creato proprio a Locri. I nu-merosi rinvenimenti locresi, da contesti di IV-III sec. a. C., sono avvenuti per lo più nell’abi-tato, mentre pochi frammenti provengonodalla cosiddetta Stoà a U. Il numero ampio de-gli oggetti dall’abitato sembrerebbe negareuna destinazione rituale precisa e tuttavia nonsi può escludere un uso precipuo in occasionedelle operazioni riguardanti il parto. È certocomunque che Bes-Sileno mantiene qui il suospecifico ruolo di protettore della famiglia.

88 Capriotti Vittozzi 2003, p. 145, con biblio-grafia precedente.

89 Nella collezione Scaglione: Lissi 1961, p. 92, nn.89-90, tav. XXXVII (s.n.: Pateco o Ptah, nano defor-me, mani sul ventre, argilla rossiccia); pp. 92-93, nn.93-94 (piccola scimmia seduta, inv. 690 e 122, pla-smata a mano, argilla rossa); Arias 1977, p. 559.

90 Costamagna – Sabbione 1990, p. 173, fig. 247.91 Barra Bagnasco 1992, p. 42, nota 7.

92 Sono visibili nelle vetrine dedicate al sito nelMuseo Nazionale di Reggio Calabria.

93 Museo Nazionale di Reggio Calabria: nano dalla tomba n. 1388 e nana accovacciata dalla tomban. 1102.

94 Costamagna – Sabbione 1990, p. 116, fig. 151.95 Barra Bagnasco 1992.96 Barra Bagnasco 1992, p. 43.

Fig. 13. Matrice per figura di nano da Locri(da Costamagna – Sabbione 1990, p. 116, fig. 151).

Fig. 14. Sostegno per focolare da Locri(da Barra Bagnasco 1992, p. 49, figg. 1-2).

122 giuseppina capriotti vittozzi

5. Qualche considerazionesull’ambiente cultuale di Locri

Il peculiare ambiente di Locri offre un conte-sto significativo alla presenza delle immaginidi origine nilotica che siamo andati analiz-zando. La considerazione di Locri, città mari-nara volta a sud avente alle spalle dei baciniminerari,97 ci apre l’orizzonte su un ambien-te multiculturale con tratti cultuali particola-ri, caratterizzati da culti di divinità femminiliposti probabilmente in relazione tra loro.L’area sacra della Mannella dedicata a Perse-fone era l’ambiente, secondo gli studiosi, di ri-ti riferibili alla sfera femminile e precisamen-te al passaggio dall’infanzia all’età adulta e almatrimonio, conservando peraltro le caratte-ristiche di un culto dedicato ad una divinitàctonia e frugifera. Esso si trovava fuori dallemura, a nord, a ridosso dei rilievi collinari98(Fig. 15). I famosi pinakes locresi ci mostranola dea in trono, affiancata dallo sposo, mentreambedue tengono nelle mani dei vegetali;99in alcuni casi troviamo Dioniso insieme aglidèi dell’oltretomba; in altri Persefone apreuna cista mystica contenente il fanciullo divi-no: immagine che sembra in relazione conDioniso bambino.100 È stata riconosciuta lapeculiarità locrese di questa dea che, sia nelsuo ruolo di sposa che di divinità dell’oltre-tomba, doveva sommare in sé anche aspetti ti-pici di Afrodite,101 le cui immagini sono staterinvenute nel santuario.

La presenza di aegyptiaca qui dedicati sem-bra fortemente significativa: come era com-presa questa divinità da viaggiatori che benconoscevano l’ambiente orientale, nordafri-

cano, egizio? Sembrerebbe che il dedicantedella fiaschetta del nuovo anno fosse in gradodi riconoscere, nella dea sposa del sovranodell’aldilà, portatrice della fecondità della na-tura e protettrice delle spose, quella dea che,in Egitto, aveva caratteristiche analoghe e silegava al ritorno della piena, cioè Isi sposa diOsiri. La presenza degli aegyptiaca appena ana-lizzati sembra rivelare il riconoscimento, daparte dei dedicanti, di un aspetto hathoricodella Persefone di Locri, che andrebbe dunquead accentuare quello afrodisiaco già sottoli-neato da altri. La sovrapposizione tra Isi e Ha-thor è tipica del Periodo Tardo in Egitto.

Se alla Mannella Demetra non era presen-te, la dea è rintracciabile nel santuario di Con-trada Parapezza, caratterizzato anch’esso dariti femminili,102 già citato per la presenza difigurine di nani. Di grande importanza era in-fine il notevole complesso definito Stoà a U,prospiciente il mare, esterno alle mura, forse,non a caso, opposto rispetto al Persephoneion.In quest’area (Fig. 15), accuratamente rispar-miata dalla cinta urbana, esisteva un culto diAfrodite, la quale doveva avere legami specifi-ci con l’ambiente marinaro e caratteristicheallogene, mentre in città esisteva probabil-mente un altro santuario dedicato alla dea:103da notare, nella Stoà a U, il ritrovamento diuna dedica arcaica a Cibele.104 Alcuni studio-si, a partire da M. Torelli,105 hanno avanzatol’ipotesi che qui si esercitasse la prostituzionesacra, la quale sottolineerebbe caratteristichenon tipicamente greche della dea e peculiaridi «filiazioni dell’originario culto fenicio-ci-priota».106 Altri studiosi, tuttavia, sono piùcauti sulla presenza di tali pratiche nella Stoàa U.107 M. Barra Bagnasco ha inoltre messo in

97 Si veda, in questi stessi Atti, il contributo di L.-I. Manfredi.

98 Su Locri, si veda Osanna 1992, pp. 201-228, inparticolare, sui luoghi di culto, pp. 215-221, 225-226.Sui culti: Torelli 1977; Costabile 1996.

99 Ad esempio Mertens Horn 2005, fig. a p. 48.100 Mertens Horn 2005, pp. 52-54.101 Torelli 1977, pp. 175-177; Costabile 1996, p.

22.102 Costabile 1996, p. 22; Milanesio 1996;

Mertens Horn 2005, p. 50.

103 Costabile 1996, p. 24; Barra Bagnasco1996, p. 28.

104 Torelli 1977, pp. 149-150; Costabile 1996, p.22. 105 Torelli 1977, pp. 150-156.

106 Torelli 1977, p. 153.107 Ad esempio Costabile 1996, pp. 23-24, dove si

ritengono possibili pratiche erotico-conviviali, men-tre mancherebbero i dati che possano dimostrare lapratica della prostituzione sacra. Anche Barra Ba-gnasco 1996, p. 27, ritiene probabili le pratiche con-viviali.

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 123

luce, nelle vicinanze della Stoà, un sacello an-ch’esso dedicato ad Afrodite, che la studiosasuppone in relazione ad un approdo e dunquead un’Afrodite protettrice dei naviganti.108 Inuna fase successiva, sullo stesso sito, fu erettoun edificio – definito la Casa dei Leoni – per ilquale la studiosa avanza l’ipotesi che fosse de-dicato al culto di Adone.109

Va ricordato, da ultimo, un altro sito, quel-lo di Grotta Caruso, dove esisteva un cultodell’acqua sorgiva, e che ha restituito nume-rose terrecotte votive. Il luogo era frequenta-to già nel VI sec. ma assunse grande impor-tanza tra IV e II. Gli ex voto ci hanno restituitouna forte temperie dionisiaca e numerose im-

magini fittili di divinità femminile seduta, nu-da, con modio sul capo, connesse probabil-mente con Afrodite, oltre ad alcune identifi-cabili come Persefone.110

Infine, un ulteriore indizio dell’esistenza aLocri di tali punti di riferimento culturali ecultuali e della loro sopravvivenza nel tempo,potrebbe essere un epiteto attribuito ad Arsi-noe II nel poema callimacheo La chioma di Berenice; qui la sorella-sposa divinizzata di To-lemeo II viene definita Locricos/Locridos: dun-que, forse, “di Locri”?111 La questione, di nonfacile soluzione, apre tuttavia la possibilitàche in epoca tolemaica, nella città di Locri, ilpiù meridionale dei porti italiani al quale le

108 Barra Bagnasco 1996, p. 28.109 Barra Bagnasco 1996, pp. 28-29.110 Costabile 1991; Costabile 1996, pp. 22-23;

Sabbione – Schenal 1996.

111 Per un’analisi dettagliata del problema, si vedaHauben 1983, pp. 120-124.

Fig. 15. Pianta dell’antica Locri (da Locri Epizefiri, tav. XXVII).

124 giuseppina capriotti vittozzinavi alessandrine approdavano, si fosse estesoil culto di Arsinoe II come Afrodite Euplo-ia,112 quella Arsinoe del Capo Zefirio (nonlontano da Alessandria) che, pur essendoun’ipostasi dell’Afrodite marina, portava consé le caratteristiche di Hathor che riconducela piena: secondo Ateneo (XI, 497), nel suotempio del Capo Zefirio sarebbe stata collo-cata un’immagine meccanica di Bes che ver-sava vino da un rhyton, accompagnato dallamusica prodotta dalle acque della piena delNilo.

Questi pochi tratti dell’ambiente cultualelocrese bastano ad abbozzare le condizioniestremamente favorevoli alla recezione e al-l’interpretatio di un immaginario mitico e ma-gico di origine egizia e variamente mediatonel Mediterraneo, legato alla sfera femminilee al rigenerarsi della natura.

6. Conclusioni

L’osservazione di F. Costabile ben focalizza laparticolare situazione cultuale di Locri: «Letradizionali divinità olimpiche non sembranoaver goduto a Locri, città permeata di religio-sità ctonia, la stessa popolarità dei culti infe-ri».113 Tale peculiarità lascia intravedere, inuna sorta di “traduzione greca”, una divinitàfemminile che raccogliesse in sé caratteristi-che ctonie, e dunque funerarie e rigenerativeda un lato, erotiche e quindi comunque rige-nerative, ma anche marinare dall’altro: in-dubbiamente tali connotazioni ci rimandanoa Hathor-Iside-Astarte, diffusa nel Mediterra-neo da genti orientali e mediata anche dal-l’Afrodite Cypria.

La presenza di aegyptiaca insieme ad aspettidei culti locresi – segnatamente nell’area del-la Stoà a U – lascia supporre una frequenta-zione della città da parte di orientali: ad essisarebbero dovute le dediche di aegyptiaca o al-meno, e più difficilmente, a Greci che avesse-ro fortemente assorbito la cultura orientale,

in una città che appare storicamente comemolto legata alle tradizioni elleniche.114 Inol-tre, il riferimento ai modelli di Rodi e, proba-bilmente, a quelli ciprioti, indica che i contat-ti maggiori avvennero attraverso ambientiinsulari frequentati, come si diceva, da Grecie Fenici. Il punto di partenza di un certo im-maginario mitico e di relative pratiche cul-tuali era il Delta. Se i Greci lo frequentavano,proprio un sito come quello di Naucrati, con-siderato una città greca, ha restituito un am-pio repertorio di oggetti ciprioti. Nella zonadell’attuale Cairo, nell’antica Menfi, già Ero-doto (II, 112) testimoniava il culto di un’Afro-dite degli stranieri, Astarte da tempo presen-te nella mitologia egizia.

Genti orientali frequentavano il Basso Egitto e in particolar modo i suoi importan-ti santuari, come ad esempio quello di Buba-sti, dedicati a divinità femminili: la devozio-ne in ambiente fenicio-punico alla menfitaSekhmet dalla testa leonina, una forma dellaDea Lontana o Terribile, cui corrisponde ladolce gatta Bastet, è particolarmente elo-quente. Proprio dal Delta si diffuse nel Mediterraneo il genere delle faïences per unafelice maternità, che furono poi ampiamenteriprodotte. È curioso notare, a conclusionedi queste note, che l’immaginario veicolatoda questi piccoli oggetti fa riferimento al Sudafricano, o meglio, è quanto in Egitto si im-maginava di quell’ambiente da alcuni fre-quentato e tuttavia oltre il limes, caratteriz-zato da aridità estrema, eppure cornucopiadi fertilità, restituendo annualmente la pienae producendo minerali preziosi. Hathor, nel-la sua forma di Dea Lontana, era prepostaanche alle miniere e ai luoghi che, collocatifuori dalla Valle del Nilo, producevano benidei quali l’Egitto godeva. Tale visione di unadivinità femminile preposta all’erotismo, allarigenerazione, alle miniere, fu assunta daiFenici e fatta circolare nel Mediterraneo, co-me S.H. Aufrère ha ripetutamente messo in

112 Su questo argomento, si veda Capriotti Vit-tozzi 2001.

113 Costabile 1996, p. 24.

114 M. Rubinich ha messo in luce come da un la-to Locri vantasse un attaccamento fortissimo alleproprie tradizioni greche, mentre dall’altro vada ri-velando la presenza di stranieri: Rubinich 2006.

elementi di tradizione egizia nella documentazione di locri 125rilievo.115 A tale proposito, è di un certo in-teresse il ritrovamento, in un bothros dellaStoà a U, di un mezzo lingotto di piombo inrelazione a nomi di dedicanti probabilmentenon greci.116

L’imagerie veicolata dalle faïences, ma ancheda bronzetti e poi riprodotta nelle terrecotte,fa dunque riferimento a quelli che potremmochiamare i due assi della rigenerazione: so-prattutto quello Nord-Sud della piena, su ba-se annuale, ma anche quello Est-Ovest del so-le, nel suo rinnovarsi giornaliero. Questecomplesse credenze, che erano alla base dellostesso culto ufficiale in Egitto, poiché fondan-ti di tutto il pensiero mitico-religioso, passa-rono nel Mediterraneo nelle forme che eranoproprie dell’ambiente popolare, e dunque inquanto preposte alla fertilità personale e fa-migliare, ma anche alla navigazione e al repe-rimento di beni, così come sembrano esserestate assimilate in ambito fenicio e come iGreci mediarono soprattutto attraverso l’am-biente insulare.

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115 Si veda ad esempio Aufrère 1998, con biblio-grafia precedente. Sull’argomento, si veda ancheScandone Matthiae 1994.

116 Rubinich 2006, p. 406, note 64-65.

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composto in carattere dante monotype dallafabriz io serra editore, p i sa · roma.

stampato e r ilegato nellatipo grafia di agnano, agnano p i sano (p i sa) .

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Settembre 2011(cz 2 · fg 21)

Rivista di Studi Fenici 1-2 2008_Impaginato 25/10/11 11.07 Pagina 261