La nozione di «analisi» in Giovanni Vailati: cause, origini, definizione e funzioni

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Información Filosófica Revista Internacional de Filosofía y Ciencias Humanas Volumen X - 2013 - número 21 IF PRESS

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Revista Internacional de Filosofía y Ciencias

Humanas

Volumen X - 2013 - número 21

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INFORMACIÓN FILOSÓFICA X (2013) 21, 9-30

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LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI:

CAUSE, ORIGINI, DEFINIZIONE E FUNZIONI IVAN POZZONI

Abstract: This my new contribution - on the wake of my recent studies on

Mario Calderoni and Giovanni Vailati- attempts to demonstrate how

Giovanni Vailati explores the notion of «analysis»: a] theoretical causes of

«analysis»‘s concept, b] historical origins of the «analysis»‘s term, c]

definition of «analysis» d] functions of «analysis». The modernity of the

cultural narrative of Giovanni Vailati, and his disciple Mario Calderoni,

emerges from their studies on the «analysis»‘s notion and from their attempt

to build a scheme of the analytical method, reconnecting it to the context of

nineteenth-century’s american pragmatism of Peirce and James, in the

foundation of an original analytical italian pragmatism, historiographically

interesting for the subsequent importance of the dominant contemporary

analytic tradition throughout the last century.

IVAN POZZONI

10

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI:

CAUSE, ORIGINI, DEFINIZIONE E FUNZIONI

Introduzione

La modernità della narrazione culturale di Giovanni Vailati1, e

dell’allievo Mario Calderoni2, emerge dai loro studi sulla nozione di

«analisi» e dal loro tentativo di costruire un abbozzo di metodo analitico3,

riconnettendolo al contesto ottocentesco del pragmatismo americano di

Peirce e James, nella fondazione di un originale pragmatismo analitico

italiano interessante ai fini della successiva importanza della dominante

1 Giovanni Vailati nasce a Crema nel 1863. Di nobili natali, studia con i Padri Barnabiti

inizialmente a Monza e successivamente a Lodi; sostiene l’esame di licenza liceale a Lodi e

si iscrive alla facoltà di matematica dell’università di Torino. Laureatosi in matematica,

collabora nel 1891 alla Rivista di matematica diretta da Peano e l’anno successivo diviene

assistente di Calcolo infinitesimale all’Università di Torino; tra il 1896 ed il 1899 tiene tre

corsi di storia della meccanica. Nel 1899, volendo dedicarsi con massima libertà ai suoi vasti interessi culturali, abbandona la carriera universitaria e chiede di entrare nella scuola

secondaria; è docente nel liceo di Pinerolo (1899), a Siracusa (1899), a Bari (1900), a Como

(1901-1904) e a Firenze. In Toscana inizia a collaborare assiduamente al Leonardo e nel

novembre del 1905 è nominato, su richiesta di Salvemini, membro di una Commissione

reale destinata alla riforma delle scuole secondarie. Nel 1908, mentre è a Firenze, si

ammala; trasferitosi a Roma, vi muore la sera del 14 Maggio 1909. Per una minuziosa

ricostruzione della vita di Giovanni Vailati si consulti M. DE ZAN, La formazione di

Giovanni Vailati, Lecce, Congedo, 2009; in merito alle concezioni teoretiche si veda il mio

recentissimo I. POZZONI (a cura di), Cent’anni di Giovanni Vailati, Villasanta,

Liminamentis Editore, 2009. 2 Mario Calderoni nasce a Ferrara nel 1879. Fino alle scuole secondarie studia a Firenze e si

laurea in Diritto nel 1901 all’Università di Pisa; collabora alle riviste Regno e Leonardo. Nel 1909 ottiene la libera docenza in morale a Bologna e nel 1914 si ritrasferisce a Firenze,

dove tiene un corso sulla Teoria Generale dei valori. A causa di un drammatico

esaurimento mentale, il nostro autore non termina il corso, e, abbandonata la docenza,

trascorre a Rimini l’estate del 1914; tornato in autunno a Firenze e annunciata una

continuazione del corso muore a soli 35 anni, ad Imola, il 14 Dicembre del 1914. Su

Calderoni si consulti il mio volume I. POZZONI, Il pragmatismo analitico italiano di Mario

Calderoni, Roma, IF Press, 2009. D’ora in avanti i riferimenti testuali a Calderoni saranno

indicati in base a M. CALDERONI, Scritti, Firenze, La Voce, 1924, voll. I e II; e i riferimenti

testuali a Vailati saranno indicati – a meno di avviso contrario- in base all’edizione curata

da M.Quaranta G. VAILATI, Scritti, Bologna, Forni, 1987, voll. I-II-III. 3 Cfr. G. RINZIVILLO, Una epistemologia senza storia, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2012, 69: «Il tema cruciale sarà sempre per lui [Vailati] quello della logica e dell’analisi del

linguaggio […]».

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

11

tradizione analitica contemporanea nell’intero secolo scorso. Il dibattito

vailatiano sull’«analisi» si fonda su varie aree di discussione: a] cause

teoretiche della nozione di «analisi»; b] origini storiche della nozione di

«analisi»; c] definizione della nozione di «analisi»; d] funzioni della nozione

di «analisi». Le cause teoretiche della nozione di «analisi», connesse al

riconoscimento del concetto di «virtualità» di ogni discorso umano, sono

esaminate in Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della

scienza e della cultura (1899), Sulla portata logica della classificazione dei

fatti mentali proposta dal Prof. Franz Brentano (1901), L’influenza della

matematica sulla teoria della conoscenza nella filosofia moderna (1905),

Per un’analisi pragmatistica della nomenclatura filosofica (1906) e in una

recensione, del 1906, a I problemi della scienza di Enriques; le origini

storiche della nozione di «analisi», da Platone a Spencer, attraverso

Aristotele, Hume, Locke, S.Mill e James, sono ricostruite in Alcune

osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e della

cultura (1899), Il metodo deduttivo come strumento di ricerca (1899), Sulla

portata logica della classificazione dei fatti mentali proposta dal Prof.

Franz Brentano (1901), La concezione della coscienza di William James

(1905), Il linguaggio come ostacolo alla eliminazione dei contrasti illusori

(1908) e in due recensioni a Stein (1901) e a Orestano (1905); la definizione

di «analisi», intesa come distinzione anteriore alla verificazione, lontana dal

rifiuto dell’esempio e della logica formale, indirizzata a ostacolare

vagueness e «metafisica» è sostenuta in Il metodo deduttivo come strumento

di ricerca (1899), Scienza e filosofia (1902), La ricerca dell’impossibile

(1905), Il linguaggio come ostacolo alla eliminazione dei contrasti illusori

(1908), Le origini e l’idea fondamentale del Pragmatismo (1909, steso da

Mario Calderoni) e in una serie di recensioni a Petzold, Durand De Gros,

Stein e Pictet; che finalità della nozione di «analisi», del metodo analitico, è,

mai scompagnato dal metodo storico, neutralizzare la «virtualità» di ciascun

discorso umano e smascherare ogni forma di «metafisica» è scritto in

Sull’applicabilità dei concetti di causa e di effetto nelle scienze storiche

(1903), I tropi della logica (1905), nella recensione al volume L’arte di

persuadere di Prezzolini e in altre recensioni a Calderoni, Pictet e Orestano.

Dall’antichità, con Platone e Aristotele, attraverso l’analitica britannica, con

Locke ed Hume, alla modernità, con S. Mill, James e Spencer, si è

consolidata una «[…] corrente […] rappresentata dall’indirizzo positivo e

analitico […]», che, valendosi, in Italia, della stessa influenza di Vailati e

Calderoni, confluirà nella tradizione novecentesca dominante dell’analitica

contemporanea: tratto comune di tale corrente trasversale è il

riconoscimento che la «virtualità» del linguaggio ordinario contagi ogni

IVAN POZZONI

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discorso tecnico, scientifico e filosofico; finalità dell’«analisi», del metodo

analitico, è, mai scompagnato dal metodo storico, neutralizzare la

«virtualità» di ciascun discorso umano e smascherare ogni forma di

«metafisica», non condannando la scienza a demonizzare l’«errore» e a

disturbare il cammino evolutivo culturale dell’umanità

Cause teoretiche della nozione di «analisi»

Per l’intera narrazione del nostro autore, le cause teoretiche della

funzione analitica su ogni forma di attività culturale e la sostanza meta-

culturale universale dell’«analisi» sono da ricercare nella natura ontologica,

insieme, «esplicita» / «virtuale» di tutti i discorsi culturali, scientifici o

filosofici:

Il fatto, che i geometri sono talvolta costretti a ricorrere a lunghi procedimenti per

dimostrare la possibilità o costruibilità d’una figura corrispondente a una data definizione,

poteva quindi trovare la sua spiegazione in ciò, che non sempre le contraddizioni,

“contenute” in un enunciato, vi figurano sotto forma “esplicita”, sotto forma tale, cioè, da

permetterne il detto riconoscimento, ma spesso invece sotto forma implicita o “virtuale”, in

modo tale cioè da non poter essere poste in luce che da ulteriori analisi del significato dei

termini, che nell’enunciato stesso compajono, e col sostituire, in questo, a ciascuno di tali

termini la sua rispettiva definizione4;

il tratto «virtuale» di tutti i discorsi umani induce ciascun uomo di cultura a

dover rammaricarsi di non avere «[…] spinto il suddetto processo di analisi

del significato dei termini, in essa figuranti, abbastanza innanzi per giungere

4 Cfr. G. VAILATI, L’influenza della matematica sulla teoria della conoscenza nella

filosofia moderna, in “Rivista filosofica”, 3, Maggio - Giugno 1905, [vol.I, 50]; l’autore

continua: «Le definizioni, nelle quali, spingendo l’analisi dei termini in esse contenuti fino

al punto di esser sicuri che essi non fossero ulteriormente decomponibili, non venivano a manifestarsi delle contraddizioni, dovevano, secondo Leibniz, essere senz’altro ritenute

accettabili e atte a servire di base a conclusioni legittime. Quelle invece che, sia per la

struttura complicata delle idee “complesse” corrispondenti ai termini in esse contenuti, sia

per il numero delle “idee semplici” concorrenti a costituire il significato di queste, sia per

qualunque altra ragione, non erano suscettibili di essere così analizzate, rimanevano sempre

esposte al dubbio che esse potessero eventualmente contenere delle contraddizioni “latenti”,

dubbio che non poteva venir rimosso se non col ricorrere all’esperienza, col constatare,

cioè, la reale esistenza di qualche oggetto presentante riuniti i caratteri in essa enumerati

[…]» (50/51). Per A. Santucci «Ciò che andava posto in luce, ammoniva Vailati, era

sempre il mezzo linguistico in cui si presentava la teoria scientifica, l’azione sovente

inconsapevole che esso esercitava con le sue suggestioni e le sue trappole, con le sue metafore ingannevoli» (A. SANTUCCI, Il Pragmatismo in Italia, Bologna, Il Mulino, 1983,

179).

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

13

a scovarla [contraddizione]», rendendo tale mezzo di chiarificazione meta-

discorsiva indispensabile a scienziati e filosofi. La «virtualità» di ogni

«linguaggio scientifico» conduce all’ammissione che

Il linguaggio tecnico scientifico non meno del linguaggio volgare è pieno di frasi ed

espressioni metaforiche che, pure avendo cessato, pel lungo uso, di richiamare l’imagine

che suggerivano originariamente, non hanno perduta la capacità di indurci ad attribuire ai

fatti che esse descrivono tutte le proprietà dell’imagine a cui esse si riferiscono5;

moltissimi – secondo Vailati- i casi di «questioni di parole» idonei a falsare

il cammino dell’attività scientifica

Anzitutto non è raro il caso di importanti e decisivi progressi scientifici che ci appariscono

come determinati o, a ogni modo, provocati, dall’esplicarsi di controversie che a noi sembrano riferirsi soltanto al significato che si doveva o no dare a una determinata frase o

parola, di controversie cioè che non avrebbero potuto aver luogo, o sarebbero state

immediatamente risolte, se quelli che vi presero parte si fossero dati fin dal principio la

pena di ben definire i termini di cui si servivano, in modo da rendere impossibile ogni

equivoco sulla portata reale delle loro rispettive asserzioni. Di più noi vediamo esser stati

frequentissimi gli errori, e i ritardi dell’acquisto di nuove cognizioni, dovuti, se non

esclusivamente almeno principalmente, a ciò, che, in date circostanze, certe utili e

indispensabili “questioni di parole” non furono sollevate, o non poterono esser discusse, e

certe nozioni confuse ed ambigue non furono sottoposte all’analisi e alla critica per

soverchio rispetto all’involucro verbale che le proteggeva6,

verso «[…] importanti e decisivi progressi scientifici […]» o verso «[…]

errori e ritardi […]». «[…] L’invenzione di nuovi modi di formulare e

d’esprimere […]» ciò che si conosce, a causa della natura ontologica

«virtuale» del linguaggio, viene ad essere, senza una accorta utilizzazione

dello strumento dell’analisi, fonte di «ostacoli»:

È il diverso grado di suggestività che può competere ai vari modi di rappresentare e

formulare una stessa teoria, e la diversa direzione verso la quale da ciascuno di essi

possiamo essere spinti a generalizzare, a dedurre, a paragonare, a sperimentare, che fa sì

che l’invenzione di nuovi modi di formulare e d’esprimere ciò che già si conosce sia da

riguardare talvolta come un contributo non meno importante, all’avanzamento delle scienze, di quanto non sia l’acquisto di nuove cognizioni di fatto o la scoperta di nuove

leggi. Ed è per la stessa ragione che spesse volte gravissimi ostacoli al progresso delle

conoscenze sono stati opposti dal fatto che le cognizioni già acquistate su un dato soggetto

furono prematuramente schematizzate e rappresentate in modo da pregiudicare i risultati di

5 G. VAILATI, Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e della cultura, Torino, Bocca, 1899, [vol.II, 70]. 6 Cfr. ivi, cit., [vol.II, 49/50].

IVAN POZZONI

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ulteriori indagini, o da creare prevenzioni atte a spingere queste su false traccie e a impedire

che una dose sufficiente di attenzione fosse rivolta nella direzione opportuna7.

Fuor di scienza, i medesimi meccanismi «virtualistici» si attivano nella

riflessione filosofica, in due suoi momenti:

I termini corrispondenti ai concetti più astratti che si incontrano nelle ricerche filosofiche

sembrano soffrire di una speciale capacità a ritenere per lungo tempo il significato preciso e

determinato attribuito ad essi, d’ordinario, da chi li introdusse […] Lo storico della filosofia

è molto più esposto di quello delle scienze al pericolo di scambiare per nuove opinioni o scoperte ciò che è solo nuova espressione di concetti e distinzioni già da lungo tempo

riconosciuti, e di vedere dei contrasti e delle differenze di opinioni là dove non vi sono che

differenze nel modo di rappresentare e caratterizzare gli stessi fatti e le stesse dottrine8

e

Se l’esempio di cui ci siamo sinora occupati serve a mettere in luce la tendenza che hanno i termini tecnici della filosofia a perdere il senso attribuito ad essi da chi li introdusse,

rendendo necessaria, ai successivi filosofi che si occuparono delle stesse questioni, la

introduzione di sempre nuove designazioni per esprimere gli stessi fatti e le stesse

distinzioni, l’altro esempio particolare, al quale ora passeremo, è adatto invece a mostrare

come, anche nell’opera di uno stesso filosofo, occorra por mente a non scambiare per

mutamenti di opinione, o per l’adozione di nuove vedute, ciò che è solo la sostituzione di

una forma di espressione o di rappresentazione ad un’altra, o l’introduzione di un modo più

conciso o più efficace di esprimere qualche concetto o distinzione già prima enunciata dal

filosofo stesso in termini diversi9.

La «virtualità» del linguaggio ordinario contagia ogni discorso tecnico,

scientifico e filosofico, mettendo in guardia l’intellettuale contro l’eventuale

destino di finire come «[…] un operaio che prepari sempre gli stessi pezzi di

una macchina, del cui modo di funzionare, o dei cui scopi, egli può anche

non avere alcuna idea […]»:

Il presente volume dell’Enriques appartiene a quella classe di pubblicazioni che, come

quelle ad esempio del Poincaré e del Duhem, del Milhaud, del Leroy in Francia, del Mach,

del Petzold, del Volkmann in Germania, del Jevons, del Clifford, del Pearson in Inghilterra,

uniscono al carattere di opere di volgarizzazione l’altro, apparentemente opposto, di opere

dirette a richiamare l’attenzione degli scienziati e degli specialisti sui lati meno volgari della loro speciale attività scientifica, e a reagire contro la tendenza sempre maggiore di

7 Cfr. ivi, cit., [vol.II, 70]. 8 Cfr. G. VAILATI, Per un’analisi pragmatistica della nomenclatura filosofica, in

“Leonardo”, IV, Aprile - Maggio 1906, [vol.I, 73]. 9 G. VAILATI, Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e della

cultura, cit., [vol.II, 70].

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

15

questa a deprimersi, per effetto della divisione del lavoro, al livello di un automatismo

semi-cosciente poco diverso da quello rappresentato dall’attività di un operaio che prepari

sempre gli stessi pezzi di una macchina, del cui modo di funzionare, o dei cui scopi, egli

può anche non avere alcuna idea10

.

Vailati segnala il rischio della «virtualità» di ogni discorso tecnico con l’uso

del suo abituale arguto umorismo:

E tanta è la potenza delle parole e del fascino che esse esercitano sulla mente degli uomini,

non esclusi i filosofi e gli scienziati, che, in virtù di esse, più d’una teoria morta e sepolta da secoli può continuare ad essere adoperata inconsciamente in appoggio di alcuna delle sue

più remote conseguenze, e trovarsi nel caso di quel cavaliere di cui cantò il poeta:

Il poverin, che non se n’era accorto,

andava combattendo ed era morto11

,

attribuendo ad una scarsa attitudine a dominare tale «virtualità» la nascita

della metafisica e di ogni altra «[…] questione oziosa e priva di senso […]»:

L’illusione che consiste nel credere a tale possibilità è stata, e continua ancora in parte ad

essere, la sorgente d’una quantità di cattive speculazioni metafisiche, o di questioni oziose e

prive di senso12

.

Origini storiche della nozione di «analisi»

Per il nostro autore la nozione di «virtualità» dei discorsi umani ha

origine storica antica, innervandosi nella modernità mediante l’intervento

decisivo della c.d. tradizione analitica britannica (Locke – Hume – S. Mill)

Che lo studio delle scienze fisiche e matematiche costituisca uno dei migliori mezzi per

educare e fortificare la mente a tale riguardo, è opinione assai antica […] Mi accontenterò

di enumerare i principali tra tali tratti, e tra questi anzitutto il sorgere e l’imponente

sviluppo che ha preso nel nostro secolo la nuova scienza del linguaggio, la filologia

comparata, e la tendenza che si viene ora manifestando in essa ad assorgere, dalle questioni puramente fonetiche e relative alle trasformazioni dei suoni, a quelle che riguardano invece

la struttura intima del linguaggio […]13

,

10 Cfr. G. VAILATI, “F. Enriques. I problemi della scienza”, Bologna, Zanichelli, 1906, in

“Leonardo”, IV, Agosto 1906, [vol.I, 375]. 11 Cfr. G. VAILATI, Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e

della cultura, cit., [vol.II, 71]. 12 Cfr. G. VAILATI, “Sulla portata logica della classificazione dei fatti mentali proposta dal

Prof. Franz Brentano”, in “Rivista Filosofica”, II/I, Gennaio - Febbraio 1901, [vol.II, 90]. 13 Cfr. G. VAILATI, Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storia della scienza e

della cultura, cit., [vol.II, 72].

IVAN POZZONI

16

meritevole di avere rafforzato il concetto antico di «analisi». Nata con

Platone e Aristotele14

, coscienza della «virtualità» e esigenza dell’«analisi»

si trasmettono ad Hume e a Locke, e, attraverso S. Mill, alla analitica

moderna. Sull’importanza di Hume nella riattivazione della nozione di

«analisi» Vailati non ha dubbi

Così, per esempio, per ciò che riguarda concetti tanto fondamentali, quanto sono quelli di

causa, di agente, di spiegazione, di attitudine, ecc., si può dire che fu solo negli scritti di

David Hume, che essi furono assoggettati per la prima volta a una analisi psicologica abbastanza profonda da rendere possibile basare su essi un’esposizione sistematica e

coordinata dei metodi di ricerca di cui si fa uso nelle scienze fisiche […]15

,

riconnettendolo alla moderna metodologia jamesiana («Ed è perciò che egli

[James] ritiene, riattaccandosi alla tradizione classica inglese e in particolare

a Hume, che la stessa analisi critica, alla quale dai filosofi e dai psicologi

sono assoggettate le nozioni fondamentali delle scienze fisiche (come quelle

14 Cfr. G. VAILATI, Il linguaggio come ostacolo alla eliminazione dei contrasti illusori, in

“Rinnovamento”, fasc. 5/6, II, 1908, [vol.I, 112/113]: «L’impressione, che si ha frequentemente alla lettura dei migliori e dei più elaborati tra i dialoghi di Platone (per

esempio del Teeteto), di trovarsi quasi defraudati di una conclusione o di una risposta

definitiva alle questioni sollevate, mentre l’intera esposizione non sembra mirare ad altro

che ad eccitare il desiderio di averne una, e a persuadere dell’insufficienza di quelle prese

successivamente in considerazione, è dovuta appunto a ciò che l’intento principale

dell’autore non è di guidare a definitive soluzioni dei problemi da lui trattati, ma piuttosto

di mettere in grado chi legge di ricercare tali soluzioni per proprio conto e

“spregiudicatamente”, dopo essersi cioè liberato da tutti gli impacci provenienti da un

eccessivo rispetto per le formule sancite dal linguaggio ordinario, e dopo avere risolute le

difficoltà dovute alla imprecisione dei termini che in tali formule sono adoperati. Tra i più

importanti tentativi di determinare in modo sistematico i diversi sensi che, nel linguaggio

ordinario, si trovano attribuiti ai termini più importanti, e più frequentemente adoperati nelle discussioni filosofiche, è da porre il quarto libro della Metaphysica di Aristotele, dove

appunto si tenta di enumerare e precisare i diversi sensi di tali termini, facendo risaltare i

legami e le differenze che sussistono tra essi», brano sottolineato dallo stesso M. Dal Pra

(M. DAL PRA, Studi sul Pragmatismo italiano, Napoli, Bibliopolis, 1984, 50/51). Lo stesso

Dal Pra sostiene che «Il metodo pragmatico al quale Vailati altrove presta massima

attenzione ha dunque riscontro, a suo avviso, anche nell’opera di Platone […]» [52],

svuotando, erroneamente, il «metodo pragmatico» vailatiano della sua analiticità. 15 Cfr. G. VAILATI, Il Metodo Deduttivo come Strumento di Ricerca, Torino, Roux Frassati,

1898, [vol.II, 34]. L’unione storiografica vailatiana tra Hume, Locke e Berkeley è rilevata

da Dal Pra «Quanto a ciò che egli particolarmente apprezza della dottrina humiana, non vi è

dubbio che la sua attenzione è rivolta a quella critica della conoscenza che accomuna il pensiero dello scozzese a quello di Locke e di Berkeley» (M. DAL PRA, Studi sul

Pragmatismo italiano, cit., 66).

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

17

di “causa”, “sostanza”, “materia”, “spazio”, “tempo”, “quantità”, etc.), può e

deve venire applicata anche a quelle della psicologia, a cominciare dal

concetto stesso di “coscienza” […]»16

) e confidando, a sua volta, in uno

«[…] zurück zu Hume […]» («Egli [Stein] si dichiara d’accordo col

Masaryk nel ritenere opportuno, sotto molti aspetti, un “ritorno a Hume”

(zurück zu Hume) ed è convinto che, pel sano sviluppo della filosofia nel

suo paese, una qualunque forma di Neo-Humismo sarebbe di gran lunga più

vantaggiosa che qualsiasi specie di Neo-Hegelianismo»17

); la seconda via

analitica connette Locke a Spencer («Tra queste correnti ve n’è una di cui

l’influsso, sebbene si sia fatto valere soprattutto nelle fasi posteriori di

svolgimento del pensiero del Nietzsche, pure merita particolare attenzione,

specialmente dal punto di vista delle scienze sociali. Essa è quella

rappresentata dall’indirizzo positivo e analitico di ricerche sull’origine dei

sentimenti morali, che, iniziato dagli psicologi inglesi della scuola del

Locke e proseguito fino alla metà del secolo scorso dalla scuola

associazionista, ha messo capo all’insieme di vedute sul progresso sociale e

morale che ha trovata la sua espressione più tipica nelle opere dello

Spencer»18

) e a S. Mill («[…] le imperfezioni del linguaggio non

permettono sempre di distinguere, a prima vista, a quale di tali due classi

[binomio verbale / reale in S. Mill] si debba riferire una data proposizione

che ci viene presentata»19

). Dall’antichità, con Platone e Aristotele,

attraverso l’analitica britannica, con Locke ed Hume, alla modernità, con S.

16 Cfr. G. VAILATI, La concezione della coscienza di William James, in “Rivista di

Psicologia applicata alla Pedagogia ed alla Psicopatologia”, I/4, Luglio - Agosto 1905,

[vol.I, 208]. 17 Cfr. G. VAILATI, “L. Stein. An der Wende des Jahrhunderts, Versuch einer

Kulturphilosophie” Freiburg, Mohr, 1899, in “Rivista filosofica”, 2, Marzo - Aprile 1901,

[vol.I, 253]. 18 Cfr. G. VAILATI, “F.Orestano. Le idee fondamentali di Federico Nietzsche nel loro progressivo svolgimento” Palermo, Reeber, 1904, in “Rivista italiana di Sociologia”, VIII,

fasc. 2/3, Marzo - Giugno 1904, [vol.I, 330]; Dal Pra asserisce: «È noto che le simpatie di

Vailati andavano a Locke più che allo stesso Kant e che egli guardò in genere con molta

attenzione le filosofie degli empiristi inglesi per il loro specifico contenuto critico, ossia per

il contributo da esse recato, più, a suo giudizio, che da Kant stesso ad un’impostazione

rigorosa del problema della conoscenza e dell’indagine sui procedimenti delle scienze.

Merito di Locke è anzitutto di avere proposto una scienza semiotica o dottrina dei segni»

(M. DAL PRA, Studi sul Pragmatismo italiano, cit., 62). 19 Cfr. G. VAILATI, Sulla portata logica della classificazione dei fatti mentali proposta dal

prof. Franz Brentano, cit., [vol.II, 88]; in merito a S. Mill, Dal Pra sostiene: «[…] Vailati

resta sempre contrario al procedimento astrattivo seguito da Kant e da Hegel e preferisce concludere la sequela dei pensatori inglesi ai quali si sente più vicino con l’indicazione del

rilievo filosofico di Mill […]» (M. DAL PRA, Studi sul Pragmatismo italiano, cit., 82).

IVAN POZZONI

18

Mill, James e Spencer20

, si è consolidata una «[…] corrente […]

rappresentata dall’indirizzo positivo e analitico […]», che, valendosi, in

Italia, della stessa influenza di Vailati e Calderoni, confluirà nella tradizione

novecentesca dominante dell’analitica contemporanea21

. Vailati indica nella

«virtualità» e nella via tra Platone e Spencer i fondamenti teoretici e storici

della nozione di «analisi».

Definizione della nozione di «analisi»

Nella narrazione del nostro autore l’«analisi» è collocata tra i fondamenti

delle «[…] esigenze della cultura filosofica moderna […]»:

L’aver tagliato ogni rapporto tra lo studio delle discipline filosofiche e quello delle scienze

positive, prescrivendo che non si possa arrivare alla laurea in Filosofia se non per la via

degli studi letterari e filologici, è quanto vi può essere di più contrario alle esigenze della

cultura filosofica moderna, la cui aspirazione è appunto quella di riattaccarsi direttamente ai

risultati delle scienze speciali, coordinandoli, comparando i metodi coi quali essi sono stati

ottenuti, e sottoponendo ad analisi critica i concetti fondamentali in essi implicati. È alla

mancanza di solida educazione scientifica e di qualsiasi “allenamento” a quelle

argomentazioni precise e a quell’ordine rigoroso che le ricerche positive esigono, che va attribuita quella caratteristica verbosità e quella irregolare imprecisione di linguaggio e di

pensiero che tanto spesso i critici stranieri rimproverano ai nostri scrittori di filosofia […]22

.

20 Non si deve dimenticare Leibniz: «Altri temi a cui Vailati è sensibile e che riscopre in

Leibniz in una visione coordinata sono quelli di un’analisi linguistica originale, della sua

finalizzazione all’eliminazione delle essenze della scienza e della applicabilità dei metodi

deduttivi» (G. LOLLI, Le ragioni fisiche e le dimostrazioni matematiche, Bologna, Il

Mulino, 1985, 126). 21 Per una esaustiva trattazione dell’attività analitica all’interno della storia della tradizione

analitica novecentesca si vedano il monumentale F. D’AGOSTINI, Analitici e continentali,

Milano, Cortina, 1997, 208 ss., F. D’AGOSTINI, Filosofia Analitica, Paravia, Torino, 1997,

38-41 e ancora l’articolo introduttivo F. D’AGOSTINI, Che cos’è la filosofia analitica?, in

F.D’Agostini - N.Vassallo (a cura di), Storia della filosofia analitica, Torino, Einaudi, 2002, 14-16. Esistono diverse modalità metodologiche di intendere tale attività analitica: a]

come de-connessione riduzionistica (Russell, Moore e Carnap); b] come slatentizzazione di

effetti nascosti (Frege, Strawson e Grice) c] come ricerca semantica (Austin); d] come

traduzione (tutta l’analitica, con rare eccezioni); e] come ricostruzione concettuale (Ryle);

f] come ermeneutica (Quine e Davidson). 22 Cfr. G. VAILATI, Scienza e filosofia, in “Rivista Popolare di Politica Lettere e Scienze

Sociali”, VIII, 15 Aprile 1902, [vol.I, 3]. Minazzi scrive di Vailati: «[…] la sua specificità

si radica proprio nella sua invidiabile capacità di muoversi, con sicurezza, tra differenti

ambiti disciplinari, sapendo sempre individuare fecondi punti di vista, svolgendo anche

intelligenti ed inedite comparazioni tra differenti metodi, sottoponendo a disamina critica

alcuni concetti fondamentali delle differenti discipline» (F. MINAZZI, Giovanni Vailati epistemologo e maestro, Milano, Mimesis, 2011, 43); Santucci definisce il cremasco come

«analista»: «Egli consigliava di astenersi da soluzioni definitive avanti che fosse raccolto e

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

19

Vailati introduce due modalità di definizione della nozione di «analisi»: a]

cosa analisi è (definizione descrittiva) e b] cosa analisi non dovrebbe essere

(definizione normativa o ri-definizione). La definizione descrittiva

vailatiana di analisi attribuisce ad essa una serie di caratteri: analisi è a]

«[…] spoglio o purificazione da ogni indeterminatezza e ambiguità […]», b]

«distinzione», c] «[…] scartare un certo numero di questioni inutili […]» e

d] «[…] uso e costruzione di esempi […]». Per Vailati l’analisi è a]

tentativo di sconfitta della vagueness derivata da ogni discorso tecnico dalla

«virtualità» del linguaggio:

Si potrebbe dire che la tattica opportuna da adottarsi dal filosofo, e ancora più dallo

psicologo, di fronte a una parola che, dalla tradizione o dal linguaggio comune, gli venga

presentata con significato indeciso o inquinato di pericolose associazioni, sia quella consigliata dal Vangelo rispetto al peccatore: “non si deve desiderare la sua morte ma bensì

che essa si converta e viva”; che cioè essa, spogliata e purificata da ogni indeterminatezza

o ambiguità, entri a far parte del linguaggio tecnico assumendo un senso quanto meno è

possibile disforme da quello che vagamente e quasi istintivamente il linguaggio comune le

attribuisce23

,

è integrazione del linguaggio comune nei discorsi tecnici, secondo la

massima cristiana «[…] non si deve desiderare la sua morte ma bensì che

essa si converta e viva […]»; l’analisi è, inoltre, b] «distinzione» o serie di

«distinzioni»

Finché i paralogismi, le ingenuità, i preconcetti, che hanno dato luogo a malintesi di questo

genere, non vengono attaccati direttamente alla loro radice, finché la forma stessa del

linguaggio tecnico non cessa di prestarsi a dar asilo e a coprire del manto di una illusoria evidenza intuitiva le concezioni più grossolane, rendendo estremamente difficile qualsiasi

chiara distinzione tra ciò che è “fatto” e ciò che è “ipotesi”, tra ciò che è descrizione e ciò

che è interpretazione dei risultati delle osservazioni o degli esperimenti, tra ciò che è modo

ordinato il materiale delle scienze; esortava a rendersi conto di tutto e senza pregiudizi;

raccomandava, insomma, una cautela critica e la tolleranza delle idee. Ne veniva un

atteggiamento di analista, di tecnico del pensiero e del linguaggio» (A. SANTUCCI, Il

Pragmatismo in Italia, cit., 157). 23 Cfr. G. VAILATI, “I.Petzold. Einführung in die Philosophie der reinen Erfahrung”

Leipzig, Teubner, 1900, in “Rivista Filosofica”, fasc. 4, Settembre - Ottobre 1900, [vol.I,

240]. Rinzivillo sostiene che «Per il maestro Peano, come del resto anche per l’allievo

Giovanni Vailati, la scienza è una costruzione che deve mantenere una chiarezza

fondamentale e anche formale in modo tale da eliminare tutte le ambiguità […]» (G.

RINZIVILLO, Una epistemologia senza storia, cit., 77); secondo G.A. Roggerone è merito di

Vailati l’avere intuito come dalla vagueness «[…] siano derivati gravi errori e confusioni nel ragionamento scientifico […]» (G.A. ROGGERONE, Il pragmatismo, in M.F. Sciacca (a

cura di), Grande Antologia Filosofica, Milano, Marzorati, 1976, XXIV, 203).

IVAN POZZONI

20

di rappresentare e ciò che è modo di spiegare, è vano immaginarsi che l’era delle

speculazioni oziose, delle costruzioni fantastiche, dei dogmatismi ciechi, delle dispute

bizantine sia chiusa definitivamente. Si avrà un bel mettere la “metafisica” alla porta: essa

rientrerà per la finestra […]24

,

idonee a sfavorire ogni forma di «metafisica»25

; l’analisi è c] «[…] scarto di

questioni inutili […]»:

L’unico senso nel quale il “pragmatismo” possa considerarsi avere un carattere utilitario, è

in quanto esso conduce a scartare un certo numero di questioni “inutili”26

;

l’analisi è, infine, d] «[…] uso e costruzione di esempi […]»:

Presso i cultori dell’indirizzo di ricerche logiche iniziate dal Peano, l’uso e la costruzione di

esempi per dimostrare l’indipendenza di date proposizioni da altre ha finito per assumere

l’importanza d’uno strumento ordinario e indispensabile per l’elaborazione di qualsiasi

teoria deduttiva perfettamente rigorosa (Padoa, Pieri, Vacca, Huntington, Veblen)27

.

La definizione descrittiva, o diretta, vailatiana attribuisce all’attività

analitica senso di attività di «distinzioni» volta, mediante «[…] uso e

costruzione di esempi […]» e «[…] scarto di questioni inutili […]» a

neutralizzare ogni forma di «metafisica», integrando con accortezza il

linguaggio ordinario nei discorsi tecnici. La definizione normativa vailatiana

di analisi concede ad essa una diversa serie di caratteri (negativi): analisi

non è a] «[…] uso di parole ambigue o prive di significato […]», b] «[…]

trascuranza degli studi di logica formale […]»28

, c] verificazione e d]

24 Cfr. G. VAILATI, “J.P. Durand De Gros. Variétés philosophiques” Paris, Alcan, 1901, in

“Rivista di Biologia generale”, fasc. 4/5, Aprile - Maggio 1901, [vol.I, 220]. 25 Cfr. L. GEYMONAT, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano, Garzanti, 1983,

VIII, 306; Geymonat individua nella filosofia vailatiana una «[…] funzione antidogmatica e

antimetafisica […]». 26 Cfr. M. CALDERONI, Le origini e l’idea fondamentale del Pragmatismo, in “Rivista di

psicologia applicata”, V, 1, Gennaio - Febbraio 1909 (in collaborazione con G. Vailati),

[vol.I, 117]; i due autori continuano: «Quando, per esempio ci troviamo in presenza di due

asserzioni, e non siamo in grado di assegnare quali siano le esperienze particolari che

dovrebbero verificarsi perché una di esse risulti vera e l’altra no, il domandarsi quale di

esse sia vera non è propriamente proporsi una questione: le due asserzioni debbono in tale

caso, secondo il Peirce, essere considerate semplicemente come due modi diversi di dire

una stessa cosa». 27 Cfr. G. VAILATI, La ricerca dell’impossibile, in “Leonardo”, III, Ottobre - Dicembre

1905, [vol.I, 61]. 28 Cfr. L. GEYMONAT, Alcune considerazioni sull’interesse di Vailati per la logica, in “Rivista critica di storia della filosofia”, Firenze, La Nuova Italia, XVIII, fasc. III, Luglio -

Settembre, 1963, 413: «La realtà è che Vailati aveva rinunciato ormai da qualche anno ad

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

21

fedeltà, cieca e assoluta, al «dato». Per il nostro autore l’analisi è lontana

dall’essere, sin da Aristotele, a] concessione alla vagueness:

E neppure egli [Aristotele] si stanca mai di additare come la principale tra le cause di

errore, atte a viziare le conclusioni ottenute per deduzione, l’uso di parole ambigue o prive

di significato determinato, e di inculcare l’opportunità e la necessità di prendere

precauzioni in questa direzione29

;

non è, inoltre, b] «[…] trascuranza degli studi di logica formale […]», come

nell’esperienza teoretica tedesca:

l’A. [Stein] insiste sui vantaggi che al sano sviluppo del pensiero filosofico nel suo paese

potrebbero derivare da una minor trascuranza degli studi di logica formale, la cui influenza

disciplinatrice e corroboratrice dell’intelletto è da lui riguardata come il miglior antidoto

contro la caratteristica tendenza del pensiero germanico verso le aberrazioni e gli abusi

della speculazione astratta30

;

analisi, in base alla cd. norma di Peirce31

, non coincide con l’attività di c]

verificazione, antecedendola:

impegnarsi in questo campo. Ciò che gli premeva era un’altra cosa: chiarire il senso autentico della logica, sottolineare il grande rilievo della funzione da essa compiuta

nell’ambito della filosofia ed in genere della cultura»; lo stesso è sostenuto da A.

Brancaforte: «Ora però questo non deve far dimenticare che il primo e più consistente

debito teorico Vailati lo contrasse con l’impostazione logica dei problemi del significato

operata da Peano. Pertanto una sorta di operazionismo logico di base resterà come

contrassegno ineliminabile del suo pragmatismo» (A. BRANCAFORTE, Ipotesi per una

lettura di Vailati: dal pragmatismo logico a una fenomenologia pragmatistica, in

M.Quaranta (a cura di), Giovanni Vailati nella cultura del ‘900, Bologna, Forni, 1989, 73). 29 Cfr. G. VAILATI, Il Metodo Deduttivo come Strumento di Ricerca, cit., [vol.II, 22]. 30 Cfr. G. VAILATI, “L. Stein. An der Wende des Jahrhunderts, Versuch einer

Kulturphilosophie” Freiburg, Mohr, 1899, cit., [vol.I, 252]. Rinzivillo sottolinea: «Vailati

assistente di Peano dal 1892 presso la cattedra di Calcolo Infinitesimale, potè registrare dunque da vicino il cosiddetto “programma logicista” [Frege]» (G. RINZIVILLO, Una

epistemologia senza storia, cit., 176); la conoscenza su Frege è diretta, derivando da un

breve carteggio [72] e da molti estratti fregeani [919, 920, 921, 922, 923, 983 e 984]

contenuti nella biblioteca di Vailati medesimo (L. RONCHETTI (a cura di), L’archivio di

Giovanni Vailati, Bologna, CISALPINO, 1998). 31 Cfr. M. CALDERONI, Il senso dei non sensi, in “Leonardo”, III, 3, Giugno - Agosto 1905,

[vol.I, 259]. La c.d. norma di Peirce è metodo «secondo il quale il significato di una

concezione (asserzione, teoria, ipotesi, ecc.) risiede nelle conseguenze “pratiche” che se ne

possono trarre»; Preti scrive «La difficoltà fondamentale sta in questo: che lo stesso

principio di verificazione, assunto come un principio teoretico portante sulla conoscenza

umana […] appare privo di senso, perché di principio non verificabile: non contiene infatti nessun criterio o metodo per la sua stessa verificazione […] ovviamente il principio di

verificabilità porta soltanto sulle asserzioni, non sui comandi; ed esso invece appartiene alla

IVAN POZZONI

22

Il ricorso all’esperienza è riguardato dai pragmatisti come un mezzo, non soltanto di

verificare o provare una teoria, ma anche di determinare o mettere in evidenza quella parte

di essa che può essere oggetto di proficua discussione. La questione di determinare che cosa vogliamo dire quando enunciamo una data proposizione, non solo è una questione

affatto distinta da quella di decidere se essa sia vera o falsa; essa è una questione che, in

un modo o in un altro, occorre che sia decisa prima che la trattazione dell’altra possa

essere anche soltanto iniziata […] Davanti a discussioni di questo genere l’atteggiamento

dei pragmatisti consiste nel rifiutare di parteciparvi affatto, fin tanto che l’uno e l’altro dei

due avversari non abbiano indicato in modo esplicito quali siano i fatti che essi credono

dovrebbero verificarsi perché l’una o l’altra delle due tesi possa dirsi vera32

;

e, infine, contro i Positivismi, d] non è fede assoluta nel «dato»

La tendenza a riguardare i concetti che a tali termini corrispondono – quali sono, per

esempio, quelli di organo, di funzione, di facoltà, di atto, di causa, di forza, di percezione,

di sensazione, di individuo, ecc.- come dei “dati” non suscettibili di ulteriori analisi, e a

qualificare come “metafisica”, e sterile per sua natura, qualunque ricerca diretta a precisarli,

a elaborarli, a coordinarli, è dall’A. [Durand De Gros] considerata come uno dei peggiori

caratteri di quel positivismo volgare che […] s’illude basti ricusare di occuparsi d’una

questione perché essa cessi di esistere e perché svanisca ogni danno inerente al non averla

risoluta33

,

mai arrendendosi davanti ad ogni nuova versione di «metafisica». La ri-

definizione, o definizione indiretta, vailatiana attribuisce all’attività analitica

senso di attività, condizione di verificazione, mediante uso della logica

formale e della norma metodica di Peirce, orientata a contrastare ogni

situazione di vagueness e ogni forma di «metafisica», anche scientistica. Le

due definizioni, complementari, sono argutamente riassunte nel biasimo alla

metodologia di molta scienza (a lui) contemporanea, introdotto nella critica

classe delle regole, non delle asserzioni. Perciò il principio di verificazione non cade sotto se stesso […]» (G. PRETI, Praxis ed empirismo, Torino, Einaudi, 1957, 35-37). Benché sia

chiaro che tale commento abbia come obiettivo il solo verificazionismo schlickiano, sarà

utile riferirsi al canone metodico di Peirce con i termini “norma metodica”. 32 Cfr. M. CALDERONI, Le origini e l’idea fondamentale del Pragmatismo, cit., [vol.I, 119].

Santucci sostiene «Donde il sorgere di una questione che implicava una scelta da parte del

filosofo, tra la messa ala bando dei termini aventi un significato vago e indeciso e la

depurazione dei medesimi da ogni indeterminatezza per farlo entrare nel linguaggio tecnico

secondo un senso il meno possibile disforme da quello intuitivamente corrispostogli dal

discorso ordinario» (A. SANTUCCI, Il Pragmatismo in Italia, cit., 183), e conclude «[...]

Vailati e Calderoni mostravano d’avere inteso la differenza che passa tra una dottrina del

significato e una dottrina della verità» [205]. 33 G. VAILATI, “J.P. Durand De Gros. Variétés philosophiques” Paris, Alcan, 1901, cit.,

[vol.I, 219/220].

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

23

concreta a Étude critique du Matérialisme et du Spiritualisme par la

Physique expérimentale di Pictet:

Il Pictet sembra non esser sempre perfettamente conscio della differenza che passa tra

questioni di fatto e questioni puramente verbali34

.

Monito conclusivo di Vailati è che l’analisi, intesa come distinzione

anteriore alla verificazione, lontana dal rifiuto dell’esempio e della logica

formale, e indirizzata a ostacolare vagueness e «metafisica», «[…] esige di

essere, per dir così, ripensata in ogni successiva generazione; in caso

contrario essa corre rischio di perdere ogni efficacia, e di riuscire piuttosto

di danno che di vantaggio a quelli che ne subiscono passivamente

l’influenza»35

.

Funzioni della nozione «analisi»

L’introdurre ostacoli decisivi a vagueness e «metafisica» è funzione

fondamentale dell’analisi:

Si può cioè riguardare le premesse, dalle quali una data conclusione è dedotta, non come

includenti o implicanti la conclusione stessa, ma al contrario come gli elementi più semplici

di cui essa si compone, e nei quali essa può venir risoluta. È l’immagine preferita di Platone

[…] A questo notevole vantaggio che la rappresentazione […] della deduzione offre di

fronte agli altri modi di rappresentazione si contrappone tuttavia un inconveniente che è

interessante notare. Essa tende cioè a fare attribuire alla distinzione tra verità semplici e

verità complesse un valore assai superiore a quello che essa merita, e a presentare come

l’ideale supremo della ricerca scientifica, la determinazione di verità assolutamente

primordiali, indecomponibili, atomiche, atte a generare tutte le altre mediante i loro vari

aggruppamenti36

;

l’assoluta anti-metafisicità dell’analisi («[…] Si avrà un bel mettere la

“metafisica” alla porta: essa rientrerà per la finestra […]») non nasconde il

riconoscimento dell’importanza dell’«errore» nel cammino dell’umanità:

34 Cfr. G. VAILATI, “R.Pictet. Etude critique du Matérialisme et du Spiritualisme par la

Physique expérimentale” Paris, Alcan, 1896, in “Rivista di Studi Psichici”, Settembre

1897, [vol.I, 164]. 35 Cfr. G. VAILATI, Il linguaggio come ostacolo alla eliminazione dei contrasti illusori, cit.,

[vol.I, 113]. 36 Cfr. G. VAILATI, I tropi della logica, in “Leonardo”, anno III, Febbraio 1905, [vol.I,

26/27].

IVAN POZZONI

24

Anche nelle ricerche stesse dello scienziato gli errori, le finzioni, gli equivoci hanno avuto e

continuano ad avere la loro funzione utile e importante. Come vi sono, e vi saranno sempre,

delle verità sterili e inutili, così non sono mai mancati né mancheranno mai, anche nella

storia della cultura, gli errori utili e fecondi, gli esempi di felix culpa, i casi di scoperte che

non sarebbero state fatte se dati errori o date false idee o immaginazioni non avessero

prevalso in determinati stadi di sviluppo delle conoscenze37

.

L’analisi rimane momento utile a smascherare la «virtualità» dei discorsi,

senza cadere nell’ansia d’assolutezza, di verità assoluta, tanto vicina ad ogni

metafisica, demonizzando l’errore:

Al che è anche da aggiungere che gli studi, ora tanto in favore, sulla storia e la psicologia

dei metodi scientifici mettono sempre maggiormente in chiaro la funzione importante che,

nello sviluppo e nella costituzione delle singole scienze, è da attribuire a quelle operazioni

intellettuali che, come ad esempio l’astrazione, l’idealizzazione, o l’ipotesi semplificatrice,

etc., hanno per effetto di creare delle rappresentazioni volutamente monche e incomplete e,

almeno provvisoriamente, false, dei vari ordini di fatti studiati38

;

essa, nella robustissima metafora baconiana del «falciatore», mostra la sua

massima finalità nella «[…] rettifica e riaffilatura dei ferri del mestiere

[…]»

[…] F. Bacone assimila lo scienziato a un falciatore, costretto a sospendere, a intervalli, il

suo lavoro per occuparsi di rispianare e riaffilare il suo strumento che, dall’uso stesso, è

reso periodicamente incapace di servire al suo scopo. Tali operazioni di rettifica e riaffilatura dei propri ferri del mestiere sono rappresentate, per gli scienziati, appunto dalle

discussioni relative alla metodica delle scienze che essi coltivano, e all’analisi critica dei

concetti e dei mezzi di rappresentazione di cui in esse si fa uso, o dei processi di prova e di

ricerca in essa seguiti39

.

37 Cfr. G. VAILATI, “Un manuale per i bugiardi : G. Prezzolini. L’arte di persuadere”,

Firenze, Lumachi, 1907, in “Rivista di Psicologia applicata alla Pedagogia e alla

Psicopatologia”, III/2, Marzo - Aprile 1907, [vol.I, 83/84]; M.P. Negri sottolinea: «La storia di ogni disciplina scientifica induce a constatare, dunque, la funzione euristica dell’errore e

diviene punto di partenza per le successive ricerche» (M.P. NEGRI, La storia delle scienze

nelle ricerche di Giovanni Vailati, in M.De Zan (a cura di), I mondi di carta di Giovanni

Vailati, Milano, FrancoAngeli, 2000, 202). 38 Cfr. G. VAILATI, “Un manuale per i bugiardi : G. Prezzolini. L’arte di persuadere”,

Firenze, Lumachi, 1907, cit., [vol.I, 82]. 39 Cfr. G. VAILATI, Sull’applicabilità dei concetti di Causa e di Effetto nelle Scienze

Storiche, in “Rivista italiana di Sociologia”, VII, fasc. 3, Maggio - Giugno 1903, [vol.II,

92]. S. Bozzi scrive: «È come se il suo obiettivo fosse quello di ribadire una sorta di

neutralità filosofica della logica formale, neutralità che ne garantirebbe il carattere di

disciplina scientifica superiore alle divisioni filosofiche. Ad interessare Vailati è la capacità degli strumenti così approntati a risolvere specifici problemi, non la logica accademica

[…]» (S. BOZZI, Vailati e la logica, in M.De Zan (a cura di), I mondi di carta di Giovanni

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

25

Poiché, isolatamente, non otterrebbe mai l’obiettivo di contrastare

«metafisica» e «virtualità» del linguaggio («Il credere di poter risolvere le

molteplici difficoltà, che si connettono al concetto di libero arbitrio, col

semplice mezzo di analisi verbali e deduzioni astratte, invece di portare

vicino allo scopo tende a porre il filosofo (per usare un’immagine di

Hobbes) in una posizione analoga a quella di un uccello impigliato dal

vischio su un ramo: quanto più si agita tanto più s’invischia»40

), l’analisi,

secondo l’autore cremasco, deve accompagnarsi al metodo storico, al fine di

non neutralizzarsi, auto-assolutizzandosi41

:

In tutte le direzioni, dalla psichiatria allo studio delle società animali, dalla storia delle

scienze a quella delle religioni, dalla filologia e dalla semantica alla filosofia del diritto, i

metodi che si son manifestati più fecondi ed efficaci sono quelli basati sulla comparazione, sul confronto, sulla ricerca delle analogie, delle connessioni genealogiche e storiche. E

nello stesso tempo sono andati perdendo continuamente prestigio e terreno tutti gli altri

processi di ricerca fondati sul presupposto ingenuo e semplicista che la struttura mentale

dell’uomo si possa così facilmente e infallibilmente indurre dall’ispezione, sia pur diretta e

interna, di un solo “esemplare” della specie […]42

;

è la conclusione metodologicamente bifronte dello stesso Mario Calderoni:

Vailati, cit., 95); e, avanti, continua: «È da qui che scaturisce quella concezione concreta ed

utilitarista che in Vailati, in Sidgwick, in Schiller si basa sull’idea che scopo fondamentale

della logica deve essere quello di fornire strumenti per valutare la correttezza delle

argomentazioni, discutere in modo sensato, scoprire le fallacie proprie e altrui» [107]. 40 Cfr. G. VAILATI, “R.Pictet. Etude critique du Matérialisme et du Spiritualisme par la

Physique expérimentale” Paris, Alcan, 1896, cit., [vol.I, 166]. 41 Cfr. A. LANCIANI, Giovanni Vailati e la logica, in M.De Zan (a cura di), Lezioni su

Giovanni Vailati, Crema, Centro Studi Giovanni Vailati, 1999, 13: «Il pensiero scientifico non appare come una realtà immediata che emerge, quasi miracolosamente, dal fondo di

un’umanità posto nel sonno abissale della ragione. Non ci sono cesure, strappi netti: c’è

appunto un’evoluzione storica». 42 Cfr. G. VAILATI, “F.Orestano. L’originalità di Kant” Palermo, Reeber, 1904, in

“Leonardo”, III, Giugno- Agosto 1905, [vol.I, 335]. Rinzivillo asserisce: «Va detto che in

Giovanni Vailati, proprio il rapporto tra lo sviluppo della filosofia pragmatistica e le

ricerche sulla logica e sulla fondazione scientifica della matematica, giustifica non poco il

dovuto riferimento allo sviluppo storico delle “scienze” entro un contesto di pratica e di

dimostrazione scientifica, avverso al mero sviluppo di ragionamenti quasi sterili» (G.

RINZIVILLO, Una epistemologia senza storia, cit., 74); Minazzi, infine: «[…] Vailati

privilegia, inoltre, l’analisi storica delle teorie scientifiche, proprio perché l’approccio storico aiuta ad allontanarsi criticamente dalle deformazioni dogmatiche dello scientismo»

(F. MINAZZI, Giovanni Vailati epistemologo e maestro, cit., 104).

IVAN POZZONI

26

[…] l’A. [Calderoni] rivolge le sue considerazioni, dirette a chiarirne il senso e la portata

coll’impiego simultaneo dei due metodi che a ciò gli sembrano dover riescire più efficaci:

cioè da una parte mediante la determinazione precisa del significato dei termini implicati in

tali controversie, e, dall’altra, mediante l’analisi storica e critica delle origini e delle varie

fasi di svolgimento di ciascuna delle due opposte dottrine43

.

Finalità dell’«analisi», del metodo analitico, è, mai scompagnato dal metodo

storico, neutralizzare la «virtualità» di ciascun discorso umano e

smascherare ogni forma di «metafisica», non condannando la scienza a

demonizzare l’«errore» e non rinunciando a fecondi mezzi d’evoluzione

culturale come «[…] l’astrazione, l’idealizzazione, o l’ipotesi

semplificatrice […]»44

.

Conclusioni

Il contesto storico in cui si inserisce la narrazione culturale analitica

vailatiana è ottimamente descritto da un brano di A. Santucci:

La crisi del pensiero postromantico, che s’esprimeva nell’inadempienza delle vecchie

categorie rispetto agli sviluppi del sapere scientifico, non sfuggiva dunque al nostro Vailati

[…] Le conoscenze che si erano accumulate, il progresso o addirittura la comparsa di nuove

discipline quali l’antropologia e la sociologia, i rapporti sempre più complessi e

differenziati che si istituivano tra esse, avevano modificato profondamente la concezione

scientifica dell’Ottocento […]45

.

Contro ogni forma di dogmatismo dei Positivismi ottocenteschi «Giovanni

Vailati pose storicamente la sua critica al positivismo nel momento in cui

spiegava il dogmatismo nel quale si era racchiuso il pensiero dei positivisti

più accesi, i paladini di una pressante convinzione di dovere realizzare in

43 Cfr. G. VAILATI, “M.Calderoni. I Postulati della Scienza Positiva e il Diritto Penale”

Firenze, Stab. Tipo-litografico pei minori corrigendi, 1901, in “Rivista italiana di

Sociologia”, IV, fasc. 2/3, Marzo - Giugno 1902, [vol.I, 285]; in merito a Calderoni si

consulti, interamente, M. CALDERONI, I Postulati della Scienza Positiva ed il Diritto

Penale, tesi di laurea, Firenze, Ramelli, 1901. Santucci afferma: «Pur rendendosi conto del

carattere convenzionale e in qualche modo arbitrario di tali sistemi logistici, della libertà

che li caratterizzava nei confronti dei linguaggi naturali o artificiali di cui intendevano

costruire una adeguata formalizzazione, Vailati non ne trascurava la portata pragmatica e

storica» (A. SANTUCCI, Il Pragmatismo in Italia, cit., 175). 44 Cfr. ivi, cit., 177: «Padroneggiare l’organo linguistico, denunciarne gli equivoci e

regolarne gli usi, appariva un compito urgente e destinato a rimuovere molti ostacoli per la ricerca scientifica». 45

Cfr. ivi, cit., 157.

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

27

tutti i campi una conoscenza scientifica certa e assoluta [….]»46

; mettendo in

atto un tentativo di «[…] trovare una via d’uscita dalla crisi speculativa del

positivismo che ne salvasse il lascito “positivo” […]»47

, il nostro autore

combatte ogni tendenza idealistica o neo-idealistica:

Il risultato disatteso da molti ma auspicato da pochi fu quello di dovere trattare la sociologia

scientifica alla stregua delle materie che non potevano vantare interessi logico

epistemologici, filosofici e delle scienze del linguaggio. In Italia la stroncatura più clamorosa della filosofia idealistico-attualistica di Benedetto Croce e Giovanni Gentile, si

manifestò soprattutto contro i logici, i matematici e gli storici della scienza che discutevano

di filosofia e di sviluppo di concetti da pari loro, seguendo una nuova impostazione e

imboccando un’altra via proveniente dall’estero. E altrettanto, le risposte più accese e le

polemiche nei confronti della filosofia idealistica, vennero proprio dagli scienziati e dai

logici, dai matematici e dalla “filosofia scientifica” […]48

.

La risposta ai due dogmatismi è trovata da Vailati a Torino, col «gruppo

torinese»:

Quali sono i contributi del gruppo torinese? […] 1. l’invenzione e la precisazione

dell’apparato simbolico della logica […] 2. l’idea, confermata da Peano stesso, di elaborare

in una forma concisa, precisa, chiara ed inoppugnabile, quanto ottenuto dalla matematica

nella sua storia […]49

.

Il metodo vailatiano «[…] si potrebbe indicare come analitico-strutturale, in

quanto egli preferisce rifarsi a dottrine particolari di singoli autori, che

considera approfonditamente, nella loro stessa struttura, cioè nella loro

propria costruzione filosofica […]»50

, caratterizzato dai due tratti

dell’attenzione alla «logica formale» («Precisare le operazioni per mezzo di

regole “sintattiche”, considerare l’incidenza del fattore convenzionale nella

formulazione delle leggi e nella descrizione dei fenomeni, valutare appieno

46 Cfr. G. RINZIVILLO, Una epistemologia senza storia, cit., 65. La stessa strategia critica è

concepita nel 1926 da F. Enriques contro «[…] coloro che, non avendo lo spirito aperto alla

critica di concetti presi ingenuamente come assoluti, disconoscono le esigenze filosofiche

della dottrina, si trovano fuori della possibilità di comprenderla […]» (F. ENRIQUES,

Problemi della scienza, Bologna, Zanichelli, 1985, XIII). 47 Cfr. A. QUARTA, Valore della scienza e compiti della filosofia secondo Vailati, in

M.Quaranta (a cura di), Giovanni Vailati nella cultura del ‘900, cit., 37. Questo tentativo

vailatiano verte su un nucleo teoretico consistente ne «[…] la vocazione empiristica ed

antimetafisica, l’interesse metodologico per le scienze, l’unità delle conoscenze umane

[…]». 48 Cfr. G. RINZIVILLO, Una epistemologia senza storia, cit., 167. 49 Cfr. A. LANCIANI, Giovanni Vailati e la logica, cit., 10/11. 50

Cfr. M. DAL PRA, Studi sul Pragmatismo italiano, cit., 48.

IVAN POZZONI

28

lo stretto rapporto esistente tra le nuove tecniche logiche e le strutture

formali dei discorsi scientifici: queste esigenze dell’epistemologia

postpositivistica erano ben rilevate dal Vailati e lo inducevano a

sottolineare la potenza del mezzo deduttivo […]»51

) e dell’anti-metafisicità

storicista («La critica epistemologica inaugurata da Vailati possiede,

dunque, questo indubbio merito: di avere compreso non solo la funzione

critica spettante alla riflessione filosofica, ma di avere anche capito che tale

funzione non può mai svolgersi nel vuoto dell’astrazione metafisica

[…]»52

), è sintetizzato con efficacia da G. Preti:

Il neopositivismo di G. Vailati è fortemente intriso di pragmatismo. Ora è notevole come la

filosofia pragmatista, ad onta della sua accentuata predilezione a porre i problemi in termini

di psicologia individuale, possa aprirsi ad un orizzonte autenticamente e concretamente

storicistico53

.

Ritagliandosi spazi tra «positivismi»54

, «neopositivismo»55

e «epistemologia

postpositivistica»56

, Giovanni Vailati diviene originale «anticipatore» di

molte correnti di revisione della tradizione analitica novecentesca,

inaugurate, in Dummett57

, Tugendhat58

o Rorty59

, dalla ricusazione della

51 Cfr. A. SANTUCCI, Il Pragmatismo in Italia, cit., 175. 52 Cfr. F. MINAZZI, Giovanni Vailati epistemologo e maestro, cit., 50. 53 Cfr. G. PRETI, Saggi filosofici, Firenze, La Nuova Italia, 1976, I, 73. 54 Cfr. G. RINZIVILLO, Una epistemologia senza storia, cit., 71: «In sostanza, è lungo questa

via di transito delle idee scientifiche nelle discipline umanistiche che si rintracciano i nessi

e gli interessi di uno studioso come Giovanni Vailati, soprattutto se ci riferiamo alla sua

pacata riflessione “di periodo”, sorta negli anni della sua personale ricezione dei contributi

di Charles Sanders Peirce e dei lavori di Ernst Mach nonché da valutazioni nate sulle idee

scientifiche di Franz Brentano e di Victoria Welby, sorte dai suoi studi sulla filosofia

analitica e strutturale e tese proprio ad anticipare posizioni correnti del pensiero scientifico

[…]». 55 Cfr. ivi, cit., 179: «[…] Giovanni Vailati è in contatto strettissimo con il filosofo e fisico austriaco […] Ernst Mach è importante […] in quanto affronta temi-problemi che

sosterranno il positivismo logico del Wiener Kreis […]». 56 Cfr. A. BRANCAFORTE, Ipotesi per una lettura di Vailati: dal pragmatismo logico a una

fenomenologia pragmatistica, cit., 72: «[…] Vailati, anticipatore del positivismo logico

visto nella sua formulazione meno rigida, fondatore ancora non adeguatamente riconosciuto

di una epistemologia euristico-deduttiva, praticatore avant lettre dell’analitica linguistica e

della logica comparata, ha percorso un itinerario filosofico che può essere valutato come

una sintesi originale di un personale pragmatismo e di un atteggiamento molto prossimo

all’appena nascente fenomenologia […]». 57 Cfr. M. DUMMETT, The logical basis of metaphysics (1991), trad.it. La base logica della

metafisica, Bologna, Il Mulino, 1996, 15. 58 Cfr. E. TUGENDHAT, Vorlesungen zur Einfuhrung in die sprachanalytische Philosophie

(1976), trad. it. Introduzione alla filosofia analitica, Genova, Marietti, 1989, 11:

LA NOZIONE DI «ANALISI» IN GIOVANNI VAILATI

29

centralità neo-positivistica del metodo formale nel problem solving

filosofico («Non a torto si è notato che su questi problemi Vailati anticipava

talune posizioni del neopositivismo […] In particolare egli sembrava

adombrare il criterio empirico di significanza dello Schlick, secondo cui il

significato di una proposizione consisterebbe essenzialmente nel metodo

della sua verificazione»60

), e condotte alle estreme conseguenze da Quine61

,

con l’assai recente svolta del movimento verso le Pragmatics62

:

Per conseguenza egli [Vailati] ha insieme fondato e superato il positivismo logico,

comprendendo, in un certo senso, in sé, l’avventura di pensiero di Carnap, per esempio, e di

Popper. Questo tipo di pragmatismo dunque noi lo chiameremo pragmalogicismo […]63

.

Poco fortunata in Italia, la tradizione del pragmatismo analitico italiano di

Vailati e Calderoni assume ruolo di trait d’union, oltre che tra Positivismi e

neo-positivismo, tra cultura americana e ante-analitica ottocentesche, in una

sorta di contaminazione tra tradizioni diverse continuata nel secolo scorso

con l’International Encyclopaedia of Unified Science, tra strumentalismo

«Evidentemente con la filosofia analitica è chiamato in causa un modo di filosofare che

crede di potere o di dovere risolvere i problemi affidati alla filosofia per mezzo dell’analisi del linguaggio». 59 Cfr. R. RORTY, La volta linguistica, Milano, Garzanti, 1994, 29, in cui l’autore

statunitense indica come cuore del movimento analitico novecentesco «[…] la concezione

per cui i problemi filosofici possono essere risolti (o dissolti) riformando il linguaggio o

ampliando la conoscenza del linguaggio che usiamo». 60 Cfr. A. SANTUCCI, Il Pragmatismo in Italia, cit., 207; è convinzione di Schlick che «ci

troviamo dinnanzi a una svolta, senz’altro definitiva, della filosofia e che siamo veramente

autorizzati a considerare chiusa l’infruttuosa polemica fra i sistemi […] Le nuove procedure

hanno origine nella logica» (M. SCHLICK, Die Wende der Philosophie, trad.it. Tra realismo

e neopositivismo, in A. Pasquinelli (a cura di), Il neoempirismo, Bologna, Il Mulino, 1974,

256/257). 61 Nell’articolo Two dogmas of Empiricism risuonano intensi i richiami di Quine a contestualismo e non-riduzionismo. Prima – citando Duhem – Quine scrive: «Il mio

suggerimento […] è che le nostre asserzioni sul mondo esterno affrontino il tribunale

dell’esperienza sensibile non individualmente, ma soltanto come un corpo unico» (58/59);

e, successivamente, riferendosi alle relazioni tra enunciazioni e intero know-how

individuale «[…] la scienza nella sua totalità è come un campo di forza i cui punti limite

coincidono con l’esperienza. Un conflitto con l’esperienza in periferia determina

riaggiustamenti all’interno del campo» (60) [W.V.O. QUINE, Two dogmas of Empiricism,

trad.it. Due dogmi dell’empirismo, in P.Valore (a cura di), Da un punto di vista logico,

Milano, Cortina, 2004]. 62 Per una esaustiva trattazione delle moderne Pragmatics si consulti l’ottimo S.C.

LEVINSON, Pragmatics (1983), trad.it. La Pragmatica, Bologna, Il Mulino, 1993. 63 Cfr. A. BRANCAFORTE, Ipotesi per una lettura di Vailati: dal pragmatismo logico a una

fenomenologia pragmatistica, cit., 74.

IVAN POZZONI

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americano (Dewey) e analitica (Wiener Kreis), o con la successiva

riflessione rortyiana, tra neo-strumentalismo americano (Goodman e

Putnam) e analitica contestualista (Quine, Davidson e Sellars). Come Morris

o Rorty, riscopriamo in Vailati un energico e innovativo «anticipatore»

dell’intero cammino della tradizione analitica novecentesca, tra scoperta

della «virtualità» del linguaggio ordinario, smascheramento di ogni forma di

vagueness e rifiuto della «metafisica» e dell’ontologia classiche.