igiene & sicurezza del lavoro - LEGGI D'ITALIA P.A.

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano IGIENE & SICUREZZA DEL LAVORO IPSOA edicolaprofessionale.com/ISL IPSOA Sanzioni AMMISSIONE AL PAGAMENTO DEL CONTRAVVENTORE Costi della sicurezza negli appalti LEGITTIMA L’ESCLUSIONE PER MANCATA INDICAZIONE? Formaldeide NUOVE LINEE GUIDA CONTRO L’ESPOSIZIONE GESTIONE DEL RISCHIO: UN’ESPERIENZA OSPEDALIERA 00217160 5 0 0 0 0 0 2 1 7 1 6 0 4 Rivista mensile Anno XXI - Aprile 2017 Direzione e Redazione Strada 1 Palazzo F6 20090 Milanofiori - Assago INSERTO ANTINCENDIO AUTORIMESSE CASI E QUESITI ISL RISPONDE Mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico 4/ 2017

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Sanzioni

AMMISSIONE AL PAGAMENTO DEL CONTRAVVENTORE

Costi della sicurezza negli appalti

LEGITTIMA L’ESCLUSIONE PER MANCATA INDICAZIONE?

Formaldeide

NUOVE LINEE GUIDA CONTRO L’ESPOSIZIONE

GESTIONE DEL RISCHIO: UN’ESPERIENZA OSPEDALIERA

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Rivista mensile Anno XXI - Aprile 2017Direzione e Redazione Strada 1 Palazzo F6 20090 Milanofi ori - Assago

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4/2017

Approfondimenti

D.Lgs.n.758/1994: l’ammissionedel contravventoreal pagamentodella sanzionedi Pierguido Soprani 177

Legittimo escludere l’offerta se manca l’indicazione dei costi della sicurezza?di Alessio Scarcella 181

Il documento di valutazione dei rischi nelle odierne notazioni della Cassazionedi Claudia Macaluso 189

Esposizionea formaldeide:statodelleconoscenzee lineeguidaper laprevenzionedi Giuseppina Paolantonio 194

VDR in pratica

VDR da esposizione a formaldeide: un’esperienza ospedalieradi Marco Nardini e Lucia Modonesi 201

Cambiare il paradigma nella VDRdi Andrea Rotella 213

Legislazione

Import-export di sostanze pericolose: approvate le sanzioniD.Lgs. 10 febbraio 2017 n. 28 (G.U. 18 marzo 2017, n. 65) 223

Giurisprudenza

Rassegna della Cassazione penalea cura di Raffaele Guariniello 227

Casi e Questioni

ISL risponde 233

Finanziamenti

Finanziamenti per la sicurezzaa cura di Bruno Pagamici 235

Norme UNI

Febbraio 2017 238

Inserto

Emanata la regola tecnica antincendio per le autorimessedi Antonio Cappa

Sommario

Igiene & Sicurezza del Lavoro n. 4/2017 175

Sommario

176 Igiene & Sicurezza del Lavoro n. 4/2017

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Sanzioni

D.Lgs. n. 758/1994:l’ammissione del contravventoreal pagamento della sanzionePierguido Soprani - Avvocato

Premessa

Ai sensi dell’art. 301 delD.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, laprocedura sanzionatoria delineata nel D.Lgs. n. 758/1994 si applica a tutte le “contravvenzioni inmateriadi igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dalpresente decreto nonché da altre disposizioni aventiforza di legge, per le quali sia prevista la pena alter-nativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero la penadella sola ammenda”. La predetta disposizione haampliato l’ambito di operatività del D.Lgs. 19 dicem-bre 1994, n. 758, fino ad allora contenuto nel piùristretto perimetro definitorio derivante dal combi-nato disposto dell’art. 19, comma 1, lett. a) e dell’Al-legato I del decreto legislativo (a sua volta esteso -non a fini definitori della nozione di “contravven-zione”, sebbene di applicazione del modelloprocedurale - dall’art. 2, comma 2 della legge 5febbraio 1999, n. 25 - Legge comunitaria 1998).Il D.Lgs. n. 758/1994 consiste in un modello rigida-mente “sequenziale”, che si compone e si articolanella triade accertamento-prescrizione-verifica, fun-zionale all’ammissione del contravventore al paga-mento della sanzione. Nel termine fissato e secondole modalità indicate nella prescrizione, la violazioneaccertata deve essere eliminata. Se la verifica dapartedell’organo di vigilanza è negativa, di ciò è datacomunicazione al pubblico ministero, affinché ilprocedimento penale - nel frattempo sospeso -possa riprendere il suo corso; se la verifica è positiva,il contravventore è ammesso a pagare in sede ammi-nistrativa, nel termine perentorio di 30 giorni, unasomma pari a 1/4 delmassimo dell’ammenda stabilitaper ciascuna contravvenzione.Secondo le indicazioni della giurisprudenza (ex aliis,Cass. pen., sez. III, 15 settembre 2015, n. 37228;Cass. pen., sez. III, 24 ottobre 2007, n. 44369), sulpiano sostanziale la condotta del contravventore diottemperanza, nel termine assegnato, alla prescri-zione impartita dall’organo di vigilanza a fini di

regolarizzazione, e di successivo pagamento dellasanzione prevista per la violazione, realizzano unacondizione intrinseca di punibilità. Sul diversopiano processuale, l’effettivo ed esatto verificarsi, intutti i suoi passaggi, della procedura amministrativa,configura una condizione di procedibilità dell’azionepenale, con la conseguenza che il mancato espleta-mento anchedi uno solo di questi passaggi preclude alpubblico ministero l’inizio dell’azione penale (anchequando si tratti di reati istantanei a condotta giuri-dica esaurita, ovvero allorché la violazione sia stataoggetto di regolarizzazione spontanea), né consenteal giudice di intervenire suppletivamente con laconcessione di un termine (Cass. pen., sez. III, 6giugno 2007, n. 34900).Maove la procedura si sia regolarmente svolta in tuttii suoi passaggi sequenziali, l’ipotesi di un esercizio“alternativo” dell’azione penale da parte del pubblicoministero (con collaterale diritto, per il contravven-tore, al rimborso delle sommepagate), è una alchimiagiuridica priva di aggancio normativo, anzi smentitadalla chiara formulazione del comma1dell’art. 24 deldecreto, dalla quale si ricava che l’effetto estintivodella contravvenzione si produce sul piano sostan-ziale ed extraprocessuale, durante il periodo in cui ilprocedimento penale è sospeso ex lege.

La nozione di contravventoree la sua individuazione

L’art. 20 del D.Lgs n. 758/1994 ha introdotto nelpanorama della legislazione prevenzionistica lanuova figura del “contravventore”, rigidamenteancorata al criterio della necessaria corrispondenzasoggettiva con la persona indagata nel procedimentopenale. La relazione di corrispondenza tra “contrav-venzione” e “contravventore” (chedella contravven-zione è l’autore), si ricava in particolare dall’art. 20,comma4delD.Lgs. n. 758/1994, il quale, nel disporreche “Resta fermo l’obbligo dell’organo di vigilanza di

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 177

riferire al pubblico ministero la notizia di reato ine-rente alla contravvenzione ai sensi dell’art. 347 delcodice di procedura penale”, impone una dupliceesigenza: non solo di stabilire quando si possa ritenereaccertata una “contravvenzione” alla normativa pre-venzionistica e di igiene del lavoro (c.d. delimita-zione oggettiva), ma altresì di individuare e diritagliare su di essa, nel panorama dei soggetti diriferimento potenziale (datore di lavoro, dirigenti,preposti, ecc.), i contorni della figura del “contrav-ventore” (c.d. delimitazione soggettiva).L’ulteriore indubbia relazione di corrispondenza tra“contravventore” e “indagato” determina, sul pianoprocedurale, che il pubblico ministero non può pro-cedere alla contestazione della contravvenzione nelprocesso penale, con atto corrispondente all’eserciziodell’azione penale, se le persone sottoposte ad inda-gine non siano state ammesse al meccanismo sanzio-natorio previsto dal D.Lgs. n. 758/1994. Talecondizione pone la quaestio iuris - allo stato ancoranon risolta - di quale sia la soluzione giuridicamentepraticabile nell’ipotesi di un conflitto tra organo divigilanza e pubblico ministero, in ordine a uno spe-cifico profilo di indagabilità soggettiva. Peraltro laproblematica deve essere limitata alla situazionenella quale l’organodi vigilanza non abbia contestatocontravvenzioni ad un soggetto che il pubblicomini-stero, al contrario, ritiene di dover indagare nelprocedimento penale (nel caso opposto, rimaneinvece salva per il P.M. la possibilità di chiedere exart. 23, comma 3 del D.Lgs. n. 758/1994, l’archivia-zione della posizione di quell’indagato che ritengainfondata sul versante soggettivo).È proprio per evitare il determinarsi di impasse pro-cedurali tra pubblico ministero e polizia giudiziaria eil prodursi di cortocircuiti operativi affetti da sospettodi incostituzionalità (1), che la giurisprudenza haormai consolidato l’orientamento che il mancatoespletamento anche solo di uno dei passaggi dellaprocedura amministrativa non consente al pubblicoministero l’esercizio dell’azione penale (con ciòdovendosi ritenere definitivamente superato l’orien-tamento giurisprudenziale secondo il quale non sus-siste “alcundiritto per il contravventoremedesimodiricevere la prescrizione di regolarizzazione da parte

dell’organo di vigilanza con conseguente assegna-zione del relativo termine per adempiere e sospen-sione del procedimento penale”: in termini Cass.pen., sez. III, 5 maggio 2010, n. 26758).

La verifica dell’adempimento

Dopo aver impartito una prescrizione a normadell’art. 20 del D.Lgs. n. 758/1994, l’organo di vigi-lanza è tenuto a verificare, entro e non oltre 60 giornidalla scadenza del termine concesso per la regolariz-zazione, se la violazione sia stata eliminata, senza chespetti al contravventore comunicare all’organo divigilanza o ad altro ente l’avvenuto adempimentodella prescrizione e senza che alla mancanza di talecomunicazione consegua la perdita del diritto diottenere l’estinzione del reato.La verifica dell’adempimento della prescrizione èdunque un atto di competenza necessaria ed esclusivadell’organo di vigilanza, al quale non è neppureconsentito di addossare al privato l’onere di comu-nicazione dell’avvenuto adempimento, iscrivendoload oggetto di una prescrizione, stante il divieto pre-visto dall’art. 23 della Costituzione di imporre pre-stazioni personali senon inbase alla legge (Cass. pen.,sez. III, 8 febbraio 2009, n. 12483).Sul piano probatorio, grava poi sull’organo dell’ac-cusa l’onere di provare che il verbale di prescrizione èstato ritualmente notificato al contravventore,ovvero altrimenti portato alla conoscenza del mede-simo (Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2009, n. 10726).Qualora poi il pagamento risulti tardivo, ma si siarealizzato a monte l’adempimento della prescrizione,il contravventore, ferma restando la possibilità dichiedere la ripetizione della somma già versata (2),può essere ammesso ad usufruire della circostanzaattenuante speciale del risarcimento del danno pre-vista dall’art. 62, n. 6 del Codice penale.

L’ammissione del contravventoreal pagamento della sanzione

Così come l’atto con il quale l’organo di vigilanzaimpartisce la prescrizione ha natura “recettizia”, ditalché esso, per produrre i suoi effetti, deve essereportato alla conoscenza del contravventore (nonchéin copia al rappresentante legale dell’ente di

(1) Ad es. per violazione degli artt. 3 e 108, comma 2,Cost., giacché da un lato sarebbe negato al P.M., che in basealla previsione dell’art. 327 c.p.p. dirige le indagini e disponedirettamente – con potere di segnalazione a fini disciplinari:art. 16 Disp. Att. c.p.p. - della polizia giudiziaria, di compiereciò che è permesso ai dipendenti ufficiali di P.G.; dall’altrolato il contravventore, in base ad una valutazione discrezio-nale dell’organo di vigilanza e non invece a criteri oggettivi, si

vedrebbe negata l’attivazione, non consentita neppureall’organo titolare della indagine penale, del modellosanzionatorio che gli consentirebbe di accedere all’estinzionedel reato.

(2) Sul tema v. la circolare del Ministero del lavoro 14 maggio2004, n. 665, la nota delMinistero della Giustizia 15 ottobre 1997,n. 128.14.625 e la pronuncia di Cass. pen., sez. III, 24 luglio 1998,Marzadro.

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appartenenza), anche l’atto con il quale il contrav-ventore viene ammesso al pagamento della sanzioneproduce i suoi effetti solo dal momento in cui egli neviene portato a conoscenza, tanto più considerandoche il termine di 30 giorni per il pagamento ha naturainequivocabilmente perentoria e non ordinatoria(ex multis, da ultimo, Cass. pen., sez. III, 8 giugno2016, n. 23689; Cass. pen., sez. III, 27 aprile 2016,n. 17202, e Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2016,n. 6681).Ovviamente, per poter essere messo in condizione dipagare, il contravventore deve conoscere l’ammon-tare della sanzione e deve altresì ricevere l’invito alpagamento, anche senza l’espletamento di particolarimodalità procedurali. A questo riguardo si può affer-mare che il verbale di ammissione al pagamento dellasanzione non richiede un atto di notifica formale,ritenendo la giurisprudenza che debba prevalere ilcriterio c.d. “sostanzialistico”, essendo cioè suffi-ciente il ricorso ad una modalità idonea a pervenireal risultato di notiziare il contravventore (Cass. pen.,sez. III, 24 giugno 2014, n. 5892). Tuttavia lagiurisprudenza ha anche precisato che è onere delcontravventore attivarsi per la realizzazionedell’effetto estintivo (Cass. pen., sez. III, 18 giugno2013, n. 26418), sicché l’impossibilità della notificadell’invito al pagamento dell’oblazione, a motivodell’irreperibilità del contravventore, non osta all’e-sercizio dell’azione penale nei suoi confronti(Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2011, n. 41073). Cor-rettamente la Suprema Corte ha precisato che, aritenere diversamente, si attribuirebbe al contrav-ventore la facoltà di eludere l’applicazione dellanorma e l’esercizio dell’azione penale.

I destinatari della comunicazione

La giurisprudenza non è univocamente orientata inordine al novero dei soggetti idonei a ricevere, perconto del contravventore, la consegna del verbale diammissione al pagamento della sanzione.Sorvolando, alla luce delle considerazioni sin quisvolte e dell’evoluzione della giurisprudenza, sulrisalente indirizzo (Cass. pen., sez. III, 28 aprile2000, Matarazzo) secondo cui le prescrizioniimpartite in azienda dall’organo di vigilanza siestendono agli altri soggetti responsabili, “indipen-dentemente da notifiche personali, che la legge nonesige”; essendo al contrario evidente la relazionebiunivoca e soggettiva tra “contravvenzione” e “con-travventore”; si è ritenuto che sia correttamenteavvenuta, allo scopo di notiziare il contravventoredella ammissione al pagamento e del relativo

termine, la comunicazione spedita nella sede delladitta, ricevuta da soggetto, ancorché dipendente dialtra ditta ma che “aveva in comune con l’impresadell’imputato la sede, era solito ricevere la postaanche per conto del destinatario della comunica-zione” (Cass. pen., sez. III, 10 luglio 2008, n. 36366).Di contro, in un caso in cui il verbale di ammis-sione al pagamento della sanzione era stato con-segnato al direttore tecnico di cantiere,autorizzato a ricevere la corrispondenza perconto del datore di lavoro, il quale tuttavianelle more aveva ceduto l’azienda, la SupremaCorte ha pronunciato sentenza di annullamentodella decisione dei giudici di merito (Cass. pen.,sez. III, 9 gennaio 2009, n. 10726).

Una pronuncia particolare sul tema

Su tale falsariga si pone anche la recente pronuncia diCass. pen., sez. III, 23 novembre 2015, n. 46151. Sitrattava di un caso di assoluzione, nel merito, deltitolare di una ditta edile, imputato di numeroseviolazioni alla normativa prevenzionistica, perdifetto dell’elemento psicologico del reato.Poiché nella motivazione della sentenza i giudici diprimo grado avevano rilevato, sia pure residual-mente, anche il difetto della condizione di procedi-bilità del reato, dipendente da una irrituale notificadel verbale contenente la prescrizione ad adempiereex art. 20 del D.Lgs. n. 758/1994, il pubblico mini-stero aveva interposto impugnazione, in relazionealla possibilità a lui concessa, qualora l’esito delgravame fosse una pronuncia di proscioglimentoper improcedibilità del reato, di esercitare nuova-mente l’azione penale (ipotesi questa consentita dal-l’art. 345, comma 2 del Codice di procedura penale).Nella sostanza, l’organo dell’accusa si sarebbe fattocarico di provvedere a una nuova notifica, questavolta con modalità rituali.La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, peraltro perragioni diverse da quelle dedotte dal P.M.In fatto risultava che, in occasione di una visitaispettiva presso un’azienda, il datore di lavoro eraassente, mentre sul posto operavano due lavoratoriintenti a pitturare le pareti di un vano del locale, nelquale era stata constatata l’assenza di ponteggi (di quil’accertamento delle violazioni contravvenzionali).Nell’occasione il verbale di accertamento e di conte-stazione delle violazioni contravvenzionali, conte-nente anche le prescrizioni per rimuovere leirregolarità riscontrate, nonché l’assegnazione di untermine per l’adempimento, era stato consegnatonon al titolare della ditta, ma ai due operai, i quali

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 179

però non erano stati in alcun modo autorizzati “aricevere la corrispondenza per suo conto”.Dopo aver ripercorso la fisionomia procedurale delD.Lgs. n. 758/1994, la Suprema Corte hapuntualizzato che la rinnovazione della notifica alcontravventore (resa astrattamente possibiledall’enunciazione generale dell’art. 345, comma 2c.p.p.), nel caso di specie non era più utilmenterealizzabile, ratione temporis. Invero, pur confer-mando i giudici di legittimità che la comunicazionedel verbale di contravvenzione e di quello di verificae di eventuale ammissione del contravventore alpagamento della sanzione non richiede una “for-male notificazione” (essendo a tale fine bastevoleuna qualunque “modalità idonea a raggiungere ilrisultato di notiziare il contravventore della ammis-sione al pagamento e del relativo termine”), nondi-meno nel caso di specie tale comunicazioneo notifica andava fatta in ogni caso prima dellaripresa del procedimento penale. E, a ben vedere,non era affatto vero che essa non fosse stata fatta; ciòera avvenuto, sebbene nei confronti di un soggettodiverso dal contravventore, il quale risultava “nonautorizzato a ricevere la corrispondenza per suoconto”.Poiché dunque alla prima notificazione irrituale nedoveva seguire un’altra (in realtà mai arrivata), laquale tuttavia doveva avvenire indefettibilmenteprima della ripresa del procedimento penale (nelfrattempo sospeso ope legis, ai sensi dell’art. 23 delD.Lgs. n. 758/1994), nel caso di specie il potere dicomunicazione o notifica facente capo all’organo divigilanza risultava irrimediabilmente “consumato”.Per questi motivi la Cassazione, pur rigettando l’im-pugnazionedel pubblicoministero, ha ritenuto erratala formula di proscioglimento utilizzata dai giudici di

merito (assoluzione “perché il fatto non costituiscereato”, in quanto in difetto di comunicazione o noti-fica ritualmente eseguita, e in difetto di sua rinnova-zione in termini, il reato, una volta concluso ilperiodo di sospensione del procedimento penale,funzionale all’esaurimento della procedura inciden-tale amministrativa prevista dalD.Lgs. n. 758/1994, èrisultato definitivamente e irrimediabilmente“improcedibile”.

Conclusioni

Al netto della vicenda particolare ora esaminata,che appare giuridicamente ineccepibile, laCassazione ha peraltro affermato (discutibil-mente, se si considera da un lato che l’oneredella prova circa la verifica dell’adempimentodella prescrizione e, in caso di riscontro positivo,l’ammissione del contravventore al pagamentodella sanzione, incombe in via esclusiva sull’or-gano di vigilanza; e dall’altro lato che il mancatoassolvimento dell’onere probatorio determinal’improcedibilità del reato) che l’accertamentoin ordine all’effettiva comunicazione o notificadel verbale di ammissione al pagamento “com-porta un’indagine di fatto, da ritenersi preclusain sede di legittimità ove non abbia formatooggetto di specifiche censure nei gradi prece-denti” anche quando riguardi non le modalitàesecutive (come correttamente afferma Cass.pen., sez. III, 24 giugno 2014, n. 5892), maaddirittura il fatto storico (così Cass. pen., sez.III, 24 ottobre 2007, n. 43839).Il D.Lgs. n. 758/1994, nei suoi pochiarticoli, impegna a fondo la giurisprudenza e ladottrina: lo stesso deve valere per l’organo divigilanza.

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Appalti pubblici di lavori

Legittimo escludere l’offertase manca l’indicazionedei costi della sicurezza?Alessio Scarcella - Consigliere della Corte Suprema di Cassazione (*)

L’indicazione dei costi della sicurezzanei pubblici appalti: inquadramentonormativo

La questione della mancata indicazione separata deicosti della sicurezza nelle offerte preordinate allapartecipazione di una gara pubblica ha interessatonel corso di questi ultimi anni sia la giurisprudenzainterna, segnatamente quella amministrativa, chequella “eurounitaria”, con alcune interessanti presedi posizione della Corte di Giustizia dell’UnioneEuropea, intervenuta, a più riprese, al fine di atte-nuare l’interpretazione rigorista che stava progressi-vamente consolidandosi nel senso di sancirel’esclusione dell’offerente che non vi avesseprovveduto.Al fine di meglio comprendere la questione è utileperaltro procedere ad un sintetico quanto necessarioinquadramento normativo, tenendo conto che, sullamateria, ha inciso il nuovo Codice degli appalti cheoggi prevede l’indicazione obbligatoria.

Ma andiamo con ordine.Prima dell’intervento normativo operato dal recenteD.Lgs. n. 50/2016 (meglio noto come Codice degliappalti) (1), la normativa in materia si articolava sutre distinte disposizioni:a) l’art. 86, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 163/2006 (2);b) l’art. 87, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006;c) l’art. 26, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008 (3). Inestrema sintesi, secondo la prima disposizione nor-mativa, l’obbligo di specifica indicazione dei costisulla sicurezza aziendale sembrava essere riferito,genericamente, a tutti gli appalti pubblici, ivi com-presi gli appalti di lavori; tuttavia, tale obbligo, percome era letteralmente formulata la norma, sem-brava riferirsi agli enti aggiudicatori e non ai concor-renti offerenti (4).In base alla seconda norma sopra richiamata, poi,l’obbligo di specifica indicazione dei costi sulla sicu-rezza aziendale era letteralmente riferito ai soliappalti di servizi e forniture (5).

(*) Docente presso le Scuole di Specializzazione per le Profes-sioni Legali delle Università degli Studi di Firenze e Siena.

(1) D.Lgs.18aprile 2016n.50, recante“Attuazionedelle direttive2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei con-trattidi concessione,sugliappaltipubbliciesulleprocedured’appaltodegli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti edei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente inmateria di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”,pubblicato inG.U. 19 aprile 2016, n. 91, S.O. La normadi riferimentoèrappresentata, inparticolare,dall’attualecomma10dell’art.95che,nello stabilire i «Criteri di aggiudicazione dell’appalto», così recita:“Nell’offertaeconomica l’operatoredeve indicare ipropri costi azien-dali concernenti l’adempimentodelledisposizioni inmateriadi salutee sicurezza sui luoghi di lavoro”.

(2) D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contrattipubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delledirettive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, pubblicato in G.U. n. 100del 2 maggio 2006 (abrogato dall’art. 217 del D.Lgs. n. 50/2016).

(3) D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo1 della legge3 agosto 2007, n. 123, inmateria di tutela della salutee della sicurezza nei luoghi di lavoro”, pubblicato inG.U. n. 101 del30 aprile 2008.

(4) L’art. 86, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 163/2006 così dispo-neva: “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella

valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affida-mento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli entiaggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico siaadeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costorelativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indi-cato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche deilavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma ilcosto del lavoro è determinato periodicamente, in appositetabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sullabase dei valori economici previsti dalla contrattazione collettivastipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi,delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversisettorimerceologici e delle differenti aree territoriali. Inmancanzadi contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinatoin relazione al contratto collettivo del settore merceologico piùvicino a quello preso in considerazione”.

(5) L’art. 87, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006, in punto diverifica delle offerte anormalmente basse, così disponeva: “Nonsono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza inconformità all’articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordi-namento di cui all’articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996,n. 494ealla relativa stimadei costi conformeall’articolo 7, decretodel Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. Nella valu-tazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 181

Infine, l’ultima delle norme richiamate riporta senzamodifiche il testo dell’abrogato art. 86 comma 3-bisdel D.Lgs. n. 163/2006, come modificato e sostituitodall’art. 8 della leggen. 123/2007. Lanorma in esame,con riguardo alla predisposizione delle gare di appaltoe alla valutazione dell’anomalia delle offerte, pre-scrive infatti agli enti aggiudicatori degli oneri divalutazione, in particolare tesi a “valutare che ilvalore economico sia adeguato e sufficiente rispettoal costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, ilquale deve essere specificamente indicato e risultarecongruo rispetto all’entità e alle caratteristiche deilavori, dei servizi o delle forniture” (6).Attesa la scarsa chiarezza delle richiamate disposi-zioni, in punto se fosse obbligatoria o meno, per leditte partecipanti ad una procedura ad evidenza pub-blica concernente la realizzazione di lavori, l’indica-zione separata, nelle offerte, dei costi sulla sicurezzainterna aziendale, si era reso necessario, a più riprese,l’intervento del giudice amministrativo.

L’interpretazione iniziale del Giudiceamministrativo: l’obbligo esiste

Con una prima decisione l’Adunanza plenaria delConsiglio di Stato è stata chiamata a pronunciarsi, aisensi dell’art. 99 cod. proc. amm., per dirimere l’in-certezza interpretativa. E così, con la sentenza n. 3 del2015 (7) - premessa la distinzione tra i costi c.d. “dainterferenze” e i costi interni o aziendali - l’Adunanzaplenaria si è pronunciatanel senso che l’obbligoper leditte partecipanti di indicazione separata, nell’offertaeconomica, dei costi per la sicurezza aziendale debbaritenersi sussistente anche per le procedure di affida-mento relative a contratti pubblici di lavori, penal’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se nonprevista nel bando di gara: quest’ultima conseguenza,quindi, secondo l’Adunanza plenaria, deriva da

cogente imposizione di legge, ossia indipendente-mente dal fatto che l’obbligo di indicazione separatasia omeno riportatonella lex specialisdi gara.Aquestasoluzione si è pervenuti sulla base di “un’interpreta-zione sistematica delle norme regolatrici della mate-ria date dagli articoli 26, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008 e 86, comma3-bis, e 87, comma 4”, delD.Lgs. n.163/2006, in modo tale da evitarne una “illogicalettura” e per mantenere il necessario presidio deidiritti fondamentali dei lavoratori sanciti nellaCostituzione italiana.Con la successiva decisione n. 9 del 2015 (8), poi, lastessa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nelconfermare tale lettura interpretativa, ha affermatoche essahanatura esclusivamente dichiarativa enon,invece, di produzione del diritto. Di conseguenza èstato ritenuto che “non sono legittimamente eserci-tabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio,nel casodi omessa indicazione degli oneri di sicurezza azien-dali, anche per le procedure nelle quali la fase dellapresentazione delle offerte si è conclusa prima dellapubblicazione della decisione dell’Adunanza Plena-ria n. 3 del 2015”.

I dubbi del Giudice amministrativo:è meglio investire Lussemburgo

Prima ancora tuttavia che l’Adunanza plenaria delConsiglio di Stato si pronunciasse sul tema con le duedecisioni dianzi richiamate, altro giudice ammini-strativo apicale, il Consiglio di Giustizia Ammini-strativa dellaRegione Sicilia, aveva ritenuto di doverchiedere chiarimenti alla Corte del Lussemburgo sultema.In particolare, i giudici siciliani (9), per quanto qui diinteresse (10), avevano provveduto a rimettere allaCorte di Giustizia dell’Unione Europea la questionese i principi del diritto dell’Unione europea, e

relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicatinell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristi-che dei servizi o delle forniture”.

(6) L’art. 26, comma 6, del D.Lgs. n. 81/2008, nell’ambito delladisciplina sulla tutela della salutedei lavoratori e della sicurezzaneiluoghi di lavoro, così (similmente) dispone:“Nella predisposizionedelle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offertenelleproceduredi affidamentodi appalti di lavori pubblici, di servizie di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che ilvalore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo dellavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve esserespecificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità ealle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini delpresente comma il costo del lavoro è determinato periodica-mente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della salute edelle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dallacontrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamentepiù rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assi-stenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree

territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costodel lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo delsettoremerceologicopiù vicino aquello preso in considerazione”.

(7) Cons. St., Ad. Plen., 20 marzo 2015, n. 3, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/Ammini-strazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=PADCEVIXKTGVRCMJ3IKJYWIQNA&q=.

(8) Cons. St., Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/Amministra-zionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=HBRAZLLHKJDREB44HGKLMGVBHQ&q=.

(9)Cons.Giust.Amm.Reg.Siccilia - sez.giur., 15gennaio2015,n. 1, in www.giustizia-amministrativa.it.

(10) Oggetto dell’ordinanza di rimessione alla CGUE erainfatti anche la questione se gli artt. 47 e 48 della direttiva2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiu-dicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi,debbano essere interpretati nel senso che essi ostino a una

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182 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

segnatamente quelli di tutela del legittimo affida-mento, di certezza del diritto e di proporzionalità,ostino, o no, a una regola dell’ordinamento di unoStato membro che consenta di escludere da unaprocedura di evidenza pubblica un’impresa che nonabbia percepito, perché non espressamente indicatodagli atti di gara, un obbligo - il cui inadempimentosia sanzionato con l’esclusione - di provvedere alversamento di un importo per i fini della partecipa-zione alla predetta procedura e ciò nonostante chel’esistenza di detto obbligo non sia chiaramente desu-mibile sulla base del tenore letterale della leggevigente nello Stato membro, ma sia tuttavia rico-struibile a seguito di unaduplice operazione giuridica,consistente, dapprima, nell’interpretazione estensivadi talune previsioni dell’ordinamento positivo dellostesso Stato membro e, poi, nella integrazione - inconformitàagli esiti di tale interpretazioneestensiva -del contenuto precettivo degli atti di gara.In estrema sintesi, il CGA della Regione Sicilia sidomandava se la considerazione dei suddetti principidel diritto dell’Unione Europea (tutela del legittimoaffidamento, proporzionalità, certezza del diritto; puòaggiungersi, a ben vedere, anche il principio del favorparticipationis) non dovessero spingere la stazioneappaltante a consentire, più ragionevolmente dellascelta di disporre l’esclusione (anche) dell’offerente,la regolarizzazione del requisito “occulto” risultatoomesso (ossia l’adempimento dell’obbligo di versa-mento del contributo alla soppressa AVCP), accor-dando all’impresa offerente un breve termine perprovvedere al pagamento del contributo. A tal pro-posito, rilevavano i giudici siciliani, al posto dell’of-ferente, si sarebbe potuta trovare un’impresa nonitaliana, la quale, evidentemente, avrebbe verosimil-mente incontrato finanche maggiori difficoltà diquella italiana, esclusa, nell’acquisire piena cono-scenza delle deliberazioni di un’Autorità indipen-dente e nell’apprendere dell’esatta interpretazionegiurisprudenziale dell’art. 1339 cod. civ., secondo

cui “Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, impostidalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto,anche in sostituzione delle clausole difformi appostedalle parti” (11).Sono noti gli esiti dirompenti della questione pre-giudiziale. Nell’affrontare la questione sollevata dalConsiglio di Giustizia Amministrativa del 10 dicem-bre 2014, la Sesta sezione della Corte europea (12)ribadisce due indicazioni di apertura in tema di avva-limentononchédi estensionedel favor partecipationis,contrario al proliferare delle cause di esclusione neidiversi bandi. Per quanto qui d’interesse, rispon-dendo al secondo quesito posto dai giudici ammini-strativi siciliani, la Corte del Lussemburgo colsel’occasione per ribadire che tutte le condizioni e lemodalità della procedura di aggiudicazione debbonoessere formulate in maniera chiara, precisa e univocanel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così dapermettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragione-volmente informati e normalmente diligenti di com-prenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stessomodo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudica-trice di essere in grado di verificare effettivamentese le offerte degli concorrenti rispondano ai criterichedisciplinano l’appalto inquestione. In tale ottica,gli stessi principi di trasparenza e di parità di tratta-mento che disciplinano tutte le procedure di aggiu-dicazione di appalti pubblici richiedono che lecondizioni sostanziali e procedurali relative alla par-tecipazione ad un appalto siano chiaramente definitein anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obbli-ghi a carico degli offerenti, affinché questi ultimipossano conoscere esattamente i vincoli proceduralied essere assicurati del fatto che gli stessi requisitivalgono per tutti i concorrenti (13).Da qui l’affermazione secondo cui il principio diparità di trattamento e l’obbligo di trasparenzadevono essere interpretati nel senso che ostano all’e-sclusione di un operatore economico da una proce-dura di aggiudicazione di un appalto pubblico in

normativa nazionale, come quella italiana sopra descritta, checonsente l’avvalimento frazionato, nei termini sopra indicati,nell’ambito dei servizi.

(11) Ciò in quanto, secondo l’Adunanza plenaria del Consi-glio di Stato (sentenza n. 9 del 25 febbraio 2014, in www.giustizia-amministrativa.it), si era affermato che, nel caso diuna legge di gara “silente”, come quella di cui alla contro-versia siciliana, “la portata imperativa delle norme che pre-vedono tali adempimenti conduce, ai sensi dell’art. 1339Cod. civ., alla eterointegrazione del bando e successiva-mente, in caso di violazione dell’obbligo, all’esclusione delconcorrente”. Ciò comportava, quindi, secondo l’interpreta-zione del giudice amministrativo, che un’impresa potesseessere esclusa da una procedura di evidenza pubblicaanche per la mancata dimostrazione del possesso di un

requisito non richiesto espressamente dalla normativa digara, allorquando la necessità del requisito fosse desumibileper effetto dell’operare del meccanismo di eterointegrazionedegli atti amministrativi, meccanismo che, nell’ordinamentoitaliano, poggia in via generale sull’art. 1339 cod. civ.

(12) Corte di Giustizia U.E., sez. VI, 2 giugno 2016, C-27/15in causa Pippo Pizzo c/ CRGT S.r.l. (v. per il testo integrale:https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/mjm3/~edisp/nsiga_4115409.pdf).

(13) Si trattava di una sostanziale conferma della bontàdella regola, contenuta nell’art. 46 comma 1 bis del Codiceappalti previgente (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), che avevaformalizzato tali indicazioni in termini più facilmenteapplicabili.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 183

seguito almancato rispetto, da parte di tale operatore,di un obbligo che non risulta espressamente daidocumenti relativi a tale procedura o dal dirittonazionale vigente, bensì da un’interpretazione ditale diritto e di tali documenti nonché dal meccani-smo diretto a colmare, con un intervento delle auto-rità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacunepresenti in tali documenti. In tali circostanze, i prin-cipi di parità di trattamento e di proporzionalitàdevono essere interpretati nel senso che non ostanoal fatto di consentire all’operatore economico diregolarizzare la propria posizione e di adempieretale obbligo entro un termine fissato dall’ammini-strazione aggiudicatrice.

Il revirement della giurisprudenza:no all’esclusione

LadecisionedellaCGUEnonera ancora intervenutache già le acque erano divenute assai turbolente. Sipresagiva probabilmente quello che sarebbe statol’esito della questione pregiudiziale rimessa allaCorte del Lussemburgo. Per questa ragione, ancheper evitare ulteriori débâcle, i giudici amministrativiavevano iniziato a dubitare della bontà degli esitidelle decisioni assunte dal Consiglio di Stato nelledue AA.PP. n. 3 e n. 9 del 2015. Ed infatti, laV Sezione del Consiglio di Stato (14) medio temporeaveva deferito all’Adunanza plenaria i seguentiquesiti:1) se in costanza di un principio di diritto enunciatodall’Adunanza Plenaria, in presenza di una verificaespressa della rispondenza anche alla disciplina del-l’Unione Europea, che venga sospettato di contrastocon la normativa dell’Unione Europea, la singolaSezione deve rimettere la questione ai sensi dell’art.99, comma 3, c.p.a., oppure può sollevare autonoma-mente, quale giudice comune del diritto dell’Unioneeuropea, una questione pregiudiziale alla Corte diGiustizia;2) se in costanza di un principio di diritto enunciatodall’Adunanza Plenaria, in assenza di una verificaespressa della rispondenza anche alla disciplina del-l’Unione Europea, che venga sospettato di contrastocon la normativa dell’Unione Europea, la singolaSezione deve rimettere la questione ai sensi

dell’art. 99, comma 3, c.p.a., oppure può sollevareautonomamente, quale giudice comune del dirittodell’Unione Europea, una questione pregiudizialealla Corte di Giustizia;3) soprattutto, per quanto qui di interesse, se il prin-cipio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria n. 9del 2015, è rispettoso dei principi euro-unitari, dimatrice giurisprudenziale, della tutela del legittimoaffidamento e di certezza del diritto, dei principi dilibera circolazione delle merci, di libertà di stabili-mento e di libera prestazione di servizi, di cui alTrattato sul Funzionamento dell’Unione Europea(TFUE), nonché dei principi che ne derivano,come la parità di trattamento, la non discrimina-zione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalitàe la trasparenza.Orbene,nonv’èdubbio che l’ordinanzadelConsigliodi Stato aveva avuto il merito di arricchire il vivacedibattito giurisprudenziale che da ultimo aveva inte-ressato le seguenti complesse (e connesse) tematiche:a) rapporti fra esercizio della funzione nomofilatticaex art. 99 c.p.a. e vincolatività del principio di dirittonei confronti delle Sezioni del Consiglio di Stato, daun lato, e facoltà di queste ultime di discostarsene incaso di contrasto col diritto dell’UE ovvero di effet-tuare il rinvio pregiudiziale obbligatorio ex art. 267TFUE senza investire nuovamente l’Adunanza ple-naria, dall’altro;b) utilizzabilità del soccorso istruttorio da parte dellastazione appaltante, al fine di salvaguardare l’affida-mento delle imprese, nel caso in cui un principio didiritto innovativo, elaborato dall’Adunanza plenariain materia di contratti pubblici, trovi applicazione aprocedure di gara antecedenti; rapporti con l’istitutodell’overruling;c) soprattutto, la compatibilità con il diritto dell’UEdel principio elaborato dall’Adunanza plenaria n. 3 en. 9 del 2015, secondo cui per tutti i contratti diappalto è previsto a carico delle imprese concorrentil’obbligo, a pena di esclusione, di indicare i costi disicurezza aziendale in sede di domanda di partecipa-zione alla gara (15).La risposta dell’Adunanza Plenaria del Consiglio diStato non si era fatta però attendere. Ed infatti,l’Adunanza Plenaria, preso atto dei principi dettati

(14) Cons. St., sez. V, ord., 17 marzo 2016, n. 1090, inhttps://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=WZFQN2HON5NG3DCAOOCUBDM754&q=.

(15) Si segnala per completezza a quanto sopra già illustrato,che, con riferimento alla disciplina dei costi di sicurezza aziendali,analoghe questioni erano state rimesse alla Corte del

Lussemburgo sia sotto il profilo della salvezza delle procedurein atto almomento dell’affermazione dei principi di diritto da partedelle Adunanze plenarie nn. 3 e 9 del 2015, sia avuto riguardo alladisciplinasostanzialea regime(ordinanzeTARMarche19febbraio2016, n. 104; TARMolise 12 febbraio 2016, n. 77; TAR Piemonte,sez. II, 16 dicembre 2015, n. 1745, tutte reperibili in www.giu-stizia-amministrativa.it).

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dalla Corte di Giustizia UE nelle sentenze 5 aprile2016, C-689/13 (16) e 2 giugno 2016, C-27/15 (17)nonché della loro incidenza sulla funzione nomofi-lattica esercitata inbase all’art. 99 c.p.a., era ritornatasul delicato tema della mancata indicazione deglioneri di sicurezza aziendali, mitigandone le conse-guenze alla luce dei principi di affidamento, certezzadel diritto e parità di trattamento. Con la sentenza inquestione (18), l’Adunanza plenaria (pronunciandosulla rimessione disposta dalla sentenza non defini-tiva della medesima V sezione n. 1116 del 2016),aveva affermato importanti principi su due questionimolto dibattute concernenti:a) il rapporto tra il ruolo nomofilattico assegnatodall’art. 99, comma 3, c.p.a. all’Adunanza plenariadelConsiglio di Stato e l’obbligoper le singole sezionidel Consiglio, in qualità di giudice di ultima istanza,di sollevare ex art. 267 TFUE una questione pregiu-diziale dinnanzi alla Corte di Giustizia;b) la compatibilità con il diritto dell’Unione Europeadel principio di diritto espresso in tema di oneri disicurezza aziendali dall’Adunanza plenaria con lesentenze nn. 3 e 9 del 2015 e, dunque, la possibilitàdi ricorrere o meno al soccorso istruttorio in caso dimancata indicazione nell’offerta dei suddetti oneri.Con particolare riferimento a questo secondo punto -concernente le conseguenze della violazione dell’ob-bligo di dichiarare gli oneri di sicurezza aziendale el’esercizio del soccorso istruttorio - la Plenaria ègiunta a formulare il richiamato principio secondo iseguenti snodi essenziali:a) in primo luogo è stato ritenuto preferibile esami-nare nelmerito la questione rimessa dalla V sezione,anziché attendere la pronuncia della Corte di Giu-stizia, sia per ragioni di celerità (come sollecitatodalle parti), sia perché una tale soluzione soddisfauna più generale esigenza di sistema consentendo dirisolvere in via preventiva i dubbi di compatibilitàcomunitaria sottesi alla questione pregiudiziale sol-levata da numerosi Tribunali amministrativi regio-nali, e, dall’altro, di superare la “causa ostativa” che

ha determinato la sospensione ex art. 79, comma 1,c.p.a. di diversi giudizi amministrativi (sia in primoche secondo grado);b) mitigando i principi affermati sul punto dalleprecedenti Plenarie nn. 3 e 9 del 2015 (19) - ma alcontempo facendo salva espressamente la ricostru-zione dei presupposti e della portata applicativa delprincipio di tassatività delle cause di esclusione e delpotere di soccorso effettuata dalla plenaria n. 9 del2014 - è stato stabilito che l’automatismo dell’effettoescludente per mancata indicazione degli oneri disicurezza, anche in assenza di indicazioni in tal sensoda parte del bando e della modulistica, si pone incontrasto con i principi di certezza del diritto, tuteladell’affidamento, nonché con quelli, che assumonoparticolare rilievo nell’ambito delle procedure dievidenza pubblica, di trasparenza, proporzionalità epar condicio;c) a tale conclusione si è giunti attraverso il recepi-mento e l’adattamento dei principi elaborati dallasentenza dellaCorte del Lussemburgo (20) in un casoconcernente l’esclusione di una impresa da una garain ragione del mancato pagamento del contributoall’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici previ-sto dalla legge n. 266/2005; la Corte ha infatti evi-denziato che i principi di trasparenza e di parità ditrattamento, che disciplinano tutte le procedure diaggiudicazione di appalti pubblici, richiedono che lecondizioni sostanziali e procedurali relative alla par-tecipazione ad un appalto siano chiaramente definitein anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obbli-ghi a carico degli offerenti, affinché questi ultimipossano conoscere esattamente i vincoli proceduralied essere assicurati del fatto che gli stessi requisitivalgono per tutti i concorrenti; situazione questa chenon si verifica quando il requisito di partecipazione èenucleato ex post, sulla scorta di prassi applicativedella stazione appaltante o, peggio, di interpretazionidel giudice nazionale;d) nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato,la mancata previsione dell’obbligo di indicazione

(16) LaCorte diGiustiziaUE, nella solennità della composizioneallargata - pronunciando sulle interferenze fra la norma del pro-cesso amministrativo (art. 99, comma 3, c.p.a.) che obbliga lasingola Sezione del Consiglio di Stato a non discostarsi dal princi-pio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria e l’obbligo sancitodall’art. 267 del Trattato FUE (secondo cui le corti supreme sonotenute ad effettuare il rinvio pregiudiziale alla Corte medesimaquando davanti a loro è sollevata una questione concernentel’interpretazione del diritto europeo o la validità di atti delle istitu-zioni dell’Unione) – aveva riacceso il dibattito sulla tormentataquestione dell’ordine di esame del ricorso incidentale e principalenel c.d. “contenzioso appalti”. In particolare, con la sentenzaPuligenica (Corte di Giustizia UE, Grande Camera, 5 aprile 2016,C-689/13, Puligienica Facility Esco SpA (PFE) c/ Airgest S.p.A., in

http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&do-cid=175548&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=-first&part=1&cid=687022),

(17) V., amplius nota 12.(18) Cons. St., A.P., 27 luglio 2016, n. 19, in https://www.

giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/docu-ments/document/mday/mjq4/~edisp/gi4wertkowix3yrwv5wwy-vuujq.html (v. anche la coevan. 20 inpari data, resa sulla ordinanzadella V sezione del Consiglio di Stato n. 1090 del 2016: v. nota 14).

(19) Rispettivamente inForo it., 2016, III, 114, connota di Travi;ibidem, III, 65, con nota di Condorelli, cui si rinvia per gli ulterioririferimenti di dottrina e giurisprudenza.

(20) Il riferimento è a Corte di Giustizia UE, Sez. VI, 2 giugno2016, C-27/15, Pippo Pizzo, su cui v. amplius, nota 12.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 185

degli oneri di sicurezza nel bando di gara, la predispo-sizione da parte dell’Amministrazione di moduli fuor-vianti, perché privi di un riferimento alla voce inquestione, l’esistenza di un contrasto giurisprudenzialesintomatico di una incertezza normativa, facevano sìche l’applicazione della regola dell’esclusione auto-matica, senza il previo soccorso istruttorio, si sarebbetradotto in un risultato confliggente con i principieuro-unitari di tutela dell’affidamento, di certezzadel diritto, di trasparenza, par condicio eproporzionalità.

L’interpretazione dei giudici internied europei si consolida: no all’esclusione

Profetica, peraltro, la presadi posizionedell’AdunanzaPlenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 19del 2016. A chiudere il cerchio, infatti, ci avevapensato sempre la Corte del Lussemburgo che, conun’ordinanza recentemente emessa nel novembredello scorsoanno(21),nel rispondereadunadomandadi pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunaleamministrativo regionale per il Piemonte (22),aveva ribadito che il principio della parità di tratta-mento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalladirettiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e delConsiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordina-mento delle procedure di aggiudicazione degli appaltipubblici di lavori, di forniture e di servizi, devonoessere interpretati nel senso che ostano all’esclusionedi un offerente dalla procedura di aggiudicazione di unappalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da partedi detto offerente, dell’obbligo di indicare separata-mente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sullavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionatocon l’esclusione dalla procedura e che non risultaespressamentedaidocumentidi garaodallanormativanazionale, bensì emerge da un’interpretazione di talenormativa e dal meccanismo diretto a colmare, conl’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, lelacune presenti in tali documenti. I principi dellaparità di trattamento e di proporzionalità devonoinoltre essere interpretati nel senso che non ostanoal fatto di concedere a un tale offerente la possibilità dirimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo

entro un termine fissato dall’amministrazione aggiu-dicatrice (23).Trattasi di principi ai quali la nostra giurisprudenzaamministrativa si è uniformata, beninteso per le gareanteriori all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016,affermandosi che in applicazione di quanto chiaritol’Adunanza plenaria, e più volte stabilito dalla Cortedi Giustizia, deve considerarsi la illegittimità dell’e-sclusione dell’impresa che non abbia indicato nellapropria offerta economica gli oneri della sicurezzaaziendale, al cospetto dalla loromancata predetermi-nazione negli atti di gara (24)

La rivoluzione introdotta dal Codice degliappalti 2016: sì all’esclusione

La questione, come è noto, è letteralmente mutata nelsuo esito solutorio dopo l’entrata in vigore del nuovoCodice degli appalti. Le previgenti disposizioni dell’a-brogato D.Lgs. n. 163/2006 (artt. 87, comma 4, e 86,comma 3-bis), infatti, sono state oggi sostituite dall’art.95 del D.Lgs. n. 50/2016 che, come già ricordato inprecedenza, prevede espressamente al comma 10 che“Nell’offerta economica l’operatore deve indicare ipropri costi aziendali concernenti l’adempimentodelle disposizioni in materia di salute e sicurezza suiluoghi di lavoro”. La lettura dell’art. 95 delD.Lgs. n. 50/2016, unitamente alle nuove disposizioni dettate dallostesso Codice in materia di soccorso istruttorio, segna,infatti, un obiettivo distacco rispetto a quanto previstonella previgentenormativa: e infatti, l’art. 83del nuovoCodice prevede espressamente, al comma 9, l’inappli-cabilità del nuovo soccorso istruttorio alle ipotesi diincompletezza o di irregolarità essenziali afferenti l’of-ferta tecnica ed economica.Considerato, pertanto, chel’art. 95, comma10, impone all’operatore economicodiindicare all’interno dell’offerta economica i propri costiaziendali concernenti l’adempimento delle disposizioniin materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, neconsegue che, nel caso di mancata indicazione deipredetti oneri, l’offerta risulterà insanabile mediantericorso al soccorso istruttorio.L’interpretazione offerta dalle prime pronunce delgiudice amministrativo, del resto, conforta tale ese-gesi. E infatti, conunaprimadecisione (25), il giudice

(21) Corte di Giustizia U.E., Sez. VI, 10 novembre 2016, C-697/15,MBS.r.l. c/ SocietàMetropolitanaAcqueTorino (SMAT)S.p.A.

(22) TAR Piemonte, ordinanza 11 novembre 2015, in www.giustizia-amministrativa.it.

(23) Di identico tenore, si noti, quanto statuito dallastessa Corte del Lussemburgo con altre decisioni coeve. Sitratta di C.G.U.E., Sez. VI, 10 novembre 2016, in causa C-162/16, Spinosa Costruzioni Generali S.p.A., Melfi S.r.l. c/Comune di Monteroduni e, ancora, di C.G.U.E., Sez. VI, 10

novembre 2016, in C-140/16, Edra Costruzioni Soc. coop. edEdilfac S.r.l. c/ Comune di Maiolati Spontini.

(24) Si v., da ultimo: Cons. St., sez. III, 27 ottobre 2016, n. 4527;Cons. St., sez. V, 23 dicembre 2016, n. 5444; Cons. St., sez. III, 9gennaio 2017, n. 30, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.

(25) TAR Campania - Salerno 6 luglio 2016, n. 1604, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/documents/document/mday/mjm4/~edisp/6vfufrxjh6f-hyrfwcruca6sjnq.html.

Approfondimento

186 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

amministrativo ha ritenuto che la norma configuraun ineludibile obbligo legale (da assolvere necessa-riamente già in sede di predisposizione dell’offertaeconomica), proprio al fine di garantire la massimatrasparenza dell’offerta economica nelle sue variecomponenti, evitandoche la stessapossa esseremodi-ficata ex postnelle sue componenti di costo, in sede diverifica dell’anomalia, con possibile alterazione deicosti della sicurezza al fine di rendere sostenibili equindi giustificabili le voci di costo riferite alla for-nitura del servizio o del bene. Nello stesso senso, si èaffermato (26) che è legittima l’esclusione di unconcorrente da una procedura di gara per la mancataindicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. “internio aziendali”, con conseguenteviolazionedell’articolo95 del D.Lgs. n. 50/2016 (27), precisandosi che nonemergono, peraltro, allo stato profili di incompatibi-lità fra le disposizioni di diritto interno che impon-gono ora in modo tassativo tale indicazione e ilpertinente paradigma normativo eurounitario.Altra decisione (28) ha infine ribadito che, configu-rando la dichiarazione di cui al comma 10 dell’art. 95

del Codice degli appalti un elemento essenzialedell’offerta economica, non può ritenersi integrabileex post mediante l’istituto del soccorso istruttorio ecomporta l’esclusione dalla gara anche in assenza diuna espressa sanzione prevista dalla legge o daldisciplinare.Conclusivamente, la nuova norma viene oggi inter-pretata nel senso che nelle nuove procedure di garaindette ai sensi del D.Lgs. n. 50/2016 (nuovo Codicedegli appalti) l’indicazione degli oneri per la sicurezzaaziendale costituisce un preciso e ineludibile obbligolegale, che le imprese concorrenti sono sempre tenutea rispettare nella presentazione dell’offerta econo-mica.Ciò comporterà, in ogni caso, al fine di renderlacompatibile con i principi fissati dalla giurisprudenzaeurounitaria, che le stazioni appaltanti dovrannosempre aver cura di ricordare ai concorrenti il pre-detto adempimento nella presentazione dell’offertaeconomica, pena ovviamente, il rischio di vederenuovamente pregiudicati, in particolare, i principidel favor partecipationis e di legittimo affidamentodegli offerenti.

(26) TAR Lombardia – Brescia, Sez. I, 29 novembre 2016,n. 1632, in www.giustizia-amministrativa.it.

(27) Identica lasoluzionecuièpervenuto ilCons.St.,Sez.V,conl’ord. 15 dicembre 2016, n. 5582, in www.giustizia-amministra-tiva.it nonché TAR Reggio Calabria, 25 febbraio 2017, n. 166, inhttps://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/

groups/public/documents/document/mday/ndey/~edisp/l5stxkw2hq3umvd7q2w5fxbfau.html.

(28) TAR Molise, 9 dicembre 2016, n. 513, in https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/wcm/idc/groups/public/docu-ments/document/mday/mzax/~edisp/pj7zdyjrzae5hg5r3ud57w-dyhe.html.

Approfondimento

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 187

Valutazione dei rischi - DVR

Il documento di valutazionedei rischi nelle odierne notazionidella CassazioneClaudia Macaluso - Consulente sicurezza sul lavoro (*)

Introduzione

Il procedimento di valutazione dei rischi, innovativostrumento sistemicoper il controllodei rischi lavorativiintrodotto dalla legislazionedi derivazione comunitariadegli anni ‘90 (1), ha acquisito nel tempo una sempremaggiore centralità e un definito inquadramento, adopera sia della più recente normativa che della assiduaanalisi giurisprudenziale.Al D.Lgs. n. 81/2008 (TUSL) si deve l’importantecontributo definitorio che la contempla come una“valutazione globale e documentata di tutti i rischiper la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nel-l’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano lapropria attività, finalizzata ad individuare le adeguatemisure di prevenzione e di protezione e ad elaborare ilprogramma delle misure atte a garantire il migliora-mentonel tempodei livelli di salute e sicurezza” (2): sigiunge così a colmare il pregresso vuoto nozionistico,sottolineandone fin dalla descrizione le sue caratte-ristiche procedurali; il medesimo legislatore si è poispinto oltre, prevedendo, in aggiunta alla previgenteassegnazione di tale obbligo (3) al datore di lavoro, didedicargli una intera sezione, la seconda del primotitolo del TUSL, in cui ne vengono approfonditil’oggetto (art. 28) e le modalità di svolgomento(art. 29).Questa nuova prospettiva valutativa dei rischiinclude allora tanto gli aspetti oggettivi (“tutti i rischiper la sicurezza e la salute dei lavoratori” (4)) quantoil profilo soggettivo (gruppi di lavoratori esposti arischi particolari, le lavoratrici in stato di gravidanza,i rischi connessi alle differenze di genere, all’età, allaprovenienza da altri Paesi e alla specifica tipologia

contrattuale attraverso cui viene resa la prestazionedi lavoro (5)), evidenziandone il valore primarioanche tramite la sua costante collocazione nellaparte iniziale dei diversi titoli (VIII - agenti fisici),dei capi (I del titolo IX - agenti chimici, II del titoloIX - agenti cancerogeni) e degli articoli (15 comma1,lettera a - misure generali di tutela) del testo vigente;allo stesso tempo tale atto è stato reso il principale trai punti da porre all’esame dei partecipanti alla riu-nioneperiodica (6) e tra i compiti assegnati al serviziodi prevenzione protezione nella sua opera di collabo-razione con il datore di lavoro (7), così come è statoannoverato tra gli indispensabili argomenti dellapreventiva e tempestiva consultazione del rappresen-tante dei lavoratori (8).

Oltre la normativa: le precisazionidella giurisprudenza

Se la dottrina si è da sempre prevalentemente foca-lizzata sulle metodologie e tecniche operative daapplicare in azienda per la conduzione di questoadempimento, nella giurisprudenza è dato registrareuna ricorrente menzione della valutazione dei rischi,talora solo come elemento per il riconoscimento diuna responsabilità più specifica, altre volte approfon-dendone i contenuti e fornendo qualche preziosochiarimento concreto, oppure, più sporadicamente,entrando nel merito delle modalità e dei contenutidel procedimento esecutivo, analizzandone ancheaspetti più particolareggiati e ad esso complementari.A parte l’introduttiva sottolineatura della sua inelu-dibilità (“è applicabile a tutte le tipologie di rischio ea tutti i settori pubblici o privati” (9), dell’importanza

(*) Già Avvocato in Roma.(1) Art. 4, comma 1 e 2, lettera a) del D.Lgs. n. 626/1994.(2) Art. 2, comma 1, lettera q) del D.Lgs. n. 81/2008.(3) Sempre indelegabile: art. 17, comma 1, lettera a) del D.Lgs.

n. 81/2008.(4) Art. 28, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008.

(5) Ibidem.(6) Art. 35, comma 2, lettera a) del D.Lgs. n. 81/2008.(7) Art. 33, comma 1, lettere a) e b) del D.Lgs. n. 81/2008.(8) Art. 50, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008.(9) Cassazione penale, sezione III, sentenza 31 agosto 2012,

n. 33567.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 189

(“senzadubbio alcunounpassaggio fondamentale perla prevenzione degli infortuni e la tutela della salutedei lavoratori” (10) e della centralità della stesura delDVR tra tutte le incombenze previste dalla norma-tiva (“la predisposizione del Documento di Valuta-zione dei Rischi è il fondamento primario delle sceltedell’impresa in materia di sicurezza dei dipendenti edelle altre persone che si trovano all’internodell’azienda” (11), risultanoparticolarmentepreziosealcune indicazioni su prospettive più inusualiforniteci via via dai giudici, come quella per la situa-zione di subentro societario, per il quale, pur incostanza di attività produttiva e sede operativa, sideve comunque prevedere la redazione di un nuovodocumento di valutazione dei rischi, “che deve esseresempre attuale e pertinente alle concrete condizionidi svolgimento dell’attività lavorativa sussistentinell’azienda” (12).

La più recente visione giurisprudenziale:caratteristiche e contenuti

Anche nella più attuale casistica la Suprema Cortecontinua a confermare il tradizionale indirizzo inter-pretativo, non senza esplorare, di tanto in tanto,qualche significativa nuova angolazione.In primis ci viene ricordato che “il datore di lavoro èl’unico destinatario degli obblighi prevenzionali e,quand’ancheabbiadelegato (13)adaltri la stesuradeldocumento di valutazione dei rischi, non di meno ètenuto, nel momento della sua attuazione, a verifi-carne la completezza e l’efficacia” (14); nella figuradatoriale possono quindi essere rintracciate sia unaculpa in eligendo, per l’affidamento dell’incarico diredazione del documento a soggetti inadeguati, siauna culpa in vigilando, per l’omissione del doverosocontrollo sui tempi di esecuzione di tale importante eindifferibile adempimento (15).Focalizzando sulle caratteristiche del DVR, le ultimepronunce hanno rimarcato più volte la necessità dideterminatezza dello stesso: “Lo strumento della ade-guata valutazione dei rischi è un documento che ildatore di lavoro deve elaborare con il massimo grado

di specificità, restandone egli garante: l’essenzialità ditale documento deriva con evidenza dal fatto che,senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per lasicurezza, non è possibile una adeguata politica anti-nfortunistica” (16). Una generica previsione di unrischio, infatti, non assolve “al richiamato obbligo dispecificità” perché non consente “di adottare lemisure preventive conseguenti né di formare adegua-tamente i lavoratori a riconoscere le situazioni dipericolo per la loro sicurezza” (17). Né si ritieneche un eventuale difetto di completezza (che nellaappena citata sentenza riguardava il rischio incen-dio) possa essere sopperito da previsioni contenutenel piano di emergenza, che non è orientato adanalizzare i rischi insiti nelle lavorazioni (solitamentecontiene procedure di comportamento per tutti ilavoratori, senza pertanto prendere in considerazionele situazioni nelle quali si determinano i rischi per losvolgimento di una determinata mansione), cosìcome neppure dai contenuti di eventuali opuscoliinformativi, che potrebbero non comprendere indi-cazioni sullo spettro dei pericoli connessi alle diversefasi di lavorazione e sui corrispondenti sistemi diapproccio sicuro adottati.A conferma e ulteriore esplicazione di tutto ciò èstato poi affermato che “il datore di lavoro hal’obbligo di analizzare e individuare con ilmassimo grado di specificità, secondo la propriaesperienza e la migliore evoluzione della scienzatecnica, tutti i fattori di pericolo concretamentepresenti all’interno dell’azienda, avuto riguardoalla casistica concretamente verificabile in rela-zione alla singola lavorazione o all’ambiente dilavoro” (18) (anche in carenza di linee guida odi caratteristiche indicazioni sui rischiprovenienti dalla dottrina o da enti deputatialla sicurezza sul lavoro (19)), non potendoche derivarne, così, una netta censura di tuttiquei “documenti per la valutazione delrischio, anche specifico di incendio, dalcontenuto ampiamente riduttivo se non dissimu-latorio” (20).

(10) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 3 marzo 2010,n. 8622.

(11) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 6 febbraio 2004,n. 4981.

(12) Cassazione penale, sezione III, sentenza 21 giugno 2011,n. 24820.

(13) Rectius affidato, n.d.r. Si ricordi, infatti, che per il datore dilavoro vige sempre la “non delegabilità dell’attività di valutazionedel rischio, da far risalire non al D.Lgs 81/2008, ma all’art. 1,comma 4 ter del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626” (Cassazionepenale, sezione IV, sentenza 13 gennaio 2016, n. 1036).

(14) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 26maggio 2016,n. 22147.

(15) In questo senso si veda Cassazione penale, sezione III,sentenza 26 marzo 2015, n. 12962.

(16) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 16maggio 2016,n. 20129.

(17) Ibidem.(18)Cassazionepenale, sezione IV, sentenza2dicembre2016,

n. 51540.(19) Cfr. Cassazione penale, sezione IV, sentenza 1 ottobre

2015, n. 39765.(20) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 12 dicembre

2016, n. 52511.

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190 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Anche nella sentenza 15 ottobre 2015, n. 41486,della IV sezione penale della Cassazione viene con-fermata l’ineludibile rappresentazione della valuta-zione dei rischi come processo non avvicendabile osostituibile da altre azioni (o fasi alla stessa ricondu-cibili), data la sua natura di “operazione complessache consiste nell’analisi dei dati e nella loro valuta-zione in funzione di una concomitante definizionedelle misure da adottare per eliminare o, ove possi-bile, ridurre il rischio individuato”; essa deve sfociare“peraltro in una compiuta formalizzazione”, per cuil’esistenza di una semplice prassi operativa (cioè unadisposizione non scritta adottata per lo svolgimentodei lavori) non può essere considerata equipollentealla valutazione dello specifico rischio, in quanto è“per definizione priva di ogni premessa analitica evalutativa, come di una veste formale; nasce dallamera ripetizione dell’attività, in assenza di eventi didisconfermaed in forza di una confermanon legata adun rapporto costo/benefici che non considera neces-sariamente il valore prioritario della sicurezza e dellasalute dei lavoratori”; quindi “le istruzioni verbali e lemere prassi operative non assumono quella forzacogente che deve essere, invece, attribuita alla «codi-ficazione» delle norme attuative antinfortunistichein un documento scritto all’uopo redatto”.In tale prospettiva non è da ritenersi, quindi, nem-meno plausibile la convinzione che la natura estem-poranea di una operazione renderebbe le istruzionidirette maggiormente efficienti sul piano della sicu-rezza del lavoro rispetto ad un aggiornamento deldocumento di valutazione dei rischi, la cui naturaevidenzia maggiori difficoltà nel raggiungere i lavo-ratori incaricati della lavorazione e nell’essere da loropercepito; questa posizione infatti privilegerebbe “leragioni della produzione (in particolare la tempi-stica) su quelle della definizione di sicure condizionidi lavoro” contraddicendo “la netta indicazione nor-mativa per la decisività dell’analisi del rischio, per laprogettazione del processo produttivo in modo cherisponda non solo ad obiettivi economici ma anchealla miglior tutela possibile dei lavoratori, per larilevanza dell’attività di partecipazione, informa-zione e formazione dei lavoratori a riguardo delsistema aziendale di gestione della sicurezza dellavoro” (21).Per soddisfare questa richiesta di tipicità è possibileavvalersi della lineadi indirizzo fornitaci sempredalla

Suprema Corte: “nel confezionare il documento divalutazione dei rischi, al datore di lavoro spetti ilcompito prudenziale, testualmente indicato dallanorma, di sommare tutti i fattori di rischio conosciuti,cioè di considerarli ipoteticamente tutti compresentionde ricostruire una situazione da stress da cui trarrele necessitate conclusioni in tema di opere preven-zionali per azzerare o ridurre al minimo i rischi” (22).Occorre quindi “valutare tutti i rischi specifici pre-senti nell’azienda, anche quelli relativi alla pericolo-sità di singoli ambienti di lavoro, perché il singololavoratore può recarvisi in ogni momento e per qua-lunque motivo (si pensi, nel caso di specie, allanecessità di ripararsi da un temporale improvviso).E a maggior ragione deve valutare i rischi quando ilsingolo ambiente è oggetto dell’attività a cui undipendente viene avviato” (23). La valutazione delrischio, in altri termini, deve essere preventiva allosvolgimento dell’attività lavorativa stessa, quindi sel’attività dell’azienda, ad esempio, comprende lamanutenzione e il recupero di unmanufatto, è neces-sario controllare anticipatamente lo stato del locale evalutare il rischio connesso all’accesso in esso.La richiesta di determinatezza si deve comunqueriferire non solo, come finora visto, alla aderenzadel documento con la realtà aziendale oggetto del-l’esame, ma anche al rispetto dei precisi contenuti easpetti che, ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008,devono essere inclusi ed analizzati nel DVR e che,peraltro, il legislatore del TUSL ha voluto puntua-lizzare rispetto alla previgente e più sintetica previ-sione normativa contenuta nell’art. 4 del D.Lgs. 626/1994.Tra di essi è stato fatto oggetto di recente analisiproprio il punto c) del comma 2 del citato art. 28,che include tra le necessarie componenti “l’indivi-duazione delle procedure per l’attuazione dellemisure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizza-zione aziendale che vi debbono provvedere, a cuidevono essere assegnati unicamente soggetti in pos-sesso di adeguate competenze e poteri”, qualificaticome elementi utili per programmare non solo “lemisure prevenzionali,ma anche il percorso attuativo,coinvolgente ruoli, funzioni e competenze diverse,oltre che, se del caso, ambiti e settori diversi …,attraverso il quale giungere al risultato cautelare”.La ratiodi tale richiesta è da rintracciarenel poter così“attingere ai migliori apporti per esperienza,

(21) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 13maggio 2016,n. 20056.

(22) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 19 luglio 2016,n. 30557.

(23) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 22 marzo 2016,n. 12257.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 191

competenza e responsabilità, correggere disfunzioni einadeguatezze, permettendo, inoltre, d’individuareed isolare le singole responsabilità” (24).

La valutazione dei rischi come assedi riferimento per gli altri adempimenti

La crucialità della valutazione dei rischi la costituisceparimenti come uno dei momenti fondanti e prodro-mici per poter garantire l’intero assetto della sicurezzadei lavoratori: “l’essenzialità di tale documentoderiva con evidenza dal fatto che, senza la pienaconsapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, nonè possibile una adeguata politica antinfortunistica”(25); da esso, perciò, discendono le altre azioni pre-venzionistiche, che, per quanto già stigmatizzatedalla norma, devono ricevere completamento e pre-cisazione sulla base di quanto descritto nel pertinenteDVR, tra le quali possiamo menzionare, solo comeesempio, l’informazione e la formazione, la sorve-glianza sanitaria, l’adozione di misure e dispositividi protezione individuale e la vigilanza.La valutazione dei rischi, dunque, come pernoattorno al quale si legano e ruotano gli altri adempi-menti richiesti dalla normativa: “posto che la movi-mentazionemanuale dei carichi costituiva un fattoredi rischio, individuato dallo stesso datore di lavoronel documento di valutazione dei rischi, il datore dilavoro aveva specifici obblighi di informazione deilavoratori, di formazione circa le procedure da adot-tare per evitare il verificarsi del rischio temuto, dicontrollo sull’effettivo rispetto delle misure di pre-venzione da parte dei dipendenti” (26).Conseguenza ne è che la gestione aziendale dellasalute e sicurezza deve assumere una visione siste-mica, procedimentale, senza che le diverse prescri-zioni normative siano poste in essere isolatamente,alternativamente o momentaneamente: “la valuta-zione dei rischi ed il relativo documento costitui-scono efficaci strumenti al servizio della sicurezza,consentendo la messa a fuoco della situazione peri-colose e, conseguentemente, l’adozione delle ade-guate misure di sicurezza. Ma, con tutta evidenza, levalutazioni e prescrizioni contenute nel detto docu-mento non limitano per nulla la responsabilità deigaranti che, nella maggior parte dei casi, trovano il

loro fondamento prescrittivo nella articolata disci-plina di settore. Le omissioni o carenze del docu-mento non possono per ciò solo far venire meno gliulteriori obblighi datoriali previsti dalla legge. Laconstatazione del rischio impone comunque aigaranti medesimi, nell’ambito delle loro rispettivecompetenze, di adottare le misure appropriate che,giova ripeterlo, riguardavano nel caso di specie laspiegazione dei rischi e l’adozione di procedure ade-guate. Tali apprestamenti sono invece mancati: ilrischio era noto, ma era governato con prassi inap-propriata” (27).Una volta conclusa la redazione documentale,quanto indicato formalmente nel DVR deve perciòtrovare traduzione tangibile nell’adozione dei prov-vedimenti e delle risoluzioni necessari per la tuteladei lavoratori, perché limitarsi “ad individuare ilrischio” specifico “senza poi concretamente adottareprescrizioni idonee a prevenire il suo concretizzarsi eda controllar il rispetto delle norme cautelari” (28)costituisce condotta omissiva per il datore di lavoro.Sulla necessità di aggiornamento del documento divalutazione dei rischi il TUSL è chiaro (e, ad abun-dantiam, anche la Cassazione ribadisce che deveritenersi violazione della normativa non solo“l’omessa redazione del documento di valutazione,ma anche il suo mancato, insufficiente o inadeguatoaggiornamento od adeguamento” (29)), ma comeinterpretare le tempistiche descritte dall’art. 29,comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008? La rielaborazionedeve intervenire “quando si verificano mutamentiorganizzativi o produttivi che hanno ricadute sullasalute e sulla sicurezza dei lavoratori. La normativanon richiede che si tratti di ricadute di particolareimportanza;… è sufficiente che si sia determinato unaumento del rischio perché si imponga un aggiorna-mento dell’analisi del rischio” (30).

Una situazione particolare: la presenzapromiscua di lavoratori

A conclusione, spostando l’attenzione su una casi-stica più limitrofa, appare inedita una interpretazioneriferita ad una ipotesi diversa, ma confinante conquella disciplinata dall’art. 26 del D.Lgs. 81/2008(che, si ricordi, regolamenta la compresenza di

(24) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 2 febbraio 2016,n. 4347.

(25) Cassazione penale, sezione IV sentenza 13 ottobre 2016,n. 43271.

(26)Cassazionecivile, sezione lavoro, sentenza6ottobre2016,n. 20051.

(27) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 8 giugno 2015,n. 24452.

(28) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 9 novembre2015, n. 44793.

(29) Cassazione penale, sezione III, sentenza 28 gennaio 2008,n. 4063.

(30) Cassazione penale, sezione IV, sentenza 2maggio 20165,n. 18200.

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192 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

lavoratori di diverse organizzazioni lavorative in forzadi contratti di appalto, opera o somministrazione).L’obbligo di redazione del documento di valutazionedei rischi assume, infatti, dei termini peculiari“quando in unmedesimo ambiente di lavoro operanostabilmente più lavoratori dipendenti da datori dilavoro diversi e non legati tra loro da alcun rapportodi appalto, di somministrazione o comunque da altro

rapporto giuridicamente rilevante”, per cui “ciascundatore di lavoro è tenuto alla elaborazione del docu-mento di valutazione del rischio. Ove all’esito del-l’elaborazione del documento dovessero risultaresituazioni di pericolo, al datore di lavoro che nonpossa in altro modo intervenire per eliminarle (31)non resta che impedire che in quei luoghi prosegual’attività lavorativa dei propri dipendenti” (32).

(31) Non avendo la disponibilità giuridica del luogo di lavoro(n.d.A).

(32) Cassazione penale, sezione III, sentenza 24 aprile 2015,n. 17119.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 193

Rischio chimico

Esposizione a formaldeide:stato delle conoscenzee linee guida per la prevenzioneGiuseppina Paolantonio - Consulente e formatrice in sicurezza del lavoroe del prodotto (*)

La formaldeide, un pericoloso inquinanteubiquitario

La formaldeide è un contaminante molto diffuso: nonsolo viene estesamente utilizzata in molti processi dilavoro in ambito industriale e non,ma si ritrova anchein ambiente indoor in quanto rilasciata da numerosimateriali e può inoltre formarsi come prodotto diidrolisi di altre sostanze, di degradazione termica enella combustione (è ad esempio presente nel fumo disigaretta e nei fumi dalla cottura di alimenti). Sorgenti

di emissione comuni includono le emissioni dal traf-fico veicolare, i materiali da costruzione, tappeti etessili, rivestimenti, vernici e pitture.Si tratta tuttavia di un agente chimico estremamenteinstabile, che, in seguito a reazioni con altri costi-tuenti dell’atmosfera in cui si trova, può facilmenteoriginare altri composti; in genere dunque si puòritenere che i livelli espositivi in ambitocivileoutdoorsiano contenuti, mentre in ambito indoor possonoraggiungere entità considerevoli (Tabella 1).

Tabella 1 - Livelli di concentrazione di formaldeide in aria rilevati sul territorio nazionale

Contesto Concentrazioni rilevate in aria

ambienti outdoor in contesti urbani concentrazioni medie < 10 μg/m3

ambienti indoor (abitazioni ed edifici pubblici) concentrazioni medie < 40 μg/m3

concentrazioni di picco < 50 μg/m3

ambienti indoor scarsamente ventilati, con emissioni dirette di for-maldeide (es. cottura di cibi, fumo di sigaretta)

concentrazioni medie tra 50 e 100 μg/m3

ambienti di lavoro indoorconutilizzo intenzionaledi formaldeideoconformazionedi formaldeidecomesottoprodotto, in presenzadimisurespecifiche di prevenzione e protezione

concentrazioni medie < 40 μg/m3

ambienti di lavoro indoorconutilizzo intenzionaledi formaldeideoconformazione di formaldeide come sottoprodotto, in assenza di misurespecifiche di prevenzione e protezione

concentrazioni medie > 100 μg/m3

Fonte: gruppo di lavoro ASUR Marche per la Linea di Intervento 6.2 “Cancerogeni occupazionali e tumori professionali” del PianoRegionale della Prevenzione 2014-18, “Esposti ed ex-esposti a formaldeide: prime indicazioni per un’applicazione efficace dellanormativa”, ottobre 2016

La formaldeide (CAS 50-00-0) ha una molecolapiuttosto leggera, dunque la sua tendenza a generarevapori è elevata: il punto di ebollizione si colloca a –21°C ed a temperatura ambiente (20°C) e pressionenormale, in un ambiente chiuso si può raggiungeremolto rapidamente una contaminazione elevata. La

densità dei vapori relativa all’aria è 1,07: ciò significache i vapori della sostanza sono più pesanti dell’aria esi stratificano prevalentemente verso il basso (origi-nando facilmente, inoltre, miscele esplosive in aria).L’assorbimento avviene prevalentemente attraversole vie respiratorie.

(*) [email protected]

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La tossicità acuta del composto è elevata: cometutte le aldeidi, è dotata di potere irritante edallergizzante per la cute e le mucose e l’intossi-cazione acuta può determinare una grave sin-drome bronco-ostruttiva con tosse e dispnea

intensa accompagnata da bruciore oculare edirritazione cutanea. L’inalazione, inoltre, puòindurre anche edema polmonare a causa delleproprietà fortemente aggressive sul tessutopolmonare.

Tabella 2 - Effetti dell’esposizione acuta a formaldeide

effetti riscontrabili concentrazione (mg/m3)

percezione dell’odore (soglia olfattiva) 0.06 - 1.2

irritazione degli occhi 0.01 - 1.9

irritazione della gola 0.1 - 3.1

sensazione pungente agli occhi e al naso 2.5 - 3.7

tollerabilità per la lacrimazione 5 - 6.2

lacrimazione forte che perdura per un’ora 12 - 25

edema, infiammazioni, polmoniti 37 - 60

morte 60 - 125

Il fatto che la soglia olfattiva sia notevolmenteinferiore rispetto alle concentrazioni correlate aglieffetti più gravi non è in sé sufficiente a scongiu-rare i rischi, sia per un effetto di assuefazioneolfattiva comune a tutte le sostanze chimiche,sia perché gli effetti riscontrati possono insorgerecon ritardo: in seguito ad esposizione segnalata èinfatti fortemente raccomandato un periodo diriposo dall’attività di lavoro, sotto osservazionemedica.L’esposizione protratta anche a basse dosi (1ppm)può indurre lesione delle mucose nasali di carat-tere infiammatorio - meccanismo che, se ripetuto,può condurre all’instaurarsi di alterazioni nel fun-zionamento del tessuto. La formaldeide è inoltresensibilizzante sia per la cute che per l’apparatorespiratorio: si tratta di un’azione tossicologica ditipo probabilistico, per la quale quindi non èpossibile definire una affidabile dose-soglia diesposizione.L’intossicazione cronica è caratterizzata da bron-chite, asma bronchiale e sindromi simil-asmatiformi,irritazione oculare persistente, dermatite allergicaper contatto.Gli effetti probabilistici a lungo termine riguar-dano lo sviluppo di cancro nasofaringeale, untumore raro nei paesi sviluppati: su questo

aspetto la IARC (1) ha concluso fin dal 2004per una sufficiente evidenza di cancerogenicitàin base ai dati epidemiologici disponibili sul-l’uomo. Vi sono invece ad oggi limitate, manon assenti, evidenze di cancerogenicità per iltumore delle fosse nasali e paranasali e unaevidenza forte ma non sufficientemente conclu-siva rispetto allo sviluppo di leucemie.

Regolamentazione inerente il rischiooccupazionale da formaldeide

Con l’entrata in vigore al 1° gennaio 2016 del VIATP (2) all’allegato VI del regolamento CLP, laformaldeide in soluzione acquosa (CAS 50-00-0)ha acquisito la categoria Carc. 1B(probabile cancerogeno), con la relativa hazardphrase “H350: può provocare il cancro”,mentre prima era considerata Carc. 2 (sospettocancerogeno); inoltre, le evidenze scientifichehanno condotto a definire la formaldeideanche sospetto mutageno (H341: sospettato diprovocare alterazioni genetiche) per la sua capa-cità di alterare il corredo genetico nellecellule germinali, potendo così condurre allosviluppo di patologie ereditarie nei soggettiesposti.

(1) IARC Monographs – vol. 100F (2) Regolamento 5 giugno 2014 n. 605.

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Tabella 3 - Classificazione ed etichettatura della formaldeide come da allegato VI del regolamento CLP

classificazione di pericolo etichettatura

prima del 1° gennaio2016

Carc. 2 - H351: sospettato di provocare il cancroAcute Tox. 3 - H301: tossico se ingerito; H311: tossicoper contatto con la pelle; H331: tossico se inalatoSkin Corr. 1B - H314: provoca gravi ustioni cutanee egravi lesioni oculariSkin Sens. 1 - H317: può provocare una reazioneallergica della pelle

Pericolo

dal 1° gennaio 2016 Carc. 1B - H350: può provocare il cancroMuta. 2 - H341: sospettato di provocare alterazionigeneticheAcute Tox. 3 - H301: tossico se ingerito; H311: tossicoper contatto con la pelle; H331: tossico se inalatoSkin Corr. 1B - H314: provoca gravi ustioni cutanee egravi lesioni oculariSkin Sens. 1 - H317: può provocare una reazioneallergica della pelle.

Pericolo

Il D.P.R. n. 1124/1965 inerente le patologie profes-sionali tabellate per come aggiornato dal D.M. 9aprile 2008 indicava già questo agente come porta-tore di tumori (voce 43a, tumori del nasofaringe) edi patologie ostruttive delle vie respiratorie, oltreche di dermatiti; mentre il D.M. 11 dicembre 2009riguardante l’obbligo da parte del Medico di denun-cia della patologia contratta da soggetti esposti(come da art. 139 D.P.R. n. 1124/1965), considera

la formaldeide inmodoparticolare alle voci seguentidell’allegato 4:— lista I (malattie la cui origine lavorativa è dielevata probabilità, gruppo 6 voce 40 (tumori delnasofaringe);— lista II (malattie la cui origine lavorativa è dilimitata probabilità), gruppo 6 voce 09 (tumoridelle cavità nasali, tumori dei seni paranasali,leucemie).

Tabella 4 - Malattie professionali tabellate ascrivibili a esposizione a formaldeide denunciate all’INAILnel periodo 2010-2014

patologia 2010 2011 2012 2013 2014

43. malattie da aldeidi

tumori delnasofaringe

1 1 4 (costruzioni) 4 (industria chimica; costruzioni;industrie manifatturiere)

1 (industriaalimentare

dermatite allergicada contatto

2 (sanità) 1 (industriemanifatturiere)

2 (industriadella pelle)

0 1

dermatite irritativada contatto

0 1 (sanità) 0 0 1 (industriemanifatturiere)

trachebronchite 1 0 0 0 1 (costruzioni)

asma bronchiale 0 2 0 3 (industrie manifatturiere) 1 (sanità)

altre malattie daaldeidi

2 (sanità, industriemanifatturiere)

1 (industriatessile)

0 0 1 (industriatessile)

totale 6 6 6 6

Fonte: Banca dati statistica INAIL. Sebbene la numerosità dei casi non sia irrilevante, appare significativa la loro distribuzione nei diversisettori.

Per quanto concerne i valori limite, l’ACGIH(ente di riferimento autorevole, i cui orienta-menti sono recepiti nel contratto collettivodella Chimica) definisce un valore ceiling pari a

0,3 ppm (0,37 mg/m3), valore che non dovrebbemai essere raggiunto in alcun momento dell’atti-vità di lavoro, neanche occasionalmente: ciòtiene conto dell’elevata tossicità acuta della

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formaldeide. L’IDLH (3) è invece fissato in 24,6mg/m3.Nonsonoinvecedefiniti, allo statoattuale,valori limiteoccupazionali di riferimento in ambito europeo (OEL),ma la maggior parte dei valori definiti dai singoli Statimembri si attesta tra 0,37 e 0,6mg/m3; una proposta delcomitato europeo SCOEL (Scientific Committee forOccupational Exposure Limits) del novembre 2015,attualmente alla consultazione delle parti sociali, sug-gerisce di definire un OEL a breve termine (STEL) di0,6 ppm (0,74 mg/m3) e un OEL a lungo termine(TWA) di 0,3 ppm (0,37 mg/m3).La World Health Organization nel documento Airquality guidelines for Europe (2000) ha definito unvalore limite ponderato su 30 minuti pari a 0,1 mg/m3 (0,08 ppm), inteso come LOAEL (Lowest Obser-ved Adverse Effect Level), ovvero il livello più bassoche produce un effetto riscontrabile: al di sotto diquesto valore non dovrebbero verificarsi fenomeniirritativi a naso e gola, eccetto per i più sensibili, e siritiene che tale valore possa essere protettivo ancheverso gli effetti a lungo termine.Si deve ricordare che il valore limite di esposi-zione per sostanze con effetti probabilistici nondefinisce una zona di esposizione sicura, inquanto in tossicologia non è possibile eviden-ziare per questi meccanismi un valore di “noneffetto” (NOAEL), e ciò specialmente per i can-cerogeni genotossici (4) come la formaldeide. Ilconfronto con i valori limite in questi casi è peròcomunque utile per definire l’entità dell’esposi-zione, per il conseguimento di particolari obiet-tivi progressivi di prevenzione e/o per megliodimensionare la sorveglianza sanitaria e il moni-toraggio del rischio, in un quadro di buona pra-tica di igiene industriale. I valori limite definitiper questo tipo di agenti rappresentano dunqueessenzialmente un’indicazione operativa perorientare il livello di prevenzione in base aimigliori standard tecnici, organizzativi e proce-durali disponibili.

Indicazioni di prevenzione

Le Linee Guida del Laboratorio regionale diApprofondimento “Rischio Chimico”, pubbli-cate con decreto 15 novembre 2016, n. 11665,

ripercorrono le evidenze epidemiologiche e tos-sicologiche che indicano la presenza di meccani-smi di cancerogenicità nell’interazione diformaldeide con i sistemi biologici; quindi appro-fondiscono la tipologia di rischio nei settorisanità, plastica, legno, metalmeccanico e fonde-rie; infine forniscono alcune indicazioni per larazionale gestione del rischio da formaldeide,considerando anche l’attuale assenza di valorilimite di riferimento ufficiali a cui ricondurrel’esposizione misurata.Tra i principali interventi di prevenzione per lariduzione dei rischi di tipo cancerogeno mutagenooccorre ricordare:a) eliminare il rischio alla sorgente (sostituzione conprodotti meno tossici) oppure circoscriverlo forte-mente attraverso adozione di ciclo chiuso o impiantiisolati;b) attuare misure volte a captare l’inquinante attra-verso la collocazione di impianti di aspirazione edabbattimento, per quanto possibile in prossimitàdelle fonti di emissione;c) controllare le condizioni operative, in modo par-ticolare la temperatura risulta un elemento crucialeper la volatilità della formaldeide;d) organizzare adeguatamente il processo di lavoro,limitando la necessità di apertura dei contenitori distoccaggio e di produzione, con la conseguente ridu-zione dei vapori emessi in modo diffuso;e) ove vi sia esposizione, disporre l’utilizzo di idoneidispositivi di protezione individuale, nella fattispeciecostituiti da:— guanti in nitrile per lunghe esposizioni, in neo-prene per esposizioni fino a due ore, eventualmenteaccoppiati a creme barriera;— autorespiratori o maschere a pieno facciale confiltro specifico per formaldeide;— visiera o schermo facciale;— tute di lavoro resistenti alla penetrazione deivapori;f) fornire ai lavoratori formazione e informazioneadeguate sui rischi;g) mettere a punto adeguate istruzioni operative perle situazioni che possono comportare rischi nonordinari (guasti, sversamenti, interventi dimanutenzione);

(3) Concentrazione immediatamente pericolosa per la vita: è lamassima concentrazione a cui una persona in buona salute puòessereesposta per 30minuti, senza subireeffetti irreversibili sullapropria salute o senza che gli effetti dell’esposizione ne impedi-scano la fuga.

(4) Sono così definiti gli agenti cancerogeni che agiscono sulcorredo genetico della cellula, danneggiandone i meccanismi

biologici; poiché il meccanismo agente è di tipo stocastico, questiagenti non sono dotati di dose-soglia di azione. Va detto che le Lineeguida definiscono la formaldeide come “cancerogeno genotossicodotatodi soglia di azione” il che rappresenta certamenteun refuso inquanto, come visto, il valore limite per questo tipo di agenti rappre-senta invece un valore definito ai fini pratici di controllo dell’esposi-zione e non certo una soglia di azione.

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h) verificare che tutti i contenitori utilizzati in lavo-razione possiedano i requisiti tecnici e di etichetta-tura previsti dalle vigenti norme;i) stoccare il prodotto in locali freschi, ventilati, alriparo da fonti di calore. Importante lo stoccaggioseparato dagli specifici agenti incompatibili (5), datala possibilità che possano originarsi reazioni violentee composti di elevata pericolosità.Occorrerà in ogni caso adottare cautele igieniche:non fumare, bere o mangiare nei luoghi di lavoroe disporre opportunamente le aree dedicate aimomenti voluttuari quali aree break, aree fumo);lavare le parti esposte (mani, avambracci, volto)dopo ogni contatto, ed anche con l’uso di DPI;effettuare un’accurata pulizia a fine lavoro; prov-vedere alla conservazione separata di indumenticivili e di lavoro (questi ultimi dovranno natu-ralmente essere bonificati a cura del datore dilavoro).Si deve precisare - poiché la Linea guida non è chiarasul punto - che in presenza di un agente cancerogenola valutazione deve preferibilmente essere svolta permisura (metodo diretto) anziché per stima (metodoindiretto). In funzione del livello di esposizione ina-latoria misurato è quindi possibile classificare gliesposti in “classi di livelli di esposizione”.Riferendosi ai valori esistenti e prima esaminati, leLinee Guida individuano in base alle evidenze deimonitoraggi ambientali un possibile criterio di valu-tazione del rischio espositivo, individuando 3 fasce diesposizione - e di rischio - crescenti a cui corrispon-dono le 3 fasce di frequenza dellemisurazioni definitedalla norma UNI 689, i cui risultati - siano essimonitoraggi ambientali e/o personali - sono tracciatinel registro dei dati ambientali, parte integrante delDVR per una puntuale descrizione della storia deilivelli di esposizione. Lo schema proposto è ilseguente:1) ad una concentrazione di formaldeide aerodi-spersa > 0,369 mg/m3 (che corrisponde al OEL-TWA in fase di definizione) si considerano i lavo-ratori indubitabilmente esposti secondo il Titolo IXCapo II D.Lgs. n. 81/2008;2) ad una concentrazione di formaldeide aerodispersacompresa tra 0,184mg/m3 (valore di azione propostodalle Linee Guida, pari alla metà dell’OEL-TWA) e0,369 mg/m3 (OEL-TWA in fase di definizione),occorre ripetere le misure con un intervallo tempo-rale di 16 settimane;

3) ad una concentrazione di formaldeide aerodi-spersa compresa tra 0,1 mg/m3 (valore limite diqualità dell’aria indoor e outdoorproposto dall’OMS)e 0,184mg/m3 (valore di azione), occorre ripetere lemisure con un intervallo temporale pari a 32settimane;4) ad una concentrazione di formaldeide aerodispersainferiore a 0,1 mg/m3 (valore limite di qualità del-l’aria indoor e outdoor proposto dall’OMS), si applicaquanto disposto dal comma 5 art. 236 ovvero èsufficiente procedere con misurazioni triennalidell’esposizione.Ove uno o più lavoratori risultassero esposti a con-centrazioni superiori al valore d’azione in occasionedi almeno due valutazioni consecutive dell’esposi-zione con misura, il medico competente dovrebbeconsiderare di proporre al datore di lavoro l’istitu-zione del Registro di esposizione (come previsto dal-l’art. 243 del D.Lgs. n. 81/2008).Ricordando i limiti prima richiamati dei valorilimite rispetto agli agenti cancerogeni genotossici,si deve tuttavia sottolineare come questo criteriodebba essere inteso come un approccio operativoe non costituire un’indicazione di livelli di espo-sizione sicuri. Le Linee guida non sono sufficien-temente chiare nel merito e sembrano inveceriesumare un concetto di “rischio moderato”pari al 50% del valore limite, quando per i can-cerogeni, come già detto, un simile approccio nonpuò avere alcun valore di prevenzione reale.Meglio sarebbe stato differenziare per fasce diesposizione anziché per fasce di rischio, ad esem-pio individuando (come da orientamento degliigienisti industriali):1) esposti a bassissimi livelli: il livello di esposizionedi questa categoria è paragonabile a quello a cui èesposta la quota di popolazione generale che si col-loca nella coda superiore della curva di distribuzionelog-normale; in assenza di valori limite di esposizioneper la popolazione generale, si può assumere chequesta situazione corrisponda ad una esposizioneinferiore al 30% del corrispondente valore limite diesposizione professionale ponderato sul lungoperiodo (6);2) esposti a bassi livelli: si tratta di lavoratori sicura-mente più esposti della popolazione generale e a ciòcorrisponde un livello di esposizione variabile dal30% al 50% del valore limite di esposizione profes-sionale ponderato sul lungo periodo;

(5) Costituiti nello specifico da agenti ossidanti, acidi, alcali,perossidi, acido performico, ammoniaca, tannino, fenoli, diossidodi azoto, sali di rame, argento e ferro.

(6) Nella fattispecie, ad un’esposizione inferiore al valore limitedi qualità dell’aria indoor e outdoor proposto dall’OMS.

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3) esposti a più alti livelli: l’esposizione è compresanell’intervallo dal 50% al 100% del valore limite diesposizione professionale sul lungo periodo.Questo inquadramento della problematica si rivolgeancora alla gestione operativa del livello di esposi-zione riscontrato: l’obiettivo di questa classificazionesuccessiva alla valutazione dell’esposizione è infatti,come sempre, quello di orientare la riduzione delrischio attraverso l’individuazione di priorità diintervento.In definitiva l’esposizione dovrebbe sempre esseremantenuta ai minimi livelli possibili, come pre-vede il Titolo IX Capo II del TUSL: il datore dilavoro deve adoperarsi attivamente, ricorrendosistematicamente ad adeguate indagini e inter-venti migliorativi, affinché si realizzi un continuoridimensionamento verso livelli sempre più bassi

di esposizione, con l’obiettivo di raggiungere il piùpossibile la condizione di non esposti.

Ambiti di lavoro interessati

L’esposizione occupazionale a formaldeide èestremamente estesa: la IARC nel 2004 citauna stima di più di un milione di lavoratoriesposti a formaldeide nell’Unione Europea. Sem-pre secondo la IARC, elevati livelli di esposi-zione acuta sono riscontrati per patologi elavoratori della carta; livelli inferiori si possonoriscontrare nella manifattura di fibre vetrose, diabrasivi, nell’industria della gomma e nell’indu-stria chimica. Esposizioni estremamente varie sipossono osservare nella produzione di resine eplastiche.

Tabella 5 – Presenza di formaldeide nei processi di lavoro

settore lavorazione modalità

industria chimica sintesi della formaldeide in genere processi a ciclo chiuso o comunque provvisti di elevatistandard tecnologici per il contenimento dei vapori in produzione,trasporto e stoccaggio

preparazione di formulazioni a base diformaldeide

processi i cui standard tecnologici possono essere molto variabili,spesso le carenze si riscontrano negli elementi comportamentali (es.misure igieniche)

formulazione di pitture e vernici processi i cui standard tecnologici possono essere molto variabili,alcune realtà hanno dimensioni artigianali e di conseguenza la dota-zione impiantistica è molto semplice, con ciclo aperto e inadegua-tezzadelle aspirazioni; spesso le carenze si riscontranonegli elementicomportamentali (es. misure igieniche)

industria dellaplastica

produzione di resine fenoliche stampaggio per compressione a temperature tra 100°C e 170°C;processi i cui standard tecnologici possono essere molto variabili,elevata formazione di fumiproduzione di resine amminiche

produzione di resine epossidiche

produzione di resine ureiche

industria degli ade-sivi e sigillanti

produzione di colle ureiche processi i cui standard tecnologici possono essere molto variabili,alcune realtà hanno dimensioni artigianali e di conseguenza la dota-zione impiantistica è molto semplice, con ciclo aperto e inadegua-tezzadelle aspirazioni; spesso le carenze si riscontranonegli elementicomportamentali (es. misure igieniche)

industria degliabrasivi

utilizzo di colle contenenti formaldeide incollaggio e pressatura a caldo in genere in impianti a ciclo aperto;può essere presente compartimentazione ed aspirazione localizzata;spesso le carenze si riscontrano negli elementi comportamentali (es.misure igieniche)

industria del mobile produzione di pannelli in truciolare MDF,nobilitato

pressatura a caldo in genere in impianti a ciclo aperto; può esserepresente compartimentazione ed aspirazione localizzata ma date legrandi dimensioni dei pannelli non è di semplice realizzazione

industria tessile impregnazione dei tessuti per la fissazionedei coloranti

processo in genere a ciclo aperto ed in temperatura, con aspirazionelocalizzata sulle vasche; gli standard tecnologici possono esseremolto variabili, alcune realtà hanno dimensioni artigianali e di conse-guenza la dotazione impiantistica è molto semplice; carenze siriscontrano negli elementi comportamentali (es. misure igieniche)

industria del cuoio edelle pelli

concia processo in genere a ciclo aperto ed in temperatura, con aspirazionelocalizzata sulle vasche; gli standard tecnologici possono esseremolto variabili, alcune realtà hanno dimensioni artigianali e di

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conseguenza la dotazione impiantistica è molto semplice; carenze siriscontrano negli elementi comportamentali (es. misure igieniche)

lavorazionimetalmeccaniche

diversi biocidi (triazine, ossazolidine) pos-sono rilasciare formaldeide durante l’uso, infunzione della diluizione e del pH (7)

processo in genere a ciclo aperto, in assenza di aspirazione o conaspirazione configurata per le nebbie oleose; necessaria la verificadelle SdS e l’eventuale richiesta di informazioni al fornitore

sanità conservazione di pezzi anatomici (servizi diAnatomia Patologica)

appaiono spesso critiche le modalità di trasporto dei campioni e nonsempre la manipolazione avviene sotto aspirazione; non sempre icontenitori sono appropriati (8)

laboratori reagente e solvente in genere prevede l’operatività sotto cappa; elementi critici possonoessere lamanutenzionedelle stessee la conservazione,etichettaturae trasporto di campioni e scarti

terziario stoccaggio di prodotti che emettonoformaldeide

ambienti le cui caratteristiche di ventilazione possono essere estre-mamente variegate; non conoscenza della presenza del pericolo

(7) Le Linee guida riportano un elenco non esaustivo dellesostanze donatrici di formaldeide potenzialmente utilizzate nellaformulazione di fluidi lubrorefrigeranti:- (etilendiossi)dimetanolo (prodotti di reazione di glicole etilenicocon paraformaldeide), CAS 3568-55-8;- 3-cloroallilocloruro di metenamina (CTAC), CAS 4080-31-3;- 2,2′,2′′-(esaidro-1,3,5-triazin 1,3,5-triil) trietanolo (HHT), CAS4719-04-4;- tetraidro-1,3,4,6-tetrachis(idrossimetil) imidazo[4,5-d]imidazol-2,5(1H,3H)-dione (TMAD), CAS 5395-50-6;- N, N′-metilenbismorfolina (MBM), CAS 5625-90-1;- 1,3-bis(idrossimetil)-5,5-dimetilimidazolidin-2,4-dione (DMDMH),CAS 6440-58-0;- 7a-etildiidro-1H,3H,5H-ossazolo[3,4-c] ossazolo (EDHO), CAS7747-35-5;

- (Benzilossi)metanolo,CAS14548-60-8;- α,α′,α′′-trimetil-1,3,5-triazin-1,3,5 (2H,4H,6H)-trietanolo (HPT), CAS 25254-50-6;- 3,3′-metilenbis[5-metilossazolidina] (Ossazolidina/MBO),CAS 66204-44-2;- cloruro di cis-1-(3-cloroallil)-3,5,7-triaza-1-azoniaadamantano(cis CTAC), CAS 51229-78-8.

(8) È opportuno per questo ambito fare riferimento aldocumento “Note relative all’utilizzo della formalina,ri-classificata cancerogena” emanata nel febbraio 2016dalla SIAPEC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica edi Citopatologia diagnostica), inerente i possibili provvedi-menti finalizzati a contenere al minimo livello possibile ladurata ed il livello di esposizione degli operatori alla formal-deide nei laboratori di anatomia patologica delle strutturesanitarie.

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Rischio chimico

VDR da esposizionea formaldeide:un’esperienza ospedalieraMarco Nardini - Responsabile DISPP e Luigia Modonesi - Tecnico LaureatoAzienda Universitaria S. Anna di Ferrara

La valutazione del rischio da esposizione a formaldeide è presentata attraverso l’esperienza dell’azienda USLdi Ferrara e dell’azienda ospedaliera universitaria S. Anna di Ferrara (Dipartimento Interaziendale diPrevenzione e Protezione Azienda USL di Ferrara e Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Anna di Ferrara).

La formaldeide, usi e rischi

La formaldeide è un gas incolore, volatile, dall’o-dore pungente, irritante per le mucose e tossico(formula chimica CH2=O), appartenente allavasta famiglia delle aldeidi; a temperaturaambiente è presente sia in forma gassosa cheliquida. Si forma facilmente durante i processidi combustione incompleti e quindi avvenuti indifetto di ossigeno. In soluzione acquosa al 37% ècommercialmente nota anche con il nome diformalina o formolo.Questa aldeide presenta notevoli problematichelegate alle sue proprietà chimico-fisiche (alta reatti-vità e volatilità), tossicologiche e alla suacancerogenicità.In ambito sanitario, la formalina è stata sinorautilizzata in sedi diverse: poliambulatori, sale ope-ratorie, laboratori, Servizi di AnatomiaPatologica.A livello internazionale la formalina èutilizzata per lafissazione e la conservazione dei tessuti ed è conside-rata il fissativo ideale per numerosi motivi:• è facilmente reperibile;• ha basso costo;• mantiene inalterata la morfologia cellulare e l’ar-chitettura del tessuto;• non si altera (se tenuta a temperatura ambiente eprotetta dai raggi solari diretti);• ad oggi non esiste sul mercato un prodotto analogoe sostitutivo;• tutti i protocolli relativi alle indagini istochimiche,immunoistochimiche e molecolari, comprese le analisi

condotte su patologie neoplastiche a fini prognostico-predittivi, sono attualmente standardiz zati su tessutifissati in formalina.Anche nelle strutture ospedaliere di Cona e diFerrara e provincia, la formalina è utilizzata inconsiderevoli quantità e con elevata frequenza,soprattutto nei laboratori di Anatomia Patologicama anche nei Blocchi Operatori e neiPoliambulatori.L’attività lavorativa quotidiana prevede l’analisi ela valutazione di campioni anatomici, a volteanche di notevoli dimensioni, fissati informaldeide.Le analisi di questi campioni anatomici sono svoltetotalmente nei laboratori di Anatomia patologica ,reparto dotato di attrezzature e apparecchiature disicurezza per la manipolazione di campioni fissati informaldeide (cappe chimiche di aspirazione).Negli altri reparti, invece, (blocchi operatori,poliambulatori, ecc.), si prelevano parti di tessutoo di organo da inviare fissati e conservati in for-maldeide, ai laboratori di Anatomia Patologica.Per far ciò si sono sempre utilizzati contenitoripreriempiti di formaldeide di vario volume.L’unico rischio cancerogeno di natura chimica pre-sente nelle nostre Aziende Sanitarie è rappresentatoproprio dall’utilizzo della formaldeide recentementeclassificata dalla IARC come sostanza cancerogenain Categoria 1/B.La valutazione del rischio avviene attraverso la veri-fica dei requisiti previsti per gli ambienti di lavoro,dalle modalità di impiego, dalle condizioni operativee tramite il monitoraggio ambientale e personale.

VDR in pratica

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La formaldeide: classificazione IARC

Con l’inizio del 2016 la formaldeide viene conside-rata ad ogni effetto come agente cancerogeno 1/BH350 (Regolamento UE n. 605/2014 del 5 giugno2014 modificato dal Regolamento UE n. 491/2015del 23 marzo 2015). Di conseguenza, ove la formal-deide sia presente e ci siano lavoratori esposti (labo-ratori, sanità, industria, cosmetica, ecc.), bisogneràprocedere con l’aggiornamento del documento divalutazione del rischio secondo le indicazioni delTitolo IX del D.Lgs. n. 81/2008 e dare corso a tuttigli obblighi previsti (sistemi chiusi, eliminazione oriduzione del rischio, registro degli esposti, sorve-glianza sanitaria, informazione e formazione, ecc.).Categorie di pericolo e indicazioni di pericolo:• Carc. 1B H350: può provocare il cancro;•Muta. 2 H341: sospettato di provocare alterazionigenetiche;• Acute Tox. 3 H301: tossico se ingerito;•Acute Tox. 3 H311: tossico a contatto della pelle;• Acute Tox. 3 H331: tossico se inalato;•SkinCorr. 1BH314: provoca gravi ustioni cutaneee gravi lesioni oculari;• Skin Sens. 1 H317: può provocare una reazioneallergica cutanea.

Utilizzi della formaldeide e problemicorrelati alla salute

La formaldeide è utilizzata per le sue proprietà batte-ricide, fissative, per l’alta solubilità in acqua. Per lasua capacità reattiva con altre sostanze è adoperatacon larghissimo impiegonella fabbricazionedi: resinesintetiche, colle, solventi, conservanti, disinfettantie deodoranti, detergenti, cosmetici, tessuti e nell’in-dustria alimentare. Inoltre, la formaldeide è presentenel fumo di sigarette, si forma dai processi di combu-stione, la troviamo nei cibi o come prodotto didegradazione di frutta e ortaggi o perché è utilizzatacome conservante alimentare con la sigla E240 edE239. Oltre alla formaldeide “esterna”, è utile ricor-dare che negli esseri umani è presente anche unaformaldeide “interna” utilizzata per la formazionedelle purine, la tiamina e alcuni aminoacidi.Gli effetti all’esposizione alla formaldeide si tradu-cono nei sintomi più frequenti che sono: irritazioneoculare, dellemucose orali e della pelle.Altri sintomiche possono manifestarsi sono costituiti da cefalea,stanchezza e tosse soprattuttonei lavoratori sofferentidi broncoreattività (es. asma). Oltre alla dermatite

irritativa, la formaldeide è causa anche di dermatiteallergica da contatto.In merito agli effetti irritativi, nella popolazionegenerale è stato riscontrato che l’esposizione cutaneaa concentrazioni di formaldeide in soluzione, nell’or-dine dell’1-2% (10-20 g/litro), è in grado di causareirritazione cutanea, mentre nei soggetti sensibilizzatialla formaldeide la comparsa della dermatite allergicada contatto può manifestarsi a concentrazioni diformaldeide di 0,03%.Inoltre, alcuni studi riportano che tra 0,75 e 3 ppm(0,92 3,7 mg/m3) la proporzione di lavoratori chepossono accusare una moderata irritazione a occhi,naso e gola attribuita alla formaldeide è tra 1,6 e14,9%, mentre altri studi riportano un decrementoin alcuni parametri della funzionalità respiratoria inalcuni lavoratori esposti a concentrazioni di formal-deide superiore a 2 ppm.Gli effetti cronici, così come per gli effetti acuti,possono manifestarsi con sintomi e alterazioni acarico delle mucose della cute e dell’apparatorespiratorio.Gli effetti sulla salute più temibili sono quelli di tipocancerogeno.Lo IARCinmerito alla correlazione traformaldeide e alcuni tumori ha concluso:— tumore del rinofaringe: i risultati degli studi forni-scono evidenza epidemiologica sufficiente a dimo-strare che la formaldeide causi il tumore delrinofaringe nell’uomo;— leucemie: il gruppo di lavoro ha concluso che c’èforte ma non sufficiente evidenza di una relazionecausale tra leucemia ed esposizione a formaldeide;— naso-sinusali: il gruppo di lavoro ha concluso chec’è solo un’evidenza epidemiologica limitata che laformaldeide causi il tumore naso-sinusale nell’uomo.Di seguito elenchiamo i livelli di esposizione da nonsuperare:— SCOEL propone un TLW TWA di 0,2 ppm e unTLV STEL di 0, 4 ppm;— ACGIH propone un TLV ceiling di 0,3 ppm(0,37 mg/mc);—NIOSHproponeun0,016ppm(0,02mg/mc)RELTWA (recommended exposure limit), 0,1 ppm(0,123 mg/mc) TLV ceiling su 15 minuti.Il limite dello SCOEL (1) tiene in considerazione ilrischio cancerogeno; dato che appare critico lo sti-molo alla proliferazione cellulare dovuto all’irrita-zione delle alte vie respiratorie, suggerisce livelli al disotto dei quali non è atteso alcun effetto sistemico perla formaldeide. Il limite dell’ACGIH (2) consiglia la

(1) Scientific Committee on Occupational Exposure LimitValues.

(2) American Conference of Governmental IndustrialHygienists.

VDR in pratica

202 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

concentrazione che non dovrebbe essere superataneanche per un istante e considera gli effetti tossi-cologici. Il limite NIOSH (3) prende in considera-zione il rischio cancerogeno.La riclassificazione della formaldeide dal gennaio2016 prevede degli ulteriori obblighi normativi cheper ilmedico competente si traduce dal titolo IX capoII “Protezione da agenti cancerogeni e mutageni” delD.Lgs. n. 81/2008 e dal D.M. della Salute 12 luglio2007 che stabilisce le seguenti responsabilità per ilmedico competente:— nei casi per i quali la valutazione del rischio haevidenziato un pericolo per la salute dei lavoratorideve attivare la sorveglianza sanitaria, deve fornire ailavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianzasanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardoall’opportunità di eseguire accertamenti sanitarianche dopo la cessazione dell’attività lavorativa;— deve provvedere ad istituire e aggiornare unacartella sanitaria e di rischio;— deve curare la tenuta del Registro degli agenticancerogeni che è istituito dal datore di lavoro;— deve trasmettere all’INAIL la cartella sanitaria edi rischio unitamente alle annotazioni individualicontenute nel Registro in caso di cessazione delrapporto di lavoro di un dipendente.Sia il Registro che la cartella sanitaria e di rischiodevono essere costituiti obbligatoriamente da foglilegati e numerati progressivamente. Il Registro deveessere trasmesso entro 30 giorni dalla sua istituzionedal datore di lavoro in busta chiusa e siglata dalmedico competente in copia all’INAIL e all’organodi vigilanza.In merito alla cartella sanitaria e di rischio, essa deveessere conforme alla cartella sanitaria e di rischiodell’Allegato 2 del D.M. Salute 12 luglio 2007n. 155. Dato che i lavoratori possono essere esposti,oltre alla formaldeide, anche ad altri rischi per cuivige l’obbligo della sorveglianza sanitaria, e tenendoconto che è imprescindibile utilizzare la cartella sani-taria e di rischio disposta dal D.Lgs. n. 81/2008, ilmedico competente può scegliere le seguenti opzioni:— istituire due cartelle sanitarie e di rischio diverse,una per i rischi “non cancerogeni”, una per l’esposi-zione alla formaldeide;— utilizzare un’unica cartella sanitaria e dirischio, ma sempre che vi siano comunqueinclusi i dati e le notizie indicati nell’Allegatostesso. In questo caso è possibile utilizzare lacartella sanitaria e di rischio conforme

all’Allegato 3 A del D.Lgs n. 81/2008 e s.m.i.integrata con i dati supplementari contenutinell’Allegato 2;— utilizzare cartelle computerizzate con i requisitirichiesti dalla normativa.Nel caso di lavoratori esposti contemporaneamente aradiazioni ionizzanti e ad agenti cancerogeni per iquali è istituito il documento sanitario personale aisensi dell’articolo 90delD.Lgs. 17marzo 1995, n. 230e s.m.i., il predetto documento va integrato con leinformazioni previste nel modello di cui all’Alle-gato 2.Per il datore di lavoro vige l’obbligo di provvedereall’adeguamento del documento di valutazione deirischi con l’applicazione di quanto previsto dal titoloIX - Capo II del D.Lgs. n. 81/2008.

Modalità di impiego nelle strutturesanitarie ospedaliere

L’impiego della formaldeide nelle strutture sani-tarie ospedaliere prevede, da parte dell’operatore,l’apertura del contenitore preriempito (vengonoutilizzati contenitori di diverse volumetrie) perl’introduzione del materiale biologico e lasuccessiva chiusura del contenitore. L’operazionerichiede un tempo di esecuzione di pochisecondi. Per campioni biologici di una certaconsistenza volumetrica (ciò succede raramente)invece si procede al riempimento del contenitorecon formaldeide contenuta in una tanica, quindi,in quest’ultimo caso, la tecnica utilizzata è quelladel travaso che comporta una maggioresposizione del personale sanitario. Questametodologia è usata solo dal personaledell’anatomia patologica del nuovo ospedale diCona e sotto cappa di aspirazione di tipochimico.L’operatore che manipola formaldeide non deve faruso di cosmetici, non deve indossare orologi, collaneeanelli, nondeveconsumare cibi ebevandenel luogodi utilizzo della formaldeide, deve indossare i DPIprescritti, deve seguire le procedure di utilizzo insicurezza, lavarsi le mani con acqua e sapone primae dopo l’uso del prodotto (applicare la procedurarelativa al lavaggio delle mani), utilizzare questaaldeide in ambienti ben aerati e ventilare il localeal termine delle operazioni.La formaldeide va mantenuta nella sua confezioneoriginale, lontano dai raggi solari diretti, da fonti dicalore e fiamme libere.

(3) The National Institute for Occupational Safety and Health.

VDR in pratica

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 203

I recipienti devono essere mantenuti sempre benchiusi e lontano da materiali incompatibili (acidi,alcali, forti ossidanti e forti riducenti, ecc., vedischeda di sicurezza).In caso di spandimento accidentale nelleUnitàOpe-rative per la bonifica viene utilizzato il materialeadsorbente per liquidi versati, in uso presso tutti iPresidi Ospedalieri.La manipolazione in sicurezza della formaldeide sirealizza fondamentalmente attraverso un approcciointegrato tra vari aspetti:• organizzativo-gestionali - centralizzazione delleattività;• utilizzo di appropriati DPI;• adozione di procedure e protocolli adeguati;• corretto smaltimento dei rifiuti;• formazione continua del personale;• sorveglianza sanitaria;

• valutazione del rischio da esposizione aformaldeide.È su questo ultimo punto che ci soffermeremoparticolarmente in questa pubblicazione che verteràproprio sulla valutazione del rischio da formaldeide acui è esposto il personale sanitario nell’Azienda USLdi Ferrara e nell’Azienda Ospedaliero-UniversitariaS. Anna di Ferrara.

La valutazione del rischio agenticancerogeni/mutageni

Per una prima valutazione del rischio da esposizione aformaldeide si è studiata una scheda di rilevazionedati che ha costituito lo strumento per ottenereinformazioni relative alle condizioni di lavoro ditutte le Unità Operative ospedaliere che impieganoformaldeide.

Scheda rilevazione dati

SCHEDA RILEVAZIONE DATI

Unità Operativa _________________________________________

Nome commerciale Scheda di sicurezza Note

Formaldeide si

Sostanza/preparato

Contenitori utilizzati eloro volume

Sostanza utilizzata intanica

Numero e qualifica lavo-ratori esposti Misurazione esposizione

DATI GENERALI

Attività lavorative Motivo dell’impiego Agente utilizzato Opeatori addetti

Inserimento biopsia nelcontenitore

Conservazione del campione formaldeide n. infermieri/n. medici/n.biologi/n.oss

Estrazione del campionedal contenitore

Analisi del campione biologico formaldeide n. infermieri/n. medici/n. biologi

SOSTITUZIONE E RIDUZIONE

Sostanza/preparato

È tecnicamente possibile evitare l’uso sosti-tuendo la formaldeide con un prodotto cherisulta non nocivo o meno nocivo per la

salute e la sicurezza dei lavoratori?

È tecnicamente possibile ridurre l’uso?

Formaldeide al % SI/NO SI/NO

SISTEMA CHIUSO - ESPOSIZIONE

Sostanza/preparato Utilizzazione in un sistema chiuso Livello di esposizione ridotto al più bassovalore tecnicamente possibile

Formaldeide al % SI/NO SI/NO

MISURE TECNICHE, ORGANIZZATIVE E PROCEDURALI

Modalità di utilizzo Conformità dell’utilizzo

VDR in pratica

204 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Forma e volume dei contenitori o utilizzodelle taniche

Quantitativi impiegati non superiorialle necessità delle lavorazioni

Quantità accumulata superiore allanecessità

Limitazione al minimo possibile deilavoratori esposti

Lavorazioni in aree predeterminate

Servizi igienici e spogliatoi appropriati

ATTIVITÀ LAVORATIVE

Fase della procedura Tipo di esposizione Misure di prevenzione e protezione attuate

Inserimento campione biologico nelcontenitore

Inalazione, contatto accidentale, sversamento,travaso

Contenitori chiusi monodose, contenitori chiusicon serbatoio nel tappo, attrezzature per il man-tenimento in formaldeide automatizzate

CARATTERISTICHE DELL’AREA DESTINATA ALL’ATTIVITÀ LAVORATIVA

Provvista di adeguata segnaletica di sicurezza SI/NO

Accessibile solo ai lavoratori che manipolano formaldeide SI/NO

Divieto di fumare, mangiare, bere, usare pipette a bocca e applicare cosmetici SI/NO

Assenza di emissione di agenti cancerogeni o mutageni in atmosfera SI/NO

Se la risposta è SI, presenza di un’aspirazione localizzata il più vicino possibile alla fonte diemissione SI/NO

Ambiente di lavoro con un numero adeguato di ricambi ora SI/NO

Misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l’efficacia delle misure e per individuare leesposizioni anomale

SI/NOSe SI notificare i risultati

Regolare e sistematica pulizia dei locali SI/NO

Procedure e istruzioni operative da mettere in atto nelle normali situazioni di lavoro ed in caso diemergenza

SI/NOSeSI indicare la documentazione

di riferimento

Agenti cancerogeni (formaldeide) sono conservati, manipolati e trasportati in condizioni di sicurezza SI/NO

La raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento della formaldeide avviene in condizioni disicurezza SI/NO

Le attrezzature, i contenitori e gli imballaggi che contengono formaldeide sono etichettati in manierasicura SI/NO

CARATTERISTICHE DEI DPI

Tipologia Dichiarazione di conformità Scheda informativa

Kit per l’emergenza

Maschera FFP2

Camice in TNT

Visiera

Guanti

INFORMAZIONE E FORMAZIONE

Presenza della scheda di sicurezza nelle unità operative che utilizzano formaldeide SI/NO

Conoscenza relativa ai rischi per la salute e la sicurezza connessi al suo impiego SI/NO

Individuazione delle precauzioni da prendere per evitare al minimo l’esposizione SI/NO

Elenco delle misure igieniche da osservare SI/NO

VDR in pratica

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 205

Elenco dei DPI da impiegare durante l’uso della formaldeide e loro corretto impiego SI/NO

Percorso di formazione per prevenire infortuni e le misure da adottare SI/NO

Informazione e formazione fornita agli operatori prima di essere adibiti ad una nuova attivitàche comprende l’uso di formaldeide SI/NO

Programmazione della formazione SI/NO

EVENTI NON PREVEDIBILI E INFORTUNI

Kit per l’emergenza SI/NO

Studio di appropriate misure per identificare e rimuovere la causa dell’evento SI/NO

Informazione a tutti i lavoratori SI/NO

Informazione: RLS, Dirigente, Preposto,DISPP, medico competente SI/NO

Studio e valutazione degli infortuni avvenuti SI/NO

Comunicazione agli organi di vigilanza SI/NO

Verifica della conformità e utilizzo dei DPI SI/NO

Queste check list sono state somministrate a tutte leunità operative aziendali che prevedono l’uso diformaldeide al fine di verificare puntualmente lemodalità di utilizzo, i carichi di lavoro, gli operatoricoinvolti e le eventuali criticità operative.Preventivamente, in collaborazione con la farmaciaospedaliera, si è valutato il consumo di contenitoripreriempiti in base al loro volume e alla quantitàannuale impiegata per le diverse Unità Operative.Questa raccolta puntuale ed importante di informa-zioni ha dato origine ad una prima valutazione delrischio di esposizione a formaldeide.Le Unità Operative dove si usano contenitori pre-riempiti di diversovolumedi formaldeide sono: endo-scopia digestiva, piastre operatorie, centri salutedonna, day surgery e poliambulatori, ecografia inter-ventistica, medicina legale, senologia, anatomiapatologica, radiologia vascolare.Solo nelle piastre operatorie ed in medicina legalevengono impiegati contenitori preriempiti di volumesuperiore ai 60/80 ml.

Valutazione del rischio da esposizionealla formaldeide tramite monitoraggiambientali e personali

La valutazione dell’esposizione, che venga con-dotta attraverso monitoraggio ambientale opersonale, ha come scopo prevalente l’identifi-cazione delle sorgenti e delle modalità di inqui-namento da formaldeide negli ambienti dilavoro, sulle quali intervenire con tutti gli stru-menti di cui oggi si dispone. Inoltre, attraverso idati ottenuti è possibile verificare se i dispositivi

di protezione impiegati (individuali e collettivi)sono, in termini preventivi, opportuni edefficaci.Il continuo miglioramento delle tecniche anali-tiche ha permesso di disporre di dati analiticiaccurati, anche per esposizioni molto contenute,permettendo così di valutare l’entità dell’esposi-zione in un numero sempre maggiore disituazioni.Da queste prime considerazioni e dalla valuta-zione dei risultati delle check list, nella qualevenivano messi in luce i livelli di rischio piùeclatanti da esposizione a formaldeide, si è pen-sato di fare dei monitoraggi mirati all’esposizioneambientale e personale.Non risulta facile la scelta di una procedura dicampionamento per questo tipo di aldeide edopo un attento studio su quello che l’esperienzascientifica offriva si è scelto il monitoraggiotramite “Radiello Rad 165” che altro non sonoche campionatori passivi specifici per questaaldeide.I Radiello sono stati posizionati nelle strette vici-nanze delle cappe chimiche nei laboratori di anato-mia patologica, negli armadi ventilati atti allaconservazione dei campioni, nel locali accettazione,ecc., per quel che riguarda il campionamentoambientale mentre per il campionamento personalesi è scelto di posizionare i Radiello vicino alla boccaed al naso (vie respiratorie) dell’operatore che operasotto cappa di aspirazione. Le analisi sono poi statecondottedai laboratori accreditatiARPAdell’EmiliaRomagna.

VDR in pratica

206 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Rivista mensile Anno XXI – Aprile 2017 – Direzionee Redazione Strada 1 Palazzo F6 20090 Milanofi ori - Assago 4/2017

ISLIgiene

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17

EMANATA LA REGOLATECNICA ANTINCENDIOPER LE AUTORIMESSEAntonio Cappa

SommarioIl nuovo decreto e il Codice di prevenzione incendi........................................................................................... III

La regola tecnica antincendio per autorimesse ................................................................................................... III

Applicazione del Codice: alcune ipotesi concrete............................................................................................... III

1) Dati .................................................................................................................................................................................. III

2) Strategia......................................................................................................................................................................... IV

D.M. Interno 21 febbraio 2017 Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi per leattività di autorimessa. (G.U. n. 52, 3 marzo 2017, Serie Generale) ......................................................... V

Art. 1. Nuove norme tecniche di prevenzione incendi per le attività di autorimessa ............................ V

Art. 2. Campo di applicazione ..................................................................................................................................... V

Art. 3. Modifiche al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 e successive modificazioni ... V

Art. 4. Norme finali.......................................................................................................................................................... V

Allegato - Regole tecniche verticali .......................................................................................................................... VI

MILANOFIORI ASSAGO, Strada 1, Palazzo F6, Tel. 02.82476.090

Emanata la regola tecnica antincendioper le autorimesse

Antonio Cappa - Ingegnere, Tecnico specialista in prevenzione incendi

Il nuovo decreto e il Codice di prevenzioneincendiEntrato in vigore il 3 aprile, il D.M. Interno 21 febbraio2017hadefinito specifichemisure tecnichedi prevenzioneincendi per le attività di autorimessa, nell’ambito dellenorme tecniche di cui al D.M. Interno 3 agosto 2015 (1),vigente dallo scorso 20 novembre 2015, comunementenoto come “Codice di Prevenzione Incendi”.Motus in fine velocior. Si percepisce quasi d’istinto che lachina è imboccata e si accelera nella direzione della incor-porazione in un Testo Unico delle capacità di progetta-zione antincendio. Il Codice già in origine ha previsto laSezione V - Regole tecniche verticali - contenendo dasubito le “Aree a rischio specifico - V1”, “Atmosfereesplosive - V2”, ed esordendo subito con i parallelismiverso i decreti ministeriali già esistenti con “Ascensori -V3” che affianca il D.M. 15 settembre 2005.Si è proseguito poi col capitoloV4 (aggiunto dall’art. 3 delD.M. 8 giugno 2016 (2)) per gli uffici, e col capitolo V5(aggiuntodall’art. 3delD.M.9agosto2016 (3)) per attivitàricettive turistico-alberghiere. Ed eccoci al capitolo V6,autorimesse.

La regola tecnica antincendioper autorimesseCome già anticipato (4), il capitolo autorimesse era ingestazione da tempo, stante la vetustà della norma (chepur sempre resta in vigore), il D.M. 1 febbraio 1986. Scopodell’articolo è proprio una veloce comparazione delle duesoluzioni oggi percorribili.Attenzione al campo di applicazione: il nuovo decretovale solo per autorimesse di superficie superiore a300 m2 e quindi soggette a prevenzione incendi. Perautorimesse più piccole vale ancora e sempre ildecreto del 1986, “spaccato” tra l’altro a metà traautorimesse fino a nove posti auto e oltre. Molto

interessante anche il fatto che non sono autorimessele aree ove l’accesso ai box avviene da spazio sco-perto (e questo era già previsto), ma anche se la partecoperta, prima di raggiungere il box, è pari al mas-simo a due volte l’altezza libera (e questa è unanovità).Lo stesso vale anche per spazi destinati all’esposi-zione, alla vendita o al deposito di veicoli provvisti diquantitativi limitati di carburante per la semplicemovimentazione nell’area (per esempio nelle indu-strie del settore automobilistico per testing). In questicasi, di nuovo, potrà trovare applicazione il vecchiodecreto.Le definizioni si ricalcano, val la pena notare però che unaautorimessa sarà “aperta” se presenta (in entrambi i casi)almeno aperture permanenti pari al 15%della superficie inpianta, ma non c’è più il requisito del 60% delle superficidelle pareti. Inoltre avremo autorimesse pubbliche, pro-vate o autosilo, in quattro categorie di superficie di com-partimento, in quattro categorie di altezza. Ed all’interno, ilocali di servizio sono anch’essi classificati.

Applicazione del Codice: alcune ipotesiconcrete

1) DatiRischio vita: da scegliersi secondo capitoloG3delCodice,e quindi A (gli occupanti sono in stato di veglia ed hannofamiliarità con l’edificio - autorimessa privata) oppure B(gli occupanti sono in stato di veglia e non hanno familia-rità con l’edificio - autorimessa pubblica).Velocità di crescita incendio delta alfa: 2 (vedere tabellaG.3.2 eG.3.3, automobili esplicitamente riportate).Quindirischio vita complessivo A2 oppure B2.Rischio beni: se l’opera non è strategica (quasi impossi-bile) e non è tutelata (idem), consideriamo

Rbeni = 1.

(1) V.M.Mazzaro e G. Turturici, Il nuovo codice di prevenzioneincendi, in ISL, 2015, 12, Inserto.

(2) V. A. Cappa, Emanata la regola antincendio per gli uffici, inISL, 2016, 10, 488.

(3) V. A. Bosco, La resistenza al fuoco delle strutture turistico-alberghiere e il carico d’incendio, in ISL, 2016, 11, 545.

(4) In ISL, 2011, 12, 816.

Inserto

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 III

2) StrategiaReazione al fuoco: il D.M. 1 febbraio 1986 segnala solo lanon combustibilità (3.4.1). Il Codice (V.6.5.1) chiede perl’area di manovra TA almeno una prestazione di livello II(prestazione dei materiali GM3) e per auto silo GM0. Ilgruppo di materiali GM0 e costituito da tutti i materialiaventi classe 0 di reazione al fuoco italiana o classe A1 direazione al fuoco europea (vedi capitolo S 1.5). Invece laprestazione GM3 richiede, per esempio, almeno un valore

C–s1,d0.Resistenza al fuoco: il D.M. 1 febbraio 1986 chiede unaprestazione R/EI 90 (portanti e separanti dello stessoedificio), e EI 180 per autosilo e una serie di attivitàsoggette. Inoltre sono richieste prestazioni EI120 versoscale interne e condomini. Il Codice (V.6.5.2), se l’auto-rimessa non è isolata, prevede 30 o 60 per autorimesseaperte fuori terra o interrate, 60 fino a 24 m e 90 oltre,abbassando quindi le richieste. L’autosilo avrà divisioninon portanti EI120 e struttura calcolata direttamente comeda capitolo S.2. Sulle isolate altro non si dice, quindi siprenderà nuovamente il capitolo S.2.Compartimentazione: il D.M. 1 febbraio 1986, in basealle caratteristiche fuori terra o interrato, aperta o chiusa,mista o isolata, prevede superfici da 7.500 m2 a 1.500 m2.Sono richieste, fino a 40 autovetture, porte tagliafuoco percomunicazioni con altri locali (e anche filtro per diverseattività soggette a prevenzione incendi), e filtro oltre le 40autovetture.IlCodice chiede compartimentodistintoper locali tecnici edepositi oltre 25 m2 o oltre 300 MJ/m2, ed inoltre solo seprivate, tra –6 m e 12 m e di superficie fino a 1.000 m2.Possono esservi comunicazioni con altre attività solo confiltro, e con altre vie di esodo aperte al pubblico solo confiltro a prova di fumo. Autorimesse pubbliche fino a 32 mdi altezza e 1.000m2di superficie possono comunicare conattività non aperte al pubblico solo con varchi con serra-menti di classe almeno E30-Sa, cioè con tenuta al passag-gio gas a temperatura ambiente (produttori di porte,attrezzarsi!). Per la dimensione massima del comparti-mento, dato un livello di prestazione II per capitolo S.3,si esaminerà la tabella S.3.4. Per esempio, una autorimessaprivata fino a 12mnon presenta limite, e una provata B2 distessa altezza 32.000 m2!Esodo: ilD.M.1 febbraio1986prevede0,1persone/m2perautorimessa non sorvegliata (la quasi totalità) con 40m(50m se con impianto di spegnimento) lineari di percorso finoa luogo sicuro o alla pubblica via. Servono almeno dueuscite, salvo che non vi sia al massimo percorso di 30m. IlCodice andrà applicato per il capitolo S.4, livello I. Il luogosicuro però è definito come spazio scoperto con irraggia-mento inferiore a 2,5 kW/m2 (sarà interessante lo sviluppodei calcoli), rispetto alla classica definizione in uso, ecomunque distante almeno l’altezza del fabbricato. Ladensità è pari a 2 persone per posto auto, quindi sensibil-mente diversa. Attenzione, se vi è scala d’esodo aperta(quindi nonprotetta, non a prova di fumo, non esterna), vi èobbligo di rilevazione incendio. Fino a 50 persone perB2 efino a 100 per A2 sarà possibile avere anche una sola via difuga (prestando attenzione al massimo percorso cieco),oltre si procederà sempre col criterio dell’indipendenza. Ipercorsi però perA2 arrivano a 70meperB2 a50m,moltopiù semplici quindi da ottenere.

Gestione della sicurezza: il Codice riprende l’obbligo diparcheggio fuori terra per auto aGPLnon dotate di sistemadi sicurezza conforme al regolamento ECE/ONU 67-01, esolo al primo interrato (–6 m) se ce l’hanno. I profili A2potranno accedere al livello I di prestazione, i B2 al livelloII (e quindi servirà il piano per il mantenimento nel tempodel livello di sicurezza).Controllo dell’incendio: il D.M. 1 febbraio 1986 prevedeestintori (uno ogni 5 auto fino a 20 auto, poi uno ogni 10auto fino a 200 auto, poi uno ogni 20), idranti (oltre 50 autofuori terra e primo interrato, oltre 30 auto se sotto il primointerrato), impianto di spegnimento automatico oltre ilsecondo interrato, quarto fuori terra e auto silo.Il Codice prevede per autorimesse private e pubbliche finoa 24m e fino a 1.000m2 è sufficiente il livello II (estintori,calcolati sulla superficie e non sulle auto), se più alte o oltrei 1.000m2 (fino a 5.000m2) e fino a 24m livello III (idranticome da norma UNI 10779 con prestazione indicate intabella V.6.3), sopra i 5.000 m2 o fino a 5.000 m2 ma oltre24 m livello IV (sistema automatico di controllo o estin-zione per parti dell’attività debitamente valutate), per autosilo livello V (sistema automatico di controllo o estinzionedella intera attività)Rivelazione ed allarme: il nuovo decreto nulla dice,quindi si procede col paragrafo S.7. In larga misura percategoriaB2 si avrà un livello II, per categoriaA2 invece sipotrà avere un livello I (privata, tra –5 m e 12 m, non oltre4.000 m2, basso carico di incendio) o un livello II. Per illivello I si procederà con sole procedure di emergenza. Peril livello II sarà richiesto un impianto di controllo e segna-lazione (anche manuale).Controllodi fumi e calore: ilD.M.1 febbraio 1986 chiede1/25 della superficie in pianta come superficie aerante, conun fattore 0,03 di aperture permanenti. La ventilazionemeccanica è integrativa, oltre determinate soglie diparcamento.Il Codice prevede livello II di prestazione per auto-rimesse fuori terra, e II o III per le interrate (autosilosempre III). Per livello II le aperture di aerazionepossono essere permanenti o apribili anche manual-mente, ma il nuovo decreto richiede il livello SE3 percui il 10% (quindi fattore 0,1) sarà permanente o(questa è una novità) apribile automaticamente perasservimento ad impianto rilevazione, o ad aperturamanuale da zona protetta. Ovvero pare possibile nonaver aperture per forza permanenti, garantendo quindi(ove servisse) una temperatura più gestibile all’interno.Raggio di influenza per aperture non permanenti oautomaticamente apribili 20 m (quindi due di essepossono stare a distanza 40 m), e 30 m per i tre casisopra citati.Operativitàantincendio: non riportatanelnuovodecreto,quindi si procede Codice alla mano. Avremo livello II diprestazionema solo per edifici fino a 12m, fino a 4.000m2

di superficie, non aperti al pubblico (densità massima0,2 persone/m2), carico di incendio specifico fino a 600MJ/m2, altrimenti livello III. Per il livello II si chiede dipoter far accostare imezzi di soccorso agli accessi dei pianidi riferimento ed entro 50metri di distanza. Per il livello IIIinoltre sono necessari una colonna a secco in assenza direte idranti interna eun idranteda300 l/minentro500metridall’attività.

Inserto

IV Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Impianti tecnologici e di servizio: per entrambi idecreti si opera attraverso progettazione e dichiara-zione di conformità secondo D.M. n. 37/2008 princi-palmente, ed altra normativa applicabile (D.M. 20dicembre 2012, note sul fotovoltaico, ecc.). Attenzioneche in presenza di monta-auto tutta la superficie diparcamento deve essere dotata di impianto di rileva-zione e allarme.

D.M. Interno 21 febbraio 2017Approvazione di norme tecnichedi prevenzione incendi per le attivitàdi autorimessa. (G.U. n. 52, 3 marzo 2017,Serie Generale)IL MINISTRO DELL’INTERNOVisto il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139,recante “Riassetto delle disposizioni relative allefunzioni ed ai compiti del Corpo nazionale deivigili del fuoco, a norma dell’art. 11 della legge29 luglio 2003, n. 229”;Visto il decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto2011, n. 151, concernente il regolamento per lasemplificazione della disciplina dei procedimenti relativialla prevenzione degli incendi, a norma dell’art.49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010,n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge30 luglio 2010, n. 122;Visto il decreto delMinistro dell’interno 1° febbraio 1986,recante “Norme di sicurezza antincendi per la costruzionee l’esercizio delle autorimesse e simili”, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 38 del 15febbraio 1986;Visto il decreto del Ministro dell’interno 22 novembre2002, recante “Disposizioni in materia di parcamento diautoveicoli alimentati a gas di petrolio liquefatto all’in-terno di autorimesse in relazione al sistema di sicurezzadell’impianto”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica italiana, n. 283 del 3 dicembre 2002;Visto il decreto del Ministro dell’interno 7 agosto 2012,recante “Disposizioni relative alle modalità di presenta-zione delle istanze concernenti i procedimenti di preven-zione incendi e alla documentazione da allegare, ai sensidell’art. 2, comma 7, del decreto del Presidente dellaRepubblica 1° agosto 2011, n. 151”, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 201 del29 agosto 2012;Visto il decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015 esuccessivemodificazioni recante “Approvazione di normetecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’art. 15 deldecreto legislativo 8marzo 2006, n. 139”, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, n. 192 del 20agosto 2015;Ritenutodidoverdefinire, nell’ambitodellenorme tecnichedi cui al decreto del Ministro dell’interno 3 agosto 2015,specifiche misure tecniche di prevenzione incendi per leattività di autorimessa;Sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la pre-venzione incendi di cui all’art. 21 del decreto legislativo 8marzo 2006, n. 139;

Espletata la procedura di informazione ai sensi della diret-tiva (UE)2015/1535del 9 settembre2015, cheprevedeunaprocedura di informazione nel settore delle regolamenta-zioni tecniche e delle regole relative ai servizi della societàdell’informazione;Decreta:

Art. 1. Nuove norme tecniche di prevenzioneincendi per le attività di autorimessa1. Sono approvate le norme tecniche diprevenzione incendi per le attività di autorimessa dicui all’allegato 1, che costituisce parte integrante delpresente decreto.

Art. 2. Campo di applicazione1. Le norme tecniche di cui all’art. 1 si possonoapplicare alle attività di autorimessa di superficiecomplessiva coperta superiore a 300 m2 di cui all’al-legato I del decreto del Presidente della Repubblica 1°agosto 2011, n. 151, ivi individuate con il numero 75,esistenti alla data di entrata in vigore delpresente decreto ovvero per quelle di nuovarealizzazione.2. Le norme tecniche di cui all’art. 1 sipossono applicare alle attività di cui al comma 1 inalternativa alle specifiche norme tecniche di preven-zione incendi di cui al decreto del Ministro dell’internodel 1° febbraio 1986 e al decreto del Ministro dell’in-terno del 22 novembre 2002.

Art. 3. Modifiche al decreto del Ministrodell’interno 3 agosto 2015 e successivemodificazioni1. All’allegato 1 del decreto del Ministro dell’interno 3agosto 2015, nella sezione V “Regole tecnicheverticali”, è aggiunto il seguente capitolo “V.6 - Atti-vità di autorimessa”, contenente le norme tecniche diprevenzione incendi per le attività di autorimessa di cuiall’art. 1.2.All’art. 1, comma2, del decretodelMinistrodell’interno3 agosto 2015, dopo la lettera n), sono aggiunte le seguentilettere: “o) decreto del Ministro dell’interno 1° febbraio1986 recante “Normedi sicurezza antincendi per la costru-zione e l’esercizio delle autorimesse e simili”; p) decretodel Ministro dell’interno 22 novembre 2002 recante“Disposizioni in materia di parcamento di autoveicolialimentati a gas di petrolio liquefatto all’interno di auto-rimesse in relazione al sistema di sicurezzadell’impianto”“.3. All’art. 2, comma 1, del decreto del Ministro dell’in-terno 3 agosto 2015, dopo il numero “75” sono eliminate leparole “limitatamente ai depositi di mezzi rotabili e ailocali adibiti al ricovero di natanti e aeromobili”.

Art. 4. Norme finali1. Il presente decreto entra in vigore il trentesimo giornosuccessivo alla data di pubblicazione nella GazzettaUfficiale della Repubblica italiana.

Inserto

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 V

Allegato - Regole tecniche verticaliCapitolo V.6: Autorimesse

Inserto

VI Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Inserto

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 VII

Inserto

VIII Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

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X Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 XI

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XII Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 XIII

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XIV Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Inserto

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 XV

Inserto

XVI Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Campionamento formaldeide laboratori di anatomia patologica ospedale di Cona-Ferrara- Anno 2016

Dati di esposizione personale ed ambientale

LUOGO ESPOSIZIONE conc. FORMALDEIDEmg/m3

conc. FORMALDEIDEppm

Medico Patologo n.1 0,00139 0,001

Cappa chimica n.1 0,00104 0,0008

Armadio stoccaggio campioni biologici 0,00106 0,0008

Armadio ventilato accettazione 0,00143 0,001

Operatore 0,00148 0,001

Medico patologo n.2 0,00222 0,002

Cappa chimica n.2 0,00148 0,001

Limiti di esposizione professionale proposti da agenzie internazionali qualità dell’aria

Ente Limiti di esposizione Nota

WHO(OMS)air qualityguidelines forEurope (2000)

0,1 mg/m3

(0,08 ppm)Media su 30 minuti

LOAEL* (Lowest Observed Adverse Effect Level)Livellopiùbassodi dosecheproduceeffetto tossicoValore guida mediato su 30 minuti

Progetto Europeo INDEX Commis-sione Europea (2005)

0,03 mg/m3

(0,025 ppm) Limite cautelativoNOAEL“NoObserved Adverse Effect Level”, “dose senzaeffetto avverso osservabile”. Livello più alto di dosechenonproduceeffetto tossico, sia peresposizioneacuta che cronica.

CANADA Linee guida per la qualitàdell’aria di ambienti residenziali(2006)

0,123 mg/m3 (0,1 ppm)Per esposizione di 1 ora0,05mg/m3 (0,04ppm)Peresposizionedi8ore

Effetto critico:irritazione agli occhiEffetto critico. sintomi respiratori nei bambini

* in corso una revisione dei OEL-TWA e OEL-STEL con proposta di portare il primo a 0,3 ppm ed il secondo a 0,6 ppm.

Limiti di esposizione professionale proposti da agenzie internazionali ambienti di lavoro

Ente Limiti di esposizione Nota

ACGIH 0,3 ppm (0,37 mg/m3) TLV—STEL(effetti irritativi acuti)

NIOSH 0,016 ppm (0,02 mg/m3)0,1 ppm (0,123 mg/m3)

REL-TWA (Recommended Exposure Limit)TLV-Ceiling su 15min. (effetti irritativi e cancerogeni)

OSHA 0,75 ppm (0,92 mg/m3)2 ppm (2,46 mg/m3)

PEL-TWA 8hSTEL 15 min.

DFG (Germania) 2014 0.3 ppm (0.37 mg/m3)0,6 ppm (0,74 mg/m3)1 ppm (1,23 mg/m3)

MAK (TLV TWA)0,6 ppm (0,74 mg/mc)Ceiling (effetti irritativi)

Paesi Bassi 0,1 ppm (0,123 mg/m3)0,4 ppm (0,49 mg/m3)

OEL-TWA 8hOEL-STEL

Svezia 0,5 ppm (0,615 mg/m3)1 ppm (1,23 mg/m3)

TLV-TWACeiling (effetti irritativi e cancerogeni)

Unione Europea ScientificCommittee on OccupationalExposure Limits (SCOEL)*

0,2 ppm (0,246 mg/m3)0,4 ppm (0,49 mg/m3)

OEL-TWA 8hOEL-STEL (effetti irritativi e cancerogeni)

VDR in pratica

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 207

Per tre autorevoli Agenzie (NIOSH, Svezia eSCOEL) i VL proposti prendono in considerazioneanche il rischio cancerogeno. Ciò perché a valoriinferiori al limite proposto non è stato documentatoun incremento apprezzabile del rischio negli esposti.Il nostro principale riferimento è ovviamente quellodel Comitato Scientifico della Unione Europea(“Scientific Committee on Occupational ExposureLimits”: SCOEL) che propone:— OEL-TWA 8h 0,2 ppm (0,246 mg/mc);— OEL-STEL 0,4 ppm (0,49 mg/mc).I limiti proposti proteggono sia dagli effetti irri-tativi sia dagli effetti cancerogeni.In sintesi abbiamo un limite di riferimento propostodalla OMS (WHO) per gli ambienti di vita e unvalore limite proposto dall’Agenzia Europea per gliambienti di lavoro entrambe protettivi per il rischiocancerogeno.Come si può notare i valori si collocano in dueordini di grandezza diversi, anche perché, quellodella OMS, “protegge” tutta la popolazione inmodo continuativo e non solo per le 40 ore dilavoro settimanali.Dallo studio dei dati relativi al monitoraggio, del2016 presso i laboratori di Anatomia Patologica,si può rilevare che i risultati di esposizione per-sonale e di inquinamento ambientale sono net-tamente inferiori al limite massimo diesposizione stabilito dall’OMS: 0,1 mg/m3(0,08ppm) e ai limiti di esposizione professionaleproposti da agenzie internazionali ambienti dilavoro: 0,2 ppm (0,246 mg/m3) 0,4 ppm (0,49mg/m3).

I risultati ottenuti

Il DISPP ha programmato nel 2016 tutta una seriedi attività atte a verificare il consumo di formal-deide, le modalità operative relative alla sua mani-polazione ed i rischi ai quali è sottoposto ilpersonale sanitario che utilizza questa sostanza.L’Agenzia Internazionale per la ricerca sulcancro (IARC) ha classificato la formaldeidecome agente cancerogeno di classe 1, l’UnioneEuropea, con il regolamento UE n. 605/2014, hariconosciuto la formaldeide come cancerogeno1B e di conseguenza tutte le Aziende sanitarietramite l’applicazione del D.Lgs. 9 aprile 2008,n. 81, devono dare attuazione, per quantoriguarda l’uso di questa aldeide, all’art. 1 dellalegge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tuteladella salute e della sicurezza nei luoghi dilavoro, art. 235 (sostituzione e riduzione): «1.

Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione diun agente cancerogeno o mutageno sul luogo dilavoro, in particolare sostituendolo, setecnicamente possibile, con una sostanza o unpreparato o un procedimento che nelle condi-zioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo orisulta meno nocivo per la salute e la sicurezzadel lavoratori.»Per il lavoro quotidiano nell’ambito analizzatorelativo all’utilizzo della formaldeide si deve fareriferimento alla seconda parte di questo articolo,che impone di limitarne l’uso e trovare metodo-logie e tecniche che ne abbattano l’esposizionerelativa al personale sanitario. Quindi è necessa-rio seguire, nella riduzione del rischio, il princi-pio ALARA, che prevede di mettere in attostrategie e programmi atti al raggiungimentodei livelli ambientali più bassi ragionevolmenteraggiungibili.Dalla relazione relativa alle modalità di utilizzodella formaldeide nell’Azienda USL di Ferrara enell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cona-Ferrara si evince che:• il maggior utilizzo di contenitori preriempiti èquello che va dai 30 ai 60 ml di formaldeide;• l’utilizzo di contenitori preriempiti di volumesuperiore a 60 ml di formaldeide avviene preva-lentemente nelle piastre operatorie ed in medi-cina legale.La prima conseguenza di queste considerazioni èche, dato l’uso considerevole di piccoli conteni-tori preriempiti (30 e 60 ml), si può migliorarel’esposizione del personale sanitario, utilizzandodei contenitori dotati di serbatoio per formal-deide situato nel tappo del contenitore.In questo modo l’operatore può inserire il mate-riale biologico campionato nel contenitore vuoto(senza traccia di formaldeide) chiuderlo e poi,premendo o avvitando il tappo, far scendere laformaldeide contenuta nel serbatoio. Questasoluzione migliorerà di gran lunga l’esposizionedegli operatori sanitari che lavorano in tutte leUU.OO. che utilizzano formaldeide (prevalente-mente Unità Operative Poliambulatoriali) coneccezione di quelli che operano nelle piastreoperatorie.Resta quindi da affrontare il problema relativo aicontenitori relativi ai grandi volumi che arri-vano fino ai 5000 ml.Molti presidi ospedalieri italiani, tra i qualianche diversi dell’Emilia-Romagna, da alcunianni si sono dotati di apparecchi in grado di

VDR in pratica

208 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

fissare i campioni biologici con il correttovolume di formaldeide; l’operatore in questofrangente non manipola assolutamente la formal-deide (vi è solo la fase di carico e scarico dellatanica di formaldeide dall’apparecchiatura), siconsuma una minore quantità di aldeide datoche i campioni biologici sono sottoposti allatecnica del “sotto vuoto” (4) ed inoltre conquesta pratica è anche possibile mantenere ireperti tal quali e sotto vuoto oppure sempresotto vuoto ed in atmosfera modificata.Si può anche optare per una altro sistema di riempi-mento che non utilizza il sottovuoto ma che prevededimettere il campionenel contenitore vuoto,mentrel’apparecchiatura provvede a riempirlo con formal-deide in base al suo peso. Questo secondo sistemametterebbe maggiormente in sicurezza gli operatoridei laboratori di Anatomia Patologica (sono gli ope-ratori sanitari più esposti a questo rischio) che

manipolerebbero direttamente il campione così fis-sato senza doverlo passare dal sacchetto sotto vuotoad un contenitore idoneo e successivamente riem-pirlo di formaldeide.Con questi sistemi, oltre a migliorare l’esposizionedegli operatori sanitari alla formaldeide, si consumeràmeno prodotto.Queste tipologie di apparecchiature potranno esserecollocate nelle piastre operatorie.Serve poi un’attenta verifica relativamente allapossibilità che in commercio esistano contenitoripreriempiti di soluzioneB5 (formaldeide e cloruro dimercurio) al fine di superare il rischio da travaso disoluzione contenente formaldeide durante i prelievidi campioni biologici per gli ambulatori di Emato-logia (anche se questa operazione ora viene svoltasolo dagli operatori dell’anatomia patologica dell’o-spedale di Cona e sotto cappa chimica diaspirazione).

Azioni di miglioramento future

Azioni di miglioramento Svolta/non svolta Note

Utilizzo di contenitori di sicurezzadotati di tappo/serbatoio

In corso una gara AVEC

Utilizzo di apparecchiature per il sot-tovuoto in formaldeide o il riempi-mento in sicurezza

Proposta che il DISPP ha attuato e portatoall’attenzione dell’ingegneria clinica

Conclusioni

Molto spesso si pensa che il rischio più importante acui è sottoposto il personale sanitario dei presidi ospe-dalieri sia quello relativo alla movimentazionemanuale dei carichi e dei pazienti. Da questa pubbli-cazione, invece, si può evincere che anche il rischiochimico è un rischio reale in sanità, soprattutto corre-lato all’uso di certe sostanze come la formaldeide che,per la confermata cancerogenicità della sostanza, vavalutato e sul quale bisogna lavorare per mettere inatto tutte quelle procedure, quali corsi di formazione,acquisto di attrezzature, progettazione di locali ade-guati, acquisto di DPI, sorveglianza sanitaria, idoneiprogrammi di manutenzione (soprattutto apparec-chiature di riempimento con formaldeide e cappechimiche di aspirazione), monitoraggi personali edambientali e sensibilizzazione del personale, chesono fondamentali per ridurre il rischio.

Gli effetti oncogeni e mutageni dell’esposizione aformaldeide sono ormai riconosciuti e, in considera-zionedi ciò, l’obiettivonel campodella prevenzioneèquello di rendere l’esposizione professionale a questaaldeide entro i livelli più bassi possibile compatibil-mente con le attività di lavoro dei singoli reparti.I contenuti di questa pubblicazione ci dimostranoancora una volta ed in maniera sia sperimentale, siascientifica, che lavorando in condizioni protette ilrischio da contaminazione ed esposizione durante lamanipolazione di campioni biologici in formaldeideviene ridotto al massimo e che la prevenzione, leprocedure di riduzione del rischio e l’adozione ditecniche di manipolazione adeguate, l’uso di appa-recchiature e di contenitori di sicurezza sono tra le viepercorribili che a tutt’oggi dobbiamo intraprendereper salvaguardare la salute e la sicurezza deglioperatori.

(4) “Tecnica del sottovuoto” sta a significare assenza di aria, inquestomodo si rallentano i processi autolitici, si rendepiù rapido ilraffreddamento del campione e se ne impedisce l’essiccazione.

VDR in pratica

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 209

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di legno e manufatti con essi realizzati inambienti di vita e soggiorno.25. D.Moscatelli, M. Bellini, P. Apostoli, “[Techno-logical evolution in lubrorefrigeration and reductionof the potential effects on the health exposedindividuals]”, in G ItalMedLav Ergon, 33(3), 2011,pp. 245-251.26. Regolamento delegato (UE) n. 1062/2014 dellacommissionedel 4 agosto2014 relativoal programmadi lavoro per l’esame sistematico di tutti i principiattivi contenuti nei biocidi di cui al Regolamento(UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e delConsiglio.

27. G. Banchi, C. Nobler, D. Scala (a cura di),Fonderie di ghisa di seconda fusione in Toscana, Profilidi rischio e soluzioni 5, Edizioni ARPAT, 2002.28. E. Pira, E. Detragiache, G. Discalzi, P. Apo-stoli, A. Mutti, D. Ghigo, S. Iavicoli, SIMLII:Linee guida per la sorveglianza sanitaria degli espostiad agenti cancerogeni o mutageni in ambiente diLavoro, Edizione 2002.29. E. Pira, G.M. Giachino, G. Discalzi, “Il nuovoaggiornamento delle Linee Guida SIMLII suicancerogeni”, in G ItalMedLav Erg, 33 (3), 2011,pp. 300-307.30. D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

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Prevenzione infortuni

Cambiare il paradigma nella VDRAndrea Rotella - Ingegnere, Consulente per la sicurezza e RSPP

Il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, come definiti dal D.Lgs.n. 81/2008 è oggi garantito grazie allo strumento della valutazione dei rischi, il cui scopo è quello di definirele misure di prevenzione e protezione. Ma è possibile, come impone la norma, includere e prevedere tutti ifattori di rischio nella VDR?

L’approccio odierno alla sicurezza

Il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salutee sicurezza dei lavoratori, come definiti dal D.Lgs.n. 81/2008 secondo l’impostazione europea comuni-taria, è oggi garantito, essenzialmente, grazie allostrumento della valutazione dei rischi, il cui scopo èquello di definire le misure di prevenzione eprotezione.L’intero sistema prevenzionistico si basa su questoassunto: lavalutazionedi “tutti” i rischi è laprincipaletra lemisure di tutela, tanto da essere citata per primanell’elenco di cui all’art. 15 delTesto unico;ma essa èanche all’origine di tutte le misure di tutela stesse,poiché la definizione puntuale degli interventi daattuare non può che essere generata dal processo divalutazione dei rischi.Questa proposizione è talmente insita nell’approccioodierno alla sicurezza che è normale per tutti pensareche errori nella valutazione dei rischi portino adincidenti. D’altro canto è anche vero che l’esperienzainsegna che, a valle di un incidente, si riscontranospesso valutazioni del rischio non accurate o si rileval’adozione di una misura non adeguata agli esiti diquella valutazione o lamancata adozione della stessa.Il precedente periodo contiene non poche fallacie diragionamento, ma se leggendolo non siete passatiall’articolo successivo, è proprio a causa dell’impor-tanza che il processo di valutazione dei rischi rivestenel nostro “modo di fare sicurezza” e, soprattutto, nelnostro “modo di pensare a come fare sicurezza”.È necessario fare alcune premesse, indispensabili percomprendere i ragionamenti successivi.Sia ilmodello tecnico-oggettivo delle norme preven-zionistiche degli anni ’50 che il modello soggettivo,comprendente la valutazione dei rischi e introdotto apartire dagli anni ’90, hanno incomune l’apparteneread una visione del mondo che potremmo definire“meccanicista”, in onore al pensiero di Cartesio e

Newton che hanno aperto all’umanità le porte delpensiero scientifico moderno.Si basano entrambi, infatti, sul presupposto cheun’organizzazione, un’attività, un lavoro, unambiente funzionino idealmente come delle mac-chine e pertanto attraverso la valutazione dei rischisia possibile conoscere gli stati futuri del sistema,ovvero che, attraverso l’adozione di alcune misuretecniche di prevenzione, sia possibile impedire alsistema di fallire.Quest’approccio ha il vantaggio ed il fascinoindiscutibile della semplicità. Per comprendereil funzionamento di un sistema, infatti, è suffi-ciente ricorrere al “riduzionismo”, cioè alla scom-posizione del sistema stesso in parti edall’osservazione del funzionamento delle singolecomponenti. Se il fenomeno sotto esame, dopoquesto primo passaggio, si rivelasse ancora troppocomplesso, non resta che scomporlo ulterior-mente, fin quando non sia possibile analizzare lesue singole componenti.Questo è, sostanzialmente, ciò che facciamo con lavalutazione dei rischi: consideriamo un’attività, lasuddividiamo in mansioni, operazioni e così via, finoa rilevare le componenti ultime, essenziali e di questeanalizziamo le possibili conseguenze per la salute e lasicurezza dei lavoratori.Del resto, una delle leggi fondamentali dellameccanica afferma che ad ogni causa corrispondeun effetto. Di conseguenza non esistono effetti(incidenti) senza cause (rischi) e determinare larelazione tra i due è solo una questione di impe-gno: un’accurata e corretta valutazione dei rischiporterebbe inevitabilmente alla previsione degliesiti futuri.Questo è il paradigma attuale.Sotto un punto di vista più strettamente prag-matico e non ideale, tuttavia, si possono

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sollevare una serie di obiezioni a questo tipo diapproccio.1) La norma impone la valutazione di “tutti” i rischi.Tutti. Non potrebbe essere altrimenti. Non si puòfare a meno di osservare, infatti, come, se non venis-sero valutati tutti i rischi, il sistema non potrebbedefinirsi conosciuto e, di conseguenza, potrebberoverificarsi incidenti per cause non rilevate.Tuttavia, si pone un problema di natura epistemica: èdavvero possibile valutare “tutti” i rischi? Non in unsistema ideale, chiuso, ma in un sistema reale, dina-mico e aperto, è davvero possibile conoscere e ana-lizzare tutti i rischi che lo svolgimento del lavorocomporta? O si tratta di una richiesta inevitabile ma,nondimeno, inesigibile?2) La valutazione dei rischi ideale deve essere ogget-tiva e ripetibile. Quella reale non lo è. Mai. Levalutazioni dei rischi sono eseguite da esseri umani,fallibili, con vari gradi di conoscenza, bias e opinioni.Gli strumenti utilizzati quotidianamente per fare levalutazioni dei rischi utilizzano, inoltre, scale quali-tative che vengono interpretate diversamente aseconda del valutatore.3) La valutazione dei rischi è inevitabilmenteinfluenzata dall’esperienza vissuta, dagli eventi acca-duti in passato. Ma il passato non è un indicatoreaffidabile per prevedere il futuro. Soprattutto, ciò chenon si conosce (o che non è mai accaduto prima) èspesso più importante di ciò che si sa. E l’esperienza, alcontrario, determina tutta una serie di bias cognitivi.Per esempio si tende a giudicare un evento più pro-babile o frequente quanto più facilmente esso riescead essere immaginato o richiamato nella memoria(biasdella disponibilità); inoltre le persone tendonoasovrastimare le proprie capacità di giudizio in fun-zione dell’esperienza che ritengono di avere in undeterminato campo (effetto Dunning-Kruger).4) La valutazione dei rischi non dice come compor-tarsi, nel concreto, rispetto agli eventi estremi,ovvero gli eventi a bassissima probabilità di accadi-mento e danno molto elevato. Stiamo, evidente-mente, parlando di rischi residui (dando perscontata l’applicazione delle norme imposte) che,tuttavia, possono avere, molto raramente, impattiestremamente elevati. Quando non si hanno seriestorichedi dati su eventi specifici accaduti in specificicontesti, come è nel concreto, di fatto quasi tutti glieventi sarebbero da considerarsi a bassissima proba-bilità di accadimento (anche in virtù del fatto chesono già state applicate lemisure imposte dalla legge)e non si può escludere chemolti di essi possano avereconseguenze fatali. Questo imporrebbe di impedire

alle persone di camminare perché potrebbero scivo-lare e rompersi la testa.Tutti questi aspetti, ed anche altri quali le interazionitra rischi, le differenze comportamentali dei lavora-tori, le piccole differenze tra quanto osservato e ciòche realmente è, tutto questo contribuisce a renderela valutazione dei rischi una buona mappa con laquale orientarsi, ma nulla più che questo.Se, scusando il gioco di parole, facessimo una valu-tazione dei rischi della valutazione dei rischi, ilrischio maggiore di cui dovremmo tenere contosarebbe quello di confondere la mappa con il territo-rio, ovvero il rischio di fidarci ciecamente di cartenautiche che ci assicurano che sulla nostra rotta nonci sono scogli.Che esistano problemi oggettivi nell’approcciobasato sulla valutazione dei rischi è un dato difatto. Se il legislatore rimanda alla responsabilitàdel datore di lavoro il definire i criteri per la valuta-zione dei rischi, non lo fa per una semplice questionedi flessibilitàmaperchénon ci sono criteri universali.Le metodologie più accreditate da utilizzare, laddoveesistenti, sono spesso difficilmente applicabili nellacomplessità dei casi reali o dietro di esse non c’è unavera scienza chene supporti la validità (chiunquepuòpensare agli strumenti più comuni usati per la valu-tazione del rischio chimico o dello stress lavoro-correlato, per esempio. Chi è in grado di dire, adesempio, quali siano gli studi scientifici - nel sensovero di scienza, non pseudo-scienza - che supportanola validità dei valori assegnati agli indici di rischio?).La verità è che l’approccio newtoniano della valuta-zione dei rischi, a cui siamo culturalmente educati, ciricorda costantemente che, poiché tutti gli esiti inde-siderati hanno cause e poiché tutte le cause possonoessere rilevate, tutti gli incidenti possono essereprevenuti. Questa, ad esempio, è la visione dellacultura “incidenti zero”, un pensiero dall’etica sotto-stante talmente indiscutibile da essere diventatointoccabile.L’obiettivo degli “incidenti zero”, tuttavia, e gli stru-menti per il raggiungimento dell’obiettivo stesso,somigliano un po’ a ciò che accade alla fisica “clas-sica” applicata alla fisica delle particelle: più ci siavvicina alle dimensioni atomiche, più la compren-sione del suo funzionamento diventa sfuggente e sipuò ragionare solo in termini di probabilità, ma nondi causa-effetto.Rimanendo nell’ambito dell’uso della fisica comemetafora, Richard Feynman nel commentare l’as-surdo comportamento duale onda-particella deglielettroni, scrisse: «Una volta un filosofo disse:

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“È necessario, per l’esistenza stessa della scienza, chemedesime condizioni producano sempre gli stessirisultati”. Beh, (gli elettroni) non lo fanno!».Se per questo, anche il comportamento degli infor-tuni è simile. Non è necessaria chissà quale espe-rienza sul campo per rintracciare aziende che purnon rispettando alcuna regola elementare di sicu-rezza potrebbero tranquillamente dichiarare “inci-denti zero”, al pari di aziende realmente impegnatenella tutela della salute e sicurezza dei propri lavo-ratori. Ma anche aziende nelle quali sono accadutiincidenti gravi, nonostante il loro livello di sicurezzae attenzione fosse comparabile a quelle di altreaziende nelle quali incidenti di quella gravità nonsi sono verificati.“Incidenti zero” è un risultato, ma non ci dice nulladel processo col quale è stato ottenuto. Potrebbedipendere da eccellenti prestazioni in materia disicurezza o da semplice fortuna.

Genesi dell’attuale paradigma

Ripercorrendo a ritroso la storia dell’analisi degliincidenti, la genesi dell’attuale paradigma è rintrac-ciabile nell’evoluzione del pensiero scientifico appli-cato alla sicurezza a partire dalla rivoluzioneindustriale (dalla seconda metà del ‘700).L’avvento delle nuove tecnologie (essenzialmentemacchine a vapore, all’epoca), non si limitò ad intro-durre nuovi rischi, ma richiese nuovi modelli per lacomprensione degli stessi. Nello specifico, in questaprima fase, l’analisi si concentrò essenzialmente sulletecnologie e sulle macchine costruite sulla base dellestesse, al fine di renderle maggiormente sicure edaffidabili. La comprensione della scienza retrostante(in particolare la termodinamica) e lo sviluppo neidue secoli successivi di tecnologie ancora più com-plesse, sostenute da una scienza ancora più com-plessa, impose lo sviluppo di metodiche di analisipiù accurate per lo studio degli incidenti, al fine dianticipare quelli che potevano essere i pericoli ed irischi derivanti da un’attività (ne sono un esempio imetodi dell’albero dei guasti, il FMEA, lo HAZOP,sviluppati a partire dalla seconda metà del secoloscorso). Lo sviluppo di queste tecniche di analisicombinava elementi di teoria delle probabilità conquelli di teoria dell’affidabilità.L’affinarsidiqueste tecnichecontribuìa renderesemprepiù sicure le tecnologie utilizzate, ma contemporanea-mente determinò l’emersione di un secondo fattore chesfidava la rappresentazione del rischio dell’epoca: ilfattore umano. In realtà, questo elemento era semprestato presente, ma essenzialmente oscurato

dall’inaffidabilità della tecnologia dell’epoca. Già iprimi accenni sull’importanza di questo fattore sicominciarono ad intravedere a partire dagli anni ’40del 1900, migliorando design ed ergonomia delle mac-chine, intervenendo tramite l’addestramento e la for-mazione, ma fu l’incidente nucleare di Three MileIsland nel 1979 a determinare la fine di questa “Primaera della sicurezza” (Hollnagel, 2004).La ricostruzione della catena di quell’evento con-cluse che esso fu determinato da un’erronea inter-pretazione e mancato controllo delle condizioni diuna valvola da parte degli operatori e ciò orientòdefinitivamente l’attenzione sulla necessità di appro-fondire lo studio sull’affidabilità umana, sviluppandovarie tecniche di analisi in tal senso che, per la verità,non hanno ancora raggiunto un livello di accordounanime in merito ai loro risultati.Assunto che la tecnologia poteva considerarsi suffi-cientemente affidabile, dopo oltre 200 anni di appli-cazione dell’ingegneria della sicurezza rivolti a talescopo, l’illusione di aver trovato nell’uomo la causaultima degli incidenti durò meno di 10 anni, quandoil disastro del Challenger e quello di Chernobyl(entrambi avvenuti nel 1986) imposero la tematicadel “fattore organizzativo” come ulteriore, possibilecausa di incidente, orientando così l’attenzione sullanecessità di una gestione della sicurezza coincidentecon il momento storico in cui viviamo.Ciò che accomuna queste tre fasi evolutive dellasicurezza è l’approccio al problema, tipicamente dinatura tecnologica: ricerca delle cause di guasto nelfattore umano o organizzativo (nonché, evidente-mente, in quello tecnologico).Il paradigma di fondo, difatti, continua ad esserequello newtoniano, meccanicista, basato sullaconoscenza delle leggi che governano il sistema,attraverso le quali, noti gli stati iniziali, con lasemplice applicazione del principio di relazione dicausa ed effetto, è possibile prevedere gli statifuturi.Interessante notare, tuttavia, come l’idea di utilizzareun simile approccio abbia avuto origine dalla dire-zione temporale opposta: non dalle cause verso gliincidenti, ma risalendo dagli incidenti alle cause cheli hanno determinati.La fonte principale di insegnamento, difatti, è semprestata l’esperienza. È dal continuo verificarsi degliincidenti che ci si è posti la necessità di trovarne lecause, eliminate le quali si sarebbe evitato il ripetersidi eventi futuri.La stessa valutazione dei rischi, altro non fa cheriproporre un’analisi basata su uno sterminato

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database esperienziale di eventi conosciuti associati avarie cause conosciute.Senza la conoscenza del rapporto esistente tra causaed effetto, siamo ciechi; non resta che applicare ilprincipio di precauzione che, tuttavia, se esteso atutto ciò che non è perfettamente conoscibile rende-rebbe impossibile lo svolgimento di una quantitàinnumerevole di attività umane (1).Il difetto fondamentale di questo approccio è quellodi ritenere che la conoscenza di tutti i rischi e finan-che la definizione delle misure necessarie per contra-starli sia effettivamente raggiungibile mediante ilriduzionismo, cioè con una semplificazione mecca-nicista del funzionamento della realtà, senza tenereconto degli enormi elementi di complessità che, alcontrario, sono insiti nello svolgimento delle attivitàumane e che rendono vano il ridurre tutto ad unrapporto causa-effetto.Questa illusione è ulteriormente sostenuta dallacosiddetta fallacia dell’analisi retrospettiva (hindsightbias), ovvero dal ragionamento condotto col senno dipoi sul perché un incidente è effettivamenteavvenuto.Difatti, a valle di un incidente, sarà semprepossibile ricostruire una storia (la cosiddettacatena degli eventi) che spiega come esso siaaccaduto. Possono esserci anche più storie chespiegano lo stesso fenomeno ed allora si sceglieràdal mazzo quella nella quale si percepirà la pre-senza del minor numero di lacune nel racconto,facendola diventare la storia “vera” di quantoaccaduto. Ciò che frequentemente si viene acreare è la confusione tra gli elementi oggettivieffettivamente rilevati (es. una valvola lasciataaperta) che possono aver determinato l’incidentee la causa della loro manifestazione, ovvero il“perché” essi si siano manifestati (si veda, a talproposito, la ricostruzione dell’evento di ThreeMile Island: alla storia “vera” che viene normal-mente enunciata, ce ne sono altre, altrettantovalide, che al fattore umano aggiungono o sosti-tuiscono altre cause, spiegando l’evitabilità o,addirittura, l’inevitabilità dell’incidente).Questa ricostruzione “a posteriori”, a prescindere, nonpotrà mai tener conto dell’opacità del sistema, delpunto di osservazione di coloro i quali seguivano glieventi nel loro svolgersi nella linea temporale corretta e

dell’infinità di scenari che si prospettavano loro, deiquali uno solo era destinato a verificarsi (si pensiall’illusione che si crea nello spettatore che guarda unfilm con una trama con finale “a sorpresa”. Lo svolgersidel racconto orienta lo spettatore verso una soluzionedell’enigma che spesso è completamente errata,ma chefino alla fine sembra essere altrettanto plausibile. Tut-tavia, dopo che la soluzione del mistero è nota, sembraimpossibile non essere riusciti ad accorgersi di tuttiquegli elementi “talmente evidenti” che dovevanofar capire qual era la spiegazione corretta. Edanalogamente, a posteriori, quando si osserva qualcunaltro guardare il film, non ci si capacita di come nonscorga le prove schiaccianti che ha sotto il naso).Occorre ribadire un concetto importante della trat-tazione sin qui fatta: tutte le teorie ed i modellisviluppati per prevenire gli incidenti, compresa lastrategia tecnico-oggettiva della normativa italianadegli anni ’50 e quella soggettiva, attuale, di deriva-zione comunitaria, degli anni ’90, basata sulla valu-tazione dei rischi, non sono di tipo “deduttivo”, mapiuttosto “induttivo”, nascono cioè dall’analisi degliincidenti accaduti, cercano di trovare i fattoricomuni, gli elementi di fallimento del sistema cheli hanno determinati.Così, vale la pena conoscere alcuni di questimodelli ela loro evoluzione per discutere della possibilità dirinvenire un nuovo paradigma, alternativo a quellomeccanicista.

Approccio alternativo

La constatazione che gli incidenti potessero esserevisti come l’esito finale di una catena di eventi futeorizzata, fra i primi da Heinrich (sì, proprioquello del triangolo omonimo) a partire daglianni ’30, originando quello che venne chiamatoil cosiddetto “Modello domino”: un singoloevento iniziale destabilizza gli elementi delsistema che si trovano a valle, innescando uneffetto a catena che produce l’incidente. Questomodello ripropone l’ipotesi di linearità tra causeed effetti e da esso hanno avuto origine modelli dianalisi come l’albero dei guasti, già citato.La soluzione proposta per evitare gli incidenti, neimodelli lineari, è quello di frapporre delle barriereche impediscano alle tessere di domino precedentidi determinare la caduta delle tessere successive.

(1) Si pensi, ad esempio, a quanto accaduto nella legislazione inmateria di tutela dei lavoratori dagli effetti dei campi elettroma-gnetici, la cui precedente formulazione che, in teoria, dovrebberappresentare lo stato delle conoscenze, impattava inmodo spro-porzionato sull’uso e lo sviluppo delle applicazioni mediche della

risonanza magnetica e la cui formulazione attuale, pur risolvendoartificiosamente tale antinomia, continua a non occuparsi dell’e-sposizione dei lavoratori agli effetti a lungo termine che, purtuttavia, devono comunque rientrare nella valutazione di “tutti” irischi richiesta in forma generale dalla norma.

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Il punto in cui posizionare tali ostacoli può essererilevato con le tecniche più disparate, ipotizzandoi guasti e immaginando che cosa accadrebbe,oppure supponendo un evento e risalendo al con-trario la corrente per rilevare cosa lo potrebbegenerare. La possibilità di percorrere l’analisi inentrambi i sensi scaturisce dalle considerazioni giàfatte, riguardanti la simmetria tra causa ed effettotipica del modello meccanicista.Ciò che si aggiunge è un rapporto di linearità chepervade il nostro modo di pensare agli incidenti:grandi cause producono grandi effetti. A valle di ungrave incidente, siccome noi osserviamo essenzial-mente gli effetti, siamo naturalmente portati a pen-sare che essi siano stati determinati da grandi cause(aspetto che instaura frequentemente, per reazione,la ricerca del colpevole a tutti i costi).Su queste basi, uno degli strumenti piùutilizzati dalle organizzazioni per prevenire il

verificarsi di incidenti futuri deriva proprio dalmodello domino ed è quello dell’analisi dei nearmiss (incidenti mancati, quasi incidenti),ovvero l’elemento che costituisce la base deltriangolo di Heinrich. Come noto, Heinrich, altermine di uno studio (Industrial AccidentPrevention, A Scientific Approach, 1931)condotto su 5000 casi, aveva concluso chesu 330 incidenti, 300 di essi si sarebberoconclusi senza conseguenze, 29 avrebberoportato a conseguenze lievi e 1 di essi a conse-guenze gravi.Nel suo studio originale, Heinrich afferma chetutti e 330 gli incidenti in questione hanno lastessa causa o sono del medesimo tipo (nellevarie edizioni del proprio studio Heinrichapportò alcune modifiche); ciò che cambia pos-sono essere le conseguenze, più o meno gravi, infunzione di altri fattori di contorno.

Fig. 1 – Il triangolo Heinrich per le conseguenzedegli incidenti sul lavoro

Al di là della correttezza dei numeri, il triangolo diHeinrich o, meglio, la logica ad esso sottesa continuaad essere considerata uno strumento prevenzionaleformidabile, quasi imprescindibile per ogni organiz-zazione attenta alle tematiche della sicurezza. Ilmotivo di tale successo è presto detto: se si avessela “fortuna” di incappare in un incidente senza con-seguenze, rimuovendone le cause che lo hanno deter-minato, automaticamente si anticiperebbe lapossibilità che esso in futuro si ripeta con conse-guenze più gravi. Un quasi incidente può esseresostanzialmente considerato una sorta di “provagenerale” di un evento più grave.

È invece poco noto il fatto che molte delleconclusioni di Heinrich e addirittura alcuniassunti dello studio da lui condotto sono piuttostocontroversi. Lo strumento in questione, quantomeno nella sua logica, ha una sua utilità ma moltameno affidabilità di quanto gliene vengaconcessa. Senza entrare particolarmente nelmerito, intervenendo sulla gestione di piccoliincidenti si otterrà, in genere, un miglioramentosul tasso del verificarsi di piccoli incidenti (che ècomunque un risultato). Gli incidenti più gravitenderanno comunque a succedere poichéseguono dinamiche ed hanno cause complessetali da consentire loro di accadere senza prodromie ciò in quanto è il concetto stesso diconsequenzialità tra cause ed effetti, tipico delmodello domino, a dover essere messo indiscussione.Un modello di analisi degli incidenti più evoluto,anch’esso molto impiegato all’interno delle orga-nizzazioni per spiegare la genesi degli incidenti, èrappresentato dal cosiddetto “Modello del formag-gio svizzero”, sviluppato da Reason nei primianni ’90.Esso postula che le organizzazioni ed i livelli dicui esse sono composte possano essere conside-rate come delle fette di formaggio svizzero. Cia-scuna di queste fette costituisce anche unabarriera, per la fetta successiva o precedente, alverificarsi di un incidente. I buchirappresentano i fallimenti di ciascun livello

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dell’organizzazione, ovvero nelle barriere cheessa interpone al verificarsi dell’incidente che

accadrà, inevitabilmente, quando i buchi doves-sero allinearsi (traiettoria delle opportunità).

Fig. 2 Modello di analisi degli errori di James Reason

I buchi nelle fette di formaggio sono causati da:— fallimenti latenti: decisioni, errori di progettazione,errori di pianificazione. Essi possono rimanere in gesta-zione per molto tempo ed essere rilevati solo a valle delverificarsi di incidenti. Spesso sonocorrelati alle fettediformaggio più a monte, trattandosi di aspetti gestionalispesso lontani da chi lavora in prima linea;— fallimenti attivi: sono prodotti da errori, vio-lazioni e generano conseguenze nel breve ter-mine. Proprio il loro manifestarsi fa sì che essivengano associati per lo più al personale inprima linea che subisce l’incidente e/o loprovoca.Anche questo modello si presta a diverse criti-che, partendo proprio dalla natura dei buchi edalle relazioni tra essi esistenti, le cui caratteri-stiche non sono state adeguatamente contem-plate nella sua trattazione da Reason, rendendoperciò non semplice l’applicazione del modellocome strumento di indagine: la posizione esattadei buchi e la loro collocazione reciproca nellefette di formaggio è indispensabile da conoscereper comprendere se essi possono allinearsi, ma ilmodello non spiega come rilevarle.Come Dekker (2002) osserva, inoltre, le barrierenon sono statiche o costanti e nemmeno indi-pendenti le une dalle altre: possono, al contrario,interagire, supportarsi o erodersi a vicenda. Inol-tre, gli stessi meccanismi per cui i buchi (cheoltretutto possono mutare posizione e dimen-sione) si modificano fino a determinare la traiet-toria delle opportunità non sono chiari.

Questo modello, tuttavia, ha il pregio di tenere inconsiderazione l’aspetto sistemico dell’analisi, macontinua ad utilizzare ancora il paradigma del falli-mento (il buco, l’errore), la ricerca delle cause e dellecomponenti rotte per spiegare per quale motivo lecose sono andate male.Vale qui la pena anticipare un presupposto fonda-mentale delle teorie che tentano di prescindere dal-l’approccio newtoniano-meccanicista per tenereinvece conto della complessità: ciò che viene chia-mato “errore”, altro non è se non il medesimo ele-mento che in passato ha portato al successo.Il punto di partenza per un cambio di paradigmaconsiste nel superare il determinismo causale, smet-tendo di chiedersi solo “perché” le cose accadono eragionando anche in termini di meccanismi, cioèsviluppando il pensiero sul “come” le cose accadono.Le cause, evidentemente, non smettono di esistere,motivo per il quale la valutazione dei rischi e tutti glistrumenti che attualmente sono utilizzati per impe-dire gli incidenti non vengono superati, ma diventaparticolarmente rilevante capire come esse agisconoper creare i loro effetti.In sostanza, le cose continuano ad accadere per unacausa, ma essa non deriva dal malfunzionamento di uncomponente o dalla combinazione di più fattori, ma daaspetti che attengono alla complessità dei sistemi e chenon sono più direttamente osservabili, direttamenteprevedibili, direttamente prevenibili.Certo, questo significa abbandonare il solido ter-reno del pensiero deterministico per affrontare ilpiù inesplorato sentiero della non linearità e delcomportamento emergente, ma l’alternativa èquella di continuare ad illudersi che con l’analisiattuale si possa evitare il verificarsi di ulterioriincidenti.Un buon punto di partenza per affrontare l’argomentoè quello della “Normal Accident Theory” (Perrow,1984), non fosse altro perché è forse il più estremo daaccettare e dà l’immediata percezione di cosa siintenda per gestione di sistemi complessi.Perrow classifica i sistemi sulla base di due parametri:interazioni e connessioni.Le interazioni possono essere lineari o complesse. Leprime sono costituite da processi visibili e attesi, nellequali, ad esempio, è possibile verificare se l’esito è

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conforme alle aspettative (come in una catena dimontaggio). Le interazioni complesse sono invecetipiche di processi produttivi nonvisibili direttamente(per esempio il funzionamento della centralina elet-tronica di un’automobile, spesso incomprensibileanche a chi dovrebbe riparare il guasto) (2).

Le connessioni, invece, possono essere lasche ostrette. Nel primo caso le componenti delsistema possono variare indipendentemente,mentre nel secondo, la modifica di una compo-nente determinerà un impatto su altrecomponenti.

Fig. 3 – Schema del modello elaboratoda Charles Perrow

L’inevitabilità del verificarsi di un incidente (da cuila denominazione di incidente “normale”, intesa nelsenso che “non c’è nulla di cui stupirsi se l’incidenteè accaduto…”) cresce quanto più le connessionisono strette e quanto più le interazioni sonocomplesse.A proposito dell’incidente di Three MileIsland (che di fatto ispirò la teoria), Perrowconcluse che esso era inevitabile a causadell’immensa complessità del sistema che ne hareso impossibile la gestione. Tale complessitàche, come si vede dal precedente schema, acco-muna tutti gli impianti nucleari è, paradossal-mente, generata dalla necessaria ridondanza dimisure di sicurezza, dalla complessità dei sistemidi sicurezza e dall’enorme mole di attività ope-rative necessarie a garantire lo svolgimento delleattività ordinarie in sicurezza, tutti elementi che,messi insieme, rendono il sistema troppo com-plesso per permettere che, una volta che si siainnescato il meccanismo del disastro, esso possaessere interrotto.

Vale la pena osservare che il precedente schema èfrutto di un’analisi condotta sullo stato dell’arte delleorganizzazioni e delle tecnologie degli anni ’80. Oggile cose sono certamente molto diverse e molte diquelle categorie dovrebbero trovare una loro ricol-locazione più attuale: per esempio la stragrande mag-gioranza delle linee di produzione fanno uso disoftware e macchine ad interazione complessa e leconnessioni sono molto meno lasche che in passato.Consideriamo un settore non ricompreso nelloschema originale di Perrow, in cui la tecnologia èrimasta sostanzialmente invariata rispetto al passato:l’edilizia. Si corre il rischio di sottovalutare il livellodi complessità di un cantiere di medie dimensioni,con 10-15 imprese al lavoro, ciascuna con le propriespecializzazioni. Il continuo evolversi dell’ambientedi lavoro, il non sapere esattamente come l’altrolavori, l’elevato tasso di improvvisazione determi-nato dall’inevitabile succedersi di imprevisti, l’im-possibilità di osservare contemporaneamente ciò cheaccade e tutto quello che si verifica, le differenze tra icomportamenti attesi ed i comportamenti reali, lanecessità di rispettare ragionevolmente le tempisti-che, tutte queste cose fanno sì che possano accadereincidenti “normali”, quelli di cui leggiamo sistema-ticamente sulle pagine di cronaca nera dei quotidianilocali.In termini ingegneristici, quando inseriamo in questisistemi la variabile umana ed assumiamo che ognipersona rappresenti un grado di libertà del sistema edopo aggiungiamo gli altri innumerevoli gradi dilibertà tipici dei sistemicomplessi, come si puòpensareche sia possibile eseguire una valutazione di “tutti” irischi che consenta di rendere il sistema isostatico?Come si diceva, la Normal Accident Theorypotrebbe apparire anche fin troppo estrema. Seda un lato ci permette di valutare il grado dirischio delle nostre attività, capendo se è neces-sario agire sulle connessioni o sulle interazioni perridurre il rischio, dall’altro ci dice che non èpossibile andare oltre i livelli di connessione ed

(2) Il famoso scrittore Arthur C. Clarke enunciò, a proposito dicomplessità, la seguente legge: «Qualunque tecnologia sufficien-temente avanzata è indistinguibile dalla magia».

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interazione tipici del sistema (a meno di nonreinventarsi completamente il modello su cui sibasa la nostra organizzazione) e, pertanto, l’inci-dente, con diversa probabilità, è destinato adaccadere.All’opposto di questa visione pessimistica si pongonoinvece le cosiddette High Reliable Organizations(HRO – Organizzazioni ad alta affidabilità), lequali promettono prestazioni sicure e failure-free.Esse si fondano su cinque principi (Weick, 2007):1) preoccupazione rispetto agli eventi critici: ognierrore è un sintomo di un possibile malfunziona-mento del sistema e, a causa delle dinamiche tipichedei sistemi complessi, non è possibile sapere a prioricosa potrebbe accadere in determinate circostanze.Nelle HRO si promuove una cultura della comuni-cazione dell’errore e dell’imparare da questo. Esserifuggono dalla ricerca di scorciatoie che vadano ascapito della sicurezza e guardano con sospetto icomportamenti automatici e routinari;2) riluttanza a semplificare: se la realtà è complessa,semplificarla significa perdere informazioni. Ovvia-mente non è possibile nemmenonon semplificare deltutto. Le HRO cercano di mantenere un punto diosservazione ideale della realtà e di se stesse, graziealla diversità di opinioni ed allo scetticismo neiconfronti del pensiero unico e dei pensieri comunie abitudinari;3) sensibilità alle attività in corso: le HRO sannoche esiste sempre una distanza tra chi opera ailivelli più alti e chi lavora in prima linea e chequesta distanza non è solo geografica, ma anche dirappresentazione. Il lavoro come immaginato èdiverso dal lavoro reale, è un dato di fatto ed èinutile illudersi del contrario. Le HRO sanno chechi lavora in prima linea è in grado di accorgersidella possibile insorgenza di problemi e lo inco-raggiano a parlare, anche se questo significa sfi-dare la rappresentazione del lavoro come era stataimmaginata dai propri superiori;4) impegno alla resilienza: prima o poi gli errori simanifesteranno, ma la capacità delle HRO non èquella di impedire che essi possano accadere,quanto impedire di essere abbattute da essi. Laresilienza è la capacità di un sistema di ricono-scere quando ci si sta avvicinando ai margini disicurezza, riuscendo a reagire con continui aggiu-stamenti ed adattamenti locali. La ResilienceEngineering costituisce addirittura un modelloorganizzativo autonomo;5) rispetto per la competenza: nelle HRO le deci-sioni vengonoprese da chi svolge il lavoro, sulla base

dell’effettiva competenza richiesta sul momento. Insostanza, il soggetto che sul campo e in quelmomento possiede la maggiore competenza peraffrontare la situazione riceve l’autorità necessariaper farlo, indipendentemente dal proprio rangonella gerarchia istituzionale dell’organizzazione. Èimportante rilevare che ciò che conta è la compe-tenza, non l’esperienza.I primi tre principi sono rivolti alla creazione dellacosiddetta mindfulness, che Weick definisce “unaricca consapevolezza del dettaglio discriminante”:quando si agisce si sa dove si è, che cosa c’è di diversoe che cosa c’è di strano.Gli ultimi due principi sono invece rivolti al “conte-nimento”, ovveroalla reazionequalora simanifestinoelementi avversi.

Conclusioni

Il paradigma dell’approccio deterministico haconsentito di raggiungere enormi risultati appli-cati alla sicurezza. Tuttavia, come nella fisica, lasua applicazione non si concilia con i risultatiquando si opera in determinati contesti che, nelcampo dello studio degli incidenti, sono quellicaratterizzati da livelli di complessità sufficiente-mente elevati, quali quelli riscontrabili nelleorganizzazioni e nelle tecnologie da esse adottatenell’attuale società.Quello di procedere alla valutazione di “tutti” irischi rappresenta un approccio semplicistico alproblema, idealmente valido ma irrealizzabilenella pratica. I sistemi reali sono complessi e, diconseguenza, governati da non linearità e fortedipendenza dalle condizioni iniziali. Piccolieventi possono generare enormi conseguenze,secondo la ben nota metafora di Edward Lorenzdel cosiddetto “effetto farfalla”. A posteriori sem-brerà impossibile non essersi accorti per tempo diquelle che sarebbero state le conseguenze di unasingola azione e si invocherà un maggior rigorenella valutazione dei rischi, ma la verità è che laricostruzione stessa dell’evento ricercherà le causesolo sulla base di quegli elementi ancora osserva-bili, mentre molti altri elementi che pure avrannocontribuito al verificarsi dell’incidente nonsaranno rilevati, il tutto facilitato dalla possibilitàdi potersi concentrare solo sull’evento effettiva-mente accaduto, trascurando gli altri scenari che,preliminarmente, erano possibili. Questa stessasemplificazione contribuisce a perpetuare l’ideache con un’adeguata valutazione il tutto sisarebbe evitato.

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Nei sistemi complessi la sicurezza è una proprietà“emergente” dell’organizzazione. Con questo termine,derivato dalla teoria della complessità, si intende unesito che appare quando elementi semplici operano inun ambiente, dandoorigine ad un comportamento piùcomplesso in quanto collettività. Il movimento diuno stormo di storni è una proprietà emergentedel movimento dei singoli storni; eppure osser-vando i movimenti dei singoli storni non saremomai in grado di prevedere come si muoverà lostormo.

Il risultato è maggiore della somma delle sue singoleparti.Con un approccio di tipo riduzionista possiamoanche mettere in sicurezza le singole parti di unsistema, ma non è detto che il sistema nel suocomplesso sarà sicuro, poiché non si possonostudiare, a causa della complessità, le interazionitra le parti. Insistere sulla necessità dieliminare o ridurre “tutti” i rischi attraverso laloro valutazione non renderà la realtà piùsemplice.

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Rischio chimico

Import-export di sostanzepericolose: approvate le sanzioniIl D.Lgs. 10 febbraio 2017 disciplina il quadro sanzionatorio per la violazione delle disposizioni delRegolamento UE n. 649/2012 sull’esportazione e importazione di sostanze chimiche pericolose.

D.Lgs. 10 febbraio 2017 n. 28 (G.U. 18 marzo 2017, n. 65)

Disciplinasanzionatoriaper laviolazionedelledisposizionidi cuial regolamento (UE)n.649/2012sull’esportazioneedimportazione di sostanze chimiche pericolose.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAVisti gli articoli 76 e 87, della Costituzione;Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234 recante normegenerali per la partecipazione dell’Italia alla formazione eall’attuazione della normativa e delle politichedell’Unione europea ed in particolare l’articolo 33;Vista la legge 7 ottobre 2014, n. 154 recante delega alGoverno per il recepimento delle direttive europee el’attuazione di altri atti dell’Unione europea - legge didelegazione 2013 - secondo semestre ed in particolarel’articolo 2;Vista la legge 24novembre1981, n. 689 recantemodificheal sistema penale e successive modificazioni;Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, concernente disci-plina dell’attività di Governo e ordinamento della Presi-denza del Consiglio dei ministri, ed in particolare,l’articolo 14;Visto il regolamento (UE) n. 649/2012 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’esporta-zione ed importazione di sostanze chimiche pericolose;Visto il regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agliinquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva79/117/CEE;Visto il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concer-nente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e larestrizione delle sostanze chimiche (REACH);Visto il regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativoalla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio dellesostanze e delle miscele (CLP);Visto il regolamento(CE) n.1107/2009 delParlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre2009 relativo all’immissione sul mercato deiprodotti fitosanitari e che abroga le direttive delConsiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE;

Visto il regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamentoeuropeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo allamessa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi;Vista la legge 11 luglio 2002, n. 176, recante ratifica dellaconvenzione di Rotterdam sulla procedura del consensoinformato a priori per alcuni prodotti chimici e pesticidipericolosi nel commercio internazionale, con allegati,fatta a Rotterdam il 10 settembre 1998;Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, recanteattuazione della direttiva 92/32/CEE concernenteclassificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanzepericolose, e successive modificazioni;Visto il decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, recanteattuazione della direttiva 1999/45/CE e della direttiva2001/60/CE relative alla classificazione, all’imballaggioe all’etichettatura dei preparati pericolosi e successivemodificazioni;Visto il decreto legislativo 27 ottobre 2011, n. 200 recantedisciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizionidel regolamento (CE) n. 689/2008 sull’esportazione edimportazione di sostanze chimiche pericolose;Visto l’Accordo 29 ottobre 2009, n. 181/CSR ai sensidell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997,n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonomedi Trento e Bolzano concernente il sistema dei controlliufficiali e relative linee di indirizzo per l’attuazione delregolamento CE n. 1907 del Parlamento europeo e delConsiglio concernente la registrazione, la valutazione,l’autorizzazione e la restituzione delle sostanze chimiche(REACH). (Rep. n. 181/CSR);Ravvisata la necessità di fornire disposizioni per l’attua-zione del regolamento (CE) n. 649/2012 per quanto con-cerne in particolare, la disciplina sanzionatoria inerente leviolazioni delle disposizioni del citato regolamento el’individuazione delle misure necessarie affinché essesianoattuate inapplicazionedell’articolo28delmedesimoregolamento;

Legislazione

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 223

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei mini-stri, adottata nella riunione del 9 novembre 2016;Acquisito il parere della Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonomedi Trento e di Bolzano nella seduta del 22 dicembre 2016;Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni dellaCamera dei deputati e del Senato della Repubblica;Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottatanella riunione del 10 febbraio 2017;Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministrie del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministridella salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e delmare, dello sviluppo economico, dell’economia e dellefinanze e del Ministro per gli affari regionali;

EMANAil seguente decreto legislativo:

Art. 1. – Campo di applicazione

1. Il presente decreto reca la disciplina sanzionatoria per laviolazione delle disposizioni di cui al regolamento(UE) n. 649/2012, sull’esportazione ed importazione disostanze chimiche pericolose, di seguito denominato“regolamento”.

Art. 2. – Definizioni

1.Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni dicui all’articolo 3 del regolamento limitatamente ai terminieffettivamente utilizzati.2. Le Autorità nazionali designate di cui all’articolo 4 delregolamento sono il Ministero della salute, il Ministerodell’ambiente, della tutela del territorio e del mare e ilMinistero dello sviluppo economico.3. Il Ministero della salute - Direzione generale dellaprevenzione sanitaria, di seguito “Autorità designatanazionale coordinatrice”, provvede a coordinare leAutorità nazionali designate di cui al comma 2, e costitui-sce il punto di contatto per gli esportatori, per la Com-missione, per l’Agenzia europea per le sostanze chimiche(ECHA) di cui all’articolo 75 del regolamento (CE)n. 1907/2006 (REACH) e con le Autorità designate deiPaesi membri UE.

Art. 3. –Violazione degli obblighi derivanti dagli articoli8 e 15, paragrafo1, del regolamento inmateria di notifica

di esportazione trasmessa alle parti e ad altri Paesi

1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di una sostanza chimicapresente nella parte 1 dell’allegato I del regolamento ouna miscela contenente tale sostanza in concentrazionitali da far scattare l’obbligo di etichettatura ai sensi delregolamento (CE) n. 1272/2008, che non ottemperaall’obbligo di notifica di cui all’articolo 8, paragrafo 2,del regolamento, fatti salvi gli obblighi di cui all’arti-colo 8, paragrafo 6, è soggetto alla sanzione ammini-strativa pecuniaria del pagamento di una somma da5.000 euro a 30.000 euro.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di un articolo contenenteuna sostanza elencata nella parte 2 o 3 dell’allegato I delregolamento in forma non reattiva o una miscela conte-nente tale sostanza in una concentrazione tale da farscattare l’obbligo di etichettatura ai sensi dell’articolo 17,del regolamento (CE) n. 1272/2008, che non ottemperaalle disposizioni dell’articolo 15, paragrafo 1 del regola-mento è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniariadel pagamentodi una sommada10.000euroa60.000euro.3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di una sostanza chimicapresente nella parte 1, dell’allegato I, del regolamento odi una miscela contenente tale sostanza in concentra-zioni tali da far scattare l’obbligo di etichettatura ai sensidel regolamento (CE) n. 1272/2008, che non ottemperaall’obbligo di revisionedellanotifica di cui all’articolo 8,paragrafo 4, del regolamento, è soggetto alla sanzioneamministrativa pecuniaria del pagamento di una sommada 3.000 euro a 18.000 euro. La medesima sanzione siapplica, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, delregolamento, a colui che, relativamente all’operazionedi esportazione di un articolo, nonottempera all’obbligodi revisione della notifica di cui all’articolo 8,paragrafo 4.

Art. 4. – Violazione dell’obbligo derivante dall’articolo10 del regolamento in materia di informazionisull’esportazione e sull’importazione di sostanze

chimiche

1.Salvo che il fatto costituisca reato, l’esportatoreo l’importatore che entro il 31 marzo di ogni anno, noncomunica ovvero comunica in modo inesatto o incom-pleto all’Autorità designata nazionale coordinatrice di cuiall’articolo 2, comma 3, il quantitativo esportato o impor-tato nell’anno precedente, della sostanza, di unamiscela odi un articolo, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1,del regolamento, è soggetto alla sanzione amministrativapecuniaria del pagamento di una somma da 2.000 euro a12.000 euro.

Art. 5. –Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo14 del regolamento in materia di altre informazioni

diverse dall’obbligo di notifica

1. Salvo che il fatto costituisca reato, l’esportatoreche non si conforma alle decisioni contenute nellerisposte del Paese importatore di cui all’articolo 14,paragrafo 4, del regolamento, entro il termine stabi-lito, è soggetto alla sanzione amministrativa pecunia-ria del pagamento di una somma da 5.000 euro a30.000 euro.2.Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di una sostanza elencatanelle parti 2 o 3 dell’allegato I del regolamento o unamiscela contenente tale sostanza in concentrazione taleda poter far scattare l’obbligo di etichettatura ai sensi delregolamento (CE) n. 1272/2008, senza aver ottenuto

Legislazione

224 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

consenso esplicito dalla parte importatrice o da altropaese importatore, ovvero dopo la validità dello stessonei termini previsti dall’articolo 14, paragrafo 8, delregolamento ovvero in mancanza di una decisione diprocedere in assenza del consenso ovvero in assenzadell’applicabilità delle condizioni di cui all’articolo 14,paragrafo 6, del regolamento, è soggetto alla sanzioneamministrativa pecuniaria del pagamento di una sommada 15.000 euro a 90.000 euro.3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di una sostanza nei sei mesiche precedono la scadenza indicata espressamente o dedu-cibile dalla data di fabbricazione, a meno che le proprietàintrinseche della sostanza, di cui all’articolo 14, paragrafo 10,primo periodo, del regolamento lo consentano, è soggettoalla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento diuna somma da 5.000 euro a 30.000 euro.4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di un pesticida e non predi-spone l’etichetta secondo quanto previsto dall’articolo 14,paragrafo11, del regolamento, ovverononconformemente aquanto stabilito dallo stesso articolo 14, paragrafo 11, delregolamento, è soggetto alla sanzione amministrativa pecu-niaria del pagamento di una somma da 10.000 euro a 60.000euro.

Art. 6. – Violazione dell’obbligo derivante dall’articolo15, paragrafo 2, del regolamento in materia di divieto

di esportazione

1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di una sostanza chimica o diun articolo elencati nell’allegato V, del regolamento inviolazione al divieto di cui all’articolo 15, paragrafo 2, delcitato regolamento, è soggetto alla sanzione amministra-tiva pecuniaria del pagamento di una somma da 20.000euro a 120.000 euro.

Art. 7. –Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo16 del regolamento in materia di informazione sui

movimenti di transito

1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di una sostanza elencatanella parte 3 dell’allegato I del regolamento in favore diuna parte della convenzione di Rotterdam, ratificata conlegge 11 luglio 2002, n. 176, di cui all’allegato VI delmedesimo regolamento, che non comunica all’Autoritàdesignata nazionale coordinatrice di cui all’articolo 2,comma 3, le informazioni di cui all’allegato VI, richiesteda un’altra parte della convenzione citata entro i terministabiliti dall’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento, èsoggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del paga-mento di una somma da 3.000 euro a 18.000 euro.

Art. 8. –Violazione degli obblighi derivanti dall’articolo17 del regolamento in materia di informazioniobbligatorie per le sostanze chimiche esportate

1. Salvo che il fatto costituisca reato, l’esportatore disostanze chimiche che non adempie agli obblighi di

etichettatura ed imballaggio di cui all’articolo 17, para-grafo 1, del regolamento, è soggetto alla sanzione ammini-strativapecuniaria del pagamentodi una sommada10.000euro a 60.000 euro.Alla stessa sanzione soggiace chiunqueeffettua un’operazione di esportazione di sostanze chimi-che, non ottempera ovvero ottempera in modo inesatto oincompleto all’obbligo di cui all’articolo 17, paragrafo 3,del regolamento, di fornire una scheda informativa sullasicurezza conformemente alle disposizioni di cui all’arti-colo 31 del regolamento (CE) n. 1907/2006.2. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettuaun’operazione di esportazione di sostanze chimiche enon ottempera all’obbligo di apporre sull’etichetta ladata di scadenza e la data di fabbricazione delle sostanzechimiche, contemplate dall’articolo 17, paragrafo 2, oelencate nell’allegato 1 del regolamento, e se necessariola data di scadenza indicata in riferimento alla distintezone climatiche di cui all’articolo 17, paragrafo 2, delregolamento, è soggetto alla sanzione amministrativapecuniaria del pagamento di una somma da 3.000 euro a18.000 euro.

Art. 9. – Attività di vigilanza

1. L’attività di vigilanza, nonché di accertamentoe irrogazione delle sanzioni di cui al presente decretoè esercitata dalle Autorità nazionali designate di cuiall’articolo 2, comma 2, e, nell’ambito delle rispettivecompetenze, dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli,dal Corpo della Guardia di finanza e dalle regioni eprovince autonome di Trento e di Bolzano. L’attivitàdi cui al periodo precedente è esercitata dalle regioni edalle province autonome di Trento e di Bolzano sullabase degli accordi conclusi in sede di Conferenza per-manente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e leprovince autonome di Trento e di Bolzano concernentiil sistema dei controlli ufficiali e le relative linee diindirizzo.2. Al fine di permettere il coerente adeguamento delsistema di vigilanza, le “Autorità nazionali designate” dicui all’articolo 2, comma 2, l’Agenzia delle dogane e deimonopoli, ilCorpodellaGuardiadi finanza e le regioni e leprovince autonome di Trento e di Bolzano, individuano lemodalitàoperative idoneeadattuare il regolamentoanchein coerenza con i principi dello sportello unico doganale,istituito dall’articolo 4, comma57, della legge 24dicembre2003, n. 350, e le disposizioni di cui al decreto del Presi-dente del Consiglio dei ministri 4 novembre 2010, n. 242.3. È disposto, a carico del trasgressore, il sequestro ammi-nistrativo della sostanza chimica o della miscela ovvero diun articolo, non conforme, secondo le prescrizioni delpresente decreto, alle previsioni del regolamento. Lesostanze chimiche, le miscele o gli articoli sottoposti asequestro non conformi al regolamento ed elencati negliallegati I e V dello stesso, sono distrutti a cura e spese deltrasgressore.4. I soggetti che svolgono l’attività di vigilanza di cui alpresente articolo sono tenuti agli obblighi di riservatezzarelativamente, alle informazioni acquisite, in conformitàalla legislazione vigente.

Legislazione

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Art. 10. – Disposizioni di rinvio

1. Per quanto non previsto dal presente decreto si appli-cano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981,n. 689, e successive modificazioni.

Art. 11. – Disposizioni finanziarie

1. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con ilMinistro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entronovanta giorni dalla data di entrata in vigore del presentedecreto, sono stabilite, sulla base del costo effettivo delservizio, le tariffeper l’integrale coperturadei costi sostenutidall’Autorità designata nazionale coordinatrice di cuiall’articolo 2, comma 3, connessi all’espletamento dellaprocedura di notifica di esportazione e di richiesta di con-senso esplicito di cui all’articolo 8, paragrafo 8, del regola-mento e le relative modalità di versamento. Le tariffe sonoaggiornate ogni due anni con le medesime modalità.2. Dall’attuazione del presente decreto non devono deri-varenuovi omaggiori oneri a caricodella finanza pubblica.3. I soggetti pubblici interessati, svolgono le attività pre-viste dal presente decreto con le risorse umane, strumen-tali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 12. – Disposizioni finali

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presentedecreto, il decreto legislativo 27 ottobre 2011, n. 200, èabrogato.2. L’entità delle sanzioni amministrative pecuniariepreviste dal presente decreto legislativo è aggiornataogni due anni, sulla base delle variazioni dell’indicenazionale dei prezzi al consumo per l’intera colletti-vità, rilevato dall’ISTAT, mediante decreto del Mini-stro dell’economia e delle finanze, di concerto con ilMinistro della salute.3. I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioniamministrative pecuniarie di spettanza statale, per le vio-lazioni, previste dal presente decreto, sono versati all’en-trata del bilancio dello Stato.4. Nelle regioni a statuto speciale e nelle provinceautonome di Trento e di Bolzano le disposizioni delpresente decreto si applicano nel rispetto degli statutie delle relative norme di attuazione. Il presentedecreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inseritonella Raccolta ufficiale degli atti normativi dellaRepubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spettidi osservarlo e di farlo osservare.

Legislazione

226 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Rassegna della Cassazionepenalea cura di Raffaele Guariniello

13 FEBBRAIO - 2 MARZO 2017

I TERREMOTI PREVEDIBILI

Cassazione penale, Sez. IV, 13 febbraio 2017 (u.p. 11maggio 2016), n. 6604 - Pres. Blaiotta - Est. Cenci - P.M.(Diff.) Cedrangolo - Ric. P. e altri

Eccounasentenzadigrandeattualità sugli effetti disastrosi delterremoto (v., al riguardo, l’e-book Guariniello, I terremoti:obblighi e responsabilità, Gli insegnamenti della Cassazione,Wolters Kluwer, 2016).Questa volta, si addebitarono i reati di disastro colposo, omi-cidio colposo e lesioni personali colpose, a tre ingegneri e a unarchitetto per “avere cagionato il crollo o, comunque, averecooperato nel porre le condizioni del crollo di porzione dell’alanord dell’edificio sito in L’Aquila e denominato ‘Casa dellostudente’ in occasione della scossa di terremoto del 6 aprile2009,ore03.32,e la conseguentemortedi ottopersone (settestudenti universitari che risiedevano presso l’edificio ed ilportiere dello stabile), oltre al ferimento ed all’insorgenza dimalattie anche psicologiche relativamente a ventiquattro per-sone (ventitré studenti ed un altro portiere dello stabile)”. Gliingegneri furono chiamati a rispondere dei reati nelle qualità diprogettisti e direttori dei lavori, e uno dei tre con la qualifica diingegnere capo. L’architetto in veste di presidente della com-missione di collaudo dei lavori di restauro e risanamentodell’edificio sede della Casa dello studente, nonché di respon-sabile dell’area tecnica dell’azienda edi responsabile unico delprocedimento.Nel confermare la condanna, la Sez. IV ribadisce un principiotanto basilare quanto largamente trascurato dagli operatori:“In tema di causalità, un sisma non costituisce di per sé causasopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento. Iterremoti di massima intensità sono eventi rientranti tra lenormali vicende del suolo, e non possono essere consideraticome eventi eccezionali ed imprevedibili quando si verifichinoin zone già qualificate ad elevato rischio sismico, o comunqueformalmente qualificate come sismiche”.

SORVEGLIANZA SANITARIA SUI LAVORATORI SENZA ESAMI

STRUMENTALI

Cassazione penale, Sez. III, 14 febbraio 2017 (u.p.23 novembre 2016), n. 6885 - Pres. Amoresano - Est.Di Nicola - P.M. (Conf.) Policastro - Ric. G.

Una nuova, penetrante sentenza destinata a illuminare ulte-riormente obblighi e responsabilità del medico competentesempre più al centro dell’attenzione giurisprudenziale (v., daultimo, Cass. 24 agosto 2016 n. 35425, inDir. prat. lav., 2016,43, 2583).

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, un medico compe-tente fu condannato per il reato di cui all’art. 25, comma 1,lettera b), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 “per aver sottoposto avisita periodica due lavoratori, non attuando un protocollosanitario definito in funzione dei rischi specifici, consideratoche, dall’esame delle cartelle sanitarie e di rischio dei suddettilavoratori, si evinceva che gli stessi risultavano esposti arischio MMC (movimentazione manuale dei carichi) erumore”.Nel confermare la condannadelmedicocompetente, laSez. IIIpremette che, nel caso di specie, “non era stato attuato neiconfronti di due lavoratori il protocollo sanitario correlato airischi specifici, cui gli stessi lavoratori risultavanoesposti, ed inparticolare, MMC (Movimenti Manuali da Carico) e rumore,trattandosi di operai edili”, e che “i rischi, cui i lavoratori eranoesposti, risultavano indicati nelle rispettive cartelle, senza chefossero stati disposti gli accertamenti complementari atti avalutare la funzionalità dei cosiddetti organi bersaglio ossiadegli organi particolarmente esposti a rischio per effetto dellemansioni lavorative esercitate”. Osserva che, “per i lavoratoriesposti a determinati rischi professionali, il medico compe-tente, cheprocedealla visita, nonpuòbasarsi soltanto sul datoanamnestico, che potrebbe essere falsato da una sottovalu-tazione o ignoranza da parte del lavoratore, né può acconten-tarsi di prescrivere esami clinici, emettendo al contempo ungiudizio di piena idoneità, senza attendere l’esito dell’accerta-mentodiagnostico-strumentale, che, per entrambi i lavoratori,nonera stato richiesto fin dalla visita preventiva,masolo inunadelle visite periodiche successive”. Pone in rilievo che l’impu-tato “emise il giudizio di idoneità sia in esito alla visita preven-tiva che in esito alla successiva visita di controllo, senza primaacquisire ed esaminare il referto audiometrico, particolar-mente importante per via delle mansioni esercitate dai lavo-ratori, esposti al rumore, e ciò a dimostrazione di un modusprocedendi superficiale e poco rispettoso dei protocolli sani-tari”. Spiega che “i reati commessi dal medico competente inviolazionedegli obblighi posti a suocaricosono reati di pericoloastratto per la cui configurabilità non è necessario che dallaviolazione dell’obbligo derivi un danno alla salute o alla incolu-mità del lavoratore, anzi la funzione stessa del sanitario èpreordinata ad evitare tali evenienze perché il legislatore,richiedendo che la figura del medico competente sia indivi-duata sulla base di specifici parametri e nel richiedere conte-stualmente anche una comprovata esperienza professionaledel medico designato (art. 55), ha inteso evidentemente indi-viduare la figura di un medico di qualificata professionalità, ingrado di diventare il collaboratore del datore di lavoro e delresponsabile del Servizio di prevenzione e protezioneaziendale”.Quanto poi all’asserita “non precettività delle linee guida edei protocolli in considerazione dell’autonomia professionaledel medico e delle scelte di natura tecnica e discrezionaleche senza dubbio gli competono”, la Sez. III pone in luceche lo stesso imputato “si mostra avvertito del fatto che,

Giurisprudenza

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 227

sulla base della normativa di cui al D.Lgs. n. 81/2008, ilmedico competente programma ed effettua la sorveglianzasanitaria di cui all’art. 41 attraverso protocolli sanitari definitiin ragione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gliindirizzi scientifici più avanzati, sicché i protocolli sanitari, intema di prevenzione degli infortuni e delle malattie profes-sionali, non escludono che il medico aziendale possa pre-scrivere accertamenti più approfonditi di quelli necessariche, in quanto prescritti dalla buona arte medica, sonoperciò contemplati in linee guida o protocolli accreditatidalla comunità scientifica; ma proprio per questo motivo ilmedico competente non può esimersi dal prescrivere equindi deve prescrivere quelli minimi richiesti per un’effi-cace prevenzione” che, con accertamento di fatto, adegua-tamente e logicamente motivato, il Tribunale ha escluso siastata assicurata e ciò per la fondamentale ragione che nonera stato attuato nei confronti dei lavoratori il protocollosanitario correlato ai rischi specifici cui essi erano oggetti-vamente esposti in considerazione delle mansioni in con-creto esercitate”.Ultima notazione: la contravvenzione di cui all’art. 25, comma1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008 “non “si consuma almomentodella visita medica, perché l’incriminazione ha natura di reatopermanente, atteso che la condotta illecita si protrae sino almomento di ottemperanza all’obbligo di legge che, nel caso inesame, è stato osservato successivamente alla data di accer-tamento del reato con l’adempimento delle prescrizioniimposte”.(È da ricordare che già Cass. 17 settembre 2001,n. 33751, in Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavorocommentato con la giurisprudenza, Wolters Kluwer,Milano, seconda edizione, 464, ebbe a sottolineare: “Seè vero che gli esami clinici e biologici e le indaginidiagnostiche possono pure non essere a volte necessari,è anche vero che la loro effettuazione costituisce la«normalità» perché il medico possa esprimere uneventuale giudizio di non idoneità al lavoro o alla man-sione. La disposizione [già contenuta nell’art. 16, comma3, D.Lgs. n. 626/1994, e trasfusa nell’art. 41, comma 4,primo periodo, D.Lgs. n. 81/2008] dice che gli accerta-menti in questione «comprendono (e non già «possonocomprendere») gli esami e le indagini che il medicoritenga necessari in relazione al rischio connesso allaspecifica mansione, il che appunto sembra significareche la scelta del medico dovrebbe essere di solito limitatapiuttosto al tipo degli esami e delle indagini occorrenti perla valutazione del rischio connesso alla mansione con-creta e non già alla stessa effettuazione degli esami edelle indagini, che normalmente, nella generalità dei casi,dovrebbero invece ritenersi richiesti dalla disposizionelegislativa. In ogni caso, è indubbio che la disposizionein esame sta comunque a significare che il giudizio delmedico sulla inidoneità alla mansione specifica al lavorodeve normalmente essere espresso a seguito di un accer-tamento sanitario specifico, per così dire di carattereformale, espressamente diretto a formulare tale giudizio,e che tale accertamento deve essere completo ed appro-fondito, e deve comprendere tranne i casi eccezionali incui la inidoneità è evidente gli esami clinici e biologi e leindagini diagnostiche che il medico ritenga necessari inrelazione allo specifico rischio. Il che del resto appare deltutto razionale in considerazione della rilevanza e dellagravità della conseguenze che possono derivare da ungiudizio di inidoneità al lavoro o alla mansione, sia essatotale o parziale o momentanea”).

MALATTIA PROFESSIONALE E MOMENTO CONSUMATIVO

DELLA LESIONE PERSONALE COLPOSA

Cassazione penale, Sez. V, 20 febbraio 2017 (u.p. 20gennaio 2017), n. 8056 - Pres. Bruno - Est. Scordamaglia -P.M. (Conf.) Birritteri - Ric. P.C. in c. F. e altro

Da tempo la SupremaCorte non aveva occasione di occuparsidel tema relativo al momento consumativo del delitto dilesione personale colposa consistente in una malattiaprofessionale.La sentenza qui presentata torna sull’argomento in un caso incui ad avviso della parte civile “il delitto di lesioni personalicolpose non era estinto per effetto del decorso del termine diprescrizione, dovendosi individuare il relativo dies a quo nonnel momento di cessazione dell’attività lavorativa, ma nelmomento di insorgenza della malattia, coincidente con ilriscontro diagnostico di essa”.La Sez. V non condivide questa impostazione. Osserva che,“in tema di danno permanente a carico di un organo o di unafunzione e in genere, di malattia professionale, causato da, ocontratta per, carenza di presidi idonei a scongiurare un taleevento, il tempus commissi delicti non si identifica con quellodell’accertamento che, successivo al verificarsi dell’evento,nulla dice in ordine alla individuazione delmomento consuma-tivo del reato”. Precisa che, “in materia di malattia professio-nale eziologicamente connessa a fattori determinanti unaevoluzione nel tempo, il momento consumativo del reatonon è quello in cui viene meno il comportamento del respon-sabile, bensì quello dell’insorgenza della malattia prodottadalle lesioni, sicché ai fini della prescrizione il dies commissidelicti deve essere retrodatato al momento in cui risulti lamalattia in fieri, anche se non stabilizzata”, e che,“in ossequioal principio del favor rei, in ipotesi di esposizione a fattoripotenzialmente vulneranti per l’incolumità e la salute del lavo-ratore che si sia dispiegata nel tempo, l’epoca di verificazionedellamalattia, anch’essa suscettibile di evoluzione nel tempo,e, quindi, dell’evento del delitto di lesioni personali, deveessere collocata nel momento in cui se ne sono evidenziati isintomi, non in quella, successiva, in cui l’esposizione ai fattorideterminanti lamalattia - ormai eventualmente conclamata - ècessata per il venir meno del comportamento illecito deldatore di lavoro”. La conclusione è che, nel caso di specie,“l’epoca di insorgenza della malattia, asserita ma non meglioprecisata, dal ricorrente deve collocarsi in epoca anteriore almomento del venir meno dell’eventuale comportamento ille-cito del datore di lavoro per effetto della cessazione del rap-porto di subordinazione”.(In passato, Cass. 30 luglio 2001,Gonnella e altra, in ISL, 2001,10, 564, al fine di escludere la prescrizione del reato di lesionepersonale colposa consistente in una ipoacusia da rumore,osservò che“l’esposizione ai rumori lesivi del senso dell’uditoè stata sopportata dall’infortunato fino all’anno 1994, epoca incui i responsabili della azienda hanno provveduto a ridurli”, eche “fino a tale epoca l’udito del lavoratore è stato sottopostoad azione lesiva, come, del resto, dimostra la necessità del-l’accertamento audiometrico effettuato il 23 dicembre 1993”,e si era, quindi, riportata a quell’orientamento, peraltro isolato,che individua il momento consumativo del delitto di lesionepersonale colposa consistente in un’ipoacusia da rumorenelladata in cui cessa l’esposizione al fattore lesivo: v. Cass. 5agosto 1992, Diamantini e altro, in Guariniello, Sicurezza dellavoro e Corte di Cassazione, Milano, 1994, 227; contra, espli-citamente, Cass. 27 febbraio 1998, Croci, in ISL, 1998, 6, 336;

Giurisprudenza

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Cass. 12 maggio 1989, Paletti, in Guariniello, op.cit., 224. Suc-cessivamente, Cass. 6 novembre 2001, Garofoli, in ISL, 2002,1, 51, insegnò “in materia di malattia professionale (come nelcaso in esame l’ipoacusia) quello che conta, non è il venirmenodel comportamento del responsabile, ma la insorgenza dellamalattia stessa”. Discusso è, d’altra parte, se il momentoconsumativo debba essere collocato nel giorno in cui l’insor-genza e/o l’aggravamento si sia verificato ovvero sia statoaccertato. Dopo un’iniziale preferenza per la prima tesi, laSuprema Corte si orientò stabilmente verso la seconda,anchesepoi lasciò intravedereunondeggiamento traun ritornoalla prima (v., infatti, anche per i precedenti, Cass. 11 maggio1998, Lucco Borlera e altro, ibid., 1998, 9, 503; non agevol-mente comprensibile Cass. 25 febbraio 1999, Torda, ibid.,1999, 6, 365) e la conferma della seconda (Cass. 29 settembre1999, Berardi e altri, ibid., 1999, 12, 712; nonché, sostanzial-mente, Cass. 8 marzo 2000, Brunelli, ibid., 2000, 255). Cass. 6novembre 2001,Garofoli, cit., si associò a questa seconda tesi,visto che fece decorrere il termine di prescrizione dalla data incui “la malattia in questione è stata riscontrata, quando cioè glioperai erano stati sottoposti, l’uno, alla obbligatoria visitamedica, e, l’altro, al controllo ispettivo da parte della A.S.L.”.Con riguardo a un caso di tumore professionale v. Cass. 2ottobre 2003, Monti e altri, ibid., 2003, 12, 717; e a un caso didipendente adibito a lavori di scavo con martello pneumaticoproduttivi di rumori e vibrazioni e colpito da lesioni personaligravi consistite in angioneurosi, osteoartropatia, e ipoacusianeurosensoriale permanente Cass. 19 marzo 1999, Vaiana,ibid., 1999, 5, 300, ove si afferma che “nel caso di procuratamalattia, il termine prescrizionale del reato di lesioni personaliinizia a decorrere dalmomento in cui lamalattia abbia cessato lasua evoluzione e si sia stabilizzata nei suoi effetti”; e, conriguardo al caso di specie, pone in luce come “la infermità dellavoratore, manifestatasi nel 1987, sia andata sempre aggra-vandosi, almenosinoal13giugno1991,allorché ilmedesimofucostretto, per tale ragione, ad abbandonare l’insana attivitàlavorativa sino allora praticata”. Ancora Cass. 26 febbraio2010, in 2010, 26, 1489, affrontò un caso in cui il consiglieredi amministrazione delegato alla sicurezza, datore di lavoro conpoteri decisionali e di spesa - condannato per il delitto di lesionepersonalecolposa,peravercagionatoaun lavoratore lamalattiaprofessionale della angiopatia da strumenti vibranti- avevalamentato “la mancata declaratoria di estinzione del reato perintervenuta prescrizione, il cui decorso iniziale sarebbe statoerroneamente calcolato dai giudici del merito che hanno a talfine preso in considerazione la data dell’accertamento medicoinvece che quella dell’insorgenza dellamalattia professionale”.La Sez. IV non fu d’accordo. Rilevò che “il perpetuarsidell’esposizione del lavoratore alle vibrazioni del martellopneumatico, in assenza di presidi di protezione, avevanecessariamente contribuito ad aggravare la malattia ed aspostare in avanti la data di consumazione del delitto conte-stato, individuata in via definitiva solo dopo la visita specialisticadel medico dell’INAIL che ha certificato, oltre che l’insorgenza,l’entità della malattia professionale”. E considerò irrilevante“la circostanza che la malattia professionale sia stata valu-tata nella percentuale del 4%, non essendo evidentementecollegata a tale percentuale la individuazione della data in cuiil quadro clinico del lavoratore si è definitivamente chiarito”.Agevole è desumerne che il quadro della giurisprudenzaappare in materia più ampio e articolato rispetto alle duesole decisioni ora richiamate in motivazione dalla Sez. V: e,cioè, la predetta sentenza Croci e Cass. 14 giugno 1988,Pedrocchi, citata in Guariniello, op.cit., 222, in nota).

DATORE DI LAVORO PUBBLICO E DUVRI

Cassazionepenale,Sez. IV,20 febbraio2017 (u.p.9 febbraio2017), n. 8119 - Pres. Romis - Est. Pavich - P.M. (Conf.)Pinelli - Ric. B.

Un dipendente comunale occupato presso l’area ecologica“accedeva in una zona di detta area ove erano in corso ope-razioni di smaltimentodimateriali ferrosi a curadi unaditta chene aveva assunto l’appalto”, e, “in tale occasione, venivainvestito dalla caduta di una lavatrice che stava per esserecaricata su un rimorchio”.Per lesioni personali colpose fu condannato il responsabile,nell’ambito del comune, del servizio lavori pubblici manuten-zione patrimonio e servizi ambientali, “per non avere curato intale veste la compilazione del documento di valutazione deirischi da interferenze (DUVRI), omettendo così di prevederecautele e misure volte a evitare l’accesso di persone all’areaecologica durante le operazioni di carico di materiali dasmaltire”.A sua discolpa, l’imputato deduce che “egli non poteva rico-prire, nella sua qualità di funzionario comunale, la posizionedatoriale, che nell’ambito della sua amministrazione di com-petenza spetta al sindaco”, e rileva, inoltre, che “egli non hamai ricevuto una delega avente i requisiti di cui al D.Lgs. 81/2008”.Nel confermare la condanna, la Sez. IV premette che, in forzadell’art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008, “per datoredi lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri digestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigen-ziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficioavente autonomia gestionale, individuato dall’organo di ver-tice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubica-zione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svoltal’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa”.Rileva che “ciò appare perfettamente coerente con il principiodi separazione fra funzioni di indirizzo politico e di gestionenegli enti locali, ormai invalso da tempo nel nostro sistema erecepito, oltre che dal D.Lgs. n. 165/2001, anche dall’art. 107del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali,approvato con D.Lgs. n. 267/2000”. Ne desume che, “in talesistema di separazione fra le due distinte forme di responsa-bilità - politica e gestionale - non può farsi questione circa lasussistenza o meno, in capo al dirigente o al funzionariocomunale titolare di poteri di gestione e d’impegno di spesa,di unadelegadi funzioni sulmodelloeper le finalitàdi cui all’art.16, D.Lgs. n. 81/2008”, e che “siffatta delega ha rilievo lad-dove il soggetto destinatario di compiti e funzioni propri deldatore di lavoro sia, per ciò stesso, soggetto distinto dal datoredi lavoro medesimo: ciò che accade nelle ordinarie realtàaziendali e nell’ambito dei modelli organizzativi di natura pri-vatistica”. Sostiene che, “nella specie (ossia nell’ambito delmodello organizzativo tipizzato dalla legge con riguardo all’am-ministrazione comunale), l’imputato era stato individuato, conuno specifico atto, quale soggetto cui erano state conferitefunzioni specifiche comprensive dell’esercizio di poteri deci-sionali e di spesa (nei termini esplicitamente previsti dal citatoart. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008) e assumevaperciò, ope legis, la corrispondente posizione datoriale”.Spiega che, “con l’atto di individuazione, emanato ai sensidell’art. 2, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008, vengonotrasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivicomprese quelle non delegabili, il che rende non assimilabiledetto atto alla delega di funzioni disciplinata dall’art. 16 del

Giurisprudenza

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 229

medesimodecreto legislativo”,“ciò in quanto, con il suddettoatto d’individuazione, il soggetto depositario di poteri gestio-nali e di spesa assume ex lege la qualifica datoriale”. E con-clude che, “in tale veste, incombeva all’imputato lacompilazione del documento di valutazione dei rischi interfe-renziali, compito assegnato al datore di lavoro dall’art. 26,comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008 e ricompreso fra gli obblighidatoriali connessi ai contratti d’appalto o d’opera o disomministrazione”.È da notare che tutto sta a verificare se il dirigente individuatocome datore di lavoro risulti effettivamente dotato di“autonomi poteri decisionali e di spesa”, e che,per altro verso, il DUVRI di cui all’art. 26, comma 3, D.Lgs.n. 81/2008, a differenza del DVR previsto dall’art. 28 D.Lgs.n. 81/2008, non è un atto indelegabile del datore di lavoro.(Circa la figura del datore di lavoro pubblico, e, in particolare,sul datore di lavoro nell’ambito di un comune, v. Guariniello, IlT.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la giurisprudenza,ottava edizione, Milano, 2016, 25 s., con più precedenti - ivicompresa Cass. 25 giugno 2015, n. 26994 pur evocata dallasentenza qui commentata - che individuano nel sindaco ildatore di lavoro).

CONTRASTI GIURISPRUDENZIALI SULLA PRESCRIZIONE

DELL’ORGANO DI VIGILANZA COME CONDIZIONE

DI PROCEDIBILITÀ DELL’AZIONE PENALE

Cassazione penale, Sez. III, 27 febbraio 2017 (u.p. 8 giugno2016), n. 9335 - Pres. Rosi - Est. Socci - P.M. (Parz.conf.)Fimiani - Ric. M.

Cassazione penale, Sez. III, 22 febbraio 2017 (u.p. 29novembre 2016), n. 8706 - Pres. Savani - Est. Gai - P.M.(Conf.) Baldi - Ric. C.

Cassazione penale, Sez. III, 17 febbraio 2017 (u.p. 13gennaio 2017), n. 7678, - Pres. Fiale - Est. Ramacci - P.M.(Diff.) Angelillis - Ric. B.

Più che mai la giurisprudenza resta divisa su una delicataquestione di notevole rilievo concernente la procedura didefinizione amministrativa di cui all’art. 24 del D.Lgs. n. 758/1994: laprescrizionedell’organodi vigilanzacostituisce,onon,una condizione di procedibilità dell’azione penale per le con-travvenzioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro?Quasi sette anni or sono, Cass. 12 luglio 2010, Cionna e altri, inDir. prat. lav., 32, 2010, 1909, e, successivamente, Cass. 17febbraio 2011, Zecchino, in ISL, 2011, 5, 297, così comeCass.23 gennaio 2012, ibid., 2012, 4, 237, svilupparono una analisiper particolarmente approfondita della tematica inerente allaprescrizione dell’organo di vigilanza disciplinata negli artt. 19-25 D.Lgs. n. 758/1994 e richiamata nell’art. 15 D.Lgs. n. 124/2004. Quattro furono, in particolare, i punti sottolineati: “laprescrizione di regolarizzazione può - non necessariamentedeve - essere impartita dall’organo di vigilanza il quale, vuoiinizialmente (ove sia quest’ultimo a comunicare la notizia direato al P.M.), vuoi successivamente (ovesia il P.M., cheabbiaricevuto la notizia di reatoda altra fonte, ad investire l’organodivigilanza), può determinarsi a non impartirne alcuna (perché,ad es., non c’è nulla da regolarizzare, o perché la regolarizza-zione c’è già stata ed è congrua)”; “la sospensione del pro-cessopenaledi cui all’art. 23D.Lgs. n. 758/1994, nell’ipotesi incui la prescrizione di regolarizzazione sia stata impartita

dall’organo di vigilanza (ove sia quest’ultimo a comunicare lanotizia di reato al P.M.), ovvero possa ancora essere impartita(ove sia il P.M., che abbia ricevuto al notizia di reato da altrafonte, ad investire l’organo di vigilanza), non èmai sine die, maha comunque un limite temporale massimo che chiude laparentesi mirata alla conformazione da parte del trasgressorealla prescrizione di regolarizzazione impartita dall’organo divigilanza”; “non c’è alcun ‘diritto’ del contravventore a rice-vere la prescrizione di regolarizzazione dall’organo di vigilanzacon assegnazione del relativo termine per adempiere; egli ècomunque tenuto a ‘regolarizzare’ - ossia a rispettare le normedi prevenzione in materia di sicurezza e di igiene del lavoro -anche se alla prescrizione di legge non si aggiunga la prescri-zione dell’organo di vigilanza di rispettarla adottando in parti-colare ‘specifiche misure’; ma in ogni caso egli, ove abbia‘regolarizzato’ adottando misure equiparabili a quelle che l’or-gano di vigilanza avrebbe potuto impartirgli con la prescrizionedi regolarizzazione, può comunque chiedere al giudice diessere ammesso all’oblazione in misura ridotta, beneficioche non gli è precluso dal fatto che nessuna prescrizione diregolarizzazione gli sia stata impartita dall’organo di vigilanza(ciò in ragione di un’interpretazione costituzionalmente orien-tata dell’art. 24, comma 3. D.Lgs. n. 758/1994)”; “la circo-stanza che l’organo di vigilanza, nel comunicare al P.M. lanotizia di reato, non abbia impartito alcuna prescrizione diregolarizzazione all’imputato, mostrando così di determinarsia non impartirne alcuna (ciò che può legittimamente fare), nonimpedisce, nell’immediato, al trasgressore, proprio in ragionedella constatazionedell’avvenuta regolarizzazione,di chiedereall’organo di vigilanza di essere comunque ammesso all’obla-zione in sede amministrativa (ex art. 21, comma 2, D.Lgs.n. 758/1994) ovvero non impedisce, successivamente, all’im-putato di chiedere al giudice di essere ammesso all’oblazioneordinaria in sede giudiziaria nella stessa misura agevolatadell’oblazione in sede amministrativa”.Nel richiamarsi alla sentenza Cionna - pur contrastantecon molteplici decisioni di segno opposto sia antecedentisia successive - la Sez. III, nella sentenza n. 7678, ritieneche l’omessa prescrizione di regolarizzazione da partedell’organo di vigilanza ai trasgressori, come previstoper le contravvenzioni in materia di sicurezza e igienedel lavoro dall’art. 20, comma 1, D.Lgs. 19 dicembre1994, n. 758, non costituisca causa di improcedibilitàdell’azione penale, e, pertanto, perviene a questa conclu-sione: “il fatto che l’organo di vigilanza, nel comunicare lanotizia di reato al Pubblico Ministero, non abbia impartitoalcuna prescrizione di regolarizzazione all’imputato, nonpreclude, se è stata constatata l’avvenuta regolarizza-zione, la richiesta di ammissione all’oblazione in sedeamministrativa, così come non impedisce, successiva-mente, la richiesta dell’imputato al giudice di essereammesso all’oblazione ordinaria in sede giudiziaria nellastessa misura agevolata dell’oblazione in sedeamministrativa”.Per contro, la sentenza n. 8706 s’interroga sul “rilievo daattribuire all’espletamento della procedura amministra-tiva, prevista dalle disposizioni di cui al D.Lgs n. 758/1994 nel processo penale instaurato a seguito dell’accer-tamento di una violazione integrante una contravven-zione”, e, “in particolare, se l’espletamento, da partedell’organo di vigilanza della procedura di regolarizzazionedelle prescrizioni, con conseguente procedura estintivadella contravvenzione, configuri o meno una condizione diprocedibilità dell’azione penale”. Afferma che “al reatocontestato all’imputato è certamente applicabile la

Giurisprudenza

230 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

procedura di estinzione mediante oblazione prevista dalcitato decreto n. 758/1994, art. 20, trattandosi di viola-zione contravvenzionale istantanea attinente a materiaaffidata alla vigilanza della Direzione Provinciale del lavoroin ragione di quanto disposto dagli artt. 13 e 15 del D.Lgsn. 124/ 2004”. Esprime la propria adesione all’orienta-mento che, sulla base dell’esegesi della normativa,riconosce natura di condizione di procedibilità del previoespletamento della procedura di estinzione”. Prende atto,peraltro, che “deve registrarsi un diverso orientamentoespresso dalle pronunce Sez. III, n. 26758 del 12 luglio2010, Cionna e altri, e Sez. III, n. 5864 del 17 febbraio2011, Zecchino, che hanno affermato il principio secondocui non è causa di improcedibilità dell’azione penale per lecontravvenzioni in materia di infortuni e di igiene dellavoro l’omessa indicazione, ad opera dell’organo di vigi-lanza, delle prescrizioni di regolarizzazione”. Ma ritieneche, “trattandosi di reati in materia di lavoro e di legisla-zione sociale accertati dagli ispettori della direzione pro-vinciale del lavoro, debba darsi corso alla proceduraobbligatoria prevista dal D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124,art. 15, e dal D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758, art. 20 esegg., ora applicabile anche nei casi di condotte istanta-nee ed esaurite”. E annulla con rinvio la condannapronunciata dal tribunale per una violazione antinfortuni-stica, affinché si provveda a “verificare se sia stata rispet-tata la obbligatoria procedura prevista dall’art. 15 delD. Lgs. n. 124/2004 in connessione con le disposizionicontenute negli artt. 20 e segg. del D.Lgs. n. 758/1994 edadottare le conseguenti pronunce alla luce dell’affermatoprincipio secondo cui l’effettivo ed esatto verificarsi, intutti i suoi passaggi, della procedura amministrativaprevista dalle disposizioni in esame, configura unacondizione di procedibilità dell’azione penale”.Un’interpretazione, questa, fatta propria anche dallasentenza n. 9355.

LA LEZIONE DELL’INFORTUNIO PRECEDENTE

Cassazione penale, Sez. IV, 2 marzo 2017 (u.p. 17 gennaio2017), n. 10265 - Pres. Ciampi - Est. Pezzella - P.M.(Parz.conf.) Tampieri - Ric. M.

Condannato per l’infortunio a una mano occorso a unadipendente intenta a completare la pulitura di una calzaturacon uno straccio imbevuto di solvente ed entrata in contattocon l’albero rotante di una macchina spazzolatrice, il presi-dente del consiglio di amministrazione di una s.r.l. eser-cente la produzione di calzature sostiene in particolare apropria discolpa che “la lavoratrice era consapevole delrischi proprio perché, appena dieci giorni prima, avevaavuto un piccolo incidente ed era stata ripresa per l’utilizzodello straccio”.Nel confermare la condanna, la Sez. IV rileva come “del tuttonon condivisibile appare l’assunto che la lavoratrice dovevaessere edotta del rischio a causa dell’incidente avvenuto diecigiorni prima”. E spiega che “detto piccolo incidente costitui-sce piuttosto un aggravamento della responsabilità del datoredi lavoro che, proprio in ragione di tale precedente, dovevavietare l’utilizzo di stracci in prossimità della macchina”.(Eloquentemente, Cass. 27 febbraio 2013, in v. Guariniello, IlT.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la giurisprudenza,ottava edizione,Milano, 2016, 230, ebbe a sottolineare che “ilverificarsi del primo sinistro qualche mese prima di quellosubito dalla lavoratrice rappresentava un evento significativoper l’organizzazione aziendale”, e che, “in questo quadro, ilmonitoraggio degli infortuni, in specie quelli determinantilesionigravi, rappresentaunapremessa ineludibileper l’adem-pimento degli obblighi prevenzionistici (al di là degli scopi per iquali è stato istituito, con D.M. 12 settembre 1958, il cd.registro degli infortuni” [ora abolito dal D.Lgs. n. 151/2015,art. 21, comma 4]).

Giurisprudenza

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 231

ISL risponde

LAVORI ESTERNI ALL’AZIENDA SENZA RICORSO

ALL’APPALTO: SI APPLICA IL TITOLO IV?Il Titolo IV, Capo I, del D.Lgs. n. 81/2008 si applica nelcaso in cui una ditta esegua, in un luogo esterno allasede della propria azienda, con proprio personale, deilavori rientranti nell’allegato X (nel caso di specielavori relativi a parti strutturali di impianti elettrici)senza ricorrere all’appalto? In particolare la ditta deveredigere il POS?

Benché, in effetti, il rapporto esistente tra committente editte esecutrici all’interno dei cantieri temporanei o mobilisia tipicamente gestito mediante contratti d’appalto, talecondizione non è stata considerata necessaria dal legisla-tore ai fini dell’applicazione delle disposizioni del Titolo IVdel D.Lgs. n. 81/2008. Ciò che rileva, piuttosto, è lasemplice circostanza che i lavori da eseguire rientrinonella definizione di «lavori edili o di ingegneria civile»,ritenendosi in questo caso, con un certo automatismo,che i luoghi in cui essi si svolgono siano configurabilicome «cantieri temporanei o mobili» e, quindi, rientrantinel campo di applicazione del Titolo IV. Ciò è facilmenterinvenibile dalla lettura dell’art. 88, comma 1 del D.Lgsn. 81/2008, in combinato disposto con il successivo art.89, comma 1, lett. a) e l’Allegato X del medesimodecreto.Nel caso riportato dal lettore, in effetti l’esecuzione di lavorirelativi a parti strutturali di impianti elettrici rientrano nelladefinizione di «lavori edili o di ingegneria civile» e, pertanto,il luogo in cui essi saranno eseguiti è da considerarsi «cantieretemporaneo o mobile», di conseguenza soggetto alle dispo-sizioni specifiche del Titolo IV (vale la pena precisare che lacircostanza che il luogonel quale tali lavori saranno eseguiti sia“esterno alla sede della propria azienda”, non ha alcunarilevanza per il campo di applicazione del Titolo IV). Tra ledisposizioni della norma speciale per i cantieri, l’art. 96,comma 1, lett. g) del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che il datoredi lavoro di qualunque ditta esecutrice, indipendentementedalla coincidenza di tale ruolo con quello di committente,come nel caso proposto dal lettore, debba redigere unpiano operativo di sicurezza, senza alcuna eccezione.

Andrea Rotella - Ingegnere

ASCENSORI E PREVENZIONE INCENDI

Per il collegamento tra il piano terra (area produttiva) e ilprimo piano (area amministrativa) dell’azienda è pre-senteuncorposcalaconascensore. Il vanocorsae il localemacchinehannocaratteristichedi resistenza al fuocoparia quelle del resto dell’area produttiva. Avendo già altreattività soggette ai sensi del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151,anche l’ascensore è attività soggetta? Quali sono le prin-cipali caratteristiche richieste dalla normativa per la cor-retta costruzione del vano macchine dell’ascensore inmateria di prevenzione incendi?

Il D.M. 15 settembre 2005, “Approvazione della regolatecnica di prevenzione incendi per i vani degli impianti disollevamento ubicati nelle attività soggette ai controlli diprevenzione incendi” si applica, in conformità alle speci-fiche prescrizioni in materia di prevenzione incendi, ai vanidegli impianti di sollevamento installati nelle attività sog-gette ai controlli di prevenzione incendi.Ai sensi del D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151, l’ascensore nonrisultapiùattività soggettaaprevenzione incendi,ma il decretosopra indicato risulta obbligatorio per la costruzione/realizza-zione dell’ascensore e dei locali accessori ove inseriti, come inquesto caso, in attività soggetta a prevenzione incendi.Ai fini della prevenzione degli incendi, della sicurezza dellepersone e della tutela dei beni contro i rischi di incendio, i vanidegli impianti di sollevamento devono essere realizzati inmodo da:a) minimizzare le cause d’incendio;b) limitare danni alle persone ed alle cose;c) limitare danni all’edificio ed ai locali serviti;d) limitare la propagazione di un incendio ad edifici e/o localicontigui;e) consentire ai soccorritori di operare in condizioni disicurezza.Se tutte le pareti del vano di corsa (comprese tutte le porte e iportelli d’ispezione), le pareti del locale del macchinario (com-presi i setti di separazione), le pareti del locale delle pulegge dirinvio, gli spazi del macchinario e le aree di lavoro hanno lestesse caratteristiche di resistenza al fuoco del comparti-mento, allora il vano è definito di tipo “protetto” (articolo 3 -Vano di corsa).All’interno del locale del macchinario non devono essercitubazioni o installazioni diverse da quelle necessarie al funzio-namento o alla sicurezza dell’impianto.I fori di comunicazione, attraverso detti setti per passaggio difuni, cavi o tubazioni, devono avere le dimensioni minimeindispensabili (articolo 2 - Disposizioni generali).Nei locali macchine relativi ai vani protetti, in cui sono installatiimpianti di sollevamento ad azionamento idraulico, i serbatoiche contengono l’olio devono essere chiusi e costruiti inacciaio; le tubazioni per l’olio, se installate fuori del vano dicorsa, devono essere di acciaio; in alternativa, i serbatoi e letubazioni devono essere protetti dall’incendio e dotati di chiu-sure capaci di trattenere l’olio.Le aree di lavoro, poste fuori del vano di corsa, devonoessere facilmente e chiaramente individuate e devonoessere ubicate in ambienti aventi caratteristiche conformia quelle richieste per il vano di corsa di tipo “protetto”(articolo 4 - Accessi al locale del macchinario, agli spazi delmacchinario e/o alle aree di lavoro).L’aerazione del locale macchinario deve essere separatada quella del vano di corsa e dal locale pulegge e apertadirettamente verso spazi scoperti. Se l’aerazione vienerealizzata a mezzo canalizzazioni devono essere noncombustibili.L’aerazione minima deve essere non inferiore al 3% dellasuperficie in pianta del locale macchine, con un minimo di0,05 mq. Tale apertura deve essere realizzata nella parte

Casi e Questioni

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 233

alta delle pareti, protetta contro gli agenti atmosferici(articolo 5 - Aerazione dei locali del macchinario).In prossimità dell’accesso del locale macchine deve esserepresente un estintore di classe 21A-89BC idoneo per l’uso inpresenza di impianti elettrici. Nel locale machine può essere

adottato un impianto di spegnimento automatico a condi-zione che sia del tipo previsto per incendi di natura elettrica(articolo 6 - Misure di protezione attiva).

Chiara Negri-Ingegnere

Casi e Questioni

234 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

Finanziamenti per la sicurezzaa cura di Bruno Pagamici – Studio Pagamici, Macerata (*)

Nazionale

Legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, commi da 195 a 198; Decreto del Ministro dello sviluppo economico,di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, 4 novembre 2016, Gazzetta Ufficiale 21 dicembre 2016,n. 297: criteri e le modalità di concessione delle agevolazioni per le imprese già confiscate o sequestrate allacriminalità organizzata; Decreto direttoriale 30 dicembre 2016, Gazzetta Ufficiale 17 gennaio 2017, n. 13: terminie modalità di presentazione delle domande di agevolazione

Sostegno agli investimenti per la sicurezza

ITALIA – Presentazione domande: dall’11 aprile 2017 fino ad esaurimento fondiIl Ministero dello Sviluppo Economico agevola investimenti per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.L’intervento agevolativo - istituito dalla Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 195)e disciplinato con Decreto interministeriale 4 novembre 2016 - è rivolto alle:• imprese che sono state sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata o che hanno acquistato o affittatoimprese sequestrate o confiscate o loro rami di azienda:— nei procedimenti penali per i delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale e— nei procedimenti di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali, limitatamente ai soggetti destinatari di cuiall’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del Codice antimafia;• cooperative sociali assegnatarie di beni immobili confiscati;• cooperative di lavoratori dipendenti dell’impresa confiscata affittuarie di beni aziendali confiscati.Ai fini dell’ammissibilità, le imprese richiedenti dovranno essere in possesso, alla data di presentazione della domanda,dei seguenti requisiti:• essere regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese;• risultare nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in stato di scioglimento o liquidazione e non esseresottoposte a procedure concorsuali per insolvenza o ad accordi stragiudiziali o piani asseverati ai sensi dell’articolo 67,terzo comma, lettera d), della Legge Fallimentare (di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267), o ad accordi diristrutturazione dei debiti ai sensi dell’articolo 182-bis della medesima legge.Saranno escluse le imprese che hanno ricevuto e non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti individuatiquali illegali o incompatibili dalla Commissione europea.L’agevolazione consiste in un finanziamento a tasso zero, di importo compreso tra 50.000 e700.000 euro (e comunquenon superiore all’ammontare del programmadi sviluppo presentato), e di durata non inferiore a 3 anni e non superiore a10 anni, comprensivi di un periodo di preammortamento massimo di 2 anni.Per la concessione del finanziamento agevolato dovranno risultare rispettati i seguenti parametri:• patrimonializzazione: il rapporto tra patrimonio netto (articolo art. 2424 codice cod. civile, voce Passivo A) e totaledell’attivo (articolo art. 2424 codice cod. civile, voce Attivo) non potrà risultare inferiore al 5%con riferimento all’ultimobilancio approvato, qualora esistente;• capacità di rimborso: il flussodi cassa, inteso comesommadell’utile dell’esercizio (articolo 2425codice civile, voce21),degli ammortamenti materiali e immateriali (articolo 2425 codice civile, somma delle voci 10.a e 10.b), degli accantona-menti (articolo 2425 codice civile, somma delle voci 12 e 13) e degli eventuali compensi agli amministratori, non potràrisultare inferiore alla sommadegli impegni annuali per capitale derivanti dal finanziamentoagevolato richiestoe degli altrifinanziamenti già erogati all’impresa beneficiaria nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti e in essere alla data dipresentazione della domanda. L’impresa richiedente dovrà trasmette alMinistero dello Sviluppo Economico il prospettoriepilogativo dei debiti a medio e lungo termine in essere verso i soggetti finanziatori, comprensivo degli importi totali,dell’importo delle singole rate per capitale ed interessi e delle date di scadenza delle rate stesse. In caso di insufficienzadellacapacitàdi rimborso, l’ammontaredel finanziamentoagevolatosaràapprovatodalMinistero inmisura ridotta rispettoa quanto indicato nella domanda presentata dall’impresa.Le domande di accesso ai finanziamenti potranno essere inviate dalle ore 10:00 dell’11 aprile 2017 e fino alla chiusura dellosportello disposta con Decreto del Direttore Generale per gli incentivi alle imprese, esclusivamente tramite procedurainformatica disponibile all’indirizzo https://agevolazionidgiai.invitalia.it - sezione “Accoglienza Istanze DGIAI”.

(*) Bruno Pagamici è Dottore commercialista, Revisore contabile e Pubblicista.

11 aprile 2017 – 31 agosto 2017

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 235

Dalle Regioni

Decreto dirigenziale 14marzo 2017 n. 67 e avviso di rettifica, BUR 27marzo 2017 n. 26: approvazione bando relativoalla Tipologia di intervento 4.2.1 del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020

Contributi per migliorare la sicurezza nelle imprese agroalimentari

CAMPANIA - Scadenza presentazione domande: 25 maggio 2017La regioneCampania,nell’ambitodellaTipologiadi intervento4.2.1delProgrammadiSviluppoRurale2014-2020,erogacontributi per favorire la sicurezza sul lavoro.Ad essere interessate sono le imprese agroindustriali operanti nel settore della lavorazione, trasformazione, commer-cializzazione dei prodotti agricoli, che, all’atto della presentazione della domanda:• non sono “imprese in difficoltà”, ai sensi dell’art. 2, punto 14, del Regolamento (UE) n. 702/2014;• non sono oggetto di cause interdittive ai sensi del D.Lgs. n. 159/2011;•non hanno subito condanne, con sentenza passata in giudicato o con decreto penale di condanna divenutoirrevocabile, per reati di frode alimentare o sofisticazione di prodotti alimentari di cui al Titolo VI capo II e Titolo VIIIcapo II del Codice penale ed agli artt. 5, 6 e 12 della Legge n. 283/1962;• sono in regola con il pagamento dei contributi previdenziali;• possiedono, in base ad un legittimo titolo, i beni immobili oggetto dell’intervento, con l’esclusione del comodatod’uso;• dimostrano la sostenibilità economico-finanziaria del progetto. Tale requisito è soddisfatto se:— l’indice di autonomia finanziaria, dato dal rapporto tra patrimonio netto e totale passivo, èmaggiore o uguale al 25%;— il rapporto tra il costo totale del progetto proposto ed il patrimonio netto è inferiore o uguale a 3.Condizione per accedere agli aiuti è che almeno il 50% della materia prima trasformata e commercializzata sia diprovenienza extra aziendale.Sarà sostenuto l’acquisto di nuovemacchine e attrezzature per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli addetti.Il progetto dovrà riguardare la fase di lavorazione, trasformazione e la commercializzazione dei prodotti in entrata di cuiall’allegato I del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nell’ambito delle filiere di seguito elencate,mentre il prodotto ottenuto dalla trasformazione potrà non essere un prodotto elencato nell’allegato I:• ortofrutticola;• florovivaistica;• vitivinicola;• olivicolo-olearia;• cerealicola;• carne;• lattiero-casearia.Il contributo regionale, in conto capitale, sarà pari al:• 50% della spesa massima ammissibile a finanziamento per le imprese che, ai sensi della Raccomandazione2003/361/CE, sono classificabili come micro, piccole o medie imprese;• 25% della spesa massima ammissibile per le imprese che, ai sensi della Raccomandazione 2003/361/CE, non sonoclassificabili come micro, piccole o medie imprese, ma che occupano meno di 750 addetti o il cui fatturato annuo nonsupera i 200 milioni di euro (imprese intermedie ai sensi degli Orientamenti Comunitari 2006/C 319/01);• 10% della spesa massima ammissibile per le imprese che, ai sensi della Raccomandazione 2003/361/CE, sonoclassificabili come grandi imprese.Le istanzedi contributodovrannoesserepresentateentro il 25maggio2017, per via telematica, tramite la compilazionedella domanda informatizzata presente sul portale SIAN (www.sian.it).

Dalle Camere di Commercio

Deliberazione della Giunta Camerale 27 febbraio 2017 n. 10: Bando investimenti 2017

Interventi per promuovere ambienti di lavoro sicuri

ASCOLIPICENO–Scadenzapresentazionedomande:31agosto2017,salvochiusuraanticipataper esaurimento risorseContributi dalla CCIAA di Ascoli Piceno a sostegno di interventi finalizzati alla sicurezza sui luoghi di lavoro.Potranno presentare domanda le imprese che:• abbiano sede legale e/o unità locale iscritta al Registro Imprese della Camera di Commercio di Ascoli Piceno;• siano iscritte al Registro delle imprese;• siano in regola con la denuncia di inizio attività al REA (Repertorio economico amministrativo);• non siano sottoposte ad alcuna procedura concorsuale;• non abbiano subito protesti negli ultimi 2 anni;

11 aprile 2017 – 31 agosto 2017

236 Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017

• siano in regola con il pagamento del diritto annuale.Il contributo camerale sarà riconosciuto a fronte di finanziamenti bancari – di importo minimo di almeno 5.000 euroe approvati dagli istituti bancari con proprio atto dal 1° agosto 2016 al 30 maggio 2017 - destinati all’acquisto dimacchinari, impianti produttivi di nuova fabbricazione, attrezzature nonché per il rinnovo e l’adeguamento completo diimpianti.L’investimento aziendale agevolato dovrà rimanere a disposizione dell’impresa per almeno 24 mesi dalla data dellarelativa fattura e, laddove previsto, essere iscritto nello stato patrimoniale o a libro cespiti dell’impresa.Il limite massimo di contributo concedibile a ciascuna impresa è di:• per finanziamenti di importo compreso tra 5.000,00 e 15.000,00 euro: 500 euro, elevabile a 800 euro nel caso in cui ilfinanziamento sia garantito da un Confidi;• per finanziamenti di importo compreso tra 15.001,00 e 30.000,00 euro: 1.000 euro, elevabile a 1.700 euro nel caso incui il finanziamento sia garantito da un Confidi;•per finanziamenti di importooltre30.001,00euro:1.500euro,elevabile a2.300euronel caso incui il finanziamentosiagarantito da un Confidi.Le richieste di contributo dovranno essere presentate entro il 31 agosto 2017, esclusivamente per via telematicaall’indirizzo di posta elettronica certificata [email protected], indicando nell’oggetto “Bando investimenti2017”.Alla domanda dovrà essere allegata la seguente documentazione:• comunicazione di avvenuta delibera del finanziamento da parte dell’Istituto di Credito ed, eventualmente, del Confidie copia del relativo piano di ammortamento, se trattasi di linea di credito con piano di rientro;• fatture di spesa quietanzate in copia conforme all’originale per almeno il 50% dell’investimento finanziato, al nettodell’IVA (per quietanza si intende o una dichiarazione liberatoria del fornitore, o l’apposizione del timbro e della firma delfornitorecondicitura“pagato”osimilari sulla fattura stessa, ovverodocumentazionebancaria nella qualevi sia esplicitoriferimento alle fatture e che ne attesti l’avvenuto pagamento);• fotocopia di un documento di identità del firmatario.I contributi saranno assegnati secondo l’ordine cronologico di ricevimento della richiesta, fino ad esaurimento dellerisorse stanziate.

11 aprile 2017 – 31 agosto 2017

Igiene & Sicurezza del Lavoro 4/2017 237

Febbraio 2017

Norme UNI13.020 - Protezione ambientale

UNI 11226-2 Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Parte 2: Figure professionali cheeffettuano l'audit di sicurezza - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza

13.040.30 - Atmosfere nell'ambiente di lavoro

UNI EN 15051-2 Esposizione negli ambienti di lavoro - Misura della polverosità di materiali alla rinfusa - Parte 2: Metodo deltamburo rotante

13.100 - Sicurezza del macchinario

UNI 11226-1 Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Parte 1: Linee guida perl'effettuazione degli audit

13.140 - Rumore in relazione agli esseri umani

UNI EN ISO 7029 Acustica - Distribuzione statistica della soglia uditiva in funzione all’età e al sesso

13.180 - Ergonomia

UNI EN ISO 6385 Principi ergonomici nella progettazione dei sistemi di lavoro

13.200 - Controllo di incidenti e calamità

UNI 11226-1 Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Parte 1: Linee guida perl'effettuazione degli audit

UNI 11226-2 Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Parte 2: Figure professionali cheeffettuano l'audit di sicurezza - Requisiti di conoscenza, abilità e competenza

13.340.10 - Indumenti di protezione

UNI EN ISO 20471 Indumenti ad alta visibilità - Metodi di prova e requisiti

23.020.30 - Recipienti a pressione, bombole per gas

UNI EN 13110 Attrezzature e accessori per GPL - Bombole saldate di alluminio, ricaricabili e trasportabili, per gas di petrolioliquefatti (GPL) - Progettazione e costruzione

UNI EN 13445-3 Recipienti a pressione non esposti a fiamma - Parte 3: Progettazione

23.040.70 - Tubi e tubi raccordati flessibili

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