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- Paolo Picone - “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio” DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4 Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio” 1

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- Paolo Picone -

“Dirittodell’organizzazione

mondiale delcommercio”

DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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CAP. 1L’EVOLUZIONE DAL GATT ALL’ORGANIZZAZIONE

MONDIALE DEL COMMERCIO (OMC)

I. IL GATT ORIGINARIO E I SUOI ANTECEDENTI STORICIL'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), è un’organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare numerosi accordi commerciali tra gli stati membri. Vi aderiscono, a luglio del 2008, 153 Paesi che rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi.1. Il WTO è stato istituito il 1 gennaio 1995, alla conclusione dell’URUGUAY ROUND, i negoziati che tra il 1986 e il 1994 hanno impegnatoi paesi aderenti al GATT ed i cui risultati sono stati sanciti nell’”ACCORDO MARRAKESCH” del 15 aprile 1994GATT: accordo internazionale firmato il 30 ottobre 1947 da 23 Paesi per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale.Obiettivo WTO: abolizione o riduzione delle barriere tariffarie alcommercio internazionale, oggetto della normativa sono, non solo i benicommerciali, ma anche i servizi e le proprietà intellettuali.Il periodo del liberismo classico è compreso grosso modo tra larivoluzione industriale e lo scoppio della prima guerra mondialecontraddistinto dalla tendenziale astensione dello Stato liberale da ogniintervento nell’economia e dall’esercizio quasi esclusivo delle attivitàeconomiche da parte delle forze private attraverso i meccanismi diautoregolamentazione del mercato.Nel settore commerciale l’azione dello Stato era quasi esclusivamentelimitata, sul piano interno, all’imposizione di dazi doganali. Assaiscarsi risultavano gli obblighi assunti dai Governi sul pianointernazionale, gli unici impegni erano previsti da una serie di trattatidi amicizia, commercio e navigazione, solitamente a carattere solobilaterale. Anche dal punto di vista del diritto internazionale generale,le norme consuetudinarie applicate in materia economica erano alquantoscarse, tutta la normativa internazionale, convenzionale econsuetudinaria, mirava a garantire la possibilità per gli operatoriprivati di svolgere la propria attività anche in un contestointernazionale.Il periodo del nazionalismo economico è caratterizzato invece dallaprogressiva assunzione diretta di funzioni economiche da parte degliStati e dall’intensificarsi degli interventi anche “esterni” degli stessia sostegno degli apparati economici nazionali nella lotta concorrenzialeDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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sui mercati mondiali. Esso trova il momento di massima espressione nelperiodo tra le due guerre mondiali. I Governi elaborano ampi programmi diintervento nell’economia ispirati a principi nazionalistici, in campocommerciale con l’introduzione di restrizioni quantitative o di tariffedoganali molto elevate e provvedimenti miranti ad accrescere leesportazioni, tipica ad esempio l’azione sui cambi, sia nella formula deicambi multipli sia in quella di una svalutazione competitiva della monetanazionale. Sul piano politico, la base di questa evoluzione èindividuabile nel lento declino dell’egemonia britannica, in seguito allaformazione o al rafforzamento di nuove potenze economico-militari inEuropa e su scala mondiale.2. Il sistema detto del liberismo organizzato e del multilateralismoistituzionalizzato alla conclusione della seconda guerra mondiale è tesoa riaffermare con nuovi strumenti l’apertura dei mercati internazionali.L’attuale “neoliberismo” sovrappone alla disciplina privatistica diverseforme di garanzie pubblicistiche attraverso obblighi giuridici in materiadi cooperazione commerciale, monetaria e finanziaria. Essenzialmente“internazionalizzazione” delle funzioni “sovrane” degli Stati nel campoeconomico e limitazione dei loro autonomi poteri d’intervento, inparticolare per quanto concerne la direzione ed il controllo dei processieconomici a livello internazionale.L’originario sistema del GATT evidenzia dei caratteri assolutamentepeculiari per cui lo stesso GATT è venuto a costituire quasi per caso ilprincipale strumento giuridico sul quale hanno poggiato per quasicinquant’anni l’organizzazione e la disciplina giuridica del commerciointernazionale. Nelle intenzioni, la gestione del commercio internazionale doveva essereaffidata a un sistema normativo e istituzionale ben più complesso esituato all’interno di un quadro globale di ricostruzione dell’economiamondiale. Su queste basi prese corpo una proposta organica che fu oggettodi negoziati multilaterali conclusasi a L’Avana il 24 marzo 1948 ove fufirmato l’ACCORDO ISTITUTIVO DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELCOMMERCIO (ITO), noto anche come “CARTA DELL’AVANA”. Era questo l’accordodestinato a formare uno dei tre pilastri dell’organizzazione giuridicadel sistema economico internazionale postbellico, accanto alleistituzioni monetarie e finanziarie varate nel 1944 alla CONFERENZA DIBRETTON WOODS: il FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (FMI) e la BANCAMONDIALE.La Carta dell’Avana: prevedeva un’ampia regolamentazione dedicata aiproblemi:

del commercio internazionale,DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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all’occupazione, allo sviluppo economico, alla ricostruzione delle economie distrutte, alle pratiche restrittive della concorrenza, agli accordi di produzione, agli accordi sui prodotti di base e agli investimenti esteri.

All’ITO veniva riservato lo status di istituto specializzato dell’ONUsecondo la convinzione che una pace duratura non poteva essere assicuratasenza adeguate misure idonee a favorire un miglioramento generalizzatodelle condizioni di vita delle società statali e quindi l’eliminazione dipossibili cause di conflitto tra gli Stati. L’esecutivo degli Stati Unitiera stato il più attivo promotore di questo disegno, al legislativo dellostesso Paese va imputata la responsabilità del suo fallimento. La mancataratifica della Carta dell’Avana fu dovuta in definitiva al conflittoinsorto tra le esigenze di liberalizzazione degli scambi e la difesadegli interessi nazionali degli Stati.3. Più funzionale risultava l’ACCORDO GENERALE SULLE TARIFFE DOGANALI ESUL COMMERCIO, concepito come uno strumento solo temporaneo per favorirel’immediata rimozione degli ostacoli commerciali introdotti nel periodobellico e prebellico, in attesa che, con l’entrata in vigore dell’ITO, laliberalizzazione degli scambi venisse perseguita in maniera stabile e conpiù ampie funzioni. Quando divenne chiaro che l’ITO non sarebbe maisorta, si cercò di irrobustire il GATT, creando un’organizzazionealternativa, il tentativo di “riconversione” non ebbe successo.Da questo momento, il GATT ha definitivamente operato, fino all’entratain vigore dell’OMC, come il principale strumento giuridico internazionaledi respiro multilaterale nel settore del commercio. Tuttavia, i caratterioriginari ne hanno condizionato per sempre il funzionamento, ponendo serilimiti alla sua capacità di gestire le relazioni commercialiinternazionali.4. LIMITI GATT:

1. l’efficacia delle disposizioni normative dell’Accordo generale dalpunto di vista formale, effetto diretto della sua naturaprovvisoria, infatti gli Stati non hanno mai invocato il regime diapplicazione provvisorio per sottrarsi all’osservanza delle normedell’Accordo generale o per giustificare eventuali violazioni allemedesime, spesso queste incertezze hanno indotto le competentiautorità degli Stati a mettere in dubbio o a negare apertamente ilcarattere self-executing delle disposizioni del GATT e la lorodiretta applicabilità nel diritto interno.Il protocollo del 1947conteneva inoltre la c.d. CLAUSOLA GRANDFATHER che costituiva una

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deroga parziale agli obblighi del GATT, essa assunse un caratterepermanente, finendo così per sottrarre la maggior parte delleregole di comportamento commerciale alla piena osservanza degliStati che hanno potuto mantenere a lungo pratiche commercialichiaramente contrarie all’Accordo. L’importanza della clausolaGrandfather è infatti declinata in modo assai graduale in seguitoal progressivo smantellamento delle vecchie legislazioni nazionalie grazie all’interpretazione sempre più restrittiva che ne è statadata nella prassi;

2. Un altro limite del sistema giuridico del GATT atteneva alcontenuto e alla portata materiale della sua normativa. L’Accordogenerale prendeva in considerazione unicamente la politicacommerciale internazionale, di conseguenza esso mancava di regolareo regolava in maniera incompleta gli altri importanti problemieconomici e sociali, lasciando agli Stati piena libertà d’azione.La disciplina giuridica prevista per il settore strettamentecommerciale era ben lungi dall’essere soddisfacente, limitandosi aconsiderare lo scambio internazionale delle merci e ignorandopressoché completamente altri fondamentali settori.

Il sistema emergente da questo complesso di regole era decisamente troppolimitato rispetto alla vastità dei problemi posti dal commerciointernazionale nel secondo dopoguerra.

3. Il carattere provvisorio del GATT ha avuto infine un’influenzaimportante anche sui suoi aspetti istituzionali; esso non eradotato di una struttura istituzionale significativa, la suagestione venne affidata ad una Commissione ad interim laCOMMISSIONE INTERINALE DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELCOMMERCIO ICITO che sopravvisse nel ruolo di segretariato di fattodel GATT. Accanto all’ICITO vi erano le Parti Contraenti,quell’organo funzionava come una sorta di “conferenza di Stati”. LeParti Contraenti erano chiamate a riunirsi “periodicamente” al finedi assicurare l’esecuzione delle disposizioni dell’Accordo generaleche richiedessero un’azione comune e per facilitare ilfunzionamento dello stesso Accordo e il perseguimento dei suoiobiettivi.

II. L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA FINO ALL’URUGUAY ROUND1. Pochi accordi internazionali hanno fatto registrare nel tempomodificazioni così incisive rispetto ai caratteri originari, comeDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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l’Accordo generale del 1947. È occorso quasi un cinquantennio perrealizzare un sistema normativo e istituzionale nella forma globale euniversale prevista dalla Carta dell’Avana. A questo risultato si ègiunti con un processo di lenta evoluzione. Il GATT ha impresso unnotevole impulso alla liberalizzazione del commercio internazionaletramite una drastica riduzione delle tariffe doganali. Successivamente èstata dedicata un’attenzione crescente anche alle cosiddette barriere nontariffarie al commercio. Nell’ambito del Kennedy Round a Ginevra (1964 –1967) fu perfezionata la disciplina delle sovvenzioni pubbliche alleimprese e quella relativa al dumping. A conclusione del Tokyo Round (1973– 1979), furono poi varati altri sei Codici antidumping, sovvenzionipubbliche alle imprese, fornitura di merci alle pubblicheamministrazioni, valutazione delle merci in dogana, ostacoli tecnici elicenze di importazione.L’URUGUAY ROUND (ottavo e ultimo round del GATT 1986 - 1993) haconsentito un ulteriore, notevole accrescimento del sistema del commerciointernazionale2. Al momento dell’entrata in vigore del GATT la sua membership siestendeva ad un numero ristretto di Stati, esso era dominato da un’unicagrande potenza, gli Stati Uniti. Nel corso degli anni ’60, la rinascitaeconomica del Giappone e la formazione della COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA(CEE) crearono invece una triade di superpotenze, tra le quali si accesela competizione, le organizzazioni economiche regionali vennero a giocareun ruolo sempre più determinante nella regolamentazione delle transazionicommerciali tra Stati e l’adozione di una politica protezionista versol’esterno, con ampie deroghe agli obblighi precedentemente contratti daisingoli Stati membri in base all’adesione al GATT.Effetti di portata anche più ampia derivarono poi dall’affermarsi di unforte blocco di Paesi di nuova indipendenza, in seguito al processo didecolonizzazione, fu accolto così il principio di non reciprocità delleconcessioni tariffarie e degli altri vantaggi commerciali nelle relazioniNord – Sud e, successivamente il principio del trattamento preferenzialedei Paesi in via di sviluppo.Un altro problema era rappresentato dal cosiddetto “commercio di Stato” edai rapporti commerciali “Est – Ovest”. Tra la fine degli anni ’60 el’inizio degli anni ’70, l’ingresso nel GATT di un numero crescente diPaesi dell’Europa dell’Est evidenziò l’inadeguatezza della normativaesistente che mal si attagliava a strutture economiche complessivamenteimprontate a principi dirigisti e di pianificazione, piuttosto cheliberisti.

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3. Si è assistito ad un contrasto tra la tendenza ad un crescenteuniversalismo del GATT e quella al frazionamento del quadro normativocorrispondente. Sotto l’egida del GATT vennero complessivamente stipulatipiù di 200 accordi diversi ed autonomi rispetto all’Accordo generale, iquali spesso non erano espressione di tutte le parti contraenti, bensì diun numero più o meno limitato di Paesi firmatari; ai soli Stati aderenti,quindi, si estendevano i diritti e gli obblighi derivanti da ciascuncodice. La necessità di differenziare i diritti e gli obblighi giuridici in basealle esigenze di singoli Stati o di gruppi di Stati diversi dai Membrioriginari, produsse inoltre nella prassi una singolare varietà dellemodalità di acquisto dello status di Membro del GATT. Lo status di Membro di pieno diritto poteva essere conseguito in benquattro modi diversi:

1. accettazione piena dell’Accordo generale; 2. adesione al Protocollo di applicazione provvisoria del 1947, nel

caso dei Membri originari; 3. stipulazione di appositi protocolli di accessione con le Parti

Contraenti;4. accessione in forma semplificata, attuata attraverso una semplice

dichiarazione di accettazione degli obblighi dell’Accordo generale.Accanto alla membership di pieno diritto, potevano poi distinguersil’applicazione de facto dell’Accordo, la partecipazione provvisoria,l’associazione e lo status di Paese osservatore.4. L’evoluzione dell’ordinamento giuridico del GATT:

Il rafforzamento dell’apparato istituzionale si realizzòessenzialmente tramite delibere delle Parti Contraenti, nonchéattraverso la progressiva formazione di norme consuetudinarie.

Innanzitutto dal 1951 l’introduzione di un organo incaricato dellaconduzione degli affari correnti tra una sessione e l’altra delleParti Contraenti;

nel 1960 il Comitato fu sostituito dal Consiglio deirappresentanti, una sorta di alter ego delle Parti Contraenti, lacoincidenza tra i due organi era virtualmente perfetta. IlConsiglio si limitava all’inizio a preparare le riunioni delleParti Contraenti ed era abilitato ad esaminare nel frattempo tuttele questioni da decidere in queste sedi e le questioni urgenti,esso si vide delegare poteri sempre più ampi, divenendo l’organogenerale del GATT.

Un analogo processo si è verificato riguardo al Segretariato delGATT con l’istituzione, nel 1965, del Direttore generale al posto

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del Segretario esecutivo dell’ICITO. Il Segretariato rafforzò lapropria consistenza organizzativa sino a divenire l’effettivorappresentante del GATT e il “custode” e “depositario” degliaccordi posti sotto la sua egida.

Il quadro istituzionale del GATT fu infine integrato da numerosiorgani sussidiari, di solito creati dalle stesse Parti Contraenti,va notata la particolarità dei comitati e dei consigli previsti daiCodici del Tokyo Round: quali espressioni di accordi autonomi, essinon facevano parte dell’apparato istituzionale del GATT.

Fu di grande importanza la prassi di affidare l’esame dellecontroversie commerciali tra i Membri del GATT a gruppi di espertinominati ad hoc prima di adottare delle decisioni definitive inmerito.

5. Gli sviluppi descritti vennero in definitiva a configurare un assettoistituzionale assai simile a quello delle altre moderne organizzazioniintergovernative, modellato su una struttura di tipo ternario degliorgani fondamentali, coadiuvati da numerosi organi sussidiari, tuttavia,il GATT è rimasto sempre un fenomeno atipico sia sotto il profilo dellastruttura istituzionale, sia sotto l’aspetto dell’organizzazione deipoteri conferiti ai suoi organi e delle modalità d’esercizio dei processidecisionali. Significativa la scarsa “verticalizzazione” dei suddettipoteri con ridotta propensione degli organi del GATT ad adottaredecisioni obbligatorie per tutti gli Stati membri. Il massimo organo deliberativo, le Parti Contraenti, ha sempre continuatoad operare piuttosto come una “conferenza di Stati”, privilegiando ilmetodo del negoziato e delle risoluzioni unanimi tramite la prassi delconsensus.

III. L’OMC E IL NUOVO SISTEMA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE1. L’URUGUAY ROUND ha segnato il superamento di gran parte delle lacune edei problemi evidenziati fino a quel momento dal sistema del commerciointernazionale. Il 20 dicembre 1991 con la messa a punto di un Progettodi Atto finale dell’Uruguay Round, noto anche come “TESTO DUNKEL”, ilDirettore generale del GATT all’epoca in carica, fu istituzionalizzato ilprogetto di una nuova organizzazione. Le riforme adottate in tale sedecostituiscono la più importante opera di regolamentazione delle relazionicommerciali tra Stati mai realizzata. Importanti sono gli effetti di liberalizzazione del commercio conseguitidai negoziati: sostanziose riduzioni dei dazi doganali e delle barriere non

tariffarie, DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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integrazione progressiva dei settori dell’agricoltura e dei tessilinel sistema,

estensione delle regole multilaterali dello scambio di merci a materiedel tutto nuove.

2. L’Atto finale è entrato in vigore il 1° gennaio 1995. il passaggio dalsistema del GATT a quello dell’OMC non è avvenuto però in manieraautomatica, bensì al termine di una fase preparatoria e di un complessoregime di transizione. Il periodo transitorio è durato un anno, altermine del quale, in data 1° gennaio 1996, il vecchio GATT si èufficialmente estinto ed è stato sostituito in toto dall’ordinamentogiuridico facente capo all’OMC. Tuttavia, tra i due grandi sistemi èstato mantenuto uno stretto nesso di continuità grazie all’integrazione,attraverso un triplice richiamo, del cosiddetto acquis del GATT 1947nell’ambito dell’OMC:

Si è affermata infatti l’adesione “alle decisioni, alle procedure ealle prassi abituali, seguite dalle Parti Contraenti del GATT1947”;

Un analogo legame è stato stabilito nei confronti dei principiapplicati ai sensi del sistema precedente, con riferimentospecifico alla materia della soluzione delle controversie;

L’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1947è confluito quasi integralmente in un omonimo accordo amministratodall’OMC.

3. Accanto ai suddetti elementi di continuità, la novità fondamentalerisiede senz’altro nella maggiore integrazione sotto il profilo siaistituzionale che materiale.L’ACCORDO OMC presenta una struttura alquanto particolare esorprendentemente breve, consistendo solo in un Preambolo e in 16articoli. A tale Accordo fanno poi capo, costituendone parte integrante,6 Allegati a loro volta distinti in 28 differenti testi normativi. Ilmotivo di questa peculiarità è che si è deciso di collegarel’Organizzazione con le norme tramite il meccanismo degli Allegati, essisono suddivisi in due categorie: gli “ACCORDI COMMERCIALI MULTILATERALI”(ACM) e gli “Accordi commerciali plurilaterali” (ACP).Gli ACM sono: 1A, “Accordi multilaterali sugli scambi di merci”; 1B, “Accordo generale sugli scambi dei servizi”; 1C, “Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale

attinenti al commercio”; 2. “Intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la

risoluzione delle controversie;DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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3. “Meccanismo di esame delle politiche commerciali”, unico accordo dicarattere “istituzionale”

Gli ACP comprendono: l’Accordo sul commercio di aeromobili civili l’Accordo sugli acquisti governativi.

4. La differenza fondamentale fra le due indicate categorie di accordiriguarda i rispettivi effetti vincolanti. Per gli ACM è stato accolto il principio definito dell’impegno globale ounico, per cui gli Accordi dell’OMC possono essere accettati solo inblocco, gli Stati non possono cioè accettare solo gli accordi per essivantaggiosi, l’unica eccezione è rappresentata appunto dagli ACP. Essivincolano infatti solo gli Stati che vi aderiscono espressamente; sitratta pertanto di accordi giuridicamente distinti.I motivo alla base del particolare regime d’autonomia accordato agliAccordi plurilaterali è che i lavori di rinegoziazione dei corrispondentiCodici del GATT non erano riusciti ad approdare ad un risultatosoddisfacente per tutti i Paesi partecipanti all’Uruguay Round, peraltroaccordi il cui ambito di applicazione materiale era piuttosto limitato.Una certa attenuazione dell’unità del sistema deriva anche dalla c.d.“CLAUSOLA DI NON APPLICAZIONE” ossia della possibilità, già contemplatadall’Accordo generale del 1947, di non applicare l’Accordo OMC tradeterminati Membri se l’uno o l’altro non vi acconsente, tale possibilitàè stata però limitata ai soli casi in cui la corrispondente norma delGATT fosse stata applicata in precedenza e permanesse al momentodell’entrata in vigore dell’OMC per tali membri. Nella prassi, laclausola in questione è stata utilizzata raramente e, quasi sempre, permotivi di carattere politico.5. Il sistema che fa capo all’OMC evidenzia una vocazione fortementeuniversale e detiene un ambito di competenze vastissimo. L’OMC, infatti,non si prefigge solo di gestire e sviluppare gli accordi già esistenti,ma intende fungere altresì da forum negoziale permanente in tutti i campiche possono acquistare rilievo nelle relazioni commerciali.

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CAP. 2STRUTTURA E FUNZIONI DELL’OMC

I. LA STRUTTURA ISTITUZIONALE1. L’Organizzazione mondiale del commercio presenta una strutturaparticolarmente articolata. I suoi organi possono essere distinti in tre categorie in base allaportata delle materie che rientrano nelle rispettive sfere di competenza.

1. Gli ORGANI PRINCIPALI A COMPETENZA GENERALE esercitano la propriaattività in merito a tutte le materie rientranti nel sistemacommerciale multilaterale.

2. Gli ORGANI SUSSIDIARI PERMANENTI esercitano le proprie competenzein stretto coordinamento con gli organi cui è affidata lasupervisione del loro operato: a) organi con competenze generali inmateria di scambi di beni, di servizi o di tutela dei diritti diproprietà intellettuale; b) organi con competenze specifiche nelle materie regolamentatedagli Accordi multilaterali; c) organi che esercitano attività relative a questioni circoscritteche rivestono una rilevanza generale. Organi sussidiari ad hoc,costituiti allo scopo di esaminare specifiche questioni: gruppi dilavoro competenti in materia di adesione; i panels per la soluzionedi controversie; gruppi di esperti, previsti da alcuni Accordimultilaterali, cui i panels possono affidare la soluzione diproblemi di natura tecnica.

3. Nell’attuale ordinamento multilaterale degli scambi internazionaliviene delineata una precisa “struttura piramidale” dei rapporti traorgani, al cui vertice è posta la CONFERENZA DEI MINISTRI.

2. La Conferenza dei ministri si riunisce una volta ogni due anni, oppurein seduta straordinaria su iniziativa del suo Presidente o su richiestadel Consiglio generale o della maggioranza dei Membri dell’OMC.

II. I MEMBRI1. La partecipazione all’OMC è regolata dalle norme relative allo statusdi membro di pieno diritto e di osservatore. L’ART. XI definisce membrioriginari dell’OMC gli Stati che al 1° gennaio 1995 erano particontraenti del GATT 1947, avevano accettato l’Accordo OMC e gli Accordimultilaterali e le cui liste di concessioni erano allegate al GATT 1994 eal GATS.2. In base all’art. XII, gli Stati e i territori doganali autonomipossono aderire all’OMC secondo le modalità con questa concordate sullaDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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base di una decisione del Consiglio generale adottata a maggioranza deidue terzi dei Membri.

1. La prima fase del procedimento di adesione consiste nellapresentazione della domanda di adesione da parte dello Statointeressato.

2. Il Consiglio generale istituisce un gruppo di lavoro col compito diverificare la compatibilità del regime normativo in vigoreall’interno dello Stato candidato, con la disciplina degli Accordiallegati e definire le eventuali modifiche e integrazioni chedevono essere apportate alla sua normativa interna affinché questadisponga degli strumenti legislativi, amministrativi e giuridiciatti a garantire la piena applicazione dell’ordinamento dell’OMC.Parallelamente, sono avviati appositi negoziati tra lo Statoaderente e i Membri dell’OMC per la definizione delle condizioni diaccesso al mercato.

3. Il risultato finale dei negoziati bilaterali viene sottopostoall’esame del gruppo di lavoro.

4. L’attività del gruppo di lavoro ha termine con la redazione di unrapporto finale e di una proposta di decisione sull’adesione,accompagnata dal relativo Protocollo che fissa le condizioni cheregolano la partecipazione all’OMC.

5. Per effetto dell’approvazione in seno al Consiglio generale delrapporto finale, il Protocollo di adesione entra in vigore trentagiorni dopo la sua accettazione da parte dello Stato candidato ediviene così parte integrante dell’Accordo OMC.

3. L’ART. XI DELL’ACCORDO ISTITUTIVO attribuisce la qualifica di membrooriginario non solo agli enti statuali, ma anche alla Comunità Europea.Lo status della CE di membro dell’OMC deve essere esaminato alla lucedelle pertinenti disposizioni del Trattato CE e dell’Accordo Istitutivo.La capacità della COMUNITÀ EUROPEA di concludere accordi internazionali èregolata da due principi del diritto comunitario:

1. la CE può esercitare unicamente le competenze che gli Stati membrile abbiano esplicitamente attribuito;

2. l’unica disposizione che prevede l’esercizio di una competenzaesterna esclusiva è l’ART. 133 per il quale la Comunità èlegittimata a stabilire rapporti con altri soggetti,dell’ordinamento internazionale, tramite la conclusione di accordicommerciali e tariffari.

L’Accordo OMC si configura nell’ordinamento comunitario come un accordomisto, cui partecipano contemporaneamente la Comunità ed i suoi membri,ciascuno per le materie che rientrano nell’ambito delle proprie sfere diDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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competenza esclusiva a contrarre obbligazioni internazionali. Sia laComunità, sia i suoi Membri sono tenuti al rispetto di tutti gli accordimultilaterali facenti capo all’Organizzazione.

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CAP. 3

LA NORMATIVA DI BASE DEL SISTEMA DEGLI SCAMBI DI MERCI

I. GLI ACCORDI MULTILATERALI SUGLI SCAMBI DI MERCI1. Eccettuati tre accordi di natura istituzionale, tutti gli altridocumenti inclusi nella PARTE II DELL’ATTO FINALE contengono le regole dicondotta materiale che gli Stati devono osservare nelle reciprocherelazioni commerciali con la distinzione tra:

gli Accordi commerciali multilaterali (ACM), vincolanti per tuttii membri dell’OMC,

gli Accordi commerciali plurilaterali (ACP) validi solo per gliStati che vi aderiscono espressamente.

Ma la distinzione sostanziale più significativa è quella che a secondadei settori disciplinati consente di configurare il “sistema merci”; il“sistema servizi” e il “sistema dalla proprietà intellettuale”. Ilsistema delle merci rappresenta la componente originaria della disciplinagiuridica del commercio internazionale.2. Il primo e il principale degli ACCORDI MULTILATERALE SUGLI SCAMBI DIMERCI è il GATT 1994. Il nuovo GATT, pur essendo giuridicamente distintodal GATT 1947, è largamente riproduttivo delle norme di quest’ultimo, un“accordo-contenitore” in grado di inglobare altre fonti normative.Il GATT 1994 comprende:

le disposizioni del GATT 1947; i Protocolli e le certificazioni attinenti alle concessioni

tariffarie; i Protocolli di adesione; le decisioni di deroga ai sensi dell’art. XXV ancora in essere alla

data di entrata in vigore dell’OMC; le altre decisioni delle Parti Contraenti; sei intese concernenti l’interpretazione delle seguenti

disposizioni del GATT 19941. “Liste di concessioni”,2. “Imprese commerciali di Stato”, 3. “Disposizioni relative alla bilancia dei pagamenti”, 4. “Applicazione territoriale. Traffico di frontiera. Unioni

doganali e zone di libero scambio”, 5. “Deroghe agli obblighi previsti dal GATT 1994”, 6. “Modifica delle liste”;

il Protocollo di Marrakech.

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Il vecchio GATT è stato incorporato quasi in blocco nel GATT 1994, visono tuttavia alcune significative esclusioni.La prima riguarda ilProtocollo di applicazione provvisoria del 1947, l’adesione all’OMCcomporta infatti il pieno adattamento degli ordinamenti statali agliobblighi del GATT e degli altri accordi annessi. L’esclusione di maggiorrilievo riguarda però le norme relative alla struttura organizzativa delGATT 1947 poiché, nel nuovo sistema, il GATT ha dovuto spogliarsi dellasua dimensione istituzionale per cederla all’OMC.Le disposizioni dell’Accordo generale che definiscono le funzioni delleParti Contraenti, vengono adesso interpretate come riferite allaConferenza dei ministri dell’OMC, oppure alla stessa OMC comeOrganizzazione. Rispetto alla disciplina del GATT 1947 sono previste anche alcuneaggiunte di una certa importanza.3. Il GATT 1994 va coordinato con gli altri 13 accordi sugli scambi dimerci che, a loro volta, ne interpretano o ne integrano la normativa atitolo di lex specialis . Mentre il GATT fornisce le regole di base,ciascuno degli altri accordi dell’Allegato 1° provvede a disciplinare inmaniera più dettagliata particolari aspetti o settori commerciali.Per quanto riguarda il loro contenuto, gli Accordi sugli scambi di mercipossono essere distinti a seconda che si occupino di alcune forme dibarriere non tariffarie allo scambio di merci in generale oppure dispecifici settori merceologici.Gli accordi della prima categoria sono più numerosi e comprendono sia ivecchi “Codici” del GATT 1947 in versione riveduta, sia alcuni accordistipulati ex novo. Gli accordi della seconda categoria mirano ad integrare nel quadrogiuridico multilaterale dello scambio di merci alcuni settori che neerano precedentemente esclusi de iure o de facto.Resta, da ultimo, l’Accordo in materia di salvaguardie che esula dalledue categorie precedenti, esso provvede infatti ad ancorare le azioni disalvaguardia contemplate dall’art. XIX dello stesso GATT a regole piùprecise e a condizioni più rigorose.

ACCORDO CHE ISTITUISCE L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIOELENCO DEGLI ALLEGATI

ALLEGATO 1 AAccordi multilaterali sugli scambi di merciAccordo generale sulle tariffe doganali e sulcommercio 1994 (GATT 1994)

ALLEGATO 1 B Accordo generale sugli scambi dei servizi (GATS)ALLEGATO 1 C Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà

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intellettuale attinenti al commercio (TRIPs)

ALLEGATO 2 Intesa sulle norme e sulle procedure chedisciplinano la risoluzione delle controversie

ALLEGATO 3 Meccanismo di esame delle politiche commerciali(TPRM)

ALLEGATO 4

Accordi commerciali plurilaterali- accordo sul commercio di aeromobili civili- accordo sugli appalti pubblici- accordo internazionale sui prodotti lattiero-

caseari (estinto)- accordo internazionale sulle carni bovine

(estinto)

II. LA NORMATIVA DEL GATT 19941. Il GATT 1994 costituisce ancor oggi la base normativa principale nonsolo per il settore degli scambi di merci, bensì per l’intero sistema delcommercio mondiale. Non è sempre chiara la differenza tra gli obiettivi ei principi economici che ispirano il GATT e le loro espressioni a livellogiuridico, difficoltà assai rilevanti sorgono soprattutto quando siintenda procedere alla distinzione tra gli obiettivi del GATT 1994,principi, standard e disposizioni normative specifiche. Obiettivi: programmi generali di azione dell’intero sistema, o direttricie finalità che ne caratterizzano e/o condizionano il funzionamento qualilo sviluppo sostenibile, crescita economica dei Paesi in via di sviluppo,conclusione di accordi “finalizzati a una sostanziale riduzione delletariffe e degli altri ostacoli agli scambi”.Principi: contenuto generale e costituiscono quei parametri normativi dicarattere generale che esprimono i valori essenziali del sistema in causae informano di sé il modo di funzionare complessivo del medesimo, o laregolamentazione concreta di alcuni suoi determinati settori specifici. Standard: nozione di contenuto più incerto, la dottrina fa riferimento intal caso a delle regole basilari, dotate di un contenuto prescrittivopreciso ma “standardizzato” che le avvicina in qualche modo ai principi ele rende funzionali e/o ausiliarie alla concretizzazione dei medesimi.L’espressione standard si riferisce anche generalmente a quella categoriadi regole strettamente tecniche che vengono frequentemente assunte perfissare i parametri più strettamente operativi e materiali deicomportamenti che gli Stati devono seguire.Disposizioni o norme giuridiche specifiche: destinate a predisporre laconcreta regolamentazione delle fattispecie volta a volta in causa, è la

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categoria di norme assolutamente prevalente nel testo del GATT. In essapossono essere fatte rientrare anche le disposizioni che prevedano delleclausole di eccezione.2. Tali norme possono essere suddistinte orizzontalmente a seconda deltipo o modello di comportamento prescrittivo. In tal senso possono essere individuati cinque principali “modellinormativi” differenti con riguardo alle diverse pratiche e modalità diinterscambio commerciale oggetto di regolamentazione:

1. Primo modello: appartengono le norme che sottopongono gli scambi dimerci al fondamentale obbligo del pari trattamento delle merci odivieto di discriminazione;

2. Secondo modello: comprende le norme che assicurano la reciprocitàdegli obblighi contratti tra gli Stati e dei corrispondenti dirittie vantaggi commerciali;

3. Terzo modello: riguarda l’eliminazione degli ostacoli allo scambiodi merci;

4. Quarto modello: serie di norme, il cui tratto distintivo comuneconsiste nel concedere agli Stati la facoltà di reagire contromisure commerciali altrui lesive dei propri diritti o interessi;

5. Quinto modello: si riferisce ad una categoria residuale di normeche comportano degli impegni di carattere accessorio o strumentalerispetto all’attuazione delle norme direttamente concernenti loscambio di merci.

Questi diversi modelli corrispondono a differenti regimi normativi cuisono assoggettabili gli scambi di merci.3. Esame analitico della normativa del GATT partendo dagli elementi dicarattere più generale per passare poi alla disciplina di dettagliocontenuta nello stesso GATT e negli accordi connessi.

III. OBIETTIVI1. Gli obiettivi perseguiti dalla normativa degli scambi internazionalidi merci sono formalmente identici a quelli formulati nel PREAMBOLODELL’ACCORDO GENERALE per l’originario ordinamento giuridico del GATT.I governi delle parti contraenti dichiarano:

di voler tendere nelle loro relazioni in campo commerciale “adinnalzare il livello di vita, ad assicurare il pieno impiego e untasso elevato e sempre crescente del reddito reale e della domandaeffettiva, a sviluppare la piena utilizzazione delle risorsemondiali e ad espandere la produzione e lo scambio dei prodotti”;

e ciò attraverso “la conclusione di accordi finalizzati allariduzione sostanziale delle tariffe doganali e degli altri ostacoli

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agli scambi e all’eliminazione del trattamento discriminatorio nelcommercio internazionale”.

A differenza dell’Accordo generale del 1947, che indicava obiettivi distampo liberista la cui realizzazione poteva essere affidata aimeccanismi del mercato, il Preambolo conterrebbe obiettivi di tipostrumentale idonei a consentire alle forze economiche di dispiegarsiliberamente.2. Assai limitata appare la definizione degli obiettivi dell’interosistema realizzata dal Preambolo dell’Accordo istitutivo dell’OMC:

porre un freno allo sfruttamento indiscriminato delle risorsenaturali fin qui praticato,;

favorire uno sfruttamento “razionale” delle medesime. Allo stessotempo si è preso atto che l’armonizzazione tra le esigenze dellacrescita economica e del commercio e quelle della tuteladell’ambiente può risultare problematica in presenza di un diversolivello di sviluppo tra i vari Paesi e sollevare conflitti neirapporti Nord-Sud.

occorre adoperarsi concretamente affinché i Paesi in via disviluppo “si assicurino una quota della crescita del commerciointernazionale proporzionale alle necessità del loro sviluppoeconomico”.

IV. LA CLAUSOLA DELLA NAZIONE P IÙ FAVORITA (c.n.f.p.) 1. Tra i principi materiali di rango “costituzionale” un ruoloindiscutibilmente strategico spetta al principio della nondiscriminazione o del pari trattamento. Clausola fondamentale detta dellanazione più favorita con prescrizione di obblighi di non discriminazionein relazione a materie particolari.La clausola della nazione più favorita è stata definita il “perno” delGATT, essa non nasce però con il GATT, le sue origini sono infatti moltoremote. Il trattamento della nazione più favorita consiste nel“trattamento accordato dallo Stato che lo concede allo Stato che nebeneficia, non meno favorevole del trattamento conferito dallo Statoconcedente ad uno Stato terzo”. Lo Stato beneficiario viene così agodere, nei confronti dello Stato concedente, del diritto ad untrattamento pari o comunque non meno favorevole dal trattamento da questoriservato allo Stato terzo. I motivi possono avere motivazioni politicheed economiche o entrambe.2. Le clausole convenzionali volte a dare concreta attuazione altrattamento della nazione più favorita possono assumere caratteristichemolto differenti:DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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profilo soggettivo: il trattamento in parola può essereinnanzitutto oggetto di una concessione reciproca tra lo Statoconcedente e quello beneficiario oppure una concessioneunilaterale;

profilo soggettivo: la c.n.f.p. può poi risultare determinata oindeterminata a seconda che il riferimento cada sui vantaggiconcessi ad uno o più Stati terzi specificamente indicati, oppuread un qualsiasi Stato terzo;

profilo soggettivo: attiene infine alla portata bilaterale omultilaterale della c.n.f.p. e degli accordi che la contemplano,ove sono in rilievo i paesi terzi, bensì quelli beneficiari dellaclausola. Mentre la c.n.f.p. in forma bilaterale è utilizzata permantenere delle posizioni privilegiate nei rapporti tra due Stati,il suo inserimento in accordi di carattere multilaterale consentela generalizzazione dei vantaggi de quo divenendo così il piùefficace strumento per l’eliminazione delle discriminazioni;

profilo materiale: il funzionamento della c.n.f.p. è soggetto anotevoli variazioni nella prassi. La sfera di applicazionemateriale della clausola varia di solito in relazione alla portatadegli accordi che la contemplano. Tuttavia essa non operanecessariamente nei confronti di tutte le materie ivi disciplinate,potendo riguardare un numero di settori più circoscritto, ovveroc.n.f.p. speciale o (limitata).

3. Modalità con cui si realizza l’estensione dei benefici della nazionepiù favorita; “stabilizzata” è solo la parità di trattamento e non ilcontenuto di tale trattamento. Gli effetti materiali della c.n.f.p. hannonatura contingente e variabile, essendo legati all’evolversi dei rapportitra lo Stato concedente e gli Stati terzi più favoriti.Un ultimo e assai importante criterio di qualificazione della clausola èquello che si riferisce al funzionamento condizionato o, al contrario,incondizionato della medesima. Nella forma incondizionata, i vantaggiriconosciuti dallo Stato concedente agli Stati terzi si estendonoautomaticamente e gratuitamente allo Stato beneficiario. Si parla invecedi condizionamento della clausola quando i vantaggi de quo si estendonoal beneficiario solo se quest’ultimo assicura, a sua volta, delleprestazioni equivalenti a quelle già offerte dal terzo Stato per ottenerei predetti vantaggi.4. Esaminando la normativa del GATT la regola della nazione più favoritaassume qui una forma particolarmente ampia e avanzata. Ogni Paese membrodell’OMC è obbligato a concedere a ciascun altro Membro lo stessotrattamento riservato in relazione allo scambio di merci a qualsiasiDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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Paese terzo, anche quando quest’ultimo non sia Membro dell’OMC. Laclausola risulta essere quindi reciproca, indeterminata e, ovviamentemultilaterale. Essa è inoltre incondizionata, evidenti le finalitàegualizzatrici e antidiscriminatorie affidate a tale tecnica giuridicanel contesto del sistema GATT/OMC.ART. I: il campo di applicazione è molto vasto riguarda i dazidoganali, ma comprende anche le imposizioni di qualsiasi genere, idiritti concernenti i trasferimenti internazionali di valuta, l’insiemedelle regolamentazioni e modalità amministrative attenenti alleimportazioni o esportazioni, le imposte sui prodotti importati, le leggie regolamenti relativi alla vendita, messa in vendita, acquisto,trasporto, distribuzione e utilizzazione di questi prodotti sul mercatointerno.REGOLA DEL CONSOLIDAMENTO: essa consente la revoca o la modifica delleconcessioni effettuate da ciascun Membro dell’OMC su qualsiasi prodottosolo dopo tre anni e solo con l’assenso degli Stati interessati allafornitura del prodotto in questione. ART. XXIII del GATT: relativa alla “Protezione delle concessioni e deivantaggi”, per cui gli Stati non possono arbitrariamente adottare misureche, anche se di per sé lecite, siano suscettibili di annullare ocompromettere i vantaggi, tariffari e non, da essi precedentementeconcessi.5. Eccezioni: alcune delle quali rappresentano dei limiti “strutturali”al funzionamento della clausola nella forma multilaterale eincondizionata accolta dall’art. I del GATT.

1. disposizioni dell’ART. XXIV DELL’ACCORDO: autorizzano condizioniparticolari per i traffici commerciali di frontiera o per quellirelativi al territorio di unioni doganali e zone di libero scambio,a patto di non aggravare il trattamento precedentemente riservatoai Membri dell’OMC;

2. eccezione “strutturale”: consente ai Paesi sviluppati untrattamento differenziato, più favorevole e non reciproco, intermini di misure tariffarie e non tariffarie, a favore dei Paesiin via di sviluppo;

3. Per quanto riguarda infine le eccezioni previste da accordi diversidal GATT 1994, l’ART. II DELL’ACCORDO GATS, oltre a riprodurre ledisposizioni dell’art. XXIV del GATT sullo scambio tra Paesilimitrofi in materia di fornitura di servizi, contempla anche unaspecifica procedura per la richiesta di esenzione temporaneadall’obbligo generale del trattamento della nazione più favorita.

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6. Ai fini dell’applicazione dell’ART. I DEL GATT e delle sue eccezioni,assume un’importanza strategica la nozione di “prodotto similare”,l’obbligo di estendere i vantaggi della nazione più favorita vige infattinei confronti di “tutti i prodotti similari originari del, o destinati alterritorio di tutte le altre parti contraenti”, di notevole importanzaper l’applicazione dell’intera disciplina giuridica del commerciomondiale. Non essendovi una definizione precisa del concetto di“similarità”, ogni Stato è libero di adottare i criteri che ritiene piùopportuni.A superare queste incertezze ha contribuito una copiosa giurisprudenzache ha consentito di delineare una sorta di teoria unitaria dellasimilarità richiamandosi a criteri di definizione il più possibileobiettivi. Tale teoria muove dalla prospettiva dell’opportunità diun’interpretazione il più possibile restrittiva della nozione disimilarità quando la stessa sia impiegata nel contesto di una clausolad’eccezione e la necessità di un’interpretazione, al contrario, estensivadella stessa tutte le volte in cui si tratti di garantire il rispettodegli obblighi convenzionali di portata generale e dei principifondamentali del GATT.

V. LA CLAUSOLA DEL TRATTAMENTO NAZIONALE1. Il principio di non discriminazione trova attuazione anchenell’obbligo del trattamento nazionale accolto dall’ART. III chegarantisce la “parità interna”, ovvero l’assimilazione delle mercistraniere a quelle nazionali cioè vieta la discriminazione contro i Paesistranieri, a beneficio dei produttori nazionali. Anche la portatamateriale dell’obbligo del trattamento nazionale è assai vasta, ledisposizioni principali sono quelle dei par. 1, 2 e 4.Il PAR. 1: prende in considerazione “le tasse e le altre imposizioniinterne”, il trattamento dei prodotti esteri e di quelli nazionali dovràessere tale da evitare la protezione delle produzioni nazionali esclusi idazi doganali. Una volta introdotte nel Paese d’importazione,l’equiparazione delle merci estere a quelle di produzione locale deveessere piena.2. l’ART. III, PAR. 2: si occupa in modo specifico delle tasse e dellealtre imposizioni fiscali interne, disponendo che esse non devono colpirei prodotti provenienti dal territorio di qualsiasi Stato membro dell’OMCe importati nel territorio di un qualsiasi altro Membro, in misurasuperiore a quelle concernenti i prodotti nazionali similari, lanormativa in esame non si limita a vietare le imposizioni interne

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intrinsecamente discriminatorie, ma condanna altresì gli effettiprotezionistici che possano derivare dalla loro applicazione.3. In concreto, per verificare se esista una discriminazione ai sensidell’art. III, par. 2, occorre procedere nel modo seguente.Innanzitutto va esaminato se si tratti di prodotti simili. In secondoluogo se il prodotto importato sia soggetto ad una tassazione interna piùsfavorevole. Se la risposta a entrambi i quesiti è positiva, vi è, ipsofacto, una violazione dell’art. III, par. 2, prima disposizione. Se larisposta al secondo quesito è negativa, siamo invece in presenza di unamisura pienamente legittima. Ma se è solo la risposta al primo quesito arisultare negativa, l’indagine deve continuare alla luce della secondadisposizione dell’art. III, par. 2, per verificare se i prodotti siano inun rapporto di diretta competitività o succedaneità. In caso affermativo,deve infine procedersi a verificare se la disparità di trattamentofiscale abbia l’effetto di proteggere la produzione nazionale a scapitodelle importazioni.4. L’ART. III, PAR. 4: si occupa di tutte le altre misure interne diversedalle imposizioni fiscali, ovvero le prescrizioni normative, derivanti daleggi, regolamenti o altre fonti, relative alla commercializzazione, altrasporto, alla distribuzione e all’utilizzazione delle merci sul mercatointerno. L’obbligo del trattamento nazionale costituisce poi la base perla normativa prevista dall’art. XVII in tema di monopoli commercialistatali i quali sono consentiti a patto di conformarsi al principiogenerale di non discriminazione prescritto nel presente Accordo per lemisure d’ordine legislativo o amministrativo concernenti le importazionio le esportazioni che sono effettuate dai commercianti privati.5. Nemmeno l’obbligo del trattamento nazionale va esente da alcuneeccezioni. Esso non si applica ai cosiddetti “acquisti pubblici” ovveroai prodotti acquistati da organismi governativi e destinati allenecessità dei pubblici poteri. È consentita altresì l’attribuzione aisoli prodotti nazionali di sovvenzioni pubbliche. Tuttavia, l’Accordosulle sovvenzioni e sulle misure compensative dell’OMC ha stabilitoesplicitamente il divieto delle sovvenzioni alla produzione condizionateall’uso preferenziale di merci nazionali rispetto ai prodotti importati.

VI. IL PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ1. Accanto al principio di non discriminazione, il secondo principiofondamentale che governa il sistema degli scambi internazionali di merciè quello della reciprocità. Non forma oggetto di una regola specifica, matrova attuazione in diverse disposizioni normative. Il suo principaleambito di applicazione è costituito dalla materia delle concessioniDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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tariffarie. I negoziati multilaterali previsti dall’art. XXVIII bis delGATT per la riduzione progressiva dei dazi doganali devono svolgersiinfatti “su una base di reciprocità e di mutui vantaggi”.Le stesse considerazioni valgono per i negoziati intrattenutidall’insieme dei Membri dell’OMC e uno Stato terzo in occasione di nuoveadesioni. Il principio di reciprocità si estende attualmente anche ai negoziatirelativi alla rimozione delle barriere al commercio dei servizi. La reciprocità opera ad un livello più generale in tutto il sistemaGATT/OMC assumendo la veste di principio strutturale delle relazioniinternazionali in materia di trattati.2. Il concetto di reciprocità può assumere una doppia valenza a secondache lo si consideri sotto il profilo formale o sostanziale.Nell’accezione formale esso serve a designare la simmetricità degliimpegni convenzionalmente assunti dagli Stati e dei diritti e vantaggi adessi riconosciuti sul piano normativo. Dal punto di vista sostanziale lareciprocità contiene un quid pluris, dato dall’esigenza di un costantebilanciamento tra i vantaggi effettivamente ottenuti dagli Stati sulpiano materiale e di un soddisfacimento equilibrato dei loro rispettiviinteressi economici.Nel sistema GATT/OMC, il principio di reciprocità formale e quello direciprocità sostanziale appaiono strettamente correlati e, anzi, sonoconcepiti come tendenzialmente coincidenti. Ciò nondimeno, essimantengono un’autonoma portata e sono addirittura suscettibili di entrarein aperto contrasto, così la nozione di equilibrio dei vantaggi è statacostantemente interpretata in termini di pari opportunità commerciali enon di pari volumi di scambio.3. L’adozione di serie di deroghe al principio della reciprocità formalee rilievo normativo più diretto ed un significato più pregnante alprincipio della reciprocità sostanziale, nel sistema delle eccezioni alleregole generali del GATT e degli altri Accordi dell’OMC, può essereconsiderato come uno strumento di “correzione” e “perequazione materiale”del funzionamento della reciprocità formale in tutte le occasioni in cuisi verifiche una considerevole divergenza tra i vantaggi effettivamenteottenuti dagli Stati.4. La necessità di apportare un correttivo materiale al tradizionalefunzionamento del principio di reciprocità è stata sostenuta in tempirecenti anche da un gruppo di Stati industrializzati in rapporto aicosiddetti Paesi di nuova industrializzazione e al Giappone. A questiultimi Paesi si contesta di perseguire una politica di scambi “sleale”.Una situazione del genere è resa legittimamente possibile dal meccanismoDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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negoziale normalmente seguito nel GATT 1947 e confermato anche per inegoziati dell’Uruguay Round, che si basa su un abbassamento dei dazidoganali di ammontare percentuale uniforme per larghe categorie diprodotti, senza richiedere un’armonizzazione delle tariffe in terminiassoluti, sì da lasciare impregiudicata l’esistenza di livelli diprotezione doganale differenti nei diversi Stati. Appunto questomeccanismo e i suoi effetti sono stati messi più volte in discussione. Dalle recriminazioni si è passato spesso ai fatti col varo di appositelegislazioni unilaterali. La liceità di tali politiche, alla luce degliobblighi multilaterali dell’OMC, è però assai dubbia e la questione haprovocato il sorgere di diversi conflitti con altri Membridell’Organizzazione.VII. IL PRINCIPIO DI “PROTEZIONE DOGANALE ESCLUSIVA” E IL DIVIETO DI

RESTRIZIONI QUANTITATIVE1. Gli impegni che gli Stati sono tenuti ad assumere, in conseguenzadella loro partecipazione al sistema multilaterale degli scambi,riguardano essenzialmente la rimozione dei dazi doganali e degli ostacolial commercio.Rispetto ai dazi doganali si afferma la necessità di una loro riduzioneprogressiva, ma essi non sono vietati, corrisponde un netto disfavore pertutte le forme di barriere non doganali che possono avere effetti moltodiscorsivi sul commercio, pertanto esse sono destinate ad esserecompletamente rimosse.L’eliminazione delle barriere non tariffarie al commercio è richiesta, intermini generali, dagli art. III, VIII e XI del GATT.2. L’art. XI prevede l’interdizione assoluta delle cosiddette“restrizioni quantitative” al commercio. Disposizione di vastissimaportata, in base alla quale risulta vietato qualsiasi genere diprovvedimento suscettibile di incidere in senso limitativo sullacircolazione internazionale delle merci.La portata degli effetti protezionistici e di distorsione dellaconcorrenza ricollegabili alle restrizioni quantitative non è insensibilealla forma con cui queste vengono attuate. Nell’art. XI del GATT sonospecificamente contemplate le ipotesi dei contingenti e delle licenze. Icontingenti comportano la fissazione di un ammontare prestabilito dellaquantità o del valore di un prodotto che può essere importato oesportato.Nel caso del contingente globale, la quantità o il valore delleimportazioni o esportazioni consentite vengono predeterminati ingenerale. Vige allora il principio del “primo arrivato, meglio servito”per cui, una volta raggiunto il tetto previsto, le importazioni o leDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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esportazioni devono cessare, escludendo chi non ne abbia ancoraapprofittato. Contingenti in quota, il sistema delle quote può consentirepiù facilmente di far salvo il principio di non discriminazionegarantendo i diritti di tutti gli Stati nella distribuzione delle quote.Il sistema dei contingenti è in ogni caso preferito a quello dellelicenze le quali presentano inconvenienti ancora maggiori sotto ilprofilo dell’arbitrarietà e della discriminazione. Le licenzepresuppongono un divieto generale all’importazione o all’esportazione chepuò essere derogato tramite apposite autorizzazioni amministrative, divolta in volta concesse ai privati. La facoltà di importare o esportareviene dunque a dipendere da provvedimenti decisi caso per caso in base avalutazioni discrezionali che rischiano di essere influenzate dallapressione di lobbies economiche e gruppi di interesse.3. Nell’art. XI, l’indicazione dei contingenti e delle licenze come mezzidi attuazione delle restrizioni quantitative non è esaustiva, poiché sifa riferimento anche ai divieti e alle restrizioni realizzati “tramitealtre misure” e lascia quindi larghi margini di discrezionalitàall’interprete. Sotto il divieto dell’art. XI può ricadere ogni genere diprovvedimenti statali i quali siano suscettibili di produrre effettiprotezionistici o rappresentino comunque un ostacolo al commercio. Tra iprovvedimenti statali suscettibili di produrre gli effetti suddettivengono soprattutto messe in rilievo le misure che subordinanol’importazione o l’esportazione a particolari condizioni o adempimenti.Per esigenze di maggiore certezza giuridica, questa materia è divenutaprogressivamente oggetto di una normativa sempre più dettagliata, cheoggi costituisce la parte più ponderosa della disciplina giuridica degliscambi di merci.VIII. LO STANDARD NORMATIVO DELLA “REAZIONE DELLO STATO LESO”1. Per “reazione dello Stato leso” è attribuita ai singoli Stati lafacoltà di reagire con mezzi adeguati nei confronti di misure di altriStati ritenute lesive dei propri diritti o interessi.Quando si parla di lesione di diritti, si presuppone ovviamente lacommissione di un illecito, ovvero un comportamento tenuto in violazionedi obblighi giuridici.Una analoga reazione è possibile però anche di fronte a comportamentiche, pur non implicando la violazione di obblighi giuridici, risultanotuttavia sleali o semplicemente pregiudizievoli per lo Stato che lisubisce. Si ha allora una lesione non già di diritti, bensì di sempliciinteressi.2. In particolari circostanze lo Stato leso da una determinata misura puòreagire anche autonomamente, al di fuori, cioè, del meccanismo diDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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garanzia istituzionale e prescindendo quindi dall’intervento edall’autorizzazione degli organi dell’OMC.IX. REGOLE DI CARATTERE ACCESSORIO E STRUMENTALE1. La disciplina giuridica degli scambi di merci è integrata da una seriedi norme che non attengono in senso proprio alle politiche commercialidegli stati, ma rivestono un carattere accessorio o strumentale rispettoalle regole direttamente concernenti tali politiche. Le normeappartenenti alla categoria “accessorio” sono anch’esse delle norme dicondotta materiali, mentre le norme della categoria “strumentale” siriferiscono piuttosto ad obblighi di natura formale e procedurale.2. Un altro corollario essenziale della liberalizzazione degli scambi dimerci è costituito dalla libertà di effettuare i trasferimenti monetarinecessari ai pagamenti delle transazioni commerciali. L’ art. XV sancisceun principio di collaborazione tra le autorità del sistema multilateraledel commercio e quelle del Fondo monetario internazionale.3. Un ordinato svolgimento delle attività commerciali internazionalirichiede ancora l’esistenza di condizioni di stabilità e di certezzagiuridica. A creare simili condizioni contribuisce in manieradeterminante il principio della trasparenza delle misure statalisuscettibili di avere ripercussioni sugli scambi. L’art. X prescrive adogni Stato l’obbligo di pubblicare prontamente qualsiasi dato einformazione che possa essere rilevante per il commercio.Per quanto riguarda le prescrizioni di carattere interno, esse nonpossono entrare in vigore prima di essere state ufficialmente pubblicate,quando comportino l’accrescimento di un dazio o di un’altra imposizioneall’importazione, oppure una misura, una restrizione o un divieto nuovimo aggravati per le importazioni o per il trasferimento dei fondirelativi alle importazioni. Ogni Stato è tenuto ad assicurare lapossibilità di un esame imparziali e indipendente delle decisioniamministrative relative alle questioni doganali attraverso istanze eprocedure giudiziarie, arbitrali o amministrative.Il principio di trasparenza ha infine acquisito una dimensione nuova,coinvolgente il complesso delle condotte commerciali degli Stati, graziealla istituzione del Meccanismo di esame delle politiche commercialidisciplinato dall’Allegato 3 dell’Accordo OMC.Una funzione analoga a quella delle disposizioni in tema di trasparenza epubblicità è svolta dagli obblighi degli Stati di notificare ai variorgani dell’OMC e agli altri Membri dell’Organizzazione ogni misurasuscettibile di ripercuotersi sulle relazioni commerciali e dirilasciare, a richiesta, ulteriori informazioni in proposito. È statoprevisto anche l’obbligo di notifica generale e creata una nuovaDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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istituzione: il Registro centrale delle notifiche, costituito sotto laresponsabilità del Segretariato dell’OMC. Quest’ultimo è tenuto agarantire che nel registro siano annotate tutte le informazioni rilevantifornite dal Membro interessato rispetto alle misure oggetto di notifica.Il Registro centrale provvede ad elaborare delle referenze incrociate trale registrazioni delle notifiche per Membro e per obbligo; ad informareannualmente ciascun Membro degli obblighi di notifica periodici che taleMembro è tenuto a soddisfare nel corso dell’anno seguente; a sollecitarlocon riguardo agli obblighi di notifica periodici rimasti inevasi e, surichiesta, a mettere a disposizione di qualsiasi Membro, a ciò abilitato,le informazioni relative alle notifiche in suo possesso.

CAPITOLO IVMISURE TARIFFARIE E REGIMI SPECIALI

I. LE TARIFFE DOGANALI1. Il GATT accoglie il principio della “protezione doganale esclusiva” :i dazi doganali sono, cioè, l’unico strumento consentito di protezionedei mercati nazionali nei confronti della concorrenza estera. Tuttavia, idazi doganali costituiscono pur sempre un ostacolo al commercio. Oltre allivello, è molto importante anche la natura dell’imposizione tariffaria.I dazi doganali assumono infatti caratteristiche diverse in relazioneallo scopo da essi perseguito, alle attività colpite e alle modalità dipercezione.Per quanto riguarda lo scopo e le attività colpite, tutti i dazi doganalihanno, in senso lato, natura fiscale, essendo configurabili comeun’imposta sulle importazioni o sulle esportazioni. I dazi fiscali insenso stretto sono però solo quelli che perseguono esclusivamentel’obiettivo di procurare un gettito alla finanza pubblica.Dazi di esportazione – dazi d’importazione – dazi di transitoRispetto alle modalità di percezione risultano più frequenti i cosiddettidazi ad valorem. Essi vengono calcolati in proporzione al valore dellemerci importate o esportate, stabilito dalle autorità doganali di ciascunPaese. I dazi specifici prevedono invece un’aliquota di prelievo fissaper unità fisica o per unità di peso del prodotto. Vi è anche l’uso dicontingenti tariffari che comportano diritti doganali variabili infunzione di diversi stocks di merci.2. Un grave elemento di perturbazione degli scambi internazionali dimerci è spesso costituito dalla variabilità delle tariffe, ogni Stato èinfatti libero di modificare le aliquote applicate sui diversi prodotti aseconda delle circostanze. Per contro, è in uso la prassi di concordareDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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delle bande di oscillazione di tali aliquote, con l’impegno a nonsuperare dei “tetti” massimi stabiliti.Un problema ulteriore per il commercio internazionale può derivare dallacosiddetta dispersione tariffaria che attiene alle variazioni che siregistrano nello stesso momento tra le aliquote applicate da uno Stato aprodotti diversi, rispetto al livello generale medio delle tariffe.Si parla infine di dispersione geografica delle tariffe doganali conriferimento alle variazioni di aliquota intercorrenti nello stessomomento tra diversi Paesi.3. I vari elementi fin qui esaminati ( livello e natura delle tariffe,livello ed estensione del consolidamento delle medesime, coefficienti didispersione ) contribuiscono a configurare la struttura dello schematariffario di ciascun Paese e a determinare il grado complessivo di“protezione doganale” del corrispondente mercato nazionale. È perciòsull’insieme di queste variabili che il GATT intende operare perrealizzare l’espansione degli scambi internazionali.Il principale strumento cui è affidata la realizzazione degli obiettivi ècostituito dai negoziati tariffari multilaterali organizzatiperiodicamente sia nell’ambito del GATT 1947, sia, ora, dell’OMC.4. I risultati finora concretamente raggiunti in materia tariffaria sonoassai importanti, non si deve però pensare che gli ostacoli tariffari alcommercio abbiano perso qualsiasi rilevanza economica, anche se solopochi settori presentano tuttora tariffe sensibilmente superiori allamedia.5. Esaminati i procedimenti e i metodi utilizzati per la riduzione deidazi ed i risultati materiali conseguiti in tal senso, va illustratobrevemente il regime normativo cui, una volta negoziate, sono sottopostele concessioni tariffarie.Innanzitutto, le concessioni accordate da ciascuno Stato nell’ambito deinegoziati tariffari sono elencate in delle liste numerate che vengonoannesse all’Accordo generale, divenendone parte integrante.Le concessioni tariffarie relative ai prodotti elencati nelle listeannesse all’Accordo generale sono soggette alla regola delconsolidamento, con cui è fatto divieto di imporre nuovi dazi o diinasprire quelli esistenti.L’aliquota tariffaria consolidata è un’aliquota massima, nulla impedisceagli Stati di praticare, in qualsiasi momento, un’aliquota inferiore.Un’ulteriore precisazione va fatta in ordine alla natura delle tariffesottoposte al regime normativo descritto: il divieto di inasprimentodelle concessioni consolidate è esteso agli “altri dazi o imposizioni diqualsiasi genere percepiti all’importazione o in occasioneDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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dell’importazione”. Dal GATT 1994 è previsto l’obbligo per tutti i Membridi indicare espressamente la natura e il livello degli altri “dazi oimposizioni” prelevati su tutte le singole posizioni tariffarie. Sonoinvece del tutto esclusi dall’ambito di applicazione delle disposizioniprecedenti i dazi di carattere strettamente fiscale equivalenti a tasseinterne che colpiscono i prodotti nazionali similari o una merceincorporata nel bene importato in conformità con l’art. III, par. 2 dellostesso GATT; i dazi antidumping ed i dazi compensativi; i canoni o altridiritti corrispondenti al costo dei servizi resi.6. L’art. XXVIII concerne la facoltà per i singoli Stati di modificareprecedenti concessioni o di revocarle del tutto. Un passo del genere puòessere facilmente determinato dall’evoluzione della situazione economicae commerciale di un Paese e da eventi particolari. Tuttavia. L’art.XXVIII, par.1 subordina la modifica o il ritiro di una concessione allosvolgimento di un negoziato e alla conclusione di un accordo con ognialtro Stato con cui tale concessione sia stata negoziata in origine,anche nei confronti di uno stato riconosciuto quale “fornitoreprincipale” ovvero ogni Paese che conseguisse una quota del mercatonazionale del Paese che richiedeva la modifica o la revoca di unaconcessione concernente tale prodotto più elevata di quella detenuta dalnegoziatore originario. L’intesa dell’OMC definisce: - lo status difornitore principale è accordato anche al Paese che destini al mercatodel Paese che modifica o revoca la concessione, la più alta percentualedelle proprie esportazioni -.Le procedure di negoziazione e di compensazione finora descritte non siapplicano invece all’ipotesi di sospensione o di revoca di unaconcessione negoziata in origine con un Paese che non ha aderito al GATTo ne è receduto. Il Paese che ricorra a misure del genere è tenutosemplicemente a darne notizia al Consiglio per gli scambi di merci e, surichiesta, a consultarsi con gli altri Membri dell’OMC interessati inmaniera sostanziale al prodotto in questione.

CAPITOLO VGLI OSTACOLI NON TARIFFARI AL COMMERCIO

I. LA REGOLAMENTAZIONE DEGLI OSTACOLI NON TARIFFARI AL COMMERCIO DAL GATT1947 ALL’OMC

1. La quasi totalità degli Accordi multilaterali sugli scambi di merciinclusi nell’Allegato 1A si occupa dei cosiddetti “ostacoli nontariffari” al commercio. Dall’Uruguay Round è scaturita un’ampia riformadi quasi tutti i Codici sulle materie non tariffarie approvatiDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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nell’ambito del Tokyo Round al fine di superare le persistenti lacune e idubbi interpretativi evidenziati dalla normativa da essi accolta.2. È difficile una precisa individuazione delle misure e pratiche inquestione impedendo altresì di ricondurre le stesse nell’ambito di unanozione e di un modello di disciplina normativa unitari e di generaleapplicazione. Le definizioni di “ostacoli non tariffari al commercio”generalmente accolte comprendono fenomeni alquanto diversi. Le differenzedi maggior rilievo riguardano il tipo di effetti derivanti dai diversiostacoli non tariffari sul commercio internazionale; ed è questol’elemento che forse più di ogni altro impedisce un trattamento giuridicounitario dei fenomeni in esame.Si pone l’esigenza di ricorrere a forme più complesse di regolamentazionegiuridica, che non comportino il divieto, in sé, delle misure o dellepratiche che vengono in rilievo, ma siano volte piuttosto a sanzionare iloro possibili effetti restrittivi o discorsivi sugli scambi di merci,facendo applicazione di uno o piùdei modelli normativi di portatagenerale accolti nel GATT. La disciplina dei diversi ostacoli commercialirichiede oltre ai divieti anche la prescrizione di obblighi positivi,volti a promuovere: a. la cooperazione tra i Membri dell’OMC; b. latrasparenza e la pubblicità di tali normative e di ogni altra misurarilevante; c. la creazione di adeguati strumenti di garanziagiurisdizionali e amministrativi nell’ambito degli ordinamenti nazionali.Gli accordi possono essere esaminati secondo una ripartizione di massima:

a) da una parte, gli accordi finalizzati a reprimere l’abuso infunzione protezionistica delle regolamentazioni statalisuscettibili di influenzare il traffico di merci alla frontiera,ostacolando l’accesso al mercato nazionale delle merci straniere;

b) dall’altra parte, gli accordi relativi a materie non direttamenteconcernenti la circolazione delle merci, ma che tuttavia implicanol’esistenza di comportamenti commerciali in senso lato “sleali”messi in atto dagli Stati o dai privati, oppure gli abusi in sensoprotezionistico delle procedure utilizzate dagli Stati perneutralizzare questi comportamenti.

II L’ORIGINE DELLE MERCI1. Le regole di origine sono dei criteri che servono a determinare lanazionalità delle merci importate al fine, per esempio, di poterviapplicare il più idoneo regime tariffario o di compilare statistiche suiflussi commerciali. Da un lato, la globalizzazione degli scambi ha resosempre più comuni scelte industriali di dislocare anelli della catenaproduttiva e/o di acquistare materiali e parti necessarie allafabbricazione del prodotto finale in Paesi diversi. Dall’altro lato, ilDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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processo di graduale abbassamento delle barriere tariffarie e l’entratain vigore di discipline restrittive dell’uso di barriere non tariffariehanno portato molti Paesi a cercare nuovi mezzi per proteggere le proprieindustrie dalla concorrenza estera.Esistono due tipi di regole di origine: a) le regole di originepreferenziali; b) le regole di origine non preferenziali. Le prime si applicano nel contesto di regimi tariffari preferenziali,ossia quelli che derogano alla clausola n.p.f. dell’art. I del GATT,servono a riservare il miglior trattamento tariffario esclusivamente aiprodotti originari dei Paesi beneficiari o membri dell’accordo.Le regole di origine non preferenziali sono invece un fattore chiave cheinterviene nell’applicazione di numerosi strumenti di politicacommerciale legati al trattamento n.p.f. nell’ambito del GATT 1994.Mentre l’unico scopo delle regole di origine preferenziale è quello diassicurare che il trattamento tariffario più favorevole sia applicatosolo ai prodotti originari dei Paesi beneficiari o membri dell’accordopreferenziale, al contrario, lo scopo delle regole non preferenziali èquello di fornire in ogni caso un metodo esaustivo per determinarel’origine dei prodotti importati.L’Accordo OMC relativo alle regole di origine porta tale materia sotto lacopertura della disciplina multilaterale degli scambi, predisponendoprincipalmente la messa in opera di un dettagliato processo diarmonizzazione delle regole di origine non preferenziali, con ildichiarato obiettivo di garantire maggiori certezze nella gestione delcommercio mondiale, quindi di aumentare la prevedibilità e la trasparenzadel sistema degli scambi internazionali.2. L’ambito di applicazione dell’Accordo OMC sulle regole di origine èesplicitamente limitato alle regole di origine di carattere nonpreferenziale. L’art. 1 dispone che «con l’espressione “regole in materiadi origine” si intendano le leggi, i regolamenti e le normeamministrative di ambito generale applicate dai Membri per determinare ilPaese di origine delle merci, purché tali regole in materia di originenon siano connesse a disposizioni contrattuali o regimi commercialiautonomi che comportano la concessione di tariffe preferenziali al di làdell’applicazione dell’art. I, par. 1 del GATT 1994». Il par. 2 dell’art.1 specifica che tali regole comprendono tutte le normative relativeall’origine “utilizzate in strumenti non preferenziali di politicacommerciale,…”.La Parte IV dell’Accordo si intitola “Armonizzazione delle regole inmateria di origine”. L’art. 9 stabilisce prima di tutto gli obiettivi e iprincipi di tale processo, che ha il fine ultimo di produrre un testoDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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unico contenente le regole di origine non preferenziali armonizzate, chesaranno applicabili “allo stesso modo per tutti gli scopi” indicatiall’art. 1. Gli organi incaricati di tale processo di armonizzazione sonoil Comitato sulle regole di origine CRO dell’OMC e il Comitato tecnicosulle regole di origine CTRO dell’OMD. Il programma di lavoro è statoufficialmente lanciato il 20 luglio 1995.3. Il risultato finale del processo di armonizzazione intrapreso sarà untesto unico, che farà parte integrante dell’Accordo e conterrà le regoledi origine non preferenziali così come dovranno essere applicate da tuttii membri OMC nell’ambito di tutte le misure di politica commercialepreviste dall’art. 1 dell’Accordo. Il testo finale dovrebbe comprendereuna prima parte dedicata alle “regole generali” e due Allegati.I criteri di base per la determinazione del Paese di origine delle merciimportate sono due: quello dei prodotti interamente ottenuti in unsingolo Paese e quello dell’ultima trasformazione sostanziale, nel casoin cui due o più Paesi abbiano contribuito alla produzione della merce.Accanto a questi due criteri di origine, il CTRO ha avuto anche ilcompito di identificare quelle “operazioni o processi minimi” che di persé non conferiscono l’origine ad un prodotto. Il primo criterio siapplica solo ai prodotti che sono stati interamente ottenuti in un unicoPaese: l’origine della merce sarà, quindi, attribuita a tale Paese senessun materiale o componente importato sia intervenuto nel suo processodi produzione. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, quando i prodottidel Paese A siano stati fabbricati utilizzando materiali, parti ocomponenti importati da un Paese B essi potranno considerarsi comeoriginari del primo Paese, a patto di aver subito nel medesimo unacosiddetta “trasformazione sostanziale”.Le decisioni all’OMD vengono prese sulla base del consensus, per cuitutte le questioni sulle quali le delegazioni di Bruxelles non hannopotuto accordarsi sono automaticamente rimandate per la decisione finaleal Comitato di Ginevra, che riveste un ruolo meno tecnico e più politico.Il compito del CRO è quello di cercare di ravvicinare le posizioni sia suquestioni specifiche, sia su questioni di più ampio respiro, allo scopodi giungere al completamento del programma di armonizzazione.4. L’art. 3 dell’Accordo dispone che “nel momento dell’attuazione deirisultati del lavoro di armonizzazione i Membri garantiscono che leregole in materia di origine siano applicate allo stesso modo per tuttigli scopi indicati all’art. 1”. Tuttavia, la mancanza di un approcciocomune alla futura disciplina dettata dall’art. 3, potrebbe costituire unulteriore ostacolo al completamento del programma di armonizzazione. La

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questione delle implicazioni delle regole armonizzate su altre disciplineOMC è divenuta oggetto di un acceso dibattito nell’ambito del CRO.III IL VALORE DELLE MERCI IN DOGANA1. Un altro elemento suscettibile di influenzare in modo diretto gliscambi internazionali è dato dal metodo utilizzato per determinare ilcosiddetto “valore delle merci in dogana” e cioè il valore delle merciimportate al momento in cui esse fanno ingresso nel territorio doganaledello Stato importatore. Il mercato mondiale non è perfettamente unitario, ma è tuttora frazionatoin diversi “segmenti” nazionali che non necessariamente danno luogo aprezzi identici per le stesse merci. L’entità del valore delle merci haun rilievo immediato sul livello dei relativi dazi doganali, posto che imoderni sistemi tariffari vedono prevalere i dazi ad valorem. L’esigenzadi contrastare l’arbitrio degli Stati in questa materia è già presentenell’Accordo generale del 1947. a parte un generico impegno, imposto alleparti contraenti dall’art. II, par. 3, a non modificare il proprio metododi determinazione del valore in dogana in maniera tale da diminuire ilvalore delle concessioni elencate nelle liste annesse all’Accordo, leprincipali disposizioni dedicate alla materia sono quelle dell’art. VII“Valore in dogana”, senza fissare dei criteri di valutazione uniformi,lasciando perciò agli Stati una larghissima discrezionalità in proposito.Il principio più importante prevede che, ai fini doganali, il valoredella merce importata dovrebbe essere fondato su un valore reale.Tuttavia, il concetto di “valore reale” non è definito con chiarezza.Successivamente all’entrata in vigore dell’Accordo generale, vi furonoalcuni tentativi di elaborare dei sistemi di valutazione uniformi. Il piùimportante ebbe luogo però al di fuori del GATT, concretandosi nel varodella Convenzione di Bruxelles sul valore delle merci in dogana, entratain vigore il 28 luglio 1953.2. Solo con il Codice sul valore in dogana adottato nel 1979, aconclusione del Tokyo Round, fu possibile dare una soluzione a molti deiproblemi lasciati irrisolti dall’art. VII dell’Accordo generaleconfermato anche dall’Uruguay Round. L’accordo relativo all’applicazionedell’art. VII del GATT 1994 non contiene alcuna variazione di rilievorispetto al suo immediato precedente, ma le sue disposizioni sonointegrate da due Allegati e da due Decisioni ministeriali checontribuiscono a chiarire la nozione di “valore reale”. Vi si sottolineal’esigenza di elaborare un sistema di valutazione delle merci “equo”,“neutrale” e basato su criteri semplici e conformi agli usi commerciali.3. L’Accordo introduce la previsione di regole particolareggiate volte astabilire in maniera oggettiva e uniforme per tutti i Membri dell’OMC ilDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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valore effettivo delle merci e ad evitare l’impiego di criteri arbitrarie fittizi. A tal fine sono previsti cinque metodi di valutazione, dautilizzare alternativamente, seguendo un ordine gerarchico “a cascata”.Il primo metodo è basato sul cosiddetto valore di transazione, cioè ilprezzo effettivamente pagato o da pagare all’atto della vendita di unamerce destinata all’importazione. Alcune disposizioni speciali provvedonoinoltre ad impedire manipolazioni dei prezzi miranti ad eludere i dazidoganali e l’imposizione fiscale attraverso una sottostima del valoredelle merci quando le parti della transazione siano collegate o associatein affari.Se però esso non può essere utilizzato si ricorre, in subordine alsecondo metodo del valore di transazione di merci identiche o al terzometodo del valore di transazione di merci simili provenienti dallo stessoPaese esportatore e destinate allo stesso Paese importatore. Quando nemmeno i suddetti metodi alternativi a quello base sianoapplicabili, il Paese importatore può ricorrere a due metodi ulterioriche hanno la caratteristica di utilizzare elementi di riferimento piùindiretti rispetto alle concrete transazioni di merci alla frontiera: ilquarto metodo deduttivo ed il quinto metodo del valore calcolato. se poinessuno dei cinque metodi si rivelasse applicabile, entrerà in azione laclausola residuale che si limita ad imporre il ricorso a strumenti divalutazione “ragionevoli”, compatibili con i principi e le disposizionidell’Accordo e dell’art. VII del GATT.4. Un altro importante elemento di novità accolto dall’Accordo in esame,rispetto alla normativa del GATT 1947, risiede nell’obbligo di prevederenell’ambito degli ordinamenti statali dei mezzi di ricorso interni adisposizione degli operatori economici privati per questioni attinentialla determinazione del valore di dogana, che devono necessariamentearticolarsi in istanze di primo e di secondo grado. L’attuazionedell’Accordo e la sorveglianza sulla gestione dei sistemi di valutazioneadottati dai singoli Stati membri sono affidate al Comitato per lavalutazione in dogana e al Comitato tecnico per la valutazione in dogana.IV LE ISPEZIONI PRE-IMBARCO1. Nell’ambito dell’OMC è stata per la prima volta disciplinata a livellointernazionale la pratica di ricorrere a società private specializzateper effettuare dei controlli sulle merci da importare direttamente nelPaese d’origine, prima della loro spedizione verso il mercato di sboccoonde evitare frodi commerciali, ma anche fenomeni di evasione fiscale edi fuga di capitali.L’Accordo sulle ispezioni pre-imbarco dell’OMC nasce dalla dupliceesigenza di agevolare questo genere di attività ispettive e di impedire,DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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al contempo, che esse diventino una fonte di restrizione del commerciointernazionale, provocando inutili ritardi nelle spedizioni odiscriminazioni tra gli esportatori. L’Accordo subordina il ricorso alleispezioni pre-imbarco al rispetto dei principi generali del GATT 1994,nonché all’osservanza di obblighi di comportamento specifici, sia per iPaesi importatori che ne facciano uso, sia per i Paesi esportatori.2. Gli obblighi dei Paesi utilizzatori sono fissati all’art. 2 in 22punti concernenti direttamente la condotta dei Governi oppure quelladegli enti per l’ispezione di cui essi si servono e di cui devono farsigaranti. Le attività ispettive devono innanzitutto essere condotte inmaniera non discriminatoria, in base a procedure obiettive euniformemente applicate a qualsiasi esportatore e in modo trasparente.Altro importante obbligo è quello della confidenzialità delleinformazioni ricevute nel corso dell’ispezione che non siano già dipubblico dominio, determinate categorie di informazioni sonoespressamente escluse dall’ispezione e non possono quindi essererichieste agli esportatori.Le procedure d’ispezione devono svolgersi con tempestività, entro cinquegiorni dal completamento dell’ispezione, la società ispettrice deverilasciare un nullaosta all’imbarco oppure una nota di mancata emissioneche spieghi i motivi che si oppongono all’imbarco. Gli enti sono chiamatiad effettuare il controllo sulla quantità e sulla qualità delle merci chedevono risultare conformi agli accordi contrattuali tra venditore edacquirente. Molto importante è, in secondo luogo, la verifica dei prezzidelle merci, laddove la società ispettrice può rifiutare il prezzostabilito dalle parti contraenti. Gli enti per le ispezioni possonoessere incaricati anche di ulteriori servizi, quali la verifica dellaclassificazione delle merci e della loro origine, la raccolta di datisulle importazioni a scopi statistici, l’assistenza e l’istruzionetecnica dei Paesi utilizzatori.La lista degli obblighi imposti ai Paesi esportatori, in base all’art. 3è più ridotta. Essa si limita in sostanza al divieto di ostacolare leattività ispettive nel proprio territorio, all’obbligo di fornire aiPaesi che lo richiedano la necessaria assistenza tecnica e ancora gliobblighi di pubblicità e di applicazione non discriminatoria delledisposizioni legislative e regolamentari da essi adottate in questamateria.3. In base all’art. 4 i Membri dell’OMC si impegnano a istituire emantenere delle procedure per l’esame indipendente delle controversieche, nonostante il ricorso alla “procedura d’appello” davanti agli entiper le ispezioni pre-imbarco, possano sorgere tra questi enti e gliDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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esportatori. Tali procedure prevedono l’istituzione di un gruppo specialedi esperti, composto da tre individui i quali emettono una decisioneimmediatamente vincolante per le parti.V. LICENZE D’IMPORTAZIONE1. Le licenze all’importazione e all’esportazione cadono sotto il divietogenerale di restrizioni quantitative al commercio stabilito dall’art. XIdel GATT. Le procedure amministrative connesse alla concessione dilicenze costituiscono degli ostacoli agli scambi internazionaliparticolarmente gravosi perché accentuano la complessità e l’onerositàdelle operazioni d’importazione. Vi sono tuttavia numerosi casi in cui lerestrizioni quantitative e con esse, le licenze sono ammesse in viaeccezionale dallo stesso GATT o da altri accordi dell’OMC. Ciò premesso,si è posta l’esigenza, già nel GATT 1947, di regolamentare le proceduredi concessione delle licenze. Nell’ambito del Tokyo Round era stato cosìvarato un Codice sulle procedure concernenti le licenze di importazione,l’analogo Accordo dell’OMC non contiene molte modifiche di rilievorispetto al Codice del 1979. l’Accordo in questione è piuttosto breve esi prefigge semplicemente di impedire che le procedure amministrativepreviste per il rilascio delle licenze siano utilizzate per introdurreindebite barriere agli scambi internazionali. L’Accordo formula,nell’art. 1, alcuni obblighi generali e una serie di obblighi dicarattere più specifico relativi, rispettivamente, alle licenzeautomatiche e non automatiche, tali obblighi sono volti in generale arendere trasparenti le procedure di concessione delle licenze, nonché asemplificarle e ad accelerarle.2. Un primo obbligo di carattere generale impone agli Stati di applicarele procedure in questione in modo “neutro”, “giusto” ed “equo”, ondeevitare discriminazioni tra i diversi operatori commerciali. Inparticolare, non è ammessa alcuna discriminazione circa le modalità dipagamento. Notevole importanza è attribuita anche alla trasparenza delleprocedure e di ogni altra informazione rilevante.Per assicurare la semplificazione delle procedure, si richiede che iformulari per le domande di rilascio o di rinnovo delle licenze siano “ipiù semplici possibili” e che la documentazione e le informazioni daallegare siano limitate allo stretto indispensabile. Si reputa opportunoche gli Stati istituiscano un unico organo amministrativo abilitato aricevere le domande, o che, quanto meno, essi riducano il più possibileil numero degli organi competenti.3. Le licenze d’importazione vengono definite automatiche quando sonorilasciate in tutti i casi in cui se ne faccia domanda, previo,unicamente, il rispetto delle prescrizioni amministrative richieste.DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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L’Accordo dispone che le procedure per il rilascio delle licenzeautomatiche siano applicate in modo tale da non creare effettirestrittivi sul commercio, il che comporta in primo luogo il divieto perle competenti autorità amministrative dello Stato importatore didiscriminare tra i soggetti che soddisfino le condizioni richieste,nonché l’obbligo di rilasciare le licenze immediatamente quando ladomanda sia presentata in forma appropriata e completa. Ne deriva anche,in secondo luogo, che le licenze automatiche possono essere mantenutesolo a due condizioni: finché risultano assolutamente necessarie perraggiungere gli obiettivi perseguiti dall’amministrazione e se non sonodisponibili strumenti “più appropriati”.Le licenze non automatiche sono invece quasi sempre connesse ad un regimedi contingentamento delle importazioni con cui uno Stato fissa laquantità di una determinata merce ammessa ad entrare nel proprioterritorio doganale in un certo periodo di tempo, ripartendola tra idiversi importatori, tramite apposite autorizzazioni. Gli obblighispecificamente applicabili a questo tipo di licenze mirano ad impedireche le procedure previste per il loro rilascio abbiano effettirestrittivi o discorsivi sul commercio in aggiunta a quelli derivantidalle misure cui le stesse licenze intendono dare esecuzione. L’Accordostabilisce poi una serie molto dettagliata di obblighi di informazione epubblicità per consentire a tutti gli operatori commerciali interessatidi richiederne la concessione.I criteri seguiti dalla pubblica amministrazione per l’assegnazione dellelicenze devono essere in ogni caso oggettivi, valorizzando le prestazionigià evidenziate dai richiedenti, senza tuttavia trascurare l’esigenza diuna ragionevole assegnazione di licenze anche a nuovi importatori e unaspeciale considerazione per gli importatori di prodotti provenienti daiPaesi in via di sviluppo.Diverse disposizioni sono dedicate altresì all’obiettivo di garantire laprevedibilità e l’accelerazione delle procedure d’assegnazione dellelicenze. La sorveglianza sull’applicazione dell’Accordo è affidata alComitato per le licenze d’importazione.VI. GLI OSTACOLI TECNICI AGLI SCAMBI1. Un’altra tra le forme più diffuse di barriere non tariffarie agliscambi è costituita dalle cosiddette “norme tecniche”. Si tratta didisposizioni concernenti le caratteristiche dei prodotti commercializzatisul territorio nazionale. Gli aspetti presi in considerazione possonoessere assai diversi, comprendendo: i requisiti tecnici, qualitativi equantitativi – le caratteristiche costruttive e funzionalid’apparecchiature e impianti – i segni distintivi dei prodotti – iDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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requisiti tecnici relativi all’utilizzazione dei prodotti in certecondizioni o ambienti – i requisiti concernenti i processi o metodi dilavorazione.Le norme tecniche ed i relativi sistemi di controllo sono normalmentegiustificati da svariati motivi di interesse pubblico, ne possonoderivare però molteplici effetti restrittivi sul commerciointernazionale. Innanzitutto, la difformità delle normative previste neidiversi ordinamenti giuridici degli Stati rappresenta, già di per sé, unnotevole ostacolo agli scambi, è quindi comprensibile l’interesse degliStati ad una regolamentazione della materia, nel quadro del sistemacommerciale multilaterale, al fine di superare gli inconvenienti.Nel GATT 1947 non mancano delle disposizioni potenzialmente applicabilialle prescrizioni e procedure tecniche. In tal senso rileva soprattuttol’art. XX il quale, nell’affermare la legittimità delle misure statali“necessarie alla protezione della salute e della vita delle persone,degli animali o alla preservazione dei vegetali”, subordina queste misurealla condizione che “non siano applicate in maniera da costituire unmezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra Paesi doveesistono le stesse condizioni, oppure una larvata restrizione alcommercio internazionale”. L’articolo ribadisce alcuni fondamentaliprincipi dello stesso GATT, quali i divieti di discriminazione tra mercidi diversa nazionalità e tra merci straniere e merci nazionali, nonché ildivieto di restrizioni quantitative e di “ogni altra misura di effettoequivalente” dell’art. XI.Si è reso quindi necessario introdurre una disciplina specifica cheassicurasse una puntuale applicazione dei principi generali del GATT aquesto settore e favorisse altresì l’armonizzazione delle prescrizioninormative dei vari Stati.2. L’Accordo sugli ostacoli tecnici dell’OMC presenta una struttura moltosemplice. Dopo alcune disposizioni generali, esso è ripartito in treparti concernenti, rispettivamente: le prescrizioni tecniche; le regole eprocedure di valutazione della conformità dei prodotti alle suddetteprescrizioni; gli obblighi d’informazione e d’assistenza incombenti sugliStati in questa materia. Le disposizioni generali dell’art. 1 servonosoprattutto a stabilire l’ambito di applicazione dell’Accordo. Per quantoriguarda il settore delle merci, è significativa l’estensione dellaregolamentazione in esame ai processi ed ai metodi produttivi.L’ambito d’applicazione dell’Accordo è definito altresì in relazione allanatura delle fonti normative contenenti le prescrizioni tecniche. Sonoprese infatti in considerazione due distinte categorie di atti: iregolamenti tecnici e le norme. La differenza tra le due categorieDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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riguarda il loro diverso grado di efficacia. Per regolamenti tecnicis’intendono le disposizioni di carattere obbligatorio emanate dagli Statio da enti pubblici nazionali. Le norme sono invece disposizioni elaborateda “un organismo riconosciuto”, nazionale o internazionale, la cuiosservanza non è obbligatoria. Costituiscono dei parametri di riferimentospontaneamente adottati sia dai produttori, sia dalle pubblicheamministrazioni, come anche dalle compagnie di assicurazione, che spessosi rifiutano di stipulare polizze assicurative per prodotti che non siconformino a siffatti parametri. Da ultimo, l’Accordo disciplina le “procedure di valutazione diconformità”, definite come “procedure utilizzate, in forma diretta oindiretta, al fine di accertare che siano soddisfatti i requisitipertinenti dei regolamenti tecnici o delle norme”. L’Accordo detta unadisciplina comune, di portata generale, volta a garantire il rispetto deiprincipi fondamentali del GATT 1994.3. Ai sensi dell’art. 2 i regolamenti tecnici emanati da enti dei Governicentrali, devono conformarsi alla clausola del trattamento nazionale eall’obbligo di non discriminazione tra i prodotti stranieri ed evitarealtresì di creare indebiti ostacoli al commercio internazionale. Essidevono innanzitutto perseguire un “obiettivo legittimo”, in secondo luogodevono rispondere al requisito di necessità, non devono cioè risultarepiù restrittivi per gli scambi di quanto sia necessario per raggiungereun determinato obiettivo.L’Accordo fissa il principio della priorità delle regole elaborate daorganismi internazionali, disponendo che, quando siano necessariregolamenti tecnici ed esistano o stiano per essere definitivamenteelaborate norme internazionali, i Membri dell’OMC saranno tenuti adutilizzare tali norme come base della propria regolamentazione interna.In mancanza d’armonizzazione a livello internazionale, ogni Stato rimaneovviamente libero di adottare i regolamenti tecnici più opportuni; inquesti casi i regolamenti adottati dovrebbero seguire preferibilmente ilprincipio della definizione dei requisiti del prodotto in funzione dellesue prestazioni, evitando che un’indicazione troppo precisa dellecaratteristiche di un prodotto serva a ridurre o ad escludere in unmercato particolare la scelta di merci straniere. In caso di adozione diun regolamento tecnico da parte di uno Stato, in assenza di normeinternazionali adeguate, questi dovrà adempiere precauzionalmente ad unaserie di obblighi di pubblicità, notifica e informazione per consentireai Paesi interessati di acquisire una conoscenza piena e tempestiva delprogetto di regolamento, nonché del suo scopo e del suo contenuto. Èinoltre prevista la possibilità che in merito a tale progetto s’instauriDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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un processo di cooperazione intergovernativa. Lo Stato interessato èinfatti tenuto ad accordare agli altri Stati membri un congruo periodo ditempo entro il quale presentare osservanze scritte. L’importanza assuntadalle norme tecniche, le quali hanno in genere larghissima diffusione, fasì che esse sottostanno agli stessi principi e regole applicabili airegolamenti.4. Per procedure di valutazione della conformità s’intendono tutte leprocedure utilizzate, in forma diretta o indiretta, al fine di accertareche siano soddisfatti i requisiti richiesti per la commercializzazione el’utilizzazione di prodotti di un determinato Paese e le modalità con cuii controlli siano effettuati. La disciplina prevista in propositodall’Accordo si ispira agli stessi principi fondamentali vigenti inmateria di regolamenti e norme. I Membri dell’OMC sono obbligati a farrispettare il principio di non discriminazione e del trattamentonazionale dei prodotti esteri e l’obbligo di evitare indebiti ostacoli alcommercio internazionale. Anche in questo campo viene perseguito ingenerale l’obiettivo dell’armonizzazione internazionale delle procedurein parola. Un problema particolare postosi in questo settore è quellodell’accettazione, da parte delle pubbliche autorità dello Statoimportatore, dei risultati delle procedure di valutazione applicate inaltri Stati, poiché gli Stati possono nutrire dei dubbi sull’affidabilitàdei controlli e delle verifiche effettuate all’estero. Da un lato, iMembri dell’OMC sono esortati a provvedere all’accettazione dei risultatidelle altrui procedure di valutazione, dall’altro possono ricorrere aconsultazioni preventive con gli altri Paesi interessati per giungere adintese reciprocamente soddisfacenti rispetto alla competenza tecnica eall’affidabilità degli enti preposti alla valutazione di conformità nelPaese esportatore.5. L’Accordo attribuisce un’importanza notevole alla trasparenza dellenormative tecniche vigenti in ogni mercato nazionale, il che comporta pertutti i Membri dell’OMC il dovere di istituire uno o più “centrid’informazione” in grado di rispondere a qualsiasi quesito di soggettiinteressati ed eventualmente di fornire la documentazione rilevante.Accresciuti obblighi di cooperazione vigono poi nei confronti dei Paesiin via di sviluppo, ai quali è accordato anche più in generale untrattamento speciale e differenziato. L’amministrazione dell’Accordo e ilcontrollo della sua corretta applicazione è affidata al summenzionatoComitato per gli ostacoli tecnici agli scambi mentre, rispetto allasoluzione delle controversie, si configura la possibilità di affiancareagli organismi normalmente preposti alla funzione contenziosa in primaDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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istanza un gruppo di esperti, in grado di fornire gli opportuni ragguagliin ordine a questioni d’ordine tecnico.VII. LE MISURE SANITARIE E FITOSANITARIE1. L’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (Accordo SPS)rappresenta, da una parte, un’integrazione alla normativa dell’art. XX,let. B) del GATT e, dall’altra, un’applicazione specifica al settoredell’agricoltura delle regole dell’OMC in materia di ostacoli tecniciagli scambi necessario per garantire una specifica tutela delle esigenzedi grande rilievo sociale poste dal commercio agricolo, come la tuteladella salute dei consumatori e dell’ambiente naturale. L’Accordo SPS miraad impedire che le misure a tal fine impiegate possano costituire “unalarvata restrizione al commercio internazionale” oppure “un mezzo didiscriminazione arbitraria o ingiustificata”. Parte della dottrina eanche una vasta opinione pubblica attribuiscono allo stesso un ruolomolto diverso, il vero scopo dell’Accordo SPS sarebbe, in sostanza,quello di facilitare il commercio condizionando in misura sempre piùampia le legislazioni nazionali in materia di sicurezza alimentare eambientale e ciò mentre proprio la globalizzazione dei mercati alimentariandrebbe acquisendo sempre maggiore importanza come fattore di diffusionedi malattie.2. L’esame della normativa dell’Accordo SPS e soprattutto l’applicazioneche se n’è fatta finora nella prassi, mostrano come le critiche soprariportate non siano completamente destituite di fondamento. Benché,infatti, tale normativa evidenzi lo sforzo di trovare un puntod’equilibrio tra le esigenze di tutela della salute e quelle dellalibertà di scambi, essa appare tuttavia principalmente animata dallapreoccupazione di evitare il più possibile le restrizioni agli scambi.Nella definizione delle misure sanitarie e fitosanitarie accoltadall’Accordo SPS, rientrano unicamente le misure destinate alla tuteladella vita e della salute dell’uomo, degli animali e delle piante dairischi derivanti dalla diffusione di malattie e dall’utilizzo dialimenti, bevande e mangimi contenenti sostanze nocive o agenti patogeni.Le norme dell’Accordo non possono essere invece invocate per scopidiversi, non immediatamente legati alla tutela della salute. La nozionein esame è invece quanto mai ampia riguardo la forma e il contenuto dellemisure.3. L’Accordo riconosce la piena competenza degli Stati in materia dipolitica sanitaria e fitosanitaria, competenza in cui rientra il dirittoa determinare il proprio livello accettabile di rischio e ad adottare lemisure ritenute più appropriate per proteggere la vita o la salute dellepersone, degli animali e dei vegetali sul proprio territorio. Ne derivaDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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che, almeno in principio, gli Stati potrebbero optare per un livello di“rischio zero”.Il diritto degli Stati di determinare il livello di rischio per la salutee di adottare le misure conseguenti, è tuttavia subordinato al rispettodi una serie di vincoli, occorre il rispetto di un requisito e cioè chele misure siano basate su criteri scientifici e non siano mantenute inassenza di sufficienti prove scientifiche sia dei rischi che si intendonodebellare, sia della adeguatezza delle misure adottate allo scopo.L’obbligo della valutazione scientifica dei rischi per la vita e lasalute costituisce uno dei capisaldi dell’Accordo, ma anche uno dei suoiaspetti più problematici e controversi. Alla valutazione dei rischi vapoi attribuito un significato alquanto ampio, esteso anche alleimplicazioni e alle priorità d’ordine sociale, economico, etico eculturale.Gli Stati sarebbero in principio sempre legittimati a giudicare qualegrado di rischio sia per essi ragionevolmente accettabile in base, sia aidati scientifici esistenti, sia agli orientamenti mostrati dalle propriecomunità sociali. Alla prova dei fatti però l’entrata in vigoredell’Accordo SPS sembra aver reso molto più complesso, per un Paesemembro, giustificare il mantenimento di misure restrittive del commerciointese a proteggere la vita o la salute, in quanto tale giustificazione èrichiesta indipendentemente dall’esistenza di una violazione degliobblighi derivanti dagli Accordi OMC. Si è diffusa l’opinione che nelquadro dell’OMC si sia di fatto ribaltato l’assunto posto dal principiodi precauzione affermatosi nel diritto internazionale dell’ambiente percui, in caso di dubbi circa la nocività di un prodotto si dovrebbe darela priorità alla tutela della vita e della salute dei consumatori,piuttosto che agli interessi economici dei produttori. Al contrario,nella prassi dell’OMC, per giustificare una misura restrittiva delcommercio in base ad esigenze di salute ed ambientali, sembrerebberichiedersi una prova scientifica non già della mera esistenza di unrischio, bensì della sicura nocività di tale prodotto.Eppure, il principio di precauzionalità è accolto, sia purelimitatamente, dallo stesso Accordo SPS, infatti è prevista quale unicaeccezione al divieto di mantenere misure sanitarie o fitosanitarie inassenza di prove scientifiche sufficienti, la possibilità di adottaremisure provvisorie, appunto sulla base di un approccio precauzionale,quando non sia possibile eseguire un’adeguata valutazione del rischio acausa delle scarse conoscenze scientifiche a disposizione. I requisitiper poter godere di questa possibilità ne limitano, però sostanzialmentel’ampiezza e la discrezionalità. Prima di tutto, le misure provvisorieDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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devono comunque essere adottate sulla base delle informazioniscientifiche disponibili. In secondo luogo, il Paese membro che haadottato la misura precauzionale ha l’obbligo di continuare la ricercascientifica per ottenere quelle prove aggiuntive necessarie almantenimento della misura. In terzo luogo, quest’ultima deve esseresottoposta ad un processo di riesame allo scadere di un temporagionevole.4: L’obbligo della valutazione scientifica dei rischi vieneindirettamente rafforzato dalle disposizioni accolte dall’art. 3 inmateria di armonizzazione. L’invito rivolto ai Membri dell’OMC di fondarele loro misure sanitarie e fitosanitarie su norme, direttive eraccomandazioni eventualmente elaborate dalle competenti organizzazioniinternazionali, persegue infatti un duplice scopo: favorire ilsuperamento delle differenze esistenti tra le normative nazionali;agganciare automaticamente le misure adottate dai singoli Stati alfondamento scientifico garantito dalle valutazioni di organismi tecnici,dotati di specifiche competenze in questo campo. Tuttavia, gli Stati nonsono obbligati a seguire le norme internazionali, conservando il dirittodi stabilire, nel rispetto delle disposizioni dell’Accordo, “un livellodi protezione sanitaria e fitosanitaria più elevato” rispetto a quelloconsentito dalla normativa internazionale a patto però che esista unagiustificazione scientifica in tal senso o che siano comunque rispettatigli obblighi di valutazione dei rischi previsti dall’art. 5.L’autorevolezza dei principali organismi internazionali preposti alladefinizione degli standards di sicurezza viene peraltro sempre piùfrequentemente contestata, rimproverando agli stessi di essereespressione del punto di vista e degli interessi delle grandi imprese edi non dare invece alcuna voce alle organizzazioni dei consumatori.Un altro strumento utile ai fini dell’armonizzazione è costituito dalprincipio di equivalenza degli standard di sicurezza nazionali stabilitodall’art. 4 dell’Accordo SPS. Se, cioè, i Membri dell’OMC sono liberi diadottare le misure sanitarie che ritengono più appropriate, essi devonotuttavia accettare le misure degli altri Membri relative al commercio diuno stesso prodotto, anche se differiscono dalle proprie.5. Il rapido sviluppo del settore delle moderne biotecnologie e delle sueapplicazioni alla produzione agro-alimentare pone oggi nuovi e ancor piùcomplessi problemi in ordine alla valutazione dell’impatto sanitario,ambientale, sociale ed economico dello scambio internazionale delle merci(OGM), per i potenziali effetti negativi sull’ambiente e la salute. Inmancanza di standard internazionali rilevanti, sono sorte notevolidifferenze tra i diversi Paesi riguardo alla regolamentazione delleDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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procedure di approvazione per gli OGM e di etichettatura dei prodottiderivati, differenze molto marcate soprattutto tra Paesi produttori edesportatori di OGM, da un lato, e Paesi importatori dall’altro. Dadiversi anni gli istituti di standardizzazione stanno lavorandoall’elaborazione di standard in questo campo.6. A livello multilaterale, ma al di fuori dell’OMC, la risposta allecrescenti preoccupazioni relative agli OMG è giunta con la conclusionedel Protocollo di Cartaghena sulla biosicurezza. Le disposizioni delProtocollo intendono assicurare che i movimenti transfrontalieri diorganismi e prodotti geneticamente modificati si svolgano in modo sicuroe sostenibile per l’ambiente. L’elemento cruciale di questa normativa èla predisposizione di due meccanismi di controllo delle importazioni diOVM: una procedura di assenso che si applica solo agli OVM destinati adessere introdotti nell’ambiente e un meccanismo obbligatorio di scambiodi informazioni attraverso la cosiddetta “Biosafety Clearing House”, confunzioni di centro di raccolta delle decisioni adottate a livellonazionale sull’uso interno e sull’immissione nel mercato di OVMutilizzati come cibo, mangimi o fattori di produzioneVIII. LE MISURE RELATIVE AGLI INVESTIMENTI CHE INCIDONO SUGLI SCAMBI

COMMERCIALI1. In economia, col termine investimento si intende in generaleun’attività economica finalizzata al conseguimento di un profitto che puòessere attuata sia nella forma di un mero contributo finanziario, sia conl’apporto di beni. Si parla invece, più specificatamente di investimentodiretto all’estero in presenza di un trasferimento di beni da un Paeseall’altro che sia volto a realizzare un’attività produttiva sotto ilcontrollo totale o parziale dell’investitore.Tra investimenti e commercio internazionale intercorre un rapportoalquanto complesso. Dal punto di vista delle imprese investitrici, icosiddetti “investimenti diretti all’estero” possono servire a superarele barriere commerciali poste dagli Stati consentendo, grazie allaproduzione diretta in loco, lo smercio di determinati prodotti neicorrispondenti mercati nazionali. per questi motivi, tali investimentisono spesso oggetto di regolamentazione giuridica da parte degli Statiche intendono promuovere e proteggere l’attività delle proprie impreseall’estero. D’altro canto, ogni Stato ha di norma interesse ad attrarregli investimenti dall’estero.2. Sul piano del diritto internazionale, la disciplina degli investimentiè affidata ad un complesso assai articolato di fonti normative. Talifonti incidono diversamente sui tre differenti piani o aspetti in cui siè soliti ripartire la regolamentazione della materia: l’ammissione in unoDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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Stato di investimenti stranieri, il loro trattamento e il grado diprotezione da accordare ai medesimi con riguardo a esportazioni onazionalizzazioni. Il diritto internazionale generale non contiene normespecifiche per quanto riguarda la disciplina dei primi due aspetti, manorme consuetudinarie assai rilevanti volte a determinare la liceitàdelle nazionalizzazioni. Tali regole sono state lungamente contrastatedai Paesi in via di sviluppo. Di grande rilievo si rivelano gli accordibilaterali sugli investimenti che, pur regolando i soli rapportireciproci tra due Stati, si propongono generalmente di regolarecontemporaneamente tutti e tre gli aspetti indicati. Una regolamentazionedi pari ampiezza è per lo più predisposta anche dai contratti diinvestimento stipulati tra uno Stato e un’impresa straniera. Agli accordibilaterali vanno poi aggiunti gli accordi regionali, volti sia a favorirelo sviluppo degli investimenti tra gli Stati aderenti, che aregolamentare gli investimenti provenienti dagli Stati terzi. Scarsamenterappresentati sono invece gli accordi multilaterali, i pochi accordiesistenti hanno in genere una portata ristretta, riguardando quasiesclusivamente la soluzione delle controversie fra Stati ed investitoristranieri e la creazione di sistemi assicurativi a favore di questiultimi. I più importanti sono la Convenzione di Washington del 1965, cheha istituito il Centro internazionale per la soluzione delle controversiein materia di investimenti (ICSID) e la Convenzione di Seul adottata nel1985 dal Consiglio dei governatori della Banca mondiale, con cui si èdato vita all’Agenzia multilaterale per la garanzia degli investimenti(MIGA).3. Per quanto riguarda l’OMC, l’Accordo multilaterale sulle misurerelative agli investimenti che incidono sugli scambi commercialirappresenta una novità assoluta poiché nel GATT 1947 non vi era alcunadisposizione in merito. L’Accordo OMC non contiene però unaregolamentazione organica della materia, limitandosi a considerare solole implicazioni commerciali degli investimenti, le cosiddette TRIMs.L’Accordo TRIMs non si occupa in via diretta né della tuteladell’investitore straniero, né delle esigenze di sviluppo del Paeseospite, ma si preoccupa semplicemente di assicurare che, anche inpresenza di investitori stranieri nel territorio di uno Stato membro, lemerci provenienti da qualsiasi altro Membro godano di un trattamento nonmeno favorevole di quello riservato alle merci nazionali e non subiscanoindebite restrizioni.Contrarie all’obbligo del trattamento nazionale di cui all’art. III delGATT sono tutte le disposizioni di legge o le decisioni amministrativeche dettano alle imprese straniere particolari condizioni nelloDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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svolgimento delle loro attività produttive e commerciali. Sonoconsiderate invece contrarie all’art. XI del GATT le norme di legge o ledecisioni amministrative che limitano l’importazione, da parte diun’impresa, di prodotti utilizzati nella sua produzione in generale o perun ammontare collegato al volume o al valore di prodotti che essaesporta, oppure restringono l’accesso alla valuta estera ad un importorapportato all’afflusso di valuta estera ad essa attribuibile. Lo stessodicasi per le misure che siano volte a limitare l’esportazione o lavendita per l’esportazione di determinati prodotti da parte diun’impresa.Il regime giuridico applicabile alle misure del tipo indicato è diverso aseconda che si tratti di misure “nuove”, ovvero successive alla data dientrata in vigore dell’Accordo OMC, oppure “vecchie”, cioè precedenti atale data. Nei confronti delle prime vige un divieto generale; per iPaesi in via di sviluppo vi è inoltre la possibilità di ottenere unaderoga speciale, ma di carattere temporaneo. Le misure “vecchie”soggiacciono ad un triplice obbligo di notifica, progressiva rimozione econsolidamento. Infatti, dopo essere state notificate al Consiglio pergli scambi di merci entro 90 giorni dall’entrata in vigore dell’AccordoOMC, esse vanno gradualmente eliminate. Nel frattempo, durante questoperiodo transitorio, le TRIMs si considerano “consolidate”: gli Stati nonpossono cioè modificarle in modo da accentuarne l’incompatibilità con iprincipi del GATT 1994.4. L’Accordo sugli investimenti dell’OMC costituisce un codice dicondotta dal contenuto molto limitato da cui sono escluse alcune tra lequestioni più complesse e delicate a livello delle regolamentazioniinternazionali degli investimenti. È però prevista la possibilità disuperare queste lacune, è stato infatti istituito un Comitato per lemisure relative agli investimenti che incidono sugli scambi commerciali,incaricato di vegliare sul funzionamento e l’applicazione dell’Accordo edi riferirne sistematicamente al Consiglio per lo scambio di merci.I Membri dell’OMC si sono spesso sottratti agli obblighi di notifica deiTRIMs incompatibili con il GATT 1994 e all’impegno di abrogarle entro itermini di due anni (paesi industrial.) e cinque anni (paesi emerg.)dall’entrata in vigore dell’Accordo. Per quanto riguarda le iniziative da intraprendere de iure condendo,l’azione del Consiglio per gli scambi delle merci ha incontrato notevoliostacoli legati alla limitata portata delle sue competenze. La difficoltàdi conciliare i diversi interessi in gioco è del resto confermata dalrecente fallimento dei negoziati per la conclusione di un Accordomultilaterale sugli investimenti (AMI o MAI) intrapresi in senoDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE),malgrado tale istituzione costituisca un foro molto più ristretto e coesodell’OMC, data la predominanza dei Paesi industrializzati.

IX. LE SOVVENZIONI PUBBLICHE E LE MISURE COMPENSATIVE1. Le sovvenzioni pubbliche hanno costituito oggetto di una disciplinainternazionale solo con l’Accordo generale del 1947, pur rappresentandoun fenomeno molto antico. Le sovvenzioni diventano uno strumentostrategico dell’azione economica statale, consentendo di perseguireimportanti obiettivi economici e sociali. Esse possono presentaremolteplici forme in base alle diverse caratteristiche assunte dalfenomeno del sostegno statale alle imprese, la stessa nozione di“sovvenzione” dovrebbe essere ben distinta da quella di “sussidio” e di“aiuto”. In genere si tende però ad utilizzare tali termini in manieraequivalente.2. E’ possibile individuare le forme di sovvenzione più frequentementeutilizzate nella prassi ed enucleare alcune più ampie categorie disovvenzioni alla luce delle loro caratteristiche fondamentali; ciò ancheal fine di comprendere le ragioni che sono alla base delladifferenziazione dei regimi giuridici ad esse applicabili nell’ambito delGATT 1947 e dell’OMC. Sono tre le principali distinzioni di portatagenerale a tal fine rilevanti.La prima riguarda il carattere specifico o meno delle sovvenzioni, soloquelle destinate a particolari soggetti sono suscettibili di conferireagli stessi vantaggi competitivi rispetto a potenziali concorrenti. Sonoevidentemente prive di questa caratteristica le sovvenzioni nonspecifiche, volte a sostenere o stimolare attività economiche nel lorocomplesso.La seconda differenza attiene alle modalità di erogazione dellesovvenzioni, che possono essere dirette, consistendo in vere e proprieattribuzioni di denaro alle imprese, in funzione delle attività che siintendono premiare, oppure indirette, quando le imprese beneficiano, inmaniera meno palese, di una riduzione dei costi e degli oneri che devonoaffrontare.La terza distinzione di carattere generale è quella tra sovvenzioniall’esportazione e sovvenzioni interne. Nel primo caso l’aiuto stataleviene concesso allo scopo precipuo di incrementare le esportazioni,ovviamente sono ritenute anche specifiche. Le sovvenzioni della secondacategoria sono finalizzate invece a sostenere in maniera selettiva loDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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sviluppo dell’industria nazionale sul piano interno. La linea di confinetra sovvenzioni alle esportazioni ed interne non è sempre chiara. Unatecnica che si rivela assai utile per sopperire all’indeterminatezzalegata alle nozioni esaminate è quella di ricorrere ad elenchiesemplificativi di pratiche di sovvenzione che possono farsi rientrarecon certezza nell’una o nell’altra categoria, al fine di integrare ilcontenuto della normativa ad esse applicabile e di accrescerne lacertezza. Un elenco del genere, articolato in dodici punti, tuttirelativi a pratiche da considerarsi con sicurezza come forme disovvenzione alle esportazioni è stato elaborato in occasione del TokyoRound e annesso, prima al Codice relativo a questa materia, poi alcorrispondente Accordo dell’OMC.3. Se l’intervento pubblico che si realizza per il tramite dellesovvenzioni costituisce da lungo tempo uno dei più diffusi ed efficacistrumenti della politica economica e sociale degli Stati, in un’otticaliberista esso è avvertito contemporaneamente come un fattore didistorsione della libera concorrenza tra le imprese sul pianointernazionale, capace di alterare il prezzo di mercato dei prodotti e diprovocare un danno economico per le imprese straniere produttrici di benisimilari, rispetto a quelli sovvenzionati. I Paesi di appartenenza ditali imprese possono quindi essere indotti ad attuare forme diautotutela.Possono distinguersi le situazioni seguenti:la sovvenzione può innanzitutto tradursi per l’impresa beneficiaria in unvantaggio competitivo su un mercato estero, determinando in esso unaumento delle vendite del bene sovvenzionato a danno dei beni similariprodotti dall’industria locale. Il Paese importatore ha la possibilità direagire attraverso le misure compensative, cioè dazi doganali speciali,allo scopo di neutralizzare l’effetto della sovvenzione;può accadere che il danno arrecato dal bene sovvenzionato sul mercatod’importazione non riguardi le industrie locali, bensì le impreseappartenenti ad uno Stato terzo. Tale Stato non potrà difendersi con lostrumento delle misure compensative ma dovrà far ricorso a misure diritorsione economica di diversa natura;lo stesso dicasi, infine, per il danno che potrà determinarsi nel mercatodello stesso Paese che eroga la sovvenzione, a scapito delle impresestraniere che vi esportano beni simili a quello sovvenzionato e chevedono ridotte le loro quote di esportazione per effetto dell’accresciutaconcorrenzialità acquisita dall’industria locale grazie al sostegnopubblico.

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Va sottolineata anche la preoccupazione che le misure di ritorsione postein essere dallo Stato leso da una sovvenzione, non divengano a loro voltafonti di restrizione o distorsione della concorrenza e degli scambiinternazionali, qualora non si limitino a neutralizzare il danno subitodalle relative imprese, ma colpiscano i prodotti dell’altro Stato inmaniera eccessiva o ingiustificata. In tal caso, anche quest’ultimo potràreagire con forme di autotutela, ovviamente diverse dai dazicompensativi.4. La volontà di evitare abusi è alla base dei tentativi messi a puntodalla comunità internazionale, a partire dal GATT 1947, per disciplinarequesta complessa materia sul piano multilaterale tenendo conto econtemperando differenti esigenze quali: l’utilità economica e socialedelle sovvenzioni; la tutela degli Stati colpiti da eventuali effettipregiudizievoli delle stesse; la tutela degli Stati erogatori disovvenzioni da reazioni arbitrarie o sproporzionate da parte dei primiStati. Tutta la disciplina internazionale delle sovvenzioni e la sua progressivaevoluzione ruotano intorno ai tre elementi indicati e allo sforzo diraggiungere un equilibrio soddisfacente tra gli stessi.Con il GATT 1947 si ha la prima regolamentazione del fenomeno dellesovvenzioni pubbliche sul piano multilaterale. Essa denota un approccioancora molto sbilanciato verso il mantenimento delle prerogative sovranedegli Stati in questa materia, si limitava infatti a prevedere in capoagli Stati l’obbligo di redigere un rapporto sulle sovvenzioni da essierogate da notificare alle Parti Contraenti del GATT, nonché l’obbligo diaprirsi a consultazioni con gli altri Stati che eventualmente subissero otemessero di subire un serio pregiudizio. Non si trattava, quindi, diveri e propri limiti sostanziali all’uso delle sovvenzioni, ma disemplici obblighi strumentali. Anche sul versante delle misurecompensative la disciplina prevista era alquanto carente.La Sessione di revisione del GATT 1955 introdusse una prima importantemodifica dell’art. XVI, con la quale furono soprattutto vietate lesovvenzioni all’esportazione dei prodotti manifatturieri che avesserocome conseguenza la vendita di tali prodotti ad un prezzo inferiore aquello del mercato interno.Le sovvenzioni all’esportazione dei prodotti di base erano generalmenteconsentite, anche se le parti contraenti del GATT si impegnavano adevitarle. La disciplina delle sovvenzioni in esame evidenziò nella prassigravi limiti dovuti alla scarsa determinatezza di alcune delle nozionigiuridiche fondamentali da esse accolte.

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5. L’adozione nel 1979 del Codice sulle sovvenzioni e sulle misurecompensative, a conclusione del Tokyo Round, presentava delle importantinovità: da una parte veniva accolta una disciplina delle contromisuremolto più ampia e condivisa da tutti gli Stati, dall’altra la disciplinadelle sovvenzioni veniva riformata in senso più restrittivo purevitandosi di introdurre delle limitazioni significative nel settoreagricolo. La novità di maggior rilievo era costituita dal divieto, questavolta tassativo, delle sovvenzioni alle esportazioni dei prodotti diversida quelli primari. La nozione di “prodotti primari”, che sostituivaquella di “prodotti di base”, comprendeva solo i prodottidell’agricoltura, delle foreste e della pesca e non più i prodottiminerari, fatti adesso rientrare tra quelli manifatturieri. L’Accordo riaffermava la liceità delle sovvenzioni interne, quali chefossero i settori interessati e anzi riconosceva esplicitamentel’importanza di tali sovvenzioni per la realizzazione di una serie moltoampia di obiettivi di politica economica e sociale. In compenso, fuattribuita notevole importanza al potenziamento dei mezzi di reazione adisposizione degli Stati per neutralizzare gli effetti sfavorevoli peressi derivanti dalle politiche di sovvenzionamento di altri Paesi,indipendentemente dalla loro natura; era prevista per la prima volta lapossibilità di sottoporre le sovvenzioni ad una procedura diconsultazione, di conciliazione e di regolamento delle controversieritagliata sullo schema della procedura contenziosa operante nel GATT.6. L’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative dell’OMC(Accordo SCM) ha inteso ridisegnare la disciplina in materia su basicompletamente nuove, superando le precedenti lacune e introducendosignificative innovazioni rispetto alla normativa del GATT 1947 e aquella del Tokyo Round. Esso costituisce senza dubbio uno degli accordipiù ampi e complessi tra quelli dedicati allo scambio di merci.L’esigenza di contrastare la progressiva espansione del fenomeno dellesovvenzioni ha condotto ad irrigidire notevolmente il sistema previstodal GATT delle origini, che prevedeva solo divieti condizionali,l’Accordo SCM amplia invece i casi di divieti assoluti, che colpisconodirettamente le misure statali di sostegno pubblico i cui effettipregiudizievoli per la concorrenza internazionale siano ritenutiinevitabili e particolarmente gravi. Allo stesso tempo, l’Accordo mostra una estrema prudenza nell’attuazionedi tali accresciuti limiti alla sovranità statale. Per la prima volta sirinviene nell’Accordo una definizione esplicita, sia della nozione di“sovvenzione” in generale, sia della nozione “sovvenzione specifica”,nonché dei singoli elementi concettuali che compongono tali nozioni.DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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Inoltre la normativa prevista non è più differenziata secondo le diversecategorie di prodotti, bensì in rapporto alle diverse categorie disovvenzioni. Vengono così individuati tre tipi di sovvenzione, cuicorrispondono tre differenti regimi normativi e tre differenti proceduredi ricorso in sede contenziosa, queste ultime distinte dalle procedurefinalizzate all’imposizione dei dazi compensativi, oggetto di unadisciplina ad hoc.7. La nozione di sovvenzione accolta dall’Accordo all’art. 1, consta didue elementi fondamentali: l’esistenza di un aiuto pubblico e ilconferimento, per via di tale aiuto, di un vantaggio alle imprese.Lo strumento più trasparente di aiuto pubblico consiste nel contributofinanziario erogato da un Governo o da un organismo pubblico situato nelterritorio di uno Stato.La presenza di un sostegno finanziario non è però sufficiente aconfigurare un caso di sovvenzione ai sensi dell’Accordo, se non nederiva un particolare vantaggio per i soggetti che lo ricevono.8. La nozione di specificità assume nell’Accordo un significato decisivoai fini della determinazione del regime giuridico delle sovvenzionipoiché solo le sovvenzioni specifiche possono essere vietate o dar luogoad una delle azioni previste dall’Accordo stesso. La sovvenzione èspecifica quando è destinata o ad un singolo settore di produzione,oppure a gruppi di imprese o settori di produzione comunque determinati,tra tutti quelli situati nell’ambito di giurisdizione dell’autorità chela concede. Il carattere specifico o non specifico di una sovvenzionecostituisce il primo fondamentale elemento da prendere in considerazioneper determinare il regime giuridico applicabile alla stessa. L’Accordoinfatti ha previsto un regime tripartito, definito “sistema semaforo”. Sidistinguono cioè le sovvenzioni “rosse”, soggette al divieto assoluto equindi ad azione legale; le sovvenzioni “gialle”, lecite ma passibili diazione legale perché suscettibili di avere un impatto negativo sulcommercio e di provocare effetti pregiudizievoli per altri Stati; lesovvenzioni “verdi”, sempre lecite di pieno diritto e quindi nonpassibili di azione legale. Solo le sovvenzioni specifiche possono ricadere sotto ciascuno di questitre regimi giuridici, le sovvenzioni non specifiche sono consideratesempre lecite e, inoltre, la nozione di specificità può applicarsi soloalle sovvenzioni interne.9. L’art. 3 indica due tipi di sovvenzioni vietate: le sovvenzioniall’esportazione e le sovvenzioni condizionate all’uso preferenziale dimerci nazionali.

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Per quanto riguarda le sovvenzioni alle esportazioni, viene ribadito ildivieto concernente i prodotti manifatturieri già posto dal Codice sullesovvenzioni del 1979, ma sono stabilite regole dettagliate atte adidentificare con maggiore sicurezza questo tipo di sovvenzioni, acominciare da una definizione formale delle stesse: “sovvenzionicondizionate, di diritto o di fatto, singolarmente o nel quadro di altrecondizioni generali, ai risultati dell’esportazione”. L’espressione “didiritto o di fatto” indica che il condizionamento della sovvenzione airisultati dell’esportazione è sufficiente che risulti alla prova deifatti.Il divieto della seconda categoria di misure, le “sovvenzionicondizionate, singolarmente o nel quadro di altre condizioni generali,all’uso preferenziale di merci nazionali rispetto ai prodotti importati”,costituisce una delle novità di maggior rilievo introdotte dall’AccordoOMC rispetto alla normativa precedente, in quanto sono presi inconsiderazione gli effetti dell’aiuto statale nel mercato del Paese incui i beni sovvenzionati sono prodotti.10. Alla categoria delle sovvenzioni “gialle” appartengono quasi tutte lesovvenzioni interne di carattere specifico, ad eccezione di quelleriguardanti il settore agricolo ed il settore degli aeromobili civili.Queste sovvenzioni sono “passibili di azione legale” se provocano“effetti pregiudizievoli per gli interessi di altri Membri”.11. Tra le sovvenzioni che non possono essere mai vietate né soggette adazione legale, rientrano tutte quelle di carattere non specifico. Si neaggiungono poi tre categorie che, pur essendo specifiche, rispondono adobiettivi di particolare rilevanza sociale, essendo volte a fornire: a)assistenza alla ricerca; b) aiuto alle regioni sfavorite; c) assistenzaall’adeguamento degli impianti produttivi a nuovi obblighi in materiaambientale imposti da leggi e regolamenti. Per essere considerate lecite,le sovvenzioni appartenenti a queste ultime tre categorie, devonorispettare una serie di condizioni e requisiti predeterminati, volti afissare dei limiti quantitativi entro i quali ammettere l’aiuto statale ea garantire la reale rispondenza dello stesso agli obiettivi dichiarati.a) per l’importanza che tutti gli Stati annettono al finanziamento delleattività di ricerca, è generalmente avvertita la necessità di sostenerecon l’aiuto statale gli sforzi compiuti in questa direzione dalle impreseche, altrimenti, sarebbero raramente in grado di sopportarne da sole irelativi costi;b) in merito agli aiuti destinati alle regioni svantaggiate, è necessarioche essi facciano parte di un piano di sviluppo regionale di applicazionegenerale e di carattere non specifico;DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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c) l’assistenza finalizzata a promuovere l’adeguamento a nuovi obblighiin materia ambientale è rivolta agli impianti industriali operanti daalmeno due anni al momento dell’imposizione di tali obblighi ed il tettomassimo previsto per le sovvenzioni statali, rispetto al costo totaledegli investimenti necessari per l’adattamento degli impianti, ènotevolmente inferiore a quello previsto nei due casi precedenti inquanto il rispetto dei vincoli ambientali e l’assunzione dei relativicosti fanno parte, di principio, delle responsabilità delle imprese per idanni arrecati all’ambiente dalla loro attività.12. Una caratteristica peculiare della normativa dell’Accordo SMC, è cheil regime giuridico proprio a ciascuna delle categorie delle sovvenzionidescritte è definito in base ai mezzi di ricorso e al sistema dicontromisure utilizzabili nei confronti delle stesse. Gli uni e le altrevengono infatti “graduati” in relazione alla gravità dei possibilieffetti pregiudizievoli delle stesse sovvenzioni per gli Stati terzi.L’Accordo conferma l’opzione già effettuata dal Codice delle sovvenzionidel 1979 a favore di due tipi di procedimenti diversi: quello voltoall’imposizione unilaterale di misure compensative nei confronti delleimprese per neutralizzare gli effetti pregiudizievoli dell’importazionedi prodotti sovvenzionati ed il procedimento multilaterale per lasoluzione delle controversie tra gli Stati membri dell’OMC. La disciplinadel primo tipo di procedimento è unitaria, quella del secondo è invece,già in partenza, diversa per ciascuna categoria di sovvenzioni, puradottando un modello di base comune.I due procedimenti non sono necessariamente alternativi ma, se esistonole condizioni, possono essere azionati e svolgersi contemporaneamente.Tuttavia, è possibile ricorrere ad una sola forma di compensazione oriparazione in relazione alla medesima fattispecie.Regimi di garanzia:

ogniqualvolta un Membro dell’OMC abbia ragione di ritenere che unaltro membro accordi o mantenga una sovvenzione vietata, ai sensidell’art. 3 (“area rossa”), può far ricorso sia alla procedurarelativa alle misure compensative, sia alla procedura multilateraledavanti agli organi contenziosi dell’OMC. Gli effetti giuridici deiricorsi avversi a sovvenzione vietata consistono nell’obbligo diprovvedere senza indugio alla cessazione dell’illecito con revocadella stessa e, in caso di inadempimento alla cessazionedell’illecito, lo Stato ricorrente potrà essere autorizzato adadottare “contromisure adeguate”. Tali contromisure non devono peròessere “eccessive”, bensì proporzionate all’obiettivo della

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rimozione delle sovvenzioni illecite e della temporaneacompensazione del pregiudizio che ne deriva;

anche le sovvenzioni appartenenti all’”area gialla” possono essereoggetto, se ricorrono i presupposti, di entrambi i mezzi di tutelaprevisti dall’Accordo SMC. Trattandosi di misure di per sé nonillecite, non sarà sufficiente che sia accertata l’esistenza di unasovvenzione, occorre che siano dimostrati sia la specificità dellamedesima, sia i suoi effetti pregiudizievoli per gli interessidello Stato ricorrente. Altre differenze di rilievo riguardano glieffetti giuridici del procedimento. In caso di esito positivo delricorso, lo Stato che accorda o mantiene la sovvenzione non devenecessariamente revocarla, ma può limitarsi a rimuoverne glieffetti pregiudizievoli, inoltre, è ammesso un accordo tra le partiin causa volto alla compensazione degli effetti pregiudizievoliderivanti dalla sovvenzione;

nei confronti delle sovvenzioni dell’”area verde”, non possonoessere utilizzate né la procedura d’imposizione delle misurecompensative, né quella di soluzione delle controversie, tranne chenel caso di programmi di sovvenzione che non siano stati notificatial Comitato per le sovvenzioni e le misure compensative, ai sensidell’art. 8. tuttavia, anche questi programmi saranno consideratinon passibili di azione legale.

13. I procedimenti sopra descritti possono essere applicati allecontroversie intercorrenti tra due o più Stati aventi ad oggettoqualsiasi aspetto delle sovvenzioni. Essi possono sfociare in dellecontromisure autorizzate dalle istituzioni dell’OMC che rispondonoall’identico obiettivo di rimuovere gli effetti pregiudizievoliscaturenti dalle sovvenzioni per gli Stati “lesi”.I dazi compensativi costituiscono invece provvedimenti di difesaunilaterale attuabili unicamente dallo Stato importatore, sempre alloscopo di neutralizzare gli effetti pregiudizievoli discendentidall’importazione dei prodotti sovvenzionati. Nella prassi si tende a fare ricorso, da parte degli Stati lesi dallepratiche di sovvenzione altrui, ad un ulteriore mezzo di tutela dicarattere non istituzionale, una forma di contromisura unilateraleconsistente nel counter-subsidy, cioè nella concessione alle impresenazionali degli Stati in questione di sovvenzioni analoghe a quelleerogate in un altro paese che consentono a tali imprese di recuperarerapidamente lo svantaggio competitivo per esse determinatosi. Giàcondannata nel quadro del GATT 1947, questa “scorciatoia”extraistituzionale appare oggi inammissibile.DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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14. Per quel che riguarda invece la procedura istituzionale prescrittadall’Accordo SMC per l’imposizione dei dazi compensativi, possono esseredistinte, al suo interno, due fasi principali: a) l’inchiesta preliminaree b) l’imposizione e riscossione dei dazi compensativi. Alle autoritàcompetenti dello Stato importatore spetta il compito di esaminare leistanze presentate dai produttori nazionali che devono rispondere aprecisi requisiti di carattere soggettivo e oggettivo. Sotto il profilosoggettivo, si tratta di determinare la legittimazione ad agire delricorrente. Sotto il profilo oggettivo, le domande devono contenere provesufficienti di tre fondamentali elementi, che vanno poi accertatidefinitivamente dall’inchiesta, e cioè: l’esistenza di una sovvenzione alprodotto importato e, possibilmente, il suo ammontare; il pregiudizioarrecato all’industria nazionale dello Stato importatore; il nesso dicausalità tra le importazioni sovvenzionate ed il pregiudizio presunto.Decisiva è, soprattutto, la disciplina del terzo elemento, la prova delnesso causale tra le importazioni sovvenzionate e il danno subìtodall’industria nazionale. Assai dettagliate sono, infine, pure le regoleprocedurali previste per la conduzione dell’inchiesta, che richiedonosoprattutto di contenere la durata della stessa in tempi ragionevolmentebrevi, per ridurre al minimo la turbativa che ne deriva per il normalesvolgimento dei rapporti commerciali tra le parti coinvolte.15. L’inchiesta può avere tre esiti diversi: a) il rigetto della domanda,da parte dell’autorità inquirente, che avverrà se il ricorso risultainfondato o se mancano comunque elementi sufficienti a provare lasussistenza di uno dei tre requisiti materiali necessari all’imposizionedi dazi compensativi; b) la sospensione o la chiusura del procedimento inseguito all’accettazione di impegni volontari; c) l’accoglimento delladomanda con la conseguente imposizione e riscossione di dazicompensativi. In questo caso, se al termine dell’inchiesta le autoritàinquirenti ritengono fondata la richiesta dei produttori e, doporagionevoli sforzi, non sia stato raggiunto un accordo con le partistraniere interessate, esse possono proporre l’applicazione di dazicompensativi agli organi competenti che, in ogni paese, decideranno inmerito con piena discrezionalità, senza essere vincolati dalleconclusioni dell’inchiesta. In caso di decisione positiva, tali dazisaranno imposti e riscossi secondo precise modalità volte ad assicurarela proporzionalità di tali contromisure al pregiudizio arrecato dallasovvenzione all’industria nazionale ed il loro carattere nondiscriminatorio rispetto alla provenienza delle merci.Un aspetto particolare dell’obbligo di proporzionalità delle misureriguarda la loro durata, che va circoscritta al tempo necessario perDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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neutralizzare la sovvenzione e non deve, in ogni caso, superare i cinqueanni, termine al di là del quale i dazi decadono automaticamente, salvoderoghe giustificate dal rischio di prosecuzione o reiterazione dellasovvenzione o del danno. Inoltre, fatte salve circostanze particolari, lemisure non possono essere retroattive.16. L’Accordo non poteva mancare di prendere in considerazione leesigenze dei Paesi in via di sviluppo, riconoscendo l’importanza dellesovvenzioni per i loro programmi di crescita economica. Per tali Paesi èquindi previsto un regime speciale, che trova espressione in un complessosistema di esenzioni totali o deroghe provvisorie differenziate infunzione del diverso grado di sviluppo dei Paesi considerati e dellesingole categorie di sovvenzioni. Le agevolazioni più significative riguardano ovviamente i Paesi menoavanzati, che godono di un’esenzione totale dal divieto di sovvenzionialle esportazioni previsto dalla lett. a dell’art. 3, par. 1 e diun’esenzione di otto anni dal divieto delle sovvenzioni condizionateall’uso di merci nazionali di cui alla lett. b della suddettadisposizione. Agli altri Paesi in via di sviluppo sono riconosciute soloesenzioni di carattere temporaneo.17. Il principale organo previsto dall’Accordo è il Comitato per lesovvenzioni e le misure compensative. Composto dai rappresentanti ditutti gli Stati membri dell’OMC, esso costituisce un foro diconsultazione per qualsiasi questione attinente il funzionamentodell’Accordo e il conseguimento dei suoi obiettivi. Tra i suoi compitiprincipali rientra la vigilanza sulle politiche di sovvenzionamentopubblico degli Stati membri.18. La vasta e dettagliata disciplina delle sovvenzioni e dei diritticompensativi prevista dall’Accordo SCM non ha eliminato del tutto iproblemi da sempre connessi a queste materie. Innanzitutto, l’equilibrioche si è faticosamente cercato di realizzare tra gli obiettivi economicie sociali associati alle politiche statali di aiuti alle imprese e latutela della concorrenza internazionale si rivela ancora molto fragile elo sforzo di sottoporre tali politiche a incisivi controlli sul pianomultilaterale sembra finora coronato da un successo solo parziale. Ladisciplina in parola è peraltro sostanzialmente limitata alle sovvenzionidei prodotti manifatturieri mentre il settore dei servizi ne rimaneescluso e quello dei prodotti agricoli è provvisoriamente sottoposto aduna disciplina speciale, molto più permissiva nei confronti dellepratiche di aiuti statali alle imprese.X. IL DUMPING E I DIRITTI ANTIDUMPING

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1. La materia del dumping e dei diritti antidumping presenta molti puntiin comune con quella delle sovvenzioni e delle misure compensative, maanche delle differenze sostanziali.Dal punto di vista economico, il dumping e le sovvenzioni sono fenomenimolto diversi, se infatti nell’ottica liberista l’intervento dello Statoa sostegno delle proprie imprese è comunque considerato un elementodiscorsivo del libero scambio, il ribasso del prezzo di un prodotto,quale espressione della strategia commerciale delle imprese, rientraperfettamente tra gli obiettivi dell’economia di mercato e, semmai, sonoi diritti antidumping a costituire un ostacolo al commerciointernazionale se sono applicati in maniera arbitraria e a finiprotezionistici.

a) Secondo un orientamento detto “concorrenziale” i dirittiantidumping sarebbero legittimi solo quali strumenti di reazione adatti di concorrenza sleale. Tali vengono ritenute le politiche didumping “predatorio” consistenti nella vendita di un prodotto ad unprezzo inferiore a quello di costo, al fine di estromettere leimprese concorrenti da un determinato mercato e conquistarvi unaposizione di monopolio. Al di fuori di questo caso, il dumping nonsarebbe condannabile, rappresentando un fattore positivo di stimolodella concorrenza.

b) Sul versante opposto l’orientamento detto “di salvaguardia” , tendea ritenere condannabile la vendita di un prodotto estero al disotto del prezzo di mercato tutte le volte che ne scaturisca unpregiudizio per i produttori del Paese importatore, a prescinderedal fatto che tale vendita sia il frutto di una politica diconcorrenza sleale o meno. Di conseguenza, i diritti antidumpingnon avrebbero più la funzione di sanzionare gli effettianticoncorrenziali del dumping, ma appunto la funzione propria diuna clausola di salvaguardia.

c) Il terzo orientamento è quello definito “anti-sovvenzione”, per viadella stretta assimilazione tra le pratiche di dumping e quelle diaiuto pubblico alle imprese che ne costituisce l’assunto di base.La forma di dumping questa volta condannata non è più la vendita diun prodotto al di sotto del prezzo normale di mercato, bensì lacosiddetta cross subsidization, cioè la “sovvenzione” che leimprese sarebbero in grado di attribuire alle proprie esportazioniin un determinato mercato estero grazie ai vantaggi ottenuti, intermini di prezzi più elevati, nel mercato interno o in un mercatoterzo, quando tali mercati risultino protetti dalla concorrenzainternazionale.

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2. La prassi seguita dagli Stati prima del GATT 1947 si avvicinageneralmente alla concezione più protezionistica tra quelle esaminate,che vede nei di ritti antidumping una sorta di strumento di salvaguardiadelle industrie nazionali contro la concorrenza straniera. Sono stati iPaesi di nuova industrializzazione e molti Paesi in via di sviluppo afarsi promotori, in tempi recenti, di una concezione più rigorosamenteliberista, soprattutto perché tali Paesi potrebbero più facilmentesfuggire ad azioni antidumping di cui sono spesso oggetto, a causa difattori prettamente sociali che incidono sul costo del lavoro al lorointerno. L’art. IV del GATT 1947 prende in considerazione unicamente ildumping sui prezzi, inteso come “l’introduzione dei prodotti in un Paesesul mercato di un altro Paese ad un prezzo inferiore al loro valorenormale”. Tale pratica non è però vietata ma viene condannata quando“causa o minaccia di causare un pregiudizio importante per una produzionein atto di una parte contraente o se ritarda sensibilmente la creazionedi un’industria nazionale”.3. L’art. IV risponde piuttosto alla concezione estensiva dei dirittiantidumping, che vengono intesi come una sorta di misura di salvaguardiadegli interessi delle imprese nazionali contro le importazioniprovenienti dall’estero. E, anzi, nella prassi delle parti contraenti delGATT 1947 l’azione antidumping ha sicuramente costituito la forma diprotezionismo più diffusa. Questa tendenza è stata altresì accentuata dalcattivo funzionamento delle disposizioni dell’art. IV che prevedono lecondizioni ed i criteri necessari per l’imposizione dei dirittiantidumping. Soltanto nel 1967, in seguito all’adozione del primo Codice antidumping,al termine del Kennedy Round, si attribuì all’art. IV un’efficaciaobbligatoria generale, costringendo le parti contraenti ad adeguarvi leproprie legislazioni interne. Tale Codice conobbe tuttavia unapartecipazione molto limitata, senza riuscire nell’intento di superare lelacune della normativa precedente o di chiarire i dubbi legatiall’interpretazione dell’art. IV. Fu pertanto necessario procedere adun’accurata revisione dello stesso, prima nel quadro del Tokyo Round, chediede vita al secondo Codice antidumping, e poi nell’ambito dell’UruguayRound, dove si è varato l’Accordo relativo all’applicazione dell’art. VIdel GATT 1994 nella sua versione attuale.4. L’Accordo antidumping dell’OMC non ha “rivoluzionato” la disciplinapreesistente e non ha modificato l’impostazione di fondo dell’art. VI delGATT limitandosi a riformulare con maggior precisione la normativapreesistente. Invariata è anche la nozione di dumping accoltadall’Accordo, che è rimasta sostanzialmente quella dell’art. VI,DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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riferendosi ancora unicamente al dumping sui prezzi e non anche quellosui servizi, o al “dumping sociale”, al “dumping ambientale” e a quellomonetario. Gli elementi costitutivi del dumping “condannabile” sono simili a quellirichiesti per l’imposizione di misure compensative nei confronti delleimportazioni di prodotti sovvenzionati. Si tratta infatti de: l’esistenzadel dumping; il pregiudizio per l’industria nazionale del Paeseimportatore e il nesso di causalità tra le importazioni in dumping e talepregiudizio. Per quanto riguarda il primo elemento, l’art. 2 dell’Accordorichiama i criteri volti a determinare l’esistenza del dumping e del suoammontare fissati dall’art. VI del GATT. In via del tutto generale,pertanto, un prodotto è da considerarsi oggetto di dumping qualora siamesso in commercio in un Paese ad un prezzo inferiore al suo valorenormale. Ma il concreto accertamento del dumping e il calcolo del suoammontare sono affidati ad un’operazione molto complessa che si articolain tre fasi: a) determinazione del “valore normale” del prodottoconsiderato; b) la determinazione del prezzo d’esportazione; c) lacomparazione tra “valore normale” e prezzo d’esportazione.Come regola generale, si assume quale “valore normale” di un prodotto ilprezzo “comparabile, praticato nell’ambito di normali operazionicommerciali, per un prodotto similare destinato al consumo nel Paese diesportazione”. In alcune circostanze, la regola generale prescritta peril computo del valore normale risulta del tutto inapplicabile. Persuperare le difficoltà si può fare ricorso ad una serie di metodialternativi di determinazione del valore normale dettagliatamentedescritti dall’art. 2. i metodi principali sono due. Il primo rinvia ilprezzo comparabile del prodotto similare esportato dal Paese consideratoverso un Paese terzo e viene perciò designato anche come metodo del“paese analogo” o del “Paese testimone” o del “Paese di riferimento”. Ilsecondo metodo alternativo consentito viene detto metodo del “valorenormale ricostruito”, poiché consente di ricostruire fittiziamente ilvalore normale di un prodotto in base ai costi di produzione diretti eindiretti esistenti nel Paese di origine del medesimo.5. Per stabilire se un prodotto è oggetto di dumping occorre confrontareil suo valore normale con il prezzo d’esportazione dello stesso prodottonel Paese importatore, ovvero il “prezzo d’immissione” nel mercato ditale Paese. Si tratta, per l’esattezza, del prezzo con cui il prodotto sipresenta, per così dire, alla dogana. Anche in questo caso possonoesservi delle situazioni in cui il prezzo del prodotto importato non puòessere stabilito o possono esistere dei dubbi sull’attendibilità di taleprezzo. E anche questa volta, sono previsti dei metodi alternativi diDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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determinazione del prezzo fondati, rispettivamente, sul prezzo al qualeil prodotto importato è rivenduto per la prima volta ad un acquirenteindipendente, oppure su un prezzo d’esportazione “ricostruito”.6. Perché il dumping sia condannabile è necessario ch’esso comporti unpregiudizio per il Paese importatore. Il termine “pregiudizio” comprendesia il “pregiudizio grave”, sia il “rischio di un pregiudizio grave”, siaancora il “sensibile ritardo nella creazione” di una industria nazionale.Si tratta delle nozioni che avevano sollevato le maggiori difficoltànell’applicazione dell’art. VI, di qui il tentativo di specificarne ilsignificato attraverso una normativa molto dettagliata da partedell’attuale Accordo antidumping dell’OMC. Anche la procedura relativaall’imposizione dei diritti antidumping ricalca sostanzialmente quellaprevista in materia di misure compensative sulle importazionisovvenzionate. Un parallelismo perfetto con l’Accordo sulle sovvenzioni esulle misure compensative si registra altresì per quanto riguardal’obbligo degli Stati di prevedere delle procedure di riesame dei daziantidumping onde evitare che i dazi siano applicati oltre la misura e altempo necessari a neutralizzare il pregiudizio derivante dal dumpingall’industria nazionale. Anche riguardo all’obbligo di istituireprocedimenti interni per l’esame giudiziario dei provvedimenti adottatidalle autorità antidumping, così come per l’assetto istituzionaledell’Accordo e le funzioni degli organi previsti, non vi sono differenzedi sorta con l’Accordo sulle sovvenzioni.7. Rispetto a quest’ultimo accordo, la disciplina dei diritti antidumpingnon presenta solo analogie, ma anche alcuni aspetti peculiari. Ledisposizioni a favore dei Paesi in via di sviluppo appaiono per forza dicose meno incisive ed elaborate, al dumping non può essere riconosciutoun ruolo particolare ai fini della realizzazione dei programmi nazionalidi sviluppo. L’Accordo si limita quindi a raccomandare genericamente aiPaesi industrializzati una speciale attenzione per la “situazione” e pergli “interessi fondamentali” dei Paesi in via di sviluppo quando controdi essi si richieda l’applicazione di misure antidumping. Non è previstoalcun trattamento speciale per i Paesi in transizione verso l’economia dimercato.Un problema peculiare per la materia in esame è costituito poi dallaelusione dei diritti antidumping, che si realizza attraverso espedientimessi in atto dalle imprese colpite da tali diritti, in particolare nellaforma delle cosiddette imprese “cacciavite”. Si tratta d’impreseinstallate sul territorio del Paese importatore per ivi assemblare ilprodotto finale il quale, risultando formalmente “nazionale”, può

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sottrarsi alle misure antidumping, applicate dal Paese importatore, sulleimportazioni di quel prodotto provenienti da un determinato Stato.8. Alcuni elementi di peculiarità che la disciplina antidumping presentacon riguardo alla soluzione delle controversie: alla materia dei dirittiantidumping si applicano appieno le norme e le procedure contenziosepreviste in generale dall’Intesa dell’Allegato 2, mancando una proceduraspeciale equivalente al track II dell’Accordo SCM. Tuttavia i procedimenti di soluzione delle controversie intergovernativipossono riguardare unicamente l’ipotesi di un uso improprio o abusivo deidazi antidumping, da parte del Paese importatore, oppure il contenutodella legislazione nazionale che li consente e non le pratiche di dumpingin sé. Un altro aspetto particolare concerne le controversie sorte dallacontestazione di dazi antidumping definitivi, oppure di misureprovvisorie che abbiano un effetto significativo per lo Stato ricorrente.In questi casi il panel incaricato dell’esame di una controversia non puòinficiare la valutazione degli elementi di fatto effettuata dalleautorità nazionali del Paese importatore, anche se da esso non condivisa,purché tale valutazione sia rispondente a criteri di imparzialità eobiettività.

Capitolo XIILA SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE

I. IL SISTEMA DI SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE “INTEGRATO”: CARATTERISTICHE GENERALI.

1. La soluzione delle controversie tra i Membri dell’OMC è oggetto di unadisciplina molto ampia e particolareggiata. L’Intesa sulle norme e leprocedure che disciplinano la soluzione delle controversie (DSU)costituisce, con i suoi 27 articoli, integrati da quattro appendici e daalcune decisioni e dichiarazioni dei Ministri contenute nella Parte IIIdell’Atto finale dell’Uruguay Round, la più vasta regolamentazione dellamateria da quando esiste il sistema multilaterale del commerciointernazionale, che testimonia la volontà di potenziare il meccanismo disoluzione delle controversie quale principale strumento di garanzia deldiritto.Originariamente l’Accordo generale prevedeva una regolamentazionealquanto scarna che si rivelò subito insufficiente. A partire da talidisposizioni, si erano tuttavia progressivamente sviluppate delleprocedure e delle regole più elaborate, incentrate sull’istituto delDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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gruppo di esperti che costituisce uno dei principali istitutidell’attuale sistema di soluzione delle controversie. Rimanevano problemidi rilievo, in particolare, la prassi del consensus, consentiva aciascuna delle parti in lite di bloccare l’istituzione dei gruppi diesperti, nonché l’adozione dei rapporti di questi organismi contenenti leproposte di risoluzione finale dei casi esaminati, oppure di ritardarenotevolmente tali operazioni. I medesimi inconvenienti avevano inoltrecondotto alla paralisi del meccanismo di esecuzione coattiva delledecisioni finali delle Parti Contraenti. Si era assistito, inoltre, alprogressivo frazionamento del sistema in una sorta di regimi normativi eistituzionali particolari e al conseguente sorgere di fenomeni di forumshopping, soprattutto in seguito all’adozione dei Codici del Tokyo Roundsulle barriere non tariffarie al commercio. Ciascuno di tali Codici erainfatti provvisto di apposite regole e procedure di soluzione dellecontroversie gestite da organi ad hoc, che, per giunta, non eranoespressione di tutti i Membri del GATT, bensì di un numero più o menolimitato di Stati contraenti.La riforma operata nel quadro dell’Uruguay Round, con l’adozionedell’Intesa, ha condotto al definitivo superamento della maggior partedei problemi illustrati per merito di almeno tre caratteristichefondamentali: esso è innanzitutto un sistema sostanzialmente unitario,sia ratione materiae, sia ratione personarum; persegue degli obiettivipiù definiti; garantisce la sicura esperibilità dei procedimenticontenziosi e l’esecuzione dei giudizi.2. L’”integrazione” del sistema dal punto di vista materiale è statarealizzata attraverso l’applicazione della DSU alle controversie relativea tutta una serie di accordi figuranti in un’appendice annessa a taledocumento e denominati sinteticamente “accordi contemplati”. Essiincludono, non solo gli accordi che disciplinano materialmente i diversiaspetti del commercio internazionale, ma anche i principali accordi“istituzionali”. È escluso invece il Meccanismo di esame delle politichecommerciali previsto dall’Allegato 3, il quale non è consideratosuscettibile di produrre controversie tra Stati, imponendo agli stessisolo degli obblighi nei confronti dell’Organizzazione e non nei lororapporti reciproci.3. L’unità del sistema di soluzione delle controversie incontra ancoradei limiti nell’esistenza di numerose norme e procedure speciali eaggiuntive, previste dai diversi accordi contemplati per le controversierelative alla loro attuazione, elencate nell’Appendice 2 della DSU. Altredisposizioni speciali sono accolte poi nella stessa DSU in relazione alle

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controversie in cui siano coinvolti i Paesi in via di sviluppo ed i Paesimeno avanzati.4. Nella DSU sono state predisposte alcune “norme di conflitto” chedovrebbero consentire di superare qualsiasi dubbio circa le norme e leprocedure da applicare ad ogni singola controversia, a tal fine si sonodistinte due diverse ipotesi di conflitto:La prima concerne il contrasto tra le disposizioni generali della DSU ele disposizioni speciali o aggiuntive d’uno o più accordi contemplati,contrasto che verrà risolto facendo prevalere queste ultime disposizionia titolo di lex specialis. La disposizione speciale deve prevalere quindisu quella generale, nel senso di escluderne l’applicazione, solo inpresenza di una comprovata incompatibilità, che renda materialmenteimpossibile un’attuazione simultanea e cumulativa di entrambe leregolamentazioni.La seconda ipotesi è quella in cui sorga un conflitto tra le norme e leprocedure previste da più accordi contemplati. In tal caso, sono le particontrovertenti a dover trovare un accordo sulle disposizioni da seguire.Qualora però tale accordo non sia realizzabile in breve termine, ilPresidente dell’Organo di soluzione delle controversie (DSB), surichiesta di una delle parti ed in consultazione con le stesse,interviene per dirimere la questione in termini ancor più brevi (entrodieci giorni dalla richiesta). Il potere del Presidente del DSB èperaltro molto limitato.5. L’art. 3 della DSU contiene una serie di disposizioni che definisconogli obiettivi ed i principi generali che informano il sistema disoluzione delle controversie. Tale meccanismo presenta indubbiamente unanotevole accentuazione degli elementi di natura giudiziale purconservando molti degli elementi diplomatici e delle caratteristiche diflessibilità proprie del sistema del GATT 1947. Importante elemento è ladefinizione dello scopo primario del meccanismo contenzioso, individuatonella ricerca di una soluzione reciprocamente accettabile per le parti incausa. L’obiettivo indicato viene però strettamente saldato all’obiettivodella tutela del diritto codificato dagli Accordi OMC, per cui lesoluzioni raggiunte devono in ogni caso essere compatibili con taliAccordi. Inoltre, alla soluzione delle controversie è attribuito un ruoloessenziale per garantire il pieno rispetto dei diritti e degli obblighidi cui gli Stati sono titolari in base alle norme dell’OMC e per chiarireil significato delle stesse, assicurando così la certezza e laprevedibilità del sistema commerciale multilaterale. Altra novità ècostituita dall’aggancio dell’attività interpretativa degli organi disoluzione delle controversie alle “norme di interpretazione abituali delDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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diritto pubblico internazionale” con la quale la DSU rinvia,principalmente, alle regole interpretative codificate dagli artt. 31 – 32della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.Le interpretazioni giuridiche rese in sede contenziosa sono sottopostedall’Intesa a due limiti fondamentali, già esistenti nel GATT 1947: a)esse non possono comportare né un ampliamento né una riduzione deidiritti e degli obblighi previsti dagli Accordi OMC, alterando irisultati ragglinti nei negoziati commerciali multilaterali; b) esse nonhanno effetti vincolanti di portata generale, che trascendano cioè leparti coinvolte nei singoli casi di specie. Tuttavia, per quanto riguardail primo limite, gli Organi di soluzione delle controversie sembranotalvolta propensi a “legiferare” con le loro pronunce, modificando ilcontenuto degli accordi esaminati nell’intento di rafforzare il sistemamultilaterale del commercio a scapito degli spazi di sovranità degliStati membri. Con riferimento al secondo limite, vi è la tendenza degliorgani contenziosi dell’OMC ad occuparsi anche di questioni giuridiche diportata generale che esulano dalla soluzione del caso specificatamenteesaminato, riguardando piuttosto l’esigenza di garantire e accrescerel’efficacia e la credibilità del sistema di soluzione delle controversiee del sistema multilaterale del commercio complessivamente considerati.6. Gli obiettivi generali ed i principi informatori del sistema disoluzione delle controversie trovano un puntuale riscontro nellecaratteristiche istituzionali e procedurali dei meccanismi volti a darviattuazione. La struttura istituzionale preposta alla funzione contenziosa in baseall’art. 2 della DSU corrisponde alla volontà di assicurare l’unità e lacoesione del sistema. La competenza principale in materia contenziosa èaffidata all’Organo di risoluzione delle controversie che è unaemanazione del Consiglio generale il quale si riunisce in questa veste diorgano “giurisdizionale” ogni qualvolta sia necessario per esercitare lefunzioni previste dalla DSU, agendo in base ad un autonomo regolamentointerno e sotto la guida di un Presidente nominato ad hoc. Il DSB èaltresì caratterizzato da un sensibile accrescimento di poteri, specie inrelazione alla fase esecutiva dei procedimenti contenziosi. Ad essospetta anche l’istituzione e il controllo degli organismi cheintervengono nella fase giudicante, in primo e in secondo grado: i panelsof experts istituiti ad hoc per esaminare un singolo caso in primaistanza e l’Organo d’appello permanente.Tale assetto evidenzia l’accresciuta coesione e la prevalenzadell’elemento giurisdizionale su quello diplomatico. Pure sotto ilprofilo strettamente procedurale, il sistema contenzioso dell’OMCDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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presenta una decisa evoluzione in senso giudiziario, insieme ad unacontemporanea valorizzazione di tecniche più flessibili fondate sullaricerca dell’accordo amichevole e di una reciproca soddisfazione tra leparti in lite. Ne risulta un sistema “misto” o “ibrido” articolato in uncomplesso di procedure di diversa natura: alcune di carattere“diplomatico” o “stragiudiziale”, altre di tipo “giudiziale” o arbitraleche possono concorrere in modo complementare, o alternativo, alsuperamento dei conflitti sorti tra i Membri dell’Organizzazione.II. IL PROCEDIMENTO CONTENZIOSO: FASE PRELIMINARE E FASE GIUDICANTE DI

PRIMO E DI SECONDO GRADO1. Il procedimento contenzioso inteso in senso stretto si articola inquattro fasi principali: la fase preliminare delle consultazioni direttefra le parti; la fase giudicante di primo grado davanti al panel; la fasegiudicante di secondo grado davanti all’Organo di appello; la faseesecutiva.Alla procedura delle consultazioni bilaterali (art. 4 della DSU) èaffidato il compito di favorire una soluzione amichevole dellecontroversie tramite un accordo diretto tra le parti. Di particolareimportanza sono le disposizioni riguardanti la forma della richiesta diconsultazioni, uno Stato membro che ritenga d’aver subito un pregiudizio,è tenuto a presentare alla controparte e a notificare al DSB, ai consiglie comitati competenti per materia, i motivi della richiesta, compresa unaprecisa indicazione delle misure contestate e della base giuridica delreclamo. La controparte ha l’obbligo di considerare favorevolmente leargomentazioni presentate e avviare, in buona fede e tempestivamente,delle consultazioni finalizzate ad una soluzione reciprocamentesoddisfacente. Tuttavia, la funzione precipua della procedura diconsultazione rimane quella “preventiva” fungendo piuttosto da deterrenteall’instaurazione del processo contenzioso.2. Le fasi successive del procedimento contenzioso introducono, oltrealla previsione del secondo grado del giudizio, sconosciuto nel sistemaprecedente, la regola dell’inversione del consensus relativamente alprocesso decisionale del DSB. Nella procedura contenziosa dell’OMC, laregola del “consensus negativo” ha sostituito quella del “consensuspositivo”, in relazione ai tre momenti salienti dello stessoprocedimento: l’istituzione del panel, l’approvazione del suo rapporto el’autorizzazione delle contromisure. L’azione di ciascuna di questedelibere è quindi quasi automatica.3. In concreto, la procedura davanti al panel può aprirsi solo in seguitoal fallito tentativo della parte ricorrente di risolvere la questione permezzo di consultazioni dirette con la controparte. La relativa domanda vaDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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presentata al DSB per iscritto e può provenire da uno o più Stati membri.Essa deve contenere precise indicazioni circa l’eventuale svolgimento diconsultazioni, oltre che sulle misure oggetto di contestazione e la basegiuridica del reclamo ed i termini della controversia. Il DSB decide inmerito nella stessa riunione in cui la domanda è stata presentata o, alpiù tardi, in quella successiva.4. Le condizioni sostanziali prescritte dalla DSU per l’avvio deiprocedimenti rispecchiano quelle esistenti nel GATT 1947, ma sonosoggette ad una disciplina molto più dettagliata. Ogni Stato membrodell’OMC è legittimato ad agire ogniqualvolta ritenga verificarsi: a) un“annullamento” o “pregiudizio” di un vantaggio per esso risultante da unaccordo contemplato, b) un ostacolo per la realizzazione degli obiettiviperseguiti dal medesimo accordo. Queste circostanze possono a loro voltaessere imputate a tre motivi diversi, cui corrispondono altrettanti tipidi reclamo di differente natura: 1) la violazione di un obbligodiscendente dall’accordo in causa, 2) l’adozione da parte di un altroStato di una misura lecita o, 3) l’esistenza di una qualsiasi altrasituazione.5. Legittimazione attiva e passiva nel quadro della procedura in esame:per quanto riguarda il profilo della legittimazione attiva, lefattispecie contenziose fanno riferimento all’esistenza di un pregiudizioo all’annullamento di un beneficio di cui godono i Membri dell’OMC. Diconseguenza, sono legittimati a ricorrere al meccanismo di soluzionedelle controversie solo gli Stati che abbiano subìto direttamente talepregiudizio o annullamento, il presupposto decisivo è costituito quindidall’elemento del danno.Come nel GATT 1947, anche nell’ambito degli Accordi OMC, l’illecito non èpreso in considerazione in sé e per sé, ma solo in rapporto al prodursidi un danno materiale per altri Membri dell’OMC e alla turbativaconseguentemente arrecata all’equilibrio degli interessi commercialireciproci, garantito dalle norme in questione. L’obiettivo, proprio delsistema contenzioso, di garantire la certezza e l’esatta interpretazionedel diritto, non si realizza che in connessione all’iniziativa deisingoli Stati e all’esistenza di una lesione dei loro diritti e interessisoggettivi, come conferma anche la mancata previsione, nell’ordinamentodell’OMC, di meccanismi volti a promuovere la cosiddetta naked justice,sia nella forma di una actio publica (azione d’ufficio dell’OMC) sia diun’actio popularis (azione degli Stati per la tutela della legalità ingenerale).D’altro canto, alcuni aspetti del funzionamento del sistema contenziososembrano deporre, in concreto, nel senso dell’instaurazione di un modo diDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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procedere almeno in parte simile all’actio popularis. Il primo aspettorisiede nell’automatismo delle delibere concernenti l’apertura dellaprocedura del panel, in secondo luogo, la stessa DSU sembra concepirel’interesse giuridico degli Stati ad agire, come un interessestrettamente autodefinito. La valutazione del pregiudizio è infattirimessa alla discrezionalità dello Stato che sporge reclamo. Nel merito,poi, le pronunce degli organi contenziosi dell’OMC hanno accolto unainterpretazione alquanto estensiva della nozione di interesse ad agire.In conclusione, non esiste altro limite ad un uso eccessivo delmeccanismo contenzioso che la volontà ed il buon senso degli stessiMembri dell’OMC.In merito alla questione della posizione dei soggetti diversi dagliStati, nell’ambito del sistema di soluzione delle controversie,nonostante gli indubbi riflessi discendenti dall’applicazione degliAccordi OMC sui privati, tale sistema opera esclusivamente sul pianointerstatale e, di conseguenza, la legittimazione attiva all’azionamentodelle procedure previste dalla DSU è attribuita unicamente ai Membridell’Organizzazione.6. Gli Stati membri Gli Stati membri dell’OMC sono gli unici protagonisti del sistema disoluzione delle controversie anche sotto il profilo della legittimazionepassiva. Esiste in altri termini “una situazione di perfetta eguaglianzadella natura delle pratiche che possono essere coinvolte nel procedimentocontenzioso”, visto che “se il diritto di presentare ricorso è conferitounicamente agli Stati, le misure oggetto di contestazione devono essereimputate agli stessi”La normativa della DSU presenta tuttavia alcune particolarità rispetto alregime ordinario di responsabilità statale vigente nel dirittointernazionale generale, con riguardo ad entrambi gli elementicostitutivi dei fatti che producono tale responsabilità: l’elementooggettivo dell’illiceità della condotta statale e l’elemento soggettivodell’imputabilità concernente la possibilità di attribuire tale condottaad uno Stato.Rispetto all’elemento oggettivo, va rimarcato ancora una volta comel’ordinamento dell’OMC non conferisca rilievo preminente all’illiceità insé considerata, ma piuttosto agli effetti pregiudizievoli sugli scambiinternazionali discendenti dalle condotte degli Stati. Per quantoriguarda l’elemento soggettivo della responsabilità, nell’ambito delsistema di soluzione delle controversie dell’OMC sono state invecesicuramente superate alcune particolarità presenti nel GATT 1947. aisensi del diritto internazionale generale, la responsabilità di uno StatoDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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sorge allorché un fatto illecito sia imputabile ad uno o più dei suoiorgani. Il GATT 1947 non richiedeva un adempimento diretto e immediatodegli obblighi dell’Accordo generale da parte degli organi periferici, maimponeva semplicemente ai Governi centrali di adottare “tutte le misureragionevoli in loro potere per assicurare nel loro territoriol’esecuzione delle disposizioni di questo Accordo da parte delle autoritàgovernative o amministrative centrali e locali”.L’intesa relativa all’interpretazione dell’art. XXIV del GATT 1994concerne l’attribuzione agli Stati membri di una piena responsabilità didiritto internazionale per gli atti compiuti dalle amministrazioni eautorità sub federali in violazione del GATT 1994. all’impegno diadottare ogni ragionevole misura per consentire il rispetto del GATT1994, viene così di fatto conferita la qualità di un obbligo dirisultato, con la conseguenza della piena applicabilità delle proceduredi soluzione delle controversie ad ogni misura imputabile a taliamministrazioni e autorità suscettibile di incidere sulla normativagiuridica esistente. Le disposizioni in questione non fanno che ribadirel’obbligo contemplato dallo stesso Accordo istitutivo dell’OMC all’art.XVI, par. 4 che impone a ciascun Membro di garantire in generale “laconformità delle proprie leggi, dei propri regolamenti e delle proprieprocedure amministrative con gli obblighi che gli incombono conformementea quanto previsto negli Accordi allegati”.7. Il panel è un organo composto da individui che operano a titoloindividuale, e non in quanto rappresentanti degli Stati di appartenenza,fornendo garanzie di imparzialità, indipendenza e competenza. Laprincipale funzione del panel è quella di istruire la causa svolgendo leopportune indagini con ampi poteri conoscitivi. Tali indagini sono voltea ricostruire in maniera oggettiva gli elementi di fatto e di dirittodella controversia; allo stesso tempo il panel esercita una costanteattività di conciliazione, procedendo a regolari consultazioni con leparti per giungere ad una soluzione di reciproca soddisfazione. I compitidel panel sono comunque specificati in relazione al singolo caso dispecie nel mandato ricevuto dal DSB. In caso di ricusazione di mandatospeciale esso si vedrà assegnato un mandato standard che prevede l’esamedella questione sottopostagli alla luce delle pertinenti disposizionicontenute nell’accordo o negli accordi citati dalla parte ricorrente el’indicazione degli elementi che possono aiutare il DSB a formulare leraccomandazioni e le decisioni ritenute opportune.8. L’inchiesta svolta dal panel è improntata al principio delcontraddittorio e si svolge in due fasi consistenti rispettivamente nellapresentazione di memorie scritte e nella partecipazione ad udienze oraliDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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delle parti in causa ed anche degli Stati terzi che abbiano un interessesostanziale per le questioni trattate.Una significativa razionalizzazione del procedimento è assicurata dallaintroduzione di una fase ulteriore, detta dell’”esame interinale” in cuile parti ricevono il rapporto finale prima della sua diffusione, potendoesprimere le proprie considerazioni in merito e richiedere eventualmentela revisione di specifici aspetti dello stesso.La procedura segue un calendario di lavori fissato dal panel, pur nelrispetto di limiti massimi per le singole operazioni e di un termineultimo (normalmente sei mesi) per la conclusione dell’inchiesta e lapresentazione del rapporto finale che viene trasmesso al DSB il quale,concessi a tutti i Membri 20 giorni per esaminarlo, provvede normalmentead adottarlo entro ulteriori 40 giorni, a meno che esso non decidaall’unanimità di rigettarlo, oppure una o entrambe le parti noncomunichino la decisione di presentare appello. Se, invece, le partihanno raggiunto un accordo nel corso della procedura, il rapporto finaleassume la forma di un semplice “verbale di conciliazione”, in cui ilpanel si limita ad una breve decisione del caso, notificando al DSB lasoluzione raggiunta.9. La previsione della fase di appello rappresenta uno degli elementi dimaggior novità, l’Organo di appello permanente si avvicina infattisensibilmente ai tribunali internazionali. È istituito dal DSB ed ècomposto da sette membri selezionati secondo criteri di competenza,indipendenza e imparzialità ancor più rigorosi di quelli previsti per ipanelists. Tre membri, scelti in modo casuale, e costituenti una sezionegiudicante, si occupano a rotazione di ciascun singolo caso. Non è quindiprevista la decisione in formazione plenaria; il mandato dura di normaquattro anni ed è rinnovabile una sola volta.Il ricorso in appello può essere sottoposto da qualsiasi parte dellacontroversia, mentre tale diritto è escluso per i terzi che abbianopartecipato alla procedura del panel.Le funzioni dell’Organo d’appello hanno natura strettamentegiurisdizionale ed è chiamato unicamente ad esaminare le “questionigiuridiche contemplate nella relazione del panel” e le “interpretazionigiuridiche sviluppate dal panel” potendo confermare, modificare oannullare le contestazioni e le conclusioni raggiunte in primo grado,assume quindi la natura di giudizio di seconda istanza.La durata della procedura d’appello è decisamente più ridotta, nonsuperando di norma i sessanta giorni.10. È necessario un accenno al problema, sorto nella prassi, dideterminare l’esatta portata delle competenze dell’Organo d’appello eDIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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quello più generale di stabilire se le “questioni giuridiche” dicompetenza dell’Organo d’appello comprendano solamente l’interpretazionedel diritto sostanziale o anche aspetti di natura diversa. In definitival’Organo d’appello ha assunto nell’ambito del sistema di soluzione dellecontroversie un ruolo assolutamente centrale, molto più ampio di quelloprevisto dalle disposizioni dell’Intesa e la sua attività sembra talvoltasconfinare in funzioni di tipo quasi normativo. Tale evoluzione haindubbiamente contribuito ad elevare la coerenza e l’autorevolezza degliindirizzi giurisprudenziali espressi in ambito OMC.III. LA FASE ESECUTIVA DEL PROCEDIMENTO CONTENZIOSO1. Il ruolo del DSB in questa fase del procedimento è ridotto ad unafunzione eminentemente esecutiva, poiché le raccomandazioni formulate dalpanel e dall’Organo d’appello assumono normalmente il valore diconclusioni definitive.2. Con l’approvazione dei rapporti da parte del DSB si apre la faseesecutiva, oggetto di una disciplina particolarmente dettagliata,contenuta negli artt. 21 e 22 della DSU, che mira ad assicurare ilrispetto delle raccomandazioni e delle decisioni. L’osservanza di talidisposizioni è peraltro rigorosamente obbligatoria in base al “principiodi esclusività delle procedure interne”. Gli articoli in paroladelineano, all’interno del complessivo procedimento esecutivo, due fasidistinte: una procedura di esecuzione volontaria ed una di caratterecoattivo (o coercitivo). I poteri di sorveglianza sono esercitatiprincipalmente dal DSB ma un ruolo di primo piano è svolto, anche inquesta fase, da organi di natura giudiziale; è prevista infatti lapossibilità di instaurare delle procedure di arbitrato obbligatorio perdeterminare i tempi e l’adeguatezza dell’adempimento, nonché laproporzionalità delle contromisure eventualmente autorizzate in caso diinadeguato adempimento.3. L’attuazione delle raccomandazioni e decisioni del DSB è affidatainnanzitutto all’esecuzione volontaria da parte degli Stati interessatifidando che siano prontamente rispettate. Allo Stato interessato èimposto perciò l’obbligo di informare al più presto (entro 30 giorni) ilDSB circa le proprie intenzioni in merito. Qualora un’immediataattuazione non sia possibile, l’adempimento deve avvenire entro un“periodo ragionevole” (non oltre 15 mesi) secondo tre differentipossibilità: a) entro il termine proposto dallo Stato interessato eapprovato dal DSB; b) in assenza dell’approvazione del DSB, concordareentro 45 giorni il termine tra le parti in causa; c) in mancanza di unsiffatto accordo, stabilire il termine entro 90 giorni tramite arbitratovincolante.DIRITTO DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI, CFU 4Paolo Picone – “Diritto dell’organizzazione mondiale del commercio”

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4. La fissazione del periodo ragionevole di attuazione non offre, di perse, alcuna garanzia circa l’effettivo adempimento delle raccomandazioni edecisioni del DSB, pertanto è prevista l’utilizzazione delle stesseprocedure della DSU. Il panel investito della questione dovrà emettere unrapporto entro un termine più ristretto di quello ordinario. Questaprocedura risponde, in generale, all’intento di impedire la stasi delprocedimento dovuta a manovre dilatorie dello Stato soccombente.La sua applicazione nella prassi ha sollevato numerosi problemi cheriguardano: a) la legittimazione ad agire; b) il legame intercorrente tral’art. 21, par. 5 e le successive disposizioni dell’art. 22; c) l’oggettoe la portata delle decisioni arbitrali; d) l’appellabilità di talidecisioni.

a) si è posto il problema di stabilire se l’attivazione dellaprocedura possa essere richiesta unicamente dalle parti ricorrentinella controversia originaria, o anche da quella soccombente. Laquestione è rimasta impregiudicata;

b) il silenzio del panel non ha permesso di chiarire un’altra dellequestioni più controverse nell’interpretazione della normativa inesame, quella del legame intercorrente tra l’art. 21, par. 5 e ledisposizioni dell’art. 22, par. 2 in materia di contromisure(verifica sull’implementation basata sulla procedura arbitraledell’art. 21, par. 5 per procedere alla richiesta d’autorizzazionedelle contromisure ai sensi dell’art. 22, par. 2);

c) per quanto riguarda il problema della portata del giudizio deipanels arbitrali, si è osservata spesso la tendenza di taliorganismi ad interpretare il loro mandato in maniera molto piùampia di quanto parrebbe legittimo in base alle disposizionidell’art. 21, par. 5. Ovvero, piuttosto che esercitare un controllosull’adempimento dell’obbligo secondario di cessazionedell’illecito incombente su uno stato a seguito di precedentecondanna, si è operata una mise au jour del giudizio originario,vertente piuttosto sul rispetto degli obblighi primari discendentiper tale Stato dalle norme dell’OMC. Di conseguenza, la natura eportata del giudizio del panel tendono a diventare quasi identici;

d) partendo dai risultati raggiunti dalla prassi descritta, il passoera breve per far cadere un altro limite tradizionalmente connessoall’interpretazione dell’art. 21, par. 5: e cioè la convinzione chenei confronti dei rapporti dei panels arbitrali non fosse possibilericorrere davanti all’Organo d’appello.

L’attitudine dei panels arbitrali ad effettuare un nuovo giudizio dimerito sulle questioni giuridiche esaminate, ha posto l’esigenza di

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assicurare anche nei confronti di tali giudizi la funzione di garanziasvolta dall’Organo d’appello circa la corretta interpretazione eapplicazione degli Accordi OMC. Vi è, inoltre, la concreta possibilitàche il “ciclo dei giudizi” si riproduca indefinitamente.5. Il mancato o l’inadeguato adempimento delle raccomandazioni edecisioni del DSB al decorrere del periodo ragionevole fissato secondole regole sopra illustrate, fa scattare invece un processo diesecuzione coattiva che prevede la possibilità di contromisure,possibilità che ha assunto un carattere quasi automatico. Tuttavia, laDSU conferma il tradizionale atteggiamento di riluttanza del GATTverso un siffatto esito dei procedimenti contenziosi. In caso diinfrazioni giuridiche, lo scopo prioritario e ultimo dei medesimiresta infatti quello della piena applicazione delle raccomandazioni edecisioni assunte dal DSB, il ricorso alle contromisure viene invececoncepito come un provvedimento di extrema ratio e di natura meramenteprovvisoria. Inoltre, è stato previsto un sistema di contromisure ad“intensità graduata”. Le contromisure autorizzate non perseguonointenti “afflittivi” o “punitivi”, ma sono piuttosto finalizzate allarestituito in integrim, funzione anche più evidente nella figura dellacompensazione che, in virtù del suo carattere volontario, può essereclassificata come un accordo di riparazione per equivalente.6. L’entità e il contenuto delle contromisure devono rispondere a deicriteri precisi, espressamente stabiliti dalla DSU e improntati,rispettivamente, al principio dell’”equivalenza quantitativa” tra illivello delle concessioni o altri obblighi sospesi e il livellodell’annullamento o pregiudizio dei benefici derivante dalle misureoggetto dei reclami e al principio della “corrispondenza dei settori”interessati dalle contromisure rispetto a quelli in cui è statariscontrata una violazione o un’altra forma di annullamento opregiudizio dei benefici. Il coinvolgimento di altri settori (laritorsione incrociata o cross-retaliaton) saranno consentiti soloqualora le misure del tipo precedente risultino impraticabili oinefficienti. Da un lato si è voluto evitare il più possibile il ricorso aimeccanismi di cross-retaliaton, considerato il carattereintrinsecamente iniquo degli stessi, dall’altro si è tenuto contodella difficoltà di separare nettamente gli interessi coinvolti inaccordi e settori differenti, nonché della circostanza che un regimelimitato a contromisure basate su una perfetta identità di settori edi prodotti rischierebbe in molti casi di essere impraticabile.

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Può avvenire che lo Stato interessato contesti l’entità dellecontromisure proposte o la mancata osservanza delle regole e procedurepreviste per la loro autorizzazione. Se ciò accade, la questione deveessere sottoposta ad un arbitrato vincolante che è svoltopreferibilmente dal panel competente sulla questione originaria, inmodo analogo che nell’ipotesi di un dissenso in materia di esecuzionedei rapporti (art. 21, par. 5), oppure da un arbitro designato ad hocdal Direttore generale dell’OMC. Un verdetto sarà emesso entro 60giorni dalla scadenza del periodo ragionevole; e fino a tale terminel’applicazione delle misure autorizzate deve essere sospesa. Concepitequali rimedi di natura unicamente provvisoria, le contromisureautorizzate andranno subito rimosse a seguito di un successivoadempimento delle raccomandazioni e decisioni del DSB.

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