Sintesi diritto privato - Torrente (R G.)

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22 6 R.G . Appunti MANUALE DI DIRITTO PRIVATO DICIOTTESIMA EDIZIONE

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Appunti

MANUALE DI

DIRITTO PRIVATO

DICIOTTESIMA EDIZIONE

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CAPITOLO IL’ORDINAMENTO GIURIDICO

1. L’ordinamento giuridico.

Ogni società non può vivere senza regole che disciplinano irapporti tra le persone e senza apparati che le fanno osservare.L’uomo per sua natura è portato a cercare l’aiuto e lacollaborazione dei suoi simili, ma non ogni forma dicollaborazione umana dà luogo ad una “collettività”: sidefiniscono tali solo agglomerati di persone che costituiscono ungruppo organizzato. Per avere un gruppo organizzato occorrono 3condizioni:

a) il coordinamento dei rapporti non deve essere lasciato alcaso o alla volontà di ciascuno ma deve essere disciplinatoda regole di condotta, per facilitare la collaborazione traconsociati, per gli scopi da perseguire;

b) le regole di condotta non devono essere poste in viatransitoria ma devono essere stabilite da appositi organi, inbase a precise regole di struttura o di competenza o di organizzazione;

c) le regole di condotta e quelle di struttura devono essereeffettivamente osservate: principio di effettività. Se ad un certomomento l’organizzazione non è più in grado di funzionare edi far rispettare le norme, deve concludersi o che lacollettività si sia sciolta o che presieda un nuovo sistemadi regole.

Il sistema di regole mediante le quali è organizzata unacollettività costituisce l’ordinamento giuridico, che ha lo scopo di“ordinare” la realtà sociale, di far in modo che questa si svolgain conformità ad un dato ordine. Nessun ordinamento è un datoobiettivo e immutabile, ma è il risultato dei comportamenti deimembri della collettività, in continua evoluzione.

2. L’ordinamento giuridico dello Stato e la pluralità degliordinamenti giuridici.

L’organizzazione della comunità politica mira ad impedire leaggressioni tra gli stessi componenti il gruppo con la minaccia disanzioni ai trasgressori, e tende a potenziare la difesadell’intera collettività contro i pericoli esterni. Lo Stato siidentifica con una certa comunità di individui (cittadini delloStato), stanziata in un certo territorio, sul quale si dispiega la

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sovranità dello Stato, ed organizzata in base ad un certo sistema diregole, ossia un ordinamento giuridico. Un ordinamento giuridico sidice originario quando la sua organizzazione non è soggetta ad uncontrollo di validità da parte di un’altra organizzazione.

3. Gli ordinamenti sovrannazionali. L’Unione Europea.

L’art. 10 Cost. enuncia il principio secondo il quale“L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme deldiritto internazionale”: diritto internazionale che, come insiemedi regole che disciplinano i rapporti fra Stati, è un diritto cheha fonte essenzialmente consuetudinaria. L’adesione dell’Italia allaComunità Europea, a partire dalla stipulazione del Trattato diRoma del 1957, ha dato vita alla Comunità Economica Europea, ed haimplicato l’accettazione di limiti posti alla sovranità delloStato, che si è sottoposto alla volontà della maggioranza degliStati membri.

4. La norma giuridica.

L’ordinamento di una collettività è costituito da un sistema diregole, ciascuna delle quali si chiama norma; e poiché il sistemadi regole da cui è assicurato l’ordine di una società rappresentail “diritto”, ciascuna di tali norme si dice giuridica. Lagiuridicità di una norma non dipende dal suo contenuto ma dalfatto che va considerata, in base a criteri fissati da ciascunordinamento, dotata di “autorità”; una norma è dotata di autoritàquando ha origine da un atto o da un fenomeno normativo. La normagiuridica non va confusa con la norma morale, neanche quandoentrambe abbiano identico contenuto; difatti mentre la regolamorale è assoluta, nel senso che trova solo nel suo contenuto lapropria validità a cui poi l’individuo decide di adeguarsi, laregola giuridica trae la propria forza vincolante dal fatto diessere prevista da un atto dotato di autorità nell’ambitodell’organizzazione della collettività.I fatti produttivi di norme giuridiche si chiamano “fonti”. Nondobbiamo confondere il testo di una norma con il “precetto”(significato), poiché da una stessa formula possono nascere piùletture; infatti nello stesso documento normativo possono leggersidifferenti o contrastanti precetti. Ecco perché non è tantoimportante “la formula” di una disposizione, ma quanto ilsignificato che ad essa viene attribuito. Non bisogna nemmenoconfondere il concetto di “norma giuridica” con quello di “legge”,

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poiché la legge è un atto normativo scritto ed una stessa leggepuò contenere più norme giuridiche.

5. Diritto positivo e diritto naturale.

Il complesso di norme da cui è costituito ciascun ordinamentogiuridico rappresenta il “diritto positivo”. Il “diritto naturale”talvolta è inteso come matrice di diritti positivi, talvolta comecriterio di valutazione critica, altre ancora come complesso diprincipi eterni e universali.

6. La struttura della norma. La fattispecie.

Una norma è un enunciato prescrittivo che si articola nellaformulazione di un'ipotesi di fatto, al cui verificarsi la normaricollega una determinata conseguenza giuridica. La norma dunquesi struttura come un periodo ipotetico, composta dalla previsione di unaccadimento eventuale e di una conseguenza giuridica che derivadal concreto verificarsi dell’evento prefigurato. La parte dellanorma che descrive l’evento che intende regolare si definiscefattispecie. Si dice fattispecie astratta il complesso di fatti nonrealmente accaduti, ma descritti ipoteticamenteda una norma adindicare quanto deve verificarsi affinché si produca una dataconseguenza giuridica. Per fattispecie concreta invece si intendenon un modello configurato ipoteticamente, ma un complesso difatti realmente verificatisi rispetto ai quali occorre accertaregli effetti giuridici. La fattispecie può essere formata da unsolo fatto (fattispecie semplice), o da una pluralità di fatti giuridici(fattispecie complessa). L’effetto ricollegato dalla norma allafattispecie complessa non si verifica se non quando si sianorealizzati tutti i fatti giuridici da cui è costituita.

7. La sanzione.

Le norme giuridiche possono essere attuate forzatamente (coercizione)o garantite dalla predisposizione, per l’ipotesi di trasgressione,della comminatoria di una “pena”, cioè di una conseguenza in dannodel trasgressore, chiamata sanzione, la cui minaccia favorirebbel’osservanza spontanea della norma. Accanto alle norme di condotta (primarie), ci sono quelle da farscattare in caso di inosservanza del comportamento prescritto:norme sanzionatorie o secondarie. La sanzione può operare in mododiretto o indiretto; in quest’ultimo caso l’ordinamento si avvale di

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altri mezzi per ottenere l’osservanza della norma o per reagirealla sua violazione. Nel diritto privato la sanzione non opera, diregola, direttamente.

8. Caratteri della norma giuridica. Generalità e astrattezza. Ilprincipio costituzionale di eguaglianza.

Con il carattere della generalità si intende che la legge non deveessere dettata per singoli individui, ma per tutti i consociati oper classi generiche di soggetti. Con il carattere dell’astrattezzasi intende che la legge non deve essere dettata per specifichesituazioni concrete, ma per fattispecie astratte, ossia persituazioni individuate ipoteticamente. Particolare importanza nella formulazione di una norma ha ilprincipio di eguaglianza (art. 3 Cost.), che ha due profili:

1. formale: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sonoeguali davanti alla legge; a parità di condizioni devecorrispondere un trattamento uguale e a condizioni diverse untrattamento differenziato. La Corte Costituzionale devedichiarare l’illegittimità di una norma avente forza di leggequando ravvisi una differenziazione normativa di situazioniche in realtà sono omogenee.

2. sostanziale: la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordineeconomico e sociale, che di fatto limitano la libertà el’eguaglianza dei cittadini.

9. L’equità.

L’equità viene definita la giustizia del caso singolo. La leggestabilisce che il giudice, nel decidere le controversie, deveseguire le norme del diritto e può far ricorso all’equità solo nelcaso in cui la stessa legge gli attribuisca il potere di decideresecondo equità. L’ordinamento giuridico sacrifica spesso lagiustizia del caso singolo all’esigenza della certezza deldiritto.

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CAPITOLO IIIL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI

10. Diritto pubblico e diritto privato.

Il diritto pubblico disciplina l’organizzazione dello Stato edegli altri enti pubblici, regola la loro azione interna e difronte a privati. Il diritto privato invece disciplina lerelazioni interindividuali, sia dei singoli che degli entiprivati, lasciando all’iniziativa personale anche l’attuazionedelle singole norme. Non c’è in realtà una distinzione netta tra idue campi, spesso infatti, uno stesso fatto è disciplinato sia danorme di diritto pubblico che privato.

11. Distinzione tra norme cogenti e norme derogabili.

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Le norme di diritto privato si distinguono in derogabili (o dispositive)e inderogabili (o cogenti): si dicono derogabili le norme la cuiapplicazione può essere evitata mediante un accordo degliinteressati; inderogabili quelle norme la cui applicazione èimposta dall’ordinamento prescindendo dalla volontà dei singoli.Si individuano anche un'ulteriore categoria di norme, quellesuppletive, le quali sono destinate a trovare applicazione soloquando i soggetti privati non abbiano provveduto a disciplinare undeterminato assetto della fattispecie, per cui si è formata unalacuna, a cui la legge sopperisce intervenendo a disciplinare ciòche i privati hanno lasciato in sospeso.

12. Fonti delle norme giuridiche.

Per “fonti di produzione” delle norme giuridiche si intendono gliatti e i fatti che producono o sono idonei a produrre diritto. Dallefonti di produzione si distinguono le fonti di “cognizione”, ossiai documenti e le pubblicazioni ufficiali da cui si può conoscereil testo di un atto normativo. Le fonti si possono distinguere inmateriali (atti o fatti produttivi di norme generali ed astratte) eformali (atti o fatti idonei a produrre diritto). Rispetto aciascuna fonte, quando si tratta di un atto, si può distinguere:a) l’Autorità investita del potere di emanarlo; b) il procedimentoformativo dell’atto; c) il documento normativo (la leggeconsiderata nel suo testo o nella sua lettera); d) i precettiricavabili dal documento. Ogni ordinamento deve stabilire le normesulla produzione giuridica, ossia a quali autorità, a quali organie con quali procedure sia affidato il potere di emanare normegiuridiche e con quali valori gerarchici. Con l’entrata in vigoredella Costituzione repubblicana la gerarchia delle fonti interne ècosì ricostruita: a) alla sommità si collocano i principi supremio fondamentali (non modificabili), da cui discendono i dirittiinviolabili; b) seguono le disposizioni della Costituzione e leleggi di rango costituzionale; c) vengono poi le leggi stataliordinarie e le altre fonti (regolamenti e usi). In questa scala sisono poi inserite le leggi regionali e le norme di matricecomunitaria.

13. a) La Costituzione e le leggi di rango costituzionale.

La Costituzione assolve la funzione di fondamentale norma sullaproduzione giuridica. Essa stabilisce, regolando il processo diformazione delle leggi, la disciplina degli atti normativi.

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La Costituzione italiana pone regole e principi che costituisconolimiti sostanziali all’attività del legislatore. La Costituzioneitaliana è rigida, dato che la legge ordinaria non può modificare néla Costituzione, né altre leggi di rango costituzionale. La CorteCostituzionale ha il compito di controllare se le disposizioni diuna legge ordinaria siano in conflitto con norme costituzionali;il controllo di legittimità può essere “incidentale”: se ungiudice ritiene che una norma sia incostituzionale, deve rimetteregli atti del processo alla Corte Costituzionale. È previsto poianche un giudizio in via “principale”, che può essere promosso dalgoverno contro le leggi regionali che eccedono la loro competenza,o dalle regioni contro le leggi dello Stato o di un’altra regione.Se la Corte ritiene illegittima la norma sottoposta al suo esame,dichiara con una sentenza l’incostituzionalità della disposizioneviziata che cessa “di avere efficacia dal giorno successivo allapubblicazione della decisione” (art. 136 Cost.).

14. b) Le leggi dello Stato e le leggi regionali.

Le leggi statali ordinarie sono approvate dal Parlamento. La leggeordinaria può modificare o abrogare qualsiasi norma non aventevalore di legge, ma non può essere modificata o abrogata se non dauna legge successiva. Vi sono materie che devono essere regolatemediante leggi (riserva di legge) e non possono esseredisciplinate da fonti normative di rango inferiore. Alle leggistatali sono equiparati sia i decreti legge sia i decreti legislativi, anchese emanati dal Governo e non dal Parlamento, ma a condizione che iprimi si mantengano rispettosi della legge delega e i secondi sianoconvertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni. La legge cost.18 ottobre 2001, n. 3 (che ha modificato l’art. 117 Cost.) regolai rapporti tra le leggi statali e quelle regionali definendo lerispettive competenze: lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in uninsieme di materie enumerate dall’art. 117; esistono poi materie dilegislazione concorrente tra Stato e regione: in tali materie la potestàlegislativa spetta alle regioni, compete però allo Stato ladeterminazione dei “principi fondamentali” (leggi-cornice); infineè attribuita alle regioni la potestà legislativa in ogni materianon espressamente riservata allo Stato.

15. c) I regolamenti.

I regolamenti sono fonti secondarie del diritto, sottordinate allalegge, e possono essere emanate dal Governo, dai ministri e da

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altre autorità amministrative anche non statali. I regolamentidisciplinano l’organizzazione ed il funzionamento dei pubbliciuffici, oppure regolano singole materie in forza di una delegacontenuta in una legge.

16. d) Le fonti comunitarie.

Le fonti normative di matrice comunitaria si distinguono in: a)regolamenti (in caso di contrasto tra un regolamento e una leggeinterna la norma regolamentare prevale); b) direttive, che hannolo scopo di armonizzare le legislazioni interne degli Stati (nonsono immediatamente efficaci negli ordinamenti dei singoli Stati).

17. e) La consuetudine.

Una consuetudine sussiste quando ricorrono:1. la ripetizione generale e costante in un certo ambiente, per un

tempo adeguatamente protratto, di un certo tipo dicomportamento osservabile, come regola di condotta tra iprivati;

2. un atteggiamento di osservanza di quel comportamento in quantoritenuto doveroso (opinio iuris ac necessitatis) e nonsemplicemente conforme a prassi.

Si distinguono 3 tipi di consuetudine:a) consuetudini “secundum legem”, che operano in accordo con la

legge;b) consuetudini “contra legem”, che si pongono contro la legge;c) consuetudini “praeter legem”, che operano al di là della legge,

ossia relativamente a materie non disciplinate da fontinormative scritte.

La consuetudine produce effetti giuridici se, e solo se, ad essasi fa espresso rinvio nelle leggi o nei regolamenti; per rarematerie o fattispecie non disciplinate da fonti scritte si ritieneche sia consentito ricorrere alla consuetudine per colmare lacunedel diritto, ma solo quando il caso in esame non può essere decisomediante analogia o con alcun principio generale.

18. Il codice civile.

Inizialmente per codice si intendeva una raccolta di materialinormativi, realizzata coordinando e manipolando i testi precedenti(corpus iuris); poi si è passati al codice inteso non più come unaraccolta di leggi precedenti, bensì una legge del tutto nuova, che

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si caratterizza per le note della organicità, della sistematicità, dellauniversalità e dell’eguaglianza. Per la sua funzione il codice implical’abrogazione di tutto il diritto precedente vigente nella materiacodificata, e l’accentramento della disciplina nell’interoterritorio contemplato. Il codice civile riveste un ruolo dicentralità nel sistema del diritto privato: regolando i soggetti (sia lepersone fisiche che quelle giuridiche), i beni (in particolare laproprietà), l’attività (in particolare il contratto) e i principifondamentali sulla responsabilità civile.Il primo grande codice di diritto privato (“Codice Napoleone”) fuemanato nel 1804. Nel nostro Paese, dopo l’unificazione del Regnod’Italia fu emanato il codice civile del 1865 (ispirato al codicefrancese), insieme ad un separato codice di commercio; ma nel 1942fu emanato un nuovo codice civile in cui venne assorbito anche ilcodice di commercio.Anche i codici, venendo approvati con leggi ordinarie, sonosoggetti al controllo di legittimità della Corte Costituzionale epossono essere sempre modificati con leggi ordinarie successive.

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CAPITOLO IIIL’EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI

19. Entrata in vigore della legge.

Per l’entrata in vigore della legge, oltre all’approvazione daparte delle due Camere, occorre:

a) la promulgazione della legge da parte del Presidente dellaRepubblica (art. 73 Cost.);

b) la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (art. 73Cost.);

c) il decorso di un periodo di tempo, detto vacatio legis, che vadalla pubblicazione all’entrata in vigore della legge, e chedi regola è di 15 giorni (art. 73 Cost.), salvo che la leggestessa stabilisca un termine diverso.

Con la pubblicazione la legge si reputa conosciuta e diventaobbligatoria per tutti, anche per chi non ne è a conoscenza(ignorantia iuris non excusat); la Corte Costituzionale hatuttavia stabilito che l’ignoranza della legge è scusabile quandol’errore di un soggetto in ordine all’esistenza o al significatodi una legge penale sia stato inevitabile.Una disposizione di legge viene abrogata quando un nuovo attodispone che ne cessi l’efficacia (anche se può continuare adessere applicata a fatti verificatisi anteriormente). Per abrogareuna disposizione occorre sempre l’intervento di una disposizionenuova di pari valore gerarchico: una legge non può essere abrogatache da una legge posteriore. L’abrogazione può essere espressa o tacita.Nel primo caso una legge posteriore dichiara esplicitamenteabrogata una legge anteriore. Nel secondo caso nella leggesuccessiva, manca una dichiarazione formale, ma le disposizioniposteriori: a) o sono incompatibili con una o più disposizioniantecedenti; b) o costituiscono una regolamentazione dell’interamateria già regolata dalla legge precedente, che deve ritenersi

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assorbita e sostituita integralmente dalle disposizioni piùrecenti.La deroga si ha quando una nuova norma sostituisce, ma solo perspecifici casi, la disciplina prevista dalla norma precedente, checontinua però ad essere applicata a tutti gli altri casi.Un’altra figura di abrogazione espressa può essere realizzatamediante un referendum popolare, quando ne facciano richiesta almeno500.000 elettori o 5 Consigli regionali, e la proposta siconsidera approvata se alla votazione partecipa la maggioranzadegli aventi diritto e la proposta di abrogazione consegue lamaggioranza dei voti espressi (art. 75 Cost.).Anche la dichiarazione di incostituzionalità di una legge ne facessare l’efficacia, ma mentre l’abrogazione ha effetto solo perl’avvenire, ex nunc, la dichiarazione di incostituzionalità inveceannulla la disposizione ex tunc, come se non fosse mai stata emanata,così che non può più essere applicata neppure nei giudizi ancorain corso e neppure a fatti già verificatisi in precedenza. Restanosalvi solo i rapporti definiti con sentenza passata in giudicato(art. 136 Cost.). L’abrogazione di una norma che, a sua voltaaveva già abrogato un’altra norma, non fa rivivere quest’ultimasalvo che sia espressamente disposto: norma ripristinatoria.

20. Abrogazione della legge.

Una disposizione di legge viene abrogata quando un nuovo attodispone che ne cessi l’efficacia. Una legge non può essereabrogata che da una legge posteriore. L’abrogazione può essereespressa o tacita. Quest’ultima si ha quando le disposizioniposteriori: a) o sono incompatibili con una o più disposizioniantecedenti; b) o costituiscono una regolamentazione dell’interamateria già regolata dalla legge precedente. Fenomeno diverso è la deroga, che si ha quando una nuova normasostituisce, ma solo per specifici casi, la disciplina previstadalla norma precedente. Un’altra figura di abrogazione espressapuò essere realizzata mediante referendum popolare.Anche la dichiarazione di incostituzionalità di una legge ne facessare l’efficacia; ma mentre l’abrogazione ha effetto ex nunc, ladichiarazione di incostituzionalità annulla la disposizione ex tunc.

21. Irretroattività della legge.

Una norma si dice retroattiva quando attribuisce conseguenzegiuridiche a fattispecie verificatesi anteriormente alla sua

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entrata in vigore. L’art. 11 delle preleggi stabilisce che “lalegge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo.Tuttavia nel nostro ordinamento solo la norma penale non può essereretroattiva. Ogni altra norma può essere anche retroattiva, ma, inlinea di principio non lo è, a meno che il legislatore non laqualifichi tale con formulazione non equivoca. Se la norma haefficacia retroattiva essa si applica anche alla risoluzione dicontroversie che siano ancora pendenti al momento della suaentrata in vigore.

22. Successione di leggi.

L’applicazione del principio dell’irretroattività non è sempreagevole, quando si tratta di fattispecie verificatesianteriormente all’entrata in vigore della nuova legge, ma i cuieffetti perdurano nel tempo. In alcuni casi interviene illegislatore a regolare il passaggio tra la legge vecchia e lanuova con specifiche norme che si chiamano disposizioni transitorie; mapuò avvenire che il legislatore non abbia previsto alcuni casi, edallora sorgono delicate questioni che vengono designate comequestioni di diritto transitorio. A questo proposito sono state sostenutedue teorie:

a) la legge nuova non può colpire i diritti quesiti, che cioèsono già entrati nel patrimonio di un soggetto (teoria del dirittoquesito);

b) la legge nuova non estende la sua efficacia ai fattidefinitivamente perfezionati sotto il vigore della leggeprecedente a meno che siano pendenti gli effetti dei fattistessi (teoria del fatto compiuto).

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CAPITOLO IVL’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE

23. L’applicazione della legge.

Per applicazione della legge si intende la concreta realizzazione diquanto è ordinato dalle regole che compongono il diritto delloStato. Naturalmente è compito dello Stato, attraverso i suoi variorgani, curare l’applicazione delle norme di diritto pubblico;mentre l’applicazione delle norme di diritto privato non è impostain modo autoritario (ex officio), ma è lasciata, di solito, allaprudenza e al buon senso dei singoli.

24. L’interpretazione della legge.

Interpretare un testo normativo non vuol dire solo conoscerequanto il testo in sé già esprimerebbe, ma decidere che cosa siritiene che il testo effettivamente possa significare e comevadano risolti i conflitti che insorgono nella sua applicazione.Di ogni disposizione normativa possono ammettersi letture plurime,in funzione del caso da risolvere, tra cui l’interprete sceglie lasoluzione più opportuna. L’attività di interpretazione non puòmai, dunque, esaurirsi nel mero esame dei dati testuali; difattil’interprete di un testo normativo deve tener conto del significatogrammaticale delle parole, non isolatamente considerate bensìsecondo la loro connessione sintattica (interpretazione dichiarativa oletterale), nonché dell’intenzione del legislatore (mens o ratio legis). L’interpretazione letterale e la ricerca della mens legis vannointegrate con l’interpretazione sistematica. L’interprete, una voltatratta la norma dal testo sulla base dell’interpretazioneletterale della mens legis, dovrà “calare” la stessa nel sistema;potrà allora avvenire che il suo significato si arricchisca (nel

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qual caso si parla di interpretazione estensiva) o si restringa(interpretazione restrittiva). Le formulazioni delle leggi sono spesso inconflitto tra loro: conflitti che si superano ricorrendo a criteridi gerarchia tra le fonti, a criteri cronologici, a criteri dispecialità; inoltre di fronte a ciascun caso singolo difficilmentesi può applicare un’unica norma, ma occorre utilizzare un’ampiacombinazione di disposizioni.Un tipo di interpretazione è quella giudiziale, che assume valorevincolante in quanto compiuta dai giudici dello Statonell’esercizio della funzione giurisdizionale. Peraltro unasentenza è idonea ad assumere anche valore di precedente neiconfronti di altri casi simili; questo valore nel nostroordinamento è però limitato alla persuasività logica, tuttavial’interpretazione giudiziale ha di fatto una notevole autorità.Ciò non svaluta l’importanza dell’interpretazione dottrinale, che ècostituita dagli apporti di studio dei cultori delle materiegiuridiche. Infine viene individuata l’interpretazione autentica,ossia quella che proviene dallo stesso legislatore, che emanatalvolta apposite disposizioni per chiarire il significato dialtre preesistenti.

25. Le regole dell’interpretazione.

L’obiettivo dell’interprete (giudice) è di individuare non tanto“l’intenzione” di un inesistente (concreto) legislatore, ma loscopo (ratio) che la disposizione persegue: criterio diinterpretazione teleologico. Senonchè l’individuazione della ratio,che rappresenta già un risultato rischia di costituire un elementoarbitrariamente attribuito alla disposizione dall’interprete.Appaiono perciò più persuasivi altri criteri:

1. criterio logico, attraverso l’argumentum a contrario (volto adescludere dalla norma quanto non vi appare espressamentecompreso), l’argumentum a simili (volto a d estendere la normaper comprendervi anche fenomeni simili a quelli risultantidal contenuto letterale della disposizione), l’argumentum afortori (volto ad estendere la norma in modo da includervifenomeni che a maggior ragione meritano il trattamentoriservato a quello risultante dal contenuto letterale delladisposizione), l’argumentum ad absurdum (volto ad escluderequell’interpretazione che dia luogo ad una norma assurda);

2. criterio storico: l’analisi delle motivazioni con cui un istitutoè stato introdotto in un sistema giuridico precedente, dellemodifiche che ha subito e del modo con cui è stato

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interpretato è utile per cogliere la portata che ad unadisposizione va attribuita nel momento attuale;

3. criterio sistematico, per determinare la portata di unadisposizione è indispensabile collocarla nel quadrocomplessivo dell’ordinamento in cui va inserita;

4. criterio sociologico: la conoscenza degli aspetti economico-sociali dei rapporti regolati è utile per pervenire ad unagiusta interpretazione;

5. criterio equitativo: volto ad evitare interpretazioni checontrastino con il senso di giustizia della comunità.

26. L’analogia.

È impossibile che il legislatore riesca a disciplinare l’interoambito dell’esperienza umana, di conseguenza il giudice si trova,di frequente, ad affrontare problemi che nessuna norma positivarisolve (le lacune dell’ordinamento).Perciò l’art. 12 delle preleggi dispone che il giudice (quando nonsia riuscito a risolvere il caso né applicando una norma che locontempli direttamente, né applicando una norma che possa essereinterpretata estensivamente fino ad abbracciarlo) deve procedereapplicando per analogia le disposizioni che regolino casi simili o materieanaloghe, e qualora il caso rimanga ancora dubbio, applicando iprincipi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.Ragionare per analogia significa applicare ad un caso non regolatouna norma non scritta ricopiata da una norma scritta, che però risultadettata per regolare un caso diverso, sebbene simile a quello dadecidere. Individuare tra due fattispecie diverse un rapporto disomiglianza vuol dire che tra le due deve intercorrere qualcosa dicomune; in particolare deve trattarsi proprio dell’elemento chegiustifica la disciplina accordata al caso: l’identità diquell’elemento ci fa concludere che pure il caso non regolato meritaidentica disciplina. L’analogia dunque si fonda su un’identità diratio.Se anche con il ricorso all’analogia legis, il caso rimane ancoradubbio, il giudice deve far ricorso all’analogia iuris, ossia aiprincipi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, vale adire estrapolando la regola solutoria del caso dubbio dagliorientamenti generali del sistema legislativo.L’analogia non è consentita né per le leggi penali, né per quelleeccezionali. Tuttavia la distinzione tra un’interpretazione estensiva diuna norma eccezionale (consentita) e un’applicazione per analogia(vietata) appare complessa.

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CAPITOLO VI CONFLITTI DI LEGGI NELLO SPAZIO

27. Il diritto internazionale privato.

Il principio di territorialità vige ancora per il diritto pubblicoma non per quello privato; conseguentemente per i rapporti didiritto privato (quando questi non ricadano per intero nell’ambitodi un unico ordinamento) si pone il dubbio di quale debba esserel’ordinamento competente a regolarli. In ciascun paese pertantovengono elaborate norme di “diritto internazionale privato”: ossiaregole che stabiliscono quale tra varie leggi nazionali vadaapplicata in ogni singola ipotesi, scegliendo, dal punto di vista“spaziale”, la legge più idonea a disciplinare quella fattispecie.Il diritto internazionale privato, sebbene così nominato non è inrealtà un vero diritto internazionale (tale è il dirittointernazionale pubblico), bensì un diritto interno, che ciascunoordinamento stabilisce. Inoltre esso è costituito non da normemateriali, ma da regole strumentali (che si limitano ad individuare,rispetto a ciascun rapporto contemplato, a quale ordinamento debbafarsi capo per giungere poi a stabilire come quel rapporto vadadisciplinato.Il diritto internazionale privato, dunque, opera secondo unatecnica di “rinvio”, nel senso che individua la legge che ilGiudice deve applicare.

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La disciplina del diritto internazionale privato italiano ècontenuta non solo nella legge (se pur centrale) 31 maggio 1995,n. 218; infatti si è imposto un movimento di uniformazione, alivello internazionale, del diritto internazionale privato, che haportato all’elaborazione di numerose convenzioni di dirittointernazionale privato uniforme, volte a porre regole comuni disoluzione dei conflitti di leggi nello spazio.

28. Qualificazione del rapporto e momenti di collegamento.

Per stabilire quale sia l’ordinamento da applicare occorre inprimo luogo procedere alla qualificazione del rapporto in questione,evidenziandone la natura; peraltro può accadere che i singoliordinamenti non seguano identici criteri nel classificare rapportigiuridici: la soluzione generalmente accolta indica la legge delluogo (lex fori). Compiuta la qualificazione si deve procedere adun’altra operazione: occorre che la norma di dirittointernazionale privato precisi un elemento del rapporto qualemomento di collegamento, ossia come elemento della fattispeciedecisivo per l’individuazione dell’ordinamento.

29. I vari momenti di collegamento.

Sono in seguito esaminate alcune delle principali disposizioni didiritto internazionale privato (italiano), che risultano dallalegge di riforma 218/1995.Per quanto riguarda la capacità giuridica delle persone fisiche (art.20) si applica la legge nazionale della persona; se questa ha piùcittadinanze si applica la legge dello Stato con il quale essa hail collegamento più stretto; se tra le cittadinanze vi è quellaitaliana, questa prevale (art. 19).La capacità di agire delle persone fisiche è regolata dalla lorolegge nazionale (art. 23).Gli enti sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cuiterritorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione(art. 25); tuttavia si applica la legge italiana se la sededell’amministrazione o l’oggetto principale di tali enti sonosituati in Italia.Per le obbligazioni contrattuali è invece importante la Convenzionedi Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del 19 giugno del1980; tale convenzione fonda un diritto internazionale privatouniforme; in tal modo tutti gli Stati aderenti utilizzeranno

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criteri identici per individuare la legge regolatrice di unrapporto contrattuale.30. Il rinvio ad altra legge. Il limite dell’ordine pubblico.

L’eventuale rinvio operato dal nostro diritto internazionaleprivato ad un ordinamento straniero pone problemi delicati.Innanzitutto nel caso in cui quell’ordinamento a sua volta rinviaad un altro ordinamento: l’art. 13 stabilisce che si tiene contodel rinvio operato dal diritto internazionale privato stranieroalla legge di un altro Stato, se il diritto di tale Stato accettail rinvio o se si tratta di rinvio alla legge italiana. Unulteriore problema è quello della compatibilità delle disposizionidi un ordinamento estraneo con i principi fondamentali del nostroordinamento. L’art. 16 stabilisce che la legge straniera non puòessere applicata se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico; conquesto termine si indica non l’ordine pubblico interno, bensìquello internazionale, che abbraccia solo i fondamentali principicui l’ordinamento giuridico italiano è ispirato.

31. La conoscenza della legge straniera.

Un’altra novità introdotta dalla legge di riforma riguarda laconoscenza della legge straniera. La nuova disciplina (art. 14)stabilisce che spetta al giudice accertare il contenuto dellalegge straniera applicabile; nel caso in cui comunque non risultipossibile accertare le disposizioni della legge stranierarichiamata, il giudice deciderà in base alla legge italiana.

32. La condizione dello straniero.

Quanto al trattamento giuridico degli stranieri occorredistinguere tra cittadini “comunitari” e “extracomunitari”.Per i cittadini comunitari si applica l’art. 17 del “Trattatoistitutivo della Comunità europea”: ai cittadini comunitari variconosciuto pieno diritto di circolazione e soggiorno in tuttigli Stati membri, il godimento degli stessi diritti civiliattribuiti al cittadino nazionale, alcuni limitati dirittipolitici (il voto nelle elezioni comunali).Per gli extracomunitari è sempre applicabile sia il dirittod’asilo (art. 10 Cost.), sia l’inammissibilità dell’estradizioneper reati politici (art. 10 Cost.); inoltre allo straniero sonoriconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previstidalle norme di diritto interno e dalle convenzioni internazionali.

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All’extracomunitario regolarmente soggiornante in Italia èassicurato il godimento dei diritti in materia civile attribuitial cittadino italiano. Infine a tutti i lavoratori stranieri ègarantita parità di trattamento e piena eguaglianza di dirittirispetto ai lavoratori italiani.Esiste inoltre la condizione di “reciprocità”: ossia la previsioneper cui un determinato diritto può essere riconosciuto allostraniero a condizione che lo stesso diritto venga riconosciuto,al cittadino italiano, nel Paese di cui lo straniero è cittadino.Tale regola è ormai ridotta ad un ambito di applicazioneresiduale, ma non può dirsi né abrogata totalmente, né in assolutoincompatibile con i principi dell’ordinamento giuridico italiano.

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L’ATTIVITÀ GIURIDICAE LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI

CAPITOLO VILE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE

33. Il rapporto giuridico.

Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti, regolatadall’ordinamento giuridico. In tale relazione soggetto attivo è coluia cui l’ordinamento giuridico attribuisce il potere (o dirittosoggettivo) (per esempio di pretendere un pagamento dovutogli);

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soggetto passivo è colui a carico del quale grava il dovere (per es.pagare). Le persone tra le quali intercorre un rapporto giuridicosono dette parti; contrapposto al concetto di parte è quello diterzo che è, in genere, chi non è parte o non è soggetto di unrapporto giuridico. Il rapporto giuridico non è che una figura di una categoria piùampia: la situazione giuridica.

34. Situazioni soggettive attive (diritto soggettivo, potestà,facoltà, aspettativa, status).

La norma è un precetto (per esempio divieto di arrecare danni adaltri: diritto oggettivo); se taluno mi arreca un dannol’ordinamento mi dà la possibilità di chiederne il risarcimento(diritto soggettivo); l’ordinamento tutela il mio interesselasciandomi tuttavia libero.Il diritto soggettivo è la signoria del volere, il potere di agireper il soddisfacimento di un proprio interesse individuale, protettodall’ordinamento giuridico. In alcuni casi il potere di agire per l’ottenimento di un certorisultato pratico non è attribuito al singolo nell’interesseproprio, ma per realizzare un interesse altrui: queste figure dipoteri, che al tempo stesso sono doveri, si chiamano potestà o uffici(per esempio è ufficio quello del tutore di una persona incapace).Mentre l’esercizio del diritto soggettivo è libero, in quanto iltitolare può perseguire i fini che ritiene più opportuni,l’esercizio della potestà deve sempre ispirarsi al fine della curadell’interesse altrui. Le facoltà (o diritti facoltativi) sono, invece, manifestazioni del dirittosoggettivo che non hanno carattere autonomo, ma sono in essocomprese. Esse non si estinguono se non si estingue il diritto dicui fanno parte: cioè non è ammessa la prescrizione estintivadelle sole facoltà. Può avvenire che l’acquisto di un diritto derivi dal concorso dipiù elementi successivi. Se di questi alcuni si siano verificatied altri no, si ha la figura dell’aspettativa. Essa è perciò uninteresse preliminare del soggetto, tutelato in via provvisoria estrumentale, ossia quale mezzo al fine di assicurare lapossibilità del sorgere dei diritti. Si parla infatti di fattispecie aformazione progressiva, per dire che il risultato si realizza pergradi, progressivamente (prima l’aspettativa, poi il diritto). A volte alcuni diritti e alcuni doveri si ricollegano alla qualitàdi una persona, la quale deriva dalla sua posizione in un gruppo

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sociale. Lo Status quindi è una qualità giuridica che si ricollegaalla posizione dell’individuo in una collettività. Esso può esseredi diritto pubblico (per esempio lo stato cittadino) o di dirittoprivato (per esempio lo stato di figlio).

35. L’esercizio del diritto soggettivo.

Colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce il dirittosoggettivo è detto titolare del diritto medesimo. Esercizio del dirittosoggettivo è l’esplicazione dei poteri di cui il diritto soggettivoconsta. Esso non va confuso con la sua realizzazione, che consistenell’attuazione, nella soddisfazione dell’interesse protetto,sebbene spesso i due fenomeni possano coincidere. La realizzazionedell’interesse può essere spontanea o coattiva: quest’ultima siverifica quando occorre far ricorso ai mezzi che l’ordinamentopredispone per la tutela del diritto soggettivo.Alcune disposizioni legislative vietano, peraltro, l’abuso del dirittosoggettivo, ossia il suo uso anormale.36. Categorie di diritti soggettivi.

La prima distinzione dei diritti soggettivi si ha in diritti assolutiche garantiscono al titolare un potere che egli può far valereverso tutti (erga omnes), e diritti relativi che assicurano al titolareun potere che egli può far valere nei confronti di una o piùpersone determinate. Tipici diritti assoluti sono i diritti reali, cioè i diritti su unacosa, che attribuiscono al titolare una signoria piena (proprietà)o limitata (diritti reali su cose altrui), su un bene; e i dirittidella personalità che sono tutelati in capo al singolo nei confronti ditutti i consociati (per esempio il diritto al nome).La categoria dei diritti relativi si riferisce a quei diritti chesi esplicano nei confronti di soggetti individuati. Essa comprendei diritti di credito (o personali). L’opposto sia del diritto reale, sia del diritto di credito è ildovere. Vi sono inoltre ipotesi in cui al potere di una persona noncorrisponde alcun dovere, ma solo uno stato di soggezione: lacategoria dei diritti potestativi. Essi consistono nel potere di operareil mutamento della situazione giuridica di un soggetto. Siesercita con la dichiarazione del titolare del potere a luiattribuito, indirizzata al soggetto passivo (dichiarazione recettizia).

37. Gli interessi legittimi.

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Per interesse si intende qualsiasi bene, vantaggio, utilità, checostituisce l’obiettivo dell’agire di un soggetto. Esso assumeentità pubblica o privata a seconda di chi ne sia portatore. Uninteresse privato si dice “semplice” o “di fatto” quando nonfruisce di alcuna particolare protezione giuridica; mentre, quandoil mio interesse riceve piena tutela giuridica, sono titolare diun diritto soggettivo.Quando invece i rapporti di interesse avvengono fra il privato e ipubblici poteri, si parla di interesse legittimo, ossia il potere delsingolo di sollecitare un controllo giudiziario rivolto allapubblica amministrazione.Il rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione èregolato da norme “di relazione”, costituite dai diritti soggettivi edagli obblighi (es. l’impiegato ha il pieno diritto soggettivo alpagamento della retribuzione); diverse sono le norme “di azione”,ossia quelle che regolano il funzionamento delle pubblicheamministrazioni. “L’interesse legittimo” consiste nella tutela strumentale, ossia nelcontrollo del corretto esercizio delle pubbliche funzioni, e nonnella tutela dell’interesse del singolo a veder soddisfatto unproprio bisogno. Il tipico strumento di tutela dell’interesselegittimo consiste nell’impugnazione dell’atto amministrativoillegittimo, al fine di ottenerne l’annullamento; il privato puòimpugnarlo rivolgendosi ai T.A.R. e deducendo il relativo vizioche può essere un vizio di incompetenza (compiere un atto nonrientrante nei propri poteri), di violazione di legge (il provvedimentoentra in contrasto con le norme di legge che ne definiscono icontenuti) o di eccesso di potere (uso scorretto del potere da partedell’organo che ha compiuto l’atto).

38. Situazioni di fatto.

L’ordinamento protegge provvisoriamente contro la violenza e ildolo altrui anche la situazione di fatto in cui il soggetto puòtrovarsi rispetto ad un bene ed attribuisce anche ad essa alcunieffetti: si hanno così le due figure del possesso e delladetenzione.

39. Situazioni soggettive passive (dovere, obbligo, soggezione,onere).

La figura del dovere generico di astensione che incombe su tutti comerovescio della figura di diritto assoluto (ossia dovere di

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astenersi dal danneggiare il diritto assoluto di un’altra persona)va distinta da quella dell’obbligo cui è tenuto il soggetto passivodi un rapporto obbligatorio; e da quella della soggezione checorrisponde al diritto potestativo. Da queste tre situazioni passive va nettamente distinta la figuradell’onere: tale figura ricorre quando ad un soggetto è attribuitoun potere, ma l’esercizio di tale potere è condizionato ad unadempimento (non obbligatorio). Il cosiddetto “onere della prova”, non costituisce un vero“onere”, ma piuttosto un rischio per il soggetto che ne è gravato, inquanto il giudice, di fronte ad un fatto rimasto incerto nelgiudizio, deve accogliere come vera la versione della parte chenon aveva l’onere di provare quel fatto.

40. Vicende del rapporto giuridico.

Il rapporto giuridico nasce (si costituisce) quando il soggettoattivo acquista il diritto soggettivo. L’acquisto indica ilfenomeno del collegarsi di un diritto con una persona che nediventa titolare. Esso può essere di due specie: a titolo originario,quando il diritto soggettivo sorge a favore di una persona senzaesserle trasmesso da nessuno; a titolo derivativo, quando il diritto sitrasmette da una persona ad un’ altra. È a titolo originariol’acquisto per occupazione di cose abbandonate e l’acquisto perusucapione; se invece compro un immobile dal proprietario compioun acquisto a titolo derivativo. Il titolo d’acquisto o causa adquirendi è l’atto o il fatto giuridico chegiustifica l’acquisto.Nell’acquisto a titolo derivativo il diritto (assoluto o relativo)che apparteneva ad una persona passa ad un’altra: questo fenomenosi chiama successione; colui che perde il diritto si chiama autore odante causa, chi lo acquista successore o avente causa. In questo tipo dirapporto può verificarsi non solo il mutamento del soggetto attivo(successione del lato attivo) ma anche quello del rapporto passivo(successione del lato passivo) (es. l’erede succede nell’obbligo di pagarei debiti del defunto).Esistono due tipi di acquisto a titolo derivativo: l’acquistoderivativo-traslativo, ossia si può trasmette proprio lo stesso dirittoche aveva precedente titolare, e l’acquisto derivativo-costitutivo o titoloderivativo-costitutivo, cioè l’attribuire al nuovo titolare un dirittodifferente, che scaturisce dal diritto del precedente titolare. Se il fenomeno dell’acquisto a titolo derivativo è considerato noncon riferimento alla persona a cui favore si verifica, ma avendo

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riguardo alla persona che trasferisce il diritto, si ha ilconcetto dell’alienazione.La successione è di due tipi: a titolo universale, quando una personasubentra in tutti i rapporti di un’altra persona, sia attivi(crediti) che passivi (debiti); a titolo particolare, quando la personasubentra solo in un determinato diritto o rapporto. Nel nostroordinamento giuridico la successione a titolo universale siverifica nel caso di fusione di società e nel caso di morte di unapersona (successione a causa di morte). A questo proposito, si distinguel’erede, che subentra nella titolarità dei rapporti in capo aldefunto (successione a titolo universale), dal legatario, chesubentra solo in rapporti determinati (successione a titoloparticolare).La vicenda finale del rapporto è la sua estinzione, ossia quando iltitolare perde il diritto senza che questo sia trasmesso ad altri.Non sempre al titolare è consentito di disfarsi o rinunciare aipropri diritti. Accanto alla categoria dei diritti disponibili, c’èquella dei diritti indisponibili, che in genere sono quei rapporti cheservono a soddisfare un interesse superiore: come le potestà e idiritti familiari.

CAPITOLO VIIIL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO

41. Soggetti e persone.

Le situazioni giuridiche soggettive fanno capo ai “soggetti”.L’idoneità ad essere titolari di situazione giuridiche soggettiveviene definita come capacità giuridica. La capacità giuridica, nelnostro ordinamento, compete sia alle persone fisiche, sia aglienti (associazioni, fondazioni, società) ed anche ad altre struttureorganizzate, che la legge tratta come autonomo centro di imputazionedi situazioni giuridiche soggettive (ad es. il condominio). Glienti si distinguono poi in enti che sono “persone giuridiche” (ad

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es. associazioni riconosciute ed enti pubblici) ed enti “nondotati di personalità” (ad es. associazioni non riconosciute);entrambi sono soggetti di diritto, però i primi hanno autonomiapatrimoniale perfetta al contrario dei secondi.Dunque le “persone” (fisiche e giuridiche) sono “soggetti”, ma nonesauriscono quest’ultima categoria che comprende anche gli entinon dotati di personalità e gli altri centri autonomi diimputazione giuridica.

A) LA PERSONA FISICA

42. La capacità giuridica della persona fisica. L’uomo – per il solo fatto della nascita (art. 1, comma I, cod.civ.) – acquista la capacità giuridica e, di conseguenza, divienesoggetto di diritto. La capacità giuridica compete, dunque,indifferentemente a tutti gli esseri umani. Siffatto principiocostituisce una conquista relativamente recente della civiltàgiuridica occidentale. Infatti è solo con la caduta dell’ancienrégime che si afferma il rivoluzionario principio secondo cui “gliuomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”. L’art. 3 dellanostra Costituzione proclama oggi solennemente che “tutti icittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge,senza distinzione di sesso, razza, lingua, di religione, diopinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Inoltrel’art. 3 comma II Cost. prevede che “è compito della Repubblicarimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che,limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettivapartecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica,economica e sociale del Paese”.Capacità giuridica di diritto privato compete non solo alcittadino, ma anche allo straniero: tuttavia con il limite delrispetto del principio di reciprocità.

43. La nascita e la morte.

La persona fisica acquista la capacità giuridica con la nascita e laperde con la morte.Si ha nascita con l’acquisizione della piena indipendenza dal corpomaterno che si realizza con l’inizio della respirazione polmonare. Lanascita è condizione necessaria, ma anche sufficiente per

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l’acquisto della capacità giuridica: in particolare, non occorrela vitalità (ossia l’idoneità fisica alla sopravvivenza). Se ilneonato è morto subito dopo la nascita, ha comunque acquisito lacapacità giuridica con quel che ne consegue. Entro 10 giorni,l’evento della nascita deve essere dichiarato all’ufficiale dellostato civile per la formazione dell’atto di nascita. Se la nascitaavviene in un ospedale, la dichiarazione può essere resa, entro 3giorni, presso la relativa direzione sanitaria.Si ha morte “con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo” (art.1 L. 29 dicembre 1993, n. 578). Entro le 24ore dal decesso, lamorte è dichiarata all’ufficiale di stato civile per la formazionedell’atto di morte. Se vi sia incertezza sulla sopravvivenza di unapersona rispetto ad un’altra (in genere, perché le stesse sonomorte in un unico contesto) la legge presume, fino a provacontraria, che le stesse siano morte contestualmente (art. 4 cod.civ.: presunzione di commorienza).Con la morte, alcuni rapporti facenti capo al defunto siestinguono (ad es. il matrimonio); altri possono essere sciolti adiniziativa degli eredi del defunto e/o dell’altra parte.

44. Le incapacità speciali.

La nascita quindi è condizione sufficiente per far acquisire allapersona fisica la capacità giuridica generale: ossia, la capacità diessere titolare tendenzialmente di tutte le situazioni giuridichesoggettive connesse alla tutela dei propri interessi.Così, per l’accesso a taluni rapporti, non è sufficiente lanascita, ma è richiesto il concorso di altri presupposti: se dettipresupposti non sussistono, il soggetto non può essere parte diquel determinato rapporto. Queste incapacità si distinguono in:

1. assolute, se al soggetto è precluso quel dato tipo di rapportoo di atto (così ad esempio, la capacità di fare testamento siacquista con il compimento del 18esimo anno di età, art. 591cod. civ.);

2. relative, se al soggetto è precluso quel dato tipo di rapportoo di atto, ma solo con determinate persone o solo indeterminate circostanze.

In tutti questi casi si ravvisa una limitazione della capacitàgiuridica, le c.d. incapacità speciali.

45. Il concepito.

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Alcune posizioni giuridiche sono tutelate anche a favore di chi,seppure non ancora nato, sia però concepito. Così l’art. 462, commaI, cod. civ. attribuisce al concepito la capacità di succedere per causa dimorte, sia per legge che per testamento (così ad esempio se ilpadre muore dopo il concepimento, ma prima della nascita delfiglio, l’eredità si devolve anche a favore di quest’ultimo);oppure l’art. 784, comma I, cod. civ. attribuisce al concepito lacapacità di ricevere per donazione. Ovviamente, “i diritti che la legge riconosce a favore delconcepito sono subordinati all’evento della nascita”: potranno cioè esserefatti valere solo se e quando avvenga la nascita.La capacità di succedere per testamento e di ricevere perdonazione è riconosciuta anche a chi non sia stato neppure ancoraconcepito, al momento dell’apertura della successione deltestatore o della donazione, ma sia figlio di una determinatapersona fisica vivente in quel momento.

46. La capacità di agire.

Con la nascita la persona fisica acquista la capacità giuridica;questa idoneità si “concretizza” immediatamente con l’acquisto(automatico e necessario) dei diritti della personalità. Solo eventuale èinvece l’acquisto, con la nascita, dei diritti patrimoniali. Tuttavia, non sempre la persona fisica è in grado (per giovaneetà, per malattia, ecc.) di gestire in prima persona le situazionigiuridiche che le fanno capo. Ecco perché la legge richiede,affinché possa compiere personalmente ed autonomamente atti diamministrazione dei propri interessi, che il soggetto abbia (oltrealla capacità giuridica) anche la capacità di agire: intendendo conessa l’idoneità a porre in essere in proprio atti negoziali destinatia produrre effetti nella sua sfera giuridica (capacità negoziale). Lacapacità di agire si acquista al raggiungimento della maggioreetà: cioè al compimento del 18esimo anno (art. 2, comma I, cod.civ.). Può però accadere che, nonostante la maggiore età, la personafisica si ritrovi (per diverse ragioni) a non avere più lacapacità di agire per questo si è creata la necessità diproteggere tali soggetti.Così a protezione delle persone prive in tutto od in parte diautonomia il codice civile prevede gli istituti: della minore età,dell’interdizione giudiziale, dell’inabilitazione, dell’emancipazione,dell’amministrazione di sostegno e dell’incapacità di intendere o di volere(incapacità naturale).

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Da non confondere con la capacità negoziale è la capacità extranegoziale: laprima riguarda l’idoneità del soggetto a compiere personalmente edautonomamente atti di autonomia negoziale (ad es. vendere,comprare, ecc.); la seconda riguarda l’idoneità del soggetto arispondere delle conseguenze dannose degli atti dallo stesso postiin essere.

47. La minore età.

La capacità di agire presuppone che il soggetto abbia raggiunto lanecessaria maturità. La legge fissa, con criterio generale, un’etàeguale per tutti al cui raggiungimento reputa che la personafisica abbia acquisito la capacità e l’esperienza necessarie perassumere validamente ogni decisione che la riguarda: “la maggioreetà è fissata al compimento del 18esimo anno”. Prima di quelmomento il soggetto è legalmente incapace, dopo quel momento ilsoggetto è legalmente capace.Di regola il minore non può stipulare direttamente gli atti negozialidestinati ad incidere nella propria sfera giuridica e neppure decidereil loro compimento. Gli atti eventualmente posti in essere dalminore sono annullabili. L’atto posto in essere dal minore può essereimpugnato entro 5 anni dal raggiungimento, da parte del minorestesso, della maggiore età (art. 1492, comma II, cod. civ.).L’impugnativa può essere proposta solo dal minore e non dallacontroparte (si parla di negozi claudicanti): questo perché la leggeintende tutelare il minore contro i rischi di un attoimprovvidamente assunto. L’art. 1425, comma I, cod. civ. statuisce che “il contratto èannullabile se una delle parti era legalmente incapace dicontrattare” (in questo caso perché minore). Tuttavia nella vitaquotidiana i minori vengono ammessi a stipulare tutta una serie dicontratti (ad es. l’acquisto di un biglietto dell’autobus) senzache questi atti vengano impugnati. Ciò perché devono ritenersi aquest’ultimo accessibili tutti quegli atti che siano “necessari asoddisfare le esigenze della propria vita quotidiana” in relazioneall’età raggiunta (art. 409, comma II, cod. civ.).La gestione del patrimonio del minore (potere di amministrazione) ed ilcompimento di ogni atto relativo (potere di rappresentanza) competono,in via esclusiva, ai genitori:

disgiuntamente, per quanto riguarda gli atti di ordinariaamministrazione (intendendo con essi quelli che noncomportano rischi per l’integrità del patrimonio);

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congiuntamente (di comune accordo), per quanto riguarda gliatti di straordinaria amministrazione (intendendo con essi quellisuscettibili di incidere sulla consistenza del patrimonio).

Peraltro la legge richiede che, per il compimento degli atti eccedentil’ordinaria amministrazione, i genitori si muniscano della preventivaautorizzazione del giudice tutelare (art. 320 cod. civ.).Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare lapotestà, la gestione del patrimonio del minore e la relativarappresentanza competono ad un tutore (art. 343, comma II, cod.civ.) nominato dal giudice tutelare (scegliendolo preferibilmentetra gli ascendenti o tra gli altri parenti prossimi del minore:art. 348 cod. civ.).

48. L’interdizione giudiziale.

L’interdizione è pronunciata con sentenza dal tribunale, quandoricorrono congiuntamente i seguenti presupposti (art. 414 cod.civ.):

a. infermità di mente, intendendosi per tale una malattia che miniprofondamente il soggetto nella sua sfera intellettiva e/ovolitiva;

b. abitualità di detta infermità, per tale intendendosiun’infermità non transitoria;

c. incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi, dove per interessinon si intendono solo quelli economici, ma anche quelliextrapatrimoniali (ad es. quelli della cura della propria salute);

d. necessità di assicurare al soggetto un’adeguata protezione: così sipotrà procedere all’interdizione solo quando risultino non idoneigli altri strumenti di protezione dell’incapace (c. d. carattereresiduale della misura dell’interdizione).L’interdizione può essere pronunciata solo a carico del maggiore dietà. Il procedimento può essere promosso, di regola, dallo stessointerdicendo, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente,dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondogrado, o dal pubblico ministero (art. 417 cod. civ.).Fase centrale del procedimento di interdizione è l’esame direttodell’interdicendo da parte del giudice (art. 419, comma I). Dopo dettoesame il giudice può nominare un tutore provvisorio dell’interdicendo.In caso di successiva interdizione gli atti eventualmente compiutiin prima persona dall’interdicendo dopo la nomina del tutoreprovvisorio sono annullabili (art. 427, comma II cod. civ.).Gli effetti dell’interdizione decorrono dal momento dellapubblicazione della sentenza di primo grado, anche se non ancora

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passata in giudicato, che pronuncia l’interdizione stessa (art.421). La sentenza viene annotata dal cancelliere nel registro delle tutele ecomunicata entro 10 giorni all’ufficiale dello stato civile peressere annotata a margine dell’atto di nascita (art. 423).L’interdetto non può compiere direttamente alcun atto negoziale,se non quelli “necessari a soddisfare le esigenze della propriavita quotidiana” in relazione alle proprie capacità intellettive evolitive; se compie atti negoziali, gli stessi sono annullabili(art. 1425, comma II) ed il relativo procedimento può esserepromosso – dal tutore o dallo stesso interdetto, una voltarevocata l’interdizione – entro 5 anni dalla cessazione dellostato di interdizione (art. 1442, comma II); la gestione delpatrimonio dell’interdetto è compiuta, nell’interesse ed in vece dello stessointerdetto, da un tutore nominato dal giudice tutelare, fermarestando l’esigenza dell’autorizzazione da parte del giudice per ilcompimento di determinati atti (vedi art. 374 e 375 cod. civ.).Peraltro il giudice può prevedere che alcuni atti di ordinariaamministrazione possono essere compiuti autonomamente dall’interdetto,oppure dallo stesso con l’assistenza del tutore: cioè congiuntamente (art.427).L’interdizione preclude al soggetto il matrimonio (art. 85), ilriconoscimento dei figli naturali (art. 266), la possibilità difare testamento (art. 591); legittima è la richiesta dellaseparazione giudiziale dei beni, estintiva del regime di comunionelegale tra coniugi (art. 193), e di esclusione dalla società dipersone (art. 2286).Se e quando dovessero venir meno i presupposti che hanno condottoall’interdizione, questa può essere revocata con sentenza deltribunale (art. 429 cod. civ.); tale sentenza produce i suoieffetti solo con il passaggio in giudicato; il tribunale in sededi regola d interdizione può, se ricorrono i presupposti,dichiarare il soggetto inabilitato (art. 432) o trasmettere gliatti al giudice affinché venga aperta una procedura diamministrazione di sostegno.

49. L’interdizione legale.

Il codice penale prevede – come pena accessoria ad una condannadefinitiva all’ergastolo o alla reclusione, per reati non colposi,per un tempo non inferiore a 5 anni – l’interdizione legale; l’istitutoha, dunque, funzione sanzionatoria.Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali l’interdetto legale sitrova, durante la pena, nella stessa condizione in cui si trova

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l’interdetto giudiziale; per quanto riguarda invece, gli atti acarattere personale (es. matrimonio), nessuna incapacità consegueall’interdizione legale.

50. L’inabilitazione.

L’inabilitazione è pronunciata con sentenza dal tribunale, quandoricorre, alternativamente, uno dei seguenti presupposti:

a. infermità di mente non talmente grave da far luogo all’interdizione;b. prodigalità (impulso patologico che spinge il soggetto allo

sperpero), sempre che lo induca ad esporre sé o la famiglia agravi pregiudizi economici;

c. abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti;d. sordomutismo o cecità dalla nascita o dalla prima infanzia.

Il procedimento di inabilitazione (come quello di revoca) ricalcaquello di interdizione. L’inabilitato può autonomamente compieregli atti di ordinaria amministrazione; per gli atti di straordinariaamministrazione, necessita invece dell’assistenza del curatore nominato dalgiudice tutelare; il curatore non si sostituisce (come nel casodell’interdizione) all’incapace, ma integra la sua volontà, previoottenimento dell’autorizzazione giudiziale.

51. L’emancipazione.

Il minore ultrasedicenne, autorizzato dal tribunale a contrarrematrimonio, con le nozze acquista automaticamente l’emancipazione(art. 390 cod. civ.), sottraendosi così alla disciplina dellaminore età. La condizione giuridica dell’emancipato è analoga aquella dell’inabilitato; gli atti di straordinaria amministrazioneeventualmente compiuti dall’emancipato senza l’assistenza delcuratore, sono annullabili. Se l’emancipato è sposato con una personamaggiorenne, quest’ultima ne è il curatore; in caso contrario ilgiudice può nominare ad entrambi un unico curatore, sceltopreferibilmente tra i genitori. L’annullamento del matrimonio(tranne che per difetto di età) non fa venir meno l’emancipazione,che cessa comunque con il raggiungimento della maggiore età.

52. L’amministrazione di sostegno.

L’amministrazione di sostegno si apre con decreto motivato del giudicetutelare quando ricorrono – congiuntamente – i seguenti presupposti(art. 404):

a. infermità o menomazione fisica o psichica della persona;

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b. impossibilità per il soggetto di provvedere ai propri interessi.Occorre osservare che l’amministrazione di sostegno rileva ancheun’infermità o una menomazione temporanea. L’amministrazione disostegno può essere aperta solo nei confronti di un maggiorenne.Il procedimento di amministrazione di sostegno può essere promossodallo stesso beneficiario, dal coniuge, dalla persona stabilmenteconvivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entroil secondo grado, dal tutore o dal curatore, dal pubblicoministero, dai responsabili dei servizi sanitari impegnati nellacura della persona. Fase centrale del procedimento è l’audizionepersonale dell’interessato da parte del giudice. Il giudice adotta iprovvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per laconservazione e l’amministrazione del suo patrimonio (procedendoalla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio).Gli effetti di tale protezione decorrono dal deposito del relativodecreto di apertura, emesso dal giudice; tale provvedimento èimmediatamente annotato dal cancelliere nel registro delle amministrazioni disostegno, e comunicato, entro 10 giorni, all’ufficiale di statocivile per essere annotato in margine all’atto di nascita.Mentre gli effetti dell’interdizione e dell’inabilitazione sonosostanzialmente predeterminati dalla legge, quelli dell’amministrazionedi sostegno sono determinati volta a volta dal provvedimento delgiudice tutelare, che può in ogni momento modificare le decisioniassunte (flessibilità).Il giudice nomina all’interessato un amministratore di sostegno nellapersona designata dallo stesso designato (sempre che ci sia). Ilgiudice, in relazione alla specificità della situazione, indica:

a. gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere dicompiere in nome e per conto del beneficiario;

b. gli atti cui l’amministratore di sostegno deve dare ilproprio assenso, prestando così assistenza al beneficiario.

Relativamente agli atti necessari a soddisfare le esigenze dellavita quotidiana il beneficiario conserva integra la capacità diagire. Il giudice persegue l’obiettivo della minore limitazionepossibile della capacità di agire.

53. L’incapacità naturale.

Può accadere che un soggetto, pur legalmente capace di compiere undeterminato atto, in concreto si trovi, nel momento in cui lo pone inessere, in una situazione di incapacità di volere e/o intendere:

1. permanente (ad es. sindrome di Down);2. transitoria (ad es. un soggetto che ha fatto abuso di alcool).

226R.G.

Nell’ipotesi in esame si verifica uno scollamento tra situazionegiuridica (di capacità legale) e situazione di fatto (di incapacità naturale). Eccoperché il soggetto è comunque ammesso ad impugnarlo, se prova che,nel momento in cui l’ha compiuto, versava in uno stato di incapacità diintendere e/o volere: prova, evidentemente abbastanza semplice se ilsoggetto è affetto da una malattia che offusca stabilmente la suasfera intellettiva e/o volitiva; più difficile nell’ipotesi in cuil’obnubilamento dipenda da una causa transitoria.Occorre però distinguere:

a. matrimonio, testamento, donazione sono impugnabili solo se sidimostra che il soggetto era incapace di intendere e divolere nel momento in cui ha compiuto l’atto;

b. gli atti unilaterali sono annullabili se si dimostra, da un lato, cheil soggetto era incapace di intendere e di volere nel momentoin cui l’ha compiuti e, dall’altro, che da tali atti èderivato un grave pregiudizio per l’incapace stesso;

c. i contratti sono annullabili se si dimostra, da un lato, che ilsoggetto era incapace di intendere e di volere nel momento incui li ha posti in essere e, dall’altro, che l’altrocontraente era in mala fede.

L’annullamento di atti unilaterali e di contratti effettuatidall’incapace naturale può essere richiesto da quest’ultimo, unavolta riacquisita la capacità naturale, entro 5 anni dal lorocompimento.

54. Incapacità legale e incapacità naturale.

All’interno delle ipotesi di incapacità di agire, occorredistinguere tra:

a. minore età, interdizione giudiziale, interdizione legale (cheimportano una incapacità assoluta), inabilitazione, emancipazione,amministrazione di sostegno (che importano una incapacità relativa),comportano per il soggetto un’incapacità legale;

b. incapacità di intendere o di volere, che importa invece unaincapacità naturale, in cui rileva solo ed esclusivamente solo che ilsoggetto si trovi concretamente in una situazione di menomazionedella propria sfera intellettiva o volitiva.

55. La legittimazione.

Per legittimazione si intende l’idoneità del soggetto ad esercitare e/o a disporre diun determinato diritto. Per compiere validamente un determinato atto ilsoggetto deve trovarsi nella situazione giuridica richiesta dalla legge.

226R.G.

Non sempre la legittimazione coincide con la titolarità del dirittosoggettivo: ad es. il mandatario può, in caso di urgenza, venderele cose detenute per conto del mandante. Peraltro non sempre ildifetto di legittimazione produce l’invalidità dell’atto: talorainfatti l’ordinamento si accontenta dell’apparenza che non sempreperò è tutelata.

56. La sede della persona.

Il luogo in cui la persona fisica vive e svolge la propriaattività ha, per l’ordinamento giuridico, rilievo da diversi puntidi vista: in ambito processuale, ma anche in ambito sostanziale.Al riguardo la legge distingue (art. 43 cod. civ.) tra:

a. domicilio: luogo in cui la persona ha stabilito la sede principaledei suoi affari ed interessi (non solo patrimoniali);

b. residenza: luogo in cui la persona ha la dimora abituale;c. dimora: luogo in cui la persona attualmente abita.

Spesso i tre coincidono. Il domicilio, poi, si distingue in:a. legale, se è fissato direttamente dalla legge;b. volontario se concretamente eletto dall’interessato a centro

della propria vita di relazione.Peraltro non è necessaria la presenza fisica della persona pressoil proprio domicilio, ma è sufficiente che essa abbia in quelluogo la sede principale dei suoi affari. Il domicilio generale èunico. Ma la legge consente al soggetto di eleggere un domiciliospeciale per determinati atti o affari; tale elezione deve esserefatta per iscritto e con dichiarazione espressa.

57. La cittadinanza.

La cittadinanza è la situazione di appartenenza di una persona fisicaad un determinato Stato. La cittadinanza italiana si acquista:

1. iure sanguinis: sono cittadini italiani tutti i figli (legittimi,naturali, legittimati) nati da cittadino italiano,indipendentemente dal luogo di nascita; è sufficiente che siaitaliano anche uno solo dei genitori; i figli adottivi, sestranieri, acquistano automaticamente la cittadinanza italiana;

2. iure soli: sono cittadini italiani tutti coloro che nascono nelterritorio della Repubblica;

226R.G.

3. per iuris comunicatio: in forza di decreto del Ministrodell’Interno, emesso ad istanza dell’interessato, acquista lacittadinanza italiana il coniuge, straniero o apolide, dicittadino italiano, che risieda legalmente da almeno 6 mesi nelterritorio della Repubblica o dopo 3 anni dalla data delmatrimonio;

4. per naturalizzazione: in forza di decreto del Presidente dellaRepubblica può essere concessa la cittadinanza italiana.È consentito che un cittadino italiano possa averecontemporaneamente un’altra cittadinanza (doppia cittadinanza). L’art.22 Cost. statuisce che nessuno può essere privato dellacittadinanza per motivi politici.

58. La posizione della persona nella famiglia.

Il rapporto che lega le persone appartenenti ad una medesimafamiglia dà luogo ad una serie di diritti e di doveri (statusfamiliae). La “parentela” è il vincolo che unisce i soggetti chediscendono dalla stessa persona (stipite). Per determinarel’intensità del vincolo di parentela occorre considerare le lineeed i gradi: la linea retta unisce le persone di cui l’una discendedall’altra (es. padre-figlio); la linea collaterale unisce le personeche, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’unadall’altra (es. fratello-sorella); i gradi si contano calcolando lepersone e togliendo lo stipite (es. tra fratelli v’è parentela di2° grado). Di regola la legge riconosce effetti alla parentelasoltanto fino al 6° grado (art. 77). L’affinità è il vincolo che unisce un coniuge ed i parenti dell’altroconiuge (art. 78); per stabilire il grado di affinità si tieneconto del grado di parentela con cui l’affine è legato al coniuge.Di regola la morte di uno dei coniugi (anche se non vi sia prole)non estingue l’affinità: questa cessa invece se il matrimonio èdichiarato nullo. Infine tra coniugi esiste una relazione chiamataconiugio.

59. Scomparsa, assenza e morte presunta.

Anche nella quotidianità è possibile che si perdano le tracce diuna persona; per la disciplina dei rapporti facenti capo a talisoggetti, sono previsti gli istituti: della scomparsa (art. 48),dell’assenza (art. 49) e della morte presunta (art. 58).

226R.G.

La scomparsa è dichiarata con decreto dal tribunale quandoconcorrono i seguenti presupposti:

a) allontanamento della persona dal luogo del suo ultimodomicilio o dell’ultima residenza;

b) mancanza di sue notizie oltre il lasso di tempo che puòessere giustificato dagli ordinari allontanamenti dellapersona per ragioni di lavoro, di svago, ecc.

Avendo l’istituto finalità essenzialmente conservatrice del patrimonio delloscomparso, il tribunale può dare i provvedimenti a ciò necessari.Se la persona ritorna gli effetti della dichiarazione di scomparsacessano.L’assenza è dichiarata con sentenza dal tribunale quando concorronoi seguenti presupposti:

a)allontanamento della persona dal luogo del suo ultimodomicilio o dell’ultima residenza;

b)mancanza di sue notizie da oltre 2 anni.Il tribunale, se richiesto, ordina l’apertura degli eventualitestamenti dell’assente. La dichiarazione di assenza non scioglieil matrimonio dell’interessato, ma determina lo scioglimento dellacomunione legale. Gli effetti della dichiarazione di assenzacessano se l’assente ritorna o se ne è provata l’esistenza;l’assente ha diritto alla restituzione dei suoi beni.La morte presunta è dichiarata con sentenza dal tribunale quandoconcorrono i seguenti presupposti:

a) allontanamento della persona dal luogo del suo ultimodomicilio o dell’ultima residenza;

b) mancanza di sue notizie da 10 anni; nei confronti di chi èscomparso per un infortunio sono sufficienti 2 anni.

Gli effetti della pronuncia di morte presunta sono quelli che lalegge di norma ricollega alla morte; tali effetti cessanoretroattivamente in forza di sentenza che accerta il ritorno ocomunque l’esistenza in vita della persona. Con la morte presuntail coniuge può passare a nuove nozze, ma in caso di ritorno delconiuge il nuovo matrimonio è da considerare nullo.

60. Gli atti dello stato civile.

Le vicende più importanti della persona fisica sono documentatenegli archivi dello stato civile, tenuti presso ogni comune; in essi sonoregistrati e conservati tutti gli atti formati nel comuneriguardanti: la cittadinanza, la nascita, i matrimoni, la morte.Gli atti dello stato civile sono atti pubblici: essi svolgono quindiuna funzione probatoria. In questi archivi si trascrivono inoltre

226R.G.

provvedimenti di autorità amministrative e giudiziarie, italiane estraniere. Infine gli atti dello stato civile sono pubblici, nelsenso che chiunque può chiederne estratti e certificati: dunque iregistri assolvono anche ad una funzione di pubblicità-notizia.

B) I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ

61. Nozione e caratteri.

La formula dell’art. 2 Cost. richiama l’idea secondo cui lapersona umana sarebbe portatrice di diritti innati, chel’ordinamento riconosce e che, in quanto tali, sono inviolabili da partedello Stato nell’esercizio dei suoi poteri. La nostra Costituzionemira ad assicurare al cittadino una sfera intangibile di libertànei confronti dello Stato oltre che nei confronti degli altri consociati.Ai fini dell’individuazione dei diritti inviolabili, un ruolodecisivo è svolto anche dalle norme di derivazione extrastatuale. Inproposito meritano segnalazione:

a) la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”,approvata il 10 dicembre 1948;

b) la “Convenzione europea per la salvaguardia dei dirittidell’uomo e delle libertà fondamentali”, firmata a Roma il 4novembre 1950;

c) il “Patto internazionale sui diritti civili e politici”,firmato a New York il 16 dicembre 1966;

d) il “Trattato sull’Unione Europea”, firmato a Maastricht il 7febbraio 1992;

e) la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”,proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (“Carta di Nizza”).

La giurisprudenza pare orientata ad ammettere che le disposizionidi tali trattati siano direttamente invocabili anche davanti algiudice nazionale, con conseguente riconoscimento, in capo aiconsociati, dei relativi diritti soggettivi.I diritti della personalità sono qualificati dai caratteri: dellanecessarietà (in quanto competono a tutte le persone fisiche, che liacquistano con la nascita e li perdono solo con la morte); dellaimprescrittibilità (in quanto il non uso prolungato non ne determinal’estinzione); della assolutezza (in quanto implicano il dovere diastensione dal ledere l’interesse presidiato da detti diritti esono tutelabili erga omnes); della non patrimonialità (in quantotutelano valori della persona non suscettibili di valutazioneeconomica); della indisponibilità (in quanto non sono rinunziabili).

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62. Diritto alla vita.

Il diritto alla vita è posto a presidio del fondamentale interesse dellapersona umana alla propria esistenza fisica. Tale diritto impone atutti i consociati l’obbligo di astenersi dall’attentare alla vitaaltrui, obbligo presidiato anche da sanzioni penali.La no ancora intervenuta acquisizione della capacità giuridica nonimpedisce al nascituro di essere titolare di interessigiuridicamente tutelati. Il “diritto a nascere” trova tutela pienaed immediata nei confronti dei soggetti diversi dalla madre: è infattipenalmente sanzionata la condotta di chiunque cagionil’interruzione della gravidanza senza il consenso della donnamanifestato secondo le modalità previste dalla legge. Neiconfronti della madre occorre invece distinguere:

a) l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giornidal concepimento e sostanzialmente rimessa alla sua liberadeterminazione;

b) l’interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi 90 giornipuò invece essere praticata unicamente quando la gravidanza oil parto comportino un grave pericolo per la vita della donnao quando sia accertati processi patologici.

Il diritto alla vita non è tutelato nei confronti del direttointeressato: nessuna sanzione consegue, infatti, al suicidio.Costituiscono tuttavia reato le condotte di chi determini altri alsuicidio, o agevoli in qualunque modo l’esecuzione di talipropositi (istigazione o aiuto al suicidio). Al pari costituisce reato lacondotta di chi cagiona ad altri la morte, seppure con il suoconsenso (omicidio del consenziente). Secondo il diritto vigente, sonovietate le condotte dirette a provocare la morte dell’infermo conun diretto intervento acceleratore (eutanasia).

63. Diritto alla salute.

L’art. 32 Cost. definisce quello alla “salute” come “fondamentalediritto dell’individuo”. Tale diritto implica, per tutti iconsociati, l’obbligo di astensione da condotte che possonocagionare ad altri malattie, infermità o menomazioni. Il dirittoalla salute e all’integrità psico-fisica compete anche al nascituro.Il diritto alla salute e all’integrità psico-fisica (se trovatutela nei confronti di terzi) è invece rimesso, di regola,all’autodeterminazione del suo titolare: nessuno, infatti, può essereobbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per

226R.G.

disposizioni di legge. E la legge può prevedere l’obbligo di undeterminato trattamento sanitario solo quando ciò sia giustificatodalla necessità di tutelare l’interesse superiore alla protezione della sanitàpubblica. Al di fuori di questi casi eccezionali i trattamentisanitari sono volontari (principio di autodeterminazione): richiedono cioè ilconsenso dell’avente diritto.Il diritto alla salute e all’integrità pisco-fisica non è,tuttavia, integralmente rimesso alla volontà del suo titolare. Gliatti dispositivi del proprio corpo sono di regola a quest’ultimoconsentiti a due condizioni: che non siano contrari alla legge,all’ordine pubblico ed al buon costume; che non cagionino unadiminuzione permanente dell’integrità fisica del soggetto (art. 5).Peraltro, anche in caso di interventi menomativi dell’integritàfisica del soggetto, la legge consente: l’espianto da vivente delrene e di parti del fegato seppure solo a titolo gratuito e con ilconsenso informativo dell’interessato, nonché l’autorizzazione deltribunale; interventi di modificazione dei caratteri sessuali. Lagiurisprudenza ammette, sempre previo consenso dell’aventediritto, la liceità della sterilizzazione volontaria sia maschile(vasectomia) che femminile (incollaggio delle tube).Per il momento successivo alla propria morte, la persona puòdisporre sulla collocazione della propria salma, o in ordine allacremazione del proprio corpo, nonché sul prelievo di organi e tessuti a scopodi trapianto. La legge prevede che “i cittadini sono tenuti adichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione diorgani e di tessuti del proprio copro successivamente alla morte”e che “la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alladonazione” (legge n. 91/1999).

64. Diritto al nome.

Il “nome”, costituito da prenome e cognome (art. 6), svolge funzionedi identificazione sociale della persona.Il figlio legittimo assume cognome del padre ed il prenome attribuitogliall’atto della dichiarazione di nascita all’ufficiale di statocivile. Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primolo ha riconosciuto; se il riconoscimento è effettuatocontemporaneamente da entrambi i genitori, assume il cognome delpadre; se il riconoscimento del padre avviene successivamente aquello della madre, può assumere il cognome del padre,aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre (art. 262). Ibambini non riconosciuti da alcuno dei genitori assumono il cognome ed

226R.G.

il prenome loro imposto dall’ufficiale dei stato civile. Il figlioadottivo assume il cognome del padre adottivo.A seguito del matrimonio, la moglie aggiunge al proprio cognomequello del marito, e lo conserva anche durante la vedovanza, finoa che non passi a nuove nozze, così come durante la separazionepersonale. Con lo scioglimento del matrimonio la donna divorziataperde il cognome maritale, ma può chiedere al giudice di essereautorizzata a conservarlo.Il nome è tendenzialmente immodificabile. Il mutamento di cognome ol’aggiunta al proprio di altro cognome possono essere concessi condecreto del Ministro dell’Interno. Il mutamento del prenome, cosìcome l’aggiunta al proprio di un altro prenome, possono essereconcessi con decreto del Prefetto del luogo di residenza. Il nomeviene tutelato contro:

a) la contestazione (art. 7), che si ha quando un terzo compie attivolti ad ostacolare al soggetto l’utilizzo del nomelegalmente attribuitogli;

b) l’usurpazione, che si ha quando un terzo, cui sia statoattribuito un nome diverso, utilizza il nome altrui peridentificare la propria persona arrecando pregiudizio al suolegittimo titolare;

c) l’utilizzazione abusiva, che si ha quando un terzo utilizza il nomealtrui per identificare un personaggio di fantasia o unprodotto commerciale.

La vittima di tali abusi può chiedere la cessazione del fatto lesivo ed ilrisarcimento del danno, oltre che la pubblicazione su uno o più giornalidella sentenza che accerta l’illecito (art. 7).Tutela analoga a quella prevista per il nome assiste lo pseudonimo:il nome con cui il soggetto è conosciuto in determinati ambienti.L’avente diritto può concedere a terzi, anche a titolo oneroso, ildiritto di utilizzare il proprio nome a fini commerciali.

65. Diritto all’integrità morale.

La legge tutela l’interesse di ciascuno all’“onore” (cioè il valoresociale di un determinato soggetto, dato dall’insieme delle suedoti morali), al “decoro” (cioè il valore sociale di un determinatosoggetto, dato dall’insieme delle sue doti intellettuali efisiche), alla “reputazione” (cioè l’opinione che gli altri hannodell’onore e del decoro di un determinato soggetto). Esistono un

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onore e un decoro minimo che competono ad ogni persona per il solofatto di essere uomo.Illegittima risulta qualsiasi espressione di mancato rispetto dell’integritàmorale della persona, manifestata direttamente all’interessato odanche solo a terzi.Il diritto all’integrità morale del singolo cede di fronte aldiritto all’informazione (e la notizia quindi potrà esserelegittimamente pubblicata) qualora concorrano 3 distintipresupposti: quello della verità della notizia; quello dell’utilità socialedell’informazione; quello della continenza espositiva.L’illegittima lesione dell’altrui diritto all’integrità moraleobbliga il suo autore al risarcimento del danno; il giudice se loritiene, può ordinare la pubblicazione della sentenza su uno o piùgiornali. Nel caso di diffamazione a mezzo di stampa, la personaoffesa può chiedere una somma a titolo di riparazione.

66. Diritto all’immagine.

Il “diritto all’immagine” comporta il divieto, a carico dei terzi, diesporre, pubblicare, mettere in commercio il ritratto altrui (cioèqualsiasi rappresentazione delle sue sembianze), senza il consenso, anchesolo implicito, dell’interessato (art. 10).È consentita la diffusione dell’altrui immagine, anche senza ilconsenso dell’interessato, quando la stessa è giustificata: dallanotorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto dalla personaritratta; da necessità di giustizia o di polizia; da scopiscientifici, didattici o culturali; dal collegamento adavvenimenti di interesse pubblico.Il titolare può consentire l’uso della propria immagine sia atitolo gratuito che a titolo oneroso.La lesione del diritto all’immagine obbliga il suo autore alrisarcimento del danno sofferto dalla persona ritratta.

67. Dal diritto alla riservatezza alla protezione dei datipersonali.

Il “diritto alla riservatezza” è il potere dell’interessato di vietarecomportamenti di terzi volti a conoscere o a far conosceresituazioni o vicende della propria vita personale o famigliare,anche se svoltesi al di fuori del recinto domestico, che nonavessero un interesse socialmente apprezzabile.È attribuito all’interessato, relativamente ai suoi dati personali(qualunque informazione relativa a persona identificata o

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identificabile, anche solo indirettamente), il diritto non solo divietare il loro “trattamento”, ma ance il diritto di vigilare sul loro utilizzo. Èinfatti previsto che:

― il trattamento dei dati personali da parte di privati o dienti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espressodell’interessato;

― l’interessato ha il diritto di ottenere da chiunque laconferma se detiene o meno dati personali che lo riguardano:diritto di accesso;

― i dati personali devono essere trattati in modo lecito esecondo correttezza;

― chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamentodei dati è tenuto al risarcimento del danno: il trattamentodei dati personali è dunque parificato all’esercizio diattività pericolosa.

68. Diritto all’identità personale.

Il “diritto all’identità personale” (diritto inviolabile) consiste neldiritto di ciascuno a vedersi rappresentato con i propri realicaratteri. Esso si distingue dal diritto alla riservatezza inquanto è il diritto a che i profili della propria personalità edella propria vita che possono essere legittimamente rappresentatiall’esterno, lo siano nel rispetto del principio della verità. Sidistingue poi dal diritto all’integrità morale poiché il suddettoè il diritto a che i profili della propria personalità venganodivulgati solo nel rispetto del principio di verità.

C) GLI ENTI

69. Gli enti: soggettività giuridica e personalità giuridica.

Come sappiamo, nel nostro ordinamento “soggetti” di diritto (cioètitolari di situazioni giuridiche soggettive) sono, oltre che le“perone fisiche”, anche gli “enti”. È dotata di soggettività giuridicaquell’organizzazione cui l’ordinamento attribuisce la capacità(capacità giuridica) di essere titolare di situazioni giuridichesoggettive. Si dicono dotati di personalità giuridica solo queglienti che godono di autonomia patrimoniale perfetta: quegli enti cioè, chenon solo hanno come tutti un loro patrimonio, ma al pari dellapersona fisica rispondono delle loro obbligazioni solo con dettopatrimonio.

226R.G.

Gli enti non possono agire se non attraverso persone fisiche(dette organi) che fanno così parte della loro strutturaorganizzativa. Si ritiene che gli enti non siano privi di capacità diagire. Gli organi dell’ente si distinguono in esterni ed interni, aseconda che abbiano o meno il potere di rappresentanza dell’ente:il potere cioè di assumere impegni con terzi, in nome e per contodell’ente. Occorre poi distinguere tra poteri di gestione (interna) epoteri di rappresentanza (esterna): il primo è il potere di decidere unadeterminata operazione (ad es. se acquistare o meno unmacchinario); il secondo è il potere di porre in esserel’operazione decisa (stipulare il contratto di acquisto delmacchinario). Non sempre tali poteri sono attribuiti al medesimoorgano.

70. Classificazione degli enti.

Nella categoria degli enti occorre distinguere tra enti pubblici (art.11: “persone giuridiche pubbliche”) ed enti privati. Tra i primirientrano non solo lo Stato e gli altri enti territoriali, maanche tutta una serie di altri enti. Di recente molti entipubblici sono stati trasformati in società per azioni (come ENIs.p.a. o Poste Italiane s.p.a.): fenomeno delle privatizzazioni. Glienti pubblici oltre ad operare attraverso l’esercizio di poteripubblicistici, possono anche avvalersi, come qualsiasi cittadino,di strumenti privatistici.All’interno degli enti privati è opportuno distinguere tra:

a) enti registrati ed enti non registrati: le vicende relative ai primirisultano, a differenza di quelle dei secondi, da un pubblicoregistro accessibile a tutti;

b) enti dotati di personalità giuridica ed enti privi di personalità giuridica: iprimi godono, a differenza dei secondi, di autonomiapatrimoniale perfetta;

c) enti a struttura associativa ed enti a struttura istituzionale: i primidanno vita ad un’organizzazione stabile di più soggetti perl’esercizio di un’attività volta al perseguimento di unoscopo comune; i secondi danno vita ad un’organizzazionestabile per la gestione di un patrimonio, finalizzata alperseguimento di scopi altruistici. All’interno degli enti astruttura associativa si distinguono:

― enti con finalità economiche;― enti senza finalità economiche.

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Tra gli enti privati senza finalità economiche la legge annoveraespressamente: le associazioni (riconosciute e non); le fondazioni; icomitati (riconosciuti e non) e le altre istituzioni di carattere privato.

71. Il fenomeno associativo.

Il codice civile del 1942 veniva a predisporre due distintimodelli organizzativi: quello delle associazioni riconosciute(art. 14) e quello delle associazioni non riconosciute (art. 36).Il riconoscimento avrebbe fatto acquisire all’ente una posizionegiuridica ben più favorevole rispetto a quella riservata agliorganismi che tale riconoscimento non avessero richiesto odottenuto. Nelle associazioni non riconosciute, l’ordinamentointerno ed i rapporti tra associazione ed associati venivanorimessi integralmente agli “accordi degli associati”; mentre nelleassociazioni riconosciute i medesimi profili venivano fattooggetto di specifica regolamentazione normativa. L’obiettivo eraquello di consentire all’autorità governativa di selezionare glienti collettivi volta a volta ritenuti meritevoli di tutela; glialtri enti collettivi avrebbero avuto una posizione marginale.Scenario del tutto diverso è quello delineato dalla Costituzionedel 1948. l’art. 18 Cost. proclama, infatti, che “i cittadinihanno diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione”. LaCostituzione affida poi alla Repubblica l’impegno di riconoscere egarantire i “diritti inviolabili dell’uomo” anche all’internodelle formazioni sociali cui l’individuo può trovarsi adappartenere.Le organizzazioni collettive vengono viste non più come fenomenida marginare o controllare, ma come realtà non solo da tutelare,ma anche da promuovere. Tra le due forme giuridiche (associazionericonosciuta ed associazione non riconosciuta) apprestate per ilfenomeno associativo, quest’ultimo ha optato per la seconda:questa veste è stata assunta non solo da organizzazioni marginali,ma anche dalle maggiori organizzazioni collettive del Paese.Determinante, in questa scelta, è stata la volontà di evitare ilrischio di intrusioni da parte dello Stato nella vita internadell’ente.

72. Associazione e società.

L’associazione è un’organizzazione collettiva che ha come scopo ilperseguimento di finalità non economiche: essa costituisce quindi un

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ente “non profit”. L’associazione si distingue dalla società.Quest’ultima è infatti caratterizzata o da uno scopo lucrativo, cioèdallo scopo di dividere tra i partecipanti gli utili conseguitiattraverso l’esercizio in comune di un’attività economica (societàlucrativa); o da uno scopo mutualistico, cioè dallo scopo di attribuireai partecipanti vantaggi pur sempre di natura economica (societàcooperativa).Nell’associazione invece sono precluse sia la ripartizione fra gliassociati degli utili eventualmente realizzati attraversol’esercizio dell’attività dell’ente, sia l’attribuzione aglistessi di vantaggi atti a soddisfare un loro interesse di naturaeconomica (preclusione del “lucro soggettivo”).Il recente D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, nel disciplinare la“impresa sociale”, consente che la stessa sia gestita anche da società,che verrebbero così ammesse ad operare senza scopo di lucro, oveabbiano ad oggetto principale l’esercizio di un’impresa sociale.Non deve confondersi lo scopo perseguito dall’ente con l’attivitàsvolta dallo stesso per realizzarlo. Le associazioni, al paridelle società, possono svolgere attività economica di produzione oscambio di beni o di servizi: cioè, attività di impresa; e possonosvolgerla non solo in via secondaria, ma anche in via principale, oaddirittura esclusiva: essenziale è solo che sia escluso il lucrosoggettivo (cioè che gli utili, eventualmente conseguiti tramitel’esercizio di tali attività, possano essere distribuiti tra gliassociati).

73. L’associazione riconosciuta.

L’associazione riconosciuta prende vita in forza di un atto di autonomia trai fondatori (atto costitutivo), che deve rivestire la forma dell’attopubblico (art. 14), normalmente notarile.L’atto costitutivo deve contenere le seguenti indicazioni:denominazione dell’ente; scopo, patrimonio e sede; normesull’ordinamento e sull’amministrazione; diritti ed obblighi degliassociati; condizioni di ammissione all’associazione (art. 16);tali previsioni possono essere contenute in un documento separato,detto statuto. Atto costitutivo e statuto devono essere presentatialla prefettura, con la richiesta di riconoscimento dell’associazionecome persona giuridica. La prefettura deve verificare:

a) che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme dilegge o di regolamento per la costituzione dell’ente;

b) che lo scopo sia possibile e lecito;

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c) che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione delloscopo.

Al prefetto è demandato un mero controllo di legittimità. Il prefettoprovvede all’iscrizione dell’associazione nel registro delle persone giuridichetenuto presso la prefettura: con l’iscrizione l’associazioneacquista la personalità giuridica. Nel lasso di tempo tra la stipuladell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle personegiuridiche, l’associazione già esiste e può operare, ma comeassociazione non riconosciuta.L’ordinamento interno dell’associazione riconosciuta deve prevederealmeno 2 organi: l’assemblea degli associati e gli amministratori.L’assemblea ha competenza per le modifiche dell’atto costitutivo edello statuto (artt. 21, 22, 24), per l’approvazione del bilancio,per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degliamministratori, per l’esclusione dell’associato per gravi motivi,per lo scioglimento dell’associazione e la devoluzione delpatrimonio. Di regola l’assemblea delibera a maggioranza dei voti,in prima convocazione, con la presenza di almeno la metà degliassociati, in seconda convocazione, qualunque sia il numero degliintervenuti. Gli amministratori hanno competenza per la gestionedell’attività associativa e rappresentano l’associazione neiconfronti dei terzi. L’associazione ha un suo patrimonio, costituitodalle risorse originariamente conferite dai fondatori, dalle quotedi ammissione versate dagli associati, dai proventi dell’attivitàsvolta, da apporti di privati (sponsor), da finanziamentipubblici, ecc. Oggi l’associazione riconosciuta può effettuare liberamente qualsiasitipo di acquisto, senza necessità di autorizzazione alcuna. Per leobbligazioni del singolo associato, non risponde l’associazione conil suo patrimonio, così come non risponde l’associato per leobbligazioni dell’associazione; delle obbligazionidell’associazione riconosciuta risponde infatti solo ed esclusivamentequest’ultima con il suo patrimonio (autonomia patrimoniale perfetta).L’accordo associativo è aperto all’adesione di terzi (c.d. struttura apertadell’associazione). Una volta entrato a far parte dell’associazione,l’associato ha diritto di rimanervi: non può esserne escluso, senon per gravi motivi ed in forza di una delibera motivatadell’assemblea; contro di questa l’associato espulso può ricorrereall’autorità giudiziaria entro 6 mesi dalla sua notifica.All’associato è riconosciuto il diritto di recederedall’associazione, in qualsiasi momento, sia pure con effetto alloscadere dell’anno in corso, purché esercitato almeno 3 mesi prima.

226R.G.

L’associazione si estingue – oltre che per le cause previstenell’atto costitutivo o nello statuto (scadenza del termine), oper deliberazione assembleare – per raggiungimento dello scopo,impossibilità della sua realizzazione, venir meno di tutti gliassociati (art. 27). Il verificarsi di una delle cause di estinzionedell’associazione (se l’assemblea non ne delibera loscioglimento), viene accertato dal prefetto.Una volta dichiarata l’estinzione dell’associazione, si procedealla liquidazione del suo patrimonio, con il pagamento dei debitiesistenti a carico dell’associazione stessa (art. 30). Chiusa laprocedura di liquidazione, si procede alla cancellazione dell’entedal registro delle persone giuridiche.

74. L’associazione non riconosciuta.

L’associazione non riconosciuta prende vita in forza di un atto di autonomia(secondo l’orientamento prevalente un vero e proprio contratto) tra ifondatori; peraltro non sono richiesti né requisiti di forma né dicontenuto. L’associazione non riconosciuta non acquista quindipersonalità giuridica, seppur goda di una sua soggettività: è titolare delfondo comune (artt. 36, 37 e 38); risponde in proprio delleobbligazioni assunte in suo nome; ecc.L’ordinamento interno e l’amministrazione dell’associazione nonriconosciuta, nonché la disciplina dei rapporti tra associati eassociazione sono integralmente rimessi agli “accordi degli associati”.Laddove non derogati dall’atto costitutivo dovranno ritenersiapplicabili, anche all’associazione non riconosciuta, i principidel codice in materia di associazioni riconosciute. Gli accordidegli associati non possono prevedere che l’esclusione di un sociosia demandata al potere discrezionale ed insindacabile di unorgano associativo, e ciò perché in contrasto con l’art. 2 Cost.L’associazione non riconosciuta ha un suo fondo comune, distinto dalpatrimonio dei singoli associati, che quindi non possono chiedernela divisione per tutta la durata dell’associazione, né pretenderneuna quota-parte in caso di recesso. Peraltro, per le obbligazionidell’associazione non riconosciuta rispondono, oltre che il fondo comune,anche, personalmente e solidalmente, con il loro patrimonio personale,coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, anche quando nonmembri della stessa (c.d. autonomia patrimoniale imperfetta).

75. La fondazione.

226R.G.

La fondazione è un’organizzazione stabile che si avvale di un patrimonioper il perseguimento di uno scopo non economico. Anche la fondazionetrae vita da un atto di autonomia, che però non è un contratto, bensìun atto unilaterale: atto di fondazione. Questo può essere:

a) un atto “inter vivos”, in tal caso deve rivestire la forma dell’attopubblico (artt. 14,15), di regola notarile; è revocabile dalfondatore sino a quando non sia intervenuto ilriconoscimento;

b) contenuto in un testamento, in tal caso l’atto di fondazionediverrà efficace solo al momento dell’apertura dellasuccessione.

L’atto di fondazione deve contenere le seguenti indicazioni:denominazione dell’ente; scopo, patrimonio e sede; normesull’ordinamento e sull’amministrazione; criteri e modalità dierogazione delle rendite (art. 16). Tali previsioni possono esserecontenute in un documento separato: lo statuto. La fondazione deveessere dotata di un patrimonio, destinato a consentirle larealizzazione delle proprie finalità; è quindi necessario un atto didotazione. Per il riconoscimento e l’acquisto della personalità giuridicavalgono le stesse regole delle associazioni riconosciute. Inmancanza di riconoscimento le fondazioni non possono operare comefondazioni non riconosciute (se non nei casi previsti dalla legge) inquanto non sarebbe dato all’autonomia delle parti di crearepatrimoni separati.Lo scopo (non modificabile) può essere statutariamente definitocon una certa precisione; ma negli ultimi tempi si è assistito alproliferare di fondazioni in cui lo scopo è indicato solo intermini generici. Oggi le fondazioni possono svolgere ancheun’attività di impresa: o per ricavarne utili da destinare allo scoponon lucrativo proprio della fondazione (in via secondaria), o perrealizzare immediatamente il proprio scopo istituzionale (in viaesclusiva o principale).La fondazione è gestita da un organo amministrativo; la fondazione nonha, di regola, assemblea e il controllo dell’autorità governativaè solo un controllo di legittimità sugli atti di gestione. Lafondazione ha un suo patrimonio costituito dai cespiti oggettodell’atto di dotazione, da donazioni, contributi pubblici, ecc.Delle obbligazioni della fondazione risponde solo quest’ultima conil suo patrimonio. La vita delle fondazioni è assoggettata alcontrollo dell’autorità amministrativa.Allorquando si verifica una causa di scioglimento, la fondazione,anziché estinguersi, modifica il suo scopo (attraverso un provvedimento

226R.G.

dell’autorità governativa, che individua le nuove finalitàdell’ente). Inoltre il fondatore può prevedere che, verificandosiuna causa di scioglimento della fondazione, questa si estingua edi beni vengano devoluti a terze persone.La legge ha imposto la trasformazione in fondazioni di dirittoprivato:

di singoli enti pubblici; di intere categorie di enti pubblici.

La legge prevede anche che possono assumere la veste di fondazioneanche i fondi pensione, le casse di previdenza ed assistenza di liberiprofessionisti, le ex Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza; infinele università statali possono costituire fondazioni universitarie.

76. Il comitato.

Il “comitato” è un’organizzazione di più persone che, attraverso raccoltapubblica di fondi, costituisce un patrimonio con il quale realizzarefinalità di natura altruistica (art. 39). Il comitato nasce da un accordoassociativo, in forza del quale più soggetti (promotori) si vincolanoall’esercizio in comune di un’attività di raccolta, tra ilpubblico, dei mezzi con cui realizzare il programma. L’attivitàdel comitato si articola in due fasi:

1) i promotori annunciano al pubblico la volontà di perseguireun determinato scopo, invitando gli interessati (sottoscrittori)ad effettuare offerte in denaro o in altri beni (oblazioni);

2) gli stessi promotori, oppure altri soggetti (organizzatori),gestiscono i fondi raccolti.

Il patrimonio del comitato è costituito dai fondi pubblicamente raccolti,sui quali grava un vincolo di destinazione allo scopo programmato; solol’autorità governativa è legittimata (in caso di scopo giàraggiunto, ecc.) a dare loro una diversa destinazione. Il codicecivile prevede che il comitato possa vivere o come ente nonriconosciuto, dotato di semplice soggettività, oppure richiedere edottenere il riconoscimento e con esso la personalità giuridica (art. 41).Per le obbligazioni del comitato “riconosciuto” risponde solo quest’ultimocon il suo patrimonio; ai sottoscrittori può essere richiesto solodi effettuare le oblazioni promesse. Per le obbligazioni del comitatoprivo di riconoscimento, rispondono personalmente, oltre che per mezzodel patrimonio dell’ente, anche tutti i componenti il comitato.

77/78/79. Le altre istituzioni di carattere privato e il terzosettore.

226R.G.

Personalità giuridica è attribuita anche agli enti ecclesiasticicivilmente riconosciuti appartenenti alla Chiesa Cattolica e nonsolo.Invece il terzo settore consiste nella realizzazione di attività diutilità sociale, ad opera di enti senza fini di lucro. Con glianni ’90 si sono avuti diversi interventi normativi volti asostenere e promuovere gli enti operanti nel terzo settore(organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, organizzazioni non lucrative di utilitàsociale: ONLUS, associazioni di promozione sociale, impresa sociale).

CAPITOLO VIIIL’OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO

80. Il bene.

“Cosa” è una parte di materia; “bene” è solo la cosa che possa esserefonte di utilità e oggetto di appropriazione: ne consegue che non ogni cosa èun bene. Infatti non sono beni né le cose dalle quali non si è ingrado, allo stato, di trarre alcun vantaggio (come le stelle), néle res comune omnium, ossia le cose di cui tutti possono fruire(come la luce del sole o i venti).A tal proposito l’art. 810 cod. civ. precisa che “sono beni le coseche possono formare oggetto di diritti”: quelle cioè suscettibili diappropriazione e di utilizzo e che perciò possono avere un valore.

226R.G.

Così i “beni” vengono ad essere una species all’interno del piùampio genus delle “cose”.In senso giuridico “bene” non è tanto la res come tale, quanto il“diritto” sulla res, perché è questo che ha un valore in funzionedella sua negoziabilità. Così la locuzione “bene” viene impiegatacome sinonimo di “diritto” (non solo i diritti sulle res, ma anchealtri diritti che hanno ad oggetto elementi patrimoniali che“cose” non sono).

81. Categorie di beni: materiali e immateriali.

Le “cose” che possono essere oggetto di diritti reali sicaratterizzano per la loro corporeità o, quanto meno, per la loroidoneità ad essere percepite con i sensi o con strumentimateriali: venendo così a costituire i beni materiali (o “corporali”).Tra i beni (mobili materiali) sono ricomprese anche le energie naturali(ad es. l’energia elettrica), purché anch’esse abbiano “valoreeconomico”. Per quanto riguarda i beni immateriali, tali vengono considerati glistessi diritti quando possono formare oggetto di negoziazione; aquesta categoria possono inoltre ricondursi anche gli “strumentifinanziari”; i dati personali; il contenuto delle banche-dati; le opere dell’ingegno(opere letterarie, scientifiche, ecc.); i marchi, le invenzioni e glialtri possibili oggetti di “proprietà industriale”.

82. Beni mobili ed immobili.

I beni si distinguono in:a) immobili, cioè il suolo e tutto ciò che naturalmente o

artificialmente è incorporato ad esso (art. 812); sonoconsiderati immobili poi anche alcuni beni anche se nonincorporati al suolo (come i mulini);

b) mobili, ossia tutti gli altri beni.

83. I beni registrati.

Le vicende relative alla categoria dei beni registrati sonooggetto di iscrizione in registri pubblici, che chiunque può liberamenteconsultare (art. 2673). Nel nostro ordinamento sono istituiti:

a) il “registro immobiliare” in cui sono pubblicizzate le vicenderelative ai beni immobili;

b) il “pubblico registro automobilistico” (P.R.A.) in cui sonopubblicizzate le vicende relative agli autoveicoli;

226R.G.

c) i registri in cui sono pubblicizzate le vicende relative allenavi ed ai galleggianti;

d) il “registro aeronautico nazionale” in cui sono pubblicizzate levicende relative agli aeromobili.

84. I prodotti finanziari.

Per “prodotti finanziari” si intendono tutte le forme diinvestimento di natura finanziaria (esclusi depositi bancari epostali). Tra i prodotti finanziari particolare importanza hannogli “strumenti finanziari (come ad esempio i titoli di Stato). Lalegge impone a chiunque intenda effettuare una “offerta alpubblico” di strumenti finanziari l’obbligo di predisporre un“prospetto informativo”.

85. Beni fungibili e infungibili.

I beni possono anche distinguersi in:a) fungibili (o “generici”), ossia quelli che sono individuati con

esclusivo riferimento alla loro appartenenza ad un determinato genere (da ciòdiscende che non importa avere proprio quel bene, ma una dataquantità di beni di quel genere);

b) infungibili, ossia quelli individuati nella loro specifica identità: tali sonodi regola i beni immobili.

La fungibilità o infungibilità dipende, in primo luogo, dallanatura dei beni; ciò non esclude che essa può derivare anche dallavolontà delle parti.Questa distinzione è importante in quanto le due categorie di benisono sottoposte ad una disciplina parzialmente diversificata;inoltre serve a distinguere il mutuo dal comodato.

86. Beni consumabili e inconsumabili.

I beni si distinguono anche in:a) consumabili, cioè quelli che non possono prestare l’utilità all’uomo senza

perdere la loro individualità (il cibo), o senza che il soggetto se ne privi (ildenaro);

b) inconsumabili, ossia quelli che sono suscettibili di plurime utilizzazionisenza essere distrutti nella loro consistenza, anche se spesso sideteriorino con l’uso (un vestito) (beni deteriorabili).

226R.G.

I beni consumabili sono anche detti beni ad utilità semplice o a feconditàsemplice; i beni inconsumabili, invece, beni ad utilità permanente ofecondità ripetuta.

87. Beni divisibili e indivisibili.

I beni si distinguono anche in:a) divisibili, cioè quelli suscettibili di essere ridotti in parti

omogenee senza che se ne alteri la destinazione economica (edificio a piùpiani);

b) indivisibili, cioè quelli che non rispondono a tale caratteristica(appartamento).

88. Beni presenti e futuri.

Altra distinzione è quella tra:a) beni presenti, cioè quelli già esistenti in natura: solo questi

possono formare oggetto di proprietà o di diritti reali;b) beni futuri, cioè quelli non ancora presenti in natura (es.:

frutti che verranno prodotti da un albero): essi possonoformare oggetto solo di rapporti obbligatori.

Può darsi che chi acquista un bene futuro non voglia assumerealcun rischio: è stabilito che, se esso non viene ad esistenza, ilcontratto non produce effetto e nessun corrispettivo è dovutodall’altra parte. Diversa è la situazione se le parti decidono diaffidarsi alla sorte (contratto aleatorio) (es.: compera di ciò chesi ricaverà dal getto della rete).

89. I frutti. I frutti si distinguono in due categorie:

a) frutti naturali, che sono prodotti direttamente da altro bene, con osenza l’opera umana (prodotti delle miniere). Perché si possaparlare di frutti occorre che la produzione abbia carattereperiodico e non incida né sulla sostanza né sulla destinazione economica dellacosa madre. Finché non avviene la separazione dal bene che liproduce, i frutti naturali si dicono pendenti: essi formanoparte della cosa madre, non hanno ancora esistenza autonoma.Solo con la separazione i frutti naturali acquistano una lorodistinta individualità (frutti separati) e divengono oggetto diun autonomo diritto di proprietà.

226R.G.

b) Frutti civili, che sono quelli che si ritraggono dalla cosa comecorrispettivo del godimento che altri ne abbia. I frutti civili, al paridi quelli naturali, debbono presentare il requisito dellaperiodicità; essi si acquistano giorno per giorno, in ragione della duratadel diritto.

90. Combinazione di beni.

I beni possono essere impiegati dall’uomo o separatamente oinsieme ad altri, in modo da accrescerne l’utilità; di qui unaserie di distinzioni, in primo luogo quella tra:

a) bene semplice, cioè quello i cui elementi sono talmentecompenetrati tra loro che non possono staccarsi senzadistruggere la fisionomia del tutto (es.: un animale);

b) bene composto, cioè quello risultante dalla connessione di piùcose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata dal tuttoed avere autonoma rilevanza giuridica economica (ad es.:un’automobile).

È importante distinguere la “cosa composta” dall’“universalità difatto”, alla prima infatti si applica il principio possesso vale titolo,che non vige per le universalità di mobili.

91. Le pertinenze.

Nella “cosa composta” gli elementi che la costituiscono diventanoparte di un tutto, il quale non può sussistere senza di essi. Se,invece, una cosa è posta a servizio o ad ornamento di un’altra,senza rappresentare un elemento indispensabile per la suaesistenza, ma in modo da accrescerne l’utilità o il pregio, si hala figura della pertinenza (art. 817). Per la costituzione delrapporto pertinenziale devono concorrere:

― sia un elemento oggettivo (rapporto di servizio o ornamento tracosa e cosa);

― sia un elemento soggettivo (volontà di effettuare la destinazionedell’una cosa a servizio od ornamento dell’altra).

Il vincolo di pertinenza può intercorrere tra immobile ed immobile(garage-casa), mobile ed immobile (scorte-fondo), mobile e mobile(scialuppe-nave). Se manca il vincolo di accessorietà non vi è la figuradella pertinenza; il vincolo che sussiste tra le due cosedev’essere durevole, ossia non occasionale (ad es. in occasione difiere). Detto vincolo dev’essere posto in essere da chi èproprietario della cosa principale, anche se non occorre che lacosa accessoria gli appartenga.

226R.G.

Il vincolo pertinenziale può creare nei terzi la convinzione chele pertinenze appartengono allo stesso proprietario della cosaprincipale; la legge tutela perciò, entro certi limiti, la lorobuona fede in riferimento sia alla costituzione che allacessazione della qualità di pertinenza:

a) costituzione: i terzi proprietari delle pertinenze possonorivendicarle contro il proprietario della cosa principale. Setuttavia costui ha alienato la cosa principale, senzaesclusione della pertinenza, l’art. 819 tutela i terziacquirenti, sempre che ignorassero (senza loro colpa) che lapertinenza non appartenesse al proprietario della cosaprincipale:― se la cosa principale è un bene immobile o mobile

registrato, ai terzi in buona fede non si può opporrel’esistenza di diritti altrui sulle pertinenze, se essinon risultano da scrittura avente data certa anterioreall’atto di acquisto da parte del terzo;

― se la cosa principale è un mobile non registrato, ilterzo acquirente in buona fede è protetto in base alprincipio possesso vale titolo;

b) cessazione: la cessazione della qualità di pertinenza non èopponibile ai terzi che abbiano anteriormente acquistatodiritti sulla cosa principale (art. 818).

Le pertinenze seguono, di regola, lo stesso destino della cosaprincipale, a meno che non sia diversamente disposto; ciò nonesclude l’ammissibilità di contratti che le riguardino in viaautonoma.

92. Le universalità patrimoniali.

L’art. 816 definisce universalità la pluralità di cose mobili cheappartengono alla stessa persona ed hanno una destinazione unitaria (ades.: libri di una biblioteca). L’“universalità di mobili” sidistingue sia dalla cosa composta, in quanto non v’è coesionefisica tra le varie cosa, sia dal complesso pertinenziale, inquanto le cose non si trovano l’una rispetto all’altra in unrapporto di subordinazione. I beni che formano l’universalitàpossono essere considerati a volte separatamente, a volte come untutt’uno: ciò dipende dalla volontà delle parti. L’ordinamentogiuridico stabilisce per l’universitas un regime diverso da quelloche disciplina i singoli beni mobili. Il principio “possesso valetitolo” non si applica all’universalità di mobili: se io acquistoin buona fede un’universalità di mobili da chi non ne è

226R.G.

proprietario, in forza di un titolo idoneo, non divento subitoproprietario per effetto della trasmissione del possesso (comeavviene per le cose mobili), ma occorre che abbia il possessodell’universalità per 10 anni (usucapione). Inoltre il possesso diun’universalità di mobili può essere tutelato con l’azione dimanutenzione (art. 1170), che non è concessa invece per i benimobili.La dottrina distingue tra:

― universalità di fatto, che è costituita da più beni mobiliunitariamente considerati dal proprietario (biblioteca);

― universalità di diritto, che è costituita da più beni in cui lariduzione ad unità è operata dalla legge (eredità).

93. L’azienda.

Il codice definisce l’azienda come il complesso di beni organizzatidall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa: ossia per laproduzione o per lo scambio di beni o di servizi.C’è chi considera l’azienda come un’universitas facti, chi come una cosacomposta funzionale, chi come un bene immateriale e chi comeun’universitas iuris. Probabilmente si tratta di una figura sui generis,non inquadrabile in alcuna delle categorie considerate. L’aziendanon costituisce, cioè, un bene unitario suscettibile di dirittireali, ma può formare oggetto unitario di negozi giuridici o dirapporti obbligatori o di provvedimenti. Tra gli elementi cheformano l’azienda particolare importanza ha l’avviamento, che si puòdefinire come la capacità di profitto dell’azienda; disputata è la suanatura, ma la Cassazione lo ha definito come una qualitàdell’azienda che può anche mancare.Il codice non dà la definizione di impresa, ma quella di imprenditore,cioè chi esercita professionalmente (non occasionalmente)un’attività economica organizzata al fine della produzione o delloscambio di beni o di servizi. Secondo l’opinione prevalente,l’azienda è lo strumento indispensabile per l’attivitàdell’imprenditore; d’altro canto l’azienda rientra nella categoriadegli “oggetti”, l’imprenditore in quella dei “soggetti”. L’impresadunque è l’attività economica svolta dall’imprenditore; l’azienda èinvece il complesso dei beni di cui l’imprenditore si avvale persvolgere l’attività stessa.

94. Il patrimonio.

226R.G.

Si chiama patrimonio il complesso dei rapporti attivi e passivi,suscettibili di valutazione economica, facenti capo ad unsoggetto. Qualunque soggetto ha un patrimonio, anche se ha solo oprevalentemente debiti perché è quantomeno soggetto passivo dirapporti giuridici. Il patrimonio non è considerato come un beneunico e quindi esso non è un’universitas. Ogni soggetto, diregola, ha uno ed un solo patrimonio con il quale risponde ai propridebiti. Non è concesso al singolo staccare dei beni o dei rapportigiuridici del proprio patrimonio per riservarli ad alcunicreditori escludendone gli altri, tranne che nei casi previstidalla legge (patrimonio separato). Non costituisce patrimonio separatol’azienda: infatti, l’imprenditore risponde dei debiti contrattiper l’esercizio dell’impresa anche con i beni che non abbiadestinato a questa attività.Il patrimonio autonomo è invece quello che viene attribuito ad unnuovo soggetto, mediante la creazione di una persona giuridica (ades.: società di capitali).

95. I beni pubblici.

Di beni pubblici si parla in due sensi:― beni appartenenti ad un ente pubblico o ad una società

denominata “Patrimonio dello Stato s.p.a.” (beni pubblici insenso soggettivo);

― beni assoggettati ad un regime speciale, diverso dallaproprietà privata, per favorire il raggiungimento dei finipubblici cui quelle risorse sono destinate (beni pubblici insenso oggettivo).

Sono pubblici in senso oggettivo i beni demaniali, ed i beni delpatrimonio indisponibile.I beni demaniali si distinguono a loro volta in:

― beni del demanio necessario, in quanto appartengono necessariamenteallo Stato (demanio marittimo, idrico, militare);

― beni del demanio accidentale, che possono appartenere anche aiprivati e che sono demaniali solo se appartengono allo Stato,ad altro ente pubblico territoriale, o alla “Patrimonio delloStato s.p.a.” (demanio stradale, aeronautico, culturale).

I beni demaniali non possono formare oggetto di negozi di dirittoprivato; sono inalienabili; non possono formare oggetto dipossesso; non possono essere acquistati per usucapione da privati.I beni non demaniali appartenenti ad un ente pubblico territorialesi definiscono beni patrimoniali; e a loro volta si distinguono in:

226R.G.

― beni del patrimonio indisponibile (foreste, ecc.), che non possonoessere sottratti alle rispettive destinazioni se non con lemodalità previste dalle norme di diritto pubblico;

― beni del patrimonio disponibile, che non sono destinatidirettamente al perseguimento di fini pubblici econseguentemente sono soggetti alle norme del codice civile.

Da oltre un decennio è stato avviato un processo di dimissione delpatrimonio immobiliare pubblico (privatizzazione).

CAPITOLO IXIL FATTO, L’ATTO ED IL NEGOZIO GIURIDICO

96. I fatti giuridici.

Per fatto giuridico si intende qualsiasi avvenimento cuil’ordinamento ricolleghi conseguenze giuridiche. Si distinguonofatti materiali (quando si verifica un mutamento della situazionepreesistente nel mondo esterno, fisico o sensibile, percepibiledall’uomo con i sensi) e fatti in senso ampio, comprensivi sia diomissioni, sia di fatti interni o psicologici.Si parla di fatti giuridici in senso stretto o naturali quando leconseguenze giuridiche sono ricollegate ad un evento senza cheassuma rilievo se a causarlo sia intervenuto o meno l’uomo (sipensi alla morte per cause naturali di una persona ch provoca la“apertura della successione” mortis causa). Si parla invece di attigiuridici, se l’evento causativo di conseguenza giuridica postula unintervento umano (es.: reati, contratti, ecc.). spesso i fattipresi in considerazione dalle norme per ricollegarvi conseguenzegiuridiche sono fatti già qualificati legalmente, come il contratto,la sentenza o il matrimonio: si parla in tal caso di fattiistituzionali.

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97. Classificazione degli atti giuridici.

Gli atti giuridici (atti umani consapevoli e volontari rilevantiper il diritto) si distinguono in 2 categorie: atti conformi alleprescrizioni dell’ordinamento (atti leciti) e atti compiuti inviolazione di doveri giuridici e che producono la lesione deldiritto soggettivo altrui (atti illeciti).Gli atti leciti si dividono in operazioni che consistono inmodificazioni del mondo esterno (ad es.: costruzione di una nave),e dichiarazioni, che sono atti diretti a comunicare ad altri ilproprio pensiero, la propria opinione o volontà (fatti dilinguaggio).Tra le dichiarazioni la maggiore importanza va attribuita ai negozigiuridici, ossia alle dichiarazioni con le quali i privati esprimonola volontà di regolare in un determinato modo i propri interessi,nell’ambito dell’autonomia riconosciuta loro dall’ordinamento. Sidicono invece dichiarazioni di scienza quelle con cui si comunica adaltri di essere a conoscenza di un atto o di una situazione delpassato, di cui il dichiarante afferma di essere a direttaconoscenza (come nella “confessione”).Tutti gli atti umani consapevoli e volontari, che non siano negozigiuridici, sono detti atti in senso stretto (o atti non negoziali). I loroeffetti giuridici non dipendono dalla volontà dell’agente , masono disposti dall’ordinamento senza riguardo all’intenzione dicolui che li pone in essere.Una particolare categoria di atti è costituita dagli atti dovuti osatisfattivi, che consistono nell’adempimento di un obbligo (peres. il pagamento).

98. Il negozio giuridico.

La figura del negozio giuridico è stata delineata dalla dottrinatedesca del XIX sec. È definito come una “dichiarazione divolontà” con cui vengono enunciati gli effetti perseguiti (c.d.“intento empirico”) e a cui l’ordinamento giuridico ricollegaeffetti giuridici conformi al risultato voluto.Il fenomeno negoziale corrisponde alla necessità di attribuire aisingoli una sfera di “autonomia”, entro la quale i privati possanodecidere da sé come regolare i propri interessi, ottenendo dallalegge che gli atti posti in essere siano resi vincolanti edimpegnativi: cioè che l’ordinamento attribuisce ai privati ilpotere di creare una regola giuridica dei loro rapporti e di

226R.G.

produrre modificazioni della situazione giuridica preesistente,sia pure nei limiti e con le forme prescritte dalla legge e conefficacia circoscritta alle parti che si assumono la paternità deisingoli atti.Nel nostro codice sono regolati contratto, testamento, matrimonio,numerose altre singole figure negoziali, ma non il negoziogiuridico in generale. L’art. 1324 dispone che “salvo diversedisposizioni di legge, le norme che regolano i contratti siosservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali travivi aventi contenuto patrimoniale”: ciò rende la disciplina deicontratti tendenzialmente applicabile a tutti gli altri negozigiuridici inter vivos a contenuto patrimoniale.

99. Classificazione dei negozi giuridici: a) in relazione allastruttura soggettiva.

Se il negozio giuridico è perfezionato con la dichiarazione di unasola parte si dice unilaterale (es. testamento). Per parte si intendeun “centro di interessi”: così si può avere una parte solanonostante le persone siano diverse (in tal caso si parla dinegozi pluri-personali).Se le dichiarazioni di volontà sono dirette a formare la volontàdi un organo pluripersonale di una persona giuridica o di unacollettività organizzata di individui (es. deliberazione di uncondominio), si ha l’atto collegiale, in cui si applica il principio dimaggioranza. L’atto complesso invece consta di più volontà tendenti adun fine comune, ma, a differenza di quanto avviene nell’attocollegiale, queste volontà si fondono in modo da formarne unasola. La distinzione consiste nel fatto che quando ledichiarazioni si fondono in una sola, il vizio di una di essevizia senza rimedio la dichiarazione complessa; invece se ladichiarazione di voto di un partecipante all’assemblea è viziata,ciò non vizia di per se stesso la deliberazione collegiale, ove lamaggioranza sussiste ugualmente, anche quando quel voto non vengapiù calcolato.I negozi giuridici unilaterali si distinguono in recettizi, se perprodurre effetto, la dichiarazione negoziale deve pervenire aconoscenza di una determinata persona, a cui pertanto deve esserenotificata; e non recettizi, se producono effetto indipendentementedalla comunicazione ad uno specifico destinatario.Se le parti sono più di una si ha il negozio bilaterale (se ne sonodue) o plurilaterale (se ne sono più di due).

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100. Classificazione dei negozi giuridici: b) in relazione allafunzione.

In relazione alla loro funzione si distinguono i negozi mortis causa(testamento), i cui effetti presuppongono la morte di una persona,dai negozi inter vivos (es. una vendita). Secondo che si riferiscanoad interessi economici o meno si distinguono i negozi patrimoniali dainegozi apatrimoniali (es. i negozi di diritto familiare). Nell’ambito dei negozi patrimoniali si collocano i negozi diattribuzione patrimoniale, che tendono ad uno spostamento di dirittipatrimoniali da un soggetto ad un altro (es. vendita). Tali negozisi distinguono in negozi di disposizione, che importano una immediatadiminuzione del patrimonio mediante alienazione, o mediante rinunzia,e negozi di obbligazione, che danno luogo solo alla nascita diun’obbligazione, ancorché diretta al trasferimento di un bene. Inegozi di disposizione si distinguono in negozi traslativi (se attuanoil trasferimento del diritto a favore di altri) o traslativo-costitutivi(se costituiscono un diritto reale limitato su di un bene deldisponente), e abdicativi.Possono però anche esserci negozi che si propongono solo dieliminare controversie e dubbi sulla situazione giuridicaesistente: sono i negozi di accertamento. Si è d’accordo nel ritenereche tali negozi abbiano effetto retroattivo: lo stato diincertezza viene eliminato ab origine, come se non fosse maiesistito.

101. Negozi a titolo gratuito e negozi a titolo oneroso.

I negozi patrimoniali si possono distinguere in negozi a titolo gratuitoe negozi a titolo oneroso.Un negozio viene definito “a titolo oneroso” quando un soggetto,per acquistare qualsiasi tipo di diritto, beneficio o vantaggio,accetta un correlativo sacrificio; mentre viene definito “a titologratuito” il negozio per effetto del quale un soggetto acquisisceun vantaggio senza alcun correlativo sacrificio. In generel’acquirente a titolo gratuito è protetto meno intensamente diquello a titolo oneroso.In tema di interpretazione del contratto è stabilito che, in casodi dubbi, il contratto deve essere inteso, se è a titolo gratuito“nel senso meno gravoso per l’obbligato” (art. 1371). La gratuitànon coincide con la liberalità, che rappresenta la causa delladonazione e si connota per l’intento di arricchire il beneficiariodi un’attribuzione patrimoniale (donatario); la gratuità è

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categoria più ampia, perché comprende tutti i casi di attribuzionipatrimoniali o di prestazioni a fronte delle quali non si pongauna specifica controprestazione da parte del destinatario, cheperò possono essere sorrette da un intento non liberale deldisponente.

102. La rinunzia.

Negozio abdicativi è la rinunzia, che è la dichiarazione unilateraledel titolare di un diritto soggettivo, diritta a dimettere ildiritto stesso senza trasferirlo ad altri. Non si esclude chealtri possa avvantaggiarsi della rinunzia, ma questo vantaggio puòderivare solo occasionalmente e indirettamente dalla perdita deldiritto da parte del suo titolare. Non ricorre la figura dellarinunzia se la dimissione del diritto è fatta verso uncorrispettivo (anche perché manca in quest’ipotesi l’elementodell’unilateralità).

103. Elementi del negozio giuridico.

Gli elementi o requisiti del negozio giuridico si distinguono inelementi essenziali, senza i quali il negozio è nullo, ed elementiaccidentali, che le parti sono libere di apporre o meno. Gli elementiessenziali si dicono generali, se si riferiscono ad ogni tipo dicontratto (la volontà, la causa, la dichiarazione); particolari, se siriferiscono a quel particolare tipo considerato.Una parte della dottrina distingue dagli elementi essenziali ipresupposti del negozio, che sono circostanze estrinseche al negozio,indispensabili perché il negozio sia valido. Tali sono la capacitàdella persona che pone in essere il negozio, l’idoneitàdell’oggetto, la legittimazione al negozio.Elementi accidentali generali sono la condizione, il termine, ilmodo. In ordine agli elementi accidentali occorre tener presenteche le parti sono libere di apporli o no, ma se vengono apposti,essi incidono sull’efficacia del negozio: gli effetti di unnegozio sottoposto a condizione sospensiva non si producono se lacondizione non si sia verificata.Esistono inoltre effetti naturali del negozio, cioè effetti che la leggeconsidera connaturati al negozio posto in essere dalle partistesse (salva contraria volontà manifestata dalle parti).

104. La dichiarazione.

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La volontà del soggetto diretta a produrre effetti giuridicidev’essere dichiarata e cioè esternata.La dichiarazione si distingue in dichiarazione espressa (se fatta conqualsiasi mezzo idoneo a far palese ad altri il nostro pensiero) etacita (consistente in un comportamento che risulti incompatibile conla volontà contraria), detta anche perciò dichiarazione indiretta ocomportamento concludente.In alcuni casi l’ordinamento giuridico non si accontenta di unadichiarazione tacita, ma richiede la dichiarazione espressa, perevitare incertezze.È discusso se il silenzio possa valere come dichiarazione tacita divolontà: esso può avere valore di dichiarazione tacita di volontàsolo in concorso di determinate circostanze, che conferiscano alsemplice silenzio un preciso valore espressivo (ciò ha luogo se laparte aveva l’onere di formulare una dichiarazione; o se ilsilenzio , dati i rapporti tra le parti, ha il valore diconsenso).

105. La forma.

Ciascun soggetto sceglie le modalità di manifestazione delleproprie volontà come meglio crede: l’ordinamento, di regola nonimpone rigidi formalismi per riconoscere effetti giuridici agliatti dei privati (principio della libertà di forma). In alcunicasi il legislatore avverte la necessità di prescrivere che undeterminato atto sia compiuto secondo determinate forme solenni; laforma può essere prescritta in considerazione del tipo di atto.Nel caso del contratto non esiste un regime formale univoco, inquanto specifici vincoli di forma risultano imposti in relazioneall’oggetto del contratto, o in relazione al tipo di contratto, o aiconnotati di una certa categoria di contratti. In questi casi (che sidicono a forma “vincolata”, sussistendo un vincolo per ildichiarante di adottare la forma richiesta affinché l’atto siavalido) si dice che la forma è richiesta ad substantiam actus.In altri casi il requisito di forma è richiesto solo a finiprocessuali, in quanto l’atto in caso di divergenza tra le particirca la sua effettiva stipulazione, può essere provato solomediante l’esibizione in giudizio del relativo documento.Diverso è invece il caso in cui un requisito di forma sia impostonon già dalla legge, ma dagli stessi privati (formalismoconvenzionale).

106. Il bollo e la registrazione.

226R.G.

Per molti negozi lo Stato, per ragioni fiscali, impone l’uso dellacarta bollata: le parti infatti attraverso l’uso della cartabollata, versano all’Erario l’importo dei valori bollatiacquistati. L’inosservanza delle prescrizioni in materia di bollonon dà luogo alla nullità del negozio, ma ad una sanzionepecuniaria, a volte notevole.Anche la registrazione, che consiste nel deposito del documentopresso l’ufficio del registro, serve prevalentemente a scopifiscali.

107. La pubblicità: fini e natura.

Le vicende giuridiche non interessano solo alle parti che ne sonodirettamente coinvolte, ma anche i terzi, i quali possono avereinteresse a conoscere determinate vicende per regolare, in base atale conoscenza, il loro comportamento. In molti casi la leggeimpone l’iscrizione dell’atto in registri tenuti dalla pubblicaamministrazione, che chiunque può consultare (es. giornaliufficiali, ecc.).La pubblicità serve pertanto, a dare ai terzi la possibilità diconoscere l’esistenza ed il contenuto di un negozio giuridico, oanche lo stato delle persone fisiche e le vicende delle personegiuridiche. Essa presuppone la dichiarazione negoziale, ecostituisce solo un mezzo perché il negozio possa essereconosciuto dai terzi. Si distinguono 3 tipi di pubblicità.

a) La pubblicità-notizia. Assolve semplicemente alla funzione direndere conoscibile un atto, del quale il legislatore ritieneopportuno sia data la notorietà. L’omissione di taleformalità dà luogo ad una sanzione pecuniaria, ma èirrilevante per la validità e l’efficacia dell’atto. Lapubblicità notizia costituisce quindi contenuto di un obbligo,non di un onore. Esempio di pubblicità-notizia è lapubblicazione matrimoniale.

b) La pubblicità dichiarativa che serve a rendere opponibile il negozioai terzi o ad alcuni terzi. L’omissione della pubblicitàdichiarativa peraltro, non determina l’invalidità dell’atto,che produce egualmente i suoi effetti tra le parti delnegozio. È rispetto ai terzi che gioca invece, la mancataattuazione di questa figura di pubblicità, in quanto l’attonon reso pubblico non è opponibile ai terzi.

c) La pubblicità costitutiva è elemento costitutivo della fattispecie:senza la pubblicità il negozio non solo non si può opporre ai

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terzi, ma non produce effetti nemmeno tra le parti (es. lapubblicità ipotecaria).

CAPITOLO XL’INFLUENZA DEL TEMPO SULLE VICENDE GIURIDCHE

A) NOZIONI GENERALI

108. Computo del tempo.

Tra i fatti giuridici naturali particolare importanza ha il tempo;peraltro il tempo non è un fatto, ma una relazione, un modo diessere del fatto.Molto spesso le attività giuridiche si devono compiere entroperiodi di tempo determinati. Da ciò la necessità di regole chestabiliscano come i termini devono essere calcolati. L’art. 2963 stabilisceche:

a) non si conta il giorno iniziale;b) si computa quello finale;c) il termine scadente il giorno festivo è prorogato al giorno

seguente non festivo;d) se il termine è a mese, esso scade nel giorno corrispondente

a quello del mese iniziale (ad es. un termine di un mese adecorrere dal 2 ottobre scade il 2 novembre);

e) se nel mese di scadenza manca il giorno corrispondente, iltermine si compie con l’ultimo giorno dello stesso mese.

109. Influenza del tempo sull’acquisto e sull’estinzione deidiritti soggettivi.

Il decorso di un determinato periodo di tempo, insieme con altrielementi, può dar luogo all’acquisto o all’estinzione di undiritto soggettivo: ciò in quanto, se una situazione di fatto siprotrae a lungo nel tempo, l’ordinamento tende a far coincidere lasituazione di diritto con quella di fatto. Se il decorso del temposerve a fare acquistare un diritto soggettivo, l’istituto cheviene in considerazione è l’usucapione o prescrizione acquisitiva;

226R.G.

invece, l’estinzione del diritto soggettivo per decorso del tempoforma oggetto di due altri istituti, che pur si distinguono traloro: la prescrizione estintiva e la decadenza.

B) LA PRESCRIZIONE ESTINTIVA

110. Nozione e fondamento.

La prescrizione estintiva produce l’estinzione del diritto soggettivo pereffetto dell’inerzia del titolare del diritto stesso che non loesercita o non ne usa per il tempo determinato dalla legge.La ragione per cui l’ordinamento riconnette all’inerzia deltitolare, protratta nel tempo, l’estinzione del diritto soggettivoconsiste nell’esigenza di certezza nei rapporti giuridici.

111. Operatività della prescrizione.

Essendo stabilita per ragioni d’interesse generale, laprescrizione estintiva è un istituto di ordine pubblico: quindi, le normeche stabiliscono l’estinzione del diritto e il tempo necessarioperché si verifichi sono inderogabili. Perciò le parti non possono rinunziare preventivamente allaprescrizione, né prolungare o abbreviare i termini stabiliti dallalegge. Per analoghe ragioni non è consentita nemmeno la rinuncia fattamentre è in corso il termine prescrizionale: essa tuttavia valecome riconoscimento del diritto soggetto a prescrizione e producel’interruzione della prescrizione, ossia l’irrilevanza del tempoprescrizionale decorso fino a quel momento.Diversa è la situazione rispetto alla rinunzia successiva al decorsodel termine di prescrizione. Una volta decorso il termineprevisto, la prescrizione è ormai interesse esclusivo del soggettoche ne è avvantaggiato, farla valere o meno (il servirsi dellaprescrizione estintiva non sempre è conforme all’etica). Come ognimanifestazione di volontà, questa rinunzia può essere sia espressache tacita: è tacita se risulta da un fatto incompatibile con lavolontà di valersi della prescrizione. Il giudice per lo stesso motivo, non può rilevare d’ufficio laprescrizione: questa deve essere eccepita dalla parte che vi hainteresse. Il debitore che abbia pagato spontaneamente non può farsirestituire quanto versato (senza che rilevi se sapeva o meno che

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il debito era prescritto): si verifica qui un’ipotesi di obbligazionenaturale.

112. Oggetto della prescrizione.

La regola è che tutti i diritti sono soggetti a prescrizione estintiva.Ne sono esclusi i diritti indisponibili, come quelli derivantidagli status personali, ecc. (c.d. diritti imprescrittibili). Anche il diritto di proprietà non è soggetto a prescrizione estintiva,perché anche il non uso è un’espressione della libertàriconosciuta al proprietario: inoltre la prescrizione ha semprecome finalità il soddisfacimento, laddove l’estinzione del dirittodi proprietà per non uso non avvantaggerebbe nessun altro, facendosolo diventare nullius la res. Anche il proprietario peraltro, puòperdere il suo diritto qualora un terzo usucapisca il bene.Sono inoltre imprescrittibili sia l’azione di petizione d’eredità,sia l’azione per far dichiarare la nullità di un negoziogiuridico. Non sono prescrittibili nemmeno le singole facoltà, cheformano il contenuto di un diritto soggettivo: esse si estinguonocon l’estinguersi del diritto.L’art. 2934 dispone che ogni diritto si estingue per prescrizione.Peraltro sono soggette a prescrizione pure alcune azionigiudiziali.

113. Inizio della prescrizione.

Presupposto della prescrizione estintiva è quindi l’inerzia deltitolare del diritto soggettivo. Poiché non si può parlared’inerzia quando il diritto non può essere fatto valere, laprescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto avrebbe potutoessere esercitato: quindi, se il diritto deriva da un negoziosottoposto a condizione o a termine la prescrizione decorre dalgiorno in cui la condizione si è verificata o il termine èscaduto.

114. Sospensione e interruzione della prescrizione.

La prescrizione presuppone l’inerzia ingiustificata del titolaredel diritto: essa quindi, non opera, nel caso in cui sopraggiungauna causa che giustifichi l’inerzia stessa, oppure nel caso in cuil’inerzia stessa venga meno. In questi casi intervengono gli istituti della sospensione e dellainterruzione della prescrizione. La sospensione è determinata:

226R.G.

a) o da particolari rapporti fra le parti (es. tra coniugi);b) o dalla condizione del titolare (es. interdetti per infermità

di mente).Le cause indicate dalla legge sono tassative; in tal modo i sempliciimpedimenti di fatto (per es. uno sciopero) non valgono adimpedire il decorso della prescrizione. L’interruzione ha luogo:

a) o perché il titolare compie un atto (ad es. notifica di unadomanda giudiziale) che costituisca esercizio del suo diritto;

b) o perché il soggetto passivo effettua il riconoscimento dell’altrui diritto(ad es. si riconosce debitore nei miei confronti).

115. Durata della prescrizione.

Rispetto alla durata, si distinguono la prescrizione ordinaria e leprescrizioni brevi. La prescrizione ordinaria trova applicazione in tuttii casi in cui la legge non dispone diversamente: essa matura indieci anni (art. 2946). Un periodo più lungo, venti anni, è peraltrostabilito, in armonia con il termine per l’usucapione, perl’estinzione dei diritti reali su cosa altrui. Termini più brevi sono previste per altre categorie di rapporti:prescrizioni brevi. Tra i casi più significativi vanno menzionati ildiritto al risarcimento del danno conseguente ad un atto illecitoextracontrattuale che si prescrive in cinque anni.

116. Le prescrizioni presuntive.

Le prescrizioni presuntive si fondano sulla presunzione che un determinatocredito sia stato pagato, o che sia comunque estinto per effettodi qualche altra causa. Dunque, mentre la prescrizione estintiva èessa stessa una causa di estinzione del diritto, nellaprescrizione presuntiva la legge presume che si sia verificata unadiversa causa estintiva. Non è che il debito si estingue, ma sipresume che si sia estinto: così il debitore, se intende rifiutarel’adempimento avvalendosi della prescrizione presuntiva, èesonerato dall’onere di fornire in giudizio la prova dell’avvenutaestinzione. Le presunzioni sono di due specie: presunzioni iuristantum (che ammettono la prova contraria) e presunzioni iuris et de iure(che non l’ammettono). Non è tuttavia ammesso, contro la presunzione di estinzione,qualsiasi mezzo di prova. Il creditore che abbia lasciato trascorrerel’intero periodo prescrizionale prima di pretendere il pagamento,ove la prescrizione presuntiva gli venga opposta in giudizio, puòcercare di vincerla solo: o ottenendo dal debitore la confessione che

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il debito non è stato pagato, o il riconoscimento che l’obbligazioneè tuttora esistente; oppure deferendo all’altra parte giuramentodecisorio (cioè invitandola a confermare sotto giuramento chel’obbligazione si è davvero estinta). Ma il giuramento è unespediente pericoloso: se il debitore non è una persona onesta,basta che egli affermi di aver pagato perché la lite sia decisa asuo favore. Tuttavia il creditore, qualora abbia elementi da cuirisulti la falsità del giuramento, può denunciarlo per il reato difalso giuramento.

C) LA DECADENZA

117. Nozione e fondamento.

Alla base della decadenza sta la fissazione di un termine perentorioentro il quale il titolare del diritto deve compiere unadeterminata attività, in difetto della quale l’esercizio deldiritto è definitivamente precluso, senza riguardo allecircostanze subiettive che abbiano determinato l’inutile decorsodel termine. Così ad es., la legge concede alla parte soccombentein giudizio il potere di impugnare la sentenza; ma l’impugnazionedeve essere proposta in un breve termine, trascorso il quale, essadiventa inammissibile: si decade cioè dal diritto di proporrel’impugnativa. La decadenza implica quindi, l’onere di esercitareil diritto entro il tempo prescritto dalla legge.Alla decadenza non si applicano le norme relative all’interruzionee alla sospensione, salvo che sia disposto altrimenti; essa puòquindi essere impedita solo dall’esercizio del diritto mediante ilcompimento dell’atto previsto.La decadenza “legale” costituisce sempre un istituto eccezionale, inquanto deroga al principio generale secondo cui l’esercizio deidiritti soggettivi non è sottoposto a limiti. Se la decadenza legale è stabilita nell’interesse generale (cioè in relazionea diritti indisponibili), le parti non possono né modificare ilregime previsto dalla legge, né rinunziare alla decadenza (deverilevarla d’ufficio il giudice).Se la decadenza legale è stabilita a tutela di un interesse individuale,trattandosi di diritti disponibili, le parti possono modificare ilregime legale della decadenza e possono anche rinunziarvi. La decadenza può essere anche nell’interesse di uno dei soggettidel rapporto, e può perciò anche essere prevista in un contratto(decadenza convenzionale o decadenza negoziale); i principi della decadenza

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legale stabilita a tutela di un interesse individuale valgonoanche per questo tipo di decadenza.

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CAPITOLO XILA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI

118. Premessa.

Se il diritto soggettivo non viene spontaneamente rispettato daiconsociati, solo in casi eccezionali l’ordinamento giuridico ammette cheil suo titolare possa provvedere direttamente alla sua tutela(autotutela). Di regola, il soggetto che vuol far valere un propriodiritto da altri contestatogli, deve rivolgersi al giudice: se ilprivato si fa arbitrariamente ragione da se con violenza sullecose o minaccia alle persone, egli incorre nel reato di esercizioarbitrario delle proprie ragioni.Ipotesi eccezionali di autotutela sono la legittima difesa, ladifesa del possesso finché la violenza dell’aggressore è in atto,il diritto di ritenzione, l’eccezione di inadempimento e ladiffida ad adempiere.

119. Cenni sui tipi di azione.

Mentre lo Stato ha avocato a sé il potere di rendere giustizia, alcittadino è riconosciuto il diritto di rivolgersi agli organi aciò istituiti per ottenere quella giustizia che non puòassicurarsi da sé: questo diritto si chiama azione. Chi esercital’azione proponendo la domanda giudiziale si chiama attore (perchéagisce); colui contro il quale l’azione si propone è detto convenuto(perché è invitato a presentarsi in giudizio a presentare le sueragioni). Esistono vari tipi di azioni e correlativamente di processocivile.Se tra me ed un’altra persona sorge controversia circa lasussistenza di un diritto soggettivo a mio favore, si instaura unprocesso di cognizione, il quale ha il compito di individuare il comandocontenuto nella norma di diritto sostanziale applicabile al casoconcreto.Se io ho ottenuto la sentenza con cui Tizio viene condannato apagarmi i danni e, ciò nonostante, egli non ottempera aquest’obbligo, io posso instaurare contro di lui un processo di

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esecuzione, la cui finalità consiste nel realizzare il comandocontenuto nella sentenza.Per impedire che nel corso del processo di cognizione Tizio sispogli dei suoi beni e mi impedisca di soddisfarmi su di essi, ioposso avvalermi del processo cautelare (ad es. posso chiedere edottenere il sequestro conservativo di quei beni).L’azione di cognizione può tendere ad una di queste 3 finalità:

a) all’accertamento dell’esistenza o inesistenza di un rapportogiuridico incerto e controverso (azione e sentenza di meroaccertamento);

b) all’emanazione di un comando, che il giudice rivolgerà alla partesoccombente di eseguire la prestazione che il giudice stessoriconosce dovuta alla controparte (azione e sentenza dicondanna);

c) alla costituzione, modificazione o estinzione di rapporti giuridici. Inquest’ipotesi la sentenza modifica la situazione fino al quelmomento vigente: ad es. la sentenza che pronunzia laseparazione coniugale (azione e sentenza costitutiva).

120. La cosa giudicata.

Per meglio assicurare la conformità della sentenza a giustizia, leparti possono promuovere il riesame della lite, impugnando ladecisione. Tuttavia questo non può essere consentito senza limiti:infatti, verificatesi certe condizioni, il comando contenuto nellasentenza non può più essere modificato da alcun altro giudice. Adeventuali ulteriori tentativi di una delle parti di proseguire ildibattito si può opporre il passaggio in giudicato della sentenza.Ma la cosa giudicata ha anche un valore sostanziale (cosa giudicata insenso sostanziale): non solo non si può impugnare la sentenza, ma se inessa è stato riconosciuto il mio diritto di proprietà o dicredito, ciò non può formare più oggetto di discussione o diriesame tra me e l’altra parte in futuri processi: in proposito l’art.2909 dice che l’accertamento contenuto nella sentenza passata ingiudicato fa stato ad ogni effetto fra le parti, i loro eredi edaventi causa. La cosa giudicata in senso sostanziale consiste,dunque, nella definitività dell’accertamento contenuto nellasentenza.

121. Il processo esecutivo.

Solo in alcuni casi il processo esecutivo riesce ad assicurarecoattivamente proprio quel risultato voluto dal comando contenuto nella

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sentenza (esecuzione forzata in forma specifica). Ciò accade nelle ipotesiin cui sia rimasto ineseguito:

a) un obbligo avente ad oggetto la consegna di una cosa determinata,mobile o immobile (ad es. l’obbligo dell’inquilino diriconsegnare l’immobile al proprietario alla scadenza delcontratto di locazione); in questo caso l’avente dirittootterrà la consegna o il rilascio forzati del bene stesso;

b) un obbligo avente ad oggetto un “facere” fungibile (ad es.l’obbligo dell’appaltatore di ultimare l’edificio che si èimpegnato a realizzare; in questo caso l’avente diritto potràottenere solo che esso sia eseguito da altri, seppure a spesedell’obbligato. Quando invece si tratta di inesecuzione di unobbligo avente ad oggetto un “facere” infungibile (ad es. l’obbligodi tenere un concerto di un cantante), l’avente diritto - nonpotendo la prestazione essere eseguita da altri se nondall’obbligato (proprio perché infungibile) - potrà otteneresolo il risarcimento del danno;

c) un obbligo avente ad oggetto quel particolare “facere”(infungibile) consistente nella conclusione di un contratto (ad es.l’obbligo assunto dal proprietario, in forza di un contrattopreliminare, di vendere il suo appartamento ad un determinatoacquirente); in questo caso l’avente diritto potrà otteneredal giudice una sentenza costitutiva che produca gli effettidel contratto non concluso;

d) un obbligo avente ad oggetto un non facere; in questo casol’avente diritto potrà ottenere, a spese dell’obbligato, ladistruzione della cosa realizzata in violazione di dettoobbligo.

La forma più importante di processo esecutivo è quella che ha peroggetto l’espropriazione dei beni del debitore (esecuzione medianteespropriazione forzata). In questo processo il bene o i beni colpitidall’esecuzione vengono venduti ai pubblici incanti e la sommaricavata ripartita tra i creditori. Il procedimento diespropriazione forzata ha inizio con il pignoramento, che è l’attocon il quale si indicano i beni assoggettati all’azione esecutiva.L’art. 2913 stabilisce che non hanno effetto gli atti dialienazione dei beni sottoposti a pignoramento. La legge tieneconto anche della situazione dei terzi che abbiano acquistato inbuona fede ignorando il pignoramento: se si tratta di mobili noniscritti nei pubblici registri, basta l’acquisto del possesso asalvaguardare il diritto del terzo (art. 1153); se si tratta diimmobili o mobili registrati, la protezione del terzo è attuataper il tramite della trascrizione.

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CAPITOLO XIILA PROVA DEI FATTI GIURIDICI

122. Nozioni generali.

L’esito di un giudizio può dipendere da una quaestio facti, ossia dauna contrapposta versione circa il modo in cui si sono realmentesvolti determinati fatti. Tutte le volte in cui su una circostanza(rilevante ai fini della decisione) le parti forniscano ricostruzionidiverse, il giudice è tenuto, per poter arrivare a definire la lite,a scegliere tra le contrapposte versioni. Questa scelta deve esseremotivata dal giudice. Nel giudizio civile sono le parti che devono preoccuparsi diindicare quali siano i mezzi di prova, ossia gli elementi, in base aiquali ciascuna ritiene che la propria versione dei fatti litigiosirisulti più convincente di quella fornita dalla controparte. Algiudice spetta, innanzitutto, valutare se i mezzi di prova siano:

ammissibili (cioè conformi alla legge); rilevanti (cioè abbiano ad oggetto fatti che possano influenzare

la decisione della lite).Dopo aver ammesso (con ordinanza) ed assunto le prove, il giudicevaluterà, con sentenza, la loro concludenza: ossia la loro idoneitào meno a dimostrare i fatti sui quali vertevano. In ogni caso ilgiudice deve motivare la sua decisione, spiegando le ragioni delsuo convincimento.

123. L’onere della prova.

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Se il giudice non ritiene di avere elementi adeguati per deciderequali tra le due versioni in conflitto sia da considerare piùconvincente, deve per forza egualmente scegliere una soluzione.La regola di giudizio che il legislatore gli offre è detta oneredella prova (art. 2697): in ordine a ciascun fatto o circostanzagrava sempre su una sola delle parti l’onere di persuadere il giudice,ossia, se il giudice non considera convincente la versione offertadalla parte gravata dall’onere, dovrà dare ragione (su quel punto)alla controparte, anche se considera parimenti non convincente la versione che diquel fatto è stata data da quest’ultima. L’onere della prova è una regola daapplicare al termine del giudizio, risolvendosi nel rischio che siaaccolta la versione sostenuta dalla controparte (su quel punto),se il soggetto gravato dall’onere non riesce ad offrire al giudiceelementi di prova sufficientemente convincenti.Il problema più delicato diventa quello di accertare, rispetto aciascun fatto, su quale delle parti ricada l’onere probatorio.Generalmente l’onere di provare un fatto ricade su colui cheinvoca proprio quel fatto a sostegno della propria tesi: ed inquesto senso va intesa la norma che accolla a chi vuol far valereun diritto in giudizio l’onere di provare i fatti che necostituiscono il fondamento (fatti costitutivi), ed a chi contesta larilevanza di tali fatti l’onere di provarne l’inefficacia o diprovare altri eventuali fatti che abbiano modificato o estinto ildiritto fatto valere (fatti impeditivi, modificativi ed estintivi). Quindi è lacolpa momento costitutivo della responsabilità per danni, o èl’assenza di colpa circostanza impeditiva del sorgere di taleresponsabilità?La legge, esplicitamente o implicitamente, consente di stabilirese una determinata circostanza debba essere considerata come fattocostitutivo o come fatto impeditivo (l’art. 1147 dispone che “labuona fede è presunta”: quindi il legislatore fa ricadere su chivuol contestare gli effetti della buona fede l’onere di provare lamala fede dell’altra parte e non su questa provare la propriabuona fede).L’onere della prova può definirsi come il rischio per la mancata prova diun fatto (rimasto) incerto nel giudizio, rischio addossato dallegislatore a carico di quella parte che avrebbe dovuto trovarsinelle migliori condizioni per dare la prova della circostanzainvocata: nel caso in cui non riesca a convincerlo, che quellacircostanza si è effettivamente verificata, il giudice dovràconsiderarla come non avvenuta (così ad es. chi invoca lastipulazione di un mutuo per pretendere la restituzione dellasomma mutuata ha l’onere di provare la stipulazione del mutuo).

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Questo è ciò che pone la legge; tuttavia le parti possonostabilire diversamente (inversione convenzionale dell’onere della prova), ameno che non si tratti di diritti indisponibili.

124. I mezzi di prova.

Per mezzo di prova s’intende qualsiasi elemento (documento,fotografia, testimonianza…) idoneo ad influenzare la scelta che ilgiudice deve fare per stabilire quale sia, tra le contrapposteversioni, la più convincente. Inoltre il giudice deve valutare leprove secondo il suo prudente apprezzamento. Però alcune prove(come l’atto pubblico) costituiscono prove legali, la cui rilevanza è giàpredeterminata dalla legge, cosicché il giudice non ha alcunadiscrezionalità nel valutarle. In questi casi il giudice è vincolatoe non potrebbe decidere in contrasto con i fatti che devonoconsiderarsi “pienamente provati”. I mezzi di prova si distinguonoin 2 specie:

― prova precostituita o documentale (atto pubblico, scritturaprivata) che esiste già prima del giudizio;

― prova costituenda (prova testimoniale, confessione, giuramento)che deve formarsi nel corso del giudizio.

125. La prova documentale.

Per documento s’intende ogni cosa idonea a rappresentare un fatto,in modo da consentirne la presa di conoscenza a distanza di tempo(come le lettere, le fatture, le scritture private, lefotografie…).L’atto pubblico è il documento redatto con particolari formalità(stabilite dalla legge) da un notaio o da altro pubblico ufficialeautorizzato ad attribuire all’atto quella particolare fiducianella sua veridicità che si chiama “pubblica fede”. L’attopubblico fa piena prova:

a) della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che loha formato;

b) delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che ilpubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza.

L’atto pubblico, pertanto, non fa prova della veridicità delcontenuto delle dichiarazioni fatte dalle parti avanti al pubblicoufficiale, ma solo del fatto che esse hanno effettivamentedichiarato a quest’ultimo ciò che egli ha precisato nel documento.Il giudice è vincolato a considerare vere tali circostanze; se unaparte intenda contrastare tale speciale forza probatoria

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privilegiata, deve far necessariamente ricorso ad un particolareprocedimento, che si avvia mediante una querela di falso: ossiamediante la richiesta che il giudice accerti (in via separatarispetto al processo in cui il documento è prodotto) che queldocumento è in realtà oggettivamente falso.L’atto pubblico, se nullo per difetto di qualche formalità, puòavere la stessa efficacia della scrittura privata, se sottoscrittoda una o più parti (conversione formale).Scrittura privata è qualsiasi documento che risulti sottoscritto da unprivato; l’elemento essenziale è la sottoscrizione di colui che, con lafirma, si assume la paternità del testo. La scrittura privata nonha dunque la stessa efficacia probatoria dell’atto pubblico: essainfatti fa prova solo contro chi ha sottoscritto il documento, e nona suo favore.Si ha per riconosciuta la sottoscrizione autenticata da un notaio o daun altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, nonché lasottoscrizione di un documento prodotto in giudizio e nondisconosciuta da colui contro il quale la produzione è effettuata.Basta dunque, se si tratta di scrittura non autenticata, che lapersona cui la scrittura è attribuita neghi la propriasottoscrizione, perché chi vuol valersi della scrittura debbafornire la prova della sua provenienza, mediante il procedimento diverificazione. Se invece la sottoscrizione è autenticata oriconosciuta, essa fa piena prova (prova legale).Elemento importante della scrittura privata è la data: essa puòavere rilevanza anche nei confronti di terzi. La legge stabilisce che ladata della scrittura privata è per terzi la seguente (data certa):

a) se si tratta di scrittura privata autenticata, la datadell’autenticazione;

b) se la scrittura è registrata, la data della registrazione;c) negli altri casi, la data in cui si verifica un fatto che

stabilisca in modo incontestabile che il documento è statoformato anteriormente (es. giorno della morte).

Anche al telegramma il legislatore riconosce l’efficacia probatoriadella scrittura privata. Fanno prova contro chi li ha scritti lecarte e i registri domestici, anche se carenti di sottoscrizione; anche i librie le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno provacontro l’imprenditore. Le riproduzioni fotografiche, informatichee cinematografiche (riproduzioni meccaniche) formano piena prova deifatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sonoprodotte (in giudizio) non ne disconosce la conformità ai fatti oalle cose medesime. Mentre il fax fa piena prova della suaconformità con l’originale, se colui contro il quale è prodotto

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non la contesta. Quanto ai documenti informatici bisogna distingueretra: documento informatico cui è apposta una firma elettronica,che sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio; edocumento elettronico sottoscritto con firma digitale o con unaltro tipo di firma elettronica qualificata, che (come le altrescritture private) fa piena prova, se non disconosciuta, della suaprovenienza dal titolare della firma elettronica.

126. La prova testimoniale.

La testimonianza (detta anche prova orale) è la narrazione fatta algiudice da una persona estranea alla causa in relazione a fatticontroversi di cui il teste abbia conoscenza. La provatestimoniale incontra però limiti legali di ammissibilità.― In primo luogo, la prova testimoniale non è ammissibile quando

sia invocata per provare il perfezionamento o il contenuto di uncontratto avente un valore superiore a 2,58 €; però non si trattadi un divieto rigido. Inoltre il giudice deve ammettere la provatestimoniale quando ricorra una delle 3 seguenti ipotesi (art.2724):

quando vi sia un principio di prova scritta (es. unaricevuta);

quando la parte si sia trovata nell’impossibilità morale omateriale di procurarsi una prova scritta;

quando la parte abbia perduto senza sua colpa il documento che leforniva la prova.

― In secondo luogo, la prova testimoniale non è ammissibile setende a dimostrare che anteriormente o contemporaneamente allastipulazione di un accordo scritto siano stati stipulati altripatti, non risultanti però dal documento. Quando però la provatestimoniale è invocata a dimostrazione che, successivamente allaformazione di un documento, è stato stipulato un patto aggiunto ocontrario al suo contenuto, il giudice può ammetterla solo seritiene verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioniverbali.― In terzo luogo, la prova testimoniale non è ammissibile se

tende a provare un contratto che deve essere stipulato (forma scrittaad substantiam) o anche solo provato (forma scritta ad probationemtantum) per iscritto. In tali casi la prova per testimoni èammissibile esclusivamente qualora la parte abbia perduto senza suacolpa il documento che le forniva la prova.

127. Forma ad substantiam e forma ad probationem.

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Quando la forma è richiesta ad substantiam, essa costituisce unelemento essenziale del negozio, cosicché, ove il requisito formalenon sia osservato, l’atto è irrimediabilmente nullo.La prova della stipulazione dell’atto con la forma richiesta puòessere data con la produzione in giudizio del documento in cuil’atto è consacrato. In linea di principio il legislatore nonconsente che la formazione del documento sia provata attraversomezzi di prova diversi dalla produzione del documento(testimonianza, confessione, giuramento). Da ciò deriva che ildocumento attraverso cui è stata manifestata la volontàcontrattuale è essenziale non solo per la validità dell’atto, ma ancheper la prova dello stesso. Unica eccezione è il caso in cui la parteabbia perduto senza sua colpa (per es. un incendio) il documento nelquale l’atto era consacrato: in tal caso potrà essere ammesso ognitipo di prova (testimonianza, confessione, giuramento) volta adimostrare in primo luogo, l’originaria esistenza del documento, insecondo luogo, la perdita incolpevole di esso, in terzo luogo, il suocontenuto. Da tale principio si ricava che il legislatore imponealla parte l’onere di custodire il documento, onde poterlo esibire algiudice in qualsiasi momento; altrimenti, mancando il documento o,in alternativa, la prova della sua perdita incolpevole, il giudicedeve concludere che esso non sia mai stato formato.Diversa è la situazione quando l’osservanza di una forma siastabilita ad probationem tantum. In tal caso infatti, l’atto compiutosenza l’osservanza della forma stabilita dalla legge non è nullo:l’unica conseguenza dell’inosservanza della forma è il divieto dellaprova testimoniale e di quella presuntiva. Tale divieto è volto ad indurre leparti a precostituire un documento in cui l’atto risulticonsacrato. Ma in caso di forma richiesta ad probationem tantum, lamancanza del documento non pregiudica la possibilità per le partidi provare l’atto ed il suo contenuto:

a) in primo luogo, se la formazione del negozio ed il suocontenuto costituisce un fatto non contestato, il giudice deveconsiderarlo provato;

b) in secondo luogo, trattandosi di forma richiesta ad probationemtantum, anche quando la formazione dell’atto o il suocontenuto siano contestati in giudizio, la parte che intendadimostrare che il negozio si è realmente perfezionato, oppurequale ne sia il vero contenuto, può chiedere l’interrogatorioformale della controparte nella speranza di ottenere unaconfessione, oppure può deferirle il giuramento decisorio.

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128. Le presunzioni.

Per presunzione (o “prova indiretta”) si intende ogni argomento,illazione, attraverso cui, essendo già provata una determinatacircostanza (“fatto-base” o “indizio”), si giunge a considerareprovata altresì un’altra circostanza, sfornita di prova diretta.Le presunzioni si dicono legali quando è la stessa legge che, in viagenerale, attribuisce ad un fatto valore di prova in ordine ad unaltro fatto, che quindi viene presunto. Le presunzioni legalipossono essere:

a) iuris et de iure (assolute), quando non ammettono prova contraria;quando la legge stabilisce una presunzione assoluta, più chedi prova indiretta dovrebbe parlarsi di sufficienza delfatto-base a produrre l’effetto ricollegato al fatto-presunto(che in realtà così diventa irrilevante);

b) Iuris tantum (relative), quando ammettono prova contraria.Le presunzioni si dicono invece semplici quando non sonoprestabilite dalla legge, ma sono lasciate alla discrezionalitàdel giudice, che può ritenere provato un fatto, di cui mancanoprove dirette, quando ricorrano indizi “gravi, precisi econcordanti e concordanti” (art. 2729). Alle presunzioni semplicinon si può far ricorso nei casi in cui la legge esclude la provaper testimoni.

129. La confessione.

La confessione è la dichiarazione che la parte fa della verità di fattia sé sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. La confessione nonimplica l’elemento volitivo intenzionale: perciò essa non è unnegozio giuridico, ma una dichiarazione di scienza. Essa può essere:

a) giudiziale, se resa in giudizio e, in questo caso, fa piena prova,vale a dire che il fatto oggetto di confessione non puòessere considerato controverso dal giudice; la confessionegiudiziale può essere fatta spontaneamente, ma più spesso èprovocata mediante l’interrogatorio formale della parte, a cui ilgiudice procede su richiesta dell’altra parte;

b) stragiudiziale, se resa fuori dal giudizio. Se è fatta alla parteo al suo rappresentante, ha lo stesso valore di quellagiudiziale; se è fatta ad un terzo, può essere apprezzataliberamente dal giudice. A differenza di quella giudiziale,la confessione stragiudiziale, dev’essere a sua voltadimostrata; essa non può essere provata quando tale prova nonè ammessa.

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Entrambe le confessioni possono essere revocate solo se si dimostrache è stata determinata da errore di fatto o da violenza.La confessione si dice qualificata, quando la parte riconosce laverità di fatti a sé sfavorevoli, ma vi aggiunge altri fatti ocircostanze tendenti a compromettere l’efficacia dell’attoconfessato, o a modificarne od estinguerne gli effetti. In questocaso bisogna distinguere:

a) se l’altra parte non contesta la verità dei fatti o dellecircostanze aggiunte, la dichiarazione confessoria fa pienaprova nella sua integrità;

b) se l’altra parte la contesta, è rimesso al giudice diapprezzare l’efficacia probatoria della dichiarazioneconfessoria.

Diversa dalla dichiarazione confessoria è la dichiarazionericognitiva: mentre la prima ha ad oggetto l’asseverazione di fatti a sésfavorevoli, la seconda ha invece ad oggetto l’asseverazione didiritti o rapporti giuridici e ha sul piano probatorio, una rilevanzadiversa rispetto a quella della confessione.

130. Il giuramento.

Il giuramento è un mezzo di prova di cui le parti possono chiederel’acquisizione nel corso di un giudizio civile. Il giuramento puòessere “decisorio” o “suppletorio”. Il giuramento decisorio si chiamacosì perché deve riguardare circostanze che abbiano valoredecisorio in ordine ad una quaestio facti su cui il giudice è chiamatoa pronunciarsi, cosicché l’esito del giuramento (positivo onegativo che sia) preclude ogni ulteriore accertamento a riguardo:perciò anche il giuramento è una prova legale ed il suo esito fa pienaprova in ordine alle circostanze che ne formano l’oggetto.L’efficacia probatoria del giuramento è la più intensa che sipossa immaginare poiché, si riflette sulla pronuncia del giudiceche dovrà senz’altro dichiarare vittoriosa la parte che ha giuratoe soccombente l’altra (su tutta la causa o sulla parte investitadal giuramento), senza che quest’ultima abbia la possibilità diprovare il contrario. Il giuramento decisorio può essere deferitosolo su iniziativa di una delle parti in lite.La parte che assume l’iniziativa chiede al giudice di invitare lacontroparte a confermare sotto giuramento se il fatto oggetto dicontestazione si è davvero verificato secondo quanto la stessa hafinora sostenuto nel processo; la parte cui il giudice dovessedeferire il giuramento si troverebbe nell’alternativa o diabbandonare la tesi finora affermata, oppure di giurare il falso

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commettendo spergiuro (con ogni conseguente rischio, anchepenale). Il giuramento è ammissibile solo quando sia relativo ad un fattoproprio della parte cui è deferito (giuramento de veritate) oppurequando sia relativo alla conoscenza che essa ha di un fatto altrui(giuramento de scientia).La parte a cui il giuramento è stato deferito può a sua volta, sepreferisce, “riferire” il giuramento all’avversario, a condizioneche il fatto che ne è oggetto sia “comune” ad entrambi. Ilgiuramento viene reso in giudizio personalmente dalla parte, allapresenza del giudice, che deve ammonire il giurantesull’importanza morale dell’atto e sulle conseguenze penali dieventuali dichiarazioni false da lui rese, e quindi l’invita agiurare. Se la parte si rifiuta di giurare o non si presenta,senza giustificato motivo, la sua versione del fatto non può piùessere considerata vera dal giudice, indipendentemente daqualsiasi altra prova a suo favore. Se invece presta giuramento ilgiudice deve definitivamente considerare vera la sua affermazionee decidere in conformità la questione per la quale il giuramento èstato ammesso.Non si possono fornire prove contrarie. Si può solo denunciare insede penale chi abbia eventualmente giurato il falso; e se siaintervenuta condanna penale, si può chiedere il risarcimento deidanni, ma non la revoca della sentenza civile che sia statapronunciata in base al falso giuramento. Il giuramento non èammissibile quando si tratti:

a) di diritti indisponibili (ad es. questioni di stato);b) di fatto illecito;c) di atto per cui sia richiesta la forma scritta ad substantiam;d) di contestare l’attestazione, contenuta in un atto pubblico,

che un determinato fatto è avvenuto alla presenza delpubblico ufficiale che lo ha redatto.

Il secondo tipo è il giuramento suppletorio. Esso può essere deferitonon in base ad un’iniziativa della parte, bensì d’ufficio, in base alpotere discrezionale del giudice, quando egli si trovi di frontead un fatto rimasto incerto, ma per il quale la parte che aveval’onere di provarlo abbia fornito elementi abbastanza rilevanti,sebbene non definitivamente persuasivi: in tal caso il giudice puòoffrire di perfezionare la prova.Un particolare giuramento suppletorio è il “giuramentoestimatorio”, che può essere deferito per stabilire il valore diuna cosa quando non sia possibile accertarlo diversamente.

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I DITITTI REALI

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CAPITOLO XIIII DIRITTI REALI IN GENERALE E LA PROPIETÀ

A) I DIRITI REALI

131. Caratteri e categorie dei diritti reali.

L’espressione diritti reali non risale al diritto romano; la categoria èstata elaborata più tardi per raggruppare i diritti su cosa materialedeterminata. I diritti reali sono caratterizzati:

a) Dall’immediatezza, ossia dalla possibilità che il titolareeserciti direttamente il potere sulla cosa, senza necessitàdella cooperazione di terzi;

b) Dall’ assolutezza, ossia al dovere di tutti i consociati diastenersi dall’interferire nel rapporto tra il titolare deldiritto reale ed il bene che ne è oggetto e dalla possibilitàper il titolare di agire in giudizio contro chiunque contestio pregiudichi il suo diritto (efficacia erga omnes del dirittoreale);

c) Dall’ inerzia, ossia dalla opponibilità del diritto a chiunquepossieda o vanti diritti sulla cosa (così ad es. la servitùdi passaggio continua a gravare sul fondo, anche quando lasua proprietà passi a terzi).

I diritti reali costituiscono un numerus clausus (e precluso aiprivati creare diritti reali diversi da quelli espressamentedisciplinati dalla legge) e, contestualmente, sono connotati dalcarattere della tipicità (cioè è precluso all’autonomia dei privatidi modificare la disciplina legale dei singoli diritti reali): intal modo si vuole, da un lato impedire che i privati possanomoltiplicare i limiti destinati a comprimere i poteri delproprietario, e dall’altro tutelare i terzi che devono essereposti in grado di conoscere con esattezza i vincoli che gravano sudi essa.Nell’ambito di diritti reali si distingue tra la proprietà ( ius in repropria) e i iura in re aliena: cioè i diritti reali che gravano su beni di

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proprietà altrui destinati a coesistere (comprimendolo) con ildiritto del proprietario.I diritti reali in re aliena si distinguono, a loro volta, in diritti realidi godimento (superficie, usufrutto, uso, abitazione) e diritti reali digaranzia (pegno ed ipoteca): i primi attribuiscono a l loro titolareil diritto di trarre dal bene le utilità che lo stesso è in gradodi fornire; i secondi attribuiscono al loro titolare il diritto difarsi assegnare il ricavato dell’eventuale alienazione forzata delbene, nel caso di mancato adempimento dell’obbligo garantito.Da non confondere con i diritti reali sono le obbligazioni propter rem(obbligazioni reali) che si caratterizzano per il fatto che lapersona dell’obbligato viene individuata in base alla titolaritàdi un diritto reale su un determinato bene (così ad es. l’obbligodi sostenere le spese necessarie per le riparazioni necessarie delmuro comune grava sui comproprietari).Da non confondere con l’obbligazione reale è l’onere reale.

B) LA PROPRIETÀ

132. Il contenuto del diritto.

“Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono – proclamaval’art. 29 dello Statuto albertino – inviolabili”. Mentre l’art. 832cod. civ. enuncia il principio secondo cui al proprietario spettail “diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”. Laproprietà attribuisce dunque al titolare: il potere di godimento delbene (ossia il potere di trarre dalla cosa le utilità che lastessa è in grado di fornire decidendo se , come e quando utilizzarla:direttamente o indirettamente); e il potere di disposizione del bene(ossia il potere di cedere ad altri, in tutto o in parte, dirittisulla cosa).L’art. 832 precisa poi che il potere di godimento e didisposizione che compete al proprietario è pieno ed esclusivo. Da quil’idea che la proprietà sia caratterizzata dai connotati:

― della assolutezza (ossia dell’attribuzione al proprietario deldiritto di fare sulla cosa tutto ciò che vuole, persinodistruggerla);

― della esclusività (ossia dell’attribuzione al proprietario deldiritto di vietare ogni ingerenza di terzi in ordine allescelte che egli si riserva di effettuare con totale arbitrioe discrezionalità).

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Peraltro l’art. 832 riconosce sì al proprietario il “diritto digodere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”, ma solo“entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dallalegge”. In realtà le caratteristiche dell’assolutezza ed dell’esclusivitàsono tipiche ormai solo della proprietà dei beni di usostrettamente personale. Quanto agli altri beni l’ordinamento nonrimette integralmente al proprietario le scelte in ordine al loroutilizzo. Nella Costituzione repubblicana del ’48 la proprietà non solo nonviene più (come avveniva nello Statuto) dichiarata inviolabile, manon viene neanche disciplinata fra i “principi fondamentali”.Sempre con riferimento alla proprietà privata, la Costituzione(art. 42) demanda espressamente al legislatore ordinario ilcompito di determinare “il modo di acquisto, di godimento ed ilimiti, allo scopo di assicurarne la funzione sociale e direnderla accessibile a tutti”. La proprietà si ritiene caratterizzata:

a) dalla imprescrittibilità (anche la proprietà non si può perdere per“non uso”, ma solo per l’usucapione che altri abbia aperfezionare);

b) dalla perpetuità: una proprietà ad tempus è una nozionecontraddittoria e quindi se ad un diritto è apposto untermine temporale, non lo si può più qualificare come“proprietà”, ma va ricostruito come un diritto parziale;

c) dall’elasticità: i poteri che normalmente competono alproprietario possono essere compressi in virtù dellacoesistenza sul bene di altri diritti reali o di vincoli dicarattere pubblicistico; tali poteri sono però destinati ariespandersi automaticamente non appena dovesse venire menoil diritto reale o il vincolo pubblicistico concorrente.

133. Espropriazione e indennizzo. L’art. 42, comma III, Cost. dispone che “la proprietà può essere,nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata permotivi di interesse generale”. Così la posizione del privato può essere sacrificata solo inpresenza:

a) di un interesse generale;b) di una previsione legislativa che lo consenta (riserva di legge);c) di un indennizzo che compensi il privato del sacrificio che

subisce nell’interesse della collettività.

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Rientrano nella nozione di espropriazione anche quelle limitazioni che(pur non determinando, per il proprietario, la perdita del suodiritto) siano comunque “tali da svuotare di contenuto il dirittodi proprietà, incidendo sul godimento del bene tanto profondamenteda renderlo inutilizzabile. La Corte tende a distinguere tradisposizioni che si riferiscono ad intere categorie di beni, edisposizioni che si riferiscono invece a singoli cespiti. Le prime nonrientrano nel concetto di espropriazione, ma in quello diconformazione del contenuto del diritto di proprietà sui beniappartenenti a quella determinata categoria e, di conseguenza, noncomportano indennizzo; le seconde rientrano invece nel concetto diespropriazione e necessitano di indennizzo.Quanto al problema dell’indennizzo, la Corte ha escluso che essodebba necessariamente consistere in un “integrale risarcimento”del pregiudizio economico sofferto dall’espropriato; da ciòconsegue che non è richiesto che l’indennizzo sia pari al valorevenale (o “di mercato”) del bene. D’altro canto ha escluso chel’indennizzo possa essere stabilito dal legislatore in terminimeramente simbolici o irrisori. Il D.P.R. n. 327/2001 prevede ora che:

a) in caso di espropriazione di un’area edificabile, l’indennizzo èpari al suo valore agricolo, tenendo conto delle coltureeffettivamente praticate sul fondo e del valore dei manufattiedilizi legalmente realizzati;

b) in caso di espropriazione di un’area edificabile, l’indennizzo èpari all’importo (diviso per 2 e ridotto del 40%) risultantedalla somma del valore venale del bene e del redditodominicale netto rivalutato, moltiplicato per 10;

c) in caso di espropriazione di una costruzione legittimamente edificata,l’indennizzo è pari al suo valore venale;

d) in caso di vincolo sostanzialmente espropriativo, l’indennizzo ècommisurato all’entità del danno effettivamente prodotto.

Al fine di incentivare la cessione volontaria della proprietà del benedall’espropriando al beneficiario dell’espropriazione, la leggeprevede che il corrispettivo della cessione sia, di regola,maggiore rispetto all’indennizzo.

134. La proprietà dei beni culturali.

Già l’art. 839 cod. civ. postulava un particolare regimedominicale per le “cose di proprietà privata, immobili o mobili,che presentano interesse artistico, storico o etnografico”. LaCostituzione repubblicana enuncia solennemente il principio

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secondo cui la Repubblica “tutela il patrimonio storico eartistico della Nazione”. Ora il D.Lgs. 22 gennaio 200, n. 42impone al proprietario, cui sia stata notificata dal Ministero peri beni e le attività culturali, la “dichiarazione dell’interesseculturale”, tutta una serie di limiti:

a) sia quanto al potere di godimento, ad es. prevenendo che ibeni culturali non possano essere distrutti, danneggiati…

b) sia quanto al potere di disposizione, ad es. prevedendol’obbligo di denuncia al Ministero per i beni e le attivitàculturali degli atti che trasferiscono, a qualsiasi titolo,la proprietà o la detenzione di detti beni.

135. La proprietà edilizia.

La legge dispone che, fatta eccezione per alcuni interventi minori(interventi di manutenzione ordinaria), l’attività ditrasformazione urbanistica ed edilizia del territorio èsubordinata:

a) al previo rilascio, da parte dell’autorità comunale, di unpermesso di costruire, quanto agli interventi di maggiore impatto:ad es. gli interventi di una nuova costruzione, gliinterventi di ristrutturazione urbanistica, ecc.. Il permessodi costruire può essere rilasciato solo se l’intervento darealizzare sia conforme alle previsioni degli strumentiurbanistici; e comporta l’obbligo della corresponsione, afavore del Comune, di un contributo di costruzione, commisuratoall’incidenza degli oneri di urbanizzazione e al costo dicostruzione, che consenta al Comune di provvedere alleindispensabili opere di urbanizzazione primaria (strade,parcheggi, ecc.) e secondaria (chiese, impianti sportivi,ecc.).

b) alla denunzia di inizio di attività (D.I.A.) (da presentarsiall’autorità comunale, da parte del proprietariodell’immobile, almeno 30 giorni prima dell’effettivo iniziodei lavori, accompagnata da una relazione del progettista cheasseveri la conformità dell’opera agli strumenti urbanistici)in quanto agli interventi, specificamente indicati dallegislatore, relativamente ai quali è meno pressantel’esigenza di controllarne preventivamente la rispondenzaagli strumenti urbanistici.

Al fine di evitare l’abusivismo edilizio, la legge fa ricorso – accantoa quelli amministrativi (ad es. sospensione dei lavori) – anchestrumenti di tipo privatistico. Così ad es.:

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a) sanziona con la nullità gli atti, aventi ad oggetto iltrasferimento o la costituzione di diritti reali su terreni,ove agli atti stessi non sia allegato il certificato didestinazione urbanistica, rilasciato dal Comune;

b) sanziona con nullità gli atti aventi ad oggetto iltrasferimento o la costituzione di diritti reali su edifici (oloro parti), la cui costruzione sia iniziata dopo il 17 marzo1985, ove dagli atti stessi non risulti il permesso percostruire;

c) vieta alle aziende erogatrici di servizi pubblici disomministrare le loro forniture per l’esecuzione di opereprive di permesso di costruire;

d) impone a chi abbia violato disposizioni che regolamentanol’attività edilizia l’obbligo di risarcire i danni che terzi(ad es. i vicini) ne abbiano eventualmente sofferto econsente ai vicini di chiedere la “riduzione in pristino”(cioè l’eliminazione delle opere abusive).

La pianificazione del territorio deve avvenire attraverso duestrumenti ad iniziativa pubblica: il piano regolatore generale (P.R.G.)(destinato ad indicare per tutto il territorio comunale la retestradale principale, ecc.) e, in sua attuazione, il pianoparticolareggiato di esecuzione (P.P.) (destinato ad indicare in dettagliole reti stradali, ecc.). In alternativa al P.P. è stata introdottauna diversificata gamma di possibili strumenti attuativi. Tuttaviala legge riconosce anche una serie di strumenti attuativi di tipoprivatistico: in particolare la convenzione di lottizzazione, in forzadella quale – a fronte dell’autorizzazione del Comune di un pianodi lottizzazione proposto dai proprietari delle aree interessate –questi ultimi si assumono una serie di impegni nei confronti delComune stesso.

136. La proprietà fondiaria.

In linea verticale, la proprietà fondiaria si estenderebbe all’infinitosia nel sottosuolo che nello spazio aereo soprastante. Peraltrol’art. 840 dispone che il proprietario del suolo non può opporsiad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nelsottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli nonabbia interessi ad escluderle. Da ciò si deduce che la proprietàdel suolo si estende a quella sola parte del sottosuolo suscettibile diutilizzazione secondo un criterio di normalità (e così per ilsoprassuolo). Una limitazione della proprietà al di sopra o al di

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sotto del suolo si ha quando venga costituito un “diritto disuperficie”. In senso orizzontale, ogni proprietà fondiaria si estende nell’ambitodei propri confini. Il proprietario ha la facoltà di cintare inqualsiasi momento il proprio fondo e di impedirne l’accesso achiunque (salvo che vi entri per l’esercizio della caccia; o perriprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l’animaleche vi si sia riparato sfuggendo alla sua custodia; o percostruire un muro o altra opera che si trovi sul confine o pressodi esso).

137. I rapporti di vicinato.

Al fine di contemperare i contrapposti interessi dei proprietaridi fondi contigui, disciplinando i rapporti di vicinato, il codice dettatutta una serie di regole in materia di: atti emulativi; immissioni;distanze; muri; luci e vedute; acque. Tali norme sono tese a conformare laproprietà immobiliare, in modo da assicurare un coordinamento frai diritti riconosciuti ai singoli titolari.

138. Gli atti emulativi.

Al proprietario sono preclusi gli atti emulativi, cioè quelli che nonhanno altro scopo che quello di nuocere o arrecare molestia adaltri (art. 833). Perché l’atto di godimento di un bene siavietato, debbono concorrere due elementi:

― l’uno oggettivo, ossia l’assenza di utilità per il proprietario;― l’altro soggettivo, ossia l’intenzione di nuocere o arrecare

molestia ad altri, che peraltro si può presumere quandol’atto risulti, da un lato, non giustificato da alcuninteresse del proprietario e, dall’altro, lesivo di interessidel vicino (ad es. è vietato piantare alberi senzaapprezzabile utilità per il proprietario, al solo scopo ditogliere la veduta panoramica al vicino).

Si ritiene non incorra nel divieto di atti emulativi uncomportamento omissivo del proprietario, quand’anche finalizzato anuocere il vicino (ad es. non è illegittimo lasciar crescere sulproprio fondo degli arbusti spontanei con l’intento di togliereuna particolare visuale al vicino).

139. Le immissioni.

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Il diritto di godere del bene in modo esclusivo, riconosciuto alproprietario, importa che lo stesso è legittimato ad opporsi aqualsiasi attività materiale di terzi che abbia a svolgersi sul suofondo (ad es. scarico liquami, ecc.: immissioni materiali). Egli nonpuò invece opporsi, almeno di regola, ad attività che si svolgonosul fondo del vicino. È peraltro frequente, specie in un sistema diproduzione industriale, che tali ultime attività importino laproduzione di fumi, calori, ecc. (immissioni immateriali). In questocaso occorre distinguere:

a) se le immissioni rimangono a di sotto della soglia della“normale tollerabilità”, chi le subisce deve sopportarle: nonha né il diritto di farle cessare, né quello di farsi vederericonosciuto un risarcimento in denaro per il disagiosofferto;

b) se le immissioni superano la soglia della normaletollerabilità, ma sono giustificate da “esigenze dellaproduzione”, chi le subisce non ha il diritto di farlecessare, ma può solo ottenere un indennizzo in denaro per ilpregiudizio eventualmente sofferto;

c) se le immissioni superano la soglia della normaletollerabilità senza essere giustificate da esigenze dellaproduzione, chi le subisce ha il diritto che, per il futuro,ne venga inibita la prosecuzione e, per il passato, che glisia riconosciuto l’integrale risarcimento del dannoeventualmente sofferto.

La tollerabilità o meno di un’immissione va valutata caso percaso, dal punto di vista del fondo che la subisce, tenendo contodella condizione dei luoghi (cioè la loro destinazione, ecc.).Se l’immissione che supera la soglia della normale tollerabilitàproviene dall’espletamento di attività produttive, essa saràammessa (salvo indennizzo) solo:

― se non sia eliminabile o quanto meno riducibile attraversol’adozione di accorgimenti tecnici non particolarmenteonerosi;

― se la cessazione dell’attività produttiva causerebbe allacollettività un danno più grave del sacrificio deiproprietari dei fondi vicini.

140. Le distanze legali.

Al fine di impedire che, fra immobili che si fronteggiano da fondiappartenenti a proprietari diversi, possano crearsi angusteintercapedini (dove si accumula immondizia, ecc.) l’art. 873

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dispone che le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite oaderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri traloro. Nessuna parte del fabbricato con esclusione dei soli sporti(ad es. grondaie) deve dunque trovarsi, rispetto al fabbricatoesistente sul fondo contiguo, a distanza inferiore a quellaprescritta. Se risulta il contrario, il vicino può agire per larimozione dell’opera abusivamente realizzata, nonché per ilrisarcimento del danno sofferto. Peraltro, tale articolo, fa salval’ipotesi che gli strumenti urbanistici locali richiedano unadistanza tra edifici maggiore. In tal caso:

a) se la previsione degli strumenti urbanistici risulta destinataa disciplinare proprio le distanze tra costruzioni nei rapportidi vicinato, allora la sua violazione legittima il vicino adagire per la rimozione dell’opera abusivamente realizzata,nonché per il risarcimento del danno sofferto;

b) se la previsione degli strumenti urbanistici risulta invece,esclusivamente dettata per la tutela di interessi generali(limitazioni del volume, ecc.), la sua violazione legittima ilvicino ad agire solo per il risarcimento del danno.

Il codice contempla poi tutta una serie di disposizioni aventi adoggetto i muri che si trovano sul confine o nei pressi del confinetra proprietà limitrofe.Il codice prevede altresì distanze minime dal confine per pozzi,cisterne, fosse e tubi, nonché per fabbriche e depositi pericolosio nocivi; sono previste inoltre distanze minime, sempre dalconfine, per fossi e canali (non provvisori), nonché per lepiantagioni (pregiudizi derivanti dal protendersi dei rami, ecc.).

141. Le luci e le vedute.

Le aperture nel muro contiguo al fondo del vicino si distinguono in:a) vedute (o prospetti), che sono quelle che consentono non solo di

guardare sul fondo del vicino (inspicere) senza l’ausilio dimezzi meccanici, ma anche di sporgere il capo su di essa(prospicere) per vedere di fronte (vedute dirette) od obliquamente(vedute oblique) o lateralmente (vedute laterali) (art. 900). Ilproprietario del muro contiguo al fondo altrui può sempreaprire vedute in esso, ma a tutela della riservatezza delfondo finitimo, solo nel rispetto delle distanze minimeindicate dal codice. Il proprietario del fondo contiguo nonpuò chiuderle; anzi se costruisce sul suo deve rispettare ledistanze minime;

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b) luci, che sono quelle aperture che, pur consentendo ilpassaggio di aria e luce, non permettono tuttavia la vistasul fondo del vicino. La legge prescrive che la luce abbiadeterminate caratteristiche (presenti un’inferriata idonea agarantire la sicurezza del vicino, sia situata a determinatealtezze minime, sia munita di grata a maglie strette, ondeevitare che si vengano gettati oggetti sul fondo contiguo):luce regolare. Se l’apertura non rispetta dette caratteristiche,costituisce pur sempre una luce (luce irregolare); ma il vicino hail diritto di esigere in ogni momento che venga resaregolare. Il proprietario ha sempre il diritto di aprire lucinel suo muro; tuttavia il vicino può chiuderle se costruiscein aderenza al muro.

142. Modi di acquisto della proprietà.

Nell’ambito dei modi d’acquisto della proprietà si distingue tra:1) modi d’acquisto a titolo derivativo, che importano la successione

nello stesso diritto già appartenente ad altro soggetto;2) modi d’acquisto a titolo originario, che determinano invece la

nascita di un diritto nuovo.Modi di acquisto della proprietà a titolo derivativo sono ilcontratto e la successione a causa di morte, oltre che l’espropriazione perpubblica utilità, la vendita forzata dei beni del debitore, la confisca, ecc. Modidi acquisto della proprietà a titolo originario sono: l’occupazione,l’invenzione, l’accessione, l’usucapione, il possesso in buona fede dei benimobili.A) L’occupazione consiste nella presa di possesso, con l’intenzionedi acquisirle in via permanente e definitiva, di cose mobili che nonsono in proprietà di alcuno (res nullius) o abbandonate (res derelictae).Non sono invece suscettibili di occupazione (in quanto se vacantispettano allo Stato) i beni immobili. Eccezionalmente possonoacquistarsi per occupazione i mammiferi e gli uccelli facentiparte della fauna selvatica, i frutti spontanei, ecc.B) L’invenzione riguarda solo le cose mobili smarrite: queste debbonoessere restituite al proprietario o, se non se ne conoscal’identità, consegnate al sindaco; trascorso un anno, se non sipresenta il proprietario, la proprietà spetta a colui che l’hatrovata. Se invece si presenta il proprietario, questi deve alritrovatore un premio proporzionale al valore della cosa.Particolare forma d invenzione è quella che riguarda il tesoro (cosamobile di pregio, nascosta o sotterrata): esso divieneimmediatamente di proprietà del titolare del fondo in cui si trova;

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ma se è trovato per caso nel fondo altrui spetta per metà alproprietario del fondo e per metà al ritrovatore.Diversa disciplina è dettata per i “beni culturali”: da chiunque ein qualunque modo ritrovati, essi appartengono allo Stato; ilproprietario dell’immobile dove è avvenuto il ritrovamento e alloscopritore compete un premio.C) L’accessione opera in caso di stabile incorporazione di beni diproprietari diversi: in tale ipotesi, di regola, il proprietariodella cosa principale acquista la proprietà delle cose che vengonoin essa incorporate. Però occorre distinguere tra:

a) Accessione di mobile ad immobile, la quale importa che di regola“qualunque piantagione, costruzione od opera esistente soprao sotto il suolo appartiene al proprietario di questo”: ilproprietario del suolo, quindi, acquista ex lege la proprietàdi quanto nel suolo venga da chiunque incorporato.

b) Accessione di immobile ad immobile, che si articola nelle figuredell’alluvione e dell’avulsione. La prima consistenell’accrescimento dei fondi rivieraschi di fiumi perl’azione dell’acqua corrente: tali terreni appartengono alproprietario del fondo incrementato; la seconda, invece,consiste nell’unione al fondo rivierasco di porzioni diterreno, considerevoli e riconoscibili, staccatesi da altrofondo per forza istantanea dell’acqua corrente: questeporzioni di terreno appartengono al proprietario del fondoincrementato, che però è tenuto a pagare all’altroun’indennità.

c) Accessione di mobile a mobile, che dà luogo alle figure dell’unione(o commistione) e della specificazione. La prima figura consistenella congiunzione di beni mobili appartenenti a proprietaridiversi che vengono a formare un tutto inseparabile: laproprietà diventa comune; la seconda invece consiste nellacreazione di una cosa del tutto nuova con beni mobiliappartenenti ad altri (ad es. produrre sapone con materieprime altrui).

143. Azioni a difesa della proprietà.

A difesa della proprietà sono esperibili le azioni petitorie (che hannonatura reale, in quanto volte a far valere un diritto reale), e cioè:l’azione di rivendicazione; l’azione di mero accertamento della proprietà; l’azionenegatoria; l’azione di regolamento di confini; l’azione per apposizione di termini.A) L’azione di rivendicazione (reivindicatio, art. 948) è concessa a chi siafferma proprietario di un bene, ma non ne ha il possesso, al fine

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di ottenere da un lato l’accertamento del suo diritto di proprietàsul bene stesso, e dall’altro la condanna di chi lo possiede allasua restituzione. Legittimato attivamente è chi sostiene di essereproprietario del bene, senza trovarsi in possesso della cosa;legittimato passivamente è colui che, avendo il possesso dellacosa, ha la facultas restituendi. Il detentore, peraltro, nel caso siaconvenuto con la reivindicatio, può chiedere di essere estromesso dalgiudizio indicando il soggetto in nome del quale detiene la cosa(laudatio auctoris), in modo che l’attore possa proseguire l’azionecontro quest’ultimo.Per quel che riguarda la prova, l’attore ha l’onere di dimostrareil suo diritto di proprietà: così se l’acquisto è a titolo originario glisarà sufficiente fornire la prova di tale titolo; se invecel’acquisto è a titolo derivativo, l’attore dovrebbe dare la provaanche del titolo d’acquisto dei precedenti titolari. Soccorronocosì due istituti:

― Rispetto ai beni mobili basterà che l’attore provi che(anche se non avesse acquistato il bene dal legittimoproprietario) avrebbe comunque acquisito la proprietà dellacosa per effetto del titolo “possesso vale titolo”, avendoricevuto in buona fede e in base ad un titolo idoneo altrasferimento della proprietà, il possesso del bene di cuiora lamenta di non avere il godimento;

― Rispetto ai beni immobili occorrerà invece che l’attoreprovi che avrebbe comunque acquisito la proprietà della cosaper usucapione.

Il convenuto si trova in una posizione più comoda rispetto aquella dell’attore: infatti deve limitarsi ad attendere solo chel’attore provi il suo diritto. L’azione di rivendicazione èimprescrittibile perché anche il non uso è una manifestazione di poteredel proprietario.Dall’azione di rivendicazione si distingue l’azione di restituzione: la primapresuppone che colui che si afferma proprietario pretenda laconsegna del bene proprio per il fatto di esserne proprietario; laseconda presuppone invece che l’attore agisca in giudizio vantandoun diritto alla restituzione nascente da un rapporto contrattuale,o dalla sua risoluzione, dalla sua scadenza, ecc.: in tale azionenon occorre la prova del diritto di proprietà, basta quelladell’obbligo di restituzione.B) L’azione di mero accertamento della proprietà è riconosciuta dallagiurisprudenza a chi ha interesse ad un pronuncia giudiziale cheaffermi il suo diritto di proprietà su un determinato bene:l’azione è rivolta non già a recuperare la cosa, ma semplicemente

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a rimuovere la situazione di incertezza venutasi a creare inordine alla proprietà di essa.C) L’azione negatoria è concessa al proprietario di un bene al fine diottenere l’accertamento dell’inesistenza di diritti reali vantatida terzi sul bene stesso, oltre che la condanna alla cessazionedelle conseguenti molestie e turbative ed al risarcimento deldanno. Per quel che riguarda la prova (poiché l’azione negatoria èdiretta al riconoscimento della libertà del bene da diritti diterzi) basta che l’attore dimostri un valido titolo d’acquisto.Sarà il convenuto a dover dimostrare l’esistenza del diritto chevanta: incombe pertanto a chi sostiene l’esistenza di limitazionil’onere di fornire la dimostrazione.Anche l’azione negatoria è imprescrittibile, ma dovrà essererigettata qualora il convenuto dovesse dimostrare di averacquistato il diritto vantato per usucapione.D) L’azione di regolamento di confini presuppone l’incertezza del confinetra due fondi: si ha dunque un “conflitto tra fondi” e non un“conflitto di titoli”. L’azione è volta ad accertaregiudizialmente il confine tra due fondi contigui ed,eventualmente, ad ottenere la condanna alla restituzione dellastriscia di terra che dovesse risultare posseduta da chi non ne èproprietario. Anche l’azione di regolamento di confini èimprescrittibile.E) L’azione per apposizione di termini presuppone la certezza del confine eserve a far apporre o a ristabilire i segni lapidei, simboli delconfine tra due fondi, che manchino o siano divenutiirriconoscibili.Le azioni esaminate sin ora si chiamano azioni petitorie perdistinguerle da quelle a tutela del possesso: azioni possessorie.

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CAPITOLO XIVI DIRITTI REALI DI GODIMENTO

144. Generalità.

I diritti reali di godimento (che comprimono il potere di godimento chespetta al proprietario di un bene) sono: la superficie, l’enfiteusi,l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, la servitù prediale. I diritti disuperficie, enfiteusi, abitazione e servitù possono avere adoggetto solo beni immobili; i diritti di usufrutto e di uso possonoavere ad oggetto anche beni mobili.

A) LA SUPERFICIE

145. Nozione.

Per il principio dell’accessione, tutto ciò che è stabilmenteincorporato sopra e sotto il suolo appartiene al proprietario delsuolo. Ma questa regola subisce una deroga, se viene attribuito apersona diversa dal proprietario il diritto di superficie. La superficieconsiste anche:

a) nel diritto (concessione ad aedificandum) di costruire, soprail suolo altrui un’opera di cui il superficiario (quando l’abbiarealizzata) acquista la proprietà (proprietà superficiaria),separata da quella del suolo: questa resta infatti alconcedente (nuda proprietà);

b) nella proprietà separata (proprietà superficiaria) di unacostruzione già esistente di cui un soggetto diverso dal

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proprietario diviene titolare, mentre la proprietà del suoloresta al concedente.

Se la costruzione ancora non esiste, si ha un diritto reale sucosa altrui (che si estingue se il titolare non costruisce pervent’anni); ma se la costruzione già esiste, si ha una proprietàdella costruzione separata da quella del suolo, e quindi non èconcepibile l’estinzione per non uso.La superficie può essere perpetua o a termine: nella seconda ipotesialla scadenza la proprietà della costruzione passa (gratuitamente)al proprietario del suolo.Modi di acquisto della superficie sono il contratto, il testamento el’usucapione.Il superficiario ha la libera disponibilità della costruzione: puòalienarla e costituire su di essa diritti reali. Salva diversapattuizione, il perimetro della costruzione non estingue il diritto disuperficie: perciò il superficiario può ricostruire sul suolo inbase al diritto di superficie concessogli.

B) L’ENFITEUSI

146. Nozione.

L’enfiteusi attribuisce alla persona a cui favore è costituita(enfiteuta o concessionario) lo stesso potere di godimento che, su un beneimmobile, spetta al proprietario, salvo l’obbligo di migliorare il fondoe di pagare al proprietario stesso (nudo proprietario) un canoneperiodico, nei limiti fissati da leggi speciali. A differenzadell’usufruttuario, l’enfiteuta può anche mutare la destinazionedel fondo, purché non lo deteriori. Il potere di godimento che spetta all’enfiteuta è detto dominio utile:al nudo proprietario compete il dominio diretto, che in concreto siriduce a ben poca cosa (diritto al canone). L’enfiteusi può essereperpetua o a tempo (ma non può avere mai durata inferiore a 20 anni).Modi d’acquisto dell’enfiteusi sono il contratto, il testamento el’usucapione. La legge attribuisce:

― all’enfiteuta il potere di affrancazione, per effetto del quale lostesso acquista la piena proprietà del fondo mediante ilpagamento di una somma di denaro;

― al concedente il potere di devoluzione, per effetto del quale eglipuò, in determinati casi, liberare il fondo dal dirittoenfiteutico.

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C) L’USUFRUTTO, L’USO E L’ABITAZIONE

147. Nozione.

L’usufrutto consiste nel diritto di godere della cosa altrui conl’obbligo, però, di rispettarne la destinazione economica. Esso hadurata temporanea, così:

― Se costituito a favore di una persona fisica, l’usufrutto (ove iltitolo costitutivo non preveda una durata inferiore),s’intende per tutta la durata della vita dell’usufruttuario;

― Se costituito a favore di una persona giuridica, o di un ente nonpersonificato, la durata dell’usufrutto non può esseresuperiore a 30 anni.

148. L’oggetto dell’usufrutto. Il quasi usufrutto.

Oggetto di usufrutto può essere qualunque specie di bene – mobile oimmobile – con esclusione dei soli beni (corporali) consumabili(questi infatti non potrebbero essere restituiti al proprietarioalla cessazione dell’usufrutto). Se il godimento di beni consumabiliviene attribuito a persona diversa dal proprietario, si avrà ilquasi usufrutto: in tal caso la proprietà dei beni (consumabili) passaal quasi-usufruttuario, salvo l’obbligo di quest’ultimo direstituire non gli stessi beni ricevuti, bensì il loro valore oaltrettanti beni dello stesso genere.Oggetto di usufrutto possono essere anche beni (inconsumabili, ma)deteriorabili (ad es. un vestito): in tal caso l’usufruttuario hadiritto di servirsene secondo l’uso al quale sono destinati. Allafine dell’usufrutto, l’usufruttuario è tenuto a restituirli nellostato in cui si trovano.

149. Modi di acquisto dell’usufrutto.

Modi di acquisto dell’usufrutto possono essere:a) La legge, per quel che riguarda l’usufrutto legale dei genitori sui

beni del figlio minore;b) La volontà dell’uomo: contratto, testamento, promessa al

pubblico, ecc.;c) L’usucapione;d) Il provvedimento del giudice che può costituire, a favore di uno

dei coniugi, l’usufrutto su parte dei beni spettanti

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all’altro coniuge a seguito della divisione dei cespiti giàin comunione legale.

Gli atti che costituiscono l’usufrutto su beni immobili devonofarsi per iscritto e sono soggetti a trascrizione.Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, il modod’acquisto dell’usufrutto più diffuso è stato l’attribuzione ditale diritto, ex lege, al coniuge superstite in sede di successionemortis causa al coniuge defunto; con tale riforma viene eliminatoquesto istituto, contemplando, a favore del coniuge superstite, laproprietà piena su una quota dei beni.

150. Diritti dell’usufruttuario.

All’usufruttuario competono:a) il potere di godimento sul bene, che implica:

― il possesso della cosa. Per conseguire il possesso, sequesto è esercitato da altri, l’usufruttuario può esperirel’actio confessoria (o vindicatio usufructus). Quest’azione è direttaad accertare l’esistenza del diritto d’usufrutto e adottenere la condanna del terzo al rilascio del possesso;― l’acquisto dei frutti naturali e civili della cosa. L’art.821 dispone che: la proprietà dei frutti naturali siacquista con la separazione e i frutti civili si acquistanogiorno per giorno in ragione della durata del diritto.Questa regola si applica anche all’usufruttuario: ad essospettano i frutti naturali separati durante l’usufrutto edi frutti civili maturati giorno per giorno fino al terminedell’usufrutto. Il principio d’acquisto dei frutti naturaliper effetto della separazione è stato attenuato rispettoalla categoria più importante dei frutti naturali, cioèquelli prodotti da un fondo rustico: la ripartizione traproprietario ed usufruttuario, in questo caso, ha luogo inproporzione della durata del rispettivo diritto nell’annoagrario (ad es. l’usufrutto dura 4 mesi: un terzo deifrutti dell’anno spettano all’usufruttuario); con lo stessocriterio si ripartiscono anche le spese necessarie per laloro produzione;

b) il potere di disposizione del diritto di usufrutto. L’usufruttario puòcedere di regola ad altri (dietro corrispettivo ogratuitamente) il proprio diritto di usufrutto; e può ancheconcedere ipoteca sull’usufrutto stesso. L’usufrutto comunque

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si estinguerà nel termine stabilito nell’atto di costituzionee, in mancanza, con la morte del primo usufruttuario;

c) il potere di disposizione del godimento del bene: l’usufruttuario puòconcedere la cosa che forma oggetto del suo diritto ingodimento a terzi (ad es. locazione). Le locazioni concessedall’usufruttuario dovrebbero estinguersi con l’usufrutto;tuttavia il legislatore ha consentito che le locazionipossono proseguire per la durata stabilita, ma a condizioneche risultino da un atto pubblico o privato con data certaanteriore, e comunque non oltre un lustro dalla cessazionedell’usufrutto. Se però l’usufrutto cessa per la scadenza deltermine prefissato, la locazione può durare solo per l’annoin corso.

151. Obblighi dell’usufruttario.

Gli obblighi dell’usufruttuario si ricollegano al doverefondamentale di restituire la cosa al termine del suo diritto. Da ciòderiva che egli è tenuto a:

1) usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento della cosa;2) non modificarne la destinazione;3) fare (salvo dispensa) l’inventario e prestare garanzia a presidio

dell’osservanza degli obblighi di conservazione erestituzione dei beni assoggettati all’usufrutto;all’usufruttuario spettano perciò le spese e gli oneri relativialla custodia, alla manutenzione ordinaria, alle imposte,ecc..

Sono invece a carico del nudo proprietario le riparazionistraordinarie: in genere quelle che superano i limiti dellaconservazione della cosa.

152. Estinzione dell’usufrutto.

L’estinzione dell’usufrutto si verifica (art. 1014):1) per scadenza del termine o morte dell’usufruttuario;2) per prescrizione estintiva ventennale;3) per consolidazione, ossia per riunione dell’usufrutto e della

nuda proprietà in capo alla stessa persona;4) per perimento totale della cosa;5) per abuso che l’usufruttuario faccia del suo diritto,

alienando i beni o lasciandoli deteriorare.

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La consolidazione può anche essere l’effetto della rinunziadell’usufruttuario. L’estinzione dell’usufrutto importa in ogni caso lariespansione della nuda proprietà nella proprietà piena.La legge non vieta all’usufruttuario di eseguire miglioramenti, malimita l’indennità dovutagli alla minor somma tra la spesa el’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto delmiglioramento.Per quanto riguarda le addizioni, l’usufruttuario ha il diritto ditoglierle alla fine dell’usufrutto, se ciò non arrechi nocumentoalla cosa, salvo che il proprietario preferisca ritenere leaddizioni, nel qual caso egli deve la minor somma tra lo speso edil migliorato.

153. Uso ed abitazione.

L’uso e l’abitazione non sono che tipi limitati di usufrutto:1) l’uso consiste nel diritto di servirsi di un bene e, se

fruttifero, di raccoglierne i frutti limitatamente ai bisogni propri edella propria famiglia;

2) l’abitazione consiste nel diritto di abitare una casalimitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.

I due diritti si distinguono dall’usufrutto soloquantitativamente: l’usuario ha le stesse facoltàdell’usufruttuario, ma solo entro il limite indicato. I duediritti non si possono cedere, né il bene può essere concesso inlocazione o in godimento a terzi. Essi si estinguono con la mortedel titolare.

D) LE SERVITÙ

154. Nozione.

La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo (fondoservente) per l’utilità di un altro fondo (fondo dominante),appartenente a diverso proprietario (art. 1027); il fondodominante si avvantaggia della limitazione che subisce quelloservente. L’utilità può consistere anche nella maggiore comodità oamenità del fondo dominante (ad es. si può costituire una servitus altiusnon tollendi, che impedisce di elevare una costruzione sul fondovicino per assicurare la vista del mare).Accanto alle servitù tipiche, il cui contenuto è previsto èregolamentato dal codice, sono ammesse anche le servitù atipiche, che

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possono essere liberamente costituite, purché finalizzate all’utilitàdel fondo dominante.La legge consente anche le servitù industriali, quelle cioè, strumentalia quegli utilizzi produttivi del fondo (diversi dallacoltivazione) che ineriscano strutturalmente al fondo stesso. Noncostituiscono invece servitù prediali (ma irregolari) le servitùaziendali: quelle cioè strumentali all’azienda come tale (ad es. ildiritto di apporre un cartellone pubblicitario).Nulla vieta che le servitù possano essere reciproche: poste cioèsimultaneamente a favore ed a carico di due (o più) fondi.Non costituiscono servitù prediali le servitù irregolari (o personali), incui il servizio è prestato da un fondo a favore di una persona.Naturalmente nulla vieta che il proprietario si obblighi aconsentire ad un’altra persona, per es., di esercitare la pescasul proprio fondo; ma il negozio dà luogo ad un’obbligazione coneffetti limitati al concedente e non ad un diritto reale che, cometale, potrebbe essere fatto valere erga omnes, cioè pure controsuccessivi possessori del fondo.

155. Principi generali.

I principi fondamentali in materia di servitù sono:1. servitus in faciendo consistere nequit: la servitù può imporre al

proprietario del fondo servente un dovere negativo di non facere(ad es. non può elevare la costruzione esistente sul fondo) odi pati (ad es. il proprietario del fondo servente devesopportare che quello del fondo dominante passi sul suofondo), non un dovere positivo (facere): perciò, le spesenecessarie alla conservazione della servitù sono, di regola,a carico del proprietario del fondo dominante, mentre ilproprietario del fondo servente, salvo patto contrario, non ètenuto a compiere alcun atto volto a rendere possibilel’esercizio della servitù.Nei casi in cui il proprietario del fondo servente è tenuto,in forza del titolo, ad una prestazione positiva, non si ha ununico rapporto giuridico, ma si hanno due rapporti distinti:uno reale di servitù, ed uno obbligatorio propter rem, congiunto edaccessorio rispetto a quello reale. Si tratta di obblighi cheservono solo a rendere possibile l’esercizio della servitù;

2. nemini res sua servit: la servitù presuppone che i fondiappartengano a proprietari diversi. Tale regola vale solo quandoun solo soggetto è titolare sia del fondo servente che di

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quello dominante, non quando il proprietario di uno di talifondi sia comproprietario dell’altro;

3. praedia vicina esse debent: i fondi devono trovarsi in unasituazione topografica tale che uno possa arrecare utilitàall’altro. La vicinanza non deve intendersi in sensoassoluto, ma relativo al contenuto della servitù.

156. Costituzione.

La costituzione delle servitù può avvenire: in attuazione di un obbligodi legge (servitù coattive); per volontà dell’uomo (contratto, testamento)(servitù volontarie); per usucapione; per destinazione del padre di famiglia.

157. Le servitù coattive o legali.

In alcuni casi, la legge, in considerazione della situazione incui si trova un fondo, si preoccupa del pregiudizio che la stessapossa arrecare all’utilizzazione dell’immobile ed attribuisce alproprietario il diritto (potestativo) di ottenere l’imposizione dellaservitù sul fondo altrui ed ovviare alla situazionepregiudizievole. In contropartita del sacrificio che subisce, ilproprietario del fondo, su cui viene imposta la servitù, hadiritto ad un’indennità. Questa servitù si dice coattiva (o legale).Se il mio fondo si trova nelle condizioni previste dalla legge,quest’ultima mi attribuisce il diritto ad ottenere la servitù ma,per costituirla concretamente, occorrerà:

a) un contratto (se l’altro proprietario acconsente a riconoscerebonariamente il mio diritto): in tal caso la servitù dovràritenersi coattiva, anche se costituita con contratto;oppure

b) che mi rivolga al giudice, che con una sentenza (costitutiva) farànascere la servitù, determinando altresì l’indennità che devopagare al proprietario del fondo servente. Finché dettopagamento non sia avvenuto il proprietario del fondo serventepotrà opporsi all’esercizio della servitù.

La legge prevede, ma solo in alcune ipotesi, che l’avente dirittoad una servitù possa chiederne la costituzione alla P.A., che viprovvederà in forza di un atto amministrativo.Il venir meno dei presupposti, che avevano giustificato lacostituzione della servitù coattiva, ne legittima la richiesta diestinzione. Le figure più importanti di servitù legali (che sonotipiche) sono:

1) acquedotto coattivo. Il diritto a tale servitù sussiste, anchequando l’acqua non è necessaria, ma utile. Occorre peraltro,

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che chi richiede la servitù non abbia la possibilità di farpassare l’acqua per i suoi fondi o di procurarsi altrimentiil passaggio senza eccessivo dispendio o disagio;

2) elettrodo coattivo. Ogni proprietario è tenuto a dar passaggio per isuoi fondi alle condutture elettriche;

3) passaggio coattivo: l’accesso di un fondo alla via pubblica ècondizione indispensabile per la sua utilizzazione. Ildiritto sussiste non solo nell’ipotesi più grave in cui ilfondo non ha né può avere accesso alla via pubblica(interclusione assoluta), ma anche quella in cui il proprietarionon può procurarsi l’uscita senza eccessivo dispendio odisagio (interclusione relativa). Nemmeno il fatto che il fondoabbia già un accesso alla via pubblica (fondo non intercluso) èd’ostacolo alla costituzione della servitù nelle due ipotesiseguenti:

― vi sia bisogno, ai fini del conveniente uso del fondo, diampliare l’accesso esistente per il transito deiveicoli anche a trazione meccanica:

― il passaggio esistente sia inadatto o insufficiente aibisogni del fondo e non possa essere ampliato; in talcaso però la costituzione della servitù deve esseresubordinata ad esigenze agricole o industriali, oppuread esigenze di accessibilità da parte di portatori dihandicap.

Il sacrificio che con l’imposizione della servitù, s’impone alfondo servente dev’essere il minore possibile; perciò il codicestabilisce i seguenti criteri per la determinazione del luogo delpassaggio: maggiore brevità del passaggio e minor danno del fondo sucui la servitù viene costituita.

158. Le servitù volontarie.

Quando un fondo non si trova in quelle situazione sfavorevoli chegiustificano la costituzione di una servitù legale, ilproprietario di esso può assicurarsi l’utilità che occorre per ilsuo migliore sfruttamento mediante la conclusione di un contratto conil proprietario del fondo su cui vorrebbe acquistare la servitù.Il contratto, riferendosi ad un diritto reale immobiliare, devefarsi per iscritto, ed è oggetto, per l’opponibilità ai terzi, atrascrizione. La servitù può essere costituita anche per testamento.Le servitù apparenti sono costituite anche mediante usucapione(ventennale) o destinazione del padre di famiglia; le servitù non apparenti sipossono costituire solo per contratto o per testamento.

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Le servitù apparenti sono quelle al cui esercizio sono destinateopere visibili e permanenti, costituenti il mezzo necessarioaffinché la servitù sia esercitata e tali da appalesare in modonon equivoco l’esistenza di un peso (ad es. una strada).Destinazione del padre di famiglia: se il proprietario di un fondocostruisce sul suo bene opere permanenti per effetto delle qualiuna parte del fondo risulta “asservita” ad una parte del medesimofondo ma, successivamente, il fondo cessa di appartenere allostesso proprietario, allora il legislatore ha ritenuto – sempreche sussistano i requisiti per l’apparenza della servitù e sempre che nulla incontrario sia stabilito nell’atto da cui origina la separazione indue parti del fondo – che lo stato di fatto possa continuarelegittimamente: a tal fine il codice prevede che si costituisca exlege una servitù corrispondente allo stato di fatto preesistente.

159. Esercizio della servitù.

L’esercizio delle servitù è regolato dal titolo (contratto,testamento o sentenza); e in difetto, dalla legge. Il principiofondamentale che questa stabilisce, è che il diritto di servitùcomprende tutto ciò che è necessario per usarne: c.d. adminiculaservitutis, cioè facoltà accessorie, ma indispensabili per l’eserciziodella servitù. Si chiama modo d’esercizio della servitù l’elemento che determinacome la servitù deve essere esercitata (ad es. servitù dipassaggio; modo: a piedi). Si discute se possa usucapirsi il mododi una servitù: ad es. è stato stabilito nel titolo il passaggio apiedi, posso usucapire il passaggio con il camion? Se la servitù èapparente la dottrina distingue: se il modo è determinato neltitolo, non si può usucapire un modo diverso, perché solo ildiritto è usucapibile; se il modo non è determinato, l’usucapioneè ammissibile.Le servitù debbono esercitarsi civiliter, soddisfacendo il bisogno delfondo dominante con il minor aggravio del fondo servente (principiodel minimo mezzo); è vietato, al proprietario del fondo dominante, diaggravare ed a quello del fondo servente di diminuire l’esercizio della servitù.

160. Estinzione della servitù.

Le servitù si estinguono:1) per rinuncia da parte del titolare, fatta per iscritto: se essa

ha luogo contro un corrispettivo occorre un atto bilaterale,cioè un contratto; se, viceversa, essa ha luogo per decisione

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del titolare senza alcun corrispettivo, è sufficiente un attounilaterale;

2) per scadenza del termine, se la servitù è a tempo;3) per confusione, quando il proprietario del fondo dominante

acquista la proprietà del fondo servente o viceversa;4) per prescrizione estintiva ventennale (non uso).

Le servitù si distinguono in:a) negative, quando attribuiscono al proprietario del fondo dominante

il potere di vietare al proprietario del fondo servente di farequalche cosa, di svolgere un’attività sul proprio fondo;

b) affermative (o attive) quando attribuiscono al proprietario del fondodominante il potere di fare qualche cosa, di svolgere un’attivitànel fondo servente.

Le servitù affermative si distinguono a loro volta in:― continue, quando l’attività dell’uomo è antecedente all’esercizio della servitù:

per l’esercizio di tale servitù non occorre l’attivitàdell’uomo (ad es. l’acquedotto);

― discontinue, quando invece il fatto dell’uomo deve essere concomitante conl’esercizio della servitù.

Se la servitù è negativa, il proprietario del fondo dominantenulla deve fare per esercitare la servitù: la prescrizione, quindi,comincia a decorrere solo quando il proprietario del fondo servente ha violato il divieto.Se la servitù è continua, si riproduce la stessa situazione: laprescrizione decorre solo quando si è verificato un fatto contrario all’esercizio della servitù(ad es. viene ostruito l’acquedotto). Se la servitù è discontinua,la prescrizione comincia a decorrere dall’ultimo atto di esercizio (per es.dall’ultima volta che sono passato sul fondo servente).Le impossibilità di fatto di usare la servitù non la fanno, di persé, estinguere: in questo caso si ha sospensione (o quiescenza) dellaservitù: l’estinzione non si verifica se non quando sia decorso iltermine (ventennale) per la prescrizione. Infine per non uso sipuò estinguere solo il diritto, non il modo della servitù.

161. Tutela della servitù.

A tutela delle servitù è preordinata l’azione confessoria, in forzadella quale, di fronte ad una contestazione, chi se ne affermatitolare chiede una pronuncia giudiziale di accertamento del suo dirittoe, nell’ipotesi in cui detta contestazione si sia tradotta inimpedimenti all’esercizio della servitù stessa, anche unapronuncia di condanna alla loro cessazione e alla rimessione delle cose in pristino,oltre che al risarcimento del danno.

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Legittimato attivamente è colui che si afferma titolare della servitù;legittimato passivamente è il soggetto che, avendo un rapporto attualecon il fondo servente, contesta l’esercizio della servitù o che,comunque, lo turba o lo impedisce. L’attore deve fornire la provarigorosa dell’esistenza della servitù. L’azione confessoria hacarattere petitorio ed il suo accoglimento presuppone l’accertamentodel diritto di servitù.

CAPITOLO XVLA COMUNIONE E IL CONDOMINIO

A) LA COMUNIONE

162. Nozione.

Un diritto soggettivo può appartenere a più persone, le quali sonotutte contitolari del medesimo (unico) diritto. Il fenomeno dellacontitolarità, quando ha ad oggetto un diritto reale, prende il nome dicomunione pro indiviso (o comproprietà, cousufrutto, ecc.). Secondol’opinione più accreditata, il diritto di ciascuno dei contitolariinveste l’intero bene, seppure il relativo esercizio trovinecessariamente limite nell’esistenza dell’egual diritto deglialtri compartecipi. A ciascuno dei contitolari spetta dunque, unaquota ideale sull’intero bene: detta quota è, di regola, disponibile esegna, in linea di massima, la misura di facoltà, diritti edobblighi dei rispettivi titolari. Nell’ipotesi in cui non siadiversamente previsto le quote si presumono uguali. Quella fin qui delineata costituisce la figura generale dicomunione per quote, ma nel nostro ordinamento ci sono altresìtaluni istituti che si avvicinano invece, alla figura della

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comunione senza quote, in cui il bene appartiene non pro quota aisingoli, bensì unitariamente al gruppo.

163. Comunione e società.

La comunione si distingue dalla società per il fatto che – mentre icompartecipanti alla comunione si limitano ad esercitare in comuneil godimento di un determinato bene (“comunione a scopo digodimento”) – i compartecipanti alla società esercitano in comuneun’attività economica volta alla produzione e allo scambio di beni eservizi. La distinzione diviene più labile quando si tratta di beneproduttivo (ad es. un’azienda, un fondo rustico, ecc.). In tal casorimane nell’ambito della comunione se i compartecipi nonutilizzano il bene, o lo concedono in godimento a terzi, o silimitano a raccoglierne i frutti naturali, senza che la loroattività possa qualificarsi come “d’impresa”. Si scivola invecenell’ambito della società se i compartecipi attraverso lostrumento costituito dal bene produttivo, esercitano un’attivitàd’impresa.

164. Costituzione.

Quanto ai modi di costituzione, la comunione per quote si distingue in:― volontaria, quando scaturisce dall’accordo dei futuri

contitolari;― incidentale, quando scaturisce senza un atto dei futuri

contitolari diretto alla sua costituzione;― forzosa, quando scaturisce dall’esercizio di un diritto

potestativo da parte di uno dei futuri contitolari (ad es.comunione forzosa del muro).

165. Disciplina: profili generali.

Quanto alla disciplina, si distingue tra:― comunione ordinaria che è quella regolata dagli artt. 1100-1116; ― comunioni speciali, che sono quelle figure autonomamente previste

e regolate dalla legge (ad es. condominio), cui le normesulla comunione ordinaria trovano applicazione solo laddovecompatibili.

Per quel che riguarda la comunione ordinaria, la disciplinaprevista dal codice, può essere derogata dal titolo (ad es. ilcontratto): sicché le regole legali trovano applicazione solo inmancanza di una diversa disciplina negoziale.

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166. I poteri di godimento e di disposizione spettanti alcomproprietario.

Per quel che riguarda il potere di godimento:a) ciascuno dei contitolari può servirsi della cosa comune, a

condizione però che:― non ne alteri la destinazione;― non impedisca agli altri di parimenti utilizzarla in

proporzione al diritto di ciascuno.L’utilizzo che il singolo fa della cosa comune non deve esserenecessariamente proporzionato alla quota a ciascuno spettante. Leparti possono derogare al principio dell’uso promiscuo,concordando una divisione del godimento del bene comune nello spazio e/o neltempo. Al fine di un miglior godimento della cosa, al singolo contitolare èconsentito apportare alla cosa comune le modificazioni che ritienenecessarie (sempre che ciò non importi alterazione alladestinazione del bene) purché se ne accolli le relative spese;

b) ciascuno dei contitolari ha diritto di recepire i frutti della cosain proporzione della rispettiva quota, pur dovendo parteciparein egual misura alle spese per la sua gestione.

Per quel che riguarda il potere di disposizione, ciascun comproprietariopuò disporre solo della propria quota (ad es. alienandola). Gli atti didisposizione del bene comune richiedono invece il consenso di tutti icontitolari (principio dell’unanimità).

167. L’amministrazione della cosa comune.

Per quel che riguarda l’amministrazione della cosa comune, ciascunodei compartecipi ha diritto di concorrervi. Il codice prevede che ledeliberazioni relative all’amministrazione della cosa comunevengano adottate in base al principio di maggioranza, che non si calcolain relazione al numero dei partecipanti, bensì con riferimento alvalore delle rispettive quote. Così:

1. per gli atti di ordinaria amministrazione, vietati se gravementepregiudizievoli per la cosa comune, è sufficiente il consensodi tanti comproprietari le cui quote rappresentino più della metàdel valore complessivo della cosa comune;

2. per gli atti di straordinaria amministrazione, vietati sepregiudicano l’interesse di alcuno dei partecipanti, occorreil consenso di tanti comproprietari le cui quoterappresentino almeno i due terzi del valore complessivo dellacosa comune;

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3. per le innovazioni (dirette al miglioramento della cosa o arenderne più comodo il godimento), vietate qualora importinouna spesa eccessivamente gravosa, occorre il consenso ditanti comproprietari le cui quote rappresentino almeno i dueterzi del valore complessivo della cosa comune.

Nell’ipotesi in cui non vengano presi i provvedimenti necessari perl’amministrazione della cosa comune, così come nell’ipotesi in cui ladecisione adottata non venga eseguita, ciascun compartecipante puòricorrere all’Autorità giudiziaria perché emetta i provvedimentiopportuni, eventualmente anche nominando un amministratore(amministratore giudiziario). Se non vengono deliberati gli interventinecessari alla conservazione della cosa comune, il singolo puòaddirittura provvedervi direttamente, interpellando gli altri, condiritto a rimborso della spese sostenute.Le spese deliberate gravano (c.d. obbligazioni propter rem) su ciascuncompartecipe alla comunione in proporzione alla rispettiva quota.Peraltro quest’ultimo può sottrarsi a detta obbligazionerinunciando al proprio diritto.La giurisprudenza ritiene che ciascun contitolare sia singolarmentelegittimato a compiere atti di ordinaria amministrazione, inquanto deve presumersi, fino a prova contraria, che agisca con ilconsenso degli altri. Si ritiene inoltre, che il singolopartecipante sia legittimato a proporre azioni petitorie, possessorie erisarcitorie per i danni sofferti dalla cosa comune.Con il consenso di tanti comproprietari le cui quote rappresentinopiù della metà del valore complessivo della cosa comune, può essereformato un regolamento per l’ordinaria amministrazione, così comepuò essere delegata ad uno o più soggetti l’amministrazione dellacosa.

168. Scioglimento della comunione.

Il nostro codice guarda con sfavore allo stato di indivisione.Tant’è che:

a) attribuisce a ciascuno dei partecipanti la facoltà dichiederne, in qualsiasi momento ed anche contro la volontà dellamaggioranza, lo scioglimento;

b) vieta che le parti possano convenzionalmente vincolarsi arimanere in comunione per un tempo superiore ai dieci anni(c.d. patto di indivisione).

L’eventuale indivisibilità del bene comune non preclude loscioglimento della comunione: il bene infatti, può essere alienatoa terzi oppure assegnato a uno dei contitolari. Lo scioglimento

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non è consentito solo se ha ad oggetto beni che, se divisi,cesserebbero di servire all’uso cui sono destinati.

B) IL CONDOMINIO

169. Il condomino negli edifici.

La figura del condominio si ha quando in un medesimo stabile coesistonopiù porzioni immobiliari di proprietà esclusiva di singoli condomini e particomuni strutturalmente e funzionalmente connesse al complesso delle prime.Salvo che sia diversamente previsto nel titolo, le parti comuniappartengono in comunione a tutti i proprietari esclusivi dellesingole unità immobiliari site nel condominio, pro quota, inproporzione al valore di dette unità immobiliari rispetto alvalore dell’intero edificio.Il singolo condomino:

― può far uso delle parti comuni, purché non ne alteri ladestinazione, non impedisca agli altri di farne uso, nonimpedisca o limiti l’esercizio, da parte di un altrocondomino, dei diritti dallo stesso vantati sulla porzione disua proprietà esclusiva (uso promiscuo);

― deve contribuire, in misura proporzionale alla propria quota, allespese necessarie per la conservazione ed il godimento delleparti comuni, per le prestazioni dei servizi nell’interessecomune, nonché per le innovazioni deliberate dallamaggioranza. Se si tratta di cose destinate a servire icondomini in misura diversa, le spese sono ripartite inproporzione dell’uso che ciascuno può farne;

― non può disporre (ad es. alienandole) delle parti comuni nellaloro totalità e neppure della propria quota su di esse, se noncongiuntamente alla porzione immobiliare di sua proprietà esclusiva.

Per disporre di beni condominiali occorre l’accordo di tutti icondomini. Poiché le parti comuni sono funzionali ad un migliorsfruttamento delle unità immobiliari di proprietà individuale, neè sancita la indivisibilità (perciò la comunione condominiale si dicenecessaria).

170. L’assemblea e l’amministrazione del condominio.

Organi del condominio sono: l’assemblea e, obbligatoriamente soloquando i condomini sono più di 4, l’amministratore.

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Di competenza dell’assemblea sono: l’adozione del regolamento, lanomina dell’amministratore, l’approvazione del preventivo dellespese, l’approvazione del rendiconto annuale e l’impiego delresiduo attivo di gestione, la decisione in ordine alle opere dimanutenzione straordinaria e alle innovazioni, la decisione inordine ad eventuali azioni giudiziarie. L’assemblea (convocatadall’amministratore con un preavviso di almeno 5 giorni) èvalidamente costituita con l’intervento di tanti condomini cherappresentino i due terzi non solo del valore dell’interoedificio, ma anche dei partecipanti al condominio. Se non siraggiunge il quorum costitutivo, l’assemblea può essere nuovamenteconvocata, non oltre 10 giorni, per deliberare sul medesimo ordinedel giorno: in questo caso l’assemblea è validamente costituitaqualunque sia il numero dei condomini presenti. Le deliberazioniassembleari sono assunte in prima convocazione, con un numero divoti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno lametà del valore dell’edificio; in seconda convocazione con unnumero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti alcondominio ed almeno un terzo del valore dell’edificio (quorumdeliberativo). Le deliberazioni assunte dall’assemblea sonovincolanti per tutti i condomini. Peraltro i condomini assentiall’assemblea o dissenzienti rispetto ad una deliberazione possonoimpugnarla davanti all’autorità giudiziaria, se contraria alla legge o alregolamento condominiale (deliberazione annullabile). Il ricorso deveessere proposto entro trenta giorni decorrenti. Diverse sonoinvece, le deliberazioni nulle: esse sono le delibere prive deglielementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile oillecito, quelle con oggetto che non rientra nelle competenzeassembleari, le delibere che incidono sui diritti individuali deicondomini su cose o servizi comuni. L’azione di nullità può essereesperita da chiunque vi abbia interesse, e non è soggetta atermini di prescrizione o decadenza.All’amministratore (che dura in carica un anno e può essere revocatoin ogni tempo dall’assemblea stessa) compete di eseguire ledeliberazioni dell’assemblea, curare l’osservanza del regolamento,disciplinare l’uso delle cose comuni, riscuotere i contributi ederogare le spese occorrenti per la manutenzione. I provvedimentipresi dall’amministratore sono obbligatori per i condomini; controdi essi è ammesso ricorso all’assemblea. Egli, nei limiti dellesue attribuzioni, ha la rappresentanza del condominio; e può agire ingiudizio sia contro i condomini, sia contro terzi.

171. Il regolamento condominiale.

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L’assemblea, obbligatoriamente quando i condomini siano più di 10,approva un regolamento che contenga le norme circa l’uso delle cosecomuni, la ripartizione delle spese, l’amministrazione delcondominio, la tutela del decoro dell’edificio. Né l’assemblea néil regolamento assembleare possono imporre limitazioni ai diritti deisingoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva,ma solo obblighi intesi a garantire il reciproco rispetto dellecomuni esigenze. Nulla impedisce che i condomini concordinoall’unanimità limitazioni a carico delle proprietà esclusive,venendo così a costituire servitù reciproche: in tal caso, l’accordoavrà natura contrattuale, dovrà essere formalizzato per iscritto e, oveformalizzato in un regolamento approvato da tutti, quest’ultimo sidirà contrattuale. In ogni caso i regolamenti approvati all’unanimitàhanno natura contrattuale solo nella parte in cui limitino idiritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni.

172. Il supercondominio.

Nell’ipotesi in cui una pluralità di edifici, costituiti in distinticondomini, siano legati tra loro dall’esistenza di talune cose,impianti o servizi comuni in rapporto di accessorietà rispetti a detticondomini, si ha quello che viene comunemente chiamatosupercondominio. Ad esso sono applicabili:

a) le norme dettate in tema di condominio, per quanto riguardale parti comuni caratterizzate da un rapporto di accessorietàche lega le singole proprietà individuali;

b) le norme dettate in tema di comunione, per quanto riguarda lealtre eventuali strutture che invece siano dotate di unapropria autonoma utilità.

C) LA MULTIPROPRIETÀ

173. La multiproprietà.

Il termine multiproprietà indica un’operazione economica volta adassicurare al multiproprietario un potere di godimento, che ricalcaquello riconosciuto al proprietario, su di un’unità immobiliare,normalmente inserita in un insediamento turistico-residenziale, masolo per un determinato e normalmente invariabile periodo di ogni anno; mentreanalogo potere, per restanti periodi, compete agli altrimultiproprietari.

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Per disciplinare tale operazione si è fatto ricorso all’istitutodella comunione:

a) a ciascun multiproprietario viene infatti, venduta una quotain comproprietà pro indiviso di un complesso residenziale;

b) a ciascun multiproprietario viene fatto accettare unregolamento della comunione che, in deroga al principio dell’usopromiscuo, prevede una divisione topografica del godimentodel bene (cioè limitato ad una predeterminata unità abitativa ed alleparti comuni del complesso residenziale) e un frazionamentocronologico di detto godimento (cioè limitato ad un prefissatoperiodo di ciascun anno: uso turnario).

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CAPITOLO XVIIL POSSESSO

174. Le situazioni possessorie. Una cosa è avere il diritto di godere e di disporre di un determinatobene (averne cioè, la proprietà); altro è il fatto di godere edisporre effettivamente di detto bene (esercitare cioè, di fatto,i poteri riconosciuti per legge al proprietario). Il codiceattribuisce rilevanza giuridica alle situazioni di fatto che siestrinsecano attraverso un’attività corrispondenti all’esercizio di diritti reali(situazioni possessorie): e ciò a prescindere dalla circostanza che allestesse corrisponda o meno la correlativa situazione di diritto. Il factumpossessionis assicura, di per sé solo, al possessore determinati vantaggi(commoda possessionis): tra i più importanti, la tutela possessoria;l’acquisto della proprietà per usucapione o in forza della regola“possesso vale titolo”; la posizione di convenuto nell’azione dirivendica, in cui l’attore ha l’onere di fornire la prova del suodiritto di proprietà. E ciò indipendentemente dalla circostanza cheil possessore sia o meno, al contempo, proprietario del bene. Leragioni di tale scelta normativa sono varie:

― in primo luogo, proteggendo il fatto facilmente accertabiledella situazione possessoria, la legge assicura allo stessoproprietario, che di solito, è proprio colui che esercita, difatto, i poteri connessi al diritto di proprietà, una difesarapida ed efficace;

― in secondo luogo, impedendo che si arrechi violenza alpossessore, si conserva la pace tra i consociati. Chi, controlo stato di fatto del possesso esercitato da altri, vuoleopporre il suo diritto, deve agire in giudizio e non puòfarsi giustizia da sé.

A questo punto si può intendere la differenza che corre tra iuspossessionis e ius possidendi:

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― il primo designa l’insieme dei vantaggi che il possesso, di persé, genera a favore del possessore (commoda possessionis);

― il secondo designa la situazione di chi ha effettivamentediritto a possedere il bene: diritto che implica il potere dirivendicare il bene stesso presso chiunque lo possieda sinetitulo.

Il possesso dunque, non è un diritto, bensì una situazione di fattoproduttiva di effetti giuridici. Oggetto del possesso sono le“cose”, cioè i beni materiali. Si ritiene che non possano essereoggetto di possesso le “cose di cui non si può acquistare laproprietà”: cioè i beni demaniali ed i beni del patrimonioindisponibile dello Stato.

175. Le distinte situazioni possessorie.

Il codice non attribuisce identica rilevanza a tutte le situazioni difatto che comportano l’esercizio di un potere su un bene. Occorredistinguere tra:

a) possesso pieno, che è caratterizzato dal concorso di dueelementi costitutivi: l’uno oggettivo (corpus), consistentenell’avere il soggetto la disponibilità di fatto della cosa;l’altro soggettivo (animus possidendi), consistente nella volontàdel soggetto di comportarsi, con riferimento al bene, comeproprietario, ad esclusione di qualsiasi altro;

b) detenzione, che è caratterizzata dal concorso di due elementicostitutivi: l’uno oggettivo (corpus), consistente nell’avereil soggetto la disponibilità di fatto della cosa; l’altrosoggettivo (animus detinendi), consistente nella volontà delsoggetto di godere e disporre del bene, ma nel rispetto dei dirittiche, sul medesimo bene, riconosce spettare ad altri (ad es.l’inquilino, che gode dell’appartamento che ha in locazione,ma riconosce che detto appartamento è del proprietario e rispettail diritto di quest’ultimo);

c) possesso mediato (o indiretto o solo animo), che è caratterizzatodal solo elemento soggettivo (animus possidendi), mentre ladisponibilità materiale del bene compete al detentore (ad es.colui che ritenendosi proprietario di un appartamento,concesso in locazione ad un inquilino, si comporta comeproprietario dell’appartamento, sebbene la materialedisponibilità della stessa sia dell’inquilino).

Il possesso, sia pieno che mediato, su un determinato bene puòessere esercitato congiuntamente da più soggetti ad un medesimotitolo: si parla allora di compossesso, che si concretizza in

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un’attività corrispondente all’esercizio di diritti (reali) incomunione.

176. Possesso e detenzione.

Possesso (pieno) e detenzione – che sono caratterizzati dalmedesimo elemento obiettivo: cioè, la materiale disponibilità del bene(corpus) – si distinguono in base all’elemento soggettivo (animus):animus detinendi nella detenzione e animus possidendi nel possesso.Peraltro da più parti si rileva, da un lato, che i requisitisoggettivi dell’animus detinendi e dell’animus possidendi nontrovano alcun riscontro nelle previsioni codicistiche; dall’altro,che ai fini della qualificazione di una situazione di fatto comepossessoria o detentoria, rileva non lo stato psicologico soggettivo dichi acquisisce la materiale disponibilità del bene, bensì il titoloin forza del quale detta acquisizione si verifica. Invero, ciò cherileva ai fini della distinzione fra possesso e detenzione è nonlo stato psicologico che il soggetto nutre, nel proprio interno, nelmomento in cui acquisisce la materiale disponibilità del bene,bensì lo stato psicologico che, in quel momento, il soggettomanifesta all’esterno: e, all’esterno, l’animus manifestato dipende,in buona sostanza, dal titolo in forza del quale avviene taleacquisizione.Nel dubbio, l’esercizio del potere di fatto su un bene si presume,salvo prova contraria, integrare la fattispecie del possesso:spetta a chi nega la sussistenza del possesso l’onere di provareche, nel caso di specie, ricorre un’ipotesi di semplicedetenzione.Il mutamento della detenzione in possesso (interversione del possesso)può avvenire solo se la modificazione dello stato psicologico deldetentore venga manifestata all’esterno, in forza:

a) di “opposizione” (contradictio) dal detentore rivolta alpossessore: in forza cioè di un atto (di qualunque genere) concui il detentore manifesti inequivocabilmente l’intenzione dicontinuare, per il futuro, a tenere la cosa per sé non piùcome detentore e, quindi in nome del proprietario, bensì comepossessore;

b) di “causa proveniente da terzo”: in forza cioè di un atto conil quale l’attuale possessore (anche quando non legittimato adisporre del bene) attribuisca al detentore la propriaposizione possessoria.

177. Le qualificazioni del possesso e della detenzione.

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Il possesso si distingue in:a) possesso legittimo, che si ha quando il potere di godere e

disporre del bene è esercitato dall’effettivo titolare deldiritto di proprietà: in tal caso la situazione di fattocoincide esattamente con la situazione di diritto;

b) possesso illegittimo, che si ha quando il potere di godere edisporre del bene è esercitato, di fatto, da persona diversadall’effettivo titolare del diritto di proprietà: in tal casola situazione di fatto non coincide con la situazione didiritto; e si articola, a sua volta, in:

― possesso (illegittimo) di buona fede, che si ha quando ilpossessore ha acquisito la materiale disponibilità delbene, ignorando di ledere l’altrui diritto, sempre chedetta ignoranza non dipenda da sua colpa grave. Nel caso dierrore inescusabile, il possessore non è considerato inbuona fede. In definitiva, la qualifica di possessore inbuona fede dipende dalle circostanze in cui avvienel’acquisto del possesso (buona fede oggettiva);

― possesso (illegittimo) di mala fede, che si ha quando ilpossessore ha acquisito la materiale disponibilità delbene, conoscendo il difetto del proprio titolo d’acquistooppure dovendolo conoscere con l’ordinaria diligenza;

― possesso (illegittimo) vizioso, che si ha quando ilpossessore ha acquisito la materiale disponibilità delbene non solo in mala fede, ma addirittura con violenza (ades. una rapina), o clandestinità (ad es. un furto).

La buona fede in materia di possesso si presume: grava su chicontesta la buona fede del possessore l’onere di provare la suamala fede. Per qualificare il possesso come “di buona fede”, nonoccorre che la buona fede perduri per tutta la durata delpossesso: è sufficiente che vi sia al momento del suo acquisto.La detenzione si distingue in:

a) detenzione qualificata, che si ha quando il detentore haacquisito la materiale disponibilità del bene nell’interesseproprio (es. inquilino) oppure nell’interesse del possessore(ad es. il mandatario): nel primo caso si parla di detenzione(qualificata) autonoma; nel secondo di detenzione(qualificata) non autonoma;

b) detenzione non qualificata, che si ha quando il detentore haacquistato la materiale disponibilità del bene per ragioni diospitalità, o servizio o lavoro.

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La legge attribuisce per ciascuna situazione possessoria edetentoria una diversa rilevanza giuridica.

178. Il possesso di diritti reali minori.

Vi possono anche essere situazioni di fatto che corrispondonoall’esercizio di diritti reali minori: così, ad es., se su unfondo viene fatto passare un acquedotto, si ha possesso della servitù;se su un fondo esercito poteri tipici dell’usufruttuario, si avràpossesso dell’usufrutto (e non è detto che colui che gode del fondoaltrui abbia effettivamente un diritto di usufrutto); ecc. Ilcodice limita la figura del possesso alle situazioni di fattocorrispondenti all’esercizio di diritti reali, a esclusione (secondoalcuni) del diritto di superficie, almeno nella forma della“concessione ad aedificandum”. Sul medesimo bene, così come possono gravare più diritti reali,possono coesistere possessi di diverso tipo. Chi ha il possesso corrispondente all’esercizio di un dirittoreale minore può modificare il titolo del proprio possesso soloattraverso uno di quei mezzi idonei all’intervisione del possesso.

179. L’acquisto e la perdita del possesso.

L’acquisto del possesso può avvenire:a) in modo originario, con l’apprensione della cosa contro o senza

la volontà di un eventuale precedente possessore ed ilconseguente esercizio sulla cosa stessa di poteri di fattocorrispondenti a quelli spettanti al titolare di un dirittoreale. Non si ha acquisto del possesso se l’apprensione delbene ed il relativo esercizio di fatto del diritto reale siverificano per mera tolleranza del possessore: ossia quando chipotrebbe impedire l’acquisto del corpus se ne astiene perspirito di amicizia, ecc.;

b) in modo derivativo, con la consegna (traditio o “tradizione”)materiale o simbolica del bene da parte del precedente alnuovo possessore. Non è necessaria perché si abbia consegna,la materiale apprensione del bene da parte dell’accipiens. Peraltro, l’esperienza conosce due figure di traditio ficta, incui non si ha alcun mutamento nella relazione di fatto con lacosa; ciò che muta è solo l’animus:

― la traditio brevi manu, che si ha quando il detentoreacquista il possesso del bene (ad es. l’inquilinoacquista l’appartamento che ha in locazione);

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― il costituto possessorio, che si ha quando il possessoreacquista la detenzione del bene (ad es. se acquisto unimmobile, al contempo concedendolo in locazione alvenditore per un certo tempo, quest’ultimo conserva larelazione di fatto con il bene, ma perde il possesso cheora spetta all’acquirente).

La perdita del possesso si verifica per il venir meno di uno o dientrambi gli elementi del possesso: cioè, del corpus e/odell’animus possidendi. Per la perdita del corpus, non èsufficiente una semplice dimenticanza momentanea del bene, etantomeno, un occasionale distacco dalla cosa che non precluda alsoggetto di ripristinare il rapporto materiale con la stessa;occorre invece la sua definitiva irreperibilità o irrecuperabilitàda parte del possessore.Per quanto concerne gli immobili, si ritiene che la conservazionepossa avvenire anche per solo effetto della persistenzadell’animus, nonostante si sia perduta la disponibilità fisica,limitatamente al periodo di tempo (un anno) entro cui si puòesercitare l’azione di spoglio.

180. Successione nel possesso ed accessione del possesso.

Il possesso, alla morte del possessore, continua in capo al suosuccessore a titolo universale (erede) ipso iure – anche se l’eredeignora l’esistenza del bene – e con quei medesimi caratteri cheaveva rispetto al defunto (così se il defunto era in mala fedeanche l’erede lo è): si parla in tal caso di successione nel possesso.Diversa è l’accessione del possesso, applicabile solo a chi acquista ilpossesso a titolo particolare (compratore, legatario, ecc.) e sempre cheacquisti egli stesso il possesso. L’acquirente a titoloparticolare acquista un possesso nuovo diverso da quello del suodante causa. Pertanto può essere in buona fede benché il suo dantecausa fosse in mala fede, e viceversa. Il successore a titoloparticolare può sommare al periodo in cui ha egli posseduto, ancheil periodo durante il quale hanno posseduto i suoi danti causa:questa sommatoria dei due periodi può infatti risultare utile aifini dell’usucapione, dell’azione di rivendicazione, dell’azionedi manutenzione, ossia ogni volta che assuma rilievo la durata delpossesso.

181. Effetti del possesso.

Il possesso rileva principalmente:

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a) quale titolo per l’acquisto dei frutti del bene posseduto eper il rimborso delle spese sullo stesso effettuate;

b) quale possibile presupposto per l’acquisto della proprietàdel bene posseduto;

c) quale oggetto di tutela contro le altrui aggressioni.

182. L’acquisto dei frutti ed il rimborso delle spese.

Il possessore (illegittimo) è, di norma, tenuto a restituire altitolare del diritto non solo il bene, ma anche i frutti dal beneprodotti a partire dal momento in cui ha avuto inizio il suo possesso. Laregola trova eccezione in caso di possesso di buona fede: in taleipotesi il possessore ha infatti diritto di tenere per sé tutti ifrutti percepiti anteriormente alla proposizione, da parte deltitolare del diritto, della relativa domanda giudiziale. Solo ifrutti percepiti durante la lite spettano al proprietario. Anzi,ad evitare che il possessore, sapendo di doverli restituire,trascuri la coltivazione, dal giorno della domanda, e fino allarestituzione della cosa, il possessore stesso risponde verso ilrivendicante non solo dei frutti percepiti durante la lite, ma anche diquelli (frutti percipiendi) che avrebbe potuto percepire usando ladiligenza del bonus pater familias. Quanto alle spese occorre distinguere tra:

a) spese ordinarie, di cui il possessore ha diritto al rimborsolimitatamente al tempo per il quale è tenuto allarestituzione dei frutti;

b) spese straordinarie, di cui il possessore (sia di buona che dimala fede) ha sempre diritto al rimborso;

c) spese per miglioramenti, di cui il possessore (sia di buona chedi mala fede) ha diritto al rimborso, purché dettimiglioramenti sussistano al tempo della restituzione.Tuttavia, per quanto concerne l’importo del rimborso, bisognadistinguere se il possesso era qualificato da buona o malafede: al possessore di buona fede l’indennità si devecorrispondere nella misura di aumento di valore conseguitodalla cosa; a quello di mala fede, nella minor somma tra lospeso ed il migliorato.

Al possessore, purché in buona fede, è riconosciuto il diritto diritenzione: cioè, il diritto di non restituire il bene fino a che nongli siano state corrisposte le indennità dovute per spese,riparazioni e miglioramenti.

183. L’acquisto della proprietà in forza del possesso:

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a) la regola “possesso vale titolo”.

Se si acquista un bene da chi non ne è proprietario (ad es. unladro) (“acquisto a non domino”) non se ne diviene, di norma,proprietari: e ciò per il fatto che colui che ha alienato il benenon era legittimato a farlo.Se per i beni immobili e per i beni mobili registrati, illegislatore ha previsto l’istituzione di pubblici registri, per ibeni mobili ha dettato la regola possesso vale titolo (art. 1153); inforza di tale regola chi ha acquistato un bene a non domino nediviene proprietario purché concorrano i seguenti presupposti:

a) che l’acquisto riguardi beni mobili;b) che l’acquirente possa vantare un titolo idoneo al trasferimento della

proprietà;c) che l’acquirente oltre ad aver stipulato l’atto di acquisto

del bene mobile, ne abbia altresì acquistato il possesso;d) che l’acquirente sia in buona fede nel momento in cui il bene

gli viene consegnato; la buona fede è esclusa se l’acquirenteconosce l’illegittima provenienza della cosa.

Quello realizzato attraverso la regola “possesso vale titolo”costituisce acquisto a titolo originario.L’art. 1153 dispone che la proprietà si acquista libera da diritti altruisulla cosa (se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fededell’acquirente). Può darsi inoltre che qualcuno alieni ilmedesimo bene mobile a più persone, o costituisca lo stessodiritto a favore di più persone, o ancora che cerchi di trasferirea persone diverse diritti tra loro incompatibili. Così l’art. 1155stabilisce che se qualcuno con successivi contratti aliena a piùpersone un bene mobile, tra esse quella che per prima ne acquistain buona fede il possesso è preferita alle altre, anche se il suotitolo è di data posteriore.I principi esaminati (relativi agli effetti del possesso di buonafede), non si applicano alle universalità di mobili e ai beni mobili iscrittiin pubblici registri: riguardo ai primi viene tutelato non chi per primoacquista il possesso in buona fede, ma chi può vantare un validotitolo d’acquisto di data anteriore; riguardo ai secondi, invece,viene tutelato non chi per primo acquista il possesso in buonafede, ma chi per primo provvede alla trascrizione del suo titolo.

184. L’acquisto della proprietà in forza del possesso: b) l’usucapione.

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Il possesso protratto per un certo lasso di tempo fa acquisire alpossessore, attraverso l’istituto dell’usucapione, la titolarità deldiritto reale corrispondente alla situazione di fatto esercitata:l’usucapione costituisce dunque un modo di acquisto a titolo originariodella proprietà e dei diritti reali minori. I diritti usucapibili possono avere ad oggetto tutti i benicorporali (mobili, immobili…) tranne i beni demaniali e i beni delpatrimonio indisponibile dello Stato e degli altri enti pubbliciterritoriali. Ma perché si verifichi l’usucapione, debbonoconcorrere i seguenti presupposti:

a) il possesso, sia di buona che di mala fede, del bene;irrilevante è invece la detenzione;

b) la continuità del possesso per un certo lasso di tempo;c) la non interruzione del possesso, che si ha quando nel lassodi tempo richiesto dalla legge non intervenga:- né una causa di interruzione naturale dell’usucapione, che siverifica quando il soggetto perda il possesso del bene;- né una causa di interruzione civile dell’usucapione, che siverifica quando contro il possessore (che pure conservamaterialmente il possesso del bene), venga proposta unadomanda giudiziale volta a privarlo di esso, o quando ilpossessore abbia effettuato un riconoscimento del diritto deltitolare;

d)il decorso di un certo lasso di tempo fissato, di regola, in20 anni (usucapione ordinaria): ai fini del computo del tempo, chiabbia acquisito il possesso a titolo particolare può assumereal tempo del proprio possesso anche quello dei propri danticausa, mentre chi ha acquisito il possesso a titolouniversale si giova del possesso del suo autore (successionenel possesso).

Tuttavia la legge prevede (relativamente a talune ipotesi) terminidi usucapione più brevi (usucapione abbreviata) e cioè:

1) di 10 anni per i beni immobili e di 3 anni per i beni mobiliregistrati, quando concorrano cumulativamente i seguentipresupposti:- che il possessore possa vantare a suo favore un titoloidoneo a trasferire la proprietà, non inficiato da altri vizise non da quello di essere stato stipulato da chi non èlegittimato a disporre del bene;- che l’acquirente abbia acquistato il possesso del bene inbuona fede;

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- che sia stata effettuata la trascrizione del titolo: il termineutile per l’usucapione decorre proprio dalla data dellatrascrizione;

2) di 10 anni per le universalità di mobili, allorquando concorronocumulativamente i seguenti presupposti:- che il possessore possa vantare a suo favore un titoloidoneo all’acquisto del diritto;- che l’acquirente abbia acquistato il possesso del bene inbuona fede;

3) di 10 anni per i beni mobili non registrati, quandol’acquirente abbia acquistato il suo possesso in buona fede;

4) di 15 anni per i fondi rustici con annessi fabbricati situatiin comuni che per la legge sono classificati come montani

L’acquisto del diritto in forza di usucapione avviene ex lege, nelmomento stesso in cui matura il termine normativamente previsto.

185. La tutela delle situazioni possessorie.

Contro l’altrui condotta a privarmi del mio possesso o adarrecarmi turbativa posso oppormi, in via di autodifesa, finchél’altrui azione illecita è in atto: ciò, in virtù e nei limiti delgenerale principio della “legittima difesa”. Se invece l’azioneche si è risolta nella privazione o nella turbativa del possessosi è esaurita, al possessore non resta che rivolgersi all’Autoritàdello Stato attraverso una delle azioni possessorie. Tali azioni sonoconcesse a chi esercita una situazione possessoria a prescindere dalfatto che lo stesso sia altresì titolare del correlativo diritto.La categoria delle azioni possessorie si contrappone alla categoriadelle azioni petitorie: queste possono essere fatte valere solo da chisi affermi titolare del diritto di proprietà o di un diritto realedi godimento, a prescindere dal fatto che abbia altresì ilpossesso del bene.Chi riveste contestualmente la qualità sia di possessore che dititolare del correlativo diritto reale, potrà esperire, qualepossessore le azioni possessorie, quale titolare del diritto leazioni petitorie. Le azioni possessorie si giovano di unprocedimento giudiziale più agile di quello ordinario, applicabileinvece alle azioni petitorie. Le azioni possessorie assicurano unatutela di carattere solo provvisorio, nel senso che chi soccombe nelgiudizio possessorio può successivamente esperire un giudiziopetitorio. Il convenuto in un giudizio possessorio non puòproporre il giudizio petitorio, finché il primo non si sia

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definito e la sua decisione non sia stata eseguita (divieto del cumulodel giudizio petitorio con quello possessorio).

186. L’azione di reintegrazione (o spoglio).

L’azione di reintegrazione (o spoglio) risponde all’esigenza di garantirea chi possiede un bene una sollecita tutela giudiziaria ed è voltaa reintegrare nel possesso del bene chi sia rimasto vittima di uno spoglioviolento o clandestino (art. 1168). Per spoglio s’intende qualsiasi azioneche si risolva nella duratura privazione (totale o parziale) delpossesso. Uno spoglio si dice violento o clandestino, allorquando èposto in essere contro la volontà espressa o presunta del possessore o detentore.L’azione di reintegrazione è esperibile solo quando lo spogliorisulta accompagnato dall’animus spoliandi, cioè dall’intenzione delsuo autore (spoliator) di privare il possessore o il detentoredella disponibilità del bene.La legittimazione attiva ad esercitare l’azione spetta a qualsiasi possessore,sia esso legittimo o illegittimo, corpore et animo o solo animo, dibuona o mala fede; addirittura al possessore che tale sia divenutocon violenza o clandestinità. Spetta altresì al detentore, tranneche al detentore non qualificato (cioè a chi sia tale per ragionidi servizio o di ospitalità). La legittimazione passiva compete, oltreche all’autore materiale dello spoglio, a coloro che debbonorispondere del fatto di quest’ultimo, all’“autore morale” dellospoglio (cioè a colui che lo abbia approvato, traendonevantaggio), nonché a chi si trovi attualmente nel possesso delbene, in virtù di un acquisto a titolo particolare, fatto con laconoscenza dell’avvenuto spoglio.Da notare che l’azione di reintegrazione può essere esperitacontro lo spoliator, quand’anche quest’ultimo sia il titolare deldiritto.La proposizione dell’azione è soggetta ad un termine di decadenzadi 1 anno, che decorre dal sofferto spoglio o, se questo èclandestino, dal giorno della sua scoperta.

187. L’azione di manutenzione.

L’azione di manutenzione è volta, alternativamente, a:a) reintegrare nel possesso del bene chi sia stato vittima di

uno spoglio non violento né clandestino;b) far cessare molestie o le turbative, di cui sia stato vittima il

possessore.

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Per molestia o turbativa s’intende qualunque attività che arrechi alpossessore un apprezzabile disturbo, tanto che consista inattentati materiali, quanto che si estrinsechi in atti giuridici.La giurisprudenza ritiene che l’azione di manutenzione siaesperibile solo in presenza dell’animus turbandi: cioè, dellaconsapevolezza, nell’agente, che il proprio atto arreca pregiudizioal possesso altrui. La legittimazione attiva non spetta al detentore e neppure a tutti ipossessori: spetta solo al possessore di un immobile, di un’universalità dimobili, o di un diritto reale su un immobile (non, quindi, alpossessore di beni mobili), e solo a condizione che sia possessore daalmeno 1 anno in modo continuativo e non interrotto. La legittimazionepassiva compete oltre che all’autore dello spoglio (non violento) odella turbativa, a coloro che debbono rispondere del fatto diquest’ultimo, nonché all’autore morale.Anche l’azione di manutenzione è soggetta al termine di decadenza di1 anno, che decorre dall’avvenuto spoglio (non violento), o dalgiorno in cui ha avuto inizio l’attività molestatrice.

188. Le azioni di nuova opera e di danno temuto.

L’azione di nuova opera e l’ azione di danno temuto, definite dal codicecome “denuncia di nuova opera” e “denuncia di danno temuto” (azionidi nunciazione), possono essere esercitate sia a tutela del possesso sia atutela della proprietà o di altro diritto reale di godimento. Esse hannofinalità di natura cautelare, in quanto mirano a prevenire un danno oun pregiudizio.La denunzia di nuova opera spetta al proprietario, al titolare diun diritto reale di godimento o al possessore che abbia ragione ditemere che da una nuova opera (per es. costruzione) iniziata da meno di1 anno e non terminata stia per derivare danno alla cosa che formaoggetto del suo diritto o possesso.La denunzia di danno temuto è data al proprietario, al titolare diun diritto reale di godimento o al possessore nel caso in cui visia pericolo di un danno grave e prossimo derivante da qualsiasiedificio, albero o altra cosa (e non persona) senza che ricorral’ipotesi di nuova opera.

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I DIRITTI DI CREDITO

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CAPITOLO XVIIIL RAPPORTO OBBLIGATORIO

189. Nozione.

Con il termine obbligazione si intende il rapporto tra due soggetti –soggetto passivo (debitore) e soggetto attivo (creditore) – inforza del quale il primo è tenuto nei confronti del secondo, ad unadeterminata prestazione. Il rapporto obbligatorio dà dunque luogo adue posizioni correlate: alla posizione passiva (di debito) fa dacontraltare quella attiva (di credito); al debitore fa capo unadeterminata obbligazione, mentre al creditore fa capo il correlativodiritto di credito: in questo contesto il termine obbligazione èsinonimo di debito.Il diritto del creditore è un diritto nei confronti del debitore:per questo si dice relativo (o personale), in quanto può essere fattovalere solo nei confronti di quest’ultimo.La giuridicità del vincolo del debitore è sanzionata solo con unaresponsabilità patrimoniale: il debitore risponde dell’inadempimentodelle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

190. Fonti delle obbligazioni

Le obbligazioni, secondo l’art. 1173, possono sorgere da: contratto,fatto illecito, e ogni altro atto o fatto idoneo a produrle a conformitàdell’ordinamento giuridico. Per questo tali fattispecie si diconofonti delle obbligazioni.La classificazione accolta nell’attuale codice civile corrispondea quella adottata da Gaio, che distingueva tra obbligazioni dacontratto, da delitto e da variae figurae.Il legislatore del 1942 ha così ripudiato la quadripartizione(contratto, delitto, quasi contratto, quasi delitto) che siritrova nelle Istituzioni di Giustiniano. Il legislatore hariconosciuto che, oltre al contratto e all’atto illecito, altriatti o fatti sono idonei a produrre rapporti obbligatori nei solicasi in cui tale idoneità sia riconosciuta dall’ordinamentogiuridico. Il codice prevede e disciplina autonomamente la figura

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generale dell’obbligazione, a prescindere dalla fonte da cui, volta avolta, l’obbligazione concretamente discende.

191. L’obbligazione naturale

L’obbligazione naturale si ha allorquando una determinata prestazione èdovuta non in forza di una delle fonti di cui si è appena detto,ma in esecuzione di un dovere morale o sociale. Il debitore non è giuridicamenteobbligato ad eseguire la prestazione oggetto di obbligazionenaturale; ma, se la esegue, non può chiederne la restituzione (solutiretentio). Quest’ultimo effetto presuppone però il concorso deiseguenti presupposti:

a) la spontaneità dell’esecuzione, cioè che la prestazione siaeseguita senza coazione;

b) la capacità del soggetto che esegue la prestazione;c) la proporzionalità tra la prestazione eseguita da un lato, ed i

mezzi di cui l’adempiente dispone e l’interesse da soddisfaredall’altro.

Il diritto del destinatario di non restituire la prestazioneeffettuata a suo favore in adempimento di un obbligazione naturalecostituisce l’unico effetto dell’obbligazione naturale stessa.Alcune ipotesi di obbligazioni naturali, come il debito di giocosono espressamente previste dalla legge (legge che non concede alcreditore di chiederne giudizialmente l’adempimento, ma solo dirifiutare la restituzione di quanto eventualmente percepito).

CAPITOLO XVIIIGLI ELEMENTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

192. I soggetti.

I soggetti, attivo e passivo del rapporto obbligatorio (cioè ilcreditore e il debitore), devono essere determinati o quanto menodeterminabili. L’obbligazione a soggetto determinabile va distinta dall’obbligazioneambulatoria, in cui la trasferibilità del credito senza oneri dicomunicazione al debitore comporta che questo ignori, a chi, allascadenza, dovrà essere effettuata la prestazione.

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193. Le obbligazioni plurisoggettive.

È anche possibile che l’obbligazione faccia capo ad una pluralitàdi soggetti (debitori e/o creditori): è l’obbligazione plurisoggettiva.Questa ipotesi ricorre in caso di:

a) obbligazione solidale, che si ha quando:― ciascuno dei più debitori è obbligato ad effettuare, a favore

dell’unico creditore, l’intera prestazione e l’esecuzionedi questa, fatta da uno qualsiasi di essi, ha effettoliberatorio a favore di tutti gli altri;

― ciascuno dei più creditori ha diritto, nei confrontidell’unico debitore, all’intera prestazione e l’esecuzionefatta a favore di uno dei creditori estinguel’obbligazione;

b) obbligazione parziaria, che si ha quando:― ciascuno dei più debitori è tenuto ad estinguere una parte

soltanto dell’unitaria prestazione, mentre la restanteparte della medesima prestazione deve essere eseguita, daciascuno per la sua parte, dagli altri condebitori;

― ciascuno dei più creditori ha diritto ad una parte soltantodell’unitaria prestazione, mentre la restante parte dellamedesima prestazione deve essere eseguita a favore diciascuno degli altri creditori, per la quota dirispettiva spettanza.

Con riferimento all’ipotesi in cui siano più di uno i soggettiobbligati (condebitori) o i soggetti creditori (concreditori), si poneil problema di sapere se l’obbligazione sia solidale o parziaria. L’art.1294 statuisce il principio secondo cui, in caso di pluralità didebitori di una medesima prestazione, gli stessi “sono tenuti insolido” se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente(presunzione di solidarietà passiva): la regola tende a tutelare ilcreditore. In caso di pluralità di creditori si ritiene invece che lasolidarietà ricorra solo nelle ipotesi espressamente previstedalla legge o dal titolo.

194. Le obbligazioni solidali.

Riguardo all’obbligazione solidale passiva, va rilevato che:a) nei rapporti esterni debitore-creditore, valgono i seguenti

principi:― il creditore può rivolgersi, per ottenere l’intera

prestazione, ad uno qualsiasi o ad alcuni dei coobbligati:il coobbligato richiesto della prestazione non potrà

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esimersi dall’adempimento integrale, salvo che la legge oil titolo non prevedano a suo favore il beneficio di esecuzione(cioè l’onere del creditore di procedere preventivamentenei confronti di altro condebitore);

― l’effettuazione integrale della prestazione, ad opera diuno dei coobbligati, estingue l’obbligazione, conconseguente liberazione di tutti gli altri da ogniulteriore obbligo nei confronti del creditore;

― il condebitore, cui sia richiesta l’esecuzione dellaprestazione, può opporre al creditore le eccezioni comuni(che attengono all’intero rapporto obbligatorio, ad e.invalidità), ma non quelle personali altrui (che attengonosolamente al apporto tra il creditore ed uno o più deglialtri condebitori);

― la costituzione in mora di uno dei condebitori in solidonon vale a costituire in mora gli altri;

― gli atti con i quali il creditore interrompe laprescrizione contro uno dei debitori in solido hannoeffetto anche riguardo agli altri condebitori;

― la rinuncia, da parte del creditore, alla solidarietà afavore di uno dei condebitori non incide sulla naturasolidale dell’obbligazione degli altri condebitori; ecc.

b) nei rapporti interni tra i coobbligati, valgono i seguentiprincipi:― il carico della prestazione si divide fra i vari

condebitori in parti che si presumono eguali se non risultadiversamente;

― se uno dei condebitori solidali ha corrisposto al creditorel’intera prestazione, ha diritto di richiedere a ciascunodegli altri la parte di rispettiva competenza (azione di regresso);

― nell’ipotesi in cui uno o più degli obbligati in via diregresso risulti insolvente, la perdita si ripartisce fratutti gli altri condebitori.

195. Divisibilità e indivisibilità dell’obbligazione.

Le obbligazioni si distinguono in:a) indivisibili, cioè quelle che hanno ad oggetto una prestazione non

suscettibile di adempimento parziale: o per sua natura (ades. l’obbligazione di consegnare un cavallo) (indivisibilitàoggettiva) o per volontà delle parti (indivisibilità soggettiva);

b) divisibili, che sono le altre.

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La distinzione tra obbligazioni divisibili ed indivisibili haimportanza in tema di obbligazioni plurisoggettive: l’obbligazioneplurisoggettiva indivisibile è infatti, solidale. Conseguentemente allastessa si applica la disciplina della solidarietà, anche se conalcune differenze: la principale riguarda il fatto chel’indivisibilità opera anche nei confronti degli eredi deldebitore e del creditore. Così – mentre la regola generale vuoleche, se muore il debitore, i suoi eredi siano tenuti non insolido, ma solo in proporzione delle rispettive quote – in caso diobbligazione indivisibile, l’erede non può dare una parte soltantodella prestazione, ma ciascuno è tenuto per intero.

196. La prestazione.

La prestazione cui è tenuto il debitore deve:1) essere suscettibile di valutazione economica (requisito della

patrimonialità della prestazione);2) rispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore

(ad es. l’obbligazione può avere ad oggetto la fruizione diuno spettacolo).

In relazione al tipo di prestazione dovuta, le obbligazioni sidistinguono a seconda che la stessa consista:

a) in un dare, cioè nel trasferimento del diritto su un beneoppure nella consegna di un bene: se il bene è specifico, siparla di obbligazione specifica; se il bene è invece determinatosolo nel genere, si parla di obbligazione generica;

b) in un facere, cioè nel compimento di un’attività materiale ogiuridica (ad es. la stipulazione di un contratto da partedel mandatario), sempre che non consista in un dare;

c) in un non facere, cioè nell’osservanza di una condotta omissiva,consistente in non dare oppure in un non facere in senso stretto:in questi casi si parla di obbligazione negativa.

Sempre in relazione al contenuto della prestazione dovuta, sidistingue fra:

a) obbligazioni di mezzi in cui il debitore è tenuto a svolgereuna determinata attività, senza peraltro garantire che per ilcreditore ne derivi il risultato (ad es. l’avvocato siobbliga a difendere il cliente in sede di giudizio, ma non avincere la causa);

b) obbligazioni di risultato, in cui il debitore è tenuto invece arealizzare proprio un determinato risultato quale esito dellapropria attività: il risultato sperato fa parte dellaprestazione dovuta.

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La prestazione si distingue ancora in:― fungibile, se per il creditore non sono rilevanti né l’identità

né le qualità personali di chi la esegue;― infungibile, nel caso contrario.

Per l’esistenza di un’obbligazione, è necessario che laprestazione dovuta sia possibile, lecita, determinata o determinabile. Ilrispetto di tali requisiti dipende dal modo in cui le parti, nelleobbligazioni di fonte negoziale, hanno definito l’oggetto delrapporto.

197. L’oggetto.

Oggetto dell’obbligazione è la prestazione dovuta. Nelle obbligazioni didare, peraltro, pure il bene dovuto viene talvolta indicato comeoggetto (mediato) dell’obbligazione; analogamente, ma con minorefrequenza, anche nelle obbligazioni di fare, quando la prestazioneconsista nel procurare un opus al creditore, si parla talvolta diquest’ultimo come oggetto dell’obbligazione.Come già affermato, avendo riguardo all’oggetto dovuto, nelleobbligazioni di dare si distinguono le obbligazioni generiche daquelle specifiche. L’art. 1178 dispone che in caso di obbligazionegenerica, il debitore deve prestare cose di qualità non inferiorealla media. L’obbligazione da generica si trasforma in specificaquando si perviene alla individuazione, d’accordo tra le parti o neimodi da esse stabiliti, delle res scelte per adempiere.

198. Obbligazioni semplici, alternative e facoltative.

Sempre con riferimento alla prestazione dovuta si distingue fra:― obbligazioni semplici, che hanno ad oggetto un’unica prestazione,

che il debitore, per liberarsi, è tenuta senz’altro adeseguire;

― obbligazioni alternative, che hanno ad oggetto due o più prestazioni(nell’ultimo caso si parla di “obbligazioni con alternativamultipla”), ma il debitore si libera eseguendone una sola,senza peraltro poter costringere il creditore a ricevereparte dell’una e parte dell’altra: se non è diversamenteprevisto, la scelta di quale prestazione eseguire (che dàluogo alla concentrazione, ossia alla riduzione delleprestazioni dedotte ad una sola) compete al debitore; conl’esercizio della facoltà di scelta, l’obbligazionealternativa diviene semplice;

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― obbligazioni facoltative, che hanno ad oggetto una sola prestazione(l’obbligazione facoltativa è pertanto, semplice), ma ildebitore ha facoltà di liberarsene eseguendone un’altra (ades. un contratto di compravendita di un’area edificabile incui è previsto un corrispettivo in denaro, ma con facoltàdell’acquirente di liberarsi trasferendo al venditore laproprietà una porzione dell’immobile che verrà realizzato).

La distinzione tra obbligazione alternativa e facoltativa assumeimportanza pratica in caso di impossibilità sopravvenuta di unadelle prestazioni:

― in caso di prestazione alternativa, se una delle prestazionediviene impossibile per causa non imputabile ad alcuna delleparti, l’obbligazione si considera semplice ed il debitore ètenuto ad eseguire l’altra prestazione;

― in caso di obbligazione facoltativa, se l’unica prestazionededotta in obbligazione diviene impossibile per causa nonimputabile al debitore, l’obbligazione si estingue; sediviene impossibile l’altra, l’obbligazione permane ed ildebitore non può liberarsi che eseguendo la prestazionededotta in obbligazione.

199. Le obbligazioni pecuniarie.

L’obbligazione di gran lunga più diffusa è quella pecuniaria: quellacioè, in cui il debitore è tenuto a dare al creditore una somma didenaro. I debiti pecuniari vanno estinti mediante moneta legalenello Stato al tempo del pagamento. Se il debito pecuniario è espressoin moneta estera, il debitore, di regola, può pagare anche in monetanazionale, al corso del cambio nel giorno della scadenza. Qualorasia chiarito che il pagamento va fatto proprio nella monetapattuita, il debitore è tenuto ad adempiere con la valutastraniera. La moneta ha funzione di pagamento. Ciò che importa,relativamente alla moneta quale mezzo di pagamento, è non il suovalore nominale (cioè, il suo valore numerico), bensì il suo valore reale(cioè, il suo potere d’acquisto). L’art. 1277 codifica il principionominalistico: ossia, il principio secondo cui il debitore si puòliberare pagando, alla scadenza, la medesima quantità di pezzimonetari inizialmente fissata, nonostante il tempo passato dallacostituzione del debito ed indipendentemente dal fatto che, nelfrattempo, il potere d’acquisto del denaro sia più o menosensibilmente diminuito: in forza del principio nominalisticoquindi, il rischio del deprezzamento monetario grava sul creditore.Al fine di cautelarsi contro gli effetti delle oscillazioni divalore della moneta, le parti possono concordare, attraverso

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apposite clausole c.d. di indicizzazione, di ancorare l’importo pecuniariodovuto a parametri al cui variare si modificherà parallelamentel’entità della somma da corrispondere. La previsione chedeterminate prestazioni pecuniarie siano indicizzate è taloradettata dalla stessa legge, oppure può essere statuita inprovvedimento giudiziale.La giurisprudenza ritiene che il principio nominalistico troviapplicazione non a tutte le obbligazioni destinate ad essereestinte mediante la dazione di una somma di denaro, bensì a quellesole obbligazioni (obbligazioni di valuta) aventi fin dall’origine ad oggettouna somma di denaro, non importa se già quantificata oppuresuscettibile di esatta quantificazione solo in esitoall’operazione di liquidazione. Con ciò, si sottraggonoall’applicazione del principio nominalistico tutte quelleobbligazioni (obbligazioni di valore) avente originariamente ad oggetto unaprestazione diversa dalla dazione di una somma di denaro,rappresentando la moneta solo un bene sostitutivo di unaprestazione con diverso oggetto.La liquidazione dell’obbligazione di valore va effettuataattraverso una triplice operazione:

1) la quantificazione in termini monetari del valore che laprestazione oggetto dell’obbligazione aveva all’epoca in cuiè sorta l’obbligazione stessa;

2) la successiva rivalutazione di detto importo, dall’epoca incui è sorta l’obbligazione al momento della liquidazione,attraverso l’applicazione degli indici ISTAT di variazionedel costo della vita;

3) la liquidazione dell’ulteriore danno da ritardo – dall’epocain cui è sorta l’obbligazione al momento della liquidazione –nell’ottenimento della prestazione risarcitoria (interessicompensativi che vanno calcolati sulla somma corrispondente alvalore della prestazione via via rivalutata).

Per effetto della liquidazione, convenzionale o giudiziale, ildebito “di valore” si converte in debito “di valuta”.

200. Gli interessi.

Quella agli interessi è una particolare obbligazione pecuniaria aventecarattere accessorio rispetto ad un’obbligazione principale pur essa acarattere pecuniario. Quanto alla fonte, gli interessi sidistinguono in:

a) legali, se dovuti in forza ad una previsione di legge;l’ipotesi di maggior rilevanza è quella prevista dall’art

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1282, secondo cui producono interessi di pieno diritto icrediti liquidi (cioè, quelli il cui ammontare è determinato odeterminabile mediante operazioni di mero conteggio) ed esigibili(cioè, quelli di cui il creditore è legittimato a chiederel’immediato pagamento) aventi ad oggetto somme di denaro;

b) convenzionali, se dovuti in forza ad un accordo tra creditore edebitore, non importa se contestuale o successivo al sorgeredel credito.

Quanto alla loro funzione, gli interessi vengono distinti in:a) corrispettivi, che sono quelli dovuti al creditore sui capitali

concessi a mutuo o, comunque, lasciati nella disponibilità diterzi; nonché quelli dovuti sui crediti liquidi ed esigibilidi somme di denaro: essi rappresentano una sorta di“corrispettivo” per il godimento che il debitore ha deldenaro del creditore (e, come tali, vengono considerati qualifrutti civili);

b) compensativi, che sono quelli dovuti al creditore diobbligazioni “di valore” (ad es. al creditore di somme didenaro a titolo di risarcimento danni): essi rappresentanouna sorta di “compenso” – da computarsi via via sulla sommarivalutata – del danno dal creditore sofferto per il mancatotempestivo ottenimento della prestazione dovutagli. Questafigura è una creazione giurisprudenziale determinatadall’esigenza di non lasciare il creditore privo del dirittoagli interessi nei casi in cui l’illiquidità del credito divalore non consente la decorrenza, di pieno diritto, diinteressi corrispettivi;

c) moratori, che – anche se il creditore non prova di aversofferto alcun danno – sono dovuti dal debitore in mora alcreditore di obbligazioni aventi ad oggetto una somma didenaro, non importa se liquida o meno: essi rappresentano unasorta di “risarcimento” per il ritardo con cui il creditorericeve il pagamento dovutogli. Peraltro, al creditore chedimostra di aver subito un danno maggiore di quello ristoratoattraverso la percezione degli interessi moratori spettaaltresì il risarcimento dell’ulteriore danno.

L’ammontare dell’obbligazione degli interessi si determina inmisura percentuale (tasso o saggio di interesse) rispetto all’entitàdell’obbligazione principale (capitale) ed in relazione al tempo conriferimento al quale gli interessi sono dovuti.Il tasso si distingue in:

― legale, che è oggi fissato dall’art. 1284 in misura pari al 2,5% in ragione d’anno, ma può venire modificato con decreto del

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Ministro dell’economia e delle finanze. Il tasso legale siapplica a tutti i tipi di interessi sopraelencati, qualora leparti non abbiano determinato la misura. Recenti interventinormativi, con riferimento a talune ipotesi particolari, hannofissato il tasso legale degli interessi moratori ad unlivello molto più elevato rispetto a quello comunementeapplicabile: ciò, al fine di predisporre una vigorosa tutelaa favore di talune categorie di creditori ritenute meritevolidi particolare protezione;

― convenzionale, che viene fissato per accordo fra debitore ecreditore: il relativo patto richiede la forma scritta adsubstantiam, qualora determina il tasso d’interesse in misurasuperiore a quello legale; in quest’ultimo caso, in difetto diforma scritta, gli interessi sono dovuti nella misura legale.In ogni caso, le parti non possono fissare un tassod’interesse superiore di oltre il 50 % rispetto al tassomedio d’interesse praticato dalle banche, così cometrimestralmente rilevato con decreto del Ministrodell’economia e delle finanze (tassi usurari): se sono convenutiinteressi usurari, la clausola è nulla e non sono dovutiinteressi.

Sugli interessi scaduti non maturano interessi (interessi anatocistici)– non è cioè prevista la “capitalizzazione” degli interessiscaduti – salvo che, trattandosi di interessi primari scaduti edovuti da almeno 6 mesi, non intervenga:

a) una domanda giudiziale appositamente diretta al conseguimentodegli interessi anatocistici; oppure

b) una convenzione, posteriore alla scadenza degli interessiprimari, che li preveda.

L’art. 1283 – nell’escludere che gli interessi scaduti producanointeressi anatocistici – fa espressamente salvi gli usi contrari (daintendersi come “usi normativi”).

CAPITOLO XIXMODIFICAZIONE DEI SOGGETTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

201. Successione nel debito e nel credito.

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Ai soggetti originari del rapporto obbligatorio possono, nel corsodella vita del rapporto stesso, sostituirsi o aggiungersi altrisoggetti. Ciò può verificarsi:

a) nell’ambito di una successione a titolo universale, in tal caso lamodificazione riguarda contemporaneamente tutti i rapportifacenti parte del patrimonio del dante causa, ad esclusionedei soli rapporti intrasmissibili;

b) per effetto di una successione a titolo particolare, in tal caso lamodificazione riguarda il singolo rapporto.

A) MODIFICAZIONI NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

202. Le singole ipotesi di modificazione nel lato attivo delrapporto obbligatorio.

La modificazione del soggetto attivo del rapporto obbligatorio puòrealizzarsi per atto inter vivos – a titolo particolare – mediante lefigure:

a) della cessione del credito;b) della delegazione attiva;c) della surrogazione di pagamento.

203. La cessione del credito.

Di cessione del credito la legge parla in due significati differenti:― da un lato, per indicare il contratto con il quale il creditore

(cedente) pattuisce con un terzo (cessionario) il trasferimentoin capo a quest’ultimo del suo diritto verso il debitore(ceduto);

― dall’altro lato, per indicare l’effetto di tale contratto: cioè,il trasferimento del credito in capo al cessionario.

Di regola, qualunque credito può formare oggetto di cessione(principio della libera cedibilità dei crediti); salvo che:

a) il credito abbia carattere strettamente personale; oppureb) il trasferimento sia vietato dalla legge; oc) la cessione sia stata convenzionalmente esclusa dalle parti: in

quest’ultimo caso, peraltro, il patto di non trasferibilitànon è opponibile al cessionario, se non si prova che egli loconosceva al tempo della cessione.

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Oggetto di cessione, purché a titolo oneroso, possono essere anchei crediti futuri, sempre che – nel momento in cui si perfeziona ilcontratto di cessione – già esista il rapporto dal quale detticrediti deriveranno. Il contratto di cessione si perfeziona in forza di un accordo fra ilcreditore (cedente) ed il terzo (cessionario). Non è invece richiestal’accettazione da parte del debitore (ceduto), il quale rimane, inogni caso, estraneo all’accordo di cessione.Il contratto di cessione può prevedere, a favore del cedente, uncorrispettivo in denaro (“vendita del credito”) oppure una prestazionedi altra natura. Peraltro, la cessione può avere luogo anche senzacorrispettivo (“donazione del credito”), oppure essere effettuata infunzione di garanzia, o per estinguere un diverso debito del cedenteverso il cessionario (cessione solutoria), ecc.: proprio inconsiderazione delle molteplici funzioni che può svolgere, talecontratto viene spesso definito come contratto “a causa variabile”.

204. Effetti della cessione.

Per quanto concerne gli effetti “inter partes”, il credito è dal cedentetrasferito al cessionario, in forza del principio del consensotraslativo, nel momento stesso del perfezionamento dell’accordo dicessione. Fa eccezione l’ipotesi di cessione di crediti futuri: intal caso il trasferimento si verifica al sorgere del credito.Affinché la cessione abbia efficacia nei confronti del debitore ceduto, occorreche a quest’ultimo la cessione venga notificata oppure sia da luiaccettata: fino a quel momento infatti il debitore – il cui consensonon è necessario – potrebbe ritenere di essere pur sempreobbligato nei confronti del creditore originario. L’accettazione ola notificazione della cessione servono inoltre a renderla opponibilea terzi.Quanto agli effetti della cessione, benché venga modificato ilsoggetto attivo del credito, l’obbligazione riamane, per tutto ilresto, inalterata. Per la medesima ragione il debitore ceduto puòopporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporreal cedente. Tuttavia il debitore ceduto non può opporre incompensazione al cessionario un controcredito verso il cedentequalora abbia accettato la cessione.

205. Rapporti tra cedente e cessionario.

Per quanto concerne i rapporti tra cedente e cessionario, si deveaggiungere che:

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a) se la cessione è a titolo oneroso, il cedente, salvo patto contrario,garantisce al cessionario l’esistenza del credito al momentodella cessione (veritas nominis). Non garantisce, invece, lasolvenza del debitore (bonitas nominis): cioè, la realizzabilità delcredito;

b) se la cessione è a titolo gratuito, il cedente garantisce alcessionario la veritas nominis solo se l’ha espressamentepromessa, oppure negli altri casi previsti dalla legge. Nongarantisce invece, la realizzabilità del credito.

Peraltro – sia in caso di cessione gratuita che onerosa – ilcedente, con apposito patto, può assumere anche la garanzia dellasolvenza del debitore.Quando la cessione sia stata effettuata per estinguere un debitodel cedente verso il cessionario (cessione solutoria), si presume chela cessione avvenga pro solvendo (ossia, che la liberazione delcedente si verifichi solo quando il cessionario abbia ottenuto ilpagamento dal debitore ceduto). Qualora risulti una diversavolontà delle parti – nel senso che il cessionario liberasenz’altro il cedente, accollandosi pertanto l’intero rischiodella solvenza del debitore ceduto – si parla di cessione pro soluto.

206. Il contratto di factoring.

Il factoring è una figura contrattuale in forza della quale unimprenditore specializzato (factor), a fronte del pagamento di unacommissione variabile a seconda dell’entità degli obblighi assunti,si impegna a fornire all’impresa cliente una vasta gamma di servizi(come l’amministrazione, l’incasso, il recupero…) relativi allagestione dei crediti dalla stessa impresa cliente vantati nei confrontidella propria clientela e derivanti dalla sua attivitàimprenditoriale.Il factor rende all’impresa cliente anche l’ulteriore prestazioneconsistente nell’effettuare a suo favore un’anticipazione finanziaria,rispetto alla scadenza dei crediti ceduti, pari ad una parte delloro valore nominale (funzione di finanziamento); e, anche se piùraramente, quella di accollarsi il rischio dell’insolvenza di unoo più dei debitori dell’impresa stessa (funzione assicurativa).L’impresa cliente cede al factor i crediti dalla stessa vantati oche vanterà in futuro nei confronti di uno o più clienti. Ciòconsente al factor da un lato la gestione di detti crediti,dall’altro l’erogazione dell’anticipazione finanziariaeventualmente richiesta dall’impresa cliente, destinata ad essererecuperata dal factor proprio attraverso l’incasso dei crediti

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ceduti. Se poi l’impresa cliente richiede di essere altresìsollevata dal rischio dell’eventuale insolvenza di uno o più deidebitori ceduti, basterà che la cessione a favore del factor vengaeffettuata pro soluto: così anche se il credito ceduto dovesserisultare irrecuperabile, il factor non potrà pretenderedall’impresa cliente la restituzione degli anticipi alla stessagià versati. Altrimenti la cessione avverrà pro solvendo, con laconseguenza che l’impresa cliente dovrà restituire leanticipazioni relative ai crediti che non si siano potutiincassare.

207. La cartolarizzazione dei crediti.

Con L. 30 aprile 1999, n. 130, è stata disciplinata anche inItalia un’ulteriore operazione finanziaria, che fa pernosull’istituto della cessione del credito: la cartolarizzazione dei crediti.L’operazione – finalizzata da un lato allo smobilizzo dei crediti(procurando immediata liquidità al creditore) e, dall’altro, allacreazione di un nuovo bene (uno “strumento finanziario”) da collocaresul mercato – risulta così articolata:a) un soggetto (originator), ad es. una banca, cede a titolo oneroso uno

o più crediti pecuniari sia esistenti sia futuri, ad una società(società veicolo);

b) per procurarsi la provvista necessaria all’acquisto deicrediti, la società veicolo, direttamente o no, emette “titoli”destinati ad essere collocati presso investitori(professionisti e non);

c) la società veicolo provvede alla riscossione dei crediti cedutied alle attività ad essa finalizzate;

d) le somme incassate dai debitori ceduti vengono destinate, in viaesclusiva (salvo il pagamento dei costi dell’operazione), aiportatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto deirelativi crediti. Però i crediti oggetto di cessione da partedell’originator a favore della società veicolo, pur divenendoformalmente di titolarità di quest’ultima, costituiscono unpatrimonio separato.

208. Delegazione attiva.

Il codice si occupa solo della delegazione passiva; si ritiene tuttaviache possa rientrare nell’autonomia negoziale delle parti dar luogoanche ad una delegazione attiva (o di credito) che consiste in unaccordo trilaterale tra creditore, debitore ed un terzo in forza del

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quale il creditore (delegante) delega il debitore (delegato) adimpegnarsi ad effettuare la prestazione al terzo (delegatario). Pereffetto della delegazione attiva, il delegato diviene, di regola,debitore nei confronti sia del delegante che del delegatario,salvo che le parti abbiano concordato la sua liberazione neiconfronti del delegante. A differenza di quanto avviene nellacessione del credito, nella delegazione attiva l’accordo vede comeparte anche il debitore. Inoltre l’effetto della delegazioneattiva è, di regola, cumulativo: al creditore originario (delegante)non si sostituisce ma si aggiunge un nuovo creditore(delegatario).

B) MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVODEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

209. Le singole ipotesi di modificazione nel lato passivo delrapporto giuridico.

La modificazione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio,oltre che in conseguenza di cessione del contratto e di cessionedell’azienda, può realizzarsi, a titolo particolare, mediante: ladelegazione passiva, l’espromissione, l’accollo.Mentre per il debitore, di regola, è indifferente la persona delcreditore, per il creditore la persona del debitore non lo èaffatto: perciò la sostituzione del debitore non è possibile senzal’espressa volontà del creditore; se questa manca, il precedentedebitore non viene liberato, ma si aggiunge un nuovo soggettopassivo a quello che già c’era.

210. La delegazione passiva.

La delegazione passiva si distingue in delegazione a promettere edelegazione di pagamento.La delegazione a promettere (o promissoria) consiste in un negoziotrilaterale fra debitore, creditore ed un terzo, in forza delquale il primo (delegante) delega il terzo (delegato) adobbligarsi ad effettuare un determinato pagamento a favore delcreditore (delegatario): è lo schema ad es. della cambiale-tratta.Il fatto che il delegato si assuma l’obbligo di effettuare laprestazione del delegante, non libera quest’ultimo dal debitooriginario: il delegante infatti resta obbligato insieme aldelegato (delegazione cumulativa), sebbene il delegatario non possa

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pretendere il pagamento dal delegante se prima non lo abbiachiesto al delegato. Tuttavia il delegatario può acconsentire aliberare subito il delegante, conservando quale unico debitore ildelegato (delegazione liberatoria o privativa).L’obbligazione del delegato è diversamente regolata a seconda che,nell’accordo di delegazione, venga o meno fatto riferimento ad unoo ad entrambi i rapporti intercorrenti fra le parti: in casoaffermativo si parla di delegazione titolata; in caso negativo didelegazione pura.La delegazione di pagamento (delegatio solvendi) consiste in un accordofra debitore ed un terzo in forza del quale il debitore(delegante) delega il terzo (delegato) ad effettuare senz’altrouna determinata prestazione a favore del creditore (delegatario)(è lo schema dell’assegno bancario con cui un cliente ordina allabanca di eseguire un pagamento in suo favore). La delegazione dipagamento ha quindi funzione immediatamente solutoria dell’obbligazione,non già di mera modificazione del soggetto passivo di essa.

211. L’espromissione.

L’espromissione consiste in un accordo bilaterale fra il creditore edun terzo, in forza del quale quest’ultimo (espromittente) si impegna,nei confronti del primo (espromissario) a pagare il debitodell’obbligato originario (espromesso): ad es. il padre che siobbliga verso il creditore a pagare il debito del figlio.L’elemento differenziale tra la delegazione promissoria el’espromissione consiste nella spontaneità dell’iniziativa del terzo,cioè nell’assenza di delega da parte del debitore originario. Ilterzo espromittente subentra nella stessa posizione del debitoreoriginario. Anche l’espromissione è, di regola, cumulativa.

212. L’accollo.

L’accollo consiste in un accordo bilaterale tra il debitore ed unterzo, in forza del quale quest’ultimo (accollante) assume aproprio carico l’onere di procurare al creditore (accollatario) ilpagamento del debito del primo (accollato). Tale figura sidistingue in accollo interno e esterno.L’accollo interno (o semplice) si ha quando le parti non intendonoattribuire alcun diritto al creditore (accollatario) versol’accollante: questo si impegna solo nei confronti del debitoreaccollato; conseguentemente il creditore non acquista (accanto aquello originario) un nuovo debitore. Ne discende che il creditore

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non ha diritto di rivolgersi all’accollante per ottenere ilpagamento del suo credito; che il terzo accollante, in caso dimancata osservanza dell’obbligo assunto, rispondedell’inadempimento soltanto nei confronti del debitore accollato,non già nei confronti del creditore accollatario; e che il terzoaccollante e il debitore accollato possono, in qualunque momento,accordarsi per modificare o revocare l’impegno assuntodall’accollante.L’accollo esterno si ha quando l’accordo tra accollante e accollato sipresenta come un contratto a favore del terzo: quando cioè terzo edebitore hanno inteso conferire al creditore il diritto dipretendere direttamente dall’accollante stesso l’adempimento del suocredito. L’accollo esterno può a sua volta essere:

a) cumulativo, se il debitore originario resta obbligato in solidocon l’accollante;

b) liberatorio (o privativo) se il debitore originario resta liberato,rimanendo obbligato in sua vece il solo accollante.

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CAPITOLO XXL’ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE

213. I modi di estinzione.

L’obbligazione è un rapporto temporaneo, destinato ad estinguersi.Tipico fatto estintivo del rapporto obbligatorio è l’adempimento:ossia la realizzazione della prestazione dovuta. Il legislatore,tuttavia, ha disciplinato alcune ipotesi in cui il rapportoobbligatorio si estingue ugualmente: ciò accade nel caso di mortedel debitore (quando si tratti di prestazioni infungibili) o incaso di: compensazione, confusione, novazione, remissione, impossibilitàsopravvenuta. Questi sono tutti “modi di estinzione delleobbligazioni diversi dall’adempimento”.

I. L’ADEMPIMENTO

214. L’esatto adempimento.

L’adempimento consiste nella esatta realizzazione della prestazionedovuta. Il legislatore stabilisce che, nell’adempierel’obbligazione, il debitore deve usare la diligenza del “buon padre difamiglia (o uomo medio)”.

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Siccome il debitore è tenuto ad adempiere esattamente laprestazione dovuta, il creditore può, se vuole, rifiutare unpagamento parziale che il debitore abbia ad offrirgli; e ciò anche sela prestazione è divisibile. Il debitore inoltre può adempierepersonalmente o a mezzo di dipendenti o ausiliari, del cuicomportamento è comunque responsabile di fronte al creditore. Nonpuò impugnare l’adempimento eseguito, né se lo abbia effettuato instato di incapacità, né se lo abbia effettuato con cose di cui nonpoteva disporre. Il debitore, quando effettua la prestazione, puòrichiedere che (a proprie spese) gli venga rilasciata la quietanza:cioè una dichiarazione scritta - di natura confessoria - in forzadella quale il creditore attesta di aver ricevuto l’adempimento.

215. Il destinatario dell’adempimento.

Per quel che riguarda il destinatario dell’adempimento, il codiceprevede che il debitore esegua il pagamento direttamente alcreditore. Occorre però che si accerti che quest’ultimo abbiacapacità (legale) di ricevere; a volte così il debitore deve eseguire ilpagamento non nelle mani del creditore, ma in quelle del suorappresentante legale o della persona stabilita dalla legge. Ildebitore può, se vuole, pagare anziché al creditore, ad unapersona che questi gli abbia indicato come legittimata a ricevereil pagamento. Il debitore si libera se paga, in buona fede, ad unapersona che, in base a circostanze univoche, appariva creditore(creditore apparente), il quale è tenuto alla restituzione delpagamento verso il vero creditore.

216. Il luogo dell’adempimento

Per quanto riguarda il luogo dell’adempimento, esso è di regoladeterminato nel titolo del rapporto o è determinato dagli usi odalla natura della prestazione. Anche se il legislatore ha dettatoalcune regole suppletive, in forza delle quali:

― l’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata vaadempiuta nel luogo in cui la cosa si trova quandol’obbligazione è sorta;

― l’obbligazione di pagare una somma di denaro va adempiuta aldomicilio che il creditore ha al tempo della scadenza;

― in tutti gli altri casi l’obbligazione va adempiuta aldomicilio che il debitore ha al tempo della scadenza.

217. Il tempo dell’adempimento.

226R.G.

Per quanto riguarda il tempo dell’adempimento, si deve osservareche:

a) se l’obbligazione è ad esecuzione continuata o ad esecuzione periodicaoccorre determinare il momento iniziale e quello finale dellaprestazione dovuta;

b) se l’obbligazione è invece ad esecuzione istantanea occorredeterminare il dies solutionis.

Il termine è spesso indicato nel titolo costitutivodell’obbligazione.Di norma si presume che il termine sia a favore del debitore, cosìil creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza,mentre il debitore può adempiere anche prima del termine fissato(prestazione inesigibile, ma eseguibile). Se invece il terminerisulti fissato a favore del creditore, questi può pretenderel’adempimento anche prima della scadenza, mentre il debitore nonpuò offrire l’esecuzione della prestazione prima del termine(prestazione esigibile, ma ineseguibile). Infine il termine puòessere espressamente fissato a favore di entrambi (prestazioneinesigibile ed ineseguibile).Il debitore decade dal termine fissato a suo favore qualora siadivenuto insolvente o abbia diminuito le garanzie che aveva dato onon abbia dato le garanzie promesse. Di regola le parti sono libere di definire, in piena autonomia, iltempo dell’adempimento. Qualora il titolo non prevede nullariguardo al tempo dell’adempimento, la regola generale è che ilcreditore possa pretendere immediatamente il pagamento (principiodella immediata esigibilità della prestazione). Se poi ènecessario un termine, la sua fissazione, in mancanza di accordotra le parti, è rimessa al giudice.

218. Limitazioni all’uso del contante.

Al fine di combattere il fenomeno del riciclaggio di danaro sporco, illegislatore ha vietato il trasferimento di danaro contanteeffettuato a qualsiasi titolo, fra soggetti diversi, per unimporto superiore a € 12.500; i trasferimenti di importo superiorepossono essere effettuati solo tramite intermediari abilitati(banche, uffici postali, ecc.). Le limitazioni all’uso delcontante finiscono con il favorire il diffondersi di mezzi dipagamento “alternativi”, come i bonifici bancari o le carte dicredito.

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219. Adempimento del terzo.

Quando la prestazione è infungibile il creditore può legittimamenterifiutare la prestazione che il debitore gli proponga di fareseguire da un suo sostituto, così come la prestazione che glivenga spontaneamente offerta da un terzo. Ma se la prestazione èfungibile, il creditore non può legittimamente rifiutare laprestazione che gli venga offerta da un terzo, anche quandoquest’ultimo agisca ad insaputa del debitore o senza il suoconsenso. Solo se il debitore gli ha comunicato la suaopposizione, il creditore può legittimamente rifiutarel’adempimento offertogli dal terzo (pur essendo libero, sepreferisce, di accettare la prestazione).L’adempimento dell’obbligo altrui non va confuso con la promessa diadempiere un obbligo altrui (fatta mediante le figure dell’accollo,dell’espromissione e della delegazione a promettere).

220. Imputazione del pagamento.

Se una persona, che ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona,fa un pagamento che non comprenda la totalità dei debiti, puòavere importanza stabilire quale tra i vari debiti viene estinto(ad es. perché il tasso degli interessi può essere diverso).L’art. 1193 riconosce al debitore la facoltà di dichiarare, quandopaga, quale debito intende soddisfare.In mancanza, il pagamento dev’essere imputato al debito scaduto;tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debitiugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra piùdebiti ugualmente onerosi, al più antico.

221. Il pagamento con surrogazione.

Il pagamento può anche dar luogo alla sostituzione (surrogazione) delcreditore con altra persona: in tal caso l’obbligo non si estingue, mamuta direzione, in quanto all’originario creditore se nesostituisce un altro. La surrogazione dà luogo ad una successione nellato attivo del rapporto obbligatorio.La surrogazione suppone che l’obbligazione sia adempiuta; lacessione del credito e la delegazione attiva che l’adempimento nonsi sia, invece, ancora verificato. La finalità della surrogazioneè, infatti, quella di agevolare l’adempimento verso il creditoreoriginario con l’attribuzione ad un terzo (che rende possibilel’adempimento) dei diritti che inerivano al rapporto obbligatorio.

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La surrogazione può avvenire: per volontà del creditore che, ricevendo ilpagamento da un terzo, può dichiarare espressamente di volerlo farsubentrare nei propri diritti verso il debitore; o per volontà deldebitore che, prendendo a mutuo una somma di danaro al fine dipagare il debito, può surrogare il mutuante nella posizione delcreditore; oppure per volontà della legge (surrogazione legale).

222. La prestazione in luogo di adempimento.

Il creditore può legittimamente rifiutare di accettare unaprestazione diversa da quella dedotta in obbligazione, anchequalora si tratti di prestazione avente valore eguale o maggiore.Il creditore, tuttavia, può accettare se crede che il debitore siliberi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta (art. 1197).

223. La cooperazione del creditore nell’adempimento e la moracredendi.

Per la realizzazione dell’adempimento è necessaria la cooperazione delcreditore: naturalmente nella maggior parte dei casi il creditorepresta volentieri questa sua cooperazione che, salvo pattoparticolare, costituisce per lui un onere e non un obbligo;tuttavia non sempre il creditore ha interesse a liberare ildebitore. Qualora, senza legittimo motivo, rifiuti di ricevere il pagamentooffertogli dal debitore, il creditore viene costituito in mora(mora credendi o accipiendi), se il debitore gli faccia offerta dellaprestazione. L’offerta può essere:

a) solenne (o formale) quando è compiuta da un pubblico ufficiale:se l’obbligazione ha per oggetto la dazione di danaro o cosemobili da consegnare al domicilio del creditore, occorre cheil pubblico ufficiale porti con sé i beni, in modo che possaessere eseguito il pagamento (offerta reale); se invece l’oggettodella prestazione è diverso, l’offerta si fa per intimazionemediante atto a lui notificato nelle forme prescritte per gliatti di citazione;

b) secondo gli usi: in tal caso gli effetti della mora si verificanonon dal giorno dell’offerta, ma da quello del deposito dellecose dovute.

In ogni caso, perché il debitore ottenga la liberazione dalle obbligazioni,è necessario il deposito. Se l’offerta e il deposito non vengonoaccettati dal creditore, è necessario far seguire un giudizio(detto di convalida di offerta formale) nel quale devono essere accertate

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la ritualità dell’offerta e del deposito e la legittimità o menodel rifiuto del creditore. Non vale a costituire in mora ilcreditore l’offerta non formale.

II. I MODI DI ESTINZIONE DIVERSI DALL’ADEMPIMENTO

224. La compensazione.

Quando tra due persone intercorrono rapporti obbligatori reciproci idue rapporti possono, ricorrendo certe condizioni, estinguersi (inmodo totale o parziale) senza bisogno di provvedere ai rispettiviadempimenti, mediante compensazione tra i rispettivi crediti.Tuttavia alcuni crediti, per la loro causa, non possono formareoggetto della compensazione; essi sono indicati nell’art.1246 (ilpiù importante tra essi è il credito degli alimenti). Lacompensazione non è ammessa tra un’obbligazione civile ed unanaturale. La legge prevede tre tipi di compensazione: lacompensazione legale, quella giudiziale e quella volontaria.La compensazione legale si ha quando i crediti reciproci tra le partipresentano i caratteri dell’omogeneità (cioè entrambi devono avereper oggetto o una somma di denaro o una quantità di cose fungibilidello stesso genere); della liquidità (cioè devono essere giàdeterminati nel loro ammontare), dell’esigibilità (cioè devono esseresuscettibili di richiesta di immediato adempimento da parte delcreditore). Perché la compensazione legale operi, è necessario chela parte la eccepisca in giudizio: il giudice non può rilevarlad’ufficio.La compensazione giudiziale si ha quando, nel corso di un giudizio, siainvocato un credito liquido ed esigibile, e l’altra parte oppongain compensazione un controcredito omogeneo ed anch’esso esigibile,ma non ancora liquido: il giudice può dichiarare l’estinzione didue debiti fino alla quantità corrispondente, a condizione che ilcredito opposto in compensazione sia di facile e prontaliquidazione.La compensazione volontaria si ha quando le parti, in forza di unospecifico accordo rinunciano scambievolmente (in tutto o in parte)ai rispettivi crediti, seppure gli stessi non presentino irequisiti per far luogo alla compensazione legale o giudiziale.

225. La confusione.

Qualora le qualità di creditore e di debitore vengano a trovarsiriunite nella stessa persona (ad. es. perché il creditore diventa

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erede del debitore o viceversa) l’obbligazione si estingue perconfusione. L’estinzione del rapporto per confusione determina anchela liberazione degli eventuali terzi che abbiano prestato garanziaper il debitore.

226. La novazione.

La novazione è un contratto con il quale i soggetti di un rapportoobbligatorio sostituiscono un nuovo rapporto a quello originario.Si distingue tra:

a) novazione soggettiva, quando la sostituzione riguarda la personadel debitore, che viene liberato;

b) novazione oggettiva, quando la sostituzione riguarda l’oggettoo il titolo; ma perché si abbia novazione oggettiva devonoconcorrere due presupposti: uno oggettivo, consistente nellamodificazione dell’oggetto o del titolo e uno soggettivo,consistente nella volontà di estinguere l’obbligazioneprecedente che può risultare anche tacitamente.

Se l’obbligazione originaria era inesistente o nulla, la novazionemanca di causa e perciò è senza effetto.

227. La remissione

La remissione consiste in un negozio unilaterale recettizio, in forzadel quale il creditore rinuncia (parzialmente o totalmente) al suocredito. Essa produce l’effetto estintivo dell’obbligazione nelmomento in cui la dichiarazione del creditore è comunicata aldebitore, il quale tuttavia può dichiarare di non volerneprofittare. Dalla remissione va distinto il pactum de non petendo. Ilprimo estingue oggettivamente il debito; con il secondo invece ilcreditore si obbliga a non chiedere l’adempimento, ad es. prima diun dato tempo.

228. L’impossibilità sopravvenuta.

Per impossibilità sopravvenuta non imputabile al debitore si intendequella situazione impeditiva dell’adempimento non prevedibile al momentodel sorgere del rapporto obbligatorio, e non superabile con lo sforzoche può essere legittimamente richiesto al debitore (cioè con losforzo dallo stesso esigibile). Quindi al suo nascerel’impossibilità sopravvenuta determina l’estinzione del rapportoobbligatorio, qualora dipenda da causa non imputabile al debitore(art 1256).

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Perché si abbia impossibilità sopravvenuta non è sufficiente né unamaggior difficoltà né una maggior onerosità della prestazione. D’altrocanto non è necessaria un’impossibilità assoluta, per tale intendendosiquella situazione impeditiva della prestazione – determinatasi perun fatto naturale o per il sopravvenire di una norma o di unprovvedimento amministrativo – che non può essere in alcun modosuperata, per quanti sforzi il debitore ponga in essere. Non èneanche necessaria un’impossibilità oggettiva, per tale intendendosiquella situazione impeditiva dell’adempimento che concerne laprestazione in sé, non la persona del debitore o la sua sferaeconomica. Non è neppure necessario che la situazione impeditivadell’adempimento sia non imputabile al debitore a titolo di colpa o atitolo di dolo.In realtà è necessario solo che la situazione impeditiva dell’adempimentosopravvenuta sia tale da non poter essere superata con lo sforzo diligente cui il debitore ètenuto. Il problema quindi è quello di stabilire se la condotta, chepotrebbe prevenire o superare la situazione impeditivadell’adempimento, possa ritenersi esigibile o meno dal debitore. Incaso di risposta affermativa, l’obbligazione permane ed ildebitore che non tenga la condotta atta a superare la situazionesopravvenuta incorrerà nell’inadempimento; in caso di rispostanegativa, l’obbligazione si estingue.Ai fini dell’estinzione dell’obbligazione bisogna distinguere tra:

a) impossibilità definitiva, cioè quella determinata da unimpedimento irreversibile o di cui si ignora se potrà venirmeno: essa estingue automaticamente l’obbligazione;

b) impossibilità temporanea, cioè quella determinata da unimpedimento di natura transitoria: essa determinal’estinzione dell’obbligazione solo se perdura fino a che (inrelazione al titolo dell’obbligazione o alla naturadell’oggetto) il debitore non può più essere ritenutoobbligato ad eseguire la prestazione oppure il creditore nonha più interesse a conseguirla. Così l’impossibilitàtemporanea esonera il debitore dalla responsabilità per ilritardo nell’adempimento.

Occorre poi distinguere tra:a) impossibilità totale, cioè quella che preclude integralmente il

soddisfacimento dell’interesse creditorio: essa, sedefinitiva, importa l’estinzione dell’obbligazione;

b) impossibilità parziale, cioè quella che preclude solo in parteil soddisfacimento dell’interesse creditorio: essa, sedefinitiva, importa l’estinzione dell’obbligazione per laparte divenuta impossibile, con la conseguenza che il

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debitore dovrà effettuare la parte della prestazione rimastapossibile, senza che il creditore possa rifiutarel’adempimento parziale.

CAPITOLO XXIL’INADEMPIMENTO E LA MORA

229. L’inadempimento.

Il debitore è tenuto ad eseguire esattamente la prestazionedovuta: se non lo fa incorre nell’inadempimento. Perché si abbiainadempimento è necessario che sia già maturato il tempodell’adempimento. Tuttavia può aversi talora adempimento ancorprima che sia maturato il tempo dell’adempimento. L’inadempimentopuò essere:

a) totale, quando la prestazione è mancata interamente;b) parziale, quando la prestazione è stata sì effettuata, ma non

correttamente (adempimento inesatto).L’inadempimento può altresì distinguersi in:

a) assoluto (o definitivo), quando è escluso che possa essereeffettuato in futuro;

b) relativo, se la prestazione non è stata ancora eseguita, mapotrebbe esserlo in futuro: in tal caso si parla di“ritardo”, che è una situazione transitoria destinata asfociare o in un adempimento tardivo o in un inadempimento definitivo.

230. La responsabilità contrattuale.

L’inadempimento obbliga il debitore al risarcimento del danno che nesia derivato al creditore (art. 1218): si parla in questo caso diresponsabilità contrattuale, per tale intendendosi la responsabilitàper inadempimento non del contratto, ma dell’obbligazione,qualunque ne sia la fonte.

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Nel caso di inadempimento assoluto, la prestazione risarcitoria sisostituisce alla prestazione originaria rimasta ineseguita e chenon potrà esserlo più; nel caso di inadempimento relativo, laprestazione risarcitoria si aggiunge a quella originaria, la qualecontinua anch’essa ad essere dovuta, anche se tardivamente.La regola (enunciata dall’art. 1218) è che il debitore deve semprerispondere delle conseguenze dannose dell’inadempimento, salvo cheesso sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante dacausa non imputabile al debitore. L’opinione che oggi prevale è quellasecondo cui l’art. 1218 non detterebbe il criterio per individuare lecause di giustificazione dell’inadempimento, ma costituirebbe mera“norma di rinvio” ad una pluralità di criteri variamente rintracciabilinell’ordinamento.In molte ipotesi il debitore va esente da responsabilità già soloche abbia impiegato, nell’adempimento, la diligenza, la prudenza ela perizia richiestegli: in tal caso il debitore risponde per colpa(cioè per non aver usato la diligenza e la prudenza necessarie).Ora il problema è chiarire quale sia il grado di diligenzaconcretamente richiesto al debitore nel singolo caso. L’art. 1176chiarisce che il debitore deve usare la diligenza che puòragionevolmente attendersi dal buon padre di famiglia: cioè da unapersona onesta, preparata e coscienziosa.Diversamente vi sono ipotesi in cui il debitore risponde, invece,anche se nessuna negligenza può essergli imputata. Ciò accade, ades., per l’obbligo gravante sul vettore nel contratto di trasportodi cose di evitare la perdita o l’avaria delle cose datrasportare: il vettore risponde della perdita e dell’varia anchese le cose sono andate distrutte senza sua colpa; il vettore puòliberarsi da responsabilità solo dimostrando il caso fortuito, o chela perdita dipende, comunque, da cause che sfuggono alla sfera dicontrollo del vettore stesso. Allo stesso modo anche il debitoredi una somma di denaro (che rientra tra le cose generiche)risponde pur in assenza di una sua condotta colpevole, tranne chel’inadempienza sia dovuta da circostanze straordinarie edimprevedibili.In tutte queste ipotesi si parla talora di responsabilità oggettiva,per tale intendendosi quella in cui la mancanza di colpadell’obbligato, non è, di per sé, sufficiente ad esonerarlo dallaresponsabilità per inadempimento.Nel nostro ordinamento il debitore è esonerato da responsabilitàtutte le volte in cui l’adempimento risulti ostacolato dasopravvenienze che non possono essere superate con condotte chesiano esigibili dal debitore stesso. Il creditore che, a fronte

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dell’inadempimento del debitore, agisca in giudizio per ilrisarcimento del danno, ha l’onere di fornire la prova del suocredito, potendo limitarsi ad allegare l’inadempimento che lostesso imputa a controparte. Sarà il debitore a dover fornire laprova di aver eseguito esattamente la prestazione dovuta.Diversamente, nel caso in cui il creditore contestil’inadempimento di obbligazioni negative, egli ha l’onere di fornirela prova non solo del suo diritto di credito, ma anche quelladell’inadempimento dell’obbligato.In ogni caso grava sul debitore l’onere di fornire la provadell’eventuale sussistenza di una causa di giustificazione, atta adesonerarlo da responsabilità contrattuale.

231. Il danno risarcibile.

Il danno, di cui il creditore può chiedere il risarcimento aldebitore che non sia riuscito a fornire una prova della ricorrenzadi una causa di giustificazione del suo inadempimento, varia asecondo che si tratti di:

a) inadempimento assoluto, in tal caso il danno risarcibile ècostituito dalle conseguenze negative della definitiva inattuazionedella prestazione dovuta; o di

b) inadempimento relativo, in tal caso il danno risarcibile ècostituito dalle conseguenze negative del ritardo fattoregistrare nell’esecuzione della prestazione dovuta, che devepur sempre adempiersi.

In ogni caso, il risarcimento del danno, sia inadempimentoassoluto che da ritardo, deve comprendere (art. 1223) così laperdita subita dal creditore (danno emergente) come il mancatoguadagno (lucro cessante): ad es. il debitore che mi ha fornito unapartita di merce avariata deve risarcirmi sia quanto ho speso perprocurarmi altrove quella stessa merce, sia il presumibile lucroche avrei tratto dalla fornitura, se fosse stata correttamenteeseguita.Peraltro è risarcibile solo il danno che sia conseguenza immediata ediretta dell’inadempimento: così, ad es. se il creditore, esasperatoper l’inadempienza del debitore, decide di abbandonare l’attivitàimprenditoriale cui si dedicava, il risarcimento non sarà dovutoper questa conseguenza “mediata” dell’inadempimento.Inoltre se l’inadempimento o il ritardo dipendono da colpa e non dadolo – se cioè, essi non sono conseguenza di una deliberata sceltadel debitore, ma sono provocati da sua negligenza o imperizia – ilrisarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo

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in cui è sorta l’obbligazione. Si è voluto così che il patrimoniodel debitore, quando egli non sia intenzionalmente inadempiente,non resti esposto a conseguenze più gravi di quelle che avevapotuto calcolare quando si è assunto, obbligandosi, il rischio dinon riuscire ad adempiere.In ogni caso, quando pretende il risarcimento, il creditore ha l’oneredi provare le singole “voci” di danno, per le quali pretende di essererisarcito. Difatti per potersi procedere alla “liquidazione deldanno”, occorre innanzitutto accertare tutti gli elementi di cuitener conto.Per sfuggire a questo onere, il creditore può pattuire con ildebitore, ex ante (e cioè, già al momento della stipulazione delcontratto e comunque, prima del verificarsi dell’inadempimento),una clausola penale, in forza della quale le parti stabilisconoforfettariamente quanto dovrà il debitore in caso di inadempienza,esonerando il creditore dall’onere di dare la prova di avereeffettivamente subito un danno di ammontare corrispondente.Per il caso in cui il creditore offra prove sufficienti di avercertamente subito un danno, ma senza che riesca a dare la provadel “preciso ammontare” del pregiudizio subito, il legislatoreautorizza il giudice a provvedere alla liquidazione anche convalutazione equitativa.Peraltro, nelle obbligazioni pecuniarie, tali regole sonoparzialmente derogate dall’art. 1224. Difatti, dal giorno della morail debitore che non abbia puntualmente pagato la somma dovuta ètenuto automaticamente (e cioè senza che il creditore provi di aversofferto alcun danno) a pagare, in aggiunta al capitale cheavrebbe dovuto versare, anche gli interessi moratori. L’entità ditali interessi può essere fissata convenzionalmente ex ante.Se peraltro gli interessi convenzionali erano già dovuti daldebitore, prima della scadenza, in misura superiore al tassolegale, gli interessi moratori sono automaticamente dovuti inmisura corrispondente a quella stabilita per gli interessiconvenzionali.Il caso in cui il credito pecuniario non era produttivo diinteressi, oppure era produttivo di interessi in misura inferiore aquella legale: ebbene, dal giorno della mora il debitore devealtresì gli interessi al tasso legale, senza bisogno che il creditoresia tenuto ad offrire prova alcuna di aver realmente subito uncorrispondente pregiudizio.Tuttavia, se il creditore non si accontenta di pretendere gliinteressi moratori, ma sostiene di aver subito un danno maggiore,riprendono vigore le regole usuali.

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Discusso è il problema se, in fenomeni di deprezzamento monetario,il creditore possa pretendere, l’automatica rivalutazione dellasomma dovutagli, per il periodo corrispondente alla mora deldebitore. Il legislatore ha ammesso questo principio per i creditidel lavoratore subordinato e con riferimento all’assegno spettanteal coniuge divorziato, dalla sentenza che pronuncia loscioglimento del matrimonio. In ogni altro caso, la giurisprudenzaritiene necessario che il creditore fornisca la prova che ildenaro sarebbe stato utilizzato in modo da evitare, in tutto o inparte, le conseguenze negative dell’inflazione.La liquidazione del danno deve essere diminuita se, a determinare ildanno, ha concorso il fatto colposo del creditore. Parimenti, ilcreditore ha dovere di non aggravare il pregiudizio arrecatoglidall’inadempienza: quindi, il risarcimento non è dovuto per idanni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinariadiligenza.

232. La mora del debitore.

Il ritardo (o inadempimento relativo) va distinto dalla mora deldebitore (mora debendi). Quest’ultima si ha quando concorrono 3presupposti:

a) il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione;b) l’imputabilità di detto ritardo al debitore;c) l’intimazione (o richiesta) per iscritto, da parte del creditore al

debitore, di adempiere, seppure tardivamente (mora ex persona).Peraltro, tale ultimo presupposto non è necessario – e quindi, lamora si ha automaticamente al solo verificarsi del ritardoimputabile al debitore (mora ex re) – quando:

a) l’obbligazione derivi da fatto illecito: in tal caso infatti, c’èl’esigenza di un’immediata ed integrale eliminazione delleconseguenze dell’ingiusta lesione provocata dall’illecito;

b) il debitore dichiari per iscritto di non voler adempierel’obbligazione: sarebbe inutile la richiesta del creditore;

c) l’obbligazione è a termine e la prestazione deve essereeseguita al domicilio del creditore (obbligazioni portables): èinfatti inutile qualsiasi iniziativa del creditore quando lacollaborazione richiestagli per l’adempimento consistemeramente nel compito di ricevere la prestazione;

d) l’obbligazione nasce, a favore del subfornitore nei confrontidel committente, in forza di un “contratto di subfornitura”;

e) l’obbligazione nasce a titolo di corrispettivo da unatransazione commerciale: ossia da contratti, comunque denominati

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tra imprese, tra esercenti una libera professione, tra uno diquest’ultimi e pubbliche amministrazioni, che comportino, invia esclusiva o prevalente, la consegna di merci o laprestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo.

In tutte le altre ipotesi – e cioè quando non sia fissato untermine per l’adempimento, o sia fissato ma l’obbligazione èquérable, ossia il creditore per ricevere la prestazione deverecarsi al domicilio del debitore o altrove – il legislatoreritiene che l’indugio del debitore possa trovare giustificazionenella tolleranza da parte del creditore. Perciò in questi casi,perché la mora del debitore si verifichi, occorre che il creditorefaccia al debitore intimazione per iscritto: ossia solleciti al debitore,sia pure senza adottare formule sacramentali, l’adempimentodell’obbligazione (mora ex persona).La costituzione in mora vale anche ad interrompere la prescrizione. Lamora debendi può venire in considerazione solo nelle obbligazionipositive. Se invece l’obbligazione ha carattere negativo (ha adoggetto un non facere) è evidente che basta che il debitorecontravvenga all’obbligo assunto, perché si verifichi uninadempimento assoluto (quand’anche parziale), con la conseguenzache non è possibile parlare di ritardo.

233. Effetti del ritardo ed effetti della mora debendi.

Il semplice ritardo (cioè quello che non dia luogo alla mora) non èimproduttivo di conseguenze giuridiche: così, a prescindere dallamora, il creditore potrebbe chiedere il risarcimento del danno, ilpagamento della penale, ecc.Effetti della mora debendi sono invece:

a) l’obbligo del pagamento degli interessi moratori sulle somme dovute, ancheilliquide;

b) la perpetuatio obligationis: ossia il passaggio del rischio. Se ildebitore non è in mora, il rischio del fortuito è a carico delcreditore. Quando invece il debitore è in mora il rischio passaa suo carico: cioè, se per causa non imputabile al debitorela prestazione diventa impossibile, il debitore, siccome inmora, non resta liberato, ma è obbligato al risarcimento deldanno, come se fosse responsabile della sopravvenutaimpossibilità della prestazione.

Questo perché la legge presume che, se la prestazione fosse stataeseguita a tempo debito, il creditore ne avrebbe tratto l’utilitàche si proponeva.

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Il debitore può pertanto liberarsi da questa responsabilità sefornisce la prova che l’oggetto della prestazione sarebbe peritougualmente presso il creditore. Questa prova liberatoria non èconcessa a chi ha illecitamente sottratto la cosa.

234. Differenza tra mora debendi e mora credendi; effetti dellamora del creditore.

Anche nella mora del creditore si verifica un ritardonell’esecuzione della prestazione, che dipende però dalcomportamento del creditore. In caso di mora credendi il debitore nondeve più gli interessi, né i frutti della cosa che non siano statidallo stesso percepiti; e può, di contro, pretendere il risarcimentodei danni che il comportamento del creditore gli abbia eventualmenteprocurato, oltre il rimborso delle eventuali spese sostenute perla custodia e la conservazione della cosa dovuta. Inoltre è acarico del creditore in mora il rischio che la prestazione dovutadivenga impossibile per causa non imputabile al debitore: non soloil debitore sarà liberato dalla sua obbligazione, ma il creditore,se il credito deriva da un contratto a prestazioni corrispettive,non può invocare l’art. 1463 e considerarsi, a sua volta, liberodalla controprestazione, ma deve egualmente adempierla.La mora credendi non estingue, di per sé, l’obbligazione; eneppure elimina o attenua la responsabilità del debitore, sequesti, una volta cessata la mora del creditore, rende impossibilela prestazione per colpa sua, oppure non provvede ad adempiere.

CAPITOLO XXIILA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEL DEBITORE

235. Nozione.

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Se il debitore non adempie la prestazione dovuta, il creditore,dopo aver fatto accertare dal giudice l’inadempimento, puòpromuovere il processo esecutivo sui beni del debitore, facendoliespropriare. Talvolta il creditore può ottenere l’esecuzione forzatadel suo credito in forma specifica. Il caso più frequente è peraltro,quello della sentenza che condanna il debitore al pagamento di unasomma di denaro: sia che questa costituisca l’oggetto dellaprestazione originariamente dovuta, sia che rappresenti laliquidazione del risarcimento danno. Detta sentenza attribuisce alcreditore il diritto di promuovere l’espropriazione dei beni deldebitore: cioè, di farli vendere giudizialmente per soddisfarsisul ricavato (sempre che il debitore sia titolare di beni“aggredibili” ed il creditore riesca ad individuarli al fine disottoporli a pignoramento). Tutti i beni del debitore – di cui lostesso sia titolare al momento del’inizio dell’esecuzione, anche seacquistati successivamente al sorgere dell’obbligazione – possonoessere espropriati dal creditore: il debitore rispondedell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presentie futuri (art. 2740). Tutto il patrimonio del debitore costituiscela garanzia generica del creditore. Si parla di uno stato di soggezionedel debitore rispetto ai propri beni: il debitore cioè, se nonadempie, deve subire che i propri beni siano espropriati dalcreditore.

236. Concorso di creditori e cause di prelazione.

Se vi sono più creditori, purché intervengano tempestivamentenella procedura esecutiva, tutti hanno uguale diritto di soddisfarsicon il ricavato della vendita dei beni del debitore.Tuttavia ad alcuni creditori la legge assicura il soddisfacimentoa preferenza degli altri. Le cause legittime di prelazione sono: i privilegi,il pegno, l’ipoteca. Se la cosa soggetta ad una di queste tre prelazioni perisce, ilcreditore perde la possibilità di esercitare il diritto diprelazione. Tuttavia relativamente alle somme dovute dagliassicuratori a titolo di indennizzo per la perdita o ildeterioramento della cosa, si verifica la surrogazione reale: lacompagnia di assicurazione non può pagare l’indennitàall’assicurato, ma deve pagarla ai creditori privilegiati,pignoratizi o ipotecari.

237. Il privilegio.

226R.G.

Il privilegio è la prelazione (o preferenza) che la legge accorda inconsiderazione della causa del credito. Alcuni creditori (“creditoriprivilegiati”) sono cioè preferiti dal legislatore, nella distribuzionedel ricavato della vendita forzata, rispetto agli altri creditori(“creditori chirografari”) non assistiti da cause di prelazione.Tra i vari crediti privilegiati l’ordine di preferenza non dipendedall’anteriorità del credito, ma è stabilito dalla stessa legge. Le partinon possono creare altri privilegi oltre quelli stabiliti dallalegge. Il privilegio può essere:

― generale (su tutti i beni mobili del debitore); o― speciale (su determinati beni mobili o immobili).

Il privilegio generale non costituisce un diritto soggettivo, maun modo di essere del credito e non attribuisce il diritto disequela.Il privilegio speciale costituisce invece un diritto reale di garanzia;perciò, di regola il privilegio speciale sui mobili, a differenzadi quello generale, può esercitarsi anche in pregiudizio deidiritti acquistati dai terzi posteriormente al sorgere delprivilegio.Tuttavia, in alcuni casi l’esistenza del privilegio è fattadipendere dalla condizione che la cosa si trovi in un determinatoluogo oppure si trovi in possesso del creditore (privilegiopossessuale).D’altro canto, se la cosa è mobile ed il terzo acquirente è dibuona fede si applica l’art. 1153: la proprietà e gli altridiritti si acquistano liberi dai diritti altrui, quindi anche daiprivilegi.Di regola, il pegno è preferito al privilegio speciale sui mobili;il privilegio speciale sugli immobili è preferito all’ipoteca.

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CAPITOLO XXIIII DIRITTI REALI DI GARANZIA (PEGNO ED IPOTECA)

A) CARATTERI GENERALI E COMUNI

238. Nozione.

Oltre i privilegi sono cause di prelazione anche il pegno el’ipoteca. Questi due istituti hanno un tratto caratteristicocomune: sono diritti reali. Essi presentano cioè, quel carattere che ècomune ai diritti reali in genere: l’inerenza. Pegno ed ipoteca,

226R.G.

attribuiscono infatti al creditore, relativamente ai beni su cuisono costituiti, il diritto di sequela: cioè, il potere di esercitare lagaranzia, espropriando il bene e soddisfacendosi sul prezzoricavato dalla vendita, anche se la loro proprietà sia passata adaltri. Appartengono alla categoria dei diritti reali su cose altrui e sidistinguono dall’ulteriore sottocategoria di quest’ultimi perché,mentre i diritti reali di godimento limitano il potere digodimento del proprietario, quelli in esame (diritti reali di garanzia)finiscono con il limitarne il potere di disposizione. Il pegno e l’ipoteca non hanno mai carattere generale, maconcernono sempre beni determinati. La differenza tra pegno ed ipotecada un lato, e privilegio speciale dall’altro, consiste in questo:

a) i privilegi sono stabiliti dalla legge per la causa delcredito, e quindi il credito è privilegiato o no fin dalmomento della nascita;

b) Il pegno e l’ipoteca richiedono un proprio titolocostitutivo; così mentre la volontà privata non può creareprivilegi, essa è se non la fonte esclusiva, quanto meno laprevalente in tema di pegno e di ipoteca.

Ciò spiega come, mentre il privilegio cade sempre su un bene deldebitore, pegno ed ipoteca possono essere concessi anche da unterzo (terzo datore di pegno o di ipoteca). La figura di questo terzo sidistingue dal quella del fideiussore: quest’ultimo risponde contutti i suoi beni, il terzo datore solo con il bene su cui ècostituito il pegno o l’ipoteca.Pegno ed ipoteca danno luogo, entrambi, a rapporti accessori, nel sensoche presuppongono un credito di cui garantiscono l’adempimento:perciò ne seguono la sorte e si estinguono con l’estinguersi diesso. Pegno ed ipoteca sono funzionali ad assicurare al creditoreil soddisfacimento del proprio credito: ciò spiega la regolasecondo cui qualora l’oggetto della garanzia perisca o sideteriori, il creditore può chiedere che gli sia prestata altraidonea garanzia e, in mancanza, può esigere l’immediato pagamentodel debito. Il pegno e l’ipoteca attribuiscono, dunque, alcreditore:

a) Il ius distrahendi, ossia la facoltà di far espropriare la cosa,se il debitore non paga (facoltà che per la verità, spetta aqualsiasi creditore, purché munito di titolo esecutivo);

b) Il ius praelationis, ossia la preferenza rispetto agli altricreditori in ordine alla distribuzione di quanto vengaricavato dalla vendita forzata del bene oggetto di garanzia;

c) Il diritto di sequela, ossia il diritto di sottoporre il bene adesecuzione forzata, anche se divenuto proprietà di terzi.

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239. Pegno ed ipoteca: differenze.

La differenza tra pegno ed ipoteca sta, innanzitutto, nella diversitàdell’oggetto: il pegno ha per oggetto beni mobili (non registrati),universalità di mobili e crediti; l’ipoteca ha invece per oggetto beniimmobili, taluni diritti reali immobiliari (usufrutto, superficie,enfiteusi), beni mobili registrati e rendite dello Stato.Ulteriore differenza sta nel fatto che, nel pegno, il possesso dellacosa passa al creditore, mentre nell’ipoteca esso rimane aldebitore. Questa differenza è giustificata dall’impossibilitàpratica di istituire per i beni mobili (non registrati) un regimedi pubblicità che metta i terzi in condizione di conoscerel’esistenza del diritto di garanzia. Perciò non v’è che un mezzo:lo spossessamento del titolare del bene.

240. Il patto commissorio.

Il legislatore vuole tutelare il debitore contro il rischio che lostesso accetti di pattuire ex ante, per il caso di mancatoadempimento, l’automatico trasferimento in favore del creditoredella proprietà del bene concesso in garanzia. Ha perciò sancitola nullità di un simile patto (patto commissorio), senza neppureaccertare se il valore della cosa ipotecata o data in pegno siasuperiore o meno all’importo del debito, oppure che il patto siastato stipulato al sorgere del debito o successivamente. Il legislatore vuole infatti che la cosa ipotecata o costituita inpegno, se il debitore non paga, sia venduta ai pubblici incanti esul ricavato il creditore si soddisfi nel limite del suo credito:la gara tra gli aspiranti varrà a garantire l’interesse deldebitore a che il prezzo sia il più elevato possibile, in modo chepossano essere eventualmente soddisfatti pure altri creditorioppure che residui qualche cosa per lui. Naturalmente la nullità prevista dall’art. 2744, si estende pureall’ipotesi in cui, le parti si accordino nel senso di vendere unbene contro un prezzo (apparente), ma con clausola risolutoriadella vendita qualora il venditore restituisca entro un tempodefinito l’importo ricevuto.

B) IL PEGNO

241. Nozione.

226R.G.

Il pegno è un diritto reale sui beni mobili (non registrati) del debitoreo di un terzo, che il creditore può acquistare mediante unapposito accordo con il proprietario (salvo i casi d’acquisto a nondomino), a garanzia del suo credito. Oltre ai beni mobili, possonoessere concessi in pegno crediti, universalità di mobili ed altri diritti realimobiliari (ad es. usufrutto).È invece vietato il suppegno: ossia, il pegno che abbia per oggettoun altro diritto di pegno, dal momento che il creditorepignoratizio non può né, senza il consenso del costituente, usaredella cosa, né disporne, concedendone ad altri il godimento odarla a sua volta in pegno.Il pegno attribuisce quindi al creditore una prelazione. Talediritto vale anche se nel frattempo la cosa sia stata trasferitain proprietà di terzi (diritto di sequela), purché la cosa siarimasta in suo possesso. Scaduta l’obbligazione, se il debitore non adempie spontaneamente,il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far venderecoattivamente la cosa ricevuta in pegno, previa intimazione aldebitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, inmancanza, si procederà alla vendita. La vendita può essereeffettuata o ai pubblici incanti o, se la cosa ha un prezzo dimercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di privati autorizzati(ad es. agenti di cambio). Il creditore può anche domandare algiudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento, fino allaconcorrenza del suo credito, al valore stimato da un perito, ameno che essa abbia un prezzo di mercato.

242. Pegno irregolare.

Talora a garanzia del soddisfacimento di un credito, spessoeventuale, vengono consegnate al (potenziale) creditore cose fungibili(di solito una somma di denaro). Il creditore ne acquista ladisponibilità e diviene debitore della somma: in tal caso, siparla di cauzione (o deposito cauzionale). Se sorge il credito, ilcreditore lo compensa in tutto o in parte, con il debito che haverso chi ha prestato la cauzione. Si è fuori dalla figura delpegno, che dà luogo ad un diritto reale su cosa determinata di cuiil creditore non può disporre; in tale ipotesi invece, passa alcreditore la proprietà della quantità di cose fungibili ricevute,con l’obbligo di restituzione del tantundem. L’istituto assume ilnome di pegno irregolare.

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243. Costituzione.

Un diritto di pegno può essere costituito a favore del creditore,mediante apposito accordo contrattuale, dal debitore oppure ancheda un terzo. La costituzione del pegno potrebbe avvenire, se siguarda agli effetti inter partes, perfino con un accordo verbale,tuttavia è indispensabile che il pegno sia reso opponibile aiterzi. A questo fine, è necessario:

a) che il contratto costitutivo del pegno (quando il creditogarantito eccede la somma di euro 2,58: praticamente sempre)risulti da atto scritto;

b) che la scrittura abbia data certa;c) che nella scrittura risultino specificamente indicati sia il

credito garantito ed il suo ammontare, sia il bene costituitoin pegno.

Infine, per la costituzione del pegno, occorre lo spossessamento deldebitore, nel senso che la cosa oggetto del pegno deve essereconsegnata al creditore, oppure ad un terzo di comune fiducia. Puòessere mantenuta anche in custodia di entrambe le parti, ma acondizione che il costituente sia nell’impossibilità di disporresenza la cooperazione del creditore.Solo ricorrendo queste condizioni il creditore acquista il dirittodi prelazione.Per il pegno di un credito occorrono, ai fini della prelazione, l’attoscritto e la notifica al debitore oppure l’accettazione da parte diquest’ultimo con atto di data certa.

244. Effetti.

Gli effetti prodotti dalla costituzione del pegno sono:a) il creditore (se la cosa non è affidata alla custodia di un

terzo) ha diritto di trattenerla, ma per converso, hal’obbligo di custodirla; se perde il possesso, può esercitarel’azione di spoglio e anche l’azione petitoria dirivendicazione, se questa spetta al costituente;

b) il pegno non attribuisce poteri che vanno oltre la funzionedi garanzia: perciò il creditore non può usare o disporredella cosa; se viola questo divieto, il costituente puòottenere il sequestro della cosa stessa. Peraltro ilcreditore può fare suoi i frutti della cosa, imputandoliprima agli interessi, poi al capitale. Egli deve restituirela cosa quando il debito è stato interamente pagato;

226R.G.

c) il creditore, per il conseguimento di quanto gli è dovuto,può chiedere che la cosa sia venduta ai pubblici incanti,previa intimazione al debitore, e può anche domandare algiudice che la cosa gli venga assegnata in pagamento, fino allaconcorrenza del debito, secondo la stima del bene stesso.

C) L’IPOTECA

245. Nozione.

L’ipoteca è un diritto reale di garanzia, che attribuisce alcreditore il potere di espropriare il bene sul quale l’ipoteca ècostituita e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzoricavato dall’espropriazione. Inoltre l’ipoteca attribuisce altitolare di essa il diritto di sequela. L’ipoteca, in comune con ilpegno, presenta i seguenti caratteri:

a) specialità, in quanto non può cadere se non su beni determinati:non sono ammesse ipoteche generali. Altro aspetto di talerequisito è la necessità della determinazione della somma percui è concessa l’ipoteca;

b) indivisibilità: in quanto l’ipoteca grava per intero sopra tutti ibeni vincolati, su ciascuno di essi e sopra ogni loro parte:cioè, se a garanzia di un solo credito sono ipotecati piùbeni, il creditore può, a sua scelta, fare espropriare unoqualsiasi di essi e soddisfarvi l’intero credito. Inoltrel’ipoteca resta a garantire il credito fino a quando non siatotalmente estinto.

Proprio per la gravità del vincolo che ne discende, carattereprincipale dell’ipoteca è la sua pubblicità. Essa (a differenza dellatrascrizione immobiliare) ha carattere costitutivo: il diritto d’ipotecasi costituisce mediante iscrizione nei pubblici registriimmobiliari. Questa è essenziale per il sorgere dell’ipoteca: nonsolo rispetto ai terzi, ma anche tra le parti.

246. Oggetto dell’ipoteca.

Oggetto dell’ipoteca possono essere gli immobili con le loropertinenze, i mobili registrati e le rendite dello Stato. Possono altresìformare oggetto di ipoteca l’usufrutto su beni immobili, il diritto disuperficie, la nuda proprietà, il diritto dell’enfiteuta e il diritto del concedentesul fondo enfiteutico.

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Poiché la cosa accessoria segue il destino della cosa principale,l’ipoteca si estende ai miglioramenti, alle costruzioni e allealtre accessioni dell’immobili ipotecato.

247. Ipoteca legale.

L’ipoteca può essere iscritta in forza: di una norma di legge(ipoteca legale); di una sentenza (ipoteca giudiziale); di un atto divolontà del debitore (ipoteca volontaria) o di un terzo che lacostituisce a garanzia del debito altrui (terzo datore d’ipoteca).In alcune ipotesi previste dalla legge l’ipoteca legale attribuisce adeterminati creditori, in vista della causa del credito meritevoledi particolare protezione, il diritto di ottenere unilateralmente,e perciò senza o anche contro la volontà del debitore,l’iscrizione dell’ipoteca sui beni del debitore medesimo.L’ipoteca non nasce se non è iscritta. L’ipoteca legale spetta:

1) all’alienante a garanzia dell’adempimento degli obblighiderivanti, a carico dell’acquirente, dall’atto di alienazione(ipoteca dell’alienante);

2) ai coeredi, ai soci e agli altri condividenti (sopra gliimmobili a ciascuno assegnati) a garanzia del pagamento dellesomme dovute da chi nella divisione ha ricevuto un bene ilcui valore è maggiore della quota spettantegli, percompensare l’altro o gli altri condividenti (ipoteca delcondividente).

Questi due tipi di ipoteca presentano due caratteristiche dirilievo:

a) sono iscritte d’ufficio dal responsabile del competente Ufficiodell’Agenzia del Territorio, nel momento in cui gli vienepresentato – per la trascrizione – l’atto di alienazione o didivisione, a meno che non vi sia rinunzia dell’alienante odel condividente, oppure gli obblighi risultino giàadempiuti;

b) per meglio garantire l’alienante ed il condividente, questedue ipoteche prevalgono sulle trascrizioni o iscrizioni giàeseguite contro l’acquirente o il condividente. Perciò, se l’acquirente,prima di pagare il prezzo, aliena il bene o concedeun’ipoteca su di esso, l’alienante è al sicuro: la suaipoteca prevale su tutte le altre iscrizioni a carico del suoavente causa. Perché si verifichi tale effetto, è peraltronecessario che l’iscrizione avvenga contemporaneamente allatrascrizione del titolo d’acquisto o della divisione.

226R.G.

248. Ipoteca giudiziale.

Di regola il creditore non ha diritto di chiedere unilateralmentel’iscrizione di un’ipoteca. Tuttavia il legislatore gli concedetale diritto quando ottenga una sentenza, anche se non ancorapassata in giudicato, ed anche se non ancora esecutiva, checondanni il debitore a pagargli una somma di denaro, oall’adempimento di altra obbligazione, o al risarcimento di dannida liquidarsi successivamente. In tal caso il creditore ha dirittodi ottenere l’iscrizione dell’ipoteca (ipoteca giudiziale) su unqualsiasi bene appartenente al debitore. Il creditore ha diritto all’iscrizione di ipoteca giudiziale anchese la condanna del debitore al pagamento di una somma di denarorisulti da un provvedimento giudiziale diverso da una sentenza.

249. Ipoteca volontaria.

L’ipoteca volontaria può essere iscritta in base a contratto o anche adichiarazione unilaterale di volontà del concedente. Si esclude tuttavia iltestamento per evitare che il debitore possa alterare lasituazione dei suoi creditori, accordando preferenze all’uno indanno di altri. È richiesta la forma scritta ad substantiam. Nell’atto devono esserecontenute le indicazioni idonee ad individuare l’immobile su cuisi concede l’ipoteca. Legittimato alla concessione è ilproprietario del bene. L’ipoteca su cosa altrui ha efficacia obbligatoria: chi l’ha concessa ètenuto a procurare al creditore l’acquisto del diritto di ipoteca;e cioè, ad acquistare la cosa. L’iscrizione in ogni caso puòessere validamente effettuata solo quando il bene è entrato nelpatrimonio del costituente.Analogo regime si applica in relazione all’ipoteca su cosa futura.

250. La pubblicità ipotecaria.

Dalla natura costitutiva dell’iscrizione deriva un’importanteconseguenza: l’ordine di preferenza tra le varie ipoteche, chepossono essere iscritte relativamente al medesimo bene, èdeterminato non dalla data del titolo, ma da quelladell’iscrizione. Perciò l’art. 2852 stabilisce che l’ipotecaprende grado dal momento della sua iscrizione. Ogni iscrizionericeve un numero d’ordine, che determina il grado dell’ipoteca, ilquale ha appunto un’importanza fondamentale.

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Non è vietato lo scambio del grado tra creditori ipotecari, purchéesso non ledi i creditori aventi gradi successivi. Se su unimmobile vi sono 3 ipoteche – una a favore di Tizio per un creditodi 100, l’altra a favore di Caio per 200 ed una terza a favore diSempronio per 300 – Tizio può scambiare il proprio grado con Caio(postergazione di grado) ed anche con Sempronio (permuta di grado): ma inquest’ultimo caso, per non pregiudicare Caio, che aveva davanti asé solo un’ipoteca per il credito di 100, Sempronio potrà farvalere l’ipoteca di primo grado solo per un importo di 100.La surrogazione nel grado ipotecario può avvenire anche in forzadella legge, quando si verificano i presupposti indicati nell’art.2856: surrogazione del creditore perdente. Si supponga che il debitoreabbia due immobili (A e B). Su A gravano un’ipoteca di Tizio(iscritta nel 2000 per 100) ed una di Sempronio per 50 (iscrittanel 2005); su B gravano un’ipoteca di Tizio per 100 (iscritta nel2000) e una di Caio per 50 (iscritta nel 2003). Se Tizio faespropriare B che viene venduto per 100, Caio non può soddisfareil suo credito, pur avendo un’ipoteca iscritta anteriormente aquella di Sempronio. Perciò, Caio può surrogarsi nell’ipoteca cheTizio aveva su A; se Sempronio resta insoddisfatto, non puòdolersene, perché sapeva, anteriormente alla sua, era iscrittaun’ipoteca di 100. È bene chiarire che pubblicità costitutiva non vuole affatto dire che lapubblicità valga a sanare i vizi da cui sia eventualmente affettol’atto di concessione d’ipoteca. Quindi se il negozio costitutivoè nullo o annullabile, nulla o annullabile è anche l’iscrizione.Peraltro il negozio annullabile può essere convalidato e laconvalida ha effetto retroattivo.

251. L’iscrizione.

La pubblicità ipotecaria si attua mediante: l’iscrizione;l’annotazione; la rinnovazione; la cancellazione. L’iscrizione è l’atto conil quale l’ipoteca prende vita. Essa si esegue presso l’Ufficiodell’Agenzia del Territorio del luogo in cui si trova l’immobile.Occorre ricordare che, se il negozio che concede l’ipoteca risultada scrittura privata, questa deve essere autenticata o accertatagiudizialmente. L’iscrizione dell’ipoteca a garanzia di un determinato credito facollocare nello stesso grado, oltre il credito principale, iseguenti gradi accessori:

a) le spese dell’atto di costituzione d’ipoteca, quelled’iscrizione e rinnovazione;

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b) le spese ordinarie occorrenti per l’intervento nel processodi esecuzione;

c) gli interessi purché ne sia enunciata la misura relativamentealle annate previste dall’art. 2855. Per ulteriore arretratidi interessi occorre un’iscrizione particolare che ha effettodalla sua data.

252. L’annotazione.

L’annotazione serve a rendere pubblico il trasferimento dell’ipotecaa favore di un’altra persona; oppure il vincolo che viene ariguardare l’ipoteca. Anche l’annotazione – che si esegue aimargini dell’iscrizione – ha efficacia costitutiva: la trasmissione o ilvincolo dell’ipoteca non ha effetto finché l’annotazione non siaeseguita. Resa pubblica la trasmissione o il vincolo, lacancellazione dell’ipoteca non si può eseguire senza il consensodei titolari dei diritti indicati nell’annotazione. Un’atravicenda che può subire l’ipoteca è la riduzione, che ha luogo quandoil valore del bene risulta eccessivo rispetto al creditogarantito.

253. La rinnovazione.

L’iscrizione dell’ipoteca conserva il suo effetto per venti annidalla sua data: il termine è in correlazione con la durata dellaprescrizione estintiva dei diritti reali su cosa altrui. Larinnovazione serve ad evitare che si verifichi l’estinzionedell’iscrizione: essa deve eseguirsi prima che i vent’annidall’iscrizione siano decorsi, altrimenti l’ipoteca si può dinuovo iscrivere, ma essa prende grado dalla nuova iscrizione;perciò se nel frattempo qualche creditore ha iscritto altraipoteca, sarà preferito a colui che non ha curato a tempo debitola rinnovazione. Inoltre se il bene è acquistato da un terzo, ilquale ha trascritto il suo titolo, non si potrà effettuare unanuova iscrizione né a carico del terzo acquirente, né a carico delsuo dante causa.

254. La cancellazione.

La cancellazione estingue l’ipoteca e vi si ricorre, di regola,quando il credito è estinto. La cancellazione può:

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a) essere consentita dal creditore, in tal caso l’atto diconsenso alla cancellazione riveste le stesse forme richiesteper il negozio di concessione dell’ipoteca; o

b) essere ordinata dal giudice: in questo caso la cancellazionenon può essere effettuata, se la sentenza non è passata ingiudicato.

255. Il terzo acquirente del bene ipotecato.

L’ipoteca ha efficacia anche nei confronti di chi acquistal’immobile dopo l’iscrizione. Costui non è obbligato personalmentecon tutti i suoi beni: i creditori possono solo far espropriare ilbene ipotecato, anche dopo il trasferimento. Il terzo acquirente èesposto all’espropriazione del bene solo dopo averlo acquistatogravato di ipoteca. Egli può evitare l’espropriazione esercitandoa sua scelta una delle seguenti facoltà:

a) pagare i crediti a garanzia dei quali è iscritta l’ipoteca;b) rilasciare i beni ipotecati, in modo che l’espropriazione non

avvenga contro di lui, ma contro l’amministratore dei benistessi che sarà nominato dal tribunale;

c) liberare l’immobile dalle ipoteche mediante uno specialeprocedimento (c.d. di purgazione delle ipoteche), nel quale eglioffrirà ai creditori il prezzo stipulato per l’acquisto o ilvalore da lui stesso dichiarato, se si tratta di benipervenutegli a titolo gratuito.

256. Il terzo datore d’ipoteca.

Il terzo datore di ipoteca non può avvalersi delle facoltà che lalegge concede al terzo acquirente, appunto per la sua posizione dipersona estranea alla costituzione dell’ipoteca. Il terzo datorenon può neppure opporre il beneficium excussionis: non può cioè, dire alcreditore di fare espropriare prima i beni del debitore e poiquello ipotecato.Se paga i crediti iscritti o subisce l’espropriazione, puòrivolgersi contro il debitore per farsi rimborsare (diritto diregresso).

257. Estinzione dell’ipoteca.

Occorre distinguere l’estinzione degli effetti della iscrizione ipotecaria – pereffetto della quale vengono meno solo le conseguenze dellapubblicità ipotecaria, ma l’ipoteca si può iscrivere di nuovo –

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dall’estinzione dell’ipoteca. Quest’ultima colpisce invece lo stessodiritto di ipoteca. Le cause estintive dell’ipoteca sono indicatenell’art. 2878.Tipica causa estintiva dell’ipoteca è l’estinzione, per qualsiasicausa o ragione, dell’obbligazione garantita: se si estinguequest’ultima, si estingue anche l’ipoteca e se ne può ottenere lacancellazione.Come ogni altro diritto patrimoniale, l’ipoteca può formareoggetto di rinunzia. Per la sua validità è richiesto l’atto scrittoad substantiam.Ipotesi del tutto particolare è quella della prescrizione dell’ipoteca, danon confondere con la prescrizione del credito garantito. Diregola, l’ipoteca non è soggetta a prescrizione. Peraltro,nell’ipotesi in cui il bene ipotecato sia alienato da colui che haconcesso l’ipoteca, quest’ultima si estingue per prescrizione coldecorso di venti dalla data di trascrizione del titolo di acquistodel terzo.

CAPITOLO XXIVI MEZZI DI CONSERVAZIONE

DELLA GARANZIA PATRIMONIALE

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258. Premessa.

Il patrimonio del debitore costituisce, per il creditore, garanziagenerica per il soddisfacimento delle obbligazioni gravanti suldebitore medesimo. Per impedire che il patrimonio del debitorepossa (per effetto di negligenza o di dolo del debitore stesso)subire diminuzioni che incidono su tale garanzia, la leggericonosce al creditore alcuni rimedi volti ad assicurarne laconservazione: l’azione surrogatoria, l’azione revocatoria, il sequestroconservativo.

259. L’azione surrogatoria.

Qualora il debitore – trascurando di compiere atti necessari perfar valere i propri diritti (per es. omettendo di riscuotere uncredito, ecc.) – determini, con tale inerzia, non solo unpregiudizio a carico del suo patrimonio, ma renda più rischiosa larealizzazione coattiva dei diritti dei creditori, la leggeconsente a ciascuno di questi ultimi di surrogarsi al debitoreinattivo per esercitare in suo luogo, sebbene sempre a suovantaggio, i diritti e le azioni che gli spettano. Perché il creditorepossa agire in surrogatoria, pertanto, non basta l’inerzia del debitore,ma occorre che da questa derivi un pregiudizio per le ragioni dei creditori:pregiudizio consistente nella concreta compromissione delleprospettive di esecuzione sul patrimonio del debitore. Gli effettidell’atto compiuto in luogo del debitore vanno a vantaggio delpatrimonio di quest’ultimo e quindi, di tutti i suoi creditori (enon soltanto di colui che ha agito in via surrogatoria). Ilcreditore potrà pertanto, porre in essere, a favore del debitore,gli atti che avrebbe potuto compiere quest’ultimo, senza che sipossa opporgli che non è lui il titolare del diritto.I diritti o le azioni per le quali è ammessa, in via giudiziale ostragiudiziale, la surroga dei debitori debbono avere contenutopatrimoniale: solo i diritti patrimoniali concorrono a formare lagaranzia generica del creditore. Questi non ha alcun interesse adesercitare diritti personali e seppure da tali diritti derivasseindirettamente un vantaggio al creditore non per questo sarebbeconsentita l’azione surrogatoria, perché la valutazionesull’opportunità dell’esercizio di tali diritti è rimessaesclusivamente al loro titolare. Questo carattere strettamentepersonale può rinvenirsi anche rispetto ad alcuni dirittipatrimoniali.

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Legittimato ad agire in via surrogatoria è il creditore, anche atermine o sotto condizione. Quando il credito si surroga al debitore per esercitare in luogodi quest’ultimo un’azione giudiziaria contro un terzo, al relativoprocedimento deve partecipare anche il debitore.

260. L’azione revocatoria.

Oltre che con l’inerzia il debitore può peggiorare la situazionedei suoi creditori anche ponendo in essere atti che rendano piùdifficile il soddisfacimento dei diritti di quest’ultimi. Qualorail debitore dovesse compiere atti che modificano – o dal punto divista quantitativo (ad es. dona un appartamento alla figlia) od anchesolo qualitativo (ad es. vende un immobile a fronte di uncorrispettivo di mercato) – la consistenza del suo patrimonio finoa rendere incerta, o quanto meno difficoltosa, la realizzazionecoattiva del diritto del creditore, a quest’ultimo è concesso ilrimedio dell’azione revocatoria (detta anche pauliana). Perl’esperimento di tale azione si richiedono i seguenti presupposti:

a) un atto di disposizione, ossia un atto negoziale in forza del qualeil debitore modifica la sua situazione patrimoniale, otrasferendo ad altri un diritto che gli appartiene, oassumendo un obbligo nuovo verso terzi, o costituendo su suoibeni diritti a favore di altri;

b) l’eventus damni, ossia un pregiudizio per il creditore,consistente nel fatto che, come conseguenza dell’atto didisposizione compiuto, il patrimonio del debitore divengainsufficiente a soddisfare tutti i suoi creditori, oppurevenga ad essere composto in modo tale da rendere piùdifficile l’eventuale soddisfacimento coattivo del credito.Non produce invece un simile pregiudizio il semplicepagamento di un debito scaduto: esso già incideva sulpatrimonio del debitore e, d’altro canto, costui può pagare icreditori man mano che si presentano. La revocatoria è inveceammissibile rispetto alla datio in solutum, se viene data inpagamento una cosa di valore superiore all’oggetto deldebito, ed alla novazione, se viene assunta un’obbligazionepiù onerosa di quella novata;

c) la scientia fraudis, ossia la conoscenza del pregiudizio chel’atto arreca alle ragioni del creditore (cioè la conoscenzadell’eventus damni). Non occorre la specifica intenzione dinuocere ai creditori; basta che si abbia la consapevolezza che,a seguito dell’atto dispositivo il patrimonio diviene tale da

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rendere incerta l’esecuzione. Se l’atto è a titolo gratuito, bastache questa conoscenza sussista nel debitore, perché la leggetra terzo acquirente ed il creditore, che vuole evitare undanno, non può che favorire quest’ultimo. Se invece, è a titolooneroso occorre, per la proponibilità dell’azione, lapartecipatio fraudis anche del terzo, ossia che il terzo siaconsapevole del pregiudizio che l’atto arreca al creditore:basta la consapevolezza che, con tale atto, vengano sottrattele garanzie spettanti ai creditori; non occorre anche il finespecifico di danneggiarli e neppure che il terzo cooperi allafrode con proprio particolare profitto.

L’art. 2901 precisa che la prestazione di garanzie (pegno, ipoteca),anche a favore di debito altrui, si considera a titolo oneroso seè contestuale al credito garantito: e cioè, se la garanzia èconcessa con lo stesso negozio con cui sorge il credito. Seinvece, la concessione di ipoteca o di pegno ha luogo con attoautonomo, successivo alla nascita del debito, essa avvantaggia ilcreditore senza che il concedente nulla riceva in cambio e perciò,l’atto deve ritenersi a titolo gratuito.L’onere di provare la scientia fraudis del debitore e anche delterzo spetta a chi agisce in revocatoria.

261. Effetti dell’azione revocatoria.

L’azione revocatoria, se accolta, non elimina l’atto impugnato,benché questo venga dichiarato “revocato”. Essa rendesemplicemente inefficace l’atto impugnato, ma solo nei confronti delcreditore che ha agito: il quale di conseguenza potrà promuovere sulbene oggetto di revocatoria azioni esecutive o conservative, comese il bene stesso non fosse mai uscito dal patrimonio deldebitore. L’azione revocatoria non ha dunque, effetto restitutorio: ilbene non ritorna nel patrimonio del debitore. Dell’esperimentodell’azione revocatoria non potrebbero, invece, giovarsi né ildebitore, né gli altri creditori, né il terzo. Che cosa avviene se chi ha acquistato dal debitore ha, a suavolta, disposto a favore di terzi (subacquirenti) del bene oggettodel negozio fraudolento? Anche qui la legge non accorda alcunaprotezione all’acquisto a titolo gratuito, perché ritiene più giustoevitare il pregiudizio al creditore. Se invece l’acquisto è a titolooneroso, allora creditore e terzo subacquirente si trovano allapari: entrambi vogliono evitare un pregiudizio. Nell’interessedella circolazione dei beni, la legge protegge l’affidamento che iterzi, ignari della frode (e quindi in buona fede), hanno fatto

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sull’efficacia del precedente contratto; salvo il diritto delcreditore verso chi ha acquistato inizialmente dal debitore, allarestituzione del corrispettivo ricevuto dal subacquirente. Nelcaso in cui però, essendo l’acquisto a titolo oneroso, ilsubacquirente era in mala fede (e cioè al momento dell’acquistoera a conoscenza del fatto che il precedente contratto erapassibile di revoca), allora la dichiarazione di inefficacia delprecedente contratto, estende i suoi effetti al subacquirente.Il legislatore ha stabilito che la prescrizione dell’azionerevocatoria sia più breve di quella decennale ordinaria: e cioè,cinque anni dalla data dell’atto.

262. Il sequestro conservativo.

Il sequestro conservativo è una misura preventiva e cautelare, che ilcreditore può chiedere al giudice, quando ha fondato timore diperdere le garanzie del proprio credito. Il giudice lo può autorizzare il sequestro conservativo di beniquando concorrano due presupposti:

a) il fumus boni iuris, ossia elementi che consentano di riteneresussistente e fondato il diritto di credito di cui partericorrente si dichiara titolare; e

b) il periculum in mora, ossia il rischio che (nel lasso di tempooccorrente al creditore per far valere le sue ragioni), ildebitore depauperi il suo patrimonio, così da comprometterele prospettive di esecuzione su di esso.

L’esecuzione del sequestro, autorizzato dal giudice, su uno o piùbeni (mobili, immobili o crediti) del debitore importa effettianaloghi a quelli dell’accoglimento dell’azione revocatoria:ossia, non hanno effetto – ma solo nei confronti del creditore sequestrante– gli atti dispositivi di cui il debitore dovesse fareeventualmente oggetto il bene sequestrato.

263. Il diritto di ritenzione.

Un altro mezzo concesso al creditore per conservare la propriagaranzia, è il diritto di ritenzione: ossia, il diritto del creditore dirifiutare la consegna di una cosa di proprietà del debitore, finoa quando quest’ultimo non abbia adempiuto all’obbligazioneconnessa con la cosa. Il diritto di ritenzione è una forma diautotutela. Poiché, per regola generale, l’ordinamento non permetteai singoli di farsi giustizia da sé, il diritto di ritenzione èconsentito solo nei casi espressamente previsti, in cui il

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legislatore ha ritenuto, per ragioni speciali che giustificavanola tutela del creditore, di derogare a tale principio.Conseguentemente le disposizioni che prevedono il diritto diritenzione non si applicano per analogia.

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I CONTRATTI IN GENERALE

CAPITOLO XXVIL CONTRATTO

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264. Nozioni introduttive. Il contratto come atto di autonomia trai privati.

Il contratto è un istituto centrale dell’intero sistema deldiritto privato e la figura più importante di negozio giuridico.Secondo la definizione contenuta nell’articolo 1321, “ ilcontratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolareo estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Subitosi coglie l’essenza del contratto come accordo, incontro dellavolontà di due soggetti, volto a produrre un effetto giuridico.Il contratto è uno strumento attraverso il quale i privatidefiniscono l’assetto dei loro interessi di ordine patrimoniale.Attraverso di esso i privati operano sul mercato, dove possonoscambiare beni e servizi. Sotto questo profilo si può apprezzareil ruolo del contratto come strumento fondamentale del sistemaeconomico.In termini giuridici, il contratto è lo strumento per realizzaredeterminati interessi delle persone attraverso la produzione diappositi effetti giuridici, ossia costituendo, regolando o estinguendo unrapporto giuridico patrimoniale. Gli effetti giuridici prodottidal contratto possono riguardare tanto diritti reali, quanto rapportiobbligatori. Il contratto è uno strumento fondamentale diesplicazione della libertà, o più precisamente dell’autonomia, deiprivati. Esso è dunque, espressione della libertà dei singolinella gestione dei loro interessi materiali per mezzo di atti cheproducono effetti nel loro patrimonio giuridico.Non si tratta però di una libertà incondizionata. È indispensabiletener presente che il contratto è tale in quanto produca effettirilevanti per l’ordinamento giuridico. Ciò non avviene quando ilcontratto concretamente stipulato non presenti i presuppostirichiesti dall’ordinamento per la sua validità (se un atto violauna norma imperativa, o difetta di un requisito di forma è nullo).Ma neppure è contratto l’accordo con il quale un gruppo di amicidecide di trascorrere insieme una serata, dal momento che ciò nonproduce alcun effetto obbligatorio in senso tecnico; si trattaquindi, di un accordo giuridicamente irrilevante, non di un contratto.Sul piano fenomenico, il contratto è anzitutto un fatto, ma non unfatto materiale, e neppure un semplice atto, bensì è un negozio,ossia una manifestazione di volontà. Essendo un accordo, ilcontratto non può nascere dalla volontà di un solo soggetto, maesiste in quanto due o più parti concordino nel volere produzione dideterminati effetti giuridici.

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Non ogni accordo però, è per il diritto un contratto. La legge riservala qualificazione di contratto, con la conseguente applicazione dellarelativa disciplina, ad un accordo che corrisponda a ben precisecaratteristiche. L’ordinamento peraltro, conosce una pluralità dialtre ipotesi di accordi bi- o plurilaterali, che non sonoqualificabili come contratti.Il matrimonio è un atto di volontà bilaterale, ma certamente non èun contratto (quanto meno perché privo di contenuto patrimoniale).Sempre in materia di diritto familiare, il codice parla di consenso.Ancora, la legge stabilisce che i coniugi devono concordarel’indirizzo della vita familiare. Anche quando si occupa deiprofili patrimoniali dei rapporti tra i coniugi il codicepreferisce adottare il termine convenzione, piuttosto che quello dicontratto. Ma l’espressione convenzione è adottata per indicare un accordo noncontrattuale anche in altri contesti: si pensi alle convenzioniinternazionali.Altre volte la legge utilizza invece il termine patto, di solitoper alludere ad un accordo accessorio o parziale rispetto ad unpiù ampio regolamento di interessi.Ancora in altre ipotesi la legge impiega il termine assenso peresprimere una situazione di convergenza delle volontà, ma in unastruttura negoziale che ha carattere non bilaterale.Le formule lessicali ora accennate non hanno un rigorososignificato tecnico e quindi non hanno un valore giuridico precisoe costante; il legislatore le adopera spesso come alternative allaformula, che corrisponde invece ad una precisa fattispeciegiuridica ed è dotata di univoco significato normativo, di contratto.Sempre sul piano terminologico, è utile un’ulteriore precisazione:non si deve confondere il contratto in senso proprio, che èappunto l’accordo tra le parti, con il contratto nel senso didocumento contrattuale, ossia la carta sulla quale il contratto èscritto e che documenta le dichiarazioni delle parti (ma uncontratto può essere concluso anche verbalmente), e con il rapportocontrattuale, che attiene agli effetti giuridici prodotti dalcontratto; così ad es. quando si parla di “risoluzione delcontratto” non si nega l’esistenza del pregresso accordo, ma siscioglie il rapporto che ne è derivato.

265. Centralità sistematica della disciplina legale del contratto.

Questione importante, sul piano concettuale, è quella dellarelazione tra contratto e negozio giuridico. Il contratto è un

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negozio giuridico al pari di molti altri del tutto eterogenei. Ilcodice non detta una specifica disciplina per il negoziogiuridico, mentre dedica numerose norme ai “contratti ingenerale”. Indice della portata espansiva della disciplinagenerale del contratto è la norma dell’art. 1324, secondo cui“salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano icontratti si osservano, in quanto compatibili, per gli attiunilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale”.L’art. 1322 ci offre una descrizione dell’ “Autonomiacontrattuale”, operando su due livelli.Il primo comma stabilisce che le parti possono liberamentedeterminare il contenuto del contratto, ossia le clausole volte aregolare il loro rapporto, mantenendosi nei limiti imposti dallalegge. L’assetto concreto dell’accordo deriva dal risultato delletrattative, dalla maggiore o minore abilità o potere contrattualedelle parti, dal loro interesse alla realizzazione dell’affare.Il secondo livello di autonomia attiene al “tipo” contrattuale;per tipo si intende una figura o “modello” di contratto, aventedeterminate caratteristiche e volta a realizzare una certaoperazione economica.La disciplina codicistica del contratto si apre con la trattazione“dei contratti in generale” (Titolo II, libro IV), che contieneappunto le norme generali regolatrici del contratto, applicabilidi regola a tutti i contratti, indipendentemente dalle lorospecifiche caratteristiche; sono la base comune e generale delladisciplina di qualsiasi contratto. Invece il Titolo III del LibroIV, dedicato ai “singoli contratti”, descrive e disciplina unampio numero di tipi contrattuali; qui si trova lo specificoregime normativo di ciascun modello contrattuale.Occorre dire che l’autonomia delle parti, non si arresta allalibertà di fissare le specifiche condizioni del contratto da loroconcluso. Infatti le parti non devono necessariamente adottare unodegli schemi contrattuali previsti dal codice (contratti“nominati”), ma possono anche concludere contratti che nonappartengono ai tipi aventi una disciplina particolare (contratti“atipici” o “innominati”), elaborando modelli contrattuali cheritengono più confacenti alle loro specifiche esigenze e chespesso trovano ampia diffusione nella prassi, cosicché talora siparla di contratti che vengono definiti “socialmente tipici”,perché utilizzati largamente in conformità ad un modello diffusotra gli operatori (ad es. il contratto di leasing, o quello disponsorizzazione). In qualche caso i contratti innominati sono inseguito divenuti oggetti di apposita disciplina legale, come nel

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caso della affiliazione commerciale, o franchising. I contratti atipicisono validi ed efficaci, purché siano diretti a realizzareinteressi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Inqueste ipotesi può talvolta risultare delicato quali regoleapplicare a tali figure.

266. Elementi essenziali del contratto.

L’art. 1325 descrive gli elementi essenziali del contratto: 1) l’accordo delle parti; 2) la causa; 3) l’oggetto; 4) la forma, quando è richiesta ad substantiam actus, e cioè per lavalidità del contratto. La norma li definisce “requisiti”, ossia connotati che devonoessere presenti affinché una concreta manifestazione di volontàdelle parti si possa qualificare come contratto. Segue poi ladisciplina dei singoli elementi, ossia: i principi che regolano ilperfezionamento del contratto, le caratteristiche cui deve risponderela causa del contratto; le caratteristiche dell’oggetto delcontratto e le regole sulla forma.

267. Classificazione dei contratti.

Le più importanti classificazioni dei contratti sono le seguenti:1. contratti tipici o nominati e contratti atipici o innominati, a secondache alla singola figura contrattuale il legislatore dedichi o nouna disciplina specifica;2. contratti con due parti o con più di due parti (contrattiplurilaterali): nei contratti plurilaterali il vizio checolpisce la partecipazione di una delle parti non coinvolgenecessariamente la sorte dell’intero contratto, ma occorredistinguere a seconda che la partecipazione inficiata debba omeno considerarsi “essenziale” per le altre parti, restandotravolto l’intero contratto in caso affermativo e la solapartecipazione in caso contrario;3. contratti a prestazioni corrispettive (o sinallagmatici) e contratti conobbligazioni a carico di una parte sola. I primi sono contrattiin cui le attribuzioni patrimoniali a carico di ciascuna parte ea vantaggio della controparte sono legate da un nesso direciprocità (o sinallagma), ed è questo nesso d reciprocità chespiega la comune sorte delle prestazioni corrispettive, nelsenso che ad es. se è illecita o fin dall’origine impossibile la

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prestazione a carico di una parte ne risulta invalidato l’interocontratto (sinallagma genetico), così come se non viene adempiutao diviene impossibile una prestazione non è più dovuta neanchela controprestazione (sinallagma funzionale). Così una delle partitrasferisce un diritto ad un’altra o si obbliga ad effettuareuna prestazione a suo favore, e a sua volta l’altra parteeffettua o si obbliga ad effettuare una controprestazione (ilcompratore paga, o si obbliga a pagare, solo in quanto ilvenditore gli trasferisce la proprietà della cosa venduta o siobbliga a farlo: do ut des, do ut facias, facio ut des, facio ut facias). Inveceesempi di contratti con obbligazioni a carico di una parte solasono la fideiussione, il deposito gratuito e il comodato;4. contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito;5. contratti di scambio e contratti associativi: nei primi laprestazione di ciascuna parte è a vantaggio della controparte,mentre nei contratti associativi la prestazione di ciascuno èdiretta al conseguimento di uno scopo comune;6. contratti commutativi e contratti aleatori: i primi sono quelli incui i reciproci sacrifici sono certi; i secondi sono invece icontratti nei quali vi è incertezza sui reciproci sacrificidelle parti. Va tuttavia precisato che qualunque contratto,anche se non aleatorio in senso tecnico, implica un certo gradodi rischio economico;7. contratti a esecuzione istantanea e contratti di durata: nei primila prestazione delle parti è concentrata in un dato momento,mentre nei secondi la prestazione è continua nel tempo o siripete periodicamente. Inoltre i contratti ad esecuzioneistantanea possono essere ad esecuzione immediata o differita;8. contratti a forma libera e contratti a forma vincolata (o contrattisolenni);9. contratti consensuali e contratti reali: i primi (che sono lamaggioranza) si perfezionano con il semplice consenso o accordodelle parti; i secondi richiedono oltre il consenso delle partianche la consegna del bene: contratti reali sono il mutuo, ilcomodato, il deposito e il pegno;10. contratti a efficacia reale e contratti a efficacia obbligatoria: iprimi sono quelli che realizzano automaticamente il risultatoperseguito, mentre gli altri sono quelli che non realizzanoautomaticamente il risultato perseguito, ma obbligano le partiad attuarlo.

CAPITOLO XXVI

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LE TRATTATIVE E LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO

268. La formazione del contratto. La proposta e l’accettazione.

Come prima cosa occorre avere presenti le diverse modalità con cuiun contratto può essere concluso: sottoscrivendo un unicodocumento, attraverso lo scambio di due dichiarazioni scritteidentiche, firmate ciascuna da una parte sola, verbalmente, rebusipsis ac factis.In ogni caso, stabilire in quale momento l’accordo si èperfezionato è agevole quando il consenso delle due parti simanifesta in un unico contesto di luogo e di tempo; più complicatoè quando le trattative si svolgono o in tempi successivi o trapersone lontane: per questo bisogna tener ben presenti gli attidella proposta e dell’accettazione.È discusso se proposta ed accettazione costituiscano ciascuna unnegozio: l’opinione più tradizionale è in senso negativo, inquanto osserva che si tratta di elementi che precedono ilperfezionamento del negozio e sono perciò detti prenegoziali. Altraparte della dottrina ritiene che entrambi, pur non potendo(singolarmente considerati), produrre effetti contrattuali, siano pursempre espressioni di volontà aventi consistenza negoziale.Certamente proposta ed accettazione costituiscono dichiarazioni divolontà unilaterali; quando alla proposta segue l’accettazioneallora si ha l’accordo; ma affinché ciò si verifichi occorre:

a) che l’accettazione pervenga al proponente nel termine da luistabilito, o in quello ordinariamente necessario, secondo lanatura dell’affare o gli usi; se il destinatario non rispondeentro un termine congruo la proposta perde efficacia;

b) che la dichiarazione di colui al quale la proposta eradestinata sia conforme alla proposta (non contenga cioèvariazioni, altrimenti sarebbe una nuova proposta);

c) che l’accettazione sia compiuta nella forma richiesta dalproponente.

Ma questa “fusione delle volontà dove e quando avviene? Variprincipi potrebbero essere adottati dal legislatore:

1) principio della dichiarazione (efficacia della volontà nonappena dichiarata);

2) principio della spedizione (efficacia della volontà non appenatrasmessa all’altra parte);

3) principio della ricezione (momento perfezionativo quello nelquale l’altra parte riceve la dichiarazione di accettazione);

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4) principio della cognizione (occorre che l’altra parte abbiaconoscenza dell’accettazione). Questo criterio è statoaccolto dal nostro legislatore.

Perciò la legge stabilisce che il contratto si considera conclusonel momento e nel luogo in cui il proponente ha conoscenzadell’accettazione della proposta, comunicatagli dalla controparte. L’art. 1335 stabilisce una generale presunzione valida per tutti inegozi recettizi, secondo cui la proposta e l’accettazione sireputano conosciute non appena giunte all’indirizzo del destinatario;pertanto per dimostrare che il contratto si è perfezionato èsufficiente dimostrare che la dichiarazione di accettazione èpervenuta all’indirizzo del proponente: graverà su questo poil’onere di provare (se intende contestare l’avvenutoperfezionamento del contratto) di essersi trovato senza sua colpanell’impossibilità di averne conoscenza.Ma i contratti si possono concludere anche senza bisogno di unaformale accettazione, dando direttamente esecuzione ad un ordinericevuto: in tal caso l’accordo si considera perfezionato “neltempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione”.Per quanto riguarda poi i contratti con obbligazioni a carico delsolo proponente, il codice civile stabilisce che la proposta è exlege irrevocabile dal momento in cui giunge a conoscenza deldestinatario: dunque il proponente è vincolato agli effetti dellapropria dichiarazione non appena questa è resa nota all’altraparte, così non può più revocare la proposta stessa; stabilisceinoltre che per la perfezione del contratto è sufficiente ilcontegno omissivo del destinatario che non respinga la proposta.269. La revoca della proposta e dell’accettazione.

La proposta e l’accettazione possono essere ritirate e private dieffetto mediante un atto uguale e contrario che si chiama revoca(art. 1328). La proposta può essere revocata finché il contrattonon sia concluso; invece la revoca dell’accettazione non haeffetto se non giunge a conoscenza (e cioè all’indirizzo) delproponente prima che vi giunga l’accettazione.La revoca della proposta è considerata come atto non recettizio epertanto impedisce la conclusione del contratto purché sia stataemessa ed inviata prima che il proponente abbia avuto conoscenzadell’accettazione della controparte (e non è quindi necessario chela revoca giunga altresì a conoscenza dell’accettante prima diquel momento). Viceversa per la revoca dell’accettazione non èsufficiente che tale revoca sia stata emessa e trasmessa prima chel’accettazione giunga a conoscenza del proponente, ma occorre

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altresì che la revoca dell’accettazione pervenga all’indirizzo diquest’ultimo prima che vi sia pervenuta l’accettazione.Se il proponente revoca tempestivamente la proposta impedisce ilperfezionamento del contratto; tuttavia può accadere chel’accettante ne abbia in buona fede iniziata l’esecuzione: in talcaso il proponente è tenuto ad indennizzare l’accettante dellespese e delle perdite subite.La proposta perde automaticamente efficacia se, prima che ilcontratto si sia perfezionato, il proponente muore o diventaincapace (intrasmissibilità della proposta); al pari perde efficacial’accettazione se l’accettante muore o diventa incapacenell’intervallo tra la spedizione della dichiarazione diaccettazione e l’arrivo di questa al proponente.Il proponente può anche precludersi la facoltà di revoca,dichiarando che la proposta è irrevocabile: in tal caso un’eventualerevoca sarebbe inefficace e quindi il destinatario potrebbe pursempre accettare il contratto, determinandone la conclusione. Ilcodice esige che la proposta irrevocabile sia accompagnatadall’indicazione della durata del periodo di irrevocabilità. Laproposta irrevocabile conserva il suo valore pure in caso di morteo sopravvenuta incapacità del proponente.

270. L’offerta al pubblico.

Un particolare tipo di proposta è l’offerta al pubblico (art. 1336), chevale come proposta contrattuale, benché indirizzata a destinatariindeterminati, e dunque permette che la conclusione del contrattoavvenga per effetto della sola dichiarazione di accettazione dicolui che si è interessato a perfezionare il contratto oggettodella proposta. Non va confusa né con un generico invito atrattare, volto a suscitare proposte contrattuali, né con lapromessa al pubblico. L’offerta al pubblico è revocabile, ma è efficace anche inconfronto di chi, essendo in precedenza venuto a conoscienzadell’offerta, non sia invece venuto a conoscenza della revoca.

271. Il contratto aperto all’adesione.

A volte un regolamento contrattuale può essere “aperto”all’adesione di altre parti: è il caso di contratti che tendono arealizzare determinate organizzazione di carattere associativo eche quindi presentano una struttura a punto aperta e orientata aricevere l’adesione di altri soggetti. Non tutti i contratti

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plurilaterali sono ovviamente a struttura aperta; ma in quelli chelo sono di solito è il contratto stesso a disciplinare le modalitàdi manifestazione della volontà di aderire.

272. Le trattative. Il dovere di buona fede.

Per giungere alla stipulazione di un contratto spesso è necessarioun periodo di trattative, sia per negoziare il contenuto degli accordiin formazione, sia per svolgere quegli eventuali accertamentitecnici e legali che possono servire ad una delle parti pervalutarne la convenienza dell’affare. Durante queste trattative le parti sono libere di concludere o noil contratto, ma devono comportarsi secondo buona fede: si tratta diun preciso dovere giuridico e la parte che lo violi incorre in unparticolare tipo di responsabilità (responsabilità precontrattuale o culpain contrahendo). Le condotte che possono dar luogo a tale ipotesi diresponsabilità sono:

a) abbandono ingiustificato della trattativa: trasgredisce l’obbligo dicomportarsi secondo buona fede la parte che, avendo letrattative raggiunto un punto tale da determinare unragionevole affidamento circa la conclusione del contratto,le interrompa senza un giustificato motivo. Di conseguenza laparte che si ritragga abusivamente dalla trattativa dovràrisarcire all’altra i danni conseguenti alla frustrazionedell’affidamento;

b) mancata informazione sulle cause di invalidità del contratto: ciascuna parteha il dovere di informare l’altra dell’esistenza di eventualicause di invalidità del contratto, che siano conosciute o cheavrebbero potute con la normale diligenza essere conosciutedalla parte stessa;

c) influenza illecita sulla determinazione negoziale della controparte: se unsoggetto induce un altro a stipulare un contratto traendoloin inganno (dolo contrattuale) o minacciandolo, o approfitti di unsuo errore per trarne vantaggio, il contratto è annullabile perun vizio della volontà, e colui che si è reso responsabile di talecomportamenti è tenuto a risarcire il danno all’altra parte;

d) induzione della controparte alla stipulazione di un contratto pregiudizievole: ciòavviene nel caso in cui una parte abbia sì tratto in ingannol’altra, ma non in modo tale da determinare la volontà di questadi contrarre, bensì solo da indurla ad accettare condizionidiverse da quelle che avrebbe sottoscritto se non fosse stataingannata (dolo incidente). In tal caso il contratto non puòessere annullato, ma il contraente responsabile dell’inganno

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deve risarcire all’altro il danno per averlo indotto aconcludere un contratto per lui non conveniente.

273. La responsabilità precontrattuale ( culpa in contrahendo).

La culpa in contrahendo è di natura extracontrattuale; la condottascorretta durante le trattative è ritenuta illecita e lesiva degliinteressi, giuridicamente protetti, dell’altra parte. Tuttavia unaparte della dottrina ritiene che essa abbia diversa natura, cioèsi tratti di responsabilità per inadempimento. La tipologia dei danni risarcibili nel caso di culpa in contrahendo èdiversa dai danni dovuti all’inadempimento di un contratto: ladifferenza si pone in relazione all’interesse giuridicamenteprotetto, la cui lesione determina l’obbligo di risarcimento deldanno.Nel caso di inadempimento, viene leso l’interesse positivoall’esecuzione della prestazione dovuta in forza del contratto equindi il risarcimento comprende sia le perdite conseguentiall’inadempimento dell’altra parte sia l’utile che il creditoreavrebbe tratto se l’altra parte avrebbe eseguito regolarmente lapropria prestazione.La responsabilità in contrahendo non si arresta però al solo dannoemergente: chi sia stato vittima della scorrettezzaprecontrattuale dell’altra parte ha diritto anche di essererisarcito dell’eventuale mancato guadagno derivante da altrecontrattazioni, che però deve essere correttamente individuato.Non ha alcun diritto al risarcimento dell’utile che sarebbederivato dall’esecuzione del contratto oggetto di trattativa,invece, poiché la parte avrebbe avuto diritto all’esecuzione di quelcontratto solo se lo stesso fosse stato stipulato.

274. Le condizioni generali di contratto (contratti standard o peradesione). I contratti del consumatore: rinvio.

Di solito le imprese che si occupano di contratti di massa(contratti che un impresa conclude con un gran numero di persone)predispongono “moduli” o “formulari” contrattuali, nei qualiinseriscono clausole uniformi e standardizzate. Si parla perciò di“condizioni generali di contratto” per definire appunto leclausole o regole uniformi che un determinato soggetto economicopredispone ed inserisce nei contratti che stipula con i propriinterlocutori: per questo vengono anche detti contratti standard (che

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il cliente, almeno di regola, non può discutere: o aderisce orifiuta) o per adesione.Il legislatore del 1942 ha previsto:

a) che le condizioni generali di contratto, predisposte da uno deicontraenti, sono efficaci solo se il proponente abbia fattoin modo da garantire che l’altro contraente, al momento dellaconclusione del contratto, le conoscesse o fosse in grado diconoscerle “usando l’ordinaria diligenza”;

b) che nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione dimoduli o formulari le clausole aggiunte prevalgono su quelledel modulo con cui siano incompatibili, anche quando questeultime non siano state cancellate;

c) che le clausole inserite nelle condizioni generali dicontratto o in moduli predisposti da uno dei contraentis’interpretano, in caso di dubbio, “a favore dell’altro”;

d) che, in ogni caso, non hanno effetto le clausole standard chestabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte,“limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dalcontratto o di sospenderne l’esecuzione, o sanciscono acarico dell’altro contraente decadenze, limitazioni allafacoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertàcontrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga orinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghealla competenza dell’autorità giudiziaria”.

Queste ultime clausole (vessatorie) devono essere approvate conuna sottoscrizione autonoma e distinta rispetto a quella appostagenericamente sul modulo.

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CAPITOLO XXVIII VIZI DELLA VOLONTÀ

A) IL PROBLEMA IN GENERALE

275. Problemi del consenso negoziale. Incapacità di agire e vizidella volontà.

Il contratto, in quanto negozio, è espressione di un volereindividuale. Se colui dal quale proviene la manifestazione divolontà si trova in una condizione tale da renderlo incapace di agire,o il suo processo decisionale ha subito interferenze eperturbamenti, tali vicende non possono non incidere sullarilevanza giuridica dell’atto che ne è scaturito, determinandol’invalidità dell’atto stesso. In particolare il contratto stipulatoda un soggetto incapace di agire o da un soggetto la cui volontàrisulti viziata è annullabile. I vizi della volontà a cui la leggeattribuisce rilevanza giuridica sono: errore, dolo e violenza.

276. Volontà e dichiarazione. La teoria dell’affidamento.

Qualsiasi negozio, compreso il contratto, consiste in unamanifestazione di volontà: l’intento individuale si rende percepibileall’esterno, assume perciò rilievo sociale e giuridico, in quantosia esteriorizzato, ossia dichiarato; altrimenti rimane un fenomenopuramente personale. Ma può verificarsi che la dichiarazione nonrisulti conforme all’intento negoziale del dichiarante. Ancora, la

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dichiarazione potrebbe essere intenzionalmente divergente dalla realevolontà del soggetto: è il caso della riserva mentale, delledichiarazioni a scopo didattico o rappresentativo, dellasimulazione.Tuttavia per le esigenze stesse della vita sociale non possiamo ingenere indagare l’altrui volere interno, e dobbiamo, perciò, starealle dichiarazioni altrui. D’altra parte sarebbe ugualmenteantisociale approfittare della distrazione altrui, noncontrollare, (nei limiti) se la dichiarazione sia seria eplausibile. Occorre, in sostanza, che la parte a cui ladichiarazione è diretta, sia in buona fede e la consideri conquell’attenzione che il normale svolgimento delle relazioni umanerichiede.Si può dire che il codice abbia seguito la teoria dell’affidamento,secondo cui se la dichiarazione diverge dall’interno volere o sequesto non si è correttamene formato, deve essere protettol’affidamento dei terzi che hanno regolato la loro condottaconsiderando pienamente attendibile ed efficace quelladichiarazione. Tale teoria vale per i negozi patrimoniali inter vivosa titolo oneroso, ma non per quelli mortis causa, per i negozi didiritto personale e familiare, e per quelli patrimoniali a titologratuito.

B) ERRORE

277. Errore ostativo ed errore-vizio.

L’errore consiste in una falsa conoscenza della realtà; ad esso èequiparata l’ignoranza.L’errore ostativo è, secondo l’art. 1433, l’errore “che cade sulladichiarazione” o sulla trasmissione della dichiarazione, quando cioè ladichiarazione (correttamente espressa) è stata inesattamentetrasmessa dalla persona incaricata. L’errore ostativo dunquepresuppone che la volontà del dichiarante si sia correttamenteformata e si sia stata poi espressa o trasmessa, per un errore, inun modo che non rispecchia l’effettiva volontà della parte.L’errore-vizio della volontà, invece, si verifica quando ilsoggetto ha malamente accertato e valutato le circostanze e ipresupposti di fatto del negozio, cosicché la volontà espressanella dichiarazione negoziale risulta viziata dall’errore in cui ècaduto il dichiarante.

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Entrambi i tipi di errore determinano l’annullabilità delcontratto.278. Condizioni di rilevanza dell’errore.

Il contratto viziato da errore di una delle parti è annullabile,ma a condizione che l’errore sia:

a) essenziale;b) riconoscibile dall’altro contraente.

Con il principio che subordina la rilevanza dell’errore alla sua“riconoscibilità” da parte dell’altro contraente, il legislatoreaccorda tutela all’errante solo quando ciò non contrasti con lanecessità di proteggere la buona fede e quindi l’affidamento dellacontroparte.

279. Essenzialità dell’errore.

Il requisito dell’essenzialità esprime un indice di obiettivarilevanza dell’errore: un contratto non può essere impugnato soloperché una delle parti sia incorsa in errore, ma solo quandol’errore assuma un apprezzabile rilievo rispetto all’obiettivoassetto degli interessi realizzato dal contratto.L’art. 1429 enumera i casi in cui l’errore è essenziale (e dunquegiuridicamente rilevante):

1) sulla natura del negozio (error in negotio): credo di dare unacosa in locazione, mentre il contratto è di enfiteusi;

2) sull’oggetto del negozio (error in corpore): credo che siano vitigli oggetti che voglio acquistare, invece sono chiodi;

3) su una qualità della cosa, oggetto del negozio (error insubstantia) purché in questo caso la qualità debba ritenersideterminante del consenso (si scambia un cavallo da tiro per uncavallo da corsa); non è essenziale l’errore sul valore delbene alienato e quindi sulla convenienza dell’affare. Lalegge ha previsto per lo squilibrio tra le prestazionil’apposito rimedio della rescissione per lesione;

4) sulla persona (error in persona) e cioè sull’identità o sullequalità dell’altro contraente: anche qui deve trattarsi dinegozio nel quale l’identità o le qualità della personaabbiano rilevanza tale da risultare “determinanti per ilconsenso”;

5) può assumere rilevanza anche l’error in quantitate, ossia sullaquantità della prestazione, sempre che essa sia determinantedel consenso e non si riduca ad un errore di calcolo, il

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quale non dà luogo ad annullabilità ma a semplice rettifica delnegozio;

6) anche l’errore di diritto perché sia rilevante deve averecarattere essenziale, ciò che ha luogo quando esso harappresentato la ragione unica o principale del negozio.L’errore è di diritto quando concerne la stessa vigenza ol’interpretazione di una norma giuridica.

Non può aver rilevanza l’errore sulle conseguenze giuridiche delnegozio come strumento per tentare di eluderne gli effettivincolanti: quindi chi ha venduto una cosa non può sottrarsi allaresponsabilità per i vizi che questa in ipotesi presenti,allegando che ignorava la disciplina legislativa contenutanell’art. 1490.Diversa è invece l’ipotesi in cui mi sono indotto a concludere unatto in base all’erronea valutazione di una situazione giuridica oall’erronea credenza della liceità di successivi atti giuridiciche la legge, invece, vieta. In siffatta ipotesi, richiedendol’annullamento del contratto per errore di diritto, sostengo cheil processo di formazione della mia adesione al regolamentocontrattuale è stato viziato da un’erronea valutazione dideterminati profili di diritto della fattispecie, la cui correttaconoscenza mi avrebbe indotto a compiere scelte diverse. Infattiil contratto è annullabile se l’errore di diritto è stato la ragioneunica o principale del contratto.Non ha invece carattere di essenzialità l’errore che cade sui motiviche inducono il soggetto a concludere il negozio. Eccezionalmentel’errore sul motivo, purché risulti dall’atto ed abbia valoredeterminante, ha rilevanza nel testamento e nella donazione (laloro natura gratuita spiega la deroga).

280. Riconoscibilità dell’errore.

Perché l’errore, a patto che essenziale, produca l’annullabilitàdel negozio, è necessario un ulteriore requisito: che esso siariconoscibile dall’altro contraente. L’errore si considerariconoscibile quando la controparte, usando la normale diligenza,avrebbe potuto accorgersene.Nel caso di errore bilaterale o comune, e cioè nel caso in cuientrambi i contraenti siano incorsi nel medesimo errore, lagiurisprudenza ritiene che non vada applicato il principio

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dell’affidamento, e quindi che sia sufficiente l’essenzialitàdell’errore per l’annullabilità del negozio.

C) DOLO

281. Dolo determinante ed incidente. Gli obblighi di informazione.

Un negozio è annullabile ove sia stato posto in essere inconseguenza di raggiri perpetrati ai danni del suo autore. Il dolocome vizio del consenso (o dolo-inganno) è disciplinato dal codicecivile agli artt. 1439 e 1440. Per l’annullabilità dell’attodevono concorrere:

a) il raggiro o artificio, ossia un’azione idonea a trarre ininganno la vittima;

b) l’errore del raggirato: non è sufficiente che l’autoredell’inganno abbia tentato di farmi credere cose non esatte;se io ho capito come stavano in realtà le cose, non possotrarre a pretesto il suo comportamento. Il negozio cioè èannullabile solo se il dolo è stato “determinante” (ossia sel’inganno ha avuto successo);

c) la provenienza dell’inganno dalla controparte: se sonovittima di raggiri di terzi, l’atto non è impugnabile (a menoche quest’ultimo ne fosse a conoscenza e ne abbia trattovantaggio).

Per quanto riguarda il comportamento ingannevole, è sufficientequalsiasi manovra o mezzo fraudolento, utilizzato per far caderein errore la vittima. Riguardo la menzogna, invece, il negozio nonè annullabile qualora il dichiarante avrebbe potuto rendersi contoagevolmente di quale fosse la verità.Dal dolo determinante si distingue il dolo incidente, che si limitaad incidere sulle condizioni contrattuali. Ricorre quando lavittima dell’inganno non ha stipulato l’atto per effetto delraggiro subito, dal momento che avrebbe voluto il negozio anche senon fosse stata indotta in errore: ma l’inganno ha giocato unruolo sul complessivo regolamento negoziale, in quanto, se nonfosse stata indotta in errore, la parte raggirata avrebbestipulato l’atto a condizioni diverse. In questo caso il contrattonon è annullabile, ma la vittima ha diritto di otteneredall’autore del dolo il risarcimento del danno conseguente alraggiro da lui posto in essere (danno determinato con riferimentoallo squilibrio delle condizioni contrattuali che l’ingannatore

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abbia potuto ottenere a proprio favore grazie alla frodeperpetuata).La tutela della formazione del consenso della parte spinge inmolti casi il legislatore ad imporre specifici obblighi di informazionedi una parte, quella professionalmente più avveduta, a favoredell’altra, soprattutto quando questa sia un consumatore, ondeassicurare la trasparenza delle condizioni contrattuali e laformazione di un consenso adeguatamente informato da parte delcontraente.La reticenza (o dolo omissivo) consiste nel fatto di tacerecircostanze che avrebbero potuto indurre la controparte arinunciare alla stipulazione dell’atto: essa è punita conl’annullamento del negozio tutte le volte in cui la buona fedeimponga un dovere di informazione.

282. Rapporti tra il dolo vizio della volontà e la nozionegenerale di dolo.

Il dolo-inganno non va confuso con il dolo-intenzione (oprogramma).Il dolo, come elemento intenzionale dell’illecito, non indica unparticolare tipo di azione, un fatto che si verifica nel mondoesterno, ma costituisce solo un elemento soggettivo o psicologico,ossia l’intenzione dell’agente di realizzare un determinatorisultato e si concreta nella corrispondenza tra un programmaperseguito deliberatamente da una persona e l’azione da essa postain essere. Il dolo quale vizio della volontà, invece, denota proprio unparticolare tipo di azione, l’azione di chi inganna o raggira, eche si concreta quindi in un determinato fatto esterno.

D) VIOLENZA

283. Nozione. Violenza psichica e violenza fisica.

La violenza psichica consiste nella minaccia di un male ingiusto,rivolta ad una persona al fine di estorcerle il consenso allastipulazione di un contratto o di indurla a porre in essere unaltro tipo di negozio giuridico. Si tratta quindi di un caso incui la condotta altrui interferisce illecitamente con il processodi formazione della volontà negoziale.

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Diversa è invece la violenza fisica, in cui la volontà della parte èdel tutto mancante, e pertanto il negozio concluso per effetto ditale violenza è ritenuto radicalmente nullo. Tornando al casodella violenza psichica, la volontà non manca: è viziata e comportal’annullabilità del negozio compiuto dal soggetto minacciato.La vittima della violenza psichica è posta di fronte alla sceltatra subire il male minacciato, rifiutandosi di concludere ilnegozio o consentire a quanto pretende l’autore della minaccia eporre in essere l’atto richiesto. Una volontà c’è sempre, anche senon spontanea, ma determinata dalla minaccia altrui. Poiché,cessata la violenza, la vittima potrebbe essersi adattata allasituazione determinata dalla dichiarazione emessa, l’ordinamentoaffida a chi ha subito la violenza la facoltà di agire o no perl’annullamento.La violenza si distingue dal timore riverenziale (intenso rispettonutrito nei confronti di persone autorevoli).

284. Violenza e stato di pericolo.

La violenza si distingue dallo stato di pericolo: nella violenzail perturbamento che spinge il soggetto ad emettere ladichiarazione negoziale è provocato dall’altrui minaccia; invecenello stato di necessità o pericolo c’è una situazione psichica(anch’essa anormale) di paura, determinata da uno stato di fattooggettivo, nella maggior parte dei casi da forze naturali. Se pereffetto dello stato di pericolo una persona ha assuntoobbligazioni a condizioni inique, il negozio non è annullabile, marescindibile.

285. Requisiti della violenza.

Questo tipo di violenza s’inquadra tra i vizi del consenso nellastipulazione di un negozio giuridico; perciò essa non ricorre inqualsiasi caso di minaccia di un male ingiusto, ma solo quando laminaccia sia diretta allo scopo di indurre la vittima aperfezionare il negozio che le si chiede di concludere. La leggerichiede però che si tratti di una minaccia tale da fareimpressione su una persona media, anche se si deve avere riguardoin concreto all’età, al sesso e alla condizione delle persone.Il male minacciato deve essere ingiusto e notevole e deve riguardarela vittima stessa, o il coniuge, o un discendente o un ascendenteo i rispettivi beni oppure ancora altre persone legate allavittima della violenza. Il negozio stipulato sotto la pressione

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della minaccia è annullabile. A differenza del dolo, la violenzaproduce l’annullabilità del negozio anche se esercitata da unterzo, e questo perfino se l’altro contraente sia ignaro dellaviolenza.

CAITOLO XXVIIILA FORMA DEL CONTRATTO

286. La forma del contratto.

In via generale per “forma” si intende la modalità di espressionedella volontà individuale. Per quanto riguarda il contratto, il codice civile annovera laforma tra i “requisiti” del contratto soltanto nell’ipotesi in cuiessa sia richiesta dalla legge a pena di nullità.La regola è la libertà delle forme, nel senso che un contratto, se lalegge non impone esplicitamente il rispetto di una determinataforma, può essere validamente concluso grazie a qualsiasi modalitàdi espressione del volere. Può succedere però che la legge impongache un certo contratto debba essere perfezionato secondo unadeterminata forma: un’ipotesi in cui la legge impone un requisitodi forma “minimo” è quella in cui richiede che la volontà debbaessere “espressa”. Più di frequente la legge impone la “formascritta”. In alcuni casi la legge non si accontenta della semplicescrittura privata, ma esige addirittura l’atto pubblico. La formaè talora richiesta anche a tutela dei terzi.Il requisito di forma si propaga ai contratti preparatori,strumentali o risolutori: così quando per il contratto“principale” è richiesta la forma scritta, tale forma è necessariaanche per il relativo preliminare o patto di opzione, per laprocura e la ratifica, ecc.Le nuove tecnologie di trasmissione di comunicazioniintersoggettive hanno ovviamente posto particolari problemi intema di formalismo negoziale. Secondo l’opinione tuttoraprevalente, i mezzi di comunicazione come il telefax e lacomunicazione telematica non sono idonei a perfezionare contrattiper i quali la legge richiede la forma scritta.

287. Le forme convenzionali.

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L’art. 1352 ammette che le parti possano, con apposito accordoscritto, pattuire di adottare una determinata forma per laconclusione di un contratto. In tal caso la legge presume che laforma sia stata convenuta ad substantiam, ossia ai fini dellavalidità dei futuri accordi.

CAPITOLO XXIXLA RAPPRESENTANZA

288. Nozione.

Trattando del procedimento formativo del contratto occorre volgerel’attenzione ai casi in cui la volontà contrattuale è espressa nondirettamente dall’interessato, ossia dal dominus dell’affare, bensìda un terzo appositamente incaricato. Se infatti, l’attivitàgiuridica dovesse essere compiuta esclusivamente e personalmentedal soggetto interessato, grave sarebbe l’intralcio che verrebbearrecato alle relazioni giuridiche.La rappresentanza è l’istituto per cui ad un soggetto(rappresentante) è attribuito (dalla legge o dall’interessato) unapposito potere di sostituirsi ad un altro soggetto (rappresentato)

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nel compimento di attività giuridica per conto di quest’ultimo econ effetti diretti nella sua sfera giuridica (se ad un soggetto èattribuito il potere di ricevere atti o prestazioni in nome delrappresentato, si parla di rappresentanza passiva).La figura del rappresentante differisce da quella del nuncius. Ilnuncius è colui che trasmette materialmente la dichiarazionealtrui: è un mero “portavoce” che, a differenza delrappresentante, non manifesta una volontà negoziale propria(ancorché efficace nella sfera giuridica altrui), ma comunicasemplicemente la volontà di altri. Invece il rappresentantepartecipa all’atto con volontà propria; egli può avere ricevutodelle istruzioni, ma nell’ambito di queste decide condiscrezionalità.

289. Rappresentanza diretta ed indiretta.

Perché si abbia la figura della rappresentanza vera e propria, orappresentanza diretta, non basta che una persona agisca per conto diun’altra persona: essa deve anche agire in nome di quest’altrapersona; deve dichiarare che non compie l’atto per sé, ma in nomedell’interessato (rappresentanza diretta o propria) o, come anche sidice, deve spenderne il nome. Se una persona agisce nell’interessealtrui, ma non dichiara di agire in nome altrui, si ha larappresentanza indiretta. Mentre nella rappresentanza diretta glieffetti del negozio si producono immediatamente e direttamentenella sfera del rappresentato (è come se il negozio fosse statocompiuto direttamente dal rappresentato: perciò il rappresentantesi chiama alter ego del rappresentato), nella rappresentanzaindiretta colui che emette la dichiarazione acquista i diritti ediventa correlativamente soggetto degli obblighi nascenti dalnegozio, ed occorrerà un altro negozio per trasmettere gli effettidell’atto nel patrimonio della persona nel cui interesse l’atto èstato compiuto.La rappresentanza indiretta si denomina anche interposizione reale, perdistinguerla dall’interposizione fittizia. Il compimento dell’ulteriorenegozio costituisce oggetto di un’obbligazione per ilrappresentante indiretto.Figura particolare, che si avvicina alla rappresentanza indiretta,è l’autorizzazione, con cui una persona (autorizzante) conferisce adaltra (autorizzato) il potere di compiere negozi giuridici, direttiad influire nella sfera dell’autorizzante, in nome, tuttavia,dell’autorizzato. Tale autorizzazione è un negozio giuridico didiritto privato, pertanto, si distingue dall’autorizzazione che

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promana da organi pubblici. Questa autorizzazione è unprovvedimento dell’autorità giudiziaria (che rientra nel quadrodella giurisdizione volontaria) e costituisce un elemento della fattispeciecomplessa (o del procedimento), mediante il quale ha luogo laformazione dei negozi giuridici degli incapaci.

290. Negozi per i quali è esclusa la rappresentanza.

Non in tutti i negozi è ammessa la rappresentanza: essa è, diregola, esclusa nei negozi che, per loro natura, si voglionoriservare esclusivamente alla persona interessata e, perciò, inquelli di diritto familiare (ad es. nel matrimonio) e neltestamento; è ammessa entro limiti ben ristretti nella donazione.Nel cosiddetto matrimonio per procura non ricorre la figura delrappresentante, ma quella del nuncius.

291. Fonti della rappresentanza.

Il potere rappresentativo può derivare dalla legge (rappresentanzalegale) o essere conferito dall’interessato (rappresentanza volontaria).La rappresentanza legale ricorre quando il soggetto è incapace: ilminore è rappresentato dai suoi genitori o da un tutore;l’interdetto è rappresentato dal tutore e il beneficiario diamministrazione di sostegno dall’amministratore. Un fenomeno particolare è la rappresentanza organica, ossia ilpotere di rappresentare un ente che spetta all’organo (e quindi allapersona fisica che ne è titolare) che, in base allo statutodell’ente stesso, ha la competenza ad esternare la volontà diquest’ultimo. Non si deve però confondere il potererappresentativo, che riguarda la manifestazione esterna dellavolontà dell’ente, con il potere gestorio, che riguarda ladirezione interna dell’ente.Diversa è la nozione di ufficio privato: questo consiste nel potere disvolgere un’attività nell’interesse altrui e con effetti direttinella sfera giuridica del soggetto sostituito, in adempimento diuna funzione prevista dalla legge (ad es. l’esecutoretestamentario). Infine occorre ricordare la differenza tra rappresentanza legaleed assistenza.

292. La procura.

226R.G.

Il negozio con il quale una persona conferisce ad un’altra ilpotere di rappresentarla si chiama procura (si parla anche didelega); perciò il rappresentante volontario si chiama procuratore.Si supponga per esempio che io incarichi una persona di compiereun atto in mia vece. Questa persona può farlo o per amicizia operché è un mio dipendente, ecc. Ciò riguarda il lato interno, ilrapporto tra me e la persona incaricata. La procura riguarda,invece, il lato esterno: essa serve a rendere noto ai terzi, con iquali il rappresentante dovrà venire a contatto per assolverel’incarico, che egli è da me autorizzato a trattare in mio nome.Perciò la procura consiste in un negozio unilaterale (per la cuiefficacia non occorre l’accettazione del procuratore) che vatenuto distinto dal rapporto interno tra rappresentante erappresentato: questo rapporto interno (rapporto di gestione) puòderivare da un mandato, da un contratto di lavoro, ecc. è perciòda evitare la confusione che si fa nella pratica tra procura emandato. Quest’ultimo è un contratto che regola i rapporti tra ilmandante ed il mandatario, e disciplina i loro obblighi reciproci.Occorre poi precisare che il mandato stesso può essereaccompagnato o meno da una procura, dando luogo alternativamentealla figura così della rappresentanza diretta come di quellaindiretta, mentre, a sua volta, la procura può essere rilasciatain esecuzione di un negozio diverso dal mandato. La procura può essere espressa o tacita, risultante, cioè, da fatticoncludenti. Di regola, per la procura non è richiesta adsubstantiam alcuna forma particolare. Fa eccezione l’ipotesi incui tale forma sia richiesta per il negozio da concludere: allorail requisito si comunica alla procura.Per quanto riguarda i requisiti della procura, occorre tenerpresente che per effetto della rappresentanza le conseguenzedell’atto compiuto dal procuratore si ripercuotono direttamentesul patrimonio del rappresentato. Perciò, per la validità delnegozio concluso mediante rappresentanza, è necessaria la capacitàlegale del rappresentato. Egli può servirsi come rappresentanteanche di un incapace legale, purché questi abbia capacità diintendere e di volere.La procura può concernere un solo affare o più affari determinati(procura speciale) o può riguardare tutti gli affari del rappresentato(procura generale o ad negotia). Entrambe, le due procure, possonocontenere limiti all’attività del procuratore. Ed è naturale cheil rappresentante possa vincolare il rappresentato solo nei limitidei poteri conferitigli. Appunto perciò, interessa al terzo, chevuol trattare con il rappresentante, conoscere se questi è

226R.G.

effettivamente investito del necessario potere ed entro qualilimiti. Colui il quale contratta con chi si dichiara procuratoredi un terzo, ha diritto di esigere dal rappresentante lagiustificazione dei suoi poteri e, se la procura è conferita peratto scritto, di ottenerne copia; il rappresentante inoltre, ètenuto a restituire il documento attestante i suoi poteri quandoquesti sono cessati.Il rappresentato può modificare l’oggetto o i limiti della procurae può anche togliere al rappresentante il potere che gli avevaconferito. L’atto con il quale il rappresentato fa cessare glieffetti della procura si chiama revoca della procura; anche larevoca è un negozio unilaterale. Peraltro non è revocabile laprocura conferita anche nell’interesse di terzi o dello stessoprocuratore (c.d. procura in rem suam). La procura cessa di regola,anche per la morte sia del rappresentante che del rappresentato.Anche la nomina di un nuovo rappresentante per lo stesso affare oil compimento di questo da parte dello stesso rappresentato,purché siano comunicati al rappresentante, implicano revoca tacitadella procura.La revoca e le modificazioni della procura devono essere portate aconoscenza dei terzi con mezzi idonei. Il legislatore infatti,stabilisce che, se non si è provveduto a portare a conoscenza delterzo la revoca o la modificazione, il negozio concluso dalrappresentante, nonostante la revoca o la modificazione, restavalido. Per sfuggire a questa conseguenza l’interessato, che nonabbia provveduto a portare a conoscenza del terzo la revoca o lamodificazione, ha l’onere di provare che il terzo, al momentodella conclusione del contratto, aveva avuto conoscenza dellarevoca o della modificazione della procura per altra fonte.

293. Vizi della volontà e stati soggettivi nel negoziorappresentativo.

Il negozio concluso dal rappresentante in nome del rappresentatosorge dalla volontà del rappresentante, sia pure in base alleistruzioni ricevuti ed a limiti fissatigli. Per stabilire quindi,se la volontà si è rettamente formata, se l’acquisto è statocompiuto in buona o mala fede, si deve tener conto della volontà edella situazione psicologica del rappresentante. Il negozioconcluso dal rappresentante sarà, perciò, annullabile, se egliversava in errore, o è stato costretto alla sua conclusione daviolenza, ecc. Si fa eccezione nel caso in cui l’anomalia dellavolontà o lo stato soggettivo influente si riferiscano ad un

226R.G.

elemento predeterminato dal rappresentato, cioè, incidano sulleistruzioni da lui date. Fatta salva quest’ultima ipotesi, si hariguardo alla buona o mala fede del rappresentante nel caso in cuiquesta abbia rilevanza. In ogni caso, peraltro, la mala fede delrappresentato inquina il negozio, ancorché essa riguardi la sferalasciata alla discrezionalità al rappresentante. Il rappresentatonon può giovarsi dello stato di ignoranza del rappresentante,quando egli sapeva di ledere l’altrui diritto.

294. Il conflitto d’interessi tra rappresentante e rappresentato.

In generale il potere di rappresentanza è conferito nell’interessedel rappresentato. Non si esclude però, che esso possa essereconferito consapevolmente dall’interessato anche nell’interessedel rappresentante. Quando la procura è conferita anchenell’interesse del rappresentante, questo viene chiamato procurator inrem suam. In questa ipotesi la procura è, di regola, irrevocabile.Se il rappresentante è portatore di interessi propri o di terzi incontrasto con quelli del rappresentato si ha conflitto d’interessi trarappresentato e rappresentante. Può darsi che egli abbiaconseguito un risultato vantaggiosissimo per il rappresentato: mavi è il sospetto che anziché curare gli interessi del dominus abbiaavuto di mira i propri vantaggi o quelli di un terzo (conflittopotenziale, che differisce da quello attuale, quando è provato che nonho agito nell’interesse del rappresentato. L’atto posto in esseredal rappresentante in conflitto d’interessi è viziato, perciò,indipendentemente dal fatto che il rappresentato sia statoeffettivamente danneggiato. Naturalmente il conflitto d’interessiè irrilevante se il dominus, essendone a conoscenza, autorizzi ilrappresentante a concludere ugualmente il negozio.Se il rappresentante agisce in conflitto di interessi con ilrappresentato, il negozio è annullabile su domanda diquest’ultimo. Anche qui gioca il principio della protezione delterzo contraente in buona fede: il negozio è annullabile solo seil conflitto medesimo era conosciuto o poteva essere conosciutocon l’ordinaria diligenza dal terzo. Se il conflitto d’interessisi verifica nella rappresentanza legale, è prevista la nomina diun curatore speciale o di un protutore.Rientra nello schema del conflitto d’interessi la figura delcontratto con se stesso (unico soggetto che svolge contemporaneamente dueparti: o un procuratore che rappresenta al tempo stesso sia ilcompratore sia il venditore; o un rappresentante del venditore cheacquista per sé la merce che il venditore intende alienare). Il

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contratto con se stesso è, di regola, annullabile: è valido quandoil rappresentato abbia espressamente autorizzato la conclusionedel contratto, oppure il contenuto del contratto sia statopreventivamente determinato dallo stesso rappresentato in modo daescludere la possibilità di conflitto.

295. Rappresentanza senza potere.

Si può verificare anche il caso che lo svolgimento di attivitànegoziale in nome altrui non sia preceduto dal conferimento delpotere di rappresentanza da parte dell’interessato. Il negoziocompiuto da chi ha agito come rappresentante senza averne ilpotere (difetto di potere) o eccedendogli i limiti delle facoltàconferitegli (eccesso di potere) non produce alcun effetto nella sferagiuridica dell’interessato. Il negozio è perciò inefficace.Il rappresentato può, con una propria dichiarazione di volontà,approvare ciò che è stato fatto in suo nome da altri senza cheegli avesse attribuito il potere di rappresentarlo. Questadichiarazione si chiama ratifica. La ratifica è una procurasuccessiva: è cioè, un negozio unilaterale con cui l’interessatofa propri gli atti conclusi in suo nome da chi non aveva il poteredi rappresentarlo o ha esorbitato dai poteri concessigli. Laratifica può essere espressa o tacita: essa, come la procura, deverivestire le forme prescritte dalla legge per la conclusione delnegozio. La ratifica ha effetto retroattivo, il negozio siconsidera, cioè, efficace ab initio, come se fosse stato posto inessere originariamente da persona fornita di procura. Laretroattività della ratifica non può, peraltro, pregiudicare idiritti acquistati dai terzi.L’art. 1399 prevede che il terzo contraente possa invitarel’interessato a chiarire definitivamente se intenda o menoratificare il negozio stipulato dal falsus procurator, assegnandogli untermine entro il quale dovrà pronunziarsi, perché altrimenti,scaduto tale termine, il suo silenzio viene equiparato dallegislatore ad un rifiuto della ratifica. Se l’interessato nonratifica il negozio stipulato in suo nome dal falsus procurator, èchiaro che questo negozio resta inefficace. Se il contratto,mancando la ratifica del dominus, rimane definitivamenteinefficace, il terzo ha diritto di chiedere il risarcimento deidanni allo pseudo-rappresentante. L’art. 1398 subordina talediritto del terzo alla condizione che questi abbia confidato senzasua colpa nella validità del contratto: se sapeva che colui che agivain nome altrui non aveva il relativo potere, oppure se avrebbe

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potuto accorgersene usando la normale diligenza, non puòpretendere alcun risarcimento. Peraltro tale risarcimento èlimitato al solo “interesse negativo”: vale a dire che il terzonon potrà pretendere dal falsus procurator tutto quanto avrebbepotuto ricavare dall’affare sfumato, ma potrà chiedere solo, oltreal rimborso delle spese sostenute, il risarcimento per aver persoeventuali occasioni di stipulare altri contratti e per l’attivitàsprecata nella trattativa.

296. La gestione di affari altrui.

Non sempre lo svolgimento di attività giuridica nell’interesse dialtri senza averne il potere costituisce un atto riprovevole. Perciò la legge, nel caso in cui taluno senza esservi obbligato, equindi spontaneamente, assume la gestione di affari altrui, stabilisce cheil gestore non può dismettere a proprio piacimento la gestione, madeve continuarla e condurla a termine, finché l’interessato nonsia in grado di riprendere il governo dei propri interessi. Intale attività, il gestore è sottoposto alle norme sul mandato edalle relative obbligazioni e responsabilità in caso di mala gestio,ma il giudice può, in considerazione delle circostanze che hannoindotto il gestore ad intraprendere la gestione, moderarel’eventuale risarcimento dovuto. Dall’altro lato, qualora lagestione sia stata utilmente iniziata (utiliter coeptum), l’interessatodeve adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in nomedi lui e deve altresì tenerlo indenne dalle obbligazioni assuntedal gestore in nome proprio. Non si deve perciò guardare all’esito finale, ma occorre invece,tener conto dell’utilità iniziale e vedere, quindi, se l’affarestesso si prevedeva utile, in base alla valutazione che il dominusavrebbe fatto al momento in cui l’affare fu intrapreso. La gestione di affari può avere per oggetto anche le alienazionidi beni altrui.

297. Il contratto per persona da nominare.

Nel momento della conclusione di un contratto una parte puòriservarsi la facoltà di nominare la persona nella cui sferagiuridica il negozio deve produrre effetti. Può dire cioè:acquisto l’immobile, ma agisco per una persona che mi riservo dinominare. Se segue entro 3 giorni la dichiarazione di nomina (electioamici o dichiarazione di comando), si producono gli stessi effettiche si sarebbero verificati se fosse stata conferita la procura

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anteriormente al negozio. La dichiarazione di nomina è efficace,nei confronti del soggetto nominato, solo se accompagnata dalladichiarazione di accettazione da parte della persona indicata,oppure se esiste una procura conferita da quest’ultimaanteriormente alla stipulazione del contratto. Se manca una validadichiarazione di nomina, il negozio produce effetti nei confrontidi colui che ha stipulato il contratto. Le parti possono convenireche la dichiarazione di nomina possa essere effettuata entro untermine maggiore dei 3 giorni fissato dalla legge, purché sitratti di un termine fisso e determinato. Si ricorre a tale figuraquando il contraente non vuole apparire al momento dellaconclusione del contratto per suoi motivi personali. Il contratto per persona da nominare si distingue dallarappresentanza indiretta, in quanto non occorre un nuovo negozioperché gli effetti si producano a favore dell’interessato. Sidistingue dall’interposizione fittizia o simulata, perché in questa, conl’intesa dell’altra parte, il contraente dichiara fittiziamente diagire in nome proprio, ma, in realtà, chi contrae èl’interponente; nel contratto per persona da nominare ilcontraente, invece, dichiara di contrarre per persona da nominare.La natura del contratto per persona da nominare è disputata:secondo l’opinione preferibile si ha una rappresentanza eventuale inincertam personam o rappresentanza innominata. La rappresentanza èinnominata perché il terzo dichiara di agire in nome altrui, manon rivela la persona per cui agisce; è eventuale perché, se ladichiarazione di nomina non è efficace la figura dellarappresentanza viene a mancare.La dichiarazione di nomina e l’accettazione sono negoziunilaterali; essi servono ad integrare il contratto, perciò devonorivestire la stessa forma che le parti hanno usato per ilcontratto, anche se tale forma non sia prescritta dalla legge.

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CAPITOLO XXXIL CONTRATTO PRELIMINARE ED I VINCOLI A CONTRARRE

298. Il contratto preliminare.

Si dice preliminare il contratto con cui le parti si obbligano astipulare un successivo contratto definitivo, di cui pertanto devonoavere già determinato nel preliminare il contenuto essenziale. Nella pratica si parla pure di “compromesso”, ma si tratta di untermine improprio. Non bisogna confondere con il contrattopreliminare un contratto definitivo, di cui le parti si impegnanoa porre in essere una successive documentazione formale. Al parinon bisogna confonderlo neanche con eventuali dichiarazionipreparatorie con le quali le parti si danno atto di avere giàraggiunto un primo accordo su taluni punti di un programmacontrattuale, ma si riservano di completarne il contenuto.Il preliminare, per non essere invalido per indeterminatezza, devegià precisare in modo sufficiente il contenuto del contrattodefinitivo che le parti si obbligano fin da ora a stipularesuccessivamente.La prestazione che le parti di un contratto preliminare siobbligano ad eseguire consiste ne perfezionare il contrattodefinitivo: il preliminare ha dunque effetti obbligatori, non reali,consistenti nell’esecuzione di un facere per sua natura infungibile(ossia nell’emissione di una dichiarazione negoziale). Sarà poi ilcontatto definitivo a produrre gli effetti sostanziali programmatidalle parti.Il contratto preliminare può vincolare ambedue le parti o ancheuna sola (promessa o preliminare unilaterale). Quali sono le conseguenze dell’inadempimento del contrattopreliminare? Innanzitutto, come per ogni altro contratto che rimangainadempiuto, si può chiedere il risarcimento dei danni subiti acausa dell’inadempienza della controparte: si tratta di responsabilitàcontrattuale, e non precontrattuale. Inoltre la legge pone a disposizionedella parte che vi ha interesse, uno strumento che consentel’esecuzione in forma specifica degli obblighi derivanti dal contrattopreliminare. Siccome in nessun caso una persona può esserecostretta ad emettere una dichiarazione negoziale contro la

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propria volontà, la legge offre al contraente un appositostrumento di tutela, ossia la facoltà di ottenere una sentenza(costitutiva) che produca gli stessi effetti che avrebbe dovutoprodurre il contatto che l’altra parte non ha voluto concludere.Questo tipo di strumento può essere attivato quando èmaterialmente possibile e non è escluso dal titolo.

299. La trascrivibilità del contratto preliminare.

La legge prevede in via generale la trascrizione degli atti chetrasferiscono, costituiscono, modificano o estinguono diritti reali subeni immobili, mentre il preliminare, come si è detto, nondetermina alcun effetto di tale genere, ma solo l’obbligo per leparti di stipulare un successivo contratto definitivo. Con L. 28 febbraio 1997, n.30, è stata prevista la possibilitàdella trascrizione di alcuni contratti preliminari. Questa leggeha inserito nel codice civile un nuovo art. 2645-bis, con cui èstata ammessa la trascrivibilità dei contratti che, relativamentea beni immobili, trasferiscono la proprietà, costituiscono otrasferiscono diritti di usufrutto, superfici ed enfiteusi,diritti di comunione, di servitù prediali, uso e abitazione. Latrascrizione è ammissibile solo se tali preliminari “risultano daatto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizioneautenticata o accertata giudizialmente”. Il secondo comma diquesto nuovo articolo dispone che, in caso di trascrizione delpreliminare, la successiva trascrizione del contratto definitivo,prevale sulle trascrizioni eseguite contro il promittente alienantedopo la trascrizione del contratto preliminare. Gli effetti delcontratto definitivo sono opponibili a coloro cha abbianoacquistato diritti nei confronti dell’alienante nel periodosuccessivo alla trascrizione del preliminare. Il preliminaretrascritto, dunque, non produce il trasferimento del dirittoreale, ma anticipa l’opponibilità ai terzi degli effetti deldefinitivo sin dalla data della trascrizione del preliminare. Ciò accade però solo se la trascrizione del contratto definitivo odella domanda giudiziaria volta ad ottenere la sentenzacostitutiva del trasferimento avvengano entro 1 anno dalla dataconvenuta tra le parti per la conclusione del contrattodefinitivo, e in ogni caso entro 3 anni dalla trascrizione delpreliminare, dopo di che questa trascrizione perde valore ed ècome se non fosse mai avvenuta.

300. La tutela degli acquirenti di immobili da costruire.

226R.G.

Esigenze urgenti si ponevano rispetto alla situazione deipromissari acquirenti di appartamenti facenti parte di stabili incorso di costruzione. Qualora fosse intervenuto il fallimento delcostruttore, non solo i contratti preliminari risultavanoinopponibili al fallimento, ma perfino gli anticipi già versatidai promissari acquirenti davano origine a meri creditichirografari. Un primo intervento di tutela è stato attuato dal nuovo art. 2645-bis: la trascrizione del preliminare è stata ammessa pure per gliedifici da costruire o in corso di costruzione. Un altrointervento si ha con il D.Lgs. 20 giugno 2005, n.122 che siapplica non solo in caso di contratto preliminare relativo adimmobile in corso di edificazione ma anche al caso dicompravendita (di cosa futura) o di qualsiasi altro contratto,compreso quello di leasing, cha abbia o possa avere per effettol’acquisto o comunque il trasferimento non immediato dellaproprietà o di altro diritto reale su di un immobile da costruire.Tali norme si applicano solo quando l’acquirente sia una personafisica.

301. L’opzione.

Alla proposta irrevocabile la legge parifica, quanto agli effetti,l’opzione (art. 1331) che si ha quando il vincolodell’irrevocabilità della proposta consegue non ad un impegnoassunto unilateralmente dal proponente, ma ad un accordo stipulatotra le parti. Dall’opzione deriva il diritto del beneficiario(opzionario) di perfezionare il contratto, entro il termine divalidità dell’opzione, con la sua sola dichiarazione diaccettazione, mentre l’altra parte resta vincolata e non può piùinterferire sulla stipulazione del contratto (che ormai dipendeesclusivamente dalla decisione del beneficiario dell’opzione).Naturalmente se non è stato fissato un termine di efficaciadell’opzione, questo è stabilito dal giudice. L’opzione sidistingue dal patto di prelazione.

302. La prelazione.

Talvolta o la legge o un patto volontariamente stipulato possonoattribuire ad un soggetto un diritto di prelazione, ossia il dirittodi essere preferito ad ogni altro, a parità di condizioni, nel caso

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in cui la persona soggetta alla prelazione dovesse decidersi astipulare un determinato contratto. Il soggetto passivo della prelazione non è affatto obbligato aconcludere tale contratto, ma nel momento in cui decida divendere, ad es., egli è obbligato (prima di stipulare con unterzo) ad offrire al titolare della prelazione di perfezionare ilcontratto alle stesse condizioni pattuite con il terzo. La prelazione può esserevolontaria, quando venga concessa con un accordo tra privati; oppurelegale, cioè accordata da una norma di legge (ricorrendo determinatipresupposti) per finalità di interesse generale. La prelazionevolontaria non è opponibile ai terzi (ha quindi mera efficaciaobbligatoria); invece quella legale assicura al prelazionario undiritto di preferenza opponibile ai terzi. Sono numerose le normeche prevedono un diritto legale di prelazione come ad es., quellaa favore dei coeredi, nel caso in cui uno di essi intenda alienarea terzi la sua quota di comunione ereditaria.Vi sono poi casi di prelazione a favore dello Stato, il quale haad es. la facoltà di acquistare in via di prelazione i beniculturali alienati a titolo oneroso.

CAPITOLO XXXIL’OGGETTO DEL CONTRATTO

303. I requisiti dell’oggetto. Oggetto e contenuto.

Secondo l’art. 1346, l’oggetto del contratto deve essere possibile,lecito, determinato o determinabile. Secondo una prima accezione per oggetto del contratto devonointendersi le prestazioni dedotte in contratto come dovute dalle parti.Una seconda concezione identifica l’oggetto con il bene dovuto, checostituisca l’oggetto di una prestazione di dare o comunque sulquale ricadano gli effetti del contratto (si parla in tal casoanche di oggetto “mediato”). Infine qualcuno identifica l’oggettocon il contenuto del contratto.Passando ai requisiti dell’oggetto, la legge enumera le condizioniche l’oggetto deve soddisfare, sotto pena di nullità del contratto ilcui oggetto non risponda ai requisiti legali. L’oggetto devedunque essere:

a) possibile, cioè materialmente suscettibile di esecuzione;b) lecito: l’oggetto del contratto è illecito quando la

prestazione è contraria a norma imperativa, all’ordine

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pubblico o al buon costume; in tal caso il contratto non ègiuridicamente suscettibile di esecuzione;

c) determinato o determinabile: occorre cioè che sia chiaro a che cosale parti si impegnano; no è valido, dunque, il contratto conil quale le parti abbiano rinviato la determinazionedell’oggetto ad un successivo accordo tra le parti stesse.Talora la legge detta criteri integrativi per la determinazionedell’oggetto. La legge ammette che il contratto possa avereper oggetto cose future, se ciò non sia vietato dalla legge: inquesto caso l’oggetto è già identificato, e consiste nella ressperata (che dovrà essere consegnata nel momento in cui vengaad esistenza).

304. La determinazione dell’oggetto ad opera di un terzo.

Le parti possono anche stabilire che l’oggetto della prestazionesia determinato da un terzo: possono, per es., stabilire che ilprezzo della cosa (oggetto di una vendita) sia fissato da unostimatore esperto o comunque da un terzo: questa persona si chiamaarbitratore (da non confondere con l’arbitro) e la sua attivitàarbitraggio.

CAPITOLO XXXIILA CAUSA DEL CONTRATTO

305. Nozione.

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Elemento essenziale di ogni negozio giuridico è la sua causa. Sitratta di un termine però, che viene adoperato con piùsignificati. In primo luogo si parla di causa dell’obbligazione; l’obbligazioneperò, non è un negozio, ma un rapporto giuridico, sicché ilriferimento alla “causa”, in questo contesto sta ad indicare “iltitolo” da cui il debito deriva, la sua “fonte”. In secondo luogosi parla di causa con riferimento al fondamento di unaattribuzione patrimoniale, per determinare se lo spostamento diricchezza è giustificato.Riferito al negozio il concetto di causa è importante solo perquelli nei quali l’autonomia dei privati può influire sulcontenuto e, quindi, sugli effetti del negozio: essa non haimportanza, cioè, per atti in cui il privato può scegliere solo secompiere o meno l’atto, ma non può interferire sui suoi effetti.L’esigenza della causa, che l’art. 1325 annovera espressamente trai requisiti del contratto, senza però definirla, e soprattutto diuna causa lecita, indica la necessità che siano leciti e meritevolidi protezione giuridica non solo i singoli effetti perseguiti, masoprattutto la loro combinazione nell’ambito del complessivoregolamento che le parti, con il loro accordo, hanno volutodettare. Non sempre un certo risultato può realizzarsi perchévoluto e promesso: un “nudo consenso” non è sufficiente per darluogo ad effetti giuridici. L’ordinamento per concedere efficaciaal volere delle parti, sottopone l’atto di autonomia ad uncontrollo circa il suo fondamento razionale e giuridico; se essoha esito negativo il contratto è ritenuto immeritevole diprotezione giuridica: cioè, le parti non potranno pretenderel’esecuzione coattiva delle promesse scambiate.Si comprende, in tale contesto, il senso della formula (oggidiscussa) che pone la causa in relazione della funzione obiettivadel contratto. Così, nei contratti sinallagmatici, la causaconsiste appunto nello scambio tra le due prestazioni, cosicché ilsacrificio di una delle parti è giustificato da quello dell’atraparte.Per i contratti tipici, che sono quelli disciplinati specificamentedal legislatore, l’esistenza e la liceità della causa, ossia dellagiustificazione dell’accordo, di una sua funzione che lo rendameritevole di tutela giuridica, è già valutata positivamente, inlinea di principio, dalla legge; ma resta da valutare se anche inconcreto il singolo accordo sia meritevole di approvazione.

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Per i contratti atipici, che sono quelli che la pratica pone inessere pur in assenza di uno schema legislativo, la valutazionedeve riguardare non solo il contenuto concreto dell’accordo, mapure lo stesso schema generico della pattuizione.Una categoria particolare dei contratti atipici è rappresentatadai contratti misti, la cui causa è costituita dalla fusione dellecause di due o più contratti tipici. Per es.: causa dellalocazione è la concessione del godimento di una cosa controcorrispettivo; causa del rapporto di lavoro domestico è lo scambiodi servizi domestici contro corrispettivo. La fusione di questedue cause dà luogo ad un contratto misto: ad es. un contratto conil quale una persona concede ad altri, contro corrispettivo,alloggio e provvede a lavare e rammendare la biancheriadell’ospite. Secondo la giurisprudenza, al contratto misto, siapplica per analogia la disciplina del contratto la cui funzione èin concreto prevalente (teoria dell’assorbimento). Criticata è lateoria della combinazione, secondo cui la disciplina risulta dalleregole dei vari contratti tipici insieme combinate.Situazione differente è quella che si verifica nel caso deicontratti collegati: si tratta di ipotesi in cui le parti stipulanonegozi tra loro distinti, ma che funzionalmente sono preordinatidalle parti per la realizzazione di un disegno unitario, condivisodai contraenti: in tal caso se gli effetti di uno dei duecontratti non si possono produrre, anche quelli dell’altro vengonomeno, perché è frustrata la finalità complessiva dell’operazioneeconomica voluta dai contraenti. Una particolare ipotesi dicollegamento è costituita dal subcontratto, che ricorre quando coluiche ha stipulato un determinato contratto ne stipula un altro, conun terzo, che contiene un regolamento di interessi omogeneo aquello del contratto principale, e che è funzionalmente dipendenteda quest’ultimo.

306. Negozi astratti.

Ogni negozio deve avere la sua causa, perché ogni negozio devecorrispondere ad uno scopo socialmente apprezzabile. Ciò nonesclude che, in alcuni negozi, gli effetti si producanoastraendosi o prescindendosi dalla causa, la quale restaaccantonata. Tali negozi sono detti astratti in contrapposto aglialtri che sono detti causali. Anche nei negozi astrattil’inesistenza o l’illiceità della causa toglie efficaciaall’attribuzione patrimoniale, ma la reazione dell’ordinamentogiuridico è ad effetto ritardato: il negozio produce i suoi

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effetti ed occorre, pertanto, eseguire la prestazione che ne formal’oggetto: si può, peraltro, agire per la restituzione, se lacausa non esisteva o era illecita. Questi negozi servono afacilitare l’acquisto e la circolazioni di diritti. Occorre distinguere tra astrazione sostanziale e astrazione processuale.L’astrazione sostanziale è quella per cui il negozio nel suofunzionamento resta svincolato dalla causa. L’astrazioneprocessuale presuppone che il negozio sia causale: chi agisce perottenere la prestazione, derivante a suo favore da tale negozio,non ha l’onere di dimostrare l’esistenza e la liceità della causa,ma chi è chiamato in giudizio deve provarne l’eventuale mancanza ol’illiceità, se vuole sottrarsi alla condanna. L’astrazioneprocessuale si risolve, pertanto, in una inversione legaledell’onere della prova. La legge prevede l’astrazione processualea proposito della promessa di pagamento e della ricognizione didebito.In ogni caso nel nostro ordinamento le figure di negozi astrattipossono produrre solo effetti obbligatori: non si ammette che unadichiarazione astratta possa determinare il trasferimento di undiritto reale, che necessita sempre di un’adeguata giustificazionegiuridica.

307. Mancanza della causa.

La causa può mancare fin dall’origine del negozio (mancanza geneticadella causa). Può anche avvenire che, pur esistendooriginariamente la causa, per vicende successive non sia piùrealizzabile il risultato a cui il negozio era diretto (mancanzafunzionale della causa).Nei negozi tipici la causa esiste sempre, se considerata inastratto, perché il legislatore l’ha prevista. Essa può però,mancare nel caso concreto: ciò che avviene quando, per lasituazione in cui dovrebbe operare, il negozio non può esplicarela sua funzione. Se compro una cosa che già è mia ecco che ilnegozio non può realizzare il risultato di trasferirmi laproprietà di una cosa che è già mia e, se ho pagato il prezzo, hodiritto a riaverlo, perché l’attribuzione patrimoniale a favoredel debitore sarebbe senza causa. La mancanza originaria dellacausa produce la nullità del negozio.Può darsi che la causa manchi originariamente solo in parte (difettogenetico parziale della causa). Ciò può avvenire nei contratti aprestazioni corrispettive, nei quali al sacrificio patrimoniale diuna parte fa riscontro quella dell’altra. La legge attribuisce

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rilevanza al difetto di causa solo se una controprestazione manchidel tutto, oppure se lo squilibrio tra la prestazione di una partee il corrispettivo assuma proporzioni inique o notevoli e siafrutto del perturbamento della volontà di una delle parti(contratto concluso in stato di pericolo o di bisogno: in tal casoil rimedio non è la nullità, ma la rescissione del contratto).La causa può esistere originariamente, e tuttavia possonosopravvenire circostanze che impediscono alla causa di funzionare(difetto sopravvenuto o funzionale della causa) (ad es. il compratore non pagail prezzo). Sia nel caso d’inadempimento che di impossibilitàsopravvenuta o di eccessiva onerosità sopravvenuta il contrattonon è nullo, ma la parte può agire per la risoluzione e cosìsciogliersi dal vincolo.

308. L’illiceità della causa.

La causa è illecita quando è contraria a norme imperative,all’ordine pubblico e al buon costume: l’illiceità della causaproduce la nullità del negozio. Il contratto contrario a normeimperative è detto anche illegale, quello contrario al buon costumeimmorale. La nozione di contratto immorale comprende i negozicontrari a quei principi etici che costituiscono la moralesociale.A rigore, se è stata eseguita una prestazione in esecuzione di unnegozio avente causa illecita, essendo il negozio nullo, chi l’haeseguita avrebbe il diritto ad ottenere la restituzione di ciò cheha dato (ripetizione dell’indebito). Invece, in virtù di una tradizioneche risale al diritto romano, la ripetizione non è sempre ammessa.Bisogna tener presente che l’immoralità può essere unilaterale obilaterale: se pago per liberare una persona che è statasequestrato dai banditi, l’immoralità è solo dalla parte deibanditi ed in questa ipotesi ho il diritto di chiedere larestituzione di quanto sia stato pagato. Tale diritto, invece,deve essere negato se il pagamento deve considerarsi immoraleanche in relazione a chi effettua la prestazione (ad es. colui chepaga per corrompere un pubblico ufficiale). Tale irripetibilitànon si applica al negozio illegale.Non è sempre agevole distinguere l’illiceità della causa da quelladell’oggetto: la differenza si coglie considerando che il giudiziosulla causa implica una valutazione complessiva dello scambio cui

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il contratto è preordinato, mentre quello sull’oggetto si rivolgealle singole prestazioni.

309. I motivi.

Il motivo che spinge un soggetto a porre in essere un negoziogiuridico è lo scopo pratico, individuale, da lui perseguito e chelo spinge al compimento dell’atto. Per lo più il motivo non vienemai comunicato alla controparte, ed anche se le viene comunicatorimane per questa del tutto indifferente. I motivi individualirestano estranei al contenuto del contratto e sono quindigiuridicamente irrilevanti, qualunque sia l’importanza che essi assumanoper il singolo. Perciò l’errore sul motivo non può di regolaqualificarsi come “essenziale” e non rende annullabile ilcontratto.Tuttavia i motivi diventano talvolta giuridicamente rilevanti,soprattutto quando la loro realizzazione venga espressamente aformare oggetto di un patto contrattuale o di una condizione cui sisubordina l’efficacia dell’atto.In materia contrattuale il legislatore concede rilevanza al motivosolo in talune specifiche ipotesi. Anzitutto quando si tratta direprimere una condotta illecita: l’art. 1345 stabilisce infattiche il contratto è illecito (quindi nullo) quando le parti si sonodeterminate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune adentrambe. Occorre quindi, perché il contratto sia colpito danullità:

a) che l’accordo abbia per entrambe le parti lo stesso motivo;b) che il motivo comune sia illecito;c) il motivo illecito comune deve essere stato esclusivo e quindi

determinante del consenso.Nella donazione non occorre, per determinare la nullità delcontratto, che il motivo illecito sia comune: è sufficiente illecitounilaterale del donante, purché risulti dall’atto e sia il soloche ha determinato il donante alla liberalità. Parimenti neltestamento il motivo illecito rende nulla la disposizionetestamentaria, quando risulta dal testamento ed è il solo che hadeterminato il testatore a disporre. In tema di atti liberali(donazione e testamento) pure l’errore sul motivo diventa causa diimpugnabilità dell’atto a condizione che il motivo risultidall’atto e sia il solo che ha determinato la liberalità.

310. Il contratto in frode alla legge.

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Alla illiceità della causa viene equiparata la frode alla legge,che ha luogo quando il contratto, pur rispettando la lettera dellalegge, costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di unanorma imperativa, e cioè per raggiungere un risultato equivalentea quello vietato. Il contratto in frode si distingue dal contrattocontrario alla legge. Con quest’ultimo le parti miranodirettamente ad un risultato vietato; con il negozio in frode,invece, mirano mediante qualche accorgimento ad ottenere unrisultato equivalente a quello vietato dalla norma imperativa.La frode alla legge si distingue dalla frode ai creditori che èdiretta a danneggiare specificamente costoro e che viene colpitacon l’azione revocatoria. Essa si distingue anche dalla frode alfisco, che non dà luogo a nullità del negozio, ma alle sanzionistabilite dalle leggi tributarie. Infine si distingue altresì dalnegozio simulato.

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CAPITOLO XXXIIL’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO

311. Le regole legislative di ermeneutica.

L’interpretazione del negozio giuridico tende a determinare ilsignificato giuridicamente rilevante da riconoscere ad unadichiarazione negoziale. L’interpretazione di un contratto va intesa come volta adeterminare quali effetti il negozio sia idoneo a produrre,valutandolo alla stregua dei criteri legali dettati dal legislatorein tema di interpretazione. Queste norme (che sono giuridiche),dettate per il contratto, valgono in quanto compatibili anche per glialtri negozi. Le regole dell’interpretazione si distinguono in duegruppi: a) regole di interpretazione soggettiva, che sono dirette aricercare il punto di vista dei soggetti del negozio; b) regole diinterpretazione oggettiva, che intervengono quando falliscono le prime.Sta a sé l’art. 1366, che dispone che il contratto debbainterpretarsi secondo buona fede (criterio dell’affidamento),applicabile ai soli negozi inter vivos. Il punto di riferimento dell’attività dell’interprete deve essereil testo della dichiarazione negoziale: ma non ci si deve limitareal senso letterale delle parole; occorre invece ricercare,attraverso un esame complessivo dell’atto, quale sia stata la comuneintenzione delle parti, cioè il significato che entrambe attribuivanoall’accordo. Per determinare la comune intenzione delle parti si

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deve valutare anche il loro comportamento, sia anteriore allaconclusione del negozio (le trattative), sia posteriore.Se nonostante il ricorso alle regole indicate, il senso nonrisulti chiaro, si applica il principio della conservazione del negozio: neldubbio, il negozio deve interpretarsi nel senso in cui esso possaavere qualche effetto. Valgono ancora come sussidiari i seguentiprincipi:

a) gli usi interpretativi, ciò che si pratica generalmente nel luogoin cui il contratto è stato concluso;

b) la regola secondo cui le espressioni che possono avere piùsensi devono, nel dubbio, essere intese in quello piùconveniente alla natura del contratto;

c) la clausola predisposta da una delle parti nelle condizionigenerali di contratto, nel dubbio si interpreta contro chi hapredisposto la clausola.

Vi è da ultimo una regola finale che si applica quando tutte le altresi siano dimostrate inefficienti: l’art. 1371 stabilisce che ilnegozio deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato,se è a titolo gratuito, e nel senso che esso realizzi l’equocontemperamento degli interessi delle parti, se è a titolooneroso.

CAPITOLO XXXIVGLI EFFETTI DEL CONTRATTO

312. La forza vincolante del contratto. Lo scioglimentoconvenzionale.

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Dal momento in cui l’accordo si perfeziona le parti sono obbligatead osservarlo: ciò che la legge esprime affermando addirittura cheil contratto ha forza di legge tra le parti. Le parti sono però libere,con un contrario atto di comune volontà, di sciogliere o modificareil contratto. L’art. 1372 stabilisce infatti che il contratto puòessere sciolto per “mutuo consenso” delle parti (è diffusal’espressione “mutuo dissenso”). La giurisprudenza richiede, neicontratti solenni, che il mutuo dissenso sia espresso nella stessaforma prevista per il contratto che viene consensualmente sciolto.Il recesso unilaterale, ossia il diritto (ius poenitendi) di liberarsiunilateralmente dagli obblighi assunti con il contratto èammissibile solo quando specificamente attribuito dalla legge o daun apposito patto (recesso convenzionale). Quando un diritto di recesso sia stato concordato a favore di unao di entrambe le parti, la facoltà di recedere deve essereesercitata prima che abbia inizio l’esecuzione del contratto.Spesso un diritto di recesso è attribuito ad una parte a fronte diun corrispettivo (di solito una somma di denaro), che può essereconsegnata fin dal momento della conclusione del contratto (caparrapenitenziale), oppure che il recedente è impegnato a consegnare (multapenitenziale) qualora intenda recedere; in quest’ultimo caso, ilcontratto si scioglie solo quando il corrispettivo per il recessoviene pagato. È salvo, però, il patto contrario. Talvolta è la stessa legge che attribuisce ad una delle parti ildiritto di recedere da un contratto ove si verifichino determinatipresupposti: soprattutto nei contratti ad esecuzione protratta neltempo (contratti di durata) è normale, qualora non sia predeterminata ladurata del rapporto e si tratti quindi di contratti a tempoindeterminato, che ciascuna parte possa liberamente recedere salvoeventualmente l’onere di dare all’altra parte un congruopreavviso. In certi contratti la legge attribuisce ad una soladelle parti il diritto di recedere in qualsiasi momento (ad es.l’art. 2237 a favore del cliente nel contratto con unprofessionista), mentre altre volte subordina il diritto direcedere ad una giusta causa (ad es. l’art. 2237 nel contrattod’opera). Diversa dal recesso è la disdetta ossia il diniego di rinnovazione di uncontratto di durata per il quale sia previsto un automaticorinnovo alla scadenza (è per es. il caso della locazione diimmobili urbani).La disciplina protettiva del consumatore ha poi introdottoulteriori deroghe alla vincolatività del contratto, in quanto in

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talune ipotesi consente al consumatore di sciogliersiunilateralmente dal contratto riconsegnando il bene acquistato. Sitratta di un recesso “di pentimento”, volto a proteggere ilconsumatore qualora le modalità di conclusione del contratto gliabbiano impedito una valutazione adeguatamente ponderata (è ilcaso per es. delle vendite “porta a porta”).

313. Gli effetti tra le parti. L’integrazione.

Gli effetti del contratto, per quanto riguarda le parti,corrispondono al contenuto dei loro accordi. La determinazione delsignificato di tali accordi dipende dall’interpretazione della volontàdelle parti. Peraltro, per stabilire quali siano gli effetti,occorre non solo aver interpretato il negozio, ma altresì averproceduto ad altre due operazioni: la qualificazione dell’atto e laintegrazione dei suoi effetti.Per la qualificazione dell’atto si intende la sua sussunzionesotto la fattispecie legale appropriata, in base alla quale sidetermina la disciplina applicabile. Al riguardo non è decisivo ilnomen iuris dato all’atto dalle parti, ma l’effettiva corrispondenzadel negozio concretamente stipulato al “tipo” astrattamentedescritto da legislatore. Il contratto produce poi non solo gli effetti perseguiti dalleparti, ma anche quelli disposti dalla legge, dagli usi,dall’equità. L’integrazione degli effetti del contratto è importantesoprattutto per risolvere i problemi posti dalle eventuali lacunedella disciplina negoziale, che possono essere colmate da normedispositive.Ma la legge interviene non solo con funzione integratrice dellavolontà privata, bensì pure con funzione imperativa, che annullaogni contraria pattuizione dei privati. Particolarmente importantepuò essere l’intervento legislativo per imporre ai privati clausole oprezzi, che si sostituiscono di diritto a quelli pattuiti daicontraenti. Anche se oggi si tende alla liberalizzazione di tuttii prezzi. La violazione di una norma che fissa un corrispettivomassimo non produce la nullità del contratto, ma accorda alcontraente che ha pagato un prezzo superiore a quello imposto, ildiritto di chiedere la restituzione di quanto pagato inprecedenza; la norma che fissa una durata minima di un contrattoimplica la protrazione della durata del contratto, eventualmentepattuito per un periodo inferiore, fino al termine stabilito dallalegge.

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Infine va ricordato che principio fondamentale in tema diesecuzione del contratto deve essere il rispetto della buona fede.

314. I contratti ad effetti reali e ad effetti obbligatori.

I contratti possono essere ad effetti reali, quando determinano latrasmissione o la costituzione di un diritto reale o di un altrodiritto, oppure ad effetti obbligatori, quando danno luogo alla nascitadi un rapporto obbligatorio.In materia di contratti traslativi, assume rilevanza fondamentalel’art. 1376, il quale stabilisce che se il contratto ha peroggetto una cosa determinata, la proprietà passa per effetto del consensomanifestato nelle forme di legge. Non occorre altro perchél’effetto si produca: basta che le parti abbiano sottoscritto ilcontratto, se si tratta di immobili ed è richiesto, perciò, l’attoscritto. Se si tratta di mobili, basta che le parti abbianoraggiunto, anche verbalmente, l’accordo. Non è necessaria nemmenola consegna, il passaggio del possesso: questa è una conseguenzadovuta del passaggio della proprietà e costituisce quindi,un’obbligazione per l’alienante. Tale principio è detto anche delconsenso traslativo, in quanto attribuisce appunto al consenso delleparti la forza di determinare il trasferimento o la costituzionedi un diritto reale, senza la necessità di ulteriori formalità.Sempre in materia di contratti traslativi, se si tratta invece, dicose determinate solo nel genere (cose generiche o fungibili), laproprietà si trasmette, secondo quanto dispone l’art. 1378, conl’individuazione delle cose destinate a costituire oggetto deltrasferimento, che può avvenire d’accordo tra le parti o secondole modalità da esse stabilite; solo in quel momento, infatti, èpossibile identificare esattamente le res che si trasferiscono dalpatrimonio dell’alienante a quello dell’acquirente, prima sussistesolo un’obbligazione dell’alienante di compiere quanto necessarioper far acquistare la proprietà all’acquirente (ossia di eseguirele attività funzionali alla individuazione o specificazione). Ne consegueche il contratto avente per oggetto il trasferimento di cosedeterminate solo nel genus è un contratto ad effetti obbligatori, enon reali. Perché si abbia l’individuazione occorre non solo la separazionemateriale, ma è necessario anche che esse non possano essere piùsostituite con altre. Pertanto, la legge stabilisce che, quando lecose debbono essere trasportate da un luogo a un altro,l’individuazione avviene mediante la consegna al vettore, perchéuna tale consegna, facendo uscire le cose dalla sfera

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dell’alienante, vale ugualmente ad evitare la possibilità disostituzione. Le ragioni, che si oppongono al trasferimento delle cose fungibilimediante il semplice consenso, non valgono quando oggetto deltrasferimento è una determinata massa di cose (esempio: vendita inmassa: ti vendo non tanti quintali di vino, ma tutto il vino chesi trova nella mia cantina). Qui non v’è bisogno diindividuazione: perciò la proprietà si trasmette per effetto delsemplice consenso. Le operazioni di pesatura, ecc., servono soloalla fissazione del prezzo.

315. Conflitti tra acquirenti di diritti sullo stesso oggetto.

Nel caso in cui una persona concede lo stesso diritto a piùpersone, si è già visto che, al principio secondo il qualedovrebbe essere preferito colui a cui il diritto è stato concessoper primo, vi si oppongono le esigenze di protezione della buonafede e dell’affidamento, la necessità di agevolare la circolazionedei beni ed anche l’opportunità di favorire chi già si trova nelpossesso della cosa o nell’esercizio del diritto. S’intende che inogni caso il contraente che viene sacrificato ha diritto alrisarcimento dei danni verso l’altra parte, la quale ha violato ilcontratto. Qui si richiama l’attenzione sulla risoluzione del conflitto fra ititolari di più diritti personali di godimento. Ferma la responsabilità di chi haconcesso più volte il diritto di utilizzare lo stesso bene, tra ivari aventi diritto è preferito chi per primo ha conseguito ilgodimento della cosa; se nessuno ha conseguito tale godimento, siapplica la regola generale: la preferenza spetta a colui che puòdimostrare di avere concluso il contratto in data anteriore,purché questa risulti in modo certo.

316. La clausola penale e la caparra.

Le parti possono inserire nel contratto una clausola con cuistabiliscono ex ante quanto il debitore dovrà pagare, a titolo dipenale, ove dovesse rendersi inadempiente. In tal caso la parteinadempiente è tenuta a pagare la penale stabilita, senza che ilcreditore debba dare la prova di avere subito effettivamente undanno di misura corrispondente: e perciò si dice che tale clausola(chiamata clausola penale) contiene una liquidazione convenzionale anticipata

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del danno, nel senso che elimina la necessità per il creditore diprovare, oltre all’inadempimento, l’entità del danno subito.La penale può essere prevista sia per il caso di inadempimentoassoluto, che per il caso di semplice ritardo: nel primo caso ilcreditore se pretende la penale non può più pretendere laprestazione principale; nel secondo caso può pretendere sia lapenale – che lo ristora del solo danno conseguente al ritardonell’ottenimento alla prestazione – che la prestazionecontrattualmente prevista. Peraltro la legge precisa che, qualora le parti abbiano pattuitouna penale, il creditore non può pretendere più di quantostabilito dalla clausola penale stessa, nemmeno se il danno da luieffettivamente subito finisca poi con il risultare maggiore: lapenale, dunque, di regola limita il risarcimento alla sommapattuita. Le parti sono però libere di prevedere espressamente,nella clausola, che il creditore abbia il diritto di pretendere,oltre alla penale, anche il risarcimento dell’eventuale maggioredanno, naturalmente purché dia la prova che il dannoeffettivamente subito non era coperto da quanto stabilito a titolodi penale. Correlativamente il giudice può ridurre, in base ad unavalutazione secondo equità, l’ammontare della penale in due casi:se la penale risulti manifestamente eccessiva “avuto riguardoall’interesse che il creditore aveva all’adempimento”; oppure seil debitore abbia eseguito almeno in parte la prestazione dovuta.La giurisprudenza ha di recente affermato il principio per cui ilgiudice può anche ridurre d’ufficio la penale ad equità, ossiaanche se la parte tenuta a pagarla non ne abbia fatta specificarichiesta, qualora risulti il carattere manifestamente eccessivodella penale o la parziale esecuzione della prestazione da partedell’inadempiente.Con la clausola penale non va confusa la caparra. La caparraconsiste nella consegna, da una parte all’altra, di una somma didenaro o di una quantità di cose fungibili. Mentre la penale èfonte di un’obbligazione, la caparra implica l’effettiva consegnadi un quantum. Si tratta, dunque, di un contratto reale perché siperfeziona con la consegna delle res. Il codice disciplina due tipidi caparra, che hanno effetti e finalità diverse: la caparraconfirmatoria e la caparra penitenziale.La prima è la più frequente e corrisponde alla prassi didimostrare la serietà con la quale il contratto viene stipulato,provvedendo già a consegnare all’altra parte, nel momento stessodel perfezionamento dell’accordo, normalmente una somma di denaro.

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La caparra, una volta eseguito il contratto, deve essererestituita, oppure imputata, a titolo di acconto, sul prezzo. Oveperò, la parte che ha dato la caparra si rendesse inadempiente,l’altra parte può scegliere se recedere dal contratto, trattenendoin tal caso definitivamente la caparra ricevuta, a titolo dirisarcimento del danno (si tratta di un recesso con funzione diautotutela); oppure preferire l’esecuzione del contratto o la suarisoluzione, in conformità alle regole generali, ma pur sempretrattenendo la caparra come anticipo e garanzia del suo credito odel diritto al risarcimento dei danni subiti. Se a rendersiinadempiente fosse invece la parte che ha ricevuto la caparra, èovviamente la controparte a poter scegliere se recedere o meno dalcontratto, ed in caso di recesso può pretendere il doppio diquanto aveva versato a titolo di caparra.Più semplice è la funzione della caparra penitenziale. In questo casola somma versata a titolo di caparra ha solo la funzione dicorrispettivo di un diritto di recesso convenzionale: vale a direche chi ha versato la caparra può decidere di esercitare lafacoltà di recedere dal contratto, perdendo la caparra, che rimanedefinitivamente acquisita dall’altra parte, ed il contratto èsenz’altro sciolto, senza che la controparte possa pretenderealtro. Parimenti chi ha ricevuto la caparra può recedere dalcontratto restituendo il doppio della caparra ricevuta.

317. Effetti del contratto rispetto a terzi.

Gli effetti del contratto sono limitati alle parti: esso non può,di regola, danneggiare né giovare al terzo estraneo. Perciò, se tiprometto che un terzo assumerà un obbligo nei tuoi confronti, ilterzo, estraneo al contratto, non è affatto vincolato per effettodel mio impegno e rimane del tutto libero di compiere o menoquanto io ho promesso: obbligato sono solo io a persuadere ilterzo a fare quanto ho promesso. Se il terzo non aderisce alle miepremure, l’unica conseguenza della promessa dell’obbligazione o del fatto delterzo sarà questa: dovrò indennizzare colui a cui ho fatto lapromessa, anche quando mi sia adoperato con ogni mezzo per indurreil terzo al comportamento promesso. La vendita di cose altrui non può avere, ovviamente, effettidispositivi di un bene che si trova nel patrimonio di un altrosoggetto, ma obbliga colui che a posto in essere la vendita aprocurare al compratore l’acquisto della proprietà.Sempre in virtù del principio di relatività degli effetti delcontratto, il divieto di alienazione contenuto in un contratto ha

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effetti solo tra le parti; non può pregiudicare i terzi, i qualiacquisteranno validamente. Anche tra le parti stesse tale divieto,per essere valido, deve essere contenuto entro convenienti limitidi tempo (altrimenti il contratto è nullo) e deve rispondere ad unapprezzabile interesse di una di esse. Per finire, la relativitàdegli effetti del contratto non esclude una possibileresponsabilità del terzo per induzione all’inadempimento.

318. Il contratto a favore del terzo.

Il terzo non acquista alcun diritto da un contratto al quale èrimasto estraneo, quando le parti non abbiano alcuna intenzione diprocurare al terzo l’acquisto del diritto, ma non si esclude chela volontà dei contraenti possa essere diretta appunto adattribuire diritti ad un terzo. Perciò l’art. 1411 ammette in via generalela figura del contratto con cui le parti attribuiscono ad un terzoil diritto di pretendere in proprio l’adempimento di un contratto,subordinandone la validità solo alla condizione che lo stipulanteabbia un interesse, anche se solo morale, all’attribuzione di talevantaggio al terzo.Perché si abbia contratto a favore di terzi, pertanto, èindispensabile che le parti abbiano espressamente voluto epattuito non già un generico vantaggio di fatto, meramenteeconomico, a favore del terzo, bensì proprio l’attribuzione alterzo della titolarità di un diritto di poter pretendere egli stesso,con propria piena discrezionalità e agendo direttamente neiconfronti dell’obbligato, l’esecuzione della prestazione promessa:con la conseguenza che il terzo, occorrendo, potrà agire ingiudizio contro l’obbligato, indipendentemente dal comportamentodello stipulante. Il contratto a favore del terzo non va poiconfuso con il contratto stipulato da un rappresentante. Ladisciplina fondamentale del contratto del terzo è:

a) il terzo acquista il diritto verso chi ha fatto la promessa,fin dal momento della stipulazione del contratto a suofavore, ma questo acquisto non è stabile o definitivo. Nonpuò negarsi al terzo la facoltà di rinunziare al beneficio;d’altro canto, finché v’è la possibilità di questo rifiuto, ègiusto che anche lo stipulante possa revocare o modificare lastipulazione a favore del terzo. Solo quando il terzodichiari volerne approfittare, la facoltà di revoca o dimodificazioni è preclusa: se però la prestazione deveeseguirsi dopo la morte dello stipulante, come

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nell’assicurazione sulla vita a favore del terzo, la revoca èsempre possibile, se lo stipulante non vi ha rinunziato;

b) causa dell’acquisto del diritto a favore del terzo è ilcontratto a suo favore: perciò chi ha promesso la prestazionepuò opporre al terzo tutte le eccezioni fondate su questocontratto, ma non quelle fondate su altri rapporti trapromittente e stipulante.

319. La cessione del contratto.

Ciascuna parte, ovviamente, non potrebbe imporre una sostituzionedel contraente alla controparte: ma se ci fosse il consenso diquest’ultima tale sostituzione diverrebbe ammissibile. Si ha,dunque, cessione di un contratto quando una parte (il cedente) di uncontratto originario – purché a prestazioni corrispettive da ambole parti non ancora eseguite – stipula con un terzo (il cessionario)un nuovo contratto (di cessione), con il quale cedente ecessionario si accordano per trasferire a quest’ultimo “ilcontratto” (originario), ossia, rectius, tutti i rapporti, attivi epassivi, derivanti dal contratto ceduto. Siccome questi rapportilegheranno al ceduto il cessionario, che subentra al cedente, èindispensabile il consenso del ceduto. Il consenso alla cessione daparte del contraente ceduto può essere dato come atto unilateraleseparato dal contratto di cessione, ed essere anche rilasciato invia preventiva: in tal caso la cessione del contratto diventaefficace con la semplice notificazione al ceduto dell’accordo dicessione. Per effetto della cessione il cedente è liberato dalle sueobbligazioni verso il contraente ceduto e non è neppureresponsabile verso quest’ultimo dell’eventuale inadempimentocontrattuale da parte del cessionario. Se il ceduto vuole evitarequesta conseguenza, deve dichiarare espressamente che con il suoconsenso alla cessione non intende liberare il cedente: in talcaso quest’ultimo risponde in proprio qualora il cessionario sirenda inadempiente agli obblighi contrattuali assunti. Parimenti il cedente non è responsabile verso il cessionarioqualora il ceduto non adempia agli obblighi derivanti dalcontratto ceduto. Tuttavia il cedente può garantire al cessionariol’adempimento del contratto da parte del ceduto ed in tal casorispondere in solido con quest’ultimo, come suo fideiussore,dell’adempimento delle obbligazioni derivanti a carico del cedutodal contratto originario. In ogni caso il cedente è tenuto a

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garantire al cessionario il nomen verum, ossia la validità delcontratto.La cessione del contratto può essere stipulata senza prevederealcun corrispettivo a carico dell’uno o dell’altro dei contraenti,cedente e cessionario: in tal caso le parti consideranoequilibrati i rispettivi oneri e vantaggi. Ma la cessione delcontratto può altresì essere stipulata prevedendo un corrispettivoo carico del cessionario ed a favore del cedente, o addiritturacon corrispettivo a carico del cedente e a favore del cessionario(il cedente temendo di non riuscire ad eseguire il contratto, oeseguirlo solo in perdita, può essere disponibile a pagare ilcessionario, purché questo lo liberi dal dover eseguire ilcontratto).Occorre distinguere la cessione del contratto dal subcontratto ocontratto derivato. Nel subcontratto infatti, i rapporti tra icontraenti originari continuano a sussistere, ma accanto ad essisi creano nuovi rapporti tra uno dei contraenti originari ed unterzo, rapporti che pur dipendendo dai precedenti, da essi sidistinguono.

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CAPITOLO XXXVGLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL CONTRATTO

A) NOZIONI GENERALI

320. Gli elementi accidentali.

Una tradizionale impostazione nell’analisi del negozio giuridico,distingue tra elementi essenziali ed elementi accidentali: questi ultiminon sono indispensabili ai fini della validità del negoziogiuridico, sono piuttosto strumenti a disposizione delle parti perorientare gli effetti del negozio in modo da renderli più vicini emeglio rispondenti ai loro specifici interessi.I più importanti tra gli elementi accidentali sono la condizione, iltermine e il modo.Con la condizione la parte che è disponibile ad un certo assettodi interessi solo subordinatamente ad un determinato evento,invece di mantenere quell’evento al livello di un suo “motivo” loeleva a circostanza decisiva per il prodursi o meno degli effettidel negozio. Con il modo chi è disponibile a compiere un atto diliberalità solo in quanto possa attuarsi pure un ulterioreintento, può imporne la realizzazione al beneficiario dellaliberalità.

B) LA CONDIZIONE

321. Definizione.

La condizione è un avvenimento futuro ed incerto, dal quale le partifanno dipendere o la produzione degli effetti del negozio ol’eliminazione degli effetti che il negozio ha già prodotto. Essapuò essere di due specie: sospensiva (se da essa dipende l’efficaciadel negozio), risolutoria (se da essa dipende l’eliminazione deglieffetti del negozio).Non tutti i negozi giuridici tollerano l’apposizione dellacondizione: essa per es. è inapponibile al matrimonio e, ingenerale, ai negozi di diritto familiare o alla cambiale. Quandoun negozio non tollera l’apposizione della condizione si parla diactus legitimus.La condicio facti dipende dalla volontà delle parti, che sono perciòlibere, nello stipulare un atto, di apporla o meno. Invece la

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condicio iuris costituisce un elemento previsto e stabilito dallalegge, incidente sull’efficacia del negozio, sul quale la volontàdelle parti non può influire.La condizione (sia sospensiva che risolutiva) si distingue incasuale se il suo avveramento dipende dal caso o dalla volontà diterzi; potestativa se dipende dalla volontà di una delle parti; mistase dipende in parte dal caso o dalla volontà di terzi e in partedalla volontà di una delle parte (se sposerò quella donna). Lacondizione è poi meramente potestativa se consiste in un comportamentodella stessa parte obbligata, che può tenerlo o meno a suoarbitrio.

322. Illiceità e impossibilità della condizione.

La condizione è illecita quando è contraria a norme imperative,all’ordine pubblico, al buon costume. Circa gli effettidell’illiceità della condizione, il codice non adotta unadisciplina uniforme per tutti i negozi; occorre distinguere tranegozi mortis causa e negozi inter vivos: la condizione illecita siconsidera non apposta ai primi e rende invece nulli i secondi. Incaso di negozi inter vivos le parti possono concludere un nuovonegozio eliminando la condizione illecita; ciò è impossibile, nelcaso di negozi mortis causa come il testamento, dopo la morte deltestatore.La condizione impossibile è quella che consiste in un avvenimentoirrealizzabile, o dal punto di vista naturale o da quellogiuridico. Essa si ha per non apposta nel testamento; rende nulloil negozio nei contratti se è sospensiva; si ha come non appostase è risolutiva. La divergenza tra condizione sospensiva erisolutiva impossibile, apposta ai negozi inter vivos, derivadalla considerazione che l’irrealizzabilità dell’avvenimentoimpedisce al negozio di produrre i suoi effetti se la condizione èsospensiva; se invece è risolutiva, non potendo verificarsil’avvenimento, gli effetti che il negozio ha già prodotto nonpotranno mai più essere rimossi.

323. Pendenza della condizione.

In un negozio condizionato si devono distinguere 2 momenti:1) la fase di pendenza della condizione, in cui l’avvenimento non si

è ancora verificato ma può ancora verificarsi;

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2) l’avveramento o la definitiva mancanza della condizione:l’avvenimento si è avverato o è certo che non si può piùverificare.

Nel corso della pendenza una delle due parti esercita il diritto,mentre l’altra no (ma ha la speranza di divenirne titolare se siverificherà la condizione); questa parte, se non ha un diritto, hauna aspettativa all’acquisto del diritto.Il periodo di incertezza derivante dalla situazione di pendenzadella condizione può essere temporalmente delimitato dalle parti,le quali possono stabilire che la condizione rilevi in quanto siavveri entro un certo termine, decorso il quale la stessa siconsidererà definitivamente mancata.

324. Avveramento della condizione.

La condizione si dice avverata quando si verifica l’eventodedotto. Quando la condizione sospensiva si è verificata, siproducono tutte le conseguenze del negozio, con effettoretroattivo al tempo in cui è stato concluso, cioè ex tunc e non exnunc. L’inverso avviene (ossia gli effetti del negozio siconsiderano come non mai verificati) se la condizione èrisolutiva. La dottrina denomina questa retroattività comeretroattività reale (o esterna o assoluta) per distinguerla dall’altrotipo di retroattività (retroattività obbligatoria o interna o relativa).La retroattività non è un elemento essenziale, ma costituisce uneffetto naturale della condizione: essa si fonda sulla presuntavolontà delle parti che quindi possono stabilire diversamente.L’irretroattività può dipendere anche dalla natura del rapporto.Si ammette che la condizione possa avere anche carattere“unilaterale”, ossia essere prevista nell’interesse di una solaparte: in tal caso la parte nel cui interesse la condizione èprevista può, se vuole, rinunciare ad invocarne gli effetti.

C) IL TERMINE

325. Natura.

Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo, dal quale(termine iniziale) o fino al quale (termine finale) devono prodursi glieffetti del negozio. Il termine differisce dalla condizione per ilcarattere di certezza del verificarsi dell’avvenimento. Esso sidistingue in determinato e indeterminato. Anzi si distinguono quattro

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ipotesi: 1) dies certus an et quando (che giungerà e quando giungerà, ades. il 5 aprile 2010, termine determinato); 2) dies certus an et incertusquando (il giorno della mia morte termine indeterminato). Nelle altredue ipotesi si tratta in realtà di condizione, essendo in certoaddirittura se (an) l’avvenimento si verificherà: 3) dies incertus an etcertus quando (il giorno in cui compirò 50 anni, ma non è certo chearrivi); 4) incertus an et quando (il giorno in cui prenderò la laurea,se la prenderò). Vi sono però negozi che non tollerano l’apposizione del termine:anche’essi si chiamano actus legitimi, come il matrimonio el’accettazione di eredità. Il termine di efficacia (di cui abbiamo trattato) si distingue dal terminedi adempimento o di scadenza, che riguarda il momento in cuil’obbligazione deve essere eseguita.

326. Effetti del termine.

Anche in relazione al termine si distinguono due momenti: pendenza(finché la data indicata non sia giunta o l’avvenimento certo nonsi è verificato) e scadenza. Durante la pendenza, il diritto non puòessere esercitato perché il termine ha appunto lo scopo didifferirne l’esercizio; ma se l’altra parte adempie la suaobbligazione, essa non può ripetere la prestazione. Al sopraggiungere del termine iniziale si verificano gli effettidel negozio; al sopraggiungere del termine finale tali effetticessano.

D) IL MODO

327. Natura.

Il modo (dal latino modus = misura, limitazione) od onere (peso) èuna clausola accessoria che si appone ad una liberalità allo scopodi limitarla, imponendo un determinato dovere di condotta, o diastensione a carico del beneficiario della liberalità. Lalimitazione può consistere in un obbligo di dare, di fare o di nonfare.Il modo riduce gli effetti dell’attribuzione patrimoniale, ma nonné costituisce un corrispettivo. Se il modo costituisce unalimitazione della liberalità, esso non rappresenta la causa delnegozio, che resta l’attribuzione a titolo gratuito, ma un motivo diparticolare rilevanza, che può aver avuto valore determinante

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della volizione oppure no. Perciò il modo non esclude il caratteregratuito del negozio (da ciò deriva che il beneficiario del legatoo della donazione modale non è mai tenuto oltre il valore dellacosa che forma oggetto del negozio stesso). Il modo si può perciòapporre soltanto ai negozia titolo gratuito, ed è incompatibilecon la natura del negozio a titolo oneroso. Il modo si distingue dalla semplice raccomandazione o dal semplicedesiderio, espresso dal donante o testatore, che rappresenta undovere esclusivamente morale; si distingue poi anche dallacondizione sospensiva.

328/329. Modo impossibile o illecito.

Al modo illecito e a quello impossibile si applica la disciplina che la legge adotta rispetto al motivo illecito negli atti a titolo gratuito. L’onere impossibile o illecito, sia che si tratti di liberalità inter vivos che mortis causa, si ha per non apposto a meno che esso non risulti essere stato il solo motivo determinante.

CAPITOLO XXXVILA MANCANZA DI VOLONTÀ E LA SIMULAZIONE

330. Il problema in generale. Dichiarazioni a scoporappresentativo o didattico; scherzo; riserva mentale;violenza fisica.

Le dichiarazioni di apparente contenuto giuridico fatte ad es.durante una rappresentazione teatrale o da un professore ai suoialunni, non possono avere valore. Per quanto riguarda lo scherzo,

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si distinguono le dichiarazioni fatte “nello scherzo”, ossia incondizioni tali che ciascuno intenda che non si agisce sul serio;e le dichiarazioni fatte “per scherzo”, ossia con intenzione nonseria, senza però che ciò risulti all’altra parte. Nel primo casoil negozio è nullo; nel secondo è valido, se la controparte nonera in grado di avvedersi dello scherzo.La riserva mentale consiste nel dichiarare intenzionalmente cosadiversa dal quel che si vuole effettivamente, senza alcuna intesacon l’altra parte e senza che (almeno di solito) questa sia incondizione di scoprire la divergenza.

331. La simulazione. Nozione.

Si considera “simulato” un contratto quando le parti pongono inessere l’esteriorità di una dichiarazione contrattuale, al fine dipoterla invocare di fronte ai terzi, ma sono tra loro d’accordoche gli effetti previsti dall’atto stipulato non sono dalle stessevoluti e non si devono verificare.Ciò che caratterizza la simulazione è l’accordo “simulatorio”,ossia l’intesa (interna è destinata a restare riservata) che ilcontatto ufficiale (simulato) stipulato contestualmente tra lestesse parti, è del tutto fittizio e pertanto idoneo a realizzaregli effetti cui appare preordinato, cosicché la situazionegiuridica che dovrebbe sorgere per effetto del contratto è soloapparente, mentre la situazione giuridica reale rimane quellaanteriore all’atto.Siamo dunque in presenza di una finzione concordata tra le parti chepuò essere eseguita per varie ragioni, spesso illecite, ma a volteanche per sole ragioni di riservatezza. Lo scopo per cui le partiricorrono alla simulazione si chiama causa simulandi.

332. Simulazione assoluta e relativa.

La simulazione si dice assoluta se le parti, con i loro accordiinterni si limitano a escludere la rilevanza nei loro rapporti delcontratto apparentemente stipulato (così la situazione giuridicapreesistente rimane in realtà immutata); si dice relativa qualora leparti concordino che nei loro rapporti interni assuma rilevanza undiverso negozio (dissimulato), in quanto celato sotto l’ombrello delnegozio simulato: le parti intendono sì modificare la situazionegiuridica preesistente, ma non già secondo quanto risulta dalcontratto apparentemente stipulato, bensì secondo quanto da esseconcordato con l’atto dissimulato.

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La simulazione relativa può essere volta a celare un contratto“vero” corrispondente ad un diverso schema negoziale; può ancheinvestire l’oggetto del contratto; può, ancora, dar luogo ad unafalsa rappresentazione dei soggetti dell’atto (si parla in talcaso di interposizione fittizia di persona).

333. Effetti della simulazione tra le parti.

Se la simulazione è assoluta, la legge concede rilevanza all’intesasimulatoria e stabilisce che il negozio simulato non produceeffetto tra le parti. La giurisprudenza qualifica il contrattosimulato come nullo. Se si tratta di simulazione relativa, il contratto simulato non puòprodurre effetto tra le parti in quanto esse sono d’accordonell’averlo stipulato quale mera apparenza, ma senza volernerealmente gli effetti.Può invece avere effetto il contratto “dissimulato”. L’art. 1414stabilisce che “se le parti hanno voluto concludere un contrattodiverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contrattodissimulato”, ma subordina tale efficacia ai presupposti divalidità di quest’ultimo; occorre poi che siano soddisfatti anchei requisiti di forma. Naturalmente la validità dell’attodissimulato è subordinata anche alla presenza dei relativirequisiti “di sostanza”.

334. Effetti della simulazione rispetto ai terzi.

Più complicata si presenta la questione della rilevanza dellasimulazione rispetto ai terzi. La prima situazione da esaminare è quella dei terzi interessati adedurre la simulazione: per l’art. 1415 i terzi estranei al contattostipulato, se ne sono pregiudicati, possono farne accertare lanullità. Per es. i creditori di Tizio (simulato alienante) possonofare dichiarare la simulazione della finta vendita, onde aggredireil bene del loro debitore, solo apparentemente uscito dal suopatrimonio. Più delicato è il discorso relativo ai terzi che abbianoacquistato diritti dal titolare apparente: in base al principiodell’affidamento, al terzo che sia in buona fede (ignaro cioè delfatto che Caio ha acquistato in forza di un atto simulato, epurché tale ignoranza non derivi da sua colpa), la simulazione nonpuò essere opposta e l’atto con il quale egli ha acquistato deidiritti produrrà i suoi effetti benché posto in essere non dal

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vero dominus del bene ma da u semplice titolare apparente. Perciòla simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti nédagli aventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terziche in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente.Per quanto riguarda l’onere della prova della buna fede, siapplica il principio secondo cui essa si presume; basta che labuona fede vi sia stata al momento dell’acquisto, non nuoceinfatti la conoscenza successiva della simulazione.

335. Effetti della simulazione nei confronti dei creditori.

I creditori dell’apparente alienante hanno interesse a far valerela simulazione, perché ne vengono ad essere pregiudicati in quantonon possono agire sui beni che sono apparentemente usciti dalpatrimonio del loro debitore. Ora, i creditori possono faraccertare la simulazione e, facendo prevalere la realtàsull’apparenza, agire sui beni che solo apparentemente sono uscitidal patrimonio del loro debitore.Per quanto riguarda i creditori di colui che appare acquirente, lasimulazione è inopponibile al creditore che abbia acquistato undiritto reale di garanzia (pegno o ipoteca) sui beni che hannoformato oggetto dell’apparente alienazione. Dunque il simulatoalienante è esposto al rischio che il simulato acquirente concedadiritti reali di garanzia sul bene in questione. Non solo: lasimulazione non è neppure opponibile ai creditori del simulatoacquirente che abbiano già compiuto (in buona fede) atti diesecuzione sui beni oggetto dell’acquisto simulato.Riguardo al conflitto tra i creditori chirografari delle due parti delnegozio simulato, la legge preferisce i creditori chirografari delsimulato alienante soltanto se il loro credito è anterioreall’atto simulato. In questo caso la legge ritiene giusto farprevalere la realtà sull’apparenza.

336. La prova della simulazione.

La simulazione si regge sulla riservatezza dell’accordo simulatorio eperciò pone un rilevante problema di prova dell’intesa simulatoriastessa. La legge regola diversamente i mezzi di provautilizzabili, a seconda che ad agire siano le parti o i terzi.Quando ad agire per l’accertamento della simulazione sia una delleparti, la deduzione della simulazione implica l’allegazione di unpatto contrario al contenuto di un documento. Pertanto colui chealleghi che un certo contratto, da lui stipulato, è simulato,

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dovrà o produrre una controdichiarazione scritta oppure dar provadella simulazione mediante un interrogatorio dell’altra partevolto a sollecitare la confessione o, infine, deferire all’altraparte il giuramento decisorio.Le parti del contratto simulato possono però dar prova dellasimulazione con ogni mezzo nel caso in cui intendano far valerel’illiceità del contratto dissimulato: in tal caso la legge intendemettere a disposizione qualsiasi strumento di prova per faremergere un’operazione illecita occulta, onde sanzionarla con lanullità.I terzi, invece, godono di ampia libertà di prova, e possonoricorre dunque anche a testimoni e soprattutto presunzioni.Occorre poi precisare che gli eredi delle parti simulantisubentrano nella posizione dei rispettivi danti causa (e dunquesubiscono gli stessi limiti di prova previsti delle parti).

337. Negozio indiretto e negozio fiduciario. Il trust.

In primo luogo bisogna tener presente la differenza trasimulazione e frode alla legge o ai creditori: mentre nel negoziosimulato gli effetti negoziali non sono voluti dalle parti, negli attiin frode gli effetti negoziali sono voluti (anche se con unintento di frode).Con la simulazione, poi, non deve essere confusa l’intestazione di unbene a nome d’altri: questa figura ricorre tutte le volte in cui unbene viene intestato a favore di un soggetto, sebbene i mezzi perl’acquisto siano stati forniti da un soggetto diverso.Il negozio simulato si distingue anche da quello fiduciario e daquello indiretto.Si ha il negozio indiretto, quando un determinato effetto giuridiconon viene realizzato direttamente, ma viene conseguito ponendo inessere atti diretti ad altri effetti, ma che con la lorocombinazione realizzano egualmente il risultato perseguito. Ladifferenza rispetto al negozio simulato è evidente: ad es. ilmandato ad incassare è effettivamente voluto dalle parti e producequindi tutti i relativi effetti. Perciò mentre nel negoziosimulato le parti si accordano per escludere gli effettidell’atto, in quello indiretto il negozio è realmente voluto,sebbene poi le parti si prefiggano scopi ulteriori rispetto aquelli normali dell’atto posto in essere.Invece di negozio fiduciario si parla quando un soggetto (fiduciante)trasferisce senza corrispettivo, o fa trasferire da un terzomettendo a disposizione il denaro per farlo, la titolarità di un

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bene (spesso mobile) ad un fiduciario, ma con il patto chel’intestatario utilizzerà e disporrà del bene esclusivamente inconformità alle istruzioni che il fiduciante gli ha impartito ogli impartirà successivamente. Nel negozio fiduciario dunque leparti vogliono effettivamente che il fiduciario acquisti latitolarità del diritto trasferitogli, ma vogliono anche che eglinon utilizzi questa titolarità nel proprio interesse, ma solonell’interesse del fiduciante. Mentre il negozio simulato èfittizio, e non trasferisce alcun diritto al simulato acquirente,il negozio fiduciario è “vero e reale”, ossia voluto dalle parti:il fiduciario, perciò, diviene effettivamente titolare del bene alui fiduciariamente trasferito, ma è gravato dall’obbligo digestire e di disporne secondo le istruzioni del fiduciante.Dal 1° gennaio 1992 è entrata in vigore anche in Italia laConvenzione internazionale relativa alla legge regolatrice deitrusts ed al loro riconoscimento, firmata dall’Aja il 1° luglio1985. Il trust è un istituto sorto nel diritto anglosassone, inforza del quale il soggetto che costituisce il trust, pone deibeni “sotto il controllo” di un trustee (ossia di un amministratorefiduciario), affinché quest’ultimo amministri, gestisca o dispongadei beni conferiti nel trust secondo le disposizioni impartite dalcostituente, agendo in vista dell’interesse di un terzo (ilbeneficiario del trust) indicato dallo stesso costituente, o infunzione della realizzazione di un fine specifico, definito dalcostituente. La peculiarità dell’istituto consiste nel fatto che ibeni del trust, benché siano “intestati a nome del trustee”, nonfanno parte del patrimonio di quest’ultimo ma “costituiscono unamassa distinta”.

CAPITOLO XXXVIIINVALIDITÀ ED INEFFICACIA DEL CONTRATTO

A) IL PROBLEMA GENERALE

338. Invalidità ed inefficacia.

L’ordinamento giuridico, pur riconoscendo ai privati il potere diporre in essere dichiarazioni negoziali, attribuisce a talidichiarazioni valore ed efficacia giuridica in quanto rientrinonei limiti e rispondano ai requisiti che l’ordinamento stesso

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stabilisce per l’attuazione dell’autonomia privata. Se tali limitinon sono osservati, la sanzione che colpisce l’attività delprivato che tendeva ad effetti giuridici è l’invalidità. Ilnegozio giuridico è, perciò, invalido quando, per l’inosservanza deilimiti stessi, il negozio è viziato e dunque inidoneo adacquistare pieno ed inattaccabile valore giuridico.L’invalidità può assumere due aspetti: la nullità e l’annullabilità.L’inesistenza, invece, implica una deficienza talmente grave daimpedire perfino l’identificazione dell’atto compiuto come negoziodi un certo tipo. In materia contrattuale, il negozio èinesistente quando non sia in alcun modo confrontabile con lafattispecie legale.Un’importante distinzione è quella tra validità (o invalidità) edefficacia (o inefficacia). L’efficacia è la concreta idoneità delnegozio a produrre gli effetti ai quali è preordinato. Nonnecessariamente un negozio efficace è anche valido, e viceversa. Di regola un atto valido è pure efficace, ma può accadere che unatto sia valido, e ciò nonostante inefficace (come un testamentoprima della morte del testatore); e al contrario un atto invalido puòessere efficace (come un contratto annullabile, che produce i suoieffetti , benché sia annullabile).L’atto nullo invece è invalido e inefficace. L’inefficacia infinepuò essere originaria o successiva.

B) LA NULLITÀ

339. La categoria della nullità.

Il negozio nullo non solo è invalido, ma è altresì radicalmenteinidoneo a produrre in alcun modo gli effetti ai quali èorientato. Il codice civile qualifica spesso un atto come “nullo”,ma non specifica, in via generale, che cosa comporta talequalifica.

340. Le cause di nullità del contratto.

L’art. 1418 enumera le “Cause di nullità del contratto” che possonoraggrupparsi in 3 categorie:

― specifica comminatoria di nullità di un determinato tipo dicontratto o di patto contenuta in una norma di legge (nullitàtestuale, art. 1418, comma 3);

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― mancanza o vizio di uno degli elementi essenziali delnegozio; secondo l’art. 1418, comma 2 producono nullità delcontratto: la mancanza di uno dei requisiti di cui all’art.1325, l’illiceità della causa, la mancanza nell’oggetto deirequisiti stabiliti dall’art. 1346; queste nullità vengonodette strutturali;

― infine un atto è nullo quando è contrario a norme imperative(art. 1418, comma 1), quand’anche la nullità dell’atto nonsia espressamente prevista da una specifica norma. Si parla,in tal caso, di nullità virtuale.

Una categoria che si va diffondendo nella legislazione speciale èquella della nullità “di protezione”, in cui un contratto èqualificato nullo al fine di tutelare una delle parti; ciò avvienein relazione alle “clausole vessatorie” in danno del consumatore.

341. Nullità parziale e sostituzione di clausole.

Il vizio che determina la nullità può investire l’intero negozio(nullità totale) o solo una o più clausole dell’atto (nullitàparziale): in quest’ultimo caso il contratto è parimenti travoltodalla nullità se risulta che la parte invalida doveva considerarsiessenziale, per cui senza di essa l’atto non sarebbe stato posto inessere. Se invece il contratto può continuare a svolgere unafunzione apprezzabile, l’atto rimane valido per la parte noncolpita dalla nullità.Tanto meno la nullità di singole clausole inficia il resto delnegozio quando è lo stesso legislatore ad aver già previsto lasostituzione automatica delle clausole invalide con clausole impostedalla legge.

342. L’azione di nullità.

Il negozio nullo non produce alcun effetto giuridico, ma questonon significa che non posa essere eseguito (ad es. è nullo ilcontratto con cui un sicario si impegna ad ammazzare una personacontro un compenso in denaro, che può essere eseguito comunque).Ciascuna delle parti ha diritto alla restituzione dellaprestazione eseguita in attuazione di un contratto nullo, a menoche non si tratti di prestazioni immorali.Qualora si intenda dirimere una controversia circa la validità omeno di un atto, o qualora si voglia chiedere la restituzione diuna prestazione effettuata in esecuzione di un atto nullo orifiutare l’esecuzione di una prestazione, assumendo che sia nullo

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il negozio che la prevede, è necessario rivolgersi al giudice perfar accertare e dichiarare la nullità del negozio in questione.L’azione di nullità:

a) in primo luogo è imprescrittibile (l’azione per far dichiarare lanullità non è soggetta a prescrizione);

b) in secondo luogo è esclusa qualsiasi sanatoria del negozio: ilnegozio nullo infatti è insanabile;

c) l’azione di nullità è un’azione di mero accertamento, in quantola sentenza che abbia ad accogliere la domanda non modificala situazione giuridica preesistente;

d) la legittimazione attiva a far valere la nullità di un negozio èriconosciuta a chiunque vi abbia interesse;

e) la nullità di un atto può essere rilevata d’ufficio dalgiudice, al contrario di quanto accade per l’annullabilità.

343. La conversione del contratto nullo.

Il contratto nullo non può produrre gli effetti per realizzare iquali era stato posto in essere. La legge però ammette chetalvolta possa attuarsi un fenomeno automatico di trasformazione olimitazione di quanto pattuito e che, pertanto, l’atto diautonomia possa produrre taluni effetti (conversione).L’art. 1424 richiede a tal fine i seguenti presupposti:

a) che sia stato stipulato un negozio nullo;b) che tuttavia quel negozio, sebbene nullo, presenti tutti i

requisiti (sia di sostanza che di forma) di un diverso negozio;c) che sia possibile ritenere che le parti, qualora al momento

della conclusione del negozio nullo fossero state consapevolidella nullità, avrebbero allora accettato di concludere alposto del primo, quel diverso negozio che sarebbe statoidoneo a produrre i suoi effetti;

d) che il vizio che affetta il contratto non ne comportiaddirittura l’illiceità.

In concreto è il giudice a rendere operante l’effetto diconversione del contratto nullo.Diversa dalla conversione è la rinnovazione del negozio nullo: in talcaso le parti pongono in essere un nuovo negozio, privo del vizioche dava luogo alla nullità di quello precedente.

344. Conseguenze della nullità.

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Il negozio giuridico nullo non produce alcun effetto. Ma da unlato il legislatore apporta talvolta delle deroghe a questaregola, e dall’altro lato occorre tener conto dell’eventualerilevanza del negozio nullo di fronte ai terzi.

C) L’ANNULLABILITÀ

345. Le cause e la disciplina dell’annullabilità.

L’annullabilità costituisce un’anomalia meno grave rispetto allanullità. In genere l’annullabilità deriva dall’inosservanza delleregole che, pur dettate nell’interesse generale, mirano aproteggere particolarmente uno dei soggetti. Il codice civileprevede quali generali cause di annullabilità: a) l’incapacità delsoggetto (legale o naturale), con la sola esclusione, a tuteladell’affidamento dell’altro contraente, del caso in cui il minore(e non altri incapaci legali), abbia posto in essere raggiri peroccultare la propria minore età; b) i vizi della volontà: errore,violenza e dolo.Il negozio annullabile produce tutti gli effetti a cui era diretto(efficacia interinale o precaria del negozio annullabile), ma questieffetti vengono meno se viene proposta ed accolta l’azione diannullamento. L’annullabilità di un negozio presenta i seguentiaspetti:

a) l’azione tendente a far annullare un negozio, l’azione di“annullamento”, è un’azione costitutiva, in quanto non si limitaa far accettare la situazione giuridica preesistente, ma miraa modificarla: il negozio aveva prodotto i suoi effetti, lasentenza di annullamento li elimina;

b) salvo diversa disposizione di legge, la legittimazione achiedere l’annullamento dell’atto spetta solo alla parte nelcui interesse l’invalidità è prevista dalla legge. Insostanza l’eliminazione degli effetti del negozio è fattadipendere dall’iniziativa della persona che la legge intendeproteggere (relatività dell’azione di annullamento). Talora,tuttavia, possono aversi figure di annullabilità assoluta, comein tema di matrimonio o di testamento;

c) l’annullabilità di un atto non può essere rilevata d’ufficio dalgiudice: egli non può pronunciare l’annullamento dell’atto inmancanza della domanda di parte;

d) l’azione di annullamento, a differenza dell’azione dinullità, è soggetta a prescrizione: di regola il termine di

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prescrizione è di 5 anni, ma spesso sono stabiliti terminidiversi.La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui ècessata la causa che ha dato luogo al vizio, e cioè, dalgiorno del compimento della maggiore età, se si tratta dinegozio posto in essere da un minore; dal giorno in cui si èscoperto l’errore o il raggiro, se si tratta di un negozioviziato da errore o dolo. Negli altri casi (ad es. in caso diincapacità naturale) la prescrizione comincia a decorrere dalgiorno in cui il negozio è stato concluso. Ovviamente, secolui che domanda l’annullamento propone la relativa domandagiudiziale dopo che sono trascorsi 5 anni dalla stipulazionedel contratto, egli ha l’onere di provare che la scopertadell’errore o del raggiro, si sono verificate entro e nonoltre il quinquennio anteriore al momento in cui vieneintentata l’azione di annullamento;

e) mentre l’azione di annullamento è soggetta a prescrizione, lacorrispondente eccezione può essere sollevata in ogni tempodalla parte che sia stata convenuta in giudizio perl’esecuzione del contratto

f) l’annullabilità è sempre sanabile, o attraverso la prescrizionedell’azione di annullamento o attraverso la “convalida” delnegozio.

346. Effetti dell’annullamento.

Se l’azione di annullamento viene accolta dal giudice,l’annullamento ha effetto retroattivo; si verifica, cioè, la stessasituazione che ha luogo nell’ipotesi di nullità: si considera comese il negozio non avesse prodotto alcun effetto. Quindi dev’essererestituita la prestazione eventualmente eseguita in virtù delnegozio annullabile.Tuttavia, se il negozio è annullato per incapacità di uno deicontraenti, in virtù del principio generale stabilito nell’art.2039, l’incapace è tenuto a restituire la prestazione solo neilimiti in cui essa è stata rivolta a suo vantaggio.Il principio dell’efficacia retroattiva dell’annullamentoderivante da incapacità legale è applicato anche di fronte ai terzi. Seun minore o un interdetto, senza la debita rappresentanza, havenduto un bene e l’acquirente lo rivende ad un terzo,

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l’annullamento del primo negozio travolge anche il secondo. Seinvece l’annullamento deriva da causa diversa dall’incapacitàlegale (es.: vizio della volontà), esso non pregiudica i dirittiacquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede.L’annullamento travolge, invece, anche gli effetti del secondonegozio, se l’acquisto era a titolo gratuito o l’acquirente nonera in buona fede.

347. La convalida.

Il negozio annullabile può essere sanato, oltre che per effettodella prescrizione, con la convalida (sanabilità del negozioannullabile). La convalida è un negozio con il quale la partelegittimata a proporre l’azione di annullamento si preclude lapossibilità di far valere il vizio. Essa non si confonde con laratifica, con cui, l’interessato approva e fa proprio il negoziocompiuto dal rappresentante senza potere.La convalida, per spiegare i suoi effetti, deve promanare da chi èin condizione di concludere validamente il contratto: essa, cioè,non deve essere affetta dallo stesso vizio che ha determinatol’annullabilità del negozio che si vuol sanare. Quindi, peresempio, se questo era stato posto in essere da un minore, occorreche costui sia diventato maggiorenne o sia debitamenterappresentato (immunità della convalida dai vizi che colpivano l’attoannullabile). Ed è altresì chiaro che per la validità dellaconvalida è necessaria la conoscenza del vizio che colpisce il negozio.Se questo è annullabile per errore e il contraente che è incorsonell’errore dichiara di voler confermare il negozio, quando ancoranon lo ha scoperto, questa dichiarazione non può avere il valoredi una convalida.La convalida può essere espressa o tacita: la prima deve contenere lamenzione del negozio annullabile, del motivo di annullabilità, ela dichiarazione che s’intende convalidare il negozio. La secondasi verifica qualora la parte che potrebbe dedurre l’annullabilitàdel contratto, essendo consapevole del vizio, dia volontariamenteesecuzione al negozio annullabile.

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CAPITOLO XXXVIIILA RESCISSIONE E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO

348. Rescissione del contratto concluso in istato di pericolo.

La rescissione del contratto può chiedersi per anomalie genetiche,cioè coeve alla conclusione del contratto: a) perché è statoconcluso in istato di pericolo; b) per lesione.Per poter sperimentare l’azione di rescissione di un contrattostipulato in condizioni di pericolo occorrono i seguentipresupposti:

a) lo stato di pericolo in cui uno dei contraenti o altra persona sitrovava, al quale il contraente stesso ha voluto ovviare conla conclusione del contratto. Devono ricorrere le condizionipreviste per lo stato di necessità dagli artt. 2045 cod. civ.e 54 cod. pen.: pericolo attuale di un danno grave alla persona (per es.incendio nell’edificio in cui si trovava una persona cara);non sarebbe, invece, sufficiente un pericolo riguardanteesclusivamente delle cose. Tuttavia, la nozione dello stato dipericolo, rilevante ai fini dell’azione qui considerata,diverge da quella propria dello stato di necessitàcontemplato dall’art. 2045 quale esimente dallaresponsabilità civile per i danni provocati, per questaragione: il contratto è rescindibile anche se lo stato dipericolo è stato volontariamente causato o era evitabile (ades. mi sono arrampicato su una roccia alpina, non ne soscendere ed ho bisogno dell’aiuto della guida);

b) il fatto che lo stato di pericolo fosse noto alla controparte;c) l’iniquità delle condizioni a cui il contraente ha dovuto soggiacere.

È attribuito al giudice il potere di assegnare, secondo lecircostanze, un equo compenso al soccorritore.

349. L’azione generale di rescissione per lesione.

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Il codice ha voluto offrire un rimedio contro i contrattisinallagmatici nei quali vi sia una sproporzione abnorme tra ledue prestazioni con un’azione di carattere generale, esperibileverso qualsiasi contratto. Si richiedono:

a) un primo elemento oggettivo: la lesione, ossia una sproporzionetra la prestazione di una parte e quella dell’altra: lalesione deve essere tale che il valore della prestazioneeseguita o promessa dalla parte danneggiata, valutata conriferimento al tempo della conclusione del contratto, risultisuperiore al doppio del valore della controprestazione. Lalesione deve perdurare fino al tempo in cui la domanda èproposta: se per successivi mutamenti di valore si èeliminato quello squilibrio che la legge vuole evitare, nonv’è ragione di rescindere il contratto. La lesione non è poiconcepibile riguardo ai contratti aleatori, la cui essenzaprevede la possibilità che nasca un vantaggio sproporzionatoa favore di una delle parti;

b) un secondo elemento oggettivo: lo stato di bisogno della partedanneggiata. Stato di bisogno non significa situazione diassoluta indigenza ma difficoltà economica, anche momentanea,tale da incidere sulla libera determinazione a contrarre. Lostato di bisogno si distingue dallo stato di pericolo: ilprimo consiste in una situazione di difficoltà di ordineeconomico, il secondo implica una situazione, più grave, dinecessità di salvare sé o altri da un pericolo attuale di undanno grave alla persona;

c) elemento soggettivo: l’approfittamento dello stato di bisogno dellaparte danneggiata. La sproporzione è dipesa dallo stato dibisogno di una parte, del quale l’altra parte ha approfittatoper trarne vantaggio. Al qual fine è sufficiente anche uncontegno puramente passivo, purché sussista la consapevolezzadello stato di bisogno e la consapevolezza di trarre dallastipulazione del contratto un’immoderata utilità economica.

Il contraente contro cui è proposta l’azione di rescissione puòevitarla eliminando lo squilibrio che ne costituisce ilfondamento, cioè offrendo un aumento della sua prestazione o,comunque, una modificazione del contratto sufficiente perricondurlo ad equità.L’azione di rescissione è sottoposta a principi diversi da quellidell’azione di annullamento: non si possono applicare le regoledella convalida; per eliminare l’elemento oggettivo dellasproporzione non vi è che un solo mezzo: prestare il supplemento.

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La rescissione non ha efficacia retroattiva: perciò non pregiudicai diritti acquistati dai terzi, salva l’applicazione dei principisulla trascrizione della domanda. L’azione si prescrive, diregola, in un anno dalla conclusione del contratto.La nuova disciplina dell’usura prevede, peraltro, l’illiceità diogni pattuizione volta a far conseguire ad una delle parti“vantaggi usurari” di qualsiasi natura (per es., appunto, lastipulazione di un contratto a prestazioni squilibrate); le nuovedisposizioni hanno diviso la dottrina: una parte ritiene che,ormai, il contratto viziato da lesione sia da ritenere nullo inquanto illecito, ed un’altra che ritiene che, comunque, ladisciplina della rescissione mantenga un proprio spazio dioperatività.

350. L’azione di risoluzione per inadempimento.

È prevista la risoluzione del contratto, ossia lo scioglimento delvincolo contrattuale e la cessazione degli effetti da essoderivanti, per anomalie nel funzionamento del sinallagma, ed inparticolare: a) per inadempimento; b) per impossibilitàsopravvenuta; c) per eccessiva onerosità.La risoluzione è applicabile solo ai contratti a prestazionicorrispettive, cosicchè, in caso di inadempimento da parte di unodei contraenti, il legislatore ammette che l’altro possa preferiredi porre nel nulla l’intero rapporto contrattuale. Di fronteall’inadempimento dell’altra parte, al contraente non inadempienteè lasciata la facoltà di scegliere fra queste due vie: o insistereper l’adempimento degli accordi, chiedendo la manutenzione delcontratto e quindi la condanna della controparte ad eseguire laprestazione non ancora adempiuta; o esercitare il diritto potestativo dichiedere la risoluzione del contratto, ossia che il contratto vengasciolto e considerato come se non fosse mai stato stipulato.Difatti, se egli insiste per la manutenzione del contratto, questosignifica che l’adempimento della controparte è ancora possibile eche ci troviamo di fronte ad un semplice ritardo: perciò ilcontraente non inadempiente potrà pretendere sia l’esecuzionedella prestazione originariamente dovuta, sia il risarcimento deldanno che gli deriva dal ritardo nel conseguire l’adempimento ecorrelativamente sarà tenuto ad eseguire la controprestazione.Quando viceversa, il creditore, di fronte all’inadempimento dellacontroparte, non intende più restare vincolato dal contrattostipulato, di cui, pertanto, non vuole l’esecuzione, può chiedernelo scioglimento (risoluzione): in tal modo egli non dovrà più

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tenersi pronto ad adempiere la controprestazione, oppure, ovel’abbia già eseguita, avrà diritto di chiederne la restituzione, epotrà rivolgersi ad altri per ottenere la prestazione che ilcontraente inadempiente non gli ha fornito; inoltre ilrisarcimento cui ha diritto non si aggiunge al diritto nascente dalcontratto, ma si sostituisce a quello, e perciò non è commisurato alsemplice danno da ritardo, ma al pregiudizio che il contraente hasubito per non aver ricevuto la prestazione promessa(inadempimento assoluto).Se viene proposta l’azione di adempimento, la parte non sipreclude il diritto di cambiare idea e di chiedere successivamentela risoluzione del contratto, ove ciò le sembri in seguito piùconveniente. Viceversa, una volta chiesta la risoluzione non sipuò più chiedere l’adempimento. La legge pone questo principio inquanto la parte che chiede la risoluzione implicitamente dichiaradi non avere più interesse all’osservanza del contratto e perciòl’altro contraente può ritenersi dispensato dall’esecuzione dellaprestazione, cosicchè potrebbe essere pregiudicato oltre limitiragionevoli qualora dovesse successivamente far fronte ad unanuova richiesta di adempimento.La legge stabilisce che, dalla data di domanda della risoluzione,l’inadempiente non può più rimediare alla precedente violazionedel contratto con un’esecuzione tardiva della prestazione da luidovuta: vale a dire che l’altro contraente può legittimamenterifiutare la prestazione che gli venga offerta dopo che sia già statapresentata al giudice la domanda di risoluzione (a meno che nonpreferisca l’adempimento tardivo che gli viene offerto erinunciare alla risoluzione del contratto). Occorre segnalare che,benché la legge faccia testualmente riferimento alla proposizionedella domanda di risoluzione, il contraente ha il potere di rifiutarela prestazione che gli venga tardivamente offerta anche se nonabbia ancora proposto una formale domanda di risoluzione, ogniqualvolta l’inadempimento abbia assunto carattere di gravità taleda giustificare potenzialmente la risoluzione del contratto.L’interesse a scegliere la risoluzione, invece che insistere perottenere l’esecuzione, può derivare: dalla sfiducia verso lavolontà dell’altro contraente di dare esecuzione al contratto; dalbisogno di procurarsi altrove la prestazione non ottenutadall’inadempiente; ma può derivare anche dalla preoccupazione diperdere la prestazione già eseguita senza ottenere lacontroprestazione, con conseguente interesse a recuperare in naturaquanto è già stato dato alla controparte.

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Per ottenere la risoluzione occorre proporre una domanda giudiziale,e spetterà al giudice, in caso di contestazione, accertare severamente vi sia stato inadempimento del contratto e se di essosia responsabile il convenuto. Inoltre il giudice, per dichiararerisolto il contratto (con sentenza costitutiva, in quanto determina loscioglimento del vincolo), deve anche accertare chel’inadempimento non abbia scarsa importanza, in quanto la gravitàdelle conseguenze di una sentenza di risoluzione si giustificasolo di fronte ad una situazione altrettanto grave.Di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con unasentenza, hanno affermato il principio secondo il quale ilcreditore, sia nel caso in cui agisca per ottenere l’adempimento eil risarcimento del danno, sia nel caso in cui domandi larisoluzione del contratto, è comunque tenuto a provareesclusivamente la fonte del proprio diritto (ossia il contratto),mentre spetta al debitore l’onere di provare il fatto estintivodella pretesa del creditore (cioè di aver adempiuto).La risoluzione ha efficacia retroattiva, il che significa che non solo ilcontratto risolto non produce più effetti per l’avvenire, ma chepure le prestazioni già eseguite solo ex uno latere devono essererestituite. Nel caso di un contratto traslativo, l’alienante hadiritto alla restituzione della res come se l’alienazione non fossemai stata posta in essere; peraltro, poiché la regola diretroattività opera esclusivamente “tra le parti”, sono salvi idiritti eventualmente acquistati da terzi. Se la domanda dirisoluzione è stata trascritta, la sentenza che accoglie quelladomanda è opponibile ai terzi che, successivamente allatrascrizione, abbiano acquistato diritti sull’immobile oggetto delcontratto risolto. Inoltre la retroattività non opera neppure trale parti nel caso di contratti ad esecuzione continuata operiodica, relativamente alle prestazioni già eseguite.

351. La risoluzione di diritto.

La risoluzione del contratto può intervenire non per effetto diuna sentenza del giudice, ma anche di diritto (ipso iure), in trecasi espressamente regolati dal codice.

a) Clausola risolutiva espressa. Si chiama così la clausola contrattualecon la quale le parti prevedono espressamente che ilcontratto dovrà considerarsi automaticamente risolto qualorauna determinata obbligazione – oppure alcune obbligazioni,purché sempre specificatamente indicate nella clausola stessa –non venga adempiuta affatto o comunque non venga eseguita

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rispettando le modalità pattuite (non avrebbe, perciò, valoreuna clausola che prevedesse genericamente la risoluzionedegli accordi in caso di “inadempimento del contratto”, senzaspecificare quali siano le obbligazioni valutate di tantaimportanza).La risoluzione, tuttavia, non consegue immediatamenteall’inadempienza: essa si verifica solo quando la parte noninadempiente, avendo deciso di esercitare il dirittopotestativo conferitole dalla clausola, comunichi all’altraparte che intende avvalersene, risolvendo il contratto. Talecomunicazione produce, una volta pervenuta all’inadempiente,gli stessi effetti della domanda giudiziale di risoluzione. Tale clausola spinge la parte che è tenuta ad eseguirel’obbligazione a non rendersi inadempiente, perché altrimentila controparte potrebbe provocare la risoluzione delcontratto con una semplice raccomandata.Inoltre la clausola risolutiva espressa, supera la necessitàdi una valutazione giudiziale della gravità dell’inadempimento:sono le parti stesse ad aver valutato ex ante, nel determinareil contenuto della clausola, gli inadempimenti ritenutisufficientemente gravi da comportare risoluzione. Tuttavia,potrà essere inevitabile l’intervento del giudice, qualoratra le parti insorga una lite (ad es. circa l’effettivasussistenza dell’inadempimento lamentato): ma la sentenza nonsarà costitutiva, bensì semplicemente dichiarativa, in quanto larisoluzione è già l’effetto della dichiarazione delcontraente e il giudice, quindi, si limita ad accertare chela risoluzione era intervenuta.

b) Diffida ad adempiere. Se nel contratto manca la clausolarisolutiva espressa, la parte non inadempiente può ottenereegualmente che la risoluzione operi “di diritto” mediante una“diffida ad adempiere”, ossia mediante una dichiarazionescritta, con la quale intima all’altro contraente diprovvedere all’adempimento entro un termine congruo (che diregola, non può essere inferiore a 15 giorni), con espressaavvertenza che, ove il termine fissato dovesse decorreresenza che si faccia luogo all’adempimento, il contratto, apartire da quel momento, si intenderà senz’altro risolto.In tal caso, se il contratto non viene adempiuto nel termineindicato, il legislatore realizza automaticamente l’effettominacciato dalla parte e considera risolto ipso iure ilcontratto.

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Anche in questa ipotesi qualsiasi eventuale contestazionesarà decisa con una sentenza accertamento.

c) Termine essenziale. Il termine per l’adempimento di unaprestazione si dice essenziale quando la prestazione diventainutile per il creditore qualora non venga eseguita entro iltermine stabilito.l’essenzialità del termine si dice oggettiva quando derivadalla natura stessa della prestazione che questa può essereutile per il creditore solo in quanto venga eseguita nei modie tempi pattuiti; si dice soggettiva quando dalle pattuizionicontrattuali risulti escluso l’interesse del creditoreall’esecuzione della prestazione oltre il termine indicato(non valgono però, a rendere essenziale il termine le mereclausole di stile, per esempio quelle che prevedano che laprestazione debba essere eseguita “entro e non oltre” uncerto giorno: si tratta, in tal caso, di termine ordinario,il cui decorso non comporta ipso facto risoluzione delcontratto).In questo caso l’inadempimento determina la risoluzione ipsoiure del contratto, senza bisogno di alcuna dichiarazione.Tuttavia se la parte non inadempiente è disposta a mantenerevivo il contratto e ad accettare un adempimento tardivo, puòevitare la risoluzione dando notizia della sua decisioneall’altra parte entro 3 giorni dalla scadenza del terminerimasto inosservato.

352. Eccezioni di inadempimento.

Un altro rimedio, sempre nei contratti a prestazionicorrispettive, è offerto dalla legge nel caso di inadempimento diuna delle parti, se l’altra non ha ancora adempiuto la suaprestazione.Qualora termini diversi siano stabili dalle parti, o risultinodalla natura del contratto, per l’adempimento delle prestazioniposte a carico dei contraenti, la parte tenuta ad adempieresuccessivamente può legittimamente rifiutare di eseguire laprestazione da lei dovuta, qualora l’altra parte non abbia ancoraeseguito la propria.Qualora le prestazioni debbano essere eseguite in unico contesto,ciascuna parte può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, sel’altra non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente lapropria.

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Il rimedio si applica anche nel caso che la prestazione sia stataadempiuta, ma in modo inesatto. L’istituto, che si collega anch’esso al difetto di funzionamentodella causa, dà luogo – se il rifiuto di adempiere non è oppostoin giudizio – ad una forma di autotutela sinallagmatica della parte,che può proteggere i propri interessi rifiutando di eseguire unaprestazione di fronte alla mancata esecuzione della prestazionecorrispettiva.Non basta, tuttavia, l’inadempimento dell’altra parte agiustificare il rifiuto della prestazione: occorre che il rifiutostesso sia conforme a buona fede. Perciò, se la prestazione nonadempiuta è di lieve importanza, l’inadempimento di una parte nonpuò invocarsi dall’altra per giustificare il proprio.

353. Mutamento delle condizioni patrimoniali dei contraenti.

La tutela di chi ha concluso un contratto a prestazionicorrispettive non s’arresta all’ipotesi dell’inadempimentodell’altra parte, ma prende anche in considerazione l’ipotesi delpericolo di inadempimento. È, perciò, attribuita a ciascuncontraente la facoltà di sospendere l’esecuzione della prestazioneda lui dovuta, se, successivamente al perfezionamento delcontratto, le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenutetali da porre in evidente pericolo il conseguimento dellacontroprestazione. Naturalmente, se viene prestata idoneagaranzia, cessa il pericolo che la prestazione non sia conseguitae la sospensione non ha alcuna giustificazione.

354. La clausola del solve et repete.

Una delle parti può assicurarsi, mediante apposita clausola, unaparticolare protezione ai fini dell’adempimento della prestazionead essa dovuta. Può, cioè, essere stabilito, in deroga al normalefunzionamento del principio della corrispettività, che una delleparti non possa opporre eccezioni al fine di evitare o ritardarela prestazione dovuta. Prima paghi e poi agisci in giudizio perottenere la restituzione, in tutto o in parte, di ciò che hapagato.La clausola solve et repete importa rinuncia al diritto di opporreeccezioni ed è diretta a rafforzare il vincolo contrattuale. Laclausola, peraltro, è ora espressamente compresa tra quelle che,se inserite in contratto concluso tra un professionista ed unconsumatore, si presumono, fino a prova contraria, “vessatorie”.

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La clausola pur consentita dal legislatore, è mitigata, nella suaportata, dall’art. 1462, che stabilisce i seguenti limiti:

a) Essa non ha effetto per le eccezioni di nullità, diannullabilità e di rescissione del contratto: queste mettonoin dubbio la validità o l’efficacia dell’intero negozio equindi della clausola medesima;

b) Il giudice, se riconosce che concorrono gravi motivi, puòsospendere la condanna all’adempimento della prestazione.

355. La risoluzione per impossibilità sopravvenuta.

L’impossibilità sopravvenuta della prestazione estinguel’obbligazione: essa, perciò, libera la parte che vi era tenuta.Nei contratti corrispettivi essa fa anche venir meno lagiustificazione del diritto alla controprestazione e perciò dàluogo alla risoluzione. Tale risoluzione opera di diritto.Se la prestazione è divenuta solo parzialmente impossibile(impossibilità parziale), il corrispettivo è giustificato solo per laparte corrispondente e dev’essere ridotto: la risoluzione non ètotale, ma parziale. Se però la prestazione che è residuata nonoffre d’interesse apprezzabile per il creditore, egli può recederedal contratto.Per quanto concerne i contratti traslativi, occorre ricordare che, seoggetto del contratto è una cosa determinata, la proprietà sitrasferisce per effetto del semplice consenso, mentre iltrasferimento della proprietà delle cose fungibili ha luogo conl’individuazione. Quindi, se il perimento della cosa avviene dopoche la proprietà è passata all’acquirente, è questi che devesopportare il rischio, perché res perit domino: come dal momento incui diventa proprietario egli trae dalla cosa tutti i vantaggi,così subisce le conseguenze sfavorevoli che ad esse siriferiscono. Egli, quindi, è tenuto ugualmente a corrispondere lacontroprestazione stabilita, anche se non sia avvenuta laconsegna: trasferendo la proprietà della cosa, l’alienante haadempiuto la sua prestazione e non vi sarebbe ragione perescludere il diritto alla controprestazione; il perimento haprodotto le sue conseguenze nella sfera dell’altro contraente.Naturalmente il venditore è obbligato a consegnare il bene venduto erisponde dell’eventuale inadempimento di tale obbligazione.Tuttavia, si tratta di una questione del tutto diversa da quellache si sta considerando: se il venditore, per propria negligenza,lascia perire la cosa che deve consegnare, risponde perl’inadempimento di tale obbligazione di consegna; se, invece, dopo

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il trasferimento della proprietà, ma prima della consegna, la cosava distrutta per un caso fortuito, il venditore non solo non èresponsabile per tale perdita, ma ha altresì diritto al pagamentodel prezzo da parte del compratore.Si ricordi che l’individuazione delle cose generiche avviene conla loro consegna al vettore: perciò se la merce, nonostante tuttele preoccupazioni adottate dal venditore, perisce durante ilviaggio, il compratore non si può esimere dal pagamento delprezzo.Il criterio di ripartizione del rischio si applica anche nel casoin cui l’effetto traslativo del negozio riferentesi a cosadeterminata sia sottoposto a termine.Invece, in deroga al principio della retroattività dellacondizione, il rischio relativo al perimento della cosa, cheavvenga in pendenza della condizione sospensiva, è addossatoall’alienante.Nei contratti plurilaterali, l’impossibilità della prestazionedovuta da uno dei contraenti comporta scioglimento del contrattosolo relativamente a quest’ultimo, mentre rimane efficace tra lealtre parti, a meno che la prestazione divenuta impossibile abbiacarattere essenziale per l’intera economia del contratto.

356. La risoluzione per eccessiva onerosità. Quando dal momento della stipulazione del contratto e quello dellasua esecuzione intercorre un certo periodo di tempo può accadereche in questo periodo si verifichino eventi tali da modificarel’originaria valutazione di una delle parti circa la convenienzaeconomica dell’operazione programmata: se ciascuna parte potesseinvocare i fatti sopravvenuti per liberarsi da vincolicontrattuali giudicati non più convenienti ne risulterebbepregiudicata la certezza dei rapporti negoziali.Tuttavia, il legislatore ha concesso un rimedio per il caso piùgrave in cui fatti sopravvenuti imprevedibili rendano laprestazione di una delle parti eccessivamente onerosa, determinando unsacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra. Èsolo in questi limiti, quindi, che si è accolta la clausola,secondo la quale un accordo sarebbe vincolante solo a condizioneche non si modifichino i rapporti di valore tra le prestazionioggetto dello scambio. Si ha, pertanto, diritto alla risoluzione delcontratto per eccessiva onerosità quando concorrono le seguenti condizioni:

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a) che si tratti di contratti per i quali è previsto il decorsodi un intervallo di tempo tra la stipulazione dell’accordo ela sua esecuzione;

b) che si verifichi una eccessiva onerosità sopravvenuta dellaprestazione di una delle parti. Anzitutto deve trattarsi diuna onerosità sopravvenuta successivamente alla conclusionedel contratto (purché non quando il contraente è in mora). Insecondo luogo deve trattarsi di una onerosità eccessiva, checrei, cioè, uno squilibrio economico grave tra prestazione econtroprestazione. In terzo luogo l’onerosità deve riguardareuno scambio non ancora realizzato, o in quanto si verifica unaggravio economico che colpisce l’esecuzione dellaprestazione, oppure in quanto si verifica uno svilimentodella controprestazione;

c) che l’eccessiva onerosità dipenda da avvenimenti straordinari eimprevedibili. La prevedibilità o meno dell’evento non vavalutata in astratto, ma alla luce del giudizio che, ex ante,un uomo medio avrebbe ritenuto di formulare per cautelarsenenello stipulare il contratto. Anche la svalutazione monetariaviene considerata evento idoneo a giustificare larisoluzione, quando l’entità dell’inflazione superi ilnormale andamento del periodo in cui si colloca lastipulazione dell’atto.

La risoluzione del contratto non può essere concessa quandol’onerosità sopravvenuta non supera l’alea normale che ognioperazione protratta nel tempo presenta. La risoluzione pereccessiva onerosità non si applica ai contratti aleatori, nei qualinon sussiste un equilibrio dello scambio predefinito dalle parti.Analogamente a quanto avviene per la rescissione del contratto perlesione, la parte contro la quale è domandata la risoluzione puòevitarla offrendo di modificare equamente le condizioni delcontratto fino a ricondurre il rapporto tra le prestazioni entro ilimiti dell’alea normale del contratto (offerta di riduzione ad equità).Nei contratti nei quali una sola delle parti ha assuntoobbligazioni l’eccessiva onerosità non dà luogo alla risolubilità,ma solo alla rivedibilità: la parte obbligata può chiedere unariduzione della propria prestazione oppure una modificazione nellemodalità di esecuzione, in modo da ricondurla ad equità.

357. La presupposizione.

La figura della presupposizione non è prevista dalla legge, ma èrecepita, con prudenza, dalla prassi giurisprudenziale come

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strumento per apprestare rimedio a taluni anomali sviluppi. Talorale parti hanno dettato il loro regolamento negoziale fondando leloro valutazioni su determinati presupposti che in seguito possonoessere venuti meno o che, nonostante le attese, non si sonoverificati. Ricorre un caso di “presupposizione” quando daun’interpretazione secondo buona fede della volontà negoziale risulta chele parti, pur non facendone espressa menzione nel contratto, hannoentrambe considerato determinante per la conclusione dell’affareuna data situazione di fatto attuale o futura (ad es. prendo inlocazione un balcone per poter assistere ad una manifestazionesportiva). La situazione di fatto oggetto della presupposizione può esseresia anteriore o coeva alla stipulazione del contratto, oppurefutura.Se questo presupposto viene dedotto formalmente nel contratto,l’accordo ne risulta “condizionato”, e se la condizione non siverifica il contratto è inefficace; ma se il presupposto non vienemenzionato (perciò si dice che la presupposizione è una“condizione inespressa”) e l’evento non si verifica, il contrattova egualmente rispettato o se ne può rifiutare l’esecuzione?La giurisprudenza è al riguardo incerta. Da un lato, infatti, valeil principio della irrilevanza dei motivi non dichiarati e della mancanzadi qualsiasi norma di legge che attribuisca importanza allapresupposizione; dall’altro, il rispetto della buona fede esige diaccordare tutela alla parte il cui consenso era strettamentecondizionato ad un presupposto noto alla controparte.Secondo un diffuso indirizzo di pensiero, si parla dellapresupposizione come “condizione implicita”, che rileva, però, inquanto si riferisca ad una situazione di fatto: a) di rilevanzadeterminante nell’economia del contratto; b) comune, ossia tenutapresente da entrambi i contraenti (o quanto meno, se relativaall’interesse di una sola di esse, nota, all’altra parte), ancorchénon espressamente menzionata nel contratto; c) oggettiva edesterna al contratto: non sarebbe presupposizione un fatto che leparti possano o meno determinare. In presenza di tali requisiti,il contratto può essere ritenuto inefficace, qualora non siverifichi l’evento presupposto.Su un altro versante, si tende ad utilizzare l’elemento dellarisoluzione intesa come generale strumento di controllo dellesopravvenienze rispetto all’assetto di interessi tracciato dalcontratto, quando la situazione di fatto presupposta, ed esistenteal momento del perfezionamento del contratto, venga poi a mutare.

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I SINGOLI CONTRATTI

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CAPITOLO XXXIXI CONTRATTI DEL CONSUMATORE

358. Premessa. La genesi e le ragioni del diritto dei consumatori.

I contratti del consumatore non costituiscono un “tipo”contrattuale, non realizzano, cioè, un determinato modello dioperazione economica. Tuttavia la legislazione degli ultimidecenni ha fatto emergere una disciplina di ordine generaleapplicabile ai contratti stipulati dai consumatori, quale ne siail tipo, oltre a specifiche norme regolatrici di determinatefigure contrattuali rivolte al pubblico dei consumatori. Le regolesul “contratto del consumatore” raccolgono materiale eterogeneo,che attiene sia alla generale predisposizione di regole dicorrettezza nella condotta degli operatori commerciali e diinformazione ed “educazione” del consumatore, sia all’introduzionedi particolari norme sulla formazione e sul contenuto delcontratto, in deroga a quelle generali, sia alla disciplinaparticolare di talune specifiche figure contrattuali rivolte alconsumatore. Inoltre, la tutela del consumatore eccede ladisciplina dell’attività contrattuale del consumatore stesso.Si assiste, per effetto dello sviluppo della disciplina protettivadel consumatore, al ritorno di una forma di diritto privatodifferenziato su base “personale”, in quanto applicabile in forzadi specifici connotati soggettivi delle parti.Se, nei secoli passati, l’esigenza più sentita era quella dirimuovere i privilegi di trattamento giuridico spettanti ad alcunigruppi o classi sociali, in seguito ci si è progressivamente resiconto cha alla parità formale che la legge attribuiva aicontraenti non sempre corrispondeva una piena parità sostanziale,

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un identico potere contrattuale. Infatti, spesso si avvertiva cheuna delle parti era in realtà in grado di imporre all’altra ilcontenuto regolamentare dell’accordo; che una delle due avevaconoscenze tecniche e giuridiche superiori a quella dell’altra, laquale, quindi, non era in grado di valutare l’impegno che andavaassumendo; che una delle due poteva mettere in atto efficaci mezzidi persuasione per indurre l’altra al negoziato. Il codice civile apprestava una, pur debole, forma di tutelacontro la predisposizione unilaterale del contenuto del contratto.Uno strumento, però, di scarsa efficacia, poiché si limitava adimporre un requisito formale, che era facile imporre all’altraparte, essendo sufficiente apporre due firme su un moduloprestampato. Si sono, perciò, succeduti plurimi interventi dellegislatore volti a tutelare il consumatore nella sua attivitàcontrattuale.Di recente il materiale normativo accumulatosi è statoriorganizzato e raccolto in un testo unico: il “Codice delconsumo” (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), che costituisce ilplesso normativo più importante, anche se non esaurisce la materiadel “diritto dei consumatori”. Proprio nelle disposizioni diesordio (art. 2) il Codice del consumo enumera i dirittifondamentali riconosciuti ai consumatori, che la legge si proponedi tutelare, ossia il diritto:

a) alla tutela alla salute;b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;c) ad un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;d) all’educazione al consumo;e) alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali;f) alla promozione dell’associazionismo tra i consumatori ed

utenti;g) all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di

qualità ed efficienza.

359. I soggetti: il “consumatore” ed il “professionista”.

La disciplina in esame si applica sulla base di presupposti diordine soggettivo, correlati alla qualità delle parti. In particolareoccorre che una di esse sia un “consumatore” e l’altra un“professionista”. L’art. 3 del Codice del consumo offre unadescrizione di carattere generale, e stabilisce che perconsumatore o utente si intende la persona fisica che agisce perscopi estranei all’attività imprenditoriale o professionaleeventualmente svolta, mentre professionista è la persona fisica o

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giuridica che agisce nell’esercizio della propria attivitàimprenditoriale o professionale, oppure un suo intermediario.Il consumatore è necessariamente una persona fisica: una società oun ente senza scopo di lucro, non possono godere delle tutelespecificamente previste a favore del consumatore. Inoltre un certosoggetto può essere, a seconda del contesto in cui viene posta inessere l’operazione, professionista o consumatore: l’esercenteun’impresa commerciale è professionista quando vende beni aipropri clienti, è consumatore quando acquista beni per sé o per lapropria famiglia. Un medesimo soggetto può mutare veste a secondasemplicemente della finalità dell’operazione posta in essere. Ladistinzione, rilevante sul piano della qualificazione, dipenderàdalla valutazione delle circostanze.Peraltro, non mancano proposte interpretative dottrinali tendentia superare questa restrittiva formulazione letterale della norma,fino ad estendere la tutela anche al professionista che agiscanella stipulazione del contratto come mero “aderente” ad uncontratto predisposto dalla controparte.La nozione di professionista descritta dalla legge non coincidecon quella di professionista intellettuale di cui agli artt. 2229ss. (medico, avvocato, ecc.), che rimanda alla figura di colui chesvolge un’attività di prestazione di servizi aventi, appunto,contenuto intellettuale. Per il Codice del consumo professionistaè sia l’imprenditore (grande, piccolo, artigiano) sia ilprofessionista in senso stretto.

360. L’educazione del consumatore; gli obblighi di informazione,la comunicazione pubblicitaria e la promozione commerciale.

Obiettivo primario della legge è lo sviluppo di una capacità diadeguata autodeterminazione del pubblico dei consumatori nellescelte relative all’acquisto di beni e di servizi e nella tuteladei loro diritti. In questa prospettiva la legge agisce in duedirezioni: da un lato la promozione delle conoscenze e dellecapacità di valutazione del consumatore; dall’altro l’imposizionedi apposite regole di correttezza nell’informazioneprecontrattuale.Sul primo versante si colloca l’art. 4 del Codice del consumo. Lanorma precisa che l’educazione del consumatore è funzionale allosviluppo di una maggiore consapevolezza, da parte dei consumatori,dei loro diritti, nonché alla promozione dei rapporti associativitra consumatori e della loro partecipazione ai procedimentiamministrativi. In particolare si precisa che le attività

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destinate all’educazione dei consumatori non hanno finalitàpromozionale di specifici prodotti, ma sono volte ad esplicitare lecaratteristiche dei prodotti e dei servizi e rendere chiaramentepercepibili benefici e costi conseguenti alle loro scelte.Il Titolo II del Codice del consumo indica le informazioni dovuteai consumatori, che devono, quale soglia minima, riguardare lasicurezza, composizione e qualità dei prodotti e dei servizi edevono essere fornite in modo chiaro e comprensibile. Regole piùdettagliate disciplinano le informazioni in ordine allaprovenienza del prodotto e il prezzo.Il Titolo III del Codice del consumo raccoglie norme, introdottein precedenza, volte a reprimere la pubblicità ingannevole e adassicurare un’informazione commerciale palese, veritiera e corretta. Lalegge definisce come pubblicità qualsiasi forma di diffusione dimessaggi volti a promuovere la vendita dei beni, mobili oimmobili, la costituzione o il trasferimento di diritti su diessi, o la prestazione di opere o servizi. È reputata ingannevole la pubblicità che tenda ad indurre ad errore idestinatari, in modo da pregiudicare il loro comportamento. La pubblicità comparativa è quella che identifica, in modo implicitoo esplicito, i prodotti di un concorrente di colui che diffonde ilmessaggio. Oggi in Italia è permessa, ma rimane illecita quando sirisolve in pura denigrazione del prodotto del concorrente, o siaidonea a generare confusione e a conseguire indebiti vantaggi.Regole specifiche sono poste in ordine alla pubblicità di prodottipotenzialmente pericolosi alla salute.Il Codice del consumo affida all’Autorità garante dellaconcorrenza e del mercato appositi poteri di inibitoria degli attidi pubblicità ingannevole o comparativa illecita.Apposite norme regolano le attività di pubblicità radio-televisivae di televendita. In particolare quest’ultime devono evitare ogniforma di sfruttamento della superstizione o della paura, nondevono contenere scene di violenza fisica o morale tali daoffendere la sensibilità dei consumatori.

361. I contratti del consumatore e le clausole vessatorie.

La disciplina codicistica delle condizioni generali di contrattoha subito un processo evolutivo che ha portato a sostituire unatutela solo formale, ad una di carattere sostanziale, imperniata suuna comminatoria di invalidità della clausola concretante un“abuso” ai danni del consumatore.

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Il modello di tale innovazione normativa è stato costituito dallaDirettiva 93/13/CE; essa è poi confluita, con alcunemodificazioni, nel Codice del consumo.Anzitutto la legge pone un’enunciazione di ordine generale: “siconsiderano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede,determinano a carico del consumatore un significativo squilibriodei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. NellaDirettiva si parla anche di clausole “abusive”.Tale disposizione richiede due precisazioni. La prima attiene alriferimento alla buona fede; in particolare è sorto il dubbio sela norma abbia inteso far riferimento alla buona fede in sensosoggettivo (in tal caso la norma avrebbe voluto significare che lenorme sono qualificate vessatorie anche se il predisponente era inbuona fede, ossia non aveva intenzione di comprimere i dirittidell’altra parte), oppure in senso oggettivo (in tal caso la normaandrebbe letta nel senso che sono abusive le clausole che, incontrasto con il principio della buona fede, comportano un abuso diuna parte in danno dell’altra): è senz’altro da condividere questaseconda lettura. La seconda precisazione riguardal’identificazione del carattere abusivo, che non riguarda lecondizioni economiche dello scambio, ma il regolamentocontrattuale: la legge non reprime, infatti, uno squilibrio delvalore delle prestazioni, ma lo squilibrio dei diritti e degliobblighi delle parti.Non possono considerarsi vessatorie le clausole che attengono alladeterminazione dell’oggetto del contratto o all’adeguatezza delcorrispettivo dei beni e dei servizi purché, tuttavia, talielementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile. Nonpossono considerarsi vessatorie neppure le clausole cheriproducono disposizioni di legge.Occorre distinguere poi due categorie di clausole: quelle che sonosempre ritenute vessatorie e quelle che la legge presume abbianocarattere vessatorio.Si presumono vessatorie fino a prova contraria tutte le clausolecontenute in un lungo elenco, posto dall’art. 33. Tali clausolenon sono sempre e necessariamente vessatorie, essendo lasciata alprofessionista la chance di provare che quelle clausole non eranostate imposte unilateralmente perché avevano formato oggetto ditrattativa individuale, ossia di uno specifico negoziato tra ilconsumatore e il professionista sul testo della clausola; onereche dovrà ovviamente essere assolto dal professionista dando laspecifica prova di un effettivo negoziato sulla clausola.

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Si ritiene inoltre che la presunzione di vessatorietà possa ancheessere vinta, anche se non sarà facile, dal professionistadimostrando che, nel caso specifico, la clausola non determina unsignificativo squilibrio dei diritti e degli obblighi posti dalcontratto in capo a ciascuna delle parti. Difatti la vessatorietàdella clausola è valutata tenendo conto della natura del bene cheforma oggetto del contratto, nonché delle circostanze esistenti almomento della sua conclusione e, infine, delle altre clausole delcontratto stesso o di altro collegato.Occorre ancora segnalare che per i contratti relativi allaprestazione di servizi finanziari o altri prodotti aventi unprezzo collegato ad un indice di borsa, è consentita, in forza diapposita deroga, la pattuizione di clausole rientranti nell’elencodelle clausole presunte vessatorie.Sono sempre considerate vessatorie, senza possibilità di provacontraria, quelle enumerate dall’art. 36: si tratta delle clausoleche limitano la responsabilità del professionista nel caso dimorte o danno alla persona del consumatore; oppure che limitano leazioni del consumatore in caso di inadempimento da parte delprofessionista; oppure, infine, che tendano a rendere inefficacinei confronti del consumatore clausole contrattuali da lui nonconosciute prima della conclusione del contratto. Proprio per laloro pericolosità, tali disposizioni sono sempre invalide, anchese siano state oggetto di specifica trattativa: il relativo elencoviene definito black list.L’art. 35 impone un obbligo di trasparenza: se le clausolevessatorie sono redatte per iscritto, esse devono essere redattein modo chiaro e comprensibile. Inoltre tale articolo detta unaregola ermeneutica di favore per il consumatore: in caso di dubbiosul senso di una clausola, prevale l’interpretazione favorevole alconsumatore; si tratta di un’applicazione del principiodell’interpretatio contra stipulatorem.Le clausole considerate vessatorie sono nulle ai sensi dell’art. 36,che parla espressamente di Nullità di protezione, in quanto posta atutela di una sola parte. Lo stesso articolo precisa che ilcontratto rimane efficace per il resto: vale a dire che si applical’art. 1419 del cod. civ. sulla nullità parziale dei contratti; secosì non fosse, il professionista potrebbe sostenere lapropagazione della nullità all’intero contratto, con l’effetto divanificare in toto la protezione del consumatore, il quale nonpotrebbe invocare alcun diritto sulla base del contratto, proprioa causa della sua integrale invalidità. La nullità opera solo avantaggio del consumatore e, se non dedotta dal consumatore, può

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essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma solo se ciò vada avantaggio del consumatore stesso. Al fine di potenziare la tutela del consumatore, che spesso puònon essere indotto ad agire individualmente in giudizio perottenere tutela contro una causa vessatoria, dissuaso dai costidella lite, la legge ammette che, per iniziativa di taluni enti(come le associazioni rappresentative dei consumatori) può essererichiesto al giudice di inibire una volta per tutte, ad unprofessionista l’uso, nei contratti con i clienti, di determinateclausole che vengano valutate come vessatorie. Tale strumento nonconduce, come di regola avviene, ad una pronuncia rilevante conriferimento ad uno specifico contratto tra due determinatisoggetti: viceversa l’inibitoria comporta il divieto, per ilprofessionista, di utilizzare la clausola riconosciuta comevessatoria in tutti i propri contratti.Da segnalare che il legislatore ha inteso prevenire il rischio chei professionisti potessero eludere tale disciplina, sottoponendoil contratto, con un’apposita clausola, ad una legge straniera:l’art. 36 sancisce la nullità di ogni clausola che, prevedendol’applicabilità al contratto di una legge extracomunitaria, abbial’effetto di privare il consumatore della tutela disposta a suofavore.

362. I contratti negoziati fuori dai locali commerciali e icontratti a distanza. Il “commercio elettronico”. Lacommercializzazione a distanza di servizi finanziari. Il legislatore comunitario ha dettato indicazioni volte aproteggere i consumatori contro il rischio di tecniche di venditadefinite come “aggressive”.Si parla a riguardo di contratti negoziati “fuori dai localicommerciali”, e di contratti “a distanza”. I primi comprendono tutti i casi in cui il contratto vieneperfezionato non in appositi spazi adibiti alla vendita, nei qualiil consumatore si sia appositamente recato, bensì: presso ildomicilio o il luogo di lavoro del consumatore; duranteun’escursione organizzata dal professionista al di fuori deipropri locali commerciali; in area pubblica o aperta al pubblico;per corrispondenza, o comunque sulla base di un catalogo che ilconsumatore ha avuto modo di consultare senza la presenza delprofessionista.Sono esclusi dall’applicazione di tale disciplina, i contrattirelativi alla vendita o locazione di immobili, alla fornitura di

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cibi e bevande, i contratti di assicurazione e relativi astrumenti finanziari, quelli che prevedano una prestazione acarico del consumatore inferiore a 26 euro.I secondi sono quelli mediante i quali il consumatore si procurabeni o servizi da un fornitore professionista che opera attraversomezzi di comunicazione “a distanza”, o comunque al di fuori deilocali preposti alla distribuzione dei propri prodotti.La tutela del consumatore si sostanzia, per un verso, nel dirittoad essere adeguatamente e preliminarmente informato su tutti gliaspetti di rilievo del contratto e sulle facoltà e poteri che glispettano in proposito ; e, per altro verso, in un diritto di recessoesercitabile, incondizionatamente e senza subire perdite di sorta,entro 10 giorni dalla stipulazione del contratto. Il recesso ètempestivamente esercitato se entro il termine di legge lacomunicazione viene inviata, ossia consegnata all’ufficio postaleaccettante la spedizione (può dunque essere ricevuta anchesuccessivamente), mediante lettera raccomandata, o trasmessamediante telefax o posta elettronica: in questi ultimi casi però,deve essere confermata da raccomandata inviata entro i due giornisuccessivi.Questo diritto è irrinunciabile, cosicchè sarebbe nulla qualsiasipattuizione in contrario. Comunicato il recesso, le parti sonosciolte dalle rispettive obbligazioni e, se queste erano già statein tutto o in parte eseguite, sono tenute alle conseguentirestituzioni; il diritto di recesso è perciò subordinato, nei casidi contratti di vendita di beni, all’integrità della merce.È importante segnalare che la legge impone espressamente alprofessionista di informare il consumatore in ordine all’esistenza ealle modalità di esercizio del diritto di recesso: se omette taleinformazione, il termine per l’esercizio del recesso aumenta finoa 60 o 90 giorni, decorrenti dalla data della consegna dei beni o,nel caso di prestazioni di servizi, dalla conclusione delcontratto.Nel caso di forniture non richieste che comportino un pagamento acarico del consumatore, quest’ultimo non è tenuto ad alcunaprestazione corrispettiva, e la mancata risposta da parte sua noncostituisce in nessun caso conferma.Riguardo le “offerte di servizi della società dell’informazione”poste in essere per via elettronica, sono previsti obblighiinformativi in ordine all’identità e alle qualità del soggetto cheoffre i servizi, alla natura dell’offerta, alle modalità diconclusione del contratto.

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Cautele particolari sono poi dettate nel caso in cui i serviziofferti attengano a prestazioni proprie di professioniregolamentate (ad es. avvocato): l’offerta deve essere conformealle regole di deontologia professionale.Infine è prevista una cautela particolare anche per lacommercializzazione a distanza di servizi finanziari aiconsumatori.

363. Singoli contratti del consumatore: multiproprietà eprestazione di servizi turistici.

Il codice del consumo recepisce inoltre, le norme poste da taluneleggi speciali in tema di disciplina di alcuni specificicontratti, destinati al pubblico dei consumatori: lamultiproprietà e la vendita di pacchetti turistici.

364. Profili delle tutele e azioni inibitorie.

Al fine di potenziare la tutela dei consumatori, il Codice delconsumo prevede in via generale una legittimazione delleassociazioni dei consumatori (che devono essere inserite inapposito elenco di associazioni rappresentative a livellonazionale, tenuto presso il Ministero delle attività produttive)ad agire in giudizio per la tutela degli interessi collettivi deiconsumatori. A tale scopo le associazioni possono adire iltribunale per chiedere: l’inibitoria di atti e comportamentilesivi degli interessi dei consumatori; l’adozione di misureidonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delleviolazioni accertate; l’ordine di pubblicazione sulla stampa deiprovvedimenti adottati, se utile a correggere gli effetti delleviolazioni.

CAPITOLO XLI CONTRATTI TIPICI E ATIPICI

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365. I singoli contratti e la relativa disciplina.

Il titolo terzo del libro quarto del codice civile contiene ladisciplina dei contratti nominati o tipici, ossia di queicontratti che, per la loro maggiore importanza o per la loromaggiore frequenza, sono stati specificamente regolati dallegislatore. Non tutti i contratti sono però compresi in questotitolo; i contratti connessi con rapporti di diritto familiaresono disciplinati nel libro primo; la donazione che, dato il suocarattere di liberalità, è sottoposta a regole comuni altestamento, è collocata nel libro secondo; le società, i contrattidi lavoro e i contratti associativi agrari, per la loro inerenzaall’impresa, nel libro quinto.Inoltre il codice non esaurisce la categoria dei contrattinominati, essendo numerose le leggi che definiscono e regolanospecifici contratti, sconosciuti al codice, e le leggi checontengono apposite norme volte ad integrare la disciplina diparticolari contratti tipici, contemplate in via generale dalcodice.Ancora si deve rammentare che la libertà concessa alle partidall’art. 1322, di stipulare contratti privi di specificaconsiderazione da parte dell’ordinamento rende potenzialmenteillimitata la categoria dei contratti atipici.

366. Classificazioni dei singoli contratti.

Tenendo conto della loro finalità economica, i singoli tipicontrattuali saranno esaminati in quest’ordine:

a) il principale contratto di scambio: la compravendita;b) gli altri contratti di scambio che realizzano un do ut des

(permuta, contratti di borsa, riporto, contratto estimatorio,somministrazione);

c) i contratti di scambio che realizzano un do ut facias (locazione,leasing, appalto, trasporto);

d) i contratti di cooperazione nell’altrui attività giuridica(mandato, commissione, spedizione, agenzia, mediazione);

e) i principali contratti reali (deposito, comodato e mutuo);f) i contratti bancari (deposito, apertura di credito, sconto,

cassette di sicurezza);g) i contratti aleatori (rendita, assicurazioni, gioco e

scommessa);

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h) i contratti diretti a costituire una garanzia (fideiussione eanticresi);

i) i contratti diretti a dirimere una controversia (transazionee cessione dei beni ai creditori);

j) i contratti agrari.

CAPITOLO XLILA COMPRAVENDITA

367. Definizione.

La vendita è il più importante dei contratti. La vendita viene attuata:a) o dal produttore, che può collocare sul mercato la propria

produzione o direttamente presso i consumatori o presso(ri)venditori (commercianti);

b) o da un “intermediario nella circolazione dei beni”, che puòa sua volta attuare il commercio direttamente presso ilpubblico (vendita “al dettaglio”), oppure tramite altri(ri)venditori (commercio “all’ingrosso”);

c) o da un venditore non professionale, che dispone del cespitenon nell’esercizio di un’attività continuativa, bensì concarattere di occasionalità e con riguardo, di regola, a benigià “usati”.

Anche le connotazioni soggettive delle parti possono influire sualcuni aspetti del rapporto.La compravendita è il contratto che ha per oggetto iltrasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di unaltro diritto verso il corrispettivo di un prezzo, che è elementoessenziale della vendita e consiste in corrispettivo in denaro.

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Il fatto che il corrispettivo dello scambio sia sempre un prezzodistingue la vendita dalla permuta.Il prezzo deve essere determinato o determinabile: in difetto ilcontratto è nullo. Il codice, peraltro, prevede appositi criterilegali di determinazione del prezzo, in difetto di appositaprevisione delle parti.La vendita è un contratto consensuale: per il suo perfezionamentonon occorre la consegna della cosa, che, invece, costituisce unadelle obbligazioni del venditore.La vendita può avere per oggetto anche realtà complesse, comeun’eredità o una quota di eredità, oppure un’azienda.

368. Vendita ad effetti reali e vendita obbligatoria.

La vendita ha effetti reali, ossia produce, in virtù del consenso,il trasferimento della proprietà della cosa o, in genere, deldiritto oggetto della vendita, quando abbia per oggetto una cosadeterminata.In alcune ipotesi, peraltro, quest’effetto non può immediatamenterealizzarsi (perché la cosa non è determinata o non è di proprietàdel venditore) e il contratto ha, quindi, efficacia obbligatoria: laproprietà non passa immediatamente, ma sorge dal contratto, acarico del venditore, l’obbligo di procurarne l’acquisto alcompratore, compiendo le attività a ciò funzionali. Le figure piùimportanti di vendita obbligatoria sono:

a) la vendita di cose generiche (merce indicata quantitativamente,ma non ancora specificata), in cui è necessarial’individuazione degli specifici pezzi che si intendonoconsegnare e trasferire;

b) la vendita alternativa, in cui il trasferimento non si verificase non quando si stata effettuata la scelta tra due o piùcose dedotte in obbligazione;

c) la vendita di cosa futura, in cui occorre sempre, ai fini deltrasferimento della proprietà, che la cosa sia venuta adesistenza. Occorre ricordare le specifiche norme, relative aicontratti, preliminari o definitivi, di vendita aventi adoggetto immobili da costruire;

d) infine la vendita di cosa altrui: questa non è né nulla néannullabile. Naturalmente, non è possibile l’immediatotrasferimento della proprietà, ed il contratto produce acarico del venditore l’obbligo di acquistare la cosa dalproprietario per trasmetterla al compratore. Costui diventa,peraltro, proprietario automaticamente, senza bisogno di un

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ulteriore dichiarazione di volontà (a differenza di quantoavviene per effetto del contratto preliminare) nel momentodell’acquisto della cosa da parte del venditore.

La giurisprudenza ammette che il venditore di cosa altrui possaadempiere il proprio obbligo anche inducendo il proprietario atrasferire direttamente la proprietà al compratore.Qualora il venditore non riesca a procurare al compratorel’acquisto della proprietà, risponde del proprio inadempimento.Occorre peraltro distinguere il caso in cui il compratore sapesseche la cosa venduta non apparteneva al venditore (ed abbia intesostipulare un contratto in forza del quale il venditore assumeval’obbligo di procurare l’acquisto della proprietà), da quello incui il compratore ignorava l’altruità della cosa.In quest’ultima ipotesi, il compratore che venga ex post aconoscenza dell’altruità della res può chiedere la risoluzione delcontratto, se nel frattempo il venditore non gli ha fattoacquistare la proprietà, oltre al risarcimento del danno, allerestituzioni e ai rimborsi.Si attribuisce efficacia obbligatoria anche alla vendita conriserva di proprietà.

369. Forma e pubblicità della vendita. Si deve ricordare che la vendita di beni immobili deve farsi peratto scritto, ed è soggetta a trascrizione. A questa pubblicitàsoggiace anche la vendita di mobili registrati. Si ricordi che laforma scritta è richiesta anche per la promessa di venditaimmobiliare, che ora, se stipulata per atto pubblico o perscrittura privata autenticata, è suscettibile pure ditrascrizione.

370. Obbligazioni del venditore.

Le obbligazioni del venditore sono:1) fare acquistare al compratore la proprietà della cosa o la

titolarità del diritto oggetto dello scambio, se l’acquistonon è effetto automatico del contratto. Se la vendita è adeffetti reali, la proprietà o il diritto si trasferisconoautomaticamente al momento della conclusione del contratto edunque non sussiste un corrispondente obbligo in capo alvenditore;

2) consegnare la cosa al compratore. Questa obbligazioneriguarda un momento diverso dal trasferimento della

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proprietà. Se il trasferimento della proprietà è già avvenutoalla conclusione del contratto, la consegna della cosacostituisce l’atto che pone il compratore nella condizione didisporre materialmente della cosa. La consegna deve avvenirenel luogo e nel tempo fissati dal contratto. In mancanza dipattuizione al riguardo, essa deve essere fatta appena èavvenuto il trasferimento del diritto. Per quanto riguarda illuogo, l’obbligazione di consegnare una cosa certa edeterminata, in mancanza di pattuizione a riguardo, deveessere adempiuta nel luogo in cui la cosa si trovava quandol’obbligazione è sorta. È aggiunta una ulteriore condizione,ossia la conoscenza, in entrambe le parti, di tale luogo. Inmancanza di questa condizione la consegna deve avvenire nelluogo in cui il venditore aveva il domicilio o la sededell’impresa. Per le vendite da piazza a piazza il venditoresi libera dall’obbligo della consegna rimettendo la cosa alvettore;

3) garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa.

371. La garanzia per evizione.

La legge attribuisce al compratore una particolare tutela per ilcaso in cui sia disturbato nel godimento del bene acquistato pereffetto di pretese che terzi facciano valere nei suoi confronti.Al riguardo vanno distinte varie ipotesi.

A) Evizione totale. L’espressione evizione allude alla situazione delcompratore che sia rimasto soccombente nel giudizioinstaurato contro di lui da un terzo che pretende di essereil proprietario del bene e che riesce a far riconoscere untale diritto, ottenendo la condanna del compratore aconsegnargli la cosa. Costituiscono evizione per ilcompratore pure l’espropriazione forzata del bene o un ordinedi distruzione della cosa, ecc.Il compratore convenuto in giudizio da un terzo che vanti deidiritti sul bene ha l’onere di chiamare il causa il venditore(“denuncia della lite”), in quanto quest’ultimo potrebbeessere in grado di fornire le prove necessarie per dimostrareche l’azione intentata dal terzo è infondata. Il compratoreche non chiami in giudizio il venditore perde la garanzia, serimane soccombente di fronte al terzo, qualora il venditoredimostri che, ove fosse stato chiamato in giudizio, avrebbepotuto addurre ragioni sufficienti per far respingere ladomanda proposta contro il compratore dal terzo.

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Del pari il compratore perde il diritto alla garanzia sericonosce spontaneamente il diritto affermato dal terzo, ameno che sia in grado di provare che non esistevano ragionisufficienti per impedire l’evizione, in tal caso, ogniresistenza sarebbe stata inutile.Se il compratore – che ignorava l’altruità della cosa almomento della conclusione del contratto – subisce l’evizioneha diritto di pretendere dal venditore il risarcimento deldanno, la restituzione del prezzo, anche se la cosa èdiminuita di valore o deteriorata (se la diminuzione divalore o il deterioramento derivano da un fatto delcompratore, dall’ammontare spettante a quest’ultimo si devedetrarre l’utile che abbia ricavato), ed il rimborso dellespese fatte per il contratto, delle spese necessarie o utilifatte per la cosa e, se il venditore era in mala fede, anchedi quelle voluttuarie.La garanzia per evizione costituisce un effetto naturale del negozio;non v’è bisogno quindi di una specifica pattuizione.Siccome la garanzia è predisposta nell’interesse delcompratore, questi può rinunziarvi o contentarsi di unagaranzia minore, come può pattuire che ne derivino effettipiù gravi. Può anche convenirsi l’esclusione concreta dellagaranzia. Quando la vendita è stata convenuta a rischio epericolo del compratore, quest’ultimo, quand’anchesuccessivamente risulti evitto, non ha diritto nemmeno allarestituzione del prezzo pagato e al rimborso della spese.

B) Evizione parziale. In tal caso, il compratore ha diritto allarisoluzione del contratto qualora debba ritenersi che nonavrebbe acquistato la cosa senza la parte per la quale hasubito l’evizione; altrimenti può ottenere solo una riduzionedel prezzo, salva in ogni caso l’azione per il risarcimentodei danni qualora ignorasse l’altruità parziale della cosa.

C) Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi. In tal caso, ilcompratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare larisoluzione del contratto, qualora debba ritenersi che nonavrebbe acquistato la cosa se ne fosse stato a conoscenza,oppure una riduzione del prezzo, oltre al diritto alrisarcimento dei danni.

372. La garanzia per i vizi.

Vizi di una cosa sono le imperfezioni o alterazioni del bene,dovute alla sua produzione o alla sua conservazione. Se il bene

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venduto presenta vizi non irrilevanti, al compratore spetta ex legeuna speciale tutela denominata “garanzia per i vizi”.Il venditore perciò è tenuto alla garanzia quando i vizi sianotali o da rendere il bene addirittura inidoneo all’uso a cui è destinato, oquanto meno da diminuirne in modo apprezzabile il valore.La garanzia non è dovuta se, al momento del contratto ilcompratore conosceva i vizi della cosa o se si trattava di vizifacilmente riconoscibili. Il compratore, peraltro, se intende farvalere la garanzia cui il venditore è tenuto, ha l’onere didenunciare l’esistenza dei vizi entro 8 giorni (che decorrono dallaconsegna se si tratta di vizi apparenti, o dalla scoperta se sitratta di vizi occulti). Ove ricorrano i requisiti indicati, ilcompratore ha diritto di chiedere o la risoluzione del contratto ola riduzione del prezzo, salvo in ogni caso il diritto alrisarcimento del danno, a meno che il venditore provi di averignorato senza sua colpa i vizi della cosa: la scelta tra le dueazioni è rimessa al compratore.La risoluzione della vendita implica la restituzione della cosa.La legge precisa che, se la cosa consegnata è perita inconseguenza dei vizi, il compratore ha comunque diritto allarisoluzione del contratto; se invece è accaduto per caso fortuito,per colpa del contraente, o costui l’ha alienata o trasformata, èesperibile solo l’azione di riduzione del prezzo. L’azione delcompratore è soggetta ad un termine di prescrizione di un anno,che decorre dal momento della consegna.Dalla garanzia per i vizi va tenuta distinta la tutela che spettaall’acquirente in un caso più grave, quello della consegna aliud proalio, ossia della consegna di un bene diverso da quello che erastato previsto come oggetto del contratto. In tal caso ilcompratore ha diritto di esperire la normale azione di risoluzionedel contratto.La garanzia dovuta per legge può essere variamente accresciuta edisciplinata in via convenzionale, vale a dire mediante specificipatti inseriti nel contratto; oppure può essere diminuita oesclusa (in tal caso il contratto è nullo, però, se il venditoreha taciuto in mala fede i vizi della cosa).Un patto particolare è la garanzia di buon funzionamento, che si haquando il venditore abbia garantito per un certo tempo ilfunzionamento della cosa venduta..

373. Le obbligazioni del compratore.

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L’obbligazione principale del compratore consiste nel dovere dipagare il prezzo pattuito. Il compratore è tenuto a pagare ilprezzo nel termine e nel luogo fissati dal contratto, o inmancanza al momento e nel luogo della consegna. Se il contratto haper oggetto cose che il venditore vende abitualmente, anche se leparti non hanno espressamente determinato il prezzo, si presumeche le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmentepraticato dal venditore.Sarebbe nulla, invece, per mancanza di un elemento essenziale lavendita in cui il prezzo non sia stato né espressamente néimplicitamente determinato, né risulti determinabile in altromodo.

374. La vendita con patto di riscatto.

La vendita con patto di riscatto è una vendita sottoposta acondizione risolutiva potestativa: il venditore si riserva ildiritto di riavere la cosa venduta mediante la restituzione delprezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge. Vi si ricorre, disolito, quando il venditore è indotto a vendere per realizzaredenaro liquido, ma spera di poter avere, entro un certo termine,la somma necessaria per farsi restituire la cosa veduta. Lacondizione, se si verifica, ha effetto retroattivo, perciò ilriscatto ha effetto rispetto ai sub acquirenti (i quali sonotenuti a rilasciare la cosa).L’esercizio del diritto di riscatto è sottoposto ad un termine didecadenza di 2 anni per i beni mobili e di 5 per gli immobili: iltermine è inderogabile e improrogabile.Il patto di riscatto si distingue dal patto di retrovendita, chein sostanza è un contratto preliminare di vendita nel quale chicompra si obbliga a rivendere al venditore.

375. Vendita di cose mobili.

La vendita di merci (e in genere di cose mobili) costituisce ilcaso più frequente di compravendita, non a caso il codice glidedica numerose norme.Se la cosa venduta deve essere trasportata, il venditore si liberaconsegnando la cosa al vettore: la merce viaggia dunque “a rischioe pericolo” del compratore e i costi del trasporto sono a suocarico. In tema di vendita con trasporto la prassi del commerciointernazionale ha messo a punto apposite clausole volte a regolarela distribuzione dei rischi e dei costi, come la clausola cif (cost,

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insurance, freight, cioè prezzo della merce, assicurazione, trasporto)o la clausola fob (free on board = franco a bordo). Apposite regoleriguardano poi la tutela contro l’inadempimento delle parti:

― se il compratore non si presenta a ricevere la cosa venduta,il venditore può depositarla in un pubblico deposito, a spesedel compratore;

― se il compratore non paga il prezzo, il venditore può farvendere la cosa per conto e a spese del compratore per mezzodi un ufficiale giudiziario;

― se il venditore non adempie il contratto, il compratore puòfar acquistar le cose a spese del venditore, e ha diritto almaggior costo sostenuto e al risarcimento del danno.

Figure particolari di vendite mobiliari espressamente contemplatedal codice civile sono:

a) la vendita con riserva di gradimento, che costituisce in sostanzaun’opzione: infatti il vincolato è solo il venditore e ilcontratto si perfeziona solo quando il compratore comunica alvenditore che la cosa è di suo gradimento;

b) la vendita a prova, che è una vendita sottoposta allacondizione sospensiva che la cosa abbia le qualità pattuite osia idonea all’uso a cui era destinata;

c) la vendita su campione, che è una vendita perfetta, ma puòessere risoluta se la merce è difforme dal campione;

d) la vendita su documenti che attribuiscono a chi possiede ildiritto ad ottenere la consegna delle cose stesse daldetentore ed il potere di disposizione su di esse;

e) la vendita a termine di titoli di credito.Infine dal 1° dicembre 1988 è entrata in vigore anche in Italia la“Convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale dibeni mobili” che detta una disciplina uniforme, applicabile atutti i casi in cui siano compravendute merci tra parti le cuisedi di affari si trovino in Stati differenti.

376. La vendita di beni di consumo.

La disciplina della vendita si è di recente arricchita di uninsieme di norme dedicate alla vendita di beni mobili “diconsumo”. In particolare è stato posto in capo al venditorel’obbligo di consegnare al compratore consumatore un bene“conforme” a quello stabilito nel contratto. Il requisito dellaconformità sussiste quando il bene è: idoneo all’uso al quale èdestinato; corrispondente alla descrizione fatta dal venditore;dotato delle qualità o prestazioni “abituali di un bene dello

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stesso tipo”. I rimedi di tipo restitutorio (risoluzione delcontratto o riduzione del prezzo, a scelta del venditore) possonoessere attivati nella vendita di beni di consumo soltanto in viasubordinata alla riparazione o sostituzione se il venditore offrela sostituzione della res con un’altra priva di difetti, ilcompratore non può rifiutare e pretendere la restituzione delprezzo.

377. La vendita con riserva di proprietà.

Nella vendita a rate (o vendita con patto di riservato dominio) leparti stabiliscono che il prezzo debba essere pagatofrazionatamente entro un certo tempo e che la proprietà passi alcompratore solo quando sarà pagata l’ultima rata del prezzo (art.1523). L’effetto reale della vendita è perciò sottoposto allacondizione sospensiva del pagamento integrale. Gli altri effettidella vendita (consegna, uso e godimento della cosa) si verificanoimmediatamente in conseguenza della conclusione del contratto. Chicompra a rate non può alienare la cosa fin quando non ne haacquistato la proprietà.Sul piano economico, la vendita con riserva della proprietà è unavendita a credito, garantita dalla proprietà del bene: il venditoreconcede un beneficio finanziario al compratore, in quanto glipermette di pagare con una dilazione rateizzata; nel contempo lariserva di proprietà assolve una funzione empirica di garanziareale a favore del venditore, il quale se non viene pagato puòrecuperare il bene, del quale ha conservato la proprietà. L’applicazione dell’art.1525 è stata estesa anche a tutti icontratti di credito al consumo a fronte dei quali sia statoconcesso un diritto reale di garanzia sul bene acquistato con ildenaro ricevuto in prestito. Per “credito al consumo” si intendequalsiasi forma di credito concesso sotto forma di finanziamento odi dilazione di pagamento a favore di un consumatore.

378. Vendita immobiliare.

La vendita di beni immobili deve farsi per iscritto (art. 1350) edè soggetta a trascrizione (art. 2643). Si distinguono, inrelazione alla determinazione del prezzo, la vendita a misura (incui il prezzo è stabilito in proporzione delle unità di misura) ela vendita a corpo (in cui l’immobile è venduto per un prezzoglobale).

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Gli atti inter vivos aventi per oggetto diritti reali riguardantiedifici la cui costruzione sia iniziata dopo l’entrata in vigoredella legge del 1985 sono nulli e non possono essere rogati se inessi non risultano indicati, per dichiarazione dell’alienante, gliestremi del permesso di costruire o del permesso rilasciato insanatoria.

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CAPITOLO XLIIGLI ALTRI CONTRATTI DI SCAMBIO

CHE RALIZZANO UN DO UT DES

379. La permuta.

La permuta differisce dalla vendita in quanto lo scambio non ècaratterizzato dalla pattuizione di un prezzo, ma ha per oggettoil reciproco trasferimento della proprietà di cose o dellatitolarità di altri diritti: cosa contro cosa (baratto), cosacontro un credito, ecc. Per la permuta sono richiamate, in quantocompatibili le norme stabilite per la vendita.

380. I contratti di borsa e l’intermediazione finanziaria. La vendita a termine di titoli di credito.

La “borsa valori” è il mercato su cui vengono scambiati strumentifinanziari, categoria che comprende per es. le azioni di società, leobbligazioni e i titoli di Stato.L’organizzazione e la gestione di mercati regolamentati per lanegoziazione di strumenti finanziari è esercitata da società perazioni di diritto privato (sia pure sottoposte ad autorizzazione evigilanza di organi pubblici). Per esempio ora la Borsa Italianas.p.a. gestisce una pluralità di mercati: non esiste più dunque unmonopolio pubblico della gestione dei mercati finanziari. Talisocietà che si occupano della gestione dei mercati hanno unproprio regolamento, soggetto all’approvazione della Consob. Suquesti mercati possono operare solo intermediari specializzati edappositamente abilitati. I contratti che gli operatori possonoconcludere hanno varie tipologie.Con i contratti “di borsa” si trasferiscono dagli alienanti agliacquirenti titoli di serie, e quindi cose “generiche”, la cuiproprietà passa all’acquirente solo a momento della consegna. Sidistinguono contratti “per contanti”, “a termine” e “a premio”. Il

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codice civile pone inoltre alcune norme in tema di vendita a terminedi titoli di credito.Contratti più complessi sono poi quelli che rientrano nellacategoria degli strumenti finanziai derivati, come i contratti“futures”, i contratti di scambio a pronti e a termine (c.d.swaps): si tratta, in breve, di contratti che fanno riferimentoall’andamento di titoli, tassi d’interesse, valute, merci in uncerto arco di tempo, per determinare quanto una delle parti dovràall’altra (ad es.: l’andamento di una certa valuta, o del prezzodel petrolio).Una disciplina di particolare tutela è dettata poi con riferimentoai contratti di prestazione dei servizi di investimento, ossia i contratti con iquali un intermediario abilitato acquista per conto di uninvestitore azioni quotate in borsa o altri strumenti finanziari.La legge impone prescrizioni di carattere generale, oltre chespecifici obblighi di condotta agli intermediari.

381. Il riporto.

Con il riporto una persona (riportato) trasferisce all’altrocontraente (riportatore) la proprietà di una data quantità dititoli di credito di massa contro contestuale pagamento di unprezzo; al tempo stesso il riportatore si obbliga a ritrasferireal riportato, alla scadenza del termine fissato nell’accordo, laproprietà di altrettanti titoli della stessa specie controrimborso del prezzo, che però può essere (a seconda di quantoconvenuto dalle parti) maggiore di quanto a suo tempo ricevuto oinferiore o eguale. Il riporto serve a procurare al riportato ladisponibilità temporanea di mezzi finanziari a condizioni miglioridi quelle normalmente praticate sul mercato del credito, in quantoil finanziatore è garantito dai titoli consegnatigli, di cuidiventa proprietario. Esso costituisce un contratto unitario, cheproduce un trasferimento immediato della proprietà (effetto realecontestuale) e crea al tempo stesso l’obbligo per il riportatoredi trasferire altrettanti titoli al riportato (effettoobbligatorio successivo). A differenza della vendita che è uncontratto consensuale, il riporto è un contratto reale.

382. Il contratto estimatorio.

Chi vende al dettaglio, non vuole assumere il rischio di doverpagare al fornitore il prezzo degli oggetti anche se gli rimangonoinvenduti: ciò potrebbe dar luogo a forti perdite per il

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rivenditore. Perciò a costui conviene riservarsi la facoltà direstituire gli oggetti anziché pagare il prezzo, con il rischioche rimangano invenduti. A queste esigenze risponde il contrattoestimatorio, con il quale una parte (tradens) consegna una o più cosemobili all’altra (accipiens), che si obbliga a pagarne il prezzo, conla facoltà però d liberarsi da tale obbligazione restituendo neltermine stabilito le res ricevute (art. 1556): è il caso dellerivendite di giornali ad esempio.La funzione del contratto consiste nell’attribuire all’accipiens unpotere di disposizione della cosa.Il trasferimento della proprietà avviene al momento del pagamentodel prezzo: tuttavia, per effetto della consegna, il tradens perdela disponibilità della cosa che può essere legittimamente vendutadall’accipiens, ma, proprio perché si tratta di cosa altrui, è lalegge a sancire espressamente che “sono validi gli atti didisposizione compiuti da chi ha ricevuto le cose”.

383. La somministrazione.

La somministrazione o fornitura soddisfa bisogni di caratterecontinuativo di beni (per e. somministrazione di gas). Essa è ilcontratto con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivodi un prezzo, ad eseguire a favore dell’altra prestazioniperiodiche o continuative di cose (art. 1559).Questo contratto ha in comune con la vendita l’oggetto: infatti laprestazione consiste nel dare. Però mentre nella vendita laprestazione è unica, nella somministrazione vi è una pluralità diprestazioni. Poiché queste prestazioni non devono compiersi in ununico momento, ma o continuativamente o ad intervalli periodici ditempo, la somministrazione è un contratto di durata. Il contrattoha una causa unica: così l’inadempimento di una delle prestazioni puòavere influenza su tutto il contratto. Se il contratto è a tempoindeterminato, poiché il vincolo non può durare all’infinito, èconcessa a ciascuna delle parti la facoltà di recesso, previocongruo preavviso. Al contratto di somministrazione sono spesso accessorieparticolari clausole, come il patto di preferenza, oppure il patto diesclusiva.

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CAPITOLO XLIIII CONTRATTI DI SCAMBIO

CHE REALIZZANO UN DO UT FACIAS

384. La locazione e l’affitto.

La locazione rappresenta uno schema nel quale possono inquadrarsimolteplici tipi contrattuali.Secondo l’art. 1571 la locazione è il contratto con cui una parte(locatore) si obbliga a far utilizzare ad un altro soggetto(conduttore, inquilino, ecc.) una cosa per un dato tempo, incambio di un determinato corrispettivo. Si possono distinguere:

a) la locazione di beni mobili, ed in particolare di beni mobiliregistrati;

b) la locazione di beni immobili urbani;c) la locazione di immobili non urbani;d) la locazione di beni produttivi (fondi rustici, aziende,

alberghi): in tal caso si parla più propriamente di affitto.Per il codice civile il contratto di locazione:

― può essere a tempo determinato (ma non superiore a 30 anni) osenza determinazione di tempo. In questo secondo caso è lalegge a stabilire appositi limiti di durata, a seconda deltipo di bene che costituisce oggetto della locazione;

― il locatore ha l’obbligo di consegnare e mantenere la cosa“in stato da servire all’uso convenuto”;

― il conduttore ha l’obbligo di servirsi della cosa secondol’uso pattuito e con la diligenza del buon padre di famiglia;

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deve restituire poi la cosa locata nello stesso stato in cuil’ha ricevuta;

― l’alienazione del bene locato non determina lo scioglimentodel contratto purché la locazione abbia data certa anterioreal trasferimento;

― salvo patto contrario il conduttore ha facoltà di sublocare ilbene, in tutto o in parte, ma non può cedere il contrattosenza il consenso del locatore;

― se la locazione è pattuita per un tempo determinato, ilrapporto cessa automaticamente con la fine del termine, senzanecessità di disdetta.

385. La locazione di immobili urbani.

La L. 27 luglio 1978, n. 392 distingueva tra immobili adibiti ad uso diabitazione e immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione: per i primiera stabilita una durata minima obbligatoria (4 anni) ed unacalmierazione del corrispettivo (equo canone), sottratto alla liberanegoziazione tra le parti ed ancorato a parametri legaliprefissati.Nel 1992 se ne tentò una modifica (L. 8 agosto 1992, n. 359),consentendo la stipulazione di patti in deroga rispetto alla misuradell’equo canone. Infine si è giunti all’approvazione, sempre peri soli immobili adibiti ad uso di abitazione, della L. 9 dicembre1998, n. 431, la quale distingue tra contratti liberi e contrattitipo. Per i primi la determinazione del canone e della relativadinamica nel tempo (aumenti periodici) è interamente lasciata allalibera negoziazione delle parti, a fronte della quale si pone unamaggiore stabilità del rapporto: è prevista infatti una durataminima quadriennale del contratto. Nei secondi, invece, dettianche “contratti a canone concertato”, le parti aderiscono ad uncontratto tipo le cui condizioni sono fissate mediante accordistipulati in sede locale fra le organizzazioni della proprietàedilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormenterappresentative. Per questo tipo di contratti la durata non puòessere inferiore ai 3 anni.Per tutti i contratti di locazione, peraltro, è stata introdottauna rilevante novità: occorre, per la validità dei relativiaccordi, la forma scritta, richiesta perciò ad substantiam.Per le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione èrimasta ferma la precedente disciplina trattata dalla L. 392/1978,di cui i principi più importanti sono:

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a) la durata della locazione o sublocazione di immobili adibitiad attività industriali, commerciali o professionali non puòessere inferiore a 6 anni (9 se adibiti ad attivitàalberghiera), a meno che l’attività da esercitare abbiacaratteristiche transitorie;

b) il conduttore può recedere dal contratto anche prima dellascadenza ove ricorrano gravi motivi o nel caso che illocatore gli abbia concesso nel contratto tale facoltà;

c) il contratto si rinnova tacitamente alla sua scadenza per unulteriore identico periodo, salvo tempestiva disdetta;

d) il canone iniziale di locazione può essere liberamentedeterminato dalle parti, ma per gli anni successivi gliaumenti sono regolati dalla legge;

e) in caso di cessazione del rapporto che non sia dovuta arisoluzione per inadempimento del conduttore o a suo recesso,a quest’ultimo è dovuta un’indennità per la perditadell’avviamento commerciale;

f) nel caso in cui il locatore intenda vendere l’immobile locatoil conduttore ha un diritto di prelazione per l’acquisto.

386. Il leasing.

Il leasing (o locazione finanziaria), di derivazione anglosassone, èun contratto “socialmente tipico”. Si tratta di un’operazioneintrinsecamente finanziaria in quanto l’utilizzatore, avendobisogno di un bene, anziché chiedere in prestito il denaronecessario per l’acquisto, si rivolge ad un intermediariospecializzato chiedendogli di acquistare il bene dal fornitore odi farlo costruire dal produttore, per poi darlo in godimentotemporaneo allo stesso utilizzatore contro pagamento di un canoneperiodico. Peraltro essenziale al leasing è un’opzione a favoredell’utilizzatore per l’acquisto del bene alla scadenza delcontratto, per un prezzo residuo finale; altrimenti può restituirela res oggetto del contratto o pattuire una proroga del contratto,proseguendo il pagamento dei canoni.È chiaro che in tale figura contrattuale concorrono elementitipici di una locazione, di una vendita a rate e di un mutuo. Visono due diverse tipologie di leasing: quello operativo e quellofinanziario, a seconda che il locatore sia il produttore del bene oun finanziatore che lo acquista per conto dell’utilizzatore: nelprimo caso il contratto è bilaterale, nel secondo trilaterale.Sul piano della disciplina ha assunto importanza la distinzionetra leasing “di godimento” e leasing “traslativo”. Ricorre il

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primo quando il contratto ha ad oggetto un bene a rapido consumo,rispetto al quale l’interesse dell’utilizzatore verso il bene siesaurisce con il consumarsi del periodo contrattualmentestabilito per il godimento. Viceversa nel secondo il bene oggettodel contratto conserva una sua rilevante utilità (e valore) anchesuccessivamente alla cessazione del rapporto, sicchél’utilizzatore ha tutto l’interesse ad esercitare l’opzione eacquistare il bene.

387. L’appalto.

L’appalto è il contratto con cui un committente affida ad unappaltatore o il compimento di un’opera (es. costruzione di unedificio) o lo svolgimento di un servizio (pulizia di unostabilimento), verso un corrispettivo in denaro (art. 1655).Gli appalti si distinguono in privati e pubblici; quest’ultimacategoria ricorre tutte le volte in cui l’aggiudicazione di unagara dipende da un “organismo di diritto pubblico”.Oggi la materia è stata riordinata dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n.163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi eforniture.Caratteristica dell’appalto privato è la gestione “a rischio”dell’appaltatore, il quale deve provvedere ad organizzare tutti imezzi necessari per l’esecuzione del contratto. L’appalto sidistingue dalla vendita, avendo come oggetto un facere e non un dare.L’oggetto dell’appalto deve essere determinato o determinabile;normalmente è precisato da un progetto procurato dal committente. Ilcorrispettivo può essere stabilito o a forfait o a misura. Ultimati i lavori, il committente ha diritto di verificare l’operacompiuta prima di riceverne la consegna: la verifica nella prassisi chiama collaudo. L’appaltatore è tento a garantire il committenteper eventuali difformità o vizi dell’opera. Il committente hadiritto di pretendere che l’appaltatore elimini a sue spese glieventuali vizi, oppure che il prezzo sia proporzionalmentediminuito. L’azione contro l’appaltatore “si prescrive in 2 annidal giorno della consegna dell’opera”.

388. La subfornitura.

Nella figura della subfornitura non abbiamo a che fare con unrapporto trilaterale, ma con un rapporto diretto tra due imprese(quindi bilaterale) di cui non viene regolato un contenuto tipico,

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bensì solo taluni profili, ritenuti dal legislatore meritevoli diattenzione a tutela del subfornitore. La prestazione del subfornitore può consistere in un facere o inun dare, e dunque può inserirsi nel tipo dell’appalto o dellavendita (o somministrazione). La disciplina si concretaprevalentemente:

a) nell’obbligatorietà di una forma scritta ad substantiam per lavalida stipulazione del contratto. In caso di nullità delcontratto per difetto di forma scritta il subfornitore hacomunque diritto ad ottenere il pagamento delle prestazionieseguite e il risarcimento delle spese sostenute in buonafede ai fini dell’esecuzione del contratto;

b) il committente non può dilazionare il pagamento delcorrispettivo per un termine superiore a 60 giorni;

c) è vietato ogni eventuale abuso dello stato di dipendenza economicain cui possa trovarsi l’impresa subfornitrice: il pattoattraverso il quale si realizzi un siffatto abuso e nullo.

389. Il contratto di trasporto.

Anche il contratto di trasporto rientra nella categoria dellalocatio operis. Con il contratto di trasporto una parte (vettore) siobbliga verso corrispettivo a trasferire persone o cose da unluogo ad un altro (art. 1678).Dal punto di vista dell’oggetto si distingue il trasporto dipersone da quello di cose; sotto l’aspetto dell’elemento naturaleattraverso cui il trasferimento avviene si distinguono iltrasporto terrestre da quello per acqua e da quello per aria.A carico delle imprese concessionarie di servizi di trasporto sonostabiliti due obblighi: uno è quello di contrarre con chiunque nefaccia richiesta (obbligo di contrattare), l’altro è quello di osservarela parità di trattamento dei contraenti secondo le condizionigenerali stabilite o autorizzate nell’atto di concessione.Nel trasporto di cose queste sono affidate al vettore, al qualeincombe l’obbligo di provvedere alla loro custodia durante iltrasporto; nel trasporto di persone manca invece questoaffidamento (inoltre le cose che il viaggiatore porta con sédurante il viaggio, cioè i bagagli, non formano oggetto diaffidamento al vettore).Con il contratto di trasporto di persone il vettore assume nonsoltanto l’obbligo di trasportare la persona, ma anche quello diassicurare durante il viaggio l’incolumità del viaggiatore: da ciòderiva che la responsabilità del vettore per i sinistri che colpiscono

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il viaggiatore durante il viaggio e per la perdita o l’avaria delbagaglio ha carattere contrattuale.Tutti i principi enunciati si applicano sia al trasporto onerosoche a quello gratuito, però la questione è diversa per iltrasporto amichevole. Il trasporto gratuito crea un vincologiuridico (nonostante l’assenza di corrispettivo, il vettore hasempre un interesse e un motivo giuridicamente rilevante adeseguire la prestazione, come ad es. il trasporto di operai sulluogo di lavoro); nel trasporto amichevole manca qualsiasi vincologiuridico (il rapporto rientra nella sfera dell’amicizia o dellacortesia: un amico per es. mi invita a fare un giro con la suaauto). La responsabilità che il vettore incontra, nel trasportoamichevole, è quella che incombe in genere ad ogni soggetto, dinon arrecare danni ad altri: pertanto, mentre si ritiene noninvocabile la regola di responsabilità di cui all’art. 1681,sussiste comunque una responsabilità extracontrattuale.Nel trasporto di cose, colui che affida le cose per il trasportosi chiama mittente, colui al quale le cose devono essere consegnatedestinatario. Nel trasporto di cose queste sono affidate al vettoreche è tenuto alla custodia; il vettore ha l’onere di fornire laprova positiva che il danno è dipeso da un fatto specificamenteindividuato, estraneo alla sua sfera e non imputabile al vettore.La prova del contratto è fornita da un documento che si chiamalettera di vettura, di solito compilata dal mittente e consegnataal vettore, il quale ne rilascia un duplicato.

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CAPITOLO XLIVI CONTRATTI DI COOPERAZIONE

NELL’ALTRUI ATTIVITÀ GIURIDICA

390. Il mandato.

Il mandato è il contratto con cui una parte (mandatario) assumel’obbligo di compiere uno o più atti giuridici per conto (=nell’interesse) dell’altra parte (mandante). Anche il mandatorientra pertanto nella categoria della locatio operis, ma se nedistingue per la natura dell’attività che forma oggettodell’obbligazione del mandatario, la quale consiste nel compimentodi atti giuridici.Il mandato può essere con rappresentanza o senza rappresentanza.Se il mandato è con rappresentanza, ossia al mandatario è conferitaaltresì una procura, gli effetti giuridici degli atti compiuti dalmandatario in nome del mandante si verificano direttamente in capoal mandante. È dunque evidente la differenza tra procura (attounilaterale con cui il dominus conferisce il potere di rappresentarloall’esterno di fronte ai terzi) e mandato (contratto con cui mandante emandatario disciplinano i loro rapporti interni e i conseguentidiritti ed obblighi).Però il mandato può essere anche senza rappresentanza o conrappresentanza indiretta. In questo caso il mandatario agisce innome proprio e acquista i diritti e assume gli obblighi derivantidal negozio ed i terzi non hanno rapporto con il mandante, nei cuiconfronti non possono far valere alcuna pretesa, neppure se eranoa conoscenza del mandato: manca infatti, in questa ipotesi, la“spedita del nome” del mandante, o contemplatio domini. Il mandatarioha poi l’obbligo, in virtù del mandato ricevuto, di trasferire conun successivo negozio al mandante il diritto acquistato in nomeproprio, ma nell’interesse del mandante.Questo principio è, peraltro, applicato fedelmente dalla leggesolo per i beni immobili o i beni mobili iscritti in pubbliciregistri: il mandatario che li abbia acquistati in nome proprio,ne diventa proprietario, ma ha l’obbligo di ritrasferirne laproprietà al mandante; in caso di inadempimento di quest’obbligo,si applicano gli stessi principi che vigono nell’ipotesi diinadempimento del contratto preliminare: il mandante può chiedereche il giudice attui il trasferimento mediante sentenzacostitutiva.

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Si ritiene che il mandato senza rappresentanza che abbia peroggetto il trasferimento di beni immobili debba essere stipulato(come quello con rappresentanza) per iscritto. L’atto scritto èrichiesto per le stesse ragioni per le quali si richiede la formascritta ad substantiam per il contratto preliminare di vendita dibeni immobili.Un diverso criterio, invece, è previsto per il mandato adacquistare beni mobili (non registrati). Se il bene mobile èacquistato, sì, nel nome del mandatario, ma nell’interesse delmandante, il legislatore concede al mandante di rivendicare i benistessi, se non gli sono stati trasferiti dal mandatario, siacontro il mandatario, sia contro i terzi. Naturalmente, ove nelfrattempo il mandatario abbia già alienato ad un terzo, che abbiaacquistato in buona fede e sia entrato in possesso dei beni, siapplica il principio stabilito dall’art. 1153: la rivendicazionedel mandante non può perciò essere accolta.Il legislatore ha tenuto presente il diverso regime dicircolazione di due tipi di beni: il trasferimento degli immobiliesige, ai fini della certezza dei rapporti che si riferiscono aquesti beni, la forma scritta ad substantiam, ed è soggetto, per latutela dei terzi, a pubblicità (trascrizione); perciò la proprietànon può essere attribuita al mandante senza un nuovo atto scrittodi trasferimento, da sottoporsi a pubblicità. Nessun ostacolo siopponeva, invece, all’acquisto immediato della proprietà dei benimobili a favore del mandante: occorreva solo proteggere la buonafede dei terzi subacquirenti e per questo era sufficientel’applicazione della regola generale “possesso vale titolo”.Essendo i beni, acquistati dal mandatario per conto del mandante,entrati nel patrimonio del mandatario senza rappresentanza, icreditori di quest’ultimo potrebbero agire sui beni stessi persoddisfare le loro ragioni. Ma la legge non ha voluto sacrificareil diritto del mandante ed ha quindi sottratto questi beniall’esecuzione a favore dei creditori del mandatario: per evitare,peraltro, che la norma si presentasse a facili frodi in danno deicreditori, ha subordinato l’applicazione di questa regola allacondizione che risulti in modo sicuro l’anteriorità del mandatorispetto al pignoramento.Per quanto riguarda i crediti nascenti dal rapporto posto inessere dal mandatario (per es. questi vende in nome proprio unacosa di proprietà del mandante; quindi, se il prezzo non è pagatoimmediatamente, egli ne diventa creditore verso il compratore), ilmandante può esercitare i diritti nascenti dal rapportoobbligatorio sostituendosi al mandatario. Si ha qui

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un’applicazione dell’azione surrogatoria, con la differenza che,mentre secondo la regola generale posta dall’art. 2900 ilcreditore può esercitare i diritti che spettano al debitore versoi terzi solo se questi trascura di esercitarli, questa condizionenon è posta rispetto al mandante, che può in ogni caso esercitarei diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato.Per quanto concerne gli obblighi derivanti dall’esecuzione delmandato, occorre tener presente l’esigenza di tutela del terzo cheha contratto con il mandatario e ha fatto quindi affidamento sullasolvibilità di quest’ultimo: perciò il mandatario non puòsottrarsi alle obbligazioni assunte in nome proprio verso ilterzo, se questi non vi acconsenta.Il mandato si dice collettivo, se è conferito ad una stessa persona dapiù mandanti per un interesse comune a questi ultimi; congiuntivo, seè conferito a più mandatari, perché attendano congiuntamente ad unmedesimo affare.Il mandato si presume oneroso e, dunque, che sia dovuto uncompenso a favore del mandatario.L’obbligo fondamentale del mandatario consiste nell’eseguire ilmandato con la diligenza del buon padre di famiglia. Il mandantedal suo canto è tenuto a somministrargli i mezzi necessari perl’esecuzione del mandato, a rimborsagli le spese, a pagargli ilcompenso, e a risarcirgli i danni che quegli abbia subito a causadell’incarico.Il mandato è fondato sull’intuitus personae: non si dà l’incarico disvolgere attività giuridica nel proprio interesse a persona nellaquale non si ha fiducia. Perciò la morte, l’interdizione ol’inabilitazione del mandante o del mandatario determinanol’estinzione del mandato tranne che si tratti di mandato conferitonell’interesse del mandatario (mandato in rem propriam) o di unterzo.L’estinzione può verificarsi anche per dichiarazione unilateraledel mandante (revoca) o del mandatario (rinunzia), comunicataall’altra parte (dichiarazione ricettizia). La revoca può esserecosì espressa come tacita (per es. nomina di un altro mandatarioper lo stesso affare o compimento di questo da parte delmandante). La revoca non è ammessa, di regola, se il mandato èconferito anche nell’interesse del mandatario.Per la verità, un interesse, sia pure indiretto o di fatto, delmandatario v’è sempre nel mandato oneroso. In questo caso, però,la revoca prima del compimento dell’affare o prima della scadenzadel termine è consentita, ma obbliga il mandante al risarcimentodel danno, salvo che sussista una giusta causa. Se poi il mandato

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è a tempo indeterminato, la revoca non dà luogo a risarcimento nelcaso in cui sia preceduta da congruo preavviso.Il mandato si estingue anche per la rinunzia del mandatario, salvol’obbligo di corrispondere i danni, se la rinuncia non è fondatasu giusta causa, oppure se, trattandosi di mandato a tempoindeterminato, non è preceduta da congruo preavviso.

391. La commissione.

La commissione è un mandato senza rappresentanza, che ha per oggettol’acquisto o la vendita di beni per conto, di una parte(committente), e in nome dell’altra (commissionario).A questo contratto si applicano pertanto le regole generali per ilmandato senza rappresentanza, salvo le disposizioni speciali peresso stabilite.Il compenso che spetta al commissionario prende il nome diprovvigione.Se il commissionario, o in virtù degli usi o per effetto diclausola espressa, assume verso il committente la garanzia delbuon esito dell’affare, ossia risponde con il proprio patrimonionel caso che le persone con cui ha concluso il contratto sianoinadempienti, si dice che egli è tenuto allo “star del credere” edha diritto ad una maggiore provvigione.Il contratto con se stesso è consentito nell’ipotesi in cui glielementi del contratto sono predeterminati in modo da escludereogni possibilità di conflitto d’interessi con il rappresentante:la regola vale anche nella rappresentanza indiretta, nel cuischema s’inquadra la commissione. Perciò è consentita l’entrata delcommissionario nel contratto: se il committente non ha diversamentedisposto, il commissionario può fornire o acquistare al prezzocorrente che risulti da listini di borsa, le cose cherispettivamente deve acquistare o vendere.

392. Il contratto di spedizione.

Anche il contratto di spedizione rientra nella categoria delmandato senza rappresentanza; si distingue, peraltro, dallacommissione per l’oggetto: con il contratto di spedizione,infatti, una parte (spedizioniere) assume l’obbligo di concludere,in nome proprio e per conto del mandante, un contratto ditrasporto e di compiere le operazioni accessorie (imballaggio,presa a domicilio, ecc.). Pertanto lo spedizioniere è una figuradiversa dal vettore che si obbliga a trasferire la merce da un

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luogo ad un altro e impropriamente nella pratica si scambia unafigura con l’altra. Peraltro, anche qui può verificarsi l’entratadello spedizioniere nel contratto di trasporto: si ha in questo lafigura dello spedizioniere vettore, che ha gli obblighi e i diritti delvettore.Poiché l’oggetto della prestazione dello spedizioniere consistenel concludere, per conto del mandante, un contratto di trasporto,egli deve, nella scelta della via, del mezzo e delle modalità deltrasporto della merce, attenersi alle istruzioni del committente,e in mancanza agire nel migliore interesse del mandante.

393. Il contratto di agenzia.

L’organizzazione commerciale dell’impresa può essere moltodifferenziata da caso a caso. Una figura cui si fa frequentericorso nel predisporre una rete distributiva è quella dell’agenzia.Con tale contratto un’impresa affida ad un “agente” l’incarico,con carattere di stabilità, di promuovere, nella zonaassegnatagli, la stipulazione di contratti con i terzi relativi aiprodotti del “preponente”.L’agente, pertanto, non provvede, almeno di regola, a stipularelui direttamente i contratti con i clienti per contodell’imprenditore, ma si limita a trasmettere a quest’ultimo gli“ordini” che raccoglie nella sua zona, e che il preponente,peraltro, è libero di accettare o meno. Talvolta all’agente vieneconferito anche un potere di rappresentanza dell’imprenditore.Il contratto deve essere provato per iscritto. L’opera dell’agenteva retribuita, e la retribuzione, di regola, è calcolata a“provvigione” sugli affari conclusi a suo tramite. Il diritto allaprovvigione non è condizionato alla regolare esecuzionedell’affare, l’agente può essere chiamato a restituire laprovvigione già da lui riscossa solo nel caso in cui sia certo cheil contratto a cui la provvigione si riferisce non avrà esecuzioneper cause non imputabili al preponente.L’art. 1746 vieta la pattuizione dello “star del credere” e,comunque, qualsiasi patto che ponga a carico dell’agente laresponsabilità per l’inadempimento del terzo contraente: la normaconcede solo eccezionalmente alle parti di concordare di volta involta, per i singoli affari, che l’agente presti un’appositagaranzia concernente la regolare esecuzione del contratto da partedel terzo; tale garanzia deve inoltre essere contenuta entro illimite della provvigione spettante all’agente in relazione aquell’affare.

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L’agente sopporta in proprio tutte le spese per la propriaorganizzazione (salva la prassi diffusa per cui il preponente gliaccorda contributi a fronte di talune spese) e quindi corre ilrischio dell’attività che svolge. Si ritiene perciò che l’agentedebba essere considerato a sua volta un imprenditore: e difattinon è raro che il ruolo di agente sia svolto da una società.Per l’agenzia vale, a favore e a carico di entrambe le parti, una“esclusiva”, sia nel senso che l’agente non può assumere incarichiper più imprese in concorrenza tra loro, sia nel senso chel’imprenditore non può nominare altri agenti nella zona assegnataad un agente e deve corrispondere a questo la provvigione ancheper gli affari che l’impresa abbia concluso direttamente, senzal’intervento dell’agente, purché debbano essere eseguiti nellazona assegnata a quest’ultimo. La violazione del divieto dà luogoa responsabilità contrattuale. Nonostante la norma, lagiurisprudenza ritiene che l’esclusiva sia derogabile, ossia chesi tratti di un elemento naturale del contratto.Gli artt. 1746 e 1748 precisano gli obblighi e i diritti dell’agente(che deve agire con lealtà e buona fede, in conformità alleistruzioni ricevute, e deve informare il preponente sullecondizioni del mercato nella zona assegnatagli), mentre l’art.1749 precisa gli obblighi del preponente (che deve agire con lealtà ebuona fede; mettere a disposizione dell’agente la documentazionerelativa ai prodotti trattati; informarlo tempestivamente seritiene di prevedere una contrazione del volume di affari chel’agente avrebbe potuto ragionevolmente attendersi; inviareestratti conto almeno trimestrali delle provvigioni e pagarle conla stessa periodicità).Il contratto di agenzia può essere stipulato a tempo determinato oa tempo indeterminato. Alla cessazione del rapporto l’agente hadiritto ad una indennità, alle condizioni e nella misura fissatedall’art. 1751; l’indennità si giustifica in considerazione delfatto che l’attività dell’agente può aver consolidato una certaclientela della quale il preponente può continuare a giovarsi anchedopo la cessazione del rapporto. Nell’ipotesi in cui si vogliaprevedere un patto che limita la concorrenza da parte dell’agenteper il periodo successivo alla cessazione del rapporto, esso devefarsi per iscritto, non può eccedere i due anni e deve riguardarela medesima zona, clientela e genere di beni per i quali ilcontratto di agenzia era stato concluso. In ogni caso, l’agenteavrà diritto ad una indennità di natura non provvisionale la cuimisura è affidata ad una serie di indici.

226R.G.

L’agenzia non va confusa con altre figure. Dalla mediazionedifferisce sia perché il mediatore non può essere legato a nessunadelle parti da rapporti di collaborazione; sia perché il mediatorepone in relazione due o più parti in modo occasionale, mentrel’agenzia presenta come carattere essenziale la stabilità delrapporto. Dal lavoratore subordinato l’agente si differenziaperché gode di autonomia e non è soggetto agli ordini delpreponente. Dal mandatario si differenzia perché non stipulacontratti, ma si limita a favorirne la stipulazione; quandol’agente abbia anche il potere di rappresentare l’imprenditore, alcontratto di agenzia si affianca un mandato, ma con prevalenzadella prima figura. 394. Il contratto di affiliazione commerciale (franchising).

È noto il fenomeno delle “catene” di negozi, che distribuisconoesclusivamente i prodotti di un determinato produttore(contrassegnati da un certo marchio) e che adottano gli stessisegni distintivi (ditta, insegna). Tali catene sono, nella quasitotalità dei casi, costituite mediante contratti di franchising o“affiliazione commerciale”. I negozi non appartengono alproduttore dei beni e coloro che li gestiscono non sono suoidipendenti. Si tratta, invece, di autonomi imprenditoricommerciali, i quali, appunto stipulando un contratto difranchising, sono entrati nella catena, acquistando il privilegio(franchise) di vendere i beni di un determinato produttore,utilizzando il suo marchio ed esponendo la sua insegna.Sono anche assai diffusi il franchising “di servizi” e“industriale”. In questi casi l’imprenditore affiliato non èsemplicemente un rivenditore dei prodotti del concedente, maproduce egli stesso il servizio o il bene destinato alconsumatore. In tale ipotesi, il concedente trasferisce allacontroparte le conoscenze necessarie per realizzare queldeterminato prodotto o servizio (know-how). Di recente la L. 6 maggio 2004, n. 129 ha espressamente regolatoil contratto di franchising, definendolo come il contratto con ilquale un imprenditore (affiliante o concedente) attribuisce ad un altroimprenditore (il commerciante affiliato o aggregato alla catena), versocorrispettivo, un insieme di diritti relativi all’uso di marchi,insegne, denominazioni commerciali e gli fornisce assistenzatecnica e commerciale, inserendolo in un sistema costituito da unapluralità di affiliati distribuiti sul territorio.

226R.G.

La legge precisa che il contratto di affiliazione può essere usatoin ogni settore dell’attività economica.La legge prevede regole di particolare dettaglio circa ilcontenuto del contratto, che deve essere stipulato per iscritto, edeve indicare specificatamente le spese e gli investimentiiniziali a carico dell’affiliato, le modalità di calcolo delleroyalties (ossia dei compensi spettanti all’affiliante sul girod’affari dell’affiliato), l’ambito di eventuale esclusiva, laconsistenza delle conoscenze tecniche (know-how) messedall’affiliante a disposizione dell’affiliato, le condizioni dirinnovo, risoluzione o cessione del contratto. Inoltre ilcontratto deve avere una durata minima sufficiente a consentireall’affiliato di ammortizzare l’investimento iniziale, e comunquenon inferiore a 3 anni.L’affiliante deve altresì fornire all’affiliato specificheindicazioni sull’affiliante stesso, sulla sua attività, ecc., alloscopo di permettergli di valutare adeguatamente la convenienzadell’ingresso nel sistema. In tale prospettiva, è sancito a caricodell’affiliante appositi “obblighi precontrattuali dicomportamento”, in forza dei quali l’affiliante deve tenere uncomportamento ispirato a lealtà e correttezza e devetempestivamente comunicare all’aspirante affiliato ogni dato cheritenga utile ai fini della stipulazione del contratto diaffiliazione. L’omissione di tali informazioni può determinarel’annullamento del contratto.Per converso, l’affiliato non può trasferire la sede dell’impresa,se questa sia nel contratto, se non per causa di forza maggiore edè tenuto, successivamente alla cessazione del contratto, adosservare la massima riservatezza sul contenuto dell’attivitàoggetto dell’affiliazione.

395. La mediazione.

Carattere fondamentale della mediazione è l’intervento di unapersona (o di un’agenzia) estranea alle parti (il “mediatore”),che, pur non essendo legata a nessuna di esse da rapporti dicollaborazione o di dipendenza, le mette in relazione tra loro perprovocare o agevolare la conclusione di un affare. Carattereconnotante del mediatore, dunque, è la sua indipendenza rispettoalle parti. Ciò non esclude che egli possa agire su specificoincarico di una di esse, che gli abbia richiesto di agire perprocacciare un certo affare, ma ciò non ne diminuisce la terzietàrispetto al rapporto tra le parti, e lo pone comunque in una

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posizione diversa da un agente, da un procuratore o da uncommesso.Con la L. 3 febbraio 1989, n. 39, il legislatore ha istituito unapposito “ruolo”, al quale sono tenuti ad iscriversi quantiintendono svolgere attività di mediazione, anche se in mododiscontinuo ed occasionale; e solo chi sia iscritto in tale ruoloha diritto a percepire la provvigione. Anche le società dimediazione devono essere iscritte al ruolo, nel quale devonoiscriversi pure quanti svolgono per conto di questa, attività dimediazione.Il mediatore (o sensale) ha diritto ad una provvigione da entrambele parti, anche se abbia agito per incarico di una sola di esse (ameno che sia stata previamente concordato che la provvigione restia carico di uno solo dei contraenti), ma la provvigione gli spettasolo se l’affare è concluso per effetto del suo intervento, vale adire se tra l’attività del mediatore e la stipulazione dell’affarevi sia stato un nesso di causalità. Peraltro questo nesso vainteso con larghezza: può essere sufficiente avere segnalato ad uninteressato il potenziale contraente, non occorrendo chel’intervento del mediatore copra tutte le fasi della trattativa.La misura del compenso cui il mediatore ha diritto e laripartizione di essa tra le parti, ove non sia fissatapattiziamente, può essere desunta da tariffe professionali o dagliusi, oppure può essere determinata secondo equità dal giudice.Il mediatore è libero di adoperarsi o meno per la stipulazionedell’affare; ma se accetta un incarico è tenuto ad eseguirlo condiligenza. In ogni caso è tenuto a comportarsi con correttezza ebuona fede nei confronti di entrambe le parti, rispetto alle qualiè tenuto a conservare autonomia e indipendenza ed alle quali ètenuto a comunicare le circostanze a lui note, relative allavalutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influiresulla conclusione di esso.Inoltre, se il mediatore non ha reso noto ad una delle parti ilnome dell’altra, risponde in proprio dell’esecuzione delcontratto.Salvo patti o usi contrari, il mediatore ha diritto al rimborsodelle eventuali spese sostenute, ove l’affare non venga concluso,solo qualora abbia agito su specifico incarico di una parte e neiconfronti di questa.

396. Le “vendite piramidali”.

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La legge regola in particolare, con specifiche tutele, il rapportotra l’imprenditore e il soggetto incaricato della vendita, che puòessere un lavoratore subordinato, un agente, o un soggetto chesvolge, senza vincolo, tale attività abitualmente ooccasionalmente.In particolare hanno carattere insidioso alcune modalità diorganizzazione di tali vendite: per esempio, la legge vieta diimporre all’incaricato della vendita l’obbligo di acquistare unacerta quantità dei prodotti commercializzati, oppure di acquistareservizi non strettamente inerenti all’attività di vendita.La “vendita piramidale” consiste nella creazione di strutture divendita nelle quali l’incentivo economico primario dei componentila struttura si fonda sul mero reclutamento di nuovi soggettipiuttosto che sulla loro capacità di vendere. Poiché in tali casil’accesso alla struttura comporta un onere per l’aderente, è ovvioche, dilatandosi la piramide, coloro che ne sono al verticeriescono a realizzare notevoli guadagni, mentre gli ultimi entratisono esposti al rischio di subire costi d’ingresso senza trarnealcun beneficio. Tali forme di organizzazione delle attività divendita, che in realtà sfruttano la speranza degli aderenti alsistema di realizzare un guadagno entrandone a far parte, e poicoinvolgendo a loro volta altri soggetti, sono espressamentevietate.

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CAPITOLO XLVI PRINCIPALI CONTRATTI REALI

397. Il deposito regolare.

Il deposito è il contratto reale con cui una parte (depositario)riceve dall’altra (depositante) un cosa mobile con l’obbligo dicustodirla e di restituirla in natura (art. 1766).La causa del deposito consiste nell’assicurare la custodia di unacosa (si pensi al deposito di un bagaglio presso un albergo).L’obbligo di custodire sorge dopo la consegna della cosa ai finidella restituzione: al depositario non solo non passa laproprietà, ma neanche il possesso della cosa; egli la detienesoltanto e non ne può disporre né servirsene. Se l’alienasse, sirenderebbe responsabile del delitto di appropriazione indebita. Ildeposito si presume gratuito.Secondo i principi generali, il depositario deve usare nellacustodia la diligenza del buon padre di famiglia: tuttavia neldeposito gratuito la responsabilità per colpa è valutata con minorrigore.Il deposito può essere effettuato da chiunque abbia il possesso ola detenzione della cosa, non importa se ne sia o menoproprietario; e dal contratto nasce l’obbligo di restituire lacosa a chi l’ha data in deposito. Inoltre la cosa deve essererestituita quando il depositante la richiede.Il sequestro convenzionale (altra figura di deposito), ha invece luogoquando v’è controversia tra due o più persone circa la proprietà oil possesso di una cosa: queste persone convengono che, fin quandola controversia non sarà decisa, la cosa resti affidata ad unterzo perché la custodisca, e la restituisca alla parte cuispetterà secondo la pronuncia del giudice (anche se l’istitutoriceve nella pratica scarsa applicazione).

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398. Il deposito irregolare.

Il deposito irregolare ha per oggetto una quantità di denaro o di altrecose fungibili, delle quali viene concessa al depositario lafacoltà di servirsi. Il depositario acquista allora la proprietàdelle cose, ed è tenuto a restituire non le stesse cose, maaltrettante cose dello stesso genere. Esempio di depositoirregolare si verifica quando qualcuno deposita denaro su unlibretto presso una banca. Il rapporto è regolato, in quantoapplicabili, dalle norme relative al mutuo.

399. Il deposito nei magazzini generali.

Una figura caratteristica di deposito è il deposito nei magazzini generalio nei depositi franchi. I magazzini generali sono locali in cui i commercianti possonodepositare le merci; l’impresa che li gestisce provvede versocompenso alla custodia ed alla conservazione. I depositi franchisono invece una sottospecie dei primi, solo che la merce ividepositata è franca, esente da dogana.

400. Il comodato.

Il comodato è il contratto con cui una parte (comodante) consegnaall’altra (comodatario) una cosa mobile o immobile, affinchéquesta se ne serva per un tempo o un uso determinato, conl’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta (art. 1803), masenza essere tenuta a pagare alcun corrispettivo. Per questo vieneanche definito prestito d’uso (e si contraddistingue dal mutuo: prestitodi consumo, che può essere sia gratuito che oneroso). Es.: miprestano un libro, posso leggerlo, ma ho l’obbligo di restituirloe di restituire lo stesso libro, non un altro; a me passa lasemplice detenzione della cosa.Possono formare oggetto del comodato solo le cose inconsumabili, enon quelle consumabili (che per loro natura non potrebbero essererestituite così come erano state consegnate).La distinzione tra deposito e comodato risiede nel fatto chementre il depositario non può servirsi della cosa, il comodatariopuò farlo.Il comodato è un contratto essenzialmente gratuito; se per l’usodella cosa fosse stabilito un corrispettivo, si avrebbe uncontratto di locazione (obbligo di far godere una cosa verso un

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determinato corrispettivo). Si dice che il comodato è un contrattobilaterale imperfetto: infatti da esso nasce, di regola,un’obbligazione solo a carico del comodatario (quella cioè direstituire la cosa). Un tipo particolare di comodato è il precario(comodato senza determinazione di tempo).

401. Il mutuo.

Il mutuo (o prestito di consumo) è il contratto con il quale unaparte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una determinataquantità di denaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbligaa restituire altrettante cose della stessa specie e quantità (art.1813). Il mutuo ha per oggetto cose consumabili e fungibili, dellequali la proprietà passa al mutuatario.Il mutuo si presume oneroso: salva diversa volontà delle parti, ilmutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Il mutuooneroso si definisce anche feneratizio. Se le parti non hanno pattuitoil tasso di interesse dovuto, si applica il tasso legale. Se poisono convenuti interessi usurai, la clausola è nulla e gliinteressi sono dovuti solo nella misura legale.Un elemento di particolare importanza nel mutuo è il termine per larestituzione delle cose mutuate: l’art. 1816 stabilisce che iltermine si presume stipulato a favore di entrambe le parti; se ilmutuo è gratuito il termine è invece a favore del mutuatario. Sepoi le parti non hanno pattuito un termine, o hanno stabilito cheil mutuatario “paghi solo quando potrà” il termine è stabilito dalgiudice.Il mutuo è un contratto reale, che si perfeziona con la traditio. Lalegge regola però espressamente anche la promessa di mutuo, cheimporta l’obbligo di erogare il mutuo promesso, a meno che lecondizioni dell’altra parte siano diventate tali da renderenotevolmente difficile la restituzione del mutuo.

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CAPITOLO XLVIIII CONTRATTI DIRETTI A COSTITUIRE UNA GARANZIA

418. La fideiussione. Il mandato di credito.

La fideiussione è il contratto con il quale si costituisce a favoredel creditore la garanzia personale di un terzo. Fideiussore (o garante) ècolui che, obbligandosi personalmente verso il creditore,garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui. La garanzia èpersonale e riguarda tutto il patrimonio del fideiussore, il qualerisponde dunque con tutti i sui beni mentre il terzo datore dipegno o d’ipoteca risponde solo con la cosa data in pegno o inipoteca.Colui che presta la garanzia si chiama fideiussore, la persona acui favore viene prestata si chiama debitore principale. Lafideiussione può anche essere spontanea, cioè può essere assuntaanche se il debitore non ne ha conoscenza.La fideiussione ha natura accessoria, caratteristica questa che ècomune ai rapporti di garanzia reale: la garanzia sussiste inquanto esiste l’obbligazione principale. Da ciò discende che essanon può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essereprestata a condizioni più onerose.La volontà di prestare fideiussione deve essere espressa (art.1937).Il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti cheil creditore aveva contro il debitore; egli può cioè valersicontro il debitore o gli eventuali condebitori di tutti i mezzi digaranzia che erano a disposizione del creditore. Inoltre, ilfideiussore ha un’azione specifica (azione di regresso) contro ildebitore, anche se questi fosse ignaro della prestatafideiussione: con essa può farsi rimborsare tutto ciò che abbiapagato per il debitore principale.Il mandato di credito è il contratto con cui una persona (A) siobbliga verso un’altra persona (B) a far credito ad un terzo (C):la persona (B) che ha richiesto all’altra (A) di far creditorisponde come fideiussore di un debito futuro (quello che saràassunto da C) (art. 1958): questo contratto s’inquadra nelloschema della fideiussione.

419. La fideiussione omnibus. La fideiussione per obbligazionefutura.

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Si parla di fideiussione omnibus per indicare l’impegno assunto daun soggetto verso una banca, con cui garantisce l’adempimento ditutti i debiti, compresi quelli che potranno sorgeresuccessivamente al rilascio della fideiussione, che un terzo(beneficiario della garanzia: debitore principale) risulterà avereverso la banca nel momento della scadenza pattuita o nel momentoin cui la banca deciderà di recedere dal rapporto. Ove il debitoreprincipale, in tutto o in parte, non sia in grado di provvedereall’estinzione dei suoi debiti, la banca potrà rivolgersi alfideiussore omnibus.Con tale formula quindi si evita di dover richiedere una nuovagaranzia ad ogni nuova operazione. Poiché tuttavia l’assunzione diun impegno siffatto espone il garante ad un rischioparticolarmente elevato, il legislatore ha preferito intervenirecon un aspecifica disposizione a favore del fideiussoresubordinando la validità della fideiussione omnibus allacondizione che nella garanzia sia espressamente specificato“l’importo massimo garantito” oltre il quale, pertanto, ilfideiussore non è tenuto.

420. La garanzia “a prima richiesta”.

La garanzia “autonoma” o “a prima richiesta” è l’accordo tragarante (di regola una banca) e garantito, che si inserisce inun’operazione complessa per rendere sicuro l’incasso di unadeterminata somma di denaro da parte del beneficiario/garantito, asemplice richiesta di quest’ultimo. Infatti il debitore dellaprestazione (il garante), che opera su ordine di un suo cliente(il debitore della prestazione principale), si impegna a versareal beneficiario l’importo stabilito alla sola condizione checostui gliene faccia richiesta, essendo pertanto pattuito che ilgarante rinuncia formalmente e preventivamente ad opporgli qualsiasitipo di eccezione. Naturalmente il garante, quando versa l’importo al beneficiario,si rivale poi nei confronti del suo mandante; e quest’ultimo, seil pagamento non era dovuto, avrà azione di ripetizione neiconfronti del creditore che abbia preteso il pagamento dellagaranzia senza averne diritto.

421. L’anticresi.

In forza del contratto di anticresi, il debitore o un terzo siobbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del

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credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoliagli interessi, se dovuti, e quindi al capitale: il debitore godeil denaro prestatogli, il creditore il fondo.È chiara la differenza intercorrente con l’ipoteca: quest’ultimainfatti non richiede il passaggio del possesso del fondo alcreditore. L’anticresi richiede ad substatiam la forma scritta.

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CAPITOLO XLIXI CONTRATTI DIRETTI A DIRIMERE UNA CONTROVERSIA

422. La transazione.

La transazione è il contratto con il quale le parti, facendosireciproche concessioni, pongo fine ad una lite già incominciata oprevengono una lite che può sorgere tra loro.Senza il reciproco sacrificio, che le parti accettano pereliminare il fastidio, le spese ed il rischio di un processo, nonv’è transazione: se, per esempio, una delle parti rinunciasemplicemente al suo punto di vista ed accetta integralmentequello dell’altro, vi è rinuncia a resistere o ad agire, ma nontransazione, perché questa si realizza solo quando vi sianoconcessioni reciproche.La corrispettività della transazione è assicurata dallareciprocità delle concessioni che le parti si fanno. Ma ciascunaconcessione va valutata in funzione – non della situazionegiuridica precedente, che ormai, con la transazione, si mira adevitare definitivamente di dover accertare – bensì in funzionedelle rispettive pretese, che hanno dato luogo alla lite.Con le reciproche concessioni le parti possono incidere suirapporti oggetto della contestazione, ma possono anche creare,modificare, o estinguere rapporti diversi da quello che ha formatooggetto della contestazione (transazione novativa).In questo caso, se le prestazioni previste dal contratto ditransazione non vengono adempiute, la transazione non può essererisolta per inadempimento (al fine di tornare a far valere lepretese originarie), a meno che ciò non sia stato espressamentepattuito.La transazione non può riguardare diritti indisponibili e deve esserestipulata da chi abbia la capacità di disporre dei propri diritti.Per ragioni analoghe è nulla la transazione relativa ad uncontratto illecito, mentre la transazione relativa a rapportiderivanti da un contratto nullo ma non illecito è annullabile soloper iniziativa della parte che ignorava la causa di nullità.Data l’importanza della transazione è richiesto ad probationem loscritto, che è necessario ad substantiam se la transazione ha peroggetto controversie relative a diritti reali su beni immobili.In linea di principio la transazione non può essere impugnatadalla parte che si convinca che avrebbe potuto affrontarevittoriosamente un giudizio sulla lite, invece di accettare di

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comporla: si comprende, perciò, che l’art. 1969 stabilisca che nonsi può impugnare una transazione invocando un errore di dirittorelativo alle questioni che sono state oggetto di controversia trale parti. Tuttavia se una delle parti era consapevole non solo diaver torto, ma addirittura che la lite era, per parte sua,temeraria, l’altra parte può chiedere l’annullamento dellatransazione. Inoltre si può chiedere l’annullamento dellatransazione se questa è stata stipulata in base a documenti che inseguito sono riconosciuti falsi, oppure si venga a conoscenza didocumenti ignoti al tempo in cui la stipulazione è stata conclusa.La funzione della transazione giustifica anche la norma che neesclude l’impugnabilità per causa di lesione, dal momento che pervalutare se vi sia stata lesione a carico di una delle partioccorrerebbe previamente accertare quale fosse realmente lasituazione giuridica contestata, accertamento che la transazioneinvece mira proprio ad evitare.

423. La cessione dei beni ai creditori.

La transazione sostituisce la sentenza, eliminando il processo dicognizione; la cessione dei beni ai creditori (cessio bonorum) tendead evitare la procedura esecutiva, spesso lunga e laboriosa. Lacessione dei beni ai creditori è, infatti, il contratto con ilquale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi dialienare tutti o alcuni suoi beni e di ripartirne fra loro ilricavato in soddisfacimento dei loro crediti. La dottrinaconsidera la cessione come un mandato in rem propriam, concluso,cioè, anche nell’interesse dei creditori mandatari.La cessione, salvo patto contrario, si intende fatta pro solvendo: ildebitore è liberato verso i creditori solo dal giorno in cui essiricevono la parte loro spettante sul ricavato della liquidazione enei limiti di quanto hanno ricevuto. Per effetto della cessione ildebitore perde la disponibilità dei beni ceduti, ma ha il dirittodi esercitare il controllo sulla gestione e di ottenerel’eventuale residuo della liquidazione. Con il pagamento delcapitale, degli interessi e delle spese viene meno la ragioned’essere della cessione e pertanto è attribuito al debitore ildiritto di recedere dal contratto offrendo tale pagamento.Ai creditori è concessa una particolare azione di annullamento, seil debitore, pur dichiarando di cedere tutti i beni, hadissimulato una parte notevole di essi oppure occultato passivitào simulato passività inesistenti: i creditori non avrebberoaderito alla cessione, se avessero conosciuto l’effettiva

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consistenza del patrimonio del debitore. È richiesta ad substantiamla forma scritta.

CAPITOLO L

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I CONTRATTI AGRARI

424. L’affitto di fondi rustici.

Sono considerati contratti agrari i contratti che, attraverso ilconferimento del godimento di un fondo (o di bestiame), sonodiretti a dar vita all’impresa agricola e a disciplinarnel’attività. Si distinguono in contratti di scambio (l’affitto) edin contratti di tipo associativo (mezzadria, colonia parziaria,soccida).Il contratto d’affitto di fondi rustici è una species del contrattodi affitto, che a sua volta si differenzia dalla locazione peravere ad oggetto “una cosa produttiva”. Si ha contratto d’affittodi fondo rustico solo quando il fondo viene concesso perl’esercizio di attività agricola (non è tale, quindi, né l’affittodi una cava, né l’affitto di un’azienda agricola). All’agricoltorenon proprietario il contratto d’affitto consente, verso uncorrispettivo in denaro (non è più consentito il corrispettivo innatura), di coltivare il fondo e farne propri i frutti. L’affittoobbliga il concedente a consegnare un fondo “attrezzato” (fundusinstructus), con gli accessori e le pertinenze d’uso, ma può variarela dotazione del fondo, in quanto a “scorte morte”, come macchine,attrezzi, ecc., e in quanto a “scorte vive”, come il bestiame, dalavoro o da allevamento. Già il codice, poi la legislazione speciale, hanno inteso favorirel’affitto a “coltivatore diretto”. Sono coltivatori diretti coloroche coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propriafamiglia, purché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzodi quella occorrente per le normali necessità di coltivazione delfondo. La durata minima dell’affitto a coltivatore diretto è di 15 anni;l’affittuario può sempre recedere dal contratto, mentre illocatore può solo chiedere al giudice la risoluzione del contrattoin caso di grave inadempimento del conduttore. Il canone non puòessere oggetto di libera negoziazione, ma è fissatoobbligatoriamente in funzione di speciali parametri stabilitidalla legge (c.d. “equo canone”). Peraltro è ammesso che partipossano pattuire accordi in deroga alle norme di legge, purché glistessi siano stipulati con l’assistenza delle rispettiveorganizzazioni professionali agricole. Ciascuna delle parti puòeseguire miglioramenti del fondo e dei fabbricati rurali, con

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delicati problemi per disciplinare le conseguenze che ne derivanoper i rapporti tra le parti.Per favorire l’accesso alla proprietà della terra da parte di chidirettamente la coltiva, è stato introdotto a favoredell’affittuario coltivatore diretto (come a favore del mezzadro edel colono) un diritto di “prelazione”, per essere preferito aqualsiasi terzo, a parità di condizioni, in caso di trasferimentodel fondo a titolo oneroso. La stessa prelazione è stata poiconcessa anche al coltivatore diretto proprietario di terreniconfinanti. La violazione della prelazione consenteall’affittuario di conseguire la proprietà del fondo (c.d.“retratto”) pure contro l’acquirente (efficacia reale del retratto).L’affittuario ha altresì diritto di prelazione nell’ipotesi nuovoaffitto del fondo.

425. I contratti soggetti a conversione in affitto: la mezzadria;la colonia parziaria; la soccida.

Nella mezzadria il proprietario di un “podere” (e cioè un fondocon casa colonica, dotato di quanto necessario per l’esercizio diimpresa agricola, con estensione sufficiente ad assicurare ilmantenimento di una famiglia colonica e ad assorbirne il lavoro),detto concedente, ed un coltivatore (mezzadro), che agisce inproprio e per la propria famiglia, si associano per lacoltivazione del podere, al fine di dividerne a metà i prodotti egli utili. La direzione dell’impresa spetta al concedente.Successivamente all’entrata in vigore del codice civile, lalegislazione speciale è intervenuta più volte al fine diriequilibrare i rapporti tra le parti. La L. 15 settembre 1964, n.756, aveva vietato la stipulazione di nuovi contratti dimezzadria, ma la nullità non produce effetto per il periodo in cuiil rapporto ha avuto esecuzione (si parla perciò di “mezzadria difatto”). In seguito la L. 3 maggio 1982, n. 203, ha ribadito ildivieto di stipulazione di nuovi contratti di mezzadria,prevedendo, peraltro, non la nullità per quelli egualmentestipulati in violazione del divieto, bensì la conversione legalein affitto.La L. n. 203/1982 ha poi, più in generale, previsto la“conversione” in affitto per tutti i contratti associativi agrariin corso su semplice richiesta del concessionario, mentre occorrel’accordo delle parti se la richiesta è avanzata dal concedente.Peraltro la Corte costituzionale ha dichiaratol’incostituzionalità della legge per l’ipotesi in cui la richiesta

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di conversione avanzata dal mezzadro sia rivolta nei confronti diun concedente che sia stato attivo nella condirezione dell’impresa(la L. 14 febbraio 1990, n. 29, ha escluso la conversione nel casoin cui il concedente abbia dato, da almeno due anni primadell’entrata in vigore della L. n. 203/1982, un adeguato apportoalla conduzione dell’impresa agricola).La colonia parziaria si distingueva dalla mezzadria sotto dueaspetti. La mezzadria presupponeva il conferimento di un podere,ossia di un appezzamento di terreno con colture varie, con edificie scorte, capace di fornire il reddito necessario alla famigliache lo coltiva; la colonia il conferimento di un fondo e cioè, diun terreno sprovvisto delle qualità anzidette. Nella mezzadriacampeggia la figura della famiglia colonica che, invece, mancanella colonia parziaria.Anche per il contratto di colonia parziaria la L. 3 maggio 1982,n. 203, prevede, oltre alla conversione in affitto, il divieto distipulazione di contratti nuovi.Natura associativa ha anche la soccida, che attua una forma dicollaborazione economica nell’industria dell’allevamento delbestiame. La soccida può essere: semplice, quando il bestiame èconferito dal soccidante, al quale spetta la direzionedell’impresa, mentre il soccidario deve prestare il lavorooccorrente per la custodia e l’allevamento del bestiameaffidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per i trasportifino ai luoghi di ordinario deposito; parziaria, quando il bestiame èconferito da entrambi i contraenti; con conferimento di pascolo, quandoil bestiame è conferito dal soccidario, al quale spetta ladirezione dell’impresa, e il soccidante conferisce il terreno peril pascolo.La L. 3 maggio 1982, n. 203, aveva previsto la possibilità diconversione in affitto solo per la soccida con conferimento dipascolo e per la soccida parziaria, in presenza di certirequisiti, ma non aveva introdotto un espresso divieto distipulazione di nuovi contratti (pertanto, si sostiene che possanoessere ancora stipulati, purché con l’assistenza delleassociazioni rappresentative delle parti). Invece la norma sullariconduzione di tutti i contratti agrari stipulati dopo l’entratain vigore della legge è da ritenersi applicabile a tutti icontratti di soccida ove vi sia conferimento di pascolo.

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LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE

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CAPITOLO LIVOBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE

450. Premessa.

“Fonti legali” di obbligazione sono: a) la gestione di affari altrui; b) laripetizione di indebito; c) l’arricchimento senza causa.

451. La gestione di affari.

Si ha gestione di affari altrui nell’ipotesi in cui taluno, senza esserviobbligato, si intrometta scientemente negli affari di un altro,che non sia in grado di provvedervi.La gestione d’affari nasce, dunque, da un facere del gestore che siesplica nel compimento di atti giuridici o materialiobiettivamente utili all’interessato. Presupposti perché troviapplicazione la disciplina della gestione di affari sono:

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a) l’impedimento dell’interessato a provvedere ai propriinteressi (absentia domini), non importa se derivante da causecontingenti o persistenti;

b) la consapevolezza del gestore di curare un interesse altrui;c) la spontaneità dell’intervento del gestore, che non deve

essere obbligato alla cura dell’affare dell’interessato;d) l’utilità iniziale della gestione (utiliter coeptum), essendo

invece irrilevante l’esito finale, se al momentodell’assunzione la gestione si presentava vantaggiosa perl’interessato.

L’istituto non trova applicazione nell’ipotesi in cuil’interessato abbia manifestato la propria opposizione a che altrigestisca, in sua vece, un determinato affare: l’opposizionecostituisce, infatti, un modo di provvedere, sia purenegativamente, al riguardo.Qualora concorrano i presupposti sopra indicati, sorgono:

1) in capo al gestore, l’obbligo di continuare la gestioneintrapresa fino a quando l’affare sia completato oppure ildominus possa intervenire direttamente;

2) sempre in capo al gestore, le obbligazioni che glideriverebbero da un mandato;

3) in capo al dominus, l’obbligo di adempiere le obbligazioni cheil gestore ha assunto in nome di lui (gestione rappresentativa);

4) sempre in capo al dominus, l’obbligo di tenere indenne ilgestore dalle obbligazioni che questi abbia assunto per contodi lui, ma in nome proprio (gestione non rappresentativa);

5) sempre in capo al dominus, un obbligo di rimborsare al gestoretutte le spese necessarie od utili che quest’ultimo abbiaaffrontato nell’interesse del dominus stesso.

Poiché la gestione di affari implica il sorgere di obbligazioni incapo al gestore, la legge richiede la sua capacità d’agire.

452. La ripetizione dell’indebito.

L’adempimento serve ad estinguere un’obbligazione. Ora, se talunoeffettua un adempimento senza che preesista un debito, chi l’haeseguito ha diritto alla restituzione della prestazione non dovuta: ocome si dice, alla ripetizione dell’indebito (condictio indebiti). È necessariotener distinte due diverse figure:

a) quella dell’indebito oggettivo, che si ha quando venga effettuatoun pagamento benché non esista alcun debito. All’indebitooggettivo può assimilarsi l’ipotesi in cui il solvens abbiaeffettivamente un debito, ma non nei confronti dell’accipiens,

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bensì nei confronti di un’altra persona. In questa ipotesi,infatti, all’accipiens nulla era dovuto: pertanto il solvens hasenz’altro diritto di chiedere la restituzione di quanto hapagato (a meno che il vero creditore ratifichi il pagamento one profitti egualmente);

b) quello dell’indebito soggettivo, che si ha quando chi non èdebitore, tuttavia, credendosi erroneamente tale, paga alcreditore quanto è, in realtà, dovuto a quest’ultimo da unterzo. Si ha indebito, in tal caso, solo se colui che paga ildebito altrui è in errore: altrimenti deve ritenersi che abbiainteso eseguire il pagamento in sostituzione del debitore.

Nel caso di indebito oggettivo, il solvens ha senz’altro diritto aripetere dall’accipiens quanto ha pagato.Nel caso di indebito soggettivo il solvens ha invece diritto allaripetizione solo se ha pagato per errore scusabile, ossia tale che nonpoteva esser evitato con la normale diligenza. Se, invece ilpagamento è avvenuto per errore inescusabile, l’accipiens ha diritto ditrattenere quanto ricevuto; ed il solvens subentra nei diritti delcreditore verso il vero debitore.Nel caso di indebito soggettivo la legge, inoltre, si èpreoccupata della situazione del creditore che in buona fede –ritenendo, cioè, che la persona che ha pagato fosse effettivamenteil debitore – si sia privato del titolo della garanzia del creditore: in questocaso l’azione del solvens non è ammessa verso l’accipiens; chi hapagato deve rivolgersi all’effettivo debitore.Non dà luogo alla ripetizione l’adempimento di un obbligazione naturale.Parimenti non ha diritto di pretendere la restituzione chi abbiaeseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua,costituisce offesa al buon costume (ad es. al pagamento dal clienteeffettuato alla prostituta per averne i favori).La ripetizione comprende non solo ciò che si è pagato, ma anche ifrutti e gli interessi: frutti ed interessi sono dovuti dal giornodella domanda, se chi li ha ricevuti è in buona fede; altrimentidal giorno del pagamento. Se chi ha ricevuto il pagamento è un incapace, la legge tiene contodella sua situazione e consente la ripetizione solo nei limitidell’arricchimento e, quindi, di ciò che è stato rivolto a suoprofitto.L’azione di ripetizione dell’indebito è un’azione personale: ilsolvens, se chi ha ricevuto indebitamente una cosa determinata l’hasuccessivamente alienata, non può pretenderne la restituzione dalterzo acquirente (ma solo di chiedergli il corrispettivo se ancora

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dovuto; oppure, qualora l’alienazione sia avvenuta a titologratuito, un indennizzo nei limiti dell’arricchimento conseguito).

453. L’ingiustificato arricchimento.

L’ordinamento giuridico non può consentire che una persona ricevaun vantaggio dal danno arrecato ad altri, senza che vi sia una causache giustifichi lo spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro. Ilcodice prevede tutta una serie di ipotesi tipiche in cui viene dataespressa applicazione a tale principio. La legge ha tuttaviastabilito, in via generale, il principio in questione (che è,perciò, applicabile anche nelle ipotesi non espressamentepreviste): a tal fine, ha concesso – come rimedio generale – l’azione diingiustificato arricchimento. Essa ha, peraltro, carattere sussidiario: èproponibile, cioè, solo quando il danneggiato non può esperirealtra azione per rimuovere il pregiudizio. Presupposti dell’azionesono:

a) l’arricchimento di una persona (che, ad es., ha utilizzato un benealtrui senza pagare un corrispettivo);

b) la diminuzione patrimoniale di un’altra (che, ad es., ha reso altri unservizio senza essere remunerato);

c) il nesso causale tra la diminuzione patrimoniale e l’arricchimento;d) la mancanza di causa giustificativa dell’arricchimento dell’uno e

della perdita dell’altro.L’ingiustificato arricchimento impone, a carico dell’arricchito, oun obbligo di restituzione in natura, qualora l’arricchimento abbia adoggetto una cosa determinata, oppure un obbligo di indennizzare lacontroparte della diminuzione patrimoniale sofferta. Peraltro,tale obbligo di indennizzo incontra un doppio limite, che discendedalla stessa funzione di riequilibrio tra i due patrimoni che gliè propria: non può superare né l’entità dell’arricchimento né quelladell’impoverimento.

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LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DA ATTO ILLECITO

CAPITOLO LVLA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE

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454. Nozione.

Il creditore può subire un danno in conseguenza dell’inadempimentodel debitore. In tal caso il problema è quello di stabilire se ilcreditore insoddisfatto possa ottenere dal debitore inadempienteil risarcimento del danno sofferto (ribaltando così,sull’obbligato le conseguenze economiche negative della suainadempienza), oppure se debba sopportare definitivamente dettopregiudizio (che finirà così con il gravare irrimediabilmentesulla sua sfera economica).Problema del tutto analogo si ripropone tutte le volte in cui –anche a prescindere dall’esistenza di un precedente rapporto obbligatorio tra leparti interessate – un soggetto venga a subire un danno inconseguenza della condotta tenuta da un altro consociato. Anche intal caso il quesito di fondo è lo stesso.Una prima risposta all’interrogativo viene dall’art. 2043, secondocui qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri undanno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcireil danno. Da detta norma si deduce che, di regola, perché ildanneggiante sia obbligato a risarcire il pregiudizio dallo stessocausato al danneggiato debbono concorrere i seguenti presupposti: a)il fatto; b) l’illiceità del fatto; c) l’imputabilità del fatto aldanneggiante; d) il dolo o la colpa del danneggiante; e) il nessocausale fra fatto e danno; f) il danno.La responsabilità che, ove concorrano tali presupposti, grava suldanneggiante viene definita come “responsabilità extracontrattuale” (incontrapposizione alla responsabilità contrattuale, che è quellache consegue a quel particolare fatto costituitodall’inadempimento di un’obbligazione), o come responsabilitàaquiliana, oppure ancora come responsabilità civile (incontrapposizione a quella penale).

455. Il fatto.

Per fatto si intende ciò che cagiona il danno. Solitamente si trattadi un comportamento dell’uomo: in tal caso si parla, piùappropriatamente, di atto illecito.La condotta del danneggiante può essere commissiva (quando consistein un facere), oppure omissiva (quando consiste in un non facere). Inquesto secondo caso rileva non una qualunque omissione che siadeterminata nel non impedire l’evento dannoso, ma solo quella

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condotta omissiva che risulti posta in essere in violazione di un obbligogiuridico di intervenire imposto dall’ordinamento.Tuttavia l’evento produttivo di danno può anche consistere in unmero fatto materiale (come lo smottamento di terreno che travolgeun’abitazione): fatto naturale che talora la legge “imputa” ad unsoggetto o perché questo è gravato dall’obbligo di evitarlo, o inconsiderazione del particolare legame intercorrente tra il fattoed il soggetto.

456. L’illiceità del fatto.

A volte è la legge ad indicare espressamente che un determinatofatto è illecito e, in quanto tale, obbliga chi lo ha posto in esserea risarcire il danno che dovesse derivarne a terzi. In particolarel’art. 185 cod. pen. dispone che “ogni reato, che abbia cagionatoun danno patrimoniale o non, obbliga al risarcimento ilcolpevole”: sicché l’illecito penale costituisce al tempo stessoanche illecito civile. Gli illeciti penali sono tipici, nel senso chedevono essere definiti in modo preciso dalla legge (principio dilegalità): nessuno può essere punito per un fatto che non siaespressamente preveduto come reato dalla legge. Non altrettantopuò dirsi per gli illeciti civili, relativamente ai quali valeinvece l’opposto principio della atipicità. L’art. 2043 statuisceinfatti che qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altriun danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto arisarcire il danno: contempla cioè una clausola generale.Per aversi un danno ingiusto non basta una qualsiasi lesione diinteressi altrui, ma è necessario identificare all’interno dellelesioni di interessi altrui quelle che costituiscono dannoingiusto.Oggi è riconosciuta la risarcibilità dl danno da induzioneall’inadempimento: derivante cioè dalla condotta del terzo chedetermini il debitore a non adempiere, la risarcibilità del dannoda complicità nell’altrui inadempimento e quella da trascrizione consapevolmenteeffettuata a danno del primo acquirente, ecc.La giurisprudenza è giunta ad ammettere la risarcibilità non solodella lesione di “diritti”, ma anche della lesione di situazioni difatto, a condizione che risultino comunque protettedall’ordinamento.Nella stessa ottica la giurisprudenza è giunta ad affermare larisarcibilità del danno sofferto da chi, pur non potendo vantareun diritto soggettivo al riguardo, si veda privare del sostegno

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economico di cui, in fatto, fruiva stabilmente da parte di unsoggetto, di cui il terzo cagiona la morte.Ancora si è ammessa la risarcibilità del danno da lesione di uninteresse legittimo: del danno derivante, cioè, dalla violazione, daparte della P.A., di una norma posta nell’interesse generale, eche solo indirettamente tutela l’interesse del privato.Ormai le nostre corti sembrano decisamente orientate a ritenere“ingiusto” – e quindi risarcibile – non solo il danno che sitraduce nella lesione di un diritto soggettivo assoluto, o di undiritto soggettivo, anche relativo; ma anche quel danno che sitraduce nella lesione di un interesse che, seppure non protetto come dirittosoggettivo, risulta comunque tutelato dall’ordinamento giuridico.

457. Le cause di giustificazione.

Perché un danno possa qualificarsi come ingiusto è necessario chesia cagionato non iure: cioè non nell’esercizio di un diritto riconosciutodall’ordinamento al danneggiante. Il danno causato iure non è invecerisarcibile.Al pari non può ritenersi ingiusto il danno arrecatonell’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da unordine legittimo della pubblica Autorità.L’art. 2044 poi, esclude l’ingiustizia del danno arrecato perlegittima difesa. A fronte di un illegittima aggressione alla persona oai suoi beni, la legge autorizza chi ne è vittima o testimone adintervenire per sventare o far cessare l’aggressione, anchecagionando danni all’aggressore, qualora non vi sia altrapossibilità: l’interesse dell’aggredito prevale su quellodell’aggressore. Tuttavia perché ci sia legittima difesa devono concorrere ipresupposti:

a) dell’ illegittima aggressione alla persona o anche solo al suopatrimonio;

b) dell’attualità del pericolo che ne deriva;c) dell’inevitabilità del pericolo; d) della strumentalità dell’offesa, che deve essere volta a neutralizzare

l’aggressione;e) della proporzionalità tra difesa ed offesa.

La legittima difesa deve essere esercitata nei confrontidell’aggressore: se l’azione reca danno ad un terzo non si potràinvocare la legittima difesa, ma, nel caso, lo “stato dinecessità”.

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Si ritiene inoltre non ingiusto il danno arrecato con il consensodell’avente diritto. Ovviamente il consenso dell’avente diritto haefficacia scriminante solo se ha ad oggetto diritti disponibili e se èprestato da chi ha la legittimazione e la capacità per disporne.Si reputa anche non ingiusto il danno subito in occasione dellapartecipazione volontaria ad un’attività pericolosa lecita.Inoltre l’art. 2045 contempla le ipotesi di danno arrecato in statodi necessità: ossia l’ipotesi in cui “chi ha compiuto il fatto dannosovi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dalpericolo attuale di un danno grave alla persona (e il casodell’automobilista che, per evitare lo scontro frontale con unaltro veicolo va a spronare una vettura in sosta). Ma perché siabbia stato di necessità devono concorrere i seguenti presupposti:

a) il pericolo alla vita, alla salute, all’integrità fisica e aidiritti fondamentali della persona del danneggiante o anchedi un terzo;

b) la serietà del pericolo;c) l’attualità del pericolo;d) l’inevitabilità del pericolo, che non deve essere altrimenti

scongiurabile se non con la causazione di danno a terzi;e) l’involontarietà del pericolo, che non deve essere causato dal

danneggiante;f) la proporzionalità del fatto dannoso al pericolo.

In caso di stato di necessità il danno viene arrecato ad un terzoinnocente: ciò spiega perché il danneggiante deve al danneggiato nonl’integrale ristoro del pregiudizio sofferto ma un’indennità, la cuimisura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.Esercizio di un diritto, adempimento di un dovere, legittimadifesa, consenso dell’avente diritto, partecipazione adun’attività pericolosa lecita escludono tutte l’ingiustizia del danno el’antigiuridicità della condotta, giustificando un comportamentopregiudizievole, che altrimenti sarebbe fonte di responsabilitàper il suo autore: per questo sono dette cause di giustificazione (ocause di esclusione dell’antigiuridicità).

458. L’imputabilità del fatto.

A norma dell’art. 2046 “non risponde delle conseguenze del fattodannoso chi non aveva la capacità di intendere o di volere almomento in cui lo ha commesso”. Nessuna rilevanza ha quindi, ai fini della responsabilitàextracontrattuale, la circostanza che il danneggiante abbia o menola “capacità di agire” (che riguarda esclusivamente la “capacità

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negoziale” della persona fisica). Invece, la capacità di rimanereobbligato al risarcimento dei danni cagionato dal proprio fattoillecito (capacità delittuale) dipende solo dalla circostanza che,nel momento in cui ha commesso il fatto, il danneggiante abbia lacapacità di intendere e di volere (cioè quel minimo di attitudinea comprendere il disvalore sociale della propria condotta). Ancheil minore ha la capacità di obbligarsi ex delicto, se in condizionitali da consentirgli un’adeguata valutazione di tutte lecircostanze in cui si trova ad agire e quindi di tutti i rischidella propria condotta. Al pari anche l’interdetto, l’inabilitatoe il beneficiario dell’amministrazione di sostegno rispondono delfatto illecito compiuto.La sussistenza di un’incapacità di intendere o di volere almomento della commissione del fatto non vale ad escluderel’imputabilità del danneggiante se l’incapacità è determinata da fatto,doloso o colposo, del danneggiante stesso (si pensi al rapinatoreche, per trovare il coraggio di compiere la rapina, assumedroghe). In tal caso l’azione (non libera) che ha provocatol’evento dannoso deve farsi risalire all’azione (libera) che l’hapreceduta, la quale costituisce la causa vera dell’evento dannoso(anche se indiretta).Se il danno è provocato da persona incapace, il legislatorestabilisce che il danneggiato può pretendere il risarcimento dalsoggetto dovuto alla sorveglianza dell’incapace stesso: si tratta diuna delle fattispecie legali di responsabilità per fatto altrui. Nel caso incui non vi fosse alcuna persona tenuta alla sorveglianzadell’incapace oppure questa non sia in grado di risarcire ildanno, il danneggiato può chiedere al giudice di condannarel’incapace al pagamento di un’equa indennità, che andrà stabilitatenendo conto delle condizioni economiche delle parti.

459. Il dolo e la colpa.

Per dolo s’intende l’intenzionalità della condotta, nella consapevolezzache la stessa può determinare l’evento dannoso. Non è necessarioche l’autore ponga in essere quella determinata condotta proprio alfine di produrre l’evento dannoso: dolo diretto. È sufficiente chel’autore si sia rappresentato il suo verificarsi come possibileconseguenza della sua condotta: dolo eventuale (ad es. chi spara indirezione del ladro per intimidirlo, ma lo colpisce a morte).Ma di regola è sufficiente anche la colpa perché l’autoredell’illecito incorra in responsabilità extracontrattuale: l’art.2043 richiede infatti in alternativa i due presupposti del dolo e della

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colpa. In taluni casi tuttavia si ha responsabilità solo se lacondotta è dolosa (illecito essenzialmente doloso), come nel caso diinduzione all’inadempimento.Per colpa s’intende invece il difetto della diligenza, della prudenza,della perizia richieste, o l’inosservanza di leggi, regolamenti o ordini. Inparticolare, la negligenza consiste nella mancanza dell’attenzionerichiesta; l’imprudenza consiste nella mancanza delle necessariemisure di cautela; l’imperizia consiste invece nell’inosservanzadelle regole tecniche di una determinata attività.Diligenza, prudenza e perizia si valutano alla luce di un parametrooggettivo, costituito da quanto è legittimo attendersi, in quelledeterminate circostanze, dal bonus pater familias, anche se ilgiudizio implica l’analisi di tutte le circostanze di fattoverificatesi nel caso concreto.L’inosservanza di leggi, regolamenti e ordini costituisce di persé colpa. Di regola è irrilevante il grado della colpa: se grave, lieve olievissima. In sede di responsabilità extracontrattuale il dannova integralmente risarcito, sia che il danneggiante sia in dolo siache versi in colpa.Di norma la prova del dolo o della colpa del danneggiante deve esserefornita del danneggiato (a differenza di quel che accade nellaresponsabilità contrattuale, ove ciò spetta espressamente aldebitore). Si dice comunemente che dolo e colpa attengonoall’elemento soggettivo dell’illecito civile, in quanto implicano unavalutazione della condotta del soggetto agente.

460. La responsabilità oggettiva.

L’art. 2043 lascerebbe intendere che il danno extracontrattuale èrisarcibile solo se l’atto che lo cagiona è doloso o colposo. Inrealtà, è lo stesso codice civile a prevedere ipotesi in cuil’autore risponde dell’evento dannoso anche in assenza di dolo e dicolpa: si parla in tal caso di responsabilità oggettiva. Analizziamo lesingole ipotesi:A) L’art. 2049 statuisce la responsabilità del “preponente” per idanni cagionati a terzi da suoi “preposti” nell’esercizio delleincombenze cui sono adibiti: il preponente risponde a prescindereda qualsiasi sua colpa.B) L’art. 2053 statuisce la responsabilità del proprietario di unedificio o di altra costruzione per i danni cagionati dalla lororovina dovuta a vizio di costruzione, quand’anche non manifestatosi consegni percepibili all’esterno.

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C) L’art. 2054 statuisce la responsabilità del proprietario di unveicolo senza guida di rotaie per i danni cagionati dallacircolazione del veicolo stesso, anche se condotto da terzi:ancora una volta il proprietario risponde a prescindere daqualsiasi sua colpa, per il solo fatto di essere tale.D) L’art. 114 D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo)statuisce che il produttore è responsabile del danno cagionato dadifetti del suo prodotto. Al fine di ottenere il risarcimento deldanno sofferto, il danneggiato ha l’onere di provare: il difettodel prodotto; il danno patito; la connessione causale tra difettoe danno. Non deve invece fornire la prova della colpa delproduttore.

461. Tra responsabilità oggettiva e responsabilità aggravata.

Il legislatore prevede tutta una serie di ulteriori ipotesi in cuila posizione del danneggiato viene più intensamente tutelata (equella del danneggiante aggravata) rispetto a quanto risulterebbedall’applicazione della regola generale che vuole sia ildanneggiato a provare la colpa del danneggiante. In tali casi,“l’aggravamento” della posizione del danneggiante si realizzasotto due distinti profili:

a) non è il danneggiato a dover (come di regola) fornire laprova della colpa del danneggiante, ma è quest’ultimo a doverfornire la “prova liberatoria” (presunzione di colpa);

b) la prova liberatoria richiesta al danneggiante non si riducealla sola dimostrazione di aver operato con diligenza eprudenza (cioè alla mera dimostrazione della sua mancanza dicolpa).

La difficoltà della prova liberatoria richiesta dallagiurisprudenza induce molti a ritenere che la responsabilità inquestione si avvicini molto, in concreto, ad una sorta diresponsabilità oggettiva.Ad es. l’art. 2048 prevede, da un lato, che il padre e la madre, oil tutore sono responsabili del danno cagionato dal fato illecito dei figliminori non emancipati e delle persone soggette alla tutela, cheabitano con essi; da altro lato prevede che precettori e coloroche insegnano un’arte o un mestiere sono responsabili del dannocagionato dal fatto illecito dei oro allievi nel tempo in cui sonosotto la loro vigilanza. Le medesime norme prevedono che chi siatenuto alla sorveglianza dell’incapace (il padre, la madre, iltutore, precettori ed i maestri) possono liberarsi daresponsabilità, provando di non aver potuto impedire il fatto. E la

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giurisprudenza richiede la dimostrazione di aver adottato tutte lecautele normalmente appropriate in relazione allo stato ed allecondizioni dell’incapace, alle circostanze di tempo luogo,ambiente e pericolo in cui è maturato l’atto dannoso.Gli stessi principi valgono per l’art. 2047 (danno cagionato dapersona incapace di intendere e di volere), per l’art. 2050 (dannocagionato nello svolgimento di un’attività pericolosa), per l’art.2054 (danno prodotto a cose o persone dalla circolazione delveicolo), ecc. in cui è possibile liberarsi da responsabilitàfornendo la “prova di aver fatto tutto il possibile per evitare ildanno”

462. Il nesso di causalità.

Altro presupposto che deve concorrere perché si abbiaresponsabilità extracontrattuale è il nesso di causalità tra fatto edanno.Peraltro ogni evento dannoso è normalmente il risultato di unapluralità di concause. Dal punto di vista naturalistico, possonoritenersi “causa” di un determinato evento tutte quelle condotteche costituiscono condicio sine qua non del verificarsi dell’evento(causalità materiale o di fatto).Per verificare la sussistenza, nel singolo caso concreto, delnesso di causalità materiale, sarà dunque necessario indagare sel’evento dannoso si sarebbe verificato ugualmente in assenza diuna determinata condotta.Peraltro l’obbligo del risarcimento non grava su tutti i soggettiche hanno posto in essere un antecedente necessario dell’eventodannoso: infatti l’art. 1223 statuisce che ciascuno risponde solodei danni che siano “conseguenza immediata e diretta della suacondotta, non di tutti quelli di cui la sua condotta costituiscecondicio sine qua non. Occorre quindi selezionare solo le condottericollegate all’evento da un nesso di causalità giuridica.A tal fine la giurisprudenza fa ricorso al criterio della causalitàadeguata: una data condotta si considera causa, in senso giuridico,di un determinato evento se, sulla base di un giudizio ex ante,detto evento ne risultava la conseguenza prevedibile ed evitabile;se cioè quella data condotta è normalmente adeguata a cagionarequel determinato evento dannoso.

463. Il concorso di cause.

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Un medesimo evento dannoso può essere cagionato da condotte illecite di piùsoggetti distinti: condotte che possono essere consapevolmentecoordinate; ma possono anche essere autonome e temporalmentedistinte; in questo secondo caso, la condotta di un’agente puòaddirittura essere ignorata dagli autori delle altre condotte. Lecondotte che concorrono nella causazione del danno possonocostituire alcune illecito extracontrattuale, altre illecitocontrattuale. La legge consente di rivolgersi, per l’intero risarcimento, a ciascunodei responsabili: se il fatto dannoso è imputabile a più persone,tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. Una voltarisarcito il danneggiato, chi ha effettuato il relativo esborso,potrà esercitare l’azione di regresso nei confronti degli altricoobbligati.

464. Il concorso del fatto colposo del danneggiato.

Può accadere che, a cagionare l’evento dannoso, concorra lacondotta non di un terzo, ma dello stesso danneggiato (concorso dicolpa del danneggiato). In tal caso, trova applicazione il principiosecondo cui il risarcimento è diminuito secondo la gravità dellacolpa del danneggiato e l’entità delle conseguenze che ne sonoderivate. L’onere della prova del concorso del fatto del danneggiatonella causazione dell’evento dannoso grava sul danneggiante,trattandosi di una circostanza che esclude o limita la pretesa deldanneggiato.Da non confondere con l’ipotesi del concorso di colpa del danneggiato nellacausazione dell’evento dannoso è la diversa ipotesi del concorso deldanneggiato nell’aggravamento del danno: nel primo caso, il fatto deldanneggiato incide sul nesso di causalità nel verificarsidell’evento dannoso; nel secondo caso, il fatto del danneggiatoincide sull’entità del danno che, sebbene abbia causa esclusiva nellacondotta del danneggiante, quest’ultimo è chiamato a risarcire. Lalegge impone al danneggiato l’onere di attivarsi per ridurre ilquanto possibile il danno conseguente al fatto del danneggiante;il mancato assolvimento di detto onere importa la nonrisarcibilità del pregiudizio che il danneggiato avrebbe potutoevitare senza apprezzabile sacrificio e che, invece, non haevitato.

226R.G.

L’onere di provare che il danno avrebbe potuto essere dal danneggiatoevitato, in tutto o in parte, con l’ordinaria diligenza grava suldanneggiante.

465. La responsabilità per fatto altrui.

Di regola, l’obbligo di risarcire il danno grava su chi lo hacagionato con fatto proprio. Talora, però, il codice prevede – amaggior tutela del danneggiato – che detto obbligo gravi sudeterminati soggetti, anche se il pregiudizio è causato da fatto dialtri. Di solito, la responsabilità indiretta del terzo si aggiunge a quelladiretta dell’autore dell’illecito. Sono di seguito analizzate leipotesi di responsabilità indiretta previste dal codice.

A) Del danno cagionato dal soggetto incapace di volere o di intendere – che,proprio in quanto tale, va esente da responsabilità –risponde chi è tenuto alla sorveglianza dell’incapace (art.2047). In questo caso, la responsabilità del sorvegliante nonsi aggiunge a quella di chi (l’incapace) ha direttamentecagionato il pregiudizio, ma interviene ad evitare che lavittima dell’illecito rimanga, a causa dell’incapacità deldanneggiante, senza un soggetto a cui potersi rivolgere peressere risarcita.La responsabilità del sorvegliante presuppone, da un lato, unfatto obiettivamente illecito che abbia cagionato ad altri undanno ingiusto, di cui l’autore non è chiamato a rispondereper la sola ragione di essere incapace; e, dall’altro, l’esistenza di unsoggetto tenuto alla sorveglianza dell’incapace.Un generale dovere di sorveglianza grava, quanto al minore,sui genitori e, quanto all’interdetto, sul tutore. Per iltempo in cui è loro affidato a scopo di educazione, ecc., ildovere di sorveglianza sull’incapace compete alle strutture,pubbliche o private, affidatarie. È peraltro comunementeammesso che il dovere di sorveglianza può derivare anche dauna mera situazione di fatto, frutto di una libera scelta daparte del soggetto che, accogliendo l’incapace nella propriasfera personale, assuma spontaneamente il compito diprevenire od impedire che il comportamento di quest’ultimopossa arrecare danno a terzi.In giurisprudenza trova credito la tesi che nega che quellain esame costituisca un’ipotesi di responsabilità per fatto altrui:il sorvegliante dovrebbe ritenersi chiamato a rispondere perfatto proprio, consistente nell’inosservanza del dovere disorveglianza dell’incapace.

226R.G.

B) Del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati e dellapersona sottoposta a tutela rispondono, rispettivamente, i genitori(in solido) ed il tutore (art. 2048). Genitori e tutorerispondono solo se detti soggetti siano capaci di volere edintendere; diversamente rispondono quali sorvegliantidell’incapace. Presupposto della responsabilità di genitori etutore è la convivenza con l’autore dell’illecito: altrimenti,non sarebbero in condizione di svolgere quell’attività divigilanza e di educazione, il cui mancato assolvimentogiustifica la loro responsabilità. La responsabilità digenitori e tutore concorre con quella del figlio minore e delsoggetto sottoposto a tutela: questi ultimi, essendo capacidi intendere e volere, rispondono in proprio nei confronti dellavittima del loro illecito; la responsabilità indiretta digenitori e tutore si aggiunge alla loro responsabilità diretta.Trattandosi di responsabilità solidale, spetta al danneggiatoscegliere a chi rivolgersi per ottenere il risarcimento.

C) Dei danni cagionati dal fatto illecito commesso da allievi ed apprendisti neltempo in cui sono sotto loro vigilanza rispondono anche iprecettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte (art.2048). La responsabilità di detti soggetti è limitata agliilleciti commessi dagli allievi nel periodo in cui sono sotto la lorosorveglianza. Anche il tal caso la responsabilità indiretta diinsegnanti e maestri d’arte si aggiunge, in via solidale, a quelladel minore, nonché a quella dei genitori, chiamati arispondere in via indiretta dell’illecito dei figli, ove lostesso sia conseguenza dell’inadeguatezza dell’educazioneloro impartita.Una regola particolare è dettata con riferimento ai dannicagionati a terzi da alunni di scuola statale, in ipotesi di omessa ocarente vigilanza sugli stessi da parte del relativo personaledirettivo, docente, educativo e non docente: la vittimadell’illecito non può rivolgersi direttamente al soggetto cuiè imputabile la culpa in vigilando, ma solo allo Stato; laresponsabilità del personale scolastico è meramente interna,che potrà farla valere, in via di rivalsa, solo laddovel’omessa vigilanza sia frutto di dolo o colpa grave.

D) Dei danni cagionati da fatto illecito di domestici e commessi nell’eserciziodelle incombenze a cui sono adibiti rispondono i rispettivipadroni e committenti (art. 2049). Le antiquate espressionipadroni e committenti non fanno riferimento a un rapportogiuridico tipico, bensì al fatto che, tra chi è chiamato arispondere in via indiretta e l’autore dell’illecito, deve

226R.G.

intercorrere quello che si definisce come rapporto di preposizione:per tale intendendosi quello in forza del quale un soggetto(preponente) si appropria – non importa se a titolo oneroso ogratuito – delle utilità derivanti dall’attività di altrosoggetto (preposto), che però non operi con autonomiaorganizzativa e gestionale, bensì sotto il potere di direzione esorveglianza del preponente.Perché il preponente risponda del fatto illecito delpreposto, debbono concorrere i seguenti presupposti:

a) compimento da parte del preposto, di un atto illecitoche cagioni ad altri un danno ingiusto; il preponente èchiamato a risarcire (in via indiretta) solo di queidanni che il preposto è chiamato a risarcire in viadiretta;

b) compimento, da parte del preposto, dell’atto illecito nell’esercizio delleincombenze a cui è adibito. Al riguardo, si ritiene sufficienteche, fra esercizio delle incombenze affidate al prepostoe suo atto illecito, intercorra un nesso di occasionalitànecessaria: nel senso che dette incombenze determinino unasituazione tale da agevolare e rendere possibilel’evento dannoso. Un nesso di occasionalità necessariasi avrà, dunque, non solo nell’ipotesi in cui ilpreposto abbia seguito esattamente le istruzioni delpreponente, ma anche quando se ne sia discostato, oppureabbia agito oltre i limiti delle sue incombenze, oaddirittura abbia agito per fini non coerenti con quelliper cui le mansioni gli erano state affidate. Essenzialeè che la connessione fra esercizio delle incombenze edillecito dannoso non sia del tutto anomala e causale, masia in qualche modo collegata alla natura ed allemodalità dell’incarico affidato.

Il preponente non è ammesso a fornire una prova liberatoria insenso tecnico. La responsabilità gli viene accollata“oggettivamente” (cioè, a prescindere da qualsiasi valutazionedella sua condotta in termini di colpa) per il solo fatto diavvantaggiarsi dell’attività del preposto. La responsabilitàdel preponente si aggiunge a quella del preposto. Tra obbligazione risarcitoria del preposto ed obbligazionerisarcitoria del preponente corre il vincolo della solidarietà:sicché la vittima dell’illecito potrà rivolgersi, per l’intero,all’uno o all’altro, o ad entrambi. Una volta risarcito ildanneggiato, il preponente avrà azione di regresso neiconfronti del preposto per l’intera somma sborsata (sempre

226R.G.

che, ovviamente, non abbia concorso alla determinazionedell’evento dannoso).

E) Dei danni cagionati da rovina di edificio imputabili a vizio di costruzionerisponde chi ne è proprietario al momento della rovina (art.2053). Peraltro, se il vizio di costruzione è addebitabile acoloro che hanno progettato o eseguito i lavoridell’immobile, il proprietario che abbia risarcito il terzodanneggiato avrà diritto di rivalsa nei confronti di questiultimi.

F) Dei danni derivanti da vizi di costruzione di veicoli senza guida di rotaierispondono (responsabilità oggettiva) il conducente ed ilproprietario del veicolo stesso (art. 2054). In solido conloro, risponde anche il costruttore. Ovviamente, alconducente così come al proprietario che abbia risarcito lavittima dell’evento dannoso compete azione di regresso neiconfronti del costruttore del veicolo.

G) Dei danni cagionati dalla circolazione di veicoli senza guida di rotaierisponde – in solido con il conducente (responsabilità per fattoproprio) – anche chi è proprietario del veicolo al momento delsinistro (responsabilità per fatto altrui) (art. 2054). Presuppostodella responsabilità indiretta del proprietario è laresponsabilità del conducente.A quest’ultimo è concessa la prova liberatoria, che può però averead oggetto solo la circostanza che la circolazione è avvenutacontro la sua volontà. E la giurisprudenza non si accontentané della dimostrazione che la circolazione è avvenuta senzail suo consenso, né della dimostrazione che la circolazione èavvenuta contro un suo espresso divieto: richiede la provache siano state concretamente adottate tutte le misure idoneead impedire la circolazione del veicolo.Ovviamente, una volta risarcita la vittima del sinistro, ilproprietario avrà azione di regresso contro il conducente.

466. Il danno.

Ultimo presupposto per il sorgere dell’obbligo risarcitorio è ilverificarsi di un danno: se danno non vi è, non può esservi –neppure in presenza di un illecito – responsabilità civile.Diverso è il discorso per quel che riguarda la responsabilitàpenale, che colpisce, invece, anche il tentativo di reato. Per danno si intende qualsiasi alterazione negativa dellasituazione del soggetto rispetto a quella che si sarebbe avutasenza il verificarsi del fatto illecito. Si fa rientrare nella

226R.G.

nozione di danno anche la c.d. perdita di chance, cioè la perditadi una concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire undeterminato bene o risultato utile. Il danno si distingue in:

a) patrimoniale, cioè quello che si concretizza nella lesione diinteressi economici del danneggiato;

b) non patrimoniale, cioè quello che si concretizza nella lesione diinteressi della persona non connotati da rilevanza economica.

La lesione di un medesimo interesse tutelato dall’ordinamento giuridico puòcomportare, al contempo, sia un danno patrimoniale, sia un danno nonpatrimoniale. Il medesimo fatto illecito può causare danno a soggetti diversi. In questi casisi parla, ma impropriamente, di danno riflesso (o di danno di rimbalzo)per indicare che l’evento dannoso colpisce la “vittima primaria”dell’illecito propaga i suoi effetti nella sfera giuridica diterzi: in realtà, si tratta, più semplicemente, di un medesimofatto dannoso che lede contestualmente le situazioni giuridiche dipiù soggetti diversi.Ovviamente, risarcibili saranno solo i danni che siano conseguenzaimmediata e diretta del fatto illecito: cioè, quelli che rientrino nelnovero degli effetti normali ed ordinari del fatto illecito,secondo il criterio della causalità adeguata (o regolarità causale).Laddove concorrano tutti i presupposti per il sorgere dellaresponsabilità extracontrattuale, in capo al danneggiante nascel’obbligo del risarcimento del danno, nelle due forme:

a) del risarcimento per equivalente, consiste nella dazione aldanneggiato di una somma di denaro in misura tale dacompensarlo del pregiudizio sofferto; o

b) del risarcimento in forma specifica, consiste nella rimozione direttadel pregiudizio verificatosi.

È possibile che il risarcimento avvenga, in parte, in formaspecifica e, in parte, per equivalente. Basta pensare che lareintegrazione in forma specifica è, per sua natura, operativasolo per il futuro; per il danno sopportato medio tempore non resta cheil ricorso al risarcimento per equivalente.In riferimento all’ipotesi di danno permanente alla persona,l’art. 2057 consente che il risarcimento avvenga sotto forma direndita vitalizia da corrispondersi al danneggiato. La norma è peraltroignorata dalle corti.Il danno deve essere riparato integralmente: la vittima dell’illecitonon deve riceverne né più né meno di quanto necessario areintegrare la sua situazione rispetto a quella che si sarebbeavuta ove l’illecito non si fosse verificato.

226R.G.

Proprio per ciò la giurisprudenza ritiene che, nelladeterminazione del danno risarcibile, sia necessario tener contodegli effetti positivi eventualmente prodottisi, quale conseguenzaimmediata e diretta del medesimo fatto illecito, nella sfera deldanneggiato.Il mancato rinvio, ad opera dell’art. 2056, al disposto dell’art.1225 comporta che l’illecito extracontrattuale obbliga ilresponsabile al risarcimento non solo del danno prevedibile, maanche del danno imprevedibile: chi reca un danno ad altri in viaextracontrattuale è tenuto a risarcire tutti, senza distinzione, idanni che siano conseguenza immediata e diretta di tale condotta.Di regola, nel nostro ordinamento non sono ammessi i c.d. dannipunitivi, cioè prestazioni che, non strettamente correlate al dannosofferto della vittima dell’illecito, hanno più finalità punitivadell’autore dell’illecito, che di reintegrazione della posizionedella vittima dell’illecito.

467. Danno patrimoniale.

Il danno patrimoniale comprende:a) sia il danno emergente, cioè la diminuzione del patrimonio del

danneggiato;b) sia il lucro cessante, cioè il guadagno che la vittima

dell’illecito avrebbe presumibilmente conseguito – e cheinvece non ha conseguito – a causa dell’illecito sofferto.

Il risarcimento ha ad oggetto sia il danno già sofferto dalla vittimaal momento della liquidazione (ad es. le spese affrontate per lecure mediche necessarie a seguito di un sinistro), sia il dannofuturo (ad es. le spese che l’infortunato dovrà affrontare, pertutto il resto della vita, per l’assistenza infermieristica).In considerazione delle difficoltà insite nella suaquantificazione, il lucro cessante è valutato dal giudice con equoapprezzamento delle circostanze del caso. Peraltro, la valutazioneequitativa rimessa al giudice riguarda solo il quantum del danno,non l’an, che deve, invece, essere provato dal danneggiato (anchesolo per presunzioni).Particolarmente delicato si presenta il problema dellaquantificazione del danno da lucro cessante, conseguente a perditao diminuzione (definitiva o temporanea) della capacità lavorativae reddituale del danneggiato.

468. Il danno non patrimoniale.

226R.G.

Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casideterminati dalla legge. La giurisprudenza è poi giunta adaffermare che – oltre che nelle ipotesi espressamente previstedalla legge – la risarcibilità del danno non patrimoniale deveessere ammessa in tutti i casi in cui la lesione incida su valori dellapersona costituzionalmente garantiti.Quanto poi alla nozione di danno non patrimoniale, le corti sonoorientate a ritenere che essa non si esaurisca nel danno moralesoggettivo, ma ricomprenda altresì qualsiasi danno da lesione di valoriinerenti la persona sempre che non connotati da rilevanza economica. Allanozione di danno non patrimoniale risultano riconducibili quindi,oltre al danno morale soggettivo, anche talune altre figure:

1) quella del danno biologico, cioè la lesione temporanea opermanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile diaccertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulleattività quotidiane e sugli aspetti relazionali della vitadel danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla suacapacità di produrre reddito. Se la menomazione dell’integritàpsico-fisica comporta anche una riduzione delle capacitàreddituali del soggetto, quest’ultimo dovrà essere risarcitoautonomamente (cioè, in aggiunta al risarcimento del dannobiologico), a titolo di risarcimento del danno patrimonialeda lucro cessante. In altri termini, la lesione all’integritàpsico-fisica va risarcita in sé, indipendentemente dalrisarcimento per altri tipi di danno eventualmenteconcorrenti;

2) quella del danno esistenziale, cioè la lesione di interessiriconosciuti a livello costituzionale, che – anche quando nonsi traduca nell’insorgere di una malattia – comporti peròmodificazioni negative delle attività attraverso cui ilsoggetto esplica la propria personalità, imponendo lanecessità di adottare stili di vita diversi dal passato.Ovviamente, anche la risarcibilità del danno esistenziale nonesclude la contestuale risarcibilità degli atri tipi di dannoeventualmente concorrenti.

Il danno non patrimoniale risulta di difficile liquidazione: sitratta, infatti, di tradurre in termini monetari la lesione diinteressi per loro natura non suscettibili di misurazione in talitermini. Al riguardo, soccorre il disposto dall’art. 1226, cherimette la liquidazione alla valutazione equitativa del giudice. Questasoluzione non assicura, invece, l’uniformità di trattamento.Proprio per questo – seppure con riferimento al solo danno biologico– il legislatore è intervenuto prevedendo la predisposizione di

226R.G.

tabelle, in base alle quali procedere alla quantificazione intermini monetari delle menomazioni all’integrità psico-fisica;peraltro lasciando al giudice il potere di discostarsi, entrolimiti predefiniti, dal risultato che discenderebbedall’automatica applicazione delle tabelle. Il legislatore hadirettamente dettato i criteri per la quantificazione delrisarcimento dei danni da micro permanenti (cioè da lesioni di lieveentità) derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione deiveicoli a motore e dei natanti.

469. Risarcimento per equivalente e risarcimento in formaspecifica. Il danno, sia patrimoniale che non patrimoniale, è suscettivo dirisarcimento o per equivalente o in forma specifica. La scelta fra le duealternative è rimessa al danneggiato. Se il danno consiste nella distruzione, nell’alterazione, neldanneggiamento di un bene, il risarcimento in forma specificapotrebbe realizzarsi, rispettivamente, nella dazione di una cosa egualea quella distrutta, nell’esecuzione delle opere necessarie a ricondurre la cosanel pristino stato, nella riparazione materiale del bene danneggiato, in mododa restituirlo nella precisa situazione anteriore.Se il danneggiato richiede il risarcimento in forma specifica, ilgiudice può negarglielo – disponendo che il risarcimento avvengasolo per equivalente – solo se la reintegrazione in formaspecifica risulti, in tutto o in parte, impossibile, o eccessivamenteonerosa per il debitore, cioè che comporti per quest’ultimo esborsisproporzionati rispetto a quelli che dovrebbe affrontare in casodi risarcimento per equivalente.Da non confondere con il risarcimento in forma specifica è la tutelaripristinatoria del diritto o dell’interesse leso: quest’ultima mirasolo ad eliminare la situazione antigiuridica determinatasi con l’illecito, aprescindere che da questo siano o meno derivati danni a terzi. Sel’atto illecito reca danno alla vittima, questa potrà ottenere – inaggiunta al provvedimento ripristinatorio – il risarcimento deldanno sofferto: l’ordine di cessazione dell’attività lesivaristabilisce il diritto, il risarcimento ripara il dannoeventualmente realizzatosi per effetto della violazione dellanorma.

470. La prescrizione.

226R.G.

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante daillecito extracontrattuale è più breve di quella ordinaria: ingenere 5 anni dal giorno in cui si è verificato il fatto; dalmomento, cioè, in cui la produzione del danno è divenutaoggettivamente riconoscibile dall’esterno. Se il danno è prodottoda circolazione di veicoli di ogni specie, il termine di prescrizione è di2 anni.In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato, eper il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa siapplica anche all’azione civile. Tuttavia, se il reato è estintoper causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenzairrevocabile nel giudizio penale, il diritto a risarcimento deldanno si prescrive nei termini sopra indicati, ma a decorreredalla data di estinzione del reato.

471. La responsabilità per danno ambientale.

Nell’ambito di un più generale contesto normativo, un regimeparticolare è dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 previsto per ilrisarcimento del danno ambientale: per tale intendendosi qualsiasideterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, diuna risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.La legge prevede infatti che (salvo i casi contemplati nell’art.303 di tale legge) chiunque realizzando un fatto illecito, oomettendo attività o comportamenti doverosi, arrechi dannoall’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo intutto o in parte, è obbligato al ripristino della precedentesituazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalentepatrimoniale nei confronti dello Stato.La legittimazione attiva ad agire compete, dunque, solo al Ministrodell’ambiente e della tutela del territorio. Peraltro, i soggettidirettamente danneggiati dal fatto produttivo di danno ambientale,nella loro salute o nei beni di loro proprietà, conservano ildiritto di agire in giudizio, secondo le regole ordinarie, neiconfronti del responsabile.L’autore dell’illecito è tenuto, come regola, al risarcimento in formaspecifica. Solo qualora non provveda in tutto o in parte al ripristino– o se il ripristino risulti in tutto o in parte impossibile, oeccessivamente oneroso – l’autore dell’illecito sarà chiamato alrisarcimento per equivalente, corrispondendo allo Stato una somma pari alpregiudizio economico arrecato alla situazione ambientale.Peraltro , al Ministro dell’ambiente sono concessi strumenti alternativiper ottenere la riparazione del danno ambientale.

226R.G.

472. La responsabilità per danno da prodotto difettoso.

Altro regime speciale è previsto (codice del consumo) conriferimento al danno da prodotto difettoso. Per prodotto si intende ognibene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile o immobile(compresa l’elettricità) purché messo in circolazione, ossia consegnatoall’acquirente, all’utilizzatore, anche in visione o in prova.Difettoso è il prodotto che non offre la sicurezza che ci si puòlegittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze. Ildifetto può dipendere dall’ideazione del prodotto, o dal processodi fabbricazione, o dalla carenza di informazioni forniteall’utente in ordine all’utilizzo del prodotto. Il prodotto non siconsidera, invece, difettoso se lo stato delle conoscenzescientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore lo hamesso in circolazione, non permetteva ancora di considerarlo comedifettoso (rischio di sviluppo). Per ottenere il risarcimento, la vittima del danno deve provare:a) il danno sofferto; b) il difetto del prodotto (per taleintendendosi solo l’insicurezza del prodotto, quale si èmanifestata nell’uso cui è destinato); c) la connessione causaletra difetto e danno.Di detto danno è chiamato a rispondere il produttore, per taleintendendosi non solo il fabbricante del bene, ma anche qualsiasialtra persona fisica o giuridica che si presenta come produttore.Se il produttore non è individuato, la responsabilità ricade sulfornitore, che abbia distribuito il prodotto nell’esercizio diun’attività commerciale, salvo che lo stesso comunichi l’identitàdel produttore o della persona che a sua volta gli ha fornito ilprodotto (ad es. il grossista). Quest’ultimo sarà chiamato arispondere del danno cagionato dal prodotto, salvo che comunichi,a sua volta l’identità del produttore o della persona che gli hafornito il prodotto. La responsabilità del fornitore è un’ipotesidi responsabilità per fatto altrui. Quando il produttore opera al di fuoridei Paesi dell’Unione europea, la responsabilità ricadesull’importatore che abbia introdotto il prodotto nell’Unione.Il produttore può esonerasi da responsabilità solo fornendo laprova di una delle seguenti circostanze: a) di non aver messo ilprodotto in circolazione; b) che il difetto che ha cagionato ildanno non esisteva quando ha messo il prodotto in circolazione; c)che non abbia fabbricato il prodotto per qualsiasi forma didistribuzione a titolo oneroso, né lo ha fabbricato o distribuitonell’esercizio della sua attività professionale; d) che il difetto

226R.G.

è dovuto alla conformità del prodotto a una norma giuridicaimperativa; e) il rischio di sviluppo; f) che in caso di produzione diuna parte componente, il difetto è interamente dovuto allaconcezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o allaconformità di questa alle istruzioni date dal produttore che l’hautilizzata. Si tratta di una responsabilità oggettiva.Se il danno è imputabile a più persone, tutte sono obbligate insolido al risarcimento. Chi ha risarcito il danno ha diritto diregresso contro gli altri.Se intende avvalersi di tale disciplina, la vittima del sinistronon può chiedere il risarcimento di qualunque danno abbia sofferto,ma solo:

a) del danno alla persona, cagionato da morte o da lesionipersonali;

b) del danno (nella misura eccedente la somma di 387 euro) acosa diversa dal prodotto difettoso sempre che detta cosa sianormalmente destinata all’uso o consumo privato e cosìprincipalmente utilizzata dal danneggiato.

Il diritto al risarcimento di detti danni è soggetto ad un terminedi prescrizione di 3 anni, decorrenti dal giorno in cui il danneggiatoha avuto conoscenza del danno.In ogni caso, il diritto al risarcimento deve essere azionatoentro 10 giorni dal giorno in cui il produttore o l’importatore hamesso in circolazione il prodotto che ha cagionato il danno.

473. Responsabilità contrattuale e responsabilitàextracontrattuale.

Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattualedifferiscono anche quanto a disciplina. Invero:

a) la responsabilità contrattuale non presuppone la capacità diintendere e di volere dell’obbligato, la responsabilitàextracontrattuale richiede, invece, di regola, la capacità diintendere e di volere dell’autore dell’illecito dannoso;

b) la responsabilità contrattuale importa la risarcibilità del solodanno prevedibile nel tempo in cui è sorta l’obbligazione, salvoche in ipotesi di dolo del debitore-danneggiante; laresponsabilità extracontrattuale importa invece larisarcibilità sia dei danni prevedibili, sia dei danniimprevedibili;

c) il diritto al risarcimento del danno da inadempimento èsoggetto – salvo eccezione – all’ordinaria prescrizionedecennale; il diritto al risarcimento del danno da illecito

226R.G.

extracontrattuale è invece soggetto – salvo eccezioni – aprescrizione breve quinquennale;

d) nella responsabilità contrattuale il creditore-danneggiato hal’onere di provare il suo credito, il danno di cui chiede ilristoro, il nesso causale: è invece il debitore a doverprovare di aver eseguito correttamente la prestazione; nellaresponsabilità extracontrattuale il danneggiato ha invecel’onere non solo di provare il danno di cui chiede ristoro edil nesso causale, ma anche il fatto illecito allegato, nonché lacolpa o il dolo del danneggiante.

Sorge il problema se, nel caso concreto, ricorra un’ipotesi diresponsabilità contrattuale oppure un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale.La giurisprudenza pare orientata, quanto agli obblighi di protezione, afavore della responsabilità contrattuale; quanto alla responsabilitàprecontrattuale, a favore della responsabilità extracontrattuale;quanto ai rapporti di mera cortesia, a favore della responsabilitàextracontrattuale; quanto ai rapporti contrattuali di fatto, a favore dellaresponsabilità contrattuale, ritenendo che fra le stesse siacomunque sorto un rapporto giuridico da contratto sociale.

474. Il concorso di responsabilità contrattuale edextracontrattuale.

Un medesimo fatto può costituire, ad un tempo, sia inadempimento diun’obbligazione, sia atto illecito dannoso. La giurisprudenza ammette ilconcorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, lasciando aldanneggiato la facoltà di agire in via contrattuale o in viaaquiliana. L’esercizio di un’azione non comporta rinunciaall’altra. Ovviamente, il risarcimento ottenuto per una via favenir meno qualsiasi ulteriore pretesa creditoria.

226R.G.

I RAPPORTI DI FAMIGLIA

226R.G.

CAPITOLO LXVTRASFORMAZIONI SOCIALI

E RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA

577. La famiglia e la riforma.

L’art. 29 Cost. riconosce i diritti della famiglia come “societànaturale”, prendendo atto del valore originario e pregiuridico delconsorzio familiare.Nella società di un tempo, prevalentemente agricola, la famigliatendeva ad organizzarsi come unità produttiva, sia verso l’esternosia rivolta all’interno. La famiglia conseguentemente aveva scarsamobilità (famiglia patriarcale), accentramento gerarchico, rigidadistribuzione di ruoli. Con il processo di industrializzazione elo spostamento dei luoghi di lavoro all’esterno delle famiglie, si èavviato il processo di disgregazione della famiglia antica, siasul piano della composizione numerica (passaggio alla famiglianucleare), sia sul piano della contrazione dei poteri delcapofamiglia. Esemplare in proposito è l’evoluzione dellaposizione giuridica e sociale della donna a soggetto con paridignità sociale (art. 3 Cost.) rispetto al marito, dovendo ilmatrimonio essere ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi(art. 29 Cost.).L’adeguamento al precetto costituzionale richiese una profondamodifica dell’ordinamento. Nel 1970 si registra poi un interventonormativo di speciale rilevanza giuridica e sociale: conl’introduzione della L. 1° dicembre 1970, n. 898 veniva introdottoil divorzio; il matrimonio, dunque, non era più indissolubile. Cinqueanni dopo, veniva approvata la L. 19 maggio 1975, n. 151, con laquale il diritto di famiglia subiva una profonda opera di riforma,dalla quale è scaturito l’assetto attuale dei rapporti familiari(anche se tale assetto è in continua evoluzione).

578. Famiglia legittima e famiglia di fatto.

La famiglia legittima è quella fondata sul matrimonio. Anche ifigli si dicono legittimi in quanto concepiti da genitori uniti inmatrimonio.La famiglia di fatto è quella costituita da persone che, pur nonessendo legate tra loro dal vincolo matrimoniale, convivono moreuxorio, insieme agli eventuali figli nati dalla loro unione.

226R.G.

Il riconoscimento dei diritti della famiglia, contenuto nell’art. 29Cost., si rivolge solo alla famiglia fondata sul matrimonio. Peraltro anche la stabile convivenza tra coppie non coniugate, purnon essendo oggetto di una disciplina organica, ha acquistato,negli anni recenti, profili di rilevanza giuridica. Sul pianonormativo non è ravvisabile una disciplina della convivenza, mauna serie di interventi asistematici. Si esclude invece, unagenerale applicabilità analogica, alle coppie conviventi, dellenorme specificatamente dettate per le famiglie legittime.Altro delicato tema è quello dell’ammissibilità di una disciplinacontrattuale del rapporto di convivenza al di fuori delmatrimonio.

CAPITOLO LXVIMATRIMONIO: LA FORMAZIONE DEL VINCOLO

A) IL MATRIMONIO CIVILE

579. Nozioni generali.

Il matrimonio è un istituto che assume rilievo sia dal punto divista religioso, sia dal punto di vista dell’ordinamento giuridicodello Stato (matrimonio civile). Per il diritto il termine matrimonio è adoperato tanto perindicare l’atto (le nozze) mediante il quale viene fondata lasocietà coniugale (matrimonium in fieri), quanto il rapporto che derivaper gli sposi (matrimonium in facto). Il rapporto che si costituisce èil rapporto coniugale, che determina l’acquisizione automatica, perla prole, dello status di figli legittimi.La legge non dà una definizione del matrimonio. Essendo lacomunione spirituale e materiale tra i coniugi un fatto, che la leggenon può garantire con certezza, sul piano del diritto il matrimonio si

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limita a produrre delle conseguenze giuridiche, e cioè lacostituzione di un rapporto, di un vincolo tra gli sposi. Questovincolo ha cessato di essere indissolubile con l’introduzione deldivorzio; esso, peraltro, rimane esclusivo (monogamico), indisponibile edi durata indeterminata.Mentre la disciplina del rapporto è unica quanto agli effetti, lacelebrazione dell’atto può avere luogo con “forme” diverse: con lacelebrazione davanti ad un ufficiale dello stato civile, o con lacelebrazione davanti ad un ministro del culto cattolico, purchéseguita da trascrizione dell’atto nei registri dello stato civile(matrimonio concordatario), o davanti ad un ministro di un altroculto o davanti ad un’autorità estera, secondo le forme previstedalla legge dello stato in cui la celebrazione avviene.

580. La promessa di matrimonio.

La promessa non obbliga a contrarre il matrimonio né ad eseguireciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento(incoercibilità della promessa di matrimonio). Tuttavia la legge non hatrascurato l’ipotesi che una delle parti abbia incontrato dellespese per costituire la nuova famiglia. Perciò, se la promessa èfatta per iscritto, da una persona maggiore di età o da un minoreammesso a contrarre matrimonio, o se risulta dalle pubblicazioni,il promittente, qualora senza giusto motivo ricusi successivamentedi dare esecuzione alla promessa e di contrarre le nozze, è tenutoal risarcimento dei danni. Questi sono limitati alle spese fatte ealle obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Non siammette la risarcibilità di danni ulteriori.In ogni caso di rottura del fidanzamento, inoltre, può esserechiesta la restituzione dei doni fatti a causa della promessa dimatrimonio. Tali sono i regali d’uso tra fidanzati determinatidalla promessa di matrimonio e non costituenti semplicemanifestazione d’affetto. Dette donazioni non richiedono la formadell’atto pubblico e si perfezionano con la semplice consegna(tradizione) (donazioni manuali). La restituzione può essere chiesta aprescindere dai motivi della rottura degli sponsali, e quindi adessa è tenuto anche il promittente incolpevole.Estranee da tale disciplina sono invece le donazioni fatte (ancheda un terzo) in riguardo di un determinato futuro matrimonio(donazioni obnuziali), che richiedono l’atto pubblico e non produconoeffetto finché il matrimonio non sia celebrato.L’azione per il risarcimento dei danni e quella per larestituzione dei doni sono soggette ad un breve termine di

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decadenza: un anno dal giorno del rifiuto di celebrare ilmatrimonio oppure, per la restituzione dei doni, da quello dellamorte di uno dei promittenti.

581. Capacità e impedimenti.

Per contrarre matrimonio occorre che ciascuno dei nubendi abbia lapiena capacità di sposarsi e che non sussistano ostacoli (impedimenti)relativi alla coppia, riguardanti, cioè, l’idoneità dei duenubendi a contrarre le nozze.Sotto il primo profilo sono necessari, per ciascuno degli sposi:

a) la libertà di stato: non può contrarre (nuovo) matrimonio chi èlegato dal vincolo di nozze precedenti, a meno che questesiano state annullate o siano nulle oppure il rapporto si siasciolto;

b) l’età minima: essa si raggiunge con la maggiore età. L’art. 84prevede la possibilità che l’autorità giudiziaria ammetta almatrimonio, se ricorrono gravi motivi, un minorenne, ma devetrattarsi di persone che abbiano compiuto almeno i 16 anni edelle quali venga accertata dal tribunale la maturità psico-fisica;

c) la capacità di intendere e di volere: non può contrarre matrimoniol’interdetto per infermità di mente o la persona che, sebbenenon interdetta, sia incapace di intendere e di volere, perqualsiasi causa, anche transitoria (incapacità naturale);

d) l’assenza di rischio di commixtio sanguinis: il requisitoriguarda esclusivamente la donna che sia già stata sposata,la quale non può contrarre nuove nozze se non dopo che sianotrascorsi trecento giorni dallo scioglimento o dall’annullamentodel matrimonio precedente, eccettuato il caso in cui ilmatrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza di unodei coniugi. Il tribunale può accordare dispensa da questodivieto quando sia in modo inequivocabile escluso lo stato digravidanza della donna o se risulta da sentenza passata ingiudicato che il marito non ha convissuto con la moglie neitrecento giorni precedenti lo scioglimento. L’inosservanzadel divieto non dà luogo all’invalidità del matrimonio, masolo ad un’ammenda per i coniugi e per l’ufficiale dellostato civile.

Sotto il secondo profilo non possono contrarre matrimonio traloro:

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1) gli ascendenti e discendenti in linea retta, legittimi onaturali;

2) i fratelli e le sorelle, legittimi o naturali;3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote: l’impedimento

sussiste anche se il rapporto dipende da filiazioni naturali,ma è suscettibile di dispensa con decreto del tribunale;

4) gli affini in linea retta (suocero e nuora, genero esuocera): il divieto sussiste anche nel caso in cuil’affinità derivi da matrimonio sciolto o dichiarato nullo(in quest’ultimo caso però, può essere accordata dispensa);

5) gli affini in linea collaterale in secondo grado (cognati):questo divieto è suscettibile di dispensa;

6) l’adottante, l’adottato e i suoi discendenti;7) i figli adottivi della stessa persona;8) l’adottato e i figli dell’adottante;9) l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il

coniuge dell’adottato.Non possono inoltre contrarre matrimonio tra loro le persone dellequali l’una è sta condannata per omicidio consumato o tentato el’altra sia il coniuge della vittima (impedimentum criminis).

582. Pubblicazione e celebrazione.

La celebrazione del matrimonio deve essere precedutadall’esecuzione di alcune formalità preliminari. La pubblicazioneconsiste nell’affissione di un atto, contenente le generalitàdegli sposi, alla porta della casa comunale per almeno 8 giorni,ed è fatta a cura dell’ufficiale dello stato civile. Lacelebrazione non può avvenire prima del quarto giorno successivoal compimento della pubblicazione. Quest’ultima serve perciò sia aprevenire le richieste di nozze precipitose, sia a rendere noto ilproposito di contrarre nozze (pubblicità notizia). Lapubblicazione può essere omessa per gravi motivi, previaautorizzazione giudiziale.La pubblicazione deve essere richiesta all’ufficiale di statocivile del comune di residenza di uno dei nubendi, da quest’ultimio da persona che ne abbia avuto speciale incarico. Chi richiede lapubblicazione deve dichiarare le generalità degli sposi e se esistanocause impeditive della celebrazione del matrimonio.Se l’ufficiale dello stato civile, non ritenendo sussistere lecondizioni necessarie per il matrimonio, si rifiuta di procederealla pubblicazione, è dato ricorso al tribunale. Prescinde dallapubblicazione il matrimonio in immediato pericolo di vita

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(matrimonium in extremis). Se manca una delle condizioni richieste perla celebrazione del matrimonio può essere fatta opposizione dallepersone indicate nell’art. 102 o dal pubblico ministero. Inoltrese l’opposizione viene respinta l’opponente, che non sia unascendente di uno degli sposi o il pubblico ministero, può esserecondannato al risarcimento del danno.La celebrazione deve avvenire pubblicamente nella casa comunaledavanti all’ufficiale di stato civile al quale fu fatta larichiesta di pubblicazione: quest’ultimo, alla presenza di duetestimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli artt.143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’unadopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendererispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara cheesse sono unite in matrimonio; immediatamente dopo la celebrazionedeve essere compilato l’atto di matrimonio, che verrà poi iscrittonel registro di stato civile. La dichiarazione degli sposi diprendersi rispettivamente in marito e in moglie non può esseresottoposta né a termine né a condizione. Qualora, peraltro, ilmatrimonio venga egualmente celebrato, il termine e la condizionesi hanno per non apposti.È ammessa la celebrazione per procura per i militari in tempo di guerra,o quando uno degli sposi risieda all’estero e concorrano gravimotivi, da valutarsi dal tribunale. La procura, fatta eccezioneper i militari in tempo di guerra, deve essere rilasciata per attopubblico, deve indicare il nome dell’altro sposo, ed è soggetta adun breve termine di efficacia.Ai fini della tutela del vincolo matrimoniale, le leggeattribuisce validità al matrimonio celebrato davanti ad unapersona che, senz’avere la qualità di ufficiale dello statocivile, ne esercita le funzioni (funzionario di fatto). Occorrono,però, due condizioni: 1) l’esercizio delle funzioni deve avvenirepubblicamente (requisito oggettivo); 2) la buona fede di almeno unodegli sposi (requisito soggettivo).Secondo l’opinione più accreditata, la celebrazione del matrimonioconsiste in una fattispecie complessa. Nel matrimonio, infatti, vieneanzitutto in considerazione un negozio bilaterale; esso non hatuttavia natura contrattuale, perché il contratto ha per oggettoun rapporto giuridico patrimoniale. Il matrimonio, peraltro, non èconcluso per solo effetto della dichiarazione degli sposi, occorreun atto amministrativo (la dichiarazione dell’ufficiale dello statocivile che le parti sono unite in matrimonio).

583. Invalidità del matrimonio.

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Per aversi matrimonio (sia pure invalido) è indispensabile che perlo meno vi sia stata una celebrazione, in cui i nubendi, di sessodiverso, abbiano manifestato il loro consenso. Qualora manchinogli estremi indicati, il matrimonio si dice inesistente.Talune cause di invalidità possono essere fatte valere da chiunquevi abbia interesse (invalidità assoluta), altre possono essere fattevalere solo dai coniugi, o dai coniugi e dal pubblico ministero(invalidità relativa); talune possono essere fatte valere inqualunque tempo (invalidità insanabile e imprescrittibile), altre sonosuscettibili di rapida sanatoria. Le cause di invalidità delmatrimonio civile sono:

1) vincolo di precedente matrimonio di uno dei coniugi; questomatrimonio può essere impugnato in qualunque momento dachiunque vi abbia un interesse legittimo per far valerel’invalidità delle nuove nozze. Qualora il primo matrimoniosia dichiarato invalido, il secondo matrimonio è consideratodel tutto legittimo. Non sarebbe invece sufficiente unasentenza di divorzio: le nuove nozze, ove siano statecontratte prima dello scioglimento del vincolo precedente,rimangono affette da nullità insanabile.L’ipotesi dell’assenza: le nuove nozze che il coniuge siariuscito a contrarre non possono essere impugnate finché dural’assenza, ma qualora la persona di cui sia stata dichiaratala morte presunta ritorni o ne sia accertata lasopravvivenza, le seconde nozze del coniuge sono colpite dainvalidità assoluta e imprescrittibile;

2) impedimentum criminis: anche in questo caso l’invalidità èassoluta e insanabile;

3) interdizione giudiziale di uno dei coniugi: il matrimonio può essereimpugnato da chiunque vi abbia un legittimo interesse. Sel’interdizione viene revocata, la persona che era interdettapuò anch’essa impugnare il matrimonio, ma il vizio restasanato qualora, revocata l’interdizione, vi sia statacoabitazione per un anno;

4) incapacità naturale di uno dei coniugi: il matrimonio può essereimpugnato dai coniugi. L’azione non può più essere propostase vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniugeincapace ha recuperato la pienezza delle facoltà mentali;

5) difetto di età: può essere impugnato dai coniugi, da ciascuno deigenitori del minorenne e dal pubblico ministero. L’azionedeve essere respinta qualora il minore raggiunga la maggioreetà o vi sia stato concepimento e sia accertata la volontà

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del minore di mantenere in vita il vincolo matrimoniale. Lostesso minore non può più impugnare le nozze qualora siatrascorso un anno dal momento in cui ha compiuto la maggioreetà;

6) vincolo di parentela, affinità, adozione o affiliazione: l’invalidità non puòessere fatta valere dopo un anno dalla celebrazione quando visia la possibilità di ottenere l’autorizzazione giudiziariaalle nozze; in ogni altro caso il vizio è insanabile el’impugnativa può essere proposta da chiunque vi abbiainteresse;

7) vizi del consenso. I casi nei quali è ammissibile un’impugnativadel matrimonio per vizio del consenso, sono:

a) violenza, ossia quando il consenso di uno dei coniugi siastato estorto con minacce, che sono rilevanti quandopresentano gli stessi caratteri richiesti perl’annullabilità dei contratti. L’azione non può essereproposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo chesia cessata la violenza;

b) timore di eccezionale gravità, derivante da cause esterneallo sposo: si tratta dei casi in cui uno dei coniugirisulti costretto alla celebrazione da elementiperturbatori della volontà obiettivi. Questa causa diinvalidità è sanabile quando la coabitazione siacontinuata per un anno dopo la cessazione delle causeche hanno determinato il timore;

c) errore: il matrimonio può essere impugnato per erroresull’identità della persona dell’altro coniuge. È stataaggiunta la possibilità di chiedere l’annullamento delmatrimonio anche per un errore su qualità personalidell’altro coniuge, ma solo se uno dei coniugi, dopo lenozze, scopra una delle tassative circostanze, elencatenell’art. 122, relative al partner e da lui ignorate inprecedenza. Il matrimonio non è viziato per il fattosolo che vi siano stati raggiri di un coniuge ai dannidell’altro (ad es. per farsi credere ricco). Anchel’impugnativa per errore non può più essere proposta sevi sia sta coabitazione per un anno dopo la scopertadell’errore.

Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi persimulazione, che ricorre quando questi abbiano contratto le nozze conl’accordo di non adempierne gli obblighi e di non esercitarne idiritti. Peraltro l’impugnativa non può più essere proposta dopoche sia decorso un anno dalla celebrazione del matrimonio o dopo

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che i coniugi abbiano convissuto come tali, sia pure per un brevetempo, dopo le nozze. Ne consegue che la norma si risolve nelriconoscimento dell’irrilevanza dell’accordo simulatorio dei coniugiuna volta decorso il breve termine di decadenza previsto. L’azione di impugnazione del matrimonio è personale edintrasmissibile agli eredi. In pendenza del giudizio diimpugnazione può essere disposta la separazione dei coniugi.Questa separazione in pendenza del giudizio di nullità o di annullamento didistingue dall’istituto della separazione personale. Questaseparazione serve ad ovviare al disagio della coabitazione tra iconiugi, mentre è in corso il giudizio di annullamento o dinullità: è perciò rimesso alla prudente valutazione del giudicedisporla o meno.

584. Il matrimonio putativo.

In virtù dell’efficacia retroattiva della pronunzia diannullamento i coniugi dovrebbero considerarsi come se non fosseromai stati uniti da vincolo coniugale ed i figli come illegittimi.La legge, invece, elimina in certi casi l’efficacia retroattivadell’annullamento.In primo luogo se i coniugi sono in buona fede, il matrimonio siconsidera valido fino alla pronunzia della sentenza diannullamento, la quale, dunque opera ex nunc, anziché ex tunc (perciòsi parla di matrimonio putativo, ossia credere: matrimonio cioè, chei coniugi credevano valido). Anche i figli, concepiti durante unmatrimonio poi annullato, si considerano figli legittimi. Se in buonafede è uno solo dei coniugi, gli effetti del matrimonio putativosi verificano solo in favore suo e dei figli.Se entrambi i coniugi sono in mala fede, i figli si consideranoegualmente legittimi, a meno che la nullità dipenda da bigamia oincesto. I figli nati da matrimonio nullo per bigamia potrannoacquisire lo stato di figli naturali, mentre nel caso di nullitàderivante da incesto, sarà esclusa anche l’instaurazione di unrapporto di filiazione naturale.La legge estende le stesse regole all’ipotesi di violenza e ditimore. Tale estensione è giustificata dalla considerazione che lavolontà del coniuge non è stata libera.La buona fede si presume solo nel momento della creazione delvincolo matrimoniale.

B) IL MATRIMONIO CONCORDATARIO

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E IL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI A MINISTRI DI ALTRI CULTI

585. Nozioni generali.

Accanto al matrimonio celebrato civilmente può aversi ilmatrimonio “concordatario”, ossia quello religioso (canonico) che,in base agli accordi tra Stato e Chiesa, può produrre effetti nonsolo religiosi, ma anche civili (anche se in presenza di talunecondizioni). Si tratta non di una semplice “forma” dell’atto di celebrazionediversa da quella prevista in via ordinaria, ma di un matrimonioretto, dunque, dal diritto canonico, che riceve effetti anchenell’ordinamento dello Stato. Della validità del vincolo ècompetente a decidere l’autorità giurisdizionale ecclesiastica, le cuisentenze diventano efficaci di fronte all’ordinamento dello Statoprevia delibazione della Corte d’appello. È peraltro discusso sedopo l’Accordo di revisione, i tribunali ecclesiastici abbianoconservato una giurisdizione esclusiva sulla validità dei matrimoniconcordatari.Risulta evidente che si è introdotta nel nostro ordinamento unadifferenziazione di trattamento giuridico tra i cittadini permotivi di religione, essendo la scelta tra i due riti consentitaunicamente ai cattolici. Tale discriminazione risulta, però,espressamente consentita da norma costituzionale, e cioè dall’art.7, che per la disciplina dei rapporti tra Stato e Chiesa rinviaespressamente ai Patti Lateranensi.

586. Le modalità per il riconoscimento dell’efficacia civile delmatrimonio canonico.

Anche la celebrazione del matrimonio canonico deve esserepreceduta dalle pubblicazioni, mediante affissione di un avviso con legeneralità degli sposi alle porte della chiesa parrocchiale, dopoche il parroco si sia accertato che non esistono impedimenti. Maperché il matrimonio consegua gli effetti civili occorrono anchele pubblicazioni alla porta della casa comunale. L’ufficiale distato civile deve rifiutare le pubblicazioni se accerta che ilmatrimonio canonico non potrebbe essere trascritto, in quantosussistano situazioni che impedirebbero al matrimonio diacquistare efficacia nell’ordinamento giuridico dello Stato.Da notare che la mancanza di pubblicazioni civili non costituisceostacolo alla trascrizione del matrimonio canonico che sia stato

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egualmente celebrato, e sempre che essa sia ammissibile; peraltro,il parroco si asterrà, in linea di fatto, dal procedere allacelebrazione del matrimonio concordatario quando manchino lepubblicazioni civili.Eseguite le pubblicazioni, può avvenire la celebrazione. Affinchéun matrimonio religioso possa acquistare effetti civili occorreche:

a) il parroco spieghi ai contraenti gli effetti civili delmatrimonio e dia loro lettura degli articoli del codicecivile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi;

b) dell’atto di matrimonio siano redatti, a cura del celebrante,due originali;

c) uno degli originali dell’atto di matrimonio sia trasmesso, sempre a cura del parroco, entro 5 giorni dalla celebrazione all’ufficiale dello stato civile per essere trascritto nei registri dello stato civile.

587. La trascrizione del matrimonio canonico.

L’atto fondamentale perché il matrimonio religioso conseguaeffetti civili è la sua trascrizione negli atti dello stato civile:questa ha carattere costitutivo. In sua mancanza, infatti, ilmatrimonio canonico rimane un atto puramente religioso,irrilevante per l’ordinamento dello Stato.Tuttavia gli effetti civili non si producono dal giorno dellatrascrizione, ma da quello della celebrazione: la trascrizione hacioè, efficacia retroattiva.L’Accordo di revisione del Concordato ha espressamente previstol’intrascrivibilità del matrimonio canonico nei seguenti casi:

a) quando gli sposi non rispondano ai requisiti della leggecivile circa l’età richiesta per la celebrazione;

b) quando sussiste fra gli sposi un impedimento che la leggecivile considera inderogabile.

La scelta di celebrare il matrimonio concordatario è impugnabilequalora sia stata effettuata da persona in stato di incapacitànaturale.Se la trascrizione del matrimonio canonico sia stata omessa, puòessere richiesta in ogni tempo la trascrizione tardiva, purché larichiesta sia fatta da entrambi i coniugi, o anche da uno solo diessi purché l’altro non faccia opposizione; la necessità di unconsenso attuale porta ad escludere l’ammissibilità dellatrascrizione del matrimonio post mortem. È peraltro necessario cheentrambi i coniugi abbiano conservato ininterrottamente lo stato

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libero dal momento della celebrazione a quello della richiesta ditrascrizione. Anche la trascrizione tardiva ha effetto retroattivo.

588. La giurisdizione ecclesiastica in materia patrimoniale.

Nell’Accordo del 1984 per la revisione del Concordato non si èfatto cenno alla riserva della giurisdizione ecclesiastica inordine alle cause concernenti la validità dei matrimoni canonicitrascritti. Da qui la tesi accolta dalla Corte di Cassazione, chequella riserva sia stata abbandonata, cosicché anche il giudiceitaliano potrebbe decidere sulla validità o meno dei matrimonicelebrati secondo il rito canonico, ma trascritti nei registridello stato civile e dunque dotati di efficacia anche perl’ordinamento giuridico dello Stato.Nessun provvedimento del giudice italiano, neppure la sentenza didivorzio, comporta alcuna conseguenza nell’ordinamento canonico,in particolare per quanto riguarda la persistenza del vincolomatrimoniale che, dal punto di vista religioso, rimane rigidamenteindissolubile.

589. Il matrimonio celebrato davanti a ministro di un cultoacattolico.

La L. 24 giugno 1929, n. 1159, ammette che anche il matrimoniocelebrato davanti ad un ministro di un culto diverso da quellocattolico produce gli stessi effetti civili del matrimoniocelebrato davanti all’ufficiale dello stato civile (art. 83 cod.civ.). Questo matrimonio è integralmente regolato dal codicecivile, anche per quanto riguarda i requisiti di validità: l’unicasua particolarità consiste nella forma della celebrazione, cheavviene davanti ad un ministro del culto acattolico cuiappartengono i nubendi. Anche tale matrimonio dev’esseretrascritto nei registri dello stato civile, perché produca effetticivili.

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CAPITOLO LXVIIIL MATRIMONIO: IL REGIME DEL VINCOLO

590. Diritti e doveri personali dei coniugi.

La riforma del 1975 ha sostituito integralmente gli artt. 143-148cod. civ. ed ha affermato come primo e fondamentale principioregolatore dei rapporti coniugali quello per cui “con ilmatrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono imedesimi doveri”. L’attuale disciplina impegna i coniugi a concordaretra loro l’indirizzo della vita familiare e la residenza dellafamiglia.La riforma ha consentito pure che i coniugi abbiano un diversodomicilio (non residenza), qualora il centro principale deirispettivi affari e interessi si trovi in luoghi diversi. Inoltreè previsto che ciascuno dei coniugi, in caso di disaccordo, possarivolgersi senza formalità al giudice, per chiedergli che cerchi“di raggiungere una soluzione concordata”.Costituisce eccezione alla rigida regola dell’eguaglianza tra iconiugi, la norma che prevede l’aggiunta del cognome maritale aquello della moglie, così come i figli nati all’interno delmatrimonio assumono il cognome paterno.Dal matrimonio derivano l’obbligo reciproco alla fedeltà,all’assistenza, alla collaborazione e alla coabitazione. Costituisceviolazione all’obbligo di fedeltà non soltanto intrattenererapporti sessuali con persone diverse dal coniuge, ma anchestabilire con terzi rapporti che risultino incompatibili con laposizione prioritaria che dovrebbe essere riservata al coniuge.Per quanto riguarda l’obbligo reciproco alla coabitazione, invece,presupposto è che i coniugi abbiano fissato di comune accordo laresidenza della famiglia, ove entrambi sono tenuti a convivere.L’interruzione della convivenza non costituisce violazione deidoveri coniugali se dipende da iusta causa; l’abbandonoingiustificato della residenza familiare può invece dar luogo asanzioni a carico dell’inadempiente.Tutti gli obblighi di cui si è parlato sono di carattere personale enon suscettibili di coercizione: tuttavia il giudice, nelpronunciare la separazione, può dichiarare (ove gli sia richiesto)a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, inconsiderazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dalmatrimonio.

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Infine la riforma del 1975 ha ribadito la parificazione tra iconiugi anche sul piano dei rapporti patrimoniali, affermando cheessi sono tenuti entrambi “in relazione alle proprie sostanze ealla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, acontribuire ai bisogni della famiglia” (art. 143).

591. La separazione personale dei coniugi.

La separazione differisce in modo netto dal divorzio, in quantogiuridicamente non comporta la cessazione degli effetti delmatrimonio, ma un nuovo modo di essere del rapporto. Cessa adesempio tra i coniugi l’obbligo di convivenza.La separazione peraltro è vista dalla legge come situazione in sétransitoria, in quanto può essere fatta cessare in qualsiasimomento, senza bisogno di alcuna formalità, con una semplice“riconciliazione”. Il codice si occupa solo della separazionelegale; ma si può anche avere una separazione di fatto, voluta edattuata deliberatamente in via di mero fatto, sulla base di unprevio accordo informale dei coniugi, o per il rifiuto unilateraledi uno di essi a proseguire la vita in comune. La separazione difatto non determina automatiche conseguenze giuridiche, e quindiciascuno dei coniugi conserva la facoltà di chiedere in qualsiasimomento la ripresa della convivenza. La separazione legale puòessere giudiziale o consensuale.Il nuovo testo dell’art. 151 consente di chiedere la separazioneper il solo fatto che la prosecuzione della convivenza siadivenuta “intollerabile” o tale “da recare grave pregiudizioall’educazione della prole”: e ciò anche quando questi presuppostisi siano verificati “indipendentemente dalla volontà di uno o dientrambi i coniugi”.Qualora uno dei coniugi non abbia redditi propri adeguati aconsentirgli di conservare il precedente tenore di vita (spesso èla moglie), il giudice può imporre all’altro l’obbligo di versareun assegno periodico, la cui entità dev’essere determinata tenendoconto dei redditi del coniuge obbligato e dei bisogni dell’altro.Però questo assegno non può essere attribuito al coniuge cui siastata addebitata la responsabilità della separazione, al quale puòsemmai essere riconosciuto solo il diritto agli alimenti (cioè aricevere periodicamente una somma di denaro nei limiti di quantonecessario al suo sostentamento).Le statuizioni contenute nella sentenza di separazione possono inqualunque momento, per giustificati motivi, essere revocate omodificate dal tribunale.

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Ma la separazione può anche essere consensuale, per la quale perònon è sufficiente il solo consenso dei coniugi, che si mettonod’accordo tra loro sulle condizioni della separazione: affinchétale accordo produca effetti giuridici occorre anche l’omologazionedel tribunale.Con la separazione personale (giudiziale o consensuale) cessanoper entrambi i coniugi l’obbligo di convivenza e l’obbligo diassistenza in tutte le forme, l’obbligo di fedeltà risultaattenuato; non cessa invece l’obbligo della collaborazione, speciecon riguardo ai figli. Cessa la presunzione di paternità e siscioglie la comunione legale.Gli effetti della separazione cessano in caso di riconciliazione deiconiugi (che non richiede alcuna forma scritta). In caso diriconciliazione, la separazione può essere nuovamente pronunciatasolo per fatti posteriori alla riconciliazione stessa (la qualecomporta la ricostruzione della comunione legale eventualmenteesistente tra i coniugi prima della separazione).

592. Provvedimenti riguardo ai figli.

La recente L. 8 febbraio 2006, n. 54 ha ridisegnato l’assetto deiprovvedimenti relativi ai figli di coppie separate, modificandol’art. 155 cod. civ. Peraltro le nuove norme si applicano a tuttii casi di “dissoluzione” della coppia genitoriale, e dunque anchein caso di divorzio e di nullità del matrimonio. La nuova leggepone come regola fondamentale l’affidamento condiviso: anche in casodi separazione i figli hanno diritto di conservare un rapportoequilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevereda entrambi cura, educazione e istruzione, e di conservare altresìrapporti con gli ascendenti e i parenti di ciascun ramogenitoriale. Pertanto il giudice deve considerare prioritariamente lapossibilità che il figlio sia affidato ad entrambi: il giudice puòdisporre l’affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori soltantoquando ritenga che il rapporto con l’altro sia contrarioall’interesse del minore.Di regola il giudice dispone l’affidamento condiviso dei figli,precisando presso quale dei genitori gli stessi sono “collocati”,ossia vivono abitualmente. Il provvedimento del giudice devedeterminare i tempi e i modi della presenza dei figli pressociascun genitore. Inoltre, per favorire intese tra i genitori, lalegge stabilisce che il giudice “prende atto” degli eventualiaccordi tra i genitori, se non contrari agli interessi dei figli.

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La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori, aiquali può essere attribuito il potere di assumere singolarmente ledecisioni di minore importanza, mentre devono accordare quelle dimaggiore interesse per i figli; in caso di disaccordo provvede ilgiudice.Quanto ai provvedimenti economici, ciascun genitore deveprovvedere al mantenimento della prole in misura proporzionale alproprio reddito.Particolare attenzione richiede la disciplina della casa familiare,dettata dall’art. 155-quarter: il godimento della casa familiare èattribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse deifigli; inoltre il giudice deve tenere conto dell’assegnazionedella casa familiare ai fini della regolazione dei rapportieconomici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo diproprietà. Il provvedimento di assegnazione è suscettibile ditrascrizione ai fini della sua opponibilità ai terzi che dovesseroacquistare diritti sull’immobile.593. Lo scioglimento del matrimonio. Il divorzio.

Secondo il codice civile del 1942 i matrimonio poteva sciogliersisolo con la morte di uno dei coniugi (principio dell’indissolubilità delmatrimonio). Ma con la L. 1 dicembre 1970, n. 898 è stato introdottol’istituto del divorzio (ampiamente riformato con la L. 6 marzo 1987,n. 74).La condizione di vedovo non è equiparabile a quella di nonconiugato (celibe o nubile), in quanto il matrimonio, sebbenesciolto, continua a produrre gli effetti: basta pensare ai dirittisuccessori o al diritto alla pensione di reversibilità, ecc.Alla morte è equiparata la dichiarazione di morte presunta, checonsente al coniuge superstite di contrarre legittimamente nuovenozze; tuttavia qualora la persona ritorni o ne sia accertatal’esistenza, il nuovo matrimonio è invalido.Il nostro ordinamento non ammette né il divorzio consensuale,fondato cioè esclusivamente sulla volontà concorde dei coniugi, néil divorzio-sanzione, ossia giustificato come reazione ad una colpadi un coniuge verso l’altro. Il divorzio, perciò, si atteggia in Italia solo come rimedio alfallimento coniugale, ed è quindi ammissibile solamente quando “lacomunione spirituale e materiale tra i coniugi non può esseremantenuta o ricostruita”. L’accertamento di tale mancanza però èammissibile esclusivamente quando ricorra una delle cause indicatenell’art. 3 della legge. Tra queste cause quella più importante ècostituita dalla separazione personale dei coniugi, protrattasi

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ininterrottamente per almeno 3 anni. Deve però trattarsi o diseparazione giudiziale o di separazione consensuale omologata. I 3anni decorrono dalla data dell’udienza iniziale del procedimento.Non basta dunque la semplice separazione di fatto.Le altre cause che rendono ammissibile il divorzio sono: unacondanna penale, passata in giudicato, di particolare gravità; unacondanna penale per reati in danno del coniuge o di un figlio; lamancata consumazione del matrimonio; il passaggio in giudicatodella sentenza che ratifichi l’attribuzione del sesso di uno deiconiugi.In tutti i casi, comunque, il giudice deve esperirepregiudizialmente un tentativo di conciliazione.Con la sentenza di divorzio il Tribunale può disporre l’obbligoper un coniuge di corrispondere all’altro un assegno periodico (diregola mensile), purché quest’ultimo non abbia mezzi adeguati. Lamisura dell’assegno è determinata discrezionalmente, tenendo contoad es. delle condizioni economiche e sociali dei coniugi e delleragioni della decisione. L’assegno post-matrimoniale deve essereadeguato a consentire al coniuge di conservare un tenore di vitaanalogo a quello goduto durante il matrimonio. La sentenza deveanche stabilire un criterio di adeguamento automatico periodicodell’assegno, con riferimento agli indici di rivalutazionemonetaria. Su accordo delle parti, la corresponsione può ancheavvenire in un’unica soluzione. Infine l’obbligo di corresponsionecessa se il coniuge beneficiario passa a nuove nozze.

CAPITOLO LXVIIIIL REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA

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594. Principi generali.

La materia sulla quale la riforma del diritto di famiglia hainciso in modo più profondo è quella dei rapporti patrimoniali trai coniugi.La riforma ha inteso equiparare la posizione giuridica deiconiugi, prescrivendo un obbligo di entrambi di contribuire alleesigenze della famiglia, ma ha ritenuto anche necessariointrodurre un nuovo regime legale di tali rapporti, sostituendo aquello di separazione dei beni il regime di comunione (volto adeterminare la condivisione degli incrementi di ricchezzaconseguiti dai componenti della coppia durante il matrimonio).

595. L’obbligo di contribuzione per il soddisfacimento dei bisognidella famiglia.

Il matrimonio impone ad entrambi i coniugi, innanzitutto,l’obbligo di contribuire, ciascuno in relazione alle propriesostanze e alla propria capacità di lavoro professionale ocasalingo, ai bisogni della famiglia (art. 143). Da un latoentrambi i coniugi hanno il dovere di attivarsi per porre a fruttola loro capacità di lavoro, prospettandosi l’eventuale loroinerzia come inadempimento agli obblighi che derivano dalmatrimonio; dall’altro lato pure un’attività casalinga costituisceun modo per contribuire al soddisfacimento dei bisogni dellafamiglia.Inoltre non si deve tenere conto solo dei redditi, ma anche dellesostanze (ossia dei cespiti patrimoniali di cui ciascun coniuge ètitolare, e che è tenuto a mettere a disposizione delle esigenzefamiliari).Per l’ipotesi che la coppia non abbia mezzi sufficienti aprovvedere al mantenimento dei figli, la legge impone ai loroascendenti di fornire i mezzi necessari affinché possano essereadempiuti i doveri nei confronti della prole.

596. Regime patrimoniale legale. Le convenzioni matrimoniali.

Mentre con il testo originario del codice il regime patrimonialelegale (applicabile cioè in mancanza di apposita convenzionematrimoniale) era quello della “separazione dei beni”, con lariforma “il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza

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di diversa convenzione stipulata a norma dell’art. 162 ècostituito dalla comunione dei beni”.Per le coppie unite in matrimonio dopo l’entrata in vigore dellariforma (20 settembre 1975), la scelta del regime di separazionedei beni, dev’essere convenuta mediante un accordo stipulato peratto pubblico o risultante dall’atto di celebrazione delmatrimonio. I coniugi possono anche accordarsi per la costituzionedel “fondo patrimoniale” o per dar luogo ad una “comunioneconvenzionale”; però nessun’altra convenzione è consentita.

597. La comunione legale.

La comunione legale non è una comunione universale, cioè di tuttoquanto appartiene a ciascuno dei coniugi: anzitutto è unacomunione che ha per oggetto gli acquisti compiuti in costanza dimatrimonio, e neppure tutti. Nell’ambito del regime di comunione possiamo distinguere 3categorie di beni:

― i beni che divengono oggetto di comunione (con titolarità)dei coniugi, fin dal loro acquisto (comunione immediata);

― i beni che cadono in comunione solo al momento delloscioglimento della comunione stessa (comunione de residuo);

― i beni che rimangono in ogni caso di titolarità esclusiva delsingolo coniuge (beni personali).

In base al codice civile riformato cadono automaticamente incomunione:

a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme oseparatamente durante il matrimonio, ad esclusione diquelli relativi ai beni personali: fanno parte dellacomunione perciò i mobili di casa, l’auto, l’eventualeappartamento, ecc.; non ne fanno parte invece i redditipersonali;

b) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopoil matrimonio: è discusso se si tratta di una forma suigeneris di impresa collettiva, o di un fenomeno di tiposocietario;

c) gli utili e gli incrementi di aziende gestite da entrambi iconiugi, ma appartenenti ad uno solo di essi anteriormenteal matrimonio.

Come si è detto i redditi personali dei coniugi non cadonoautomaticamente in comunione, ma non sono neppure consideratidalla legge tra i beni personali: si considerano oggetto dellacomunione, ai soli fini della sua divisione, qualora non siano

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stati consumati al momento dello scioglimento della comunionestessa. Siccome i redditi personali o sono consumati perl’acquisto di beni di consumo e di servizi, o sono investiti, osono accantonati, è chiaro che le norme citate riguardano solo irisparmi, i quali (anche quelli appartenenti formalmente solo almarito o alla moglie) devono essere anch’essi divisi tra entrambii coniugi al momento in cui la comunione si scioglie per qualsiasicausa (comunione de residuo).Sono invece esclusi dalla comunione e rimangono beni personali diciascun coniuge: i beni di cui il coniuge era già titolare primadel matrimonio; i beni da lui acquisiti dopo il matrimonio pereffetto di donazione o successione in suo favore, salvo che sianoespressamente attribuiti alla comunione; i beni di usostrettamente personale di ciascun coniuge; i beni acquisiti con ilprezzo del trasferimento di altri beni personali o con il loroscambio (beni personali “per surrogazione”).L’amministrazione dei beni della comunione (immediata) spettadisgiuntamente ad entrambi i coniugi; tuttavia il compimento degliatti eccedenti l’ordinaria amministrazione spettano congiuntamentead entrambi i coniugi. Se uno dei coniugi è minore o non puòamministrare (per lontananza o impedimenti), o ha maleamministrato, l’altro coniuge può chiedere al giudice diescluderlo dall’amministrazione. Gli atti compiuti da un coniugesenza il necessario consenso dell’altro coniuge, sono annullabilise riguardano beni immobili o beni iscritti in pubblici registri.La legge fissa regole apposite in ordine alla possibilità per icreditori di soddisfarsi sui beni comuni. I beni della comunionerispondono:

a) di tutti i pesi ed oneri gravanti su di essi al momentodell’acquisto;

b) di tutti i carichi dell’amministrazione;c) di ogni obbligazione contratta dai coniugi (anche se

separatamente) nell’interesse della famiglia;d) di ogni obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi.

I creditori particolari dei coniugi non possono soddisfarsi suibeni della comunione se non in quanto i beni personali del lorodebitore non sino capienti: in tal caso possono soddisfarsi suibeni della comunione solo limitatamente al valore della quota delloro debitore, ossia alla metà, purché non vengano in conflittocon i creditori della comunione, i quali sono ad essi semprepreferiti.

598. Scioglimento della comunione.

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La comunione legale si scioglie per effetto di una delle seguenticause:

a) morte di uno dei coniugi;b) sentenza di divorzio;c) dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei

coniugi;d) annullamento del matrimonio (l’annullamento ha, quindi,

efficacia enunci)e) separazione personale legale tra i coniugi;f) fallimento di uno dei coniugi;g) separazione giudiziale dei beni.

A sua volta la separazione giudiziale dei beni può essere pronunciata daltribunale, a richiesta di uno dei coniugi, quando ricorra unadelle seguenti cause:

1) interdizione di uno dei coniugi;2) inabilitazione di uno dei coniugi;3) cattiva amministrazione della comunione;4) mancata o insufficiente contribuzione da parte di uno dei

coniugi al soddisfacimento dei bisogni familiari, inrelazione all’entità delle sue sostanze e alle sue capacitàdi lavoro.

La divisione può essere convenzionale o giudiziale; dovràeffettuarsi tenendo conto anche delle passività gravanti sui benicomuni.

599. Comunione convenzionale.

In mancanza di apposita convenzione matrimoniale, il regimepatrimoniale legale che si applica ai coniugi è quello dellacomunione automatica degli acquisti. Ma non è detto che unaeventuale convenzione debba necessariamente mirare ad escludere ilregime di comunione. Al contrario il legislatore ha previsto che iconiugi possano convenire, con apposita stipulazione matrimoniale,non già di escludere il regime di comunione, bensì soltanto didisciplinarlo diversamente, dando luogo ad una comunione, perl’appunto, “convenzionale”.In concreto, la stipulazione di un apposito accordo tra i coniugiper dar vita ad una comunione convenzionale può soprattutto mirareo a ricomprendere nella comunione anche beni, o a ricomprendereautomaticamente nella comunione tutti i redditi, comunqueprodotti, di pertinenza individuale di ciascun coniuge.

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600. La separazione dei beni.

Il regime di “separazione dei beni” (quel regime in forza delquale ciascun coniuge rimane esclusivo titolare dei beni di suapertinenza e di ogni acquisto che abbia ad effettuare anche incostanza di matrimonio, con diritto ad amministrare il suopatrimonio senza ingerenze dell’altro coniuge) è stato fino al1975 il regime patrimoniale “legale”.Con l’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia, ilregime legale è quello della comunione degli acquisti, ma restasalva la facoltà dei coniugi di “convenire che ciascuno di essiconservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante ilmatrimonio” (art. 215 cod. civ.).Qualora sorga controversia tra i coniugi circa la titolarità dideterminati cespiti, si presume che si tratti di beni comuni adentrambi per pari quota, a meno che uno di essi non riesca a daredimostrazione di esserne proprietario esclusivo o titolare di unaquota maggiore.

601. Il fondo patrimoniale.

La riforma prevede la possibilità che venga costituito un “fondopatrimoniale” per far fronte ai bisogni della famiglia. Il fondopatrimoniale può essere costituito da ciascuno dei coniugi, daentrambi, o anche da un terzo. La costituzione deve avvenire conatto pubblico. Possono far parte del fondo solo beni immobili,beni mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito. Laproprietà dei beni che costituiscono il fondo, spetta ad entrambii coniugi. L’amministrazione del fondo è regolata dalle stessenorme che disciplinano l’amministrazione della comunione legale. Ibeni del fondo non possono essere alienati, concessi in garanzia ocomunque vincolati, se non con il consenso di entrambi i coniugi.La giurisprudenza ammette che il conferimento di beni al fondopatrimoniale, se attuato in frode ai creditori, può esseresottoposto all’azione revocatoria.

602. L’impresa familiare.

L’art. 230- bis mira a tutelare i familiari che prestino di fattoin modo continuativo la loro attività di lavoro nella famiglia onell’impresa del loro congiunto.

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I familiari tutelati con la norma sono il coniuge, i parenti entroil terzo grado, gli affini entro il secondo gradodell’imprenditore. A costoro viene riconosciuto il diritto almantenimento ed il diritto di partecipare agli utili dell’impresae agli incrementi dell’azienda.La norma aggiunge che “le decisioni concernenti l’impiego degliutili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestionestraordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazionedell’impresa” devono essere adottate a maggioranza dai familiariche partecipano all’impresa stessa. Si tratta solo di un consenso (amaggioranza) a decisioni che solo l’imprenditore è legittimato adassumere.Inoltre i partecipanti hanno diritto di prelazione sull’azienda incaso di cessione o di divisione ereditaria.

603. La dote.

La dote era rappresentata da quei beni che, mediante un attosolenne, la moglie o altri per essa, apportava al marito persostenere i pesi del matrimonio. Essa presupponeva quindi che sulmarito ricadesse l’onere di mantenere la moglie, come stabiliva ilvecchio testo dell’art. 145 cod. civ.Introdotto il regime di assoluta eguaglianza tra i coniugi,l’istituto della dote ha perso ogni significato; così la riformaha stabilito un divieto rigoroso di costituzione di dote.

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CAPITOLO LXIXLA FILIAZIONE LEGITTIMA

604. Filiazione legittima.

Il figlio è legittimo quando è stato concepito da genitori uniti inmatrimonio. È invece naturale (prima della riforma il codice dicevaillegittimo) quando è stato concepito da genitori che non sono sposatitra loro. Perché possa attribuirsi lo status di figlio legittimooccorre in primo luogo che sia nato da madre coniugata all’epoca delconcepimento; in secondo luogo che sia stato concepito ad opera delmarito della madre.La legge, perciò, interviene con due presunzioni:

1) con la prima si stabilisce che deve ritenersi concepitodurante il matrimonio, il figlio nato in qualsiasi momentointercorrente nel periodo compreso tra i 180 giornisuccessivi alla celebrazione delle nozze e i 300 giorni dalloscioglimento o dall’annullamento del matrimonio;

2) con la seconda presunzione si stabilisce che, se il figlio èstato concepito in costanza di matrimonio, deve ritenersi cheil padre sia il marito della moglie.

Se il figlio nasce dopo le nozze, ma prima che siano trascorsi i 180giorni dalla celebrazione del matrimonio, è chiaro che è statoconcepito prima delle nozze. Ciò nonostante la legge stabilisceche il figlio è egualmente “reputato legittimo”, ma entrambi iconiugi ed il figlio stesso possono intentare azione per il“disconoscimento” della paternità.

605. Prova della filiazione legittima.

Lo status di figlio legittimo si prova, di regola, con l’atto di nascitaiscritto nei registri dello stato civile. Ai fini della redazionedell’atto di nascita l’ufficiale dello stato civile raccoglie ladichiarazione di coloro che sono tenuti a denunciare la nascita eaccerta che essa sia effettivamente avvenuta mediantel’attestazione di nascita rilasciata dalla struttura sanitaria incui è avvenuto il parto. La legge precisa che chi compie ladichiarazione deve rispettare l’eventuale volontà della madre dinon essere nominata. L’atto di nascita indica, di regola, legeneralità dei genitori e, se i genitori sono uniti in matrimonio,costituisce il titolo dello stato di figlio legittimo. Tuttavia se lamadre non consente di essere nominata, il nato non acquisterà un

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tale status. La giurisprudenza ha anche ammesso che la madre(ancorché sposata) possa dichiarare il figlio come naturale(laddove questo sia frutto di una relazione adulterina), impedendodunque l’acquisto dello status di legittimità.Lo status di figlio legittimo è escluso altresì se i genitori almomento del concepimento erano separati e la madre fa constatareche il figlio è nato più di 300 giorni dopo l’inizio dellaseparazione tra i genitori.Lo stato di figlio legittimo potrà essere dimostrato, oveeccezionalmente manchi l’atto di nascita, mediante “il possessocontinuo dello stato di figlio legittimo”. Ad integrare ilpossesso di stato di figlio legittimo devono concorrere i seguentielementi: nomen, ossia la persona deve aver portato sempre ilcognome del padre che pretende di avere; tractatus, ossia deve esseresempre stata trattata da costui come figlio; fama, ossia deveessere stata costantemente considerata come figlio nei rapportisociali.Infine, ove manchino sia l’atto di nascita che il possesso distato, la prova della filiazione legittima può darsi, nell’ambitodi un’azione di reclamo della legittimità, anche per testimoni: intal caso, però, le testimonianze sono ammissibili solo quando visia un principio di prova per iscritto, oppure quando ricorranopresunzioni ed indizi abbastanza gravi.

606. l’azione di disconoscimento della paternità e le azioni dicontestazione e di reclamo della legittimità.

Per effetto della presunzione di paternità il figlio di donnaconiugata, purché nato nel periodo indicato dall’art. 232, siconsidera figlio del marito della madre. Questa presunzione non èperò assoluta e può essere superata, facendo cadere lo status difiglio legittimo, mediante l’azione di disconoscimento di paternità. Èconcessa la legittimazione ad esperire l’azione di disconoscimentodi paternità anche alla madre ed al figlio che abbia raggiunto lamaggiore età. Tale azione è consentita solo nei seguenti casi:

1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo in cui deve averavuto luogo il concepimento;

2) se durante tale periodo il marito era affetto da impotenza,coëundi o quanto meno generandi;

3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o hatenuto celata al marito la propria gravidanza e la nascitadel figlio.

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Mentre nei primi due casi la prova della non coabitazione odell’impotenza costituiscono condizioni sufficienti per ottenereuna pronuncia di disconoscimento della paternità, nel terzo casola prova dell’adulterio, o del celamento della gravidanza non èsufficiente per ottenere il disconoscimento, neppure seaccompagnata da una conferma della madre, occorrendo raggiungerela concreta prova che il nato non è figlio del marito della madre.A tale scopo la legge consente di provare che il figlio presentacaratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili conquelle del presunto padre, oppure altri fatti che escludono lapaternità ed idonei a convincere il giudice.L’azione di disconoscimento deve essere proposta, a pena didecadenza:

a) dal marito nel termine di un anno dal giorno della nascita;se si trovava lontano dal luogo in cui è nato il figlio o incui è la residenza familiare, entro un anno dal giorno delsuo ritorno; se comunque prova di aver ignorato la nascita,entro un anno dal giorno in cui ne ha avuto notizia.Peraltro, il termine annuale decorre anche dal giorno in cuiil marito è venuto a conoscenza dell’adulterio della moglie,oppure dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenzadella propria impotenza di generare;

b) dalla madre nel termine di 6 mesi dalla nascita del figlio.Peraltro, il termine di 6 mesi decorre, anche per la moglie,dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell’impotentiagenerandi del marito;

c) dal figlio nel termine di un anno dal compimento dellamaggiore età o dal momento in cui venga successivamente aconoscenza dei fatti che rendono ammissibili ildisconoscimento; peraltro già a partire dal compimento delsedicesimo anno può fare istanza al giudice affinché glinomini un curatore speciale che promuova l’azione, mentre,quando non abbia ancora sedici anni, l’istanza può essereproposta dal pubblico ministero.

Se il titolare dell’azione di disconoscimento muore senza averlapromossa, ma prima di essere decaduto dal diritto di intentarla,l’azione può ancora essere esercitata in sua vece dai suoidiscendenti e dai suoi ascendenti.In tema di filiazione legittima sono previste altre due azione distato:

a) azione di contestazione della legittimità: dall’atto di nascita un figliopuò risultare legittimo senza esserlo (ad es. supposizione disostituzione del neonato). In queste ipotesi chiunque vi

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abbia interesse può agire in giudizio per contestarne lalegittimità. L’azione è imprescrittibile;

b) azione di reclamo della legittimità: se manchi un titolo che documentilo status di figlio legittimo di determinati genitori edifetti anche il possesso di stato, il figlio può chiedere difar accertare giudizialmente tale status. L’azione èimprescrittibile; se l’interessato non l’ha promossa ed èmorto in età minore o prima che siano trascorsi 5 anni dalraggiungimento della maggiore età, può essere promossa daisuoi discendenti.

607. La procreazione medicalmente assistita.

È intervenuta a regolare l’intera materia della procreazionemedicalmente assistita la L. 19 febbraio 2004, n. 40. Il ricorsoalla procreazione assistita è consentito, quale strumento perfavorire la soluzione dei problemi di infertilità e sterilità,quando non vi siano altri rimedi.Possono accedere alle tecniche di procreazione assistita le coppiedi persone maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi,in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.È espressamente vietato il ricorso a tecniche di procreazionemedicalmente assistita di tipo eterologo. Esclusa è anchequalsiasi tecnica di surrogazione di maternità.La volontà di accedere alla procreazione assistita deve essereespressa dalla coppia sulla base di un “consenso informato”,ricevuto dal medico responsabile della struttura sanitaria nellaquale è previsto che sia eseguito l’intervento. Il consenso puòessere revocato fino al momento della fecondazione dell’ovulo.L’uomo può revocare il consenso solo fino alla fecondazionedell’ovulo e la donna può comunque accettare l’innesto. Viceversala tardiva revoca del consenso da parte della donna pone unostacolo de facto non sormontabile alla prosecuzione del trattamentosanitario.Il nato assume lo stato di figlio legittimo, o di figlio naturalericonosciuto, a seconda che si tratti di coppia sposata oconvivente.La madre del nato non può dichiarare la volontà di non esserenominata nell’atto di nascita.L’uomo che abbia prestato, espressamente o per fatti concludenti,il consenso ad un intervento di procreazione assistita di tipo

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eterologo nei riguardi della moglie o della convivente, non puòesercitare l’azione di disconoscimento della paternità. Inoltre ildonatore del seme non acquisisce alcuna relazione giuridicaparentale con il nato.Infine, a tutela dell’embrione è vietata la sperimentazione,mentre è consentita la ricerca clinica sull’embrione per solefinalità terapeutiche.

608. Rapporti tra genitori e figli. Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere,istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità,dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. Taledovere non cessa automaticamente quando i figli raggiungono lamaggiore età ma perdura fino a quando non abbiano raggiunto unapropria autonomia ed indipendenza economica.A loro volta i figli devono rispettare i genitori e devonoanch’essi contribuire al mantenimento della famiglia, fin quandovi convivono, in proporzione al proprio reddito.Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori, fino alraggiungimento della maggiore età o al matrimonio, qualora sisposi prima di diventare maggiorenne. La potestà deve essereesercitata dai genitori di comune accordo: in caso di contrasti,purché si tratti di questioni di particolari importanza, ciascunodei genitori può ricorrere al giudice, il quale, sentiti igenitori ed anche il figlio se ha già raggiunto i 14 anni, suggeriscele determinazioni più utili nell’interesse del figlio. Qualora unincombente pericolo di un grave pregiudizio non consenta diattendere il tempo necessario per dirimere il contrasto tra igenitori il padre può adottare i provvedimenti urgenti edindifferibili.Se uno dei genitori è lontano, incapace o impedito, la potestà èesercitata da solo dall’altro genitore.I genitori rappresentano i figli minori in tutti gli atti civili ene amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazionepossono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore, salvo, incaso di disaccordo, l’intervento del giudice. Gli atti distraordinaria amministrazione (es. alienazione dei beni delfiglio) possono essere compiuti solo per necessità od utilitàevidente del figlio, previa autorizzazione del giudice tutelare.Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggettialla stessa potestà o tra essi e i genitori, il giudice tutelarenomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i

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figli ed uno solo dei genitori, la rappresentanza dei figli vieneattribuita esclusivamente all’altro.In tutti i casi in cui i genitori non possono o non voglionocompiere atti di interesse del figlio eccedenti l’ordinariaamministrazione, il giudice, su richiesta del figlio stesso o diuno che vi abbia interesse, può nominare al figlio, sentiti igenitori, un curatore speciale, autorizzandolo al compimento ditali atti.Gli atti compiuti senza l’osservanza di tali norme possono essereannullati su istanza dei genitori o del figlio o dei suoi eredi.I genitori esercenti la potestà sui figli non possono in nessuncaso acquistare beni o diritti dei minori soggetti alla loropotestà.Ai genitori spetta l’usufrutto legale sui beni del figlio. I frutti deibeni del minore devono essere destinati dai genitori almantenimento della famiglia. L’usufrutto legale non può esserealienato, né sottoposto ad azione esecutiva da parte dei creditoridei genitori.Il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà quando ilgenitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa deirelativi poteri e può anche, per gravi motivi, ordinarel’allontanamento del figlio dalla residenza familiare, ol’allontanamento del genitore responsabile dei maltrattamenti.Il genitore dichiarato decaduto può essere reintegrato nellapotestà, quando siano cessate le ragioni che avevano portato alladecadenza.Quando il patrimonio del minore è male amministrato, il tribunalepuò stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersinell’amministrazione; può rimuoverli, sostituendoli con uncuratore.

609. La tutela.

Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possonoesercitare la potestà sui figli, si apre la tutela. Organi dellatutela sono il giudice tutelare; il tutore e il protutore,nominati dal giudice tutelare.Il tutore ha la cura della persona del minore, lo rappresenta iltutti gli atti civili e ne amministra i beni; il protutorerappresenta il minore nei casi in cui l’interesse di questo è inopposizione con l’interesse del tutore e, in via provvisoria, pergli atti conservativi ed urgenti, quando il tutore è venuto a

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mancare o ha abbandonato l’ufficio. La tutela è un complesso dipoteri più ristretti di quelli che spettano ai genitori.Il tutore deve procedere all’inventario dei beni del minore,provvedere alla sua educazione e alla sua istruzione, investirne icapitali.Il tutore non può compiere atti di amministrazione straordinariasenza l’autorizzazione del giudice tutelare.

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CAPITOLO LXXL’ADOZIONE

610. L’adozione. Premesse.

L’istituto dell’adozione è ora visto come realizzazione di un veroe proprio diritto del minore ad avere una famiglia. Nel codice è staconservata la figura, ormai quasi del tutto priva di applicazionepratica dell’adozione tradizionale, riservata alle personemaggiori di età.

611. L’adozione dei minori.

La legge ribadisce che il minore ha il diritto di crescere e diessere educato nell’ambito della propria famiglia, che resta il contestoprivilegiato per lo sviluppo della personalità del bambino:pertanto l’adozione non può che rappresentare un rimedioeccezionale. Le condizioni di indigenza di una famiglia non possono essere diostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propriafamiglia e lo Stato e gli enti locali debbano sostenere i nucleifamiliari a rischio. L’adozione costituisce uno strumento persuperare una situazione patologica, da cui sollevare la vittima,assicurandogli la sostituzione della famiglia d’origine con un’altranuova e migliore che diventa quella legittima dell’adottato.L’adozione del minore è consentita a favore dei minori dichiaratiin stato di adottabilità, dichiarazione che è ammessa neiconfronti dei minori che si trovino in situazione di abbandono.Questa ricorre quando il minore sia privo di assistenza morale emateriale da parte dei genitori o dei parenti tenuti aprovvedervi. Va tuttavia presa in considerazione come esimente unasituazione “di forza maggiore” che abbia impedito ai genitori disvolgere la normale funzione educativa. La competenza a dichiarare lo stato di adottabilità è attribuitaal tribunale per i minorenni. Tale dichiarazione può esserepronunciata, con sentenza, quando: a) i genitori e i parenti,convocati dal tribunale, non si siano presentati senzagiustificato motivo; b) l’audizione di genitori e parenti abbiadimostrato il persistere della situazione di abbandono; c) leprescrizioni eventualmente impartite dal tribunale ai genitori nelcorso del procedimento siano rimaste inadempiute senza

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giustificato motivo. Contro la sentenza può essere propostaimpugnazione.L’adozione è consentita, anche in numero plurimo e con attisuccessivi, solo a coniugi, uniti in matrimonio da almeno 3 anni,non separati, idonei e capaci di educare, istruire e mantenere iminori che intendano adottare. L’età di entrambi gli adottantideve superare di almeno 18 anni l’età dell’adottando; inoltrel’età degli adottanti non deve superare di più di 45 anni l’etàdell’adottando; sono ammesse deroghe ai limiti di legge.Dichiarato in stato di adottabilità, il minore viene collocato inaffidamento preadottivo, alla coppia ritenuta idonea. Se poi, il minoreè maggiore di 14 anni, deve manifestare espressamente il proprioconsenso alla coppia prescelta. Non può essere dispostol’affidamento preadottivo di uno solo di più fratelli, se non pergravi ragioni. L’affidamento preadottivo instaura una specie diadozione provvisoria che deve durare almeno un anno. In caso di esitofavorevole della prova, il tribunale pronuncia la sentenza diadozione, altrimenti dispone di non dar luogo all’adozione; lasentenza è impugnabile.L’adozione ha per effetto l’acquisto, da parte del minore, dellostatus di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume ilcognome, mentre cessa ogni rapporto con la famiglia d’origine,salvi i divieti matrimoniali. L’adottato ha diritto di essere resoedotto della propria condizione: i genitori adottivi devonofornire tale informazione al figlio adottivo. È assicurata, perconverso, la riservatezza nei confronti dei terzi. Le informazioniconcernenti l’identità dei genitori biologici possono esserefornite ai genitori adottivi solo su autorizzazione del tribunalee per gravi motivi (ad es. di salute). L’adottato può accederealle informazioni relative all’identità dei genitori biologicidopo il raggiungimento dei 25 anni, o anche della maggiore età, sesussistano motivi di salute psico-fisica dell’interessato.L’accesso a tali notizie è comunque escluso nel caso in cuil’adottato non sia stato riconosciuto dalla madre naturale, o seanche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di volerrimanere anonimo. L’autorizzazione non è richiesta per l’adottatomaggiorenne quando entrambi i genitori biologici sono decaduti odivenuti irreperibili.Talvolta, pur se il minore non sia abbandonato o quando l’adozionepiena sia irrealizzabile, può farsi egualmente luogo all’adozione,ricorrendo i seguenti casi particolari:

a) caso di minore orfano. Il minore orfano di padre e di madre,che sia unito o da vincolo di parentela fino al sesto grado o

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da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita deigenitori con coniugi non separati o anche con personasingola, può essere adottato da tali persone;

b) caso figlio del coniuge dell’adottante;c) caso di minore orfano di padre e di madre affetto da handicap (è

persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica osensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, direlazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo disvantaggio sociale o di emarginazione);

d) caso di minore per il quale risulti impossibile l’affidamentopreadottivo.

In questi casi con l’adozione il minore non acquista lo stato difiglio legittimo dell’adottante, ma gli spettano tutti i dirittipropri del rapporto di filiazione. Non cessano invece, i rapporticon la famiglia d’origine.

612. L’adozione internazionale.

Sono stati previsti interventi di cooperazione internazionale perfavorire la permanenza dei minori nei Paesi d’origine, applicandoil principio di sussidiarietà, ossia che l’intervento diun’adozione internazionale sia consentita solo quando si riveliimpraticabile una soluzione locale. In ogni caso l’adottabilitàdel minore deve essere dichiarata dall’Autorità del Paesed’origine.Per l’adottato straniero e per gli aspiranti adottanti, valgono lestesse condizioni richieste per l’adozione di un bambino italiano.Le coppie residenti in Italia interessate all’adozioneinternazionale devono presentare una dichiarazione didisponibilità al tribunale per i minorenni, il quale, esperiti gliopportuni accertamenti, emette un decreto di idoneitàall’adozione. Gli aspiranti adottanti devono conferire incarico aduno degli enti autorizzati a curare la procedura di adozione:l’ente svolge le pratiche del caso presso il paese di originedell’adottato e le ulteriori formalità necessarie per l’ingressodel minore in Italia a fini di adozione.

613. L’affidamento di minori.

L’affidamento consiste in un rimedio di carattere temporaneo ad unasituazione nella quale il minore si venga a trovare privo di unambiente familiare idoneo ad assicurargli il mantenimento,l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui ha

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bisogno; in tal caso, non ricorrendo quella situazione definitivadi abbandono che costituisce il presupposto dell’adozione, ilminore viene dato in custodia a qualcuno che deve prendersi curadi lui (tenendo conto delle indicazioni dei genitori).Il minore che si trovi in tale situazione viene affidato ad unafamiglia preferibilmente con figli minori o anche ad una personasingola. Ove ciò non sia possibile, il minore può essere inseritoin una comunità di tipo familiare o in un istituto di assistenza(quest’ultimo rimedio è quasi del tutto superato). La procedurache conclude l’affidamento varia a seconda che i genitori abbianoprestato o meno consenso all’affidamento stesso: nel primo caso èdisposto dal servizio sociale locale, sentito il minore, e poireso esecutivo dal giudice tutelare; nel secondo caso è dispostodal tribunale per i minorenni. Il provvedimento deve ancheindicare la durata dell’affidamento, non superiore a due anni eprorogabile dal tribunale. L’affidamento cessa con provvedimentodella stessa autorità che l’ha disposto, quando sia venuta meno lasituazione di temporanea difficoltà della famiglia o quando laprosecuzione dell’affidamento possa recare pregiudizio al minore.È inoltre previsto che il servizio sociale svolga attività disostegno psicologico, volto ad agevolare i rapporti con lafamiglia d’origine e il suo rientro in essa. Nel caso in cuisopravvenga una situazione di abbandono si dà luogo alla proceduradi adozione.

614. L’adozione di persone maggiori di età.

L’adozione di maggiorenni non può essere pronunciata in presenzadi figli naturali minorenni dell’adottante o, se maggiorenni, nonconsenzienti all’adozione. Può adottare una persona da sola (secongiunta e non legalmente separata deve ottenere l’assenso delconiuge) oppure una coppia di coniugi. Non esiste alcun limitemassimo di età né per adottare né per essere adottato. Chiunque può essere adottato; l’unico divieto riguarda i figlinaturali dell’adottante; la legge osta altresì all’adozione deifigli naturali non riconoscibili dell’adottante.Per l’adozione si richiedono il consenso dell’adottante edell’adottando, nonché l’assenso dei genitori dell’adottando e delconiuge di entrambi. Il tribunale, assunte le opportuneinformazioni, verifica se l’adozione convenga all’adottando. Incaso affermativo pronuncia con sentenza l’adozione. L’adottatoassume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio; se

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l’adottato è figlio naturale non riconosciuto dei propri genitori,egli assume solo quello dell’adottante.L’adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la suafamiglia d’origine e non diventa parente dei parentidall’adottante. Egli assume nei confronti dell’adottante glistessi diritti di successione che spetterebbero ai figli legittimidi quest’ultimo.L’adozione può essere revocata per indegnità quando l’adottato abbiaattentato alla vita dell’adottante o del coniuge o dei suoidiscendenti o viceversa.

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CAPITOLO LXXILA FILIAZIONE NATURALE

615. Il riconoscimento dei figli naturali.

I figli procreati da genitori non uniti in matrimonio tra loro si chiamanofigli naturali. Il figlio naturale concepito da genitore che,all’epoca del concepimento, era legato da matrimonio con personadiversa dall’altro genitore, si chiama figlio adulterino; il figlionaturale concepito da persone tra le quali esiste un rapporto diparentela, anche solo naturale, o in linea retta o in lineacollaterale di secondo grado, oppure un vincolo di affinità inlinea retta, si definisce figlio incestuoso.È ammesso il riconoscimento dei figli adulterini. Per quantoriguarda i figli incestuosi, invece, è stato conservato il divietodel riconoscimento, salvo per i genitori in buona fede (se unosolo dei genitori era in buona fede, il riconoscimento èconsentito solo a lui); in tale ipotesi è stata però introdotta laprevisione di un’autorizzazione giudiziale del riconoscimento. In nessun caso può essere effettuato il riconoscimento qualeproprio figlio naturale di una persona che risulti già figlio legittimoo legittimato di altri. Il riconoscimento potrebbe diventareammissibile solo in quanto lo status di figlio legittimo sia statoprima eliminato attraverso un disconoscimento di paternità.Il riconoscimento di un figlio naturale è un atto solenne medianteil quale uno o entrambi i genitori trasformano il fatto dellaprocreazione, insufficiente a creare un rapporto giuridico, in unostatus di filiazione (figlio riconosciuto), rilevante per il diritto.La dichiarazione deve essere effettuata, ad substantiam, con unadelle seguenti forme: o nell’atto di nascita, o in unadichiarazione davanti ad un ufficiale dello stato civile, o in unatto pubblico, o in un testamento. Il riconoscimento, una voltaeffettuato, è irrevocabile. La capacità di effettuare il riconoscimento di un figlio naturalesi acquista con il compimento del sedicesimo anno di età. Se lapersona riconosciuta ha già compiuto a sua volta i sedici anni, neoccorre l’assenso affinché il riconoscimento produca i suoieffetti. Se il riconoscimento è fatto da uno solo dei genitori non puòcontenere indicazioni relative all’altro. Se uno dei genitori hagià effettuato il riconoscimento, il riconoscimento da partedell’altro genitore, se il figlio non ha ancora compiuto i sedici

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anni, deve ottenere il consenso di colui che ha effettuato ilriconoscimento per primo. Se il consenso viene rifiutato, ilgenitore può rivolgersi al tribunale.Il riconoscimento è un actus legitimus: non si può, cioè, sottoporlo atermini o condizioni. Un riconoscimento può essere impugnato in qualsiasi momento – eperciò la relativa azione è imprescrittibile – qualora si sostenga che,in realtà, il riconoscimento non corrisponde a verità.L’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità puòessere intentata sia dall’autore del riconoscimento, sia da coluiche è stato riconosciuto, sia da chiunque vi abbia interesse.L’impugnazione per difetto di veridicità può essere accolta soloin quanto si dia la prova che il rapporto di filiazione nonsussiste. Il riconoscimento può altresì essere impugnato sel’autore del riconoscimento vi è stato costretto con la violenza ol’ha compiuto in stato di interdizione giudiziale.

616. Lo status di figlio naturale riconosciuto.

L’art. 30 Cost. stabilisce che la legge assicura ai figli natifuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibilecon i diritti dei membri della famiglia legittima. Anche se rimanela differenza fondamentale per cui mentre il figlio legittimo hauno status che gli garantisce un rapporto giuridico con la coppia deigenitori e quindi l’appartenenza ad una famiglia, il figlio naturaleassume uno status solo nei confronti di ciascun genitore, ed anchequando sia riconosciuto da entrambi, la mancanza di un rapportoconiugale tra i genitori determina la costituzione di due rapporti,indipendenti tra loro. Il riconoscimento di un figlio naturalecomporta da parte del genitore l’assunzione di tutti gli stessi doveri e diritti chesi hanno nei confronti di un figlio legittimo. Se il figlio vienericonosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori assume ilcognome del padre, altrimenti assume il cognome del genitore chelo ha riconosciuto per primo. Se il riconoscimento da parte delpadre segue quello effettuato dalla madre, il figlio può assumereil cognome paterno aggiungendolo o sostituendolo a quello dellamadre: nel caso di minore età del figlio tale decisione è affidataal giudice. Può accadere che il figlio non venga, alla nascita,riconosciuto da nessuno dei due genitori: in tal caso il nome e ilcognome gli vengono attribuiti dall’ufficiale dello stato civile.In caso di successivo riconoscimento il figlio naturale puòottenere dal giudice il diritto di mantenere anche il nome che gliè stato attribuito in precedenza.

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Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l’eserciziodella potestà spetta ad entrambi qualora siano conviventi. Seinvece i genitori non convivono, l’esercizio della potestà spettaal genitore con il quale il figlio convive, o, se non convive conalcuno di essi, al primo che ha fatto il riconoscimento. Ilgiudice, peraltro, può anche disporre diversamente e giungere adescludere entrambi i genitori dall’esercizio della potestà. Incaso di interruzione della convivenza dei genitori naturali si applicanole disposizioni di cui agli artt. 155 ss.Qualora il riconoscimento di un figlio naturale minorenne siaeffettuato da una persona sposata, il giudice decide se affidareil minore al genitore. Il figlio naturale, in tal caso, non puòessere inserito nella casa coniugale se non quando vi sia ilconsenso del coniuge – nonché dei figli legittimi del genitore cheabbia effettuato il riconoscimento, e con lui conviventi, cheabbiano più di 16 anni – e dell’altro genitore naturale, se anchequesti abbia effettuato il riconoscimento.Se una persona si sposa dopo che aveva già riconosciuto un figlionaturale, questi può essere inserito nella casa coniugale se giàconvive con il genitore che lo aveva riconosciuto, o se l’altroconiuge concede il suo consenso; in ogni caso è necessario ancheil consenso dell’altro genitore naturale, se pure questi avevaeffettuato il riconoscimento.

617. La dichiarazione giudiziale della paternità o della maternitànaturale.

Se i genitori non hanno provveduto al riconoscimento, il figliopuò agire in giudizio per ottenere l’accertamento del rapporto difiliazione e la conseguente attribuzione dello status che spettaal figlio naturale riconosciuto. Tale azione si chiama azione didichiarazione giudiziale della paternità o della maternitànaturale.L’azione di dichiarazione giudiziale sia di paternità che dimaternità può sempre essere liberamente esperita, tranne nel casoin cui non è ammesso neppure il riconoscimento. La prova dellafiliazione può essere data con ogni mezzo, e dunque anche viaindiretta o per mezzo di presunzioni. Ma mentre per la prova dellamaternità è sufficiente dimostrare l’identità di colui chepretende di essere figlio e della donna che si assume sia lamadre, la prova della paternità è meno semplice. Sono necessarieprove ematogenetiche; peraltro, se il presunto genitore si rifiuta

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di prestarsi alle analisi, il giudice può trarre da tale rifiutoun elemento atto a concorrere la fondatezza della domanda.L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente lapaternità o la maternità naturale può essere intentata dal figlioo, nel suo interesse, dal genitore che esercita su di lui lapotestà, oppure previa autorizzazione giudiziale, dal tutore. Seil figlio ha già compiuto 16 anni deve prestare il proprioconsenso, se invece il minore è infrasedicenne l’azione deveessere ammessa dal giudice.L’azione è imprescrittibile per il figlio. In caso di mortedell’interessato, l’azione può essere proseguita dai suoidiscendenti; questi ultimi possono anche promuovere l’azione che ilfiglio naturale non abbia intentato in vita, purché entro due annidalla sua morte. L’azione deve essere proposta nei confronti delpresunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoieredi. La sentenza che dichiara la paternità o la maternitànaturale produce gli stessi effetti del riconoscimento spontaneo.

618. I figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili.

Il figlio naturale non riconosciuto, e la cui filiazione non siastata neppure dichiarata giudizialmente, non è, per il diritto,figlio dei suoi genitori naturali, rispetto ai quali è unestraneo. Naturalmente il riconoscimento potrebbe sopravvenire inqualsiasi momento, perfino dopo la morte del figlio o dopo quelladel genitore. Il figlio naturale può anche essere non riconoscibile,ipotesi che è limitata al solo caso dei figli incestuosi digenitori in mala fede.Attualmente è ammissibile l’accertamento giudiziale della filiazionenaturale, anche in caso di incesto, mentre, restando in vigore idivieti posti dall’art. 251, tuttora inibito un atto di riconoscimento,da parte dei genitori, dei figli incestuosi.

619. La legittimazione.

Con la legittimazione il figlio nato fuori dal matrimonio acquistala qualità di figlio legittimo. La legittimazione ha perso partedella sua importanza. Occorre tener presente che conl’attribuzione dello status di legittimità si instaura un rapportopienamente rilevante tra il genitore e il proprio figlio e anchetra quest’ultimo e gli altri componenti della famiglia legittima;il che assume rilevanza in sede successoria.

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Non possono essere legittimati i figli che non possono esserericonosciuti, mentre possono essere legittimati pure i figlipremorti, a favore dei loro discendenti. La legittimazione puòavvenire per susseguente matrimonio dei genitori naturali o perprovvedimento del giudice.La legittimazione può essere concessa dal giudice solo seconcorrano le seguenti condizioni: 1) che sia domandata daigenitori o da uno di essi; 2) che vi sia l’impossibilità alegittimare il figlio per susseguente matrimonio; 3) che vi sial’assenso dell’altro coniuge se il richiedente sia sposato e nonlegalmente separato; 4) che vi sia il consenso del figliolegittimando se ha compiuto i 16 anni, o se è minore di tale età,il consenso dell’altro genitore, salvo che il figlio sia giàriconosciuto. Se vi siano figli legittimi del genitore che hachiesto di far luogo alla legittimazione, questi devono esserepreviamente sentiti, se hanno già compiuto i 16 anni.La legittimazione giudiziale può essere richiesta pure dal figlio,qualora il genitore sia morto dopo aver espresso in un testamentoo in un atto pubblico la volontà di legittimarlo.

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CAPITOLO LXXIIL’OBBLIGAZIONE DEGLI ALIMENTI

620. Fondamento e natura.

L’obbligazione legale degli alimenti ha un presupposto specifico:lo stato di bisogno del creditore. L’obbligazione non sorge se lapersona non si trova in tale stato. Si esclude la valutazionedelle ragioni che hanno determinato lo stato medesimo. Peraltro,il diritto agli alimenti è condizionato all’obbligo del lavoro, edè quindi legato alla prova dell’impossibilità di provvedere alproprio mantenimento. L’avente diritto non è però tenuto ad unlavoro non confacente alla sua posizione sociale. L’obbligazioneincontra in ogni caso un limite: non deve superare le esigenzedella vita dell’alimentando.Siccome gli alimenti devono adeguarsi al bisogno dell’alimentandoe alle condizioni economiche dell’alimentante, l’obbligazione nonha durata prestabilita ed una misura determinata: essa puòcessare, se cessa lo stato di bisogno o, se mutano le condizionieconomiche, può essere ridotta o aumentata. L’obbligazionealimentare ha carattere strettamente personale: cessa con la mortedi uno dei due soggetti. Inoltre se l’avente diritto agli alimentifosse debitore verso l’obbligato, questi non potrebbe opporre lacompensazione. Non possono chiedersi prestazioni arretrate: ilsoccorso deve operare per il futuro.L’obbligato ha la facoltà di scelta circa le modalità delleprestazioni alimentari: o può pagare un assegno anticipato o puòaccogliere e mantenere in casa sua l’alimentando. Il giudice puòanche stabilire diversamente.

621. Ordine tra gli obbligati.

V’è una gerarchia tra gli obbligati agli alimenti; la leggestabilisce una graduatoria tenendo conto dell’intensità delvincolo.

622. L’obbligazione volontaria degli alimenti.

L’obbligazione degli alimenti, oltre che dalla legge (obbligazionelegale degli alimenti), può derivare da negozio giuridico (obbligazionevolontaria degli alimenti). Il rapporto può essere istituito anche trasoggetti diversi da quelli stabiliti dalla legge. Salva diversa

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volontà delle parti, anche per la misura degli alimenti negozialis’applica il principio della proporzionalità al bisognodell’alimentando e alle condizioni economiche dell’alimentante.

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LA SUCCESSIONE PER CAUSA DI MORTE

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CAPITOLO LXXIIIPRINCIPI GENERALI

623. Premesse.

Con il termine successione si designa il fenomeno per cui unsoggetto subentra ad un altro nella titolarità di uno o piùdiritti.La morte dell’individuo determina il sorgere di quella che è statadefinita “l’esigenza negativa che un patrimonio non resti privo dititolare”. Ma si pone il problema del modo con cui provvedervi: gli interessiche, in proposito, vengono in considerazione sono numerosi. Inprimo luogo emerge l’interesse dello stesso ereditando,preoccupato della sorte post mortem dei suoi beni in funzione dellarete di legami affettivi in cui ogni persona si colloca. Insecondo luogo vi è da tenere presente l’interesse dei familiaridel de cuius. In terzo luogo sono interessati alla sorte delpatrimonio ereditario i creditori del de cuius. Infine vi è unindubbio interesse dello Stato a colpire i trasferimenti diricchezza che si verificano mortis causa, o addirittura ad acquisire(in determinate circostanze) l’intero patrimonio ereditario, perdestinarlo a vantaggio della collettività.L’eredità si devolve allo Stato soltanto quando nessun altrosoggetto risulti chiamato, ex lege o ex testamento, alla successione, oquando il diritto di tutti i chiamati risulti già estinto perrinuncia o per prescrizione. Altro è che lo Stato individui itrasferimenti di ricchezza mortis causa come occasione per unprelievo tributario. A tal proposito la Legge Finanziaria 2007 (L.27 dicembre 2006, n. 296) ha reintrodotto l’imposta sullesuccessioni e sulle donazioni.Escluso quindi, almeno di solito, un intervento pubblico, la sortedel patrimonio ereditario è lasciata anzitutto alle decisionidiscrezionali dello stesso ereditando, che può disporre dei propribeni mediante testamento.Qualora, peraltro, al de cuius sopravvivano stretti congiunti, illegislatore limita la libertà del testatore in quanto riserva afavore di costoro una quota del patrimonio del defunto (la“legittima” o quota indisponibile). Per la parte disponibile del suopatrimonio, l’ereditando può provvedere come preferisce, anche afavore di persone estranee alla cerchia dei familiari.

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Ove tuttavia l’ereditando non abbia provveduto (in tutto o inparte) a disporre mediante testamento dei propri beni, è la leggestessa a dettare i criteri per la devoluzione del patrimoniorelitto.Il legislatore colloca tra i successibili ex lege il coniuge, idiscendenti legittimi e naturali, gli ascendenti legittimi, icollaterali, gli altri parenti e per ultimo lo Stato.Alla successione legittima si ricorre quando manca qualsiasitestamento o, pur essendoci, questo dispone solo legati o, ancora,quando il testamento contenga un’istituzione di erede che nonesaurisca l’asse ereditario: in tal caso per la parte restante siprovvede con la successione legittima.L’interesse dei creditori al de cuius, infine, è protetto da varistrumenti: anzitutto dalla trasmissione della responsabilità per idebiti ereditari agli eredi; poi mediante il diritto dei creditoridi chiedere la “separazione” dei beni del defunto da quellidell’erede.

624. Eredità e legato.

Il complesso dei rapporti patrimoniali trasmissibili (attivi epassivi), facenti capo al de cuius al momento della sua morte,costituisce la sua eredità.L’eredità non è, in quanto tale, assoggettata ad un regolamentotipico ed unitario, ma ad una varietà di “statuti” in funzione diun’ampia casistica. La successione mortis causa può avvenire “atitolo universale” (ed allora si parla di eredità e di erede o coeredi),o “a titolo particolare” (ed allora si parla di legato e dilegatario). La contrapposizione si fonda sul diverso titolo con cuiopera la “vocazione” o “chiamata” alla successione: mentre nelcaso di legato la chiamata concerne esclusivamente rapportideterminati, nel caso di chiamata a titolo universale la vocazionecomprende complessivamente la situazione patrimoniale del soggettovenuto a mancare, ponendo il beneficiario nella posizione di potersubentrare (succedere) in tutti i rapporti trasmissibili, attivi epassivi, facenti capo al de cuius al momento della morte. Ma ladisciplina delle due forme di successione si differenzia per altriprofili: l’erede succede nel possesso del defunto, mentre per illegatario si ha solo il fenomeno dell’accessio possessionis; l’erede ètenuto ipso iure al pagamento dei debiti e pesi ereditari adifferenza del legatario; solo l’erede subentra in ogni rapportocome se ne fosse stato parte ab initio.

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Rimane da chiedersi quando in concreto la successione siqualifichi “a titolo universale” e quando invece vada definita “atitolo particolare”. Il compito è facile quando al chiamato sianoattribuiti tutti i beni del testatore o una quota del complessivopatrimonio ereditario. Più complesso è il compito dell’interpretequando la disposizione contiene l’indicazione di beni determinatio di un complesso di beni: in tal caso occorre vedere sel’intenzione del testatore era di attribuire quei beni comecespiti determinati e singoli (ed allora si avrà successione atitolo particolare o legato), o se il testatore abbia intesolasciarli quale porzione del suo patrimonio (ed allora si avràsuccessione a titolo universale e istituzione di erede).Quando la successione si devolve per legge, il problema non si poneperché la vocazione è configurata dal legislatore quasi semprecome chiamata “a titolo universale”; le ipotesi di legato dispostodalla legge sono tipiche e tassative (per es. al coniugesuperstite spetta, a titolo di legato, il diritto di abitazionenella casa familiare e di uso dei relativi arredi). Nel caso dipluralità di successibili, la chiamata è comunque “a titolouniversale” per ciascun coerede, anche se pro quota (ossia in base aduna frazione aritmetica).Per quanto riguarda le situazioni giuridiche non patrimoniali,essendo in genere intrasmissibili, non si verifica trasmissione.Tuttavia in alcune ipotesi la legge riconosce espressamente latrasmissione all’erede della legittimazione attiva o passiva inrelazione ad interessi non patrimoniali.

625. Apertura della successione.

Quando una persona muore il suo patrimonio, per effetto dellamorte, resta privo di titolare: un‘altra o altre personesubentrano, al posto di quella che è defunta. La morte di unapersona determina l’apertura della successione. L’art. 456 stabilisce che la successione si apre al momento dellamorte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. Lagiurisprudenza e la dottrina prevalente ritengono equiparata allamorte naturale la morte presunta, in considerazione degli effetti cheessa determina rispetto ai successori; in caso di assenza invece,coloro che, verificandosi la morte dell’assente, sarebbero suoieredi, possono soltanto domandare l’immissione nel possessotemporaneo dei beni.

626. Patti successori.

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Aperta la successione, occorre vedere a chi spettano il patrimonioereditario o i singoli beni. Si parla allora di vocazione ereditaria,che significa indicazione di colui che è chiamato all’eredità. Ladottrina classica considera i termini “vocazione” e “delazione”equivalenti. Come già abbiamo visto la delazione o designazione delsuccessibile può avvenire in due modi: per legge (successionelegittima) o per testamento (successione testamentaria).È esclusa la successione per contratto. La legge vietaesplicitamente varie tipologie di patti successori, di cui se nedistinguono tre specie: confermativi o istitutivi (con cui Tizio convienecon Caio di lasciarli la propria eredità); dispositivi (vendo a Caio ibeni che dovrebbero pervenirmi dall’eredità di X); rinunciativi(convengo con Caio di rinunciare all’eredità di X non ancoradevoluta).È vietata anche la donazione mortis causa, in cui la morte deldonante funziona come causa dell’attribuzione patrimoniale. Einvece valida la donazione fatta sotto la condizione sospensiva“se il donante morirà prima del donatario” (condizione di premorienzadel donante), perché l’attribuzione patrimoniale dipende da unatto inter vivos e non mortis causa.

627. Giacenza dell’eredità.

Con la morte del de cuius colui che è chiamato all’eredità nonacquista automaticamente la qualità di erede né la titolarità deibeni e dei diritti. Per questo occorre una sua dichiarazione divolontà: tale dichiarazione è detta accettazione o adizione dell’eredità.L’accettazione, pur verificandosi dopo l’apertura dellasuccessione, opera in modo che non si verifichi soluzione dicontinuità tra il de cuius e l’erede.Può darsi che l’erede si decida subito ad accettare l’eredità, mapuò anche darsi che lasci passare del tempo. Nell’intervallo trala morte dell’ereditando e l’accettazione del chiamato ilpatrimonio ereditario rimane senza un titolare attuale deirapporti attivi e passivi che di esso fanno parte. Per assicurarela gestione del patrimonio ereditario durante questa fase (di cuiil termine di prescrizione è di 10 anni) la legge prevede lafigura dell’eredità giacente, che ricorre quando concorrano tutte leseguenti condizioni: a) non sia ancora intervenuta l’accettazioneda parte del chiamato; b) il chiamato non si trovi nel possesso

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dei beni ereditari; c) sia stato nominato, su istanza di qualsiasiinteressato o anche d’ufficio, un curatore dell’eredità giacente. La nomina di un curatore pertanto è indispensabile perché abbiainizio un fenomeno di eredità giacente. Il curatore non è unrappresentante del chiamato o del futuro erede e neppure dellastessa eredità elevata a “soggetto”: si tratta di un amministratoredi un patrimonio, con funzioni prevalentemente conservative, ma anchecon poteri dispositivi. Le funzioni del curatore cessano quando ilchiamato per l’eredità accetta.Se non sia stato nominato un curatore, non si verificatecnicamente una situazione di giacenza dell’eredità, bensì di meravacanza dell’eredità, in quanto il patrimonio è privo di undominus.

628. La capacità di succedere.

Qualunque persona fisica che, al momento dell’apertura dellasuccessione, sia già nata e sia ancora in vita, è senz’altro capacedi succedere. Ma il legislatore concede la capacità di succedereanche a coloro che al tempo dell’apertura della successione eranosoltanto concepiti. Naturalmente la chiamata è subordinata allanascita.Tuttavia possono essere chiamati alla successione testamentariaanche i figli non ancora concepiti di una determinata persona viventeal momento dell’apertura della successione.

629. L’indegnità.

L’incapacità di succedere consiste nell’inidoneità del soggetto asubentrare nei rapporti che facevano capo al defunto; l’indegnità,invece, si basa sull’incompatibilità morale del successibile:ripugna alla coscienza collettiva che chi si è reso colpevole diatti gravemente pregiudizievoli verso il de cuius possasuccedergli. Essa funziona come una causa di esclusione cheproduce effetti in quanto sia pronunziata dal giudice, la cuisentenza ha carattere costitutivo. L’indegnità può essere rimossacon la riabilitazione. Le cause di indegnità sono tassativamenteindicate nell’art. 463:

a) atti compiuti contro la persona fisica (omicidio doloso, tentatoomicidio) o contro la personalità morale (calunnia, falsatestimonianza) del de cuius, oppure del suo coniuge,discendente o ascendente;

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b) atti diretti con violenza o dolo contro la libertà di testaredel de cuius;

c) decadenza dalla potestà genitoriale (l’indegnità non sussiste però seil genitore sia stato reintegrato nella potestà alla data diapertura della successione); il genitore decaduto dallapotestà è anche privato dell’usufrutto sui beni dei figli.

Non va confusa con l’istituto dell’indegnità a succedere ladiseredazione, ossia la clausola testamentaria con cui il de cuiusdichiari di non volere che alla sua successione partecipi undeterminato soggetto, il quale avrebbe titolo a parteciparvi.

630. La rappresentazione.

Si dice rappresentazione l’istituto in forza del quale i discendentilegittimi o naturali (rappresentanti) subentrano al loroascendente nel diritto di accettare un lascito qualora il chiamato(rappresentato) “non può o non vuole accettare l’eredità o illegato” (art. 468).La rappresentazione può avere luogo soltanto quando il chiamatoche non può o non vuole accettare, sia o un figlio o un fratello o unasorella del defunto. La rappresentazione è dunque esclusa se il chiamato sia, rispettoal de cuius, un estraneo o anche un parente, ma non un figlio o unfratello. Essa è inoltre esclusa , nel caso di successionetestamentaria, quando il testatore abbia già provveduto con unasostituzione per l’ipotesi in cui il primo chiamato non possa o nonvoglia accettare. La rappresentazione opera sia quando la chiamata a favore delrappresentato, al momento dell’apertura della successione, nonpossa più verificarsi, sia quando vi sia stata una primavocazione, ma questa sia caduta, ad es. per indegnità o perrinuncia.Quando si applica la rappresentazione, la divisione si fa perstirpi: ossia i discendenti subentrano tutti al posto delcapostipite, indipendentemente dal loro numero, e lo stessocriterio si applica anche qualora uno stipite abbia prodotto piùrami.

631. L’accrescimento.

L’istituto dell’accrescimento può aversi solo nel caso di chiamatacongiuntiva: in tal caso, qualora uno dei chiamati non possa o non vogliaaccettare l’eredità, ove non ricorrano le condizioni per farsi luogo

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alla “rappresentazione” (o qualora anche il rappresentante a suavolta non possa o non voglia accettare), e ove, nella successionetestamentaria, il testatore non abbia disposto una “sostituzione”,la quota devoluta al chiamato che non abbia potuto o volutoaccettare si devolve a favore degli altri beneficiari dellachiamata congiuntiva (la cui quota pertanto si accresce).Il fondamento dell’istituto sta nella presunta volontà del de cuius; sequesti avesse potuto prevedere la mancanza di uno dei chiamati,avrebbe probabilmente distribuito lo stesso patrimonio tra glialtri chiamati. Perciò l’accrescimento non si verifica quando ilde cuius ha diversamente disposto.La vocazione (o chiamata) congiuntiva si verifica:

a) nella successione legittima, quando più persone sono chiamate exlege nello stesso grado;

b) nella successione testamentaria, in cui occorre distinguere:― se si tratta di istituzione di erede, quando gli eredi siano

stati chiamati con uno stesso testamento e il testatorenon abbia fatto determinazioni di parti, o anche se loavesse fatto, abbia chiamato i coeredi in parti uguali.

― Se si tratta di legato, basta la coniunctio re, ossia che siastato legato lo stesso oggetto a più persone. In mancanzadell’accrescimento la porzione di legato non attribuitava a profitto dell’onerato, e cioè di colui (erede olegatario) a carico del quale è stato posto il legato.

L’accrescimento opera di diritto, senza bisogno di accettazione daparte di colui a cui profitta. Chiaramente colui che se neavvantaggia, così come subentra nei diritti, subentra anche negliobblighi a cui era sottoposto l’erede o il legatario.

632. Le sostituzioni.

Può darsi che il testatore abbia preveduto l’ipotesi che ilchiamato non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato,designando un’altra persona in sua vece: la clausola relativa sichiama sostituzione ordinaria o volgare. Prevale in questo caso la volontàdel testatore.La legge ammette che più persone possano sostituirsi ad una solapersona, e viceversa. La sostituzione può operare anche tra

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soggetti chiamati come coeredi, qualora uno di essi non possa onon voglia accettare.Dalla sostituzione volgare si distingue la sostituzione fedecommissaria,in cui il testatore istituisce erede, per esempio, il figlio,vincolando i beni ereditari affinché, alla morte di questo,possano automaticamente passare ad un’altra persona (per lo più adun suo discendente), indicata dal testatore. Perciò si hasostituzione fedecommissaria quando ricorrono le seguenticondizioni: 1) doppia istituzione; 2) ordo successivus: occorre che ilpassaggio dell’eredità si verifichi in conseguenza della morte delprimo; 3) vincolo di conservare per restituire, in forza del quale il primochiamato non ha una piena titolarità dei beni trasmessigli e nonpuò disporne, ma ne ha solo l’usufrutto.

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CAPITOLO LXXIVL’ACQUISTO DELL’EREDITÀ E LA RINUNCIA

633. L’accettazione dell’eredità. La trasmissione del diritto diaccettare l’eredità. La vendita di eredità.

L’eredità non si acquista se non con l’accettazione da parte delchiamato. Il chiamato all’eredità potrebbe avere un interessemorale a non diventare l’erede di una persona malfamata anche sericca (noto mafioso), o un interesse economico a non essereesposto a pagare i debiti, se l’eredità è passiva. Perciò la leggefa dipendere l’acquisto dell’eredità da una decisione delchiamato, dall’accettazione cioè dell’eredità.Si distinguono 2 tipi di accettazione: una pura e semplice,l’altra con beneficio di inventario. Per effetto della prima siverifica la confusione del patrimonio del defunto e quellodell’erede, che diventano un patrimonio solo. L’erede succede sianell’attivo che nel passivo: egli perciò è tenuto al pagamento deidebiti del de cuius anche se superino l’attivo che gli pervienedall’eredità. Se invece il chiamato all’eredità accetta con beneficiod’inventario, non si produce la confusione dei patrimoni.Sotto la comune denominazione di “accettazione” dell’eredità sonoricomprese varie fattispecie:

a) Accettazione espressa. Quest’accettazione può essere pura e sempliceo col beneficio d’inventario: mentre la prima può essere fatta in unatto pubblico o in una scrittura privata, dichiarando diaccettare l’eredità, la seconda deve essere fatta mediantedichiarazione ricevuta da un notaio. Comunque, il contenutodell’atto deve implicare la manifestazione di una sceltaconsapevole da parte del chiamato, diretta all’acquistodell’eredità.

b) Accettazione tacita. L’accettazione è tacita quando il chiamatoall’eredità compie un atto che presuppone necessariamente lasua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di farese non nella qualità di erede. Però non qualsiasicomportamento può costituire accettazione tacita diun’eredità.

c) Accettazione presunta. Nel caso di accettazione tacita l’acquistodell’eredità dipende dal compimento di atti che il chiamatoavrebbe diritto di fare solo in quanto erede. Ma in altreipotesi l’acquisto dell’eredità avviene automaticamente, in

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forza della legge, o per il solo fatto che non si èprovveduto ad uno specifico atto imposto dalla legge, o alcontrario perché si è tenuto un determinato comportamento chepreclude la rinunzia all’eredità e rende colui che lo compieerede puro e semplice: si parla in tal caso di accettazionepresunta, ma in realtà l’acquisto dell’eredità non siricollega affatto ad una presunzione della volontà diaccettare, bensì ad una fattispecie legale tipica,automaticamente sufficiente a determinare l’effetto previstodal legislatore.

L’accettazione dell’eredità è soggetta a trascrizione. Se ilchiamato all’eredità muore senza averla accettata, il diritto diaccettarla si trasmette ai suoi eredi (trasmissione del iusdelationis). Il diritto di accettare l’eredità è soggetto allaprescrizione ordinaria decorrente dalla data dell’apertura dellasuccessione. È consentito anche al testatore stabilire un termineper l’accettazione dell’eredità.L’accettazione si può impugnare per violenza o dolo, ma non pererrore.

634. Accettazione con beneficio d’inventario.

L’accettazione con beneficio di inventario impedisce la fusionedel patrimonio del de cuius con quello dell’erede. Perciò l’eredenon è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati ultravires (oltre il valore dei beni a lui pervenuti). La facoltà di accettare con beneficio d’inventario ha caratterepersonale. La legge stabilisce che gli incapaci (assoluti erelativi), le persone giuridiche e gli enti non riconosciuti(escluse le società) non possono efficacemente accettareun’eredità se non con il beneficio d’inventario.L’accettazione con beneficio d’inventario esige ad substantiam unaforma particolare (dichiarazione ricevuta da un notaio o dalcancelliere del tribunale) ed è sottoposta anche ad un regimeparticolare di pubblicità-notizia, e deve essere preceduta oseguita dall’inventario, che deve essere redatto con particolariforme.Devono anche essere osservati i termini particolari prescrittidalla legge. A tal proposito occorre distinguere se il chiamatoabbia o no il possesso dei beni ereditari. Se il chiamato è nel possessodei beni ereditari deve fare l’inventario entro 3 mesi dall’aperturadella successione ed entro i 40 giorni successivi deve, nonl’abbia già fatto, deliberare se accetta o rinunzia all’eredità.

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Trascorso il termine il chiamato è considerato erede puro esemplice (per accettazione presunta). Invece il chiamato che non sia nelpossesso dei beni ereditari può fare la dichiarazione di accettazione conbeneficio d’inventario fino a quando non sia prescritto il dirittodi accettare, e poi redigere l’inventario nei 3 mesi successivi:se omette tale adempimento è considerato erede puro e semplice.L’erede che abbia accettato con beneficio d’inventario divieneamministratore del patrimonio ereditario anche nell’interesse deicreditori del defunto e dei legatari. Gli è vietata l’alienazionedei beni ereditari senza autorizzazione del giudice: se violaquesto divieto, decade dal beneficio e diventa erede puro esemplice. La decadenza è comminata anche per omissioni e infedeltànell’inventario.Accettata l’eredità con beneficio d’inventario, il pagamento deicreditori del defunto può avvenire in uno dei seguenti modi:

1) L’erede paga i creditori e i legatari qui primi veniunt, ossia amisura che si presentano.

2) Se vi è opposizione dei creditori a questo modo di pagamento,oppure su iniziativa dell’erede stesso, si può procedere allaliquidazione dei beni ereditari. I beni vengono alienati e ilricavato è distribuito tra i creditori secondo uno stato digraduazione.

3) L’erede può anche rilasciare i beni ereditari a favore deicreditori e dei legatari.

635. La separazione del patrimonio del defunto.

L’accettazione con beneficio d’inventario è, peraltro, un rimedioche giova principalmente al chiamato all’eredità, ma non soloperché giova anche ai creditori del defunto in quanto assicuraloro la preferenza sul patrimonio ereditario di fronte aicreditori dell’erede. Per venire incontro ai creditori del defuntoe ai legatari è apprestato un altro rimedio: la separazione delpatrimonio del defunto da quello dell’erede.Anche la separazione impedisce la confusione dei due patrimoni,quello del defunto e quello dell’erede, ma opera a favore deicreditori del defunto e dei legatari, i quali assicurano ilsoddisfacimento sui beni del defunto, a preferenza dei creditoridell’erede. Tale istituto deriva dalla separatio bonorum del dirittoromano; anche se ora non c’è più una separazione assoluta: lafacoltà concessa ai creditori assicura solo la preferenza deicreditori del defunto e dei legatari nel concorso sui beniereditari, ma non si creano due masse distinte ed i creditori

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dell’erede si possono anch’essi soddisfare sui beni del defunto,dopo che sono stati soddisfatti i creditori del defunto medesimo.Questa preferenza però spetta solo a coloro che abbiano esercitatoil diritto di ottenere la separazione (creditori separatisti). Laseparazione – appunto perché è concessa nell’interesse deicreditori del defunto – non impedisce ai creditori e ai legatari,che l’hanno esercitata, di soddisfarsi anche sui beni propridell’erede. Infine la separazione ha carattere particolare e nonuniversale: opera non sull’intera massa del patrimonio ereditario,ma sui singoli beni per i quali sia stata fatta valerespecificatamente. Il diritto alla separazione deve essereesercitato entro un breve termine di decadenza: 3 mesidall’apertura della successione.

636. L’azione di petizione ereditaria.

Acquistata l’eredità, l’erede può rivolgersi contro chiunquepossegga, a titolo di erede o senza alcun titolo, beni ereditarisia per farsi riconoscere la qualità di erede, che per farsiconsegnare o rilasciare i beni. L’azione diretta a tale scopo èl’azione di petizione ereditaria (art. 533). Tale azione può essereproposta non contro chiunque possieda beni ereditari, ma soltantoo contro colui il quale o possiede tutti o parte dei beniereditari affermando di essere lui l’erede (possessor pro herede), ocontro il possessore senza titolo (possessor pro possessore):l’usurpatore.L’azione è imprescrittibile, perché una volta acquistata la qualità dierede, questa non si perde più. Tuttavia il possessore può sempreusucapire i singoli beni ereditari.Se l’azione viene accolta, il convenuto è condannato a restituirele cose possedute. Se poi il possessore ha alienato in buona fedeuna cosa dell’eredità, l’erede vero ha diritto soltanto adottenere il prezzo o il corrispettivo ricevuto dal possessoremedesimo. È sufficiente che la buona fede sussista al momentodell’acquisto del possesso dei beni ereditari.

637. Gli acquisti dall’erede apparente.

L’erede può agire con la petizione di eredità non soltanto controil possessore, ma anche contro le persone a cui costui abbiaalienato le cose possedute. La legge ha ritenuto opportuno, ancheper facilitare la circolazione dei beni, di dare in questa materiaimportanza all’apparenza della qualità di erede e alla buona fede

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del terzo acquirente. Sono perciò salvi i diritti acquistati pereffetto di convenzione con l’erede apparente, purché ricorrano leseguenti condizioni: 1) si tratti di convenzioni a titolo oneroso;2) il terzo sia in buona fede.Non ha invece importanza che l’erede apparente abbia o non abbiaun titolo e non ha rilevanza nemmeno la sua buona o mala fede. Èdecisiva, invece, la buona fede dell’acquirente.Se poi l’alienazione ha per oggetto beni immobili o beni mobiliregistrati, si applicano i principi della pubblicità immobiliare.

638. La rinuncia all’eredità.

La rinuncia all’eredità consiste in una dichiarazione unilateralenon recettizia, con la quale il chiamato all’eredità manifesta lasua decisione di non acquistare l’eredità. La rinunzia all’ereditàrichiede una forma particolare: la dichiarazione deve esserericevuta da un notaio. È soggetta anche a pubblicità. La rinunciaè, come l’accettazione, un actus legitimus. È nulla la rinunzia che si riferisca ad una parte soltantodell’eredità; il rinunziante però, può trattenere le donazioni alui fatte o domandare l’esecuzione del legato disposto a suo favore,fino a concorrenza della quota disponibile dell’asse ereditario. Gli effetti della rinuncia sono diversi a seconda che si tratti disuccessione legittima o testamentaria. Nel primo caso, se non haluogo la rappresentazione, la parte di colui che rinunzia va afavore di coloro che avrebbero concorso con il rinunziante. Se ilrinunciante è solo, l’eredità si devolve ai chiamati di gradoulteriore. Nel secondo caso si deve distinguere tra l’ipotesi incui il testatore abbia previsto il caso della rinuncia ed abbiadisposto una sostituzione (la quota del rinunciante va a favore delsostituto) e quella in cui il testatore non abbia disposto nulla.In quest’ultima ipotesi ricorre uno dei casi previsti per larappresentazione. Se mancano i presupposti per la rappresentazione,la parte del rinunziante va a favore dei suoi coeredi, seistituiti in parti uguali; altrimenti va a favore degli eredilegittimi.La rinunzia è revocabile. Questa facoltà incontra, peraltro, duelimiti: non deve essere trascorso il termine decennale per laprescrizione della facoltà di accettazione e l’eredità non deveessere già stata accettata, nel frattempo, da un altro chiamato acui la rinunzia profitti.La rinunzia può essere impugnata solo per violenza o dolo.L’impugnazione per errore è esclusa.

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I creditori del rinunziante possono essere pregiudicati dallarinunzia; la legge perciò, stabilisce la facoltà di impugnativadella rinuncia da parte dei creditori. Essi possono farsiautorizzare ad accertare l’eredità in nome e luogo delrinunziante, ma unicamente allo scopo di soddisfarsi sui beniereditari.

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CAPITOLO LXXVLA SUCCESSIONE LEGITTIMA

639. Fondamento e presupposto.

Se il singolo non ha disposto in tutto o in parte dei suoi beni,interviene la legge a indicare come essi devono essere assegnati edistribuiti. Fondamento della successione legittima è dunque,accanto alla presunta volontà del de cuius, la solidarietàfamiliare.

640. Le categorie di successibili.

Le categorie di successibili, nella successione legittima, sono leseguenti: il coniuge, i discendenti legittimati e naturali, gliascendenti, i collaterali, i genitori del figlio naturale, glialtri parenti, lo Stato. Per quanto riguarda la successione legittima del coniuge, aquest’ultimo spetta la metà del patrimonio del defunto, se inconcorso con un solo figlio, un terzo se concorre alla successionecon più figli, 2/3 se concorre con ascendenti legittimi o confratelli e sorelle. In mancanza di tali soggetti al coniuge sidevolve l’intera eredità. In caso di separazione, il coniugeconserva i diritti ereditari, tranne che nell’ipotesi in cui sia alui addebitata la separazione. In tal caso ha diritto solo ad unassegno vitalizio se, al momento dell’apertura della successione,godeva degli alimenti. In caso di divorzio l’ex coniuge non hatitolo per partecipare alla successione. La legge però, stabilisceche all’ex coniuge che avesse goduto dell’assegno divorzile,qualora versi in stato di bisogno, può essere attribuito dalgiudice un assegno periodico a carico dell’eredità.Tra gli altri successibili possono distinguersi diversi ordini:

a) del primo fanno parte i figli legittimi e naturali(riconosciuti), ai quali, sono equiparati i legittimati eadottivi. I figli succedono tutti in parti uguali tra loro edescludono dalla successione sia gli ascendenti che icollaterali. In caso di premorienza dei figli, a lorosuccedono per rappresentazione i discendenti, che pureescludono dalla successione gli altri potenziali eredilegittimi;

b) del secondo fanno parte i genitori, i fratelli e sorelle,nonché i discendenti di questi ultimi, gli ascendenti, che

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succedono solo se il de cuius muoia senza lasciare prole. Ilpadre e la madre succedono in eguali porzioni, o succede ilgenitore superstite. I fratelli succedono in parti uguali. Ifratelli e le sorelle unilaterali, consanguinei o uterini,conseguono la metà della quota che conseguono i fratelligermani. I genitori concorrono con i fratelli germani del de cuius: inpresenza di entrambi, essi concorrono tutti per capi, ossiain quote eguali, purché la quota spettante ai genitori nonrisulti inferiore alla metà dell’asse.Gli ascendenti succedono solo in assenza dei genitori. Gliascendenti più prossimi escludono quelli di grado più remoto;se, invece, sono di eguale grado succedono per una metà gliascendenti della linea paterna, per l’altra metà quelli dellalinea materna. Gli ascendenti concorrono con i fratelli e lesorelle del de cuius: in tal caso, se entrambi i genitori nonadirano la successione, agli ascendenti si devolve la quotache sarebbe spettata ad uno dei genitori in assenzadell’altro;

c) del terzo ordine fanno parte i collaterali dal terzo al sestogrado, che hanno diritto di venire alla successione soloquando non vi siano altri suscettibili; il più vicino digrado esclude il più remoto, mentre quelli di pari gradoconcorrono per quote eguali.

La successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado. Ai figli naturali non riconoscibili spetta un assegno vitalizio pariall’ammontare della rendita della quota di eredità alla qualeavrebbero diritto, se la filiazione fosse stata riconosciuta. I fratelli e sorelle naturali del de cuius gli succedono solo inassenza di parenti entro il sesto grado, prima dello Stato. Il convivente more uxorio del defunto non è contemplato tra coloroche possono succedere ex lege.

641. La successione dello Stato.

In mancanza di altri successibili l’eredità è devoluta allo Stato.La successione dello Stato ha particolari caratteristiche: inprimo luogo, infatti, l’acquisto si opera di diritto senza bisognodi accettazione e non può farsi luogo a rinunzia. In secondo luogolo Stato non risponde mai dei debiti ereditari e dei legati oltreil valore dei beni acquistati.

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La finalità della successione dello Stato è quella di assicurarela gestione dei rapporti giuridici riferibili a persone defunteche non abbiano lasciati eredi.

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CAPITOLO LXXVILA SUCCESSIONE NECESSARIA

642. Fondamento e natura.

La legge stabilisce che quando vi siano determinate categorie disuccessibili, una parte dei beni del de cuius deve essereattribuita ai successibili. La quota che la legge riserva acostoro si chiama quota di legittima o riserva; i successibili che vihanno diritto si chiamano legittimari o riservatari o successori necessari.Questi principi sono ispirati alla tutela dei più stretti vincolifamiliari, di fronte alla quale resta limitata la facoltà didisporre del testatore. Esse hanno in genere carattere inderogabile.

643. Categorie di legittimari.

Legittimari sono il coniuge, i figli legittimi, i figli naturali,gli ascendenti legittimi.I figli legittimi e naturali sono perfettamente equiparatirispetto alla successione del comune genitore: tuttavia i primipossono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari laporzione spettante ai secondi, purché questi ultimi non vi sioppongano. In tal caso è il giudice a decidere se l’istanza dicommutazione possa essere accolta.In presenza di coniuge ed un figlio, a ciascuno di essi spetta unterzo dell’eredità, il residuo terzo è liberamente disponibile.In presenza di coniuge e due o più figli, al coniuge spetta unquarto, ai figli complessivamente la metà, il residuo quarto èliberamente disponibile.In presenza di coniuge e ascendenti, al coniuge spetta la metà delpatrimonio, agli ascendenti un quarto, il residuo quarto èliberamente disponibile.Al coniuge, inoltre, è riservato in ogni caso il diritto diabitazione nella casa adibita a residenza familiare e di uso suimobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.Questi diritti sono garantiti anche al coniuge separato cui nonsia stata addebitata la responsabilità del fallimento familiare. Èprevisto per il coniuge cui sia stata addebitata la separazione,il diritto ad un assegno vitalizio, se al momento dell’aperturadella successione godeva degli alimenti. Anche i figli naturalinon riconoscibili hanno diritto all’assegno vitalizio.

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644. La quota legittima.

Quando all’apertura della successione vi sono dei legittimari, ilpatrimonio ereditario si distingue idealmente in due parti:disponibile, della quale il testatore era libero di disporreattribuendola a chiunque avesse voluto, e legittima, o riserva, dellaquale non poteva disporre, perché spettante per legge ailegittimari.Il legittimario ha diritto ad ottenere la propria quota in naturaed il testatore non può imporre alcun peso o alcuna condizionesulla legittima. Tuttavia la giurisprudenza ammette che iltestatore possa disporre il soddisfacimento della legittimamediante denaro esistente nell’asse o beni determinati,corrispondenti al valore della legittima. L’intangibilità dellalegittima deve intendersi in senso quantitativo, non qualitativo. Il principio secondo il quale il testatore non può imporre pesisulla legittima, incontra un temperamento nella cosiddetta cautelasociniana.Altro temperamento è costituito dal c.d. legato in sostituzione di legittimao vice legitimae o a soddisfazione o a tacitazione di legittima. Talora itestatori attribuiscono al legittimario un legato di somma o dibeni determinati, per un valore uguale o anche superioreall’importo della legittima, a condizione che esso rinunzia adogni altra pretesa sull’eredità. Anche qui il legittimario ha unafacoltà di scelta: può rinunziare al legato e chiedere lalegittima, oppure conseguire il legato; in questo caso, salvo cheil testatore non abbia altrimenti disposto, perde il diritto dichiedere un supplemento, se il valore del legato sia inferiore aquello della legittima e non acquista la qualità di erede. Anche il legato in sostituzione di legittima si acquista almomento dell’apertura della successione automaticamente, senzabisogno di accettazione. Il legato in sostituzione di legittima si distinguedal legato in conto di legittima. In quest’ultimo il testatore fa, invece,al legittimario un’attribuzione di beni, che deve essere calcolataai fini della legittima, con la conseguenza che il legittimariopuò chiedere il supplemento, se i beni attribuitigli nonraggiungono l’entità della legittima.Il lascito di un legato a favore di un legittimario non puòritenersi fatto in sostituzione di legittima, se ciò non risultada chiara ed univoca manifestazione di volontà del testatore.

645. La riunione fittizia.

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Per poter stabilire se il testatore abbia leso i diritti spettantia qualcuno dei legittimari, occorre calcolare l’entità del suopatrimonio all’epoca dell’apertura della successione. Siccome ibeni vengono riuniti solo fittiziamente, sulla carta, si chiamariunione fittizia. Si calcolano i valori dei beni che appartenevano aldefunto al tempo dell’apertura della successione. Dalla sommastessa si detraggono i debiti. Al risultato così ottenuto siaggiungono i beni di cui il testatore abbia eventualmente dispostoin vita a titolo di donazione. Sull’asse determinato all’esito deiconteggi si calcola la quota di cui il testatore poteva disporre.Occorre tener conto anche dei legati e delle donazioni fatte allegittimario, salvo che il testatore lo abbia da tale imputazione,con clausola espressa, dispensato.

646. L’azione di riduzione.

Se risulta che le disposizioni testamentarie o le donazionieccedono la quota di cui il testatore poteva disporre, ciascunlegittimario può agire per la riduzione con apposita azione che sichiama, azione di riduzione. Quest’azione è irrinunciabile dailegittimari finché il donante è in vita, e deve considerarsi nullaanche la disposizione testamentaria che dichiari decaduto daidiritti nascenti dal testamento l’erede, qualora egli si avvalgadella facoltà di agire in riduzione. È invece rinunciabile dopo lamorte del donante. Se il legittimario agisce contro estranei per la riduzione, lalegge stabilisce uno speciale onere per il promovimentodell’azione: l’accettazione con beneficio dell’inventario.La riduzione colpisce per prime le disposizioni testamentarie, chevengono diminuite proporzionalmente, tranne diversa disposizioneche il testatore abbia lasciato in previsione dell’esperimentodell’azione di riduzione. Se la riduzione delle disposizionitestamentarie non vale ad integrare la legittima, si procede allariduzione delle donazioni: si comincia dall’ultima in ordine ditempo, e via via si risale a quelle anteriori.Se l’azione di riduzione è accolta, il donatario o il beneficiariodella disposizione testamentaria deve restituire in tutto o inparte il bene. Il bene deve essere restituito libero da ogni pesoda cui il donatario lo abbia gravato ed i frutti sono dovuti dalladomanda giudiziale.Il codice pone una complessa disciplina della riduzione delledisposizioni a titolo particolare aventi per oggetto immobili. Seil bene è divisibile, si procede separando la parte occorrente per

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integrare la quota di riserva; se il bene non è divisibile, essosi deve lasciare per intero nell’eredità qualora il legatarioabbia nell’immobile un’eccedenza superiore al quarto dellaporzione disponibile, altrimenti, il legatario può ritenere ilbene compensando in denaro i legittimari. La natura dell’azione di riduzione è disputata dalla dottrina. Ledisposizioni lesive della legittima non sono senz’altro nulle: essesono solo impugnabili con l’azione di riduzione; in mancanza diimpugnazione le disposizioni lesive della legittima restanopienamente efficaci.La domanda di riduzione, se ha per oggetto beni immobili o mobiliregistrati, è soggetta a trascrizione. L’azione di riduzione èsoggetta alla prescrizione ordinaria decennale.Si esclude che il donatario possa opporre al legittimario di avermaturato un acquisto per usucapione del bene donato.

647. L’azione di restituzione.

La riducibilità delle disposizioni lesive della legittima ha unapesante ricaduta sulla circolazione dei beni. Infatti, se un benedonato, con disposizione lesiva della legittima, è stato nelfrattempo alienato dal donatario a terzi, il legittimario, cheabbia esperito con successo l’azione di riduzione nei confrontidel donatario, debba anzitutto escutere i beni del donatario, perottenere il rimborso del valore del bene. Se il donatario puòpagare, l’acquisto del terzo è rispettato: in caso diverso illegittimario ha diritto di rivolgersi contro il terzosubacquirente del bene, proponendo una nuova azione giudiziariaper ottenere il rilascio del bene.Recenti interventi normativi hanno attenuato il rigore dell’azionedi restituzione. Per quanto riguarda gli immobili, si è previstoche l’azione di restituzione nei confronti del terzo acquirentedel bene donato non possa essere proposta dopo il decorso di ventianni dalla trascrizione della donazione oggetto di riduzione.Anche per quanto riguarda i beni mobili la legge stabilisce chel’azione non può essere proposta dopo il decorso del termineventennale. Inoltre l’acquirente ignaro della pregressa donazionepotrà avvalersi del principio possesso vale titolo.Peraltro l’art. 563 consente al coniuge e ai parenti in linearetta del donante di notificare e trascrivere, nei confronti deldonatario e dei suoi aventi causa, un atto di opposizione alladonazione, che ha l’effetto di sospendere nei loro confronti il

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decorso del termine ventennale. Il diritto dell’opponente èpersonale e rinunziabile.Il terzo acquirente, nei cui confronti sia stata proposta l’azionedi restituzione, ha facoltà di pagare in denaro l’equivalente deibeni, anziché restituirli in natura.

648. Il patto di famiglia.

La legge che ha introdotto il patto di famiglia, si propone diconsentire a colui che sia titolare di un’attività economica didare, essendo ancora in vita, una destinazione stabile all’impresaa favore dei propri discendenti, prevenendo eventuali disputesuccessorie e il rischio che queste conducano ad un frammentazionedella titolarità dell’azienda.Occorre ricordare però, che le norme in tema di successione sonoispirate ai principi della modificabilità delle disposizioni mortiscausa fino al momento della morte del testatore e dellaindisponibilità dei diritti successori prima dell’apertura dellasuccessione. In deroga a tali principi, la legge ha introdotto unospecifico istituto che cerca di dare stabilità con attidispositivi esclusivamente volti a pianificare la successione inmodo da favorire la conservazione dell’integrità delle aziende.Il patto di famiglia è un contratto con il quale, compatibilmente conle disposizioni in materia di impresa familiare, l’imprenditoretrasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare dipartecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, leproprie quote ad uno o più discendenti. Dunque assegnatari del complessoproduttivo possono essere solo i discendenti dell’imprenditore enon gli estranei, né altri familiari, e neppure il coniuge.Il contratto deve essere redatto per atto pubblico, a pena di nullità.La legge stabilisce che al contratto devono partecipare anche ilconiuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momentosi aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore(l’accordo perfezionato senza la partecipazione di tutte le partinecessarie è perciò reputato nullo). Costoro possono in una primaipotesi, radicalmente rinunziare ai loro diritti relativiall’impresa. Qualora non vi rinunzino, i partecipanti al patto nonassegnatari hanno diritto di essere “liquidati” dagli assegnataricon il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quotepreviste dagli artt. 536 e seguenti. Inoltre i contraenti possonoconvenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga innatura.

226R.G.

Per finire può avvenire, che con il medesimo contratto, ildisponente operi, in funzione perequativa, assegnazioni di beniagli altri partecipanti; in tal caso i beni ricevuti sono imputatialle quote di legittima loro spettanti.Ancora, la legge ammette che l’assegnazione di beni aipartecipanti non assegnatari possa avvenire con un successivocontratto che sia espressamente collegato al primo purché viintervengano i medesimi soggetti.A tutela della stabilità dell’assetto derivante dal patto l’art.768-quater, precisa che quanto ricevuto dai contraenti non èsoggetto a collazione o a riduzione.In caso di legittimari sopravvenuti, costoro possono chiedere sibeneficiari del contratto stesso il pagamento della somma prevista.Per beneficiari devono intendersi non solo gli assegnataridell’azienda, ma anche gli altri partecipanti al patto. La legge ammette espressamente l’impugnazione per vizi delconsenso. Peraltro, è ridotto ad un anno il termine diprescrizione dell’azione di annullamento. Il patto può ancheessere sciolto, in due casi: 1) per successivo contratto, conclusodalle medesime persone che hanno partecipato al patto di famiglia,avente i medesimi presupposti; 2) per effetto di recesso, che deveperò essere espressamente previsto dal contratto stesso.

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CAPITOLO LXXVIILA SUCCESSIONE TESTAMENTARIA

649. Il testamento.

Il testamento è un atto con il quale taluno dispone, dopo lamorte, delle proprie sostanze. Esso è revocabile fino all’ultimomomento di vita del testatore. Il principio della revocabilità èinderogabile. Perciò non si può in alcun modo rinunziare allafacoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie: ogniclausola contraria non ha effetto. Caratteristica fondamentale del testamento è il suo contenutopatrimoniale. Tuttavia il testamento può contenere anchedisposizioni di carattere non patrimoniale, quali la designazionedi un tutore o il riconoscimento dei figli naturali; quest’ultimoè però irrevocabile.Il testamento è un tipico negozio unilaterale, non recettizio,espressione della volontà del solo testatore. Esso è inoltre unatto strettamente personale. Non è consentito il testamentocongiuntivo, fatto da due o più persone nel medesimo atto né avantaggio di un terzo, né con disposizione reciproca. Diverso è iltestamento simultaneo: esso consta di due atti distinti, ciascunosottoscritto da una sola persona, ma scritti su uno stesso foglio.I testamenti simultanei non sono nulli. Nulla vieta peraltro, adue persone di disporre, in atti distinti, a favore di un terzo ol’uno a favore dell’altro, a meno che non sia intervenuto tra idue testatori un patto successorio, che è vietato.Il testamento è inoltre un negozio solenne, in quanto è richiestaad substantiam una forma determinata.

650. Il testamento come negozio giuridico.

Circa la capacità di testare (detta anche testamentifazione attiva) è ilcaso di ricordare che non è ammessa una sostituzione perrappresentanza, neppure legale. I casi di incapacità di testaresono tassativi. Sono incapaci: 1) coloro che non hanno compiuto lamaggiore età; 2) gli interdetti per infermità di mente; 3) gliincapaci naturali. Il testamento fatto da un incapace èannullabile; l’impugnativa può essere proposta da chiunque viabbia interesse: l’azione si prescrive in 5 anni dall’esecuzionedel testamento.

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I valori predominanti nell’interpretazione del testamento sono laricerca della volontà intima del disponente, che si devericostruire il più fedelmente possibile anche mediante il ricorsoad elementi extratestuali, e il principio di conservazione del negozio,che si impone a causa dell’impossibilità di una rinnovazionedell’atto di autonomia.Per l’art. 624 sono applicabili al testamento le normesull’impugnabilità dei negozi giuridici a causa di un “vizio dellavolontà”, e cioè per errore, violenza e dolo. Per quanto riguarda ildolo, in materia testamentaria si parla di captazione ed i raggirisono rilevanti da chiunque provengano; parimenti per errore, acausa dell’unilateralità del negozio, è inapplicabile altestamento il principio per cui la rilevanza dell’errore èsubordinata alla sua riconoscibilità.L’errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa diannullamento della disposizione testamentaria, ma subordinatamente adue condizioni, e cioè: a) a condizione che il motivo risulti daltestamento, cioè che vi sia espressamente menzionato; b) nonché acondizione che il motivo erroneo sia il solo che ha determinato iltestatore a disporre.Anche il motivo illecito assume rilevanza e rende nulla la disposizionetestamentaria, ma ciò solo quando quel motivo risulta daltestamento ed è il solo che ha determinato il testatore adisporre. Il legislatore, nell’ipotesi di erronea indicazione dell’erede odel legatario o della cosa che forma oggetto della disposizione,stabilisce che la disposizione è comunque valida quando, dalcontesto del testamento o altrimenti, sia possibile ricostruire inmodo non equivoco quale persona il testatore voleva nominare.L’incapacità di ricevere (privazione della testamentifazione passiva) e,cioè, di essere istituiti eredi, può dipendere, oltre chedall’incapacità di succedere, dalla tutela della libertàtestamentaria, che determina l’incapacità (assoluta) di ricevere pertestamento delle persone che potrebbero abusare della funzioneesercitata (tutore, protutore, notaio, testimone, interprete,persona che ha scritto il testamento segreto). Tale incapacità siapplica anche all’amministratore di sostegno, a meno che esso nonsia parente entro il quarto grado del beneficiariodell’amministrazione, o sia suo coniuge o convivente.La disposizione a favore di una persona incapace di ricevere ènulla. Il legislatore vuole anche evitare che, per aggirarel’ostacolo opposto dalle norme relative all’incapacità disuccedere, il lascito sia fatto apparentemente a persona diversa.

226R.G.

La legge presume juris et de jure l’interposizione allorché ladisposizione sia fatta a favore di congiunti strettissimi dellapersona incapace e la dichiara senz’altro nulla. Al di fuori diquest’ipotesi la legge, per evitare incertezze esclude che sipossa agire in giudizio per dimostrare che le disposizioni fatte afavore di persona dichiarata nel testamento sono solo apparenti e,in realtà, riguardano altra persona. Perciò, se il testatoreriponendo fiducia (fiducia testamentaria) in una persona, abbia dispostoa favore di quella persona dandole l’incarico di trasmettere ad unterzo tutti o parte dei beni lasciatigli, la persona che iltestatore ha voluto effettivamente beneficiare non potrà far nullaper ottenere i beni, a meno che la persona istituita, eseguaspontaneamente la disposizione fiduciaria.L’art. 628 commina la nullità della disposizione a favore dipersona incerta, ossia indicata in modo tale da non poter esseredeterminata. La nullità dovrebbe essere affermata anche per ledisposizioni a favore dei poveri espresse genericamente, ma illegislatore ha considerato che l’intenzione generica del testatorepuò essere attuata mediante la devoluzione dei beni all’entecomunale di assistenza. Le disposizioni testamentarie rimesse all’arbitrio di un terzo sononulle. L’art. 631 ammette invece, che il testatore possa affidareall’onerato o ad un terzo la scelta del legatario nell’ambito di unacerchia di persone determinate dal testatore.

651. Gli elementi accidentali del testamento.

In quanto negozio, il testamento può contenere alcuni elementiaccidentali. L’art.633 ammette che tanto le disposizioni a titolouniversale, quanto quelle a titolo particolare possano esseresottoposte a condizione, sospensiva o risolutiva. Gli effettidella condizione operano, secondo la regola generale,retroattivamente: pertanto in caso di avveramento dellacondizione, l’erede istituito sotto condizione sospensiva siconsidera tale dalla data dell’apertura della successione; quelloistituito sotto condizione risolutiva si considera come se nonfosse mai stato erede, ma è tenuto alla restituzione dei fruttidei beni ereditari solo dal giorno in cui la condizione si èavverata.La legge detta poi apposite norme per l’amministrazionedell’eredità durante la fase di pendenza della condizione, chespetta, in caso di conduzione risolutiva all’erede; in caso dicondizione sospensiva è dato all’eredità un amministratore.

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Le condizioni impossibili ed illecite si considerano sempre comenon apposte, salvo che risultino espressione di un motivo unicodeterminante, nel qual caso si ricade nella specifica causa dinullità di cui all’Art. 626.Il termine si considera come non apposto ad una disposizione atitolo universale perché semel heres semper heres. Può invece apporsiai legati.L’onere o modus consiste nell’imposizione, all’erede o al legatario,dell’obbligo di eseguire una determinata prestazione; l’eredegravato da onere è erede solo perché abbia accettato l’eredità,indipendentemente dall’adempimento dell’onere (il quale perciò noncondiziona gli effetti dell’atto).

652. Forme del testamento.

Il testamento è un atto solenne, che richiede una particolareforma ad substantiam. In ogni caso occorre lo scritto: il testamentoorale (nuncupativo) non è ammesso nel nostro ordinamento.Si distinguono forme ordinarie e forme speciali; il testamentoordinario dà luogo a due forme: testamento olografo e testamentoper atto di notaio (che è pubblico o segreto).

653. Il testamento olografo.

Il testamento olografo costituisce la forma più semplice eriservata dell’espressione della volontà del testatore. Esso deveessere scritto per intero, datato e sottoscritto di pugno daltestatore (Art. 602). I requisiti di forma sono quindi tre:autografia, data, sottoscrizione.L’autografia consiste nel fatto che il testamento sia scrittointegralmente dalla mano del testatore: non basterebbe pertantoche lo scritto fosse a macchina o a stampa, anche se vi fosse lasottoscrizione. L’autografia viene meno nel caso di collaborazione grafica di unterzo, il quale sorregga e guidi la mano del testatore, impeditonei suoi movimenti. Il testamento olografo è una scrittura privata: essa perciò puòfar prova se venga riconosciuta dalla parte contro cui siesibisce.La data consiste nell’indicazione del giorno, del mese e dell’annoin cui il testamento fu scritto. La data può essere apposta al

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principio o alla fine delle disposizioni, prima o dopo lasottoscrizione. La sua mancanza (o la sua incompletezza) produce l’annullabilitàdell’atto. Si ammette tuttavia che la data incompleta possa essereintegrata con elementi desunti dalla stessa scheda. Se la datarisulti cancellata o interlineata, il testamento dovrà ritenersiannullabile. La sottoscrizione serve ad individuare il testatore: essa di solitocomprende il nome e il cognome, ma può anche essere costituita daqualsiasi indicazione che designi con certezza la persona deltestatore. La sottoscrizione deve essere posta in calce alledisposizioni.

654. Il testamento pubblico.

Il testamento pubblico è un documento redatto con le formalitàrichieste da un notaio; presenta minore semplicità formaledell’olografo, ma risponde all’esigenza che la manifestazione diultima volontà del soggetto sia accertata, quanto alla suaprovenienza dal testatore, con la particolare forza probatoria dicui è dotato l’atto pubblico notarile (infatti fa piena provadelle dichiarazioni del testatore) e che il relativo documento siaposto al riparo da ogni evento naturale o umano che possacomprometterne l’integrità.I requisiti specifici di forma e contenuto richiesti per iltestamento pubblico sono:

a) Dichiarazione di volontà orale al notaio. Il testatore dichiaraanzitutto al notaio la propria volontà; il notaio inoltredeve accertarsi dell’identità personale del testatore. Poispetta al notaio d’indagare la volontà del testatore, equindi precisare eventuali espressioni poco chiare e tradurlein forma giuridica appropriata.

b) Presenza di testimoni. I testamento pubblico è ricevuto dal notaioin presenza di 2 testimoni, i quali devono esseremaggiorenni, sotto pena d’invalidità dell’atto.

c) Redazione in iscritto della volontà a cura del notaio. A questo spetta diredigere il testamento, ma la scritturazione può esserefatta, sotto la sua guida, da un dattilografo, da untestimone o dallo stesso testatore.

d) Lettura dell’atto al testatore e ai testimoni ad opera del notaio, cheserve a garantire il controllo sulla rispondenza dell’attoalla volontà del testatore.

e) Sottoscrizione del testatore, dei testimoni e del notaio.

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f) La data, che comprende anche l’ora.g) La menzione dell’osservanza delle formalità enunciate.

655. Il testamento segreto.

Il testamento segreto (detto anche mistico) ha rispetto altestamento pubblico il vantaggio che il testatore può, se vuole,mantenere completamente riservato il contenuto delle disposizionie, rispetto a quello olografo, una maggiore garanzia diconservazione del documento.Il testamento segreto consta di 2 elementi: da un lato la “schedatestamentaria”, predisposta dal testatore e costituita da uno opiù fogli su cui vengono scritte le volontà relative alla suasuccessione ereditaria; dall’altro un “atto di ricevimento” concui il notaio documenta che il testatore, alla presenza di duetestimoni, gli ha consegnato personalmente la scheda e gli hadichiarato che ivi sono scritte le sue volontà testamentarie. Lascheda viene sigillata dal notaio che poi fa sottoscrivere l’attodi ricevimento pure al testatore e ai due testimoni, oltre asottoscriverlo lui stesso.La scheda può anche non essere autografa: è possibile che siascritta perciò anche da un terzo o con mezzi meccanici; èessenziale però che il testatore sappia o possa leggere per potercontrollare ciò che è stato scritto. Non occorre che alla schedasia apposta la data: data del testamento segreto è quelladell’atto di ricevimento. Il testamento segreto può essere“ritirato” in ogni momento dalle mani del notaio.

656. Il testamento internazionale.

Il testamento internazionale è entrato in vigore in Italia il 16novembre 1991. Consiste nella consegna al notaio di un documentosu cui risultano scritte le disposizioni testamentarie e nelladichiarazione (resa al notaio dal testatore in presenza di duetestimoni) che il documento consegnato è il suo testamento e cheegli è a conoscenza di quanto in esso contenuto. Il vero e propriotestamento dunque è la dichiarazione resa al notaio da parte deltestatore.

657. Testamenti speciali.

Nel caso in cui non sia possibile ricorrere al notaio (ad es. acausa di malattie contagiose, calamità, a bordo di navi, ecc.), siricorre al testamento speciale. Questo tipo di testamento perde la

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sua efficacia 3 mesi dopo la cessazione della causa che haimpedito al testatore di valersi delle forme ordinarie o dopo cheil testatore sia venuto a trovarsi in un luogo in cui è possibilefare testamento nelle forme ordinarie.

658. Invalidità del testamento per vizio di forma.

I principi generali sull’invalidità del negozio giuridicosubiscono modificazioni in tema di testamento perché la legge havoluto favorire la conservazione degli effetti del testamento, checostituisce l’estrema manifestazione della volontà e dellapersonalità umana.Quanto ai vizi di forma, essendo la forma richiesta ad substantiam,la sua inosservanza dovrebbe dar luogo alla nullità insanabile edimprescrittibile. Invece il legislatore ha ritenuto opportunodistinguere tra la mancanza di elementi senza i quali non v’è lacertezza della provenienza del testamento dalla persona a cui sivuole attribuirlo e l’inosservanza di tutte le altre formalitàprescritte. Nel primo caso viene proprio a mancare la certezza delriferimento dell’atto al testatore e la conseguenza non può nonessere la nullità assoluta ed imprescrittibile dell’atto. Nelle altreipotesi è comminata l’annullabilità deducibile da chiunque vi abbiainteresse (annullabilità assoluta), soggetta a prescrizionequinquennale, decorrente dal giorno in cui è stata data esecuzioneal testamento.

659. Sanatoria del testamento nullo.

Se gli eredi o in genere i successibili legittimi del testatore,che potrebbero far valere la nullità, abbiano preferito rispettarela volontà del defunto, non è opportuno consentire loro unripensamento e di far dichiarare la nullità del testamento. Perciòla conferma o l’esecuzione volontaria (purché fatta con laconsapevolezza della nullità) di disposizioni testamentarie nulle,sana la nullità. La sanatoria può potenzialmente operare perqualunque causa di nullità; non è tuttavia applicabile se ledisposizioni sono illecite. La norma non si applica neppure altestamento lesivo della legittima (anche se nulla vieta allegittimario leso di rinunciare all’azione di riduzione).

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660. La revoca del testamento.

Il testamento è revocabile sino all’ultimo momento di vita deltestatore; la revoca può essere espressa o tacita.La revocazione espressa può farsi soltanto o con un atto che abbiagli stessi requisiti formali richiesti per un valido testamento,oppure con un apposito atto notarile destinato esclusivamente allarevoca. La revocazione tacita si verifica in vari casi:innanzitutto un testamento posteriore comporta la revoca tacita ditutte quelle disposizioni contenute in atti anteriori che sianoincompatibili con le nuove volontà del testatore; poi la distruzione(compiuta dal testatore) del testamento olografo fa presumere larevoca delle disposizioni in esso contenute.Le disposizioni a titolo universale o particolare, fatte da chi altempo del testamento non aveva (o ignorava di avere) figli odiscendenti, sono revocate di diritto per la sopravvenienza di unfiglio o discendente legittimo del testatore, benché postumo olegittimato o adottivo, o per il riconoscimento di un foglionaturale. Questa revoca si basa sulla presunzione iuris et de iure cheil testatore non avrebbe disposto, se avesse saputo di avere opoter avere figli.La revoca di un testamento, o di alcune disposizioni, può essere asua volta revocata, determinando la reviviscenza delle volontàrevocate, ma a condizione che la revoca della revoca sia fatta informa espressa.

661. La pubblicazione del testamento.

Durante la vita del testatore non va divulgato il contenuto deltestamento; ma alla sua morte è opportuno che sia resa possibilela conoscenza di tale contenuto. Al che si provvede mediante lapubblicazione del testamento olografo e di quello segreto.La pubblicazione ha luogo, su richiesta di chiunque ne abbiainteresse, ad opera di un notaio. Il procedimento per lapubblicazione consta delle seguenti formalità: 1) presenza di duetestimoni; 2) verbale redatto nella forma degli atti pubblici econtenente: a) la descrizione dello stato del testamento; b) lariproduzione del suo contenuto; c) l’eventuale menzionedell’apertura del testamento, se sigillato; 3) sottoscrizionedella persona che presenta il testamento; 4) allegati altestamento: a) la carta in cui è scritto il testamento; b)l’estratto dell’atto di morte del testatore o la copia che ordinail provvedimento che ordina l’apertura degli atti di ultima

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volontà dell’assente o della sentenza che dichiara la mortepresunta.Diversa dalla pubblicazione è l’iscrizione del testamento nelRegistro generale dei testamenti. Si tratta di uno strumento voltoad agevolare la conoscibilità dei testamenti.

662. L’esecuzione del testamento.

Per l’esecuzione del testamento, il testatore può nominare uno opiù esecutori testamentari. Può essere esecutore anche un erede olegatario; è richiesta la “capacità di obbligarsi”, ossia lacapacità di agire. Questi hanno il compito di curare che sianoesattamente eseguite le disposizioni di ultima volontà deldefunto. Di regola gli esecutori hanno il possesso (per non oltre un anno)dei beni ereditari e devono amministrarli come un buon padre difamiglia. Alla fine devono rendere conto della loro gestione econsegnare i beni all’erede. La dottrina ritiene che essiesercitino un ufficio di diritto privato, che di regola è gratuito, ma iltestatore può stabilire una retribuzione a carico dell’eredità.

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CAPITOLO LXXVIIIIL LEGATO

663. Nozione.

Il legato è una disposizione a titolo particolare, che cioè noncomprende l’universalità o una quota dei beni del testatore. Essoè di regola disposto con testamento, ma può anche derivare dallalegge.Si dice legatario (o anche onorato) la persona a cui favore ladisposizione è fatta. Come già detto, il legatario, qualesuccessore a titolo particolare, non risponde dei debitiereditari. Però il testatore, come può imporre oneri o modi allegatario entro limiti della cosa legata, può mettere a suocarico il pagamento di debiti particolari.Si dice onerata la persona che è tenuta alla prestazione, oggettodel legato. Tale persona può essere tanto l’erede che un altrolegatario (in questo caso la disposizione si chiama sublegato).Il legato limita l’attribuzione patrimoniale a titolo gratuito cheviene fatta all’erede (o in generale all’onerato): se istituiscoerede Tizio e lascio un legato di 100 a Caio, è evidente che Tizioriceverà 100 in meno appunto perché c’è il legato.Il legato si distingue dal modo o onere, che dà luogo anch’essoalla limitazione di una liberalità, ma questa limitazione non èrivolta a favore di una persona determinata. Un terzo può riceverevantaggio dal modo, ma soltanto in via indiretta.Oggetto del legato può essere o il diritto di proprietà o altrodiritto reale su cosa determinata già appartenente al testatore(legato di specie), oppure di cose determinate solo nel genere(legato di genere o di quantità). Il legatario di cosa di speciediviene immediatamente proprietario della cosa legata; il legatodi cose di genere dà luogo invece ad un rapporto obbligatorio: illegatario è un creditore dell’erede, che è obbligato allaprestazione che costituisce oggetto del legato (es.: pagare unasomma di denaro).

664. Acquisto del legato.

Il legato, a differenza dell’eredità, si acquista di diritto,senza bisogno di accettazione; il legatario ha però facoltà dirinunziare. La rinunzia, in conformità dei principi generali, può

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essere espressa o tacita. Se il legatario ha per oggetto beniimmobili, la rinuncia deve farsi per iscritto.

665. Tipi particolari di legati.

Il codice prevede vari tipi particolari di legati.Legato di cosa altrui. È una figura che può incontrarsi rispetto allegato di specie. Se però, la cosa legata apparteneva a terzi oallo stesso onerato, bisogna distinguere: se il testatore ignoravache la cosa non era sua (il legato era nullo); se, invece, daltestamento risulta che egli conosceva che la cosa apparteneva adaltri, allora il legato, se non potrà avere effetti naturali, avràperaltro effetti obbligatori (come la vendita di cose altrui).L’onerato è obbligato ad acquistare la proprietà della cosa etrasferirla a legatario. La legge tuttavia, in previsionedell’ipotesi che il terzo non voglia alienare la cosa o pretendaun prezzo eccessivo, gli consente di liberarsi dall’obbligazionepagando il giusto prezzo.Legato di genere. Quanto all’adempimento di tale obbligazione, lascelta, è affidata all’onerato, il quale è obbligato a dare cosedi qualità non inferiore alla media.Nel legato alternativo si applicano i principi stabiliti per leobbligazioni alternative: la scelta, salvo diversa disposizionedel testatore, spetta all’onerato.Altre figure interessanti di legato sono: legato di credito, legato diliberazione da un debito, legato a favore del creditore, legato alimentare.

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CAPITOLO LXXIXLA DIVISIONE DELL’EREDITÀ

666. La comunicazione ereditaria. Il retratto successorio.

Se l’eredità è acquistata da più persone, si forma sui beniereditari tra i coeredi medesimi una comunione, che investe tuttii beni relitti. I coeredi hanno diritto di essere preferiti agliestranei, qualora uno di essi intenda alienare la sua quota o unaparte di essa: ad essi spetta, quindi, in tal caso, un diritto diprelazione. Il coerede, il quale vuole alienare la sua quota oparte di essa, deve notificare la proposta di alienazione aglialtri coeredi indicandone il prezzo. Entro un breve termine (2mesi) gli altri coeredi si debbono decidere: se voglionoacquistare il prezzo indicato, l’alienazione è conclusa;altrimenti, chi ha notificato la proposta può vendere liberamentead estranei. Se viene omessa la notificazione e il coerede procedeugualmente alla vendita, gli altri coeredi possono ottenere essila quota per il prezzo pagato (retratto successorio) sostituendosiall’acquirente nel negozio di alienazione. Esso quindi, ha effettoreale.

667. La divisione.

Lo stato di comunione cessa con la divisione. Ciascuno deisoggetti che partecipavano alla comunione medesima ottiene latitolarità esclusiva su una parte determinata del bene,corrispondente per valore alla quota spettante nello stato diindivisione. Regola generale è che ogni coerede può sempre domandare ladivisione. A questo principio possono derogare le parti, pattuendodi rimanere nello stato di comunione per non più di 10 anni, o iltestatore, disponendo, se alcuno degli istituiti sia minorenne,che l’eredità resti indivisa fino ad un anno dopo il compimentodella maggiore età del minore o, se non vi sono minori, per 5anni. Inoltre, può verificarsi l’ipotesi che l’immediatoscioglimento chiesto da uno dei partecipanti alla comunionepregiudichi gli interessi degli altri. È attribuito, pertanto, algiudice il potere di stabilire una congrua dilazione, che non può,peraltro, essere superiore al quinquennio.

668. Natura della divisione.

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La divisione ha natura dichiarativa ed effetto retroattivo. E,cioè, ogni coerede è ritenuto solo ed immediato successore neibeni costituenti la sua quota e si considera come se non avessemai avuto la proprietà degli altri beni ereditari.Regole particolari sono dettate per il caso di costituzione diipoteca su beni indivisi. Se il coerede abbia iscritto un’ipotecasu uno specifico bene ereditario e poi, in sede di divisione, glisiano stati assegnati beni diversi da quello ipotecato, l’ipotecasi trasferisce sui beni effettivamente assegnati al coerede(trasporto di ipoteca).I creditori iscritti devono essere chiamati ad intervenire nelladivisione.La divisione può essere fatta già dal testatore nel proprio attodi ultime volontà, oppure essere fatta d’accordo tra i coeredi(divisione amichevole o contrattuale) o, se le parti non sonod’accordo, per opera del giudice (divisione giudiziale).

669. La divisione contrattuale.

Se il contratto di divisione riguarda beni immobili, è richiesta adsubstantiam la forma scritta; ed il contratto è soggetto, seriguarda beni immobili o beni mobili registrati, a trascrizione.Il contratto di divisione può essere annullato per violenza odolo. L’azione di annullamento per errore è esclusa. Peraltro, sel’errore incide sulla fase che precede lo svolgimento delleoperazioni e cade sui presupposti della divisione, si applicano iprincipi generali sull’errore. Secondo la giurisprudenza, se siapreceduto ad una divisione in base alla legge, mentre esisteva untestamento, ricorre un errore sul presupposto della divisione, chedà luogo a nullità assoluta dichiarabile in ogni tempo. La divisione è altresì nulla quando non vi abbiano partecipatotutti i coeredi.Se per errore sono stati omessi dei beni v’è un apposito rimedio:il supplemento di divisione.Se vi è stato errore nella stima dei beni, v’è un’altraimpugnativa particolare: la rescissione per lesione. Quest’azione sidistingue da quella generale di rescissione per lesione deicontratti sotto vari aspetti: a) è escluso ogni profilosoggettivo: basta la constatazione oggettiva che la porzioneassegnata ad uno dei condividenti non corrisponde al valore dellaquota; b) il valore della parte assegnata deve essere inferiore dioltre un quarto al valore della quota. Inoltre l’azione di

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recessione della divisione per lesione è soggetta allaprescrizione di 2 anni dalla divisione.Il coerede contro il quale è promossa l’azione di rescissione puòtroncarne il corso dando il supplemento della porzione ereditariain denaro o in natura.

670. La divisione giudiziale.

Il giudizio di divisione può essere promosso da ciascuno deicoeredi, e ad esso devono partecipare tutti i condividenti. Aifini della divisione si procede dapprima alla stima dei beni,quindi alla formazione delle porzioni. Tuttavia vi sono beni che non possono essere divisi, o perchéindivisibili per natura, o perché la divisione non è opportunanell’interesse della pubblica economia. Questi beni se non possonoessere compresi nella porzione di uno dei coeredi o di più coerediche siano disposti a continuare la comunione, sono vendutiall’incanto ed il denaro ricavato è diviso tra i coeredi. Se le porzioni che vengono formate con i beni in natura noncorrispondono esattamente al valore delle quote ereditarie, chi haottenuto la porzione di valore eccedente è tenuto a pagare aglialtri la differenza in denaro. A garanzia del pagamento deiconguagli la legge concede un’ipoteca, detta ipoteca legale delcondividente, sopra gli immobili assegnati ai condividentidebitori di tali importi.La stima dei beni deve farsi con riferimento al loro valore altempo della divisione. Formate le porzioni si procedeall’assegnazione mediante estrazione a sorte, se le quote sonouguali, o all’attribuzione, se esse sono diseguali.

671. Divisione fatta dal testatore.

Il codice ha riconosciuto ad ogni testatore la facoltà di dettarenorme per la formazione delle porzioni e di dividere neltestamento i suoi beni tra i coeredi, comprendendo nella divisioneanche la parte non disponibile. La divisione è nulla se iltestatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o deglieredi istituiti. Se il testatore nel fare le porzioni lede laquota di legittima spettante ad alcuno dei coeredi, questi puòsempre agire con l’azione di riduzione.

672. I debiti ereditari.

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I debiti e i pesi ereditari devono essere sopportati da ciascunodei coeredi in proporzione della propria quota di eredità, salvoche il testatore abbia altrimenti disposto. Questa regola vale nonsolo nei rapporti interni tra i coeredi, ma pure nei rapporti esterni,di fronte al creditore: vale a dire che ciascun creditore del decuius non può pretendere dal singolo coerede, a meno che si trattidi obbligazione indivisibile, più di quanto proporzionalmente èimputabile alla quota ereditaria a quello devoluta ed in caso diinsolvenza di uno dei coeredi essa non può essere invocata neiconfronti degli altri. Peraltro, il creditore che vanti un’ipoteca su un cespiteereditario può pretendere l’intero dal singolo coerede cui quelbene sia stato assegnato. Inoltre la quota di debito ipotecariodel coerede insolvente viene ripartita in proporzione tra tuttigli altri.In ogni caso il coerede che abbia pagato l’intero potrà agire inregresso contro gli altri coeredi solo nei limiti in cui ciascunodegli altri è tenuto a contribuire al pagamento dei debitiereditari.

673. La garanzia per evizione.

Se un terzo assume che il de cuius non era proprietario di uno deibeni compresi nella porzione attribuita ad uno dei coeredi ed ilcoerede è costretto a rilasciare i beni richiesti, ecco che vienea mancare la corrispondenza della porzione con la quotaereditaria. È giusto, pertanto, che il danno non sia subito solodalla persona a cui era stato assegnato proprio il bene oggettodell’evizione, ma sia ripartito tra tutti i coeredi i quali,perciò, sono tenuti tra di loro alla garanzia per evizione.

674. La collazione.

Se il de cuius in vita ha fatto donazioni ai figli, ai lorodiscendenti, o al coniuge, la legge presume che il defunto,facendo la donazione non abbia voluto alterare il trattamento cheegli ha stabilito per testamento, nel caso di successionetestamentaria, o che è disposto per legge in caso di successionelegittima, ma solo attribuire loro un anticipo sulla futuracessione. Perciò i beni donati devono essere compresi nella massaattiva del patrimonio ereditario (collazione), per essere divisitra i coeredi in proporzione delle quote spettanti a ciascuno.Poiché fondamento dell’istituto è la presunta volontà del

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testatore, la disciplina legislativa ha carattere dispositivo:alla collazione perciò non si fa luogo quando il testatore abbiaaltrimenti disposto (dispensa dalla collazione). È soggetto a collazione ciò che il defunto ha speso a favore deisuoi discendenti per assegnazioni fatte a causa di matrimonio, peravviarli all’esercizio di un’attività produttiva, per soddisfarepremi relativi a contratti di assicurazione sulla vita a lorofavore o per pagare i loro debiti. I frutti delle cose donate egli interessi sulle somme soggette a collazione sono dovuti condecorrenza dal giorno in cui si è aperta la successione. Non dev’essere conferito l’usufrutto che si sia estinto primadella morte del de cuius.I soggetti obbligati a conferire sono il coniuge e i figli o altridiscendenti, sia che succedano direttamente, sia perrappresentazione. Le persone nei cui confronti costoro hannol’obbligo sono il coniuge e gli altri figli o discendenti. Oggetto della collazione sono le donazioni, così dirette, comeindirette. La collazione si distingue sia dalla riduzione chedalla riunione fittizia.La collazione si fa per gli immobili o cedendo alla massaereditaria il bene ricevuto in donazione o con l’imputazione delvalore, prendendo dalla massa tanti beni in meno, quanto è ilvalore di quelli donati. Nella prima ipotesi (collazione innatura) si ha risoluzione della donazione; nella seconda(imputazione) la giurisprudenza esclude il trasferimento del benedonato alla massa ed il ritrasferimento al donatario e configural’imputazione come un conferimento ideale dell’equivalentepecuniario del bene donato. Per i mobili la collazione si fa solo per imputazione. Il valoreè, di regola, quello che il bene aveva al tempo dell’aperturadella successione.Un particolare problema si pone nel caso in cui un genitore, invita, aveva pagato con denaro proprio il prezzo di un beneimmobile acquistato dal figlio, attuando in tal modo una donazioneindiretta. Si deve distinguere: se risulta che il genitore ha messo adisposizione del figlio una somma di denaro, affinché acquistasseun immobile, oggetto della donazione sarà il denaro; se invece siaccerta che il genitore ha inteso donare quello specificoimmobile, pagando con denaro proprio il prezzo, allora l’oggettodella liberalità sarà l’immobile.

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LE LIBERALITÀ

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CAPITOLO LXXXLA DONAZIONE

675. Il contratto di donazione.

La donazione è secondo l’art. 769 un contratto. Essa presenta unastruttura bilaterale, in quanto richiede per la sua perfezione ilconsenso: non solo occorre la volontà del donante di arricchirel’altra parte senza corrispettivo, ma perché questo risultato siproduca, è necessaria l’accettazione del donatario. Lo stessoarticolo precisa poi che con la donazione una delle parti, perspirito di liberalità, arricchisce l’altra, o disponendo a favore di questadi un suo diritto oppure assumendo verso la stessaun’obbligazione. Elementi denotativi del contratto di donazionesono, pertanto, lo spirito di liberalità e l’arricchimento.

a) Lo spirito di liberalità costituisce la causa del contratto. Si puòdonare per affetto, per carità, per vanità, ecc.Rientra nello schema del contratto di donazione anche ladonazione remuneratoria, ossia la liberalità fatta perriconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario oper speciale remunerazione. Peraltro la donazioneremuneratoria riceve un trattamento differenziato rispettoalla donazione ordinaria, in quanto è irrevocabile, non obbliga aprestare gli alimenti al donante, ma comporta a carico deldonante la garanzia per evizione, sia pure nei limiti di cuiall’art. 797. Non va qualificata donazione la liberalità chesi suole fare in occasione di servizi resi (ad es. gratificheai dipendenti), purché la remunerazione non ecceda i limitidi una normale proporzionalità. Parimenti non costituisconodonazioni le liberalità elargite in conformità agli usi(regali ai parenti).

b) L’arricchimento, ossia l’incremento del patrimonio deldonatario. L’arricchimento può realizzarsi o disponendo afavore di un altro di un diritto; o assumendo l’obbligazioneverso il donatario purché non si tratti di un facere, ma di undare.

Rispetto alla donazione è inammissibile la figura del contrattopreliminare. Infatti, la donazione deve essere spontanea.

676. Donazione, negozi gratuiti, liberalità non donative.

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La donazione rientra nella categoria dei negozi a titolo gratuito.Non bisogna credere però, che qualsiasi negozio a titolo gratuitocostituisca una donazione. Il codice civile contempla una serie dicontratti tipici diversi dalla donazione, che sono o possono essere atitolo gratuito. Sono figure che non implicano necessariamente unintento di liberalità del soggetto che esegue una prestazione avantaggio dell’altra, ma potrebbero trovare giustificazione in unmero rapporto di cortesia, o in un rapporto interessato per lostesso autore della prestazione. A queste ipotesi se ne aggiungonoaltre, che vengono individuate come figure di negozio gratuitoatipico, che comporta l’esecuzione di attribuzioni o di prestazioninon remunerate, ma neppure giustificate da un intento liberale (ades. un imprenditore che distribuisce gratuitamente campioni deipropri prodotti). Va poi distinta sia dalla donazione sia dallagenerale figura dei contratti gratuiti l’adempimentodell’obbligazione naturale. Dall’altro punto di vista, esistonoatti di liberalità che non integrano il tipo della donazione: è ilcaso dei regali d’uso e della donazione indiretta.

677. La donazione indiretta.

Lo scopo liberale di arricchire un’altra persona si può raggiungere omediante la via diretta del contratto di donazione o in altri modiindiretti e, cioè, avvalendosi di negozi che hanno una causa propriadiversa da quella liberale. La donazione indiretta rientra dunquenella figura generale del negozio indiretto: si ha donazioneindiretta quando le parti, per raggiungere l’intento diliberalità, anziché utilizzare lo schema negoziale apprestatodalla legge, ne abbiano adottato un altro, caratterizzato da causadiversa.Anche la vendita a prezzo inferiore al valore della cosa (negotiummixtum cum donatione) viene ricondotta alla figura della donazioneindiretta. È necessario, peraltro, affinché si tratti davvero dinegotium mixtum, che siano compresenti i caratteri strutturali e dimorfologia di entrambi i negozi. Per aversi la figura del negoziomisto con donazione occorre ancora che questa sproporzione siavoluta da colui che la subisce allo scopo di attuare una liberalitàe che questa finalità sia nota ed accettata dall’altra parte.Qualora pur dicendo di voler vendere, in realtà pattuisco unprezzo simbolico, che non ha neppure importanza venga davveroversato oppure no, allora difetta il prezzo, quale elementostrutturale della vendita e ci troviamo di fronte ad una donazionevera e propria, sia pure esteriormente rappresentata come

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contratto di vendita. La questione relativa alla natura delnegozio misto con donazione è tra le più discusse.Poiché anche mediante una donazione indiretta si può ledere laquota dei legittimari, o la proporzionalità di trattamento tra icoeredi, essa è soggetta a riduzione ed a collazione. Inoltre, essa è sottoposta anche a revocazione per ingratitudine oper sopravvenienza di figli.

678. Requisiti e disciplina.

La capacità di donare è regolata dai principi generali: non possonofare donazioni i minorenni, l’interdetto, l’inabilitato,l’incapace naturale. Un’eccezione è fatta per le donazioni a causa di matrimonio(donazioni obnuziali): sono valide, purché fatte con l’assistenzadelle persone che esercitano la potestà o la tutela o la curatela,le donazioni fatte nel contratto di matrimonio dal minore odall’inabilitato.Le persone giuridiche sono capaci di fare donazioni, se tale capacità èriconosciuta dal loro statuto e nei limiti del riconoscimentomedesimo. Per le liberalità consistenti in erogazioni di denarocompiute da società commerciali a favore del patrimonio artisticoed ambientale o del finanziamento di iniziative di valoreartistico, si parla di “mecenatismo”. La rappresentanza del donante nella stipulazione dell’atto didonazione è soggetta a limiti precisi. La donazione è un attopersonale del donante: la scelta della persona del donatario odell’oggetto della donazione deve essere frutto della volizioneesclusiva del donante medesimo e non può essere rimessa alrappresentante. È pertanto, nullo il mandato a donare. Poiché perla donazione è richiesto l’atto pubblico ad substantiam, la procura adonare (nei limiti in cui essa è consentita) deve, essere fattaugualmente per atto pubblico. È consentito rimettere ad un terzola scelta del donatario tra determinate categorie di persone odell’oggetto tra più cose indicate dal donante.Può essere fatta validamente una donazione a favore del figlio diuna determinata persona vivente al tempo della donazione, benchénon ancora concepito.Capaci di ricevere donazioni sono anche le persone giuridiche. Glienti di qualsiasi natura, riconosciuti o meno, hanno pienacapacità di acquistare per successione.La legge impone il divieto di donazione a favore del tutore o delprotutore. A norma dell’art. 411 sono però valide le convenzioni

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in favore dell’amministratore di sostegno che sia parente entro ilquarto grado del beneficiario, o sia suo coniuge o convivente.Oggetto della donazione non può essere un bene futuro, salvo chesi tratti di frutti non ancora separati. È inoltre vietata ladonazione avente per oggetto beni altrui. La donazione di tutti i benipresenti non è vietata: si è considerato che l’obbligo deglialimenti posto a carico del donatario sopperisce all’eventualeindigenza del donante. La donazione richiede per la sua validità una forma particolare:l’atto pubblico, sia che si tratti di immobili che di mobili. Perdi più è indispensabile la presenza di due testimoni. Se ladonazione ha per oggetto cose mobili, nell’atto deve esserecontenuta la specificazione del loro valore. La forma solenne non èrichiesta per le donazioni di valore modico, aventi per oggettocose mobili; in tal caso occorre, però, che sia avvenuta laconsegna (traditio) della cosa. Per questa ragione il contratto èdefinito anche donazione manuale, ed è annoverato tra i contrattireali. La modicità del valore deve essere valutata anche in rapportoalle condizioni del donante. La donazione può essere sottoposta a condizione. Un particolaretipo di donazione, sottoposto a condizione sospensiva mista, è ladonazione fatta in riguardo ad un futuro matrimonio (donazioneobnuziale). Questa donazione obnuziale è sottoposta ad unadisciplina particolare che diverge da quella generale. Questa èinfatti, un atto unilaterale: non è necessaria accettazione deldonatario, ma la donazione non produce effetto finché non vengacelebrato il matrimonio; inoltre l’annullamento del matrimoniocomporta la nullità della donazione.Altra particolare condizione che può inerire alla donazione èquella di riversibilità. Si tratta di una condizione risolutiva: sistabilisce che i beni ritornino al donante nel caso che ildonatario muoia prima del donante medesimo.La donazione può essere gravata di un onere o modo, al cuiadempimento il donatario è tenuto entro i limiti del valore dellacosa donata. Per l’adempimento del modo possono agire il donante equalsiasi interessato. La risoluzione della donazione, in caso diinadempimento del modo, è possibile solo se sia espressamenteprevista nell’atto di donazione.L’onere illecito o impossibile si considera non apposto, a menoche non abbia avuto rilievo esclusivo determinante la donazione,nel qual caso è travolto l’intero atto.La donazione può avere per oggetto la nuda proprietà con riservadell’usufrutto a favore del donante. Questi può anche stabilire

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che dopo di lui l’usufrutto sia riservato ad un’altra persona, manon successivamente. L’inadempimento del donante agli obblighiderivanti dalla donazione è sottoposto ad una disciplina menorigorosa: la sua responsabilità è limitata all’ipotesi di dolo ocolpa grave. Nella donazione occorre che la garanzia per evizionesia espressamente promessa, altrimenti il donante risponde solo seè in dolo o se si tratti di donazioni modali o remuneratorie.Infine, la responsabilità del donante per vizi della cosa sussiste solonel caso in cui sia stata specialmente pattuita o di dolo deldonante medesimo.

679. Invalidità della donazione.

La disciplina relativa all’invalidità della donazione diverge inalcuni punti da quella stabilita in genere per i negozi e presentaaffinità con quella stabilita per il testamento. Così l’errore sulmotivo della donazione la rende annullabile, se il motivo risultidall’atto e sia il solo che ha determinato il donante a compierela liberalità. L’illiceità del motivo è rilevante quando il motivo haavuto valore determinante esclusivo e risulti dall’atto. Poi sideroga al principio generale, secondo il quale la nullità non èsanabile e non è suscettibile di conferma, che abbiamo riscontratoa proposito delle disposizioni testamentarie. La giurisprudenzaritiene applicabile l’art. 799 non solo quando la liberalitàmanchi delle forme speciali prescritte, ma anche quando sia privadi qualsiasi forma (donazione verbale di beni immobili).

680. La revoca della donazione.

In presenza di due gravi ragioni la legge prevede che la donazionepossa essere revocata. Tali cause sono: 1) ingratitudine deldonatario; 2) sopravvenienza dei figli (il donante non si sarebbespogliato di una parte dei suoi beni se avesse saputo che egliavrebbe avuto un figlio).Le ragioni che giustificano la revoca delle donazione nonricorrono rispetto alle donazioni remuneratorie e alle donazioniobnuziali. La revoca dipende da un’iniziativa unilaterale: lalegge attribuisce al donante il diritto potestativo di togliereefficacia alla donazione nei casi da essa previsti; basta che egliproponga la domanda, non occorre alcuna dichiarazione deldonatario. La revocazione delle donazioni ha carattere personale.La sentenza che pronuncia la revocazione condanna il donatarioalla restituzione dei beni. Essa, peraltro, non pregiudica i terzi

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che hanno acquistato diritti anteriormente alla domanda, salvi glieffetti della trascrizione della domanda stessa.

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LA PUBBLICITÀ IMMOBILIARE

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CAPITOLO LXXXILA TRASCRIZIONE

681. Premessa.

La trascrizione è un mezzo di pubblicità che si riferisce agliimmobili o ai mobili registrati. Genericamente si può dire cheessa serve a far conoscere ai terzi le vicende giuridiche di unimmobile o di un mobile registrato. Essa ha nell’ordinamentovigente varie funzioni.

682. La funzione della trascrizione e il principio del consensotraslativo.

La funzione originaria della trascrizione è quella di strumentoper la soluzione di conflitti tra più soggetti acquirenti didiritti reali su determinati beni. Il diritto reale acquistato suun bene immobile diventa opponibile ai terzi soltanto per effettodella trascrizione.Nel nostro ordinamento, a differenza di quanto avveniva neldiritto romano, il contratto ha efficacia traslativa dellaproprietà o dei diritti reali.Per i beni mobili (non registrati), il conflitto tra più acquirentidal medesimo titolare è risolto a favore di quello che per primoed in buona fede abbia conseguito il possesso della cosa (art. 1155).Analogamente il conflitto tra più diritti personali di godimento(siano essi relativi ad immobili che a mobili) viene risoltofacendo prevalere colui che per primo ha materialmente conseguitoil godimento della cosa.Un sistema di registrazione dei trasferimenti (non immaginabileper beni mobili) è possibile rispetto ai trasferimenti relativi abeni immobili e mobili registrati. Il conflitto tra più acquirentidello stesso diritto sullo stesso bene, o di diritti tra loroincompatibili, viene risolto in base alla trascrizione dell’attoacquisitivo: colui che per primo ha fatto trascrivere in pubbliciregistri il titolo dal quale trae origine il suo diritto èpreferito rispetto a colui che non ha trascritto affatto o lo hafatto successivamente.La trascrizione è dunque presupposto dell’opponibilità ai terzi deidiritti acquistati in forza degli atti trascritti. Il contratto haimmediata efficacia traslativa in favore dell’acquirente, chediviene proprietario (o titolare del diritto reale di godimento);

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tuttavia, fino a quando la trascrizione non sia stata eseguita, ildiritto acquistato (e già attuale nel patrimonio dell’acquirente)soccombe rispetto ai diritti con esso incompatibili che dovesseroessere acquistati da altri soggetti in forza di atti trascrittianteriormente. Ciò che è determinante non è la data in cui l’attoviene compiuto, ma quella in cui ne viene eseguita la trascrizione(art. 2644, comma 2, cod. civ.).L’ordinamento giuridico non lascia senza difesa il contraente cheha acquistato e si vede sacrificato a vantaggio di un’altrapersona per effetto dell’applicazione dei principi dellatrascrizione. Costui può ben rivolgersi contro il venditore, che,avendo alienato per due volte lo stesso bene, è responsabile delpregiudizio subito dall’acquirente e perciò può essere condannatoal risarcimento dei danni.

683. La natura dichiarativa della trascrizione. Altri profili diefficacia della trascrizione.

Se acquisto un immobile ne divento proprietario indipendentementedalla trascrizione del mio titolo d’acquisto: la trascrizionerappresenta un atto di attenta prudenza per evitare di esserepregiudicato nell’ipotesi che il mio alienante venda ad altri, eil secondo acquirente trascriva prima di me.Appunto perché la trascrizione non è un elemento integrante dellafattispecie negoziale, essa attua una forma di pubblicitàdichiarativa, dalla quale dipende l’opponibilità ai terzi dell’acquistocompiuto.Sotto questo aspetto, la trascrizione si distingue da altri regimidi pubblicità immobiliare, adottati in altri Paesi, che hannoefficacia costitutiva. Nel nostro ordinamento riveste caratterecostitutivo l’iscrizione dell’ipoteca (che come sappiamo sicostituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari). D’altro canto se la vendita è nulla o annullabile, se hoacquistato a non domino, non basterà da sola la trascrizione arender valido il negozio. Solo in alcuni specifici casi latrascrizione può concorrere a rendere inopponibile ai terzisubacquirenti l’invalidità o inefficacia di un atto: si parla, inquesti casi, di efficacia sanante della trascrizione. I casi principalisono i seguenti:

a) Nullità e annullamento per incapacità legale;b) Annullabilità per cause diverse dall’incapacità legale;c) Acquisti dall’erede o legatario apparente;d) Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima.

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Parlare di efficacia sanante della trascrizione è formulaimprecisa perché i vizi del negozio “a monte” non sono affatto“sanati”; tuttavia la trascrizione e il decorso del tempoimpediscono di opporre ai terzi gli effetti della sentenza cheaccoglie la domanda giudiziale di impugnazione del negozio stesso.Eccezionalmente, in alcuni casi la trascrizione concorre, insieme adaltri elementi, ad un effetto costitutivo del diritto. Tra di essi ilpiù importante è rappresentato dall’usucapione abbreviata,decennale per gli immobili e triennale per i mobili registrati.Affinché tale usucapione si maturi, occorrono la buona fededell’acquirente, un titolo idoneo di acquisto e la suatrascrizione.In alcuni casi, infine, la trascrizione ha funzione di merapubblicità-notizia.La trascrizione rappresenta semplicemente un onere per le partisotto il profilo del diritto privato: infatti nessuno obbliga atrascrivere. Rappresenta tuttavia un obbligo per alcuni pubbliciufficiali (in particolare i notai). L’efficacia della trascrizione, quale strumento di pubblicità èduplice:

a) efficacia negativa: gli atti non trascritti si presumono ignoti aiterzi e quindi l’atto non trascritto non spiega la suaefficacia verso i terzi;

b) efficacia positiva: gli atti trascritti si presumono conosciuti equindi l’atto trascritto è efficace contro qualunque terzo.

La trascrizione opera indipendentemente dall’effettiva conoscenzache ne abbiano i soggetti.

684. La nozione di “terzo” nel sistema della trascrizione.

Terzi, in linea generica, possono considerarsi tutti coloro chenon sono “parti” di un contratto o di un rapporto.Secondo l’art. 2644 sono terzi (rispetto agli atti soggetti atrascrizione) soltanto coloro che abbiano acquistato dirittisull’immobile oggetto di quegli atti “in base ad un attotrascritto o iscritto anteriormente” rispetto alla trascrizione diquegli atti medesimi.

685. L’impostazione dei registri immobiliari nel codice civile.

Il nostro ordinamento si basa su un criterio non reale, bensìpersonale, con partite intestate nei registri al nome della singolapersona interessata. Non abbiamo dunque una rilevazione delle

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vicende che hanno interessato un certo bene, ma un sistema diconoscibilità degli atti compiuti da determinati soggetti. Dall’esame dei registri immobiliari si può conoscere qualitrascrizioni o iscrizioni risultino effettuate a carico (contro)di un determinato soggetto, e a favore di un altro. Ne deriva che,se voglio sapere quali vicende giuridiche abbiano interessate uncero fondo, devo ricostruire gli atti che lo hanno riguardato,indagando in base ai soggetti che ne sono stati parti e dunquepartendo dal soggetto, non dai beni.Carattere reale ha invece il sistema tavolare dei registri fondiari,vigente in Italia nelle province (che prima appartenevanoall’Austria-Ungheria) di Trento, Bolzano, Trieste e Gorizia. Talesistema è stato mantenuto in vigore nelle dette province.L’intavolazione (o iscrizione nei libri fondiari) ha, in base aquesto diverso regime di pubblicità, funzione costitutiva, inquanto è necessaria, nei casi in cui è richiesta, affinché l’attoabbia efficacia anche tra le parti.

686. Il principio della continuità delle trascrizioni.

Un principio particolare è rilevante è quello della continuità delletrascrizioni. È chiaro che una lacuna nel sistema impedirebbe diricostruire completamente le vicende di un determinato bene.Pertanto l’opponibilità erga omnes di un determinato attoacquisitivo, è subordinata alla continuità della trascrizionedelle vicende “a monte”, per il tramite delle quali quel diritto èpervenuto all’ultimo titolare. La regola è sancita dall’art. 2650,a norma del quale “le successive trascrizioni o inscrizioni acarico dell’acquirente non producono effetto se non è stato trascrittol’atto anteriore di acquisto.

687. Atti soggetti a trascrizione.

Devono essere trascritti tutti e solo gli atti espressamente previstidalla legge come suscettibili di trascrizione. Gli atti soggetti atrascrizione si individuano anzitutto in relazione ai beni che necostituiscono oggetto: questi beni sono gli immobili e i mobiliregistrati; in secondo luogo sono soggetti a trascrizione gli attiche comportano trasferimento, costituzione, estinzione omodificazione di diritti reali.Gli atti soggetti a trascrizione si possono suddistinguere nelleseguenti categorie:

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a) contratti traslativi della proprietà, o costitutivi o modificativi otraslativi di diritti reali immobiliari;

b) contratti relativi a diritti personali su beni immobili, soltanto se superanouna certa durata (locazione immobiliare ultranovennale);

c) transazioni: una transazione è assoggettabile a trascrizione inquanto dia luogo a una vicenda incidente su diritti inrelazione ai quali è prevista trascrizione;

d) sentenze costitutive: sono suscettibili di trascrizione lesentenze che accertano gli effetti di determinate vicendeincidenti sui diritti reali. L’art. 2651 prevede latrascrizione delle sentenze da cui risulta acquistato undiritto per usucapione, o per uno degli altri modi di acquistoa titolo originale, e quelle da cui risulta estinto perprescrizione un diritto reale. La trascrizione delle sentenze hafunzione di sola pubblicità-notizia.

688. Trascrizione degli acquisti mortis causa.

L’art.2648 stabilisce che si devono trascrivere le accettazione dieredità, che comportino acquisti di diritti rientranti tra quellielencati dall’art. 2643, e gli acquisti di legati aventi ilmedesimo oggetto.In caso di accettazione espressa, sarà trascritto il relativoatto; in caso di accettazione tacita, sarà trascritto l’atto dalquale essa risulti (che potrà essere una sentenza o una scritturaprivata, sempre con sottoscrizione autenticata o accertatagiudizialmente). L’acquisto del legato avviene senza necessità di accettazione;pertanto si richiede l’accettazione di un “estratto autentico deltestamento” contenete il legato stesso.La trascrizione degli acquisti mortis causa è stata introdotta dalcodice vigente mentre quello del 1865 non la contemplava.

689. Altre funzioni della trascrizione.

Anche le divisioni sono soggette a trascrizione – a norma dell’art.2646 – quando hanno per oggetto beni immobili.Alla divisione devono partecipare non soltanto tutti i comunisti (ocondividenti), ma possono intervenire i creditori e gli aventicausa di questi (al fine di verificare che la divisione nonavvenga in loro danno); tali soggetti, se abbiano notificato etrascritto un atto di opposizione, possono anche impugnare ladivisione. A tale scopo è necessario che l’atto di opposizione sia

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stato trascritto prima della trascrizione o della domandagiudiziale di divisione. La trascrizione della divisione deve essere curata anche ai finidelle continuità delle trascrizioni.Devono poi essere trascritti, se hanno per oggetto beni immobili,la costituzione del fondo patrimoniale, le convenzionimatrimoniali che escludono i beni medesimi dalla comunione tra iconiugi, gli atti e i provvedimenti di scioglimento dellacomunione: si tratta di trascrizioni aventi effetti di pubblicitànotizia.

690. La trascrizione degli “atti di destinazione”.

La legge ammette che un soggetto, con un atto pubblico, possadestinare beni immobili o mobili registrati, alla realizzazione di interessimeritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, apubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche aisensi dell’art. 1322. Questi beni e i loro frutti possono essere impiegati solo per larealizzazione del fine di destinazione e non possono esseresottoposti ad esecuzioni, se non per debiti contratti in funzionedella realizzazione dello scopo di destinazione.Si realizza in tal modo una “separazione” dei beni, che vengonocon efficacia erga omnes destinati ad uno specifico fine e sottrattialla generale garanzia ei creditori: a costoro infatti l’atto didestinazione, regolarmente trascritto, risulta opponibile.Ma quali concreti atti negoziali possono dare origine a talevincolo di destinazione? Secondo alcuni interpreti esso varrebbe alegittimare qualsiasi atto, anche atipico, di destinazione, purchéappunto giustificato dalla sua strumentalità ad un fine meritevoledi protezione giuridica; secondo altri la norma riguarderebbesoltanto il profilo della trascrizione di atti di destinazionetipici. Il vincolo non può durare per un periodo superiore a 90 anni, oalla durata della vita del beneficiario.

691. La trascrizione delle domande giudiziali

Il legislatore assoggetta all’onere della trascrizione anchenumerose domande giudiziali. In questi casi la trascrizione serve amettere in grado i terzi di conoscere che in ordine a quel bene èstata proposta una proposta giudiziale il cui esito, a seguitodella trascrizione, diventa opponibile pure agli aventi causa del

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convenuto. In questi casi la trascrizione esplica una funzione diprenotazione, nel senso che se la domanda trascritta verràsuccessivamente accolta, la stessa sentenza di accoglimento verràconsiderata opponibile ai terzi aventi causa dal convenuto. Lenorme in questione riguardano:

a) la domanda di risoluzione di contratti relativi ai dirittimenzionati nell’art. 2643, ove proposta dall’alienante;

b) la domanda volta ad ottenere l’esecuzione in forma specificadell’obbligo di contrarre;

c) la domanda volta ad ottenere l’accertamento giudiziale dellasottoscrizione di una scrittura privata relativa ad un attosoggetto a trascrizione;

d) la domanda di accertamento della simulazione di attisoggetti a trascrizione;

e) la domanda revocatoria di atti soggetti a trascrizioni;f) le domande di nullità o di annullamento di atti soggetti a

trascrizione e quelle volte ad impugnare la validità dellatrascrizione di atti;

g) le domande con le quali si contesta il fondamento di unacquisto mortis causa;

h) le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizionitestamentarie lesive della legittima;

i) la domanda di rivendicazione di un bene immobile;j) la domanda o la dichiarazione di riscatto nella vendita di

un immobile,k) gli atti e domande che interrompono il corso dell’usucapione

di beni immobili.692. L’annotazione.

Non va confusa con la trascrizione di un atto la figura della sempliceannotazione. L’art. 2654 cod. civ. dispone che se una domandagiudiziale “si riferisce a un atto trascritto o iscritto” latrascrizione della domanda deve essere anche “annotata in marginealla trascrizione” dell’atto.L’art. 2655 dispone che siano annotati in margine alla trascrizionedi atti trascritti le sentenze o le convenzioni che dichiarino oprovochino la nullità, l’annullamento, la risoluzione, larecessione, la revoca dell’atto trascritto.

693. Modalità per eseguire la trascrizione. La trascrizionerelativa a beni mobili registrati.

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La trascrizione deve essere richiesta presso l’ufficio deiregistri immobiliari nella cui circoscrizione si trova il bene. Sipuò ottenerla soltanto in forza di sentenza oppure di attopubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autentica oaccertata giudizialmente.Chi domanda la trascrizione di una atto tra vivi deve presentarele copie del titolo e una nota, in doppio originale, nella qualedevono essere contenute le indicazioni stabilite nell’art. 2659cod. civ.Chi domanda la trascrizione di un atto d’acquisto mortis causa devepresentare l’atto di accettazione di eredità, il certificato dimorte dell’autore della successione e una copia o un estrattoautentico del testamento, e, infine, una nota in doppio originalecon le indicazioni elencate nell’art. 2660 cod. civ.Anche per i mobili registrati è sancito il principio della continuitàdelle trascrizioni ed è prevista la trascrizione delle domandegiudiziali, oltre che degli atti di sequestro e pignoramento.

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INDICE SOMMARIO

NOZIONI PRELIMINARI

CAPITOLO IL’ORDINAMENTO GIURIDICO …………………………………………………………..pag. 1

CAPITOLO IIIL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI ...……………………………………………...pag. 4

CAPITOLO IIIL’EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI .…………………………………………..pag. 7

CAPITOLO IVL’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE ……………….……...pag. 9

CAPITOLO VI CONFLITTI DI LEGGI NELLO SPAZIO ……………………………………………...pag. 11

L’ATTIVITÀ GIURIDICAE LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI

CAPITOLO VILE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETIVE ……………………...…………….…….pag. 14

CAPITOLO VIIIL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO ………………………………………...pag. 17 A) LA PERSONA FISICA ...…………………….……………………………………….pag. 17B) I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ ………...……………………………………….pag. 24C) GLI ENTI ...……………………………………………………….….….…..………...pag. 28

CAPITOLO VIIIL’OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO ..…………………………………………pag. 33

CAPITOLO IXIL FATTO, L’ATTO ED IL NEGOZIO GIURIDICO ..………………………………….pag. 38

CAPITOLO XL’INFLUENZA DEL TEMPO SULLE VICENDE GIURIDICHE ...……………………pag. 42A) NOZIONI GENERALI ...…………….………………………………………………..pag. 42B) LA PRESCRIZIONE ESTINTIVA .....………………………………………………..pag. 42

226R.G.

C) LA DECADENZA …………...………………………………………………………...pag. 44

CAPITOLO XILA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI ………………...……………….…….pag. 46

CAPITOLO XIILA PROVA DEI FATTI GIURIDICI ……………………………………………………...pag. 48

I DIRITTI REALI

CAPITOLO XIIII DIRITTI REALI IN GENERALE E LA PROPRIETÀ …………………………...……pag. 55A) I DIRITTI REALI ……...………………….………………………………………….pag. 55B) LA PROPRIETÀ …………………......……………………………………………….pag. 55

CAPITOLO XIVI DIRITTI REALI DI GODIMENTO ……..……………………………………………….pag. 63 A) LA SUPERFICIE ……....……………………………………………………………..pag. 63B) L’ENFITEUSI …………….…………………………………………………………..pag. 63C) L’USUFRUTTO, L’USO E L’ABITAZIONE ….………...……..……………………pag. 64D) LE SERVITÙ ………………………………………………………………………….pag. 66

CAPITOLO XVLA COMUNIONE E IL CONDOMINIO ……….…………………………………………pag. 70A) LA COMUNIONE ….......………….………………………………………………….pag. 70B) IL CONDOMINIO …….….………….………………………………………………..pag. 72C) LA MULTIPROPRIETÀ …………..……………..………...…………………………pag. 73

CAPITOLO XVIIL POSSESSO …………………………………………………………...…………….…….pag. 75

I DIRITTI DI CREDITO

CAPITOLO XVIIIL RAPPORTO OBBLIGATORIO ………………………………………………………..pag. 84

CAPITOLO XVIIIGLI ELEMENTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO ...………………………………pag. 85

CAPITOLO XIXMODIFICAZIONI DEI SOGGETTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO .………….pag. 90A) MODIFICAZIONI NEL LATO ATTIVO DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO …..pag. 90

226R.G.

B) MODIFICAZIONI NEL LATO PASSIVO DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO …pag. 92

CAPITOLO XXL’ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE ……………………………………….……...pag. 95

CAPITOLO XXIL’INADEMPIMENTO E LA MORA …………………………………………………….pag. 100

CAPITOLO XXIILA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEL DEBITORE ….…………………..…pag. 104

CAPITOLO XXIIII DIRITTI REALI DI GARANZIA (PEGNO ED IPOTECA) .…………………………pag. 106A) CARATTERI GENERALI E COMUNI ……………………………………………..pag. 106B) IL PEGNO ……………………………………………………………………………pag. 107C) L’IPOTECA …………………………………………………………………………..pag. 108

CAPITOLO XXIVI MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE ……….…pag. 113

I CONTRATTI IN GENERALE

CAPITOLO XXVIL CONTRATTO …………………………………………………………………………..pag. 117

CAPITOLO XXVILE TRATTATIVE E LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO ...……………………pag. 120

CAPITOLO XXVIII VIZI DELLA VOLONTÀ .……………………………………………………………….pag. 124A) IL PROBLEMA IN GENERALE .…………………………………………………..pag. 124B) ERRORE …………….……………………………………………………………….pag. 124C) DOLO ….………...……..…………………………………………………………….pag. 126D) VIOLENZA …………………………………………………………………………..pag. 127

CAPITOLO XXVIIILA FORMA DEL CONTRATTO ……………….……......................................................pag. 128

CAPITOLO XXIX

226R.G.

LA RAPPRESENTANZA ……………………………………………................................pag. 129

CAPITOLO XXXIL CONTRATTO PRELIMINARE ED I VINCOLI A CONTRARRE ………………..pag. 134

CAPITOLO XXXIL’OGGETTO DEL CONTRATTO ...…………………………………………………….pag. 136

CAPITOLO XXXIILA CAUSA DEL CONTRATTO .…………………………………………………………pag. 137

CAPITOLO XXXIIIL’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO ………......................................................pag. 141

CAPITOLO XXXIVGLI EFFETTI DEL CONTRATTO ………………….......................................................pag.142

CAPITOLO XXXVGLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL CONTRATTO ………………………………..pag. 147A) NOZIONI GENERALI .……………………………………………………………...pag. 147B) LA CONDIZIONE …………………………………………………………………...pag. 147C) IL TERMINE …....……..…………………………………………………………….pag. 148D) IL MODO …………………………………………………………………………….pag. 149

CAPITOLO XXXVILA MANCANZA DI VOLONTÀ E LA SIMULAZIONE................................................pag. 150CAPITOLO XXXVIIINVALIDITÀ ED INEFFICACIA DEL CONTRATTO ………......................................pag. 153A) IL PROBLEMA GENERALE ……..………………………………………………...pag. 153B) LA NULLITÀ ………………………………………………………………………...pag. 153C) L’ANNULLABILITÀ .....…………………………………………………………….pag. 155

CAPITOLO XXXVIIILA RESCISSIONE E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO ………………………pag. 157

226R.G.

I SINGOLI CONTRATTI

CAPITOLO XXXIXI CONTRATTI DEL CONSUMATORE ……………………………………………..…..pag. 165

CAPITOLO XLI CONTRATTI TITPI E ATIPICI ...……………………………………………...............pag. 170

CAPITOLO XLILA COMPRAVENDITA .………………………………………………………………….pag. 171

CAPITOLO XLIIGLI ALTRI CONTRATTI DI SCAMBIO CHE REALIZZANO UN DO UT DES …..pag.177

CAPITOLO XLIIII CONTRATTI DI SCAMBIO CHE REALIZZANO UN DO UT FACIAS …………...pag. 179

CAPITOLO XLIVI CONTRATI DI COOPERAZIONE NELL’ALTRUI ATTIVITÀ GIURIDICA .……pag. 183

CAPITOLO XLVI PRINCIPALI CONTRATTI REALI ……………………………………………............pag. 189

CAPITOLO XLVIIII CONTRATTI DIRETTI A COSTITUIRE UNA GARANZIA ……………...………...pag. 191

CAPITOLO XLIXI CONTRATI DIRETTI A DIRIMERE UNA CONTROVERSIA .…………………….pag. 193

CAPITOLO LI CONTRATTI AGRARI …………………………………………….................................pag. 195

LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE

CAPITOLO LIVOBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE ………………………………………...pag. 198

226R.G.

LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DA ATTO ILLECITO

CAPITOLO LVLA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE …………………………………..pag. 201

I RAPPORTI DI FAMIGLIA

CAPITOLO LXVTRASFORMAZIONI SOCIALI E RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA ……..pag. 215

CAPITOLO LXVIMATRIMONIO: LA RIFORMA DEL VINCOLO ……………………………………...pag. 216A) IL MATRIMONIO CIVILE ………………………………………………………....pag. 216B) IL MATRIMONIO CONCORDATARIO E IL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI A MINISTRUI DI ALTRI CULTI ……………………………………...pag. 220

CAPITOLO LXVIIIL MATRIMONIO: IL REGIME DEL VINCOLO .…………………………………….pag. 223

CAPITOLO LXVIIIIL REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA …………………………..……...pag. 226

CAPITOLO LXIXLA FILIAZIONE LEGITTIMA ……………………………………………..………........pag. 230

CAPITOLO LXXL’ADOZIONE …………………………………………………………………….………..pag. 234

CAPITOLO LXXILA FILIAZIONE NATURALE …………………………………………….……..............pag. 237

CAPITOLO LXXIIL’OBBLIGAZIONE DEGLI ALIMENTI …………………………..………...………….pag. 240

LA SUCCESSIONE PER CAUSA DI MORTE

226R.G.

CAPITOLO LXXIIIPRINCIPI GENERALI ……………………………………………..……………………..pag. 242

CAPITOLO LXXIVL’ACQUISTO DELL’EREDITÀ E LA RINUNCIA ……………………………………pag. 247

CAPITOLO LXXVLA SUCCESSIONE LEGITTIMA .……………………………………………………….pag. 250

CAPITOLO LXXVILA SUCCESSIONE NECESSARIA………………………………………………………pag. 252

CAPITOLO LXXVIILA SUCCESSIONE TESTAMENTARIA ………………………………………………..pag. 256

CAPITOLO LXXVIIIIL LEGATO …………………………………………………………………………...……pag. 262

CAPITOLO LXXIXLA DIVISIONE DELL’EREDITÀ …………………………………………………..……pag. 263

LE LIBERALITÀ

CAPITOLO LXXXLA DONAZIONE ……………………………………………………………………..……pag. 267

LA PUBBLICITÀ IMMOBILIARE

CAPITOLO LXXXILA TRASCRIZIONE ………………………………………………………………..….…pag. 271