Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il "trattato" di Eliano

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Dipartimento di Studi Umanistici Aiônos Miscellanea di studi storici

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Rivista di storia, storiografia, culture e documentazioni dall’antichitàall’età contemporanea, fondata dal Dipartimento di Storia nel .La rivista propone un approccio diacronico e interdisciplinare, inun’ottica che dal Mediterraneo, occidentale e orientale, si allargaverso il resto dell’Europa, l’Atlantico e l’Africa.

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Miscellanea di Studi Storici

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2011–2012

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I edizione: dicembre

Indice

EditorialeGiovanna De Sensi Sestito

Trent’anni dopo: un bilancio retrospettivoMarta Petrusewicz

Le fonti e la storia: letture e riletture

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato”di ElianoGiovanna De Sensi Sestito

Reinterpretare l’insularità: nota a Thuc. IV Maria Intrieri

Tre nuove iscrizioni funerarie da Copia–ThuriiAntonio Zumbo

Echi storici nei testi agiografici italo–greci di età normanna.Le Vitae di San Luca, vescovo di Isola Capo Rizzuto, di SanBartolomeo da Simeri e di San Cipriano di CalamizziGioacchino Strano

Africa e Mediterraneo

Congolais, Cubains et Rwandais au temps de Che Guevara,ou de l’Afrique transparenteCarlo Carbone

Indice

À propos du Simon Kimbangu de Serge Diantantu. La place dureligieux dans le « roman national » congolaisJean–Luc Vellut

Oralité et écriture en Afrique Occidentale coloniale. Le cas duroyaume de Porto–NovoRosario Giordano

Un’Europa mediterraneaBruno Amoroso

Note e discussioni

La medicina como modelo de la política: algunos apuntessobre una antigua metáforaCésar Sierra Martín

L’“Antico” nella Roma del ‘: Nota sulla collezione Casana-tense di “zolfi” di gemmePasquale Apolito

Recensioni e segnalazioni bibliografiche

Recensione a C. L, Il Mausoleo di Alicarnasso e i suoimaestri (“Maestri dell’Arte classica” I)Ida Infusino

ISBN 978-88-548-7914-0DOI 10.4399/97888548791403pag. 17–48 (dicembre 2014)

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggioe il “trattato” di Eliano∗

G D S S

Strabone, quando dichiara realizzata con la cooperazione dei Siracusa-ni la fondazione di Locri nella sede definitiva, qualche anno dopo ilprimo insediamento sul promontorio Zefirio, iscrive le relazioni fraLocri e Siracusa alle origini stesse della colonia italiota. Delle relazioniprofonde di ordine culturale e di carattere economico e commercialeche Locri mantenne con Siracusa per tutto l’arco della sua storia «laprima e più elementare ragione va cercata», come già notava Dome-nico Musti nella sua ampia relazione al convegno tarantino su Locri,«nella collocazione geografica di Locri Epizefirii sulla rotta ‘ionia’ chedal Peloponneso, passando per le colonie corinzie dello Ionio, con-duce in Italia e in Sicilia; ma essa è certamente meglio verificabilee probabilmente anche divenuta più intensa a cominciare dai primidecenni del V sec. a.C.».

È solo dal principio di questo secolo, infatti, che sono attestate in se-de storica relazioni precise, definibili in termini di vicinanza culturalee di cooperazione politica e militare nell’ambito di precisi accadimenti,che si addensano in due fasi ben distinte, l’età dei Dinomenidi (che, informe diverse, come vedremo, coinvolge l’uno dopo l’altro i tre fratelli

∗ In occasione della Giornata di Studi su Locri e i Pinakes, (Università della Calabria– ottobre ), la presentazione del terzo volume sullo straordinario complesso votivodei Pinakes, che rappresentano un ponte ideale fra la religiosità di area locrese e quellasiciliana, ha offerto lo spunto per una riconsiderazione della natura delle relazioni tra Locrie Siracusa nel V secolo a.C., quando appunto si manifestano sul piano artistico, letterarioe più propriamente storico e si intrecciano in forme tali da condizionare le scelte dellacittà epizefiria per tutto il secolo successivo e oltre. Il testo propone, con integrazioni eaggiornamenti bibliografici, la relazione svolta in quella sede.

. Strab. VI , C : μετὰ δὲ τὸ ῾Ηράκλειον ἄκρα τῆς Λοκρίδος ἣ καλεῖται Ζεφύ-ριον, ἔχουσα τοῖς ἑσπερίοις ἀνέμοις λιμένα, ἐξ ου καὶ τοὔνομα. ... ε ιτα μετήνεγκαν

τὴν πόλιν συμπραξάντων καὶ Συρακουσσίων.

. M , p. ss.

Giovanna De Sensi Sestito

succedutisi nel governo di Siracusa, Gelone, Ierone e Trasibulo), epoi, a più riprese, la guerra del Peloponneso. Riprenderle in esameconsente di rilevare la posizione di Locri nei confronti di Siracusa,che assume sfumature diverse nel corso del tempo, e prendere attoche quanto si ha la fortuna di trovare registrato nel contemporaneoTucidide per la seconda fase consente di precisare meglio anche laprima e aiuta ad individuare il contesto storico pertinente al cosiddetto“trattato” trasmesso da Claudio Eliano.

. Locri, Reggio e i figli di Dinomene

Un eccezionale testimone contemporaneo c’è anche per la prima fase,Pindaro, il quale documenta una relazione politica importante fra ledue città col suo poetico rimando al grato canto di lode delle verginilocresi per il figlio di Dinomene, Ierone, che le ha liberate dai travagliineluttabili della guerra: sono i versi – della Pitica II, scritta percelebrare una vittoria con la quadriga del potente signore di Siracusa,di cui non sono certe né la sede né la data.

La ragione della gratitudine delle vergini locresi cantata dal poeta èchiarita da Giustino, il quale ricorda il voto fatto dai Locresi, incalzati dallaguerra del tiranno di Reggio Licofrone, di prostituire nel giorno sacro adAfrodite le proprie figlie se fossero risultati vincitori; si trattò di un votumintermissum, cui avrebbe preteso di dare attuazione Dionisio II quattrogenerazioni più tardi. Prezioso per precisare le circostanze e valutare insede storica la portata dell’intervento ieroniano in difesa di Locri si rivelail contenuto degli scolii relativi ai versi pindarici in questione e ad altri,spesso e ancora di recente richiamati per una ricostruzione della vicendain termini che richiedono una riflessione ulteriore.

Lo scolio a Pyth. II d riferisce che quando Anassilao tiranno di Reggiostava muovendo guerra ai Locresi, Ierone mandò da lui il cognato Cromioa minacciarlo che, se non avesse cessato le ostilità contro di loro egli stesso

. G et Alii , p. .. Iust. XXI , –. Questa testimonianza porta con sé il problema ampiamente dibattuto,

ma che non interessa in questa sede neppure sfiorare, della prostituzione sacra a Locri e dellarelativa documentazione. Per una documentata disamina recente cfr. G .

. In particolare D’A ; C , pp. ss.; e B , pp. ss., cheriportano tutti per esteso le fonti in questione.

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avrebbe mosso guerra a Reggio. Attraverso questa minaccia i Locresirecuperarono l’eirene e le loro figlie innalzarono canti di lode per Ierone.

Lo scolio II D non menziona Cromio ed è meno esplicito sulcontenuto dell’ambasceria di Ierone che fece cessare la guerra controi Locresi, ma ne indica come destinatari Anassilao e il figlio Kleofrone,precisando che erano rispettivamente tiranni l’uno di Messana inSicilia l’altro di Reggio in Italia e che entrambi “minacciavano diguerra Locri” (πόλεμον ἠπείλουν Λοκροῖς). La tradizione utilizzataper questo scolio trova parziale riscontro in Giustino, che ricordail solo Licofrone (Kleofrone) come autore dell’aggressione a Locri,definendolo anch’egli tiranno di Reggio.

Una terza versione compare in uno scholion vetus al verso dellaprima Pitica a proposito del termine di ascendenza omerica μεγα-λάνωρ. Lo scoliasta chiarisce che quel termine allude al fatto che ilbasileus dei Reggini Anassilao aveva deciso di abbattere con una guerraLocri ma ne fu impedito dalla minaccia di Ierone; e così conclude: cheAnassilao volesse distruggere Locri completamente lo racconta ancheEpicarmo nei Nasoi. Lo scholion recens corrispondente () proponela medesima spiegazione e aggiunge che Anassilao cercò allora labenevolenza di Ierone e ne divenne amico.

Si deve rilevare anzitutto la presenza di più filoni di tradizione, cheriferiscono la vicenda da ottiche e con sfumature diverse: se non devecaricarsi di eccessivo valore la diversa titolatura utilizzata per i signoricoinvolti, tyrannoi in alcuni, basileis in altri (fa uso di entrambi i termi-ni lo stesso Pindaro), di maggiore risalto è l’attribuzione dell’attacco aLocri al solo Leofrone tiranno di Reggio, o al solo Anassilao o insiemea padre e figlio, rispettivamente tiranni di Messana e di Reggio. Maciò che si deve soprattutto cogliere è l’enfatizzazione della vicendada parte di un altro contemporaneo, Epicarmo, in un drama concepi-to e rappresentato alla corte siracusana in epoca di poco successivaall’ultimatum di Ierone e ai suoi effetti: il ricorso al termine omericoμεγαλάνωρ e ad espressioni verbali quali ἄρδην ἀπολέσαι, πολιορχεῖν,doveva far risaltare in maniera caricaturale il contrasto tra l’ambizionepresuntuosa di Anassilao e la sua umiliazione finale.

. Sulla posizione ricoperta da Leofrone nel dominio delle due città dello stretto cfr.L , pp. s.

. Attraverso l’analisi dei frammenti di altri dramata M ha dimostrato

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Forte è la suggestione che un sottile, implicito riferimento all’ambi-zione spropositata dei due tiranni dello Stretto si possa leggere, sottotraccia, anche nella serie di gnomai disseminate nella Pitica II di Pin-daro, lanciate contro quanti nutrono desideri eccessivi, fuori misurarispetto alla propria condizione e contro gli invidiosi che si attiranoil danno di una misura eccessiva e s’infliggono nel cuore una feri-ta dolorosa, prima ancora di ottenere ciò che essi tramano nel loropensiero.

Il dato comune a tutti gli scholia vetera è l’accento posto sulla decisavolontà (ἠθέλησεν) di Anassilao (o di Anassilao e Leofrone) di portarela guerra contro Locri, ovvero sulla minaccia di guerra (ἀπειλή) daessi costituita, ma da nessuna parte si fa cenno a successi clamorosigià conseguiti. In ragione di ciò si ritiene che l’esercito reggino fossepenetrato dentro il territorio locrese dal confine più prossimo alla cittàdello Stretto, che avesse “violato” la chora di Locri, ma che l’efficaciaimmediata dell’intervento ieroniano avesse bloccato un’invasione delterritorio locrese appena cominciata.

Di recente vari argomenti sono stati addotti per sostenere che lerelazioni tra Reggio e Locri fossero rimaste amichevoli fino a que-sta guerra del e per riferire alle vittorie già conseguite dai duetiranni sui Locresi le quattro dediche su armi rinvenute ad Olimpia,due con la scrittaΔιὶ ῾Ρεγῖνοι Λοκρ ον e due conΔιὶ [῾Ολ]υνπίο Μεσ-σένιοι Λοκ[ρ ον]

. Ventilata come una delle possibilità da GiuseppeCordiano, questa tesi è stata argomentata in maniera alquanto con-traddittoria da Raffaella Ganci; ripresa marginalmente da Giovanni

che Anassilao rappresentava un bersaglio polemico ricorrente nelle rappresentazioni diEpicarmo. Ampia analisi del rapporto contraddittorio di Epicarmo nei confronti deiDinomenidi propone ora Sofia .

. Rispettivamente Schol. Pind. Pyth. II e II –. Essi sono però prevalentemen-te interpretati dagli scoliasti come dai moderni esegeti quali strali polemici di Pindaronei confronti del poeta “concorrente” Bacchilide e contro Trasideo, figlio di Terone diAgrigento.

. Così già V , pp. ss.; D S S , p. (= , p. ss.);L , p. ; C , p. .

. Così espressamente D’A .. K , pp. –; SEG XXIV , , , ; D , e . Per l’inqua-

dramento storico proposto nel testo cfr. D S S , p. s. e n. ; E. , p. s. (= , p. ); L , p. . Verso il le colloca A , p. ss.

. C , p. , n. ; I. , p. .. G , pp. ss. La studiosa si avvale delle dediche per dimostrare che la

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Millino, è stata da ultimo sostenuta con vigore da Ignazio D’Angelo

il quale, basandosi soprattutto sui termini enfatici usati da Epicarmo,prova a conciliare i vari dati interpretandoli nel senso che Ierone aves-se salvato Locri in extremis. Rimane tuttavia difficile ammettere che ilminaccioso intervento diplomatico di Ierone fosse provvidenzialmen-te sopraggiunto nella fase ormai finale e drammatica della guerra,quando, secondo D’Angelo, Reggini e Messani avevano già sconfittoe messo sotto assedio Locri, e accogliere l’idea che addirittura aves-sero pure solennizzato il successo inviando ad Olimpia la decima delbottino, nonostante la guerra non fosse ancora finita.

Della lunga storia di rapporti e contrasti fra le città italiote nelcorso del VI secolo a.C. e ancora sul principio del V si conoscono,e per cenni, solo pochi eventi, di notevole portata certo, ma anched’incerta collocazione cronologica, e bisogna evitare di generalizzareed estenderne gli effetti ad altri contesti storici. È vero che è attestatol’aiuto dei Reggini ai Locresi nella battaglia della Sagra. Basta tuttaviaa far escludere che nel resto del VI sec. i rapporti fra Locri e Reggiofossero sempre stati amichevoli e solidali la pregnante metafora dellaminaccia reggina di far cantare da terra le cicale locresi presente in unframmento di Stesicoro, da tempo valorizzato da Cordiano. Bisognaanche evitare di accumulare sulle poche vicende datate dalla tradi-

guerra del era stata vinta da Anassilao e Leofrone e che per questa ragione il voto nonsarebbe stato adempiuto. Ciò posto, deve sconfessare lo scoliasta a proposito dell’interventorisolutore di Ierone, ed è costretta a ipotizzare che sia stata una situazione bellica diversaquella risolta dall’ambasceria di Chromio. Il ragionamento della Ganci fa emergere tutta ladifficoltà di riferire al medesimo evento bellico sia le quattro dediche attestanti la sconfittalocrese che l’intervento diplomatico risolutore di Ierone, tanto che è costretta a smentirelo scoliasta e a ipotizzare uno scontro diverso e successivo risolto dall’ultimatum, per altrodifficile da ipotizzare, dal momento che Anassilao muore poco dopo, nel , e Leofronegià non era più in vita (Diod. XI ,).

. M , pp. ss. Soffermandosi sulla notizia erodotea dell’abboccamento diAnassilao coi Sami a Locri nel / a.C. per indurli a sottrarre Zancle ad Ippocrate e al suoluogotenente Scite (Hdt. VII ), lo studioso dà grande significato a questa sosta a Locri ene trae argomento per sostenere che i rapporti fra Locri e Reggio fossero amichevoli esolidali, si spinge a ipotizzare che i Locresi si fossero fatti garanti dell’accordo reggino con iSami e che nel furono attaccati da Anassilao per ritorsione del tradimento samio, mafurono salvati da Ierone.

. D’A , pp. –; la tesi sembra condivisa da B , pp. s.. Strab. VI ,, C .. C ; I. , pp. e s. ; I. , pp. ss. Sulla ripresa della metafora in

ambiente aristotelico vd. ancora infra.

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zione storiografica ogni altra documentazione di natura epigrafica oarcheologica. L’abboccamento di Anassilao coi Sami durante la lorososta a Locri nel / a.C. (se non all’altezza di Locri, ultimo approdoionico prima di affrontare le correnti dello Stretto, dove avrebbe potu-to intercettarli?) per indurli a sottrarre Zancle ad Ippocrate e al suoluogotenente Scite, utilizzato da Musti per considerare neutre e ditolleranza reciproca i rapporti tra Reggio e Locri a quel tempo, non èargomento valido per sostenere che fossero rimasti amichevoli fino al, dimenticando le profonde trasformazioni intervenute sulle duesponde dello Stretto soprattutto per la politica di potenza realizzata daAnassilao nel decennio successivo alla morte di Ippocrate, che mi pareutile richiamare qui brevemente.

Il tiranno di Gela nei suoi sette anni di potere aveva realizzato condeterminazione una politica espansionistica ai danni delle varie cittàcalcidesi dell’isola fino allo Stretto, contrastando vittoriosamenteil tentativo reggino di impedire la conquista geloa di Zancle, che èdocumentato dalle dediche zanclee di armi dei Reggini ad Olimpia diepoca antecedente all’avvento di Anassilao al potere. Ma la morte diIppocrate nel a.C. aveva provocato profonde tensioni, nel corsodelle quali il suo ipparco Gelone prima si era imposto con le armiquale suo successore a Gela, e poi aveva trasferito il centro del suopotere a Siracusa, consegnata inerme nelle sue mani dalla profondacrisi politica e sociale in cui era sprofondata dopo la sconfitta subita daIppocrate e la perdita conseguente della colonia di Camarina.

Di questi intricati processi di ridefinizione dei rapporti di forzanella Sicilia centro–orientale era stato pronto e abile a trarre profit-to Anassilao per intervenire in Sicilia e impadronirsi di Zancle cherifondò col nome di Messene; a sua volta inviò ad Olimpia le armigeloe del bottino per rimarcare la rivincita nella sede panellenica per

. Hdt VI , –.. M , p. .. Hdt. VII , –; cfr. L , p. .. SEG XI, ; SEG XV, ; D S S , p. (= , pp. s.); cfr.

L , pp. ss.; s.. Hdt. VII , .. Hdt. VII –. Per una recente riesame complessivo della figura di Gelone cfr.

L , pp. ss.; M .. Hdt. VII –.. Thuc. VI ,; Paus. IV , ss.

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eccellenza. Realizzato il cosiddetto “regno dello Stretto”, Anassilaoaveva potuto avviare a sua volta una politica espansionistica e di raf-forzamento commerciale soprattutto sul versante tirrenico, che poi il“familiare” Micito, da lui lasciato come tutore dei figli ancora minoren-ni avrebbe tentato di consolidare anche con la fondazione di Pissunte.È nell’ambito di questa politica espansionistica perseguita da Anassilaodopo la rifondazione di Messana, dunque dopo il e prima del a.C., che va ragionevolmente inquadrata la prima offensiva controLocri documentata dalle quattro dediche di Messene e di Reggio suarmi locresi ad Olimpia.

È vero che manca un riferimento specifico nelle fonti a una guerracontro i possedimenti locresi sul Tirreno, in direzione di Metauro,ma la suffraga la considerazione che Anassilao, una volta diventatoecista di Messene, abbia potuto rivendicare a sé con qualche dirittol’originaria pertinenza zanclea dell’emporio sul fiume omonimo;d’altra parte le più recenti ricerche archeologiche nell’area del Metau-ros non fanno ostacolo al riferimento di queste dediche ad un conflittoin questa area. Già la dedica a «Eracle Reggino» ritrovata nel secoloscorso a Castellace, incisa su una lamina di scudo e ascrivibile per icaratteri epigrafici al principio del V sec., è parsa documentare perquell’epoca l’enfatizzazione del ruolo del dio nella difesa di questoconfine tirrenico; i ritrovamenti ulteriori effettuati sui pianori del-la sponda meridionale del Metauros, a Serro di Tavolo, a Mella diOppido Mamertina, sui Piani della Corona, nello stesso territorio diCastellace, tutti siti strategici per il controllo della viabilità internain direzione di Reggio, confermano il rafforzamento sul principiodel V secolo di questa linea di confine con le pertinenze locresi sul

. SEG XXIV, ; –; K , pp. –; A , p. , nr. ; cfr. D SS , p. (= , p. ); L , p. s.

. Specifico esame della vicenda con proposte innovative, non tutte condivisibili, inM .

. Solin. II .. Cfr. D S S , pp. s. (= , pp. ss. ); così anche, ad es., G-

, p. e n. ; L , pp. e . Per i ritrovamenti vd. noteseguenti.

. S . Dall’area proviene anche un elmo, che conferma il valore di depositovotivo di una decima di bottino; per il significato e sul possibile santuario di confine dedicatoa Eracle alla luce dei ritrovamenti più recenti cfr. C , pp. ss.; C, pp. ss.

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Tirreno. Anche nel caso si rivelassero, come sembra ora probabile,postazioni e insediamenti indigeni, piuttosto che greci, risulta chiarala loro gravitazione nell’ambito reggino e dunque attesterebbero unprofondo grado di interazione delle popolazioni epicorie nella politicareggina di presidio e sfruttamento delle aree più fertili di questo com-prensorio tirrenico. Contestualmente l’emporion greco–indigeno diMetauros, che era passato sotto controllo locrese dalla metà del VI sec.a.C., sembra aver perduto consistenza e frequentazione per buonaparte del V sec..

Un primo conflitto, dunque, doveva essersi verificato e conclusoforse ancor prima che la conquista teroniana di Imera nel a.C.innescasse, su richiesta pressante proprio di Anassilao, un massicciointervento cartaginese che portò alla grande vittoria di Gelone del a.C. ad Imera e al conseguente forzato ingresso nell’alleanza sira-cusana di Anassilao e di Selinunte, esponenti greci dello schieramentosconfitto.

Sulla base di un recente riesame dei flussi di ceramica attica inSicilia e nelle regioni tirreniche, è stato sostenuto che già Ippocrateavesse operato il depotenziamento della funzione commerciale delloStretto e messo in atto un consapevole appoggio a Locri e al suo portoin funzione anti–reggina. Tuttavia questa strategia di contenimentoe neutralizzazione dell’azione anassilaica e volontà di inserimento nelcommercio navale sul Tirreno si adatta meglio a Gelone, che fin dal si era prestato ad una frumentatio di Roma a condizioni estremamentevantaggiose, che aveva fatto di Siracusa una città popolosa, dotata diun grande porto e di una notevole potenza navale; che con la vittoriadi Imera non si limitò a rimettere sotto controllo la sponda sicilianadello Stretto, ma esercitò una pressione diretta sullo stesso Anassilao

. Ampia analisi della problematica alla luce della documentazione vecchia e nuovaora in S , pp. – in particolare.

. S , pp. ss.; C , pp. ss.. Secondo Hdt. VII , Anassilao aveva dato ai Cartaginesi i suoi figli in pegno, per

convincerli ad intervenire in sostegno del suocero Terillo tiranno di Imera, cacciato daTerone di Agrigento.

. Diod. XI ,: Ddopo Imera, tanto Anassilao quanto i Selinuntini che si eranoschierati a sostegno di Terillo, avevano sperimentato la moderazione di Gelone ed eranoentrati in rapporto di symmachia con Siracusa.

. G , pp. ss., soprattutto sulla base dei dati offerti da G .

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all’interno della penisola. Ed è a Gelone che la tradizione attribuisceil più antico “intervento” in un contesto di pertinenza locrese.

Un frammento della storia agatoclea di Duride, in probabile rife-rimento alla spedizione agatoclea contro Ipponio brettia, menzionala costruzione fatta erigere dal tiranno di Siracusa Gelone all’internodi un alsos in una località di Ipponio chiamata “corno d’Amaltea”. Itermini utilizzati sembrano rimandare a un contesto di culto di Zeus,che nel territorio è attestato epigraficamente in età brettia. Si dovevatrattare di una tra le tante opere di edilizia sacra che Gelone avevapromosso dentro e fuori l’isola dopo la sua vittoria sui Cartaginesi aImera, utilizzandone l’immenso bottino anche per la dedica di nume-rose offerte nei santuari della Sicilia e della Grecia. Quale che fossela natura del manufatto geloniano ad Ipponio, destinato a rendereomaggio a un patrimonio religioso avvertito come comune, valevacomunque a ribadire l’antica amicizia tra Siracusa e Locri, a rinsaldareun patto di solidarietà e soprattutto ad attuare una strategia di conteni-mento nei confronti di Anassilao e delle sue velleità di espansione sulTirreno.

Ebbene, questo contesto di relazioni forzosamente pacificate orinnovate di Siracusa con Anassilao da una parte e con Locri dall’altraentrò in crisi con la morte di Gelone nel a.C. Le sue disposizioniche assumesse il potere in Siracusa il fratello maggiore Ierone, e cherestasse a Gela e sposasse la propria vedova Damarete, figlia di Terone,il fratello minore Polizelo, fu all’origine di tensioni e contrasti, cherischiarono poi persino di degenerare in guerra aperta tra i due fratellie fra Siracusa ed Agrigento, sventata anche grazie a un interventopacificatore del poeta Simonide.

Dell’insperata favorevole congiuntura rappresentata dalla grave

. Su tutto ciò, in dettaglio, M , passim.. Douris FGrHist , F apud Athen. XII .. Cfr. D S S , p. s.; E. , pp. – per il collegamento della

notizia di Duride con la dedica votiva bronzea in osco di un toro a Giove Versor recuperatanel territorio di Ipponio e pubblicata per la prima volta da Capialbi nel ; per essa vd.ora P , p. , nr. .

. Sull’attività edilizia di Gelone dentro e fuori della Sicilia cfr. C ,pp. ss.

. D S S , pp. ss.; M , pp. ss.. Diod. XI , –; Tim. FGrHist F b. Cfr. in particolare P per gli

aspetti storiografici; L , pp. ss; ss. e da ultimo B , pp. ss.

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crisi dinastica all’interno della signoria geloo–siracusana aveva dunquecercato ancora una volta di trarre profitto Anassilao per attaccaredirettamente Locri, mentre a rendere per i Locresi carica di neripresagi la guerra minacciata e incombente concorrevano il ricordobruciante della capacità offensiva della forze congiunte di Regginie Messani già sperimentata, e la concomitanza del conflitto in casadinomenide, che può aver fatto disperare in un possibile soccorsosiracusano.

Merita tuttavia fare un’altra considerazione. Non è necessario pen-sare che la città fosse già sotto assedio, e dimostrare così che correvaun pericolo estremo, per giustificare il votum imposto dai Locresi alleproprie figlie. La salvezza da cercare prius votis quam armis era iscrittanella tradizione locrese: era stata questa l’indicazione dell’oracolo diDelfi già all’epoca dell’attacco di Crotone alla Sagra e i Locresi neavevano fatto tesoro, promettendo ad Apollo la nona come avevanoaccettato fiduciosi dagli Spartani, al posto dell’aiuto richiesto, le statuedei Dioscuri. La situazione di minaccia diretta alla chora della polisera analoga, perciò anche in quest’occasione, come per la battagliadella Sagra, la vittoria fu cercata nell’aiuto divino, nei voti, più chenel possibile intervento siracusano, forse reso incerto dal contrastoin atto fra i due fratelli e da concomitanti impegni di guerra su altrifronti. Il votum sta a dimostrare che i Locresi fecero memoria delpassato, della salvezza portata dai divini gemelli. Del resto attesta que-sta riattualizzazione delle vicende della Sagra la comparsa dei Dioscurinei pinakes del gruppo VIII, recentemente datati da Eleonora Grillo

proprio negli anni ’–’ del V sec. a.C. Nella guerra con Reggio,però, la salvezza era venuta dal dinomenide Ierone, come attesta nellaPitica II Pindaro, che non solo gli rivolge un ampio elogio per la sag-gezza e le virtù militari che gli hanno meritato una fama senza pari eimperitura, ma promette anche di inviargli, quasi novello Dioscuro,

. Iust. XXI , –.. Iust. XX ,–,.. Per le notizie contrastanti sulla spedizione affidata da Ierone a Polizelo per allonta-

narlo da Siracusa contro i Crotoniati o contro i Siculi cfr. L ss.; B, pp. ss.

. G , pp. –; per la cronologia – pp. ss. e p. in part.. Pind. Pyth. , vv. –.

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un’altra ode dal titolo evocativo, un Kastóreion. Molto suggestiva èl’ipotesi di Lorenzo Braccesi e Benedetta Rossignoli, che l’iporche-ma non pervenuto potesse contenere un elogio congiunto per Gelonee Ierone, i vincitori di Imera e di Cuma, quali novelli Dioskouroi kaiSoteres dei Greci d’Occidente. In ogni caso il titolo scelto per l’odepromessa concorre a confermare l’attualità di un richiamo ai Dioscuriin quel torno di anni, collegato a Ierone e alle sue iniziative coronatedal successo, compreso il sostegno assicurato a Locri.

Per essere avvertito come una grave minaccia alla sopravvivenzastessa di Locri, non v’è dubbio che l’attacco reggino avesse interessatoquel confine ionico che era oggetto di contesa sin dal VI secolo, sot-toposto nel tempo a ricorrenti tentativi locresi di sconfinamento, cuiforse Anassilao e Leofrone avevano inteso reagire in quell’occasionecon la massima determinazione. Per capire i termini dell’eirene allo-ra ritrovata bisogna affrontare il problema dell’identificazione di taleconfine.

. Il problema del confine fra Locri e Reggio nella storiografiaantica.

Dalla tradizione emergono indicazioni contrastanti sul confine, a di-mostrazione di come fosse stato oggetto di contesa e variato nel tempo.Nel richiamarne in questa sede i termini, occorre anzitutto distingue-re il problema storico del confine territoriale dalla sua sacralizzazioneattraverso fatti mirabili.

La tradizione che fa capo a Timeo, almeno come principale e piùautorevole tramite, riportata da Antigono di Caristo e da Strabone,indicava tale confine nel fiume Halex. Pausania, però, nel tracciare il

. Pind. Pyth. , vv. –. Sulla necessità di considerarlo un componimento distintodalla Pitica cfr. G et alii , pp. s.

. B, R .. Per quanto manchi nella Pitica un riferimento esplicito alla vittoria navale di Cuma,

che consentirebbe di datarla con certezza dopo il a. C. (cfr. G et alii p. ),va comunque osservato che prima di tale evento la gloria militare di Ierone celebrata dalpoeta sarebbe stata solo una gloria riflessa della vittoria di Imera, non una gloria diretta e“senza pari”.

. Tim. FGrHist F a ap. Antig. Caryst. Hist. Mir. ; F b ap. Strab. VI , C; lo Halex come fiume di confine senza la citazione di Timeo compare anche in Conon.

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profilo del pugile Eutimo, locrese epizefirio di stirpe e figlio di Asticle,come conferma l’epigramma inciso sulla base della sua statua ritrovataa Olimpia, afferma che una tradizione locrese (οἱ ἐπιχώριοι) lo di-ceva figlio del fiume Kaikinos ὅς τὴν Λοκρίδα καὶ ῾Ρηγίνην ὁρίζων.Questa tradizione, che lega alla vicenda di Eutimo il nome del fiumeKaikinos, è presente anche in Eliano, che la riferisce in termini diversida Pausania, precisa la scomparsa del pugile mentre si dirigeva versoil fiume, senza indicarlo espressamente come confine ma collocandoloπρὸ τῆς τῶν Λοκρῶν πόλεως

.Si è più volte tentato di screditare il valore della testimonianza

di Pausania, attribuendola a confusione del Periegeta; ma bisognaconsiderare che «Pausania assegna alla sua opera una funzione di “in-tegrazione” (πλέον γράφειν), non senza ... un intento di correzione ditradizioni consolidate e diffuse». Ebbene, tale certamente era questasul Kaikinos come fiume di confine, contraddistinto dal fenomeno del-le cicale, che la consolidata e autorevole tradizione raccolta da Timeocollegava invece all’altro fiume, lo Halex. Per di più, Pausania affermadi riportare quanto sostenevano οἱ ἐπιχώριοι, di utilizzare dunque unatradizione locrese, che doveva essere coeva all’eccezionale vicendadell’eroizzazione di Eutimo da vivo, presupposta dalla notizia su

Hist. ; Eustath., ad Dionys. Perieg. . Per l’analisi di tali tradizioni e altre minori connessealla testimonianza timaica cfr. A . In tutte le fonti letterarie il nome del fiume ètrascritto con spirito dolce; nelle tabelle locresi figura sempre con spirito aspro e qui ci siattiene a questa grafia.

. Per la statua di Olimpia e la doppia iscrizione sulla sua base cfr. Paus. VI , e ilrelativo commento di M et alii , p. s.

. Paus. VI , –. È stato pertanto considerato il confine originario: O ,col. s.; D F , p. ; D S S , p. s. (= , p. );C pp. ss .

. Sul rapporto di Eliano con Pausania, definibile in termini di conoscenza dellaPeriegesi e di condivisione di alcuni criteri metodologici, ma non di dipendenza da essa, cfr.P , pp. –. Questo dato del rapporto Eutimo–Kaikinos–confine (su cui vd.oltre), non preso in considerazione dalla Prandi, ne costituisce a mio avviso una conferma.

. Ael. V.H. VIII . Sul valore del πρὸ vd. la discussione in C , pp. s.. Già D F , pp. aveva contestato la presunta confusione di Pausania;

l’hanno poi riproposta S , p. s.; M et alii , p. ; C ,p. e n. .

. M , pp. XXXVI ss. sul metodo di lavoro di Pausania e p. XXXVI per lacitazione testuale, con riferimento a Paus. a I ,.

. La presunta scomparsa nelle acque del Kaikinos non rappresenta che l’episodiofinale dell’eroizzazione di Eutimo, sostanziata non dalle sue tre vittorie olimpiche (,

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

Eutimo scomparso mentre si dirigeva verso il Kaikinos e dalla meta-morfosi taurina attribuita all’eroe, documentata in sede archeologica,legata appunto a questo corso d’acqua di cui la tradizione locrese,come dice Pausania, finì per considerarlo figlio.

In ogni caso come fiume di confine poteva ricorrere solo in unatradizione di prima metà V sec., perché nella seconda metà del secolo,al tempo della cosiddetta prima spedizione ateniese in Sicilia, il confineera chiaramente costituito dallo Halex, e la questione del confinetornò ad essere motivo di guerra fra Reggio e Locri.

Come riferisce con la consueta precisione Tucidide, l’iniziativa fupresa dagli Ateniesi su pressione degli alleati Reggini: nell’estate del a.C., lo stratego ateniese Lachete fece uno sbarco nella Locride,respinse i Locresi accorsi in difesa e s’impadronì di un peripolion sulloHalex; nell’inverno seguente effettuò nuovi sbarchi nella Locridenei pressi del Kaikinos e vinse il manipolo di trecento locresi soprag-giunti in soccorso; sul principio dell’anno successivo fu Pitodoro arinnovare l’attacco al peripolion sullo Halex conquistato l’anno primadal predecessore Lachete, ma fu respinto dai Locresi. Nonostante ilsuccesso iniziale degli interventi ateniesi, la reazione locrese era statadunque immediata ed efficace. All’arrivo degli strateghi ateniesi del/ a.C. i Locresi s’erano già ripresi tutta la fascia fra il Kaikinose lo Halex col fortino nei suoi pressi, anzi passarono, come vedremomeglio dopo, all’attacco di Reggio con una flottiglia, di cui per la primavolta troviamo Locri dotata, e tentarono di assediare la città anche dallato del mare, sullo Stretto.

Qualcosa in più sulle questioni di confine si apprende da ClaudioEliano. Questo autore offre, come già visto, parziali conferme a Pau-sania nelle Storie Varie sul fiume Kaikinos, senza nulla dire delle cicale,ma dedica adeguato rilievo al loro inspiegabile comportamento nel

, ) e dalla partecipazione, di ritorno da Olimpia, alla conquista di Temesa (vd. ancorainfra, n. ), bensì dal ruolo di antagonista diretto e vittorioso dell’eroe– daimon cheopprimeva la comunità temesana col tributo annuo della fanciulla più bella (Paus. VI , );e inoltre dal segno divino delle sue due statue colpite nello stesso giorno dal fulmine sia adOlimpia che a Locri, attestato da Callimaco (Callim. Fr. Pfeiffer, in Plin. N.H. VII ).Sull’eroizzazione cfr. C .

. Thuc. III . Cfr. anche FGrHist , F ; un cenno appena alla guerra contro Locrisi trova in Diod. XII ,.

. Thuc. III ,.. Thuc. III , .

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contesto più pertinente del De natura animalium (V ), in cui offreanche una indicazione di grande rilievo storico:

῾Ρηγίνοις καὶ Λοκροῖς ἐς τὴν γῆς τὴν ἀλλήλων παριέναι καὶ γεωργεῖν

ἔνσπονδόν ἔστιν. οὐ μὴν ὁμολογοῦσι τούτοις οὐδὲ ἐς μίαν νοοῦσι καὶ

τὴν αὐτὴν οἱ τέττιγες οἱ τῶνδε καὶ τῶνδε, ἐπεὶ τὸν μὲν Λοκρὸν ἐν

῾Ρηγίῳ σιγηλότατον ἕξεις, τὸν δὲ ῾Ρηγῖνον ἐν τοῖς Λοκροῖς ἀφωνότα-

τον. καὶ τίς ἡ αἰτία τῆς τοιαύτης ἀντιδόσεως ἐγὼ μὲν οὐκ οἶδα οὐδὲ

ἄλλος, εἰ μὴ μάτην θρασύνοιτο· οἶδε δέ, ὦ ῾Ρηγῖνοι καὶ Λοκροί, μόνηἡ φύσις. ποταμὸς γοῦν τῆς τε ῾Ρηγίνων καὶ τῆς Λοκρίδος ἐστὶ μέ-

σος, καὶ εἴργονταί γε οὐδὲ πλεθριαίῳ διαστήματι αἱ ὄχθαι, καὶ ὅμως

οὐδέτεροι διαπέτονται αὐτόν.

Tra Reggini e Locresi è stabilito in un accordo di poter attraversare ecoltivare gli uni la terra degli altri. Ma non si accordano con loro né la pen-sano allo stesso modo le cicale e degli uni e degli altri, sicché potrai trovarela cicala locrese che diventa assolutamente silenziosa a Reggio, e quellareggina totalmente afona a Locri; quale sia la causa di tale cambiamento iolo ignoro né lo sa altri, a meno che con osi ingannare. Quel che so è, invece,che una sola è la natura delle cicale reggine e di quelle locresi. Il certo èche un fiume sta in mezzo alla terra dei Reggini e dei Locresi, e le spondedistano non più di un plettro, e allo stesso modo né le une né le altre losorvolano.

La tradizione antica conservava dunque memoria di uno specificoaccordo, si direbbe di pace, (ἔνσπονδόν ἐστιν) fra Reggini e Locresi,che aveva stabilito il diritto reciproco per le due comunità di attraver-sare e di coltivare le terre gli uni degli altri, vale a dire che era stataindividuata una fascia di territorio lungo il confine che doveva restaredi possesso comune per Locresi e Reggini, e quindi la poteva esserecoltivata tanto dagli uni quanto gli altri.

Nel riferimento di Eliano, l’accento è posto sul disorientamentodelle cicale, che non si comportavano affatto in conformità con l’ac-cordo stabilito fra le due città (οὐ μὴν ὁμολογοῦσι), dal momento chesu quella fascia di territorio le cicale reggine continuavano a restatemute, prive di voce, e persino quelle locresi diventavano silenziose;anzi sullo stretto alveo del fiume che stava in mezzo ad esse, non

. In tutti i contesti storiografici di V e IV sec. a.C. il termine mostra di essere utilizzatonell’accezione di “trattato” e nella maggior parte dei casi si tratta di trattato di pace o ditregua che interrompe uno stato di belligeranza. Cfr. S A ; S A; S A .

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

più ampio di un plettro, evitavano proprio di volare. Nella logica delfatto mirabile le cicale reggine continuano a comportarsi come dinorma: sulla fascia diventata di comune utilizzazione ora potrebberocantare, ma continuano a restare mute, evidentemente perché con-tinuano a considerarla di pertinenza reggina; quelle che cambianocomportamento sono le cicale locresi, che sulla fascia comune purnon perdendo la voce diventano silenziose (anch’esse dunque conti-nuando a considerarla reggina) mentre sul fiume diventato di confinesia le une che le altre evitano addirittura di volare: si trattava propriodi un limite invalicabile!

Si coglie, inoltre, in tutto il racconto, un tono polemico, che diventaesplicito nei confronti di chi presume di conoscere la causa dello stra-no comportamento delle cicale sulla fascia di territorio di proprietàcomune e sul fiume di confine, di cui di proposito non fornisce il no-me ma solo le caratteristiche peculiari. Il bersaglio polemico di Elianoè la tradizione ripresa da Strabone, il quale indica il fiume di confinenell’ ῎Αληξ, riferisce che scorre in una gravina (βαθεῖαν φάραγγα) eche dello strano fenomeno delle cicale reggine afone e di quelle locresicanore alcuni davano una spiegazione scientifica: le prime ricadevanoin zona d’ombra e si ritrovavano le membrane umide e incapaci diemettere suono a differenza di quelle locresi sempre in pieno sole econ le membrane secche e vibranti. Si tratta di una spiegazione delfenomeno dedotta da osservazioni sui comportamenti delle cicale inambienti umidi e soleggiati presenti nell’Historia animalium di Aristo-tele (Teofrasto) riprese anche da Plinio. Eliano, non diversamenteda Pausania, sceglie le sue fonti, anche se di rado le cita, privilegiandole versioni meno note o da lui giudicate più attendibili. Nel caso inquestione mostra, polemizzando, di conoscere le versioni di diversiautori, da uno dei quali riporta, ed è l’unico a farlo, lo specifico ac-cordo tra Locresi e Reggini, il comportamento difforme delle cicale,la distanza fra le sponde strette del fiume di cui tace il nome, forseperché diverso da quello che aveva ripreso dalla tradizione relativa adEutimo. È importante capire chi sia in questo caso la sua fonte.

Varî indizi concorrono a cercarlo in uno storico occidentale, madiverso da Timeo, di cui conosciamo la specifica versione, legata e fun-

. Aristot. N.A. V , a e b ; Plin. N.H. XI ; cfr. A , p. e n. .. P , pp. ss. e –.

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zionale al racconto della gara citarodica a Delfi tra il reggino Aristonee il locrese Eunomo (due nomi parlanti!) vinta da quest’ultimo perchéuna cicala gli aveva consentito di portarla a termine sostituendosialla corda spezzata. La fascia di confine tra il Kaikinos e lo Halexrientra certo tra le cause della violenta ostilità che oppone Reggini eLocresi durante la prima spedizione ateniese in Sicilia. Di ciò avevanotrattato sia Antioco che Filisto, ma niente in proposito emerge daiframmenti del primo; per quanto riguarda Filisto, Stefano Bizantinolo cita a proposito di Kaikinon, che qualifica come un chorion italico,evidentemente omonimo del fiume, che è menzionato in riferimentoalle ostilità reggino–locresi anche in un lacunoso papiro anonimo attri-buito dalla critica a Filisto. In ogni caso né ad Antioco né a Filisto sipossono attribuire interessi per il fenomeno delle cicale e anche questidue autori sono da escludere come possibili fonti di Eliano.

Merita segnalare che, senza riferimento a Filisto, il toponimo Kaiki-non era già ricordato dal grammatico Erodiano; ma interessante èanche il suo riferimento al fiume Κάϊκος a proposito del vento Και-κίας, che soffia nei suoi pressi, in quanto attesta la derivazione delnome del fiume della Misia da quello del vento. È giusto dunque nontrascurare la possibile relazione tra il Kaikinos locrese (un torrente, enon un grande fiume, come quello che sfocia nel golfo Elaitico) e ilvento Kaikia.

Se ci soffermiamo ad analizzare quanto su questo importante ventosta scritto nel trattato Sui venti di Teofrasto (ma attribuito dalla tradi-zione al maestro Aristotele), troviamo altre connessioni utili al nostrotema. Riferisce Teofrasto che il vento Καικίας, a volte identificato con

. Ampia analisi e discussione di questo frammento timaico in A . D’altraparte è ben noto che Timeo era tanto filo–locrese da polemizzare contro Aristotele sullostatus sociale dei coloni primari e da meritare anche su questo i rimproveri di Polibio: Tim.FGrHist F a–b; Polyb. XII –.

. Phil. FGrHist F , ap. Steph. Byz. s.v. Καικῖνον. Per una storia dei tenta-tivi di identificazione cfr. P . Il nome del fiume ha lasciato traccia anchenell’onomastica locrese, come si evince dalla tab. : cfr. D F , p. .

. FGrHist F .. Herod., Rhet. III, , p. : τὸ δὲ <Καικῖνον> χωρίον ᾿Ιταλικόν.. Herod., Rhet. III, , p. : <Κάϊκος> ποταμός, ὅθεν ἄνεμος Καικίας ὡς ἐκεῖθεν

πνέων.. Alla possibile relazione accenna C , p. n. e , p. n. , in

riferimento alla ipotizzata posizione del Kaikinos ad Est di Capo Spartivento.

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

Borea, a Lesbo è denominato Tebana dalla regione di provenienza,e in Sicilia soffia nella zona dello Stretto e anche lì c’è chi lo chiamaTebana. Il filosofo attesta dunque che Kaikia era la denominazioneabituale del vento di nord–est (il nostro Grecale), che soffia nelloStretto, dopo aver investito l’estrema punta dell’Italia meridionaleionica, a partire dal fiume e dal chorion locresi che ne avevano derivatoil nome e che dovevano trovarsi a ridosso dell’Heraklion akroterion, agiudicare dal toponimo moderno di Capo Spartivento. La ben notacaratteristica di questo vento di spirare in senso circolare attirando asé nuvole e portando tempesta era esemplificata in un verso adespotousato in senso proverbiale anche da Aristotele e Teofrasto («ἕλκων ἐφ΄αὑτὸν, ὥστε Καικίας νέφος») e sta probabilmente all’origine dellaspiegazione dell’afonia delle cicale reggine attribuita ad Aristotele daStrabone, con la quale appunto Eliano polemizzava.

In verità il tono polemico sta sotteso a tutto il racconto di Eliano esembra tradire un’ottica reggina, di disappunto e di non accettazionedi un accordo che aveva penalizzato i Reggini e favorito i Locresi,reso esplicito dall’inspiegabile comportamento delle cicale. Tutte leconsiderazioni sin qui fatte inducono a pensare a Lico di Reggio, cheEliano, per quanto poco incline a dichiarare le sue fonti, cita almenoin un caso, che merita qui considerare. Come ho illustrato altrove,Lico dimostra specifico interesse in diversi frammenti per il compor-tamento strano degli animali, e ha gravitato a lungo nella scuola diAristotele in cui ha potuto farsi tramite di precise informazioni su diessi e su vicende e specificità ambientali del mondo occidentale, chepoi si ritrovano anche in Teofrasto e in Plinio. In particolare a una

. Arist. Meter. a –b <Καικίας.> οὗτος ἐν μὲν Λέσβῳ καλεῖται Θηβάνας·πνεῖ γὰρ ἀπὸ Θήβης πεδίου τοῦ ὑπὲρ τὸν ᾿Ελαιτικὸν κόλπον τῆς Μυσίας, ἐνοχλεῖδὲ τὸν Μιτυληναίων λιμένα, μάλιστα δὲ τὸν Μαλόεντα· παρὰ δέ τισι Καυνίας, ὃνἄλλοι βορρᾶν... ἐν δὲ Σικελίᾳ καταπορθμίας πνέων ἀπὸ τοῦ πορθμοῦ. τινὲς δὲ αὐτὸνκαικίαν οἴονται εἶναι Θηβάναν προσαγορεύοντες.

. Arist. Meter. b, l. –; Arist. Probl. a ; Theophr. Fragm. Didot (= Fr. Fortenbaugh); Diogenian. Paroem. Cent. , , , su cui cfr. L , p. e n. .

. P , p. . In qualche caso, come già notava Jacoby, l’utilizzazione di Licorisulta evidente anche se non lo cita, come a proposito dei buoi chiamati larini da Tesprotied Epiroti in riferimento alla mandria di Gerione (Ael. N.A. XII ), che rimanda a Lyk.FGrHist F a–b, o come a proposito delle ninfe Lusie di N.A. X , che richiamano leninfe Alusie di Lyk. FGrHist F .

. Lyk. FGrHist FF a–b, , , , ; ora anche in S .. D S S , pp. ss.

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mediazione di Lico si può attribuire il risalto dato nell’ambiente delPeripato dell’apoftegma di Stesicoro sulla minaccia di far cantare daterra le cicale locresi: richiamato come potente metafora già da Aristo-tele, ne sottolinea la forza e la riattualizzazione nel IV sec. DemetrioFalereo (con cui Lico fu certamente in contatto, prima di entrarein contrasto), attestando che a questa «allegoria» aveva fatto ricorsoDionisio (più credibilmente il Giovane) per minacciare i Locresi conun’elegante allusione alla devastazione del territorio col taglio deglialberi. Del resto sempre a Stesicoro dovrebbe far capo la leggendadelle cicale diventate afone in territorio reggino per non disturbare ilsonno di Eracle, di ritorno dalla Sicilia con la mandria di Gerione,all’origine delle utilizzazioni successive del mito, destinato a sviluppar-si in altre elaborazioni parassodografiche o musicologiche. Né vadimenticato che la tradizione poetica e storica reggina aveva ripresopiù volte il tema stesicoreo della decima fatica di Eracle e che Anti-gono di Caristo dichiara di riportare in proposito quanto si raccontava

. Aristot. Rhet. II b, –a, ; III a, . Cfr. C .. Demetr. Phal. De eloc. –: Μεγαλεῖον δέ τί ἐστι καὶ ἡ ἀλληγορία, καὶ

μάλιστα ἐν ταῖς ἀπειλαῖς, οἷον ὡς ὁ Διονύσιος, ὅτι οἱ τέττιγες αὐτοῖς ᾄσονται

χαμᾶθεν. Εἰ δ΄ οὕτως ἁπλῶς εἶπεν, ὅτι τεμεῖ τὴν Λοκρίδα χώραν, καὶ ὀργιλώτερος

ἂν ἐφάνη καὶ εὐτελέστερος. C , p. e ancora , pp. ss., identifica ilDionisio in questione con Dionisio il Vecchio e di fronte ai rilievi sulla improbabilità di unatale minaccia rivolta ai Locresi, è costretto a ipotizzare un fraintendimento di DemetrioFalereo nel considerare diretta ai Locresi, anziché ai Reggini, la minaccia. Ma anche cosìnon funziona, perché tanto le cicale reggine non cantavano comunque, né dagli alberiné da terra. M , p. , pensa piuttosto a Dionisio II e, pur non escludendoaltri possibili contesti, mette in relazione la minaccia con la cattura di moglie e figli daparte dei Locresi dopo il suo allontanamento dalla città per recuperare il potere a Siracusa.La forza attribuita all’allegoria presuppone che la minaccia avesse prodotto il suo effetto,ma nel / le minacce di Dionisio II non valsero a bloccare la vendetta locrese neiconfronti della sua famiglia. Ritengo che si debba pensare a un contesto precedente, comerisposta sprezzante e minacciosa alle resistenze dei Locresi ad accoglierlo nella città e aconsentirgli di occupare l’acropoli col suo seguito e i suoi mercenari, dopo che fu scacciatoda Reggio nel a.C. (Iust. XXI ,; ,; Plut. Timol. ,; Diod. XVI ,). Anche il durocomportamento del giovane tiranno nei confronti degli aristocratici locresi e delle lorodonne, tanto enfatizzato nella tradizione pervenuta (cfr. D’A a), potrebbe esserestato originato dall’inutile e mal celata opposizione al suo soggiorno locrese, che esplose inribellione aperta e vendetta irriducibile, nonostante ulteriori minacce e tentativi tarantini dimediazione, non appena egli fece ritorno a Siracusa (Strab. VI ,, ).

. Diod. IV ,: qui le cicale semplicemente spariscono da τὰ μεθόρια τῆς ῾Ρηγίνηςκαὶ Λοκρίδος. Anche Solino (II ) non menziona nessun fiume.

. Cfr. A ; B .. D S S , p. .

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

presso i Reggini, formula che potrebbe rimandare a Lico, sua fonteabituale.

Un confronto di grande interesse offre il racconto di Eliano sullestrategie dei Veneti per impedire alle cornacchie di mangiare il granoseminato: dopo aver riportato la versione di Teopompo, aggiunge aconforto (ὁμολογεῖ) e ad integrazione quella di Lico, nella quale comparel’espressione ἐνσπονδά ἐστιν. Oltre a condividere, con Luigi SantiAmantini, l’interesse di «questa traduzione in chiave diplomatica, contermini tratti dal linguaggio giuridico, di un’usanza che rientra fra lecuriosità etnografiche», possiamo rilevare in essa il ricorso ai medesimitermini tecnici di un diritto internazionale formalizzato che abbiamogià riscontrato nel testo di Eliano qui in esame per il comportamentodelle cicale. L’analogia dei due contesti e la perfetta corrispondenzaterminologica autorizzano a trarre la conclusione che Eliano avessericavato da Lico anche il “trattato” reggino–locrese disatteso dalle cicale.

Sul piano topografico l’indicazione relativa all’alveo stretto e incassatodel fiume, lasciato anonimo da Eliano, indicato nello Halex da Strabone,ha fornito un preciso elemento di riscontro per la sua identificazione.Un contributo importante all’individuazione dell’area di riferimento haofferto l’ipotesi di Claudio Sabbione che fosse da identificare con lafiumara di Galati, che origina dall’area montana in cui sorgeva la chiesadi S. Maria della Lica, toponimo che conserva un evidente relitto dell’i-dronimo Halex. Tale fiumara sfocia poco a nord di Capo Spartivento,per communis opinio l’Heraklion akroterion degli antichi, nel comprensoriodi Brancaleone. Ai risultati di ulteriori indagini nell’area si appellanoquanti ne propongono ora l’identificazione piuttosto con l’adiacentefiumara di Palizzi, che origina dalla medesima area montana, ma sfociaimmediatamente a sud di Capo Spartivento, nel comprensorio di Bova.Per la localizzazione del Kaikinos non si dispone di elementi cogenti, a

. Antig. Caryst. Mir. , : παρὰ τοῖς ῾Ρηγίνοις...ἱστορεῖται .... Ael. N.A. XVII ; Theop. FGrHist F b; Lyk. FGrHist F. Cfr. D S S

, p. e n. .. S A , p. . L’A. giustamente rileva la difficoltà di attribuirla a Teopom-

po, nei cui frammenti questo uso non si risconta e lascia aperto il problema se sia da ascriverea Lico o allo stesso Eliano. L’altro caso che stiamo qui esaminando consente di risolverlodecisamente a favore di Lico.

. S , pp. ss.. C , pp. –; C , pp. e ; , pp. ss.; p. con fig. .

Così ora anche Z , p. e C , p. .

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parte le considerazioni che scaturiscono dalle fonti letterarie, che indu-cono a collocarlo tra Capo Spartivento e capo Bruzzano, ma più vicinoal primo che al secondo, se coglie nel vero la relazione qui proposta tral’idronimo e il vento Kaikia, che spira nello Stretto di Messina, comeattesta Teofrasto. Se, come sembra, l’identificazione dello Halex con lafiumara di Palizzi è quella meglio suffragata dalle ultime ricognizionitopografiche, appare credibile l’ipotesi che il Kaikinos fosse la fiumaradi Galati o una poco a nord di essa, come proposto di recente, il checomporterebbe che la striscia di variazione del confine fosse in sé abba-stanza modesta, di pochi chilometri di costa, ma resterebbe confermatoil valore simbolico irrinunciabile per i Reggini del confine ionico oltre loHeraklion akroterion.

. La datazione del cosiddetto “trattato” di Eliano e i terminidell’eirene del a.C.

Al di là della pur rilevante questione topografica, interessa in questasede valutare soprattutto quale possa essere considerato un contestostorico coerente per l’inquadramento dell’accordo reggino–locresesulla fascia comune di confine trasmesso da Eliano. La tendenza deglistudiosi moderni è di considerarlo tardo, di seconda metà del IV oaddirittura del III sec. a.C. . Ma quanto risulta dalla tradizione nonsembra offrire elementi sufficienti a considerarlo tale.

Nelle fonti, quello del / a. C. è l’ultimo tentativo reggino diriprendere il controllo del territorio oltre lo Halex, e di ristabilire ilconfine storico con Locri sul Kaikinos. Per rivendicazioni lungo que-sto confine non ci sarebbe stata più occasione nella storia successivadella città dello stretto. L’alleanza matrimoniale di Locri con DionisioI precluse ogni possibile contesa confinaria fra Locri e Reggio. Anzi,dopo aver distrutto Reggio nel / a.C., Dionisio I potrebbe averfatto dono al santuario di Zeus Olimpio di Locri di ampi possedimenti

. C , p. ; C , p. e n. .. Cfr. C , pp. s., che pensa a una datazione nella seconda metà del

IV sec., mettendolo in relazione con la menzione delle terre oltre lo Halex nelle tabellelocresi, il che gli suggerisce di considerarlo relativo alla fascia di territorio dallo Halex ingiù in piena area reggina: così viene però stravolta la delimitazione geografica della fasciacomune! C , p. , lo colloca tra la seconda metà del IV sec. e l’età di Pirro, elo considera finalizzato a porre fine alla «atavica conflittualità nella zona dell’Alece».

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

fondiari dislocati a sud dello Halex, dunque in pieno territorio reg-gino, che rimasero stabilmente in godimento del santuario in epocasuccessiva e figurano in alcune tabelle dell’archivio locrese. Non sivede come e quando Locri, che già dal tempo della spedizione atenie-se in Sicilia aveva vittoriosamente difeso il suo confine meridionalesullo Halex e disponeva di terre al di sotto di esso per il suo santuariodi Zeus Olimpio, fosse stata costretta a rinunciare — e poi costrettada chi ?– a questa sua storica rivendicazione da tempo soddisfatta,per consentire a Reggio addirittura di recuperare in parte il diritto dicoltivare le terre a nord di quel confine.

È vero che Dionisio II rifondò Reggio con nome di Phoibía, neglianni ’ del IV sec., ma è difficile ammettere che avesse proprio luiridimensionato il territorio locrese, come è difficile pensare che riven-dicazioni in tal senso avesse manifestato la rifondata Reggio, che nel fu liberata da Siracusa dell’ingombrante presenza del giovane tiranno,ma che aveva comunque un corpo civico composto solo in parte dasuperstiti e discendenti dei vecchi cittadini calcidesi e per il resto danuovi coloni di provenienza isolana (geloa, imerese, siracusana); uncorpo civico che risulta economicamente e politicamente proiettatoverso Siracusa in età timoleontea e agatoclea e anche per ciò daconsiderare poco incline a rinnovare vecchi conflitti con Locri.

Anche dopo Dionisio II è difficile ipotizzare una qualche occasionestoricamente credibile in cui inquadrare la clausola della coltivazionecomune della fascia intermedia. Per queste epoche manca qualsiasiinformazione su eventuali quanto improbabili rinnovate contese con-finarie fra le due poleis, che risultano invece progressivamente semprepiù impegnate a difendersi dal radicamento ai margini delle loro choraidi insediamenti di mercenari che finiscono col diventare avampostibrettii, come ad esempio quello di Serro Mandi lungo proprio questalinea di confine fra Reggio e Locri.

Occorre allora tornare alle vicende di V secolo e riconsiderare inmaniera più attenta i dati finora accertati.

. Si tratta delle tabb. , e ; sul problema cfr. C , pp. ss.. D’A per i dati prosopografici; D S S , pp. ss. per

l’interpretazione complessiva e la bibliografia precedente.. Cfr. D S S , pp. s.; E. c.s.. Ne propone l’identificazione con l’oppidum italico di Hypôron C , pp.

ss. che presenta ulteriore documentazione in C , pp. ss.

Giovanna De Sensi Sestito

Come abbiamo visto, il confine originario era il Kaikinos, poco anord di Capo Spartivento, e tale doveva essere formalmente rimastoben oltre il a.C., almeno fino alla morte dell’olimpionico–eroe Eu-timos ormai vecchio, e ad esso originariamente doveva essere riferitolo strano fenomeno delle cicale canore sul versante locrese e afonesul versante reggino, come ricorda Pausania ed implica la spiegazionedel fenomeno in Aristotele/Teofrasto. Se quello sullo Halex era giàstabilizzato al tempo delle prima spedizione ateniese in Sicilia, comerisulta da Tucidide, qualcosa doveva essere intervenuto nel frattempo,ed è sembrato ragionevole a vari studiosi collocare l’appropriazioneda parte locrese del territorio fino allo Halex alla caduta della tirannidereggina nel a.C. e all’avvento dell’oligarchia. In realtà potrebbeessere avvenuto anche prima, su pressione sui giovani Anassilaidi diIerone o del successore Trasibulo, le cui benemerenze nei confrontidi Locri gli consentirono di trovarvi asilo fino alla morte dopo che fucacciato da Siracusa nel a.C..

Al profilarsi della guerra del Peloponneso, s’impose anche per iGreci d’Occidente una precisa scelta di campo: le città di origine doricarinsaldarono quella con Sparta, e specificamente Taranto, Locri e Sira-cusa furono sollecitate a preparare una grande flotta, le città calcidesistipularono o rinnovarono la loro alleanza con Atene. Questa sceltaebbe conseguenze traumatiche per l’equilibrio politico e sociale inter-no di Reggio: il trattato stipulato con Atene nel e lo schieramentodella città nel fronte calcidese che aveva sollecitato l’intervento degli

. D F , pp. ss.; D S S , pp. s.(= , p. ).Sull’oligarchia reggina alla caduta della tirannide cfr. C () , pp. ss.

. Diod. XI , e .. Thuc. II , . L’ambasceria spartana ai popoli di Italia e Sicilia (Taranto, Locri e

Siracusa) ebbe luogo dopo l’attacco tebano a Platea che ruppe la pace dei trent’anni; già daallora Sparta chiese loro di costruire navi in numero proporzionato alla grandezza delle variecittà, di raccogliere denaro e di tenersi pronte per le necessità della guerra. Fu probabilmentein ossequio a tale sollecitazione che Locri si dotò di quella piccola flotta da guerra, chele consentì, come vedremo, di tentare di bloccare e attaccare Reggio anche dal mare, disvolgere un ruolo attivo assieme a Siracusa nel contrastare la presenza ateniese nelle acquedello Stretto, di presidiare Messana e di intervenire nell’attacco dei Messani a Naxos; e poiancora, nella fase finale della guerra del Peloponneso, dal in poi, di essere presente conle sue navi accanto a quelle di Taranto e di Siracusa nelle acque dell’Egeo al fianco di Sparta.

. IG I . Alla stipula di questo trattato C () , p. , riconduce la stasische agita Reggio negli anni della prima spedizione ateniese in Sicilia.

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

Ateniesi in Sicilia nel implicano che in quegli anni il governo dellacittà fosse saldamente controllato dalla componente calcidese. Ciò hafatto pensare che la fazione reggina cacciata in esilio e riparata a Locriper una stasis, di cui parla Tucidide sotto il , ma dicendola in atto damolto tempo, potesse essere costituita dalla componente dorica, valea dire quella di origine messenia, in auge a Reggio sotto gli Anassilaidi,ma emarginata alla loro caduta e a quel tempo espulsa.

La stasis deflagrò in polemos nell’estate del , allorché la flotta ateniesediretta in Sicilia fece del porto di Reggio il suo quartier generale e laquestione del confine, come abbiano visto, tornò ad essere motivo diaperta ostilità con Locri. Da subito i Reggini erano stati al fianco degliAteniesi nell’attacco alle Eolie e nella spedizione contro Milae. Dopole incursioni ateniesi nella Locride, nell’estate del furono i Locre-si a intervenire al fianco dei Siracusani in difesa di Messana che avevadefezionato dagli Ateniesi. In proposito Tucidide sottolinea che la loropartecipazione all’impresa era motivata dall’odio verso i Reggini controi quali intendevano portare la guerra per terra e per mare; aggiungeinoltre che per insistenza dei Reggini esuli presso di loro avevano invaso ilterritorio di Reggio, lo avevano devastato e poi si erano ritirati, mentrele navi restavano ormeggiate a Messana a sua protezione aspettando lealtre in allestimento con le quali speravano di bloccare il porto di Reggioassieme ai Siracusani. Tucidide torna a ribadire l’odio che animava iLocresi nei confronti dei Reggini poco oltre, quando riferisce di un’ul-teriore invasione in massa del territorio reggino e racconta i tentativi diingaggiare una battaglia navale nello Stretto nella speranza di assoggettareReggio; se infatti si fossero impadroniti del suo porto, col controllo diMessana già realizzato, gli Ateniesi non avrebbero più potuto ormeggiaree controllare lo Stretto.

Dunque i tentativi dei Reggini di recuperare il possesso della fasciaconfinaria tra lo Halex e il Kaikinos con l’aiuto degli Ateniese di stanzanel loro porto aveva provocato una reazione militare carica di odio

. Thuc. III .. B , p. . Alla componente aristocratica pensava M , p. .. Thuc. III .. Thuc. III .. Thuc. IV , –.

. Thuc. IV –.. Giustamente F , p. , osserva che l’iniziativa ateniese in questa prima

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da parte dei Locresi, passati al contrattacco non solo con ripetute inva-sioni della chora reggina con la fanteria dal conteso confine ionico, maanche con attacchi navali assieme ai Siracusani nello Stretto dalla basedi Messana, nella quale avevano persino insediato proprî epoikoi.

L’odio dei Locresi, rinfocolato dagli esuli ospiti, dimostra quanto dolo-rosa fosse ancora per loro e per i Reggini la questione del confine ionicosullo Halex, e spiega la determinazione con cui i Locresi si impegnaronoa difenderlo fino a minacciare a loro volta la sopravvivenza di Reggio.La pace a fatica stipulata dall’ateniese Feace nel con gli irriducibiliLocresi, costretti ad accettarla dalla guerra in atto con le colonie tirreniche,Ipponio e Medma, dovette riconoscere e ribadire il confine sullo Halex.

Dopo un’esperienza così drammatica per i Reggini, non ci sarebbestata più occasione per loro di rinnovare pretese lungo quel confine, nèsarebbe concepibile l’accordo di coltivazione comune di cui parla Elia-no. Ne consegue che occorre individuare una situazione precedente,chiusa in modo meno traumatico.

Ebbene, tale fu la guerra minacciosa mossa da Anassilao e Leofronelungo quel confine, ma risolta con un accordo per l’intervento perento-rio di Ierone. L’ultimatum di cui era stato latore Cromio aveva impostole condizioni che consentirono ai Locresi di recuperare l’eirene e agliAnassilaidi, accettandole, di riconfermare, anzi di consolidare la symma-chia con Siracusa. In uno scolio alla Pitica I di Pindaro si fa riferimentoal matrimonio di Ierone con una figlia di Anassilao; è stato oppor-tunamente suggerito di inquadrarlo in questa fase, piuttosto chedopo Imera. Se è vero che «lo strumento privilegiato della politica diIerone fu quello della diplomazia» come sostiene Daniela Bonanno,l’ambasceria affidata al cognato Cromio per trattare con Anassilao eLeofrone è da considerare un vero capolavoro diplomatico: l’ultimatumdi cui era latore minacciava il diretto intervento siracusano al fiancodi Locri, ma aveva anche offerto ai due tiranni un’uscita onorevole

spedizione in Sicilia risulta alquanto nebulosa dal punto di vista strategico e che gli interessiateniesi appaiono subordinati a quelli locali.

. Thuc. V ,. Per la capacità di’iniziativa dimostrata da Locri in questi anni cfr. M, p. .

. Thuc. V .. Schol. Pind.Pyth. I, d. Doveva trattarsi di una figlia di primo letto, come Leofrone.. L , p. .. B , pp. ss. e passim.

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

dalla guerra in corso con la proposta di epigamia. Da essa, a trarre imaggiori vantaggi fu comunque Ierone, perché il vincolo strettissimoinstaurato fra le due casate legava le mani ad Anassilao e Leofrone; e laloro morte da lì a poco gli avrebbe dato diritto di chiamare presso disé i figli di secondo letto di Anassilao, appena diventati maggiorenni, eindurli ad assumere il potere sulle due città dello Stretto per esautorareil fidato Micito lasciato da Anassilao come reggente.

Non c’è guerra che non si chiuda con una ridefinizione di confini,soprattutto se questa era stata la ragione del contendere. Ebbene: Cro-mio non può non aver prospettato anche una accettabile soluzione dicompromesso per quel conteso confine fra le chorai di Reggio e Locri,non quale esito del conflitto, perché interrotto, ma quale condizioneposta da Ierone per stipulare la pace. Solo lui aveva l’autorità necessariae il potere di imporre una pace che contenesse quelle spondai sull’uti-lizzazione comune della fascia compresa fra Kaikinos ed Halex,unasoluzione di compromesso che avrebbe regolato per alcuni anni l’usocongiunto di quel territorio.

La trasformazione dell’accordo di uso comune della fascia confinariain possesso esclusivo di Locri, tanto che fosse stata concessa dai giovaniAnassilaidi dopo il / oppure fosse esito di un colpo di mano locresealla loro caduta nel , fu considerata inaccettabile dalla popolazionereggina di origine calcidese che, quando a decenni di distanza se nepresentò l’occasione, tentò invano di riprendersi le terre fino al Kaikinos.

. Considerazioni finali

L’ampiezza delle ricadute su Reggio e su Locri della politica dei Di-nomenidi risalta con plastica evidenza da una sintetica valutazionecomplessiva.

Reggio, che nella prima fase anassilaica aveva conosciuto incrementinotevoli di potenza, prestigio militare ed espansione economica, dal in poi sperimentò il fallimento l’una dopo l’altra di tutte le sue iniziativemilitari e politiche: l’alleanza con i Cartaginesi fu un disastro; la guerracontro Locri si tradusse in uno smacco, seguito a breve dalla morte diAnassilao e di Leofrone; l’ intervento a sostegno di Taranto contro gli

. Hdt. VII ,; Diod. XI . Su Micito cfr. L , pp. ss. e M .

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Iapigi voluto da Micito sfociò in una grandissima strage di greci; lacolonizzazione di Pissunte ebbe breve vita; infine Micito su istigazione diIerone fu cacciato dai figli di Anassilao appena maggiorenni, presto travoltiessi stessi dalla sollevazione popolare. Messana fu perduta per sempree Reggio sotto un rinnovato governo costituzionale tentò di ricostruirein qualche modo la sua potenza, senza mai più riuscire a recuperare lacapacità di controllo dello Stretto che aveva esercitato in passato.

Locri, al contrario, da Gelone e soprattutto da Ierone aveva rice-vuto sostegno politico–militare in una fase critica della sua esistenza,quando s’era trovata sotto attacco reggino prima sul versante tirrenicoe poi, ancor più pericolosamente, ai margini della sua stessa chora.Nel l’appoggio deciso di Siracusa era valso a risolvere in manie-ra estremamente vantaggiosa la guerra con Reggio e la questionedel confine. Recuperata la piena sicurezza grazie all’alleanza con lapotente dinastia siracusana, fu in grado di realizzare a sua volta, colconcorso anche delle colonie Medma e Ipponio, una politica di espan-sione sul versante tirrenico, ai danni di Crotone, con la conquista diTemesa, che ha lasciato traccia nella tradizione letteraria epigrafica earcheologica. Fu questa guerra a rinnovare e riattualizzare la gloriaguerriera di Locri legata nel passato all’incredibile vittoria della Sagrasempre sui Crotoniati. Su questa gloria guerriera richiama l’attenzio-ne la lode poetica che Pindaro riserva alla città epizefizia non soloall’interno della Pitica II dedicata al potente signore di Siracusa — quievidentemente allo scopo di dargli ulteriore gloria —, ma anche indue epinici scritti nel medesimo torno di anni per il giovanissimoAgesidamo locrese figlio di Archestrato.

. Hdt. VII , ; Diod. XI .. Paus. VI ,; Strab. VI ,, C ; SEG XI : cfr. D S S , p. s.

e n. ; E., , p. (= , pp. s.), M et alii,, p. ; cfr. inoltre varierelazioni presenti in L T e D’A con bibliografia complessiva. Per ladatazione della vicenda storica, che Pausania ricorda come la lotta di Eutimo contro l’eroedi Temesa dopo il suo rientro da Olimpia (ἐπανήκων δὲ ἐς ᾿Ιταλίαν τότε δὴ ἐμαχέσατοπρὸς τὸν ῞Ηρω), sono possibili le date del e del (D S): per la prima, anche amio avviso da preferire, vd. M, per il vd. ora D’A.

. Ad Agesidamo Pindaro dedicò la breve Olimpica XI nell’imminenza della vittoriariportata dal giovane nella gara di pugilato per la categoria dei fanciulli del a.C., e poila Olimpica X, promessa ma scritta più tardi, per onorare l’impegno assunto e l’ospitalitàricevuta a Locri da parte del padre del giovane atleta, Archestrato, esponente illustredell’aristocrazia locrese, come suggeriscono le stesse parole del poeta. Nonostante i tantivincitori nei giochi panellenici espressi da città della Magna Grecia nel VI sec. e nei decenni

Siracusa, le guerre di confine tra Locri e Reggio e il “trattato” di Eliano

Al riferimento al popolo locrese come stratos non inospitale e nonignaro di opere belle, di acuta saggezza e armato di lancia dell’OlimpicaXI, corrisponde in quella successiva (Olimpica X) una lode più pregnantedella città epizefiria, attraverso la personificazione in Atrekeia, Calliopee bronzeo Ares delle sue eccelse virtù politiche, poetiche e belliche.L’immagine della città di Locri che emerge dai versi di Pindaro è quelladi una città dai saldi ordinamenti e con un’invidiabile tradizione poeticae musicale, che ha ritrovato sicurezza e potenza militare per merito delfiglio di Dinomene, al quale innalza inni di lode la vergine zefiria.

L’intensità del legame allora instaurato, che s’intravede nei frustulidi tradizione esaminati, ha lasciato tangibile evidenza anche nelle bennote influenze culturali, che si colgono nell’interazione di correntiartistiche, architetture e forme di culto fra area locrese e locresecoloniale da una parte, area siciliana e più specificamente siracusanadall’altra; anche i pinakes ne offrono precisa testimonianza.

Al tempo della guerra del Peloponneso fu Siracusa a ritrovarsiaccanto Locri come alleata fedele e intraprendente, all’interno del-l’alleanza più vasta con Sparta e la Lega del Peloponneso. Fra Locri eSiracusa s’era cementata, nel corso del V secolo, una alleanza politicae militare così forte e così proficua, da rendere del tutto conseguente e“conveniente” il rapporto di epigamia con cui la città italiota si sarebbelegata alla Siracusa di Dionisio I sul principio del IV secolo.

iniziali del V sec. a.C., solo altri due atleti ebbero il privilegio di essere immortalati dal cantodi lode di un poeta contemporaneo, e furono Alexidamos di Metaponto, cui Bacchilidededicò l’epinicio XI, e Astilo di Crotone — ma poi dichiaratosi siracusano — cantato daSimonide (Simon. Fr. Page). Da parte di Pindaro questo privilegio fu riservato solo algiovanissimo Agesidamo di Locri, nonostante nella stessa Locri dal brillasse la stelladel pugile Eutimo, che vinse ancora nel e nel , ma che evidentemente non godevadi relazioni privilegiate con la dinastia siracusana.

Per l’Olimpiade del Pindaro compose ben cinque delle tredici olimpiche pervenute;oltre alle due per il giovane locrese, dedicò due olimpiche, la II e la III, al tiranno Terone perla vittoria prestigiosa con la quadriga, e un epinicio al potente tiranno di Siracusa, Ierone,per la vittoria riportata per la prima volta ad Olimpia col corsiero Ferenico, che aveva giàvinto a Delfi nel e nel . L’anno della vittoria del giovane Agesidamo è dunque l’annodella prima vittoria olimpica di Ierone col corsiero Ferenico ad Olimpia (e della vittoriadi Cromio a Nemea, cui il poeta tebano dedica la Nemea IX). La sosta di Pindaro a Locriè da connettere col suo viaggio in Sicilia dopo i giochi di quell’anno, forse per assistereall’esecuzione solenne dei sui epinici ad Agrigento e Siracusa. In quell’occasione fu ospitea Locri di Archestrato, padre del giovane pugile, e alle splendide corti di Terone e di Ierone,che non mancò di magnificare nei suoi versi. Per altre considerazioni sulla mobilità deipoeti verso la Magna Grecia cfr. A .

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A

The solidarity between Syracuse and Lokri Epizephyri is a constant in thehistory of the two cities from V to III century. B.C. A renewed examinationof the documentation on the border wars between Rhegion and LokriEpizephyri shows when and why it was translated into a strong relationshipof political and military alliance. The analysis of the so–called “treaty” ofAelianus (N.A. V ) and its historical and historiographical implications setsthis relationship in a new and broader perspective.

Parole chiave: Siracusa, Locri, Reggio, Ierone, Eliano, guerre di confine

Keywords: Syracuse, Lokri Epizephyri, Rhegion, Hieron, Aelianus, borderwars.

Giovanna De Sensi SestitoUniversità della Calabria

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