Visioni bartoliane del lavoro

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CENTRO ITALIANO DI STUDI SUL BASSO MEDIOEVO – ACCADEMIA TUDERTINA BARTOLO DA SASSOFERRATO NEL VII CENTENARIO DELLA NASCITA: DIRITTO, POLITICA, SOCIETÀ Atti del L Convegno storico internazionale Todi - Perugia, 13-16 ottobre 2013 FONDAZIONE CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO SPOLETO 2014

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CENTRO ITALIANO DI STUDI

SUL BASSO MEDIOEVO – ACCADEMIA TUDERTINA

BARTOLO DA SASSOFERRATONEL VII CENTENARIO

DELLA NASCITA:DIRITTO, POLITICA, SOCIETÀ

Atti del L Convegno storico internazionale

Todi - Perugia, 13-16 ottobre 2013

FONDAZIONE

CENTRO ITALIANO DI STUDISULL’ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

2014

INDICE

Consiglio direttivo del Centro italiano di studi sul bassomedioevo - Accademia Tudertina ........................... pag. VII

Programma del L Convegno storico internazionale ........... » IX

SEVERINO CAPRIOLI, La sorte di Bartolo ........................... » 1

PAOLA MONACCHIA, La famiglia di Bartolo e la sua discen-denza .................................................................. » 33

VINCENZO COLLI, La biblioteca di Bartolo. Intorno ad auto-grafi e copie d’autore ............................................... » 67

GERO R. DOLEZALEK, The influence of Bartolus de Saxoferratoin Scotland ........................................................... » 109

ANDREA ZORZI, Politica e istituzioni in Italia nella primametà del Trecento ................................................... » 135

BERARDO PIO, Il pensiero politico di Bartolo ...................... » 171

MARIO ASCHERI, Dai Consilia di Bartolo a un... consiliumattuale ................................................................. » 199

JULIUS KIRSHNER, Un parere di Bartolo da Sassoferrato suglieredi di defunti funzionari pubblici: il caso del Capitanodel Popolo di Pisa .................................................. » 217

MARIA GRAZIA NICO, Bartolo nelle istituzioni cittadine .......... » 253

ATTILIO BARTOLI LANGELI - MARIA ALESSANDRA PANZANELLI

FRATONI, L’ambasceria a Carlo IV di Lussemburgo ........... » 271

INDICEVI

DIEGO QUAGLIONI, Diritto e teologia: temi e modelli biblicinel pensiero di Bartolo ............................................. pag. 333

ANDREA BARTOCCI, « Minorum fratrum sacra religio ». Bar-tolo e l’Ordine dei Minori nel Trecento ........................ » 351

OSVALDO CAVALLAR, Due consulti di Bartolo sui figli nati« ex damnato coitu » e una « ardua quaestio » posta da-gli statuti di Perugia .............................................. » 373

FERDINANDO TREGGIARI, Bartolo e gli ebrei ....................... » 403

ORAZIO CONDORELLI, Bartolo e il diritto canonico ............... » 463

ANNALISA BELLONI, Bartolo studente e maestro e i suoi com-mentari ................................................................ » 559

ADOLFO GIULIANI, Una nota sul bartolismo ....................... » 585

SUSANNE LEPSIUS, Bartolus’ Auseinandersetzung mit demDigestum Novum: zwischen lectura und commentum ...... » 601

VICTOR CRESCENZI, Visioni bartoliane del lavoro ................ » 631

PAOLO MARI, Aspetti della vita quotidiana nell’opera di Bar-tolo ..................................................................... » 667

FRANCESCO FEDERICO MANCINI, « Habebat oculos veluti fixoset speculationi diu intentos ». Contributo allo studio del-l’iconografia bartoliana ........................................... » 707

VICTOR CRESCENZI

Visioni bartoliane del lavoro

Premessa. Molti degli studi 1 che ne affrontano la storia nell’etàmoderna e contemporanea collocano le origini del diritto del lavoroapprossimativamente a partire dalla seconda metà del secolo XIX,incardinandole nella codificazione, o comunque nell’età industriale ecollegandole alle prime leggi sociali 2, come se l’ambito disciplina-

1 Per l’età premoderna mi limito a ricordare, per saturam, P.S. LEICHT, Operai, artigiani,agricoltori in Italia dal secolo VI al XVI, Milano, 1959; G. ROSSI, Sul profilo della « locatiooperarum » nel mondo del lavoro dei comuni italiani secondo la legislazione statutaria, ed. provvi-soria, Milano, 1958, ora in ID., Studi e testi di storia giuridica medievale, a cura di G. GUA-LANDI e N. SARTI, Milano, 1997; C.G. MOR, Gli incunaboli del contratto di apprendistato, nel-l’Archivio giuridico “Filippo Serafini”, s. VI, vol. XXXV (CLXVI), fasc. 1-2 (1964), pp. 9-45; gli Atti del Convegno organizzato dal Centro italiano di Studi di Storia e d’Arte diPistoia (ottobre 1981) in Artigiani e salariati. Il mondo del lavoro nell’Italia dei secoli XII-XV, Pistoia, 1984; G. CHERUBINI, Artigiani e salariati nelle città italiane del tardo medioevo, inAspetti della vita economica medievale. Atti del Convegno di studi nel X anniversario dellamorte di Federigo Melis, Firenze-Prato, 10-14 marzo 1984, Firenze, 1985, pp. 728-743;R. GRECI, L’apprendistato nella Piacenza tardo-comunale tra vincoli corporativi e libertà contrat-tuali, ibid., pp. 728-743; M. BELLOMO, Il lavoro nel pensiero dei giuristi medievali. Proposte peruna ricerca, in Lavorare nel medio evo. Rappresentazioni ed esempi dall’Italia dei secc. X-XVI, 12-15 ottobre 1980, Atti del Centro di studi sulla spiritualità medievale, XXI, Todi, 1983,pp. 169-197.

2 Paradigmatica, in tal senso, è l’intitolazione del libro di L. CASTELVETRI, Il diritto dellavoro delle origini, Milano, 1994, che, se non altro, ha avuto il merito – e non è il solo –di contribuire a risollevare l’interesse per questo fenomeno e per la sua dimensione storicadopo un periodo di troppo lungo letargo; cfr., sulla questione dell’identificazione del di-ritto del lavoro come oggetto autonomo di studio, le note 1 e 2 del libro della Castelvetri,pp. 1- 5, ricche di problemi e di bibliografia. Su una medesima linea si pone il più recen-te testo di P. PASSANITI, Storia del diritto del lavoro. I. La questione del contratto di lavoro nel-

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re identificato dall’etichetta “diritto del lavoro”, appunto, corri-sponda alla cosa, ossia al fenomeno, che altro non è che la discipli-na dello scambio di lavoro contro una mercede; ovvero come se didiritto del lavoro si possa parlare soltanto a partire da quando nellaterminologia della prassi, prima ancora che in quella della scienza,si è affacciato il lemma “contratto di lavoro”, cioè, per l’esperienzadell’Italia unita, probabilmente non prima della legge 15 giugno1893, n. 295, « sulla istituzione di Collegi di probi-viri » 3, che al-l’art. 8 introduce questa locuzione, che invano si cercherebbe nelcodice civile del 1865. Del resto, al Novecento lo assegna GinoGiugni 4 – « La formazione del diritto del lavoro come area nor-mativa o disciplina speciale è un fenomeno tipico di questo secolo »– con una specificazione che tuttavia non confligge con le rapideconsiderazioni che seguono, ma piuttosto le rafforza.

Certamente, si può dire senza retorica che il lavoro esiste da quan-do esiste l’uomo come essere sociale 5 e, sebbene sia stato a lungo pre-stato prevalentemente all’interno di un rapporto materiale che ha do-minato il sistema di produzione dell’età antica qual è la schiavitù, apartire almeno dal tramonto dell’età classica e sicuramente durantequel lungo periodo che denominiamo medio evo, che è poi quello checi interessa, è divenuto oggetto di scambio economico: scambio di la-voro, appunto, contro un corrispettivo, una mercede. Non indugerò ul-teriormente su queste ovvietà, se non per ricordare come, da quando laschiavitù non costituirà più la forma prevalente di produzione di beni

l’Italia liberale (1865-1920), Milano, 2006. Le origini della disciplina sono ampiamenteindagate da G. CAZZETTA, Scienza giuridica e trasformazioni sociali. Diritto e lavoro in Italiatra Otto e Novecento, Milano, 2007, parte III, intitolata appunto Le incertezze del presente e ildilemma delle origini, della quale v. in part. il cap. 5, Il diritto del lavoro e l’insostenibile legge-rezza delle origini, pp. 291-327.

3 Sui quali v. E. REDENTI, Massimario della giurisprudenza dei probiviri, a cura e conun’Introduzione di S. CAPRIOLI, Torino, 1992; a p. 255 è riportato il testo della legge; cfr.,per es., l’art. 8, lett. i (p. 257): « lo scioglimento del contratto di lavoro e di tirocinio ».

4 È l’esordio di G. GIUGNI, Diritto del lavoro (voce per un’enciclopedia) [1979], ora in ID.,Lavoro, leggi, contratti, Bologna, 1989, p. 245.

5 V. CRESCENZI, Libertà lavoro diritto. Per una fenomenologia storica del lavoro come oggettodi considerazione giuridica, in Diritto romano attuale. Storia, metodo, cultura nella scienza giuri-dica, 15 (2006), pp. 7-66.

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e servizi, questo scambio oltreché consistenza economica, ha sicuramen-te forma giuridica, che nell’Europa medievale (per non parlare di quel-la moderna) è quella della locatio conductio, nella sua doppia specificazio-ne di locatio operarum e di locatio operis, ossia nella doppia specificazioneche riceve da due figure nelle quali l’unitario contratto della locatio con-ductio si articola. La conseguenza di prima approssimazione che derivada queste considerazioni è che le origini del diritto del lavoro andreb-bero ricercate e indagate nell’esperienza giuridica nella quale questo ri-sulta coinvolto da uno scambio giuridico, quale che sia il nome sotto ilquale il lavoro sia conosciuto in tale esperienza e di conseguenza qualeche sia il nome con il quale esso sia coinvolto dallo scambio e, infine,quale che sia la struttura che ne permetta e ne disciplini il medesimoscambio.

In altre parole, è vero che la parola “lavoro” non esiste nel linguag-gio dell’età classica 6, mentre in quello dell’età di mezzo si affaccia conmolta fatica, e quasi esclusivamente nel linguaggio della prassi, cosìcome rispecchiato dagli statuti, dove rinveniamo formule come locareoperas con significato equivalente a locare se ad laborandum (Belluno,1456) 7; è, peraltro, vero anche che un commentatore della levatura diAlberico da Rosate testimonia un’occorrenza di laborare singolarmente

6 Per l’età romano-barbarica, durante la quale dall’età classica sono travasati all’etànuova concetti, strutture e termini v. CRESCENZI, Per una semantica del lavoro giuridicamenterilevante in Isidoro da Siviglia, nella Lex Romana Visigothorum, nell’Edictum Theoderici enella Lex Visigothorum, nel volume Ravenna Capitale. Uno sguardo ad Occidente. Romani eGoti – Isidoro di Siviglia, Atti delle giornate di studio tenutesi a Ravenna il 21 e il 22 ot-tobre 2011, Santarcangelo di Romagna (Rimini), 2012, pp. 217-275; in part. v. le pp.245-256 (lemmi laborare, labor), 256-260 (lemma mercennarius), 260-274 (lemmi operari,opera, operarius, opus); e ora ID., Semantica del lavoro in alcune compilazioni dell’età romano-bar-barica, negli Atti del XX Convegno internazionale dell’Accademia Romanistica Costanti-niana dedicato a Giuliano Crifò (Spello - Perugia, 16-18 giugno 2011) in corso di stampa,dove troverai analizzati i medesimi lemmi anche nel Pactus legis Salicae e nelle LegesLangobardorum.

7 Statutorum magnificae Ciuitatis Belluni libri quatuor [a. 1456], Venetiis, 1747, III,150: « Si quis fuerit in seruitio alterius, seu alicui operas suas locauerit ad laborandum etseruiendum pro pretio [...] » (v. anche infra, nota 19, per lo statuto di Bene Vagienna);cfr. CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 4. Il problema del recesso del locator operarum edella coercizione del debitore inadempiente dai Glossatori a Bartolo, in Initium. Revista catalana dehistòria del dret, 18 (2013), pp. 329-380; qui, p. 364.

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vicina, se non proprio coincidente con l’accezione oggi corrente 8; tut-tavia, l’incertezza perfino terminologica sull’identificazione del lavo-ro come oggetto di scambio non costituisce una valida ragione, unaragione, cioè, dotata di consistenza scientifica per non considerarlooggetto di adeguata indagine storiografica per quelle esperienze sto-riche. Al contrario, compito della storiografia dovrebbe essere, datoil suo statuto critico, quello di andarlo a ricercare ed identificareproprio là dove apparentemente non trova denominazione diretta, edi studiarlo tenendo conto proprio di questo, che potremmo chia-mare gap terminologico, che, da un punto di vista critico, è in séstesso un dato che ha sicuramente enorme rilevanza storiografica.Come avrebbe potuto, infatti, una società dominata dalla schiavitù,che del lavoro è la negazione dialettica, attribuirgli una denomina-zione? Dalla persistenza di questo gap terminologico, dunque, sipossono trarre molte conclusioni, la prima delle quali concerne ilmarchio che la schiavitù ha impresso a questo fenomeno, che peral-tro appartiene all’ontologia stessa dell’essere sociale 9.

Non c’è dubbio che la realtà socioeconomica e politica dell’età dimezzo, e specificamente dell’età di ius commune, s’invera nella realtà de-gli ordinamenti cittadini: in essi prende corpo un sistema economicodi forte impronta capitalistica, ancorché limitata alla vita commercia-le 10 – e per questo si parla di capitalismo commerciale – la quale hacome presupposto un sistema produttivo di beni, ma anche di servizi,articolato in un sistema di imprese artigiane, all’interno delle quali lelavorazioni sono svolte anche da personale che possiamo schiettamentequalificare come dipendente. Per altro verso, lo stesso maestro titolaredella bottega è a sua volta legato al mercante, che di questo sistema

8 ALBERICI DE ROSATE In secundam Digesti ueteris partem Commentarii, Venetiis, 1585, D.19,2,38 [D.19,2,41, in questa edizione], l. qui operas, f. 158ra: « 4. Sed quero, aliquis lo-cauit operas suas per unam diem, laborauit pro parte, non tota die, nunquid fiat remissiomercedis pro rata? Videtur quod sic [...] ».

9 G. LUKÁCS, Ontologia dell’essere sociale [1972], trad. it., Roma, 1981; v. anche, K. PO-LANYI, La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca [1944], trad.it., Torino, 2000, p. 60.

10 CRESCENZI, Alle origini dell’economia capitalistica (ovvero: il capitalismo commerciale e il di-ritto comune), in Diritto romano attuale, 3 (2000), 11-42; ID., La formazione storica del capita-lismo commerciale, in Diritto romano attuale, 9 (2003), pp. 45-93.

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produttivo tiene le fila, da rapporti, dei quali l’entità identificata con illemma “lavoro” è protagonista 11.

Non è dunque azzardato affermare, sulla base di queste conside-razioni, che è proprio all’interno di questa esperienza giuridica riccadi grandi trasformazioni culturali e strutturali che andranno ricerca-te produttivamente le origini del diritto del lavoro, perché è pro-prio in un ambiente così connotato che questa entità inizia a pren-dere consistenza e autonomia concettuale proprio ai fini delloscambio 12.

1. È ampiamente noto – l’ho appena ricordato – che lo scambiodi lavoro contro una mercede, a partire dall’età classica, si realizzagiuridicamente per mezzo dello strumento contrattuale della locatioconductio, la quale nell’età classica, postclassica e giustinianea man-tiene una struttura fortemente unitaria; all’interno di questa strut-tura la locatio rei, la locatio operarum e la locatio operis altro non sonoche specificazioni di un unico contratto la cui funzione consiste neldisciplinare il fatto che alcune entità materiali, vale a dire alcunicorpora, sono dislocate dalla diretta e immediata disponibilità deldominus e sono collocate nella disponibilità di un altro soggetto cheassume l’obbligo di restituirle alla scadenza del termine convenuto.Questi corpora vengono trasferiti dal dominus alla controparte o per-ché ne tragga un’utilità, oppure perché li trasformi o comunque limodifichi nell’interesse e dunque ad utilità del dominus, al quale co-sì modificati saranno restituiti. La parte che consegue l’utilità infunzione della quale si ha questo trasferimento di disponibilità è te-nuta al pagamento di un corrispettivo (merces) 13.

11 Un sistema produttivo che troverai mirabilmente rappresentato da F. MELIS, Aspettidella vita economica medievale. Studi nell’Archivio Datini di Prato, vol. I, Siena, 1962.

12 Del resto, il Centro di studi sulla spiritualità medievale, insieme con l’AccademiaTudertina e l’Università di Perugia, ha dedicato, or sono trentatré anni, il convegno sultema Lavorare nel medio evo, già ricordato supra alla nota 1.

13 Sintetizzo così la ricostruzione che del contratto dà V. ARANGIO-RUIZ, Istituzioni didiritto romano, Napoli, 1934, pp. 333-336, che a tutt’oggi costituisce la migliore dottrinasu questa figura, alla quale si riconnettono il Brasiello, l’Amirante e il Martini citati infra.Questa dottrina sottolinea l’unità del contratto, indipendentemente dalla distinzione tralocatio conductio rei, locatio conductio operarum e locatio conductio operis, che costituiscono sol-

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Tale è la struttura del contratto nominato locatio conductio che ildiritto giustinianeo consegna alla Scuola di Bologna. In particolare,nella locatio operarum, come la migliore storiografia romanistica hadefinitivamente dimostrato, oggetto del contratto, nel coevo regimedi economia schiavistica, sono gli schiavi locati, identificati con iltermine “opera”, con il quale si indica in modo univoco una giorna-ta di lavoro; allo stesso modo, applicata allo scambio di lavoro del-l’uomo libero contro una mercede, oggetto del contratto è la perso-na stessa del locator, vista nella sua attitudine a prestare lavoro.Guardando le cose da un altro punto di vista, più interno allastruttura del contratto, la conclusione alla quale è pervenuta la mi-gliore storiografia è che la locatio appartiene al novero delle obliga-tiones in dando, dove l’oggetto del dare consiste nel corpus locato. Inparticolare, nella locatio operarum dell’uomo libero ciò che viene datodal locatore al conduttore è la sua stessa persona, che è posta nelladisponibilità del conduttore limitatamente alla sua attitudine e alconseguente obbligo di esplicare tante giornate di lavoro quante so-no le operae locate, naturalmente contro il pagamento della mercede.

Per quanto alcuni autori abbiano tentato di attenuare la crudezzadi questa struttura, che tale risulta soprattutto se riferita al lavoro dellibero, pretendendo una cosiddetta « rettifica dommatica » che in etàgiustinianea avrebbe trasformato la locatio operarum, e soltanto questa,in una obligatio in faciendo 14, la lettura delle fonti non lascia alcun dub-bio che la locatio operarum ancora in età giustinianea mantiene la sua

tanto episodi empirici dell’unica figura identificata dalla denominazione locatio conductio.Cfr., a questo riguardo, anche U. BRASIELLO, L’unitarietà del concetto di locazione in diritto ro-mano in Rivista italiana per le scienze giuridiche, 2 (1927), pp. 529-580 e 3, 1928, pp. 3-38;L. AMIRANTE, Ricerche in tema di locazione in Bullettino dell’Istituto di diritto romano, 62(1959), pp. 9-119; R. MARTINI, « Mercennarius ». Contributo allo studio dei rapporti di lavoroin diritto romano, Milano, 1958. Tentativi di revisione critica, con argomentazioni tuttavianon persuasive, troverai in R. FIORI, La definizione della ‘locatio conductio’. Giurisprudenza ro-mana e tradizione romanistica, Napoli, 1999.

14 F. M. DE ROBERTIS, I rapporti di lavoro nel mondo romano, Milano, 1946, p. 56, il qua-le ammette che oggetto del contratto è la persona di colui che deve prestare le operae, masoltanto nel segmento temporale più antico e comunque nel diritto classico (p. 18); per ilperiodo post-classico egli parla di una tendenza a « svincolare la concezione delle operae daogni legame di intima dipendenza dal concetto di res » (p. 19 ss.).

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natura in dando conformemente alla struttura unitaria del contratto dilocatio conductio 15, e come tale perviene all’esegesi della Scuola di Bolo-gna, che l’accoglie senza riserve: in una parola, di questa revisione dog-matica mancano proprio le prove nelle fonti. In ogni caso, aldilà deiproblemi di tassonomia tra obligationes in dando o in faciendo, che, comeè stato dimostrato ormai da tempo, in età giustinianea ha attenuato dimolto la sua importanza, è certo che l’oggetto del contratto, nella con-figurazione che continua a ricevere nei testi della compilazione, coinci-de con la persona del locator che assume l’obbligazione di operas dare,operas exhibere e simili locuzioni. La migliore confutazione di questapretesa revisione è fornita proprio dall’esegesi dei glossatori, che colgo-no, fin dalle prime generazioni, il materialismo intrinseco della strut-tura della locatio, così come continua ad essere configurata nei libri lega-les: una glossa accollata a Bulgaro e pubblicata dal Savigny, infatti, af-fronta e risolve l’apparente antinomia tra D.19,2,19,9 e D.19,2,15,6,in tema di mancata prestazione per responsabilità non riconducibile allocatore, facendo leva su questa distinzione: « aliud est cum personamconducis meam, ut operis meis utaris, aliud cum rem meam tibi locoutendam »; per ribadire più sotto: « ubi personam meam conducis, to-tius temporis pensiones uel mercedes prestabis [...] cum per me nonsteterit, sed per te uel per casum fortuitum quo minus operam meamtibi prestarem, ita tamen si ab alio residui temporis mercedem non ac-ceperim » 16. Ed invero, la soluzione proposta da Bulgaro non potrebbe

15 MARTINI, « Mercennarius » cit. (nota 13), p. 38 e passim. Cfr., da ultimo, V. CRESCEN-ZI, Varianti della subordinazione, 1. L’età tardo antica, in Studia et documenta historiae et iuris,LXXIX (2013), pp. 1079-1136; una esposizione meno estesa in ID., Assoggettare per orga-nizzare: varianti della subordinazione, negli Atti dell’Accademia Romanistica Costantiniana,XIX Convegno internazionale in memoria di F. De Marini Avonzo: Organizzare sorvegliarepunire. Il controllo dei corpi e delle menti nel diritto della tarda antichità (Spello-Perugia, 25-27giugno 2009), Roma, 2013, pp. 125-174, qui pp. 125-134.

16 V. CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 2. I Glossatori, in Initium. Revista catalanad’història del dret, 16 (2011), pp. 75-130, qui: pp. 75-76. La glossa è edita da C.F. V. SAVI-GNY, Storia del diritto romano nel medio evo [= Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter, lib.IV, § 35, nota a], trad. di E. Bollati, Torino, 1854-1857, anast. Roma, 1972, III, p. 381,B Chiose di Bulgaro, p. 382, n. 8 a D.19,2,19,9, ms. Paris. 4450. 4458a. Il « tibi » dellapenultima riga sembra di troppo e privo di senso; potrebbe costituire una sorta di ripeti-zione della stessa parola per attrazione in quanto già presente nel contesto; questo è il te-sto della glossa: « Supra titulo eodem contra, (l.) Ex conducto § item cum [D.19,2,15,6].

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essere diversa, posto che il corrispettivo è dovuto dal conduttore per ilfatto stesso di aver conseguito la disponibilità della persona del locator,ossia la disponibilità dell’oggetto del contratto, acquisita a non diversofine di quello di fare uso delle sue operae: ut operis meis utaris, appunto;l’oggetto, da un lato, e, dall’altro, il contenuto obbligatorio del con-tratto non potrebbero essere rispettivamente descritti in modo più sin-teticamente distinto ed efficace.

Non starò a ripercorrere l’intera dottrina dello Studium bologne-se e mi limiterò a far rinvio alle specifiche indagini dedicate all’ar-gomento 17; in particolare, mi limiterò a ricordare che da Piacenti-no ad Azzone, fino ad Accursio l’identificazione della locatio opera-rum è, conformemente alla dottrina di cui già Bulgaro è portavoce,quel contratto in cui è la persona dello stesso locator ad esservi de-dotta, sicché locare operas equivale a locare personam locatoris, o, secon-do una sintesi azzoniana particolarmente adeguata: « Est autem lo-catio persone reiue ad usum facta concessio, mercede in pecunia nu-meranda et conuenta » 18.

Questa configurazione, che più che la forma dello scambio dilavoro con una retribuzione è la forma stessa della subordinazione,sia pure retribuita, ha conseguenze durissime sulla sorte del locatorche intenda recedere unilateralmente anzitempo dal contratto o checomunque non adempia, poiché la sanzione per l’inadempimentocoinvolge, né potrebbe accadere altrimenti, per motivi per così diredi sistematica coerenza, la persona stessa del debitore della presta-zione. Lo vedremo meglio fra poco.

2. Questa è la struttura della locatio conductio, in particolare dellalocatio operarum, con le relative obbligazioni, vigente nell’esperienza

Solutio: hoc enim casu pensio seu merces non debetur, sed etiam soluta repetitur, nisi prorata temporis quo usus es, uel uti potuisti, quod multis casibus etiam superius ostenditur.Priore uero, idest ubi personam meam conducis, totius temporis pensiones uel mercedesprestabis, ut in hac l(ege) [D.19,2,19,9], cum per me non steterit, sed per te uel per ca-sum fortuitum quo minus operam meam tibi prestarem, ita tamen si [tibi] ab alio residuitemporis mercedem non acceperim. B(ulgarus) ».

17 CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 2 cit. (nota 16), pp. 75-130.18 AZONIS Summa Codicis, Venetiis, 1581, C.4,65, col. 454, n. 1; CRESCENZI, Varianti, 2

cit. (nota 16), p. 83.

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giuridica del tempo di Bartolo; del resto, tale struttura trova pun-tuale rappresentazione nelle norme degli statuti cittadini, dei qualiil giurista aveva certamente ottima conoscenza. Più precisamente, ladisciplina di ius proprium di alcuni aspetti del rapporto di locazionedelle opere, soprattutto di quelli inerenti all’esecuzione della presta-zione da parte del locator e all’inadempimento, con funzione com-plementare a quella dello ius commune, è scritta in testi statutari cheusano correntemente locuzioni quali locare se 19, locare personam 20 co-me perfettamente equivalenti a locare operas 21, e rimandano a quellaproposizione azzoniana qui sopra riferita: si tratta davvero di unasingolare testimonianza della coerenza del sistema dello ius communecon il suo complemento di ius proprium.

È una struttura, questa della locatio, nella quale è davvero diffi-cile rinvenire ciò che noi oggidì denominiamo con il termine “lavo-

19 Breue Curiae maris Pisanae ciuitatis [1305], ed. BONAINI, Statuti inediti della città diPisa dal XII al XIV secolo, Firenze, 1854, III, 49, De locationibus marinariorum, p. 385:« [...] marinarius qui se locauerit in aliqua naui uel ligno pro eundo in aliquo viadio[...] » [cfr. ROSSI, Sul profilo cit. (nota 1), p. 506, nota 22]; Capitula et Statuta comunitatisBaennarum ab anno 1293 [Bene Vagienna (Cuneo)], ed. J. ASSANDRIA, Romae, 1892, LXII,collatio IV, 269, « postquam locauerit se ad laborandum » [cfr. ROSSI, Sul profilo cit. (nota1), p. 506, nota 23].

20 Statutorum magnificae ciuitatis Belluni cit. (nota 7), II, 200: « De locationibus persona-rum. Si qua persona cuiuscumque conditionis fuerit, se locauerit, seu per aliam personamquamcumque, de uoluntate tamen ipsius, locata fuerit [...] » [cfr. ROSSI, Sul profilo cit. (no-ta 1), p. 507, nota 24].

21 Traggo i pochi rapidi esempi sopra riportati dall’indagine del ROSSI, Sul profilo cit.(nota 1), pp. 505 ss., che tuttavia, a dispetto dell’univocità di queste testimonianze, peral-tro distribuite su di un arco cronologico i cui estremi si situano tra il XII e il XVI secolo,non esita a far propria la tesi, secondo la quale « il legislatore statutario considera oggettodella locazione non la persona del lavoratore, ma la sua forza lavoro, la sua energia, quan-tunque alcune norme, contro l’indirizzo generale, parlino di locare se e non di locare operassuas », come se, è opportuno rilevare, tra queste locuzioni esista una sicura differenza di si-gnificato. Aggiungo che altrettanto sorprendentemente il Rossi non trae dalla disciplinastatutaria dell’inadempimento del locator le conseguenze in ordine alla coerenza sistematicache esiste tra le locuzioni quali locare se e locare personam locatoris e la repressione dell’ina-dempimento o anche del recesso unilaterale per mezzo della coercizione fisica, che si spin-ge fino alla carcerazione, da un canto, e, dall’altro, al divieto, anch’esso penalmente tutela-to, che altri assuma un lavoratore che abbia receduto unilateralmente da un contratto dilocatio operarum, ma anche di locatio operis, contravvenendo alla volontà del conduttore, ar-gomento che pure esamina con dovizia di testimonianze (pp. 523 ss.).

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ro” (anche se è opportuno sottolineare che i testi statutari che piùrealisticamente rispecchiano la vita quotidiana, esibiscono, come hosopra rilevato, locuzioni più descrittive, quali locare se ad laboran-dum, e simili): in questa struttura lo scambio avviene tra la personalocata, e correlativamente conducta, e la merces, come è icasticamentetratteggiato dalla proposizione di Azzone da ultimo citata – locatiopersone reiue ad usum facta concessio, mercede in pecunia numeranda et co-nuenta – sicché si può dire che il fenomeno “lavoro” in quella strut-tura risulta confuso con la persona stessa del locator: un’indubbiaeredità della schiavitù dalla quale questa fenomenologia scaturisce.

In particolare, l’identificazione del lavoro con la persona di coluiche vi è tenuto in forza del contratto oblitera ogni riferimento all’espli-cazione di un’attività, in una parola al “fare”, che è ciò in cui il lavoroconsiste; quel “fare” che pure, sotto l’impero del codice civile del 1865,nel lessico del quale, tuttavia, il lavoro non ha diritto di cittadinanza,sarà disciplinato all’interno di un contratto che risulta avere denomina-zione identica a quella dell’esperienza di ius commune, vale a dire il con-tratto di locazione delle opere di cui agli artt. 1568, 1570, 1627 ss. Inparticolare, l’art. 1568 definirà la locazione delle opere come quel« contratto, per cui una delle parti si obbliga a fare per l’altra una cosamediante la pattuita mercede ».

La domanda che ci si deve porre è: come è avvenuto il processoche non esito a qualificare rivoluzionario, che dal “dare” la propriapersona nella disponibilità altrui è approdato al “fare” qualcosa nel-l’interesse altrui dietro compenso? Qual è il percorso che ha avutocome traguardo quello di costituire la persona dell’obbligato all’in-terno di un contratto di locazione di opere non più come strumentodel conduttore, ma come fonte di un’attività indirizzata consapevol-mente nell’interesse altrui e perciò compensata da una mercede? Inaltre parole, a chi dobbiamo l’emersione del lavoro come attività di-stinta dalla persona del lavoratore? Infine, non è forse in questoprocesso che si devono ricercare quelle origini della storia del dirit-to del lavoro, come storia di una disciplina che stacca e considera etratta il “fare”, l’attività, che è ciò in cui il lavoro consiste, dallapersona del lavoratore, ossia del locator operarum, posto che è all’in-terno di questa figura contrattuale che comunque il lavoro saràscambiato nei secoli che precedono la stessa compilazione del codicedel 1865 e nei decenni che la seguirono?

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3. Dico subito che l’opera scientifica di Bartolo da Sassoferrato èquella che ha impresso alla storia di questa disciplina il più lucidocontributo a favore dello svolgimento di questo processo.

Con ciò, il contributo di Bartolo non soltanto risalta per la suaoriginalità di pensiero, ma s’impone per gli effetti, altrettanto luci-damente perseguiti, che dalla sua dottrina si riversano in termini ditutela della persona del locator e della sua libertà. E non posso fare ameno dal ricordare, parlando di libertà, che, secondo l’insegnamen-to di un nostro Maestro « Tutto il diritto del lavoro è ordinato ca-ratteristicamente a questo fine, alla tutela della libertà, anzi dellastessa personalità umana del lavoratore, legato da un vincolo, che,fra tutti i vincoli di contenuto patrimoniale, è il solo a porre, siapure per necessità istituzionale, un soggetto alle dipendenze di unaltro soggetto. Quella tutela segna il limite del rispetto dell’interes-se dell’imprenditore » 22: ai tempi nostri come ai tempi di Bartolo,che per certi versi (e, forse, in consonanza con Dino dal Mugello),sembra avere chiara consapevolezza di questa divisa.

L’operazione scientifica bartoliana coinvolge il contratto di loca-tio conductio nella sua tipicità in misura integrale: ne coinvolge lastruttura e la nomenclatura, dunque sia l’aspetto sostanziale, ivicompreso il regolamento dell’inadempimento, sia quello formalecon specifico riguardo alla terminologia che lo concerne.

Non sarebbe necessario sottolineare la complementarità dei dueaspetti se non servisse a mettere in evidenza la consapevolezza criti-ca e scientifica di questa che ho, appunto, denominato come un’o-perazione: quella di Bartolo è un’autentica nuova sistemazione dellamateria, che ha come esito il superamento delle aporie intrinsechealla configurazione classica, che però si perpetua nella dottrina dellaprima età di ius commune, come ho mostrato sopra; un superamentoproteso ad un più realistico ed equilibrato regolamento degli inte-ressi coinvolti, avuto riguardo alla esperienza socioeconomica dell’e-tà comunale, alla struttura di una società di liberi, che scambianonon solo beni, ma anche servizi nella nuova dimensione di un’eco-nomia mercantile caratterizzata dal capitalismo commerciale: la so-

22 F. SANTORO-PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1970, pp. 11 ss. e passim.

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cietà basata su un’economia schiavistica al servizio del consumo diuna minoranza è da tempo tramontata, né si vede come la relativastruttura giuridica sarebbe potuta sopravvivere a tale esperienzaeconomica. E ciò risulta con particolare risalto dalla disciplina del-l’inadempimento e dei relativi rimedi, anche se proprio a questo ri-guardo le resistenze volte a mantenere in vita strumenti di dominionaturalmente non mancano.

L’originalità di Bartolo, tuttavia, non si risolve nella uscita dal-la forma della locatio conductio e, segnatamente, della locatio operarume nemmeno nel superamento dell’unità del contratto con la diffe-renziazione del suo oggetto. Quello della locatio conductio è il con-tratto che egli trova nei libri legales: un contratto nominato e, dun-que, in certo senso, una struttura che per via della sua tipizzazionenon avrebbe potuto non dico ignorare, ma nemmeno travalicare conuna fuga fuori dal sistema. Al contrario, profondo conoscitore delsistema e consapevole della sua forza performativa in quanto siste-ma, ai fini dell’equilibrata composizione degli interessi in conflitto,Bartolo intraprende il proprio percorso scientifico dalla considera-zione del contratto in quanto struttura tipica dotata di un nomenperfettamente identificato e radicato nell’esperienza. Né, del resto,saprebbe dare nome diverso a quello scambio in cui una parte traeutilità da qualcosa della quale non ha diretta disponibilità – unacosa o un’attività altrui – e perciò corrisponde a chi della cosa odella attività ha tale disponibilità un corrispettivo; nei testi del di-ritto egli legge che questo scambio è regolato da un contratto tipi-co che prende il nome di locatio conductio e, in certo senso, assume,questo, come il dato normativo di partenza, la base, la pietra ango-lare di una costruzione che è compito del giurista edificare.

Sotto l’aspetto della struttura l’operazione scientifica di Bartoloè indirizzata a individuare l’oggetto dello scambio funzionale all’ac-quisto di un’utilità, che una delle parti – il conduttore – ha inte-resse a conseguire per mezzo del contratto e che, dunque in esso sioggettiva; un oggetto, che è tale, tuttavia, da mantenere inalteratal’unità della figura contrattuale della locatio conductio, perpetuando-ne, sotto lo specifico riguardo dell’unità, la configurazione classicache sarà infranta soltanto modernamente a causa dei fraintendimen-ti della Pandettistica, cui va accollata la ripartizione in tre contratticonsiderati come distinti e diversi, unificati sotto il lemma della lo-

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catio, dunque unificati soltanto dalla denominazione, vale a dire lalocatio rei, la locatio operarum e la locatio operis; una frantumazione chesarà fieramente combattuta dall’Arangio-Ruiz 23 e dal Brasiello 24,che ne hanno definitivamente dimostrato l’infondatezza dogmatica estorica.

Sotto l’aspetto terminologico la critica bartoliana, facendo levasul riconoscimento della dimensione pecuniaria dell’intera fenome-nologia dello scambio disciplinato dalla locatio conductio, consiste nelriordinamento della nomenclatura indirizzata a dare nomi univocialle parti del contratto e alle relative funzioni e obbligazioni, comevedremo tra poco.

4. L’asse intorno al quale ruota tutta l’operazione scientifica bar-toliana consiste, dunque, nell’identificare e denominare l’oggettodello scambio funzionale all’acquisto di un’utilità, che una delleparti – il conduttore – ha interesse a conseguire per mezzo del con-tratto e a questo fine s’impegna a pagare la merces.

Il processo logico seguito dal giurista prende le mosse dal testogaiano che introduce il titolo Locati conducti del Digesto, vale a direD.19,2,2, imperniato sull’analisi differenziale tra emptio e locatio: laemptio, secondo Gaio, ha la funzione di trasferire la proprietà di unacosa, oggetto del contratto, dal venditore al compratore; la locatio didisciplinare la dislocazione, dal proprietario all’artefice, dell’oro chel’artefice restituirà al proprietario dopo averlo trasformato neglianelli richiesti, ricevendone un compenso: « Quod si ego aurum de-dero mercede pro opera constituta, dubium non est, quin locatio etconductio sit ».

Bartolo segue solo formalmente le orme di Gaio, ma non l’ordi-ne dei suoi ragionamenti, perché, senza indulgere in concettualizza-zioni, affronta il problema della distinzione tra i due contratti sullabase di un criterio di prevalenza, dunque, un criterio empirico,d’indole fenomenologica.

Non è, tuttavia, nel commento ai titoli del Codice (C.4,65) odel Digesto (D.19,2) che Bartolo sviluppa pienamente la propria

23 ARANGIO-RUIZ, Istituzioni di diritto romano cit. (nota 13), pp. 333 ss.24 BRASIELLO, L’unitarietà cit. (nota 13), pp. 529-580, a. III, fasc. I (1928), pp. 3-38.

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dottrina della locatio conductio, ma nella Quaestio “Publicanus quidam”,cui egli stesso rinvia, a chiusura del commento di D.19,2,2,1: « dicut ibi optime dixi » 25. In questa articolata e interessantissima quae-stio la struttura della locatio è analizzata per sé e, ancora una volta,in controluce alla emptio, proprio con riferimento ad una situazionedotata di notevoli aspetti critici, qual è quella di cui al caso contro-verso; questo consiste in una concessione, qualificata dalle parti co-me emptio, attribuita per dieci anni dal Comune di Perugia ad unappaltatore di imposte – publicanus –, di un pedagium con i fruttipercepibili da tale tributo nonché da alcuni poderi e molini postiin curia Castri Fossati, il tutto per un corrispettivo – precium – dimille libbre da corrispondere pro rata ogni anno 26.

La questione è: può l’appaltatore pretendere che gli venga ri-messo il pagamento del corrispettivo, posto che le parti hanno de-nominato come emptio il contratto e posto che durante un determi-nato anno, a causa di eventi bellici, di una carestia, nonché di pre-cipitazioni eccezionalmente copiose egli non ha percepito alcunfrutto né dal pedaggio, né dai poderi, né dai molini, né dagli altri

25 BARTOLI Commentaria super secunda Digesti ueteris parte, Comm. ad l. locatio, § adeo,D.19,2,2,1, Venetiis, per Baptistam De Tortis, 1526, f. 122vb: « [...] aut non potest di-scerni quod uenit magis principaliter, et tunc habet locum illa questio quam disputaui,que incipit Publicanus quidam; dic ut ibi optime dixi et c. ».

26 BARTOLI Consilia, Questiones et Tractatus (in vol. IX, Index seu aureum Repertorium adomnia Consilia, Questiones et Tractatus Bartoli a Saxoferrato [...]), Venetiis, per Baptistam DeTortis, 1506, Questio quarta, f. 76va-78ra, Publicanus quidam emit et c.; in calce alla quaestio:Disputata fuit hec questio per me Bartolum a Saxoferrato minimum legum doctorem; v. f. 76va:« Publicanus quidam emit a communi Perusii pedagium et omnes fructus et usufructusredditus et prouentus qui percipientur et percipi poterunt per ipsum publicanum ex ipsopedagio et ex prediis et molendinis dicti communis positi in curia Castri Fossati usque adX. annos et non ultra pro precio mille lib. soluendarum quolibet anno prout capit pro rata[...] ». Il contenuto della quaestio è accuratamente analizzato da A. MASSIRONI, « Hic est mo-dus cognoscendi emptionem et locationem ». Una quaestio di Bartolo da Sassoferrato all’origine diun dibattito in materia di ermeneutica contrattuale, nella Rivista internazionale di diritto comune,21 (2010), pp. 171-224, che mette in luce il problema affrontato da Bartolo, configuratodall’A. essenzialmente come problema ermeneutico del rapporto tra i uerba utilizzati dalleparti e l’identificazione della loro volontà, con le relative implicazioni. Sulla datazione del-la quaestio v. ibid., pp. 175-179 e le relative note.

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edifici, che hanno subito danni ingenti, riparabili soltanto sostenen-do grandi spese 27?

La soluzione della quaestio dipende dall’identificazione della na-tura effettiva del contratto concluso tra le parti e, accertata questanatura, dal contenuto delle obbligazioni che questo genera. Natu-ralmente non è qui rilevante né possibile ripercorrere analiticamen-te i ragionamenti sviluppati dal giurista nella quaestio: dico subitoche Bartolo propende per configurare il contratto in questione, adonta della denominazione imposta dalle parti, come una locatio 28.

Del resto, rileva Bartolo, seguire pedissequamente la terminolo-gia usata dalle parti sarebbe come dare forza di legge ai uerba de-dotti nel contratto: « Nam si solum inspiceres uerba “uendo” uel“loco” esset imponere legem uerbis; et quod ista uerba non sunt cu-randa » 29. Ciò di cui si deve tener conto, sottolinea il giurista, è

27 BARTOLI Questio quarta cit. (nota 26), f. 76va: « [...] Contingit quod uno anno prop-ter guerram ex dicto pedagio nihil est perceptum et propter sterilitatem ex dictis prediisnil percepit et propter insolitam superabundantiam aquarum dicta molendina et edificiasunt destructa nec possunt refici sine magna impensa, unde ex eis similiter nihil percep-tum est; queritur an pro dicto anno debeat fieri remissio precii uel non. [...] ».

28 BARTOLI Questio quarta cit. (nota 26), f. 77ra: « Solutio. Domini nostri Iesu Christinomine inuocato, saluo semper iudicio cuiuslibet melioribus rationibus mouentis, uideturquod dictus contractus locationis fuerit et sic debeat fieri remissio precii pro illo anno, si-cut in locatione fit remissio mercedis, ut dictum est supra, in prima ratione facta pro illaparte ». Per l’analisi completa del contenuto rinvio a MASSIRONI, Una quaestio di Bartolocit. (nota 26), in part. pp. 180-197.

29 BARTOLI Questio quarta cit. (nota 26), f. 77rb, n. 2. Anche il MASSIRONI, Una quaestiodi Bartolo cit. (nota 26), pp. 192-194, rileva questa fraseologia bartoliana e la sua icastici-tà; il problema sotteso alla quaestio, tuttavia, non mi sembra tanto quello relativo alla con-trapposizione tra i uerba dedotti nel contratto e la loro esegesi letterale da una parte, e lamens contrahentium dall’altra; la contrapposizione potrebbe sorgere, secondo Bartolo, tra iprimi e la struttura che l’ordinamento, o forse il sistema oggettivamente imprime al con-tratto: in questo senso, appunto, il soggiacere pedissequamente ai uerba significherebbe da-re loro la stessa forza che è propria della legge – intesa nella sua dimensione ordinamenta-le di sistema, come tutto il discorso relativo alla locatio conductio qui svolto dimostra –,mentre soltanto alla lex è riservata la costruzione della struttura del contratto, quale chesia la sua configurazione letterale e la relativa disciplina; né Bartolo sembra sensibile a im-plicazioni volontaristiche, mentre si potrebbe dire, allargando i confini del discorso, cheegli, in certo senso, con le considerazioni che svolge nella quaestio a proposito dell’identifi-cazione del contratto effettivamente posto in essere dal Comune di Perugia e dal publicanusquidam pone le basi teoretiche del problema dell’autonomia privata e dei suoi limiti.

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come le leges trattano le fattispecie implicate dal contratto, e, sullabase di questo dato formale, indagare di quale contratto effettiva-mente si tratti: « inspicimus quomodo loquuntur leges de hoc trac-tantes [...], ita hic ex modo contrahendi inspicimus quis contractussit » 30.

Mantenendosi all’interno di questo metodo, Bartolo constatache entrambi i contratti, l’emptio uenditio e la locatio conductio, posso-no includere sia una traditio sia un factum; mentre l’elemento dellatraditio costituisce il tratto caratterizzante della emptio, sicché il fac-tum ne diviene elemento accessorio – come per il caso dell’oreficecui è commesso di confezionare anelli con oro proprio –, nella loca-tio è il factum a connotare il contratto, e la traditio vi assolve unruolo secondario – come per il caso dell’orefice cui è commesso diconfezionare anelli con oro del committente –: « et tunc aut dareseu rem transferre uenit principaliter, aut fieri per consequentiamet erit emptio, ut D. locati, l. ii., § i. [D.19,2,2,1], Insti. eodem, §item queritur [Inst.3,24,4]; nam ibi hoc principaliter agitur, ut ar-tifex det mihi anulos certe forme, quod autem ipse faciat, hoc uenitex quadam consequentia, quia ipse alias dare non potest; aut fieriuenit principaliter, rem tradi uenit per consequentiam, et erit locatioet conductio, ut D. locati, l. item si precio, § insula [D.19,2,22,2];nam ibi opera principaliter locatur: dare autem uenit ex quadamconsequentia, scilicet quia edificat in alieno » 31.

In altre parole, quando nel rapporto posto in essere da un con-tratto, nel quale concorrono sia la traditio della res, sia il factum chesi realizza sulla res, la prima prevale, nel senso che ne costituiscel’elemento che connota le obbligazioni generate dal contratto, si hauna vendita; quando è il secondo a imprimere fisionomia determi-nata e funzionale a quel rapporto si ha una locazione. Bartolo, tut-tavia, non arresta qui la sua opera di revisione della dottrina classi-ca: seguendo la logica intrinseca determinata dall’unità del contrat-to, così come risulta dai libri legales, segnatamente nel commento aD.19,2, riconduce in questa configurazione imperniata sul factumperfino la stessa locatio rei: qui il factum è il pati ovvero la patientia

30 Ibidem.31 Ibidem, f. 77ra.

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del dominus per l’uso oneroso altrui di una propria res data in loca-zione: « sed quando in contractu uenit aliquod factum ex quo nonacquiritur dominium rei uel usucapiendi conditio, tunc est locatioet conductio, ut si dominus patitur uti domo uel fundo pro certapensione ut per totum istum titulum [D.19,2,] » 32.

A questo riguardo è necessario dare il giusto risalto al lessicousato da Bartolo, segnatamente nella quaestio, dove, come si è appe-na visto, troviamo una sintesi, del tutto coerente con quanto affer-mato anche nei commentaria, che può essere stilizzata così: « aut“fieri” uenit per consequentiam; aut “fieri” uenit principaliter » 33.La locuzione verbale “fieri”, più che il sostantivato “factum”, usatoaltrove, mostra l’oggetto dell’obbligazione come un farsi, più checome un fatto compiuto, ed è a cagione di questo dinamismo in-trinseco alla locuzione che non saprei tradurre quel “fieri” altrimen-ti che con la parola “attività”; di conseguenza, si può concludereche, nella proposizione sopra riferita, Bartolo intende dire che la lo-catio si identifica per ciò, che l’attività è dedotta nel contratto infunzione causale e ne costituisce l’oggetto, diversamente da quelche accade nella vendita, della quale costituisce una conseguenzaobbligatoria.

Inoltre, la locuzione fieri, ovvero la sua traduzione con la parola« attività » travalica il presente e proietta questo oggetto nel futurocoinvolgendo l’intera durata del contratto nel corso del quale essofieri, essa attività si dispiegano; il contratto, così, si rivela come co-stitutivo di un rapporto giuridico tra le parti, un rapporto perma-

32 BARTOLI Comm. ad l. locatio, § adeo, D.19,2,2,1, cit. (nota 25), f. 122vb. Nella Questioquarta, f. 77ra-rb, il tema è trattato relativamente al pati subito dal dominus (qui, il Comu-ne di Perugia) relativamente all’acquisto dei frutti delle entità patrimoniali date in loca-zione: « (Ali)quando dubitatur quod istorum ueniat principaliter, ut in casu proposito;nam hic est dubium utrum principaliter ueniat datio siue translatio dominii fructuumpercipiendorum uel iure usufructus, patientia autem scilicet quod patiatur istum empto-rem uti frui ueniat ex quadam consequentia, sicut in usufructu, ut l. iii., § dare, D. usu-fructu [D.7,1,3 pr.,in c.], an econtra, scilicet quod pacientia principaliter, fructus autemfaciat suos ex quadam consequentia, sicut in quolibet alio colono qui conducit fundum etdominus principaliter [principalis scrib.] tenetur ad patientiam, ut l. si merces, § qui fun-dum [D.19,2,25,1], et l. si in lege, § colonus [D.19,2,24,4], cum si(milibus) ».

33 V. supra, il testo di cui alla nota 31.

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nente fino alla scadenza del termine per le operae o fino al compi-mento dell’opus e alla sua consegna a quello che per Bartolo è defi-nitivamente il conductor.

Costituirebbe, infatti, un’imperdonabile semplificazione consi-derare il factum di questa dottrina bartoliana come un’entità staticae compiuta; esso, come dimostra un passo che traggo dal commentoa D.19,2,15,6, dove il giurista affronta alcuni problemi connessicon l’inadempimento anche per l’eventualità del caso fortuito 34,consiste non tanto nell’opera staticamente considerata, ma nel dareoperas, così come per la locatio rei consiste nel praebere usum, che è undiverso modo di definire quel pati dietro compenso dell’usum altruidi una propria cosa già sopra visto: due attività, efficacemente rap-presentate dal termine fieri, che non si consumano in un singoloepisodio per così dire istantaneo – momentaneum, secondo la fraseolo-gia bartoliana 35 –, ma si realizzano in una pluralità di operazioni,dunque in un operari. Infatti, gli adempimenti che si consumano inun unico atto – e non consistono in un’attività, non consistono inun fieri – non appartengono per il nostro giurista alla fenomenolo-gia contrattuale della locatio conductio, ma a quella residuale dei con-tratti innominati, in ciascuno dei quali andranno identificati i casiin cui ciò che è dovuto è quicquam momentaneum – ut manumittere se-ruum (altrui) – che vanno piuttosto assimilati alla emptio uenditio,nella quale la res momento transfertur in alium, dai casi in cui ciò cheè dovuto habet secundum successiuum, che si situano sul versante dellalocatio conductio 36.

34 BARTOLI Comm. ad l. ex conducto actio, § item cum quidam, D.19,2,15,6, f. 124rb: « [...]et in tota ista materia appello conductorem illum qui dat pecuniam, locatorem illum quidat operas uel prebet usum rei, ut l. i. § si quis supra, depositi [D.16,3,1,9] ».

35 È il caso che Bartolo considera ibidem f. 125ra: « Ex predictis apparent multa: pri-mo, quid iuris sit in contractibus innominatis, et certe debes dicere quod ille qui debetoperas ex contractu innominato, aut debet quicquam momentaneum, ut manumittere se-ruum, et tunc seruo mortuo distinguatur, aut ante moram, aut post, sicut in contractuemptionis et uenditionis, ubi debetur res, que momento transfertur in alium, aut debeturaliquid quod habet secundum successiuum, et tunc distinguo, sicut in locatione et con-ductione, ubi repetentur ex penitentia, ut l. si pecuniam, supra de condictione ob causam[D.12,4,5]. ».

36 Ibidem, f. 125va. Ancora, commentando il Codice (C.4,65,2), locator è denominato

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5. L’interesse di Bartolo per l’analisi differenziale della locatio edell’emptio non è casuale né soggiace a mere esigenze d’indole scola-stica, tenuto conto del fatto che proprio D.19,2,2 e Inst.3,24 pr. in-troducono i rispettivi titoli Locati et conducti e De locatione et conduc-tione con la trattazione di ciò in cui queste due figure si differenzia-no. Se si guarda, infatti, agli interessi in gioco si vede come in en-trambi i contratti c’è una parte – il compratore e rispettivamente ilconduttore – che a fronte del pagamento di una determinata som-ma di denaro ricava un vantaggio economico, che è mediato e rea-lizzato da uno scambio giuridico; il problema è quello di determi-nare quale sia, tra le due parti, il traffico giuridico che qualificaquesta acquisizione.

In particolare, se si osserva la specifica funzionalità della locatiosi vede bene come il bene economico verso il quale è proteso l’inte-resse del conduttore, e che questi intende acquisire per mezzo delcontratto, non soltanto non è nella sua disponibilità, come accadenella compravendita riguardo al compratore, ma nemmeno esiste almomento della conclusione del contratto, perché questo bene verràin essere e acquisito dalla parte che paga il compenso proprio pereffetto del contratto; il compenso però non è erogato come corri-spettivo di questo bene, che non è, o non è necessariamente una res,ma un’utilità, la quale ha dimensione e rilievo meramente economi-ci: infatti è il fieri, vale a dire l’attività, il bene giuridico oggettodello scambio; in altre parole, la merces, differentemente da quel che

colui che dat operas, prestat patientiam habitandi uel facultatem ducendi aquam; quindi, di nuo-vo, dare operas, oltre che praestare patientiam costituisce il factum che si contrappone al tradi.Così in BARTOLI Commentaria super prima Codicis parte, Venetiis, per Baptistam De Tortis,1526, Comm. super l. aduersus, C.4,65,2, f. 174ra, nn. 1 e 2: « [1.] Primo est hic uidendumquis dicatur locator et quis dicatur conductor, et hic [C.4,65,2] textus uidetur uelle quodille qui prestat operas dicatur conductor, ille qui dat pecuniam dicatur locator. In contra-rium uidetur textus et ista est ueritas, quod semper iste qui dat pecuniam dicitur conduc-tor, iste qui dat operas uel pecuniam dicitur locator, uel qui prestat patientiam habitandiuel facultatem ducendi aquam et similia et ille dicatur locator, ut l. i., § si quis seruum,D. depositi [D.16,3,1,9]; non obstat hec lex quia uerbum hic “conduxisti” ponitur impro-prie, licet glosa uideatur aliter exponere, tamen nihil est dicendum. [2.] Sepe lex enimponit “conduxit” pro “locauit” et econuerso, ut l. ueteres, de actionibus empti [D.19,1,19s.] et l. si domina, supra de usufructu [C.3,33,10] ».

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accade nella vendita, è il corrispettivo di un’attività che dovrà esse-re posta in essere, nell’interesse di colui che paga, dalla parte cheessa merces riceve, ossia dal locatore. La locatio, dunque, a differenzadella vendita, e di tutti i casi di alienazione che Bartolo riconducesotto il lemma della emptio 37, non disciplina l’acquisto di un beneesistente tramite il suo trasferimento oneroso, ma l’acquisto delladisponibilità di un’attività futura, un fare, un fieri, che una delleparti esplica a vantaggio dell’altra – la prestazione di operae, la pa-tientia che altri usi della cosa propria – il cui effetto consiste nellaproduzione di un’utilità che è interesse del conduttore conseguireoppure di un prodotto finito (opus).

Questo concetto è mirabilmente formulato nel commento aD.19,2,15,6 38: locare operas oppure locare rem implica che il locatortenetur ad id quod non est in rerum natura, cioè nell’un caso alle operaefuturae, nell’altro alla patientia che altri goda della propria cosa pertutto il tempo contrattualmente stabilito oppure finché l’opus siarealizzato: « ipse locator tenetur ad id quod non est in rerum natu-ra, idest ad operas futuras uel ad patientiam tanti temporis quantilocat rem ».

Di conseguenza, il fieri, sia esso l’opera locata oppure la patientia,costituendone l’oggetto, è il fattore di unificazione delle diverse si-tuazioni che possono essere dedotte nel contratto di locazione. An-che da questo angolo visuale la struttura della locatio conductio risul-ta profondamente rinnovata dall’operazione scientifica di Bartolo;

37 BARTOLI Questio quarta cit. (nota 26), f. 77ra: « [...] quando agitur ut in alium tran-sferatur dominium rei uel usucapiendi condicio pro certo precio, et tunc constat quod estemptio; et sic loquitur totus titulus de contrahenda emptione Digestorum [D.18,1], Codi-cis [C.4,38] et Institutionum [Inst.3,23] [titulus D. de contrahenda emptione, C. de Insti.scrib.]; idem si agitur ut transferatur aliud ius, ut seruitus, usufructus, ut dicta l. cum ma-nu sata, § i. [D.18,1,80,1], de periculo et commodo rei uendite l. necessario, § i.[D.18,6,8,1], infra de usufructu, l. iii. [D.7,1,3] [...] ».

38 BARTOLI, Comm. ad l. ex conducto, § item cum quidam, D.19,2,15,6, cit. (nota 34), f.124rb; qui, f. 125ra: « [...] Nunc ad propositum, quando quis locat operas uel locat remipse locator tenetur ad id quod non est in rerum natura, idest ad operas futuras uel ad pa-tientiam tanti temporis quanti locat rem. Isto igitur casu, quando non potest prestareistam patientiam non debet habere integram mercedem, sed pro rata eius quod prestititsicut in uenditione, unde uidetis per omnia idem esse. [...] ».

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più precisamente, anche da questo angolo visuale si vede bene comenella nuova fisionomia che Bartolo imprime alla locatio conductiol’oggetto del contratto non corrisponda più ad un corpus – la res lo-cata, l’opus, la persona che s’impegna a operas dare –, ma consista nelfactum, nel fieri, nell’attività: è questa, in quanto suscettibile di sod-disfare l’interesse del conduttore, che per ciò paga la merces, il datodell’esperienza nel quale s’invera l’oggetto dello scambio, che a suavolta ha come effetto il conseguimento di un’utilità. È, dunque, perquesta strada che l’attività – il fieri – consistente in una serie diazioni che si esplicano nella misura e per la durata contrattualmen-te stabilita, entra nella struttura contrattuale; ciò vale per le operae,che in quanto tali sono univocamente una giornata di lavoro di persé indivisibile – tante operae valgono tante giornate di lavoro, sicchési può dire che l’opera incorpori la durata della prestazione –, valeper l’opus da confezionare tramite le operae quando ad essere dedottonel contratto non è un dato quantitativo, ossia le operae da prestarein un termine dato, ma qualitativo, ossia l’opus, il prodotto finito,per il quale l’attività si esplicherà per tutto il tempo necessario perla sua perfezione, vale per la patientia del proprietario che altri godadella propria res che deve essere prestata tanti temporis quanti locatrem 39.

Non sarà inutile rilevare che questo fieri, per l’argomento chepiù specificamente concerne la materia del lavoro, trova una singo-lare corrispondenza nelle locuzioni “far fare”, “far lavorare”, “far tes-sere”, “far tingnere” o più semplicemente “lavorare” che troviamonelle coeve carte in volgare di provenienza mercantile, come dimo-stra quell’autentica miniera di dati che ci ha lasciato Federigo Melisnella sua monumentale ricostruzione dell’industria laniera condottasui documenti dell’Archivio Datini di Prato 40.

6. All’interno di questa nuova struttura la nomenclatura relativaalle figure che agiscono nel contratto non può rimanere indenne, néall’osservazione critica di Bartolo sfugge il problema della termino-logia delle fonti che gli appare inficiata da ambiguità. Per elimina-

39 Ibidem.40 MELIS, Aspetti cit. (nota 11), p. 483.

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re la quale egli fa leva su due presupposti che lo guidano nell’intro-durre una nuova nomenclatura.

Il primo presupposto è il sostanziale disinteresse per la conser-vazione delle distinzioni classiche, quale quella tra locatio operarum elocatio operis; in altre parole, Bartolo non è acquiescente verso il for-malismo nominalistico, e non conserva ciò che ritiene euristicamen-te e concettualmente inutile conservare, con piena consapevolezza digiurista che ha intrapreso una strada inesplorata, ma necessaria al-l’edificazione di un’esperienza giuridica concettualmente coerentecon l’esperienza sociale ed economica del proprio tempo.

Il secondo presupposto è d’indole empirica ed è costituito dalladimensione pecuniaria della locatio conductio, alla quale ho già soprafatto riferimento.

Sulla base di queste premesse Bartolo soddisfa la forte esigenzadi univocità terminologica che innerva le considerazioni che egliformula proprio in limine al commento del titolo eponimo del Codi-ce, e lo induce ad una certa perentorietà: a dispetto di quanto èscritto nei testi del corpus legum, ma anche nell’apparato accursiano,egli afferma che semper iste qui dat pecuniam dicitur conductor, per con-cludere senza mezzi termini che ista est ueritas 41; né gli fa da osta-colo lo stesso testo che sta commentando – C.4,65,2 –, perché, so-stiene, l’uso che vi viene fatto della parola « conduxisti » è impro-prio, quantunque questo testo sembri voler stabilire – uidetur uelle –« quod ille qui prestat operas dicatur conductor, ille qui dat pecu-niam dicatur locator ». Né sfugge all’osservazione del giurista la te-stimonianza che lo stesso corpus legum sembra esibire dell’uso con-traddittorio di questa terminologia in tre frammenti (D.19,1,19 e20 e C.3,33,10); di questi, i due del Digesto contengono un riferi-mento espresso sia alla vendita, sia alla locazione, a proposito dellequali è lo stesso Gaio di D.19,1,19 a denunciare l’uso promiscuodei termini emptio e uenditio e, rispettivamente, locatio e conductio:« Veteres in emptione uenditioneque appellationibus promiscueutebantur. Idem est et in locatione et conductione ». Dinnanzi a ta-li reperti Bartolo introduce una nomenclatura dotata di valore para-

41 BARTOLI Comm. super l. aduersus, C.4,65,2 cit. (nota 36), f. 174ra, nn. 1 e 2.

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digmatico, affinché si consegua la necessaria univocità, e la erigesenz’altro a ueritas 42, come ho appena notato.

Con la medesima perentorietà egli ribadisce la regola ogni voltache lo ritiene necessario, affinché il discorso interpretativo sostan-ziale risulti chiaro e soprattutto univoco; così, nel commento aD.19,2,15,6, dove, come già rilevato, affronta alcuni problemi con-nessi con l’inadempimento, anche per l’eventualità del caso fortuito,in via preliminare alla trattazione Bartolo avverte 43: « [...] et in totaista materia appello conductorem, illum qui dat pecuniam, locatorem,illum qui dat operas uel prebet usum rei, ut l. i. § si quis supra, depo-siti [D.16,3,1,9] »; ripetendo l’enunciazione poche righe più sotto,al momento di affrontare il problema della remissio mercedis nei casiin cui il conduttore non consegua il godimento della cosa locata 44:« [...] et aduerte ne erres, quia, ut supra dixi, et hic repeto, quod intota ista materia appello conductorem eum qui dat precium, locato-rem autem appello eum qui dat operas uel prestat patientiamfruendi, ut supra depositi, l. i., § si quis seruum [D.16,3,1,9] ».

Ma possiamo davvero imputare all’imprecisione terminologicadei testi della compilazione la necessità, dichiarata da Bartolo, difare ordine nella nomenclatura della locatio conductio? Di fatto, neilibri legales, a parte alcuni episodi di trascurabile entità, la termino-logia che denomina questa fenomenologia è sostanzialmente univocae del tutto priva di ambiguità 45. In realtà, solo apparente è l’inver-sione tra la figura del locator e quella del conductor nella locatio operisrispetto alla locatio operarum: la diversa denominazione delle dueparti contrattuali è, nella struttura della locatio classica, la conse-guenza della diversa collocazione della disponibilità dell’oggetto delcontratto, vale a dire la persona del locator, in quella che concerne leoperae, la cosa locata, nella locatio rei, la materia oggetto di trasfor-mazione o di manipolazione, nella locatio operis, mentre la merces èdovuta nelle due prime figure dal conduttore, che è, in tali figure,

42 BARTOLI Comm. super C.4,65,2, f. 174ra cit. (nota 36).43 BARTOLI Comm. ad l. ex conducto, § item cum quidam, D.19,2,15,6 cit. (nota 34), f.

124rb.44 Ibidem, f. 124va.45 Cfr., in questo stesso senso, BRASIELLO, L’unitarietà cit. (nota 13), p. 531-535.

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la parte che ricava un’utilità dalla disponibilità del corpus locato, dallocatore nella terza figura – la locatio operis –, perché è questa laparte che dalla manipolazione della propria materia in funzione del-l’opus faciendum ricava l’utilità che ha da essere compensata; una vol-ta che si abbandona questa configurazione del contratto di locatiocome regolatore della collocazione della disponibilità di un oggettocorporale dal locatore al conduttore, la nomenclatura classica risultaincongrua; in altre parole, nella nuova diversa struttura costruita daBartolo, ciò che costituisce il centro d’interesse, bisognoso di disci-plina per mezzo del contratto, è, come ho mostrato sopra, la presta-zione di un’attività a fronte del pagamento di una merces, e questoflusso pecuniario assume necessariamente il criterio univoco per de-terminare funzioni e denominazioni.

L’effettivo intento che spinge Bartolo, dunque, risulta esserequello di attribuire, anche per mezzo di un’operazione d’indole ter-minologica, ma tutt’altro che nominalistica, razionalità e coerenzalogica ad una realtà che presenta connotati suoi propri, e nuovi ri-spetto a quella rispecchiata dai testi della compilazione; non per ca-so, l’interesse che maggiormente sembra dominare le operazioniscientifiche e dottrinali di Bartolo riguardano proprio le figure del-la locatio operarum e della locatio operis; queste, infatti, finiscono percostituire il modulo di riferimento dell’intera figura contrattualeche è sussunta sotto il lemma locatio conductio, incardinate come so-no sul factum – o, meglio, sul fieri –, vale a dire su ciò che Bartoloerige, come si è visto sopra, a fattore identificativo dell’intero con-tratto di locatio conductio in tutte le sue configurazioni empiriche,tale, dunque, da connotare anche la locatio rei, nella quale, come horipetutamente notato, il fieri consiste nel pati del dominus che altrifaccia uso della cosa propria.

In una parola, la direzione del flusso della pecunia determina il cri-terio univoco sulla base del quale si distribuisce il conducere e il locare,sicché il conduttore è identificato dall’obbligazione del pagamento delcompenso, quali che siano i singoli e specifici episodi contrattuali – lo-catio rei, operarum, operis – di cui in concreto si tratta, e di conseguenzaquali che siano le singole obbligazioni che gravano sul locatore, chepossono avere caratteristiche molto diverse tra di loro, come subito ve-dremo, pur se all’interno di una fenomenologia unitariamente determi-nata; e ciò perché è il conduttore che, nella nuova struttura elaborata

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da Bartolo, univocamente soddisfa un proprio interesse dotato di valorepecuniario in quanto, come sopra s’è visto, destinatario dell’attivitàprestata dal locatore.

Tenendo conto di queste considerazioni, si comprende bene co-me la nomenclatura introdotta da Bartolo, travalicando ogni consi-derazione formale, di mera denominazione, assolva alla funzionedell’identificazione degli interessi in gioco che riceva consistenzaper effetto della loro denominazione univoca. Non c’è dubbio chedietro questa fenomenologia ci sia un mondo e un’esperienza – conle relative esigenze – radicalmente diversi da quelli che avevano ge-nerato le forme della locatio romano-classica, che si rapportava adun’esperienza economica fondata sulla schiavitù, di cui la locatio ope-rarum costituisce uno specchio, nel quale ancora i glossatori, comesi è visto sopra, si riconosceranno 46. Sullo sfondo della costruzionebartoliana campeggia la struttura di un’economia di scambio, mer-cantile, nella quale la moneta assume la funzione di misura del va-lore degli interessi implicati e lo strumento per gli scambi relativi;un’economia, nella quale, inoltre, la produzione si realizza, all’inter-no del sistema corporativo proprio della società comunale, ancheper mezzo di quella divisione del lavoro che contraddistingue, peresempio, il ciclo fortemente frazionato della produzione laniera 47;questa si dispiega nelle forme a ciò idonee nei concreti e specificistrumenti contrattuali adottati per le rispettivamente concrete especifiche linee di produzione; questi strumenti consistono ora nellalocatio operarum (lavoro salariato), ora nella locatio operis (lavoro cheoggidì diremmo autonomo, ma anche cottimo) a seconda delle figu-re utilizzate dalla prassi contrattuale coeva. Per rendersene conto, sipensi alla complessa struttura produttiva che riguarda, ancora unavolta, l’industria della lana, consistente in quell’opificio virtuale cheè la fabbrica disseminata, secondo la formula del Volpe, ripresa dalMelis 48.

46 CRESCENZI, Varianti, 2 cit. (nota 16), p. 75 ss.47 MELIS, Aspetti cit. (nota 11), p. 455-480.48 Ibidem, p. 457 e nota 7, con rinvio a G. VOLPE, Il moderno capitalismo, nella Raccolta

di scritti storici in onore del prof. Giacinto Romano nel suo XXV anno d’insegnamento, Pavia,1907, p. 632. Cfr. anche B. DINI, I lavoratori dell’arte della lana a Firenze nel XIV e XV se-

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In un ambiente così dinamico e variegato, il conduttore è iden-tificato univocamente come quello che trae dal contratto un’utilitàconsistente nel godimento di una cosa che appartiene al locatoreovvero nell’attività che il locatore esegue nel di lui interesse; diconseguenza, indipendentemente da come le fonti definiscano leparti, chi trae un’utilità è denominato conduttore e per questa uti-lità paga, chi quell’utilità mette a disposizione di quest’ultimo è illocatore e perciò riceve la pecunia: questo è lo schema informato adun rigoroso realismo, all’interno del quale si costruisce la razionalitàdel contratto che consente di delineare le rispettive obbligazioni.

Non è, forse, casuale, dunque che “chonducitore” è il terminecon il quale, nelle carte mercantili relative all’industria laniera èidentificato il socio che ha funzioni di direttore tecnico della com-pagnia e in questa veste cura la provvista di personale salariato ad-detto ad alcune linee di produzione o tiene i rapporti con gli arti-giani che, lavorando formalmente in proprio, realizzano le lavora-zioni di altre linee 49.

Naturalmente Bartolo ha ben chiara la distinzione tra opera eopus 50, ma questa distinzione, che si risolve nella differenza tra atti-vità dispiegata e prodotto finito, non sembra assumere rilevanzastrutturale: sempre, infatti, di attività si tratta, sia che questa entrinel contratto nella sua dimensione quantitativa e come tale oggettodi propria autonoma valutazione, sia che entri nel contratto nellasua dimensione qualitativa, nella sua strumentalità al prodotto fini-to che a sua volta è oggetto di propria valutazione, tanto da costi-tuire la misura dell’adempimento; e invero, per la confezione di un

colo, in Artigiani e salariati. Il mondo del lavoro nell’Italia dei secoli XII-XV, Atti del X Con-vegno internazionale (Pistoia, 9.13 ottobre 1981), Pistoia, 1984, pp. 27-68, dove è rico-struita la struttura delle linee di lavorazione nell’ambito della produzione laniera.

49 MELIS, Aspetti cit. (nota 11), pp. 292-293; v., in part. il doc. 169 di p. 292.50 Cfr., per es., BARTOLI Commentaria super l. aduersus, C.4,65,2, f. 174ra: « [...] unde di-

cunt doctores hic inspiciendum esse qualitatem persone que locauit operas suas et qualita-tem operis »; cfr. anche BARTOLI Commentaria ad l. qui edem faciendam, D.19,2,30,3, n. 1, f.127ra: « Quid enim si tu conduceres operas alicuius pauperis hominis ut faceret tibi do-mum magnam et sumptuosam, quam certum est sibi non posse facere, nisi minuatim dessibi pecuniam? certe uidetur actum, ut esset ante opus perfectum sibi pecuniam minuatimprebeas [...] ».

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opus, è perfino banale ricordarlo, è pur sempre necessaria l’esecuzio-ne di operae; di conseguenza in entrambi i casi rimane fermo il ca-none, secondo il quale semper iste qui dat pecuniam dicitur conductor,iste qui dat operas dicitur locator. Sicché non sorprenderà questo passodel commento a D.19,2,35 pr. dove, dinnanzi ad un’ipotesi schiettadi locatio operis, consistente nell’edificazione di un edificio – loquiturenim ibi de eo qui locauit insulam fabricandam et insula corruit –, Barto-lo non esita a intervenire sulla terminologia del Digesto afferman-do: « nam, si bene respicis, iste qui appellatur locator proprie estconductor, ipse enim dat pecuniam et conducit operas alterius edi-ficantis », traendone le relative conseguenze in ordine alle rispettiveobbligazioni 51.

Per altro verso, in questa configurazione delle obbligazioni cor-rispettive, che nella dottrina bartoliana assume i connotati della ti-picità, posta la genericità dell’obbligazione del conductor consistentecom’è nella mera obbligazione pecuniaria, è l’obbligazione del loca-tor a costituire il dato caratterizzante, dinamico e quindi problema-tico, come vedremo subito, ancora una volta a proposito dell’ina-dempimento e dei relativi rimedi, la fisionomia dei quali assumeràdefinitivamente, nella dottrina di Bartolo, forma pecuniaria proprioa causa della configurazione strutturale dell’obbligazione del locato-re come factum.

7. Ho già sopra rilevato che la configurazione che Bartolo intro-duce nella dottrina della locatio è integrale e non si limita a ridise-gnarne la struttura; al contrario, essa incide necessariamente e in

51 BARTOLI Commentaria ad D.19,2,35 pr., f. 127va: « Nota distinctionem huius legis etaduerte ad l. superiorem, circa uersiculum quemadmodum [D.19,2,33], ergo dubito; loqui-tur enim ibi de eo qui locauit insulam fabricandam et insula corruit; nam si bene respicis,iste qui appellatur locator proprie est conductor; ipse enim dat pecuniam et conducit ope-ras alterius edificantis, unde si solum corruit euenit casus ex parte ipsius conductoris, quihic appellatur locator, et sic debet teneri ad totam mercedem, ut supra, eodem, l. sed ad-des, § cum quidam [D.19,2,19,9]; dixi plene in l. si uno, § item cum quidam, supra, eo-dem [D19,2,15,6]. Solutio: intelligas hic quod ille qui debebat edificare insulam post-quam solum corruit locauit operas suas alii, alias deberet habere totam mercedem, ut su-pra, eodem, l. si addes, § cum quidam [D.19,2,19,9] et § fi. [D.19,2,19,10] ».

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modo significativo sulla disciplina del recesso unilaterale, segnata-mente di quello del locator nella locatio operarum e nella locatio operis.

Questo aspetto della dottrina di Bartolo coinvolge il tema dellaresponsabilità contrattuale e, per la sua complessità, non potrebbeessere affrontato in tutte le sue implicazioni se non travalicando ilimiti propri di una relazione congressuale. Mi limiterò, quindi, av-valendomi dei risultati di una recente indagine 52, a mettere in ri-salto alcune linee essenziali che coinvolgono appunto il recesso uni-laterale del locator, che, nella dottrina precedente e nella prassi sta-tutaria vigente ai tempi di Bartolo, come ho rilevato en passant piùvolte, è configurato come schietto inadempimento sanzionato con lacoercizione.

Finché l’oggetto del contratto è la persona stessa del locator, ilrimedio contro il suo inadempimento, anche per via di una specifi-ca norma del Codice (C.4,65,22) 53, non può essere altro che coerci-tivo; del resto, da Azzone e dalla glossa accursiana a Odofredo, aRaniero Arsendi, a Guglielmo de Cun e a Signorolo degli Omo-dei 54 – le ardimentose tesi del quale sono caratterizzate da unestremismo che indurrà Alberico da Rosate a tacciarle come astruse-rie: « uidentur mihi multum a remotis » 55 – la dottrina sostieneche « si queras: an quis possit cogi precise operari? responde: potest, etin hoc doctores Bononie consenserunt » 56. Con il corollario, secon-do il quale, la costrizione ad eseguire esattamente – praecise – laprestazione di lavoro comporta né più, né meno che il locator potest

52 Per una prima approssimazione v. CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 4 cit. (no-ta 7), in part. pp. 368-380.

53 C.4,65,22: « Imperatores Diocletianus, Maximianus. « Si hi, contra quos supplicas, factalocatione temporis certi suas tibi locauerint operas, quatenus bona fides patitur, causa co-gnita competens iudex conuentionem seruari iubebit [a. 293] ».

54 Che troverai esposte analiticamente in CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 4 cit.(nota 7), pp. 329-368.

55 ALBERICI DE ROSATE Commentarii in primam Digesti noui partem, tit. de operis noui nun-ciatione, l. stipulatio, § siue autem [D.39,1,21,4], f. 16ra-16va, Venetiis, 1585, anast. Bolo-gna, 1979. Cfr. CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 4 cit. (nota 7), nota 26, nonché pp.355-357.

56 Sono le parole usate da Azzone nella Summa Codicis, Venetiis, 1581, C.4,65, n. 7,col. 454. Cfr. CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 4 cit. (nota 7), n. 1, lett. A, p. 330.

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poni in compedibus 57, se non adempie, vale a dire, può essere posto inceppi, privato della sua libertà personale finché non adempie, népuò liberarsi con il pagamento di una somma di danaro che risarci-sca il conduttore che non vi consente del valore dell’interesse chenon ha realizzato – id quod interest.

Del resto, la legislazione statutaria, che, lo ricordo, è specchiodella prassi, abbonda di norme di tal genere 58; una delle più seve-re, per esempio, è quella dello Statuto di Padova del 1236 59: qui,con particolare determinazione, è attribuito al datore di lavoro ilpotere di privare della libertà il lavoratore che recede, di fustigarlo

57 V. la gl. et precise cogentur, sulla parola seruari di C.4,65,22: « seruari Et precise co-gentur ad factum uel ad interesse, prout uoluerit actor, ut D. de operis noui nuntiatione,(l.) stipulatio, § siue [D.39,1,21,4], et D. de uerborum obligationibus, (l.) si fundum[D.45,1,114], et sic intelligitur, ut D. de aqua (et aque) pluuie arcende, (l.) si Ticius, §officium [D.39,3,6,6], et si contumax fuerit locator cum precise ad factum agitur, iurabi-tur in litem, ut D. eodem, (l.) si cui, § i [D.19,2,48,1] »; nonché la gl. ex hac littera, sullaparola siue di D.39,1,21,4: « siue Ex hac littera collige argumentum quod scriptor potestcogi precise ad scribendum et poni in compedibus, uel tenetur ad interesse, si hoc placeatscholari, ar(gumento) supra, quod metus causa, (l.) si cum exceptione, § perinde[D.4,2,14,9 s.] et ita concordant omnes doctores Bononie residentes, et est ratio ne turbe-tur publica utilitas, idest Studium, sicut et hic ne contemnatur edictum pretoris »; cfr.CRESCENZI, Varianti della subordinazione, 4 cit. (nota 7), n. 1, lett. B e C, pp. 330-331.

58 Qualche rapido, ma significativo esempio in CRESCENZI, Varianti della subordinazione,4 cit. (nota 7), pp. 361-368.

59 Statuti del Comune di Padova dal secolo XII all’anno 1285, a cura di A. GLORIA, Padova,1873, Libro III, c. XXVII, § 863, p. 291, De seruientibus et scutiferis. Cfr. la versione di questocapitolo tratta dall’ed. Venetiis, 1747 in ROSSI Sul profilo cit. (nota 1), p. 551, n. 175; ma v.anche ibidem, p. 527, nota 90, nonché p. 534, dove il Rossi qualifica come « durissimo » que-sto capitolo dello statuto padovano: « Statutum uetus conditum ante dictum millesimum [vale a direprima del 1236, anno che si ricava dal c. XXVI, § 862, p. 291]. Scutiferi et boarii qui stantcum aliis ad mercedem si recesserint ante terminum sine parabola dominorum uel cum rebusdominorum uel sine rebus, possint impune capi a dominis et uerberari, et ad potestatem duci,et si ducti fuerint ponantur in cathenis fori et in eis detineantur usque ad tercium diem. Etpotestas et iudices palacii teneantur dare precones uolentibus eos capere si fuerint requisiti. Etsi scutifferi uel boarii iuerint ad standum cum aliis ante terminum dominorum et sine eorumparabola, illi qui receperint eos teneantur prestare comuni solidos sexaginta pro quolibet, post-quam ei fuerit denunciatum per preconem uel per dominos quod eos non teneant. Illud intel-ligatur de mulieribus stantibus cum aliis ad precium, excepto quod non ponantur in cathenis;et domini possint uerberare et castigare seruientes suos et suas fantesellas, ita quod non de-beant eos uulnerare ».

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ed infine di addurlo dinnanzi al podestà perché sia messo in catenenella pubblica piazza per almeno tre giorni.

La posizione dottrinale di Bartolo da Sassoferrato, si staglia perla sua radicalità, per il suo sarcasmo critico, ma anche per il rigoremetodologico.

Questi, quasi incitando ad una sorta di disubbidienza civile, senon proprio di sabotaggio, gli scriptores, che sul tema sono partico-larmente presi di mira dalla dottrina di ius commune, polemizza vi-gorosamente contro la tesi della glossa accursiana e segnatamentecontro la tesi contenuta in quella gl. ex hac littera sulla parola siuedi D.39,1,21,4, che costituisce il pernio del dibattito sul problemadel recesso unilaterale dell’obbligato ad una prestazione di fare, in-torno al quale la dottrina di ius commune è intensamente impegnata:« Glossa inducit in argumentum an scriptor possit precise compelliad scribendum, et glossa dicit quod sic. Miror multum quod scrip-tores non destruunt istam glossam quando scribunt »; infatti « te-neri in compedibus est species seruitutis » 60.

60 BARTOLI A SAXOFERRATO Commentaria super prima Digesti noui parte, tit. de operis novinunciatione, l. stipulatio, § siue autem res [D.39,1,21,4], Venetiis, per Baptistam de Tortis,1526, f. 27rb: « Oppono quod non posset precise compelli ad factum, ut l. non cogen-dum, § Sabinus, supra, de procuratoribus [D.3,3,45 pr. in c.]. Solutio, ut l. sed he, § pre-tor, supra, de procuratoribus [D.3,3,13 in c.]. Glossa inducit in argumentum an scriptorpossit precise compelli ad scribendum, et glossa dicit quod sic. Miror multum quod scrip-tores non destruunt istam glossam quando scribunt, et pro ista glossa facit supra, de pro-curatoribus, l. sed he, § preter [D.3,3,35,3 in c.] et l. fideicommissa, § fi., supra, de lega-tis iii. [D.32,11,25]; in contrarium facit l. ob es, C. de actionibus et obligationibus[C.4,10,12]. Preterea, teneri in compedibus est species seruitutis, ut l. ii., infra, de liberohomine exhibendo [D.43,29,2], ergo non potest fieri per pactum, ut l. Titio, (§) ii., supra,de condicionibus et demonstrationibus [D.35,1,71,2]. Item facit l. in stipulationibus, §operarum, infra, de uerborum obligationibus [D.45,1,54,1] et ratio est quia in obligationefacti succedit obligatio ad interesse, ut l. si quis ab alio, infra, de re iudicata [D.42,1,13],l. stipulationes non diuiduntur, uer. Celsus, infra, de uerborum obligationibus [D.45,1,72in c.] et in hoc residet Dynus, nisi forte esset electa industria persone, ut l. inter artifices,infra de solutionibus [D.46,3,31] et Cynus determinat in l. i., C. qui bonis cedere possunt[C.7,71,1]; sed credo quod non posset compelli ad factum quando factum est in obligatio-ne ex conuentione partium extra iudicium, ut l. in stipulationibus, § operarum[D.45,1,54,1]; dicam plene in l. stipulationes non diuiduntur [D.45,1,72]; ad istam le-gem respondet Dynus et bene quod hic est in stipulatione in obligatione legali factum uelin obligatione hominis que succedit in loco obligationis legalis ».

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Gli assi portanti su cui si fonda la critica bartoliana sono due:in primo luogo il giurista confuta la liceità stessa dell’uso del carce-re e comunque della coazione per indurre il debitore della presta-zione ad adempiere: la coazione, infatti, in questi casi costituisce,afferma Bartolo, come ho appena mostrato, una forma di schiavitù:teneri in compedibus est species seruitutis 61.

In secondo luogo, però, Bartolo elabora una dottrina dei rimediper l’inadempimento che si fonda sull’analisi della struttura delleobligationes facti, al novero delle quali appartiene quella che scaturi-sce dalla locatio; avvalendosi dell’argomento che trae da D.42,1,13,infatti, egli identifica il principio – ratio – che sovrintende al pro-blema del recesso e dell’inadempimento; secondo tale principio inobligatione facti succedit obligatio ad interesse 62. In sintesi, se dalla di-sciplina generale delle omnes faciendi obligationes, contenuta inD.42,1,13,1 deriva la possibilità del recesso unilaterale, non ne de-riva l’obliterazione dell’obbligo del debitore della prestazione a face-re quod promisit; venendo meno la quale prestazione, a causa del re-cesso, si produce pur sempre un inadempimento che obbliga il de-bitore recedente a ristorare il creditore del danno che gli deriva dal-la mancata prestazione, da risarcire nei limiti dell’id quod interest.

In una parola, con il contratto si costituisce in capo alle parti laresponsabilità per l’inadempimento, dalla quale scaturiscono le ob-bligazioni che succedono a quella contrattualmente assunta; questaresponsabilità è uno dei contenuti del rapporto posto in essere dalcontratto che si aggiunge al contenuto obbligatorio tipico consi-stente nel dovere di adempiere sul quale convergono le volontà del-le parti. È questa, in ultima istanza, la ratio che sovrintende alla di-sciplina qui messa in luce che va nella direzione della configurazio-ne di tale responsabilità come schiettamente patrimoniale. Ora, perquanto la nozione di responsabilità contrattuale per l’inadempimen-to in quanto tale, nella sua configurazione strutturale unitaria 63,

61 Ibidem.62 Ibidem.63 Cfr. L. MENGONI, Responsabilità contrattuale (diritto vigente), nell’Enciclopedia del diritto,

39, Milano, 1988; cfr. anche I. BIROCCHI – U. PETRONIO, Responsabilità contrattuale (dirittointermedio), ibidem, nonché F.M. DE ROBERTIS, Responsabilità contrattuale (diritto romano),

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non risulti dalla lettura dei testi di Bartolo qui presi in considera-zione, si può tuttavia affermare che in questa costruzione della ratioche fa sì che in obligatione facti succedit obligatio ad interesse si possaintravvedere il germe concettuale di un principio in base al quale ildebitore della prestazione, se non adempie l’obbligazione contrat-tualmente assunta, è strutturalmente tenuto a compensare il credi-tore per la mancata realizzazione dell’interesse implicato nel con-tratto con il pagamento di un’adeguata somma di danaro: che è co-me riaffermare il precetto secondo il quale il debitore è obbligatoad adempiere e se non lo fa pone in essere un comportamento anti-giuridico, del quale risponde al creditore (facendo salva la questionedei limiti per l’impossibilità).

D’altra parte, nel commento a D.45,1,72, cui fa rinvio, Bartolostesso, in un testo di grande interesse e complessità, che merita un’ana-lisi specifica, la quale, tuttavia, esula dall’economia di questo contribu-to, dibatte la questione, concludendo, contro la glossa accursiana 64 –ma accogliendo l’opinione di Dino dal Mugello – per la tesi, secondola quale l’interesse est in obligatione, e non in petitione, né in condemnationeiudicis 65: « [...] glossa que est supra, de re iudicata, l. si quis ab alio §fi. [D.42,1,13,1] dicit quod interesse non est in obligatione, nec in pe-titione, ut in contrariis, sed uenit in condemnatione officio iudicis; itaintelligitur hec lex et omnes similes 66. Idem uidetur tenere gl. infra,

ibidem; per un corretto inquadramento del concetto stesso di responsabilità civile v. S.RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964.

64 Cfr. gl. ut ueniat interesse, sulla parola obligationibus di D.42,1,13,1: « Vt ueniat inte-resse in condemnatione, et hoc secundum omnes, ut hic et infra, de uerborum obligationi-bus, l. si fundum [D.45,1,114] [...] ». Su questo aspetto, con riferimento specifico allavendita, cfr. R. VOLANTE, Il sistema contrattuale del diritto comune classico. Struttura di patti eindividuazione del tipo. Glossatori e Ultramontani, Milano, 2001, in part. 241-243; v. anche,da ultimo, VOLANTE, Id quod interest. Il risarcimento in equivalente nel diritto comune, Padova,2012 (quest’ultima opera è consultabile al seguente sito: http://www.acade-mia.edu/3440582/Id—quod—interest.— Il—risarcimento—in—equivalente—nel— dirit-to—comune). Sul tema dell’id quod interest v. E. BETTI, Id quod interest, nel Novissimo Digestoitaliano, vol. VIII, Torino, 1962.

65 BARTOLI Commentaria super secunda Digesti noui parte, D. de uerborum obligationibus, l.stipulationes non diuiduntur, D.45,1,72, Venetiis, per Baptistam de Tortis, 1526, f. 27ra-31vb; qui f. 28va.

66 Il testo dell’edizione veneziana del 1526 reca: « intelligitur hic, et l(eges) omnes

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eodem l. cum stipulatus, § fi. [D.45,1,113,1] 67. Ille glosse communi-ter reprobantur, et Dynus reprobat eam hic, et in c. mora. i. q., Extrade regulis iuris, Lib. vi. 68 [...] ».

Qui l’obligatio, all’interno della quale alberga l’interesse, altro nonè che quel rapporto obbligatorio posto in essere dal contratto, maconfigurato dalla ratio in virtù della quale in obligatione facti succeditobligatio ad interesse, che costituisce il fondamento dell’obbligazioneprincipale e, inadempiuta questa, determina quella del pagamentodell’id quod interest di cui si è detto fin qui. In un tale rapporto lacoercizione del debitore inadempiente non trova diritto di cittadi-nanza.

8. La direzione che Bartolo imprime al problema dell’inadempi-mento del locator operarum mostra bene l’interna coerenza della suadottrina sull’argomento, sia sotto il profilo della struttura incentra-ta sul factum/fieri, sia sotto il profilo della nomenclatura che pone alcentro della questione il flusso della pecunia come vettore dellaqualità e della direzione degli interessi la cui realizzazione è affidataal contratto di locatio conductio. Il ruolo della persona del locator ina-dempiente da assoggettare a coercizione, nella rigorosa sistemazionebartoliana della materia, verrà assorbito senza residui dal valore mo-netario dell’inadempimento commisurato all’interesse insoddisfattodel conduttore. È tuttavia chiaro che, adottata la nomenclatura cheBartolo introduce con valore di verità – la verità dell’esperienzaeconomica –, ogni distinzione tra locatio operarum e locatio operis per-de di rilevanza, poiché l’ordine di idee che la sottende è protesoverso una visione unitaria della ricca fenomenia disciplinata dalcontratto, la quale trova il suo cardine non più nel fattore che ladetermina nel diritto classico, in quello giustinianeo e anche nelladottrina dei glossatori, vale a dire la col-locazione/dis-locazione del-

si(miles) ». La lezione accolta è quella dell’edizione Parma, 1478, senza cartulazione (iden-tificazione permanente di questa edizione parmense: BAYERISCHE STAATSBIBLIOTHEK, ht-tp://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bvb: 12-bsb00035644-7).

67 Gl. estimari sulle parole in condemnatione di [D.45,1,113,1]: « In condemnatione nonobligatione, ut no. supra de re iudicata (l.) si quis ab, § fi. [D.42,1,13,1] ».

68 VI.5,13,25: « Mora sui cuilibet est nociua ».

VICTOR CRESCENZI664

la disponibilità materiale dell’oggetto del contratto – che nella loca-tio operarum è la persona stessa del locatore – dal dominus al condut-tore, ma in un nuovo elemento individuato nel factum dotato di va-lore economico e quindi possibile oggetto di scambio e che divienecosì il nuovo oggetto del contratto.

In altre parole, il risultato più appariscente e più rilevante del-l’operazione scientifica di Bartolo consiste nell’emersione del “fare”e nella sua erezione a oggetto del contratto di locazione in generalee nella locatio operarum in particolare; questo emergere del “fare”nell’esperienza contrattuale sul piano delle forme giuridiche e deirelativi concetti realizza la distinzione tra la persona di colui che aquesto fare è tenuto in forza del contratto e la sua prestazione; inaltri termini, la prestazione del locator non consiste più nella con-cessione dell’uso della sua persona, secondo la sintesi azzoniana; illocator non è più strumento del conductor, né la sua prestazione siqualifica e si definisce all’interno di tale strumentalità; al contrario,egli diviene titolare di un’obbligazione che certamente dipende dal-la sua persona, ma non diversamente da quel che accade per ognialtra prestazione consistente nell’erogazione di un quid che è con-cettualmente diverso e distinto dalla sfera personale dell’obbligato eche questi indirizza nell’interesse dell’altro contraente, destinatariodella prestazione, in modo non difforme, per esempio, da quel cheaccade con il mandato.

Non credo che sia azzardato dire che questo “fare”, questo “fie-ri”, questa attività intrattenga un intenso rapporto con ciò che saràdenominato lavoro – quasi un suo incunabolo –, una volta che que-sta entità abbia trovato definitivamente la sua parola. Ciò risultaanche da un altro aspetto della dottrina bartoliana. Infatti, per altroverso, anziché accettare la reificazione della persona del locator opera-rum, che caratterizza la scienza e la prassi del suo tempo, Bartolopreferisce guardare agli interessi in conflitto come ad entità dina-miche, ma oggettive, e individuare il fattore sotto il quale unificareuna fenomenologia che abbraccia le fonti dell’utilità che il condut-tore in astratto può ricavarne, con ciò introducendo elementi dimodernità, che trova la sua espressione nel riconoscimento di ciòche caratterizza l’esperienza economica che nel frattempo si è venu-ta affermando, ossia la sua dimensione pecuniaria, o, forse sarebbemeglio dire, monetaria; in questa dimensione monetaria Bartolo as-

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sume l’utilità che con il contratto il conduttore consegue per mezzodell’attività che nel suo interesse esplica il locatore come un’entitàdotata di valore – l’id quod interest – un valore pecuniariamente de-terminato e determinabile, che si produce per mezzo dell’attività –fieri – del locator, che costituisce l’oggetto del trasferimento, che hail suo corrispettivo nella merces, e che è pecuniariamente determina-to o determinabile nella misura dell’id quod interest in caso di ina-dempimento; in un certo senso l’economia di mercato, che caratte-rizza il capitalismo commerciale dell’esperienza economica dell’etàcomunale, che è anche l’età di ius commune, nella quale il lavoro èdotato di un proprio valore monetario – il salario – si può dire cheinizi a trovare il suo riconoscimento nell’esperienza giuridica permezzo di forme adeguate.

Un passo decisivo verso la identificazione del lavoro come og-getto di scambio si può dire compiuto, un passo che trascina con séil riconoscimento del valore del lavoro che nell’id quod interest, conil quale si risarcisce l’inadempimento, troverà la sua dimensioneformale e ancora una volta pecuniaria.

È così che Bartolo si fa, più che testimone, autentico attore nelprocesso in virtù del quale, secondo le parole di Francesco Calassovergate ne Le premesse al suo Medio evo, « un diritto legato all’econo-mia del latifondo e schiavistica » diviene il diritto organico al« nuovo spirito mercantile [...], piegato ad offrire il canone del giu-sto e dell’ingiusto alla società nuova, creatrice di rapporti e formedi vita giuridica libere e sciolte come le sue necessità e la sua civil-tà richiedevano, gettando le basi del mondo moderno » 69.

69 F. CALASSO, Medio evo del diritto. I. Le fonti, Milano, 1954, p. 34.

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PAOLO MARI

Aspetti della vita quotidiananell’opera di Bartolo

I. INTRODUZIONE

I.1. Premessa

La grandezza intellettuale e la fama di Bartolo, nato nello stessoanno di Boccaccio o forse di un anno più giovane, sono di tale riso-nanza e di tale spessore da non rendere incongruo, per questi aspet-ti, un suo paragone con Dante 1. Forse si tratta di un paragone

1 Il paragone si sarebbe potuto spingere fino al punto di segnalare la mancanza di au-tografi per entrambi se non fosse, per Bartolo, intervenuto Mario ASCHERI, The formation ofthe Consilia collection of Bartolus of Saxoferrato and some of his autographs, in The Two Laws.Studies in Medieval Legal History dedicated to Stephan Kuttner, ed. L. MAYALI, ST. TIBBETTS,Washington D.C., 1990, pp. 188-201, ora in ID., Giuristi e istituzioni dal medioevo all’etàmoderna (secoli XI-XVIII), Stockstadt, 2009, pp. 379-392. Cfr. anche Autographa, I.1. Giuristi,giudici e notai (sec. XII-XVI med.), cur. G. MURANO, Bologna, 2012, pp. 66-71. Il problemadella autografia dei consilia è comunque molto complesso e non si risolve sempre, e in ter-mini decisivi, con l’apposizione del sigillo, che di frequente era depositato presso un no-taio e assumeva significato in funzione della responsabilità professionale del dottore per leopinioni espresse. Responsabilità che non era affatto, o non era necessariamente, collegataall’autografia. Un consiglio collegiale pavese, da me pubblicato molti anni orsono, presen-ta diverse formule di sottoscrizione e credo che vi sia una certa differenza fra quelle cheriportano « propria manu subscripsi cum soliti impressione sigilli », « propria manu mesubscripsi et sigillo proprio sigillavi » e quelle del tipo « me propria manu subscripsi etsigillum meum apponi iussi », e « me subscripsi et sigillum meum iussi apponi » (P. MA-RI, Contributo allo studio della giurisprudenza consiliare, Roma, 1991, pp. 56-61). Nel caso dame esposto è comunque sicuro che neppure le formule di sottoscrizione erano autografeperché erano compilate dal notaio che scriveva il consilium secondo le indicazioni dei diver-si consulenti. La pratica di rendere autentica la scrittura (nel senso della sua imputabilità