U.SPIGO, A.OLLA', C.CAPELLI, La ceramica di produzione locale dalle Terme di Bagnoli S.Gregorio a...

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Umberto Spigo – Annunziata Ollà – Claudio Capelli

La ceramica di produzione locale dalle termedi Bagnoli-S. Gregorio a Capo d’Orlando (ME)

Umberto Spigo – Annunziata Ollà – Claudio Capelli

Introduzione

Il complesso termale di Bagnoli S.Gregorio,a 3 km. a N.E. di Capo D’Orlando (probabilesito dell’antica Agathyrnum) poteva presumi-bilmente appartenere ad una villa (una villamaritima?) ma non è escluso che possa piut-tosto trattarsi delle piccole Terme pubblichedi una mansio lungo la Via Valeria (fig. 1).1

La datazione dell’impianto termale, nel-

Meridionale (Copia e una villa di RoggianoGravina) e della Sardegna (Nora)2.

Pochi frammenti ceramici ed un piccologruppo di monete databili nell’arco dellostesso III secolo d. C. (da Geta a Tetrico) pro-vengono invece da strati superficiali o rime-scolati.

Non è al momento possibile definire consicurezza né le cause né la precisa cronolo-gia iniziale del primo abbandono dell’edifi-

l’ambito del III secolo d.C., si basa essenzial-mente sull’analisi della decorazioni dei mo-saici geometrici in tricromia del tepidarium edel calidarium, soprattutto attraverso con-fronti con pavimenti dell’Africa Proconsola-re i cui sistemi ornamentali in un’ampia cor-rente di diffusione e trasmissione di schemie di rapporti fra officine hanno costituito da“modello” anche per mosaici della Calabria

1 Per i risultati delle indagini condotte alle Terme di Bagnoli,con considerazioni sul contesto e messa a punto delle fasicronologiche: S PIGO 2004 anche per la bibliografia precededente.

2 Per l’inquadramento stilistico dei mosaici: SPIGO 2004, 102-104 con bibliografia precedente.

cio termale: è però interessante considerareal proposito che il piccolo gruppo di monetein lega bronzea databili tra gli ultimi anni del

Fig. 1 - Pianta del complesso termale.

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III e la prima metà del IV secolo d. C. è costi-tuito da esemplari che sembrano non usura-ti da una circolazione prolungata, come os-servato da M.A. Mastelloni cui si deve lo stu-dio dei materiali numismatici.3

Il complesso era probabilmente già disabi-tato quando fu colpito da un violento terremo-to, probabilmente il terribile sisma del 21 lu-glio 365 d. C. che devastò la Sicilia orientale esettentrionale, comprese le Eolie e l’Africa Set-tentrionale, con violente ripercussioni in Gre-cia e nel Mediterraneo Orientale sino a Cipro.

Il movimento da Sud a Nord della spintasubita dai muri, documentato anche dalladirezionalità delle lesioni4 , che accomuna iresti, e la giacitura dei crolli consente di ac-costare i resti di Bagnoli alla situazione dinumerosi contesti archeologici della SiciliaOrientale che Luigi Bernabò Brea, attraver-so un’attenta analisi dei dati di scavo e dellecondizioni di rinvenimento ritiene fondata-mente distrutti dallo stesso sisma5.

Le terme potrebbero però aver subito dan-ni anche da precedenti movimenti telluriciascrivibili ai primi decenni del V secolo d. C.6

Nella seconda fase abitativa non viene ri-pristinata la funzione termale ma si impian-ta nell’area una officina vascolare, anche at-traverso il riutilizzo dell’originario “praefur-nium”. La numerosissima ceramica, rinvenu-ta in eccezionale abbondanza (oltre 700 cas-sette di frammenti) all’interno dell’ex tepida-rium (vano 4), adibito a deposito, consentedi datare questa fase in un lungo arco di tem-po, fra la metà del V secolo e i primi decennidel VI secolo d.C.

Un più puntuale inquadramento cronolo-gico è sviluppato nel contributo di Annun-ziata Ollà che oltre a riprendere l’esame del-la ceramica dalle indagini condotte a Bagno-li fra il 1987 e il 1994 offre qui una presenta-zione preliminare dei dati offerti dallo scavostratigrafico condotto nel 2003 all’interno deltepidarium (sino a scoprire interamente il pa-vimento musivo) nell’ambito del ProgettoPOR finanziato dall’Assessorato RegionaleB.C.A. coi fondi europei di Agenda 2000 edattestato alla Soprintendenza BB. CC. AA. diMessina.

Il contributo sui materiali ceramici è qui in-tegrato dall’analisi archeometrica di un primogruppo di reperti affidata a Claudio Capelli.

È evidente l’importanza dei rinvenimentidi Bagnoli per la maggior conoscenza delleproduzioni di ceramica tardo-romana sullacosta settentrionale della Sicilia, del loro arcodi diffusione e dei rapporti fra le officine inuno stesso lasso di tempo.

Termine di raffronto essenziale dovrà co-stituire a tal riguardo lo studio, e la relativaanalisi archeometrica, dei materiali ceramicirinvenuti in contesti e livelli di età tardo-an-tica: in particolare Milazzo7, la villa romanadi contrada Archi in territorio di San Filippodel Mela8, a Tindari9, a Caronia Marina.10

Altrettanto significativi e promettenti, siaper le analogie per le differenziazioni conquelli tirrenici, alcuni contesti dell’area delloStretto – in particolare gli abitati di Ganzirri11

e Pistunina 12 – rispettivamente a Nord e a Suddi Messina e almeno, per la fascia di costa io-nica sino a Catania, per la quale vogliamo ri-cordare almeno gli impianti industriali per laproduzione di fittili (laterizi e ceramica) diepoca tardo imperiale negli abitati di Naxos13

e di Santa Venera al Pozzo14.

3 MASTELLONI 2004, 1414 Per maggiori dettagli: SPIGO 2004, 96-97.5 BERNABÒ BREA 1996.6 Per questa ipotesi e i riferimenti bibliografici: SPIGO 2004, 97,

107, note 35-36.7 Notizie preliminari con menzione delle tipologie ceramiche

in TIGANO 2004, 283-2878 Inedito. Brevi notizie in SPIGO 2004, 106, nota 13; TIGANO 2003,

291-292.9 Ancora in corso sono le indagini (dirette da chi scrive nel-

l’ambito di un Progetto POR) iniziate nel giugno 2003 nel settoreoccidentale di Tindari, presso il decumano centrale (del quale èstato messo in luce un nuovo tratto di circa 180 m. di lunghezza)e che hanno interessato anche cospicui tratti dell’abitato di etàtardo-romana e bizantina. I risultati di questi scavi,insieme a quellidelle ricerche condotte nell’estremo settore nord-occidentale del-la città, in c/da Cercadenari fra il 1992 e il 1998, saranno oggettodi una pubblicazione a cura dello scrivente, di Rosina Leone e diMonica Viara.

10 Cfr. infra BONANNO con bibliografia precedente11 Per la ceramica da Ganzirri: TIGANO 2001, 254-255; INGOGLIA 2001.12 Per i materiali ceramici da Pistunina, primi dati (con sche-

de di pezzi scelti) in ROTELLA 2001, 231-233, 237-243.13 LENTINI 2001, 32-37; OLLÀ 2001, 47-65.14 M. G. Branciforti – S. Amari, in BRANCIFORTI (in c.d.s.).

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Dopo una nuova fase di durata da stabili-re e forse legata alle conseguenze di un mo-vimento sismico (?), il complesso di Bagnolivenne riabitato in piena età bizantina: i po-chi materiali ceramici e numismatici signifi-cativi, relativi a questa fase, insieme ad unasplendida fibula in bronzo dorato di fabbri-ca orientale15, riconducono al VII secolo eforse agli inizi dell’VIII.

Nel successivo e pressoché definitivo pe-riodo di abbandono del sito (in concomitan-za con la dominazione araba?), l’ex comples-so termale subì un degrado irreversibile dicui è fra l’altro, conseguenza il crollo dellavolta del tepidarium.

(U. S.)

La ceramica16

Il materiale presentato, relativo alla secon-da fase di utilizzo dell’impianto termale delcomplesso di Bagnoli-S. Gregorio, a circa 3Km da Capo d’Orlando, proviene in parti-colare dallo scavo17 dell’ambiente 4, identifi-cato con tepidarium. Al materiale fittile si ag-giungono alcune monete di serie tetrarchi-che e di età costantiniana che non sembranousurate da una circolazione prolungata18.Sulla base di confronti stilistici, relativi aglischemi decorativi in tricromia dei pavimen-ti musivi del calidarium e del tepidarium19, lastruttura termale si data al III sec. d.C. A que-sta prima fase non si associano grandi quan-tità di materiali fittili e, i pochi rintracciati,provengono dall’area esterna alle strutturestesse.

Dopo una probabile fase di disuso, le cuicause e limiti cronologici non sono al mo-mento definibili, l’area sembra essere utiliz-zata in relazione ad una fornace, secondo unmodello di riuso non inconsueto in età te-trarchica20. In particolare l’ambiente del tepi-darium, vista la consistenza e tipologia deimateriali rinvenuti, potrebbe essere stato uti-lizzato come deposito.

Della fornace non sono rimaste strutture21

ma è variamente documentata dai materialistessi, la cui analisi ha mostrato una sostan-

ziale omogeneità tipologica e cronologica dariferirsi alla seconda fase “abitativa” dell’im-pianto, databile dalla metà del V sec. d.C. allametà del VI sec. d.C.

L’abbandono verso la metà del VI sec., finoalmeno agli inizi del secolo successivo po-trebbe essere legato ad un grave evento si-smico. Gli effetti di uno o più violenti terre-moti sono visibili nella tipologia delle lesio-ni delle strutture murarie e dei pavimenti e,probabilmente, nello scivolamento versonord dei muri stessi22.

La maggior parte del materiale restituitodall’ultimo scavo, ancora alle prime fasi direstauro e di studio, è costituito da vasella-me di ceramica comune e anfore di produ-zione locale, la cui datazione, posta tra lametà del V e la metà del VI sec. d.C., derivaessenzialmente dall’analisi del vasellame fineda mensa e delle anfore di importazione23.

La maggior parte dei frammenti si riferi-scono a forme aperte della sigillata africanaD (Hayes 50, Hayes 59, Hayes 67, Hayes 76,Hayes 12, Hayes 73A ed Hayes 91)24, che tal-

15 KISLINGER et al. 2001.16 Ringrazio il dott. U. Spigo per avermi affidato lo studio del

materiale provenienti dall’impianto termale dell’area di Bagnoli-S. Gregorio. La documentazione grafica è di R. Burgio (fig. 4, 1.5,7;fig. 5, 2.1-2, 4-9) e L. Lopes (fig. 4, 1.1-4,6; fig. 5, 2.3). La documen-tazione fotografica è di L. Lopes.

17 L’ultima campagna di scavo, ultimata nel febbraio 2004, èstata effettuata nell’ambito del progetto POR 2002-2006. Per indi-cazioni sulle varie campagne di scavo eseguite nella zona v. SPIGO

2004, con bibliografia precedente18 Il materiale è in corso di studio da parte di M.A. Mastelloni.

Per la documentazione numismatica proveniente dagli scavi pre-cedenti v. MASTELLONI 2004, 141-146

19 I pavimenti musivi trovano stretti confronti in mosaici delNord Africa. V. SPIGO , supra.

20 V. il caso delle Terme della Villa dei Laberii ad Uthina, inTunisia, ove si impiantò una fornace ceramica del V sec. d.C.(CUOMO DI CAPRIO 1992, 42-43)

21 Per un probabile riutilizzo del praefurnium come fornace, v.SPIGO 2004, 98.

22 V. SPIGO supra.23 Per una prima analisi dei materiali provenienti dalle cam-

pagne di scavo precedenti, v. OLLÀ 2004, 109-132 e BONSIGNORE 2004,133-140.

24 Per una disamina sulla distribuzione della sigillata africa-na in Italia, corredata da bibliografia precedente, v. TORTORELLA

1998, 41-69. Per il rapporto tra le importazioni di sigillata africa-na e loro “imitazioni” v. FONTANA 1998, 83-100.

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volta presentano motivi decorativi quali va-rie combinazioni di cerchi e rettangoli reti-colati, o foglie lanceolate poste a corona oalternate a cerchi concentrici25.

Tra gli esemplari più integri appaionoparticolarmente interessanti una scodella deltipo Hayes 50B, con motivo decorativo cen-trale tipo Hayes 35 (fine IV-inizi V sec. d.C.)delimitato esternamente da due cerchi con-centrici uniti da nove incisioni convesse (fig.2); scodelle di varie dimensioni del tipoHayes 67 con fondo interno liscio o decoratocon foglie lanceolate poste a raggera, alter-

nate a cerchi concentrici26 (prima metà V sec.d.C.); ed il fondo di un piatto decorato in sti-le E(ii) con raffigurazione centrale di un san-to a cui si associano lateralmente due testemaschili rivolte a sinistra27 (metà VI sec. d.C.ca) (fig. 3).

All’inizio del VI sec. d.C. riportano anche

i frammenti di sigillata microasiatica, LRC,per lo più relativi alla forma Hayes 3, in di-verse sue varianti (E, H), ed un piccolo fram-mento di Hayes 8 databile alla seconda metàdel V sec. d.C.28

Dal tepidarium provengono poche anforedi importazione la cui datazione si inserisceperfettamente nel quadro indicato dalla si-gillata. Prevalenti sono le produzioni africa-ne, con frammenti di spatheia di piccole di-mensioni, databili tra il VI ed il VII sec. d.C.,ma non mancano attestazioni di produzionispagnole come la Keay XXIII le cui datazio-ni giungono fino alla metà del V sec. d.C.29.Tra le anfore di importazione italica spiccaun collo di anfora Keay LII (fig. 4:5) riferibi-le, per morfologia30 e argilla31, ad una proba-bile produzione calabra la cui esatta fabbri-ca non è al momento identificata.

I materiali di importazione, che contribui-scono ad una maggiore definizione cronolo-gica di questa fase, sono quantitativamentemarginali alla grande presenza di anfore dipiccole dimensioni e di ceramica da cucina chepermette, in molti casi, di attestare una pro-duzione locale avvalorata sia dalla presenzadi ipercotti e scarti di fornace che dalle analisipetrografiche. L’esecuzione, spesso accurata,restituisce diverse varianti in entrambi le classiceramiche. Gli elementi che accomunano lamaggior parte del materiale esaminato sonol’argilla utilizzata e la rifinitura delle pareti,

25 Per un’analisi dei motivi decorativi e loro distribuzione, v.MACKENSEN 1993; MACKENSEN 1998, 23-29.

26 La decorazione è costituito dalle foglie lanceolate tipo Hayes2 alternate a cerchi concentrici tipo Hayes 29.

27 Si confrontano rispettivamente con il tipo 234 ed il tipo 253Bdella classificazione Hayes.

28 Per un’analisi della distribuzione di tale classe ceramica v.REYNOLDS 1995.

29 REMOLÀ VALLVERDÙ 2000, 192 e fig. 65.6. La presenza di que-sto tipo di anfora, usata prevalentemente per il trasporto di salsadi pesce, potrebbe far supporre un’importazione del prodotto stes-so dalla Lusitania.

30 Cfr. AURIEMMA 1998, 756, fig. 5.31 V. appendice, Capelli gruppo 5.

Fig. 2 - Scodella tipo Hayes 50 B.

Fig. 3 - Piatto con motivo decorativo in stile E (ii).

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spesso lisciate con ripassi di stecca “a lisca dipesce”32.

Ad una prima analisi visiva il corpo cera-mico appare solitamente di colore bruno ros-sastro, il colore in superfice varia da marro-ne scuro a beige-camoscio, con qualche oc-casionale punta rossastra. La frattura è ruvi-da o granulosa, sempre piuttosto dura, in cuisono evidenti numerosi inclusi. Tali caratte-ristiche presentano strette analogie con gliscarti di fornace rinvenuti nell’area limitrofaall’impianto termale, le cui forme rimanda-no a quelle maggiormente attestate nel con-testo in esame. Ciò assicurerebbe ai materia-li una loro produzione locale. Le analisi cipermettono di confermare tale ipotesi per lamaggior parte delle classi esaminate, non al-trettanto per alcune brocche a pasta chiara eper le anfore Crypta Balbi 2/Carminiellotype 1733.

Le anfore di produzione locale sono tuttedi piccole dimensioni e presentano una di-screta varietà morfologica. Allo stato attualedel restauro del materiale è comunque pos-sibile avviare una classificazione tipologicasulla base degli orli e dei puntali34 (fig. 4).Limitatamente agli orli si possono indicarealcune tipologie abbastanza chiare: 1) orloingrossato a sezione più o meno triangolare(fig. 4: 1,4); 2) orlo leggermente svasato adestremità arrotondata e collo troncoconico ocilindrico (fig. 4: 6,7); 3) orlo estroflesso, edestremità rettilinea o lievemente scanalata(fig. 4: 2); 4) orlo indistinto, lievemente estro-flesso, unito al collo troncoconico da unaparete concava (fig. 4: 3). I primi due tipi tro-vano confronti con materiali di Termini Ime-rese35. Il terzo tipo è invece attestato a Napo-li e Roma36. Di questa tipologia abbiamoframmenti molto limitati, i confronti indivi-duati avevano portato ad associarvi brevipuntali troncoconici con ombelicatura inter-na, dei quali, a Bagnoli, sono attestati siaframmenti ben cotti che scarti37, tali dati nonsono stati tuttavia confermati dalle analisidelle argille. L’argilla, di colore marrone-ros-sastro, corrisponde a quella già documenta-ta nei rinvenimenti di Napoli e Roma, per iquali Paul Arthur e Lucia Saguì ipotizzano

una probabile produzione della Sicilia orien-tale. Alla luce delle analisi archeometriche,la medesima provenienza può essere indica-ta per gli orli rinvenuti a Bagnoli38, mentreper i puntali viene confermata la loro pro-duzione locale39.

Le analisi confermano anche la produzio-ne locale delle anfore del quarto tipo40; il cor-po ceramico di quest’ultimo è simile ai tipi 1e 2, ma si presenta leggermente più chiarocon diversa rifinitura esterna, più simile aproduzioni orientali.

La maggior parte dei puntali attestati, lacui produzione locale era già ampiamenteconfermata dagli scarti di fornace provenien-ti dall’area limitrofa all’impianto termale, edora dalle analisi petrografiche41, sono del tipoa fascia, piuttosto diffuso nel periodo tardoimperiale ma che al momento non hanno undiretto riscontro con gli orli conservati, an-che se il tipo di argilla sembrerebbe accomu-narli soprattutto al tipo 2 con orlo svasato.La superficie è anche qui talvolta regolariz-zata con un bagno di argilla più fine e rifini-ta a stecca.

La ceramica da cucina è presente con unanotevole quantità di frammenti anche se il

32 Tale rifinitura è attestata anche a Lipari. Cfr. BERNABÒ BREA-CAVALIER 1998, 118, tav. CLXIX.2.

33 Cfr. appendice, Capelli, gruppo 3 e gruppo 4.34 Le tipologie si riferiscono a contenitori di piccole dimensioni

attestati, tra il IV ed il VI sec. d.C., in tutto il bacino del Mediterra-neo che presentano solitamente corpi di forma sferica o ovoidalecon una notevole varietà negli orli. La notevole diffusione dei cen-tri produttori è ormai evidente, essa si riflette sia nella varietàmorfologica ma soprattutto nella varietà delle argille di queste pic-cole anfore che non si limitano ad una distribuzione locale. Alcunesomiglianze morfologiche si hanno con i materiali provenientida Caronia: cfr. in questo stesso volume, BONANNO - SUDANO . Perproblemi relativi alle anfore di piccole dimensioni in Sicilia v. BURGIO

- MACALUSO et al. 1995, 223-225; OLLÀ 2001, 49-52.35 In particolare si confrontano con i tipi 354 e 151 della US21

da Termini Imerese (v. BELVEDERE et al. 1995, 59-67).36 A Napoli v. ARTHUR 1998, Carminiello type 17, 172-173, fig.

9; a Roma v. SAGUÌ 1998, tipo Crypta Balbi 2, 321, fig. 10 e nt. 56 conindicazioni relative a rinvenimenti databili dal IV al VII sec. d.C.

37 OLLÀ 2004, 113-114.38 Cfr. appendice, Capelli, gruppo 4. Considerate le diversità

con le argille locali e la mancanza di dati archelogici certi non sipuò, al momento, parlare con certezza di produzione orlandina.

39 V. appendice Capelli, sottogruppo 1.4.40 V. appendice Capelli, sottogruppo 1.4.41 V. appendice Capelli, gruppo 1.3.

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Fig. 4 - Esemplificazione di anfore provenienti dal tepidarium delle terme di Bagnoli.

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repertorio morfologico sembra essere piut-tosto ridotto (fig. 5). Tra le forme più attesta-te: tegami, ciotole, olle, scodelle/coperchi ebrocche. L’argilla è di colore bruno-rossastra,spesso con inclusi sabbiosi e, con opportunediversità dovute alle differenze d’uso, appa-re sostanzialmente simile a quella delle an-fore42. Alcune diversità si notano per i bacili(o vasi a listello)43 e per qualche brocchetta apasta chiara44. Anche per la ceramica da cu-cina la sostanziale uniformità di tecnica emorfologie dominanti avvalora l’idea, sup-portata dalla presenza di scarti di fornace,di essere in presenza di una produzione lo-cale45.

In grande quantità sono presenti i tegamipiù o meno bassi, carenati, a vasca concavo-convessa e rastremata verso il fondo, orlo conbordo arrotondato, oppure rettilineo orizzon-tale ed ansa a fascia orizzontale ondulata (fig.

5: 1) e per la quale vi sono numerose varian-ti46. Alcuni esemplari presentano inoltre orloondulato ed ansa decorata con impressionidigitali. Particolarmente interessante appa-re il tegame o scodellone con prese semilu-nate (fig. 5: 2) che non era stato finora indivi-duato negli scavi delle terme di Bagnoli.

Simili ai tegami, ma di dimensioni minorie con parete verticale più alta e talvolta se-gni del tornio più evidenti, sono alcune cio-tole47 (fig. 5: 7) di cui abbiamo frammentiipercotti. Ad esse si affiancano anche pochecoppe ad alta carena ed orlo ingrossato.

Varie caratteristiche presentano anche leolle: 1) anse verticali e corpo globulare o ovoi-dale; 2) orlo estroflesso e ansa verticale ade-rente alla parete inferiore dell’orlo (fig. 5: 9);3) orlo orizzontale ripiegato ed anse a presasemilunate48 (fig. 5: 4). Le olle dei tipi 1 e 2hanno spesso parete esterna ed interna rifi-nita a stecca. Il tipo 3, individuato a Capod’Orlando anche con scarti di fornace, pre-senta la parete superiore decorata ad incisioniconcentriche.

A questi contenitori si associano una seriedi coperchi e scodelle/coperchio di varie di-mensioni, con orlo più o meno ingrossato edestroflesso e calotta generalmente piuttostoprofonda49 (fig. 5: 3). Alcuni esemplari sono

caratterizzati dalle tipiche costolature circo-lari della lavorazione a tornio lento. Quasitutti presentano una lisciatura a stecca ester-na (talvolta presente anche all’interno dellavasca); le steccature spesso evitano la fasciasuperiore dell’orlo e l’orlo stesso.

Due sono le tipologie più comuni relativeai fondi del vasellame da cucina: 1) fondopiano o leggermente convesso da cui si di-parte un corpo presumibilmente ovoidalespesso con rifiniture a stecca; 2) breve piedecilindrico pieno, leggermente concavo nelfondo esterno e bordo verticale rettilineo. Ifondi, relativi sia a forme aperte che a formechiuse, presentano argilla50 bruno-rossastracon inclusi bianchi e micacei perfettamenteuguale al resto del vasellame da cucina e sonoanch’essi presenti tra gli scarti di fornace.

I frammenti di altre forme da cucina si ri-feriscono soprattutto a brocche con orlo tri-lobato o orlo indistinto su collo troncoconi-co ed ansa sull’orlo51 (fig. 5: 6,8), con impa-sto bruno, simile a quello già indicato per ilvasellame da cucina. Vi sono anche fram-

42 V. appendice Capelli, gruppo 1.43 Cfr. BURGIO - MACALUSO et al. 1995, 299, gruppo 154, 575.44 Cfr. appendice Capelli, gruppo 2 e 3.45 Anche per queste classi ceramiche la cronologia ovviamen-

te si desume dal vasellame fine il cui termine più basso, come giàindicato, è relativo alla metà del VI sec. d.C.

46 Tra questi, nettamente inferiore è la presenza di tegami conalta carena e profonda vasca rastremata. Particolarmente interes-sante è inoltre l’ipercotto di due bassi tegami con orlo orizzontalerientrante (v. OLLÀ 2004, 117, fig. 21).

47 Queste ultime si caratterizzano strutturalmente rispetto allecoppe per gli spessori più massici e per la maggiore profondità eampiezza della vasca.

48 Seppure diversa ad occhio nudo, l’argilla rosso-arancio diqueste olle, la cui tipologia corrisponde a quella di alcuni scartidi fornace ipercotti, appare sostanzialmente simile al resto delgruppo definito di produzione locale, cfr. Capelli sottogruppo 1.1.Il tipo trova confronti in un arco cronologico e geografico piutto-sto ampio che va dal primo periodo imperiale a Lipari (DE FILIPPIS

2000, 336, fig. 22) al periodo tardo imperiale a Cosa (DYSON 1976,165, figg. 66-67), Albintimilium (OLCESE 1993, 252, fig. 58, n. 202),Lipari (BERNABÒ BREA - CAVALIER 1998, 118, fig. 31a, tav. CXIX, 1c).

49 V. appendice Capelli, sottogruppo 1.1.50 Per un’esatta disamina sull’argilla v. appendice, Capelli,

sottogruupo 1.3.51 Cfr. per il corpo globulare schiacciato con bassa carena ac-

centuata, Patti Marina , 44, dove l’orlo è trilobato.

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Fig. 5 - Esemplificazione del vasellame da cucina proveniente dal tepidarium delle terme di Bagnoli.

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menti di spalla con decorazione a tacche52 osemplicemente ad incisione, per la quale èstato possibile ricostruirne parzialmente laforma con fondo piano53 (fig. 5: 5). La produ-zione locale del tipo ad orlo trilobato54 sem-bra confermata dall’impasto simile a quellodelle olle, oltre che dalla consueta rifinituracon lisciatura a stecca a lisca di pesce sullasuperficie esterna, mentre il tipo con orlo in-distinto è attestato da ipercotti.

Ridottissimo il numero di frammenti re-lativi ai vasi da conserva, o da dispensa o datavola, ed ai dolii, di medie o grandi dimen-sioni, limitate ad alcuni frammenti di orloripiegato ed ad un fondo. A questa classe siritiene appartengano i frammenti di conte-nitori chiusi, di medie dimensioni, con orloverticale arrotondato55, del quale vi sono an-che frammenti deformati in cottura. A que-sta classe si possono forse riportare anche iframmenti con decorazioni ondulate, incisesulla spalla ed orlo orizzontale ripiegato, chepotrebbero essere simili anche a piccoli do-lii56.

Nonostante gli scavi non abbiano ancorarestituito alcuna struttura relativa all’impian-to industriale, i materiali presentati permet-tono di individuare una produzione locale,per molti tratti con caratteristiche proprie, lacui definizione è confermata dalla presenzadi esemplari caratterizzati da macroscopicidifetti di cottura (bolle, fenomeni di reifica-zione superficiale, differenza di patina) e dalrinvenimento di numerosi scarti di fornaceche trovano puntuale riscontro con la mag-gior parte della ceramica rinvenuta. La di-versità delle argille può dipendere dalla di-versa funzionalità del vasellame che portò,probabilmente, anche ad una selezione del-le classi ceramiche nei carichi della fornaceper poter ottenere una maggiore omogenei-tà di cottura raggiungendo, di volta in volta,temperature differenti in base al diverso im-pasto utilizzato. Per quanto riguarda l’arcocronologico dei materiali, sicuramente rela-tivi ad una fase successiva all’impianto ter-male, può essere collocato, con una certa ap-prossimazione, tra la fine del V e la primametà del VI sec. d.C.

In conclusione appaiono interessanti unaserie di oggetti fittili, caratterizzati dallo stes-so impasto finora descritto e provenienti so-prattutto dall’area ad Ovest delle strutturetermali, il cui uso è probabilmente da riferir-si all’utilizzo di corde o reti da pesca. Hannoforma cilindrica più o meno arrotondata e,pur presentando sempre una scanalatura nellato inferiore, sono caratterizzati da tre tipo-logie ben diversificate nel lato superiore: 1)senza fori passanti e con scanalature (fig. 6);2) con fori passanti e scanalature (fig. 7); 3)con fori passanti e senza scanalature (fig. 8).A questi si potrebbe associare la presenza dipiccoli attrezzi bronzei a doppio forcipe: lecosidette agocelle57, utilizzate per la ripara-zioni delle reti da pesca.

(A. O.)

52 Per la decorazione, v. BELVEDERE-BURGIO et al. 1995, 74, n. 161.L’esemplare di Termini Imerese proviene dalla stessa US21, data-ta tra la fine del IV e la metà del V sec. d.C., che ha restituito variesemplari del tipo 151/354.

53 La decorazione ad incisione ondulata sulla spalla richiamala bottiglia della necropoli della Basilica di Sofiana (cfr. LAURICELLA

2002, cripta ambiente 1, 171-172, fig. 1, nn. 5-6, e tomba 10, p. 176,n. 23, fig. 5. Diversa appare dal punto di vista morfologico, inquanto l’esemplare di Capo d’Orlando è più tozza, al momentonon è stato del tutto ricomposto il profilo che potrebbe avere orlotroncoconico con cordonatura alla base. Come forma possiamoconfrontarla alla brocca proveniente dalla tomba 1 di Corleone,v. DANNHEIMER 1989, tav. XXI, 31 dis. 7, VII sec. d.C.

54 Una variazione si può notare sulla diversità dimensionaledegli inclusi legata però, inevitabilmente, alla diversità di fun-zione ed alla diversità di spessore delle pareti.

55 Per il tipo, cfr. DE FILIPPIS 2000, 317, fig. 8c.56 Per la decorazione, cfr. RILEY 1979, n. 1040, fig. 132.57 Cfr. BIGAGLI 2000, 98-100.

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La ceramica di produzione locale dalle terme di Bagnoli S. Gregorio a Capo D’Orlando (ME)

Appendice.Analisi archeometriche su ceramiche daCapo d’Orlando

Dodici campioni ceramici provenienti dalterritorio di Capo d’Orlando58 sono stati stu-diati al microscopio polarizzatore. L’analisiin sezione sottile ha permesso di riconoscerecinque raggruppamenti principali di impa-sti, di seguito descritti.

Gruppo 1. I corpi ceramici presentano unamatrice ferrica e uno scheletro classato. Lafrazione fine (< 0.1 mm), piuttosto abbondan-te, è formata essenzialmente da individui di

quarzo, miche e feldspati. Le inclusioni dellafrazione maggiore hanno dimensioni medie(principalmente tra 0.2 e 0.4 mm circa) e for-ma da angolosa ad arrotondata (fig. 9). In tut-ti i sottogruppi si trovano una prevalente com-ponente di natura metamorfica acida (indivi-dui di quarzo e feldspato, frammenti di quar-ziti, quarzoscisti e micascisti a grana fine,gneiss a grana media) e subordinati frammen-ti di rocce sedimentarie (areniti e calcari, spes-so dissociati dalla cottura). Gli impasti sonostati probabilmente realizzati con argille allu-vionali. Lo scheletro sabbioso, forse di origi-ne marina, potrebbe rappresentare (almenonei casi in cui é molto frequente) un degras-sante aggiunto intenzionalmente.

Sottogruppo 1.1 (7090/5, 7095/10). Lamatrice è ossidata (solo parzialmente su unlato del n. 7090) e semi-vetrificata per tem-perature di cottura piuttosto alte. Lo schele-tro sabbioso è molto abbondante. Le dimen-sioni massime superano il millimetro (nel n.7095), ma in genere sono comprese tra 0.15 e0.30 mm. Oltre alle componenti sopra citate,

58 I materiali appartengono alle principali classi ceramicheattestate nell’ambiente del tepidarium delle terme di Bagnoli-Capod’Orlando (v. supra, O LLÀ). Si elencano di seguito le corrispon-denze dei gruppi individuati con le classi esaminate. Gruppo 1.Sottogruppo 1.1: 7095/5, olla a pasta rossastra; 7090/10, coper-chio. Sottogruppo 1.2: 7094/9, tegame. Sottogruppo 1.3: 7088/3,parete di anfora; 7089/4, puntale a fascia di anfora. Sottogruppo1.4: 7093/8, parete di anfora tipo 4. Gruppo 2: 7092/7, brocchettacon orlo “a seggiola”. Gruppo 3 : 7096/1, brocchetta con orlo in-distinto a pasta chiara. Gruppo 4 :7086/1 e 7086/2, orli di anforadel tipo Cripta Balbi 2. Gruppo 5 : 7091/6, anfora Keay LII.

Fig. 6 - Peso per rete, tipo 1. Fig. 7 - Peso per rete, tipo 2. Fig. 8 - Peso per rete, tipo 3.

Fig. 9 - Microfotografia di un particolare in sezionesottile (nicol incrociati, area reale inquadrata: 1.3 x 1mm) di un impasto del gruppo 1. Le inclusioni dimaggiori dimensioni sono costituite da un clasto diquarzo - arenite (a sin. in alto), un granuloarrotondato di quarzo (a sin. in basso) e unframmento di scisto micaceo (a destra).

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Umberto Spigo – Annunziata Ollà – Claudio Capelli

sono inoltre presenti rare selci e occasionalielementi di natura effusiva (clinopirosseni,frammenti di rocce laviche).

Sottogruppo 1.2 (7094/9). La matrice, diaspetto illitico, è otticamente attiva e noncompletamente ossidata (specie al nucleo).Le temperature di cottura non sembrano ele-vate. Lo scheletro sabbioso, molto abbondan-te, comprende anche alcuni frammenti diselce ed un grande clasto di gneiss metagra-nitoide (2 mm).

Sottogruppo 1.3 (a: 7088/3; b: 7089/4). Lamatrice è ossidata e parzialmente (7089) oquasi completamente (7088) vetrificata. Lafrazione maggiore dello scheletro, di dimen-sioni comprese tra 0.15 e 0.8 mm, è piuttostoscarsa. I due campioni non appaiono del tuttosimili, ma le differenze potrebbero comun-que essere accentuate dalle diverse tempe-rature di cottura raggiunte (il n. 7088 è unoscarto di fornace).

Sottogruppo 1.4 (7093/8, 7097/12). Loscheletro sabbioso, di dimensioni fino a 0.8mm, è mediamente abbondante. In 7097 siosservano occasionali pirosseni. I calcari nonsono dissociati e la matrice è otticamente at-tiva e non vetrificata. Le temperature di cot-tura non dovrebbero quindi essere state ele-vate.

Gruppo 2 (7092/7). La matrice è ferrico-carbonatica, parzialmente ossidata, non ve-trificata e otticamente attiva. Lo scheletro èclassato. La frazione fine (< 0.1 mm), relati-vamente abbondante, è costituita essenzial-mente da miche (in prevalenza bianche),quarzo e feldspati. La frazione maggiore (0.2-0.8 mm) è invece scarsa e formata da fram-menti subangolosi o subarrotondati digneiss, quarzomicascisti, micascisti e areni-ti.

Gruppo 3 (7096/11). L’impasto è caratte-rizzato da una matrice carbonatica e da in-clusioni relativamente scarse, mediamenteassortite, di dimensioni fini (< 0.3 mm), co-stituite da foraminiferi, da individui di mica(solo nella frazione inferiore), quarzo e feld-spato e da frammenti di calcari micritici (con-servati), metamorfiti quarzo-feldspatiche,vulcaniti basiche, selci e arenarie. La cerami-

ca è stata probabilmente realizzata con unsedimento carbonatico di origine marina,cotto a temperature non elevate.

Gruppo 4 (7086/1, 7087/2). La matrice èferrica, ossidata. Lo scheletro è abbondantee classato (soprattutto in 7086). La frazionefine (< 0.2 mm), relativamente scarsa, è co-stituita essenzialmente da quarzo, feldspatoe miche. La frazione maggiore, abbondante,subangolosa o subarrotondata, di dimensio-ni principalmente tra 0.2 e 0.6 mm, con mas-simi oltre il millimetro, è formata principal-mente da frammenti di rocce metamorficheacide (gneiss a grana media, micascisti equarzomicascisti a grana fine, probabili me-tagranitoidi a grana medio-grande, subordi-nati individui di quarzo e feldspato da que-sti derivati, granato occasionale), associati arari elementi vulcanici (rocce basaltiche, in-dividui di pirosseno) (fig. 10). Si può ipotiz-zare che gli impasti derivino dal mescola-mento di un sedimento alluvionale con unasabbia grossolana.

Gruppo 5 (7091/6). La matrice è carbona-tica. Lo scheletro è classato. La frazione fine(< 0.1 mm) è ricca di foraminiferi, miche equarzo. La frazione maggiore (0.2-0.6 mm),relativamente scarsa, è costituita da fram-menti subangolosi di gneiss a grana variabi-le, talora con anfibolo od epidoto, e da occa-sionali calcari e scisti filladici. L’impasto, cot-

Fig. 10 - Microfotografia di un particolare in sezionesottile (nicol incrociati, area reale inquadrata: 1.3 x 1mm) di un impasto del gruppo 4. Un grandeframmento di roccia effusiva (si notano i numerosimicrocristalli feldspatici) è associato a più piccoliclasti di rocce metamorfiche acide.

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La ceramica di produzione locale dalle terme di Bagnoli S. Gregorio a Capo D’Orlando (ME)

to a temperature non elevate, è stato realiz-zato con un sedimento fossilifero di originemarina; non si esclude che lo scheletro sab-bioso rappresenti un degrassante intenzio-nale.

Discussione dei datiÈ ragionevole supporre che tutte cerami-

che attribuite al gruppo 1, e forse al 2, sianoda riferire ad un ambito locale. Molte di que-ste, infatti, mostrano confronti tipologici consicure produzioni autoctone o sono scarti difornace. Inoltre, i caratteri petrografici degliinclusi non sono incompatibili con quellidelle rocce affioranti nella Sicilia nordorien-tale. I vari raggruppamenti, che sono statidistinti in base a differenze nella percentua-le delle componenti petrografiche, nella tes-situra dell’impasto o nelle tecniche produt-tive, ma che hanno d’altra parte molti carat-teri in comune, potrebbero essere legati a piùfabbriche dislocate nel territorio di Capod’Orlando; tuttavia, il fatto che ciascuno diessi corrisponda a tipi o classi differenti nonesclude la possibilità che una stessa fornaceproducesse una discreta gamma di manufat-ti, realizzati con miscele di materie prime econdizioni di cottura diverse a seconda del-l’uso previsto.

Anche per quanto riguarda il gruppo 3,l’ipotesi archeologica di una produzione lo-cale non è esclusa dai caratteri petrograficidell’impasto; le evidenti differenze nellematerie prime e nelle tecniche produttive coni gruppi 1 e 2 aumentano tuttavia le possibi-lità dell’esistenza di un distinto atelier.

I corpi ceramici delle anfore del gruppo 4mostrano precisi confronti con quelli di duecontenitori dello stesso tipo rivenuti a Roma(analisi nn. 4600/CB11, 4593/OM15; Capelli1998a). L’origine di tali anfore è tuttora dub-bia. Una produzione regionale è possibile, inquanto l’associazione di metamorfiti acidecon pur rare vulcaniti basiche, che caratte-rizza lo scheletro del gruppo, risulta anchetipica dei sedimenti recenti del settore sici-liano nordorientale, dove agli elementi deri-vati della detrizione del basamento metamor-fico peloritano si associano componenti che

provengono dal complesso etneo. Nell’even-tualità di una provenienza locale, la mancan-za di strette relazioni composizionali e tessi-turali con gli impasti del gruppo 1 suggeri-rebbe comunque l’esistenza di due produ-zioni distinte. Non è tuttavia possibile esclu-dere un’origine da altre (poche) aree medi-terranee, tra cui quella egeo-anatolica occi-dentale, in cui si presenta un’analoga asso-ciazione petrografica.

Infine, l’anfora che costituisce il gruppo 5può essere considerata di probabile prove-nienza calabrese centro-meridionale inte-grando i dati analitici (gli impasti sono ric-chi di foraminiferi e frammenti di metamor-fiti acide, mentre sono assenti le vulcaniti ti-piche delle produzioni siciliane) con i datiarcheologici. È da notare che l’impasto sem-bra appartenere ad una produzione di KeayLII differente da quelle prese in esame in oc-casione di un precedente studio archeome-trico su tale tipo59.

(C. C.)

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Abstract - La struttura termale di Bagnoli-San Gregorio (Capo d’Orlando), probabilmenteappartenente ad una villa marittima, testimonia almeno tre fasi di utilizzo. Sull’analisi delladecorazione dei mosaici geometrici in tricromia del tepidarium e del calidarium, gli ambientitermali si datano nell’ambito del III sec. d.C.. Dopo una fase di disuso, le cui cause sonofinora incerte, la struttura venne riutilizzata tra la seconda metà del V e la prima metà del VIsec. d.C., così come testimoniato dal materiale proveniente dal riempimento del tepidarium,in funzione di una fornace di anfore e vasellame acromo da cucina. Le analisi archeometrichehanno avvalorato la produzione locale di parte dei materiali rinvenuti. L’ultima fase,successiva al VII sec. è testimoniata dalla presenza di un passaggio pavimentato con grossiblocchi di pietra, che ha in parte coperto le strutture murarie preesistenti.