Su delle rimanenze statuarie d’età romana. Ritrovate nell’agro settentrionale siracusano ...

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Sebastiano Lanteri Su delle rimanenze statuarie d’età romana Ritrovate nell’agro settentrionale siracusano presso Fondo Fico a (Priolo Gargallo) Melilli (SR) - © 2013

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Sebastiano Lanteri

Su delle rimanenze statuarie d’età romana

Ritrovate nell’agro settentrionale siracusano

presso Fondo Fico a (Priolo Gargallo)

Melilli (SR) - © 2013

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Sulle rimanenze statuarie d’età romana ritrovate nell’agro settentrionale siracusa-no presso Fondo Fico (Priolo Gargallo).

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1. Il contesto topografico - archeologico.

Il manufatto lapideo rappresentato in foto

[Fig. 1], ritrovato nei dintorni del Fondo Fico

nel 1923, è oggi rimanenza archeologica di

una statua panneggiata1, priva di tutta la parte

superiore compresa la testa, presumibilmente

di marmo pentelico2, come riportato

dall’Orsi,3 alta m. 1,70, che poggia su

1 Il panneggio è il modo di disporre le masse e le

pieghe delle vesti nelle opere d'arte figurativa e

specialmente nella scultura, ha avuto sempre una

notevole importanza nella produzione artistica, e

soprattutto in quella classica. 2 Marmo a grana fina, leggermente opaco, estratto sul

monte Pentelico in Grecia, celebre nell’antichità per le

cave di marmo bianco, usato in Grecia per la statuaria e

per l’architettura e anche largamente esportato; esposto

agli agenti atmosferici, assume col tempo una patina

calda e dorata che rende particolarmente suggestive le

opere architettoniche con esso eseguite (come, per es.,

il Partenone e i Propilei di Atene). 3 P. ORSI, Romanità e avanzi romani in Sicilia. Priolo.,

estratto dalla Rivista Roma – 1934 – XII - n. 6, Rocca

S. Casciano, 1934, p. 253.

piedistallo di forma parallelepipida di circa

20-30 cm di spessore.

Il reperto costituito da due pezzi

separati, è datato tra il I - II sec. d.C., periodo

rientrante nella dominazione romana in

Sicilia.

Riportato alla luce per caso, durante i

lavori di messa in cultura di un grande

vigneto,4 nel terreno di proprietà del nobile

Filippo Francesco Gargallo di Castel

Lentini, VIII° barone del feudo Priolo, V°

Marchese di Castel Lentini.5

I resti del colossale monumento

marmoreo dovevano provenire da una

v i l l a r u s t ĭ c a ,6 ubicata nelle vicinanze,

trasportati nel luogo del ritrovamento per

motivi a noi del tutto ignoti.

Risultanze archeologiche, relative a

fabbricati rurali, furono individuate nei

primi anni del ‘900 nel territorio circostante.

A Torre Girotta durante saggi di scavo

effettuati nel 1892, «… esistevano fino a

pochi lustri addietro ruderi di una suntuosa

villa romana, tale a giudicarla dai molti

avanzi marmorei che ha dato; ma

saccheggiata da Vandali e Saraceni, dopo

che già era stata modificata in tempi

bizantini, negli ultimi tempi i villani per

spetrare il suolo ne trassero molti blocchi e

pezzi marmorei, onde è che oggi il punto dei

4 Ivi, p. 253.

5 G. MIGNOSA, Priolo Gargallo da borgo feudale a

centro industriale, Siracusa, 1960, p. 35. 6 Residenza di campagna con funzioni di fattoria

occupata in modo stabile da servi o schiavi che ci

lavoravano per i padroni. Il loro lavoro era organizzato

con disciplina militare e sorvegliato da un v i l l i c u s

vicario del padrone.

Fig. 2 – Tipica villa rustica romana.

Fig. 1 – La statua poco dopo il ritrovamento.

2

ruderi è appena segnato da una gibbosità del

suolo, cosparsa di rottami di ogni

maniera.»7 I resti di un altro fabbricato si

intravedevano a 500 m. verso nord,

costituiti da «… vaste e complicate

installazioni idrauliche,»8 vicino la foce del

torrentello Ricuccio, nella località

denominata Bagnoli. Toponimo che ci

ricorda un luogo ove vi erano la presenza di

bagni o di vasche, avanzi ancora visibili nei

periodi di esplorazione archeologiche del

sito.9 La sua origine etimologica proviene

dal pl. lat. b a l n ĕ ŏ l u m , ‘piccoli bagni’;10

sic. vagnoli ‘bagni’.11

Queste strutture di

raccoglimento idrico forse facevano

riferimento a una v i l l a e m a r i t i m a e con

funzioni di t h y n n ō r u m r e t i u m12

‘tonnara’ o di c ē t ā r ĭ a e13

‘vivaio, vasche

per macerare’ utili a lavorazioni e

commercio ittico. Altri resti di abitazioni di

età romana imperiale furono segnalati di

fronte l’odierna stazione ferroviaria di

Melilli – Priolo.14

Ancora più a sud in

località Petraro - Specchi, sorgeva un’altra

villa nei pressi del monumento funerario

denominato la Guglia di Marcello.15

I resti statuari dovevano rappresentare

l’effigie di un d o m i n u s r u r i s locale, ed è

verosimile che, per essere esposta ai

viaggiatori percorrenti, fu posta lungo i

margini della strada consolare Pompea; asse

viario paralitoraneo ionico che sfruttava il

vecchio tracciato d’epoca greca e che serviva a

7 P. ORSI, Priolo. Catacombe di Riuzzo, in NdSA anno

CCCI – s. V, Vol. I, Roma 1904, p. 369; P. ORSI,

Priolo. Le catacombe di Riuzzo, in NdSA anno CCCIII

– s. V, Vol. III, Roma, 1906, p. 218. 8 Ibidem, p. 218.

9 Ibidem, p. 218.

10 L. CASTIGLIONI – S. MARIOTTI, Vocabolario della

lingua latina, ed. Loescher, Torino, 1980, p. 136. 11

G. TROPEA, Vocabolario Siciliano, Catania-

Palermo, 2002, Vol. V, p. 972. 12

L. CASTIGLIONI – S. MARIOTTI, Op. Cit., p. 2432. 13

Ibidem, p. 187. Le cetariae romane erano stabilimenti

per la lavorazione e conservazione del pesce. Il pescato

veniva lavorato veniva sottoposta a salagione per la

conservazione o per l’ottenimento del g a r u m , una

salsa molto diffusa nelle mense romane. 14

G. VALLET – G. VOZA, Dal neolitico all’era

industriale nel territorio da Augusta a Siracusa,

Siracusa, 1984, p. 42. 15

Ivi, p. 42. Ma anche P. ORSI, Op. Cit., p. 218.

collegare le colonie costiere della Sicilia

orientale.16

Necessita considerare che, il ritrovamento

del gigantesco manufatto è giustificato dalla

presenza all’interno del comprensorio Priolese,

oltre che dalle strutture abitative ad impiego

agreste e ittico, anche da un contesto

antropizzato più ampio, complesso e alquanto

dinamico; persistente durante tutta la

dominazione greco-romana, bizantina, fino a

quella normanna. Ulteriore testimonianza ne

sono le molteplici scoperte archeologiche e la

susseguente documentazione che ne deriva.

Infatti, a ovest di Bagnoli sempre sulla

sponda destra dell’alto corso del Ricuccio, che

prende il nome di Vallone della Neve, fu

segnalato in località fondo Bondifè un

insediamento romano con relativa necropoli.17

Ancora più a monte, questa volta sul lato

sinistro del vallone, persistono i resti di: una

necropoli castellucciana, un abitato tardo

romano, probabilmente un v i c u s , palmenti a

cielo aperto, latomie e tratti di carreggiata

incassata in roccia.18

Altro agglomerato urbano

con relative catacombe precostantiniane e

16

G. UGGERI, La viabilità della Sicilia in età romana,

ed. Congedo, Galatina (LE), 2004, pp.199-200. 17

P. ORSI, Modica. Costruzioni megalitiche di età

storica sull'altipiano, in NSc, Roma, 1897, p. 252. 18

Escursione effettuata assieme all’archeologo Dott. P.

Piazza in data 26.11.2011. Per la necropoli risalente al

bronzo, Vd. P. ORSI, Melilli. Sepolcri siculi del primo

periodo, in NSa, Roma, 1899, p. 69.

Fig. 3 – Tav. atlante di S. von Schmettau particolare del

tratto di litorale ove venne ritrovata la statua.

3

necropoli sub divo, individuabili in località

Manomozza o cugno Grande, a sud

dell’odierno comune di Priolo G.,19

nelle

vicinanze si può ancora ammirare la chiesa

paleocristiana di S. Focà.20

In contrada

Castellaccio si identificano i resti di un

acquedotto, un piccolo abitato e necropoli di

età tardo romana.21

A sud-ovest dello stesso

abitato, presso il torrente Monachella si

segnalano una necropoli sub divo e catacomba

di età imperiale romana.22

Seguono gli ipogei

di età tardoromana di contrada cava della

Porcheria;23

toponimo, quest’ultimo, che

nomina un tratto del torrente Priolo.24

In con-

trada Spatinelli resti di insediamento di età

tardo – romana.25

Ancora più a meridione,

nel Cozzo della Apara, nell’ex feudo

Biggemi si ravvisano i segni di un

insediamento di probabile età romana.26

Ai

19

P. ORSI, Op. Cit., p. 252; P. ORSI, Priolo. La catacomba

di Manomozza, in NdSA, Roma, 1906, p. 187. 20

P. ORSI, Nuove chiese bizantine nel territorio di

Siracusa, in Byzantinische Zeitschrift VIII ,pp. 636 - 642. 21

G. VALLET – G. VOZA, Op. Cit., p. 42. 22

Ivi, p. 42. 23

Ivi, p. 42. 24

Cfr. S. LANTERI, Il toponimo Porcheria segnala due

ipogei cristiani del IV – VI sec. d.C., Melilli, 2015, p. 1. 25

G. VALLET – G. VOZA, Op. Cit., p. 42. 26

Ivi, p. 42.

piedi delle balze rocciose di Monti Climiti,

presso Masseria Scrivilleri sono ingrottate

due ipogei paleocristiani.27

Oltre, a tutto ciò,

sono da ravvisare, anche se di età diversa,

nell’odierna Isola Magnisi, gli importanti

insediamenti preistorici (cultura di Thapsos)

e protostorici (greco arcaico) contenenti:

necropoli con tombe a grotticella e a

enchytrismòs con relativi abitati e strutture

difensive.28

Inoltre, nei pressi, se non nel luogo stesso,

dell’odierna Torre del Fico o Torre della

Fontana della Fico, doveva esistere

antecedentemente una presumibile, quanto mai

opportuna, s t a t i o n e s agraria o mansiones

- tabernae romana, connessa a un grande

lat i fundium, la fundorum massa

chiamata Pyramitanae (a. 489)29

. Tale tappa era

di una certa rilevanza strategica sotto l’aspetto

economico - geografico, in quanto intermedia

tra l’urbe Syracusae e quella di Megara del

cursus publicus. Lo stesso sito fu riutilizzato e

trasformato successivamente nel periodo arabo-

normanno a uso di funduq ‘alloggio per

viandanti, osteria, albergo, magazzino’30

, sic.

fùnnucu, chiamato fino al 1719-21 fondaco de

la Fico.31

«Turris in sinu Megarico, Augustae

hodie, ad littoris custodiam. Ibi fons ejusdem

nominis, Collegi Syracusani, cujus est

amplissimus ager, aedes sburbanae, &

hospitatoria taberna.»32

. Un torrione di forma

parallelepipeda a base quadrata terminante con

un cordolo merlato si erigeva tra i fabbricati

rurali e una chiesetta, a difesa del sito. La sua

costruzione è antecedente al 1688, data

documentata da un medaglione in pietra che si

trovava sull’architrave del cancello d’ingresso

27

Ivi, p. 42. 28

Cfr.: P. ORSI, Thapsos (penisola di Magnisi presso

Siracusa) - Esplorazioni della grande necropoli sicula,

in NdSA, Roma, 1894; P. ORSI, Thapsos, in MA – v.

VI, Milano, 1895; L. BERNABÒ BREA, La Sicilia prima

dei greci, ed. Il Saggiatore, Milano, 1982; S. TUSA, La

Sicilia nella preistoria, ed. Sellerio, Palermo, 1983. 29

G. MARINI, I papiri diplomatici, Roma, 1805, p. 128. 30

G. B. PELLEGRINI, Contributo allo studio dell’elemento

arabo nei dialetti siciliani, Trieste, 1962, pp. 19-20. 31

Toponimo presente nella cartografia degli inizi del

XVIII sec. Cfr. Fig. 3, che riproduce parte di una

Tavola dell’atlante di S. Von Schmettau, relativa al

litorale di Melilli. 32

V. M. AMICO, Lexicon topographicum Siculum - Neti

Vallis, Ed. Villenam, Panormi, 1759, p. 248.

Fig. 4 – Torre del Fico o Torre della Fontana della Fico.

4

al cortile della cappella della Madonna del Fico

che oltre all’anno recava i simboli della

“Compagnia di Gesù”.33

«… qui surgeva una valida, ed antichissima

Torre, ma fu abbattuta dal Terremoto nel

gennaio del 1693, ed a piè di essa la celebre

Fontana della Fico, così nominata, perché

dove sgorga, fuvi un tempo un Albero di

Fico.» 34

Quindi, edificata prima del grande

terremoto, utilizzata per la difesa del litorale

e come punto di avvistamento, con locanda

e fondaco e con alcune ville di nobili

siracusani annessi durante il periodo

medievale.35

Il marchese Gargallo lo stesso anno del

reperimento della statua la fece posizionare

sopra un alto pilastro a ridosso della strada

ferrata, così da renderla visibile ai

passeggeri, e una lapide recitava:

«Questo segno di Roma – che quasi saluto

augurale dell’Alma Urbe – fu qui rinvenuto

nel marzo MCMXXIII - redimendosi

l’Agro Priolese - Filippo Francesco

Gargallo - marchese di Castel Lentini,

barone di Priolo - fece innalzare.»36

2. Tentativo di un’analisi critica artistica.

In merito a una analisi sulle

caratteristiche artistiche del manufatto, pochi

sono i dati ricavabili dalle brevi e uniche

informazioni prodotte a suo tempo dall’Orsi

33

G. MIGNOSA, Priolo Gargallo da borgo feudale a

centro industriale, ed.Marchese, Siracusa, 1960, p. 20. 34

G. A. MASSA, Sicilia in prospettiva, la topografia

littorale di Melilli, Vol. II°, Palermo, 1709, p. 392. 35

S. MAZZARELLA – R. ZANCA, Il libro delle torri,

Palermo, 1985, p. 283. 36

P. ORSI, Romanità e avanzi romani di Sicilia, in

Rivista Roma, 1934, XII, Num. 6, p. 253

oltre quelli che si possono dedurre osservando

le foto che lo ritraggono.

Lo stesso studioso annota sommariamente che

la statua è costituita da due pezzi, di tipo

drappeggiata, alta complessivamente m. 1,70

senza plinto, con uno spessore che variava fra

i 0,80 e 0,90 cm, «… priva di tutta la metà

superiore, e quindi anche della testa.»,

scolpita «a quanto pare» in marmo

pentelico.37

Il monumento, considerate le su citate

misure, doveva assurgere a un’altezza di oltre

i 3 m. escludendo l’eventuale piedistallo e

plinto. Tali dimensioni imponenti ci fanno

presupporre alla funzione di

m o n u m e n t u m h o n ŏ r i s o f u n ĕ b r i s

del togato gigante di marmo, finalità

documentata anche a Siracusa con un’opera in

marmor proconnesium38

proveniente dal

Ginnasio Romano. Procediamo ora in questa

disamina sulla questione della quantità dei

pezzi scoperti e quanto rimane oggi di tali

reperti. Tra le brevi annotazioni dell’insigne

archeologo, divulgate undici anni dopo il

ritrovamento, assieme alla foto che ritrae la

scultura, pubblicata contestualmente come

immagine a corredo nel breve saggio, e le

altre diverse disponibili; sembra chiaramente

37

Ivi, p. 253. 38

Il marmo proconnesio è una varietà di marmo bianco

con sfumature cerulee e venature grigio-bluastre, tra le

più utilizzate nell’impero romano. Le cave si trovavano

nell’isola del Proconneso, gr. Prokonnesos, nel mar di

Marmara. Questo marmo è ampiamente attestato nella

produzione statuaria siciliana nel periodo romano.

Fig. 5 – Ingresso cappella della Fico con medaglione in

marmo con il volto della Madonna.

Fig. 6 – Cerimonia per la collocazione della statua sul pilone.

Alla base di esso si nota l’altro pezzo della statua.

5

che la parte posata sul pilastro è rimasta tale

da allora. Arriva a superare di poco la metà

femorale, circa m 1,00. L’altro pezzo appare

appoggiato ai piedi del pilone, considerando

l’altezza complessiva fornitaci (m.1,70),

deduciamo che poteva misurare non più di cm

0,70. Non ci è dovuto sapere quale sia stato il

motivo o la scelta di lasciare separati i due

frammenti, possiamo pensare a difficoltà

tecniche di assemblaggio o a altre valutazioni

di merito della sovrintendenza del tempo.

Sulla tipologia del marmo utilizzato

dallo sconosciuto scultore, viene presa in

considerazione la roccia metamorfica

chiamata pentelico, ma quel “a quanto

pare”39

enuncia un’espressione che fa

pensare all’incertezza della scelta o quanto

meno alla mancanza di verificabilità da

parte dell’archeologo. Infatti, proseguendo

nella sua nota, scrive che «La statua merita

uno studio più diffuso, da farsi in altra

sede».40

Fatto non avvenuto, infatti di essa

39

Ivi, p. 253. 40

Ivi, p. 253.

non risultano ad oggi saggi, approfon-

dimenti, schizzi o quant’altro.

«Il marmo pentelico detto cipolla, o

cipollino statuario bianco che tende un poco

al giallognolo, con poco discernibili vene

verdastre derivanti dal talco, e di grana

simile al lumense»;41

è ampiamente attestato

nella produzione architettonica e statuaria in

età romana. Nella capitale venne utilizzato

per l’edificazione di imponenti strutture

come: il tempio di Giove Ottimo Massimo

sul Campidoglio; il fornice in opera

quadrata dell’arco di Tito. Riguardo le

opere scultoree ricordiamo la Igea esposta

nei musei Capitolini; il Sofocle del

Laterano, una statua togata, probabile

membro della famiglia imperiale, ritrovata

nel 2014 al parco rudiae a Lecce.

L’osservazione, per quello che ci è

consentito, pur non de visu, della

disposizione delle masse e delle pieghe

delle vesti, sulla porzione rimanente

dell’opera, fa pensare che il soggetto sia un

personaggio maschile da ascrivere a quelli

di alto rango poiché indossa la t ŏ g a42

e il

41

F. BELLI, Catalogo della collezione di pietre usate

dagli antichi per costruire e adornare le loro

fabbriche, ed. Mugnoz, Roma, 1842, pp. 15-16. 42

Il termine tŏga, ‘coperta’ in senso generico ‘veste’,

proviene dal verbo latino tĕgo, is, teϰi, tectum, tegĕre,

‘coprire, ricoprire, riparare, proteggere’. L. CASTIGLIONI –

S. MARIOTTI, Op. Cit.. Era il principale vestimento esterno

dei romani, costituito da lana bianca, formava l’abito

nazionale ed era distintivo di questo popolo. Esso

consisteva in un pezzo di panno semirotondo, ampio e

ondeggiante, si indossava in modo che il braccio sinistro

vi si riposava come su una fascia.

Fig. 7 – Statua togata proveniente dal Ginnasio Romano di

Siracusa.

Fig. 8 – Il Sofocle. Fig. 9 – Il Sacerdote.

6

p a l l ĭ u m ,43

che lo avvolgono. Presumiamo,

per quanto sopra esposto, che tale risultanza

scultorea sia un lavoro affidato a qualche

bottega italica, richiamante una iconografia e

stile della società romana più antica che

utilizza la posizione statica e frontale del

togato della tradizione scultorea onoraria e

funeraria.

L’Opera, in quanto tale, doveva soddisfare

per maggiore efficacia comunicativa un

pubblico meno colto, lontano dai contesti

urbani. Una mostranza figurativa che richiama

un genere conosciuto del fine Repubblica, inizio

Impero; e ne possiamo congetturare le movenze

scultoree paragonandoli ad altre. A parte il

Sofocle del Laterano, un raffronto può essere

fatto con il sacerdote di Serapide ritenuto fino a

qualche anno fa la raffigurazione di Giuliano

l’apostata (a. 120-130 d.C.) e localmente con

una statua del ginnasio romano di Siracusa. Le

prime due statue hanno in comune, con il

manufatto in questione, anche la tipologia del

marmo, insieme alle altre condividono la

postura somigliante dei personaggi, per la

plasticità degli atteggiamenti e delle posizioni.

In esse gli arti superiori sinistri sono avvolti dal

pallio, poggiano sul petto con la mano che

porge la piegatura,[Fig. 8-9] quelli destri invece

sono liberi ma sempre coperti dal panneggio,

sono: ora rivolta indietro nascosta; [Fig. 8] ora

distesa con l’avambraccio in avanti tenendo tra

le dita un volūmĕn ‘rotolo’ di papiro o di

pergamena. [Fig. 9]

Riguardo le gambe appaiono: quella di

sinistra, in posizione avanzata e portante, si

appoggia ad un puntello laterale a forma di

tronco d’albero o di colonna; quella di destra

è ripiegata leggermente all’indietro in

posizione di scarico.

Mancando un indagine accurata di

laboratorio non è possibile stabilire se vi sono

ad esempio tracce di pigmentazione presenti

soprattutto nei canali delle pieghe del

panneggio o in altre zone della scultura.

43

Il p a l l ĭ u m ‘pallio, mantello’ Ivi, p. 1026; era

un’altra parte di vestiario sempre ad uso romano,

consisteva in un ampio lenzuolo o coperta di lana a

forma quadrata, fissata intorno al colloo sulle spalle

con una fibbia. Tale sopravveste fu usata soprattutto

dagli oratori e da filosofi.

3. Note conclusive.

Fino alla fine degli anni ’50 della statua

non si hanno notizie. Negli anni ’60 la

ritroviamo collocata, privata del pezzo non in

opera, che non si sa che fine abbia fatto, su un

ripiano piramidale piastrellato con basole

cementizie per adornare il piazzale d’ingresso

dello Stabilimento Montecatini ‘La Torre’,

costruito nelle contrade di: Fondo Fico,

Pezzagrande, Petraro; aree adiacenti alla

contrada San Francesco dove persiste la

portineria Sud della zona industriale.

Nei giorni festivi, la piazzetta diventava

un luogo di ritrovo e di passeggio di intere

famiglie.

Il piazzale in cui era stata collocata la

statua, venne in seguito smantellato per

impiantare l’attuale area di stoccaggio

nominata SG14.

Durante la successiva fase di costruzione

dello stabilimento Sincat o Montedison e

chiusura di quello Montecatini della Torre, la

Fig. 11 – Il piazzale luogo di ritrovo e di visita della statua.

Fig. 10 – La statua collocata nel piazzale dello stabilimento

‘La Torre’.

7

stessa statua venne ancora una volta spostata e

risistemata all’interno dell’area industriale nel

piazzale d’ingresso della nuova Direzione

Montedipe presso la portineria centrale.

Fino a un lustro fa personalmente ricordo che

stava posizionata ancora sul posto succitato.

Da recentissimi comunicazioni verbali sembra

che sia ancora allocata sempre allo stesso

posto.

Sarebbe auspicabile ed opportuno

individuare la rimanenze dell’opera e pensare

ad un suo eventuale restauro conservativo,

così da poter riconsiderare ad una sua

ricollocazione in sede più confacente, in

modo di dare la possibilità agli esperti di

studiarla e contestualmente farla ammirare da

tutti coloro che amano l’arte e la storia delle

nostre origini.

Melilli, 14 aprile 2015

© Sebastiano Lanteri

Fig. 12 – La statua posizionata all’interno dell’attuale area

industriale.