L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione popolare cristiana. La storia di...

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L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione popolare cristiana. La storia di Tecla di Iconio.

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Costituzioni sui diritti testamentari: appartenenza religiosa e cittadinanza dei Goti nell’Impero Romano d’Oriente nel IV secolo.

Personification: Its course as notion and artistic motive from antiquity to the Christian world.

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Rodopis è un’associazione culturale senza fini di lucro fondata nel 2010 da alcuni laureandi e dottorandi in Storia antica dell’Università di Bologna. Il suo scopo è quello di promuovere lo studio dei contenuti e dei metodi propri delle discipline dell’antichità all’interno e all’esterno delle Università, coinvolgendo diversi interlocutori e mirando a divulgare i risultati più aggiornati della ricerca (quelli ancora in corso), nel tentativo di sensibilizzare ai temi trattati anche i non addetti ai lavori. In quest’ottica, nascono nella primavera 2011 i seminari “Ricerche a Confronto”, ad oggi ospitati dalle Università di Bologna, Trento, Roma Tre, Torino e Cagliari.

Viola Gheller, curatrice e coordinatrice dei materiali della presente pubblicazione, si è laureata a Bologna nel 2010 ed è attualmente dottoranda presso l’Università degli Studi di Trento. Membro di Rodopis dal 2011, ha curato i seminari “Ricerche a Confronto” a Bologna e Trento nell’autunno dello stesso anno.

L’Associazione Rodopis organizza, a partire dall’anno 2010-2011, i seminari di Antichità Classica e del Vicino Oriente “Ricerche a Confronto” . Da oggi quei contributi trovano anche posto in una miscellanea, così che si possano portare a un pubblico più ampio i contenuti della ricerca universitaria, in un dialogo che continua anche al di fuori dei seminari. Gli argomenti trattati, gli ambiti disciplinari, le metodologie e i punti di vista adottati dai relatori sono i più vari, nel contesto antichistico, e risultano ordinati secondo un criterio latamente cronologico.Una peer-review di recensione arricchisce gli interventi e ne certifica la qualità scientifica: a ogni contributo, infatti, segue una sezione “Dialogo con...” nella quale sono stati riuniti due commenti. Autori esperti di settore e giovani studiosi hanno offerto il proprio parere sui contenuti esposti, consigli di approfondimento, suggerimenti per gli sviluppi futuri delle ricerche intraprese, punti di vista alternativi sulle problematiche esposte. Questo tipo di struttura è pensata per offrire al lettore (sia esso specialista, studioso, o appassionato di Storia) gli strumenti per confrontare impostazioni differenti, per sviluppare opinioni proprie in merito ai temi proposti, o semplicemente per approfondirli maggiormente, privilegiando sempre la dimensione del dialogo e del contraddittorio.

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RICERCHE A CONFRONTODialoghi di Antichità Classiche e del Vicino Oriente

Bologna – Trento, 2011

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RICERCHE A CONFRONTODialoghi di

Antichità Classiche e del Vicino Oriente

Bologna – Trento, 2011

a cura di Viola Gheller

– Associazione Culturale Rodopis –

Copertina: Clio (Sala delle Muse, Musei Vaticani) FotoServizioFotograficodeiMuseiVaticani-© Musei Vaticani.

Studioedelaborazionegraficacopertina:GiuliaGiordani.

Impaginazione: Weirdstudio

Copertina: Clio (Sala delle Muse, Musei Vaticani) FotoServizioFotograficodeiMuseiVaticani-© Musei Vaticani.

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© Edizioni Saecula – Weirdstudio Montorso Vicentinowww.edizionisaecula.it

Responsabile editoriale: Gabriella Gavioli

Stampato nel novembre 2013 presso Laser Copy Center S.r.l. – Milano

234 L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione...

Ángel Narro SanchezL’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca

nella tradizione popolare cristiana.La storia di Tecla di Iconio.*

Nella seconda metà del V secolo un prete anonimo della città orientale di Seleucia scris-se una grande opera agiografica dedicata a Santa Tecla, composta da una parafrasi (μετάφρασις) degli Atti di Paolo e Tecla,1 e una compilazione di miracoli in cui l’autore racconta i prodigi avvenuti nel santuario di Tecla a Seleucia, dove migliaia di pellegrini erano guariti dallo straordinario potere della Santa. I Miracoli narravano come questi pellegrini, giunti soprattutto dalla propria città, dormivano all’interno del santuario aspettando, durante la notte, la visita della Santa, la quale attraverso un’apparizione onirica offriva ai suoi pazienti la guarigione dalle loro malattie. Questa tradizione però non sembra propria del cristianesimo ortodosso che tentava di affermarsi nella Chie-sa orientale: essa ricorda piuttosto l’incubatio, l’antica credenza pagana legata al cul-to di Asclepio nel suo tempio di Epidauro, oltre che a quello degli dei egiziani Iside e Serapide,2 secondo la quale il paziente, come nel monastero di Tecla, doveva dormire nel tempio del dio per ricevere il rimedio per la sua malattia.3 Come sottolinea López-Salvá,4 l’incubatio cristiana presenta una tipologia del sogno molto diversa, con l’epifa-nia del Santo come elemento più importante di questa tradizione.

Eppure, questa pratica non era soltanto un’abitudine dei fedeli di Seleucia che non avevano dimenticato gli antichi rituali pagani, ma aveva luogo anche in altri santua-ri, quali quelli di Cosma e Damiano a Costantinopoli, di Ciro e Giovanni a Menunte, o di Artemio, ancora nella capitale dell’Impero orientale.5 Sotto il governo di Teodosio, era stata ordinata la distruzione dei templi pagani, e secondo i vescovi delle città più importanti il paganesimo era ormai morto. In realtà i “demoni” pagani dovevano so-pravvivere ancora per alcuni secoli e trasferire alcune delle loro caratteristiche princi-pali ai Santi cristiani, poiché, nella tradizione popolare, la frontiera tra cristianesimo e paganesimo non era così ben delineata, e spesso si trovavano rituali pagani connessi a Santi cristiani.

Il culto di Tecla a Seleucia si era sviluppato in modo spettacolare durante il IV secolo grazie alle leggende che circolavano tra le prime comunità cristiane, che raccontavano

* Investigador becado por la Conselleria d’Educació de la Generalitat Valenciana gracias al programa de Be-cas de Formación de Personal Investigador (BFPI).1. JOHNSON 2006, 67-112.2. LÓPEZ-SALVÁ 1992.3. GIL 1969, 356.4. LÓPEZ-SALVÁ 1976, 157-163.5. DELEHAYE 1925.

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di come Tecla, secondo il finale degli Atti di Paolo e Tecla, era giunta a Seleucia, dove sarebbe rimasta fino alla morte. Infatti, gli abitanti di Seleucia ritenevano che il mona-stero di Tecla fosse stato edificato attorno alla sua tomba, o per lo meno nel luogo in cui si credeva che l’antica compagna di Paolo fosse sparita, secondo quanto riportato dalle leggende di alcuni principali manoscritti dell’apocrifo neotestamentario.

L’origine della leggenda e gli Atti di Paolo e Tecla

Dunque l’origine della leggenda di Tecla si trova negli Atti di Paolo e Tecla, testo che in un primo momento faceva parte degli Atti di Paolo,6 uno dei cinque Atti apocrifi degli apostoli scritti tra il II e il III secolo.7 La storia narra l’arrivo di Paolo a Iconio per la sua missione evangelica. Tecla, giovane fanciulla fidanzata all’uomo più in vista della città, Tamiri, decide di lasciare la sua vecchia vita e di seguire l’apostolo. Infuriato per la de-cisione di quella che avrebbe dovuto essere la sua futura moglie, Tamiri conduce Paolo davanti al governatore, che decide di imprigionarlo. In carcere, Paolo riceve la visita di Tecla e, dopo essere stati scoperti, l’apostolo viene cacciato dalla città e la fanciul-la condannata a morte. Tecla deve essere bruciata ma una tromba d’acqua spegne le fiamme, e la fanciulla raggiunge infine il luogo in cui Paolo stava pregando per la sua salvezza.

Dopo questo primo martirio fallito, entrambi partono verso Antiochia dove un cer-to Alessandro cerca di baciare Tecla, la quale, senza l’aiuto di Paolo, straccia la tunica dell’uomo. Alessandro, umiliato in pubblico, riesce a portare Tecla davanti al gover-natore e a ottenere per lei una nuova condanna a morte. Nell’attesa della condanna, Tecla è posta sotto la sorveglianza della nobile Trifena. Comincia allora il secondo mar-tirio, che vede Tecla condannata ad affrontare animali selvaggi che avrebbero dovu-to divorarla, ma che invece si prostrano ai suoi piedi e la difendono dalle altre bestie. Scampata nuovamente al martirio, Tecla riesce a farsi battezzare in una piscina piena di animali marini e ottiene la libertà a causa dello svenimento di Trifena. Alla fine, Tecla ritrova Paolo a Mira, riceve la sua benedizione e la sua autorizzazione a diffondere la fede cristiana e, dopo un breve soggiorno a Iconio, giunge alla città di Seleucia dove avrebbe trascorso il resto della sua vita.

L’origine di questa leggenda sembra fondere la tradizione apostolica, rappresen-tata dalla figura di Paolo, e la tradizione popolare, simboleggiata dal personaggio di Tecla. Alcuni studiosi come BURRUS (1987), DAVIES (1983) o HIDALGO (1993) hanno collegato la storia di Tecla all’esistenza di comunità di donne in cui questa e altre storie contenute negli Atti degli altri apostoli costituirebbero un indice di come le donne cri-stiane cercavano di incorporarsi nella struttura della chiesa primitiva o di come queste donne preferirono la verginità al matrimonio per sentirsi più libere.

Tuttavia, a nostro avviso, la leggenda di Tecla, o quanto meno la prima parte, trove-

6. MORALDI 1971, 1061.7. DEL CERRO 1992; PIÑERO 1994.

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rebbe la sua origine in alcune narrazioni popolari sviluppatesi nella seconda metà del II secolo, a partire dalla testimonianza di Giustino (APolyb. Sec. 2), il quale racconta di come una donna avesse deciso di abbandonare il marito per seguire la fede cristiana e di come egli l’avesse portata in giudizio. Successivamente, il marito avrebbe condotto anche il Maestro della moglie al cospetto del governatore, che decide di condannarlo a morte per avere provocato l’abbandono del coniuge da parte della donna. La storia di Tecla si sarebbe modellata a partire da questo passaggio e soprattutto dalla reinter-pretazione di questa storia sotto l’influsso dell’ἐγκράτεια.

La breve storia narrata da Giustino rispecchia in sostanza la struttura della prima parte degli Atti di Paolo e Tecla. Questa narrazione si sarebbe in seguito legata alla storia delle vicende di Tecla e l’apostolo Paolo e sarebbe poi stata inclusa negli Atti di Paolo, l’opera di cui facevano parte gli Atti di Paolo e Tecla, secondo la sequenza narra-tiva che descrivono i frammenti del testo e la versione copta del Papiro di Heidelberg, l’unico a presentare l’intero testo degli Atti di Paolo.8 D’altra parte, proprio la dottrina dell’ἐγκράτεια ha un interessante legame col pensiero di Giustino, dal momento che, secondo QUASTEN (1984, 270) e MATEO DONET (2007, 69-72), essa fu adattata al cri-stianesimo dal suo discepolo Taziano il Siro. Taziano, inoltre, conosceva senza dubbio la storia raccontata dal suo maestro Giustino, che avrebbe narrato ai suoi discepoli. Essi a loro volta l’avrebbero trasformata in una finzione letteraria come quella degli Atti di Paolo e Tecla.

In ogni caso, quasi tutti coloro che si sono occupati di questo testo sono concordi nell’individuare da un lato l’origine popolare per la storia di Tecla e dall’altro un forte legame tra essa e la dottrina encratita. Secondo CULLMANN (1991, 414-417), i cosid-detti Vangeli dell’Infanzia si sarebbero sviluppati a partire da alcuni episodi secondari dei Vangeli canonici che richiamarono l’attenzione delle prime comunità cristiane. Lo stesso meccanismo si sarebbe verificato sicuramente con i racconti che avevano gli apostoli come protagonisti, dando vita a questi nuovi racconti che si sarebbero diffusi rapidamente entro queste stesse comunità.

Il carattere popolare, legato alla provenienza orale degli Atti apocrifi degli apostoli, è stato sottolineato da alcuni degli studiosi che si sono occupati di questi testi. Già un bollandista come DELEHAYE (1927, 3-4) aveva ritenuto la storia di Tecla come un romanzo o una leggenda popolare, mentre in anni recenti BURRUS (1987, 57) o MAN-GOGNA (2006, 13) hanno negato l’origine popolare della storia di Tecla. Ma quali sono gli elementi che possiamo considerare come indicatori dell’origine orale del testo?

Da un lato, possono essere riscontrati tutta una serie di elementi, che in critica let-teraria vengono definiti “esterni”, che è possibile ricondurre alla maniera in cui l’imma-ginario popolare tende a creare le sue leggende. Si tratta in primo luogo della struttura stessa della storia, soprattutto fino al martirio a Iconio. Questa prima parte della nar-razione rispetta la struttura del passaggio riportato da Giustino, in cui possiamo indivi-duare quattro elementi narrativi fondamentali: 1) Arrivo di un apostolo o precettore in città, 2) Conversione di una donna sposata o almeno fidanzata, 3) Gelosia e denuncia

8. PIÑERO – DEL CERRO 2005, 688-689.

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dello sposo e 4) Giudizio e martirio. Peraltro l’intera sequenza, che termina dopo il martirio a Iconio con una scena di

ἀναγνώρισις in cui la giovane e l’apostolo si ritrovano prima di partire verso Antio-chia, coincide sorprendentemente con la sequenza narrativa prototipica dei romanzi greci – testi dal forte carattere popolare –, anch’essa suddivisa da RUIZ MONTERO (2006, 39) in quattro grandi episodi narrativi: 1) incontro e innamoramento, 2) sepa-razione degli amanti, 3) ricerca con diverse avventure e 4) ricongiungimento con una scena di ἀναγνώρισις.

Altri elementi esterni sono i personaggi presenti nella narrazione, che concorrono a collegare il testo al mondo neotestamentario, soprattutto all’universo paolino: in par-ticolare ciò si verifica attraverso l’apparizione di personaggi come Demas (Phil. 24 e Col. 4,14) ed Ermogene (2Tim. 1,15 e 4,10), Onesiforo (2Tim. 1,16-18) o la nobile Trifena (Rom. 16,12), che appaiono già nelle lettere di Paolo.

Anche per quanto riguarda gli elementi cosiddetti “interni”, il testo fornisce degli indizi che testimoniano la sua origine orale. Si tratta della semplicità lessicale e sintat-tica, della presenza di alcune strutture proprie della lingua colloquiale, del predominio dello “stile καὶ” e dello stile diretto,9 e dell’uso di alcuni sottogeneri retorici, come le beatitudini pronunciate dall’apostolo nella prima parte de testo.10

D’altra parte, come già indicato, l’ἐγκράτεια sembra essere la dottrina cristiana che meglio rappresenta la narrazione degli Atti di Paolo e Tecla. L’ἐγκράτεια è la for-ma attiva di dominio di se stesso che offre la possibilità all’individuo di resistere ai suoi desideri e alle sue passioni.11 Alcuni studiosi hanno pensato alle comunità encratite, soprattutto a quelle diffuse in Asia Minore, in Siria e ad Alessandria, come quelle in cui questi Atti apocrifi degli apostoli sarebbero stati elaborati e avrebbero ottenuto un successo maggiore.12

Negli Atti di Paolo e Tecla, il programma encratita si mostra con chiarezza nelle beatitudini pronunciate da Paolo in casa di Onesiforo. Mangogna, in effetti, individua in questa porzione di narrazione uno degli indici principali dell’origine encratita del testo.13 Almeno sei di queste tredici beatitudini esprimono infatti delle esortazioni alla castità e al dominio delle passioni, che possiamo mettere in relazione con l’ἐγκράτεια.14 Il testo recita, infatti:

Καὶ εἰσελθόντος Παύλου εἰς τὸν τοῦ Ὀνησιφόρου οἶκον ἐγένετο χαρὰ μεγάλη, καὶ κλίσις γονάτων καὶ κλάσις ἅρτου καὶ λόγος θεοῦ περὶ ἐγκρατείας καὶ ἀναστάσεως, λεγόντος τοῦ Παύλου· μακάριοι οἱ καθαροὶ τῇ καρδίᾳ, ὅτι αὐτοὶ τὸν θεὸν ὄψονται. μακάριοι οἱ ἁγνὴν τὴν σάρκα τηρήσαντες, ὅτι αὐτοὶ ναὸς θεοῦ γενήσονται. μακάριοι

9. ARTÉS 1999.10. FITZMYER 2000, 111-118; MULLINS 1973, 194-205.11. FOUCAULT 1984, 61-62.12. TISSOT 1981; SFAMENI GASPARRO 1983.13. MANGOGNA 2006, 30-48.14. HERCZEG 1996, 147-149.

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οἱ ἐγκρατεῖς, ὅτι αὐτοῖς λαλήσει ὁ θεός. μακάριοι οἱ ἀποταξάμενοι τῷ κόσμῳ τούτῳ, ὅτι αὐτοὶ εὐαρεστήσουσιν. μακάριοι οἱ ἔχοντες γυναῖκας ὡς μὴ ἔχοντες, ὅτι αὐτοὶ κληρονομήσουσιν τὸν θεόν. μακάριοι οἱ φόβον ἔχοντες θεοῦ, ὅτι αὐτοὶ ἄγγελοι θεοῦ γενήσονται. μακάριοι οἱ τρέμοντες τὰ λόγια τοῦ θεοῦ, ὅτι αὐτοὶ παρακληθήσονται. μακάριοι οἱ σοφίαν λαβόντες Ἰησοῦ Χριστοῦ ὅτι αὐτοὶ υἱοὶ ὑψίστου κληθήσονται. μακάριοι οἱ τὸ βάπτισμα τηρήσαντες, ὅτι αὐτοὶ ἀναπαύσονται πρὸς τὸν πατέρα καὶ τὸν υἱόν. μακάριοι οἱ σύνεσιν Ἰησοῦ Χριστοῦ χωρήσαντες, ὅτι αὐτοὶ ἐν φωτὶ γενήσονται. μακάριοι οἱ δι᾿ ἀγάπην θεοῦ ἐξελθόντες τοῦ σχήματος τοῦ κοσμικοῦ, ὅτι αὐτοὶ ἀγγέλους κρινοῦσιν καὶ ἐν δεξιᾷ τοῦ πατρὸς εὐλογηθήσονται. μακάριοι οἱ ἐλεήμονες, ὅτι αὐτοὶ ἐλεηθήσονται καὶ οὐκ ὄψονται ἡμέραν κρίσεως πικράν. μακάρια τὰ σώματα τῶν παρθένων, ὅτι αὐτὰ εὐαρεστήσουσιν τῷ θεῷ καὶ οὐκ ἀπολέσουσιν τὸν μισθὸν τῆς ἁγνείας αὐτῶν· ὅτι ὁ λόγος τοῦ πατρὸς ἔργον αὐτοῖς γενήσεται σωτηρίας εἰς ἡμέραν τοῦ υἱοῦ αὐτοῦ, καὶ ἀνάπαυσιν ἕξουσιν εἰς αἰῶνα αἰῶνος.

(ATh. 5-6)

In conclusione, queste comunità encratite avrebbero costituito il retroterra per la creazione del testo, consentendone la diffusione in questa prima fase del cristianesimo. In seguito, già nel IV secolo, le istanze di queste comunità si sarebbero fuse con le posizioni dei Padri della Chiesa, favorevoli alla verginità, e con il nascente monachesimo. L’immaginario popolare invece continuava a elaborare nuove storie sulla giovane compagna di Paolo.

Le nuove leggende sulla morte di Tecla

La narrazione degli Atti di Paolo e Tecla finiva all’improvviso dopo un secondo incontro tra i due e una visita di Tecla a sua madre nella città di Iconio, prima di partire alla volta di Seleucia, dove, secondo quanto riporta quella che sembra essere la versione origi-nale del testo, dal momento che appare in tutti i manoscritti, avrebbe abitato fino alla morte:

Καὶ εὗρεν τὸν Θάμυριν τεθνεῶτα, τὴν δὲ μητέρα ζῶσαν· καὶ προσκαλεσαμένη τὴν μητέρα αὐτῆς λέγει αὐτῇ· Θεοκλεία μῆτερ, δύνασαι πιστεῦσαι ὅτι ζῇ κύριος ἐν οὐρανοῖς; εἴτε γὰρ χρήματα ποθεῖς, δώσει σοι κύριος δι᾿ ἐμοῦ· εἴτε τὸ τέκνον, ἰδού, παρέστηκά σοι. καὶ ταῦτα διαμαρτυραμένη ἀπῆλθεν εἰς Σελεύκειαν, καὶ πολλοὺς φωτίσασα τῷ λόγῳ τοῦ θεοῦ μετὰ καλοῦ ὕπνου ἐκοιμήθη.

(ATh 43)

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Quando però Tecla diventa un personaggio conosciuto tra la gente di queste prime comunità cristiane e il culto a lei tributato si diffonde attraverso tutto l’Impero, e in special modo in Oriente, questa versione della fine della sua vita si rivela insoddisfa-cente. È allora che il popolo cerca di indagare su questa storia, dando vita ad altre due versioni che raccontano in modo più dettagliato questo episodio conclusivo della vita della protomartire cristiana, e che appaiono in due frammenti aggiunti al testo degli Atti di Paolo e Tecla in alcuni dei manoscritti.

La prima nuova versione è quella che troviamo nei manoscritti Paris. gr. 520, 1454 e 1468 e che possiamo definire “la leggenda romana”. Questa “leggenda romana” sem-bra un tentativo di collegare il culto di Tecla alla città imperiale anche a partire dalla confusione con la tomba di una giovane romana chiamata Tecla e sotterrata lungo la via Ostiense.15 Il testo narra l’arrivo di Tecla a Seleucia e l’attacco di una banda di bri-ganti inviati dai medici della città per violentare la vergine Tecla, dal momento che cre-devano che il suo potere di guarigione le provenisse da Artemide, giacché, dicevano, era una vergine come le sacerdotesse della dea. Quando essi cercarono di attaccarla, Dio aprì una fessura in una roccia affinché Tecla potesse fuggire. In seguito essa decise di recarsi a Roma per rincontrare Paolo e, trovandolo già morto, si lasciò morire nella città imperiale.

La seconda storia sulla sparizione di Tecla in terra appare nel codice Oxon. Barocc. gr. 180, nonché alla fine della Vita di Santa Tecla (28), cui si faceva accenno all’inizio di questo studio. Questa seconda variante è quella che possiamo chiamare la “leggenda seleucide”, giacché vi si narra la stessa storia della sparizione di Tecla nella roccia du-rante il litigio contro i banditi, ma con un finale diverso: Tecla non ricompare, così che la roccia diviene la sua tomba. Prima di analizzare una sezione di questo testo è inte-ressante osservare come due elementi compaiano in entrambe le versioni, rendendo palese l’esistenza di un unico racconto leggendario da cui entrambi discenderebbero: l’identificazione di Tecla con la dea Artemide e la sparizione attraverso una piccola fes-sura in una roccia.

Il primo elemento presente in entrambe le versioni, l’identificazione operata dai medici della città tra la vergine cristiana e la dea Artemide, potrebbe essere interpreta-to come un segno della fusione tra il culto di Artemide e il nuovo culto cristiano a Santa Tecla. Dobbiamo sottolineare in primo luogo, infatti, che questo racconto leggendario, base sia per la “leggenda romana” che per la “leggenda seleucide”, sarebbe nato in Asia Minore, sicuramente nei dintorni della città di Seleucia. In tutta questa regione il culto della dea Artemide era particolarmente affermato grazie alla presenza del tem-pio di Efeso, pur avendo anche la testimonianza di un tempio di Artemide Sarpedonia a Seleucia, secondo quanto riporta Strabone (XIV 677). In effetti, il rapporto tra la Santa e la dea pagana nasce e si sviluppa già nel testo degli Atti di Paolo e Tecla, sia nel mo-mento in cui la giovane fanciulla si taglia i capelli per viaggiare insieme a Paolo verso Antiochia, scena interpretata da alcuni studiosi come una manifestazione del “com-

15. MORALDI 1971, 1098; ARMELLINI 1889.

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plexe de Diane”,16 espressione che indica l’assunzione da parte di una donna di tratti fisici e caratteriali riconosciuti come maschili, sia al momento del martirio con il leone in Antiochia, il momento più importante della vita di Tecla secondo quanto riportano le rappresentazioni iconografiche della Santa in questa prima fase del cristianesimo.17 La dea Artemide è considerata da Omero come πότνια θηρῶν (Il. 21, 470), e il suo culto sarebbe, secondo Burkert, nato nei popoli anatolici (lici e lidi) e poi assimilato dai greci (BURKERT 1985, 149-152). Gli elementi più importanti della sua caratterizzazione sarebbero il suo dominio sugli animali, di cui è considerata la “signora” (πότνια) e la sua verginità, entrambi condivisi dalla Santa cristiana.

Inoltre, la nuova identificazione della Santa con la dea pagana che appare in questi frammenti si potrebbe spiegare stante l’epiteto παρθένος – normalmente legato a Tecla – che si applicava alle sacerdotesse di Artemide, attive nel tempio di Efeso nei secolo II e III,18 quando questi racconti iniziavano a diffondersi. I poteri di queste sa-cerdotesse erano la capacità profetica e la capacità di guarire i malati precisamente attraverso il rito della incubatio.

La sparizione di Tecla attraverso la piccola fessura creata da Dio affinché essa po-tesse fuggire costituisce il secondo elemento che palesa la continuità con cui il popolo andava creando delle leggende attorno a Tecla. Questa soluzione in stile deus ex machi-na non sarebbe un miracolo divino troppo sorprendente se non fosse che, a partire da questa leggenda, si costituì il complesso monastico di Hagia-Thekla in Meriamlik, vicino all’antica città di Seleucia,19 e che il culto alle tombe dei martiri, a quest’epoca, somi-gliava troppo al culto agli eroi dell’antichità,20 e ai filosofi nello stesso tempo,21 oppure ad altre manifestazioni del culto dei morti di radice chiaramente indoeuropea.22 Le an-tiche credenze si adattavano ai nuovi tempi e il popolo continuava a mantenere le sue tradizioni, benché il nome dell’oggetto di venerazione potesse cambiare, in un nuovo contesto in cui il culto ad esso tributato non fosse sospetto di essere legato a priori alla tradizione cultuale pagana. Appare perciò evidente il legame del culto di Tecla con la tradizione popolare, lontana dall’ortodossia della chiesa e dalle dispute dottrinali.

Infine, è necessario ricordare un ulteriore elemento che condividono le due leggen-de e che ci mostra il consolidamento del culto di Tecla. La parte conclusiva di ciascuno dei due testi può essere messa in relazione con la tradizione dei martirologi che fanno la loro comparsa a partire dal IV secolo,23 il momento della prima diffusione dell’agio-grafia. I martirologi presentano tre elementi costanti: il nome del Santo, la data della sua morte e spesso un piccolo riassunto della sua vita. Nei due frammenti possiamo individuare un’appendice che presenta queste caratteristiche. Il passo che presenta

16. DELCOURT 1958, 7.17. DEONNA 1949; DAVIS 2001.18. GUERRA 1987, 271-302.19. HERZFELD – GRUYER 1930, 74-88.20. LASSO DE LA VEGA 1962, 37.21. GRAU 2010, 484-503.22. FRAZÃO – MORAIS 2009.23. AIGRAIN 1953, 11-13.

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maggiori motivi di interesse è la parte finale del codice Oxon. Barocc. gr. 180, in cui pos-siamo distinguere i tre elementi enunciati, e in cui Tecla viene esplicitamente indicata come protomartire, apostolo e vergine.

Ἔπαθεν οὖν ἡ τοῦ θεοῦ πρωτομάρτυς καὶ ἀπόστολος καὶ παρθένος Θέκλα ἡ ἀπὸ τοῦ Ἰκονίου ἐτῶν δέκα ὀκτώ· μετὰ δὲ τῆς ὁδοιπορίας καὶ τῆς περιόδου καὶ τῆς ἀσκήσεως τῆς ἐν τῷ ὄρει ἔζησεν ἔτη ἄλλα ἑβδομήκοντα καὶ δύο· ὅτε δὲ προσελάβετο αὐτὴν ὁ κύριος, ἦν ἐτῶν ἐνενήκοντα, καὶ οὕτως ἡ τελείωσις αὐτῆς γίνεται. γίνεται δὲ ἡ ὁσία μνήμη αὐτῆς μηνὶ Σεπτεμβρίῳ εἰκάδι τετάρτῃ, εἰς δόξαν τοῦ πατρὸς καὶ τοῦ υἱοῦ καὶ τοῦ ἁγίου πνεύματος νῦν καὶ ἀεὶ καὶ εἰς τοὺς αἰῶνας τῶν αἰώνων, ἀμήν.

(Finale del codice Oxon. Barocc. gr. 180)

Tali appellativi indicano che questo frammento deve essere prossimo al secolo V, giac-ché Tecla viene considerata apostolo e protomartire soltanto nel testo della Vita e mi-racoli (datato alla seconda metà del V secolo) e in un panegirico dedicato alla Santa e attribuito per errore a Giovanni Crisostomo, più o meno della stessa epoca.24

Le leggende, però, non sembrano smettere di fiorire. L’immaginario popolare non cessa mai di creare nuove storie sui suoi eroi – adesso sui suoi Santi – e le città, orgo-gliose dei loro protettori, si prendevano cura e promuovevano il culto del loro Santo allo scopo di attrarre i pellegrini e di garantirsi una collocazione sulle mappe del Cri-stianesimo. Questa nuova tendenza, legata alla creazione dei monasteri e alla fioritura della letteratura agiografica, si osserva nel racconto della Vita e Miracoli di Santa Tecla con il quale abbiamo iniziato questo studio e con il quale lo finiremo.

Una testimonianza unica del culto a Santa Tecla in Seleucia: La Vita e Miracoli

L’ultimo testo che vogliamo commentare è quello della Vita e Miracoli di Santa Tecla, che abbiamo richiamato già in apertura di questo studio. Oltre ai numerosi passaggi che dimostrano la formazione retorica dell’autore anonimo di quest’opera,25 e sottoli-neano la compatibilità fra l’educazione di matrice classica ricevuta e la sua fede religio-sa cristiana,26 vogliamo mettere in risalto soprattutto come nel racconto dei Miracoli l’agiografo descriva l’ambiente popolare in cui si sviluppa il culto di Tecla a Seleucia e la maniera in cui i cittadini sentivano e interpretavano questo culto.

I quarantasei Miracoli che compongono la compilazioni dei prodigi di Tecla a Seleu-cia possono essere divisi in sei gruppi. Il primo è formato dai miracoli relativi all’annien-

24. AUBINEAU 1975, 347-348.25. DAGRON 1974, 5-11; LÓPEZ-SALVÁ 1972, 245-255.26. NARRO 2010.

242 L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione...

tamento degli dei antichi e della vittoria di Tecla sui suoi nemici (Mir. 1-4). Il secondo è quello in cui si racconta la protezione offerta da Tecla alle città nelle quali sembra essere presente un culto ispirato alla sua figura, non soltanto Seleucia (Mir. 5-6). Il ter-zo gruppo, il più esteso di tutti, presenta le guarigioni operate dalla Santa, di tanto in tanto oggetto delle critiche dei medici della città (Mir. 7, 8, 11, 12, 17, 18, 19, 23, 24, 25, 36, 38, 37, 39 e 40).

Troviamo, inoltre, una categoria nella quale abbiamo inserito i cinque miracoli in cui Tecla protegge il suo patrimonio o quello del suo tempio (Mir. 10, 28, 29, 30 e 32). La quinta categoria della nostra classificazione comprende i miracoli che mostrano l’aiu-to prestato da Tecla a diversi personaggi, nonché le punizioni contro i suoi aggressori (Mir. 9, 13, 15, 16, 20, 21, 22, 33, 34, 35, 42, 43 e 46). Infine, il sesto e ultimo blocco di miracoli è un gruppo eterogeneo, in cui si mischiano prodigi diversi con un forte ca-rattere soprannaturale. In esso possiamo trovare conversioni miracolose (Mir. 14), la favolosa storia che racconta come Tecla ogni anno giunga alla città di Dalisando su un carro di fuoco (Mir. 26), l’apparizione di Tecla davanti all’autore stesso dell’opera in cui i Miracoli vengono narrati per incoraggiarlo a perseguire il suo scopo, la composizione dell’opera stessa (Mir. 31), e il racconto in cui la martire insegna a leggere a una donna analfabeta (Mir. 45). Finalmente, l’ultimo miracolo (44), è interrotto all’improvviso da una prima conclusione che interrompe la serie di miracoli prima di giungere alla conclu-sione definitiva del testo.

Conclusioni

In questo breve studio abbiamo mostrato soltanto una minima parte della nostra tesi dottorale in quel che riguarda la trasmissione delle leggende su Tecla dal cristianesimo primitivo fino alla prima espansione dell’agiografia nei secoli IV e V. Potrebbe dunque risultare troppo azzardato presentare delle conclusioni irrefutabili e indiscutibili. Se-condo quanto delineato in queste pagine, possiamo comunque offrire almeno alcune ipotesi che potrebbero essere confermate solo da una ricerca più meditata e appro-fondita.

Infatti, la nostra proposta non pretende di essere un paradigma assoluto, ma sol-tanto una dimostrazione di come nasce e si sviluppa un culto di una figura santa nel primo cristianesimo. Abbiamo deciso di analizzare in particolare la nascita e lo sviluppo del culto agiografico di Santa Tecla nella tradizione popolare cristiana perché, oltre alle testimonianze degli scrittori cristiani di questi secoli, i testi agiografici sono spesso i luoghi più interessanti in cui si conserva una maniera semplice di credere e di compren-dere il mondo che rivela un’innocenza propria di un culto religioso che aveva appena cominciato la sua lunga strada.

L’origine orale della leggenda che starebbe alla base della storia di Tecla negli Atti di Paolo e Tecla costituirebbe il primo passo di questa tradizione popolare. La redazione scritta del testo non avrebbe però impedito la creazione di nuove leggende attorno

L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione... 243

alla morte di Tecla. Così, l’immaginario popolare inventerà la sparizione di Tecla in una roccia, dando

luogo a due versioni della stessa leggenda: quella romana e quella seleucide. Infine, sembra che la seleucide, abbia trovato una maggiore diffusione, soprattutto grazie all’ufficializzazione del culto di Tecla in questa città, dove verrà fondato un complesso monastico attorno alla presunta tomba dell’antica compagna dell’apostolo Paolo. La leggenda era stata la ragione della nascita del culto della Santa a Seleucia, e nel V seco-lo la Vita e Miracoli di Santa Tecla raccontava i prodigi che essa aveva compiuto in favore dei suoi fedeli e la maniera in cui il suo culto costituiva una parte della vita quotidiana della città.

Ángel Narro Universitat de València

244 L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione...

Dialogo con...Adele Monaci Castagno

Spunti di riflessione sulla categoria di “popolare”

Fra i numerosi argomenti affrontati vorrei fare qualche considerazione su un aspetto di carattere metodologico, sul concetto di “popolare” cui si fa più volte riferimento nel corso dell’articolo. Non sono in grado di controllare a quale termine nella lingua madre dell’autore corrisponda il termine tradotto con “popolare”: immagino sia popular, par-tirò dunque dal presupposto che la traduzione sia stata corretta e che il termine usato nell’originale mantenga la stessa ambiguità che ha nell’italiano, chiedendo scusa in an-ticipo se qualche mia osservazione insisterà su aspetti che nella versione più estesa del lavoro di Ángel Narro erano stati affrontati.

Sono naturalmente d’accordo con Ángel Narro sul fatto che il culto dei santi – e in particolare quello di Tecla – sia stato “popolare” nel senso di largamente diffuso in senso trasversale ai diversi livelli culturali e ceti sociali. Tuttavia nell’articolo non si fa ri-ferimento soltanto a questo significato generico; per lo studioso spagnolo l’ambito del “popolare” si trova all’incrocio di diverse specificazioni: è ritenuto caratteristico delle tradizioni popolari il sincretismo religioso fra rituali pagani e cristiani; l’origine popolare della storia di Tecla sarebbe collegata all’origine orale del testo; afferma che i romanzi greci siano testi di forte carattere popolare; che sia “il popolo” a prendere l’iniziativa di indagare sugli aspetti poco soddisfacenti delle tradizioni più antiche di Tecla e di ampliarle; gli sembra evidente il legame del culto di Tecla con la tradizione popolare “lontana dall’ortodossia della chiesa e dalle dispute dottrinali” in quanto, da una delle amplificazioni della leggenda su Tecla, gli appare evidente che il successo del suo culto sia in primo luogo legato all’identificazione di Tecla con Artemide. Gli sembra evidente che l’anonimo autore della Vita e Miracoli di S.Tecla descriva l’ambiente popolare in cui il culto si è sviluppato.

Si potrebbero fare molte considerazioni sulla difficoltà insite nell’utilizzazione della categoria di “popolare”;1 mi pare però più utile discutere il caso particolare.

Come si può dimostrare, ad esempio, che la “leggenda di Tecla, o quanto meno la prima parte, troverebbe la sua origine in alcune narrazioni popolari sviluppatesi nella II metà del II secolo a partire da un episodio narrato dalla seconda Apologia di Giustino”?

Bisognerebbe, a mio avviso, poter rispondere in senso affermativo a una ulteriore domanda: quale diffusione e circolazione diversa dai ceti colti da cui Giustino usciva e a cui si rivolgeva poteva aver conosciuto un testo come le Apologie? Nell’episodio in que-stione, inoltre, Giustino insiste sul fatto che il comportamento del marito era corrotto

1. Da ultimo rimando a MERKT 2009; in modo più strettamente pertinente alla letteratura agiografica: VAN UYTFANGHE 2001.

L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione... 245

e “contro natura” (II Apol 2,4) forse riferendosi esplicitamente alle pratiche descritte da Paolo in Rm 1,26-27 e in ogni caso al concetto di legge naturale; la moglie rifiuta ogni contatto con lui non per un rifiuto a priori dei rapporti sessuali, ma perché all’interno del matrimonio, il marito imponeva un uso corrotto degli stessi. L’enkrateia – che carat-terizza gli Atti di Paolo e Tecla – è assente nel testo di Giustino.

Inoltre: come possiamo dimostrare che Taziano, venuto a conoscenza della storia raccontata dal suo maestro, l’avrebbe narrata ai suoi discepoli che l’avrebbero tra-sformata in una finzione letteraria come quella degli Atti di Paolo e Tecla? Ancorché discepolo di Giustino, le opere che possediamo di Taziano appaiono agli antipodi del suo maestro su questioni fondamentali: l’atteggiamento riguardo alla cultura greca e le tendenze gnostiche che, insieme ad altri elementi, sono connesse all’enkrateia. In quale contesto di questo quadro di riferimento conosciuto, potremmo collocare un interesse, o tracce della ripresa dell’episodio narrato da Giustino? Non mi pare che ve ne siano allo stato attuale della documentazione che possediamo di Taziano.

Fra i discepoli di Taziano vi era quel “prete di Asia” che secondo la notizia di Tertulliano avrebbe confessato “per amore” di Paolo di aver redatto gli Atti di Paolo e Tecla? Tutto può essere, ma anche in questo caso ci manca un punto di appoggio per ricostruire questa catena tradizionale, salvo che una generica indicazione geografica (Taziano proveniva dalla Siria). Vale, però, la pena di notare che Tertulliano indica nell’ambiente ecclesiastico l’origine letteraria di questo testo, un’origine diversa da quella che potremmo definire “popolare”.

In che cosa il ricorso alle tradizione popolare ci aiuta a comprendere lo straordina-rio successo del culto di Tecla e il suo radicamento a Seleucia? Siamo di fronte, come osserva finemente Dagron, a “une évolution jumelée d’une tradition littéraire et de l’or-ganisation architecturale d’une site”.2

Negli Atti più antichi di Tecla il racconto terminava presumibilmente con la dossolo-gia del cap. 42; il cap 43 contiene un breve riferimento alla partenza di Tecla per Seleu-cia, il suo apostolato, la morte. L’anonimo del V secolo, un retore di professione, cui è affidato il compito di riscrivere gli Atti di Paolo e Tecla, si differenzia da questi nel punto cruciale del racconto della morte: Tecla sarebbe scesa ancora viva sottoterra che si aprì per raccoglierla, nel luogo appunto in cui si trovava l’altare della chiesa a lei dedicata. L’anonimo non mostra di conoscere l’altra versione, che voleva Tecla sparire in una fes-sura nella roccia della caverna in cui si era ritirata per sottrarsi all’aggressione di banditi organizzata da un gruppo di medici invidiosi che la ritengono una devota di Artemide e che sperano che, violandone la verginità, sarebbe stata privata dall’assistenza della dea. Ai banditi resta in mano soltanto il velo della santa.

Come ho detto, il retore anonimo non conosce questa versione, tuttavia nella sua raccolta di miracoli della santa lascia intravvedere una grotta dove Tecla fa sgorgare una sorgente d’acqua risanatrice e afferma che già ai suoi tempi era un luogo frequen-tato dai pellegrini che vi si recavano dopo aver visitato il martyrium. È questo il luogo su cui l’Imperatore Zenone per sciogliere un voto fece erigere una bellissima chiesa in

2. DAGRON 1978, 54.

246 L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione...

onore della Santa nel 476, chiesa che fece dimenticare il precedente martyrium e che divenne il “luogo” per eccellenza.

Che cosa c’è di “popolare” in tutto questo? Certo siamo di fronte a una costruzione di pietre e di parole che non deriva da un’unica volontà, ma coinvolge una pluralità di attori; anche qui, quelli che possiamo individuare con certezza sono tutti appartenenti all’élite alfabetizzata e colta della società: un sacerdote; un retore laico della metà del V secolo; un imperatore. Nell’ultimo quarto del IV secolo troviamo fra i devoti di Tecla un altro coltissimo retore e vescovo: Gregorio di Nazianzo e, meno di due decenni dopo, troviamo Egeria, una nobile occidentale.

Il radicamento del culto di Tecla a Seleucia è frutto di un sincretismo popolare che confonde i culti pagani e quelli cristiani? Se stiamo a guardare la nascita di altri santuari fra V e VII secolo sulle coste del Mediterraneo, notiamo che essi si stabiliscono su siti in precedenza ospitanti santuari o luoghi di culto pagani e a condurre questa operazione sono i vescovi del luogo impegnati in quel torno di tempo a uno sforzo di controllo e cristianizzazione – spesso violenta – del territorio, basti pensare per tutti alla nascita del santuario dedicato a Ciro e Giovanni a Menouthis vicino ad Alessandria ad opera del vescovo Cirillo, su un sito precedente dedicato a Iside. Anche Tecla – secondo l’a-nonimo retore del V secolo – combatte con Sarpedonte, un culto realmente diffuso in quell’area e i primi miracoli raccontati dal retore anonimo riguardano appunto la sconfitta di divinità pagane: Atena Kanetis, Afrodite, Zeus. Nella zona di Seleucia come altrove sono i santi a scalzare gli antichi dèi del luogo, ma che cosa ci induce a pensare che l’iniziativa di questa cristianizzazione sia “popolare”? Nel caso di Tecla, l’anonimo lascia intravvedere l’intervento di Dexiano, il vescovo del luogo: Tecla riuscì a scacciare Afrodite dalla città “armando contro di lei Dexiano” (Mir. 3), che come apprendiamo in Mir. 7 era il vescovo del luogo.

Non è indicativo che nel racconto dell’aggressione dei banditi a Tecla, i protagonisti sono dei “medici” che la confondono con una devota di Artemide, in un contesto, cioè, di competizione per così dire professionale con la santa guaritrice? E medici, militari, retori, nobili, sacerdoti sono tra i principali e frequenti beneficati della santa: allora, in che senso, possiamo dire che l’anonimo ci descrive l’ “ambiente popolare” in cui si sviluppa il culto di Tecla?

Adele Monaci Castagno Università degli Studi di Torino

L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione... 247

Dialogo con...Lorenzo Perrone

L’esposizione si presenta come sintesi di un lavoro di tesi dottorale più ampio e detta-gliato. Di qui anche lo stile narrativo, che per lunghi tratti si limita a raccontare argo-mento e contenuti dei testi analizzati. Obiettivo del lavoro è mostrare come la lunga tradizione agiografica che fa capo a santa Tecla di Iconio abbia le sue radici nelle cre-denze e nella religiosità popolari: dalla composizione degli Atti di Paolo e Tecla nel II sec. d.C., ancora influenzati, secondo l’autore, da moduli e stilemi orali, fino alla secon-da metà del V, fioriscono storie innumerevoli di miracoli e prodigi, guarigioni ed esercizi ascetici, morte e sparizione, incentrate sulla donna apostolo, presunta compagna di Paolo. L’autore appare interessato a mettere in risalto due punti in particolare: il forte legame di questo ciclo con culti, pratiche, credenze “pagane”, che vengono tradotte in forme tollerabili nel nuovo contesto religioso cristiano, e l’insistenza sulla enkrateia come specifico della santa, della sua vita e della sua “memoria”.

Nel complesso, il testo è ben argomentato e informato. Il repertorio bibliografico è ricco e apparentemente esaustivo. È interessante l’accenno ai rapporti fra atti apocrifi e romanzo ellenistico, anche se le analogie restano in parte generiche. Convince un po’ meno la tendenza a volte evidente ad allargare e de-storicizzare la comparazione in direzione di un approccio più decisamente storico-religioso. Rimane inoltre, a mio avvi-so, la difficoltà di afferrare i contorni precisi della religiosità popolare sulla scorta di un testo letterario agiografico, questione che dovrebbe tirarsi dietro un ampio dibattito teorico. In particolare, singoli passaggi nello sviluppo delle tradizioni – come il trapasso da Giustino all’encratismo di Taziano – esigono un ripensamento critico più attento e comprensivo. Ma forse sono tutti problemi che l’autore ha affrontato, con l’accuratez-za dovuta, nella sua tesi di dottorato.

Andrebbero infine smorzati e riformulati alcuni giudizi che sembrano da un lato attribuire astrattamente al “popolo” non meglio definito un ruolo, per così dire, “mi-topoietico”; dall’altro, esaltare la semplicità e l’innocenza della fede popolare. Questi approcci non sono appropriati a una ricerca storica criticamente fondata, che voglia aspirare a una qualche imparzialità e obiettività di valutazione delle fonti e dei feno-meni studiati.

Lorenzo PerroneAlma Mater Studiorum – Università di Bologna

248 L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione...

Replica diÁngel Narro Sanchez

È certo che, forse in ragione dello spazio ridotto in cui ho dovuto comprimerlo, il mio lavoro abbia portato a dei fraintendimenti in relazione all’uso del termine “popolare”, aggettivo che nella mia lingua madre presenta la stessa ambiguità che in italiano. Le numerose problematiche sollevate nei commenti saranno adeguatamente studiate nella mia tesi di dottorato, ma vorrei offrire, in questa sede, alcuni ulteriori argomenti a sostegno dell'ipotesi, da me avanzata, dell’origine popolare degli Atti di Paolo e Tecla e delle narrazioni aggiunte alla fine di alcuni dei loro manoscritti principali.

Sono consapevole che la posizione sull’origine popolare degli Atti apocrifi in gene-rale e della leggenda degli Atti di Paolo e Tecla in particolare non sia universalmente accettata.1 Il dibattito su questo punto è ancora in corso: ci sono alcuni studiosi che difendono l’origine popolare di questo tipo di tradizioni,2 e altri che considerano questi testi come il prodotto di un’invenzione sorta nell’ambito di una tradizione fondamen-talmente letteraria.3

Ciononostante, l’eventuale esistenza di un autore come quello proposto da Tertul-liano, un prete d’Asia, non è incompatibile con la redazione di un testo basato su tra-dizioni popolari. Lo studio della lingua del testo ci mostra un lessico ridotto, uno stile ripetitivo e scevro da artifici retorici, delle strutture sintattiche molto semplici – alcune proprie dalla lingua colloquiale –4 soprattutto per introdurre i discorsi dei personaggi in stile diretto.5 Secondo ARTÉS (1999, 129) tutti questi elementi si riscontrano nella “leggenda seleucide” aggiunta alla fine del codice G. Per questa ragione, lo studioso ri-tiene che entrambi i testi (Atti di Paolo e Tecla e narrazione finale del codice G) possano essere stati scritti dallo stesso autore.

ARTÉS (1999, 289-290) sostiene che il lessico del testo presenta i tratti tipici della lingua popolare. Dal punto di vista sintattico, lo stesso autore sottolinea la preferenza della paratassi di fronte all’ipotassi tramite la presenza del cosiddetto “stile καὶ”, in cui la congiunzione καὶ assume diverse funzioni, con valore avversativo, esplicativo, conclusivo etc. Secondo Trenknner6 e Ruiz Montero7 la predilezione per lo stile paratat-tico rispetto all’ipotassi, si riscontra soprattutto nella lingua popolare, quale appare, ad esempio, nei papiri dell’epoca.8 Per quel che riguarda la presenza dello stile diretto, è

1. SCHNEEMELCHER 1991, 56; BOVON 1981, 148-156.2. MANGOGNA 2005, 13; KLAUCK 2008, 59; PLÜMACHER 1978, col. 12; SÖDER 1932, 187; SCHNEEMELCHER 2003, 78-80; MAC DONALD 1983, 21.3. KAESTLI 1981, 66; BARRIER 2009, 43-45; DELEHAYE 1932, 3-4.4. LÓPEZ EIRE 1996.5. Per uno studio approfondito sulla lingua del testo: ARTÉS 1999.6. TRENKNER 1960, 74.7. RUIZ MONTERO 1980, .8. MAYSER 1970, 140-143 e 184-186.

L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione... 249

curioso osservare come l’uso di una struttura sintattica semplice, senza artifici retorici, per introdurre queste sezioni ricorra anche nei Vangeli. Mi riferisco alla struttura com-posta da un verbum dicendi coniugato e spesso coordinato a un altro verbo e di un par-ticipio predicativo (e.g. Καὶ ἰδὼν ὁ Παῦλος τὸν Ὀνησιφόρον ἐμειδίασεν καὶ εἶπεν [APTh. 4]), o di un verbo coniugato e di un participio di un verbum dicendi (Θεοκλεία ἡ μήτηρ αὐτῆς ἀνέκραγεν λέγουσα [APTh 20]). Nel testo appaiono 28 clausole come queste, 11 del primo tipo e 17 del secondo, sempre impiegate per introdurre i discorsi dei personaggi, mentre non ricorrono mai clausole composte da verbum dicendi + ὅτι, o un φησὶν inserito nel discorso come in altri generi più elevati. ARTÉS (1999, 331-332) conclude il suo studio dichiarando che “las formas de composición y los parámetros analizados revelan la recurrencia continua a vías de expresión cercanas a las populares”. Allora, se la lingua è popolare, non è lecito ritenere che la leggenda abbia anch’essa almeno qualcosa di popolare?

366 Bibliografia

Ángel Narro Sanchez – L’origine e lo sviluppo dell’agiografia greca nella tradizione popolare cristiana. La storia di Tecla di Iconio.

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Replica di A. Narro Sanchez

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