Un documento giudeo-arabo siciliano conservato a Siracusa

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The Hebrew University of Jerusalem Faculty of Humanities Institute of Jewish Studies Reprint From ITALIA STUDI E RICERCHE SULLA STORIA, LA CULTURA E LA LETTERATURA DEGLI EBREI D'ITALIA Volume XVI Editor Robert Bonfil THE HEBREW UNlVERSITY MAGNES PRESS, JERUSALEM

Transcript of Un documento giudeo-arabo siciliano conservato a Siracusa

The Hebrew University of Jerusalem

Faculty of Humanities Institute of Jewish Studies

Reprint From

ITALIASTUDI E RICERCHE SULLA STORIA, LA CULTURA

E LA LETTERATURA DEGLI EBREI D'ITALIA

Volume XVI

Editor

Robert Bonfil

THE HEBREW UNlVERSITY MAGNES PRESS, JERUSALEM

UN DOCUMENTO GIUDEO-ARABO SICILIANO

CONSERVATO A SIRACUSA

D a r i o B u r g a r e t t a

Durante la ricerca di alcuni dati inerenti alla stesura della mia tesi di Laurea, presso gli archivi della Biblioteca Alagoniana della Curia Arcivescovile di Siracusa, ho scoperto il materiale che qui pubblico, e che è venuto casualmente nelle mie mani. Infatti, nello sfogliare l’indice della Miscellanea della collezione dell’illustre studioso siracusano M. G. Capodieci, indice provvisorio e artigianale approntato ad usum interno dell’archivio, la mia attenzione è stata attirata da una dicitura che ha destato immediatamente la mia curiosità: documento in scrittura rabbinica. Si tratta precisamente del documento conservato nella “Miscellanea”, vol. XIII, alle pagine 467-469. I due fogli, di cui il primo è scritto su entrambe le facciate mentre il secondo solamente sul recto, sono rilegati in senso capovolto, e ciò è dovuto evidentemente alla scarsa perizia in tema di ebraico da parte di chi si è occupato della rilegatura. Dal contesto si evince chiaramente che si tratta, anche in questo caso, di un documento giudiziale, come nella quasi totalità dei casi di documenti giudeo-arabi su carta o pergamena attestati in Sicilia sino a oggi. È il documento scritto del deferimento di un giuramento, un

solenne giuramento, dice il testo, che un certo Yosef Meír farà pronunciare alla zia paterna e ai suoi figli, riguardo ai beni lasciati dal defunto Samuel Rabib, probabilmente proprio alla sorella, in deposito o in tutela, in attesa che i figli giungano alla maggiore età; beni che ora vengono reclamati proprio dagli eredi diretti del defunto. Anche in ciò il presente documento non si distacca dagli altri documenti giudeo-arabi già studiati e pubblicati. Scrive infatti Antonino Giuffrida: “Il contenuto dei procedimenti processuali è il

Dario Burgaretta 8

più vario ed è legato essenzialmente alla risoluzione dei contrasti di interessi, o ad attività commerciali o a lotte familiari che non riescono ad essere risolte all’interno dei clans, per cui devono essere discusse nelle aule del tribunale”.1 Tra l’altro, questo si inserisce pienamente nel quadro storico di Siracusa dell’epoca, in cui “si attesta un intenso flusso di ebrei siciliani che si stabiliscono a Malta e Gozo, sia un flusso contrario di ebrei maltesi stabilitisi in Sicilia”,2 e in particolare nella città aretusea. Abbondano, infatti, i “contratti di affari, di vendita, di società, ma anche proteste, vertenze, processi in cui sono coinvolte intere famiglie, i cui esponenti vivevano per diversi periodi dell’anno a Malta o a Siracusa”.3 “Un’importante e numerosa famiglia dell’oligarchia siracusana e maltese era proprio la famiglia dei Mehyr o Mayr che negli ultimi decenni del Quattrocento versava in difficoltà economiche accentuate da liti familiari per divisioni di eredità”.4 Per esempio, “una controversia sorge nel 1487 tra Salomone Mehyr e gli eredi del defunto fratello Penhas Mehyr, Sabatino, Samuele, Chanino e Zambita”.5 Non sarebbe affatto improbabile che la vicenda del nostro manoscritto si inserisse proprio in questo contesto socio-familiare, dato che anche la datazione paleografica del documento ci indirizza proprio a quel periodo. È possibile stabilire anche con relativa certezza il contesto del procedimento processuale, sebbene non sia espresso in maniera esplicita nel testo. Si tratta, da quanto si può evincere, dell’elencazione dei punti di un giuramento, disposto dal Bet-Din, il Tribunale Rabbinico, da far prestare alle parti in causa, così come previsto dalla procedura, o probabilmente da far prestare a distanza, per motivi di giurisdizione, presso un altro Bet-Din territorialmente

1 A. Giuffrida & B. Rocco, “Documenti giudeo-arabi nel secolo XV a Palermo”, Studi magrebini 8 (1976), p. 54. 2 V. Mulè, “Ebrei tra Siracusa e Malta nel ‘400”, Archivio Storico Siracusano, S. III, 16 (2002), p. 105. 3 Ibidem. 4 Ibid., p. 110. 5 Ibid., p. 111.

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competente, magari proprio a Malta. Esistono numerosi elementi, a partire dai termini in cui se ne parla, che inducono a pronunciarsi in questa direzione: il giuramento, infatti, dovrà essere assunto alla presenza di un auditorio pubblico (a intendimento di molti, riga 2), in una sinagoga (fi Bet ha-Kneset, riga 3), sede abituale delle attività del Bet-Din, dovrà essere pronunciato in modo solenne davanti al rotolo della Toràh (be-Sefer Toràh, riga 3), con la minaccia della pena, in caso di una falsa testimonianza, della scomunica, dell’isolamento dalla comunità (H�erem e Nidduy, riga 2) e di tutte le maledizioni previste dalla Toràh. Questi sono tutti elementi tipici, come già detto, dei rituali e delle procedure giuridiche del Bet-Din, come risulta ben attestato da un altro documento giudeo-arabo, relativo a una seduta del Bet-Din di Siracusa svoltasi il 21 aprile 1020, nel quale si legge appunto: “Fatto avvenuto al nostro cospetto, noi Comunità di Siracusa, in una seduta del Bet-Din: si sono presentati al cospetto dell’assemblea due testimoni...”; e in seguito ancora “Fategli prestare giuramento e coloro che erano presenti all’udienza rimasero seduti fino a che Elia Ben al-Harrar non giurò al loro cospetto, con la Toràh aperta e leggendo i dieci comandamenti...”.6 Non è dato conoscere la data esatta né il luogo in cui si svolse il giuramento del nostro documento. Esso, infatti, ha inizio direttamente con la descrizione del giuramento, e risulta quindi evidente che esso non è completo, mancando della parte iniziale, relativa proprio al luogo, alla data e ai termini generali della seduta. La prima parte del documento, però, a nostro avviso non doveva differire molto da quella del già citato documento del Bet-Din di Siracusa, o da quelle presenti in numerosi altri documenti rinvenuti nella Genizàh del Cairo.7

6 M. Ben Sasson, “The Jews of Sicily 825–1068: Documents and Sources”, Oriens Judaicus, Ser. I, vo1. I, Jerusalem 1991, pp. 104–105 (in ebraico). 7 “A happening which occurred before us, we the Court (-members) who sign below”; “A happening which occurred before us, in the Court, a session of three judges”; “That which occurred before us, we the Court and the elders whose testimony is inscribed at the end of this document”; “A record of the testimony

Dario Burgaretta 10

Dato che non è possibile stabilire con certezza il luogo e la datazione del documento, non rimane che avanzare delle ipotesi, basate più che altro sull’analisi contestuale, linguistica e paleografica del testo. Per quanto riguarda il luogo, è spontaneo pensare che il

documento riguardi la comunità ebraica di Siracusa, ma questa

affermazione, come abbiamo detto, non va in alcun modo oltre la

semplice supposizione, derivante dalla propensione, spontanea ma

irrazionale, ad attribuire il documento al luogo stesso in cui esso è

stato rinvenuto; potrebbe, infatti, trattarsi benissimo di un documento

maltese giunto a Siracusa per i noti rapporti che intercorrevano tra le

due comunità. Lasciamo dunque a eventuali future scoperte o

ricerche una soluzione certa e documentata della questione.

Anche per quanto riguarda la datazione il testo purtroppo non riporta nulla in modo esplicito. Alcuni elementi testuali, però, come i prestiti lessicali siciliani, seppur limitati, e la “correttezza” linguistica dell’arabo ormai abbastanza “annacquata” (mentre nei testi più antichi la “purezza” lessicale e morfologica del giudeo-arabo è quasi totale), e altre considerazioni che a mano a mano esporremo nell’analisi del testo, ci inducono a ritenere che si tratti di un testo relativamente tardo, spingendoci, pertanto, a collocare cronologicamente il documento, in maniera approssimativa, a cavallo tra il XIV e il XV secolo, opinione, questa, condivisa anche da Moshe Gil, docente di Storia degli Ebrei nelle Terre Musulmane presso il Dipartimento di Storia Ebraica all’Università di Tel-Aviv, al quale ho potuto mostrare le fotografie del manoscritto.8 Ulteriore conferma di una datazione tarda del documento mi giunge anche da Tamar Leiter, ricercatrice dell’Istituto di Paleografia di Gerusalemme, che ha potuto prendere visione, anche se non accuratamente, della riproduzione fotografica dei manoscritti, e mi scrive in un messaggio di posta elettronica datato 29 dicembre 2002: “In comparing the writing of the document with samples of

_______ which occurred before us, we the Court and the witnesses who sign below”, etc., cfr. N. Golb, “A Judaeo-Arabic Court Document of Syracuse, A.D. 1020”, JNES 32 (1973), p. 116. 8 In lettera autografa, datata Tel Aviv 10-09-2002.

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dated manuscripts, I found that the writing has many features in common with the current semi-cursive Sefardic writing found in dated manuscripts of the second half of the fifteenth century (especially its last quarter) and the beginning of the sixteenth century”, spostando quindi la datazione addirittura alla seconda metà del XV secolo. Meno probabile, per ovvi motivi storici, è l’ipotesi che il manoscritto risalga addirittura alla prima metà del XVI secolo. Una delle motivazioni addotte dalla Leiter per la sua valutazione è la grafia della lettera peh

sofìt, nel documento inviatomi, infatti, scrive ancora: of special note is

the letter “Peh Sofit”.

Ad ogni modo, però, si tratta di deduzioni e congetture, per cui in questa sede rimandiamo a futuri approfondimenti la soluzione della questione. La lingua in cui è redatto il documento è, come abbiamo già avuto modo di dire, l’arabo parlato dagli ebrei di Sicilia, il cosiddetto giudeo-arabo, una variante dialettale araba con forti connotazioni occidentali, “con caratteristiche fonetiche, morfologiche e sintattiche che lo allontanano dall’arabo classico o letterario”;9 un idioma definito, dagli stessi notai dell’epoca che se ne occupavano, arabicu, o più sovente moriscu, in contrapposizione all’altro idioma generalmente diffuso in Sicilia, il cosiddetto latinu. “Naturalmente i notabili e i notai giudei conoscevano bene il siciliano e se ne servivano nei rapporti coi cristiani e con le autorità costituite; quando era necessario, lo traducevano, perché fosse intelleggibile alla massa dei connazionali. Lo padroneggiavano e lo scrivevano abbastanza correttamente; eventuali imperfezioni morfologiche o sintattiche sono da attribuire alla matrice culturale semitica. Accanto al siciliano, i notai ebrei usavano anche il latino, di cui sapevano che sta all’origine del siciliano e che ne differiva allora meno che oggi; ordinariamente, quando parlavano di latino, intendevano dire siciliano ... il siciliano, infatti, ancora non aveva ricevuto la qualifica spregiativa di dialetto; era la lingua nazionale del Regno di Sicilia

9 Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi...” (supra, n. 1), p. 56.

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fino a tutto il secolo XV”.10 Questa identificazione tra latinu e la lingua corrente non è scomparsa del tutto in Sicilia ed è sopravvissuta sino ai nostri giorni; non è raro, infatti, sentire dalla bocca delle persone più anziane, per invitare qualcuno a esprimersi in maniera più comprensibile, e parlare in modo più spontaneo e a portata di tutti, l’espressione: parra latinu! Le caratteristiche della lingua giudeo-araba di Sicilia sono bene sintetizzate da Benedetto Rocco nel suo articolo già citato sulle tre lingue usate dagli ebrei in Sicilia: “Si tratta di un dialetto arabo dell’Occidente, che fino al secolo. XV doveva essere molto simile a quello che in seguito avrebbe dato origine al maltese odierno. A volte le somiglianze vanno in direzione libica o tunisina; non sono da tralasciare i dialetti algerini e marocchini...”.11 Molte delle caratteristiche fonetiche e morfosintattiche elencate dal Rocco si riscontrano pienamente nel nostro documento, come, per esempio, il passaggio fonetico della vocale di timbro a a vocale di timbro o in vicinanza di suoni enfatici o della faringale ع (vayn), come, per esempio, nel caso di yovni per yavni (cioè) o di yovXîhom per yavXîhom (li dà);12 o ancora la sporadica perdita, da parte delle consonanti enfatiche, della loro pronuncia peculiare, per cui esse vengono utilizzate indifferentemente al posto delle consonanti non enfatiche e viceversa. Nel nostro documento, invece, non si riscontrano casi di assimilazione del nun alla lettera successiva in sillaba chiusa,13 per cui troviamo regolarmente trascritto il termine tistament, mutuato dal siciliano, a differenza di quanto attestato altrove (tistamettu).14 Abbondano la scritptio plena e le matres

10 B. Rocco, “Le tre lingue usate dagli ebrei in Sicilia dal sec. XII al sec. XV”, Italia Judaica 5 (1995), p. 358. 11 Ibid., p. 364. 12 Questo fenomeno, tra l’altro, è diffuso in quasi tutte le aree arabofone ancora oggi: il nome del quartiere del Fustat del Cairo, per esempio, viene pronunciato dagli stessi cairoti in modo simile, cioè Fus¥â¥. La peculiarità del giudeo-arabo è che questa tendenza veniva registrata anche graficamente. 13 Ibid. 14 Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi...”, p. 80.

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lectionis, quasi esclusivamente, però, per i termini ebraici e, in alcuni casi, per quelli siciliani (il vocabolo siciliano medievale capituli trascritto una volta קפיטולי e un’altra קאפיטולי). In morfologia e in sintassi riscontriamo, anche nel nostro documento, la quasi totale scomparsa dello “stato costrutto”, nelle parti in arabo, sostituito dalla particella mtāv o btāv, mentre l’uso dello stato costrutto è regolarmente mantenuto in tutte le parti redatte in lingua ebraica. Molti aspetti comuni intercorrono tra la lingua attestata nei documenti giudeo-arabi siciliani e la lingua maltese. Troppe e sorprendenti le analogie e le somiglianze morfosintattiche e lessicali per essere una semplice coincidenza. L’esempio più eclatante è l’uso della preposizione lil (a) nel nostro documento, per introdurre il complemento oggetto, esattamente come in maltese. Un altro punto di contatto è la tendenza, presente anche in maltese, a pronunciare la a come una o in particolare in prossimità della vayn o di alcune lettere enfatiche: gholi per ghali, caro (ar. �), oghla per aghla, altissimo – più alto (ar. ا�� ), morda per marda, malati (ar. ر���).15 Forti analogie infine, come accennato, si riscontrano anche nel lessico: kollox

16 in maltese e kwllwš nel nostro testo (tutto), mar in maltese e mâr nel nostro testo (andare), issa in maltese e 'essav nel nostro testo (adesso), jistqarru in maltese e ystqrrw nel nostro testo (dichiarare, affermare, testimoniare), jgħidu in maltese e yvydw nel nostro testo (dire) e nell’uso della parola araba sayyid (lett. signore, padrone) per indicare il padre (sîdy: mio padre, alle righe 16 e 50), uso speculare a ciò che è avvenuto in maltese: per indicare il padre non si usa la parola semitica 'ab ma quella romanza missier (che originariamente vuol dire proprio mio signore). Esistono molti altri casi meno evidenti ma significativi, che via via indicheremo

15 Cfr. B. Isserlin S.J., “Sicilian Arabic and Maltese: Some Remarks on Their Phonetic Interrelations”, Journal of Maltese Studies 11 (1977), pp. 22–23: Isserlin, dopo aver parlato del fenomeno della ’ima:la scrive: “The opposite phenomenon, the ‘tafhim of ’alif’ which leads to the realisation of a: as o: … is very typical of Maltese peasant dialects”. 16 La ‹ x › in maltese indica il suono [ š ].

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analizzando il testo. D'altronde non bisogna dimenticare che per secoli, e in particolare nel XV secolo, che riguarda il nostro manoscritto, Malta ha fatto parte del Regno di Sicilia e che un’altissima percentuale della popolazione maltese era costituita proprio da ebrei, come attesta un documento siciliano dell’epoca: una petizione presentata a re Ferdinando di Spagna dal conte di Adernò e da altri otto alti ufficiali del regno di Sicilia, dopo la promulgazione dell’editto di espulsione del 1492. In questa petizione si cerca di dissuadere il re dalla sua decisione, descrivendo il grave danno che sarebbe derivato alla Sicilia e alla sua economia dall’espulsione degli ebrei, e fra le altre cose si legge: “et praesertim li Insoli di Malta et Goczu et Pantallaria inli quali e multu numero di Judey per tali loro partenza partiriano multa dispopulacioni et sia certa vostra Maestà chi quisto so Regno et Insuli per essiri separati di terra ferma non verranno furisteri ad habitari ad quilli casi liquali ditti Judei havirannu lassatu…”.17 Che tra il giudeo-arabo di Sicilia e il maltese, perlomeno quello medievale, vi siano strettissimi rapporti lo sosteneva anche G. Wettinger, lo storico maltese che scoprì e studiò diversi manoscritti maltesi del XV secolo, alcuni dei quali scritti proprio in caratteri ebraici, e che si occupò anche del manoscritto giudeo-arabo conservato in Vaticano e pubblicato da Mainz nel 194918 a proposito proprio dei legami tra il maltese e l’arabo siciliano.19 L’idea è ripresa e condivisa anche da G. Puech, che conclude definendo la lingua di quei manoscritti “très proche de ce que devait être le maltais médiéval”.20 Anche la grafia utilizzata nel manoscritto siracusano è paleograficamente di tipo occidentale, definita anche di tipo magrebino-egiziano. I caratteri, come già accennato, sono semicorsivi, con una tendenza verso la scrittura quadrata soltanto

17 I. La Lumia, Gli Ebrei siciliani, Palermo 1984, p. 61. 18 E. Mainz, “Quelques poésies judéo-arabes du manuscrit 411 de la bibliothèque du Vatican”, Journal Asiatique 237 (1949), pp. 51–83. 19 G. Wettinger, “Late Medieval Judaeo-Arabic Poetry in Vatican MS. 411: Links with Maltese and Sicilian Arabic”, Journal of Maltese Studies 13 (1979), pp. 1–16. 20 G. Puech, Ethnotextes maltais, Wiesbaden 1994, p. 9.

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nelle parti in ebraico. Degna di rilievo è la hê, che viene scritta diversamente e unita alla lettera precedente in alcuni casi: sempre dopo cadē, dopo bêt in k¯tîbah alle righe 13 e 15, dopo nûn in mattanah alla riga 33, dopo reš in š¯mîrah alla riga 42 e in Twrah alla riga 55. La yôd è unita alla lettera precedente dopo cadē in n¯cîrû alla riga 19, dopo nûn in hīnnī alla riga 26 e in yōvnī alla riga 40. Infine la qôf dopo 'alef in 'awwāq alla riga 48 e dopo bêt in baqq¯nasōt e in ûvaqq¯lalōt alla riga 54. L’uso dell’ebraico al posto dell’arabo evidenzia anche una differenza di contenuto del testo: l’ebraico, infatti, è riservato alle parti relative al rituale del giuramento, alla parte giuridico-religiosa, in cui si descrivono il contesto del giuramento, il luogo, le modalità e le eventuali pene e punizioni. Quando si entra poi nel merito del giuramento, quando cioè si espongono uno per uno i punti essenziali del giuramento, si ricorre all’arabo, che ovviamente offre una maggiore ricchezza lessicale, molto più familiare per il fatto di essere la lingua comunemente usata nella sfera quotidiana. Mentre, infine, si ricorre ad alcuni termini siciliani, nel caso del nostro documento soltanto due, quando i termini arabi o ebraici a disposizione non riescono a rendere perfettamente un concetto tipico della cultura locale (è il caso della parola capituli), oppure in caso di termini di uso talmente comune e diffuso da essere entrati e assimilati anche nell’arabo (è il caso della parola tistament). La resa delle parole e dei suoni arabi con i caratteri ebraici è quella comunemente diffusa e riscontrata negli altri documenti conosciuti, con i suoi pregi e i suoi difetti. Relativamente al nostro documento, i caratteri principali sono: gimel, non sempre corredato di segni diacritici, per rendere i suoni della gimel ebraica, della Þim e

della Ðayn arabe; la ¡ade semplice per rendere la ¡âd araba, con un segno diacritico soprastante per rendere ÿâd e ©â; la kaf per rendere sia il corrispondente arabo kâf sia la ²â; mentre l’araba � (alif

maq¡ûra) è resa indifferentemente con yod (come nel caso della preposizione valā) o con 'alef (come nel caso del verbo di II forma ²allā, lasciare). Il tanwîn, invece, è reso stranamente con hê, e non con 'alef così come normalmente avviene in arabo, nel caso della

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congiunzione 'ayÿan (anche - inoltre), e viene invece reso graficamente con yod e nun nel caso di una vocalizzazione in i (kasra), nel caso di šîn (qualsiasi). Infine sono degni di essere segnalati la resa della � (tâ’ marbû¥a) indifferentemente con he e 'alef e il nesso 'alef-lamed (quasi sempre nel caso dell’articolo) reso nel corsivo con un unico grafema contratto. I numerali, per finire, sono espressi, come d’abitudine, con le lettere dell’alfabeto: |êt per il numero 8 (otto giorni, riga 47) e gimel per il 3 (tre once, riga 48). Manoscritto. Sicilia. XV sec. Carta. Inchiostro bruno. Fogli 2, 190 x 295 mm (1r – 1v) e 203 x 293 mm (2r). Lingua : giudeo-arabo di Sicilia. Scrittura: semicorsivo sefardita. Collezione Capodieci – Miscellanea, vol. XII, pp. 467-469. Biblioteca Alagoniana. Curia arcivescovile. Siracusa. Entrambi i fogli del manoscritto, come abbiamo detto all’inizio, sono rilegati in senso capovolto, i margini risultano consunti, e si notano delle tracce incrociate in senso orizzontale e verticale, dalle quali si evince che il documento è stato ripiegato in quattro, probabilmente per essere conservato, ma ovviamente non siamo in grado di stabilire se da chi lo utilizzò e se da chi nei secoli lo ha conservato.

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Testo giudeo-arabo

1r

אוול יוסף מאיר יחלף למוכין עמתו וללולאדהא בשבועה חמורה )1

האמורות בתורה על דעת רבים ובקנס חרם ונדוי וכל הקללות )2 ת"ואל שבועה תכון פי בית הכנסת בס )3

ועיקר השבועה היא פוק הולאי אל קפיטולי )4

אוול אן היא ענדהא או כאן להא כמייא פלוס או חיוג בגדים )5 ב או מרגלית מן אוכוהא שמואל רביב או ולדאהאאו כסף או זה )6

במודעה או במתנה או בהלואה או בשין טריק גיירהם קד )7

בחיו קד פי אל מורד מתעו קיד גאו לידהא או ליד ולאדהא בעד מותו )8 פלוס פי וקת מותו או שוה כסף וזהב% אן כאן כאנו לה%הצאי )9

ואל כמייא מתעהם )10

יונעטאו לליורשים מתעו'תים ח'ביד מן כאן יריד יכליה%ה צאי )11 ובאש תפאקת כאן יריד יכליהם )12

אן כאן עמל טשתמנט בכתיבה או בגיר כתיבה ומן כאן%הצאי )13

פיהא או קדם מן כאן )14 אן כאן בכתיבה מן כאתבו מן כאנו אל שהוד%הצאי )15

אן כאן תערף בשין נוע פי אלדי כלא סידי אנכאן%הצאי )16

ם ענדהא או ענד'הגאו לידהא עלי ידהא או עלי יד גירהא ו )17 או לידהא בטריק חליפא אלדי חלפהאגירהא או אנכאן ג )18

נצירו כבאר' ואלדי מא תועטיהם לילנא חתי )19

ם או כלאהם לגירה 'ם ביד מן כאן יריד יכליה' אן כאן כלאה%הצאי )20 אן כאן כלאהם לגירה עליש מא כלאהם ביד מן כאן%הצאי )21

ומן הוא גירה/ יריד יכליהם )22

כלאהם ענדה ה באש תפאק%הצאי )23 ה'גיראו עלי יד ה 'ד אנכאן עטאהם לה הוא בי%הצאי )24

אן כאן כאנו מוודעין ביד שין ואחד וקאל לה ומאר%הצאי )25

וכאדהם מן היני )26

Dario Burgaretta 18

1v

אן כאן כאנו פי שין מודע וקאל לה וכאדהם%הצאי )27

ם אן כאן חלפה שין תחליפא אקבל לא' למן כלאה%הצ אי ) 28

ועלש חלפה ופוק אש הי אל תחליפא% עטאהם לה ) 29 אן כאן חלפה אלדי מא יקשף חגא מן כל קאל לה ) 30

או מא יועטיו אל חויג ליורשיו חתי זמן ידוע ) 31

וכאם זמאן ) 32 ם או מתל מתנה'ם מתל מתעה' ובאש טריק יועטיהם לה ) 33

אל שומר מן ) 34

ם אסעי פי ידה' ללהאדי אלדי כאנו בידה אן כאן ה%הצ אי ) 35 או פי יד גירה וענד מן הם אסעי או פי אש מודע ) 36

ם' ה ) 37

ם פי אל בלד או ברא מן אל בלד' אן כאן ה%הצ אי ) 38 נדהם האדי אל זמאן אלדי ע' באש טריק ימסכה%הצ אי ) 39

ם מתל מתעו או מתל שומר יועני שומר חנם' ימסכה ) 40

או שומר שכר ) 41 אן כאן יתכאלץ מן אל שמירה מתעו%הצ אי ) 42

אן כאן אל מיית אדא כלאהם מא כאן יריד יערף%הצ אי ) 43

ם חדא' ביה ) 44 ד יערף חדא אלדי הוא כלא אל אן כאן מא כאן ירי%הצ אי ) 45

חויג מן מכאפת זוגתה ) 46

איאם יסתקרו' ם זמאן מן אל יום לזמן ח' פי כולוש יכון לה ) 47 אואק אלדי עטאט' תחלף אן אל ג' ה פוק אל שבועה אל מד איצ ) 48

הר פי כתובתהא אן הם מבתעהאכיף יצ' לאוכתי כדי ) 49

או כלאתהם להא סידי באש תועטיהם להא או בשין ) 50 טריק אכור ) 51

2r

' פי הולאי אל קאפיטולי אן יסתקרו אל חק יכונו פטורים מה ) 52 וארץ ] ואן[ ומישראל ויהיו מבורכים מן עליון קונה שמים ) 53

סות ובקללות האמורות ואם לם יעידו אל חק יכונו בקנ ) 54

ם לא בעולם' יחללהה'בתורה ולא יסתור חכם ולא גיר )55 הזה ולא בעולם הבא )56

סף )57

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ل أو awwal. Arabo classico' : אוול – (1 , in primis. L’uso della scriptio plena è certamente un diretto influsso della consuetudine

invalsa in ambiente ebraico, per motivi pratici di lettura, di scrivere due

volte le consonanti yod e waw, quando esse erano consonantiche. Questa caratteristica è sopravvissuta sino all’ebraico moderno scritto in

Israele, dove essa è stata codificata e regolamentata dall’Accademia per

la Lingua Ebraica. Yosef Meìr. Non è chiaro l’esatto rapporto di : יוסף מאיר –

parentela che intercorre tra Yosef e Samuel Rabib, data la differenza del

cognome. Abbiamo visto che la famiglia Meir era ben stabilita a Siracusa e manteneva stretti rapporti con i parenti Maltesi. Troviamo,

per esempio, un omonimo Joseph Mayr nel 1490 proprio a Siracusa.21 I

Mayr erano imparentati con i siracusani Sacerdote, i Ragusa e i Puglisi.22

`_^ .ye|allef . Ar : יחלף – II forma.

la Lamed è la forma breve della preposizione lil, ma in : למוכין – questo caso è usata per introdurre il complemento oggetto (cfr. ebr. את e

aram. ל). Lo stesso uso della preposizione, con un’analogia

sorprendente, si riscontra in maltese, dove “besides being a preposition lil is also used before the object of a verb, regurarly so when the object

is a proper noun. When so used it must not be confused with the definite

artiche il … exx. : iħobb ’l Alla u lil pajjizu = He loves God and his country”.23 L’analogia con il nostro caso (la forma completa davanti a

un nome comune – ûlil-ûlâdhâ e u lil pajjizu – e con aferesi davanti a

nome proprio – ’l-Mw²in e ’l Alla – è più che una semplice somiglianza e conferma lo stretto rapporto che lega il giudeo-arabo di Sicilia e il

maltese. La parola a cui è affissa la preposizione non può essere che un

nome proprio di donna, anche se non meglio identificato, data l’ulteriore difficoltà costituita dal fatto che la k in giudeo-arabo può trascrivere sia

21 V. Mulè, “Ebrei tra Siracusa e Malta...” op. cit., p. 113. 22 Ibid., p. 110. 23 J. Aquilina, Teach yourself Maltese, London 1965, pp. 114, 222. Il fenomeno è presente anche in siciliano e in spagnolo.

Dario Burgaretta 20

la k sia la ². Non essendo riusciti a risolvere l’enigma, in traduzione

abbiamo preferito lasciare la semplice trascrizione della parola. vammtu. Ar. qstu : עמתו – , la z ia paterna.

,ûlil-ûlâdhâ. Cfr. maltese lil. La preposizione lil : וללולאדהא –

tipica dei dialetti del Maghreb, corrisponde all’ar. classico li. Ûlâdhâ: cfr. ar.cl. 'awlâdihâ, con tipica contrazione del dittongo e conseguente

eliminazione grafica della lettera alef.

con solenne giuramento... Ha inizio qui una : בשבועה חמורה – descrizione degli aspetti tecnici, rituali del giuramento, quali il luogo, le

modalità in cui esso si svolge, e le pene previste per chi dovesse giurare

il falso. Per descrivere tutto ciò, la lingua che viene sentita più consona, più familiare in questo contesto, è l’ebraico. Si tratta del cosiddetto

giuramento del deposito ( הפקדון שבועת ), regolato assieme ad altri tipi di

giuramento nel trattato mishnico Š¯vūvōt, nel quale tra l’altro si parla del caso di una donna che amministra per conto dei fratelli l’eredità paterna

e si parla anche di uno dei figli di casa; se lei dice a lui: “che cosa esigi

da me?” e lui risponde: “voglio che tu mi presti giuramento”, lei ha l’obbligo di giurare.24

a intendimento di molti. Questa espressione, che : על דעת רבים – (2

può apparire strana, è da spiegare alla luce del regolamento giuridico che regola i giuramenti nel diritto ebraico. Maimonide riporta nel suo

Mishnèh Toràh il caso in cui una persona giura e dice “giuro che oggi

non mangerò, e giuro a vostro intendimento, questi non può dire poi ma

mia intenzione era così e così ... poiché non ha giurato a suo

intendimento ma a intendimento di altri, e poiché ciò che egli ha

pronunciato con la sua bocca corrisponde a ciò che gli altri hanno inteso...”;25 pertanto, continua Maimonide, “quando i dayanìm fanno

prestare un giuramento a qualcuno, gli dicono non a tuo intendimento

noi ti facciamo giurare ma a nostro intendimento”.26 Questa stessa formula è attestata proprio in un documento ebraico siciliano del XIV

sec. circa, noto come Sacramentum Iudeorum, appunto una formula di

24 Š¯vûvōt 7,8. 25 Rambam, Mishnèh Toràh, Hilkot Shevu‘ot 2,15 26 Ibid., 2,16.

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 21

giuramento in siciliano, nel quale colui che giura viene ammonito per lu

altu Deu Adonay, per la ligi la quali cridi et teni, per li dechi

cumandamenti li quali dedi deu a Moysi in lu munti Sinay, per li chinqui

libri Moyses, per la virga di Aron, ki apersi lu mari rubeu a passari li

figli di Isdrael, quandu andaru ad sancta sanctorum, per lu ruvectu ki

parsi ki ardissi et non ardia, per la lebra di Aman, e subito dopo si

legge la veritati dirrai a lu meu intendimentu et non alu tou.27

יחרם ונדו – : sono le due forme di scomunica più comuni nell’ebraismo, assieme alla meno nota נזיפה. In ordine di gravità, dalla

più severa alla meno grave, esse sono: il ðérem, il Niddùy e la N¸zifà.

Quest’ultima è, più che una vera scomunica, un ammonimento severo, un rimprovero pubblico e solenne, una riprensione ufficiale. Viene poi il

Niddùy (separazione), che è un provvedimento a breve termine che

concerne i rapporti sociali e professionali di un individuo. Il ðérem (anatema) è invece la forma più severa di scomunica, che implica la

cessazione di ogni rapporto personale, sociale, religioso ed economico

per un periodo di tempo indefinito.28 si fa riferimento alle maledizioni elencate in : הקללות –

Deuteronomio 28,15, che colpiranno colui che non ubbidisce alla voce

del Signore, e che non ha cura di mettere in pratica tutti i suoi

comandamenti e tutte le sue leggi...;29 tra cui anche il comandamento di

non attestare il falso contro il prossimo (Es 20,16), e quello di non

giurare il falso in nome di Dio (Lv 19,12); in contrapposizione alle corrispettive benedizioni che scenderanno, invece, su chi compirà tutto

ciò. Le maledizioni sono: Sarai maledetto nella città e sarai maledetto

nella campagna. / Maledetti saranno il tuo paniere e la tua madia. /

Maledetto sarà il frutto del tuo seno, il frutto della tua terra; / maledetti

i parti delle tue mucche e delle tue pecore. / Sarai maledetto al tuo

entrare e maledetto al tuo uscire. / manderà contro di te la maledizione,

27 B. Rocco, “La formula finale del Sacramentum Judeorum,” Bollettino del

Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani 15 (1986), pp. 408–414. 28 D. Cohn-Sherbok, Ebraismo – Dizionari San Paolo, ed. E. Loewenthal, Cinisello Balsamo 2000, p. 492. 29 Dt. 28:15.

Dario Burgaretta 22

lo spavento e la minaccia in ogni cosa cui metterai mano e che farai,

finché tu sia distrutto e tu perisca rapidamente, a causa della malvagità

delle tue azioni per la quale mi avrai abbandonato. (Dt 28,16-20).

baTtéura. Riportiamo questa pronuncia, che non doveva : בתורה –

essere molto differente da quella che realmente usciva dalla bocca degli ebrei di Sicilia, sicuramente sotto la forte influenza dell’arabo: la Toràh,

infatti, in arabo è chiamata Tawràh, mantenendo il dittongo formato con

la wâw, che in arabo dialettale, specialmente nelle varianti maghrebine, si trasforma molto facilmente da aw in ew. Tra l’altro la parola con

questa trascrizione è attestata anche in documenti siciliani dell’epoca,

come nel caso di una richiesta di alcuni ebrei, costretti a partire dall’editto di espulsione del 1492, che chiedono il permesso di portare

con loro “certi coperti di teuri (della Torà cioè. ndt.) di bruccati et sita...

(cfr. Milano A., Storia degli ebrei in Italia, Einaudi. Torino, 1963). Cfr. inoltre lo stesso fenomeno in maltese: ar. tawbah < malt. tewba, ar.

šawqah < malt. xewqa, ar. mawt < malt. mewt.

הכנסת בית פי תכון – (3 : ancora ebraico alternato all’arabo: verbo e preposizione sono espressi in arabo (tkûn fī – cfr. ar. �� ن��u), ma il

luogo non viene indicato con il termine arabo generalmente in uso tra

gli ebrei arabofoni nel Medioevo (Kinisia) bensì con il termine ebraico classico (Bêt K¯neset), probabilmente per sottolineare la valenza

simbolica del luogo, visto non come semplice luogo di ritrovo per la

preghiera ma come sede ufficiale del Tribunale Rabbinico. sic. capituli. Questa volta viene utilizzato il termine : קפיטולי – (4

giuridico siciliano per indicare i vari capi in cui si articolava il

giuramento da prestare. Una delle parti presentava al Tribunale Rabbinico un’istanza nella quale, chiedendo il deferimento del

giuramento, elencava i punti sui quali far prestare il giuramento. Il

Dayyan approvava i capitoli ammissibili e rilevanti ed emetteva l’ordinanza di deferimento, come nel caso del nostro manoscritto.

Soltanto i capitoli approvati dall’autorità giudiziale erano poi ammessi

al momento del giuramento o della testimonianza. Anche il sistema giudiziario italiano di oggi ha ereditato la stessa procedura: l’articolo

230 del Codice di Procedura Civile, infatti, a proposito del modo

dell’interrogatorio stabilisce che “L’interrogatorio deve essere dedotto

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 23

per articoli separati e specifici. Il giudice istruttore procede

all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e termini stabiliti nell’ordinanza che lo ammette. Non possono farsi domande su fatti

diversi da quelli formulati nei capitoli, a eccezione delle domande su cui

le parti concordano e che il giudice ritiene utili…”.30 פלוס כמייא – (5 : la tâ’ marbû¥a è trascritta con 'alef invece che con

he o con taw, (ar. ����) fenomeno molto attestato nei testi giudeo-arabi

di Sicilia: אוקיא, oncia (ar. أ����)31 oppure מידנא, città (ar. د���q)32 e ancora oncia, dove oltre alla trascrizione della tâ’ marbû¥a con ,אווקייא 33,אווקייא

'alef notiamo anche la trascrizione in scriptio plena del tashdîd in yod e

waw, come nel nostro manoscritto. פלוס : ar. و��� pl. di ��� , qui semplicemente “moneta, denari”.

בגדים חויג – : il testo indica lo stesso concetto con due parole, la

prima in arabo e la seconda, di significato identico, in ebraico. Suppongo la pronuncia ›¯way¯º: cfr. ar. وا���, pl. di ����, inoltre malt.

ħwejjeġ e marocchino |wāyž, col significato di “beni, averi, capi di

vestiario” corrispondente esattamente al termine siciliano “robba”. correttamente dovrebbe essere in caso) أ��ه� .o²ûhā. Ar' : אוכוהא – (6

obliquo أ����). La forma vocalizzata in u indipendentemente dalla

declinazione è comune a diversi dialetti occidentali. Cfr. libico ²û, maltese ħu.

Rabib. Cognome arabo-ebraico che tradisce un’origine : רביב –

libica. Ancora oggi esso è largamente diffuso tra gli ebrei tripolini in Italia, nella forma Arbib e in Israele nelle forme Raviv e Revivo. Il nome

proprio שמואל è attestato in alcuni documenti giudeo-arabi siciliani ed è

reso con Samuel o con Xamuel (da leggere Shamuel).34

30 Capitoli separati e specifici: “formulazione precisa di domande relative a circostanze di fatto, sulle quali si intende interrogare.” 31 Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi” (supra, n. 1), p. 64, 7.3. 32 Ibid., p. 77, 24.3. 33 Ibid., p. 92, 36.1. 34 Ibid., p. 107, 58.7.

Dario Burgaretta 24

בהלואה או במתנה או במודעה – (7 : “con una dichiarazione35 o in

donazione o in prestito”. Una serie di termini giuridici espressi in ebraico relativi ad alcuni tipi di negozi giuridici.

.(letter. diverso da loro, nel senso di altro) ��ره� .ar : גיירהם –

q. La ÿâÿ perde la sua valenza enfatica e vieneر  .ar : מורד – (8trascritta con la dalet. Mentre invece la presenza della waw presuppone

una pronuncia mord (cfr. maltese morda per l’arabo marÿâ, malati). Per

la vocalizzazione in o davanti a r cfr. vari documenti giudeo-arabi siciliani: מוירתוי e 36.(mortu per martu = sua moglie) מורטו

.A condizione che, con la specificazione che . ��د .ar : קיד –

ה%צאי – (9 ar. �أ¢� “inoltre, ancora, anche, pure”. Da notare la resa del tanwîn con hê invece che con 'alef, così come normalmente avviene in

arabo, o invece che con yōd, come generalmente attestato nei documenti

giudeo-arabi siciliani.37 La cade è contrassegnata da un puntino posto sopra la parte superiore della lettera per rendere la ÿaÿ araba, e così tutte

le volte che la parola compare, in apertura di ogni nuovo capitolo. A tal

proposito è interessante notare come il nostro documento, nella formulazione ed elencazione dei capitoli, segue un modello classico ben

attestato nei documenti giuridici e notarili siciliani medievali, e in

particolare conosciamo proprio un documento ebraico, un inventario dotale del 1462 conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo38 e

redatto in siciliano dell’epoca, che apre l’elenco con “In Primis” (il

35 Probabilmente una dichiarazione di volontà. Il termine ebraico si riferisce alla figura della m¯sīrat mōdavah: la consegna di una dichiarazione, con la quale qualcuno rende note a un altro le proprie volontà, dichiarando “Io credo con piena fede nel Creatore, che sia benedetto, e se verrà l’istinto malvagio nel giorno della mia dipartita dal mondo e mi confonderà, ecco io sin da adesso consegno una

dichiarazione, affermando che i pensieri e le parole che potranno venirmi in mente saranno contro la volontà del Creatore, che sia benedetto…” 36 Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi,” rispettivamente pp. 28, 29.2 e 77, 24.2. Riguardo all’uso della particella qad nelle frasi nominali cfr. invece J. Blau, A Grammar of Mediaeval Judaeo-Arabic, Jerusalem 1961, p. 182 e inoltre idem, “The Reflection of Dialects in the Medieval Arabic of Jews,” Tarbiz 27 (1957), p. 90 (in ebraico). 37 Cfr. Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi,” p. 65, 8.5 e p. 85, 32.7. 38 Archivio di Stato di Palermo, Notai Defunti I stanza, Antonino Aprea 835.

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 25

nostro 'awwal) e continua facendo precedere a ogni nuovo capo

dell’inventario “item” (lat. Idem, il nostro 'ayÿan).39 lett. “se era”. Costrutto diffuso ancora oggi in diversi : אן כאן –

dialetti arabi occidentali, con il significato di “se”. Cfr. libico in-kän.

Nel nostro ms. si trova scritto anche come unica parola: rr. 18, 24.40 s, che rende la forma passiva¤و .VII forma dell’ar : יונעטאו – (11

“fossero dati”, da leggere yonvataw. La VII forma in arabo classico non

è attestata (la forma passiva è resa col passivo della IV forma), mentre è la forma regolarmente usata in maltese: yangħataw.

la già nota preposizione lil in arabo, in questo caso : לליורשים –

articolata e quindi da leggere lill, ma seguita da una parola ebraica, trattandosi di un termine legale: yÙr¸HÓm, gli eredi, secondo l’uso di cui

abbiamo già detto, per cui veniva usata la lingua sacra in caso di

concetti giuridici, termini religiosi, tecnici o halachici. תפאקת באשו – (12 : ar. إ�u¦ � �ª� “con quale accordo”. Il termineي ¨§

“accordo” è reso con la forma di nome di unità al femminile singolare

(deverbale della VIII forma di ¦��), probabilmente anche sull’impronta della forma parallela إ�u� � « � . La tâ’ marbû¥a è resa qui con la taw,

sebbene non si trovi in stato costrutto; alla riga 23 invece è resa

normalmente con la hê ma contrassegnata da due punti come in arabo .Da notare inoltre l’aferesi dell’ 'alef iniziale .(תפאקה)

טשתמנט עמל – (13 : sic. tistamentu e malt. testament. Sull’impronta

dell’italiano “fare testamento”. La trascrizione del termine siciliano è molto libera e irregolare: la t infatti è trascritta due volte con ¥ê¥ e una

con taw, mentre invece la resa della s con šîn (o più esattamente con

śîn) è attestata in ebraico, per esempio in Saragusa, nome medievale di Siracusa, trascritto a volte con samech e a volte con śîn (si pensi però

alla pronuncia diffusa a Noto: tištamientu).

K¯tībah “scrittura, scritto, documento scritto”, attestato : כתיבה –

39 H. Bresc & S. D. Goiten, “Un inventaire Dotal de Juifs Siciliens (1479),” Mélanges d’Archéologie et d’Histoire 82 (1970), appendice n° II, p. 915. 40 Cfr. sic. siÿÿu = se (ma letter. composto da se iÿÿu = se egli).

Dario Burgaretta 26

anche in un’iscrizione giudeo-araba a Messina con lo stesso

significato.41 ام»د .ebr. qodÈm e ar : קדם – (14 “davanti, di fronte, al cospetto di”

(lat. coram).

שהוד אל – (15 : plurale di د��¨ “testimone”. Da leggere probabilmente ¸š-Š¯hûd, cfr. ar. libico šhûd e malt. xhud.

נוע בשין – (16 : ar. ع­و ء°¯� “con quale modalità”. Sull’uso di �¯ء per “quale, qualche” cfr. malt. xi (da leggere shi) “quale, qualche” e libico šê “qualche”.

letteralmente il mio signore, un’espressione in uso in vari : סידי –

paesi arabi, in modo particolare nei paesi nordafricani, per rivolgersi in segno di rispetto a notabili, ma anche ai genitori. Questo secondo caso è

quello che ci riguarda, qui infatti il figlio del defunto si riferisce a suo

padre e in segno di rispetto lo chiama il mio signore. Da notare che a Malta, per indicare la madre, si usa la parola araba omm, ma per

indicare il padre si usa il termine romanzo missier, che letteralmente

vuol dire proprio il mio signore, esattamente come sīdy. ancora la tâ’ marbû¥a trascritta con 'alef. Il termine : חליפא – (18

|¯līfa sta per l’ar. classico ^�� “giuramento”. Un’altra lettura possibile

potrebbe essere quella del caso obliquo (reso anche graficamente con l’'alef) dell’ar. ^��� “socio”, quindi: “per mano di un socio che l’ha fatta

giurare … ”.

לילנא: – (19 ar. ��_ . Composto dalla preposizione līl “a” e il suffisso nā “noi”, cfr. dialetti arabi occidentali lilnāe malt. lilna.

'חתי – : ar. ³´� . Viene rispettata la grafia araba e la alif maq¡ûra

è trascritta con la yōd, ma per maggior chiarezza è accompagnata da un segno diacritico (una specie di apostrofo). Così anche alle righe 24, 31,

35, 36 e 49.

¶imperfetto 1a persona plurale dell’ar. �µ : נצירו – “diventare, divenire”. Questa forma di coniugazione è ampiamente attestata nel

giudeo-arabo di Sicilia ed è comune agli altri dialetti arabi occidentali

(compresa la lingua maltese), avendo come caratteristica peculiare

41 B. Rocco, “Iscrizione giudeo-araba a Messina,” Vetera Christianorum 29 (1992), pp. 27–37, riga 7.

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 27

l’aggiunta di un suffisso waw alla 1a persona plurale dell’imperfetto,

oltre al prefisso nûn, per distinguerla dalla 1a persona singolare, che è anch’essa preceduta dal prefisso nûn. Cfr. ar. libico n¯cīrū e malt. nsiru.

ם'כלאה – (20 : ar. ³�� (II forma) + pron. suff. pl. ه�, usato anche per il

plurale di oggetti, sotto l’influenza dell’ebraico a differenza dell’arabo classico che in questi casi usa il suffisso del femm. sing. Il sofer del

manoscritto ha annotato anche la vocalizzazione del suffisso, con il

hōlam haser tratto dalla vocalizzazione massoretica, qui e in alcuni altri casi, sempre di suffissi personali, che via via indicheremo. Cfr. malt.

ħallahom.

ar. cl. ¸�¶� ¹�º “voleva”. Stesso costrutto verbale : כאן יריד – dell’arabo classico per rendere il tempo imperfetto.

ar. dialettale »¼s “perché”. Cfr. anche malt. ghalex : עליש – (21

(pronuncia alèsh). + ar. ³¤s (usato alla I forma ma derivato dalla IV) : עטאהם – (24

pron. suff. pl. ه� “li ha dati”.

La . �¸ع �s¸�q , part. passivo della IV forma diن .ar : מוודעין – (25scriptio plena con due waw indica forse una pronuncia mowdavīn

“depositati”.

ואחד שין – : scriptio plena per ar. ¸ء¯� �ا� “qualcuno”. Cfr. malt. xi wieħed.

�¶ .mār, scriptio plena per ar : ומאר – . Un altro punto di contatto

con il maltese: per indicare il verbo andare non vengono usati i verbi rā| e mašā maggiormente diffusi negli altri dialetti arabi, ma il verbo

marr, che in arabo vuol dire passare ma che in maltese assume proprio

il significato principale di andare. con aferesi dell’ 'alef iniziale e aggiunta di �ا�ذه� .ar : וכאדהם – (26

un’ 'alef tra la II e la III radicale in scriptio plena: “e li ha presi”. Cfr.

malt. u ħadhom. La radice classica * '²÷ d'altronde ha avuto i seguenti differenti sviluppi nei vari dialetti arabi: 'a²a÷ , ²a÷ā e ²ā÷.

qui”. Scriptio plena per la forma dialettale“ ه�� ar. classico : היני –

dell’arabo occidentale, cfr. ar. libico henê. Qui però sembra essere proprio la stessa forma presente anche nella variante dialettale maltese

Dario Burgaretta 28

di Gozo: hinni.42 Cfr. inoltre ebr. הנה (hennah) che indica però moto a

luogo “verso qui”. .”�q (mūdav) “deposito¸ع .ar : מודע – (27

`_^ .ar : חלפה – (28 (II forma) + pron. pers. suff. 3a m. sing. “gli

fece giurare”. ar. ^��`u “atto di giurare, atto di obbligare qlcn con un : תחליפא –

giuramento”, reso femminile e con la solita tâ’ marbû¥a resa con 'alef.

Meno probabile che la 'alef sia la resa grafica della nunazione dell’accusativo.

אש ופוק – (29 : ¨§ .”e su che cosa, a proposito di che cosa“ ��و¦ اي

Cfr. malt. u fuq ‘x. ar. ^¯º (“svelare, rivelare, riferire”) con la usuale : יקשף – (30

sostituzione k / q. Cfr. anche malt. kixef.

.ar. ���� “cosa” con tâ’ marbû¥a resa con 'alef : חגא – 3a plur. m. presente attivo di ³¤s “dare”, da vocalizzare : יועטיו – (31

yov¥īw.

ידוע זמן – : espressione ebraica “tempo saputo / noto” nel senso di tempo stabilito / tempo determinato, molto attestata nella letteratura

rabbinica.

مscriptio plena per ar. º : וכאם – (32 “quanto”, probabilmente usata anche per rendere una pronuncia kemm (cfr. malt. kemm). Ma cfr. anche

egiz. kām.

�ª� , letter. “in quale via” cioè “in cheي ¨§ ¾ر�¦ : ובאש טריק – (33modo”. Cfr. malt. u bi‘x triq.

ebr. “custode”. Termine giuridico e quindi espresso in : שומר – (34

ebraico. La figura del “custode” rientra nella regolamentazione del “deposito” o “prestito”, e “le leggi rabbiniche in proposito si fondano su

Esodo 22, 6-14, dove questa pratica viene succintamente regolamentata,

soprattutto in rapporto al dovere del depositario di restituire il bene in buone condizioni. La Mishnah43 distingue quattro categorie di

depositari: colui che custodisce gratuitamente l’oggetto affidatogli, colui

che lo ha avuto in prestito, colui che lo custodisce dietro ricompensa e

42 J. Aquilina, Maltese Linguistic Surveys, Malta 1976, p. 85. 43 Nei trattati Bava' Me °civa' 7,8 e Š¯vūvōt 8,1.

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 29

colui che lo ha ricevuto a nolo”.44 Anche il nostro testo infatti chiede in

seguito di specificare (righe 40 e 41) se si trattasse di šōmer |innam (custode a titolo gratuito) o di šōmer W¯kar (custode salariato).

”prep. lil “a” + pron. dimostr. hadi “questo, costui : ללהאדי – (35

(scriptio plena per ar. classico ه¿ا con imâ:la â > i). nel (”letteralmente “l’ora) ا�abbreviazione dell’ar. �s� : אסעי –

senso di “ora, adesso”, invece dell’ar.classico نÃا . Cfr. maltese issa.45

د°� .ar : בלד – (38 “paese, città”. Termine più dialettale rispetto al classico mdīnah generalmente attestato nei documenti giudeo-arabi

siciliani. Cfr. malt. belt.

אבר – : ar. dialettale را° “fuori”. Cfr. libico bárra e malt. barra. ם'ימסכה – (39 : 3a persona sing. m., congiuntivo dell’ar. ÄÂq

“prendere, prelevare” + pron. suff. pl. ه� , come già visto in precedenza

vocalizzato. Il verbo è attestato in altri documenti giudeo-arabi siciliani.46

ar. ��Å� “cioè, vale a dire”. Lo si ritrova così, con la nota : יועני – (40

vocalizzazione yovny, in tutti i documenti giudeo-arabi siciliani.47 VI forma di Æ�� o semplicemente passivo-riflessivo : יתכאלץ – (42

della II forma “essere pagato”.48

.”ebr. š¯mīrah “custodia : שמירה – scriptio plena per ar. �qÇ : מיית – (43 “morto, defunto”. Cfr. malt.

mejjet.

.”quando, allorché“ إذا .ar : אדא – s “far sapere, comunicare” conرف .II forma dell’ar : יערף – (45

doppio accusativo.

�د .dial) أ�د .ar. class : חדא – ) “uno, qualcuno, alcuno” e nelle frasi negative, come in questo caso, “nessuno”. La 'alef è la resa grafica

del caso accusativo, retto dal verbo precedente.

44 Cohn-Sherbok, Ebraismo (supra, n. 22), p. 141. 45 J. Aquilina, Maltese Linguistic Surveys, p. 86. 46 Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi” (supra, n. 1), p. 30, 31.3 47 Ibid., pp. 84, 32.4, 91, 36.1b ecc. 48 Cfr. ibid., pp. 90, 35.2.3 e 91, 36.1b.

Dario Burgaretta 30

זוגתה מכאפת מן – (46 : “per paura di sua moglie”, ar. t´ز�� ����q ¹q.

La tâ’ marbû¥a in stato costrutto è qui resa graficamente con la taw, come alla riga 12.

כולוש פי – (47 : scriptio plena “in tutto, in totale” cfr. malt. fi kollox

(ar. class. §¨ ʺ ��). יום אל – : ar. ا_�وم “oggi”.

.”ebr. lizmān “per un tempo di : לזמן –

איאם' ח – : il numerale cardinale 8 scritto con l’ottava lettera dell’alfabeto ebraico, come di norma nei testi scritti ebraici almeno fino

a tutto il medioevo, seguito dal plurale dell’ar. وم� “otto giorni”.

´»رإar. Â : יסתקרו – (X forma) nel senso di “dichiarare, deporre”. Questo significato in ar. classico è espresso dalla II e dalla IV forma,

mentre cfr. malt. jistqarru.

'מד – (48 : abbreviazione di מדכורה ar. ذqورةº “ricordata, suddetta” (part. passivo di رº¿ I forma). Attestato alcune volte nei documenti

giudeo-arabi siciliani.49

.”3a persona sing. f., I forma di ^_` “giurerà : תחלף – אואק' ג אל – : “le tre once”, l’articolo determinativo precede il

numerale su influenza del siciliano, mentre sia in arabo sia in ebraico

l’articolo segue il numerale rimanendo strettamente collegato al nome. �»�أو .pl. dell’ar אואק “oncia” (sicil. unza): unità di peso in vigore in

Sicilia fino all’introduzione del sistema metrico decimale,

corrispondente in genere a 66 gr. (anche secondo il Traina). Ma in alcuni casi anche a 25 gr. (per es. a Messina o ad Avola), oppure a 83,33

gr. (a Trapani), oppure a Palermo 1,5 once = 100 gr.50

È attestato svariate volte e in varie grafie (אווק ,אוואק e אוק) nei documenti giudeo-arabi siciliani.51 Cfr. malt. iwwieq.

3a persona sing. f., perfetto di ³¤s “dare”, con la : עטאט –

sostituzione t / ¥ ben nota nei documenti giudeo-arabi di Sicilia. ´�scriptio plena per ar. Í� : לאוכתי – (49 “a mia sorella”.

49 Ibid., p. 84, 32.9 e p. 88, 34.2. 50 Vocabolario Siciliano, fondato da Giorgio Piccitto e diretto da Giovanni Tropea, V, Catania & Palermo 2002, pp. 912–913. 51 Giuffrida & Rocco, “Documenti giudeo-arabi,” pp. 82, 31.2 e 91, 36.3.

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 31

כיף' כדי – : ar. ^�º ذاº “così come”. La yōd di כדי è contrassegnata

da un segno diacritico (come un apostrofo), perché viene percepita come una alif maq¡ûra (دىº).

הריצ – : 3a persona sing. m., impersonale, dell’ar. ر�Ð “apparire,

risultare”. Particolare la resa della ®â con la ¡ade contrassegnata da un punto invece che con la ¥ê¥ contrassegnata da un punto, come

generalmente avveniva.

la sua Ketubah”. Degno di nota è il fatto che allo“ : כתובתהא – stato costrutto di un sostantivo ebraico (Kethûbāh) è stato applicato in

modo del tutto naturale il pronome suffisso arabo (hā).

.mibtavhā (composto da minn + btavhā) “del suo” (cfr : מבתעהא – ebr. משלו miššÈlō).

.3a persona sing. m., perfetto dell’ar : כלאהם sta per : כלאתהם – (50

��³ + pron. pers. suffisso m. pl. هم “li ha lasciati”, riferito però alle once. La taw è probabilmente un errore del sofèr.

.�Ñ “altro”. Probabile pronuncia æ²ōr (cfr. marocر .ar : אכור – (51

ā²ōr e malt. ieħor). חק אל – (52 : ar. ¦`_ا “la verità”.

וריםפט – : ebr. p¯Xūrīm part. pass. di פטר “assolvere, esentare”.

'מה – : ebr. min + ה' che è abbreviazione di השם “il Nome”, che in ambienti particolarmente pii e religiosi viene usato al posto del

Tetragramma sacro, e sta a indicare appunto il nome ineffabile e

innominabile di Dio, quindi “da Dio”. וארץ שמים קונה – (53 : epiteto di Dio: “Creatore del cielo e della

terra”, attestato già nell’A.T., in Genesi 14,2 e 14,19. Nel manoscritto

tra le parole “cielo” e “terra” si trova un errore del sofèr (una 'alef e una nūn sōfīt) cancellato con una linea orizzontale.

לם ואם – (54 : “ma se invece non”: un misto di ebraico (אם “se”) e di

arabo (أم “oppure” e أq� “ma, invece”) e ar. م_ “non”, seguito dall’imperfetto per rendere probabilmente il futuro anteriore.52

contrariamente a quanto possa sembrare, non si tratta : יעידו –

dell’ebraico “testimoniare”, ma dell’ar. و¸�Åا� (IV forma di د�s) nel senso

52 Sull’uso di ن(انآ( seguito da ام cfr. Blau, A Grammar of Mediaeval Judaeo-

Arabic (supra, n. 29), p. 260.

Dario Burgaretta 32

di “dire”. Questa forma è attestata in un altro documento giudeo-arabo

di Sicilia e pubblicato dal Mainz nel 194953 (cfr. inoltre malt. che per il verbo qal, “dire”, conosce il doppio tema: al perfetto vidt – vidt – qal –

qalet – vidna – vidtu – qalu e al presente-futuro nvid – tvid – ivid – tvid –

nvidu – tvidu – ividu).54 יסתור ולא – (55 : “e non potrà perdonare, condonare (ciò)” se

leggiamo l’arabo ر´Ò “coprire, perdonare, condonare”, oppure “e non

potrà contraddire (ciò)” se leggiamo l’ebraico סתר “contraddire”. In ogni caso il senso della frase risulta chiaro e sostanzialmente non cambia.

ebr. “saggio, sapiente”, termine con il quale gli ebrei : חכם –

sefarditi indicavano e indicano i rabbini. ם'יחללה – : 3a persona sing. m. dell’ar. ��Ê (II forma) “dispensare,

esonerare, assolvere, sciogliere da un giuramento” + pron. suff. m. pl. :

“(né potrà) scioglierli (dal giuramento)”. הבא בעולם ולא הזה בעולם לא – (56 : altra espressione ebraica tratta dal

linguaggio liturgico: “né in questo mondo né nel mondo a venire”.

sigla finale posta a chiusura del documento. La sigla molto : סף – (57probabilmente sta per l’ebr. סוף (sōf) “fine”.

53 E. Mainz, “Quelques poésies judéo-arabes du manuscrit 411 de la bibliothèque du Vatican, ” Journal Asiatique 237 (1949), p. 83. 54 P. P. Saydon, “Hebraico-Maltese Notes,” RSO 41, no. 2 (1966), p. 126.

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 33

Traduzione italiana

Folio 1r

1) In primo luogo Yosef Meìr farà giurare Mwkîn55 sua zia e i figli di lei, con solenne giuramento

2) a intendimento di molti e sotto pena di anatema e scomunica e

di tutte le maledizioni pronunciate nella Toràh 3) e il giuramento avverrà nella Sinagoga, con il rotolo della

Toràh

4) e il thema del giuramento è (argomentato) nei seguenti capitoli: 5) Per prima cosa se ella ha o aveva una quantità di denaro o di

capi di vestiario

6) o argento o oro o perle di suo fratello Samuel Rabib, (lei) o i suoi due figli

7) con una notificazione o in dono o in prestito o in altra forma

(già quando lui era) ancora 8) in vita o durante la sua malattia, con la clausola che venissero

in sua mano o in mano ai suoi figli dopo la sua (di lui) morte

9) Inoltre (sull’eventualità) che egli avesse del denaro al momento della sua morte o il corrispondente in argento e oro

10) e il loro ammontare

11) Inoltre a chi56 volesse lasciarli, finché non fossero dati ai suoi eredi

12) e con quale accordo volesse lasciarli.

13) Inoltre se ha fatto testamento per iscritto o verbalmente57 e chi c’era (intestato)

14) in esso o davanti a chi era stato (redatto)

15) Inoltre, se c’era documento scritto, chi l’aveva scritto e chi erano i testimoni

55 La k in giudeo-arabo può trascrivere sia la k sia la ², motivo per cui la lettura del nome non è chiara. 56 Lett. in mano di chi. 57 Lett. senza scritto.

Dario Burgaretta 34

16) Inoltre se era a conoscenza delle modalità in cui aveva lasciato

“il mio signore” mio padre: se 17) erano venuti in sua (di lei) mano per propria mano o per mano

d’altri, mentre erano da lei o presso

18) altri, oppure se erano venuti in sua mano con un giuramento che (egli) le aveva fatto giurare:

19) “Che non fossero dati a noi fino a che non fossimo diventati

grandi”. 20) Inoltre se li aveva lasciati in mano di coloro ai quali voleva

lasciarli e li aveva lasciati a terzi

21) Inoltre, se li aveva lasciati a terzi, perché non li aveva lasciati a coloro ai quali

22) voleva lasciarli / e chi erano questi terzi.

23) Inoltre con quale accordo li ha lasciati presso costui 24) Inoltre se glieli ha dati lui di sua propria mano oppure per

mano d’altri

25) Inoltre se erano depositati in mano di qualcun altro e (lui) glielo ha detto, è andato

26) e li ha presi (da qui)”

Folio 1v

27) Inoltre se erano in un qualsiasi deposito e glielo ha detto e li ha presi

28) Inoltre se a colui al quale li ha lasciati ha fatto prestare qualche

giuramento prima 29) che glieli desse, e perché lo ha fatto giurare, e in che cosa

consistesse il giuramento:

30) se gli ha fatto giurare che non avrebbe svelato nulla di tutto ciò che gli aveva detto

31) o che non fossero dati gli abiti ai suoi eredi sino al tempo

stabilito 32) e quanto tempo (fosse)

33) e a che titolo sarebbero stati dati loro: come di loro o come

dono

Un Documento Giudeo-Arabo Siciliano Conservato a Siracusa 35

34) da colui che li aveva in custodia

35) inoltre se essi sono tuttora in mano al depositario 58 36) oppure in mano d’altri, e presso chi essi (sono) ora, oppure in

quale tipo di deposito

37) (essi) sono 38) Inoltre se (essi) sono in città oppure fuori dalla città

39) inoltre in che modo li ha considerati per questo tempo che

erano presso di lui: 40) (se cioè) li ha considerati come suoi oppure come in custodia,

ovvero custodia a titolo gratuito

41) oppure custodia a pagamento 42) inoltre se (costui) è stato pagato per la sua custodia

43) inoltre se il defunto, quando li ha lasciati, non voleva che ne

fosse a conoscenza 44) alcuno

45) inoltre se non voleva che alcuno sapesse che lui aveva lasciato

46) la roba per paura di sua moglie 47) In tutto essi hanno tempo (a partire) da oggi, per un lasso di 8

giorni per deporre

48) inoltre con il suddetto giuramento (ella) giurerà che le 3 once che sono state date

49) a mia sorella, così come risulta nella sua Ketubbàh, se esse

erano di sua (della zia) proprietà 50) oppure gliele aveva lasciate “il mio signore” mio padre,

affinché le desse a lei (la nipote), o per quale

51) altra via.

Folio 2r

52) Su questi capitoli, se dichiareranno la verità, saranno assolti da

Dio

58 Lett.: a colui il quale li aveva nelle sue mani se essi erano tuttora in sua mano.

Dario Burgaretta 36

53) e da Israele e saranno benedetti dall’Altissimo, creatore del

cielo e della terra. 54) ma se non diranno il vero incorreranno nelle sanzioni e

maledizioni pronunciate

55) nella Toràh, e non potrà condonar loro alcun rabbino né altri (potrà) dispensarli (dal giuramento),

56) né in questo mondo né nel mondo a venire.

57) Fine.

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