Per un Museo di Architettura a Torino. Dibattito e progetti tra Otto e Novecento

30
01-02 2008 Prezzo del volume 50,00 08 I Musei della Città in copertina: The Militia gallery of the Amsterdam Historical Museum, 2008, Photograph Amsterdam Historical Museum 01 02 I Musei della Città a cura di Donatella Calabi, Paola Marini e Carlo M. Travaglini

Transcript of Per un Museo di Architettura a Torino. Dibattito e progetti tra Otto e Novecento

01

-02

20

08

Prezzo del volume 50,00 08

I Musei della Città

in copertina:The Militia gallery of the Amsterdam Historical Museum, 2008, Photograph Amsterdam Historical Museum 01

02

I Musei della Cittàa cura di Donatella Calabi, Paola Marini e Carlo M. Travaglini

Origini del modello, casi e progetti esemplariD. CALABI-P. MARINI-C.M. TRAVAGLINI, Introduzione...............................................................

R. TAMBORRINO, Museo, identità e costruzione della memoria urbana nella Parigi di metà Ottocento

R. KISTEMAKER, The Origins of the Amsterdam Historical Museum and its Relations with the Rijksmuseum

A. M. VISSER TRAVAGLI, Museo civico - museo della città - museo e città. Profi lo storico, trasfor-mazioni e nuovi compiti di un’istituzione locale.........................................................................

H. JINNAI, I musei di storia urbana a Tokyo...............................................................................

M.P. JUNGBLUT, The City Museum of Luxembourg. A Democratic Institution of the 21st century..

F. LELIÈVRE, Pointe-à-Callière. Un musée à la rencontre des cultures...........................................

V. COLONNA, Museologia, identità e territorio il caso di Istanbul tra Impero Ottomano e Repubblica....

C. RICCI, Il museo della città di Granada: la Casa de los Tiros...................................................

G. LO TENNERO, Museo della città e parco archeologico. L’ex monastero di Santa Giulia a Brescia e il «Progetto Brixia» ...............................................................................................................

A. GROHMANN, Il museo della Rocca Paolina a Perugia..............................................................

M. ROSSI, Il Museo (della città) di Carpi...................................................................................

A.M. COLAVITTI-N. USAI, Il progetto dell’Ecomuseo urbano di Cagliari: un percorso interdisciplinare per un museo di qualità......................................................................................................................

J. ARTHURS, Roma Sparita: Local Identity and Fascist Modernity at the Museo di Roma..................

M. ILIE-C.M. TRAVAGLINI, Per un museo-laboratorio della città a Roma. Note su una vicenda incompiuta..............................................................................................................................

D. MANACORDA, Musei della città: qualche osservazione di carattere generale sul caso di Roma.................

A. SOTGIA, Rappresentare la città. Breve rassegna di alcune esperienze nazionali ed internazionali....

Tra reale e virtuale: nuove tecnologie, innovazioni, progettiL. CIACCI, Dagli archivi del cinema al museo della città.............................................................

L. FOZZATI-F. VAROSIO, Archeologia e storia urbana a Venezia. Per un museo della città e della laguna

P. LANARO-P. MARINI, Un Museo della città per Verona..............................................................

a cura di Donatella Calabi, Paola Marini e Carlo M. Travaglini

Città & Storia

I Musei della Città

S O M M A R I Ogennaio-dicembre 2008Anno III, n.1-2

pag. 3

» 15

» 37

» 51

» 73

» 77

» 87

» 91

» 103

» 113

» 135

» 153

» 173

» 189

» 201

» 225

» 237

» 247

» 257

» 269

Note e discussioni

Schede

Convegni, seminari, mostre

Abstracts

A. MARTINI, Per un museo di architettura a Torino. Dibattito e progetti tra Otto e Novecento.....

C. MAZZERI-V. BULGARELLI, Modena: un laboratorio per la cultura della città. L’esperienza del progetto «Le città sostenibili, storia, natura, ambiente» e dell’Atlante storico ambientale urbano di Modena.......

G. SEGRE, Il museo a Mestre: una occasione per un museo del Novecento della città a Venezia......

D. CALABI, Per la costituzione di un laboratorio di ricerca su memoria e rappresentazione della città presso l’Università Iuav di Venezia............................................................................................

S. BULTRINI-G. STEMPERINI, Strutture produttive e luoghi di scambio nella Roma del Settecento...

O. ZELLER, Rites civiques, rythmes et symbolismes municipaux en 1762. L’agenda consulaire du lyonnais François Valesque.........................................................................................................

A. SOTGIA, Una fonte per lo studio della città pubblica: il servizio sociale nei quartieri INA Casa (1951-1972) .........................................................................................................................

Saggi

T. CARRAFIELLO, I «coni e raggi visuali» nella Firenze di Cesare Spighi.....................................

J.-F. CHAUVARD, La costruzione di un’identità urbana. L’esempio di Catania............................

L. SPAGNOLI, Il Mediterraneo delle città: scambi, confronti, culture, rappresentazioni (secc. XV-XXI). Un convegno promosso dalla Società Geografi ca Italiana...................................................

S. BELTRAMO-A. CARACAUSI-G. MEZZALAMA, IX International Conference on Urban History (Lione, 27-30 agosto 2008)..........................................................................................................

V. PONTUAL, Città, territorio e urbanistica: eredità e innovazioni. X Seminario di Storia della Città e dell’Urbanistica............................................................................................................

G. GUIDARELLI, La XII Conferenza regionale dei musei del Veneto..............................................

a cura di: C. ALTAVISTA, D. CALABI, G. CORSANI, G. GUIDARELLI, C. ITERAR, P. LANARO, O. NIGLIO, P. PINELLI, F. SALSANO, L. SPAGNOLI, I. TOLIC, M. VISIOLI.......................................

si parla di: D. BEVERARI-M. VECCHIATO (a cura di), Monumenti celebrativi dell’età risorgimentale nella provincia di Verona, D. BRIANTA-L. LAURETI, Cartografi a, scienza di governo e territorio nell’Italia liberale, G. CAMPANINI-M. NEGRI (a cura di), Il futuro dei musei della città in Europa: esperienze e prospettive. The future of city museums in Europe: experiences and perspectives, F. CHOAY, Del destino della città, T. COLLETTA, Napoli città portuale e mercantile. La città bassa, il porto e il mercato dall’VIII al XVII secolo, L. LAZZERETTI (a cura di), I sistemi museali in Toscana. Primi risultati di una ricerca sul campo, T. CINTI, Musei e territorio. Le dinamiche relazionali nel cluster museale di Firenze, P. COOKE-L. LAZZERETTI (eds.), Creative cities, cultural clusters and local economic development, G. MAZZA (a cura di), L’Università e la città. Il ruolo di Padova e degli altri atenei italiani nello sviluppo urbano, L. MORO (a cura di), Taihe Dian, La Sala dell’Armonia Suprema nella città Proibita di Pechino, T. PLEBANI (a cura di), Storia di Venezia città delle donne. Guida ai tempi, luoghi e presenze femminili, E. POLEGGI-I. CROCE, Ritratto di Genova nel ’400. Veduta d’invenzione, M. ROSSI-E. SVALDUZ (a cura di), Il palazzo dei Pio a Carpi. Sette secoli di architettura e arte, M. SPESSO, L’architettura a Genova nell’età dell’Illuminismo, L. VIGANONI (a cura di), Il Mezzogiorno delle città. Tra Europa e Mediterraneo

pag. 289

» 315

» 325

» 341

» 435

» 439

» 445

» 447

» 457

» 461

» 463

» 347

» 391

» 415

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO DIBATTITO E PROGETTI TRA OTTO E NOVECENTO

A partire dal tardo Ottocento, il museo di architettura, ormai al centro del dibat-tito culturale nel resto d’Europa, trova anche in Italia signifi cative contiguità con il Museo della Città, dal percorso per molti versi parallelo1. Attraverso dinamiche non sempre lineari e spesso molto diversifi cate, la storia locale guarda all’architettura2, e trova in essa occasione e strumenti per la rappresentazione di sé. Proprio il tema dell’architettura infatti assume un rilievo e una dimensione di «identifi cazione collet-tiva» tali da portare a una sorta di ideale sovrapposizione tra i due tipi museali: quello «della città» e quello, appunto, «di architettura».

Nello specifi co caso di Torino, le questioni architettoniche e urbanistiche nelle loro diverse declinazioni e applicazioni rivestono, tra Otto e Novecento, una tale cen-

1 Il presente intervento nasce nell’ambito di un percorso di ricerca e di rifl essione condiviso con Sara Abram e con Daniele Jalla, che desidero ringraziare: la prima, in particolare, impegnata sul tema del Museo della Città e del Museo storico di Torino nel Novecento; il secondo, su quello del progetto contemporaneo per un MuseoTorino, in corso di elaborazione. Alle loro ricerche si farà riferimento, in quanto a questa complementari.

2 Sul tema specifi co del Museo di Architettura, si veda soprattutto W. SZAMBIEN, Il Museo di Archi-tettura, Bologna, Clueb, 1996 e la relativa bibliografi a; si veda, inoltre, per indagini di contesto e analisi specifi che: A. CHASTEL, Les musées d’architecture, «Revue de l’Art», XIV, 1981, 52, pp. 5-8; A. EMILIANI, Dal museo al territorio (1967-’74), Bologna, Alfa, 1974; Atti del I convegno di studi sulla Museologia, «Museolo-gia», V, 1976, 4; Per un museo metropolitano, numero monografi co, «Hinterland», I, 1978, p. 4; A. ACUTO, Rassegna internazionale dei musei di storia urbana. Premessa, «Hinterland», II, 1979, 11-12, pp. 46-48; Il museo dell’architettura, numero monografi co, «Lotus International», IX, 1982, p. 35; L. BASSO PERESSUT, I luoghi del museo. Tipo e forma fra tradizione e innovazione, Roma, Editori Riuniti, 1985; Museo d’arte e architettura, Catalogo della mostra (Lugano, Museo cantonale d’arte, 20 settembre-22 novembre 1992), a cura di M. Kahn Rossi, Milano, Charta, 1992; Ambiente, città e museo: orientamenti per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali, a cura di G. Lippi, Firenze, Nardini, 1995; J.-L. COHEN, Exhibitionist Revisionism: Exposing Architectural History, in Architectural History 1999/2000, numero speciale di «Journal of the Society of Architectural Historians», 58, 1999, 3, pp. 316-327; P. BONARETTI, La città del museo. Il progetto del museo fra tradizione del tipo e idea della città, Firenze, Edifi r, 2002; J.-L. COHEN, Il Museo di Ar-chitettura: sfi de e promesse, in Musei d’arte e di architettura, a cura di F. Varosio, Milano, Mondadori, 2004, pp. 43-76; Museo di Architettura e forme dell’insediamento. Esperienze europee e proposte per la Capitanata, a cura di L. Pietropaolo, Milano, Clup, 2005.

«Città e Storia», III, 2008, 1-2, pp. 289-314 ©2009 Università Roma Tre-CROMA

290 ALESSANDRO MARTINI

tralità nel dibattito cittadino da far sì che, in alcune specifi che occasioni, l’architettu-ra diventi, tra testimonianze del passato e prospettive future, un indicatore essenziale delle dinamiche in atto nella città, tanto da suggerire la realizzazione di apposite istituzioni, impegnate da un lato nel tutelare, studiare e far conoscere il patrimonio locale e dall’altro nel mostrare la propensione a processi di trasformazione nel segno dello sviluppo industriale e dell’innovazione tecnologica.

A partire da fi ne Ottocento, proprio l’architettura è del resto il principale campo del confronto con il contesto internazionale su temi quali le infrastrutture urbane e la loro de-clinazione in senso igienista, l’edilizia popolare e l’architettura industriale, le nuove tecni-che costruttive. È proprio in queste particolari occasioni, quando il dibattito disciplinare si intreccia con la necessità della formazione professionale, della produzione di «modelli» e della conservazione della «memoria», che il museo di architettura va singolarmente a intrecciarsi, fi no a idealmente sovrapporsi, con quello del museo della città.

A Torino questa convergenza si manifesta a partire dagli anni Ottanta dell’Ot-tocento, per poi confermarsi, senza quasi soluzione di continuità, fi no al secondo Novecento, lasciando segni permanenti nella stessa attualità, pur in assenza (o quasi) di realizzazioni concrete e soprattutto permanenti.

La vicenda fa esplicito riferimento a modelli internazionali3 utili a costituire solidi supporti all’ipotesi di un collezionismo di architetture, intese, contemporaneamente, come «reperti» e come «modelli». E si realizza in un contesto locale4 in cui operano, e interagiscono le pubbliche amministrazioni, le élite intellettuali e professionali, le istituzioni educative e museali: il Museo Civico con la sua sezione d’Arte e Industria, il Regio Museo industriale, il Circolo degli Artisti, la Regia Scuola di Applicazione

3 Ciò si verifi ca secondo due strade soltanto apparentemente divergenti: una più programmaticamente «didattica» legata a un utilizzo dell’istituzione di tipo formativo, secondo modelli positivisti sulla linea del Musée de Cluny e del South Kensington Museum di Londra, e poi di Vienna; e una sulla scia della «conser-vazione delle antichità patrie», secondo quanto si andava elaborando in ambito tedesco. Si veda: E. CASTEL-NUOVO, Le molte anime del Museo, in Il Tesoro della Città. Opere d’arte e oggetti preziosi da Palazzo Madama, Catalogo della mostra (Palazzina di Caccia di Stupinigi, 31 marzo-8 settembre 1996), a cura di S. Pettenati-G. Romano, Torino, Allemandi, 1996, pp. 45-47; e M.P. SOFFIANTINO, Un museo d’arte e industria a Torino come a Londra. Il marchese Emanuele Tapparelli d’Azeglio collezionista, donatore e direttore, ivi, pp. 78-79.

4 Per un quadro generale e per specifi ci approfondimenti, si veda: Il Tesoro della Città, cit.; e inoltre: M. ABRATE-G. BERGAMI-P. BERTOLDI et alii, Torino città viva: da capitale a metropoli, 1880-1980. Cento anni di vita cittadina: politica, economia, società, cultura, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1980; V. COMOLI, Torino, Roma-Bari, Laterza, 1983; Torino 1902: le arti decorative internazionali del nuovo se-colo, Catalogo della mostra (Torino 1994), a cura di R. Bossaglia-E. Godoli-M. Rosci, Milano, Fabbri, 1994; Gli architetti dell’Accademia Albertina. L’insegnamento e la professione dell’architettura fra Ottocento e Novecento, a cura di G.M. Lupo, Torino, Allemandi, 1996; M. VOLPIANO, Torino 1890. La Prima Esposizione italiana di Architettura, Torino, Celid, 1999; Le esposizioni torinesi 1805-1911. Specchio del progresso e macchina del consenso, a cura di U. Levra-R. Roccia, Torino, Archivio Storico della Città di Torino, 2003 (in particolare: C. ROGGERO BARDELLI, Luoghi e paesaggi, pp. 177-216; R. MAGGIO SERRA, L’arte in mostra nella seconda metà dell’Ottocento, pp. 297-322); R. TAMBORRINO, La città, l’antico e il moderno, in Torino da capitale politica a capitale dell’industria. I. Il disegno della città (1850-1940), a cura di G. Bracco-V. Comoli, Torino, Archivio storico della Città di Torino, 2004, pp. 83-106.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 291

per Ingegneri e il Politecnico, che parteciperanno tutti da protagonisti a un intenso dibattito sul possibile museo di architettura. Progetto che, tra Otto e Novecento, procede per tappe successive.

L’Esposizione generale italiana del 1884 al Valentino ha, come esito immediato, la proposta di un Museo regionale di Architettura all’interno del Borgo Medievale, da rea-lizzarsi con il sostegno del Municipio. Il Circolo degli Artisti è l’organizzatore nel 1890 della Prima Esposizione nazionale di Architettura da cui, su proposta del Ministero della Pubblica Istruzione, deriva un più ambizioso progetto di museo, con la partecipazione delle istituzioni locali (Comune e Provincia), imprenditoriali e culturali cittadine.

Nell’ultimo decennio del XIX secolo sono le Esposizioni (nazionali e internazionali) realizzate in città, e nelle quali un rilievo importante è sempre rivestito dall’architettura e dalle arti a questa applicate, a defi nire obiettivi e strumenti del vagheggiato museo. Si giunge, infi ne, al Novecento senza che una apposita istituzione museale abbia effettiva-mente visto la nascita. Ma il progetto non muore, e anzi la centralità dell’architettura all’interno del sistema museale cittadino è ben evidenziata dalla proposta di un «Museo storico del Comune», elaborata dal direttore Vittorio Avondo nel 1908. Parallelamente, sono ancora le esposizioni temporanee a tener vigile e sollecitare il confronto in termini anche metodologici e progettuali. È il caso dell’Esposizione nazionale di Torino del 1898 e di quella internazionale dedicata nel 1902 all’Arte decorativa moderna.

Un’eredità ancora più determinante sarà lasciata dalla «Mostra del Barocco piemon-tese» del 1937 e da quella su «Gotico e Rinascimento in Piemonte» del 1939, entrambe curate da Vittorio Viale, dal 1930 direttore dei Musei Civici di Torino. Il percorso verso «spazi» museali deputati sarà ancora lungo e accidentato, ma compiuto da Viale pro-prio a partire da queste occasioni temporanee, e sulla base di una specifi ca competenza e frequentazione dei temi dell’architettura5. Si susseguono non pochi tentativi, tutti falliti e di cui si conserva scarsa memoria: tra questi, in primo luogo, emerge la proposta a lungo sognata da Viale per un Museo della Città6 previsto, in fasi diverse, al Castello

5 Vittorio Viale (1891-1977), archeologo e storico dell’arte per formazione, direttore dei Musei civici di Torino dal 1930 al 1965, è anche impegnato nel campo dell’architettura attraverso la cura di mostre (si veda: Studi di storia in onore di Vittorio Viale, Torino, Fratelli Pozzo, 1967), ricerche e pub-blicazioni, tra cui: L. ROVERE-V. VIALE-A.E. BRINCKMANN, Filippo Juvarra, Milano, Zucchi, 1937; M. BERNARDI-V. VIALE, Alfredo D’Andrade. La vita, l’opera e l’arte, Torino, Società Piemontese d’Archeologia e di Belle Arti, 1957; Mostra di Filippo Juvarra, architetto e scenografo, Catalogo della mostra (Messina, Palazzo dell’Università, ottobre 1966), a cura di V. Viale, Torino, F.lli Pozzo Salvati Gros Monti & C., 1966; Bernardo Vittone architetto, Catalogo della mostra (Vercelli, Santa Chiara, 21 ottobre-26 novembre 1967), a cura di N. Carboneri-V. Viale, Vercelli, Città di Vercelli, 1967; e Guarino Guarini e l’internazionalità del Barocco, Atti del convegno internazionale (Torino, Accademia delle Scienze, 30 settembre-5 ottobre 1968), a cura di V. Viale, 2 voll., Torino, Accademia delle Scienze, 1970.

6 V. VIALE, Il Museo storico di Torino, relazione tenuta al Rotary Club di Torino, 12 marzo 1959; ARCHIVIO DEI MUSEI CIVICI DI TORINO (d’ora in avanti AMCT), Miscellanea (d’ora in avanti CMS) 82, 1899-1961; sull’ipotesi di insediamento in Palazzo Cavour, si veda: ARCHIVIO STORICO DI CITTÀ DI TORINO (d’ora in avanti ASCT), Deliberazioni, SDL 4, 1959-1961, «Deliberazioni terzo e quarto semestre».

292 ALESSANDRO MARTINI

del Valentino o a Palazzo Cavour, e all’interno del quale l’architettura acquista una sua specifi ca identità e centralità.

Quale esito di una lunga revisione del sistema museale cittadino lo stesso Viale propone nel 1964 la realizzazione di un Museo dell’Architettura Barocca nella Mole Antonelliana, sulla base di un progetto redatto con Luigi Mallé (dal 1965 suo suc-cessore alla direzione del Museo civico). Il progetto, presto dimenticato, era stato in parte anticipato nel 1963 dall’ideazione di una sezione dedicata ad «architettura e scenografi a piemontesi»7 all’interno del Museo civico di Palazzo Madama come esito di un’esposizione temporanea, la grande «Mostra sul Barocco» dello stesso 1963.

A distanza di quasi un secolo dalle prime proposte (ed è lo stesso Viale a sottoli-nearlo a più riprese), continua a riconoscersi all’architettura la capacità di sintetizzare, rappresentare e comunicare aspetti essenziali della storia culturale e civile della città. Una capacità ulteriormente rafforzata dall’ipotesi di collocare il Museo di Architettura, nelle sue diverse e successive formulazioni, sempre in sedi di grande prestigio e visibili-tà, dal carattere perfettamente conforme alla destinazione museale prevista: dal Borgo Medioevale di D’Andrade al Padiglione di Belle Arti di Camillo Riccio, entrambi ere-dità dell’Esposizione del 1884, alla stessa Mole Antonelliana, edifi cio «simbolo» della città già a partire dalla seconda metà del XIX secolo, fi no alle sedi monumentali di Palazzo Reale e Palazzo Madama. Si evidenzia, così, un uso strumentale dell’architet-tura che passa attraverso l’individuazione di contenitori funzionali agli obiettivi di rap-presentatività ed eloquenza, che l’Amministrazione cittadina impegnata sul fronte della promozione dell’architettura sceglie in base al loro valore «simbolico» tanto sul piano formale, quanto delle tecnologie utilizzate e spesso esibite (evidente in particolare nel caso della Mole Antonelliana). È così, allora, che questi particolari casi di «architettura-manifesto», capaci di attrarre vasta attenzione e suscitare senso di appartenenza da parte di ampie categorie cittadine, possono essere riconosciuti essi stessi come «architetture da museo»8, proprio nel momento in cui vengono indicati come possibili sedi di «musei di architettura» (siano essi di nuova costituzione oppure sezioni di musei preesistenti).

Il museo si apre alla città e si identifi ca con i suoi luoghi simbolici: addirit-tura, anche quando non realizzato (come avviene proprio nel caso del Museo di

7 AMCT, CMS 16, 1963-1981, «Piante del Borgo Medievale. Palazzo Madama. Mostra del Barocco (Palazzo Reale)».

8 Del Borgo Medievale si riconoscono valore e qualità già nel corso dell’Esposizione del 1884, dove riceve uno dei due Diplomi d’onore per la «splendida riuscita» («L’Esposizione Italiana del 1884 in To-rino», senza data [ma 1884], 39, p. 306, pubblicata da Edoardo Sonzogno di Milano); analogamente, Palazzo Madama è oggetto tra Otto e Novecento di studi diffusi e di una nuova valorizzazione, a partire da Alfredo D’Andrade e poi fi no a Vittorio Viale negli anni Trenta del Novecento, quando vi insedia il Museo civico d’Arte Antica; così, infi ne, la Mole Antonelliana – a lungo e in fasi diverse indicata come possibile sede di musei dedicati alla città e alla commemorazione di suoi specifi ci caratteri – è considerata vetrina di modernità e promozione tecnologica. Si veda, tra l’altro: Guarini, Juvarra e An-tonelli. Segni e simboli per Torino, a cura di G. Dardanello-R. Tamborrino, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2008.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 293

Architettura), può manifestarsi attraverso i «modelli edifi cati», siano essi il Borgo Medievale, la Mole Antonelliana o Palazzo Madama. Edifi ci capaci, oltretutto, di parlare a un pubblico ben più ampio di quello tradizionale dei circoli professionali e dei fruitori di musei, esposizioni e fi ere.

La storia del Museo di Architettura a Torino, mai realizzato come istituzione seppur costantemente evocato, ma esistente in quanto a collezione ricca di una pluralità di mate-riali diversi (dai calchi alle fotografi e alle terrecotte), corre attraverso una serie di «costanti», di temi, processi e obiettivi che segnano il dibattito locale a partire dal tardo Ottocento e che, signifi cativamente, appaiono ancora riconoscibili nella città contemporanea.

1884: dall’Esposizione nazionale al progetto di museoIl Museo civico di Torino, uno dei più antichi in Italia9, ha origine da una collezione

costituita di materiali tra loro molto diversi, con provenienze ed esigenze spesso contra-stanti. Le necessità di accrescere le collezioni e di una nuova o più vasta sede10 appaiono da subito primarie, tanto da divenire elementi caratterizzanti l’intera storia dell’istitu-zione11. Nella seconda metà dell’Ottocento, intanto, il Museo civico si apre sempre più a contributi esterni, proprio negli anni in cui la città e le sue istituzioni (anche quel-

9 Il Museo civico di Torino nasce nel 1860, e nel 1863 trova sede in dodici sale nel nuovo palazzo di via Gaudenzio Ferrari, condiviso con il Museo Industriale, istituito dal Ministero dell’Agricoltura, In-dustria e Commercio (ASCT, Atti Municipali, 1862, Giunta Municipale, 17 novembre 1862, n. 123 § 6). Soltanto cinque anni più tardi verrà trasferito nell’isolato tra via Cavour, via San Francesco da Paola e via Giolitti, poi distrutto durante la seconda guerra mondiale; si veda A. FERRARESI, Le vicende del Mu-seo Industriale Italiano di Torino (1860-1880), «Bollettino Storico-Bibliografi co Subalpino», LXXVII, 1979, 2, pp. 431-494; e infi ne: C. ACCORNERO-E. DELLAPIANA, Il Regio Museo Industriale di Torino tra cultura tecnica e diffusione del buon gusto, Torino, Crisis, 2001, con relativa bibliografi a.

10 È sotto la direzione di Bartolomeo Gastaldi (1874-1878) che si acuisce il confronto su nuove possibili sedi: Palazzo Madama, la Mole Antonelliana e, novità assoluta nel dibattito cittadino, la rea-lizzazione di un apposito edifi cio, anche se l’orientamento prevalente è quello di un ampliamento della sede di via Gaudenzio Ferrari; cfr. AMCT, Carte Amministrative Annuali (d’ora in avanti CAA) 2, 2 febbraio 1875. Minuta della relazione di Bartolomeo Gastaldi al Sindaco.

11 Tappe essenziali sono lo scorporo delle collezioni durante la direzione di Avondo nel 1892-1893 nelle due sezioni dedicate l’una all’Arte antica nella sede di via Gaudenzio Ferrari, l’altra all’Arte Moderna nella Palazzina del 1880 in corso Giuseppe Siccardi; e poi, in un’ottica soprattutto di rifunzionalizzazione, la costruzione della nuova Galleria d’Arte moderna di Bassi e Boschetti nel 1959, proprio in sostituzione dell’edifi cio di Calderini in corso Siccardi (attuale corso Galileo Ferraris); si veda, tra l’altro (con le relative bibliografi e): G.C.F. VILLA, Una sonora clausura. La Galleria d’Arte Moderna di Torino. Cronaca di un’isti-tuzione, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2003; e A. MARTINI, Il progetto del nuovo museo in Italia nel Novecento. Dibattito e architetture 1932-1961, Tesi di Dottorato, Politecnico di Torino, XVI ciclo, rel. R. Tamborrino. Per un percorso storico e cronologico dei Musei civici di Torino si veda: Archivio dei Musei civici di Torino. Inventario 1862-1965 (con carte dal 1733 al 1997), a cura di C. Ceresa-V. Mosca-D. Siccardi, 2 voll., Torino, Città di Torino, 2001. I primi decenni di storia del Museo civico e le fi gure dei suoi direttori, particolarmente impegnati sul fronte delle sedi, degli ordinamenti e degli allestimenti delle collezioni (in una continua ricerca di spazi e nel costante sforzo di defi nire le vocazioni del museo), sono stati oggetto del seminario «Il Museo civico di Torino e i musei di Vercelli dalle origini al 1930» (Torino, 19 aprile 2008), i cui atti sono in corso di pubblicazione a cura della Fondazione Torino Musei.

294 ALESSANDRO MARTINI

le culturali) guardano al panorama internazionale. Così avviene anche nello specifi co campo dell’architettura e in quello di un museo a questa espressamente dedicato.

Nel corso del biennio 1883-1884, in particolare, in seno alla Società Ingegneri e Architetti in Torino (fondata nel 1866 come Società degli ingegneri e industriali) in merito alla «rappresentazione» dell’architettura si sviluppa un vivace dibattito che trova un’immediata occasione di verifi ca nel corso dell’Esposizione Generale italiana del 1884 dove la collezione di architettura è presentata, insieme a quelle di pittura e di scultura, nella sezione Arte Contemporanea12 all’interno del Padiglione di Belle Arti progettato da Camillo Riccio13.

Dalla mostra al museo: proprio durante l’Esposizione, infatti, nel corso della pri-ma sessione del V Congresso degli Ingegneri e Architetti italiani, viene annunciato il progetto per il Museo regionale di Architettura al Borgo medioevale14. Fondamentale, per la comprensione di dinamiche, obiettivi e protagonisti, è l’immediato coinvolgi-mento del Municipio di Torino e l’incarico affi dato al Collegio degli Architetti della Società Ingegneria e Industria15. Riconosciuti «i grandissimi vantaggi che gli studiosi di Architettura e delle Arti decorative ritrarrebbero da una raccolta completa e sistematica-mente ordinata di produzioni architettoniche degli edifi zi nazionali, aventi qualche pre-gio, od artistico, o tecnico od archeologico, appartenenti a tutti gli stili che in Italia ebbero

12 G.I. ARMANDI, Guida-ricordo di Torino e dell’Esposizione Nazionale Italiana 1884, Torino, Soave & C. Editori, 1884; si veda inoltre: P.E. BOCCALATTE, La sezione di Storia dell’Arte all’Esposizione di Torino del 1884, in Medioevo/Medioevi. Un secolo di esposizioni d’arte medievale, a cura di E. Castelnuovo-A. Monciatti, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2008, pp. 31-59 (con relativa bibliografi a).

13 C. RICCIO, Le costruzioni fatte per l’Esposizione Generale Italiana in Torino 1884. Cenni dell’inge-gnere Camillo Riccio. Direttore dei lavori, Torino, Paravia, 1886; si veda anche: F. MORGANTINI, Camillo Riccio e la costruzione della città borghese: formazione e professione nella Torino delle grandi esposizioni attraverso i disegni di Camillo e Arnaldo Riccio nella Biblioteca di storia e cultura del Piemonte, Torino, Provincia di Torino, 2004.

14 La storiografi a recente ha già ampiamente indagato come l’esperienza dell’edifi cazione del Borgo e della Rocca medievali siano in gran parte debitori di una diffusa cultura dello studio e della tutela del patri-monio locale (anche, se non soprattutto, architettonico), di cui sono diversamente protagonisti personaggi come D’Andrade (a cui si deve anche tra anni Ottanta e Novanta una campagna di indagine e rilievo su monumenti di Torino e del Piemonte, tra cui lo Scalone dello Zodiaco alla Sacra di San Michele, da cui deriva una serie di calchi in gesso), Avondo, Tapparelli d’Azeglio, Brayda, e di cui il previsto museo costitu-isce una prima e tempestiva applicazione. L’accezione di tipo «regionale» che caratterizza questa esperienza sarà subito ereditata dal Museo di Architettura. Il sostegno mostrato dall’Amministrazione municipale alla realizzazione del complesso neo-medievale quale incontro, colto e popolare insieme, tra studio della storia locale e utilizzo di tecnologie e arti applicate all’architettura, è un ulteriore tassello di una considerazione coscientemente strumentale da parte del Municipio di architetture simboliche. Ciò avviene, nei medesimi anni, anche nel caso della Mole Antonelliana, vetrina delle capacità tecnologiche e imprenditoriali di una città da poco votata a un’ancora inedita industrializzazione.

15 Sorto nell’ambito della Società Ingegneri e industriali in Torino, il Collegio confl uisce per scis-sione proprio nel 1887 nella Sezione di Architettura del Circolo degli Artisti, all’interno del quale promuove la Prima Mostra di Architettura del 1890. Si veda: M. VOLPIANO, Torino 1890, cit., p. 29; e COLLEGIO DI ARCHITETTI – TORINO, Catalogo del Museo Regionale di Architettura – MDCCCLXXXVII, Torino, Camilla e Bertolero, 1887, pp. 5-6.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 295

Fig. 1 - Il primo museo di architettura a Torino nasce nel 1887 nel Borgo Medievale: un apposito catalogo illustra collezioni e criteri di esposizione (Collegio di Architetti - Torino, Catalogo del Museo Regionale di Architettura - MDCCCLXXXVII, Torino, Camilla e Bertolero, 1887, copertina).

296 ALESSANDRO MARTINI

Fig. 2 - Nato come esito immediato dell’Esposizione Nazionale italiana del 1884, il Museo regionale di Architettura trova sede all’interno del Borgo Medioevale, realizzato come sezione d’Arte nell’ambito della stessa Esposizione (Collegio di Architetti - Torino, Catalogo del Museo Regionale di Architettura cit., quarta di copertina).

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 297

vita»16, e con l’obiettivo di realizzare un museo di carattere «tecnico», la prima sezione del Congresso delibera per il Collegio l’incarico di «mettersi in relazione con tutti gli Istituti che hanno per fi ne precipuo il progresso degli studi architettonici ed archeologici, facen-doli concorrere alla creazione di raccolte speciali nelle varie regioni d’Italia»17.

Si individua inizialmente, in questo progetto, uno strumento per confermare a li-vello nazionale una supposta «supremazia» di Torino anche in campo culturale e mu-seale: l’intera Esposizione nazionale, d’altra parte, era stata intesa dal suo principale artefi ce, Tommaso Villa18, come occasione di esaltazione di Torino quale «culla del Risorgimento», rivendicando alla città un ruolo di primogenitura nella formazione della coscienza nazionale. Ben presto, però, il progettato museo subisce un drastico ridimensionamento, a fronte dell’evidente impossibilità di renderlo insieme comple-to ed esaustivo della vastità e continua mutevolezza dell’architettura italiana.

L’obiettivo si focalizza allora sui soli Piemonte e Valle d’Aosta e nel 1887, in oc-casione del VI Congresso degli Ingegneri e Architetti italiani di Venezia, il Collegio torinese si orienta a fondare a Torino un Museo regionale di Architettura. Di questo progetto, di minori ambizioni e dimensioni, ma concretamente realizzato nell’arco di meno di un triennio, con una collezione frutto di acquisti e donazioni stretta-mente legati all’Esposizione appena conclusa, resta come preziosa testimonianza il Catalogo, appositamente realizzato e presentato nell’occasione veneziana (fi gg. 1-2). Qui si ripercorre la nascita della collezione: «I membri del Collegio e alcuni priva-ti concorsero con doni a porre le basi del Museo» e «il Collegio vi contribuì con qualche acquisto»19, mentre dalla Commissione d’Arte dell’Esposizione Nazionale del 1884 arrivano in dono «diversi calchi che servirono per le ornamentazioni delle fabbriche»20. Nell’occasione, il museo trova anche una sede, di dimensioni ancora insuffi cienti e per di più temporanea, all’interno della cosiddetta «Casa di Malgrà»21

16 Ivi, p. 5.17 Ibidem.18 Si veda in particolare: S. MONTALDO, Patria e affari: Tommaso Villa e la costruzione del consenso

tra unità e grande guerra, Torino-Roma, Carocci-Istituto per la storia del Risorgimento, Comitato di Torino, 1999.

19 Ivi, p. 6. Si tratta di passaggi e di ruoli non ancora pienamente chiariti e indagati, di cui i docu-menti d’archivio consentono soltanto alcune sporadiche verifi che.

20 AMCT, Borgo Medievale (d’ora in avanti CBM) 1, 1882-1884, «Verbale dell’adunanza della Commissione d’Arte dell’Esposizione Italiana, 21 novembre 1884». Non è possibile sapere con cer-tezza di quali calchi si tratti, dal momento che non si conservano elenchi o descrizioni del materiale. I documenti d’archivio danno testimonianza di un contributo anche da parte del Museo Municipale di Bologna attraverso la donazione di «alcuni gessi di antichi monumenti» (ASCT, Amministrazione, Giunta Municipale, Deliberazioni, Anno 1884-1885, vol. 71 bis, Delibera del 10 dicembre 1884, § 17) in mostra durante l’Esposizione. Si veda: L. SIMONCELLI, I calchi architettonici della Gipsoteca dei Musei Civici di Torino. 1884, Tesi di laurea-Diploma di Operatore dei Beni culturali, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofi a, a.a. 2001-2002, rel. D. Jalla.

21 ASCT, Amministrazione, Giunta Municipale, Deliberazioni, Anno 1886, vol. 76, Delibera del 30 settembre 1886, § 21.

298 ALESSANDRO MARTINI

(corrispondente all’attuale Casa di Ozegna) del Borgo Medievale, nel frattempo ac-quisito dal Comune di Torino. Unico nell’intero territorio nazionale, il Museo regio-nale di Architettura assume da subito, almeno negli auspici dei promotori torinesi, anche il carattere di possibile modello per analoghe iniziative22.

1890: l’Esposizione di ArchitetturaUlteriori sviluppi, con l’accrescimento della collezione e un dibattito rinnovato

su modalità e fi nalità del museo, si hanno di lì a poco, grazie alla Prima Esposizione italiana di Architettura23 ospitata nel Palazzo delle Belle Arti progettato nel 1884 da Camillo Riccio al Valentino, quando a ridosso della sua chiusura, il 3 dicembre 1890, il ministro della Pubblica Istruzione invita il Comitato Esecutivo a istituire una «Galleria d’Architettura» permanente e al Comune di Torino è affi dato l’incarico di trovare una sede stabile e defi nitiva per la nuova istituzione24 (fi gg. 3-4).

Il 23 dicembre la Giunta municipale «accorda intanto l’uso del locale della Esposizione in via provvisoria»25; il 27 gennaio dell’anno successivo, con Regio Decreto, viene istituito il Museo di Architettura e nei cinque mesi successivi il Comitato ne defi nisce progetto e struttura richiedendo al Comune (che il 6 ottobre 1891, però, non accetta a causa della «grave situazione economica») la copertura integrale delle spese di gestione, anche se, con-temporaneamente, la Commissione municipale per il Museo di Architettura conferma la volontà di proseguire nell’acquisizione di opere per il museo26.

Di lì a breve, sul museo pare cadere il silenzio, almeno fi no al 1896. In quell’an-no, quando la Società Promotrice delle Belle Arti richiede al Comune lo sgombero di «alcuni oggetti appartenenti al Museo architettonico» dal padiglione di Belle Arti al Valentino, destinato ad accogliere l’Esposizione Artistica Nazionale Triennale, e ne propone il trasferimento nel «Museo civico (sezione Arte Moderna)»27 di cor-

22 COLLEGIO DI ARCHITETTI – TORINO, Catalogo del Museo Regionale, cit., p. 6.23 Per un inquadramento generale, e una lettura più dettagliata dell’Esposizione e dei suoi contenu-

ti, si veda in particolare: M. VOLPIANO, Torino 1890, cit. Immagini e descrizioni coeve sono in: Prima Esposizione Italiana di Architettura. Torino 1890. Catalogo, Torino, Tipografi a Origlia, Festa e Ponzone, 1891 e poi, soprattutto, in Ricordo della Prima Esposizione Italiana di Architettura in Torino 1890: docu-menti pratici di architettura e decorazione raccolti e illustrati da A. Charvet, Torino, Charvet-Grassi, s.d.; e L’architettura moderna alla Prima Esposizione Italiana di Architettura nel 1890. Disegni di progetti e di opere architettoniche scelti e ordinati dall’Ing. Arch. Daniele Donghi, Torino, Camilla e Bertolero, 1892. Sul tema specifi co dei materiali di architettura: F. VIAZZI, I calchi architettonici della Gipsoteca dei Musei Civici di Torino. 1890, Tesi di laurea-diploma di Operatore dei Beni culturali, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofi a, a.a. 2001-2002, rel. D. Jalla.

24 E anche di dimensioni maggiori di quelle precedentemente rese disponibili dalla casa di Malgrà nel Borgo Medioevale; ASCT, Affari e Istruzione, 1890, cart. 90, fasc. 64, «Museo d’Architettura», let-tera del Ministro della Pubblica Istruzione del 12 dicembre 1890.

25 Ivi, verbale di seduta della Giunta Municipale del 23 dicembre 1890.26 Ivi, verbale di seduta della commissione del 6 ottobre 1891.27 ASCT, Affari e Istruzione, 1895, cart. 22, fasc. 69, «Museo civico», verbale di seduta della Giunta

Municipale del 4 dicembre 1895.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 299299

Fig. 3 - Il Padiglione di Belle Arti che ospita la Prima Esposizione italiana di Architettura, frutto delle modifi che al progetto di Camillo Riccio del 1884 (da D. Donghi, La Prima Esposizione italiana di Architettura, 1891; immagine riprodotta in M. Volpiano, Torino 1890. La Prima Esposizione italiana di Architettura, Torino, Celid, 1999, p. 53).

so Siccardi, attuale corso Galileo Ferraris, all’interno del padiglione realizzato da Guglielmo Calderini nel 1880 in occasione della IV Esposizione nazionale di Belle Arti nell’area dell’ex piazza d’Armi28.

Intanto la collezione continua ad accrescersi: con la conclusione dell’Esposizione di Arte Sacra tenutasi nell’ambito dell’Esposizione Nazionale di Torino del 189829, inizia l’acquisizione dei calchi in gesso qui esposti, a partire da quello dello storico

28 Sulla storia del padiglione, si veda: D.G. CRAVERO, Il vecchio palazzo della Galleria di arte Moderna. Ricordi e nostalgia, «Torino», XXXV, 1955, 3, pp. 29-31; e, inoltre: M. BERNARDI, 24 opere della Galleria civica d’Arte Moderna del Museo Civico di Torino, Torino, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1953.

29 Esposizione Nazionale di Torino del 1898. Catalogo Generale, Torino, Roux Frassati, 1898; Guida uffi ciale della Esposizione Nazionale e della Mostra di Arte Sacra, Torino, Roux Frassati, 1898; 1898: L’Esposizione generale italiana. Dal dibattito preparatorio alla valutazione dei risultati, a cura di P.L. Bassi-gnana-R. Roccia, Torino, Archivio Storico della Città di Torino, 1999. Sul tema specifi co dei materiali di architettura: A. ASCHERI, I calchi architettonici della Gipsoteca dei Musei Civici di Torino. 1898, Tesi di laurea-diploma di Operatore dei Beni culturali, Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofi a, a.a. 2001-2002, rel. D. Jalla.

300 ALESSANDRO MARTINI

portale della chiesa di San Niccolò donato dal Comitato provinciale di Lecce30, e a quelli relativi alla Certosa di Pavia e alla chiesa di San Zeno a Verona, per la cui espo-sizione la Giunta approva un progetto di massima per la realizzazione di un apposito fabbricato in adiacenza al padiglione di Calderini31.

Durante le trattative per i nuovi acquisti, il direttore Vittorio Avondo – artefi ce in questi anni di un’impostazione del museo civico che «mediava tra classifi cazione storico-positivista e presentazione estetizzante»32 – solleva nuovamente la necessità

30 AMCT, CAA 27, 1898, Pratica 3. Lettera del sindaco [Severino] Casana, 11 novembre 1898. Il calco del portale di San Niccolò, in origine destinato alla collezione di Arte Antica, è esposto nella sede di Arte Moderna e collocato, a causa delle dimensioni, sotto il portico di ingresso su corso Siccardi (AMCT, CAA 27, 1898, Lettera del direttore Vittorio Avondo, 12 novembre 1898).

31 ASCT, Affari e Istruzione, 1899, cart. 149, fasc. 76, «Museo civico. Pratica Speciale Calchi in Gesso», verbale dell’adunanza della Giunta Municipale di Torino del 14 novembre 1898.

32 M. DI MACCO, Il «Museo Civico d’arte applicata alle industrie in Torino», in Il Tesoro della Città, cit., pp. 51-54: 52. Su Avondo, si veda in particolare: Tra verismo e storicismo: Vittorio Avondo (1863-

Fig. 4 - Prima Esposizione italiana di Architettura, tenutasi a Torino nel 1890: la sala raccoglie le ricostruzioni della facciata della Casa del Conte Verde di Rivoli e del frigidario del Sarno (da Ricordo della Prima Esposizione Italiana di Architettura in Torino 1890: documenti pratici di architettura e decorazione raccolti e illustrati da A. Charvet, Torino, Charvet-Grassi, s.d.; immagine riprodotta in M. Volpiano, Torino 1890, cit., p. 88).

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 301

di «provvedere all’esposizione dei numerosi gessi e delle terrecotte appartenenti al Collegio degli architetti, che ora giacciono accatastati in luogo poco onorevole»33. Probabilmente, benché non specifi cato, nello stesso Palazzo delle Belle Arti34. In ogni caso, appare evidente che ormai da anni il Museo di Architettura è chiuso35.

Per accogliere i calchi della Provincia di Bari intanto donati alla Città di Torino, è ancora Avondo, nella primavera del 1899, a suggerire la soluzione, individuata nel «locale già delle Belle Arti nel Parco del Valentino, di cui alcune sale potrebbero assai bene essere adibite all’uopo, senza che ciò fosse d’impedimento ad altri usi dell’assai vasto edifi cio»36. La Giunta delibera37 così di collocare la collezione barese proprio nelle sale da cui molti degli oggetti del Museo di Architettura erano stati sgomberati pochi anni prima in vista della Triennale del 1896.

Le collezioni continuano ad accrescersi: a luglio, Ernesto Balbo Bertone di Sambuy, presidente del Circolo degli Artisti che così grande parte aveva avuto nella storia del Museo di Architettura soprattutto dopo la Mostra del 1890 (allora presidente era Desiderato Chiaves), comunica alla Città di Torino la disponibilità da parte del Circolo stesso38 al trasferimento «nel palazzo delle Belle Arti del parco del Valentino

1910) dalla pittura al collezionismo, dal museo al restauro, a cura di R. Maggio Serra-B. Signorelli, «Atti SPABA», nuova serie, IV, Torino, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 1997.

33 ASCT, Affari e Istruzione, 1899, cart. 149, fasc. 76, «Museo civico. Pratica Speciale Calchi in Gesso», minuta di lettera del direttore del museo del 2 dicembre 1898.

34 ASCT, Affari e Istruzione, 1900, cart. 160, fasc. 76, «Museo civico», lettera del direttore Avondo, 9 maggio 1900.

35 Pochi giorni dopo, è lo stesso Avondo a proporre una soluzione, seppur non defi nitiva, per ospi-tare i calchi: coprire «con una vetrata il piccolo cortile a nord dello stesso locale di Belle Arti. Questo nuovo spazio coperto permetterebbe così di convenientemente esporre i rimanenti calchi di Bari, il portale dello Zodiaco (della Sacra di San Michele) e i calchi e gli altri oggetti del collegio degli architetti e ne riuscirebbe così un primo e già abbastanza importante nucleo di un Museo di Architettura, il qua-le, mentre sarebbe valido ausilio agli studiosi di questo importantissimo ramo di arte, tornerebbe pure di lustro alla nostra città» (ASCT, Affari e Istruzione, 1899, cart. 149, fasc. 76, «Museo civico. Pratica Speciale Calchi in Gesso», minuta del direttore Avondo, 13 dicembre 1899).

36 ASCT, Affari e Istruzione, 1899, cart. 149, fasc. 76, «Museo civico. Pratica Speciale Calchi in Gesso», lettera del direttore Avondo, 28 marzo 1899.

37 Ivi, 29 marzo 1899.38 Con l’inizio del nuovo secolo, in data 28 maggio 1900, la questione del Museo di Architettura entra

nell’ordine del giorno del Consiglio Comunale di Torino. Nella deliberazione della Giunta del 16 maggio 1900 il sindaco Cesana riferisce che il 28 aprile l’Assemblea generale del Circolo degli Artisti «approvava la cessione, al Museo civico di Architettura, del materiale posseduto da quella Sezione di Architettura, tranne quello di Biblioteca (disegni e libri), con che nel Museo ciascun oggetto porti una targa colla scritta «Dono del Circolo degli Artisti – Sezione Architettura»; prosegue sottolineando che «il Direttore del Mu-seo [Vittorio Avondo, Nda] […] con lettera del 9 corrente esprime essere conveniente l’accettazione del dono, il quale troverebbe appropriata sede nell’edifi cio già delle Belle Arti al Valentino, dove si trovano i calchi Baresi. […] Per ciò eseguire fa presente essere necessario che vi sia destinato un nuovo ambiente con-venientemente allestito e pulito, non essendovi più spazio in quello dove stanno i calchi di Bari». (ASCT, Atti Municipali, 1900, vol. 2, Consiglio Comunale, Sezione ordinaria. XIV seduta. 28 maggio 1900, «§ 5° Circolo degli Artisti, Sezione di Architettura – Dono di materiale d’architettura al Museo Civico»).

302 ALESSANDRO MARTINI

le collezioni formanti il Museo di Architettura»39 di sua proprietà. Donazione con-fermata nel maggio dell’anno successivo, con il trasferimento al Valentino delle opere fi no ad allora depositate nel palazzo di corso Siccardi.

Il Novecento: la «visione» di Vittorio VialeMa la storia si ripete: ancora una volta il Palazzo delle Belle Arti del Valentino

deve essere liberato, ora in vista dell’Esposizione internazionale d’Arte decorativa moderna del 190240. Nel 1901 il Comune incarica la Ditta F.lli Spizzico «del-la scomposizione, colle necessarie indicazioni dei pezzi per la ricomposizione, e trasporto alla Mole Antonelliana, piano terreno»41. Bisognerà attendere il trasfe-rimento del Museo del Risorgimento proprio nei locali della Mole Antonelliana nel 190842 perché il direttore Avondo chieda «che i preziosi calchi donati dal-la Provincia e dalla Città di Bari a questo Museo, ora depositati al pianterreno […] in mezzo a cumuli di mattoni, ferro, legnami, calce, ecc., sempre in pericolo di deteriorarsi a causa anche del continuo via-vai di muratori», vengano riposti in via Gaudenzio Ferrari, nella sezione Arte Antica del Museo Civico, «dove, se non si potranno tutti esporre, saranno almeno meglio custoditi e più rispettati»43. Deliberato dalla Giunta il trasporto44,

i calchi vennero esposti: parte nella galleria a pianterreno, e parte nell’annesso camerone ove stanno le vetture. Due portali di grandi dimensioni, quello di Bitonto e quello di Lecce, non poterono assolutamente trovare posto e giacciono tuttora smontati nel magazzino, attenden-dosi, per poterli esporre, l’ampliamenti del museo45.

Su richiesta del sindaco Secondo Frola, nello stesso 1908 il direttore Avondo pre-senta un progetto per il «Museo storico del Comune», da collocarsi proprio nelle sale di corso Siccardi46, al cui interno, signifi cativamente, parla di «Collezione di Memorie

39 ASCT, Affari e Istruzione, 1899, cart. 149, fasc. 76, «Museo civico. Pratica Speciale Calchi in Gesso», lettera del direttore del Circolo degli Artisti, 22 luglio 1899.

40 ASCT, Affari e Istruzione, 1901, cart. 170, fasc. 62, «Museo civico», lettera del Comitato Ammi-nistrativo della Prima Esposizione d’Arte Decorativa, 31 maggio 1901.

41 Ivi, lettera del Sindaco, 7 giugno 1901.42 AMCT, CAA 39, 1907, Pratica 5. Relazione Museo Civico, Anno 1906.43 ASCT, Affari e Istruzione, 1906, cart. 247, fasc. 76, «Museo civico», lettera di Vittorio Avondo,

19 maggio 1906.44 Ivi, delibera della Giunta, 2 luglio 1906.45 AMCT, CAA 39, 1907, Pratica 5. Relazione Museo Civico, Anno 1906: Avondo scrive anche: «Oltre

a quelli della regione Pugliese, stavano nei magazzini della Mole, altri calchi pure interessantissimi: alcuni di monumenti della chiesa di San Giovanni in Saluzzo, del sec. XV; altri di arte lombarda del sec. XVI; tutti li ritirai nel Museo e dagli stessi f.lli Spizzico li feci collocare, con altri gessi facenti parte del materiale donato dalla cessata Società degli Architetti del Circolo degli Artisti, nelle sale adiacenti alla galleria», ibidem.

46 Le vicende legate alla progettazione di un museo storico della Città di Torino sono state rico-struite in: S. ABRAM, Il museo storico di Torino, in Musei del ’900. Risorse e progetti di memoria a Torino, a cura di D. Jalla-S. Scamuzzi, Torino, Fondazione Istituto Piemontese Antonio Gramsci, 2004, pp.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 303

cittadine»47, costituita da opere tratte dalle raccolte del Museo civico. L’«Elenco di oggetti da destinarsi a far parte del Museo Storico del Comune»48 intende prefi gurare un nucleo patrimoniale iniziale che, per quanto riguarda i temi dell’architettura, in-clude prevalentemente documenti, piante e mappe anche catastali, disegni e progetti di trasformazioni urbane, dipinti con vedute ed eventi storici, senza fare tuttavia menzione dei calchi in gesso e terrecotte di proprietà del Comune.

Conclusa la direzione di Avondo nel 1910, bisogna attendere quasi vent’anni per-ché l’architettura riacquisti una qualche centralità nei musei della città, fi no a quan-do nel 1930 Vittorio Viale assume la guida dei musei civici49. A lui si deve un primo completo riallestimento della sede di via Gaudenzio Ferrari, compresi i materiali variamente legati, nei decenni precedenti, alla vicenda del Museo di Architettura50, prima del trasferimento (deliberato fi n dal 1930) delle collezioni nelle sale di Palazzo Madama, inaugurate il 20 novembre 193451. Luogo altamente signifi cativo, summa della storia cittadina e sintesi monumentale delle sue diverse stagioni architettoniche, e per questo luogo di conservazione privilegiato delle memorie cittadine, culturali, artistiche e architettoniche. Esso stesso, quindi, «museo della città».

Signifi cativamente, l’introduzione al nuovo percorso di visita delle collezio-ni avviene attraverso una sala dedicata ai frammenti architettonici provenienti dal Piemonte52: l’architettura e le testimonianze delle trasformazioni urbane costituiran-

79-83; per un inquadramento generale sul tema del museo della città in Italia tra Otto e Novecento, si veda: S. ABRAM, Il museo di storia della città, in Il Museo storico. Il lessico, le funzioni, il territorio, Atti del Convegno (Rovereto, Tn, 22-23 giugno 2007), a cura del Museo Storico Italiano della Guerra, Museo Storico in Trento e Icom Italia, in corso di stampa.

47 AMCT, CAA 42.1, «Anno 1909. Pratica n. 2».48 Ivi, Elenco allegato alla lettera di risposta al Sindaco, 10 settembre 1908.49 Si veda soprattutto: E. PAGELLA, Uno specialista perfetto. Sull’attività di Vittorio Viale per i musei di

Torino, in B. SIGNORELLI-P. USCELLO, Torino 1863-1963. Architettura, arte, urbanistica, Torino, Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, 2002, pp. 145-160.

50 Da una serie di appunti riguardanti le disposizione della varie collezioni in via Gaudenzio Ferrari (AMCT, CAA 86, 1930, «Musei. Nuova sede», appunti, 16 gennaio 1930) risulta che, nel gennaio 1930, nella sala XXVIII risultavano esposte le collezioni di terrecotte, mentre nella galleria (stanza XXVI) e nelle sale XXIX, XXX e XXXI si trovavano i calchi di gesso. Gli appunti riportano anche, a fi anco di ogni sala, la superfi cie espositiva e, appuntate a mano, ipotesi sulla successiva collocazione degli oggetti negli ambienti di Palazzo Madama.

51 AMCT, Mostre (d’ora in avanti SMO) 3-5, 1934-1935. Si veda: E. PAGELLA, Progetti, usi e restauri tra XIX e XX secolo, in Palazzo Madama a Torino. Da castello medioevale a museo della città, a cura di G. Romano, Torino, Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, 2006, pp. 281-330.

52 V. VIALE, Sulla sistemazione del Museo d’Arte Antica a Palazzo Madama, «Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti», vecchia serie, XVI, 1932, 1-2, pp. 92-101. Sul nuovo Museo d’Arte Antica allestito da Viale, si veda anche: E. PAGELLA, Uno specialista perfetto, cit.; A. GRISERI, 1930. In Palazzo Madama con Vittorio Viale. Attualità di un modello di museo, in Il Tesoro della Città, cit., pp. 3-6; C. THELLUNG, Arredare un palazzo, allestire un museo: nota dei lavori per Palazzo Madama (1925-1934), ivi, pp. 124-125; e, inoltre, L. MALLÉ, Palazzo Madama in Torino. Storia bimillenaria di un edifi cio, 2 voll., Torino, Tipografi a Torinese Editrice, 1970.

304 ALESSANDRO MARTINI

no nel museo di Viale, e sempre più nei decenni successivi, elementi indispensabili nel comporre carattere e identità dell’intero allestimento.

Ma il 1930 è anche l’anno in cui Viale, presentando al sindaco Paolo Thaon di Revel il proprio programma per i musei civici torinesi53, rilancia tra le priorità il tema del «Museo di Torino»: come dichiarerà in più occasioni, la sua idea di museo si pone in continuità con quanto già progettato a inizio Novecento da Avondo e, nel corso degli anni, confermato da Lorenzo Rovere, Giovanni Chevalley e Arturo Midana.

Nel 1935, con il defi nitivo abbandono della vecchia sede di via Gaudenzio Ferrari, la liberazione del pianterreno dei materiali ancora lì depositati54 comporta il trasferimento della collezione di calchi in gesso, non inserita nel nuovo allestimento di Palazzo Madama, all’interno della Mole Antonelliana (al livello – 5), insieme ad altro materiale55.

Dalle grandi mostre realizzate al museo progettatoCon Vittorio Viale si rafforza ulteriormente il contributo prestato dalle mostre

temporanee nella defi nizione del ruolo dell’architettura all’interno dei musei cittadini e del loro ordinamento. La «Mostra del Barocco piemontese» del 193756 e quella su «Gotico e Rinascimento in Piemonte» del 1938-193957 sono accomunate dal curato-re, lo stesso Viale, dalla sede, Palazzo Carignano, e soprattutto dal costituire entram-be momenti di studio, approfondimento e rivalutazione di momenti specifi ci della cultura e dell’identità storica locale, da cui deriveranno esiti determinanti nell’idea-zione di strumenti per la loro valorizzazione e pubblica fruizione. Nella «Mostra del Barocco piemontese» il materiale di interesse architettonico è esposto in tre delle 54 sale complessive (17-19) al primo piano, di cui una interamente dedicata a Filippo Juvarra58, mentre ulteriore spazio è dedicato a «Cineserie» e «Ambienti» del ’600 e ’700. La «scenografi a» occupa la sala 23, contigua al vasto ambiente che accoglie il «Bucintoro» di Carlo Emanuele II. Per la porta ducale, realizzata a Venezia nel 1732, è previsto un allestimento che ne valorizzi lo straordinario impatto scenografi co.

Uno sforzo progettuale ancora maggiore viene compiuto in occasione della

53 AMCT, Carte amministrative pluriennali (d’ora in avanti CAP), 245, 24 marzo 1970; si veda anche: V. VIALE, I Musei Civici nel 1930, «Torino», IX, 1931, 3, pp. 3-23; e, inoltre: ID., I Musei Civici nel 1931, «Torino», X, 1932, 10 e 12, pp. 9-31; ID., I Musei Civici nel 1932, «Torino», XI, 1933, 9, pp. 133-177.

54 AMCT, CAA 165, 1935. Lettera del Podestà di Torino, […] 1935. L’edifi cio di via Gaudenzio Ferrari è destinato a Consorzio Provinciale Obbligatorio per l’Istruzione Pubblica.

55 Dei successivi trasferimenti non si conservano tracce, in parte a causa di una probabile dispersio-ne dei documenti relativi negli anni della seconda guerra mondiale.

56 AMCT, CMS 10, «Palazzo Carignano», 1937-1938.57 Si veda in particolare: AMCT, CMS 10, «Palazzo Carignano», 1937-1938; e, inoltre: V. VIALE, Gotico e

Rinascimento in Piemonte. 2a Mostra d’arte a Palazzo Carignano. Catalogo, Torino, Città di Torino, 1939.58 La mostra era l’esito di un originario progetto di esposizione interamente dedicata a Filippo Juvarra

prevista per il 1936, poi mutata in mostra sul Settecento Piemontese e, infi ne, nella mostra su Barocco poi effettivamente realizzata: cfr. AMCT, SMO 9 segg., «1937 – Mostra del Barocco», 1936-1938.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 305

«Mostra del Gotico e del Rinascimento in Piemonte»59, allestita tra 1938 e 1939 in 36 sale di Palazzo Carignano (fi gg. 5-8).

«Al risultato di non stancare – recita il testo introduttivo del catalogo – e di riusci-re dilettevole ad istruire, si è giunti anche con il metodo già adottato per il museo di Palazzo Madama e per la mostra del Barocco: ambientando». Ben dieci sale vengono appositamente allestite, in alcune occasioni con risultati altamente spettacolari, come nel caso di «una grande chiesa, un portico, un cortile, un’aula capitolare, un coro, tre camere di abitazione»60. Il progetto di trasformazione di ambienti dell’ala tardo-ottocentesca del palazzo, con l’obiettivo di occultarne i caratteri eclettici a favore di una ricostruzione effi mera in stile, si deve ad Augusto Cavallari-Murat61. In un’ottica precoce di attenzione al documento presente sul territorio, alla visione della mostra temporanea si intende che debba seguire anche la visita diretta di Palazzo Madama, con l’opera di Juvarra e con «le maioliche e le porcellane, che anche per ragioni di spazio, non si è creduto con i loro 400 pezzi, di trasportare a Palazzo Carignano»62.

Nel corso degli anni Trenta, intanto, l’attività di Viale sul fronte museale ricorre alle esposizioni temporanee per approfondire temi e offrire spunti utili ai musei cittadini, esistenti o in fase di ideazione ed elaborazione. È a ridosso della sua assunzione della dire-zione dei musei civici, la sua prima proposta per un Museo di storia della Città. Progetto sostenuto negli anni successivi da Arturo Midana63: «L’idea [di museo storico di Torino] non è nuova né di oggi»64, riconosce l’architetto, e ricorda come il Municipio sia «già in possesso di abbondante materiale utile alla formazione di un primo nucleo del Museo».

Ma l’intervento di Midana interessa soprattutto per il suggerimento di una possi-bile collocazione fi no ad allora inedita, e mai più riproposta in seguito, i «sotterranei della piazzetta di via Roma», l’attuale piazza Cln65; e, in secondo luogo, perché forni-

59 Il catalogo della mostra descrive nel dettaglio il percorso di visita e le opere esposte, e illustra alle-stimenti ed esposizione grazie a fotografi e di Paolo Beccaria: V. VIALE, Gotico e Rinascimento in Piemonte, cit. Si veda: C. MARITANO, Gotico e Rinascimento in Piemonte (1938-1939), in Medioevo/Medioevi, cit., pp. 187-212 con tavole fuori testo.

60 V. VIALE, Gotico e Rinascimento in Piemonte cit., p. VII.61 Schizzi e bozze di progetto di allestimento di Cavallari-Murat si conservano in AMCT, SMO 169,

«Appunti. Annotazioni. Carte Varie»; AMCT, CMS 10, «Palazzo Carignano», 1937-1938 («Progetto di trasformazione del Salone – Pianta. Tavola 1, Scala 1:50, eliocopia, Torino – marzo – 1938 – XVI. Ing. A. Cavallari-Murat»). Il progetto di allestimento era già stato in parte realizzato nel 1936: Ibidem, (Palazzo Carignano, primo piano. Città di Torino, Servizio tecnico, Lavori Pubblici, Divisione I, 18-12-1936». Eliocopia con appunti a grafi te e matita colorata).

62 Ciclostilato senza fi rma [ma V. Viale] dedicato alla Mostra del Barocco; in AMCT, SMO 24.2, «Rotary Club», 1937.

63 A. MIDANA, Per un «Museo della Città di Torino», «Torino», XXI, 1941, 4, pp. 22-24; poi ID., Co-noscere la propria città vuol dire maggiormente amarla. Proposta di raccogliere in un Museo i dati della storia civile, politica, militare, urbanistica e architettonica di Torino, «La Stampa», 17 maggio 1941. L’architetto Modana è anche membro del Comitato direttivo della sezione Arte Antica dal 1943 al 1960.

64 ID., Per un «Museo della Città di Torino», cit., p. 24.65 Una collocazione certamente non storica né, tanto meno, aulica, ma certamente molto «fl essibile»

306 ALESSANDRO MARTINI

Fig. 5 - Locandina ferroviaria per la mostra «Gotico e Rinascimento in Piemonte» tenutasi in Palazzo Carignano a Torino nel 1938-39, a cura di Vittorio Viale (AMCT, CMS 10, «Palazzo Carignano», 1937-1938).

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 307

sce indicazioni di allestimento soltanto in parte in sintonia con quanto si sforzerà di propugnare Viale negli anni successivi:

Le forme di presentazione – scrive – dovrebbero essere semplici e nitide: da evitarsi troppi quadri e schemi statistici. Benché le realistiche scene in miniatura urtino un poco il gusto dei più raffi nati, tuttavia restano pur sempre il modo più evidente per far rivivere agli occhi dei visitatori più semplici un episodio o la visione di un angolo cittadino scomparso66.

Pienamente partecipe di un orientamento ampiamente condiviso, a partire dal pro-getto di Avondo del 1908 fi no alle proposte di Viale degli anni Cinquanta e Sessanta, per un museo in cui «dicendo storia della città, s’intende dare alla frase il più largo signifi cato», Midana fornisce anche indicazioni sui possibili contenuti, che confermano la centralità di «urbanistica e architettura»67, testimoniate dall’esposizione di «mappe, piante, tracciati: ampliamenti, abbattimenti, risanamenti» e, addirittura, dall’ipotesi di uno specifi co «reparto [dedicato alla] Architettura: chiese, palazzi, grandi costruzioni sino alle più recenti. Il teatro, le scuole, le Accademie, gli Enti culturali»68.

La proposta di Midana è ampiamente condivisa a livello politico e istituzionale. Nel 1946, il direttore Viale, all’interno di un promemoria al sindaco fa esplicita men-zione all’«istituendo museo della città di Torino, che vuole raccogliere e conservare i documenti e le memorie riguardanti la Città di Torino ed illustrarne le vicende sto-riche, lo sviluppo edilizio, i monumenti […]. Esso avrà sede alla Mole Antonelliana, a riparazioni avvenute»69. Per Viale «è del resto naturale che il Museo della Città sia collocato in un edifi cio così singolare, e che si voglia o no, costituisce ormai uno dei più popolari simboli della nostra città»70. Un entusiasmo destinato a scemare di lì a cinque anni, quando l’edifi cio di Antonelli viene per la prima volta destinato ad accogliere le collezioni del Museo del Cinema71. Ma Viale non demorde, e pur in assenza di una sede uffi cialmente assegnata, per tutti gli anni Cinquanta si dedica a sviluppare il progetto di un museo della città, anche indicato come Museo storico di Torino: da questo momento, di Museo dell’Architettura non si parla più, almeno non come entità autonoma. Sarà sempre associato ad altre istituzioni, esistenti o soltanto ipotizzate (dal Museo civico al museo della città), entro le quali continuerà comunque a mantenere una posizione preminente.

e «molto centrale: non potendosi ottenere il meglio, cioè una costruzione apposita rispondente a tutti i desiderabili requisiti» (ibidem).

66 A. MIDANA, Conoscere la propria città, cit.67 ID., Per un «Museo della Città di Torino», cit., p. 22.68 ID., Conoscere la propria città, cit.69 AMCT, CAA 540, «Nomine - Elenchi», 1947.70 Ibidem.71 AMCT, CAP 145, «Mole Antonelliana. Corrispondenza varia» 1930-1961, tra cui Lettera di

Viale all’assessore all’Istruzione Maria Tettamanzi del 19 luglio 1952, e risposta del 22 luglio.

308 ALESSANDRO MARTINI

Fig. 6 - Planimetria dell’allestimento della mostra «Gotico e Rinascimento in Piemonte», progettato da Augusto Cavallari-Murat (da V. Viale, Gotico e Rinascimento in Piemonte. 2a Mostra d’arte a Palazzo Carignano. Catalogo, Torino, Città di Torino, 1939, p. VIII).

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 309

La relazione presentata da Viale al Rotary Club di Torino il 12 marzo 195972 è la più aggiornata e avanzata di una lunga serie di formulazioni relative al Museo della Città, ma non la defi nitiva: il progetto museologico è ormai ampiamente me-ditato e dettagliato, ma sarà ancora oggetto di ripetute discussioni, almeno fi no agli anni Settanta. La presentazione pubblica del progetto è anche l’occasione per apri-re un nuovo dibattito sulla sede: decadute le ipotesi di insediamento nella Mole Antonelliana e in Palazzo Cavour73, sopravvivono quelle di Villa della Regina e del secondo piano di Palazzo Reale. Il progetto di Viale – assolutamente originale e, a tratti, innovativo – prevede un percorso di 30 «capitoli» in due sezioni, di cui ben 10 (corrispondenti all’intera «sezione A», quella iniziale e introduttiva) dedicati ai temi dell’architettura e dell’urbanistica, con un’esplicita apertura al presente e addirittu-ra al futuro: «Mi pare indispensabile – scrive – che nel Museo si presenti anche la Torino del nostro tempo, e che si preveda già il posto della Città avvenire»74.

Di lì a poco, si inaugura la grande «Mostra del Barocco» del 196375: è occasione di inevitabile confronto aperto ai diversi attori cittadini sulla conservazione, diffu-sione e valorizzazione della memoria di Torino, e sul ruolo delle mostre tempora-nee e dei musei. L’esposizione degli oggetti di architettura (qui presentata insieme alla scenografi a) su progetto di Maria Grazia Daprà Conti, dopo un’iniziale ipotesi di collocazione in quattro sale della Palazzina di Caccia di Stupinigi76, viene poi «forzatamente»77 trasferita a Palazzo Madama.

Nel mio piano – scrive Viale nel catalogo della mostra – l’architettura e la scenografi a costitu-ivano dei punti base per delineare un giusto quadro del barocco del Piemonte, e perché le due sezioni avessero lo sviluppo e il rilievo che meritavano, non si è esitato a sistemarle a Palazzo Madama, invece che in alcuni saloni laterali di Stupinigi78.

A distanza di quasi un secolo dalle prime proposte l’architettura continua a venire riconosciuta (in primis, proprio da Viale) come lo strumento utile all’inquadramento,

72 V. VIALE, Il Museo storico di Torino, relazione tenuta al Rotary Club, cit. (AMCT, CMS 82, 1899-1961).73 AMCT, CAP 145, «Mole Antonelliana. Corrispondenza varia» 1930-1961; e ASCT, Deliberazio-

ni, SDL 4, 1959-1961, «Deliberazioni terzo e quarto semestre», deliberazione della Giunta Municipale, 2 settembre 1960, doc. 1930, Costituzione Museo della Città di Torino. Affi tto locali nel Palazzo Ca-vour. Esecuzione opere di adattamento e sistemazione. Si tratta di un progetto nel quadro delle inizia-tive per le celebrazioni storiche in vista di Italia 1961, poi non realizzato.

74 V. VIALE, Il «Museo Storico di Torino», in Immagini di Torino nei secoli. Proposta per la costituzione di un museo storico della città di Torino, Catalogo della mostra (Palazzo Reale, 20 maggio-2 giugno 1969), a cura di A. Peyrot-V. Viale, Torino, Tipografi a Torinese Editrice, 1969, pp. 15-22. Il testo ripropone il discorso del Rotary del 1959.

75 Si veda in particolare: Mostra del barocco piemontese. Palazzo Madama-Palazzo Reale-Palazzina di Stupinigi, Catalogo della mostra (Torino, 22 giugno-10 novembre 1963), a cura di V. Viale, 3 voll., Torino, Città di Torino-Pozzo-Salvati-Gros Monti, 1963.

76 AMCT, SMO 626. 77 Mostra del Barocco, cit., p. 8.78 Ibidem.

310 ALESSANDRO MARTINI

Fig. 7 - Veduta degli ambienti, che aprono la mostra d’arte, con oggetti del periodo romanico e gotico primitivo nella mostra «Gotico e Rinascimento in Piemonte, 1938-39 (da V. Viale, Gotico e Rinascimento in Piemonte, cit., tav. 9, fotografi a di Paolo Beccaria).

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 311

all’interpretazione e alla comunicazione della storia culturale e civile della città e l’ipotesi di un apposito museo continua ad essere esito quasi diretto di una mostra temporanea:

Grande e vivo – scrive Viale nella sua introduzione alla mostra – è l’auspicio non solo nostro, ma direi di studiosi e di pubblico, che il ricchissimo materiale riunito per la sezione dell’archi-tettura e della scenografi a del Sei e del Settecento, sia conservato e costituisca, con la notevole sua attrezzatura, la cospicua base per un museo dell’architettura piemontese79.

Nel 1963, immediata risposta a questa necessità sembra trovarsi non in un nuo-vo museo, bensì in una nuova sezione del Museo Civico, prevista proprio a Palazzo Madama su progetto (non realizzato) di Andrea Bruno80.

Il nuovo regolamento dei Musei Civici, proposto nel 196781 (e mai approvato), dà immediatamente conto di questa ipotesi progettuale. Sulla linea dell’idea di «mu-seo complesso» sostenuta da Viale, nell’articolato sistema dei musei civici e delle sue collezioni tematiche, emerge la presenza della «sezione di architettura, urbanistica e scenografi a piemontesi [che] si propone di illustrare con documenti, opere d’arte, plastici e modelli, oltre che con le stesse strutture romane e medievali in situ nel palazzo [Madama], la storia dell’architettura, urbanistica e scenografi a piemontesi»82. Una riforma non realizzata, che però dà conto di un ruolo dell’architettura sempre presente in ogni ipotesi di riorganizzazione dei musei cittadini. Nel 1969 (l’anno della mostra «Immagini di Torino nei secoli»83, allestita da Viale a Palazzo Reale come proposta per la costituzione di un museo storico della città, in cui ampi set-tori riguardano le sue memorie architettoniche e urbanistiche), il sindaco Andrea

79 Ivi, p. 10. Scarsissima memoria del progetto di un museo dell’architettura barocca è conservata negli archivi pubblici interessati, e nessuna menzione nei ritratti dei direttori Viale e Mallé (A. GRISERI, Vittorio Viale 1891-1977, «Studi Piemontesi», VII, 1978, 1, pp. 190-196; e L. TAMBURINI, Ricordo di Luigi Mallé, ivi, VIII, 1979, 1, pp. 199-205; e G.C. ARGAN, in Studi di storia in onore di Vittorio Viale, cit., pp. 5-8).

80 Andrea Bruno, che in occasione della Mostra del Barocco si era occupato degli allestimenti di Palazzo Reale, è incarico del «Progetto della sezione del Museo civico di Torino per l’Architettura e la Scenografi a piemontesi»; AMCT, CMS 16, 1963-1981, «Piante del Borgo Medievale. Palazzo Madama. Mostra del Barocco (Palazzo Reale)».

81 ASCT, Atti Municipali, Deliberazione del Consiglio Comunale del 31 luglio 1967.82 «Il Museo Civico di Torino […], con decreto 15 settembre 1965 dei Ministri della P.I. e degli Interni

classifi cato «museo multiplo»» (Sulla base di materiale non datato, conservato in AMCT, CAP 35, «Re-golamento Musei civici» 1924-1981), risulterebbe costituito («Titolo I – Costituzione e fi ni del Museo») dalla Galleria d’Arte Moderna con l’annessa sezione del Museo Sperimentale d’Arte contemporanea, dal Borgo e Castello medievale, dalla Mole Antonelliana, da biblioteca e archivio fotografi ca; il Museo d’Arte Antica, in particolare, comprenderebbe il Medagliere, la sezione d’Arte orientale e d’etnografi a distaccata alla Gam e, si specifi ca, la «sezione di architettura, urbanistica e scenografi a piemontesi, con sede a Palazzo Madama (sulla base del Decreto sopra citato, defi nito «Museo grande»)». La sezione di Architettura «si propone di illustrare con documenti, opere d’arte, plastici e modelli, oltre che con le stesse strutture roma-ne e medievali in situ nel palazzo, la storia dell’architettura, urbanistica e scenografi a piemontesi».

83 Si veda in particolare: Immagini di Torino nei secoli, cit. Sui criteri di allestimento e sul lavoro di ricognizione preliminare all’esposizione, si veda anche: V. VIALE, Relazione sull’attività del Museo Civi-co nel corso del 1963 inviata all’assessore alla Cultura Maria Tettamanzi (30 giugno 1964), in AMCT, CMS 40, «Relazioni».

312 ALESSANDRO MARTINI

Guglielminetti crea il «Comitato di studio per l’istituzione di un Museo Storico della Città di Torino»84. Ancora urge il problema della sede: esclusi Stupinigi e la Villa della Tesoriera, si discute di Villa della Regina e dello stesso Palazzo Reale. Nel 1970, quindi, ancora in assenza di una sede individuata con certezza, Viale ripropone i «Criteri organizzativi del futuro Museo Storico di Torino» che ricalcano sostanzial-mente quanto proposto nel 1959. Nel 1972-1974 il Comune di Torino acquisisce la Collezione Simeom85 dedicata alle testimonianze più varie della storia subalpina, che fi n dagli anni Trenta sembrava destinata a costituire parte integrante del Museo della Città auspicato da Viale.

Nei primi anni Settanta, il Museo di Architettura ha ormai defi nitivamente perduta la propria autonomia, e trova spazio e «accoglienza» come possibile sezione di altre istituzioni cittadine: ora del Museo civico d’Arte antica a Palazzo Madama, sulla base del progetto già presentato nei primi anni Sessanta; ora del Museo della Città, la cui istituzione permane tra le intenzioni del direttore Luigi Mallé (1965-1973), successo a Viale: «Il problema del Museo di Torino dovrebbe assolutamente essere visto collegato a quello dell’allestimento del Museo di storia bimillenaria dell’architettura di Torino»86.

In entrambi i casi, si tratta di musei destinati a non vedere la luce, superati da nuovi progetti, obiettivi e orientamenti da parte delle direzioni dei Musei civici succedutesi tra anni Settanta e Ottanta, e ostacolati da diverse priorità ed urgenze (fi no alla chiusu-ra di Palazzo Madama nel 1988, riaperto dopo i restauri soltanto a fi ne 2006).

Il Museo di Architettura, mai effettivamente realizzato per quanto sempre evo-cato (oggi nelle diverse forme di Urban center, Ecomuseo urbano, Museo «diffuso», Archivio-museo del contemporaneo…), non costituisce più un’opzione autonoma, ma piuttosto una suggestione potenziale all’interno di un rinnovato progetto di mu-seo della città (ora, focalizzato sul MuseoTorino, giunto fi nalmente al punto del suo

84 AMCT, CAP 245; ne fanno parte lo stesso sindaco con l’assessore Giovanni Picco, il critico d’arte ed esperto di cose torinesi Marziano Bernardi, Vincenzo Bottasso, Mario Catella, Luigi Mallé, Ada Peyrot e Vittorio Viale.

85 Sulla Collezione costituita da Silvio Simeom (1884-1948) integrando una precedente dell’amico Vin-cenzo Armando (1858-1928), si veda: Collezione Simeom. Inventario e Indici, a cura di R. Roccia, 2 voll., Torino, Archivio storico della Città di Torino, 1982; e Immagini della collezione Simeom, a cura di L. Firpo, Torino, Archivio storico della Città di Torino, 1983; si veda inoltre: S. BENEDETTO, Sinergie della memoria tra Archivio e Museo: la Collezione Simeom, testo inedito (di cui ringrazio l’autore), 28 dicembre 2005.

86 Ivi, Lettera del direttore Luigi Mallé al Capo della Ripartizione I Gabinetto del Sindaco, 4 feb-braio 1972. Nel progetto fi nalmente dettagliatamente concepito per gli spazi aulici del secondo piano di Palazzo Reale, concessi dal soprintendente Umberto Chierici, l’architettura riveste un ruolo deci-samente marginale rispetto a quanto precedentemente previsto da Viale. Materiali di varia natura e provenienza (dalla Collezione Simeom acquisita dal Comune dopo la mostra «Immagini di Torino nei secoli», allestita nelle stesse sale di Palazzo Reale, a nuclei di raccolte presenti in musei, biblioteche e archivi cittadini) sono previsti almeno nelle prime sette sale, dedicate a «Sviluppi e trasformazioni della città» (1) e «Ritratto iconografi co della città» (2-7); AMCT, CAP 245, relazione datata 25 maggio 1973, con itinerario proposto e cartina di Palazzo Reale allegata.

PER UN MUSEO DI ARCHITETTURA A TORINO 313

Fig. 8 - Veduta dell’ambiente 33 dedicato alle orefi cerie e agli arredi sacri nella mostra «Gotico e Rinascimento in Piemonte, 1938-1939 (da V. Viale, Gotico e Rinascimento in Piemonte cit., tav. 1, fotografi a di Paolo Beccaria).

314 ALESSANDRO MARTINI

decollo nella prospettiva di essere realizzato per il 150° dell’Unità d’Italia)87, fulcro di una più vasta rete articolata sul territorio. Del lungo percorso compiuto tra Otto e Novecento per un museo di architettura restano le raccolte variamente confl uite in diverse istituzioni pubbliche e, benché non abbiano se non occasionalmente rag-giunto le sale museali, tuttora conservate (a partire dal Museo civico d’Arte Antica a Palazzo Madama)88 e disponibili allo studio e nuove ipotesi di fruizione. Oggi l’architettura, sempre più popolare anche grazie a una serie di eventi che sembrano averla resa maggiormente accessibile a un pubblico vasto e diversifi cato (dai Giochi olimpici del 2006 a occasioni recenti come il Congresso Mondiale degli Architetti e Torino World Design Capital nel 2008), per essere davvero codifi cata e condivisa richiede una pluralità di luoghi di interpretazione (dagli archivi alle biblioteche ai musei), diffusi nella città e capaci di mettere in relazione i singoli episodi signifi cativi con i più vasti contesti di riferimento.

A partire dalla molteplicità delle istituzioni ancora oggi potenzialmente coinvolte, molto permane del lungo e accidentato dibattito che ha attraversato più di un secolo di storia urbana. La costruzione dell’identità di Torino e la sua pubblica condivisione continua, ieri come oggi, a passare attraverso la rappresentazione delle sue trasforma-zioni architettoniche e urbanistiche.

Alessandro Martini

87 Si veda in proposito D. JALLA, MuseoTorino®: rifl essioni a partire da un’esperienza in corso di museo di storia della città, in La vita delle mostre, a cura di A. Aymonino- I. Tolic, Bruno Mondadori, Milano, 2007, pp. 175-183.

88 A due anni dalla riapertura, a Palazzo Madama si è inaugurato il 15 dicembre 2008 l’allestimento di una selezione di 40 pezzi della raccolta di terrecotte architettoniche, disposta nella sala del muro romano all’interno dell’area «Gotico e Rinascimento».