Certificazione dei contratti di lavoro e categorie civilistiche

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31 POLITICA DEL DIRITTO / a. XLIII, n. 1, marzo 2012 CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI DI LAVORO E CATEGORIE CIVILISTICHE* di Francesco Longobucco Sommario: 1. La certificazione di contratti di lavoro analizzata nell’ordinamento giuridico unitariamente considerato e attraverso le categorie civilistiche tradizionali. La certezza quale leitmotif delle funzioni degli Organismi di certificazione. - 2. Interpretazione-qualificazione del contratto di lavoro tra liceità e meritevolezza degli interessi dichiarati dalle parti: il ruolo responsabile delle Commissioni di certificazione. - 3. Funzione di accertamento ed effetto preclusivo sui generis sia dell’atto sia del contratto (certificato e certificando). - 4. Funzione di con- sulenza e assistenza: nuovi profili dell’autonomia assistita. La certificazione dei contratti di lavoro non implica una generale derogabilità assistita. Procedi- mentalizzazione nella formazione del consenso e integrazione degli effetti in executiviis. - 5. Diritto civile e diritto del lavoro a confronto tra comunanza di strutture e identità di funzioni. La tutela del contraente debole tra autonomia privata e utilità sociale. 1. La certificazione di contratti di lavoro analizzata nell’ordi- namento giuridico unitariamente considerato e attraverso le categorie civilistiche tradizionali. La certezza quale leitmotif delle funzioni degli Organismi di certificazione Il tema della certificazione dei contratti di lavoro – introdotta dal d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. legge Biagi) e succ. mod. – è indubbiamente complesso 1 . Esso coinvolge numerose * Lo scritto riproduce, con l’aggiunta di essenziali note di dottrina, la Relazione di intervento tenuto nell’ambito dell’Incontro «La certificazione dei contratti di lavoro nel contesto dei sistemi di certificazione tra “certezze pubbliche” e “certezze private”» svoltosi il 25 gennaio 2012 presso l’Università degli Studi Roma Tre (Facoltà di Economia). 1 La letteratura sul tema è ormai vasta: v., tra gli altri e senza pretesa di com- pletezza, L. Nogler, La certificazione dei contratti di lavoro, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2004, pp. 203 ss.; G.C. Perone, A. Vallebona, La certificazione dei contratti di lavoro, Torino, 2004, passim; M. Tremolada, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, in Riv. it. dir. lav., 2007,

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31POLITICA DEL DIRITTO / a. XLIII, n. 1, marzo 2012

CERTIfICAzIOnE DEI COnTRATTI DI LAvORO E CATEgORIE CIvILIsTIChE*

di Francesco Longobucco

Sommario: 1. La certificazione di contratti di lavoro analizzata nell’ordinamento giuridico unitariamente considerato e attraverso le categorie civilistiche tradizionali. La certezza quale leitmotif delle funzioni degli Organismi di certificazione. - 2. Interpretazione-qualificazione del contratto di lavoro tra liceità e meritevolezza degli interessi dichiarati dalle parti: il ruolo responsabile delle Commissioni di certificazione. - 3. Funzione di accertamento ed effetto preclusivo sui generis sia dell’atto sia del contratto (certificato e certificando). - 4. Funzione di con-sulenza e assistenza: nuovi profili dell’autonomia assistita. La certificazione dei contratti di lavoro non implica una generale derogabilità assistita. Procedi-mentalizzazione nella formazione del consenso e integrazione degli effetti in executiviis. - 5. Diritto civile e diritto del lavoro a confronto tra comunanza di strutture e identità di funzioni. La tutela del contraente debole tra autonomia privata e utilità sociale.

1. La certificazione di contratti di lavoro analizzata nell’ordi-namento giuridico unitariamente considerato e attraverso le categorie civilistiche tradizionali. La certezza quale leitmotif delle funzioni degli Organismi di certificazione

Il tema della certificazione dei contratti di lavoro – introdotta dal d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. legge Biagi) e succ. mod. – è indubbiamente complesso1. Esso coinvolge numerose

* Lo scritto riproduce, con l’aggiunta di essenziali note di dottrina, la Relazione di intervento tenuto nell’ambito dell’Incontro «La certificazione dei contratti di lavoro nel contesto dei sistemi di certificazione tra “certezze pubbliche” e “certezze private”» svoltosi il 25 gennaio 2012 presso l’Università degli Studi Roma Tre (Facoltà di Economia).

1 La letteratura sul tema è ormai vasta: v., tra gli altri e senza pretesa di com-pletezza, L. Nogler, La certificazione dei contratti di lavoro, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2004, pp. 203 ss.; G.C. Perone, A. Vallebona, La certificazione dei contratti di lavoro, Torino, 2004, passim; M. Tremolada, La certificazione dei contratti di lavoro tra autonomia privata, attività amministrativa e giurisdizione, in Riv. it. dir. lav., 2007,

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categorie di matrice sia privatistica sia pubblicistica nel contesto di una procedura composita.

Sotto tale visuale, il fenomeno oggetto di studio rappresenta una nuova epifania di categorie civilistiche risalenti: quella della certezza, del negozio giuridico con funzione di accertamento e ad effetto preclusivo, dell’autonomia assistita. Al contempo, l’attitu-dine del procedimento di certificazione a comporre i contrapposti interessi del lavoratore e del datore di lavoro e di conferire un ruolo attivo allo stesso lavoratore (rispetto alla scelta passiva di schemi legislativi e contrattuali rigidi e non derogabili) pongono le premesse, sul piano politico, per superare l’idea di un diritto del lavoro quale luogo del conflitto sociale, valorizzando, malgrado le numerose difficoltà pratiche e logistiche, la forza promozionale e persuasiva della certificazione dei contratti di lavoro2.

Se ciò è vero, il tentativo a base della presente analisi è quello di descrivere gli aspetti più salienti della certificazione proprio alla luce delle categorie civilistiche tradizionali, dunque in un’ottica di mutua cooperazione tra diritto civile e diritto del lavoro. Va ribadito, a questo riguardo, il convincimento che le norme sulla certificazione dei contratti di lavoro dovrebbero essere esaminate nel contesto del nostro ordinamento unitariamente considerato, poiché esse si inscrivono a pieno titolo nell’ambito di quella «civilizzazione» dei «diritti speciali», della quale anche la dottrina lavoristica oggi va progressivamente parlando3. Si tratta, cioè,

I, pp. 307 ss.; V. Brino, La certificazione dei contratti di lavoro tra qualificazione del rapporto e volontà assistita, in Lav. dir., 2006, pp. 383 ss.; B. Grandi, La certificazione dei contratti di lavoro tra le categorie generali del diritto, in Dir. rel. ind., 2008, pp. 339 ss.; V. Speziale, La certificazione dei contratti di lavoro, in F. Carinci (a cura di), Commentario del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, IV, Tipologie, pp. 156 ss.; E. Ghera, La certificazione dei contratti di lavoro, in R. De Luca Tamajo, M. Rusciano, L. Zoppoli, Riforma e vincoli di sistema, Napoli, 2004, pp. 288 ss.

2 B. Grandi, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 339.3 L’espressione è di E. Barraco, Il Collegato lavoro: un nuovo modus operandi per

i pratici e, forse, un nuovo diritto del lavoro, in Lav. giur., 2010, p. 346. A venire in rilevo, in tale prospettiva, è l’art. 30, l. 4 novembre 2010, n. 183 (Collegato lavoro e tutela giurisdizionale) – rubricato «Clausole generali e certificazione del contratto di lavoro» – che così stabilisce al comma 1: «In tutti i casi nei quali le disposi-zioni di legge nelle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al da-tore di lavoro o al committente» (corsivo aggiunto). Sulle applicazioni della clausola

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della riduzione dei diritti speciali ai princípi del diritto civile4. La prospettiva tradizionale della competizione tra ordinamenti cede lentamente il passo ad un dialogo – che di recente è stato definito molto opportunamente «paritario»5 – tra il diritto civile e il diritto del lavoro. Il rapporto tra le due materie diventa di osmotico arricchimento e non può escludersi, in vero, «un in-flusso di ritorno»6 del secondo (il diritto del lavoro) rispetto al primo (il diritto civile), e viceversa. Del pari, appare pienamente giustificato il monito di non smarrire il linguaggio del codice civile, fatto di «segni, significati, valori»7. Ne discende l’insuffi-cienza di letture della certificazione dei contratti e dei rapporti di lavoro meramente settoriali e legate ad uno specifico settore disciplinare. Al contrario, l’approccio pluridisciplinare, poc’anzi auspicato, pone in luce proprio l’opportunità di guardare al tema in indagine attraverso la lente del sistema giuridico, per tentare di cogliere elementi di continuità o di discontinuità con quanto si verifica in mercati diversi da quello del lavoro (si pensi, per esemplificare, al settore dei contratti dei consumatori).

2. Interpretazione-qualificazione del contratto di lavoro tra liceità e meritevolezza degli interessi dichiarati dalle parti: il ruolo responsabile delle Commissioni di certificazione

Non vi è dubbio che il fenomeno della certificazione dei contratti di lavoro richiami anzitutto il bene della certezza giu-

generale di buona fede nel diritto del lavoro v., tra gli altri, A. Perulli, La buona fede nel diritto del lavoro, in Riv. giur. lav., 2002, I, p. 18; L. Montuschi, Ancora sulla rilevanza della buona fede nel diritto del lavoro, in Arg. dir. lav., 1999, p. 723; M. Persiani, Considerazioni sul controllo di buona fede dei poteri del datore di lavoro, in Dir. lav. 1995, p. 138. Si ponga mente, ancora, al reciproco influsso in ambito civilistico e lavoristico di teoriche classiche, come quella dell’abuso del diritto e degli obblighi di protezione, ovvero di istituti che conoscono nuove epifanie, come quello del danno non patrimoniale o della nullità parziale.

4 E. Barraco, o.l.c.5 In tali termini, F. Carinci (a cura di), Il lavoro subordinato, in Tratt. dir. priv.,

diretto da M. Bessone, Torino, 2007 (Introduzione) (sul medesimo tema v., altresì, Id., Diritto privato e diritto del lavoro, Torino, 2007, passim). Sul dibattito, sempre attuale, tra civilisti e lavoristi v., senz’altro, L. Mengoni, L’influenza del diritto del lavoro sul diritto civile, in Id., Il contratto di lavoro, a cura di M. Napoli, Milano, 2004, p. 59. Di recente, anche, M. Napoli, Categorie generali e specialità nel diritto privato: il diritto del lavoro, in A. Plaia, Diritto civile e diritti speciali, Milano, 2008, p. 253.

6 F. Carinci (a cura di), o.l.c. 7 F. Carinci (a cura di), o.l.u.c.

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ridica il quale, secondo il monito sempre attuale di un illustre giurista8, nasce dall’esigenza fondamentale di conformare il diritto e di adeguarlo ai cambiamenti della legge e della realtà storica dei fatti, al fine di realizzare la pacifica convivenza. Il tutto nella perenne dialettica tra ius e societas. Ma, se quello della certezza costituisce il fine principale e comune che connota le diverse funzioni dell’istituto – sia quelle di stampo più marcatamente amministrativistico, sia quelle connesse all’esercizio dell’autonomia delle parti contraenti –, andando a decomporre in maniera più analitica la struttura della procedura di certificazione, emerge la rilevanza di due atti fondamentali: l’atto certificato e il negozio (da certificare e certificato). Da un lato, cioè, può emarginarsi l’atto-provvedimento con funzione certativa delle Commissioni di certificazione9, connesso all’anima qualificatoria e alla vocazione della certificazione stessa a deflazionare il contenzioso; dall’altro lato, viene in evidenza la componente più marcatamente volitiva e negoziale della procedura in questione.

Se si sottolinea, inoltre, che la qualificazione operata dalle Commissioni – volta all’attribuzione di un nomen iuris al con-tratto o al rapporto certificando – debba essere esercizio di mera discrezionalità tecnica10, preme sottolineare, tuttavia, l’insuffi-cienza del ricorso al metodo della sussunzione e/o sillogistico in una procedura tanto delicata11. E, d’altronde, le aperture della giurisprudenza lavoristica al più elastico metodo tipologico, che hanno trovato adesioni il più delle volte non dichiarate, offrono

8 F. Carnelutti, Nuove riflessioni intorno alla certezza del diritto, in Riv. dir. proc., 1950, p. 115.

9 E. Ghera, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei contratti di lavoro, in Dir. prat. lav., 2002, n. 8. V., inoltre, A. Tursi, La certificazione dei contratti di lavoro, in M. Magnani, P.A. Varesi (a cura di), Organizzazione del mercato del lavoro e tipologie contrattuali. Commentario ai Decreti Legislativi n. 276/2003 e n. 251/2004, 2005, pp. 595 ss.

10 A. Vallebona, in G.C. Perone, A. Vallebona, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. XV, considera l’atto di certificazione come una dichiarazione valutativa (parere) sulla qualificazione del contratto, come da artt. 75 e 80, commi 1 e 2, d.lgs. n. 276 del 2003, munita di adeguata motivazione. Esclude un esercizio di discreziona-lità tecnica V. D’Oronzo, La certificazione nella riforma del diritto del lavoro: finalità, natura ed effetti, in Lav. giur., 2005, p. 312.

11 Nella civilistica, per il superamento del metodo della sussunzione, v. P. Perlingieri, Interpretazione e qualificazione: profili dell’individuazione normativa, in Id., Il diritto dei contratti tra persona e mercato, Napoli, 2003, p. 6 ss.; Id., In tema di tipicità e atipicità dei contratti, ivi, p. 392; V. Rizzo, Interpretazione dei contratti e relatività delle sue regole, Napoli, 1985, p. 132 ss.; M. Pennasilico, L’interpretazione dei contratti tra relativismo e assiologia, in Rass. dir. civ., 2005, p. 736.

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una prima contezza di tale stato di cose12. Quanto a dire che l’individuazione del confine tra lavoro subordinato, lavoro au-tonomo e altre tipologie non può essere rimessa ad un’opera-zione interpretativa meramente meccanica e asettica, bensì ad un procedimento culturale di grande responsabilità (quello che le Commissioni sono chiamate a porre in essere). L’attività di qualificazione deve tendere, dunque, sempre più all’abbandono del metodo della sussunzione in senso stretto, per volgere ad un processo unitario molto più complesso, che è simultaneamente di qualificazione e di interpretazione della vicenda, funzionale ad individuare gli schemi e la disciplina maggiormente adeguata alle peculiarità di ogni singolo caso concreto13. L’attività delle Commissioni di certificazione sembrerebbe richiamare, con le inevitabili approssimazioni del caso, quella del notaio al quale le parti abbiano preventivamente dichiarato i loro intenti negoziali, nella consapevolezza, però, che anche l’attività notarile non si esaurisce più in quella tradizionale della mera certificazione, ma è chiamata ad addentrarsi – in base alle più recenti norme civili-stiche – sia nel territorio della liceità, sia della meritevolezza dei congegni contrattuali di volta in volta proposti. Le Commissioni di certificazione assumono (o dovrebbero assumere), pertanto, un ruolo di grande delicatezza nella tutela informativa del soggetto debole (il lavoratore), nell’analisi dei comportamenti (arg. ex art. 1362 c.c.), nel suggerimento degli schemi contrattuali più idonei – che non si appiattisca alla mera attività di ricezione di bozze contrattuali già pronte –, nel bilanciamento degli interessi in gioco al fine della scelta più congrua del tipo contrattuale.

12 In questa prospettiva, l’opera di qualificazione viene realizzata non mediante il classico sillogismo, proprio del c.d. metodo sussuntivo, che impone per l’imputazione di determinati effetti giuridici una perfetta identità tra fattispecie concreta e tipo legale del lavoro subordinato, ma più semplicemente mediante un giudizio di non contraddizione o sufficiente conformità rispetto al modello sociale prevalente di la-voratore subordinato, a cui il legislatore si è ispirato per elaborare sia la nozione di lavoro subordinato sia la relativa disciplina tipica. La dottrina parla, in questi casi, di metodo tipologico. Per maggiori ragguagli v. M. Biagi, M. Tiraboschi, Istituzioni di diritto del lavoro, Milano, 2012, 5a ed., pp. 65 ss.

13 Molto opportune risultano le convergenti riflessioni della dottrina lavoristica e, segnatamente, di E. Ghera, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., il quale afferma che il certificatore deve valutare l’accordo e quindi «è tenuto in qualche misura ad indagare l’intento effettivo delle parti al fine di accertare il programma negoziale del rapporto» (p. 286). L’a. rileva, altresì, l’esistenza di un potere dell’organo di «certificazione-qualificazione del tipo contrattuale conforme al contenuto e cioè al rapporto effettivamente voluto dalle parti» (p. 289).

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Dello svolgimento di tale attività dovrebbe darsi contezza, come richiesto dalla stessa legge, nella motivazione del provvedimento e nell’esplicita menzione degli effetti civili, amministrativi, previden-ziali e fiscali. Del pari, alla delicatezza dei compiti in questione potrebbe fare da contraltare, da un lato, l’individuazione di ipotesi circostanziate di responsabilità delle Commissioni di certificazione, dall’altro, la concreta implementazione, de iure condendo, degli strumenti e dei poteri (per esempio istruttori, ispettivi, ecc.) degli Organismi in discorso, la quale consentirebbe di meglio realizzare quella funzione di prevenzione della lite che il legislatore ha voluto imprimere alla certificazione lavoristica. L’obiettivo della certezza a livello nazionale potrebbe poi essere raggiunto attraverso il ricorso a banche dati contenenti casi e schemi contrattuali, a codici di buone pratiche ai quali la stessa normativa fa espresso riferimento, alla conoscenza degli orientamenti giurisprudenziali, in un clima cioè di generale concordia tra Commissioni di cer-tificazione e Magistratura lavoristica.

3. Funzione di accertamento ed effetto preclusivo sui generis sia dell’atto sia del contratto (certificato e certificando)

Un ulteriore profilo di consonanza con le tradizionali categorie civilistiche è quello della funzione di accertamento.

Si tratta di un aspetto particolarmente delicato, poiché, come è noto, la teoria del negozio di accertamento – con le sue inne-gabili ricadute di tipo processuale – è ancora molto discussa e il relativo dibattito dottrinale non può dirsi certo ancora oggi del tutto arrestato14. Sotto tale aspetto, la certificazione di contratti di lavoro ha come esito una dichiarazione di scienza, del tutto

14 Imprescindibile è il riferimento a A. Falzea, Accertamento (teoria generale), in Enc. dir., I, 1958, pp. 205 ss. Altresì è d’obbligo il richiamo, tra gli altri, a lavori come quello di T. Ascarelli, Titoli causali e negozio di accertamento, in Id., Studi in tema di contratti, Milano, 1952, pp. 247 ss.; E. Betti, Interpretazione della legge e degli atti giuridici (teoria generale e dogmatica), rev. a cura di G. Grifo, Napoli, 1971; G. Stolfi, Natura giuridica del negozio di accertamento, in Riv. dir. proc. civ., 1933, I, pp. 132 ss.; G. Ardau, Il negozio di accertamento nel diritto del lavoro, in Dir. lav., 1946, I, pp. 85 ss. Con riguardo alla certificazione dei contratti di lavoro, l’effetto preclusivo è ben posto in evidenza da A. Tursi, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 640. Chi nega, invece, la teoria dell’effetto preclusivo, come M. Fornaciari, Lineamenti di una teoria generale dell’accertamento giuridico, Torino, 2002, pp. 246 ss., riconduce anche i fatti di accertamento all’effetto costitutivo.

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particolare, che costituisce il risultato dell’atto di certificazione. L’effetto che la legge vuole connettere a quella dichiarazione di scienza è quello di fissazione, cioè di eliminazione dell’incertezza intorno all’esatta qualificazione giuridica, perché da quel momento in poi e salvo eventuali contrarie sentenze di merito, i patti si presumono essere chiari e chiariti, e quindi stabili. Riprendendo lo spunto di autorevole dottrina civilistica, che grande contributo ha offerto in tema di elaborazione teorica dell’effetto negoziale preclusivo, può definirsi la struttura del fatto di accertamento come «la risultante (di un) processo (...) che porta, attraverso l’attività spirituale di chiarificazione della realtà, ad una dichiarazione di scienza munita di efficacia preclusiva»15.

Se ciò è quanto risulta nell’ambito della teoria generale del diritto, in vero, la procedura di certificazione dei contratti di lavoro non implica una qualificazione definitiva, ma preclude quan-tomeno ogni altro tipo di contestazione che non abbia carattere giurisdizionale: le contestazioni stragiudiziali, le contestazioni in via amministrativa che ben avrebbero altrimenti potuto interessare le parti e soprattutto i terzi parimenti vincolati. Si tratta, dunque, di un effetto preclusivo parziale e sui generis. Peraltro, come è stato opportunamente rilevato, il fatto che l’atto di certificazione sia suscettibile di impugnazione in sede giudiziaria non vanifica affatto il suo effetto accertativo-preclusivo (circoscrizione dell’incertezza normativa), ma al contrario lo ribadisce. Analogamente a un atto pubblico, la cui efficacia probatoria è ferma fino a querela di falso, la certificazione preclude, infatti, ogni affermazione diversa avente carattere vincolante16. La peculiarità della procedura di certificazione dei contratti di lavoro è, anzi, che l’effetto preclusivo riguarda non soltanto l’atto di certificazione volto alla qualifica-zione, ma altresì il negozio giuridico da certificare e certificato. È quanto emerge anche dal dettato legislativo, in base al quale 1) il ricorso al giudice ordinario ai sensi dell’art. 413 c.p.c. per difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione non avrà ad oggetto l’atto di certificazione, bensì il contratto certificato; qui, insomma, i vincoli di non contestazione sono apposti dal legislatore direttamente sul negozio, che diventa

15 Così A. Falzea, Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, I, Milano, 1999, p. 43.

16 B. Grandi, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 353.

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perciò oggetto di una sorta di accertamento negoziale; 2) analoga-mente, il ricorso per la presenza di vizi del consenso alla stessa giurisdizione ordinaria avrà come oggetto il contratto certificato, non l’atto di certificazione; 3) il ricorso al giudice ordinario per erronea qualificazione avrà invece ad oggetto non il contratto, ma l’atto amministrativo di certificazione; 4) parimenti, infine, sarà ancora l’atto di certificazione e non il contratto, l’oggetto del procedimento giurisdizionale amministrativo per violazione della procedura o eccesso di potere di cui al comma 5 dell’art. 80, d.lgs. n. 276/2003.

4. Funzione di consulenza e assistenza: nuovi profili dell’auto-nomia assistita. La certificazione dei contratti di lavoro non implica una generale derogabilità assistita. Procedimentaliz-zazione nella formazione del consenso e integrazione degli effetti in executiviis

L’intimo intreccio che si realizza tra provvedimento amministra-tivo e negozio certificato – all’insegna, si è osservato, del leitmotif della certezza – induce ad un’ulteriore riflessione di non poco momento. La funzione di consulenza e di assistenza attribuita dalla legge alle Commissioni rappresenta il punto sicuramente più delicato dell’attività e quello maggiormente connesso al profilo della c.d. autonomia assistita che conosce con l’introduzione della certificazione nuove sfumature rispetto al passato17. Gli Organismi di certificazione hanno infatti il compito precipuo di «dirigere»18 l’autonomia sia nella fase genetica del negozio, sia in quella più propriamente dinamica. Si tratta di una complessa attività che, se da un lato richiama la moderna concezione dell’eteronomia contrattuale nella realizzazione degli effetti perseguiti, dall’altro introduce in ambito lavoristico il concetto di una possibile rinego-ziazione del contratto19. Sì che le parti, nel corso dell’esecuzione del rapporto, potrebbero addivenire ad una manifestazione di

17 Al tema sono dedicate le riflessioni di A. Gentili, Autonomia assistita nel diritto privato, in G.C. Perone, A. Vallebona, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., pp. 387 ss.

18 In tali termini, M. Tremolada, La certificazione dei contratti di lavoro, cit., p. 313.

19 V., sul punto, A. Gentili, o.c., p. 393.

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volontà (assistita) ulteriore, quale è data dalla possibilità – in una sorta, si è detto, di «rimodulazione delle tutele»20 – di optare per la deroga di una parte della regolamentazione (in cambio di convenienze diverse, ad esempio la rinuncia alla tredicesima al posto di un compenso economico aggiuntivo per il lavoro in giorni festivi, o l’inserimento stabile in azienda in cambio di un trattamento economico più basso e così via). Il tutto fermo restando, ovviamente, il limite della inderogabilità e indisponibi-lità in peius: se il contenuto di tale limite non è in questa sede ulteriormente esplicitabile21, preme tuttavia sottolineare che il procedimento di certificazione dei contratti di lavoro – a parte il limitato spazio offerto dall’art. 82, d.lgs. n. 276/2003 – appare ben lontano, nelle sue aspettative e nei suoi stessi obiettivi, dal realizzare una funzione di derogabilità assistita indiscriminata e generalizzata.

Sotto altro aspetto, la funzione di assistenza e consulenza richiama il profilo della procedimentalizzazione nella formazione del consenso, con una possibile incidenza ex post sullo stesso contenuto del contratto in chiave di integrazione degli effetti in executiviis; un profilo quest’ultimo, che si inscrive in un quadro ormai noto anche alla civilistica contemporanea e che richiama il passaggio dal tradizionale fatto istantaneo alla più complessa attività della stipulazione contrattuale a tutela del contraente debole22. La dinamica del consenso diventa, pertanto, strumento di protezione ed esercita un palese «effetto traino», come definito dalla dottrina lavoristica23, del diritto civile sul diritto del lavoro, e viceversa. Quanto le Commissioni di certificazione sapranno assolvere a questa particolare forma di attuazione di autonomia assistita delle parti decreterà, almeno in parte, il loro successo. Non avrebbe infatti senso aver introdotto nel sistema certificazione e assistenza soltanto

20 B. Grandi, o.c., p. 341.21 Recentemente, in argomento, C. Cester, La norma inderogabile: fondamento e

problema del diritto del lavoro, in Dir. lav. rel. ind., 2008, pp. 341 ss.22 Il ricorso al paradigma dell’attività ha indotto la civilistica ad occuparsi di

alcuni profili nevralgici della contrattazione, come quello della procedimentalizzazione del consenso (cfr. Di Raimo, Autonomia privata e dinamiche del consenso, Napoli, 2003, spec. pp. 79 ss.); della produzione convenzionale di schemi di formazione del contratto (cfr. Federico, Autonomia negoziale e formazione del contratto, Napoli, 2005, spec. pp. 24 ss.); della legittimazione nel sistema delle azioni dirette (da ultimo, in una prospettiva conforme a quella del testo, O. Clarizia, Indennizzo diretto e prestazione assicurativa, Napoli, 2009, spec. pp. 55, 347 e 363).

23 F. Carinci (a cura di), Il lavoro subordinato, cit. (Introduzione).

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per agevolare il prestatore nel raggiungere materialmente quei risultati che comunque egli avrebbe potuto già raggiungere da sé.

5. Diritto civile e diritto del lavoro a confronto tra comunanza di strutture e identità di funzioni. La tutela del contraente debole tra autonomia privata e utilità sociale

Tentando di formulare alcune conclusioni, giova rilevare che la comunanza tra diritto civile e diritto del lavoro, quale filtro metodologico utilizzato nella presente analisi, non è destinata a rimanere confinata esclusivamente sul piano delle strutture e delle categorie coinvolte, ma si estende anche a quello delle funzioni. Non è un caso che il profilo dell’eteroregolamentazione oggi emerga prepotente, accanto a quello della certificazione lavoristica, proprio là dove sia necessario orientare, informare e proteggere il soggetto più debole del rapporto (il lavoratore, il consumatore, il fruitore del mercato in senso ampio). Il connubio tra diritto civile e diritto del lavoro ritorna, cioè, anche sotto il profilo teleologico e funzionale degli istituti e sotto l’aspetto assiologico delle tutele. Non può condividersi, in questa prospettiva, l’opinione, recente-mente espressa da una parte della civilistica, secondo la quale «la tendenziale autarchia normativa del diritto speciale è, al contempo, autarchia assiologica, indifferenza dei (sotto) sistemi giuridici pri-vatistici rispetto ai valori sottesi al diritto generale»24. Un sistema che gode di autonomia non è per ciò solo autosufficiente: anzi, come opportunamente osservato, «calati nel rapporto di lavoro,

24 A. Plaia, Protezione del contraente debole e retorica della giustizia contrattuale, in Arg. dir. lav., 2008, p. 708 (corsivo originale). In particolare l’a. osserva che «il contratto del consumatore e, più in generale, l’intervento consumeristico, pur implicando un arretramento del diritto comune (ed un indebolimento della sua vocazione generalista) non mutuerebbe dal diritto del lavoro la caratteristica conciliativa della logica dello scambio con la tutela della persona. Sicché non sarebbe corretto accostare l’intervento conformativo del mercato del diritto del lavoro con il ruolo regolativo della legislazione a tutela del consumatore, non essendo quest’ultima ispirata, come invece il primo, da finalità di tutela della dignità della persona» (p. 714) (corsivo originale). Ma v., contra, A. Perulli, Diritto del lavoro e diritto dei contratti, in Riv. it. dir. lav., 2007, p. 440, il quale rileva che «il diritto dei contratti ha sviluppato tecniche di tradizione giusla-voristica in funzione di riequilibrio contrattuale [che opererebbero] indipendentemente dagli effetti anticoncorrenziali» (corsivo aggiunto). Per un’intuitiva applicazione della disciplina consumeristica (anche) in sede di interpretazione-qualificazione del contratto individuale di lavoro v. T. Germano, Una novità assoluta: clausole «vessatorie» nel contratto individuale di lavoro?, in Lav. giur., 2001, pp. 5 ss.

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[i vari] parametri di giudizio non possono che tener conto del valore della persona umana e della sua implicazione nella sfera di dominio della controparte»25. In forza di ciò, non pare tanto metodologicamente scorretto, come è stato paventato dalla civili-stica26, accostare, sia pure con le dovute cautele e tenendo conto della ineludibile diversità dei fenomeni, l’intervento conformativo del mercato del diritto del lavoro con il ruolo regolativo della legislazione a tutela del consumatore. Si realizza viceversa, nel diritto del lavoro, una felice convergenza tra tutela della persona e tutela del mercato, proprio come il nuovo diritto civile dei con-tratti appare oggi sagomato in funzione della tutela del contraente debole nel mercato. Il diritto civile sembra in questo senso più vicino al diritto del lavoro e di conforto al giuslavorista assertore della lettura contrattualista del lavoro subordinato (il quale a sua volta registrerebbe un ritorno all’autonomia privata, in fase di costituzione, ma anche di regolazione del rapporto)27. Proprio sul piano funzionale, il richiamo all’art. 41, comma 2, Cost. diventa il trait d’union tra le due materie. E non a caso, già in passato, un autorevole giurista lanciava il monito – proprio in tema di retribuzione del lavoratore e sulla base dell’art. 36 Cost. – alla massima attuazione della Costituzione e all’applicazione diretta delle norme costituzionali nei rapporti tra privati tout court 28. La stessa applicazione delle norme tecniche in funzione della realizzazione della certezza non ha mai carattere neutrale e oggettivo o funzione meramente conoscitiva. Neppure l’attività di accertamento in sede di certificazione del contratto di lavoro, come si è cercato di ribadire, risulta del tutto esente dal condizionamento di fattori a carattere politico e non scientifico, in definitiva da una valutazione composita guidata in parte da criteri a carattere oggettivo, in parte da interessi meritevoli di tutela, prospettandosi la necessità di un inquadramento dei problemi assiologicamente orientato29.

25 Testualmente, A. Perulli, o.u.c., p. 449.26 V., sul punto, A. Plaia, o.u.c., pp. 705 ss.27 In tale prospettiva si muovono anche le considerazioni di A. Perulli, o.l.u.c. 28 Il riferimento è al Maestro Salvatore Pugliatti, ricordato a sua volta, sul punto,

da P. Perlingieri, Salvatore Pugliatti ed il «principio della massima attuazione della Costituzione», in Rass. dir. civ., 1996, pp. 807 ss.

29 N. Irti, Il diritto nell’età della tecnica, Napoli, 2007, p. 16, il quale osserva che «la scelta degli scopi appartiene alla politica; burocrati e tecnici possono soltanto soccorrere nella scelta dei mezzi, ossia per stabilire la razionale coerenza di questi con quelli». L’a. riconosce alla politica – quale lotta fra opposte e discordi soluzioni, contrasto fra partiti,

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Gli accostamenti che da tali osservazioni sono derivati, tra diritto civile e diritto del lavoro, costituiscono probabilmente ancora mere suggestioni, ma il dialogo tra le due materie, oggi forse un po’ sopito dietro la difesa strenua del proprio orticello disciplinare30, potrà essere funzionale ad abbattere sterili bar-riere, abbandonando l’etichetta della «specialità» e valorizzando, viceversa, l’unitarietà dell’ordinamento giuridico, la comunanza delle strutture normative e la proiezione funzionale delle stesse all’effettiva tutela della persona.

Vi è ancora da riflettere sul ruolo delle Commissioni di certi-ficazione e sui poteri ad esse attribuiti e attribuendi. Soprattutto, nella prospettiva da ultimo tracciata, è da considerare la necessità che anche le Commissioni, per quanto loro possibile, adottino paradigmi di giudizio, oltre che ovviamente di liceità, altresì di meritevolezza, nello svolgimento della loro attività, per realizzare un auspicabile connubio tra autonomia privata e utilità sociale naturalmente insito nella connotazione funzionale degli istituti di volta in volta coinvolti. Si tratta di un connubio al quale peral-tro, non a caso, è stato dedicato un recente Convegno svoltosi nell’anno passato a Siracusa31, mosso proprio dalla finalità di mettere in dialogo fra di loro civilisti e lavoristi, i quali sempre più spesso, come osservato, sono chiamati a riflettere in un con-testo di comuni categorie e obiettivi.

capacità di sacrificio, e, in sintesi, «groviglio di idee e di passioni» – un’autonomia che «rifiuta ogni illusione o minaccia tecnocratica». In questa direzione, il tecnocrate che pretendesse di compiere una scelta giuridica, farebbe comunque ricorso alla politica, sebbene dissimulata dietro lo specialismo degli esperti: si realizzerebbe «l’anti-politica, così consueta negli ambienti economici e finanziari» (p. 17) (corsivo aggiunto).

30 L’opportunità di trascendere gli steccati che spesso si ergono tra i differenti settori disciplinari e di relativizzare le diverse specializzazioni è rilevata da P. Per-lingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, p. 11, per il quale «l’attività del giurista (...) si avvale non di uno strumentario predeterminato e rigido, ma di una cultura ampia e di una conoscenza globale dell’ordinamento ravvivata dall’analisi puntuale e minuziosa del fatto. Un’attività che deve essere animata dalla consapevolezza della interdisciplinarietà dell’ordinamento, sintesi di pubblico e privato; dalla convinzione che la conoscenza dell’ordinamento è per definizione sistematica e globale, rifuggendo limiti, angustie e pericoli delle conoscenze settoriali; dal rispetto della gerarchia delle fonti. L’interdisci-plinarietà nell’àmbito dell’ordinamento non può essere considerata separatamente dalla interdisciplinarietà del diritto con le altre scienze sociali. No, quindi, alla formazione di un giurista tecnico specializzato, che poco conosca dell’ordinamento nel suo complesso e del diritto quale scienza sociale».

31 Si tratta del Convegno organizzato dal Dipartimento di Diritto Privato e Teoria del Diritto dell’Università degli Studi di Messina, Facoltà di Giurisprudenza, su «Di-ritto civile e diritto del lavoro a confronto. Autonomia privata tra funzione e utilità sociale», svoltosi a Siracusa nei giorni 15 e 16 aprile 2011.